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Qui rido io: recensione del film di Mario Martone con Toni Servillo

Due anni dopo aver adattato in chiave moderna per il cinema l’opera teatrale Il sindaco del rione Sanità, scritta da Eduardo De Filippo, il regista Mario Martone porta sul grande schermo la storia degli ultimi anni di vita di Eduardo Scarpetta, padre dei De Filippo e tra i più celebri commediografi e attori della scena teatrale napoletana. Il film in questione è Qui rido io (affermazione che riprende quella presente sulla facciata di Villa La Santarella, di proprietà di Scarpetta), presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia e interpretato da Toni Servillo. Da Martone scritta insieme a Ippolita Di Majo, la pellicola è però ben più che un semplice racconto biografico.

La vicenda si apre infatti sui primi anni del Novecento, quando Scarpetta è un uomo di teatro già affermato e popolarissimo. Le sue repliche di Miseria e nobiltà registrano sempre il tutto esaurito e il successo sembra destinato a non dover finire mai. In questo clima di euforia, Scarpetta si concede però un pericoloso azzardo: realizza una parodia de La figlia di Iorio, tragedia del più grande poeta italiano del tempo, Gabriele D’Annunzio. Al momento del debutto, la commedia viene interrotta tra urla e fischi e Scarpetta finisce con l’essere denunciato per plagio dallo stesso Vate. Inizia così la prima storica causa sul diritto d’autore in Italia, che scuoterà profondamente Scarpetta e la sua ricca famiglia composta da mogli, amanti e figli legittimi e illegittimi.

L’arte di saper far ridere

Come anticipato, ad un primo impatto Qui rido io potrebbe sembrare una classica biografia di un personaggio tanto stravagante quanto importante del teatro e della cultura italiana. Addentrandosi sempre più nel racconto, tuttavia, ci si accorge come quella messa in atto da Martone sia un’operazione molto più interessante, che non solo esplora le origini di una dinastia teatrale ma si avvale di un caso storico esemplare per riflettere sul concetto di commedia e di autore. Vero punto centrale del film è infatti la causa per plagio che D’Annunzio muove contro Scarpetta. Durata dal 1906 al 1908, questa portò ad una sempre più necessaria definizione dell’odierno diritto d’autore.

Ciò che emerse durante quella causa, però, fu particolarmente interessante per la definizione della commedia stessa, all’epoca considerata un genere infimo, che distraeva dai veri problemi della vita e della gente. Quello tra D’Annunzio e Scarpetta era dunque lo scontro tra chi si ergeva intellettualmente a rappresentante del popolo e chi quello stesso popolo lo raccontava in modo molto più sincero di quanto si credesse. Non mancano le contraddizioni nello stesso Scarpetta, che Martone sceglie saggiamente di non omettere, ma ciò che affascina è il ritrovare qui quei primi segnali di riscatto che avrebbero portato la commedia ad essere uno dei generi primari dello spettacolo italiano.

E se per alcuni un altro film biografico di Martone come Il giovane favoloso, dedicato a Leopardi, poteva essere risultato particolarmente pesante, Qui rido io risulta invece essere non solo un racconto scorrevole e piacevole, ma anche una visione particolarmente divertente. Il merito va in primis ad un Toni Servillo mattatore assoluto che, in un ruolo come quello di Scarpetta che non poteva che essere interpretato da lui, dà sfogo ad un carisma eccezionale. Accanto a lui spiccano poi anche Maria Nazionale nel ruolo della moglie Rosa, Cristiana Dell’Anna in quelli dell’amante Luisa e Eduardo Scarpetta (discendente della dinastia) nel ruolo di Vincenzo, suo bisnonno e figlio dell’originale Eduardo.

