Il wrestler e attore John Cena ha rivelato che la sua agenzia non
era entusiasta dell’idea di un suo recente cameo in
Barbie.
Al The Howard Stern Show, la star
ha spiegato che il compito della sua agenzia è quello di vedere le
cose come prodotti e guidarlo. Per questo motivo, l’agenzia ha
detto a John Cena che avrebbe dovuto rifiutare il suo
cameo come sirena in Barbie, e
l’attore ha ipotizzato che la prospettiva fosse “al di sotto
del suo calibro. L’attore osserva poi che l’agenzia ha ceduto
quando lui ha detto che l’avrebbe fatto comunque.
“[L’agenzia] si basa solo su
ciò che sa“, ha dichiarato John Cena (via Variety). “E quello che
sanno è: ‘Questa entità, questa merce gravita su queste cose,
dovremmo rimanere in questa corsia’. Ma io non sono una merce. Sono
un essere umano e opero secondo il concetto che ogni opportunità è
un’opportunità“.
Margot Robbie mi ha detto: “Ti faremo diventare
una sirena. Ci starai dentro per mezza giornata“. Sì, certo.
Ma credo che dal punto di vista dell’agenzia la prospettiva fosse:
‘Questo non è alla tua altezza’, e lo capisco. Ma anche per
merito dell’agenzia, che ha immediatamente acconsentito, e io ho
detto: ‘No, lo faremo’, ma tutto ciò che possono fare è offrire la
loro guida“.
Chi c’era nel film di Barbie?
Barbie è stato diretto da Greta
Gerwig da una sceneggiatura scritta insieme a
Noah Baumbach. È stato prodotto da Margot Robbie e Tom Ackerly per LuckyChap e da
Robbie Brenner di Mattel Films insieme a Josey McNamara e Ynon
Kreiz. Durante la sua programmazione nelle sale, il film ha
ottenuto un incasso mondiale di oltre 1,4 miliardi di
dollari, diventando così il film di maggior incasso del
2023. Il film è interpretato da Margot Robbie,
Ryan Gosling,
America Ferrera, Simu Liu, Kingsley Ben-Adir, Scott Evans, Kate
McKinnon, Ariana Greenblatt, Alexandra Shipp,
Emma Mackey, Issa Rae, Michael Cera, Hari Nef, Will Ferrell,
Helen Mirren, Dua Lipa e altri ancora.
Era da Mare of
Easttown (Omicidio
a Easttown) che Kate Winslet non lavorava con HBO, e per
celebrare il suo ritorno sull’emittente ha scelto un ruolo molto
diverso da quella della poliziotta che indaga sugli omicidi della
cittadina della Pennsylvania. In The Regime – Il palazzo
del Potere è la stravagante e ipocondriaca cancelliera
Elena Vernham, che governa con pungo di ferro in
uno stato non meglio identificato del Centro Europa. La serie,
composta da sei episodi, e disponibile su NOW dal 4 marzo con un
episodio a settimana, si svolge principalmente all’interno del
palazzo di Elena, un luogo che riflette perfettamente la sua
personalità eccentrica e il suo regime autoritario.
Kate Winslet governa in
The Regime – Il palazzo del Potere
Cercando di non
risultare ovvi o ridondanti, Kate Winslet offre una performance eccezionale
nel ruolo della cancelliera Vernham, donandole una profondità e una
complessità che vanno oltre la semplice caricatura. Riesce a
incarnare perfettamente la fragilità e l’insicurezza dietro la
facciata di potere di Elena, rendendola contemporaneamente ridicola
e terrificante. Il modo in cui Winslet si muove e parla, con
accenti che richiamano Margaret Thatcher e
Putin, aggiunge ulteriore profondità al
personaggio, trasportando gli spettatori in un vortice di emozioni
contrastanti e componendo un ritratto caricaturale, appunto, ma
anche estremamente concreto e realistico, guardando al mondo di
oggi.
Il rapporto tra Elena e
il suo fidato consigliere, Herbert Zubak,
interpretato con estrema precisione da
Matthias Schoenaerts, è uno dei punti focali della
serie. Zubak è un “macellaio” ma è anche un servo devoto e allo
stesso tempo un innamorato non dichiarato, che assiste, serve,
motiva e sprona l’oggetto del suo amore, rimanendo sempre un passo
dietro al “boss”, come lui stesso chiama Elena
Vernham. La tensione sessuale tra i due personaggi è
palpabile, e questa scelta di caratterizzazione aggiunge un
elemento di dramma e complessità alla trama. Schoenaerts offre una
performance magnetica, trasformando Herbert da una semplice guardia
del corpo a un influente consigliere disegnando una parabola
ascendente di grande inquietudine.
Ricerca dell’equilibrio
tra pathos e satira
Nonostante le ottime
premesse e i protagonisti impeccabili, The Regime – Il
palazzo del Potere soffre di una trama frammentata e poco
coerente, quasi un pretesto per fotografare uno status quo che
diventa oggetto di beffa. C’è una costante ricerca dell’equilibrio,
raramente raggiunto, tra l’aspetto patetico ed emotivo dei
personaggi, dei loro sentimenti, delle loro debolezze e paure, e
quello assurdo, che invece prende le distanze dai suddetti
personaggi e li racconta attraverso la lente della satira. E forse
perché la contemporaneità ha annichilito in generale la capacità di
fare satira, sembra che questa sia come un muscolo fuori forma e
quindi non sempre colpisce nel segno, lasciando gli spettatori con
una sensazione di insoddisfazione e mancanza di chiarezza nel
messaggio.
La sceneggiatura,
firmata da Will Tracy, cerca di affrontare temi
complessi come l’autoritarismo e il dissenso politico, ma a volte
sembra perdersi nei suoi stessi tentativi di affrontarli. Mentre
alcune scene offrono spunti interessanti sulla natura del potere e
sulla fragilità umana, altre risultano terribilmente fuori fuoco,
lasciando gli spettatori con più domande che risposte.
Picchi di genialità in un’opera
non del tutto riuscita
Nonostante le sue
imperfezioni, The Regime – Il palazzo del Potere
offre comunque un ottimo livello di intrattenimento “con
messaggio”. La satira politica è una pratica che dovrebbe essere
portata avanti con più frequenza e il tentativo fatto in questa
sede è comunque lodevole. A questo si aggiunge un valore produttivo
sicuramente alto che puntando sulla sua protagonista (e
l’efficacissimo tirapiedi) riesce a catturare sicuramente la
fascinazione del pubblico.
The Regime – Il
palazzo del Potere offre una visione intrigante e spesso
surreale, attraverso il linguaggio della farsa, dei regimi
autoritari e delle dinamiche di potere. Sebbene non sempre riesca a
realizzare pienamente il suo potenziale più per mancanza di
allenamento su un certo tipo di linguaggio che per mancanza di doti
nel farlo, la serie merita comunque una possibilità principalmente
per le performance del suo cast e per i suoi frequenti guizzi. Una
maggiore coesione della trama avrebbe forse permesso anche agli
altri aspetti della serie di essere più efficaci.
Disney+ ha diffuso il trailer
ufficiale di Taylor Swift: The Eras Tour (Taylor’s
Version), il film concerto per la prima volta in versione
integrale e che include il brano “cardigan” e quattro canzoni
acustiche aggiuntive, farà il suo debutto in streaming il 15 marzo
2024, solo su Disney+.
L’esperienza cinematografica
dell’artista 14 volte vincitrice di un GRAMMY, Taylor
Swift: The Eras Tour (Taylor’s Version), diretto da Sam
Wrench.
Nel dare l’annuncio, Bob Iger,
Disney CEO, ha dichiarato: “L’Eras Tourè stato un vero e proprio
fenomeno che ha entusiasmato e continua a entusiasmare i fan di
tutto il mondo, e siamo davvero felicidi portare questo
elettrizzante concerto al pubblico ovunque si trovi, in esclusiva
su Disney+.
Netflix
dopo il
teaser trailer ha finalmente svelato il primo trailer ufficiale
di Ripley, il prossimo adattamento in serie del
classico romanzo thriller di Patricia Highsmith intitolato
“Il
talento di Mr. Ripley”
Il video presenta Andrew
Scott nei panni del personaggio principale, che sembra
avere un’identità discutibile. Il video presenta anche i vari
personaggi che incontrerà nel corso della serie limitata, tra cui
la Marge Sherwood di Dakota Fanning. La serie uscirà in streaming
il 4 aprile.
Nella serie, Tom Ripley, un
truffatore che si arrangia nella New York dei primi anni ’60, viene
ingaggiato da un uomo ricco per recarsi in Italia e cercare di
convincere il figlio vagabondo Dickie Greenleaf a tornare a casa”,
si legge nella sinossi. “L’accettazione del lavoro da parte di Tom
è il primo passo verso una vita complessa fatta di inganni, frodi e
omicidi. Nel frattempo, Marge Sherwood, un’americana che vive in
Italia, sospetta che dietro l’affabilità di Tom si nascondano
motivi più oscuri”.
Ripley è scritto e
diretto dal regista candidato all’Oscar Steven Zaillian. Oltre a
Scott e Fanning, la miniserie sarà interpretata da Johnny Flynn nel
ruolo di Dickie Greenleaf, Pasquale Esposito, Franco
Silvestri, Eliot Sumner, John Malkovich e altri ancora. È
prodotta da Scott e Endemol Shine North America in associazione con
Entertainment 360 e Filmrights. I produttori esecutivi sono
Zaillian, Garrett Basch, Guymon Casady, Ben Forkner, Sharon Levy,
Philipp Keel e Charlie Corwin.
Sony Pictures ha
diffuso un nuovo divertente trailer di
Garfield: Una missione gustosa, l’atteso nuovo film su
gatto più divertente del cinema.
Il nuovo trailer di
Garfield: Una missione gustosa il film di animazione Sony Pictures
diretto da Mark Dindal e tratto dai personaggi creati da Jim Davis.
Maurizio Merluzzo sarà la voce italiana del
protagonista che nella sua versione originale è doppiato da
Chris Pratt.
Doppiatore, attore,
influencer e presentatore, Maurizio Merluzzo è
stato la voce di protagonisti di celebri film e serie TV
(Elvis, Shazam!, Vikings, La Fantastica
Signora Maisel, Catfish, Fratelli in
Affari), cartoni animati (Dragon Ball Super,
Naruto, One Punch Man) e videogames
(Overwatch, League of Legends, Assassin’s
Creed, Call of Duty).
Garfield: Una
missione gustosa, scritto da David
Reynolds (Alla ricerca di Nemo e Le Follie
dell’Imperatore), sarà solo al cinema dal 1° maggio prodotto da
Sony Pictures e distribuito da Eagle Pictures.
Garfield, il famosissimo gatto di
casa che odia il lunedì e ama le lasagne, sta per vivere una
scatenata avventura all’aperto! Dopo l’inaspettato incontro con il
padre perduto da tempo, il trasandato gatto di strada Vic, Garfield
e il suo amico canino Odie sono costretti a lasciare la loro vita
piena di comodità per unirsi a Vic in un’esilarante rapina ad alto
rischio.
Garfield:
Una missione gustosa è prodotto da John Cohen,
Broderick Johnson, Andrew A. Kosove, Steven P. Wegner, Craig Sost,
Namit Malhotra e Crosby Clyse. Executive Producers sono Jim Davis,
Bridget McMeel, David Reynolds, Scott Parish, Carl Rogers, Simon
Hedges, Chris Pflug, Louis Koo, Steve Sarowitz, Justin Baldwine
Peter Luo.
Il cast di voci originali comprende
gli attori
Chris Pratt,
Samuel L. Jackson, Hannah Waddingham, Ving Rhames, Nicholas
Hoult, Cecily Strong, Harvey Guillén, Brett Goldstein e Bowen
Yang.
Due debuttanti, due registi alla
loro seconda nomination e un venerato maestro: così si presente la
cinquina della categoria Miglior regia di questi
Oscar 2024. Rispettivamente Justin
Triet, Jonathan Glazer,
YorgosLanthimos, Christopher Nolan e Martin Scorsese. Cinque personalità distintesi
nell’ultimo anno grazie ad altrettanti film con il potenziale di
rimanere veramente impressi nella storia del cinema da qui in
avanti. Benché mantenga uno sguardo principalmente rivolto a ciò
che viene prodotto all’interno dell’industria statunitense, la
categoria del Miglior regista continua fortunatamente a manifestare
anche una maggiore attenzione nei confronti di ciò che avviene
anche in altri territori, permettendo così in questo caso di veder
candidata la prima regista donna francese e in generale di
affermarsi come una delle categorie più entusiasmanti di questa
edizione.
Di seguito, ecco i
candidati agli Oscar 2024 per la categoria
Miglior regista
La regista Justine
Triet si è decisamente presa una bella rivincita sulla
commissione francese incaricata di selezionare il titolo da
presentare agli Oscar 2024 per la categoria
Miglior film internazionale. Pur non godendo del pieno sostegno
del suo Paese, Triet si è comunque fatta largo fino agli Oscar,
dove il suo film
Anatomia di una caduta (qui
la recensione) – già vincitore della Palma
d’oro al Festival di Cannes 2023 – è candidato a ben
cinque premi (Miglior film,
Miglior attrice protagonista, Miglior montaggio,
Miglior sceneggiatura originale – di cui Triet è autrice
insieme a Arthur Harari – e Miglior regista). Con
questo suo quarto lungometraggio, Triet si è dunque affermata come
una delle grandi protagoniste di questa stagione, guadagnandosi un
meritato posto nella cinquina per la regia agli Oscar.
Anatomia di una
caduta, che segna una svolta drammatica nella sua
carriera – dopo commedie come Tutti gli uomini di Victoria
e Sybl – Labirinti di donna – le ha infatti permesso di
dimostrare la sua grande capacità di costruire un racconto che
attraversa più generi, dove le certezze sono poche e tassello dopo
tassello emerge una vicenda dove risulta difficile distinguere la
verità dalla menzogna, fino ad un finale sospeso giungendo al quale
ci si rende conto di aver appena assistito ad un film di
grandissimo valore, non a caso indicato come uno dei migliori
realizzati negli ultimi anni. Per questo suo lavoro, Triet è stata
candidata anche ai
BAFTA Awards e ai
premi César, trionfando presso questi ultimi.
Erano dieci anni che il britannico
Jonathan Glazer non realizzava un
film. Il suo ultimo lungometraggio prima di
La zona d’interesse (qui
la recensione), con cui ora è tornato in auge, è stato quel
bizzarro Under
the Skin con protagonista Scarlett Johansson, con cui già si era
divertito a dar vita ad un’opera insolita che suscitando un certo
disagio spingesse a riflettere sulla natura umana. Un simile
approccio a questi temi lo si ritrova dunque anche nel suo nuovo
film, con il quale si è aggiudicato il Grand Prix Speciale
della Giuria al Festival di Cannes 2023 e che è da molti
interni al settore considerato uno dei veri capolavori
cinematografici di questi anni. Lavoro che ha portato Glazer ad
ottenere nomination come Miglior regista non solo agli Oscar 2024
ma anche ai Satellite Awards e ai
Bafta Awards.
