The Walking Dead: Daryl Dixon ha rivelato un primo sguardo alla quarta stagione dello spin-off sugli zombie, anticipando ciò che accadrà nella parte finale della serie. La terza stagione di Daryl Dixon ha portato Daryl e Carol in Spagna, dove hanno cercato di aiutare una nuova comunità, Solaz del Mar, mentre tentavano di tornare a casa in America.
All’inizio di quest’anno, è stato confermato che la stagione 4 di Daryl Dixon sarebbe stata l’ultima serie di episodi della serie. Le riprese sono iniziate in Spagna all’inizio di quest’anno e la prossima stagione conterrà otto episodi in totale. Anche se non si sa molto della trama, si prevede che sarà la continuazione diretta della storia di El Alcázar della stagione 3.
Ora, AMC ha pubblicato un primo sguardo ufficiale alla quarta stagione di Daryl Dixon al New York Comic Con. Nel video, gli attori Norman Reedus e Melissa McBride, insieme a una delle controfigure di McBride, anticipano quanto sarà emozionante la stagione finale. Reedus scherza anche sul numero di controfigure che hanno. Guarda il video completo qui:
Sebbene non sia chiaro quali personaggi della terza stagione di Daryl Dixontorneranno, il nuovo video offre alcuni indizi su ciò che caratterizzerà la quarta stagione. Tra questi, Daryl e Carol in una serie di location all’aperto, Daryl che brandisce un fucile a tracolla e un cimitero, che sembra essere un luogo significativo per gli episodi.
Al momento della stesura di questo articolo, mancano ancora due episodi alla fine della terza stagione. La trama che coinvolge la coppia e la loro lotta contro El Alcázar è ancora in corso, senza alcuna conferma sul fatto che verrà risolta prima dell’inizio della quarta stagione. Stanno anticipando che la stagione finale sarà ancora migliore, un’affermazione audace considerando le ottime recensioni della terza stagione di Daryl Dixon.
Sebbene non sia chiaro come si svolgerà la stagione finale, l’avventura di Daryl e Carol attraverso la Spagna finirà probabilmente con la coppia che finalmente troverà la strada di casa. Tuttavia, ciò richiederà loro di portare a termine la loro missione con Solaz del Mar, assicurandosi che gli amici che hanno conosciuto lungo il percorso siano protetti. Questo potrebbe essere un compito arduo, a seconda del potere di El Alcázar.
Con il nuovo assaggio che promette un finale avvincente per Daryl e Carol, la quarta stagione di Daryl Dixon si preannuncia come un degno finale per gli eroi storici della serie. Man mano che la terza stagione prosegue, senza dubbio risponderà alle domande su dove andrà a parare la quarta stagione e cosa aspettarsi quando si chiuderà questo capitolo dell’universo di The Walking Dead.
Jensen Acklesparla della sconvolgente cancellazione di Countdown. Ackles era il protagonista di Countdown nel ruolo del detective Mark Meachum. Dopo essere stato chiamato a indagare e rintracciare il responsabile dell’omicidio di un agente del Dipartimento della Sicurezza Nazionale, scopre un’enorme cospirazione.
La prima stagione si è conclusa con un grande colpo di scena dopo il rapimento dell’agente speciale Amber Oliveras (Jessica Camacho). Ackles e lo showrunner Derek Haas avevano precedentemente espresso il desiderio di continuare la serie. La serie ha continuato ad avere un buon successo su Prime Video, dove è ancora al 10° posto nella classifica statunitense dello streamer a più di un mese dall’uscita del finale.
Poche ore dopo la notizia della decisione di Prime Video di cancellare Countdown, Ackles ha condiviso la sua reazione su Instagram. Ha espresso il suo disappunto, descrivendo questo risultato come “una delusione” e affermando che questa è “la fine per Mark Meachum” e gli altri personaggi.
Ackles ha anche sottolineato quanto fosse grato di aver realizzato una serie che è stata un’esperienza così positiva e ha ringraziato sia Prime Video che l’ex capo di Amazon Global Television, Vernon Sanders, per aver sostenuto la serie. Leggi la risposta di Ackles qui sotto:
Le recensioni di Countdown non sono state positive, con lo show che ha ricevuto un punteggio critico del 35% su Rotten Tomatoes. L’alto numero di spettatori negli Stati Uniti e l’immensa popolarità di Ackles rendono la cancellazione ancora più sorprendente, anche se secondo quanto riferito il numero di spettatori globali è il motivo per cui Prime Video ha deciso di terminare la serie.
Probabilmente anche il riferimento di Ackles al sostegno di Sanders alla serie ha influito sulla decisione di Prime Video. Sanders ha lasciato Amazon MGM Studios il 17 settembre e il suo posto è stato preso dall’ex dirigente di Netflix Peter Friedlander, e questo cambio della guardia probabilmente non ha giovato a Countdown, dato che il futuro della serie era già stato deciso.
La notizia della cancellazione di Countdown ha coinciso con quella di un’altra serie d’azione della scorsa estate, Butterfly, anch’essa cancellata dopo una sola stagione. La chiusura di Countdown e Butterfly e il rinnovo di altre serie come lo spin-off di Bosch, Ballard, stanno già plasmando questa nuova era di leadership di Prime Video.
Le osservazioni di Ackles sul fatto che questa sia la fine per Meachum, Oliveras e gli altri personaggi indicano che si tratta di un finale definitivo per la serie e che al momento non ci sono piani per cercare di rilanciarla altrove. Per quanto riguarda il cliffhanger della prima stagione, ciò significa che il destino di Oliveras rimarrà irrisolto.
Anche senza Countdown, però, ci sono ancora molti programmi con Jensen Ackles in arrivo, anche su Prime Video. Ha ripreso il ruolo di Soldier Boy per la quinta stagione di The Boys durante l’estate 2025, e lo interpreterà anche nella serie prequel di The Boys, Vought Rising. È stato anche confermato il ritorno di Ackles nel ruolo di Russell Shaw nella terza stagione della serie della CBS Tracker.
In copertina: Jensen Ackles partecipa alla premiere della serie Countdown — Foto di Mlmattes via DepositPhotos.com
L’introduzione di un nuovo antagonista più minaccioso di qualsiasi criminale per Morgan nella seconda stagione di High Potential potrebbe distruggere l’intera premessa della serie poliziesca. L’aggiunta di Morgan alla squadra Major Crimes del tenente Soto come consulente è sempre stata in contrasto con l’avversione di Morgan per le figure autoritarie. La seconda stagione di High Potential ha continuato a mettere in evidenza i problemi di Morgan attraverso il suo arresto.
High Potential ha spesso dipinto il primo impulso di Morgan di colorare fuori dalle righe come un grave svantaggio, pur riconoscendolo come un vantaggio che la aiuta a risolvere i crimini. Ciò è diventato evidente nella corsa contro il tempo del finale della prima stagione di High Potential per sventare il primo complotto del Game Maker, ma l’episodio 4 della seconda stagione ha indicato che potrebbe porre fine alla carriera di Morgan.
La perdita del lavoro di consulente potrebbe costringere Morgan ad ammettere che in realtà lo ama
L’apparizione di Solomon degli Affari Interni dopo che Karadec ha sparato con la sua arma nell’episodio 4 della seconda stagione di High Potential ha evidenziato quanto la collaborazione con Morgan abbia influenzato il cambiamento di Karadec, che ha respinto il suo suggerimento di seguire la politica. Tuttavia, è stato l’interesse di Solomon per la collaborazione di Major Crimes con Morgan che ha introdotto una minaccia non troppo velata alla sua posizione attraverso la sua ammissione di controllare le loro indagini.
L’ammissione di Solomon di aspettare che Morgan commettesse un errore lo ha reso un chiaro antagonista di Morgan, considerando la sua mancanza di rispetto per le regole e le procedure come un ostacolo, indipendentemente dall’importanza del suo contributo. Questo rende Solomon la più grande minaccia alla collaborazione di Morgan con la polizia di Los Angeles, danneggiando potenzialmente Morgan e la sua carriera in un modo che nessun criminale avrebbe mai potuto fare.
L’occhio vigile di Solomon che porta Morgan a perdere il lavoro potrebbe anche costringerla ad ammettere finalmente quanto lo ama. La premiere della serie High Potential ha stabilito che Morgan si è unita alla squadra di Soto perché le avrebbe garantito uno stipendio fisso e avrebbe potuto risolvere il caso irrisolto di Roman. Tuttavia, a Morgan è sempre piaciuto usare le sue capacità per risolvere i casi.
Il fatto che Solomon impedisca a Morgan di fare il suo lavoro potrebbe cambiare la traiettoria della sua storia più di quanto il Game Maker abbia mai potuto fare con le sue minacce dirette a Morgan.
L’interesse di Morgan nel proteggere le vittime e le loro famiglie e il suo apprezzamento per aver ottenuto una scrivania nella prima stagione hanno già dimostrato che far parte della squadra è importante per lei. Le sue preoccupazioni riguardo al fatto che Soto diventi capitano, cambiando le dinamiche nella seconda stagione di High Potential, episodio 4, lo hanno ribadito. Tuttavia, Morgan non ha mai espresso quanto il suo lavoro sia importante per lei.
Ogni volta che il ruolo di Morgan veniva messo in discussione dal capitano Pacheco o dal tenente Melon, Soto la difendeva. Il team di Morgan ha spiegato più volte quanto Morgan sia importante per il successo di Major Crimes, ma Morgan non ha mai riconosciuto espressamente di tenere al suo ruolo e di volerlo mantenere. La minaccia di Solomon potrebbe finalmente costringerla a farlo e rivelare un problema di lunga data.
Morgan che accetta il suo ruolo cambia il suo approccio all’autorità
Morgan non ha nascosto la sua avversione per l’autorità in High Potential, e la sua tendenza a infrangere le regole non è mai scomparsa. Tuttavia, il suo ruolo di consulente rende Morgan effettivamente vicina all’autorità. High Potential è riuscito finora a mantenere un equilibrio tra i problemi di Morgan con l’autorità e il suo aiuto, ma ammettere di amare il suo lavoro cambierebbe inevitabilmente la posizione di Morgan.
Ciò potrebbe causare un cambiamento importante nella premessa di High Potential, secondo cui una persona come Morgan, che segue le regole quando le conviene, aiuta la polizia di Los Angeles. Infatti, l’accettazione da parte di Morgan del suo amore per il ruolo la spingerebbe a continuare a stare vicino all’autorità, cambiando necessariamente il suo comportamento, oppure creerebbe una forte dissonanza.
The New Force, originariamente intitolato ‘Skiftet’, è un dramma storico svedese Netflix ambientato nel 1958, quando Klara, a Stoccolma, introduce una nuova iniziativa e include agenti di polizia donne nelle forze dell’ordine. Tuttavia, sebbene l’idea rimanga nobile, la realtà di essere una poliziotta, o “gonne”, come vengono alla fine chiamate, presenta una realtà molto più complicata. Le amiche e coinquiline Carin, Siv e Ingrid iniziano a rendersene conto quando vengono accolte nella stazione di polizia locale, solo per essere accolte con riluttanza, scherno e disprezzo dai loro colleghi maschi. Ciononostante, le tre donne rimangono salde nelle loro aspirazioni anche nei momenti più bui.
Tuttavia, le cose iniziano a cambiare quando Carin si imbatte in un mistero più grande che coinvolge la morte di una giovane prostituta, Monica. I possibili collegamenti di quest’ultima con il famigerato criminale Jack Hellman, che a sua volta sembra avere un infiltrato nelle forze dell’ordine, promettono di condurre Carin al centro di una più grande cospirazione. Tuttavia, con il suo lavoro e quello delle altre poliziotte in bilico, è solo questione di tempo prima che la sua indagine segreta la metta in guai seri. SPOILER IN ARRIVO!
Cosa succede in The New Force?
Klara, Stoccolma, è sull’orlo di un grande cambiamento quando il capo della polizia Gunnar Svärd introduce un nuovo esperimento: sfruttare la manodopera ancora inutilizzata delle donne poliziotto. Così, un piccolo gruppo di donne viene ammesso all’addestramento e entra a far parte del distretto locale come agenti. Il loro primo giorno, vengono affiancate da agenti maschi come partner in un pattugliamento condiviso per tutta la durata del periodo di valutazione. Tuttavia, nonostante queste donne abbiano ricevuto lo stesso addestramento di jiu-jitsu degli uomini, la maggior parte dei poliziotti maschi è infastidita dalla loro presenza. Infatti, molti di loro si rifiutano persino di parlare o di riconoscere le loro partner femminili durante il pattugliamento. Il partner di Carin, Johan Reimer, sebbene educato, inizialmente sembra essere dello stesso tipo.
Durante il loro primo pattugliamento insieme, i due inseguono alcune prostitute che esercitano attività illecite. Sebbene l’operazione sia vana, porta anche alla perdita del distintivo da parte di Carin, un reato che lei teme le costerà il licenziamento il primo giorno. Per lo stesso motivo, Carin decide di prendere in mano la situazione e va alla ricerca di Monica, la prostituta, convinta che sia stata lei a rubarle il distintivo. Di conseguenza, si ritrova infiltrata in un bordello con la scusa di essere una delle lavoratrici. Questo la porta faccia a faccia con Jack, il proprietario del locale, che si rivela essere un criminale pericoloso. Anche se riesce a trovare Monica, la donna, che sembra essere in gravi condizioni di salute, insiste nel dire che non ha nulla a che fare con la scomparsa del distintivo di Carin. Anzi, sembra spaventata dalla presenza di quest’ultima, convinta che la farebbe uccidere.
Alla fine, l’agente riesce a fuggire da quel luogo squallido con la vita salva. Tuttavia, il giorno successivo, durante il pattugliamento, quando lei e Reimer scoprono un cadavere nel lago, si rende conto che lo stesso non si può dire per Monica. Anche se Carin rimane convinta che la morte della prostituta abbia qualcosa a che fare con Jack Hellman, il detective incaricato del caso, Fischer, si rifiuta di prendere in considerazione le sue teorie. Di conseguenza, Carin finisce per infrangere alcune regole per indagare sul caso di Monica, desiderosa di ottenere giustizia per la giovane donna. Nel frattempo, nel tentativo di entrare nelle grazie del detective Oscar, con l’intenzione di trovare un mentore, Siv spaccia la storia della sua amica per sua. Ben presto, il dipartimento fa irruzione nel bordello, effettuando diversi arresti. Tuttavia, Jack riesce a scappare grazie al suo informatore sotto copertura, Svärd. Nello stesso periodo, una delle amiche di Monica costringe Carin ad aiutarla accompagnandola durante il suo tentativo di fuga.
A sua insaputa, la poliziotta finisce per aiutare la donna a scappare con parte del denaro di Jack. Di conseguenza, il criminale finisce per prendere di mira Carin, costringendola a pagare il debito di Katina. Alla fine, Jack diventa imprudente nella sua ricerca e finisce per aggredire il fidanzato della poliziotta, Aren, il che inevitabilmente lo porta all’arresto. Tuttavia, la minaccia di Jack sulla vita di Carin rimane. Per lo stesso motivo, Reimer le consiglia di andare da Svärd con tutta la verità. Tuttavia, una volta che la poliziotta viene a conoscenza del coinvolgimento del capo nella chiusura prematura del caso di Monica, si rende conto che non ci si può fidare dell’ufficiale superiore. Di conseguenza, finisce per ricadere nelle vecchie abitudini, indagando sulle circostanze dietro la morte della vittima. Alla fine, finisce per scoprire una minacciosa connessione tra Monica, il suo protettore Jack e il capo della polizia, Svärd.
Il nuovo finale: come è morta Monica?
Il mistero dietro la morte di Monica rimane al centro della narrazione di Carin sin dal suo primo giorno di lavoro. In un certo senso, lei incolpa se stessa per il destino della prostituta a causa della loro interazione la notte prima della sua morte. Dal momento in cui viene scoperto il suo cadavere, l’agente di polizia sembra convinta che Jack Hellman debba avere qualcosa a che fare con il suo omicidio. Dopotutto, la donna aveva insistito che Jack l’avrebbe uccisa se avesse scoperto che lei aveva portato un poliziotto a scoprire le sue attività. Pertanto, durante la sua indagine investigativa, opera partendo dal presupposto che Jack sia al centro del caso. Tuttavia, tutto cambia quando trova una pista sulla posizione di Monica presso il losco locale Solveigs Salon, poche ore prima della sua morte.
Dopo alcune indagini, Carin riesce a prenotare un appuntamento fuori orario presso il salone. Durante la sua visita, sotto le spoglie di una cliente, si rende conto che il locale gestisce un’attività illegale di aborto. Inoltre, riesce a rubare un registro dal locale, che le fornisce la prova che la prostituta aveva visitato il salone pochi giorni prima della sua morte. Tuttavia, l’informazione più interessante che trova proviene dal contatto di emergenza che la donna aveva registrato durante la visita. Chiamando il numero, Carin viene indirizzata al numero civico di nientemeno che il capo Svärd. Quando condivide le sue scoperte con il suo partner, Reimer, lui insiste per riferire tutto al detective Fischer, incaricato del caso chiuso di Monica. Dopo che il poliziotto segue con riluttanza il suo consiglio, le cose, come prevedibile, non portano a nulla, poiché il detective ritiene che le prove concrete e inconfutabili non siano sufficienti.
Carin capisce quindi che deve prendere in mano la situazione se vuole che il caso di Monica giunga a una conclusione definitiva. Da quel momento in poi, alza la posta in gioco, diventando più spericolata nella sua ricerca di prove. All’ultimo momento, riesce a trovare un testimone che può confermare che il capo della polizia era andato a prendere Monica al salone quando aveva un disperato bisogno di cure mediche. In seguito, quando arriva il momento per Carin di presentarsi davanti ai capi dipartimento insieme a Svärd per una valutazione che determinerà il futuro dell’esperimento sulle agenti donne, lei rivela tutto sull’uomo ai suoi superiori. Questo mette Svärd in una posizione emotivamente compromessa, che a sua volta lo porta a confessare la verità sulla notte della morte della donna. Monica aveva effettivamente cercato aiuto medico presso la clinica abortiva illegale. Tuttavia, pochi giorni dopo l’intervento, ha avuto una complicazione che richiedeva l’attenzione di un vero ospedale piuttosto che di una clinica clandestina. Per lo stesso motivo, il proprietario della clinica ha chiamato il suo contatto di emergenza, Svärd, il padre di Monica. Nonostante le differenze tra il padre e la figlia, probabilmente dovute alla professione di quest’ultima, Svärd ha fatto del suo meglio per salvarla. Purtroppo, Monica è morta sul sedile posteriore della sua auto. Per lo stesso motivo, al fine di prendere le distanze dall’incidente, il capo della polizia ha scelto di insabbiare la morte della donna.
Carin denuncia Svärd? Cosa gli succede?
Svärd ha un ruolo complicato nella narrazione. È lui a guidare l’iniziativa che permette a Carin e alle altre donne di entrare nelle forze di polizia. Pertanto, qualsiasi minaccia alla sua reputazione rischia di smantellare l’intero esperimento. Ciò significa che, denunciando il suo superiore, l’agente donna dovrebbe rassegnarsi alla possibilità molto concreta di vedere i propri sogni andare in fumo. Tuttavia, incapace di tollerare ulteriormente l’ingiustizia, finisce per vuotare il sacco durante il colloquio di valutazione. In precedenza era riuscita a ottenere la testimonianza della donna che gestiva la clinica abortiva, che aveva riconosciuto Svärd come l’uomo che era andato a prendere Monica la notte della sua morte. Inoltre, se ne avesse l’opportunità, potrebbe anche costringere Fischer a presentare il registro come parte delle prove.
Tuttavia, mentre Carin è pronta ad agire contro Svärd, indipendentemente dalle ripercussioni che ciò potrebbe avere sulla sua carriera, lo stesso non si può dire per il dipartimento di polizia. Rivelare il legame del capo della polizia con Monica, sia come suo padre che come uomo che ha abusato del suo potere per insabbiare il caso, esporrebbe il dipartimento a critiche diffuse. Il suo superiore, Thullin, ne è consapevole. Pertanto, finisce per offrire alla poliziotta una scelta. Carin può andare avanti con il suo caso contro Svärd e rovinare la sua reputazione, compromettendo così la sua iniziativa sulle donne poliziotto, oppure può tacere e spianare la strada a un nuovo gruppo di agenti che potranno entrare nel distretto. In definitiva, la scelta è una tangente offerta per comprare il silenzio di Carin, facendole capire che lei e le altre donne non possono realizzare i loro sogni nelle forze dell’ordine senza essere “giocatrici di squadra”, complici dei crimini degli altri agenti.
Alla fine, Carin prende la decisione che le è più favorevole, tacendo sul coinvolgimento di Svärd nella morte di Monica. Sono diversi gli elementi che portano la donna a questa decisione. Da un lato, crede che l’esperimento sia dannoso per la progressione delle donne nei campi professionali. Non vuole privare le sue colleghe e le future agenti donne della possibilità di dimostrare il loro valore. Inoltre, non si può negare che la sua filosofia abbia un lato egoistico. Tuttavia, la decisione che prende finisce per essere un’arma a doppio taglio. Mentre l’esperimento può continuare, portando un nuovo gruppo di agenti donne alla stazione di polizia, Thullin trasferisce anche Svärd fuori dal distretto, sostituendo Fischer come suo successore. Di conseguenza, le donne del distretto rimangono sotto la guida di un capo sessista e tradizionalista, che non ha alcun interesse reale a far progredire la loro carriera.
Ingrid denuncia Wallin?
Proprio come Carin, sua amica e collega, anche Ingrid si trova in una situazione difficile in cui deve scegliere tra la sua moralità e la sua carriera nella polizia. Fin dal suo primo giorno di lavoro, viene affiancata a Wallin, un agente della vecchia scuola pieno di pregiudizi razziali e xenofobi. È anche fin troppo felice di abusare del suo potere di agente di polizia per maltrattare e discriminare coloro che considera inferiori a lui. Inutile dire che è fermamente contrario alle iniziative di Svärd a favore della parità di genere. Durante i primi giorni di addestramento, Wallin ignora ostinatamente Ingrid o addirittura arriva a osteggiarla. Lei, dal canto suo, continua a stringere i denti e a sopportare tutto come una sfortunata realtà del suo lavoro. Tuttavia, le cose prendono una piega diversa dopo un’irruzione notturna in un locale dove vengono proiettati illegalmente film per adulti. Mentre raduna gli uomini presenti nel locale, la poliziotta finisce per puntare la pistola contro uno di loro.