Qui rido io Toni Servillo

Qui rido io: la recensione del film

Come si potrà intuire, la dinastia degli Scarpetta-De Filippo è un altro degli elementi centrali del film. Particolarmente articolata e ricca di nomi identici che si ricorrono, questa ha percorso l’intero Novecento. Seguendo anche le vicende di più membri della famiglia, molti dei quali sul punto di ottenere la fama poi cresciuta e consolidatasi nel tempo, Qui rido io diventa anche il ritratto di un uomo potentissimo al momento del suo declino. La causa in cui Scarpetta si ritrova coinvolto, e dalla quale comunque uscirà vittorioso, segnerà comunque la fine della sua carriera. A partire da quel momento il racconto si incupisce, il ritmo sembra rallentare proprio come il suo protagonista.

Proprio come nel teatro si giunge ad un ultimo atto in cui qualcosa sta finendo e qualcos’altro ha invece inizio. Si svela anche così il continuo intrecciarsi tra teatro e vita, con tutte le similitudini e le discordanze del caso. Non per nulla Martone costruisce il suo film proprio come se ci si trovasse dinanzi ad un palcoscenico, con frequenti inquadrature totali, scene corali, caos e battute pronunciate a raffica. Si tratta probabilmente del modo più interessante per far emergere tutta la forza di un film come Qui rido io, dove la vita è teatro e dove il teatro è vita, dando vita ad un cortocircuito da cui emergono spunti e riflessioni particolarmente brillanti.

Ultima notte a Soho: recensione del film di Edgar Wright

Noi esseri umani non possiamo vederci. Vediamo gli altri, li giudichiamo, ma per sapere come siamo, come stiamo con un certo colore di abiti, quanto siamo alti, che faccia abbiamo dopo una serata per locali, abbiamo bisogno di una superficie riflettente. Ma dietro quella stessa superficie – porta diretta sul nostro essere esteriore – si possono nascondere anche portali magici di universi interiori. Attraverso gli specchi ci guardiamo in tutte le nostre sfaccettature, ma sulla scia della potenza suggestiva del nostro inconscio, attraverso un oggetto così banale e ordinario, possiamo scrutare anche altro: mondi perduti, interiorizzati, e rispediti su superfici riverbanti, ponti diretti con universi scomparsi.

Anche lo schermo cinematografico è una superficie riflettente. Locus delle proiezioni degli spettatori-sognatori, lo schermo si fa tela bianca su cui dipingere e riempire con la forza dei propri desideri.

Lo sa bene Edgar Wright, sognatore e spettatore bulimico nutritosi per anni di sostanza filmica attraverso la quale crescere e formarsi sia professionalmente che affettivamente. Un apprendimento assimilato e restituito per mezzo di uno stile dinamico e riconoscibile, che una volta riflettuto su nuovi specchi, esplode per rinascere come una fenice araba.

È uno scontro continuo tra sguardi e superfici riflettenti, Ultima notte a Soho (Last Night in Soho). Specchi e schermi, reduplicazioni di spazi interiori e universi sognati, si uniscono in una miccia primordiale, reminiscenza espressionista (che genera con una forza iconoclasta una nuova fase dell’opera di Edgar Wright. Una nuova fase tutta da scoprire, con la stessa curiosità di chi si approccia con fare indagatorio dinnanzi allo specchio.

Cosa succede in Ultima notte a Soho

Eloise “Ellie” Turner (Thomasin McKenzie) si trasferisce a Londra con il sogno di diventare una fashion designer. Limpatto con la grande città non è semplice per una ragazza che viene dalla Cornovaglia. Lo studentato in cui vive si rivela inoltre un ambiente non adatto alla propria indole, già ampiamente colpita da un lutto che continua a tormentarla. Decide quindi di affittare una stanza a casa di unanziana signora. Una notte, comincia a sognare la Londra degli anni Sessanta e una giovane bella e piena di talento, Sandie (Anya Taylor-Joy), che cerca di sfondare nello spettacolo. Il sogno si reitera con meraviglia, fino a quando il passato non diventa un incubo che rischia di invadere il presente.