Glazer, che adatta con La zona
d’interesse il romanzo omonimo di Martin Amis
tratto da una storia vera, offre infatti con la sua regia una
perfetta dimostrazione della forza che l’immagine cinematografica
può avere, di fatto andando oltre il “limite” del libro esaltando
ciò che si può raccontare attraverso precise inquadrature e, in
particolar modo, il suono. La storia e i dialoghi sono infatti poco
più che un pretesto per dar vita a scenari agghiaccianti,
difficilmente dimenticabili, attraverso cui il regista riflette
sull’indifferenza senza tempo insita nell’essere umano, capace di
condurre la propria tranquilla esistenza anche quando oltre il
proprio giardino avviene l’orrore.
Il greco Yorgos
Lanthimos gode evidentemente – e giustamente – di un certo
favore presso l’Academy. Il suo precedente film, La favorita, ottenne ben 10 nomination all’Oscar tra
cui quella per la Miglior regia. Con il suo nuovo lungometraggio,
Poverecreature! (qui
la recensione) – già vincitore alla Mostra di Venezia del Leone
d’oro – torna dunque a far parte di questa cinquina, mentre il film
in sé gode di 11 nomination a questi Oscar 2024. Ed anche in questo
caso è difficile non riconoscere la sua come una candidatura più
che meritata. Lanthimos prosegue il percorso estetico intrapreso
con i suoi ultimi film portandolo però ancor più all’estremo.
Lanthimos dà infatti sfogo a tutta
la sua creatività, permettendo allo spettatore di fare esperienza
del viaggio di Bella Baxter verso la scoperta di sé e del mondo
attraverso l’evolvere della fotografia, dei costumi, della colonna
sonora, elementi che da una base di partenza grezza diventano
sempre più elaborati e acquistano sempre più grazia, accompagnando
l’evoluzione della protagonista. Le idee che il regista concretizza
grazie ai suoi collaboratori permettono al film di acquisire un
aspetto unico, quasi favolistico ma mai infantile, che sostiene la
metafora senza farla risultare fastidiosa. Anche per lui, non sono
mancate le nomination ai
Critics’ Choice Awards, ai
Golden Globe e ai
DGA Awards.
Christopher Nolan è un altro di quei registi che non
ha bisogno di presentazioni. Senza dubbio tra gli autori più
indicativi degli ultimi vent’anni, durante i quali ha realizzato
blockbuster d’autore come
Il cavaliere oscuro, Inception
e Interstellar, distinguendosi per il suo continuo
giocare con la concezione del tempo e abbattendo la sua noiosa
linearità. Con il suo Oppenheimer
(qui
la recensione) ha tuttavia ridotto gli artifici per
concentrarsi sulla storia di quello che ritiene essere “l’uomo più
importante mai vissuto”. Non che Oppenheimer (che con 13
nomination è il film più candidato di questi Oscar 2024) non
presenti le particolarità per cui Nolan è noto, ma queste sono
maggiormente poste al servizio di un racconto che si sviluppa
interamente a partire dall’interiorità del protagonista.
Per di più, Nolan costruisce
Oppenheimer quasi come fosse un vero e
proprio ordigno esplosivo, con una prima ora densissima di nomi,
personaggi, eventi, salti temporali, musica, attraverso cui si
imposta una tensione crescente. Tensione che nella seconda ora di
film non cessa di aumentare fino all’ammutolente esplosione della
bomba, una delle sequenze più memorabili dell’annata
cinematografica appena trascorsa. La terza ora di film diventa
invece un film politico nel quale si esplora l’eredità di
Oppenheimer e nella quale emerge il messaggio del film, un monito
che dal passato sembra risuonare oggi più forte che mai.
Difficile che Martin Scorsese non venga nominato in questa
categoria quando c’è un suo nuovo film in circolazione. Il regista
newyorkese ha con la candidatura per Killers
of the Flower Moon (qui
la recensione) raggiunto quota 10 presenze, divenendo il
secondo più nominato di sempre (altre due ed eguaglierà il record
di William Wyler). Difficile poi non essere
d’accordo sulla sua presenza anche per questo suo nuovo film, con
il quale dimostra (non che ne avesse ancora bisogno) di possedere
una conoscenza tale del cinema, dei suoi tempi e dei suoi trucchi
da avere pochi o nessun eguale. Scorsese dà forma ad un’epopea che
pur estendendosi su una durata di circa tre ore e mezza dimostra
una gestione dei tempi e dei segmenti narrativi sbalorditiva.
Scorsese realizza un appassionante
incrocio tra un western e un gangster movie, andando alla
riscoperta di una delle pagine più nere della storia degli Stati
Uniti e delle violenze su cui si sono fondati. La scelta di
spostare il punto di vista dagli agenti dell’FBI a
quello dei principali coinvolti nella vicenda si è rivelata
vincente, avendo permesso al regista di condurre una minuziosa
analisi dell’animo umano, della sua perversione e della corruzione
a cui è facilmente soggetto. Oltre agli Oscar, Scorsese ha ricevuto
la nomination come Miglior regista anche ai
Critics’ Choice Awards, ai
Golden Globe, ai Satellite Awards e ai
DGA Awards, vincendo poi sempre in questa categoria ai
prestigiosi
National Board of Review.
Oscar 2024: chi vincerà?
Dati alla mano, questo sembra
decisamente essere l’anno di Christopher Nolan, il quale si presenta agli
Oscar 2024 con dalla sua già il
Golden Globe, il
Critics’ Choice Awards, il
Bafta Awards e il
Director’s Guild Awards. Basti pensare che dal 2010 ad oggi,
ogni regista che ha ottenuto quest’ultimo riconoscimento ha poi
vinto – fatta eccezione per due occasioni – l’Oscar per la regia.
Non dovrebbero dunque esserci particolari sorprese a riguardo e
Nolan potrà finalmente stringere tra le mani l’ambita statuetta,
consacrazione (agli occhi di Hollywood) di un percorso artistico
tra i più importanti degli ultimi due decenni. Se però si volesse
provare a trovare una possibile alternativa alla vittoria di Nolan,
questa potrebbe manifestarsi nella figura di Yorgos
Lanthimos.
Come si diceva, il regista greco
sembra godere di una certa stima nell’ambiente hollywoodiano. Non è
infatti da escludere il verificarsi di una situazione come quella
vista nel 2020, dove il regista di 1917Sam Mendes vinse il Golden
Globe, il Bafta e il DGA, ma vide poi l’Oscar andare al coreano
Bong
Joon-ho per Parasite.
Certo, si tratta di situazioni diverse, ma l’esempio può essere
utile per comprendere che non c’è nulla di assolutamente certo. Non
andrebbe sottovalutata neanche la presenza di Jonathan
Glazer, che a sua volta ha raccolto numerosi complimenti
per il suo lavoro, tra cui quello di Steven Spielberg, che ha giudicato
La zona d’interesse
il film sull’olocausto più importante dai tempi di Schindler’s List.
Meno probabile (purtroppo) appare
invece una possibile vittoria per Martin Scorsese e Justine
Triet, per i quali la nomination sembra già il massimo
riconoscimento ottenibile. Triet dovrebbe però – salvo sorprese –
trionfare nella categoria
Miglior sceneggiatura originale, quindi potrebbe non tornare a
casa a mani vuote. Alla luce di tutto ciò, però, il nome su cui
scommettere è di certo quello di Nolan. Come si diceva, più volte
la sua esclusione da questa cinquina è stata accompagnata da
polemiche e questa sua seconda nomination agli Oscar 2024 per un
film così imponente e attuale nei temi sembra a tutti gli effetti
l’occasione giusta per premiare lui e la sua forte idea di
cinema.
Tra le attrici destinate a prendersi
un posto di rilievo nel mondo del cinema e della televisione vi è
certamente Zendaya, che già da qualche anno ha
guadagnato una grande popolarità grazie ad importanti film, serie
ma anche al suo innegabile fascino e carisma. I prossimi anni
saranno decisivi per lei per consacrarsi come una delle nuove
stelle della recitazione ma già per quello che ha saputo dimostrare
resta un’attrice assolutamente da non sottovalutare.
2. Ha recitato in note
serie. Zendaya ottiene una prima grande popolarità grazie
alla serie di Disney Channel A tutto ritmo, dove recita
dal 2010 al 2013. Successivamente recita in alcuni episodi di altre
serie della medesima rete televisiva, come Buona fortuna
Charlie (2011) e A.N.T. Farm – Accademia Nuovi
Talenti (2012). Ottiene poi un nuovo ruolo importante in una
serie Disney Channel con K.C. Agente Segreto
(2015-2018). Ha poi recitato in un episodio di Black-ish
(2015) e in tre episodi di The OA (2019). Dal 2019 è anche
tra i protagonisti della serie HBO Euphoria,
dove recita accanto a Sydney Sweeney, Hunter Schafer e Jacob Elordi.
3. È anche doppiatrice e
produttrice. Oltre a lavorare come attrice davanti la
macchina da presa, Zendaya si è distinta anche come doppiatrice,
ricoprendo tale ruolo per i film Disney Fairies: I giochi della
Radura Incantata (2011), Supercuccioli – I veri
supereroi (2013), Peng e i due anatroccoli (2018),
Smallfoot – Il mio amico delle nevi (2018) e Space Jam –
New Legends (2021), dove dà voce a Lola Bunny. Ha però
lavorato anche come produttrice del film Malcolm &
Marie e per le serie K.C. Agente Segreto e
Euphoria.
Zendaya è MJ in Spider-Man
4. Il suo ruolo non è quello
di Mary Jean. Per Spider-Man:
Homecoming, Zendaya era stata inizialmente scritturata per
interpretare Mary Jane Watson, il noto personaggio sentimentalmente
legato a Peter Parker. Tuttavia, i produttori decisero poi di
separarsi ulteriormente dallo Spider-Man del 2002, dove il
personaggio era interpretato da Kirsten
Dunst, e crearono invece il personaggio originale,
Michelle Jones. Il vero nome di questa MJ è stato però svelato solo
nel terzo film, Spider-Man:
No Way Home.
Zendaya in Dune
5. Compare solo per pochi
minuti nel primo film. Secondo Denis Villeneuve, Zendaya è
stata scelta per il ruolo di Chani dopo le audizioni, in quanto è
stata giudicata la migliore per quanto riguarda la chimica con il
collega Chalamet. Nonostante fosse indicata come tra i principali
protagonisti del film e il suo nome si riportato come tale in tutti
i materiali promozionali, Zendaya ha in Dune solo
circa 10 minuti di tempo sullo schermo. In Dune – Parte
Due, però, è molto più presente ed è a tutti gli effetti
la protagonista femminile del film.
Zendaya in Euphoria
6. Si sente molto legata al
suo personaggio. Parlando della problematica Rue, il
personaggio da lei interpretato in Euphoria, Zendaya ha
dichiarato: “Mi commuovo molto perché tengo molto a lei, perché
rappresenta molte persone che hanno bisogno di molto amore. E
rappresenta una parte di me stessa, e rappresenta una parte di Sam
Levinson, il creatore di ‘Euphoria’. Questo significa molto per me
e voglio che le persone possano guarire grazie a lei“.
7. Ha stabilito un
record. Per la sua interpretazione nella prima
stagione di Euphoria, Zendaya ha poi vinto nel 2020
un Emmy Award come per Miglior attrice protagonista in una serie
drammatica. Ciò l’ha resa la più giovane attrice a vincere tale
premio, all’età di 24 anni. Nel 2022 ha poi nuovamente vinto nella
medesima categoria per la sua interpretazione nella seconda
stagione.
Zendaya e il fidanzato Tom
Holland
8. Ha una relazione con Tom
Holland. Nel 2016 Zendaya e Tom Holland si conoscono sul set di Spider-Man: Homecoming e non passa molto prima che
inizino a circolare rumor su una loro possibile relazione
sentimentale. Nel tempo le voci si fanno sempre più insistenti, ma
i due non confermano minimamente la cosa, tanto da spingere a
pensare che si frequentino invece con altre persone. Per Zendaya,
ad esempio, si riportava di una frequentazione con Jacob Elordi. Tuttavia, alcune foto diffuse
nel luglio del 2021 dove si vedono Zendaya e Holland scambiarsi un
bacio ha portato i due a confermare pubblicamente la loro
relazione, che prosegue ancora oggi.
Zendaya è su Instagram
9. È presente sul social
network. L’attrice è presente sul social network
Instagram, con un proprio profilo verificato seguito da ben 184
milioni di persone e dove attualmente si possono ritrovare oltre
tremila post. Questi sono principalmente immagini relative a suoi
lavori da attrice e da modella, inerenti il dietro le quinte di
tali progetti o promozionali nei loro confronti. Ma non mancano
anche curiosità, momenti di svago, eventi a cui ha preso parte e
altre situazioni ancora. Seguendola, si può dunque rimanere
aggiornati su tutte le sue novità.
Zendaya: età, altezza e origini dell’attrice
10. Zendaya Maree Stoermer
Coleman è nata il 1º settembre 1996 a Oakland, in California, Stati
Uniti. L’attrice è alta complessivamente 1,78 metri.
Zendaya di origini miste: suo padre, Samuel David Coleman è
afroamericano mentre sua madre Claire Marie Stoermer ha origini
tedesche e scozzesi. Il nome Zendaya proviene dallo Zimbabwe e
nella lingua bantu del popolo Shona significa
“ringraziare”.
Ecco le nostre interviste a
Chiara Martegiani, protagonista di Antonia, e alle fillmaker, sceneggiatrici e
regista, Chiara Malta, Elisa Casseri e
Carlotta Corradi. La nuova serie Prime Video è disponibile in piattaforma dal 4
marzo.
Antonia è la nuova serie dramedy
con Chiara Martegiani e Valerio Mastandrea, disponibile in
esclusiva su Prime Video da lunedì 4 marzo. Ideata da Chiara
Martegiani, diretta da Chiara Malta e scritta da Elisa Casseri,
Carlotta Corradi e Chiara Martegiani con la supervisione creativa
di Valerio Mastandrea, Antonia è una produzione Fidelio e
Groenlandia (una società del Gruppo Banijay) in collaborazione con
Prime Video, in collaborazione con Rai Fiction. Nel cast anche
Barbara Chichiarelli, Emanuele Linfatti, Leonardo Lidi e Chiara
Caselli.
Debutterà oggi lunedì 4
marzo in esclusiva su Sky e in streaming
solo su NOWThe Regime – Il Palazzo del
potere, nuova e attesa miniserie HBO in sei episodi con la
vincitrice del Premio Oscar Kate Winslet.