Sebbene le sue azioni siano state alimentate dalla sua stessa paranoia e paura, Wallin le interpreta come una volontà di abusare del suo potere di agente delle forze dell’ordine. Questo lo porta ad avvicinarsi a Ingrid, invitandola a fare delle pause durante i loro pattugliamenti e a uscire con gli altri agenti dopo il lavoro. Di conseguenza, lentamente ma inesorabilmente, finisce per reclutare la donna nel suo gruppo di poliziotti corrotti, che abusano regolarmente del loro potere torturando e forse uccidendo individui appartenenti a gruppi minoritari. Quando Ingrid si rende conto di ciò che sta accadendo, è già troppo tardi e si ritrova di fronte a un uomo legato, con l’incarico di dargli un paio di pugni. In quel momento, obbedisce agli ordini di Wallin, troppo spaventata per provocare la sua ira contro di lei. Tuttavia, in seguito si pente profondamente delle sue azioni e considera di lasciare il lavoro come penitenza. Tuttavia, sua nonna la aiuta a capire che deve sistemare le cose non scappando, ma piuttosto prendendo posizione.
Così, la mattina seguente, Ingrid decide di denunciare Wallin e il suo gruppo a Berg. Tuttavia, entrambe le donne sanno dove porterà questa linea di condotta. Essendo una donna in un distretto pieno di uomini, la parola di un agente di polizia ha già poco valore. Pertanto, la sua unica testimonianza non sarebbe mai stata sufficiente per incriminare il gruppo razzista della stazione. Al contrario, avrebbe solo finito per etichettarla come una spia, distruggendo il suo futuro lavorativo. Nonostante ciò, dopo aver taciuto per troppo tempo, Ingrid decide di impegnarsi per ottenere un vero cambiamento. Per lo stesso motivo, decide di continuare la sua collaborazione con Wallin per guadagnarsi la sua fiducia e raccogliere ulteriori informazioni sul suo gruppo sovversivo. Con Berg dalla sua parte, decide di giocare una partita a lungo termine, mettendo forse a rischio la propria vita per avere una possibilità di giustizia.
Carin è incinta?
Nella storia, la gravidanza rimane un argomento cruciale a cui la maggior parte delle agenti donne deve prestare attenzione quando pensa al proprio futuro. All’inizio, la gravidanza di un’agente la costringe a svolgere mansioni d’ufficio. Poco dopo, viene licenziata dalla polizia con la motivazione insignificante della sua incompetenza sul lavoro. Naturalmente, il suo destino diventa un monito per Carin, che all’inizio della serie ha una relazione seria con Aren. Per questo motivo, si sottopone a un test di gravidanza, desiderosa di scoprire se i metodi contraccettivi utilizzati da lei e dal suo ragazzo sono abbastanza sicuri. Nel corso delle settimane successive, la sua vita subisce un drastico cambiamento: la sua relazione con Aren finisce, in gran parte a causa della instabilità che il suo lavoro porta nella sua vita.
Infatti, la goccia che fa traboccare il vaso nella loro relazione è la decisione di Carin di stare al gioco del dipartimento e proteggere la reputazione di Svärd in cambio del posto di lavoro suo e delle altre agenti donne. Di conseguenza, quando la clinica chiama per confermare la gravidanza, è l’ultima cosa di cui Carin ha bisogno. Una gravidanza significherebbe la fine del suo lavoro e un’ulteriore complicazione nella sua relazione con Aren, che tecnicamente non esiste più. Ironia della sorte, è lei la diretta responsabile della chiusura di una clinica abortiva illegale, che avrebbe potuto aiutarla a fare una scelta diversa per il suo futuro, se lo avesse voluto. Alla fine, la notizia mette il suo futuro in una situazione precaria.
La serie NetflixBoots, creata da Andy Parker, è un dramma militare che racconta la storia unica di un adolescente non dichiarato omosessuale nel Corpo dei Marines, vista attraverso una lente comica. Negli anni ’90, il diciottenne Cameron Cope non ha idea di dove lo porterà la vita. Decide quindi di seguire il suo migliore amico, Ray, e di arruolarsi nel Corpo dei Marines, nonostante la sua politica discriminatoria nei confronti dell’omosessualità. Tuttavia, una volta arrivato al campo di addestramento e entrato a far parte del suo plotone, il 2032, si rende conto di quanto la sua scelta possa essere stata poco informata.
Circondato da un gruppo eterogeneo di reclute che hanno tutte scheletri da nascondere nell’armadio, Cameron inizia lentamente a imparare il costo e la ricompensa di diventare un marine. Con un tono umoristico, la serie approfondisce la realtà quotidiana del campo di addestramento militare, in particolare per reclute come Cameron, che sono state costrette a nascondere una parte di sé per un motivo o per l’altro. Pertanto, data l’autentica credibilità della storia, non sorprende che trovi una base tangibile nella realtà.
Boots è in parte ispirato alle memorie di Greg Cope White
Boots traccia una narrazione che rimane radicata nella realtà, almeno in parte. La serie trae ispirazione da The Pink Marine, le memorie biografiche di Greg Cope White, ex marine statunitense diventato scrittore e produttore televisivo. L’autore si arruolò nell’esercito statunitense nel 1979, in un periodo in cui l’omosessualità era illegale nelle forze armate. Pur non rivelando la propria omosessualità, prestò servizio come specialista delle comunicazioni e ottenne persino il grado di sergente e un congedo onorevole. Dopo sei anni di servizio, iniziò a perseguire una carriera nella scrittura e nella produzione cinematografica e televisiva. Cope White fece coming out all’inizio degli anni ’80, inizialmente in cerchie private e poi in modo più pubblico. Tuttavia, solo nel 2016 ha deciso di scrivere la verità sulle sue esperienze di marine gay che viveva nell’ombra in un’epoca di palese intolleranza.
Dopo aver lavorato per qualche tempo come sceneggiatore televisivo, Cope White ha deciso di raccontare la sua storia attraverso la penna di uno scrittore. Tuttavia, secondo quanto riferito, è stato anche spinto a pubblicare il suo lavoro in risposta alle storie di giovani adolescenti che sono stati spinti a misure estreme a causa di violenti episodi di bullismo. Secondo quanto si dice, l’autore voleva scrivere qualcosa che ispirasse nei lettori sentimenti di resilienza e speranza. Alla fine, il libro è stato scelto per un adattamento cinematografico, dopo aver superato notevoli ostacoli. È stato deciso che la serie “Boots” avrebbe attinto solo in parte ispirazione dal materiale originale e avrebbe creato una controparte fittizia delle esperienze di vita reale dell’autore. Ciononostante, Cope White era determinato a mantenere i collegamenti fondamentali con alcune parti della sua opera.
In particolare, uno di questi era il significato importante che le amicizie hanno avuto nel suo percorso. Di conseguenza, il rapporto tra Cope White e il suo migliore amico eterosessuale, Dale, che si è arruolato insieme all’autore nel sistema di affiancamento, si riflette nella serie attraverso la dinamica tra Cameron e Ray. Inoltre, l’ex marine era anche determinato a mostrare il ruolo trasformativo dei marine nella sua vita attraverso la narrazione della sua controparte fittizia, Cameron. In definitiva, questi stessi aspetti rimangono intrecciati nella trama della serie, in parte grazie allo stesso Cope White, che è sceneggiatore e co-produttore esecutivo. Di conseguenza, mantenendo una fonte di ispirazione reale, questa storia parzialmente fittizia riesce a conservare un evidente senso di realismo.
Il creatore Andy Parker poteva identificarsi con la storia grazie alla sua quasi arruolamento nei Marines
Simile a Greg Cope White, il creatore del materiale originale, anche il creatore e showrunner della serie, Andy Parker, ha un legame personale con la storia e il suo protagonista principale. Sebbene non sia mai stato un vero marine, c’è stato un periodo nella sua tarda adolescenza in cui ha quasi arruolato nell’esercito. Secondo quanto riferito, alla fine degli anni ’90, un reclutatore del Corpo dei Marines si recò a casa di Parker mentre quest’ultimo cercava di convincere i suoi genitori. Anche se i suoi genitori non erano contrari all’idea, ma piuttosto confusi, alla fine non si arruolò. In una conversazione con Rolling Stone, il creatore della serie ha parlato di questa esperienza.
Parker ha raccontato: “(Sì,) volevo assicurarmi che nessuno sapesse che ero gay, e ho cercato attivamente il Corpo dei Marines in particolare. Quale modo migliore per dimostrare la propria mascolinità se non arruolarsi nei Marines? È l’istituzione nella nostra cultura che ti dà quel marchio, l’approvazione che dice che ora sei un uomo. Sono stato conquistato dalla loro straordinaria pubblicità, in particolare dal famoso spot sugli scacchi del 1990, che ho potuto usare nel pilot. Ancora oggi lo trovo divertente perché quello spot è così gay“. Naturalmente, quando Parker ha letto il libro di memorie di Cope White ”The Pink Marine“, gli è sembrata una narrazione di una ”strada non presa”, che era ansioso di adattare quando se ne è presentata l’occasione. In definitiva, le esperienze personali del creatore hanno conferito autenticità alla storia di Cameron, in particolare in relazione all’epoca degli anni ’90 in cui è ambientata la serie.
Boots cerca di rappresentare accuratamente i marines senza essere polemico o propagandistico
Data la premessa della storia, “Boots” rimane intimamente legato al suo background militaristico, presentando un’influenza rilevante sia sulla narrazione che sullo sviluppo dei personaggi. Per lo stesso motivo, Parker e la sua squadra di sceneggiatori hanno voluto mantenere un legame con la realtà attraverso la consulenza di esperti. La presenza dei veterani dei Marines Nick Jones Jr. e Megan Ferrell Burke nel team di sceneggiatori ha sicuramente aiutato in questo senso. Inoltre, Parker si è avvalso dell’aiuto di altri veterani dei Marines, consiglieri militari e consulenti per la serie. Tuttavia, queste misure sono state prese solo per garantire l’autenticità. Parker era molto determinato a garantire che il progetto non diventasse un’opera di propaganda con temi apertamente pro-Marines o pro-militari.
Allo stesso tempo, Parker non voleva diffondere sentimenti antimilitaristi. Al contrario, era interessato solo a presentare un’interpretazione realistica, fondata e accurata delle esperienze di un vero marine queer come recluta in un’epoca in cui l’arruolamento comportava il sacrificio della propria identità visibile. Il creatore ha approfondito questo aspetto in un’intervista al New York Times, dove ha detto: “Senza diventare polemici, penso che quello che stiamo cercando di fare sia mettere in luce il costo personale di queste politiche. Possiamo vedere quali sono le conseguenze psicologiche, spirituali ed emotive per le persone che devono distorcere se stesse, mentire, allontanarsi o essere emarginate da un’organizzazione che amano e da un paese che vogliono servire”.
Boots di Netflix è una serie comico-drammatica in cui un ragazzo adolescente cerca di sfuggire alla sua vecchia vita arruolandosi nei Marines. Cameron Cope è un adolescente che nasconde la propria omosessualità e vive nella società omofoba degli anni ’90. Quando il suo migliore amico Ray decide di arruolarsi nel campo di addestramento dei Marines, Cameron vede l’occasione per dare una svolta alla sua vita. Tuttavia, solo quando arriva al campo di addestramento di Parris Island e scopre cosa significa davvero diventare un marine, comincia a rendersi conto di aver commesso un grave errore. Di conseguenza, ora il giovane deve affrontare le 13 settimane più dure della sua vita, piene di addestramento incessante sotto l’occhio vigile di sergenti istruttori militaristi. Fortunatamente, nonostante l’inizio difficile, il cameratismo che circonda Cameron e Ray finisce per essere il lato positivo che promette di portarli al traguardo. SPOILER IN ARRIVO!
La trama di Boots
A 18 anni, Cameron Cope si trova in un momento di svolta nella sua vita senza avere alcuna idea di come andare avanti. La sua vita sociale consiste principalmente nell’interagire con bulli spietati, e la sua famiglia è composta da un fratello indifferente e una madre narcisista, i cui intrighi continuano a costringerli a lasciare la città ogni pochi anni. In realtà, l’unica cosa positiva nella sua vita, a parte la sua mancanza di omofobia interiorizzata, è Ray McAffey, il suo migliore e unico amico, disposto a stargli accanto nella buona e nella cattiva sorte. Tuttavia, con l’inevitabile trasferimento della sua famiglia e il progetto di Ray di arruolarsi nei Marines, anche quell’amicizia rischia di essere strappata via a Cameron. Pertanto, l’adolescente ha la brillante idea di arruolarsi nei Marines insieme al suo migliore amico nel tentativo di trovare uno scopo nella vita. Questo, ovviamente, significa che dovrà tenere ancora più segreta la verità sulla sua sessualità, poiché l’omosessualità è severamente illegale nell’esercito.
Inizialmente, Cameron si convince che l’esperienza non sarà peggiore di un campo estivo. Tuttavia, l’errore delle sue supposizioni gli diventa evidente subito dopo il suo primo giorno come recluta. I sergenti e gli istruttori assegnati al suo plotone gestiscono la truppa con pugno di ferro, non lesinando insulti. Così, rendendosi conto che il campo di addestramento non è migliore del mondo omofobo che lo circonda, l’adolescente decide di fallire l’esercizio di iniziazione delle trazioni per assicurarsi un biglietto di sola andata per tornare a casa. Tuttavia, finisce per cambiare idea, soprattutto nel tentativo di ispirare il suo compagno recluta, John Bowman. Tuttavia, i sentimenti di insicurezza permangono. Queste emozioni diventano più forti quando il loro sergente istruttore razzista, Knox, viene trasferito, portando il sergente Sullivan al campo. Sfortunatamente per Cameron, è abbastanza sicuro che il nuovo sergente riesca a vedere attraverso il suo proverbiale armadio con le pareti di vetro.
Così, nei giorni seguenti, il regime di addestramento di Sullivan rimane spietato, soprattutto quando inizia a mettere Cameron e Ray l’uno contro l’altro, nel chiaro tentativo di accendere una rivalità tra loro. Inoltre, il primo ottiene anche la posizione di scriba, il che comporta una buona dose di problemi. Tuttavia, a poco a poco, Cameron impara a difendersi, nel bene e nel male. Inoltre, inizia anche a legare con alcune delle altre reclute, come Nash e il suo compagno di cuccetta, Ochoa. Allo stesso tempo, sembrano arrivare guai per Sullivan sotto forma dell’NCIS che ficca il naso su di lui e sui suoi precedenti. Inoltre, continua anche a prendere le distanze dal rapporto stretto tra Cameron e Ray. Questo diventa un problema importante quando scopre che Cameron ha rubato la carta igienica dal plotone vicino nel tentativo di creare una rivalità che potesse sollevare il morale di Ray, dandogli una missione per cui lottare. Il conseguente confronto tra il sergente e la recluta diventa un punto di svolta nella loro dinamica, in cui quest’ultimo si rende conto che l’intensità del primo è il suo contorto tentativo di plasmare l’adolescente nella forma richiesta per affrontare i Marines.
Questo porta Cameron a interiorizzare l’idea che deve uccidere il suo vecchio io per sopravvivere nel mondo. Alla fine, il plotone 2032 viene portato ad addestrarsi al tiro con il fucile, che si conclude in una tragica tragedia. Ochoa viene a sapere della relazione extraconiugale della sua amata moglie, che lo porta ad avere un episodio che inevitabilmente lo uccide. Naturalmente, questo diventa un momento di riflessione per il resto delle reclute, che piangono la morte del loro fratello senza alcuna tregua dal loro addestramento e dai loro doveri. Nel frattempo, l’agente dell’NCIS arriva al campo del capitano Fajardo per porre a Sullivan alcune domande mirate su uno dei suoi compagni Marines, il maggiore Wilkinson, che ha prestato servizio con lui a Guam. Nello stesso periodo, il plotone 2032 accoglie una nuova recluta, Jones, un giovane ribelle che ovviamente vuole lasciare i Marines. Non ci vuole molto perché Cameron o Sullivan si accorgano dell’identità omosessuale della nuova recluta, il che spinge il sergente a seminare zizzania tra i due per tenerli lontani l’uno dall’altro. Alla fine, tutto questo culmina nella prova finale che determinerà il futuro delle reclute nei Marines: il Crucible.
La fine di Boots: cosa succede al plotone 2032? Cosa significa per loro la notizia del dispiegamento?
Il Crucible diventa la fase finale che determinerà se le reclute del plotone 2032 diventeranno ufficialmente Marines. Ogni membro ha una ragione unica per arruolarsi e intraprendere la carriera militare. Santos è padre di due figlie piccole ed è stato trasferito più volte a causa di un infortunio al ginocchio. Pertanto, è ansioso di completare il campo di addestramento questa volta e tornare finalmente a casa dalla sua famiglia con un nuovo titolo da mostrare. Nel frattempo, Nash si arruola solo per realizzare il suo grande sogno di diventare un giorno il presidente del paese. Essendo un uomo di colore, sa che in futuro la gente metterà in discussione la sua legittimità in politica semplicemente a causa dei propri pregiudizi. Di conseguenza, nel tentativo di evitare le critiche che hanno dovuto affrontare quelli prima di lui, si arruola nei Marines, nonostante i desideri dei suoi genitori, per dimostrare il suo valore e servire il suo Paese.
D’altra parte, John e Cody Bowman, fratelli in perenne contrasto, desiderano continuare la tradizione di famiglia. Per quanto riguarda Slovacek, la sua presenza al campo di addestramento ha poco a che vedere con le sue intenzioni e molto più con il processo che gli ha dato la possibilità di scegliere tra i Marines e la prigione. Sebbene questi diversi percorsi di vita inizialmente mettano tutti questi recluti, insieme a Cameron e Ray, in contrasto tra loro, col tempo imparano a fidarsi e a sostenersi a vicenda. Sebbene non sia un segreto che il regime intenso del campo di addestramento e la guida severa dei superiori abbiano effetti negativi su ogni recluta, l’esperienza complessiva diventa anche trasformativa in un modo diverso da qualsiasi altro.
Alla fine, le reclute completano il Crucible, dimostrando una fratellanza segreta. Quando il problema al ginocchio di Santos minaccia di deluderlo ancora una volta, Ray e gli altri accettano di distribuire il peso del suo zaino per assicurarsi che tutti completino la sfida insieme. Così, una volta terminate le 13 settimane di addestramento, i ragazzi si ritrovano tutti battezzati come marines, legati per la vita. Tuttavia, il loro viaggio non finisce semplicemente lì. Sebbene sia vero che la maggior parte delle reclute ha le proprie ragioni per arruolarsi nei marines, tutti affrontano una responsabilità simile: difendere il proprio paese in tempo di guerra. A quanto pare, quel momento potrebbe essere più vicino di quanto questi uomini abbiano mai immaginato. Cameron e Ray se ne rendono conto durante una visita celebrativa al bar, dove le notizie in TV li informano dei piani del Segretario alla Difesa di schierare le truppe statunitensi in Medio Oriente per quella che diventerà la guerra in Iraq. Pertanto, sembra che i peggiori incubi del Plotone 2032 stiano per diventare realtà, poiché probabilmente saranno catapultati nel cuore di una guerra spietata.
Cameron diventa un marine? Perché sceglie di restare?
Il giorno del Crucible finisce in modo molto diverso per Cameron rispetto ai suoi compagni reclute. Tuttavia, nonostante le sfide uniche che deve affrontare, riesce a completare il corso e a guadagnarsi la permanenza nei Marines. Alla fine, però, tutto questo rischia di essere stato inutile. Inizialmente, quando Cameron ha lasciato casa per il campo di addestramento, sua madre Barbara (Vera Farmiga), distaccata, non ha prestato molta attenzione all’intera faccenda. Tuttavia, una volta capito cosa è successo, cerca di riportare a casa suo figlio, ma finisce per essere travolta dai propri vizi. Tra un reclutatore attraente e un’opportunità redditizia in un gruppo di sostegno per madri in lutto, sta quasi per rinunciare a cercare suo figlio e ad aiutarlo a lasciare i Marines. Anche se non lo ha mai dato a vedere, Barbara è a conoscenza dell’orientamento sessuale di suo figlio. Pertanto, è consapevole di quanto sarà difficile per suo figlio una carriera nell’esercito.
È proprio questa ansia che spinge Barbara a recarsi al campo di addestramento di Parris Island con una scialuppa di salvataggio per suo figlio. A quanto pare, alcuni anni fa, la madre aveva manomesso alcuni documenti per far entrare suo figlio all’asilo in anticipo. Pertanto, mentre tutti credevano che Cameron avesse 18 anni, compreso lo stesso adolescente, la sua età reale è in realtà ancora 17 anni. Questo lo rende minorenne e quindi non idoneo per i Marines senza il permesso dei suoi tutori legali. Una volta che Barbara informa il capitano Fajardo della stessa cosa, suo figlio si trova di fronte a due alternative: lasciarsi alle spalle l’intera esperienza del campo di addestramento come un sogno febbrile o accettare le sue scelte a testa alta. Cameron sa che sua madre sta cercando di offrirgli una via d’uscita praticabile.
Se continuasse a perseguire una carriera nell’esercito, finirebbe come Sullivan, che ha dovuto nascondere la sua sessualità fino a quando non è stato scoperto. Poiché essere omosessuale nell’esercito è un reato, diventare un marine gli impedirebbe di vivere apertamente la sua vera identità senza correre il rischio di essere congedato con disonore e incarcerato. Inoltre, come sostiene la sua voce interiore, l’incarnazione delle parti di sé che tiene nascoste al mondo, il campo di addestramento aveva già servito al suo scopo. Cameron voleva un nuovo inizio, che gli permettesse di affrontare meglio il mondo. Essere una recluta gli ha già insegnato la fiducia, il cameratismo e altro ancora. Tuttavia, l’adolescente si rende conto che questo lo ha anche esposto a un mondo che ora desidera per sé stesso. Nelle ultime settimane ha iniziato a identificarsi come marine, un titolo a cui non era disposto a rinunciare così facilmente. Per lo stesso motivo, costringe sua madre a firmare la rinuncia, che alla fine lo aiuta a legittimare il suo periodo al campo di addestramento.
Cosa è successo a Sullivan? Dove è andato?
