Per un sovrano è un bene non
parlare, non trasmettere emozioni, punti di vista o opinioni. E il
non schierarsi è spesso più difficile del prendere una posizione. È
questa la lezione, imparata sul campo, che Elisabetta impartisce a
Carlo, ed è questo dictat che la “nuova” Regina segue in
tutto The
Crown 3, la terza stagione della serie
The Crown disponibile sulla
piattaforma Netflix
a partire da domenica 17 novembre.
È un cambio di rotta deciso, quello
dello show britannico, che in primo luogo sostituisce gli
interpreti, scegliendo un cast più adulto e tuffando la famiglia
Windsor nei tumultuosi anni ’60, un trambusto di avvenimenti sia da
un punto di vista sociale e politico, sia da quello privato,
nascosto nei corridoi di Buckingham Palace. Ma i cambiamenti si
riscontrano anche nella struttura della serie e nella maggiore
verticalizzazione degli episodi, mentre cambia pure il modo di
raccontare e inquadrare la protagonista: Elisabetta II.
The Crown 3, nuovo cast a
corte
Il primo esame superato di
The Crown 3 è senza dubbio la scelta del
nuovo cast, via Foy, Smith, Kirby, dentro
Olivia Colman, reduce dall’Oscar per La
Favorita e qui strepitosa Elisabetta II, che fa i
conti con gli anni che avanzano e con i tumulti del suo regno e
della sua corona,
Tobias Menzies, perfettamente a suo agio nei
panni di un nuovo Filippo, più anziano e posato, ma non più sereno,
Helena Bonham Carter, che regala una
Principessa Margaret vivace, brillante, esuberante, ma anche
tremendamente infelice, superando ogni più rosea aspettativa.
The Crown
3 assume una forma antologica e focalizza ogni
episodio su un avvenimento preciso della storia pubblica e/o
privata di Elisabetta. A partire dagli episodi di apertura, che si
concentrano sul suo rapporto con il nuovo primo ministro, il
laburista Harold Wilson, considerato inadatto al suo ruolo da
Elisabetta stessa, fino a che non ci si rende conto (e lei con noi)
che, nonostante la tendenza politica, i due hanno molte cose in
comune e devono svolgere un lavoro molto simile.
The Crown 3 ha una struttura
antologica
Ci sono poi i personaggi comprimari
che prendono il loro posto sotto i riflettori, dalla turbolenta
Margaret, il cui carattere è sempre stato considerato dalla sorella
troppo estroverso e “rumoroso” per un membro della famiglia reale,
ma verso il quale Elisabetta sembra nutrire una segreta invidia,
non solo per la più felice predisposizione alla socializzazione
della sorella, ma anche per un ruolo sociale che glielo
permette.
Anche Filippo ha la sua occasione
di occupare il centro della scena, rivelandosi sempre, come nelle
precedenti stagioni, un uomo inquieto, ma ormai devoto alla moglie
e regina e quasi rassegnato al suo ruolo e alla rinuncia delle
ambizioni che non ha potuto perseguire a causa del suo fortunato
matrimonio e degli obblighi che ne sono conseguiti.
La serie trova anche spazio per far
emergere la nuova generazione di Windsor; Carlo e Anna diventano
finalmente personaggi attivi, e non più bambini sullo sfondo, e in
particolare il primogenito viene seguito in un percorso e in un
momento della sua vita fondamentale per la sua futura posizione di
re (almeno lo si pensava all’epoca, visto che ad oggi Elisabetta
sembra più convinta che mai a regnare in eterno).
Non solo, il giovane principe sarà
anche protagonista di diatribe sentimentali, che i giornaletti di
gossip hanno riportato fin troppo a lungo, ma che in
The Crown assumono la sostanza e la
forma di tormenti estremamente umani, determinanti, sappiamo, per
il destino della corona.

Elisabetta II, imperturbabile
nella tempesta
Tra le figure di spicco, chi entra
ed esce di scena, traditori e madri esuli, zii pentiti ed eventi
epocali (un episodio è dedicato anche allo sbarco sulla Luna), si
erge granitica e imperturbabile Elisabetta II. La serie, ancora
meglio di come fatto con
Claire Foy nelle prime due stagioni,
costruisce una figura elegante, composta, autoritaria, sempre in
controllo della situazione, apparentemente insensibile, lontana,
algida, inattaccabile e inavvicinabile. Tuttavia, gli showrunner si
sono assicurati di inserire almeno due episodi che incrinano questa
facciata, questa intangibilità.
L’episodio dedicato alla tragedia
di Aberfan, che racconta il crollo della miniera che nel
1966 causò la morte di 28 adulti e 116 bambini, squarcia il
ritratto pubblico di Elisabetta II. La Regina, riservata, chiusa
nelle sue stanze, scende in piazza, tra i suoi sudditi, tra le
madri in lutto, tra le salme dei piccoli, si commuove, piange in
pubblico, sorprendendo forse prima se stessa ma poggiando il primo
tassello per la costruzione di quella fortezza dentro cui ha murato
la monarchia britannica, facendola passare indenne attraverso anni
in cui si credeva che non avesse più senso di esistere e che fosse
troppo onerosa per il popolo.
Il secondo episodio in cui
Elisabetta mostra inequivocabilmente il suo lato umano, è quello di
chiusura, in cui si festeggia il Giubileo del suo regno, i primi 25
anni di sovranità sul Regno Unito. Il confronto con la sorella
Margaret è da manuale di recitazione e di scrittura per la tv. E
Olivia e Helena si dimostrano assolutamente all’altezza dei nobili
personaggi che interpretano.
Il prezzo per la sopravvivenza è l’apertura
Il prezzo per la sopravvivenza è
stata l’apertura, come vedremo meglio nella prossima stagione;
Peter Morgan, creatore e showrunner, ha tenuto
presente ogni singolo dettaglio, ogni momento cardine della vita
della sovrana, per regalare allo spettatore, non solo un prodotto
di grande classe e straordinaria fattura, ma anche un viaggio
emozionante nel privato della donna più potente del mondo.
Con The
Crown 3 sono messi
completamente da parte i turbamenti di Lilibet, non c’è più spazio
per i tradimenti di Filippo, l’ansia di essere all’altezza del
ruolo, le domande e i dubbi. Ora c’è solo spazio per Elisabetta II,
una donna pacificata con il suo ruolo di comando, una regina
all’altezza del suo compito, che con grande fatica ha portato la
sua famiglia e la sua corona nel futuro.