Scritta da Will Tracy e diretta da
Stephen Frears (episodi 1, 2, 4) e Jessica Hobbs (3, 5, 6), la
serie The Regime – Il Palazzo del potere Sky
Exclusive è una dark comedy in sei episodi con un grande cast che
comprende, accanto a Winslet,
Matthias Schoenaerts, Guillaume Gallienne,
Andrea Riseborough, Martha Plimpton e Hugh Grant.
La trama di The Regime – Il Palazzo del
potere
The Regime – Il Palazzo del
potere racconta un anno tra le mura del palazzo di un
moderno e fittizio regime autoritario europeo. Al centro la figura
della potente Cancelliera Elena Vernham (Winslet), che però si
trova minacciata da un dissenso interno sempre più forte. Con
l’aiuto del suo braccio destro, tenterà di assicurarsi il potere
mentre le cose cominciano a sgretolarsi intorno a lei.
Will Tracy è sceneggiatore e
showrunner, nonché produttore esecutivo insieme a Frank Rich,
Tracey Seaward, Kate Winslet, Stephen Frears e Jessica Hobbs. Gli
sceneggiatori sono Seth Reiss, Sarah DeLappe, Gary Shteyngart, Jen
Spyra e Juli Weiner.
Per Dune: Parte
Due, Denis Villeneuve si è addentrato
nel deserto arabo e ha trascorso quasi un mese con la produzione
per le riprese nell’Oasi Liwa di Abu
Dhabi, che ha fornito una parte sostanziale del paesaggio
del pianeta desertico Arrakis, dimora dei mostruosi vermi
sandwich.
Denis Villeneuve
ha elogiato la location e i servizi forniti dalla Abu Dhabi Film
Commission e dalla Epic Films, società di servizi di produzione con
sede negli Emirati Arabi Uniti, in un video promozionale dietro le
quinte, a cui
Variety ha avuto accesso in esclusiva.
Dune: Parte
Due parla del rapporto tra gli esseri umani e la
natura”, dice Villeneuve nel promo che contiene
anche testimonianze di
Zendaya,
Javier Bardem,
Rebecca Ferguson e del direttore della fotografia
Greig Fraser, tra gli altri.
“Per me era importante portare
quella natura sullo schermo“, aggiunge il regista, in modo che
il pubblico ci creda “se sente che c’è qualcosa che sembra
reale, che sembra tattile“.
Così, dopo aver girato per cinque
giorni nel deserto di Abu Dhabi per il primo
capitolo di “Dune“,
Villeneuve e l’intero cast e la troupe sono tornati per
Dune:
Parte Due e hanno trascorso 27 giorni tra le
imponenti dune
ondulate di Liwa, alcune delle quali alte più di 600 piedi, ai
margini del Rub’ Al Khali, il più grande tratto di deserto
ininterrotto del mondo.
“Avevamo una rete di 18 miglia
di strada che ci portava in diversi luoghi dove c’erano tende,
catering, gru da costruzione, sollevatori telescopici e tutto il
resto“, racconta la produttrice esecutiva Tanya Lapointe.
“È stata un’impresa enorme, ma
spettacolare“, aggiunge Lapointe, che è stato
anche regista di seconda unità in Dune: Parte
Due.
Legendary Pictures ha anche
beneficiato del generoso sconto del 30% della Abu Dhabi Film
Commission (ADFC) sulle spese di produzione nell’Emirato.
Per i professionisti della
produzione in loco, “la sfida principale per Dune: Parte
Due è stata la logistica“, ha dichiarato a
Variety il produttore Robbie McAree, capo della Epic Films con sede
negli Emirati Arabi Uniti, che ha lavorato a entrambi i film di
“Dune”, in un’intervista sui vari aspetti della parte di Abu Dhabi
della produzione.
La sfida principale di
questa volta è stata la logistica. Denis non voleva girare negli
stessi luoghi in cui avevamo girato “Dune: Parte Uno”, quindi ci
siamo addentrati nel deserto, più vicino al confine con l’Arabia
Saudita, un deserto di confine così grande e vuoto. Andavamo a
cercare nuovi posti, perché questo era uno dei suoi obiettivi
principali: non voleva usare le stesse location.
Quanta troupe e quanti talenti
locali ha utilizzato negli Emirati Arabi Uniti?
Per la produzione
abbiamo utilizzato quasi 300 persone tra troupe e collaboratori
locali, un numero piuttosto elevato rispetto alle circa 250 troupe
internazionali che sono venute qui. Quindi c’erano molti
professionisti locali, il che è fantastico. Anche per quanto
riguarda le comparse, credo che ci siano state 500, o quasi,
comparse locali che abbiamo utilizzato per tutti i 27 giorni.
Quindi è stato un lavoro importante in termini di esigenze locali.
E abbiamo potuto lavorare a stretto contatto non solo con la troupe
e i talenti, ma anche con altri dipartimenti e fornitori
strettamente affiliati alla Abu Dhabi Film Commission e alla
municipalità di Abu Dhabi. Avevamo bisogno di tutta questa
assistenza, soprattutto quando dovevamo costruire queste strade nel
deserto.
Per quanto riguarda le
sistemazioni, i talenti della lista A, come Timothee Chalamet e Zendaya,
hanno dormito nel deserto?
Il luogo in cui abbiamo
girato è ovviamente vicino al resort nel deserto Qasr Al Sarab
Hotel, che è fantastico. Era il nostro punto di servizio. È un
hotel incredibile, fantastico, con ottime strutture. Quindi, sì,
c’erano tutti. Naturalmente, fin dall’inizio ci siamo resi conto
che avremmo avuto una sfida in termini di quantità di letti. Così
ho proposto ai produttori – i produttori internazionali – l’idea di
costruire un campo. All’inizio mi guardavano come se avessi tre
teste. Ma ha funzionato ed è stata un’ottima
soluzione.
Dune – Parte
Due (qui
la nostra recensione),
si conclude in modo tragico, che vede Chani e Paul Atreides
separarsi in seguito ad alcune incomprensioni, con il secondo dei
due pronto ad intraprendere una guerra con cui reclamerà il suo
posto sul trono di Imperatore. Questo secondo film diretto da
Denis Villeneuve dedicato al
Ciclo di Dune di Frank Herbert si conclude
dunque con un finale tanto drammatico quanto aperto, che rimanda
necessariamente ad un terzo film. Villeneuve ha già anticipato la
possibilità di adattare il secondo romanzo di Herbert, Dune: Messiah, con la sceneggiatura che sarebbe
addirittura già quasi pronta. Sembra tuttavia ci vorrà un po’
prima di poter vedere questo Dune
– Parte Tre, ma nel mentre possiamo provare ad
ipotizzare cosa aspettarci da esso.
L’ascesa di Paul a Imperatore e la
Guerra Santa saranno alla base di Dune – Parte
Tre
Alla fine di Dune: Parte
Due, Paul sale al potere con l’aiuto dei Fremen, che ora
combattono per lui contro l’imperatore Shaddam IV
e le Grandi Case. Tuttavia, queste ultime non accettano l’ascesa di
Paul, ma egli è ben disposto a combattere contro di loro. Il finale
allude dunque alla Guerra Santa che si verificherà in Dune –
Parte Tre, che nei romanzi porta poi Paul ad ottenere
effettivamente il titolo di imperatore. Ci sono poi
molte visioni che Paul ha nel corso di Dune – Parte
Due, e molte di esse anticipano l’imminente guerra che si
scatenerà, con lui in veste di messia, e le conseguenze che ne
deriveranno. Mentre le Grandi Case saranno dunque costrette a
sottomettersi a Paul, il suo crescente potere causerà tensioni che
si ripercuoteranno sul suo futuro come imperatore.
Nei libri il conflitto noto come
Guerra Santa dura dodici anni e si svolge in gran parte tra gli
eventi di Dune e Dune: Messiah, concludendosi con
l’universo che finalmente riconosce Paul come imperatore. Nei
romanzi, dunque, il conflitto non viene propriamente descritto e
serve solo a modificare radicalmente l’universo tra un libro e
l’altro della serie. Dune: Messiah riprende infatti dodici
anni dopo, quando l’Impero Atreides è ufficialmente iniziato. A
quel punto, la Guerra Santa è stata vinta. Avendo infranto le
difese di decine di migliaia di mondi in tutto il cosmo, Paul e i
Fremen hanno creato l’impero più potente che l’universo di Dune
abbia mai visto.
Tuttavia, in suo nome sono state
commesse atrocità che hanno lasciato Paul in conflitto con sé
stesso. Dune: Messiah si concentra dunque maggiormente
sulle lotte interne di Paul per continuare a impegnarsi nel
Sentiero d’Oro, una serie di eventi da lui previsti che
garantiranno la sopravvivenza e la prosperità dell’umanità tra le
stelle. Il libro dedica anche molto tempo all’esplorazione di una
cospirazione ordita contro il suo governo, con la quale sua sorella
Alia Atreides (Anya
Taylor-Joy) è costretta a confrontarsi. In ogni caso,
c’è da aspettarsi che la Guerra Santa non sarà propriamente
mostrata nel film, ma che sia appunto la base per gli eventi che ne
conseguono.
Le visioni che Paul ha in Dune – Parte
Due sono viscerali e, sebbene arrivino a sprazzi, mostrano
il futuro di Arrakis. Queste suggeriscono che l’acqua tornerà a
scorrere sul pianeta, che il mare tornerà ad occupare ampie zone
del pianeta, e che la Guerra Santa che sta per arrivare causerà
anche miliardi di morti in suo nome. Le innumerevoli morti di
Dune non saranno limitate ai Fremen e nemmeno ad Arrakis,
ma si riverbereranno in tutta la galassia. Alcune visioni di Paul
si sono già avverate, come quella di sua madre Lady Jessica che lo
conduce a sud di Arrakis e il suo duello con Feyd-Rautha, per cui
c’è da aspettarsi che quelle ancora da concretizzarsi troveranno il
momento per farlo in Dune –
Parte Tre, offrendo scenari potenzialmente molto
spaventosi.
Alia Atreides avrà un ruolo
fondamentale in Dune – Parte Tre
L’attrice Anya Taylor-Joy compare solo per pochi secondi
in Dune – Parte
Due con il quolo di Alia Atreides, sorella di Paul. Tuttavia, tale
personaggio avrà certamente un ruolo maggiore in Dune –
Parte Tre, essendo Alia cruciale nelle vicende di
Dune: Messiah. In quanto ancora nel grembo di Lady
Jessica, è lecito aspettarsi che Dune –
Parte Tre presenti l’importante salto temporale in avanti
12 anni previsto anche dal libro, che permetterà dunque di
introdurre una Alia già grande e potenzialmente pronta a seguire
quanto per lei previsto nel romanzo. Il coinvolgimento di Alia
potrebbe anche significare il ritorno del Duncan Idaho di Jason Momoa.
Nel libro di Herbert, i Bene
Tleilax, un gruppo geneticamente modificato, crearono un Duncan
artificiale, chiamato ghola, nel tentativo di uccidere Paul
Atreides. Questa versione di Duncan Idaho, che si faceva chiamare
Hayt, finisce per innamorarsi di Alia. Il ritorno del personaggio
creerebbe anche un’interessante dinamica tra lui e Alia, aumentando
la tensione tra lui e la Casa Atreides e facendogli intraprendere
un proprio percorso evolutivo. Inoltre, il ritorno di Duncan
sarebbe certamente ben voluto dai fan dopo la sua morte prematura
in Dune.
Dune – Parte Tre esplorerà
il rapporto tra Paul, Chani e la principessa Irulan
Nel finale di Dune – Parte
Due Chani è furiosa con Paul, il quale annuncia che
prenderà in moglie la principessa Irulan, rafforzando così i suoi
legami politici e legittimando la sua ascesa a imperatore. Paul ama
ancora Chani, e non manca di ribadirlo, ma la sua relazione con
Irulan incrina il rapporto tra i due amanti. Nel libro Dune:
Messiah, tuttavia, Paul effettivamente finisce con lo sposare
Irulan per necessità, ma rimane comunque fedele a Chani, la quale
accetta la cosa comprendendone le ragioni politiche. Si forma così
un triangolo amoroso ricco di tensione. Dune – Parte
Due anticipa dunque la tensione già palpabile tra di loro,
ma il fatto che
il film si concluda con la separazione tra i due amanti, porta
ad ipotizzare che Dune –
Parte Tre potrebbe differire nel racconto di questo
triangolo.
Buona parte del terzo film potrebbe
dunque concentrarsi non solo sull’ascesa di Paul ma anche sul suo
legame con Chani e sul tentativo di recuperare quel rapporto. In
questo secondo capitolo, però, Paul ha anche una visione di Chani
che muore. Sappiamo che nei romanzi di Herbert lei perde la vita
durante il parto dei gemelli Leto Atreides II e Ghanima. Difficile
dire se Villeneuve le riserverà questa stessa fine o se Chani sarà
destinata a vivere o semplicemente a perire in modo diverso. La sua
morte sembra infatti essere necessaria per permettere di portare a
conclusione anche l’arco narrativo di Paul.
Paul Dano, che ha interpretato il cattivo
Enigmista in The
Batman, si esprime sul concetto di “stanchezza da
supereroi” e ha una visione positiva al riguardo.
I commenti di Paul Dano arrivano quando The Flash,
The
Marvels e più recentemente Madame
Web hanno raccolto risultati non proprio stellari al
botteghino, e l’attore afferma che la stanchezza può portare a film
migliori o a storie alternative.
“È un momento interessante in
cui tutti devono chiedersi: “Ok, e adesso?”. Si spera che da questo
qualcuno dia nuova vita ai [film tratti da fumetti], o che fiorisca
qualcosa di diverso dai supereroi“, ha detto Paul Dano a The Independent in un’intervista
per promuovere Spaceman
(recensione).
“Sono sicuro che ce ne saranno ancora di belli, ma credo che
sia un momento positivo“.
I film sono diventati
contenuti
E ha continuato: “È anche una
questione più ampia. Non appena la parola ‘contenuto’ è entrata in
quello che facciamo – cioè fare film o televisione – ha significato
quantità piuttosto che qualità, e credo che sia stato un grosso
passo falso. E di certo non ne ho bisogno come spettatore o come
artista“.
Dano ha anche teorizzato il motivo
per cui The Batman di Matt Reeves,
pur essendo un film di supereroi, è stato accettato dal pubblico.
“Ci sono abbastanza film di fumetti in cui sai già cosa ti
aspetta“, ha detto. “Leggendo la sceneggiatura di The
Batman, sapevi che era un vero film. Ogni frase… è
semplicemente [lo scrittore/regista] Matt Reeves“.
Nell’ultimo aggiornamento
sull’attesissimo seguito, le riprese di The
Batman – Parte 2 sarebbero state posticipate a
marzo 2024. La star principale Robert
Pattinson riprenderà il ruolo principale,
con Matt Reevesche
tornerà alla regia. Anche Mattson Tomlin
tornerà per scrivere la sceneggiatura insieme a Reeves. La
data di uscita è attualmente fissata per il 3 ottobre
2025. Il primo film ha raggiunto più di 770 milioni di
dollari al botteghino, diventando il settimo film con il maggior
incasso del 2022 e ottenendo recensioni positive.