La narrazione di Sullivan nel corso della storia rimane tragica ma intrigante. Viene introdotto nella storia come una figura autoritaria e severa che sembra avere una particolare fissazione per Cameron. Cerca continuamente di creare una frattura tra sé e Ray, il suo unico sostegno nel campo, che divide la sua attenzione tra il dare il meglio di sé e l’aiutare il suo amico. Allo stesso tempo, mentre continua a prendere di mira Cameron, sembra anche sinceramente interessato alla sua crescita come recluta, ispirandolo e guidandolo verso il successo. Pertanto, non ci vuole molto prima che diventi evidente che il legame del sergente con l’adolescente deriva probabilmente da un senso di auto-riflessione. Il motivo per cui è fissato con Cameron è che vede in lui il suo passato. Proprio come il protagonista, anche Sullivan è un uomo che nasconde la propria omosessualità nell’esercito. Una delle uniche differenze tra loro è che quest’ultimo ha sperimentato il costo di sopprimere la propria identità a favore della carriera.
Prima di arrivare a Parris Island, Sullivan ha prestato servizio nella ricognizione a Guam. Lì, dietro porte chiuse, ha avuto una relazione con un maggiore della base, Wilkinson. I due uomini prenotavano camere di motel insieme, trascorrevano le notti insieme e si innamoravano lentamente ma inesorabilmente. Tuttavia, ben presto iniziano a diffondersi voci sul maggiore, costringendo il suo compagno di camerata, Rob, ad avvertirlo di non farsi vedere con quell’uomo. Questo scatena in Sullivan una reazione di lotta o fuga. Inizialmente, lui e Wilkinson avevano deciso di lasciare insieme i Marines per provare a costruire una vita insieme. I sentimenti che provavano l’uno per l’altro erano reali, ma lo erano anche le paure del sergente. Alla fine, ha scelto la via della codardia.
Sullivan presenta una richiesta di trasferimento da Guam per sé stesso e inventa una storia secondo cui Wilkinson gli avrebbe fatto delle avance per spiegare la sua improvvisa decisione a Rob. In una crudele svolta degli eventi, Rob finisce per denunciare il maggiore per comportamento omosessuale, una violazione apparentemente legittima nell’esercito dell’epoca. Per lo stesso motivo, l’NCIS ha cercato Sullivan al campo di addestramento per interrogarlo sulla sua relazione con Wilkinson. Sebbene egli abbia negato tutte le accuse, il tatuaggio sul cuore, identico a quello del maggiore, diceva tutto. Così, pochi giorni dopo, ha ricevuto la notizia dell’arresto e della detenzione di Wilkinson. Da quel momento, ha capito che era solo questione di tempo prima che venissero a cercare lui, cercando di verificare accuse simili.
Anche se Fajardo cerca di rassicurarlo dicendogli che avrebbero affrontato il problema se si fosse presentato, Sullivan sapeva che le sue parole erano ben intenzionate ma alla fine vuote banalità. Ben presto, si ritrova coinvolto in una rissa in un bar come modo per affrontare il suo crescente dolore. Poiché questo incidente lascia un civile in coma, il sergente rischia una grave causa legale. Nello stesso periodo, il plotone 2032 si reca nei boschi per il Crucible, da dove Jones, che ha l’abitudine di camminare nel sonno, scompare. Sullivan si assegna quindi la missione di trovare il giovane, e Cameron finisce per seguirlo. Una volta che i due riescono a salvare Jones, il sergente si rende conto che Cameron ha davvero le qualità per diventare un marine. Pertanto, considerando il suo lavoro concluso, Sullivan decide di lasciarsi questa vita alle spalle e si dà alla macchia. Alla fine, dopo anni di carriera decorata, Sullivan fugge dai marine, sapendo che il peso del suo segreto lo affogherà inevitabilmente.
Ray diventa un uomo d’onore?
Nel corso della storia, la motivazione principale che spinge Ray ad arruolarsi nei Marines deriva dal suo rapporto con il padre. Quest’ultimo è sempre stato una figura autorevole nella vita dell’adolescente, che nutre grandi aspettative nei suoi confronti. In realtà, la sua educazione ha portato direttamente a una mentalità che trasforma anche il più piccolo errore in un fallimento schiacciante nella sua mente. Di conseguenza, è rimasto sconvolto quando i suoi problemi di ansia hanno rovinato le sue possibilità di entrare nell’Aeronautica Militare. Tuttavia, vuole rendere orgoglioso suo padre diventando un marine. Ancora più importante, vuole guadagnarsi il titolo di Honor Man, dimostrando di essere il migliore tra i migliori del suo plotone. Per lo stesso motivo, Ray continua a spingersi al limite in ogni ambito dell’addestramento, dal combattimento al tiro, alla navigazione.
Tuttavia, verso la fine del percorso, quando arriva il momento del Crucible, si trova ad un bivio. La mattina della sfida, Jones scompare, costringendo Cameron ad andare a cercarlo nel bosco. Anche se dice al suo migliore amico di restare indietro, Ray finisce per seguirlo. Nonostante tutto quello che è successo tra loro al campo di addestramento, la loro amicizia rimane forte, impedendo al giovane di lasciare il suo amico ad affrontare una missione da solo. Alla fine, Cameron lo convince a rientrare nel plotone e a finire il Crucible da solo. È solo quando si rende conto che il suo amico è davvero in grado di badare a se stesso che Ray decide di andarsene. Tuttavia, questa iniziale insubordinazione finisce per costargli la sua serie di successi. Di conseguenza, perde il posto di Honur Man a favore di Nash. Anche così, alla fine, non si pente di nessuna delle sue azioni, felice di aver messo le sue amicizie al di sopra di tutto.
Il film Netflix La donna nella cabina 10 vede Keira Knightley nei panni di Laura “Lo” Blacklock, una giornalista invitata su una lussuosa nave da crociera da una coppia di miliardari. Loro vogliono che lei racconti le loro iniziative filantropiche e anche lei ha bisogno di una pausa. Tuttavia, le cose prendono una piega drammatica quando assiste alla caduta di una donna dal balcone accanto alla sua cabina. Quando denuncia il caso, nessuno è in grado di identificare la donna e le viene detto che la cabina accanto alla sua non ospita nessuno. Tutti cercano di convincerla che probabilmente ha avuto un’allucinazione e che non è successo nulla di grave. Tuttavia, le prove suggeriscono il contrario. SPOILER IN ARRIVO.
La coppia di miliardari Anne Lyngstad e Richard Bullmer (Guy Pearce) sta organizzando una festa e la giornalista Laura Blacklock è invitata a unirsi a loro e ad altre persone ultra-ricche nel viaggio inaugurale della loro lussuosa nave da crociera. Vogliono che Laura si concentri sulla loro missione filantropica, che consiste nel donare una notevole somma di denaro alla ricerca sul cancro. Viene anche rivelato che Anne ha il cancro, e che la malattia ha assunto una forma così grave che ogni giorno la avvicina alla morte. Laura, che ha un disperato bisogno di una pausa dopo aver riportato notizie su questioni serie, decide di accettare il lavoro, credendo che potrebbe aiutarla a scoprire un lato migliore del mondo.
Quando arriva sulla nave, scopre che anche il suo ex fidanzato, Ben Morgan, è a bordo come fotografo. Ci sono un sacco di altre persone ricche che la fanno sentire fuori posto, ma Laura è più concentrata sulla ricerca di una storia. La prima sera, mentre sta andando a cena, vede Ben che attraversa il corridoio e, per nascondersi da lui, entra nella cabina 10, dove vede una giovane donna bionda. Si scusa per essere entrata nella stanza in quel modo e se ne va immediatamente. Anne non partecipa alla cena a causa della sua cattiva salute, ma vede Laura, alla quale comunica la sua intenzione di donare tutta la sua ricchezza alla ricerca sul cancro e ad altre nobili cause attraverso la sua fondazione.
Laura è commossa dalla decisione di Anne, ma prima che possa rifletterci ulteriormente, accade qualcos’altro. Quella notte, viene svegliata dai rumori di una lite proveniente dalla cabina 10. Quando esce sul balcone, vede una donna cadere in acqua e chiama immediatamente i soccorsi. Tutto il personale si mette in allerta, ma quando viene fatto l’appello, non si trova nessuno che manchi. Inoltre, a Laura viene detto che non può aver visto nessuno sul balcone della cabina 10 perché nessuno lo occupava. Anche se cerca di presentare il suo caso, non ci sono prove a sostegno della sua storia. Le viene consigliato di smettere, ma lei continua a indagare e arriva al cuore della questione.
Dopo che le viene ripetuto più volte che nessuno è caduto dalla passerella e che si è sbagliata, Laura finalmente trova la donna della cabina 10. La segue in una parte appartata della nave, dove la donna rivela di essere Anne. La supplica di rinunciare alla sua ricerca, altrimenti verrà uccisa. Mentre Laura è ancora confusa, Anne la chiude nella cabina, dicendole che è per la sua sicurezza. Quella notte, mentre la giornalista riflette sulla situazione, si rende conto che la Anne con cui ha parlato non è affatto Anne. Il giorno dopo, quando arriva la donna che si finge Anne, Laura la affronta. Ha capito che è stata Anne a cadere dalla nave quella notte e che l’impostora ha preso il suo posto. La donna rivela di chiamarsi Carrie.
Laura scopre che quando Anne disse a Richard che avrebbe donato tutto il suo patrimonio, lui non la prese bene. Decise di cambiare il suo testamento, ma il problema era che lei non lo avrebbe fatto di sua spontanea volontà. Così trovò una ragazza che le assomigliava abbastanza da convincere le persone intorno a lei che fosse Anne. Carrie era perfetta per questo ruolo, quindi Richard la fece salire di nascosto sulla nave. Nessuno dei loro amici ne era a conoscenza e quando Carrie si presentò davanti a loro come Anne, nessuno fece domande. La prima notte, mentre Richard cercava di avere un rapporto intimo con Carrie, Anne entrò nella stanza e capì cosa stava succedendo.
Spaventato che il suo segreto venisse scoperto e che avrebbe perso tutto, Richard cercò di fermare Anne e finì per ferirla e gettarla in mare. Fece rapidamente prendere il posto di Anne a Carrie in modo che nessuno sospettasse nulla e, con l’aiuto del suo fidato staff, si sbarazzò di tutto. Carrie dice a Laura che non avrebbe mai pensato che Anne sarebbe stata uccisa e che ora non vuole avere le mani sporche del sangue di un’altra persona. Dice a Laura di restare ferma e di scappare quando tutti lasceranno la nave alla fine del viaggio. Grazie a Carrie, Laura non viene trovata da Richard, che decide di lasciare il dottor Robert e il capitano Addis a prendersi cura di lei.
L’assenza di Laura viene notata anche da Ben, che si preoccupa per lei e ora è convinto che ci sia qualcosa di strano. Anche lui rimane indietro, e questo si rivela una fortuna per Laura. Quando esce dal suo nascondiglio, il dottore e il capitano la trovano. La mettono alle strette e riescono a catturarla. Robert sta per iniettarle qualcosa quando Ben interviene. Ne segue una colluttazione, in cui Ben finisce per essere iniettato con il veleno destinato a Laura. Tuttavia, anche con l’ultimo respiro, fa tutto ciò che è in suo potere per salvare Laura. Nelle sue ultime parole, le dice di scappare e di rivelare la verità, ed è proprio quello che lei fa. Si tuffa in acqua, mentre il veleno fa effetto, il sangue esce dalla bocca di Ben, che crolla a terra e muore.
Quando Laura si tuffa nelle acque gelide, Robert crede che lei non avrà la forza di sopravvivere alla caduta o al freddo. Crede che annegherà e morirà. Quindi lascia la nave e si unisce al gruppo di Richard, dove lo aggiorna sulla morte di Ben e sul destino di Laura. Richard non è contento del pasticcio, ma ora il suo unico obiettivo è quello di convincere Carrie a firmare i documenti e ucciderla la stessa notte. Il problema è che Carrie sa che il suo tempo scadrà non appena firmerà il nuovo testamento, ma non ha altra scelta, quindi lo fa. Fortunatamente per lei, Laura riesce a raggiungere la riva e decide di smascherare Richard.
Si intrufola nella sua casa, ma viene scoperta da Sigrid, il capo della sicurezza. Rendendosi conto che Sigrid non è coinvolta nella cospirazione, Laura le racconta tutto. Mostra a Sigrid il discorso di Anne in cui la donna, ormai morta, parlava del contenuto del suo vero testamento. Anche se Sigrid è scettica, dà a Laura la possibilità di dimostrarlo. Così, Laura partecipa alla festa e si fa strada tra la folla per leggere il discorso di Anne. Quando lui cerca di fermarla, Carrie interviene nei panni di Anne e tutti si schierano con lei nel lasciare che Laura legga il discorso. Quando lei menziona la parte in cui Anne dona tutta la sua fortuna, Richard si infuria e finisce per confessare che Carrie non è Anne.
Mentre il resto delle persone è confuso su ciò che sta accadendo, Carrie scappa e Richard la segue. Sapendo che lui la ucciderà, Laura corre dietro a loro, ma quando cerca di impedirgli di salire sulla barca, lui punta un coltello alla gola di Carrie. Sigrid interviene sparando a Richard al petto, ma il colpo non è mortale e non lo rallenta. Lui attacca Carrie e questa volta Laura lo colpisce alla testa, lui cade, sbattendo la testa e morendo sul colpo. Con lui fuori dai giochi, Carrie è al sicuro e, ora che la verità è venuta a galla, tutti sanno cosa Richard ha cercato di fare. Poiché è stata Carrie a firmare il nuovo testamento, questo viene dichiarato nullo e, con Anne morta, viene messo in atto il suo testamento originale. Come da lei desiderato, tutta la sua fortuna viene dedicata al servizio degli altri, poiché la sua fondazione diventa interamente senza scopo di lucro.
Ciò che rende Laura una giornalista di successo è la sua dedizione nel cercare di arrivare al fondo della verità e nel renderla nota al mondo intero. Anne ha visto la sua integrità attraverso il suo lavoro ed è stata lei a chiedere espressamente che fosse portata sulla nave per coprire le notizie sulla fondazione e i suoi piani per il futuro. Sapeva che Laura avrebbe visto la verità nella storia e che le sue parole avrebbero avuto più risonanza tra la gente perché ha una buona reputazione in materia. Durante tutto questo, Anne non avrebbe mai pensato che portare Laura con sé sarebbe diventato essenziale per salvare la fondazione e ottenere giustizia.
Quando la verità viene a galla, i collaboratori di Richard, Robert e Addis, vengono arrestati per aver tentato di uccidere Laura e Carrie e per aver aiutato e favorito l’omicidio di Anne. Con Richard fuori dai giochi, non c’è più nulla che trattenga Carrie. Torna a casa per stare con sua figlia. È stato per la bambina che Carrie ha accettato i soldi che Richard le ha offerto in cambio di fingersi Anne e firmare un testamento che avrebbe lasciato tutto il patrimonio di sua moglie a lei. Ma dopo che le cose sono andate male e delle persone sono state uccise, Carrie si rende conto che non ha bisogno di altro che stare con sua figlia. Grazie a Laura, la verità viene a galla e Carrie torna a casa. Lei e Laura rimangono in contatto e lei manda alla giornalista un messaggio per confermare che lei e sua figlia stanno bene. Invita anche Laura a far loro visita qualche volta.
Quando Laura è salita a bordo della nave, era con l’intenzione di trovare una storia umana in un mondo sempre più disumano. Un miliardario che investe in un’impresa filantropica le sembrava una buona cosa. Ma nel corso della settimana, vede un lato più violento della storia. Tuttavia, quando arriva il momento di presentarla al mondo, si rifiuta di togliere i riflettori da Anne e dal suo desiderio di aiutare il mondo. Sebbene i crimini di Richard rimangano una parte importante della storia, Laura si assicura che l’articolo sia incentrato su Anne e sulla sua fondazione. Nonostante tutta l’oscurità, si concentra sulla parte positiva, dimostrando quanto sia stata cambiata dalla sua esperienza. In tutto questo, non dimentica di parlare del contributo di Ben nel far emergere la verità e nel salvarle la vita.
La serie drammatica d’azione francese di Netflix Néro (Néro the Assassin) racconta una storia di coraggio, magia, fede e famiglia. Ambientata nella città di Lamartine, nel sud della Francia del XVI secolo, la serie segue Néro, un assassino, mentre viene coinvolto in un conflitto. Mentre lavora per un importante personaggio locale di nome Rochemort, la vita di Néro viene sconvolta dalla figlia quattordicenne Perla, da cui è separato, che si ritiene essere “l’ultima discendente del Diavolo”. Mentre le forze del male cercano di catturare Perla a causa del suo “sangue corrotto”, Néro si trova di fronte a un dilemma tra la sopravvivenza e l’amore. Avendo sempre vissuto come un assassino solitario e libero, la responsabilità di prendersi cura di una figlia ricercata stravolge completamente la sua esistenza.
Il protagonista e sua figlia viaggiano attraverso il sud della Francia colpito dalla siccità, incontrando vari individui e gruppi pericolosi alle prese con le proprie crisi. La serie sviluppa un’intensa narrazione del difficile viaggio di un uomo attraverso paesaggi insidiosi, incorporando elementi soprannaturali lungo il percorso. Mentre la stagione volge al termine, Perla e Néro si trovano ad affrontare minacce esistenziali nella città di Ségur. Mentre varie forze convergono per conquistare il vuoto di potere a Ségur, il destino dei personaggi principali è in bilico.
Néro l’assassino Sinossi della trama
La narrazione introduce Néro, un assassino che lavora per Rochemort, vice console di Lamartine, durante una siccità in corso nella Francia del XVI secolo. Egli uccide la fidanzata di Hortense, figlia del vice console, in modo che lei possa essere data in sposa al principe di Ségur. Il capo console di Lamartine viene ucciso da Touissaint, un altro assassino che lavora per Rochemort, con l’aiuto della Strega Tassella. Quando il vice viene promosso alla carica di console, rivela che la strega vuole Néro come pagamento per la sua stregoneria. Lei intende sacrificare il protagonista, credendolo l’“ultimo discendente del Diavolo”. Tuttavia, quando scopre che Néro ha segretamente una figlia, interrompe il sacrificio e ordina agli uomini di Rochemort di cercarla.
Néro chiede aiuto a Horace, un uomo religioso che gestisce un orfanotrofio, dove Perla, la figlia, viene accudita. Il protagonista, nonostante sia controllato da una collana magica legata al collo dalla strega, fugge da Lamartine con sua figlia e l’uomo religioso. Tuttavia, la fuga comporta il dirottamento della carrozza reale che trasporta Hortense a Ségur. Con la principessa rapita, il convoglio si dirige verso la sua destinazione, ma viene fermato dai soldati. Per distrarre i soldati, Néro pugnala la propria figlia, senza però ucciderla. I soldati e il convoglio incrociano i Penitenti, un gruppo di estremisti religiosi, che li catturano. Uno dei Penitenti taglia i capelli di Hortense come penitenza.
Il gruppo sfugge alla morsa dei Penitenti distraendoli. Rochemort si reca a Ségur per finalizzare l’alleanza matrimoniale con il principe e chiede alcuni accordi commerciali e diritti minerari. L’arcivescovo di Ségur esercita un’influenza sul principe e controlla le decisioni. Horace affronta delle difficoltà con i suoi pensieri su Perla a causa delle sue credenze religiose e propone che lei venga portata a Ségur, in modo che l’arcivescovo possa decidere il suo destino. Quando viene rivelato che Horace vuole portare Perla a Ségur per farla uccidere, Néro lo abbandona e fugge con sua figlia e Hortense. A Ségur, Rochemort viene processato mentre l’esercito dei Penitenti marcia verso la città. Il principe di Ségur salva Perla e Hortense, ma lasciano Néro in mezzo al nulla a causa del suo precedente tentativo di sfuggire ai fuorilegge senza di loro.
Néro, legato e in fin di vita, viene avvicinato dalla Strega Tassella, che gli rivela che Perla non è la discendente del Diavolo, ma l’unica speranza per la salvezza del mondo. Gli rivela anche che Perla è sua discendente e gli toglie la collana, guarendo le sue ferite. Un mago, inviato dalla Chiesa cattolica, dà la caccia a Perla. La Strega Tassella dice che il Diavolo è una finzione inventata dalla Chiesa per colpire i suoi nemici. Il mago viene ucciso dal protagonista e dalla Strega Tassella, che poi si dirigono a Ségur insieme a Horace per salvare Perla. Néro ha una conversazione con Perla e cerca di convincerla a fuggire da Ségur.
Proprio mentre il principe di Ségur e Hortense stanno per sposarsi, l’arcivescovo rivela alla folla che Perla è l’ultima discendente del diavolo. La strega con un occhio solo arriva a Ségur per aiutare Néro con la sua magia, mentre Hortense e Rochemort aspettano la caduta dell’arcivescovo per mano dei Penitenti invasori. Con grande stupore di tutti, si scopre che è l’arcivescovo a orchestrare le azioni dei Penitenti e del loro capo, “Fratello Penitenza”. La strega dice a Perla che lei è l’unica che può salvare il mondo. I Penitenti uccidono la donna magica, mentre lei aiuta Néro e gli altri a fuggire dal castello. Quando Perla si rende conto di possedere poteri magici, deve fare una scelta.
Néro l’Assassina Finale: perché Perla si pugnala? La siccità è finita?
Mentre i Penitenti e l’arcivescovo assumono il controllo totale di Ségur, la città precipita nel caos e nella violenza. Néro, Hortense e gli altri si rendono conto di essere tutti in pericolo. Di fronte a una situazione disperata, si confidano con alcuni soldati fedeli di Ségur e pianificano una rivolta contro l’autorità dei Penitenti. Perla intuisce che sono tutti in pericolo e che probabilmente dovrebbe ispirarsi alle parole della Strega Tassella, che le ha consegnato un pugnale prima di morire. I Penitenti radunano civili innocenti e ordinano loro di dare la caccia a Perla, la discendente del Diavolo. Mentre Fratello Penance, il leader del culto dei Penitenti, sacrifica Horace decapitandolo, Perla viene individuata da uno dei cultisti.
Perla viene inseguita dai membri del culto attraverso i vicoli di Ségur e viene salvata da Néro. Grazie alla confessione di Horace che Perla non è la figlia del Diavolo, lei capisce che potrebbe avere un ruolo importante nel salvare il mondo. I soldati fedeli di Ségur propongono di andare avanti con una rivolta popolare, ma il castello è occupato dall’Arcivescovo, che rimprovera Fratello Penance per aver lasciato scappare Perla. Rochemort viene catturato dall’amico di Néro, Lothar, un soldato di Lamartine, che dice di conoscere un passaggio segreto che può aiutarli a raggiungere l’arcivescovo e fratello Penance e ucciderli. Hortense si proclama principessa di Ségur e accetta di essere il volto della rivolta contro l’arcivescovo. La rivolta ha inizio, provocando caos e violenza in tutta la città.
