Il ruolo della donna nel mondo (del
cinema) non è mai stato così sotto i riflettori come nell’ultimo
periodo e, da bravi rappresentanti dei propri tempi, anche i
Marvel Studios si sono
messi in pari: l’8 marzo (il 6 in Italia) è uscito al cinema
Captain
Marvel, il film con Brie Larson,
considerato apripista di una rivoluzione “femminista” per lo studio
e per il cinema di supereroi. Quanto c’è di vero?
Carol Danvers è la
prima vera eroina del Marvel Cinematic
Universe, la prima donna ad essere protagonista
assoluta di un cinecomic in casa Marvel, la più forte, la più
autentica, la più indipendente, la donna che non deve chiedere
l’approvazione di un uomo, di nessuno, per essere se stessa. A
pensarci bene, Carol è più o meno tutto quello che sono tutte le
donne della Marvel, da quando è nato l’universo condiviso al
cinema.
Ebbene sì, il film di Anna
Boden e Ryan Fleck è innovativo nella sua rappresentazione
della donna/eroe esclusivamente perché istituzionalizza, con tanto
di posto nel titolo, ciò che la donna è sempre stata nel MCU. A
partire da Pepper Potts. L’elegante segretaria di
Tony Stark è una donna in carriera, indipendente e spiritosa, tanto
in gamba da essere il nome ideale per guidare le Stark Industries.
Alla fine diventa persino l’eroe che salva la vita al suo amato,
rifuggendo dallo stereotipo della “donzella in difficoltà”.
Ma Pepper non è la sola. Prendiamo
ad esempio Vedova Nera, la donna con la carriera
più lunga nel MCU e quella con il ruolo più sottovalutato dal
pubblico nel corso delle avventure dei Vendicatori. Mai seconda,
mai inferiore, se a qualcuno venisse in mente di dirle “cosa fare”
o “come comportarsi” sarebbe sicuramente qualcuno che non ha
osservato attentamente. Donna fatta e finita, seducente e
bellissima, è determinante per ogni momento chiave del MCU, dalla
scoperta del piano di Loki, al risveglio di Occhio di Falco,
passando per la “gestione” di Hulk fino alla decisione difficile ma
giusta di Civil War. L’unico luogo comune a cui
sottosta Natasha è quello relativo al fatto che un
uomo (o un gruppo di uomini) è perso senza l’aiuto di una
donna.
Ma argomenti simili hanno tutte le
donne che Kevin Feige e soci hanno portato al
cinema, dal fumetto. Che dire di Nebula e Gamora,
ribelli all’autorità paterna, alla ricerca di autodeterminazione? E
della geniale Shuri che non ha rivali in fatto di ingegno e,
adolescente, è la responsabile dello sviluppo tecnologico di una
nazione? E ancora, l’Antico di Tilda Swinton, senza il quale il MCU
non avrebbe avuto il suo Doctor Strange,
l’indomita Valchiria, alcolizzata, tutt’altro che una donnetta
bisognosa di un cavaliere, e persino la dottoressa Jane Foster, che
forse è il personaggio meno riuscito di questo elenco, ma che
comunque è una scienziata dagli indiscussi meriti.
Un altro pregio di Captain
Marvel, secondo la critica e secondo il pubblico fomentato
da cotanta femminile potenza, è il fatto che il suo costume è
funzionale alla missione, non mostra né ostenta forme. Ebbene, chi
parla di novità deve essersi distratto durante la visione di
Ant-Man and the
Wasp, dove abbiamo visto l’energica ed atletica
Evangeline Lilly sudata e spettinata, dopo una
sequenza action, una volta rimosso l’elmetto del costume.
E a proposito di costumi e corpi nel
MCU, sembra proprio che la rivendicazione di un’eroina che non ha
bisogno di mostrarsi sia completamente fuori luogo, visto che gli
unici sessualizzati attraverso l’esposizione del corpo, nel MCU,
sono i signori uomini! A partire da Captain
America, divenuto celebre per il piano americano con gli
ondeggianti pettorali a vista, appena uscito dalla macchina che lo
ha trasformato nel Super Soldato, oppure Tony Stark, che lavora il
metallo a suon di martellate e con strumenti vari rigorosamente in
canotta, oppure ancora Thor, che viene fatto spogliare in qualsiasi
situazione, senza una vera necessità (c’è un torso nudo e guizzante
di Chris Hemsworth, completamente
gratuito, quasi in ogni film a cui ha partecipato l’attore nel
MCU).
Una menzione speciale merita
Peggy Carter, l’agente che ha contribuito alla
formazione dello SHIELD. Lungi dall’essere soltanto il delicato
interesse amoroso di Cap, Peggy è il personaggio che più di ogni
altro ha contribuito a fornire dei modelli realistici e moderni di
donna per la Marvel al cinema ma anche in tv, con i due cicli di
episodi della serie tv a lei dedicata. Una donna adulta, che non ha
bisogno di sentirsi etichettare con un gergo (quello sì,
maschilista) che la definirebbe “con le palle” o “cazzuta”, Peggy è
una persona di valore, di coraggio, all’altezza di tutto,
compassionevole e dolce, che usa con la stessa destrezza il
rossetto e la pistola. Nel confronto con Carol, poteri a parte,
Peggy rappresenta lo stadio successivo in quanto se la prima
capisce che “non deve chiedere il permesso di essere ciò che è”, la
seconda è già consapevole di sé. Carol è ancora una post
adolescente, mentre Peggy è già un’adulta.
C’è una bella illustrazione, che
circola in rete (e potete vedere in calce), un’immagine che mostra
tutte le donne del MCU, dalla Darcy di Kat
Denning alla Nakia di Lupita Nyong’O, passando Mantis, Lady
Sif, Maria Hill, Okoye, Wanda e Sharon. Su tutte campeggia Peggy,
bellissima e volitiva, e in basso a destra, come il punto fermo di
un lungo periodo, una chiusura, per aprire un nuovo e più
consapevole capitolo, c’è Carol.
Perché Captain
Marvel, e con esso Carol, è una presa di coscienza di
quello che è sempre esistito, in sottofondo e in silenzio, nel
Marvel Cinematic Universe. Grazie al suo rumoroso
esordio al cinema e nell’immaginario dei fan, senza proporre niente
di nuovo, Carol ha formalizzato il ruolo della donna nel MCU, da
sempre indipendente e autodeterminata, poggiandosi sulle spalle di
tutte coloro che l’hanno preceduta.