Nel cast di Batman c’erano anche
Zoë Kravitz nel ruolo di Selina Kyle/Catwoman,
Jeffrey Wright nel ruolo di James Gordon del
GCPD, John Turturro nel ruolo di Carmine Falcone,
Peter Sarsgaard nel ruolo del procuratore
distrettuale di Gotham Gil Colson, Andy Serkis nel ruolo di Alfred Pennyworth e
Colin Farrell nel ruolo di Oswald
Cobblepot/Penguin. Restano invece dubbi riguardo il coinvolgimento
del Joker, introdotto nel primo film con Barry Keoghan nel ruolo. Proprio l’attore,
però, ha lasciato intendere che l’arcinemesi di Batman potrebbe far
parte del film.
Hoyte van Hoytema
ha vinto per Oppenheimer,
in lizza per la migliore fotografia agli Oscar del
prossimo fine settimana. Si confronterà con lo stesso quartetto che
ha battuto per il premio ASC: Edward Lachman per
El
Conde, Matthew Libatique per Maestro,
Rodrigo Prieto per
Killers of the Flower Moon e Robbie Ryan per Poor
Things (Searchlight).
Il vincitore dei
ASC ha poi vinto l’Oscar quasi la metà delle volte
(17 volte in 37 anni), ma non l’anno scorso. Mandy
Walker ha vinto il massimo premio cinematografico dell’ASC
nel 2023, ma l’Oscar è andato a James Friend per
All Quiet on the Western Front.
Il premio ASC per il documentario è
andato a Curren Sheldon per King
Coal.
Tra i vincitori per la televisione
figurano M. David Mullen per The Marvelous Mrs.
Maisel, Ben Kutchins per Boston
Strangler, Carl Herse per Barry.
L’ASC, che ha 105 anni, celebra il
meglio della cinematografia dell’anno in sette categorie che
spaziano tra lungometraggi, documentari e televisione. I premi di
quest’anno includono riconoscimenti speciali per Spike
Lee (Board of Governors Award), Don
Burgess (Lifetime Achievement Award), Steven
Fierberg (Career Achievement), Warwick
Thornton (Spotlight Award) e Amy Vincent
(Presidents Award). Di seguito tutti i vincitori:
Theatrical Feature Film
Hoyte van Hoytema, Oppenheimer (Universal Pictures)
Documentary Award
Curren Sheldon, King Coal
Episode of a One-Hour Regular
Series
M. David Mullen, The Marvelous Mrs. Maisel, “Four
Minutes” (Prime Video)
Limited or Anthology Series or
Motion Picture Made, TV\
Ben Kutchins, Boston Strangler (Hulu)
Episode of a Half-Hour
Series
Carl Herse, Barry, “Tricky Legacies” (Max)
Music Video Award Jon
Joffin, “At Home” (performed by Jon Bryant)
Si è chiusa la settima tanto attesa
che ha visto debuttare finalmente nelle sale italiane
Dune:
Parte due (recensione),
la seconda parte del film del 2021 Dune di Denis
Villeneuve che aveva debuttato contemporaneamente sia in
sala che sulle piattaforme.
Il film che riunisce un cast
assolutamente stellare totalizza ben 3.714.048 di euro di incasso
che gli consente di guadagnare facilmente la vetta della classifica
del BOX
OFFICE in Italia. Va detto però che quello che a prima
vista potrebbe sembrare un grosso risultato in realtà pur segnando
un netto miglioramento rispetto al primo film, può rappresentare un
dato non propriamente soddisfacente se si pensa che è uno dei
blockbuster più atteso del 2024.
Infatti Dune: Parte
due ha debuttato mercoledì anziché giovedì come capita
a tutti in titoli che debuttano nel nostro paese. Dunque
beneficiando di un giorno in più come già accaduto a molti altri
titolo di altro profilo. Pur mantenendo una media copia alta il
film non riesce a debuttare con un risultato oltre i 4 milioni di
euro. Ma nulla da temere, il film potrà beneficiare del passaparola
e rifarsi nella prossima settimana.
Subito Dune: Parte
due dopo si è posizionato La zona
d’interesse (recensione),
uno dei migliori film del 2023 e che ha
un finale a dir poco criptico. Il film distribuito da I Wonder
che ha debuttato il 22 Febbraio ha totalizzato un 1.083.868 per un
totale di 1.883.232 milioni di Euro. Da sottolineare che il film ha
segnato un risultato ancora più grande del suo primo weekend, il
che dimostra che sta giovando di un ottimo passaparola. Il film ha
totalizzato al 3 Marzo 274.863 spettatori.
Continua ad incassare invece il
film di Bob
Marley che raccoglie altri 1.015.448 milioni di euro
per un totale che arriva a 2.234.955 e 295.452 spettatori. Resiste
in quarta posizione invece Past Lives che raccoglie altri 581.324 mila
euro e porta il suo totale a 2.660.920 e 395.036 presenze. In
quinta posiziona arriva invece
Emma e il giaguaro nero, il film per famiglie di 01
Distribution totalizza altri 563.099 € per un totale di 1.136.038 e
168.493 mila spettatori. Povere Creature continua ad incassare e con
altri 351.956 mila euro porta il suo totale all’ottimo risultato di
8.371.226 con 1.166.061 spettatori e si conferma uno dei grandi
risultati di quest’anno.
Non positivo il debutto di Caracas, il
secondo film da regista di Marco d’Amore che raccoglie solo 298.244
mila euro per 42 mila spettatori. Risultato decisamente inferiore
rispetto a L’Immortale
che debuttò con altri numeri per finire la sua corsa a 6,8 milioni
di euro.
Madame
Web ha debuttato con recensioni pessime e numeri
ancora peggiori al botteghino il mese scorso, e con Dune: Parte
Due che sta dominando le sale, l’ultimo film Marvel della Sony è già stato
ampiamente dimenticato.
Sydney Sweeney ha condotto la serata di ieri
del Saturday Night Live e, durante il suo monologo, si è
presentata dicendo: “Forse mi avete visto in ‘Anyone
But You’ o ‘Euphoria’ – sicuramente non mi avete visto in
‘Madame Web‘”.
Prima dell’uscita di Madame
Web, l’attrice sembrava
legittimamente entusiasta di entrare a far parte dell’Universo
Marvel e si è persino spinta a
ricreare alcune pose precise per i fumetti sul set.
Sfortunatamente, pur essendo un punto di forza nel ruolo di
Spider-Woman, il film le ha reso un cattivo servizio.
All’inizio del mese, Sydney Sweeney ha parlato anche delle
sfide che ha comportato girare Madame
Web. “Avevo una parrucca, quindi è stato
tutto un altro processo. Bisognava avvolgere la parrucca, poi
incollarla, poi acconciarla“, ha spiegato l’attrice.
“E quella parrucca era così calda che stavamo girando a
Boston in piena estate“.
“Era uno dei giorni più
caldi e stavamo girando, quando ho detto: ‘Un secondo’, mi sono
girata e ho iniziato a vomitare, poi mi sono voltata e ho detto:
‘Siamo a posto, possiamo continuare’. Mi stavo surriscaldando, il
mio corpo si stava spegnendo, ma stavo benissimo. La parrucca ha
aggiunto molti elementi interessanti“.
Questo fine settimana, Madame
Web ha incassato solo 5 milioni di dollari
all’estero, portando il suo totale globale a un deludente 91
milioni di dollari.
Sydney Sweeney sarà presto protagonista del
nuovo Horror di Neon Immaculate
cui abbiamo pubblicato una
clip inedita. La pellicola è stata girata in parte in
Italia.
Entrambi i film di Denis Villeneuve
su Dune
apportano diverse modifiche al romanzo di Frank Herbert,
ma il cambiamento di gran lunga più grande per quanto riguarda un
singolo personaggio è la rappresentazione di Chani
(Zendaya)
in Dune: Parte
Due.
Nel libro, Chani si innamora di
Paul Atreides e gli rimane fermamente fedele insieme a
Stilgar e al resto dei Fremen. Tuttavia, nel
film, quando “Muad’Dib” decide di abbracciare il suo
destino di Mahdi e di guidare il suo popolo in battaglia
contro gli Harkonnen, Chani riconosce i pericoli
di seguire ciecamente un leader religioso e di riporre tutta la
fiducia in una “profezia” che Paul ha precedentemente
liquidato come nient’altro che propaganda dei Bene
Gesserit.
In Dune: Parte
Due la goccia che fa traboccare il vaso per
Chani arriva quando Paul si proclama imperatore e
offre la sua mano alla figlia del precedente sovrano, la
principessa Irulan. Chani si allontana dal suo
amante mentre il resto dei Fremen inizia una guerra santa
in suo nome, attaccando gli inviati delle grandi case
dell’universo, e il film si conclude con lei che si mette a sparare
e chiama un verme con uno sguardo di sfida.
Nel corso di un’intervista con
Inverse, al regista Denis Villeneuve è
stato chiesto del cambiamento del personaggio di Chani e
di cosa potrebbe significare per il film finale della sua trilogia,
il previsto adattamento di Dune:
Parte Tre che dovrebbe intitolarsi Messiah.
“Ho fatto in modo che
nell’arco drammatico di Paul e nella storia ci fossero tutti gli
elementi, solo che ho giocato con loro in modo un po’
diverso“, dice Villeneuve.
“Alla fine del film, si vede che Paul ha fatto delle
scelte che, per proteggere alcune persone, diventeranno ciò contro
cui stava cercando di combattere“.
“Sarà visto dalla
prospettiva di Chani“, ha continuato. “Il
film è strutturato sulla storia d’amore tra Paul e Chani. L’idea
era di fare in modo che la storia di Paul si svolgesse attraverso
questa relazione, e che il punto di svolta specifico di Paul fosse
visto più o meno dalla prospettiva di Chani. E questo è un
cambiamento molto importante. Ho cambiato la natura del personaggio
di Chani per creare una prospettiva che spero sia condivisa da
Frank Herbert per raggiungere il suo obiettivo“.
Cosa aspettarsi da Dune: Parte Tre ?
Cosa questo significhi per Dune:
Parte Tre resta ovviamente da vedere, ma non possiamo
pensare che Chani accetti la sua posizione di
concubina/”spalla” di Paul come fa nel libro.
Le
recensioni stellari di Dune
2 sono sicuramente in grado di attirare più persone
nelle sale, e il film è ora “certificato fresco” su Rotten
Tomatoes con un impressionante 95% di critica e pubblico.
In My Name is Loh
Kiwan, dopo la dolorosa perdita della madre,
Kiwan, un disertore nordcoreano ricercato, prende
la decisione di lasciare la Cina per onorare l’ultimo
desiderio della madre: avere un nuovo inizio e trovare un
luogo dove possa finalmente rivendicare il proprio nome, vivendo
con libertà e dignità. Utilizzando gli ultimi risparmi della madre,
Kiwan parte per il Belgio con l’intenzione di
chiedere asilo e ottenere quindi lo status di rifugiato. Tuttavia,
la burocrazia si rivela un ostacolo insormontabile
e presto si ritrova bloccato in un limbo che lo rende un fantasma
agli occhi dello stato belga.
Così, senza un tetto né mezzi di
sostentamento, vaga per le strade in attesa di una nuova
opportunità finché un giorno, il destino di Kiwan prende una svolta
inattesa quando si imbatte in Marie, una giovane
donna di origini sudcoreane. Un tempo un’orgogliosa atleta della
squadra nazionale di tiro belga, ora Marie combatte non solo contro
i suoi demoni interiori e i traumi familiari, ma anche le sue
dipendenze e alcuni problemi legali. Da un incontro
apparentemente sfortunato, i due giovani cominciano a
stabilire un legame sempre più profondo e intimo,
trovando conforto l’un l’altra e, con il passare del tempo,
riacquistando il desiderio e la speranza di una seconda
possibilità nella vita.
È questa la commovente e
romantica storia raccontata in My name is Loh
Kiwan (titolo originale 로기완), il k-moviescritto e
diretto da Kim Hee-jin, tratto dal
romanzo di Cho Hae-jin (I Met Loh Kiwan)
e disponibile dal 1° marzo su Netflix.
Dopo aver conquistato il pubblico di
Netflix nel ruolo dell’antieroe mafioso Vincenzo Cassano,
l’attore Song Joong-ki veste ora i panni del
coraggioso e resiliente Kiwan, dimostrando tutto
il talento e il carisma che lo contraddistinguono. La sua
interpretazione – tanto sincera, autentica ed
emozionante da trasmettere dolore e speranza anche con il
più semplice sguardo o espressione – convince e ammalia lo
spettatore, che non può fare a meno di empatizzare e tifare per la
sua felicità. Kiwan, così nobile, altruista e
innocente, non incarna semplicemente la lotta e la
sofferenza di un disertore, ma anche quella di tutti coloro che
fuggono dalla propria terra natale cercando di conquistare un
futuro migliore. Portando Kiwan sul piccolo schermo, il regista si
propone di sollevare una questione cruciale: l’Europa che “accoglie
e apre le porte a chi è in difficoltà”, tanto celebrata e fiera,
nasconde in realtà intricati labirinti burocratici che spesso
abbandonano senza pietà coloro che cercano disperatamente di
sopravvivere.
In contrasto al personaggio
di Kiwan c’è poi quello della misteriosa Marie,
interpretata dall’attrice e cantante Choi Sung-eun
(conosciuta per il fantastico k-drama The Sound of Magic),
personaggio che non è possibile definire altrettanto positivo.
Marie, infatti, appare al pubblico come l’antagonista di sé
stessa: una giovane donna che, incapace di elaborare il
dolore della perdita della madre malata, sceglie di annullarsi e
autodistruggersi percorrendo la via dell’illegalità e della droga.
Marie si discosta nettamente dai tradizionali personaggi femminili
dei drammi coreani: con uno stile caratterizzato da smokey eyes,
abiti scuri e un finto atteggiamento superficiale e indifferente,
il personaggio di Sung-eun mostra una complessità e
problematicità che, purtroppo, non riesce a essere
esplorata a sufficienza in sole due ore di visione. In altre
parole, la caratterizzazione unidimensionale e vittimista
di Marie delude in parte lo spettatore, risultando così
meno apprezzata di quanto dovrebbe e meriterebbe.
L’amore come ancora di salvataggio
Se nella prima parte del
film il regista Kim Hee-jin getta le fondamenta per una
storia di immigrazione e povertà, straziante e riflessiva,
arricchita da pathos e critica sociale,
dall’incontro tra Kiwan e Marie la trama assume una direzione
diversa. Qui, viene introdotta la controversa e tenera storia
d’amore dei due giovani, dove le vite di Kiwan e Marie vengono
mostrate come due binari malandati destinati a convergere e
allontanarsi continuamente per permettere loro di
proseguire il “viaggio” e cercare salvezza.