Rendendosi conto che non possono assassinare l’arcivescovo e fratello Penance, Néro chiede a Hortense di fuggire dalla città con Perla e Rochemort. Mentre i Penitenti si scatenano per le strade all’inseguimento di Perla, Néro capisce che deve fare qualcosa di folle per salvare sua figlia e dare a Hortense il tempo sufficiente per fuggire. Attacca fratello Penance e lo smaschera davanti ai suoi seguaci, mentre Perla cerca di scappare. I Penitenti catturano Néro, dopodiché Fratello Penance ordina la sua esecuzione. Perla continua a correre e si rifugia in un’alta struttura simile a una torre di guardia, che le permette di vedere cosa sta succedendo a suo padre. Quando vede suo padre impiccato a testa in giù, ricorda le parole della Strega Toccata, che le aveva detto che lei era l’unica in grado di salvare tutti.
È in questo momento che Perla compie il sacrificio definitivo. Estrae il pugnale della strega e si pugnala, cadendo dalla struttura. Lo fa nonostante Néro la veda e la supplichi di non sacrificarsi. Non appena il corpo di Perla tocca terra, si verifica un evento magico. Il cielo soleggiato si oscura e le nuvole iniziano a convergere su Ségur. Una pioggia piacevole cade su tutti, placando la loro sete e ponendo fine al periodo di siccità. Il sacrificio di Perla permette a Néro di fuggire, poiché Fratello Penance e gli altri vengono distratti dalla pioggia. La pioggia gentile rinfresca nuovamente la Terra e la vita ricomincia a crescere, anche se Perla giace morta a terra.
Perla è viva o morta? È una strega?
Dopo essersi sacrificata per il bene del mondo e la vita di suo padre, Perla cade a terra, morta tra le braccia di Néro. Il suo ultimo desiderio per il mondo viene trasmesso agli spettatori attraverso una voce fuori campo. Dice che, nonostante non sia cresciuta con una famiglia, questi giorni con Néro le hanno dato uno scopo e le hanno fatto capire per la prima volta il significato della famiglia. Dice che vorrebbe essere ricordata come Perla, la figlia di un assassino e di una prostituta. Mentre Néro continua a piangere, guardando il volto della sua bambina morta, accade qualcosa di inaspettato. Viene colpito con violenza da un tronco di legno da un individuo mascherato. L’aggressore porta via il corpo di Perla e si allontana da Ségur. È in questo momento che viene fatta una rivelazione scioccante.
Perla si rivela viva quando apre gli occhi. Viene portata fuori dalla città dallo sconosciuto, mentre guarda Néro che è stato aggredito. Nonostante si sia sacrificata per il bene superiore, il destino interviene e permette a Perla di continuare la sua vita. La serie si conclude con una sola frase, che segna la fine della voce fuori campo. Perla dice: “Era l’ultima strega”. Questo indica che la Strega Tassella ha perseguitato Perla fin dall’inizio perché possiede il potere della stregoneria.
Le azioni di Perla durante la rivolta e i suoi poteri magici vengono rivelati anche quando si taglia e il suo sangue cambia la natura del terreno. Una delle prove più significative a favore della stregoneria di Perla è il fatto che ha posto fine alla siccità nel paese sacrificandosi. Così, Perla, nonostante fosse vista come una persona debole, diventa il personaggio più importante della stagione, salvando la vita a migliaia di persone.
Perché fratello Penance uccide l’arcivescovo?
Quando la siccità finisce grazie al sacrificio di Perla, fratello Penance e il suo fedele esercito di cultisti si calmano e si godono la pioggia dopo aver sofferto a lungo per la siccità. L’arcivescovo è scioccato nel vedere la pioggia che calma tutti e comincia a chiedersi cosa sia successo. Fratello Penance si avvicina all’arcivescovo e gli dice che Dio li ha perdonati, poiché la siccità è finita. Il leader della setta riconosce che la sua penitenza è stata finalmente esaudita. Questo fa arrabbiare l’arcivescovo, che rimprovera Fratello Penance per aver parlato in quel modo. Egli sostiene che la pioggia è caduta grazie al sacrificio della bambina e non per intervento divino. Quando fratello Penance ribatte all’arcivescovo, dicendo che è stata la penitenza della setta a causare la pioggia, l’uomo religioso lo schiaffeggia.
L’arcivescovo definisce fratello Penance un “lebbroso” e un idiota che non sa nulla. Il leader della setta dice di aver sempre dedicato la sua vita a Dio e si rende conto che l’uomo religioso ha controllato lui e i suoi uomini per il proprio tornaconto. È a questo punto che fratello Penance prende una decisione audace. Spinge senza pietà l’arcivescovo dalla cima del castello, causandone la morte istantanea quando questi colpisce il suolo con un tonfo. Sebbene l’arcivescovo fosse inizialmente riuscito a controllare il comportamento e le menti dei membri della setta, ha avuto ciò che si meritava quando i suoi stessi seguaci si sono rivoltati contro di lui. L’uccisione dell’arcivescovo, nonostante sia stata compiuta da un pericoloso leader della setta, riequilibra la bilancia della moralità e della giustizia.
Néro è vivo o morto? Chi lo ha attaccato?
Mentre Néro guarda il volto ferito di Perla, crede che lei sia morta. Mentre piange la sua sorte, viene improvvisamente colpito violentemente con un tronco di legno da un individuo mascherato sconosciuto. Lo sconosciuto porta via Perla, lasciando Néro da solo. Sebbene la narrazione non riveli esplicitamente il destino di Néro dopo l’incidente, si può presumere che probabilmente sia sopravvissuto all’attacco. Uno degli indizi essenziali in questo caso è il fatto che l’aggressore voleva solo mettere Néro fuori combattimento per un breve periodo e non ucciderlo. Se l’aggressore avesse voluto uccidere Néro, sarebbe stato facile. Tuttavia, Néro viene colpito solo con un ceppo e non con delle armi. Ciò rende molto probabile che Néro sia sopravvissuto all’aggressione e che sia stato probabilmente scortato in un luogo sicuro dalla popolazione di Ségur.
Ora che Ségur è stata liberata dalle grinfie dell’arcivescovo, si può presumere che il principe tornerà a governare la città e si occuperà della guarigione di Néro. La probabilità che Néro muoia è minima, poiché non ci sono prove che suggeriscano il contrario. Néro riceverà molto probabilmente cure nel castello di Ségur e continuerà a essere un assassino, al servizio del principe o tornando a Lamartine per ricongiungersi con Hortense. Per quanto riguarda l’identità dell’aggressore, non ci sono rivelazioni nella narrazione che la confermino. Si può presumere che l’aggressore sia probabilmente una strega che cerca di salvare Perla e di introdurla nella comunità delle streghe. Poiché Perla è una figura essenziale nel mondo, è sicuramente possibile che altri esseri magici siano a conoscenza dei suoi poteri.
È anche possibile che l’individuo mascherato lavori per diverse forze politiche del paese che vogliono usare le sue capacità per raggiungere le proprie ambizioni. Poiché l’identità di Perla è probabilmente nota in segreto a persone importanti, queste potrebbero aver assunto la persona mascherata per rapirla da Ségur. Ma, in conclusione, si può dire che la persona mascherata è molto probabilmente una strega che cerca di salvare Perla dai pericoli del mondo. Perla diventerà presumibilmente più potente man mano che scoprirà la piena portata della sua magia.
La serie drammatica d’azione francese di Netflix Néro (Néro the Assassin) è una storia di coraggio, magia, fede e famiglia. Creata da Martin Douaire, Allan Mauduit, Jean-Patrick Benes e Nicolas Digard, la serie segue le avventure di Néro, un assassino che lavora in una città del XVI secolo nel sud della Francia chiamata Lamartine. Mentre è al servizio di un uomo importante di nome Rochemort, il protagonista viene coinvolto in un conflitto a causa della figlia Perla, una quattordicenne che si ritiene essere “l’ultima discendente del diavolo”. Mentre le forze del male cercano di catturare Perla a causa del suo sangue corrotto, Néro si trova diviso tra la sopravvivenza e l’amore.
Avendo vissuto tutta la sua vita come un assassino solitario e libero, le sfide legate alla cura di una figlia ricercata gli stravolgono la vita. Attraversando il territorio della Francia meridionale afflitta dalla siccità, il protagonista e sua figlia incontrano diversi individui e gruppi pericolosi che affrontano le proprie crisi. La serie racconta l’intensa storia del viaggio di un uomo attraverso terreni insidiosi, affrontando anche elementi soprannaturali. SPOILER IN ARRIVO.
Néro l’assassino è un racconto di fantasia ambientato nella Francia del XVI secolo
Sebbene “Néro l’assassino” sia un racconto di fantasia che coinvolge la magia e altri elementi fantastici, riflette le emozioni umane reali attraverso l’esplorazione del viaggio di Néro. Scritta dai suddetti creatori insieme a Raphaëlle Richet, la storia approfondisce gli intrighi che circondano i miti nella Francia meridionale del XVI secolo. Uno dei principali elementi della trama della serie è la caccia all’“ultimo discendente del Diavolo”. Sebbene non ci siano prove storiche concrete che suggeriscano che il mito sia basato su una credenza storica reale, esso riflette la paura provata dalle persone a causa delle loro forti credenze religiose nel periodo in cui è ambientata la serie.
Perla è braccata da varie forze, in particolare dalla Strega con un occhio solo, che pensa che il sangue di Perla sia il sangue del Diavolo e che lei sia in grado di evocare il Diavolo sulla Terra per scatenare l’Apocalisse. La paura del Diavolo e di eventi di estinzione di massa come l’Apocalisse è stata un fattore determinante nella vita religiosa delle persone nel corso della storia. La Strega con un occhio solo è una figura importante nella serie, poiché rappresenta la percezione culturale delle streghe, in particolare nel periodo medievale e nel primo Rinascimento in Francia.
Secondo la Biblioteca del Congresso, prima della rivoluzione scientifica, le persone si rivolgevano alla Chiesa per spiegare misteri mondani come la paralisi, le convulsioni o i difetti congeniti. Ciò significava anche che non c’erano risposte facili in termini medici o scientifici. Alcuni elementi all’interno della Chiesa attribuivano la responsabilità di questi problemi all’esistenza del Diavolo. Questo spesso portava i fedeli ad attribuire le condizioni di salute al Diavolo. Il viaggio di Perla e Néro diventa estremamente pericoloso a causa della convinzione di alcune frange della Chiesa che esse portino il sangue del Diavolo. Tra il 1550 e il 1700, in Francia si svolsero circa 2.000 processi alle streghe. La maggior parte delle donne negò le accuse, anche se alcune confessarono di avere presunti poteri.
Sebbene non sia esplicitamente dichiarato, lo spettacolo utilizza questi fenomeni storico-culturali per mostrare come donne indipendenti come la Strega Toccata e ragazze adolescenti libere pensatrici come Perla siano soggette all’ira sociale a causa dei loro presunti poteri negativi. Il legame padre-figlia tra Perla e Néro diventa estremamente importante quando quest’ultimo cerca di salvare sua figlia dalle forze che cercano di controllare il suo destino. In conclusione, si può dire che la serie, nonostante abbia come protagonista un assassino maschio, affronta in modo toccante le prospettive femminili su questioni sociali storiche.
La narrazione commenta il fondamentalismo religioso
La storia descrive il fervore religioso di un gruppo di persone chiamato “Penitenti”. Il gruppo è guidato da un uomo conosciuto solo come “Fratello Penitenza” e crede nella resa assoluta a Dio. Prende di mira Perla perché crede che lei abbia il sangue del diavolo. Il gruppo viaggia attraverso il paese, terrorizzando gli abitanti dei piccoli centri e biasimandoli per la loro mancanza di fede nel divino. Sebbene esistano prove che indicano l’esistenza di gruppi reali chiamati Penitenti nel passato europeo, questi sono completamente diversi dai Penitenti visti nella serie.
I veri Penitenti erano divisi in diverse categorie o confraternite, che credevano principalmente in idee come il digiuno e la ricerca della disciplina per compiacere Dio. Nella serie, i Penitenti sono descritti come un gruppo violento che aderisce a credenze fondamentaliste e all’idea di salvare l’umanità dal diavolo. Credono fermamente che fenomeni naturali come la siccità siano il risultato dell’ira di Dio verso le persone irreligiose e che la penitenza sia necessaria per placare l’eterno divino. Sebbene la serie sia ambientata nel XVI secolo e coinvolga elementi fantastici e soprannaturali, essa getta una luce significativa su questioni socio-religiose reali.
Eccoci di nuovo qui, con un’altra uscita Lifetime. Questo film si intitola Ti vorrei come mia figlia(The Replacement Daughter) e ha tutto ciò che ci si aspetta da un thriller Lifetime: una protagonista ingenua, personaggi stereotipati e un cattivo assolutamente stupido che alla fine viene arrestato. Ma come sempre, è molto guardabile in un modo “così brutto da essere bello”. Questa è la vita!
Cosa succede nel film?
Jessica, studentessa con il massimo dei voti, è in attesa di una borsa di studio completa dalla prestigiosa Stelford University. Ne ha assolutamente bisogno, poiché la sua situazione finanziaria non è delle migliori. La madre di Jessica, Liza, gestisce un salone di bellezza. La sua attività non va particolarmente bene e a peggiorare le cose c’è il proprietario dell’immobile, Ray, che minaccia costantemente Liza di sfrattarla. Non si sa molto della vita scolastica di Jessica, tranne che ha una migliore amica molto solidale, Vanessa, e un compagno di classe, Shane, che continua a guardarla in modo strano.
Cosa succede a Liza?
Seguendo la formula classica della maggior parte dei film Lifetime, Liza subisce un terribile incidente e finisce in coma. La sua amica e socia Helen si assicura che Jessica sia accudita, ma presto un misterioso sconosciuto attacca e uccide Helen. Questo offre a Eva, una ricca cliente di Liza, l’occasione per intervenire come tutrice di Jessica, dato che ha diciassette anni, cioè è ancora minorenne. Jessica sembra un po’ preoccupata per l’intervento di Eva, ma non c’è motivo per cui non debba fidarsi di questa donna e della sua generosità. Eva promette anche a Jessica di aiutarla finanziariamente con la sua istruzione, il che dimostra solo quanto questa persona sia una perla rara. Ma non fatevi ingannare, questo è un thriller Lifetime e nulla è come sembra.
Qual è il piano di Eva?
La cosa migliore di qualsiasi film Lifetime è decifrare ciò che è “sbagliato” in ciò che sembra normale. Si sa per certo che c’è qualcosa che non va in qualcuno, ed è divertente cercare di indovinare di cosa si tratta. In Ti vorrei come mia figlia(The Replacement Daughter), è ovviamente Eva a non essere ciò che sembra. Il titolo del film è fin troppo ovvio e svela la trama. Nel momento in cui Eva menziona sua figlia Sarah, che apparentemente sta viaggiando in Europa durante il suo anno sabbatico, ci si rende conto che sta mentendo. Sarah è ovviamente morta, e ciò che Eva vuole fondamentalmente fare è sostituire Jessica con Sarah, per quanto assurdo possa sembrare. C’è però un intoppo: Sarah e Jessica sono molto simili fisicamente. E perché? Perché entrambe sono in realtà figlie di Liza. È perfettamente logico che Liza abbia dato in adozione una delle sue figlie, data la sua difficile situazione finanziaria. È così che Sarah è finita con Eva, che desiderava disperatamente avere un figlio ma non poteva averne. Sarah è diventata il mondo di Eva fino a quando il destino non ha preso una brutta piega e lei è morta di cancro. Anche il marito di Eva, un uomo d’affari, è morto poco dopo per un infarto, lasciandola sola al mondo. Tuttavia, questo chiaramente non giustifica le sue azioni: stringere amicizia con Liza con il pretesto di essere una cliente, per poi assumere un fallito per ucciderla. E quel fallito non è altro che il padre giocatore d’azzardo di Shane, che ha mandato all’aria il lavoro. Ha provato di nuovo all’ospedale, ma anche questo tentativo è fallito. Shane, tuttavia, non fa parte delle attività losche di suo padre. È riuscito a imbattersi nella foto di Sarah, che lo ha lasciato perplesso perché la ragazza morta assomigliava proprio alla sua compagna di classe, Jessica.
Cosa succede a Jessica alla fine?
Grazie all’avvertimento di Shane, Jessica affronta Eva riguardo a Sarah. Ma Eva ribalta la situazione raccontando a Jessica l’intera storia con tono piuttosto comprensivo. Per non parlare del fatto che omette la parte in cui è lei la mente dietro l’incidente di Liza e l’omicidio di Helen. Almeno per un po’, Eva riesce a presentarsi come una donna triste che voleva solo far sapere a Liza della morte di sua figlia, ma non ha avuto il coraggio di farlo.
Per un po’, Jessica stringe un legame con Eva, grazie al gelato, al pianoforte e al bowling. Le cose sarebbero andate bene per Eva se solo non avesse perseguito questo piano terribilmente imperfetto! Eva ovviamente si rifiuta di riconoscere che Jessica non è Sarah, ma solo la figlia di Liza. Quindi l’idea di sostituire Sarah con Jessica solo perché le assomiglia è decisamente stupida! Anche la signora Durant, la vecchia governante che si è presa cura di Eva fin da quando era bambina, cerca di farle capire questo. Ma Eva era destinata a fallire fin dall’inizio, dato che è una cattiva di Lifetime.
Quindi Eva fa tutto ciò che una persona sensata non dovrebbe mai fare. Quando Jessica trova il mucchio di passaporti falsi, suoi e di Eva, con nomi diversi, ne parla di nuovo con Eva. Questa volta Eva la droga (è la signora Durant a farlo, nonostante tutte le sue riserve) e la rinchiude nella stanza. Non è che Eva non avesse considerato il fatto che qualcuno avrebbe cercato Jessica, soprattutto dopo che Vanessa era venuta a casa loro in passato, in tempi più felici. Ma Eva aveva già messo in atto il suo piano e pensava che quando la polizia sarebbe venuta a cercarla, lei sarebbe stata già lontana. Questo è esattamente il tipo di cosa che farebbe un cattivo di Lifetime, ed Eva segue solo le norme. Come ci si potrebbe aspettare, Vanessa diventa sospettosa e lei e Shane alla fine capiscono cosa sta realmente succedendo. Non che Jessica abbia bisogno dell’aiuto di qualcuno, dato che dimostra di essere abbastanza forte da sconfiggere Eva.
Pensavo che le cose sarebbero finite così, ma Ti vorrei come mia figlia(The Replacement Daughter) ha un piccolo epilogo. Dopo tutte le difficoltà che ha dovuto affrontare, Liza meritava di risvegliarsi dal coma. Questa è sicuramente una buona notizia per Jessica, anche se non so cosa ne sarà della sua istruzione alla Stelford ora che Eva è fuori dai giochi. Troviamo anche Eva in manicomio, vestita di arancione e che scambia il dottore per sua figlia Sarah. Povera donna, ha davvero bisogno di una terapia migliore, immagino!
Lorenzo Zurzolo è stato già mille e uno volti. E’ stato Lodo, Vincenzo, Alessandro, è stato Niccolò e Daniele (nella splendida serie Prisma), ma è stato anche un giovane Diabolik e addirittura Italo Balbo. Lo aspettiamo in sala, a partire dal 16 ottobre, quando arriverà sul grande schermo il suo Max, protagonista di Squali, nuovo film distribuito da Eagle Pictures.
Nonostante i soli 25 anni, Lorenzo Zurzolo è un volto che si è trasformato tante volte e ha già raccontato moltissime storie, al cinema, in tv e in streaming, mettendosi ogni volta alla prova con ruoli sempre differenti che riuscissero a mettere in luce le sue doti: volto pulito, da bravo ragazzo, ma accogliente verso le ombre e gli aspetti più oscuri da mettere al servizio dei personaggi che interpreta.
25 anni ma idee chiarissime, soprattutto quando si tratta di recitazione. Il suo metodo è decisamente istintivo e immediato, si potrebbe definire “umorale”, ma più che altro sembra attingere a una grande sensibilità, nutrita da continue letture e visioni (si definisce un collezionista di dvd e di fumetti, come suo padre), e sul “metodo”, non ha molto da aggiungere se non che va sul set… e recita.
“Tengo sempre presente l’osservazione di Laurence Olivier a Dustin Hoffman, che – durante le riprese di Il maratoneta – si ammazzava di fatica per essere credibile: perché non ti limiti a recitare? (ride). Non credo ci sia una strada assoluta per tutti e per tutto: a volte alcune interpretazioni ti richiedono di entrare dentro l’emozione, in altri casi ci puoi arrivare con la tecnica. Non è che se interpreto un tossico, devo drogarmi…” ha dichiarato nel 2022 a Iodonna.it.
Sembra quindi improbabile che per Squali, di Daniele Barbiero, abbia approfondito l’effettiva progettazione di applicazioni e altri device tecnologici, ma non per questo non è stato in grado di portare sullo schermo un Max convincente, un giovane di 19 anni pieno di speranze e di talento, che insieme ai suoi amici ha pianificato l’estate perfetta: un viaggio in Spagna, simbolo di libertà e fuga dalla noia dopo l’esame di maturità. Un viaggio interrotto da quella e-mail che ti cambia la vita: la possibilità di vedere sviluppata e realizzata la propria idea, il proprio sogno che si realizza.
Senza farsi intimidire dalla presenza sul set di James Franco, che divide la scena con lui in Squali, Zurzolo ha dato a un giovane che forse impreparato a quello che sta per accadergli impara a navigare nell’oscurità e a non fermarsi mai, pur di sopravvivere, proprio come gli squali del titolo.
Insieme a Francesco Centorame, Francesco Gheghi, Ginevra Francesconi e ovviamente a James Franco, Lorenzo Zurzolo sarà al cinema in Squali dal 16 ottobre, grazie a Eagle Pictures.
Si è conclusa oggi l’undicesima edizione del MIA | Mercato Internazionale Audiovisivo, promosso da ANICA (Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche, Audiovisive e Digitali), presieduta da Alessandro Usai, e APA (Associazione Produttori Audiovisivi), presieduta da Chiara Sbarigia, sotto la direzione di Gaia Tridente.
L’edizione 2025 ha confermato il ruolo del MIA come punto di riferimento centrale per l’industria audiovisiva internazionale, con circa 2.800 partecipanti provenienti da 64 Paesi e una crescita qualitativa che si è tradotta in incontri mirati, maggiore presenza di stakeholder strategici e programmi pensati per generare impatti concreti a supporto dei processi creativi e produttivi.