last night in sohoIl passato riflesso nel futuro

Per ricostruire e non rottamare bisogna avere una relazione passionale con il passato. Edgar Wright lo sa bene, ha basato tutta la sua filmografia su tale assunto. Nel corso della sua carriera ha saputo prendere tutto ciò che ha visto per ribaltarlo, interiorizzarlo e farlo proprio, creando patchwork cinematografici intessuti di omaggio con il proprio passato da spettatore cinematografico. Ma adesso il regista compie un ulteriore passo avanti nella sua carriera registica. Partendo da questa stessa dichiarazioni d’intenti, ne applica i principi alla sua filmografia per creare qualcosa di nuovo. Stilisticamente Last Night in Soho è un figlio ribelle che stacca completamente i legami con i propri fratelli maggiori. Tracce del regista che fu (e rimane) si ritrovano nella sua Ellie, figlia degli anni Duemila con una mente forgiata dall’onda nostalgica di una Swinging London che l’ha segnata, influenzandone il proprio estro artistico.

Se già Baby Driver si presentava come un ibrido, spartiacque tra un discorso autoriale ben definito e riconoscibile, con Ultima notte a Soho Wright si discosta completamente dalla sua visione precedente per creare qualcosa di nuovo. Deostruisce il proprio mondo, uscendo dalla sua comfort zone per rinascere di nuovo. Spogliandosi di quellaspetto parodico con cui omaggiare, ribaltandoli, i film che lo hanno segnato, cresciuto, modellato, e che tanto caratterizza la propria visione dell’opera, Wright ricerca adesso la pura citazione e su quella costruire un discorso maturo, serio, di angoscia e attesa. Un gioco all’omaggio che in Last Night in Soho non preclude l’apprezzamento completo del film anche per coloro che non riescono a cogliere ogni riferimento cinefilo, permettendo loro di entrare nei meandri di una mente rotta, a pezzi, come uno specchio frantumato. 

Mind the Gap in Soho

Per un’opera incentrata sui gap mentali, passaggi tra passato e presente, allucinazioni, ghost story che incontrano l’horror più puro, non c’è spazio per un umorismo dilagante, inquadrature strette, zoom, o movimenti di macchina improvvisi. Tutto è disteso, allungato, come un braccio pronto a sferrare una coltellata mortale, così da insinuare nello spettatore quel giusto senso di angoscia e suspense tale da scaraventarlo in una ragnatela di misteri, dubbi, paure. 

Sfruttando la potenza riflettente di specchi, lame e vetrine, Wright si infila tra le crepe di una giovane mente alimentata da sogni di un passato mai incontrato, se non su poster, fotografie e vinile, enfatizzando ogni distorsione e setacciando ogni metro fino a scavare le propaggini incancrenite di incontri soprannaturali, macchiati di vendetta e rivendicazione personale. La Londra degli anni Sessanta è una coperta di Linus entro la quale avvolgersi per distanziarsi dal mondo che la circonda. Toccare con le dita la superficie di uno specchio è un campanello per entrare nelluniverso agognato, desiderato. Eloise si traveste da Alice attraverso lo specchio, per nascondersi nel mondo della propria fantasia per scappare dalla propria realtà.