Tuttavia, nonostante la dolcezza, la purezza e la toccante natura
della loro storia d’amore, questa risulta essere troppo
brusca e precipitosa, interrompendo improvvisamente
l’atmosfera realistica creata nell’introduzione e aprendo la strada
a una visione più simile a quella di una fiction
melodrammatica. Inoltre, l’introduzione di Marie influisce
anche sull’arco narrativo, trasformando la narrazione da
una visione realistica e intensa a una completamente emotiva e
romanticizzata.
Nonostante le critiche e i limiti
precedentemente menzionati, My Name is Loh Kiwan si
afferma come un melodramma coinvolgente e
straziante che va oltre la semplice narrazione di un amore
capace di dare la forza di “salvarsi”. Il film di Kim Hee-jin,
infatti, pone luce sull’importanza e il privilegio di poter
vivere senza paura, portando con onore il proprio
nome (come fa promettere la dolce madre di Kiwan),
simbolo inestimabile della propria identità, delle origini
e della storia familiare.
Infine, oltre a esplorare le sfide
personali, familiari e sociali affrontate dai personaggi,
la storia di Kiwan e Marie si sviluppa
come un turbolento viaggio emotivo che celebra la forza
dell’individualità e il grande coraggio di voler ricominciare.
The CW ha diffuso
il promo ufficiale di Walker 4, l’annunciata
quarta stagione della serie Walker che vedrà
Jared Padalecki riprendere il ruolo iconico
per questo nuovo ciclo di episodi.
Walker è la
serieamericana sviluppata da Anna
Fricke per The CW e riavvio della serie televisiva
western degli anni ’90 Walker, Texas Ranger. La serie è
stata ordinata direttamente in serie nel 2020, con Jared Padalecki che interpreta il ruolo
del protagonista e funge da produttore
esecutivo. Nel maggio 2023, la serie è stata
rinnovata per una quarta stagione che sarà presentata in anteprima
il 3 aprile 2024.
Cosa sappiamo su Walker 4?
Sebbene siano stati
rilasciati pochi dettagli sulla storia della stagione 4, il finale
della stagione 3 diWalker preannuncia sicuramente alcune
emozionanti avventure a venire. In particolare, questo include
un caso che riguarda lo Sciacallo, un pericoloso assassino del
passato di Walker. Cordell non ha mai effettivamente risolto
il suo caso irrisolto che coinvolge lo Sciacallo, il che significa
che ci sono sicuramente degli affari in sospeso per l’eroe dello
show.
Verrà ulteriormente esplorata
anche la relazione di Walker con Geri (Odette Annable), con
quest’ultimo personaggio che ha fatto un ritorno a sorpresa nel
finale. Per quanto
riguarda il cast di
Walker per la stagione 4, si prevede che la
maggior parte degli attori principali ritorni, tra cui
Molly Hagan, Violet Brinson, Cale Kulley, Coby Bell, Mitch
Pileggi, Jeff Pierre e Ashley Reyes. È probabile che
la nuova stagione veda anche diversi nuovi arrivati unirsi al
cast, anche se non sono stati ancora fatti grandi annunci a
riguardo.
In termini di numero di episodi, si
prevede che la stagione 4 di Walker presenterà un notevole
cambiamento. Mentre le stagioni 1 e 3 erano composte da 18 episodi
e la stagione 2 da 20, la stagione 4 sarà composta da soli 13
episodi. Non è chiaro, al momento, se la nuova stagione sarà
l’ultima dello show, ma la società madre di The CW, Nexstar, ha
fatto un netto allontanamento dai contenuti sceneggiati negli
ultimi mesi. Anche se la stagione 4 di Walker potrebbe finire per
essere l’ultima corsa dello show, si sta già preannunciando come
un’entusiasmante stagione televisiva.
FX ha diffuso il
trailer e la trama di Shōgun 1×03, il terzo atteso
episodio della nuova serie evento Shōgun (recensione)
che ha debuttato su Disney+ la
scorsa settimana.
In Shōgun 1×03 che
si intitolerà “Tomorrow is Tomorrow” dopo che Blackthorne è
sopravvissuto a uno sfacciato attentato, Toranaga capisce che deve
traghettare i suoi alleati fuori da Osaka o rischiare una sconfitta
certa. “Tomorrow is Tomorrow” è stato scritto da Shannon Goss;
mentre alla regia si è seduto Charlotte Brändström.
La serie Shōgun
si avvale di un acclamato cast giapponese, senza precedenti per una
produzione americana, tra cui Tadanobu Asano nel ruolo di “Kashigi
Yabushige”, un noto traditore e stretto alleato di Toranaga; Hiroto
Kanai nei panni di “Kashigi Omi”, il giovane leader del villaggio
di pescatori dove viene trovata la nave di Blackthorne; Takehiro
Hira nel ruolo di “Ishido Kazunari”, un potente burocrate che è il
principale rivale di Toranaga; Moeka Hoshi in quello di “Usami
Fuji”, una vedova che deve trovare un nuovo scopo nel mezzo della
guerra del suo signore; Tokuma Nishioka nel ruolo di “Toda
Hiromatsu”, il generale fidato e il più caro amico di Toranaga;
Shinnosuke Abe nei panni di “Toda
Hirokatsu” (“Buntaro”), il marito geloso di Mariko; Yuki Kura in
quelli di “Yoshii Nagakado”, lo sfacciato figlio di Toranaga che ha
un forte desiderio di mettersi in gioco; Yuka Kouri nel ruolo di
“Kiku”, una cortigiana rinomata in tutto il Giappone per la sua
abilità artistica e Fumi Nikaido nel ruolo di “Ochiba no Kata”, la
venerata madre dell’erede che non si fermerà davanti a nulla pur di
porre fine a Toranaga e alla sua minaccia al potere del figlio.
Shōgun
è stata creata per la televisione da Rachel Kondo e Justin Marks,
con Marks in veste di showrunner e produttore esecutivo insieme a
Michaela Clavell, Edward L. McDonnell, Michael De Luca e Kondo. La
serie è prodotta da FX Productions.
Si sa, “le donne sono destinate a
soffrire”, dice un ginecologo qualunque (e qualunquista) ad una
giovane paziente in visita che lamenta forti dolori mestruali. È un
inserto di pochi minuti ma incisivo, che racchiude a pieno uno dei
temi principali di Antonia,
nuova seriePrime
Video firmata da Chiara Malta con
protagonista Chiara Martegiani nel ruolo anche di
co-sceneggiatrice, che del suo incontro reale con
l’endometriosi, avvenuto oramai qualche anno fa,
ha voluto farne tessuto narrativo per un prodotto che vuole essere
da una parte processo di riconoscimento di una patologia per anni
rimasta un tabù, dall’altro un aiuto a tutte le donne che ne
soffrono e si sentono sole.
Sì, perché per tanto tempo questa
malattia – molto invalidante – è stata sottovalutata proprio dai
medici, schiacciata da quel luogo comune secondo cui le donne sono
abituate a star male, è “la loro natura”, un pensiero
socio-culturale che ha solo contribuito ad alimentare un’idea del
corpo femminile completamente distorta. Chiara Martegiani non ci
sta, e allora da un suo momento di crisi, che
doveva essere l’incipit di Antonia, decide di inserire
anche il processo di metabolizzazione e convivenza con
l’endometriosi, scoperto dall’attrice stessa proprio in
una fase complicata della sua vita. Una dramedy che si pone
l’obiettivo di mettersi in dialogo con tutti, partendo da una
microstoria prettamente femminile per poi piano piano abbracciarne
altre più universali, sollevando diverse altre considerazioni,
dalla fragilità del singolo, alla normalità di soffrire e non
farcela (che siano uomini o donne), fino all’affrontare i
cambiamenti senza scappare. Antonia è
prodotta da Fidelio e Groenlandia, in
collaborazione con Prime Video e Rai
Fiction.
Antonia, la trama
Fare i conti tutti i giorni con la
vita non è facile. Il sole spesso lascia spazio a nubi e pioggia, e
a volte arriva il vento a spazzare quel briciolo di serenità
rimasto. È un po’ la metafora che descrive una giornata cruciale di
Antonia, 33enne andata in piena crisi poco dopo aver spento le sue
candeline. Da quel momento, da quel soffio, sembra che la sua
esistenza sia precipitata nel caos più totale: lascia il compagno,
è senza casa, perde il lavoro… scopre di avere l’endometriosi. Un
disastro dopo l’altro, ma il nemico principale sembra essere la
patologia che le è stata appena diagnosticata e che senza saperlo
l’ha condizionata da quando era ragazzina. I suoi dolori erano
svalutati, presi sottogamba, definiti normali in quanto donna, e le
donne da sempre soffrono, che male c’è. Ma è proprio da qui,
dall’affrontare una patologia di cui ancora si parla troppo poco,
che inizia l’evoluzione di Antonia, costretta a interfacciarsi con
se stessa per capire chi è, cosa vuole, cosa è stato il suo
passato. Un racconto di rinascita, di coraggio, di buona volontà,
che la porta a conoscersi nel profondo e farle iniziare un percorso
di analisi, tutti processi che la aiutano a non fuggire più da se
stessa, ma anzi a guardarsi dentro con attenzione.
Riconoscersi in Antonia
Oltre a essere la prima serie a
mettere al centro della scena l’endometriosi, Antonia è anche una
storia che tesse il suo discorso attorno a personaggi
incredibilmente veri e, soprattutto, realistici. Dalla sua
protagonista, all’inizio respingente e un po’ antipatica, passando
per l’amica Radiosa, mamma a tempo pieno alle prese con giornate
infernali, fino al compagno Manfredi, un uomo che non ha paura di
mostrare le sue fragilità e ha più paranoie di lei. Sono
autentici, pieni di sfumature e sfaccettature, che
non sposano mai lo stereotipo con cui siamo abituati a confrontarci
in svariate altre opere. Figure dunque per niente scontate, e che
dovrebbero essere per questo più raccontante dal cinema, intanto
perché ne garantiscono a pieno l’identificazione, e poi perché
fungono da specchio attraverso cui il pubblico si può sentire più
compreso ma soprattutto rappresentato.
In particolare la
protagonista fa proprio questo: l’impressione è infatti quella di
avere davanti a sé un’amica virtuale, che dà voce a dubbi,
preoccupazioni e crisi identitarie comuni a tutti, e alla quale di
conseguenza ci sentiamo particolarmente vicini. Caotica,
distante, arrabbiata con il mondo, ma anche spaventata per la
malattia, Antonia è prima che donna un individuo in lotta con se
stesso e con gli altri, che vede la vita quasi come un percorso a
ostacoli, una montagna da scalare con le infradito, per intederci,
e spera di tagliare il traguardo il prima possibile. Ma questo si
può fare solo se si è disposti a mettersi in discussione,
affrontando quei cambiamenti che spaventano terribilmente ma sono
necessari e propedeutici alla crescita, che servono per dare alla
persona che si era ieri nuove consapevolezze per essere quella –
migliore – di domani.
La forza dell’ironia
Nel veicolare messaggi di un certo
calibro, Antonia sceglie la chiave
ironica e un tono leggero senza però mai depotenziare la portata
delle tematiche trattate, ma anzi paradossalmente esaltandole nella
risata, come le vere commedie sanno fare. Nel divertissement
scatenato dal sarcasmo e dalle gag della protagonista
vengono infatti aperti dei canali tematici che fanno luce
sul nostro tessuto sociale e su esso hanno un forte
impatto, come per esempio quello riguardante la salute
mentale. Sin dal primo episodio ad Antonia viene suggerito
di iniziare un percorso di terapia che possa supportarla nella
malattia, una scelta che ancora oggi vede una resistenza da parte
di molti.
Che sia per la paura di mettersi a
nudo o per l’indole “fuggitiva” nascosta in ognuno di noi, la serie
cerca di trasmetterci l’importanza del chiedere aiuto, qualsiasi
sia la causa del nostro malessere, e che far fronte ai propri
problemi mettendosi in ascolto è la prima soluzione per poter stare
meglio e sentirsi più liberi (il terzo episodio – no spoiler – è
uno dei migliori sia a livello visivo che narrativo).
Antonia, dunque, sia per le riflessioni
di cui si fa carico che per la sua originale e frizzante
confezione, si appresta a diventare una di quelle serie che
difficilmente dimenticheremo, e di cui la nostra industria ha
bisogno. Merito in particolare della sua interprete, una Chiara
Martegiani talmente naturale e ben calata nelle vesti del suo alter
ego che è impossibile non connettersi con lei. Speriamo allora ci
regali tanti altri ruoli così.
L’interpretazione di Brandon Lee di Eric Draven aveva un
look iconico, ma con la versione di
Bill Skarsgård si è deciso di andare in una
direzione molto diversa. Non è necessariamente una cosa negativa,
ma non tutti sono d’accordo con i tatuaggi sul viso e il taglio di
capelli fai-da-te, e a pensarla così è anche uno degli attori del
film originale.
Rochelle Davis,
che interpretava una giovane ragazza di nome Sarah di cui
si prendevano cura Draven (Lee) e Shelly Webster (Sofia
Shinas) prima che venissero uccisi, ha parlato con TMZ delle
immagini e la sua reazione iniziale di una sola parola dice tutto:
“Che schifo“.
La Davis ha detto chiaramente che
non ha problemi con il casting o la capacità di recitazione di
Bill Skarsgård, ma ritiene che il suo look non riesca
a “catturare l’essenza di Eric Draven, che dovrebbe
essere un uomo buono con un’anima buona“. Davis ha
poi descritto questa interpretazione del giustiziere risorto come
“squallida, sporca e grungy“, suggerendo
che assomiglia più ai “cattivi che dovrebbe combattere
che al personaggio principale“.
L’attrice ha anche criticato la
mancanza di diversità nel nuovo film e ritiene che
“chiunque non sia un maschio bianco
etero” sarebbe stata una scelta di casting migliore,
aggiungendo che la Lionsgate forse avrebbe dovuto fare il possibile
per inserire nel cast qualcuno che assomigliasse di più a Brandon Lee per rispetto al compianto attore,
che perse la vita durante le riprese del film originale in un
tragico incidente.
La Davis ha dichiarato di non avere
alcuna intenzione di guardare The Crow (Il
corvo) e di voler invitare i fan a boicottare il film
prima della sua uscita.
Rupert Sanders,
regista di
Biancaneve e il Cacciatore e Ghost
in the Shell, firma la regia del film che, come detto,
sarà un nuovo adattamento della graphic novel gotica e non un
remake del film del 1993 divenuto tristemente famoso per essere
stato l’ultimo di Brandon Lee, morto tragicamente proprio
durante le riprese.
Molti ritengono che quel film
diretto da Alex Proyas abbia svolto un lavoro perfetto di
adattamento della storia e, a questo proposito, il 7 maggio il film
uscirà per la prima volta in 4K Ultra HD e in
Steelbook. The
Crow sarà interpretato anche da Danny Huston,
Laura Birn, Sami Bouajila e Jordan Bolger
in ruoli non rivelati. Zach Baylin e Will Schneider hanno scritto
la sceneggiatura.