A sottolineare l’espansione globale della manifestazione, tra i Paesi rappresentati figurano, oltre all’Italia, Regno Unito, Francia, Stati Uniti, Brasile, Corea del Sud, Sudafrica, Giappone, Australia, Germania, India, Spagna e molti altri, a testimonianza della dimensione sempre più internazionale e intercontinentale del mercato.
Il MIA continua inoltre a crescere anche sul piano digitale e social: nell’ultimo anno i follower sono aumentati del 30,5% su Instagram, 22,7% su Facebook e 12% su LinkedIn, mentre il sito ufficiale ha registrato un incremento del 5,3% nelle visualizzazioni di pagina e del 6,7% negli utenti attivi, molti dei quali con profilo internazionale.
Quest’anno sono stati presentati oltre 100 progetti tra le varie sezioni ufficiali del mercato, di cui 62 selezionati per il Co-Production Market and Pitching Forum (suddivisi in Animation, Documentaries, Drama e Film) e 44 titoli inclusi nei cinque showcase dedicati. Complessivamente, il MIA ha ricevuto circa 500 candidature, confermando la sua centralità come piattaforma per lo sviluppo e la coproduzione internazionale.
Nel corso della giornata conclusiva sono stati assegnati i MIA Awards 2025, tra cui i prestigiosi MIA Development Awards, suddivisi per categoria.
Miglior progetto di animazione:The Golden Butterfly di Goce Cvetanovski (Macedonia del Nord, Argentina, Brasile, Colombia, Spagna).
Miglior progetto documentario:Edition 96 (Libano) di Ahmad Naboulsi.
Miglior progetto drama:Aïnta! prodotto da Andreas Zoupanos Kritikos, con una menzione speciale a Dyouf / Guests.
Miglior progetto film:I Have to Fuck Before the World Ends, diretto da Andrea Benjamin Manenti.
Tra i riconoscimenti speciali anche il Sony Pictures Television Award (assegnato a The Roaring Banshees), il Paramount New Stories Award (vinto dal progetto italiano POV – Point of View), il GEDI Visual Award (assegnato a Pestiferus Lupus con menzione a I pesci non chiudono gli occhi di Audrey Gordon), lo Screen International Award (vinto da The Circle / Cercul) e il WIFTMI Award (assegnato alla serie animata Roc e Lola di Andrea Giro).
Nel commentare i risultati, Alessandro Usai (ANICA) e Chiara Sbarigia (APA) hanno espresso soddisfazione per la partecipazione e per la crescita qualitativa dell’evento, sottolineando come il MIA rappresenti “uno dei principali hub di networking per l’industria audiovisiva mondiale” e una “piattaforma strategica per la collaborazione e lo sviluppo di progetti internazionali”.
La direttrice Gaia Tridente ha infine ricordato come il MIA stia affrontando le trasformazioni globali del settore con una visione propositiva, “trasformando la complessità del mercato in opportunità, grazie a iniziative concrete a sostegno dei professionisti accreditati, dai programmi dedicati all’intelligenza artificiale alle nuove tecnologie immersive”.
Fondato nel 2015 come joint venture tra ANICA e APA, il MIA è organizzato con il sostegno del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, ITA – Italian Trade Agency, Ministero della Cultura, Regione Lazio, con il patrocinio di Eurimages e il supporto di Fondazione Roma Lazio Film Commission e UniCredit. L’evento si svolge sia in presenza, a Roma, sia sulla piattaforma MIADIGITAL, permettendo la partecipazione e la fruizione dei contenuti anche a distanza.
Quando nel 2008 uscì Nessuna verità (Body of Lies), molti spettatori si chiesero quanto ci fosse di autentico nella storia raccontata da Ridley Scott. Il film, conLeonardo DiCaprio e Russell Crowe, racconta le operazioni segrete della CIA in Medio Oriente durante la guerra al terrorismo, alternando azione, politica e morale. La precisione dei dettagli, i riferimenti alla realtà geopolitica e la rappresentazione verosimile dei metodi di spionaggio indussero molti a credere che fosse ispirato a fatti realmente accaduti.
In effetti, Nessuna verità è un film che dialoga costantemente con la realtà. Scott adotta un linguaggio documentaristico, fatto di colori polverosi, immagini satellitari e un ritmo narrativo che imita la complessità del mondo post-11 settembre. Ma, nonostante la sensazione di verità, la storia di Roger Ferris non è mai esistita davvero. Il film nasce invece da un romanzo di finzione — scritto da un autore che conosce però da vicino le dinamiche del potere e dell’intelligence americana. Se vuoi scoprire come la vicenda si conclude e cosa significa davvero il gesto finale del protagonista, leggi la spiegazione del finale di Nessuna verità.
Questa ambiguità, tra realtà e finzione, è il cuore stesso del progetto. Nessuna verità non racconta una storia vera, ma utilizza un contesto autentico per porre domande vere: fino a che punto possiamo fidarci delle informazioni che riceviamo? Quanto la verità politica è manipolata da chi la produce? E cosa resta dell’etica personale in un sistema che vive di inganno e segretezza?
L’origine della storia e il romanzo di David Ignatius
Nessuna verità è tratto dal romanzo omonimo di David Ignatius, giornalista del Washington Post con una lunga esperienza nel campo della politica internazionale e dei servizi segreti. Ignatius ha seguito per anni la CIA e la diplomazia americana in Medio Oriente, costruendo trame di finzione che riflettono fedelmente il modo in cui l’informazione e la disinformazione operano nelle guerre contemporanee. Il suo romanzo, pubblicato nel 2007, non racconta fatti realmente accaduti, ma si ispira a situazioni verosimili e a pratiche effettivamente utilizzate nelle operazioni sotto copertura.
Ridley Scott, attratto dal realismo del materiale, decide di adattarlo in chiave cinematografica accentuando la dimensione morale. Pur mantenendo la struttura di spionaggio e l’intreccio politico, il regista concentra la narrazione sul conflitto interiore del protagonista, Roger Ferris, e sulla sua progressiva disillusione nei confronti del potere. Scott e lo sceneggiatore William Monahan — già vincitore dell’Oscar per The Departed — lavorano insieme per trasformare un racconto di intelligence in una riflessione universale sulla verità.
È in questo intreccio di realtà e finzione che il film trova la sua forza. Non c’è un “caso Ferris” documentato, né un’operazione realmente condotta con le modalità descritte, ma ogni elemento del film risuona di autenticità. Il linguaggio, i protocolli militari, le tensioni tra CIA e servizi locali, persino il modo in cui vengono pianificate le azioni terroristiche, derivano da fonti giornalistiche e testimonianze dirette. Persino il finale del film, in cui Ferris sceglie di spegnere il telefono e tagliare ogni legame con la CIA, diventa un gesto profondamente realistico: non un atto di eroismo, ma una ribellione morale plausibile dentro un sistema che vive di menzogne e compromessi.
Cosa c’è di vero in Nessuna verità
Sebbene Nessuna verità non sia tratto da una storia vera, molti dei suoi elementi derivano da pratiche realmente adottate nel mondo dell’intelligence dopo l’11 settembre. L’uso di droni e sistemi di sorveglianza satellitare, la creazione di reti di informatori, le alleanze precarie con i servizi segreti locali e la manipolazione delle informazioni mediatiche sono aspetti documentati della guerra al terrorismo. Scott e Monahan li intrecciano in una trama di finzione, ma ogni dettaglio — dal linguaggio dei briefing alla burocrazia dei rapporti di missione — restituisce un realismo che va oltre la cronaca.
Il personaggio di Ed Hoffman, interpretato da Russell Crowe, rappresenta in forma quasi simbolica un’intera generazione di analisti e dirigenti CIA che, grazie alle tecnologie di sorveglianza, conducevano operazioni globali senza mai spostarsi dai propri uffici. Il suo modo di gestire la guerra come un videogioco, alternando una telefonata a Ferris con la vita domestica americana, non è fantasia: è una caricatura lucida di un potere che ha smaterializzato la distanza etica dal conflitto. Al contrario, Ferris, immerso sul campo tra le macerie e i mercati del Medio Oriente, incarna l’altra faccia del sistema: quella degli uomini che ancora mettono a rischio la propria vita per un’idea di missione che non comprendono più fino in fondo.
Anche il finale del film si inserisce in questo quadro di verosimiglianza. La scelta di Ferris di spegnere il telefono e abbandonare la CIA, rifiutando la logica del controllo, non è solo la conclusione di un arco narrativo: è il gesto realistico di un uomo che decide di sottrarsi a un potere invisibile ma totalizzante. In un mondo dove le verità vengono costruite e distrutte in tempo reale, Ridley Scott suggerisce che l’unico atto autentico possibile è quello del rifiuto. Non esiste un “fatto vero” dietro Nessuna verità, ma il film riflette una realtà in cui la menzogna è diventata linguaggio quotidiano del potere.
Ridley Scott e il realismo del potere
Ridley Scott ha sempre mostrato un’attenzione particolare per il rapporto tra individuo e potere, e Nessuna verità ne è una delle espressioni più coerenti. Anche se la storia non nasce da fatti realmente accaduti, il regista la mette in scena come se lo fosse: adotta lo stile di un reportage, alternando l’iperrealismo delle immagini digitali alla durezza della guerra sul campo. Il suo obiettivo non è raccontare “una storia vera”, ma mostrare come la verità — in politica come nei media — sia diventata un terreno di scontro, manipolabile e negoziabile a seconda di chi la possiede.
In questo senso, Nessuna verità appartiene alla stessa linea etica e visiva di film come Black Hawk Down o American Gangster, dove Scott affronta il potere istituzionale smascherandone le contraddizioni. La sua regia non idealizza mai i protagonisti: Ferris non è un eroe, ma un uomo costretto a riconoscere la propria impotenza dentro un sistema che usa la verità come arma. La sua decisione finale — spegnere il telefono e allontanarsi — diventa il gesto simbolico di un regista che invita lo spettatore a guardare oltre la superficie, a dubitare delle versioni ufficiali, a cercare un senso umano in un mondo dominato dall’informazione.
Proprio per questo, la domanda se Nessuna verità sia o meno una storia vera finisce per essere secondaria. La forza del film non risiede nella fedeltà ai fatti, ma nella sua capacità di restituire la verità del presente: quella di una società che vive connessa, sorvegliata e informata, ma sempre più distante dalla realtà. Ridley Scott trasforma la finzione in uno specchio del reale, e ci ricorda che, anche quando una storia non è vera, può comunque raccontare la verità più profonda del nostro tempo.
Uscito nel 2008, Nessuna verità (Body of Lies) è uno dei film più complessi e sottovalutati di Ridley Scott. Scritto da William Monahan — già sceneggiatore di The Departed — e tratto dal romanzo di David Ignatius, il film mette in scena un intrigo internazionale ambientato nel cuore della guerra al terrorismo, dove il confine tra verità e manipolazione diventa sempre più labile. Protagonisti due volti del cinema americano contemporaneo: Leonardo DiCaprio nel ruolo dell’agente della CIA Roger Ferris eRussell Crowe in quello del suo superiore Ed Hoffman, simbolo del potere a distanza e della spregiudicatezza morale dell’intelligence americana.
Ridley Scott affronta il tema dello spionaggio in chiave morale e visiva, intrecciando geopolitica e introspezione personale. Non è soltanto un film d’azione o un thriller politico, ma una riflessione sul ruolo dell’informazione e sulla perdita di umanità in un mondo dominato dalla tecnologia e dal controllo remoto. Il regista costruisce un racconto che alterna l’immediatezza del campo di battaglia in Medio Oriente con la distanza emotiva di chi, come Hoffman, coordina tutto da una casa nei sobborghi americani, mentre porta i figli a scuola.
Nessuna verità è anche un film sull’inganno sistemico. Ogni personaggio, dal protagonista agli alleati locali, vive immerso in una rete di menzogne, di verità parziali, di compromessi che si travestono da scelte etiche. Scott usa la forma del thriller per interrogare il nostro rapporto con la realtà: in un mondo dove le immagini — come quelle dei droni o delle telecamere satellitari — sembrano dirci tutto, la verità resta un’ombra sfuggente, manipolata da chi ha il potere di raccontarla.
Cosa succede nel film Nessuna verità
Il film si apre con una sequenza cruda e immediata che stabilisce subito il tono realistico dell’opera: un attentato suicida in Medio Oriente, seguito da un’operazione della CIA per rintracciare il mandante. Roger Ferris (Leonardo DiCaprio) è un agente operativo che agisce sul campo, abituato a muoversi tra città devastate, mercati affollati e campi profughi. Il suo superiore, Ed Hoffman (Russell Crowe), coordina invece le missioni dalla sicurezza del suo salotto in Virginia, tra una colazione in famiglia e una partita di golf. Questo contrasto diventa il cuore del film: l’azione sporca e reale contro la guerra virtuale combattuta attraverso satelliti e telefonate.
Ferris si muove tra Iraq, Giordania e altri teatri di guerra, cercando di infiltrarsi nelle reti terroristiche per scoprire la posizione di Al-Saleem, un leader jihadista responsabile di numerosi attentati. Durante la missione entra in contatto con Hani Salaam (Mark Strong), capo dei servizi segreti giordani, un uomo elegante, colto e ambiguo che impone una sola regola: «Mai mentirmi». Ferris, invece, è costretto a farlo continuamente, seguendo le istruzioni di Hoffman e costruendo false piste per manipolare gli avversari. Questa tensione fra lealtà personale e manipolazione politica diventa sempre più insostenibile.
Per smascherare Al-Saleem, Ferris e Hoffman inventano un piano rischioso: creare un finto terrorista, Al-Khalid, e simulare un’organizzazione rivale, diffondendo notizie false sui media e online. È un inganno su larga scala che coinvolge anche innocenti e che mette in discussione il concetto stesso di verità nel mondo della guerra d’informazione. Ma il piano sfugge presto di mano, e Ferris si ritrova solo, braccato da tutti, mentre le alleanze si sgretolano e la fiducia viene tradita da entrambe le parti.
Nel frattempo, Ferris si lega sentimentalmente ad Aisha (Golshifteh Farahani), un’infermiera giordana che incarna per lui una possibilità di redenzione, un contatto umano autentico in mezzo al caos. Ma anche questa relazione verrà sfruttata come leva di potere: Aisha verrà rapita per spingerlo a confessare, e Ferris capirà fino a che punto Hoffman sia disposto a sacrificare tutto pur di ottenere risultati. L’ultima parte del film si muove tra il disincanto e la rivelazione, fino a un finale in cui il protagonista dovrà scegliere tra continuare a servire un sistema corrotto o salvare ciò che resta della propria umanità.
Spiegazione del finale di Nessuna verità
Nelle sequenze finali di Nessuna verità, Roger Ferris si ritrova completamente isolato. Dopo che il suo piano per creare un falso terrorista è crollato, l’agente della CIA viene catturato da un gruppo jihadista legato ad Al-Saleem. Scott costruisce questa parte con un ritmo serrato ma essenziale, privando Ferris di ogni protezione: non c’è più copertura, non c’è più tecnologia che possa salvarlo. Le immagini si stringono, la camera si fa instabile, e la violenza della tortura diventa metafora visiva del crollo delle illusioni — personali e politiche — che hanno sostenuto la guerra al terrorismo.
Mentre Ferris è prigioniero, Hoffman continua a muovere i fili da Washington, convinto di poter controllare la situazione attraverso satelliti e microspie. Ma questa volta il potere della tecnologia non basta: Hani, il capo dei servizi giordani, scopre la doppiezza della CIA e decide di intervenire per salvare Ferris, non per lealtà, ma per dimostrare la superiorità della sua intelligenza e del suo metodo. In una delle scene più emblematiche, Hani organizza un’operazione di salvataggio che si conclude con un messaggio tagliente: la verità non può essere manipolata senza conseguenze.
Dopo la liberazione, Ferris comprende che non può più fidarsi né di Hoffman né del sistema che rappresenta. Ferito, esausto e moralmente disilluso, rifiuta di tornare negli Stati Uniti. Chiede invece di restare in Giordania, lontano dalla CIA, e di iniziare una nuova vita, forse al fianco di Aisha, l’infermiera che ama. La scena finale lo mostra camminare in un mercato, circondato dal rumore della vita quotidiana. Hoffman lo osserva da lontano, attraverso lo schermo di un computer, e prova ancora una volta a impartirgli ordini via telefono. Ferris spegne il cellulare e si allontana: un gesto semplice ma potentissimo, con cui taglia i fili che lo legavano alla rete di menzogne in cui aveva vissuto.
Il significato del finale di Nessuna verità
Il finale di Nessuna verità rappresenta il momento in cui Roger Ferris si libera, per la prima volta, da ogni forma di controllo. Il suo gesto di spegnere il telefono, dopo essere sopravvissuto a torture e tradimenti, è una dichiarazione d’indipendenza morale. Non è un atto eroico nel senso classico, ma un rifiuto della menzogna sistemica su cui si fondano le istituzioni che lo hanno manipolato. Ferris sceglie la realtà — con tutto il suo dolore, la sua imprevedibilità, la sua umanità — al posto della verità filtrata dai monitor e dai rapporti di intelligence. In quel momento smette di essere un soldato e diventa un uomo.
Ridley Scott costruisce questa liberazione in chiave visiva e simbolica. L’ultima immagine, quella di Ferris che cammina tra la folla, contrasta con le inquadrature fredde e controllate che dominano la prima parte del film. Dove prima c’era distanza e sorveglianza, ora c’è prossimità e vita. È un ritorno alla terra, alla materia, alla verità fisica che nessuna tecnologia può sostituire. Lo sguardo del regista diventa quasi umanista: la macchina da presa non osserva più da lontano, ma accompagna Ferris nel suo cammino, come a riconsegnargli la libertà di essere parte del mondo e non più un suo osservatore mediato.
A livello tematico, Nessuna verità è una riflessione sulla crisi dell’informazione e sulla perdita di fiducia nelle strutture del potere. Hoffman, con la sua capacità di dirigere operazioni militari mentre porta i figli a scuola, incarna la disumanizzazione del controllo. È l’archetipo del potere moderno: onnipresente ma invisibile, capace di decidere la vita e la morte con un clic. Ferris, invece, attraversa la parabola opposta: dal cinismo operativo alla consapevolezza morale. La sua scelta finale mette in discussione il principio su cui si fonda la guerra al terrorismo — quello della verità come arma — e lo sostituisce con la verità come scelta personale.
Scott non offre un messaggio consolatorio. Il film termina con un equilibrio fragile: Ferris è vivo, ma il sistema resta intatto. Tuttavia, il regista suggerisce che la resistenza individuale è ancora possibile, anche dentro un mondo che ha trasformato la verità in merce e la moralità in algoritmo. Nessuna verità diventa così non solo un thriller di spionaggio, ma una parabola sul nostro tempo, sull’impossibilità di distinguere tra giustizia e propaganda, e sul bisogno umano — forse disperato — di ritrovare un significato autentico dentro un mondo costruito sulle menzogne.
Ridley Scott e la verità come ossessione del potere
Con Nessuna verità, Ridley Scott affronta uno dei nodi centrali del suo cinema: la tensione costante tra verità e potere, tra individuo e sistema. Fin dagli anni di Blade Runner, il regista ha interrogato la percezione della realtà e il modo in cui essa viene costruita o distorta dal potere — che sia politico, tecnologico o ideologico. In Body of Lies, questa riflessione assume una forma contemporanea e terribilmente concreta: la guerra al terrorismo come teatro di manipolazione globale, dove l’informazione sostituisce l’esperienza diretta e l’immagine diventa più vera della realtà stessa.
Ferris è, in questo senso, un discendente ideale dei protagonisti di Scott: uomini divisi tra dovere e coscienza, tra ciò che il sistema chiede loro di essere e ciò che vorrebbero diventare. Come il Rick Deckard di Blade Runner o il Massimo Decimo Meridio de Il gladiatore, anche Ferris è un personaggio in cerca di una verità interiore, costretto a combattere un nemico invisibile — il meccanismo stesso del potere. La sua ribellione non consiste nel vincere, ma nel sottrarsi. Spegnere il telefono, alla fine del film, equivale a spegnere la macchina del controllo: un gesto piccolo, ma rivoluzionario.
Dal punto di vista registico, Scott utilizza lo spazio e la tecnologia come strumenti narrativi per parlare di alienazione. I droni, i satelliti, i computer che osservano tutto rappresentano la modernità disumanizzante che trasforma la vita in dati. Ma allo stesso tempo, il regista lascia spazio all’emozione, al corpo, alla materia: la sabbia, il sangue, il sudore. È in questi elementi fisici che Nessuna verità trova la sua dimensione più autentica, ricordandoci che la verità, come l’etica, non può essere filtrata attraverso uno schermo.
In ultima analisi, Nessuna verità è un film di guerra senza eroi, ma con una profonda tensione morale. Ridley Scott mette in scena un mondo in cui tutti mentono — governi, terroristi, agenti, amanti — ma suggerisce che proprio nella consapevolezza della menzogna si può intravedere un barlume di libertà. È un’opera che parla al nostro presente, dominato dall’informazione istantanea e dalla propaganda digitale, e ci ricorda che la verità, oggi più che mai, è una scelta.
Il conto alla rovescia è iniziato per i fan di Superman, con l’Uomo d’Acciaio che entrerà ufficialmente nel pubblico dominio nel 2034. Ma anche se ciò significa che chiunque potrà creare un fumetto, una serie TV, un film o un videogioco su Superman, la DC sottolinea un unico vantaggio che avrà rispetto alla concorrenza futura.
Non è un argomento facile da sostenere, dato che l’esclusiva proprietà della DC sul supereroe più iconico (e prezioso) del mondo sta per scadere. Parlando del futuro della DC durante il NYCC 2025 (tramite PopVerse), il presidente, editore e direttore creativo della DC Jim Lee ha affrontato l’argomento scottante:
“Sì, i personaggi entreranno nel pubblico dominio. Sta già accadendo. Abbiamo tutti visto queste inquietanti imitazioni di Topolino che circolano online. Ma ecco la verità: il personaggio non è la magia. La magia è la narrazione. La magia è la costruzione del mondo. Possedere Superman non è la stessa cosa che capire Superman, sapere come si muove, come parla, cosa rappresenta.
Chiunque può disegnare un mantello. Chiunque può scrivere di un eroe. È così da quando esistono i fumetti, e si chiama fan fiction. Non c’è niente di male nella fan fiction. Dimostra quanto profondamente questi personaggi vivano dentro tutti noi. Ma Superman è perfetto solo quando è nell’universo DC, il nostro universo, il nostro mito. È questo che resiste. È questo che ci porterà nel prossimo secolo”.