L’essenza duale e dicotomica di spettri del passato che collimano in sogni del presente si riscontra visivamente nella scelta della fotografia ombrosa e in una resa cromatica accesa fatta di colori sgargianti, luminosi, accesi come gli abiti che riveste il corpo di una Ana Taylor-Joy evanescente e luciferina. Le inquadrature sembrano invece accarezzare un incanto feroce di una stilista di abiti che finisce per ricucire le violenze del passato tra i meandri onirici del presente. Come il rosso che insegue il blu nel neon rotto che illumina la stanza di Eloise a Soho (interessante che a essere illuminata sia proprio la sillaba “BI”, associazione linguistica a un concetto di doppio, lo stesso alla base del film), così quello che nasce come un sogno, un passaggio segreto tra le vie di una Londra anni Sessanta così tanto agognata, passerà il testimone alle sfumature dell’incubo. Dormire, sognare, colpire, e rinascere, un Uroboros onirico tinto di thriller che Wright costruisce con attenzione, tra immagini sovrimpresse e moltiplicate, immergendo e coinvolgere in maniera immersiva il proprio spettatore, rendendolo partecipe in prima persona delle cadute all’inferno della sua Ellie. Elettrizzanti le scene dei balli, momenti privilegiati di uno scarto incosciente tra desiderio di sicurezza e reale inquietante che sfugge ed eccede i confini dell’inquadratura e del montaggio, reduplicandosi e moltiplicandosi in visioni caleidoscopiche allucinanti e allucinogene. 

Ultima notte a Soho, un gioco di doppi

Sfruttando appieno il contrasto generante tra una colonna visiva giocata su violenza e allucinazione, e quella musicale composta dA brani eleganti e romantici da pop anni ’60, Edgar Wright si immerge nelle ossessioni scavando sotto la profondità epidermica della normalità. La sua Ellie è una ragazza giovane, piena di sogni, apparentemente normale, che vive rinchiusa nella sua ammirazione per gli anni Sessanta ritrovandosene poi prigioniera. E siccome tutti nutriamo una passione viscerale, ecco che il regista insinua nello spettatore il timore che dietro anche la nostra situazione di persone ordinarie si possa nascondere qualcosa di terribile e orrorifico. Si viene a creare dunque un ulteriore contrasto, reiterato in quello estetico di uno sguardo angelico che nasconde un’indole mefistofelica incarnato dal viso di Anya Taylor-Joy, il quale si oppone a sua volte all’innocenza di una Thomasin Mackenzie capace di reggere benissimo il peso del ruolo della protagonista, giocando tra innocenza, fragilità e coraggio.

È un gioco di duplicazioni Ultima notte a Soho, di sguardi riverberati su specchi, lame taglienti, che fanno da ponti tra desideri indicibili, e incubi spettrali. Come Lo studente di Praga, lo specchio fa da perfetta congiunzione tra le due anime imprigionandole in tempi e spazi a se stanti, mentre tutto attorno è una danza del terrore da ballare sulle note di brani anni Sessanta tra i locali di Soho. 

MCU: il più grande insegnamento che Tony ha dato a Peter proviene da Iron Man 3

Da quando Peter Parker è stato introdotto in Captain America: Civil War, Tony Stark è diventato il suo mentore. Sebbene riluttante all’inizio, Tony alla fine si è sobbarcato la grossa responsabilità si trattare il giovane eroe come suo protetto.

Col tempo, la relazione tra Spider-Man e Iron Man ha iniziato ad assumere sempre più i contorni di quella tra un padre e suo figlio. Nonostante Tony non fosse presente in Spider-Man: Far From Home, la sua presenza ha comunque avuto un ruolo chiave nel film, dal momento che Peter si è ritrovato ad affrontare le conseguenze della morte del suo mentore dopo gli eventi Avengers: Endgame. È innegabile che, attraverso i film del MCU in sui sono apparsi insieme, il legame tra i due personaggi sia cambiato, iniziando come strettamente professionale e terminando come rapporto molto più intimo.