The
Crow uscirà il 7 giugno di quest’anno negli USA. La
sinossi recita: “Le anime gemelle Eric Draven (Skarsgård) e
Shelly Webster (FKA twigs) vengono brutalmente assassinate quando i
demoni del passato oscuro di lei li raggiungono. Avendo la
possibilità di salvare il suo vero amore sacrificando se stesso,
Eric parte alla ricerca di una spietata vendetta sui loro
assassini, attraversando i mondi dei vivi e dei morti per mettere a
posto le cose sbagliate“.
Mentre proseguono le riprese della
quinta e ultima stagione di Stranger
Things, Netflix ha condiviso una nuova foto dietro
le quinte che ritrae due dei personaggi che ritornano nella serie,
Max (Sadie
Sink) e Lucas (Caleb McLaughlin).
Max è riuscita a uscire
indenne dal suo primo incontro con Vecna grazie alla prontezza di
riflessi dei suoi amici e a una sana dose di Kate Bush, ma
non è stata altrettanto fortunata la seconda volta. Anche se è
sopravvissuta (per poco), è rimasta cieca, malmessa e in coma.
Il finale della quarta stagione di
Stranger
Thingsha lasciato intendere che
UNDICI (Millie
Bobby Brown) potrebbe avere il potere di far tornare
Max come prima, e qui ha un aspetto decisamente migliore
rispetto all’ultima volta che l’abbiamo vista. Resta da capire se
il personaggio sia effettivamente sveglio o se la foto sia stata
scattata mentre Sink condivideva una battuta con la sua
co-star.
Durante la partecipazione a un
panel al Mega Con Orlando, è stato chiesto a Gaten
Matarazzo (Dustin Henderson) quali cambiamenti apporterebbe
alla serie, se ce ne sono. “Potrebbe sembrare un po’ strano, ma
dovremmo uccidere più persone“, ha risposto Matarazzo.
“Questo show sarebbe molto meglio se la posta in gioco fosse
molto più alta, come se in qualsiasi momento uno qualsiasi di
questi ragazzi potesse prendere a calci. Mi sembra che siamo tutti
troppo al sicuro“.
Nel 2022, Maya Hawke (Robin Buckley) ha detto qualcosa
di simile in relazione al suo personaggio che potrebbe ricevere un
nobile addio nella prossima quinta e ultima stagione. “Mi
piacerebbe morire e avere il mio momento da eroe“, ha detto a
Rolling Stone. “Mi piacerebbe morire con onore, come farebbe
qualsiasi attore. Ma amo il modo in cui i fratelli Duffer amano i
loro attori. Il motivo per cui scrivono in modo così bello per me e
per tutti gli altri è perché si innamorano dei loro attori e dei
loro personaggi, e non vogliono ucciderli. Penso che sia una
qualità bellissima che hanno, e non me la farei scappare“.
Non vogliamo necessariamente vedere
nessuno di questi ragazzi incontrare il proprio creatore, ma non
vediamo nemmeno tutti arrivare alla fine della stagione finale,
quindi Maya Hawke potrebbe avere avverato il suo
desiderio!
Quanti episodi avrà
Stranger Things 5 ?
Stranger
Things 5 dovrebbe essere composta da otto
episodi, il primo dei quali si intitolerà “The Crawl“. Non
è stata annunciata una data di debutto, ma prima del ritardo la
serie doveva tornare sugli schermi all’inizio del prossimo anno.
Potrebbe ancora arrivare prima della fine del prossimo anno, ma c’è
una piccola possibilità che non sia pronto prima del 2026. Le
riprese sono iniziate di recente dopo la risoluzione degli scioper
.
Chi è il cast di Stranger Things –
stagione 5?
La quinta stagione di Stranger
Things è interpretata da Winona
Ryder, David
Harbour, Finn
Wolfhard, Millie
Bobby Brown, Noah Schnapp, Gaten Matarazzo,
Caleb McLaughlin, Natalia Dyer, Joe Keery, Charlie Heaton,
Sadie Sink, Maya Hawke, Priah Ferguson, Cara Buono e Brett
Gelman. L’ultima foto del cast ha confermato anche il
ritorno dei membri del cast della quarta stagione Jamie
Campbell Bower nel ruolo di Vecna/One/Henry Creel e
Amybeth McNulty nel ruolo di Vickie. A loro si
aggiungerà la veterana di Terminator Linda
Hamilton, il cui personaggio non è ancora stato
rivelato.
Stranger
Things è creata e prodotta esecutivamente da
Matt e Ross Duffer, che sono anche gli showrunner.
I produttori esecutivi sono Shawn Levy, Dan Cohen e Iain Patterson.
Tutte e quattro le stagioni sono ora disponibili in streaming in
esclusiva su Netflix.
Inoltre, abbiamo potuto scoprire
qualcosa in più sullo stile del progetto in arrivo: i costumi della
squadra, l’arredamento della casa, l’assistente robotico retrò
HERBIE e il nuovo logo dei Fantastici Quattro fanno pensare che il
progetto sia ambientato negli anni ’60, il che significa che un
periodo inesplorato della storia del MCU
potrebbe essere esaminato più da vicino. Una scelta che crea
l’opportunità per diversi personaggi del passato del MCU
di apparire nel film Fantastici
Quattro, assieme ad altri personaggi dei fumetti
Marvel legati alla squadra, e che
andiamo ad esaminare assieme.
Captain Mar-Vell
Il personaggio di
Capitan Mar-Vell è già stato trasposto nel ruolo
di Mar-Vell (Annette
Bening) in Captain Marvel, ma potrebbe ricevere un
maggiore sviluppo nel film ambientato negli anni ’60 Fantastici
Quattro, potenzialmente insieme a Rick
Jones, che non è mai apparso nel MCU.
Rick Jones è un alleato importante di molti eroi dei fumetti
Marvel, tra cui Mar-Vell,
Hulk e Capitan America. Nei fumetti Marvel, Mar-Vell e Jones si trovano
invischiati nella Zona Negativa, un regno spesso esplorato dai
Fantastici Quattro, il che significa che, mentre uno esiste nel
mondo reale, l’altro è al sicuro nella Zona Negativa: qualcosa che
potrebbe essere incluso ne i Fantastici
Quattro dei Marvel Studios.
Uomo Talpa
L’Uomo Talpa è un
cattivo insolito nei fumetti Marvel, ma si dà il caso che sia il
primo avversario che i Fantastici Quattro hanno
affrontato come squadra in The Fantastic Four #1 del 1961.
Regolarmente, scatena attacchi da sotto la superficie terrestre con
i suoi seguaci Moloid, una razza di ibridi
sinistri tra essere umano e talpa. Essendo il primo cattivo
affrontato dalla squadra, sarebbe interessante vedere l’Uomo Talpa
apparire nel MCU,
fornendo una minaccia minore ai Fantastici Quattro nella loro
prima
avventura nel MCU prima di affrontare pericoli più grandi, tra
cui Galactus e il Dottor
Destino.
Blastaar (La Bomba Vivente)
Mentre l’apparizione della
Zona Negativa ne I
Fantastici Quattro potrebbe introdurre nel MCU
personaggi come Mar-Vell e Rick
Jones, potrebbero comparire anche diversi abitanti del
regno ultraterreno. Tra questi potrebbe esserci
Blastaar, il sovrano della razza Baluuriana che
risiede nella Zona Negativa. Blastaar è stato spodestato dai
suoi sudditi, diventando un fuorilegge, il che lo ha portato a
sferrare attacchi alla Terra, facendolo entrare più volte in
conflitto con i Fantastici Quattro. Si tratta di un cattivo molto
potente, il cui debutto potrebbe contribuire a dimostrare la
stranezza della Zona Negativa se dovesse apparire ne I
Fantastici Quattro.
Sentry
Il Sentry di
Robert Reynolds dovrebbe debuttare prima
dell’uscita di Fantastici
Quattro, con l’attore Lewis Pullman che dovrebbe assumere
il ruolo per il film Thunderbolts
del 2025. Tuttavia, è possibile che una versione precedente di
Sentry, la risposta della Marvel Comics a Superman della DC, possa
apparire nel nuovo film dei Fantastici Quattro ambientato negli
anni Sessanta. Nei fumetti Marvel Comics, Reynolds è il
migliore amico di Reed Richards, un legame che
potrebbe essere stabilito nei Fantastici
Quattro dopo il debutto di Sentry nei Thunderbolts.
Steven Yeun, star di The Walking Dead
e Invincible, avrebbe dovuto inizialmente interpretare il
ruolo in Thunderbolts,
ma è stato sostituito da Lewis Pullman dopo aver
abbandonato il progetto nel gennaio 2024.
Blue Marvel
Si ipotizza da diversi anni
che Blue Marvel di Adam
Brashear stia per entrare nel MCU, e Fantastici
Quattro potrebbe offrire l’occasione perfetta. Nei
fumetti Marvel, Blue Marvel riceve le sue
abilità di manipolazione dell’antimateria dopo aver sperimentato la
Zona Negativa durante l’amministrazione Kennedy degli anni ’60,
il che lo collega direttamente ai Fantastici
Quattro. Il debutto di Blue Marvel offre la
possibilità di esplorare la cultura degli anni Sessanta, poiché a
Brashear fu chiesto di ritirarsi come Blue
Marvel dopo che la sua
identità venne rivelata nel bel mezzo dell’Apartheid, il che
sarebbe una storia estremamente importante da esplorare per i
Marvel Studios.
Annihilus
Con i Marvel Studios che potrebbero
allontanarsi dalla trama della Saga del Multiverso incentrata su Kang il Conquistatore, Fantastici
Quattro potrebbe introdurre Annihilus
come nuovo grande cattivo nel MCU.
Annihilus è il sovrano della Zona Negativa, anche se i suoi piani di
invasione della Terra sono stati regolarmente sventati dai
Fantastici Quattro. In una storia iconica della
Marvel Comics, Annihilus guida
l’Onda di Annientamento fuori dalla
Zona Negativa nel tentativo di conquistare l’universo, ma viene
sventato da diversi supereroi cosmici. Questa storia epica potrebbe
essere adattata per il MCU
e le basi potrebbero essere gettate ne I
Fantastici Quattro.
Uomo Molecola
Owen Reece della
Marvel Comics è diventato l’Uomo
Molecola dopo aver assorbito le radiazioni dalla
dimensione del Beyonder, permettendogli di controllare la materia a
livello molecolare. Questa azione ha però creato un wormhole che ha
permesso al Beyonder di iniziare a osservare la Terra, portando
all’evento Secret Wars del 1984. L’Uomo Molecola ha avuto
un ruolo importante anche nella storia di Secret Wars del
2015, poiché Reece è in grado di assorbire i
poteri dei Beyonders ultraterreni. L’Uomo Molecola potrebbe essere
introdotto nei Fantastici
Quattro prima dell’evento Avengers:
Secret Wars, che potrebbe vederlo allearsi con il
Dottor Destino mentre le incursioni devastano il
multiverso.
Silver Surfer
Nonostante sia un
personaggio cosmico, il Silver Surfer di Norrin Radd
è intrinsecamente legato anche ai Fantastici
Quattro. Nei fumetti della Marvel Comics, il Silver Surfer, araldo del
divoratore di pianeti Galactus, si recò sulla Terra per preparare
il suo padrone a divorare il pianeta natale dell’umanità. Tuttavia,
con l’aiuto dei Fantastici Quattro, riacquistò la sua nobiltà e
contribuì a salvare la Terra da Galactus, ma fu
esiliato come punizione. Si vocifera da tanto tempo di un’ipotetica
apparizione di Galactus e Silver Surfer in Fantastici
Quattro, dunque questa storyline potrebbe essere
esplorata, introducendo un altro potentissimo eroe cosmico nella
Saga del Multiverso del MCU.
Galactus
Galactus è
uno dei supercriminali più leggendari e riconoscibili della
Marvel Comics, non da ultimo per le sue
dimensioni e per l’immenso pericolo che rappresenta per gli eroi
dell’Universo Marvel. Per sostenere la sua forza
vitale, Galactus deve divorare interi mondi e
impiega gli Araldi per cercare questi pianeti; uno di questi mondi
è la Terra, non fosse che Galactus viene sconfitto dal suo Araldo,
Silver Surfer, con l’aiuto dei
Fantastici Quattro. Si dice che questo essere
simile a un dio debutterà in Fantastici
Quattro, ma Galactus potrebbe
diventare una minaccia importante nel MCU
per gli anni a venire. Di recente si è vociferato che Javier Bardem potrebbe interpretare Galactus
ne I
Fantastici Quattro, ma la notizia non è stata
confermata ufficialmente.
Dottor Destino
Per anni si è speculato sul
fatto che Victor Von Doom, meglio conosciuto come
Dottor Destino, sarebbe apparso nel MCU,
e Fantastici
Quattro rappresenta l’occasione perfetta perché ciò
avvenga finalmente. Il Dottor Destino è uno dei supercattivi più
iconici della storia dei fumetti Marvel, che ha combattuto contro
molti eroi, ma è strettamente associato ai Fantastici
Quattro. Destino e Reed
Richards hanno studiato insieme, ma hanno sviluppato una
rivalità competitiva che persiste da quasi sette decenni: è molto
probabile che sarà il film sui Fantastici
Quattro a introdurre finalmente il personaggio, che
rimarrà nel MCU
per molti anni a venire.
Iman Vellani ha offerto un’ottima performance nel
ruolo di Kamala Khan in Ms.
Marvel, per poi fare il salto sul grande schermo
con The
Marvels . Alla conclusione di quest’ultimo,
Capitan Marvel aveva deciso di
rimanere sulla Terra, probabilmente come mentore dell’adolescente,
sebbene Kamala avesse già deciso di mettere insieme una squadra
tutta sua.
Sembra che i Young
Avengers siano da qualche parte all’orizzonte e,
parlando con Polygon durante gli
Anime Awards 2024 di sabato,
Iman Vellani ha confermato che tornerà come supereroe
mutante… nel prossimo futuro.
“Mi è stato
assicurato”, ha detto, rassicurando i fan che la signora
Marvel ha un futuro nel MCU. “Quindi mi fa sentire
bene, ma non c’era più garanzia di così. [ride] Mi danno del
pangrattato e io provo a farne un pasto.”
I
momenti finali di Ms. Marvel hanno confermato
che Kamala è una mutante e potrebbe finire per unirsi agli
X-Men quando quella squadra verrà finalmente presentata.
Miss Marvel Vs The Marvels
Sfortunatamente, The
Marvels ha incassato solo 206 milioni di dollari
al botteghino mondiale e, l’anno scorso, Vellani ha spiegato perché
non si lasciava convincere da questo. “Non voglio
concentrarmi su qualcosa che non è nemmeno sotto il mio controllo,
perché qual è il punto?” disse
Iman Vellani. “Questo è per [l’amministratore
delegato della Disney] Bob Iger”.