Non è un argomento facile da sostenere per nessuno, ma Lee offre una posizione chiara da parte di chi presto non sarà più il proprietario di Superman. Anche se Superman diventerà di dominio pubblico, l’universo a cui “appartiene veramente” non lo sarà.
Quando Superman diventerà di dominio pubblico, la DC continuerà a credere di avere l’unica versione “giusta”
La chiave di Superman è tutto tranne il nome del personaggio, sostiene la DC
Indipendentemente dal vostro punto di vista, il momento in cui la DC perderà il copyright su Superman e Batman cambierà per sempre il settore, trasformando (come minimo) la cultura pop. In qualità di volto del marchio e dell’azienda, Jim Lee non avrebbe mai potuto dare una risposta allarmata, estrema o preoccupata al modo in cui la DC vedeva la questione.
Detto questo, Lee sottolinea un aspetto spesso trascurato da chi sogna immediatamente che Superman entri a far parte dell’universo Marvel o che qualcuno dia il via libera a un film alternativo su Superman. Anche se ci fosse un’esplosione di prodotti e intrattenimento non DC dedicati a Superman, la serie di fumetti e film Superman della DC continuerebbe come previsto.
È lecito aspettarsi che, una volta che altri editori di fumetti o studi cinematografici inizieranno i propri adattamenti (dato che “chiunque può disegnare un mantello”), i consumatori continueranno a considerare la versione DC come il Superman “vero, reale, canonico o principale”. Come Lee ricorda agli scettici, quella sarà ancora l’unica versione che esiste realmente all’interno del più ampio universo della Justice League che i fan si aspettano.
Alcuni non saranno d’accordo con le parole di Lee, indignandosi per l’insinuazione che la “fan fiction” sia in qualche modo inferiore, intrinsecamente, con uno scrittore che “conosce Superman”, una qualità che la DC continua a rivendicare come un’abilità unica da identificare. Un’affermazione intangibile come l’idea che una storia di Superman con protagonista solo l’Uomo d’Acciaio possa essere meno preziosa o sembrare “meno giusta”.
La DC possiede ancora il Superman moderno per molto più di un decennio
La versione originale di Superman dimostra che la DC ha ancora tempo per pianificare
In precedenza, il mente della DCUJames Gunn aveva respinto l’ingresso di Superman nel pubblico dominio come fattore determinante nelle decisioni relative alla trama più ampia.
E considerando quanto un universo cinematografico che include Superman possa cambiare in un decennio, è facile crederci. Ma c’è un fatto che giustifica la mancanza di panico o preoccupazione sia di Lee che di Gunn all’avvicinarsi del 2034.
Sebbene il copyright di Superman raggiungerà il suo limite di 95 anni nel 2034, l’attuale versione di Superman che ha debuttato nel 1938 è significativamente diversa da quella odierna. Il famoso simbolo di Superman, le sue origini, i personaggi secondari e persino la sua capacità di volare sono ancora fuori discussione, e potranno essere utilizzati solo quando scadrà il limite di 95 anni per ciascuna delle loro prime apparizioni.
In questo senso, Lee ha ragione a trasmettere pazienza da parte della DC. Ci vorranno ancora diversi anni prima che gli aspetti più iconici di Superman possano essere utilizzati dalla concorrenza. E anche se le basi di “ciò che Superman rappresenta” erano già presenti fin dal primo giorno, la maggior parte dei suoi fan non era ancora nata.
Il tempo continua a scorrere, il che significa che la logica di Lee sarà messa alla prova prima o poi. E non è possibile prevedere cosa significherà “Superman” per il mondo quando non sarà più solo la DC a decidere quali storie raccontare con questo personaggio.
Come riportato per la prima volta da Page Six, Mel Gibson sta attualmente incontrando alcuni attori a Roma per affidare loro i ruoli di Gesù, originariamente interpretato da Jim Caviezel, e Maria Maddalena, interpretata da Monica Bellucci. La notizia arriva mentre la produzione dei sequel di La Passione di Cristo si prepara a iniziare le riprese per una data di uscita prevista nel 2027.
La Passione di Cristo descriveva le ultime ore di vita di Gesù, compresa la sua crocifissione. Ora, Gibson racconterà la storia della resurrezione di Gesù nel corso di due film: La resurrezione di Cristo: Parte prima, in uscita il 26 marzo 2027, e La resurrezione di Cristo: Parte seconda, il 6 maggio 2027; queste date corrispondono al Venerdì Santo e al giorno dell’Ascensione nel calendario cristiano del 2027.
Una delle ragioni addotte per il cambio di cast era legata a ciò che sarebbe stato necessario fare per ringiovanire digitalmente gli attori. Come è noto, la resurrezione di Gesù avvenne tre giorni dopo la sua crocifissione, ma sono passati 21 anni dall’uscita di La Passione di Cristo. Anche la programmazione è stata citata come un ostacolo.
Al momento della sua uscita, La Passione di Cristo è stato il film vietato ai minori con il maggior incasso di tutti i tempi al botteghino statunitense, con 370 milioni di dollari. Ha mantenuto questo record fino a quando Deadpool & Wolverine non lo ha quasi raddoppiato nel 2024.
Sebbene il film di Gibson abbia chiaramente colpito il pubblico, i critici sono stati meno favorevoli. Il film ha ottenuto un punteggio del 49% su Rotten Tomatoes. Tra le critiche mosse al film c’è il livello di violenza utilizzato da Gibson. Il film ha comunque ricevuto tre nomination agli Oscar per la migliore fotografia, la migliore colonna sonora originale e il miglior trucco.
Oltre alla regia, Gibson sta co-scrivendo la sceneggiatura di The Resurrection of the Christ con Randall Wallace, che ha già lavorato con Gibson in Braveheart e We Were Soldiers, ricevendo una nomination all’Oscar per la sceneggiatura del primo film. Gibson ha descritto la sceneggiatura come un “viaggio acido”.
Gibson è stato dietro la macchina da presa come regista per l’ultima volta nel 2025 con Flight Risk. È degno di nota il fatto che abbia realizzato The Resurrection of the Christ così rapidamente dopo, considerando che prima di Flight Risk Gibson aveva diretto solo due film nei 21 anni successivi alla Passione d Cristo: Apocalypto nel 2006 e Hacksaw Ridge nel 2016.
In quel periodo, Gibson si è trovato coinvolto in diverse controversie fuori dallo schermo a causa del suo alcolismo e dei suoi commenti odiosi. Nel 2020 Gibson ha dichiarato di essere sobrio da 10 anni. Lionsgate è la casa di produzione che distribuisce i film The Resurrection of the Christ.
Il gioco d’azzardo non è solo un intrattenimento per appassionati, un passatempo che, con i siti di gioco, è sempre più popolare e che, negli anni, è diventata una vera e propria industria. L’azzardo è adrenalina pura e, proprio per questa ragione, ha ispirato, e ispira, l’immaginario cinematografico mondiale che ha dedicato, al tema e alle atmosfere che vengono fuori, tanti e tanti film. Quali sono, dunque, i 10 migliori film sul gioco d’azzardo?
Il gioco d’azzardo è emozione. Questo si percepisce nel crescente interesse nel settore e nella diffusione gioco d’azzardo online che, da qualche anno, copre più del 50% della spesa complessiva annua in Italia e nel mondo. L’attrazione, però, nei confronti del gambling, della scommessa, della partita di poker o del tentativo fugace alla slot viene da lontano. Non abbiamo, infatti, solo i migliori siti per giocare d’azzardo in Italia secondo il metodo di classificazione utilizzato da Truffa.net, comodissimi, popolarissimi, legali e protetti da ogni tipo di situazione spiacevole grazie all’analisi delle piattaforme.
Abbiamo il mito, l’adrenalina, la tensione, le storie da raccontare dentro e fuori un casinò, gli intrighi, la vita. E questo, negli anni, il cinema lo ha fatto più volte regalando storie di azzardo con grandi protagonisti. In un anno come il 2025 che vede, tra gli altri, DiCaprio e Del Toro attori principali di quello che viene già definito il film dell’anno come “Una battaglia dopo l’altra” è bene ricordare, ai più cinefili, i 10 film che hanno fatto la storia di quello che può essere definito un vero e proprio sottogenere cinematografico.
I 10 film che hanno fatto la storia dell’azzardo nel cinema
La stangata
Questo film, diretto da George Roy Hill nel 1973, è uno dei più famosi film sulle truffe, vincitore di 7 Oscar. I due protagonisti, Paul Newman e Robert Redford recentemente scomparso, sono due imbroglioni che cercano di organizzare un grosso colpo per fregare un noto gangster. Indimenticabile la colonna sonora di Scott Joplin, molto divertenti e tensive le immagini al tavolo verde, un cult per gli appassionati del genere.
California Split
La pellicola, meno conosciuta al grande pubblico ma molto amata dai cinefili, è stata diretta dal grande Robert Altman nel 1974. La trama segue le vicissitudini di due giocatori compulsivi che seguono corse dei cavalli, provano a vincere al casinò e hanno varie disavventure amare. Nel tipico stile di Altman, il film è corale e alienante, lontano dalle luci di Las Vegas.
Cincinnati Kid
Questo è considerato, dagli appassionati, il film sul poker per eccellenza e vede un giovanissimo Steve McQueen sfidare il vecchio campione in una partita che è leggenda. Il film, diretto da Norman Jewison nel 1975 ha reso iconico il Texas Hold’em per la prima volta, con immagini ravvicinate del tavolo da gioco e le facce, appunto da poker di McQueen che hanno ispirato un’intera generazione di giocatori.
Atlantic City
Questo film, diretto dallo straordinario Lous Malle nel 1980, vede insieme Burt Lancaster e Susan Sarandon, mettendo in evidenza il lato più poetico e malinconico delle scommesse. In una Atlantic City, solitaria e tenera, l’uomo anziano Lancaster prova a ritrovare se stesso e a rifarsi una vita grazie alle scommesse e alla vicinanza della giovane Sarandon. Candidato a 5 Oscar, è una variazione molto raffinata sul tema.
Casinò
Il film, un vero capolavoro diretto da Martin Scorsesenel 1995, vede Robert De Niro, Sharon Stone e Joe Pesci, gestire un casinò con le regole della criminalità organizzata. Come tutti i film di Scorsese, la pellicola denuncia un certo modo di vivere Las Vegas da malavitosi tra lusso, violenza e tanto gioco. Ancora oggi, alcune scene girate nel casinò sono considerate le migliori in questo genere.
Rounders – Il giocatore
Questo film, diretto da John Dahl nel 1998, vede Matt Damon ed Edward Norton giocare partite clandestine di poker in una cupa New York della fine degli anni Novanta. Il film, pieno di strategie e tecnicismi, è molto amato dagli appassionati e la partita finale, contro John Malkovich, è una delle più belle e amate nella storia del poker.
The cooler
La pellicola, diretta da Wayne Kramer nel 2003, vede William H. Macy (diventato successivamente famosissimo nel ruolo di Frank Gallagher in Shameless) essere un “cooler” cioè un uomo che viene usato nei casinò, come portasfortuna per frenare i clienti troppo vincenti. Questo ruolo, per la prima volta, mostra, sul grande schermo, tutte le piccole e grandi superstizioni che fanno parte del gioco d’azzardo e che popolano, da sempre, le sale da gioco.
21
21, diretto da Robert Luketic nel 2008, è una di quelle pellicole di cui si è molto parlato e di cui si parla ancora (perché racconta una storia vera). Un gruppo di studenti del MIT di Boston, supportati dal loro professore, vincono milioni di dollari in un casinò di Las Vegas contando le carte al tavolo del blackjack. Il film è stato così tanto un successo che, successivamente, sono stati rafforzati i sistemi di sicurezza contro il card counting.
Molly’s game
Questo film, diretto d Aaron Sorkin nel 2017, è tratto dall’autobiografia di Molly Bloom e vede Jessica Chastain nei panni di questa ex sciatrice olimpica che diventa l’organizzatrice delle partite di poker più esclusive di New York. La Chastain, già vincitrice di un Oscar nel 2013 per Zero Dark Thirty, è stata nominata alla prestigiosa statuetta per la sua interpretazione in questa pellicola.
10.Uncut Gems
Il film, diretto da Josh e Benny Safdie nel 2019, vede Adam Sandler alle prese con un ruolo drammatico e molto intenso. Un gioielliere, compulsivo nelle scommesse sportive, rischia anche la sua vita per raggiungere i suoi obiettivi a costo di uccidere e di imbrogliare. La parabola, tra droga e dipendenza, è molto intensa e ha confermato la propensione di Sandler verso i personaggi difficili, quelli con cui un attore, anche comico, può confrontarsi e uscirne assolutamente credibile.
Anna Sawai, star di Shogun, e Aimee Lou Wood, rivelazione di The White Lotus (ma che ricordiamo bene anche in Sex Education!), si candidano per i ruoli di Yoko Ono e Pattie Boyd nel prossimo biopic in quattro parti sui Beatles diretto da Sam Mendes.
Ono, artista e cantautrice, è la vedova di John Lennon e una delle sue più grandi influenze creative. Sawai reciterà al fianco di Harrison Dickinson nel ruolo di Lennon, sposato con Ono dal 1969 fino alla sua morte nel 1980. Lennon fu ucciso a colpi di arma da fuoco da un fan squilibrato fuori dal loro condominio nell’Upper West Side, il Dakota Building.
Boyd, modella, incontrò George Harrison (che sarà interpretato da Joseph Quinn) quando aveva 19 anni sul set del film dei Beatles del 1964 “A Hard Day’s Night”, e divenne una star a pieno titolo nella Swinging London degli anni ’60. Si sposarono nel 1966; dopo lo scioglimento dei Beatles nel 1970, il loro matrimonio iniziò a deteriorarsi e alla fine divorziarono nel 1977. Successivamente fu sposata con Eric Clapton dal 1979 al 1989. Il 10 ottobre, ha pubblicato sui social media che la prospettiva di avere Wood come interprete era una “grande novità” e che “non vedeva l’ora (sperando) di incontrare” l’attore “in futuro”.
I contratti per Sawai e Wood non sono ancora stati firmati e non è certo che saranno scelti. Un rappresentante della Sony Pictures non ha rilasciato dichiarazioni.
Sappiamo ormai che gli attori Harris Dickinson, Paul Mescal, Barry Keoghan e Joseph Quinn sono ufficialmente stati scelti per interpretare rispettivamente John Lennon, Paul McCartney, Ringo Starr e George Harrison nei quattro biopic che racconteranno la storia dei Beatles ognuno dal punto di vista di uno dei membri della band. Keoghan, che è stato scelto per interpretare Starr, ha raccontato in precedenza il suo incontro “assolutamente incantevole” con il vero percussionista, che “ha suonato la batteria per me”, ricordandolo come “uno di quei momenti in cui rimani semplicemente a bocca aperta e ti blocchi”.
Con l’uscita dei quattro film attualmente fissata al 2028, è ancora presto per avere maggiori novità su questo ambizioso progetto. La curiosità di scoprire come il regista premio Oscar porterà al cinema la storia dell’iconica band è però già alle stelle.
Prime Video ha pubblicato il primo teaser di Invincible – Stagione 4, la cui uscita è prevista per marzo 2026, in occasione del New York Comic Con. È stato anche annunciato il ruolo di uno dei cattivi più pericolosi della serie a fumetti: Lee Pace darà la voce al malvagio Viltrumite Thragg.
La terza stagione di Invincible è andata in onda con i suoi otto episodi a febbraio 2025 e ha ricevuto un rinnovo anticipato per una quinta stagione a luglio al San Diego Comic Con. È stato anche rivelato che Matthew Rhys darà la voce a un personaggio sconosciuto nella quarta stagione.
Dopo una pausa di quasi tre anni tra le prime due stagioni della serie (più un’impopolare pausa a metà stagione nella seconda), la terza stagione ha segnato un ritorno in grande stile per la serie e ha entusiasmato i fan con la sua azione ultra-violenta e le sue avvincenti trame tratte dai fumetti.
La terza stagione si è conclusa con diversi colpi di scena per Mark Grayson, alias Invincible, interpretato da Steven Yeun. È sopravvissuto alla Guerra degli Invincibili, in cui il cattivo Angstrom Levy (Sterling K. Brown), che saltava da un universo all’altro, ha reclutato un esercito di Invincibili provenienti da dimensioni alternative per combattere sulla Terra. L’Invincibile originale ha salvato la situazione, ma Rex Splode (Jason Mantzoukas) è morto e diversi eroi sono rimasti gravemente feriti. Si scopre anche che Angstrom Levy è sopravvissuto teletrasportandosi in un altro universo.
Proprio mentre il mondo si sta ricostruendo, un Viltrumite squilibrato di nome Conquest (doppiato dall’ex co-protagonista di Yeun in “The Walking Dead” Jeffrey Dean Morgan) arriva sulla Terra per assistere alla conquista del pianeta da parte di Invincibile, non ancora iniziata. I due si affrontano in una feroce battaglia, con la fidanzata di Mark, Atom Eve (Gillian Jacobs), che si ritrova coinvolta nel fuoco incrociato. Proprio quando sembra che Conquest abbia inferto un colpo fatale sia a Eve che a Invincible, i poteri di Eve ricostruiscono il suo corpo e lei neutralizza il malvagio Viltrumite. Con Conquest sconfitto, Invincible rivela che adotterà una posizione più favorevole all’uccisione per sconfiggere i suoi nemici. C’è anche un esercito alieno di Sequid che si sta lentamente formando, Cecil Stedman (Walton Goggins) tiene segretamente incarcerato Conquest, la Bestia da Battaglia assetata di battaglia è viva e il detective demoniaco Damien Darkblood sta evocando un mostro infernale per combattere Invincible.
“Yellowjackets” si concluderà con la sua quarta stagione, secondo quanto riporta Variety. La serie Showtime/Paramount+ Premium, prodotta da Lionsgate TV, ha debuttato originariamente nel 2021, e la terza stagione è andata in onda tra febbraio e aprile 2025. La quarta stagione debutterà nel 2026, con una data di uscita precisa che verrà rivelata in seguito. La sala degli sceneggiatori per la quarta stagione è ora aperta.
“Dopo tre stagioni incredibili e un’attenta valutazione, siamo entusiasti di annunciare che porteremo la storia di Yellowjackets alla sua contorta conclusione in questa quarta e ultima stagione”, hanno dichiarato i creatori della serie e co-showrunner Ashley Lyle e Bart Nickerson. “Abbiamo sempre saputo che sarebbe arrivato un momento in cui la storia ci avrebbe detto che voleva finire, e crediamo che il nostro compito – la nostra responsabilità – sia ascoltare. Raccontare questa storia emozionante, selvaggia e profondamente umana è stata un’esperienza profondamente significativa e un vero onore per noi, e siamo profondamente grati al brillante cast, alla troupe e agli sceneggiatori che hanno coraggiosamente intrapreso questo viaggio con noi per darle vita. Soprattutto, vogliamo ringraziare i fan che ci sono rimasti accanto in ogni momento, mistero e pasto: l’Alveare non è nulla senza di voi! Non vediamo l’ora di condividere il capitolo finale con voi e speriamo che lo troviate… delizioso. Un caro saluto, A & B.”
Secondo una persona a conoscenza della situazione, sono in corso trattative per la prosecuzione del rapporto tra Lyle e Nickerson con Paramount anche dopo la fine della serie.
Yellowjackets è l’ultima serie di Showtime ad annunciare la sua conclusione in seguito alla fusione tra Paramount e Skydance. Più di recente, è stato riferito che “The Chi” sarebbe terminato dopo otto stagioni, mentre Variety ha riferito in esclusiva che la serie prequel “Dexter: Original Sin” era stata cancellata. Pertanto, gli unici due originali Showtime rimasti al momento sono “The Agency”, che sta preparando la sua seconda stagione, e “Dexter: Resurrection”, che ha recentemente annunciato il rinnovo per la seconda stagione.
Megan Fox si è unita al cast di Five Nights at Freddy’s 2 e interpreterà Toy Chica, prestandole la voce. Il film, un sequel horror ambientato nel locale infestato in stile Chuck E. Cheese noto come Freddy Fazbear’s Pizza, arriverà nelle sale il 5 dicembre.
Tra i nuovi membri del cast annunciati per il film Universal e Blumhouse figurano MatPat come voce di Toy Bonnie e Kellen Goff come Toy Freddy.
Per Five Nights at Freddy’s 2, Emma Tammi torna alla regia. Josh Hutcherson, protagonista del primo film, torna anche per il sequel, che include membri del cast come Matthew Lillard, Elizabeth Lail e Piper Rubio.
Hutcherson ha recitato nell’originale come guardia di sicurezza notturna al Freddys Fazbear’s Pizza, dove le mascotte animatroniche sono inclini a commettere omicidi. Lo studio non ha chiarito quali mostri meccanici torneranno nel sequel, ma ha condiviso il nuovo slogan: “Chiunque può sopravvivere a cinque notti. Questa volta, non ci saranno seconde possibilità”.
La notizia del casting è stata annunciata durante il panel di Jason Blum al BlumFest al New York Comic-Con, che ha celebrato diversi titoli in arrivo della Blumhouse, tra cui “Black Phone 2”, il videogioco “Sleep Awake” e “Five Nights at Freddy’s 2”.
Megan Fox ha recentemente recitato al fianco di Michele Morrone nel thriller di Millennium Media “Subservience” ed è apparso nella serie comica di Amazon “Overcompensating“. Altri suoi recenti crediti degni di nota includono la commedia dark “Till Death”, “Night Teeth”, “Big Gold Brick” e “The Expendables 4”.
Jean-Claude Van Damme torna su un terreno familiare con Darkness of Man (2024), un thriller di vendetta ambientato sullo sfondo crudo dei cartelli della droga e di una giovane fuggitiva. In questo film, Van Damme interpreta Russell, un agente speciale segnato dal tempo e oppresso da una promessa inquietante fatta a un informatore morente: proteggere suo figlio a tutti i costi. Diretto da James Cullen Bressack, il film si affida naturalmente alla nostalgia per il periodo d’oro di Van Damme come eroe d’azione, con titoli come Lionheart – Scommessa vincente o Hong Kong colpo su colpo.