Sebbene Tony possa non essere il mentore ideale, ha impartito alcune grandi lezioni al suo protetto, inclusa probabilmente la più importante di tutte, presente in Spider-Man: Homecoming. Dopo che il tentativo di Peter di catturare Avvoltoio, causando l’incidente del Traghetto per Staten Island, Tony si riprese il costume aggiornato che aveva regalato al giovane eroe. Successivamente, Iron Man ha avuto modo di riflettere su quanto assomigli a suo padre, ma questa lezione non proveniva dallo stesso Howard Stark, ma bensì dall’esperienza dell’eroe in Iron Man 3.

spider-man: homecoming RDJ e Holland

Dopo l’esperienza di pre-morte in The Avengers, Tony era ossessionato dal pensiero di un’altra invasione aliena. Ovviamente, a quel tempo, non sapeva ancora che Thanos stava agendo nell’ombra, in attesa del momento giusto per fare la sua mossa ed entrare in possesso di tutte le Gemme dell’Infinito. Tuttavia, l’ansia di una minaccia invisibile lo ha portato ad un vero e proprio stato di paranoia in Iron Man 3, spingendolo a creare una sfilza di costumi nella speranza di essere preparato al peggio.

Proprio per questo, quando è stato privato della protezione della sua armatura dopo essersi schiantato in Tennessee, ha dovuto trovare un modo per andare avanti e dirottare la tana del Mandarino senza il contributo del suo costume. In un momento in cui stava per avere un altro attacco di panico dopo aver realizzato che il costume di Iron Man non sarebbe stato pronto in tempo per il suo attacco al nascondiglio del terrorista, il suo giovane amico Harley Keener gli ha fornito supporto emotivo, suggerendogli l’idea di improvvisare.

Alla fine, Tony voleva che Peter imparasse che è l’uomo che indossa il costume che definisce l’eroe, qualcosa che aveva capito a sue spese in Iron Man 3. A questo punto, Peter si sentiva troppo ansioso per dimostrare a se stesso che Tony aveva ragione. Entrambi gli eroi hanno quindi imparato una lezione durante gli eventi di Spider-Man: Homecoming che non ha fatto altro che rafforzare ancora di più il loro legame.

Venom: La furia di Carnage, Andy Serkis concepisce il film come una “storia d’amore”

Alla fine del primo Venom, Eddie Brock (Tom Hardy) e il suo famelico “parassita” avevano sviluppato una sorta di amicizia, seppur alquanto complicata. Ora, sembra che quel fiorente legame sia destinato a essere una parte importante nell’atteso sequel Venom: La furia di Carnage.

In una nota di produzione ufficiale (via ComicBook), il regista Andy Serkis ha rivelato di concepire il suo film come una storia d’amore non convenzionale. Ma in riferimento a chi? Ovviamente, al simbionte e al suo “ospite”. “Il film è una storia d’amore, ma non la classica storia d’amore a cui potrebbero pensare tutti”, ha spiegato Serkis.

“Riguarda la straordinaria relazione tra il simbionte e l’ospite”, ha aggiunto. “Ogni storia d’amore nasconde delle insidie, ha i suoi alti e i suoi bassi. La relazione tra Venom e Eddie è causa di problemi e di stress. Questi due personaggi provano quasi odio l’uno nei confronti dell’altro, ma sono costretti a stare insieme. Non possono vivere l’uno senza l’altro. Questa è l’amicizia, questo è l’amore. Le relazioni umane si basano su questo tipo di cose.”

Per molti fan, la dinamica tra Eddie e Venom è stato uno degli aspetti più divertenti del primo film, mentre altri hanno ritenuto che i dialoghi tra i due fossero più irritanti che divertenti. Sarà di certo interessante vedere come Andy Serkis e la sceneggiatrice Kelly Marcel hanno lavorato sul rapporto tra questi due personaggi. Di recente, il film è stato anticipato di circa due settimane nelle sale americane, dove arriverà ora il prossimo 1 ottobre. In Italia, l’uscita è fissata per il 14 dello stesso mese.

Quello che sappiamo su Venom: La furia di Carnage

Tom Hardy ritorna sul grande schermo nel ruolo del “protettore letale” Venom, uno dei personaggi Marvel più enigmatici e complessi. In Venom: La furia di Carnage assisteremo allo scontro tra il simbionte e Cletus Kasady, aka Carnage, uno degli antagonisti più celebri dei fumetti su Spider-Man, interpretato da Woody Harrelson.