[Il botteghino] non ha
niente a che fare con me”, ha continuato Vellani.
“Sono soddisfatto del prodotto finito e le persone a cui
tengo hanno apprezzato il film. È davvero divertente guardare
questo film, ed è tutto ciò che possiamo chiedere a questi film. Ha
dei supereroi ed è ambientato nello spazio.” , non è così profondo
e parla di lavoro di squadra e sorellanza. È un film divertente e
sono così felice di poterlo condividere con le
persone.”
Discutendo di alcune delle reazioni sessiste che il film ha dovuto
affrontare, l’attrice ha aggiunto: “Ho avuto molta
esperienza al liceo da sola, quando condividevo la mia eccitazione
con qualcuno, e poi mi chiudevano immediatamente perché ero così
eccitata. Lo farei Odio vedere una cosa del genere anche
all’interno della comunità dei fan, perché è
terribile.”
Ms. Marvel vanta un punteggio Rotten Tomatoes
del 98%, anche se non sappiamo ancora quante persone hanno visto la
serie Disney+ di
6 episodi.
Nonostante siano già stati
realizzati tre film dedicati a I
Fantastici Quattro, c’è ancora una serie di poteri che
la prima famiglia della Marvel non ha utilizzato sul grande
schermo. I
Fantastici Quattro vantano un’impressionante gamma di
abilità che si sono evolute ben oltre le loro rappresentazioni
originali. Sebbene molti di questi non siano stati rappresentati in
nessuno dei film, potrebbero costituire un’aggiunta emozionante al
film del MCU.
La Marvel ha confermato il cast dei
Fantastici Quattro e l’apparente ambientazione
temporale, che potrebbero indicare la narrativa del film e i
potenziali eventi raccontati. Con l’ambientazione retrò dei
Fantastici Quattro, molti personaggi potrebbero
avere una serie limitata di abilità più in linea con l’epoca.
Tuttavia, l’MCU avrebbe una serie di poteri
entusiasmanti che non sono mai stati adattati prima.
Mister Fantastic può cambiare
forma
Reed Richards è
noto per la sua elasticità e i suoi poteri di allungamento.
Tuttavia, un aspetto non rappresentato nei film è la sua capacità
di trasformarsi in oggetti inanimati e persino in altre persone.
Mister Fantastic ha un tale controllo su ogni
singola parte del suo corpo che può allungare i lineamenti del suo
viso in una forma diversa. Richards ha usato questa sua capacità
per mascherare il suo aspetto in modo convincente come qualsiasi
altro mutaforma della Marvel Comics. Mister Fantastic si è anche, a
volte, trasformato in cassette della posta, dinosauri e trampolini.
Queste impressionanti abilità funzionano bene nei fumetti e
costituirebbero un’ottima aggiunta all’adattamento dell’MCU.
Mister Fantastic può ampliare il
suo intelletto
Richard Richards è
noto per il suo grande intelletto, ma ci sono prove che
suggeriscono che la sua intelligenza sia collegata ai suoi poteri.
Richards, talvolta, ha persino utilizzato la sua capacità di
stretching per espandere la sua potenza intellettiva e aumentare la
sua capacità cerebrale. In Invincible Iron Man n.
25, Tony Stark scherza dicendo che Richards potrebbe
ingrandire il suo cervello. Più tardi, Mister
Fantastic gonfia davvero il suo cervello mentre lavora
sull’impianto cardiaco di Iron Man. Reed Richards ha tanto
controllo sul suo cervello quanto sul suo corpo, ed è in grado di
respingere gli attacchi psichici con la sua “coscienza
elastica”.
La Donna Invisibile può vedere
oggetti invisibili
La Donna
Invisibile possiede la capacità unica di percepire gli
oggetti invisibili. Sue Storm può, ovviamente,
rendere invisibili se stessa e gli altri oggetti a piacimento e
conservarne comunque la consapevolezza. È interessante notare che
la Donna Invisibile può anche percepire oggetti e
persone che sono stati resi invisibili con altri mezzi. Ciò è
dovuto alla funzione unica della retina di Sue
Storm, che le conferisce la capacità sovrumana di rilevare
oggetti invisibili. La donna ha anche il potere di ripristinare gli
oggetti resi invisibili da altre persone. Questo livello di
controllo dimostra l’impressionante padronanza di Susan sui suoi
poteri.
La Donna Invisibile può
rendere opachi i suoi campi di forza
I famosi campi di forza
della Donna Invisibile sono una parte distintiva e
iconica del personaggio di Sue Storm. In grado di generare
mentalmente un campo di forza psichica, la Donna
Invisibile ha un controllo impressionante su di essi. Un
aspetto non spesso rappresentato nei fumetti Marvel e omesso dai film I
Fantastici Quattro è il potere di Sue di rendere
opachi questi campi di forza. Questi possono essere usati per
bloccare il campo visivo dei suoi nemici o mascherare le sue
azioni. Questa abilità si è rivelata un’utile aggiunta alle
straordinarie doti della Donna Invisibile che potrebbero apparire
nell’MCU.
La donna invisibile può bloccare
poteri psicocinetici
I potenti campi di forza
della Donna Invisibile sono persino in grado di
bloccare gli attacchi psichici. La Sue dei fumetti ha usato questa
dote per proteggersi dai nemici telepatici, come Psi-Lord. In
effetti, Sue è persino in grado di bloccare le potenti capacità
telepatiche di Jean Grey, il che non è un’impresa da poco
considerando che Jean è un mutante di livello Omega. Questa abilità
costituirebbe un’aggiunta ideale al film I
Fantastici Quattro all’interno della continuità
dell’MCU, che potrebbe esplorare le
interazioni della Donna Invisibile con i personaggi telepatici
Marvel.
La Cosa può saltare per grandi
distanze
Ben Grimm
possiede una forza e un’agilità sorprendenti, che gli consentono di
saltare attraverso grandi distanze con facilità. Anche se non
accade spesso nei fumetti Marvel, l’immenso potere muscolare
della Cosa gli garantisce la capacità di generare una forza
incredibile ad ogni balzo. La Cosa ha eseguito
balzi sovrumani alti diversi piani, in un modo simile a Hulk. La
pelle di roccia di Ben Grimm sembra rendere la
Cosa relativamente solida e pesante, motivo per
cui il talento non è mai stato rappresentato in un film
I
Fantastici Quattro, anche se costituirebbe un’aggiunta
elettrizzante ne I
Fantastici Quattro del MCU.
La Cosa non invecchia
La trasformazione di
Ben Grimm nella Cosa non solo gli
garantisce un’immensa forza e vigore, ma ferma anche il processo di
invecchiamento. Sebbene racchiuso nella sua forma rocciosa, il
corpo di Ben non invecchia, preservando il suo aspetto e la sua
vitalità. Tuttavia, nelle poche occasioni in cui ritorna alla forma
umana, gli effetti dell’invecchiamento riprendono. Ciò consente
alla Cosa di diventare effettivamente immortale.
Dopo aver creato una formula per consentire a Ben di diventare
umano per una settimana all’anno, Ben inizia a invecchiare
sporadicamente. Ma quando Reed Richards viaggia
3000 anni nel futuro, incontra Ben ancora vivo.
La Torcia Umana può proiettare un
duplicato infuocato
La Torcia
Umana esercita il potere di manipolare le fiamme con
effetti sorprendenti, inclusa la capacità di proiettare un
duplicato infuocato di se stesso. Con un’esplosione mirata di
calore intenso, crea una replica perfetta della sua forma che può
controllare a distanza. L’impressionante maestria con il fuoco di
Johnny Storm va oltre la distruzione, mettendo in
mostra la sua ingegnosità e adattabilità come supereroe. La
Torcia Umana sfrutta questa capacità con grande
efficacia, utilizzando un’esca infuocata per ingannare e combattere
i nemici. Sarebbe un aggiornamento interessante per il tentativo
del MCU di riavviare il franchise dei
Fantastici Quattro.
La Torcia Umana può controllare le
fiamme esterne
Sebbene la Torcia
Umana sia nota principalmente per il controllo e la
produzione di fiamme dal suo corpo, è anche in grado di controllare
qualsiasi fuoco nel suo raggio d’azione. Ciò eleva i suoi poteri
della fiamma alla pirocinesi: è in grado di aumentare o diminuire i
fuochi vicini solo attraverso i suoi pensieri. Questa abilità non è
stata esplorata in nessuno dei film dei Fantastici
Quattro, ma rappresenterebbe uno sviluppo interessante.
Questa capacità dimostra la padronanza di Johnny sui suoi poteri e
potrebbe essere sfruttato per indicare il climax del suo arco
narrativo eroico, proprio come nei Fantastici
Quattro quando la Torcia Umana divenne
nova per sconfiggere il Dottor Destino.
La Torcia Umana può bruciare le
tossine dal suo flusso sanguigno
L’impressionante
manipolazione del fuoco di Johnny Storm si estende
anche alla sua forma fisica. La Torcia Umana è
riuscita a surriscaldare il proprio sangue per bruciarne una
tossina velenosa, la mirabile impresa è stata compiuta in
Spider-Man/La Torcia Umana #2 dopo essere stato avvelenato.
L’abilità dimostra un controllo notevole e un’elaborazione
impressionante dei suoi poteri di controllo della fiamma. Sebbene
si tratti di un uso piuttosto sfumato e specifico dei poteri di
Johnny, potrebbe costituire un momento cinematografico avvincente
come uno dei tanti affascinanti superpoteri mancanti negli
adattamenti cinematografici di I
Fantastici Quattro.
A qualsiasi amante del genere comico
sarà capitato di imbattersi almeno una volta in una delle tante
commedie che vedono
Adam Sandler nel ruolo di protagonista: da Terapia
d’urto fino a Un week end da bamboccioni, l’attore è diventato un
volto chiave nella comedy americana. Di tanto in tanto Sandler si è
però cimentato anche con film drammatici, come il nuovo
Spaceman:
una pellicola profondamente drammatica, che vede l’astronauta Jakob
Prochazka, interpretato da Sandler, confrontarsi con sé stesso
attraverso un ragno alieno, doppiato da
Paul Dano (The
Fabelmans). Nel film, disponibile su Netflix e tratto dal romanzo Spaceman of Bohemia di Jaroslav
Kalfař, ritroviamo anche l’attrice inglese
Carey Mulligan nel ruolo di Lenka, moglie di Jakob, e
l’italiana
Isabella Rossellini.
La trama di Spaceman: la solitudine dello spazio
profondo
Jakob Prochazka è
un cosmonauta in missione nello spazio da 189 giorni, in totale
solitudine. Il suo obiettivo è ottenere informazioni su una
misteriosa nube viola che occupa i cieli da ormai diversi anni. La
missione, che dura ormai da più di sei mesi, mette però Jakob a
dura prova a livello fisico e mentale. Lenka,
moglie di Jakob, non riesce più a tollerare la distanza e la
mancanza di attenzione da parte del marito e decide di lasciarlo;
nonostante il messaggio in cui Lenka decide per la rottura non sia
mai arrivato a Jakob, lui stesso percepisce il silenzio tra loro
due.
In questo stato di completa
solitudine e di mancanza di sonno, un misterioso essere alieno, con
le sembianze di un ragno gigante, entra nell’astronave di Jakob.
L’essere, soprannominato dall’astronauta Hanus, è
incuriosito dal totale stato di solitudine di questo “umano pelle e
ossa” e per questo cerca di capirne il motivo. Così Hanus
ripercorre insieme a Jakob dei flash della sua vita passata,
specialmente dei momenti determinanti nella sua relazione con
Lenka, in un affascinante viaggio introspettivo.
Hanus: realtà o proiezione?
Lo spettatore può guardare Spaceman
da due punti di vista differenti. Da uno più superficiale, si può
identificare l’incontro con Hanus in maniera totalmente
fantascientifica: un esploratore dello spazio incontra un altro
esploratore proveniente da un altro pianeta. In questo modo il
ragno gigante rappresenta solo un saggio essere incuriosito dal
genere umano.
Andando più a fondo nella visione
del film, però, il personaggio di Hanus sembra essere una mera
proiezione della psiche di Jakob. La creatura appare in un momento
di estrema debolezza per l’astronauta per via del lungo periodo di
solitudine, della perdita dell’unico appiglio emotivo, Lenka, e
della mancanza di sonno. Pare molto più plausibile ipotizzare che
Hanus sia stato creato dalla mente di Jakob per affrontare i propri
sentimenti e gestire al meglio la solitudine. Questa
interpretazione è provata anche dal fatto che Peter, in continuo
contatto dalla terra con l’astronauta, non senta la voce del
ragno.
Reale o non, Hanus resta una figura
fondamentale del film: una sorta di psicologo con il corpo da
ragno! Questo accompagna Jakob in un percorso di conoscenza
personale, in modo da comprendere i problemi della propria
relazione con Lenka.
Spaceman: la solitudine
nella terra e nello spazio
Tu vai dove vado io, io vado dove vai tu. Giusto,
cosmonauta?
Nonostante l’ambientazione spaziale,
il tema focale di Spaceman
rimane dunque la solitudine, di Jakob come anche di Lenka.
Nonostante i sentimenti che provano l’uno per l’altra, i due si
sono isolati, respinti a vicenda. Nel film li vediamo soli,
costretti ad affrontare i propri problemi e sentimenti senza alcun
supporto.
Nella prima parte di Spaceman
viene naturale per il pubblico compatire Jakob, abbandonato dalla
propria compagna in un momento così delicato. Solamente con la
rivelazione dell’intera relazione tra i due tutto diventa più
chiaro: l’ambizioso astronauta, nel guardare il cielo, perde di
vista ciò che si trova sulla terra.
Solo grazie all’aiuto di Hanus,
Jakob rifletterà realmente sulla propria relazione con Lenka,
realizzando tutte le sue mancanze.
Un sorprendente Adam Sandler
Nonostante la fama di Sandler derivi
maggiormente da film comici, in Spaceman
l’attore dimostra nuovamente la propria versatilità. Il ruolo di
Jakob è estremamente drammatico, tendente ad uno stato di totale
apatia. Si tratta quindi di un personaggio molto differente dallo
standard di Sandler, ma l’attore riesce ugualmente a trasmettere
molto al pubblico, in una pellicola con una narrazione abbastanza
lenta, incentrata interamente sulle emozioni e i sentimenti del
protagonista.
Spaceman
si dimostra così essere una pellicola emozionante, narrante un
viaggio introspettivo. Uno stato di solitudine così estrema che
porta inevitabilmente alla conoscenza o alla riscoperta di sé,
anche grazie all’aiuto di un saggio ragno alieno!
Le riprese aggiuntive sono spesso
considerate problematiche quando si tratta di realizzare film ad
alto budget, ma nel corso degli anni i Marvel Studios le hanno rese una
parte prevista del processo di produzione. Ciò consente allo studio
di apportare tutte le modifiche che desidera e pianificarle in
anticipo significa poter avere il tempo di sistemare ciò che nel
film non funziona. Dopotutto, abbiamo visto cosa succede quando una
produzione – I Fantastici 4 del 2015, ad esempio –
scopre di dover in qualche modo riportare tutti sul set per
sistemare le cose senza una pianificazione controllata.