La trama di Darkness of Man
La scena iniziale di Darkness of Man ci catapulta nel cuore dell’azione. Troviamo Russell disteso sul pavimento, tormentato dal dolore per una ferita da arma da fuoco. Il film torna poi indietro di due anni, rivelando un netto contrasto. Vediamo Russell, apparentemente pulito, che aspetta pazientemente una donna di nome Esther in un bar. Rifiuta educatamente un’offerta di alcolici, alludendo a una lotta passata. Esther arriva, portando informazioni che potrebbero smantellare un’operazione della mafia locale. Tuttavia, questo atto di coraggio ha un prezzo mortale. Esther viene messa a tacere proprio dalla mafia che intendono smascherare, e Russell rimane gravemente ferito, con il peso della sua missione che ora è un fardello pesante.
Durante il loro ultimo incontro, Esther chiede a Russell di prometterle che, se le dovesse succedere qualcosa, lui si assicurerà che suo figlio Jayden sia sempre accudito. Due anni dopo, Russell riceve una telefonata dal nonno di Jayden, il signor Kim, che gli dice che Jayden non è tornato a casa. Russell chiama Jayden e va a prenderlo. Frustrato, Jayden affronta Russell, chiedendogli di smettere di controllare ogni aspetto della sua vita. Vede Russell solo come un autista, ignaro del legame più profondo che li unisce. Russell, tuttavia, nasconde un segreto pesante: il suo amore passato per la madre di Jayden.
Russell consegna una scatola di donazioni alla chiesa, dando una mano al signor Kim nel suo lavoro. Ma sotto la superficie ribolle la tensione, poiché Russell percepisce una frattura tra il signor Kim e suo figlio, Dae Hyun, lo zio di Jayden. Dae, d’altra parte, non ama Russell perché pensa che sia responsabile della morte di sua sorella Esther. Quando gli viene chiesto del loro rapporto (il signor Kim e Dae), Jayden dice a Russell che non sa molto delle questioni familiari. Tuttavia, più tardi, vediamo Jayden incontrare Dae in segreto e persino uscire con la sua banda, che fa uso di droghe continuamente.
Un giorno, il negozio del signor Kim viene attaccato da due membri di una gang russa locale. Fortunatamente, Russell è lì per intervenire. Russell ferisce un uomo e insegue l’altro, affrontando poi la banda di Dae. Subito dopo la rissa, Russell si siede a tavola con Dae e i suoi ragazzi, che hanno preso una bella batosta da Russell. Dae racconta a Russell di Lazar, che controlla la mafia russa e sta cercando di prendere il controllo di tutti i negozi del quartiere. Lazar ha già minacciato il signor Kim un paio di volte di vendergli il suo negozio. Tuttavia, Dae e i suoi uomini stanno cercando di tenerlo fuori dai loro affari.
Sapendo tutto questo, Russell decide di aiutare Dae a porre fine alla situazione con Lazar una volta per tutte. La preoccupazione di Russell per la sicurezza di Jayden si intensifica. Avendo scoperto il legame di Jayden con la banda di Dae Hyun, Russell teme che l’escalation del conflitto tra Lazar e Dae Hyun possa mettere Jayden nel mirino. Il rischio di gravi lesioni, o addirittura di morte, spinge Russell ad agire in modo protettivo. Quindi, per tenere Jayden al sicuro da tutto questo, Russell decide di prendere in mano la situazione e mantenere la pace nel quartiere causando lui stesso un po’ di caos.
Una notte, quando Russell torna a casa, scopre che tutte le sue cose sono sparse ovunque. Attraverso la sua telecamera di sicurezza, scopre che è stato Jayden a farlo. Porta il suo vicino Chris a incontrare il suo fornitore perché Russell sa che alla fine incontrerà gli uomini di Dae, dato che sono loro a fornire la droga in questa zona. Immagina solo che Jayden potrebbe essere con loro. Quando lo trova con loro, li affronta e riporta Jayden a casa sua. Più tardi Russell si rende conto che Jayden non aveva idea di chi fosse la persona a cui era stato mandato.
Poco dopo, Jayden lascia il posto correndo, molto deluso da se stesso. Pochi istanti dopo, un paio di membri della banda russa entrano nella casa di Russell, ferendolo gravemente. La veterinaria di Russell, Claire, lo porta in ospedale. Il giorno seguente, Russell si scaglia contro la mafia russa, cercando di scoprire dove si trova Jayden. Quando Russell finalmente affronta Lazar, si rende conto di aver fatto parte del piano fin dall’inizio, poiché lavorava solo per il signor Kim e Dae.
Lazar gli spiega che non avevano alcun motivo di rapire Jayden, poiché non avevano alcun problema con Dae e il signor Kim. Sono loro che non vogliono condividere il mercato e vogliono che i russi vengano eliminati. Questo è il motivo per cui c’è una disputa tra loro. Ora, grazie a Russell, Dae e Mr. Kim, non hanno più concorrenza sul mercato. Le cassette delle offerte che Russell consegnava alla chiesa sono piene di Flakka, un tipo di droga prodotta da Mr. Kim e dalla sua banda.
La spiegazione del finale del film: Russell riesce a trovare Jayden?
Dopo aver ucciso Lazar, Russell rimane sotto osservazione per un paio di giorni e viene accudito da Claire e Chris. Quando finalmente riprende conoscenza, va direttamente ad affrontare Dae e lì trova Jayden. Dae dà a Jayden una pistola, dicendogli che Russell è responsabile della morte di sua madre e che dovrebbe sparargli. Tuttavia, Russell dice a Jayden che tutto questo è successo a causa di Dae, poiché è stato lui a uccidere il padre di Jayden. Solo dopo questo episodio, Esther va da Russell per chiedergli aiuto e distruggere questa banda per salvare Jayden.
A questo punto, Jayden ha già capito che Russell non farebbe mai nulla che potesse fargli del male, quindi alla fine spara a Dae e inizia una sparatoria. Russell spara a tutti gli uomini di Dae. Purtroppo, durante la sparatoria, viene colpito anche lui. Con voce roca, Russell ordina a Jayden di trovare Claire se lui non dovesse riprendere conoscenza. Rivela di aver concordato con Claire che lei si sarebbe presa cura di Jayden nel caso gli fosse successo qualcosa. Russell chiude gli occhi mentre Claire prende il controllo della situazione, forse.
Cosa fa Russell al signor Kim?
Alla fine del film, Russell fa visita al signor Kim e gli dice che la sua presenza non è più necessaria. Dopo la morte di suo figlio, il signor Kim si prenderà cura di Jayden e non avrà più bisogno della protezione di Russell. Mentre se ne va, Russell affronta il signor Kim. Sospetta che le scatole delle donazioni contenessero Flakka, una droga pericolosa. Il signor Kim, incoraggiato dall’apparente partenza di Russell e dal loro controllo sul mercato, conferma i suoi sospetti. Poco dopo, vediamo Russell consegnare questa confessione a uno dei suoi colleghi, che farà in modo che il signor Kim finisca in prigione.
Poiché non c’è più nessun tutore che si prenda cura di Jayden, il ragazzo segue Russell mentre lasciano la città. Nella scena a metà dei titoli di coda, vediamo Jayden che si diverte con Russell. Le risate riempiono l’aria mentre Jayden, Russell e Claire condividono un momento di calore, un senso di famiglia che sboccia nonostante le difficoltà. Russell è riuscito a mantenere la promessa che aveva fatto alla sua amata Esther. Ha tenuto Jayden al sicuro e, non solo, gli ha dato una nuova famiglia, che è ciò che Jayden ha sempre meritato.
Scopri anche il finale di altri film simili a Darkness of Man con Jean-Claude Van Damme
Shooter del 2007 è tratto dal romanzo Point of Impact di Stephen Hunter, noto per la sua precisione nella rappresentazione del mondo dei tiratori scelti e della caccia. Il film riprende la struttura del thrillerd’azione con un protagonista solitario, concentrandosi sulla preparazione meticolosa degli attacchi e sul gioco di inganni e tradimenti che caratterizza la narrativa di Hunter. La trasposizione cinematografica mantiene intatta l’intensità del materiale originale, aggiungendo sequenze d’azione spettacolari e un’attenzione particolare alla caratterizzazione del protagonista, offrendo agli spettatori un’esperienza adrenalinica ma credibile.
Per il regista Antoine Fuqua, Shooter si colloca in un filone della sua filmografia dedicato a thriller d’azione con protagonisti forti e tormentati, simile a Training Day e King Arthur. Il regista si conferma abile nel mescolare tensione narrativa e sequenze d’azione calibrate, dando grande risalto alla costruzione dei personaggi. Mark Wahlberg, già noto per ruoli in action e drammatici, interpreta il tiratore scelto Bob Lee Swagger, riuscendo a coniugare il fisico atletico necessario alle scene d’azione con la complessità emotiva del personaggio. Il film segna quindi un momento significativo sia per il regista sia per l’attore, rafforzando le loro credenziali nel genere action-thriller.
Il film si inserisce dunque nel genere action-thriller con forte componente investigativa e suspense militare. I temi principali riguardano la giustizia, il tradimento e la vendetta, esplorando le tensioni tra l’individuo e le istituzioni governative, oltre al prezzo personale della lealtà e dell’onore. Attraverso la vicenda di Swagger, il film indaga anche la psicologia del tiratore scelto e il rapporto tra abilità tecnica e morale. Nel resto dell’articolo si proporrà una spiegazione dettagliata del finale, chiarendo come le scelte del protagonista risolvano la vicenda e portino a compimento i temi cardine della storia.
La trama del film Shooter
Protagonista del film è Bob Lee Swagger, un sergente dei Marines specializzato come cecchino da campo. La sua carriera militare finisce quando, durante una missione in Etiopia, perde il suo compagno, il caporale Donnie Fenn. L’uomo decide a quel punto di ritirarsi sulle alture del Wyoming e dar luogo ad una vita più tranquilla. Il suo isolamento però dura poco, poiché ben presto viene contattato dal colonnello Isaac Johnson della CIA. Questi vuole assumerlo per proteggere il presidente degli Stati Uniti durante l’incontro con l’arcivescovo etiope. Quello che gli viene chiesto, in pratica, è di pianificare un ipotetico attentato per prevenire le mosse di un eventuale cecchino.
L’ex marine accetta, inconsapevole che in realtà quello che intendono fare è incastrarlo, accusandolo di aver progettato l’omicidio in cui resterà ucciso l’uomo di chiesa, il vero e unico bersaglio fin dall’inizio. Durante l’operazione Swagger viene così ferito, riuscendo però lo stesso a fuggire, trovando rifugio nell’appartamento di Sarah Fenn, la compagna del suo amico scomparso Donnie. È qui che, dopo essersi ripreso dalle ferite, progetterà la sua vendetta contro coloro che hanno complottato nei suoi confronti. Il soldato dovrà prima riuscire a dimostrare la propria innocenza, smascherando i reali colpevoli e riabilitando così il proprio nome.
La spiegazione del finale del film
Nel terzo atto di Shooter, Bob Lee Swagger prende pieno controllo della situazione, mettendo in atto il suo piano per smascherare e fermare i responsabili del complotto contro il Presidente. Dopo aver raccolto tutte le informazioni necessarie e aver identificato i mandanti, Swagger affronta direttamente il tiratore serbo Mikhaylo Sczerbiak e il manipolatore della vicenda, il colonnello Isaac Johnson, scoprendo il coinvolgimento del senatore Meachum e delle compagnie petrolifere. L’azione culmina in un assalto alla proprietà di Sczerbiak, dove Swagger libera Sarah, affronta le guardie nemiche e ottiene le prove cruciali dell’inganno, mentre Sczerbiak si suicida, incapace di sopportare la verità e il tradimento subito.
La vicenda si risolve con Swagger e l’agente Nick Memphis che, insieme, organizzano l’incontro finale sulla montagna innevata, dove il complotto viene definitivamente smascherato. Swagger neutralizza i cecchini nemici, disarma Payne e permette a Sarah di eliminare quest’ultimo. Meachum e Johnson vengono rivelati come i veri artefici, ma poiché i loro crimini rientrano in giurisdizioni extraterritoriali, la giustizia legale non può colpirli direttamente. Swagger distrugge la registrazione compromettente, pur assicurandosi che il dipartimento di giustizia sia informato, mantenendo al tempo stesso la sua libertà e quella di Sarah.
Il finale porta a compimento i temi principali del film, incentrati sulla giustizia, la vendetta e la morale personale. Swagger incarna il giustiziere che agisce al di fuori delle regole per smascherare la corruzione e proteggere gli innocenti, sottolineando il conflitto tra legittimità istituzionale e responsabilità individuale. La sua astuzia e le competenze da tiratore scelto gli permettono di ribaltare la situazione, dimostrando come conoscenza, preparazione e determinazione possano superare il potere dei potenti e dei corrotti, portando a compimento la ricerca di verità e giustizia.
Inoltre, il finale mette in luce la riflessione etica del film: la giustizia legale non sempre coincide con la giustizia morale. Swagger sceglie di prendere decisioni estreme per proteggere Sarah e fermare i colpevoli, pur sapendo che la legge non interverrà. La scena dell’esplosione finale rappresenta la chiusura simbolica della corruzione, un atto catartico che libera il protagonista dal peso della menzogna e della manipolazione. Il film evidenzia così la necessità di bilanciare abilità, etica personale e pragmatismo quando le istituzioni falliscono.
Il messaggio che Shooter lascia agli spettatori è quindi quello della resilienza, della giustizia individuale e della responsabilità personale. Il film mostra come la conoscenza e la preparazione possano ribaltare situazioni apparentemente impossibili, e come la determinazione morale permetta di proteggere gli innocenti anche in contesti dove le regole ufficiali non bastano. Swagger diventa un simbolo di eroismo consapevole, un uomo che affronta la corruzione con azioni concrete e calcolate, ricordando al pubblico che il coraggio e la giustizia personale sono strumenti fondamentali in un mondo complesso e spesso ingiusto.
Il finale di Into Darkness – Star Trek è stato uno spettacolo ricco di azione ma sconcertante, simile a una versione distorta di Star Trek II: L’ira di Khan, in cui i ruoli del capitano Kirk (Chris Pine) e Spock (Zachary Quinto) erano stranamente invertiti. Dopo aver ucciso l’ammiraglio Alexander Marcus (Peter Weller), Khan (Benedict Cumberbatch) ha preso il controllo della USS Vengeance e ha minacciato di distruggere la USS Enterprise se Spock non gli avesse consegnato i 72 siluri fotonici contenenti i suoi seguaci geneticamente modificati.
Spock ingannò Khan inviandogli i siluri senza le persone criogenicamente congelate al loro interno e fece esplodere le armi per danneggiare la Vengeance. Una volta che Kirk, Scotty (Simon Pegg) e la dottoressa Carol Marcus (Alice Eve) si teletrasportarono sull’Enterprise, l’astronave perse potenza e iniziò a precipitare sulla Terra. Kirk entrò nel nucleo di curvatura e lo allineò, ricevendo una dose letale di radiazioni. Mentre Spock assisteva alla morte di Kirk, Khan fece schiantare la USS Vengeance su San Francisco e cercò di fuggire.
Spock si teletrasportò per uccidere Khan, ma durante l’inseguimento il dottor Leonard “Bones” McCoy (Karl Urban) si rese conto che il “super sangue” di Khan poteva riportare in vita Kirk, che aveva messo in una criocamera. Uhura (Zoe Saldana) si teletrasportò per aiutare Spock a catturare Khan, e McCoy riuscì a sintetizzare un siero dal sangue di Khan per salvare la vita di Kirk. Un anno dopo, la USS Enterprise è stata rilanciata in una missione quinquennale con il capitano Kirk al comando. Alla fine di Into Darkness – Star Trek, Kirk ha imparato che la vendetta non è ciò che contraddistingue la Flotta Stellare e la sua esperienza contro Khan, che è stato rimesso in criogenesi, lo ha fatto maturare come capitano dell’Enterprise.
Khan era il cattivo principale di Into Darkness – Star Trek, anche se per gran parte del film si ribellava al fatto di essere vittima del corrotto ammiraglio Marcus. L’obiettivo principale di Khan era uccidere Marcus, distruggere la Flotta Stellare e riunirsi con i suoi 72 seguaci, ma la trama del film ha reso i suoi metodi confusi. Nel primo atto del film, Khan, con la sua identità fittizia di comandante John Harrison, ha orchestrato l’attentato dinamitardo all’Archivio storico Kelvin di Londra. Ma l’archivio era una copertura per la Sezione 31, l’agenzia segreta della Flotta Stellare, che stava usando Khan per sviluppare armi per la Flotta Stellare sotto gli ordini di Marcus.
Khan ha bombardato la Sezione 31 perché sapeva che il protocollo della Flotta Stellare imponeva a Marcus e allo staff senior di riunirsi nella sala conferenze Daystrom presso il quartier generale della Flotta Stellare. A bordo di una nave da salto rubata, Khan ha attaccato i vertici della Flotta Stellare, ma non è riuscito a uccidere Marcus. Invece, il mentore di Kirk, il capitano Christopher Pike (Bruce Greenwood), è morto nell’attacco. Khan ha quindi utilizzato la tecnologia transwarp di Scotty per teletrasportarsi su Kronos, il pianeta natale dei Klingon.
Kirk si è offerto volontario per portare l’Enterprise nello spazio klingon e uccidere Khan, ma quando il suo equipaggio ha contestato l’immoralità di questa missione, Kirk ha cambiato idea e ha deciso di arrestare Khan per sottoporlo a un processo. Khan, a sua volta, salvò la squadra di Kirk dai Klingon e si arrese a Kirk, avendo intuito che il capitano non sapeva di essere stato incastrato dall’ammiraglio Marcus e che la Sezione 31 aveva sabotato il nucleo di curvatura dell’Enterprise. Fingersi prigioniero era il modo più veloce per Khan di arrivare a Marcus. Khan sapeva che Marcus sarebbe venuto di persona quando avesse saputo che Kirk aveva disobbedito agli ordini.
Quando Marcus arrivò a bordo della USS Vengeance per distruggere l’Enterprise, Khan accettò di collaborare con Kirk per infiltrarsi nella nave stellare di Marcus. Ma Kirk tradì Khan per primo e fece stordire Khan da Scotty. Quando Khan si risvegliò rapidamente, attaccò e uccise Marcus. A quel punto, l’obiettivo di Khan era quello di riprendere i suoi seguaci dall’Enterprise e usare la Vengeance per distruggere la Flotta Stellare. Ma dopo che Spock lo ingannò e danneggiò la Vengeance, Khan si accontentò di schiantare l’astronave di Marcus contro il quartier generale della Flotta Stellare prima di fuggire. Se Khan avesse avuto successo, lui e i suoi seguaci avrebbero usato la Vengeance per distruggere sistematicamente la Flotta Stellare, ma invece il tiranno geneticamente modificato fu riportato in animazione sospesa.
Il piano malvagio dell’ammiraglio Marcus
L’ammiraglio Alexander Marcus era l’altro cattivo di Star Trek Into Darkness e, in un certo senso, era peggiore di Khan. La storia di Marcus è che dopo che Nero (Eric Bana) distrusse Vulcano in Star Trek del 2009, l’ammiraglio temeva che la Flotta Stellare non fosse preparata per una futura guerra con i Klingon. Marcus ha utilizzato la Sezione 31 per cercare modi per “militarizzare” la Flotta Stellare e hanno scoperto la nave che conteneva Khan e i suoi seguaci nello spazio. Quando Marcus si rese conto che Khan era il signore della guerra geneticamente modificato di 300 anni prima, lo riportò in vita e lo costrinse a sviluppare armi e tattiche per realizzare la sua visione di una Flotta Stellare militarizzata.
Come incentivo, Marcus tenne prigionieri i seguaci di Khan e minacciò di ucciderli se non avesse collaborato. Nei panni del “Comandante John Harrison”, Khan contribuì allo sviluppo della USS Vengeance e degli speciali siluri fotonici che finirono per ospitare i seguaci di Khan in animazione sospesa. Ma quando Khan decise di vendicarsi di Marcus, distrusse la struttura della Sezione 31 e gli agenti nell’Archivio Kelvin e attaccò il quartier generale della Flotta Stellare, Marcus vide il desiderio di vendetta di Kirk come un’opportunità per sbarazzarsi di Khan.
Tuttavia, Marcus non aveva mai avuto intenzione di far tornare Kirk e l’Enterprise dalla missione su Kronos, e l’ammiraglio voleva iniziare una guerra con i Klingon, ma alle condizioni della Flotta Stellare. Marcus fece sabotare dalla Sezione 31 il nucleo di curvatura dell’Enterprise in modo che la nave rimanesse bloccata nello spazio klingon dopo che Kirk avesse compiuto la sua missione originale di lanciare 72 siluri fotonici su Kronos dal confine della Zona Neutrale. Quando Marcus scoprì che Kirk aveva disobbedito agli ordini e aveva catturato Khan, guidò personalmente la Vengeance per distruggere Kirk, Khan e l’Enterprise.
L’ammiraglio non aveva mai avuto alcuna intenzione di lasciare Kirk in vita, e nemmeno le suppliche di sua figlia Carol Marcus riuscirono a dissuaderlo. Se Marcus avesse potuto fare a modo suo, avrebbe annientato l’Enterprise e tutti quelli a bordo, compresi Khan e i suoi seguaci, rimediando all’“errore” che aveva commesso risvegliandoli dal sonno criogenico. Marcus avrebbe così ottenuto la guerra con i Klingon che desiderava e l’ammiraglio era convinto che la Flotta Stellare avrebbe sconfitto i nemici grazie alla Vengeance e alla tecnologia della Sezione 31.
Cosa è andato storto in Into Darkness – Star Trek
Into Darkness – Star Trek presenta interpretazioni straordinarie da parte del cast e scene d’azione emozionanti. I difetti del film derivano dai suoi numerosi passi falsi creativi e da un errore fatale nel modo in cui è stato commercializzato questo sequel di Star Trek. J.J. Abrams e i suoi sceneggiatori, Damon Lindelof, Alex Kurtzman e Roberto Orci, hanno deciso che, nonostante avessero carta bianca per fare ciò che volevano nella linea temporale alternativa di Kelvin, avrebbero reso Khan Noonien Singh il cattivo principale del film. L’inclusione di Khan ha quindi reso necessario riproporre diversi aspetti di Star Trek II: L’ira di Khan.
Ma la novità di questa scelta è stata persa dalla maggior parte dei fan di Star Trek, che hanno visto l’uso di Khan nel sequel come una decisione creativamente fallimentare. Inoltre, non ha aiutato il fatto che Khan, un personaggio di colore originariamente interpretato dall’iconico Ricardo Montalbán, sia stato “imbiancato” dalla scelta di Benedict Cumberbatch per il ruolo. A difesa di Into Darkness – Star Trek, uccidere Kirk e mettere Spock contro Khan aveva il vantaggio che il vulcaniano era fisicamente all’altezza del superuomo geneticamente modificato, cosa che Kirk semplicemente non era.
Ma alla fine del film, lo Spock affranto che si scaglia come un pazzo violento contro Khan era troppo lontano dal vulcaniano freddo e logico che Spock dovrebbe essere. Molte altre scelte creative sconcertanti, come Kirk così immaturo da infrangere senza scrupoli la Prima Direttiva e così assetato di vendetta da impegnare l’Enterprise in una caccia all’uomo immorale, la controversia scatenata da una scena inutile in cui Carol Marcus si spoglia in mutande davanti a Kirk senza motivo, Spock interpretato da Leonard Nimoy che dice a Spock interpretato da Zachary Quinto come sconfiggere Khan, e la morte di Kirk che viene immediatamente annullata grazie al “sangue magico” di Khan hanno affossato il film agli occhi del pubblico, nonostante i punti di forza del film.
Un viaggio intenso e personale nei mesi che tra il 1981 e il 1982 portarono il Boss a comporre il suo disco più intimo, Nebraska. E’ questo il centro emotivo di Springsteen: Liberami dal Nulla, nuovo film di Scott Cooper che si avvale della performance di Jeremy Allen White e della benedizione di Bruce Springsteen in persona per portare sul grande schermo quel momento nella vita dell’icona del New Jersey in cui tutto sembrava cadere a pezzi e lui trovò nella tranquillità di Long Branch, luogo della sua infanzia, l’ispirazione per un disco che ha fatto storia, trai più importanti degli ultimi 50 anni.
Un disco che parla della solitudine e dello smarrimento del Boss, che per tutta la vita ha combattuto con lo spettro della depressione, tratto determinato e ereditato dalla famiglia e dal rapporto conflittuale con il padre. Un disco (e una condizione) che ancora oggi parla al presente:
“Il disco che Bruce ha scritto nel 1982 potrebbe averlo scritto oggi, parla di malessere, di una mancanza spirituale, di una ambiguità morale. Bruce Springsteen è politico ma non dal punto di vista partitico, da quello umano. Parla delle persone che vivono ai margini della società, di quelli che non hanno nulla, che vivono una vita di quieta disperazione. Persone che lottano per raggiungere il sogno americano, ma non ci riescono. E queste cose erano valide nel 1982, così come oggi. Credo che questo sia il motivo per cui l’album è così pertinente per il periodo che stiamo vivendo oggi in America.” Ha dichiarato il regista, alla presenza della stampa romana.
“Credo che questo disco sia il risultato dell’isolamento – aggiunge Jeremy Allen White – Ma quando lo ascolto mi sento capito, c’è molta empatia in questo disco. C’è molta rabbia e confusione, ma sento anche molta speranza.”
Foto di Chiara Guida
Springsteen: Liberami dal Nulla è un biopic insolitamente “autorizzato”. Mai prima di ora il Boss aveva dato il suo appoggio completo a un film che intendesse raccontare la sua vita o parte di essa. In merito a questo supporto, Cooper commenta: “È incredibilmente gratificante. Dal 1986 gli viene chiesto di farsi raccontare in un film, lui è molto geloso della sua storia, non la concede facilmente ad altri. Jon Landau (interpretato da Jeremy Strong) mi ha detto che questa è la prima volta in 50 anni che Bruce ha lasciato il comando a qualcun altro. Questo mi ha messo molta pressione, anche perché questo album, per me, ha un valore affettivo molto importante: mio padre, a cui è dedicato il film, mi ha fatto conoscere Springsteen proprio attraverso Nebraska e lo ascoltavo ogni volta che avevo bisogno di ispirazione. Poi incontrando di persona Jon e Bruce, ho scoperto che sono entrambi cinefili, Bruce guarda tantissimi film, Jon Landau è un ex critico cinematografico. Nel nostro primo incontro abbiamo parlato di film, di cinema e di vita, e solo dopo abbiamo messo sul tavolo il progetto di questo film, ed è stato un rapidissimo “sì”. Sono molto grato.”
Non solo Cooper ha avuto l’ok del Boss, ma anche Allen White è stato benedetto dal cantante, che ha accettato la proposta e ha chiesto espressamente all’attore di accettar ela parte. “È incredibile, all’inizio l’ho immaginato come un compito molto pesante. Io sono intervenuto nel progetto molto dopo, quando la storia e la sceneggiatura erano già stati concordati da Jon, Bruce e Scott. Credo che abbia molto senso che Bruce abbia scelto di raccontarsi in questo periodo della sua vita, perché era a un crocevia. Credo che le scelte che ha fatto in quel momento gli abbiano condizionato la vita. E poi il fatto che mi abbiano voluto, che lui e Scott siano venuti da me per coinvolgermi… mi sono sentito molto fortunato. Sono molto felice del suo supporto al film.”
Bruce Springsteen ha lavorato in solitudine per Nebraska, in condizioni insolite, decisamente contrarie alle regole discografiche del tempo. Sarebbe possibile, oggi?
Scott Cooper:“Il processo creativo all’epoca era diverso, bisognava andare in studio e li si componeva e si registrava. Lavorare da solo a casa è stato non convenzionale. Oggi le cose sono differenti. Non è raro trovare musicisti che registrano in autonomia i loro brani e poi in studio perfezionano e ripuliscono. Lui non voleva passare attraverso questo processo di rifinitura, aveva catturato dei suoi unici, particolari. Era ossessionato dalla ricerca di quel tipo di suoni che aveva creato nella sua camera da letto.”
“All’epoca, il comportamento di Bruce era radicale, pertanto il suono, l’intimità di questo disco è diventata unica – ha dichiarato Jeremy Allen White – Non so se oggi fare un disco così sia tanto radicale, ma questo è il disco più punk realizzato da Bruce, non in termini di suono, ma di spirito. E credo che questo distingua questo album da tutti gli altri suoi lavori.”
Foto di Chiara Guida
Oltre alla musica di Springsteen, il film si arricchisce di una colonna sonora originale molto particolare, realizzata inseguendo l’imperfezione, per così dire, grazie al lavoro di Jeremiah Fraites di The Lumineers, che ha lavorato con Cooper alla ricerca di un suono che potesse emulare la musica che accompagna Badlands, il film di Terrence Malick, film che ha ispirato direttamente la composizione di Nebraska. Come ha spiegato Cooper: “Essendo cresciuto in New Jersey, Jeremiah Fraites è fan di Springsteen sin da piccolo. Mentre scrivevo la sceneggiatura, nella narrazione sentivo che la musica doveva venire fuori da Badlands di Terrence Malick e sono stato fortunato perché Malick mi ha dato il permesso di usare alcune scene del suo film. E così io e Jeremiah abbiamo lavorato sulla base della colonna sonora di quel film, usando solo un pianoforte di legno scordato. Il suono che sentivo era imperfetto, molto simile alla ricerca di Bruce nel realizzare Nebraska. La colonna sonora del film è quindi stata molto scarna, e Bruce mi ha detto che anche se non c’è nessun piano nel suo disco, lui ascoltava il pianoforte che veniva dalla colonna sonora del film di Malick.”
L'attore Jeremy Allen White a Roma per l'anteprima italiana di
Ma com’è stato diventare fisicamente e vocalmente il Boss? Jeremy Allen White racconta così il suo primo incontro con Bruce Springsteen: “Quando ho conosciuto Bruce, era già d’accordo con l’idea del film. Io l’ho incontrato nel suo elemento, mentre si esibiva davanti a 90mila persone e per me essere presente è stato un dono, ma mi ha anche intimidito perché sapevo che di lì a pochi mesi avrei dovuto catturare alcune delle cose che lui era in grado di trasmettere. Conoscerlo e parlargli mi ha dato la possibilità di vedere la sua performance sul palco, da vicino, e vedere tutta la passione e la violenza che mette nelle sue interpretazioni. Ma quando gli parli vedi che c’è anche tanta delicatezza nella sua presenza. Per me ha avuto molto coraggio a metterci alla guida del racconto della sua vita, permettendoci anche di parlare con persone a cui lui è stato molto vicino. Lo abbiamo scoperto come cantante e artista ma anche come persona.”
Ma come mai Bruce Springsteen che da quasi 40 anni rifiuta di farsi raccontare dal cinema di finzione ha detto sì al progetto di Scott Cooper? “Bruce non avrebbe mai accettato di raccontare un film che parlava di lui che compone Born in the USA o Born to Run – ha spiegato il regista – Nebraska è il suo lavoro più personale e lui lo considera il migliore. Per lui è il capitolo più doloroso della sua vita e il pubblico ha capito questo dolore di Bruce nel 1982, quando è uscito il disco. Per questo ha detto di sì a questo film con questo taglio.”
Lady Gagaha messo a segno un altro colpo da maestra! La vincitrice di Oscar e Grammy apparirà nel prossimo Il Diavolo Veste Prada 2, inserendo un’apparizione nel fashion film durante il suo Mayhem Ball Tour.
Dopo aver concluso quattro serate sold-out all’O2 Arena di Londra, Gaga è stata avvistata dai fan a Milano, dove si sta girando il sequel della commedia di successo del 2006 con Meryl Streep, Anne Hathaway, Emily Blunt e Stanley Tucci. Il Diavolo Veste Prada 2 segna la prima apparizione sul grande schermo della poliedrica superstar dai tempi di Joker: Folie à Deux. All’inizio di quest’anno, Gaga è apparsa in un cameo in Mercoledì – Stagione 2di Netflix. La sosta produttiva arriva prima del concerto di Gaga all’Avicii Arena di Stoccolma, previsto per domenica sera.
Cosa sappiamo su Il diavolo veste prada 2?
Il film originale del 2006, un cult classico per la sua satira tagliente sul mondo spietato della moda, si concludeva con Andy che lasciava Runway per un lavoro in un giornale di New York. Ora, i fan potranno finalmente vedere cosa stanno facendo Miranda e Andy in un panorama mediatico profondamente cambiato. Nel sequel, Miranda, interpretata dalla Streep, si ritrova coinvolta in una competizione ad alto rischio per ottenere importanti introiti pubblicitari, trovandosi sorprendentemente a dover affrontare la sua ex assistente dalla lingua tagliente Emily Charlton (Emily Blunt), che ora è una potente dirigente nel settore della moda.
David Frankel, che ha diretto il primo film, è tornato alla regia di Il diavolo veste Prada 2, lavorando su una sceneggiatura di Aline Brosh McKenna, che ha scritto anche l’originale. Le produttrici Wendy Finerman e Karen Rosenfelt sono a bordo, con la 20th Century Studios che ha in programma di distribuire il film il 1° maggio 2026. Oltre a Meryl Streep, Anne Hathaway e Emily Blunt, nel cast si ritrovano anche Stanley Tucci, che riprende il ruolo del sempre solidale Nigel Kipling, insieme a Simone Ashley, Pauline Chalamet e Helen J. Shen. Tracie Thoms e Tibor Feldman tornano sul set, mentre diversi volti nuovi si uniscono al cast, tra cui Kenneth Branagh, che interpreterà il marito di Miranda, insieme a Lucy Liu, Justin Theroux, B.J. Novak, Pauline Chalamet, Rachel Bloom e Patrick Brammall.
Il regista di Tyler Rake 3, Sam Hargrave, fornisce un nuovo aggiornamento sul sequel con Chris Hemsworth, rivelando finalmente quando dovrebbero iniziare le riprese del film. Dopo aver debuttato nel ruolo di Tyler Rake nel film del 2020, la star di Thor ha ripreso il suo ruolo anche per il sequel di Netflix del 2023. Poi, il terzo film è stato successivamente confermato, ma è stato difficile ottenere una tempistica precisa per la sua realizzazione.
Ora, Hargrave ha dichiarato a Collider che il piano è quello di iniziare le riprese di Tyler Rake 3 nel corso del prossimo anno. Tuttavia, non è chiaro esattamente quando nel 2026, poiché il regista afferma che il coinvolgimento di Hemsworth nell’MCU e nel prossimo film degli Avengers complica la programmazione. “Il piano è di iniziare nel 2026. […] Inizieremo le riprese nel 2026 e vedremo come andrà”.
“Molto dipende dal suo programma con Avengers, che ha molte variabili, ma il piano è di girare nel 2026 e presumo che l’uscita sarà nel 2027. Ma, ovviamente, non posso né confermare né smentire ufficialmente queste date!“, ha concluso Hargrave. Se le riprese dovessero iniziare il prossimo anno, l’uscita nel 2027 è probabile, ma il momento specifico in cui il film potrebbe arrivare nel 2027 dipende da quando inizieranno le riprese nel 2026.
Se le riprese non inizieranno prima della fine del 2026, ad esempio, il film probabilmente non arriverà prima della fine del 2027. In primavera, come noto, è stato confermato che Hemsworth riprenderà il ruolo di Thor nel cast di Avengers: Doomsday. Questo ritorno nei panni del supereroe segna la sua ultima apparizione nell’MCU dopo Thor: Love and Thunder nel 2022.
Le riprese di Doomsday sono terminate il mese scorso, ma il modello di produzione Marvel prevede solitamente molte riprese aggiuntive, quindi è possibile che Hemsworth torni sul set all’inizio del prossimo anno per girare altro materiale nei panni di Thor. Le “parti in movimento” a cui si riferisce Hargrave includono probabilmente il tempo necessario per le riprese aggiuntive, così come la promozione obbligatoria del film da parte di Hemsworth prima della sua uscita il 18 dicembre.
L’aggiornamento di Hargrave, in ogni caso, segue un commento dell’attrice Golshifteh Farahani, che nei film interpreta Nik, che sembra aver accennato al fatto che il terzo film potrebbe puntare a un inizio delle riprese nell’aprile 2026. L’attrice non ha però descritto questa finestra temporale come una certezza, e il commento di Hargrave rafforza l’idea che la situazione sia ancora piuttosto fluida. Questo nuovo sviluppo relativo al film sarà sicuramente una buona notizia per molti, vista la risposta positiva a Tyler Rake 2.
Il sequel non ha eguagliato l’originale in termini di audience su Netflix, ma ha ottenuto risultati migliori dalla critica, con un punteggio dell’80% su Rotten Tomatoes e dell’84% su Popcornmeter. Non sono ancora state rivelate sinossi o logline per il terzo capitolo, ma il finale di Tyler Rake 2 fornisce alcuni indizi su come potrebbe svilupparsi la trama, che include un ruolo per il nuovo arrivato Idris Elba. Con le riprese previste per il prossimo anno, nei prossimi mesi potrebbero essere rivelati ulteriori dettagli su Tyler Rake 3.
Continuano le domande su chi altro dell’universo cinematografico Marvel apparirà in Avengers: Doomsday nel 2026, e Andrew Garfield è ancora una volta al centro delle speculazioni. In una nuova intervista con GQ, Garfield ha infatti risposto a un fan che gli ha chiesto se lui e il collega Tobey Maguire, anche lui interprete di Spider-Man, torneranno nel prossimo grande evento Marvel. La star britannica ha risposto: “No, inequivocabilmente, cazzo, no!”. I due, come noto, sono apparsi l’ultima volta nel film Spider-Man: No Way Home del 2021.
Tuttavia, in un’intervista con MTV il 7 ottobre 2025, il protagonista di The Amazing Spider-Man ha affrontato la questione di un suo possibile ritorno nell’altro film dedicato agli Avengers: Avengers: Secret Wars. In questo caso Garfield non ha dato una risposta definitiva, né positiva né negativa, e si è limitato a dire al giornale: “Lo scoprirete!”. Il 19 settembre 2025, il cast di Avengers: Doomsday ha ufficialmente concluso le riprese principali, dirette da Anthony e Joe Russo, dopo diversi mesi di lavoro. Non è stata ancora fissata una data per le riprese di Avengers: Secret Wars.
Il cast iniziale di Avengers: Doomsday è stato rivelato il 26 marzo 2025, durante un live streaming a sorpresa della Marvel Studios che ha svelato il ritorno di diversi personaggi della timeline MCU, ma nessuno dei precedenti Spider-Man faceva parte dell’annuncio. Tuttavia, Kevin Feige ha confermato che ci sono altri personaggi che saranno aggiunti al film del 2026. Durante il CinemaCon del 3 aprile 2025, alla presenza di ScreenRant, il presidente della Marvel Studios ha sottolineato che sono in arrivo ulteriori notizie sul cast di Avengers: Doomsday. Non resta che attendere di scoprire se Garfield e Maguire saranno tra le aggiunte.
Al cinema dal 16 ottobre con Eagle Pictures, Squali di Daniele Barbiero fa parte della selezione di Alice nella Città 2025, Panorama Italia Concorso. Il film, un coming of age del XXI secolo, vede protagonisti alcuni dei giovani volti del cinema italiano più importanti della loro generazione, insieme a James Franco, star internazionale che sembra sempre più a suo agio nel nostro Paese.
Ambientato tra la provincia veneta e la frenesia di Roma, Squali esplora le tensioni adolescenziali tra noia e ambizione, attraverso lo sguardo disincantato del giovane Max (Lorenzo Zurzolo) e l’incontro-scontro con il carismatico Robert Price (James Franco). Con una messa in scena visivamente potente e un respiro internazionale, Squali si interroga sul futuro di un’intera generazione.
Lorenzo Zurzolo – è protagonista del film. Volto caratteristico e impossibile da dimenticare Zurzolo è stato una presenza constante nel cinema e nella tv degli ultimi anni, passando da produzioni molto importanti per grandezza e ambizione a progetti più piccoli e ricercati. In ognuna di queste avventure, Lorenzo si è distinto per la sua presenza scenica e il suo talento.
James Franco – la guest d’eccezione. Conosciuto in tutto il mondo per la sua partecipazione al franchise di Spider-Man di Sam Raimi, ha poi costruito per sé una carriera diversa, lontana dai blockbuster e più vicina a un cinema di sperimentazione e ricerca, senza mai rinunciare a titoli leggeri e divertenti, che hanno contribuito a rafforzarne lo status di star. In particolare, negli ultimi anni della sua carriera, sta acquisendo una grande familiarità con il nostro cinema, tanto che Squali è il secondo film italiano a cui partecipa nell’arco di tre anni.
Francesco Centorame – diventato famosissimo grazie alla sua notevole interpretazione di Elia in Skam, Centorame è conosciuto ora principalmente per la sua partecipazione a C’è Ancora Domani di Paola Cortellesi. Volto pulito e sveglio, ha già spaziato trai generi e i toni, passando dalla spensieratezza frivola della commedia a ruoli in cui interpreta un vero e proprio villain (nel successo di Cortellesi, ad esempio).
Ginevra Francesconi – reduce dall’incredibile successo della serie Sara e Marti, fa il salto al cinema con The Nest, film che le apre nuove possibilità sul grande schermo. Nonostante la giovane età, è classe 2003, ha già avuto la possibilità di collaborare con molti registi e autori, spaziando dalla commedia al dramma con grande disinvoltura.
Francesco Gheghi – è forse il giovane volto italiano più interessante di questo momento storico, protagonista di Familia, film che rappresenterà l’Italia alla corsa agli Oscar per il Miglior film Internazionale del 2026. Nonostante sia ancora molto giovane, l’intensità delle sue interpretazioni gli permettono un range che raramente è credibile in interpreti così relativamente inesperti. Nel 2024 è stato premiato alla Mostra di Venezia con il Premio Orizzonti per la miglior interpretazione maschile per Familia.
Rapunzel avrebbe dovuto essere uno dei prossimi remake live-action della Disney, parte del passaggio alla rivisitazione delle proprietà davvero moderne della Disney, con nessun film degli anni 2010 che aveva ancora ricevuto questo trattamento. Tuttavia, il progetto è stato accantonato a tempo indeterminato nell’aprile 2025, nonostante le voci su diverse star prese in considerazione per i ruoli principali di Rapunzel e Flynn Rider.
Ora, Deadline riporta che il live-action della Disney è di nuovo in fase di sviluppo, con la star di Hollywood che ha incassato di più in trattative per interpretare il cattivo: si tratterebbe di Scarlett Johansson, che sta valutando il ruolo di Madre Gothel. Secondo quanto riferito, Michael Gracey di The Greatest Showman è ancora alla regia, sulla base della sceneggiatura di Jennifer Kaytin Robinson.
Di cosa parla Rapunzel?
Rapunzel è stato distribuito dalla Disney nel 2010 ed è una nuova versione della classica fiaba di Raperonzolo. Il film d’animazione segue le vicende di una giovane principessa, ignara del suo status reale, che fugge dalla torre dove è cresciuta con un ladro che la incontra per caso e che vuole realizzare il sogno di una vita. Il film vede protagonisti Mandy Moore, Zachary Levi e Donna Murphy, che offrono fantastiche interpretazioni vocali.
I remake live-action dei classici animati Disney del XXI secolo, tra cui Cenerentola, La bella e la bestia, Aladdin e Lilo & Stitch, hanno incassato miliardi in tutto il mondo. Tuttavia, dopo il drammatico flop di Biancaneve del 2025, la Disney ha sospeso lo sviluppo di Rapunzel. Ora le cose sarebbero ripartite grazie al successo di Lilo & Stitch, il che suggerisce che i remake di film più moderni potrebbero avere più successo.
Le novità sul cast di Rapunzel
Precedenti notizie hanno rivelato che la top model Gigi Hadid avrebbe fatto un provino per il ruolo di Rapunzel, mentre Corey Mylchreest di Bridgerton avrebbe sostenuto quello per il ruolo di Flynn nel live-action, ma non è noto se saranno loro a ricoprire i due ruoli. Madre Gothel, nel frattempo, sarebbe una nuova sfida per la Johansson. Gothel è astutamente manipolatrice ed è stata precedentemente interpretata dall’incredibile voce canora di Murphy.
Tuttavia, la Johansson è anche due volte candidata all’Oscar, una star del botteghino e ha esperienza nel campo musicale. In precedenza ha recitato in un altro remake live-action della Disney, doppiando Kaa nel film Il libro della giungla del 2016. Secondo quanto riferito, la Johansson sta anche lavorando a un nuovo film della Disney intitolato Tower of Terror, confermando che il team era ancora al lavoro nel luglio 2025.
La Disney, nel frattempo, ha in programma il remake live-action di Oceania per il prossimo anno. Rapunzel, ora nuovamente in fase di sviluppo, segnala dunque l’intenzione della Disney di portare avanti questa nicchia della tendenza dei remake live-action, concentrandosi sulle principesse Disney degli anni 2010. Lilo & Stitch è stato un buon segno per questi progetti, ma è ancora un territorio nuovo e impegnativo per la Disney.