È un approccio intelligente, anche
se non sempre ha dato i suoi frutti. Nel corso degli anni, i
Marvel Studios hanno
infatti apportato cambiamenti radicali ai suoi film, a volte in
meglio e talvolta in peggio. Continuando nella lettura si potrà
decidere in quale categoria rientrano i finali alternativi di cui
siamo a conoscenza, ma basti dire che, se questi avessero visto la
luce, l’MCU come lo conosciamo adesso
sarebbe stato completamente diverso.
Avengers: Endgame
Avengers:
Infinity War e Avengers:
Endgame sono stati entrambi oggetto di importanti
cambiamenti durante la produzione. Ad esempio, Hulk è inizialmente
tornato alla fine del film del 2018, esplodendo dall’armatura
Hulkbuster prima di essere sopraffatto da
Thanos. Alcuni concept art per il finale della
Saga dell’Infinito del 2019 rivelano invece che
Tony Stark avrebbe dovuto essere presente quando
Steve Rogers viaggia indietro nel tempo per riportare le Pietre
dell’Infinito al loro giusto posto nella storia.
Potrebbe trattarsi di un depistaggio
o di un’indicazione che Iron Man non era sempre destinato a morire
durante la battaglia finale di Avengers:
Endgame. Se optiamo per la seconda ipotesi, allora
chissà quanto sarebbe stato diverso il MCU nel passaggio alla
Saga del Multiverso (anche se si fosse ritirato, Tony sarebbe
rimasto sicuramente un personaggio importante).
Thor: The Dark World
Thor:
The Dark World aveva un finale completamente diverso e
sembra che sia stato rigirato quando i Marvel Studios hanno cambiato i
loro piani per il Dio del Tuono. L’eroe si sarebbe infatti dovuto
risvegliare sulla Terra dove lo aspettava il padre; dopo aver
trascorso gli ultimi giorni in stato di incoscienza, Odino
avrebbe conosciuto Jane Foster e avrebbe capito
che Thor aveva fatto bene a innamorarsi della donna umana. Di
conseguenza, il Re di Asgard si sarebbe scusato con il figlio.
Purtroppo, Jane avrebbe deciso di
non poter più stare con Thor a causa dei
rispettivi impegni. L’eroe tenta di farle cambiare idea, ma alla
fine capisce che deve compiere il suo dovere e torna ad Asgard dove
sceglie di governare al posto di Odino come Re. Quindi, Loki
sarebbe rimasto morto, Thor sarebbe diventato Re
di Asgard e Odino sarebbe andato finalmente a godersi il suo
desiderato riposo. Non è possibile che Avengers:
Age of Ultron, Thor:
Ragnarok e Avengers:
Infinity War sarebbero stati uguali dopo questi
sviluppi della trama.
Avengers: Age of Ultron
Avengers: Age of Ultron si sarebbe sempre concluso con
Capitan America e Vedova Nera che assemblavano una nuova squadra di
Eroi più potenti della Terra. Tuttavia, Joss
Whedon sperava di introdurre almeno un personaggio
importante in questa sequenza. Si trattava di Captain Marvel e la
controfigura è stata utilizzata mentre Whedon cercava di
capire chi potesse interpretarla. I Marvel Studios e Kevin Feige avevano però altre idee e in
seguito sostituirono Carol Danvers con
Scarlet Witch (con grande disappunto del regista).
Se Joss Whedon avesse fatto di testa
sua, Captain Marvel avrebbe dunque
debuttato nel MCU quattro anni prima dell’uscita
del suo film da solista. È probabile che Whedon avrebbe scelto una
persona diversa da Brie Larson – l’attrice usata era una
controfigura – ma la storia dell’eroina era probabilmente destinata
a svolgersi in modo molto diverso. Che siate d’accordo con Whedon o
con
Feige, è difficile non chiedersi cosa sarebbe potuto
accadere.
The Marvels
Nei momenti finali di The
Marvels, Monica Rambeau ha usato i suoi poteri per
chiudere uno squarcio nella realtà, bloccandosi in un universo
parallelo abitato dagli X-Men. Tuttavia, una versione precedente del
film vedeva Photon ricevere l’aiuto di Carol Danvers e Ms. Marvel. A
quanto pare, il trio avrebbe dunque riparato la lacerazione nella
realtà, il che probabilmente significa che il sequel di Captain
Marvel non è sempre stato caratterizzato da una
componente multiversale.
Questo è stato confermato dai
concept art, per non parlare di una recente
foto dietro le quinte che mostra la Kamala Khan di Iman
Vellani con un casco spaziale. Tuttavia, l’attrice di
Dar-Benn Zawe Ashton ha
rivelato anche l’esistenza di una versione del film che si
concludeva con la combustione del cattivo e di Carol nello spazio!
Sembra che The
Marvels si sarebbe dunque potuto concludere con
Captain Marvel creduta morta e, anche se
siamo sicuri che alla fine sarebbe tornata, è possibile che questo
sia stato pensato come l’addio di Brie Larson al ruolo. È una cosa enorme.
Ant-Man and The Wasp:
Quantumania
I Marvel Studios hanno
rigirato il finale di
Ant-Man and The Wasp: Quantumania settimane prima che il film
arrivasse nelle sale. Tuttavia, in una versione precedente, Scott
Lang e Hope Van Dyne avrebbero indossato nuovi costumi hi-tech per
la battaglia finale con
Kang il Conquistatore. Come nella versione
cinematografica, Janet, Hank, Cassie e Hope tornano sulla Terra, ma
Scott si trova di fronte a un Kang vendicativo e danneggiato dalla
battaglia. I due combattono, ma il cattivo riesce a fuggire anche
dopo il ritorno di Wasp per dare una mano ad Ant-Man. Così, i due
rimangono intrappolati nel Regno Quantico, proprio come Janet.
Cassie avrebbe continuato a cercare
suo padre, ma con Kang a piede libero – e
M.O.D.O.K., se le indiscrezioni precedenti sono
esatte – la Terra-616 avrebbe dovuto affrontare due grandi minacce
che si sarebbero spinte più a fondo nella
Saga del
Multiverso. Con Jeff Loveness incaricato di scrivere
Avengers:
The Kang Dynasty, si stava forse preparando il terreno per quel
film. I Marvel Studios sembra però abbiano
ora altre idee a riguardo.
LaABCha
rilasciato il trailer ufficiale di Grey’s Anatomy 20, la ventesima
stagionedi Grey’s Anatomyche segnerà il ritorno e prossimo capitolo della lunga
serie di medical drama, la cui uscita è prevista per il
14 marzo 2024.
Il video offre un estratto
del ritorno della veterana della serie Jessica
Capshaw nei panni della dottoressa Arizona
Robbins al Grey Sloan Memorial. Il chirurgo
pediatrico è stato visto l’ultima volta dai fan durante il finale
della quattordicesima stagione nel 2018. Il trailer anticipa anche
l’introduzione di un personaggio nuovo di zecca interpretato da
Natalie Morales diDead to
Me, che è stata scelta per il ruolo della nuova
pediatrica di Grey Sloan, il chirurgo Monica
Beltran.
https://youtu.be/9VkDD_hD0Ck
Chi ritornerà
nel cast di Grey’s Anatomy?
Grey’s
Anatomy attualmente vede protagonisti
Chandra Wilson nei panni di Miranda Bailey e
James Pickens Jr. nei panni di Richard Webber, che
sono gli attori rimanenti rimasti dal cast principale originale del
primo episodio della serie. Nonostante abbia abbandonato il suo
ruolo regolare nella serie durante l’ultima stagione, Ellen Pompeo continuerà a fungere da
narratrice e farà ancora alcune apparizioni nella stagione
20. La serie vede nel cast anche
Kevin McKidd nei panni di Owen Hunt,
Caterina Scorsone nei panni di Amelia Shepherd,
Kim Raver nei panni di Teddy Altman,
Camilla Luddington nei panni di Jo Wilson,
Chris Carmack nei panni di Link Lincoln,
Jake Borelli nei panni di Levi Schmitt,
Scott Speedman nei panni di Nick Marsh,
Niko Terho nei panni di Lucas e altri.
Grey’s
Anatomy è stato creato ed è prodotto da Shonda Rhimes
(Scandal, How to Get Away with Murder), con Meg Marinis che ha
firmato come showrunner per la stagione 20. È prodotto da ABC
Studios.
Quando uscirà la prossima stagione
di Grey’s Anatomy?
La ventesima stagione di Grey’s
Anatomy uscirà il 14 marzo 2024 su ABC. In Italia
Grey’s Anatomy 20 debutterà su Disney+.
Ilfranchise di
The Walking Dead si è dimostrato ancora una volta
un enorme successo perAMC, poiché la
prima di The Walking Dead: The Ones Who
Live – uno spin-off incentrato sui
personaggi preferiti dai fan Rick Grimes e
Michonne – ha prodotto un totale di 3 milioni di
spettatori dopo soli tre giorni di visione.
Secondo Nielsen
(tramite Deadline),
The Walking Dead: The Ones Who Live – che ha
debuttato il 25 febbraio – è stata la più grande serata di première
per AMC in sei anni da quando The Terror è stato
presentato in anteprima nel 2018. La première dello show ha anche
ottenuto un successo da record per numero di spettatori suAMC+, rendendolo l’episodio più visto di sempre
sullo streamer.
Andrew Lincolne
Danai Gurira sono tornati a condividere lo schermo per
la prima volta dall’ultimo episodio di The Walking
Dead del novembre 2022. Rick e Michonne sono finalmente
vicini al loro ritorno, ma la strada per ricongiungersi tra le
braccia l’uno dell’altra in The Walking Dead: The Ones Who Live sarà lunga
e pericolosa.
The
Walking Dead: The Ones Who Live è “un’epica storia
d’amore”
Con Andrew
Lincolnnei panni
di Rick Grimes e
Danai Gurira nei panni di Michonne,
lo spin-off di TWD è incentrato sulla tragica storia d’amore dei
due personaggi, tenuti separati dalla distanza.
La sinossi ufficiale recita:
“La storia d’amore di Rick Grimes e Michonne è cambiata da un
mondo cambiato. Tenuti separati dalla distanza. Da un
potere inarrestabile. Dai fantasmi di chi erano. Rick e
Michonne vengono catapultati in un altro mondo, costruito su una
guerra contro i morti… e, in definitiva, su una guerra contro i
vivi. Riusciranno a ritrovarsi in un luogo e in una situazione
diversi da quelli che avevano mai conosciuto prima? Sono
nemici? Amanti? Vittime? Vincitori? Senza
l’altro, sono ancora vivi – o scopriranno che anche loro sono The
Walking Dead?”
Basato sull’omonima serie a fumetti
di Robert Kirkman, Tony Moore e Charlie Adlard,
The Walking Dead: The Ones Who Live è
prodotto da Kirkman, Scott M. Gimple, Greg Nicotero, David Alpert,
Joseph Incaprera, Gale Anne Hurd, Denise Huth e Angela Kang.
TOHO ha condiviso un nuovo trailer
di Godzilla
e Kong – Il nuovo Impero, il nuovo atteso capitolo
della saga Godzilla vs. Kong che presenta alcuni
filmati epici e mai visti prima dell’ultimo mashup di mostri di
Legendary.
Presentato nello stile di un trailer di un classico film
TOHO Godzilla, abbandona i cliché così spesso visti
nei trailer dei film di successo americani per richiamare
l’attenzione dei fan di Kaiju in un modo in cui è improbabile che i
teaser fin troppo familiari facciano.
“C’è una sorta di
tregua”, aveva anticipato in precedenza il regista
Adam Wingard. “Godzilla ha il controllo del mondo di
superficie e Kong è nella Terra Cava. Non è stato, ‘Okay, chiamami
quando qualcosa va storto, Kong. E io, Godzilla, correrò in
soccorso!'”
“La dinamica della
relazione disfunzionale amico-poliziotto è probabilmente la
migliore per descrivere Godzilla e Kong. Le mie influenze sono
sempre legate agli anni ’80, e gli anni ’80 sono stati fondamentali
per [quella] trama. Ci sono molti malintesi, il modo in cui
comunicare tra i mostri non è semplice.” Dai un’occhiata
al nuovo trailer
Godzilla
e Kong – Il nuovo Impero approfondisce ulteriormente
le storie e le origini di questi due Titani, nonché i misteri di
Skull Island, tra gli altri, svelando la mitica battaglia che ha
contribuito a forgiare questi esseri straordinari e li ha legati
per sempre all’umanità. Adam Wingard torna a dirigere il film,
interpretato da
Rebecca Hall (“Godzilla vs. Kong”, The Night
House – la casa oscura”), Brian Tyree Henry
(“Godzilla vs. Kong”, “Bullet Train”), Dan Stevens
(la serie TV “Gaslit”, “Legion”, “La Bella e la Bestia”), Kaylee
Hottle (“Godzilla vs. Kong”), Alex Ferns
(“The
Batman”, “La furia di un uomo – Wrath of Man”, “Chernobyl”) e
Fala Chen (“Irma Vep”, “Shang Chi e la leggenda
dei Dieci Anelli”).
La sceneggiatura di Godzilla
e Kong – Il nuovo Impero è di Terry Rossio
(“Godzilla vs. Kong”, la serie “Pirati dei Caraibi”), Simon
Barrett (“You’re Next”) e Jeremy Slater
(“Moon
Knight”), da una storia di Rossio, Wingard e Barrett, basato
sul personaggio “Godzilla” di proprietà e creato da TOHO Co.,
Ltd..
Il film è prodotto da Mary
Parent, Alex Garcia, Eric Mcleod, Thomas Tull, Jon Jashni e Brian
Rogers, mentre i produttori esecutivi sono Wingard, Jen
Conroy, Jay Ashenfelter, Yoshimitsu Banno, Kenji Okuhira. Wingard
torna a collaborare con il direttore della fotografia Ben Seresin
(“Godzilla vs. Kong”, “World War Z”), lo scenografo Tom Hammock
(“Godzilla vs. Kong”, “X: A Sexy Horror Story”, “The Guest”), il
montatore Josh Schaeffer (“Godzilla vs. Kong”, “Molly’s Game”), la
costumista Emily Seresin (“L’uomo invisibile”, “Top of the Lake –
Il mistero del lago”). Le musiche del film sono opera dei
compositori Tom Holkenborg (“Godzilla vs. Kong”, “Mad Max: Fury
Road”) e Antonio Di Iorio (musica aggiuntiva su “Godzilla vs.
Kong”, i film “Sonic”). Warner Bros. Pictures e Legendary Pictures
presentano una produzione Legendary Pictures, un film di Adam
Wingard: “Godzilla e Kong – Il nuovo Impero”.