Nel cast del sequel anche Michelle Williams (Fosse/Verdon) nei panni di Anne Weying, Naomie Harris (No Time to Die) nei panni di Shriek e l’attore inglese Stephen Graham (Boardwalk Empire, Taboo). Il film uscirà in autunno al cinema.

Batgirl sarà il viaggio di Barbara Gordon alla ricerca della sua autostima

Lo scorso luglio è arrivata la notizia che l’attrice Leslie Grace, vista di recente nel musical Sognando a New York – In the Heights, interpreterà Barbard Gordon in Batgirl, il film dedicato all’iconico supereroe DC che arriverà direttamente sulla piattaforma di streaming HBO Max.

Adesso, in una recente intervista con ET Online, Grace ha parlato per la prima volta del suo ingaggio, anticipando quello che sarà l’arco narrativo del personaggio nel film. Secondo l’attrice, Barbara sarà pronta a dimostrare qualsiasi tipo di ostacolo che potrebbe presentarsi lungo la sua strada, pur di dimostrare il suo valore.

“Barbara è una persona che è stata sottovalutata anche dal suo stesso padre. Spesso e volentieri è stata tenuta lontana rispetto ai grandi problemi della vita. Quindi, è desiderosa di dimostrare a se stessa e agli altri che ci sono tante cose che è in grado di gestire”, ha spiegato l’attrice. “Questo viaggio si concentrerà molto su quest’aspetto.”

“Mi sento come se fossi al centro di un viaggio infinito per provare a me stessa quali barriere si possono infrangere e quali limiti si possono superare per se stessi”, ha aggiunto Grace. “Sono entusiasta di mettere un po’ di quell’entusiasmo, di quella spinta e anche po’ di testardaggine nel personaggio di Barbara.” 

Cosa sappiamo del film su Batgirl

Batgirl, che arriverà direttamente su HBO Max (la piattaforma di streaming di proprietà di WarnerMedia), sarà diretto da Adil El Arbi e Bilall Fallah, registi di Bad Boys for Life e di alcuni episodi dell’attesa serie Ms. Marvel, in arrivo su Disney+. Nel film dovrebbe tornare J.K. Simmons nei panni del Commissario James Gordon, già interpretato in Justice League.

Christina Hodson, che ha scritto lo spin-off Bumblebee e che ha lavorato anche ai film DC Birds of Prey e The Flash, ha scritto la bozza più recente della sceneggiatura. “Con Batgirl, speriamo di condurre il pubblico in un viaggio divertente. L’obiettivo è mostrare loro un lato diverso di Gotham”, aveva dichiarato il produttore Kristin Burr. “La sceneggiatura di Christina è piena di spirito. Adil e Bilall hanno un’energia talmente viva che è quasi contagiosa, cosa che li rende i registi perfetti per questo nuovo progetto sull’universo di Batman. Sono semplicemente entusiasta di poter far parte dell’universo DC. È fantastico.”

In origine, Batgirl doveva essere diretto da Joss Whedon, regista di The Avengers e Avengers: Age of Ultron, nonché della versione cinematografica di Justice League. Tuttavia, nel 2018, il regista ha deciso di abbandonare il progetto, ammettendo di non essere riuscito a “decrifrare la storia”.

Shang-Chi: perché il film non affronta le conseguenze del Blip?

In Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli, le conseguenze del Blip vengono citate a malapena. Chiaramente, molti fan si sono domandati il perché di questa scelta, decisamente in contrasto con quanto avviene, invece, nelle serie targate Disney+ (pensiamo ad esempio a WandaVision e The Falcon and the Winter Soldier).

Essendo il primo film della Fase 4 ad essere ambientato dopo gli eventi di Avengers: Endgame, i fan si aspettavano un riferimento. Tuttavia, è probabile che d’ora in avanti non ci sarà più bisogno di rivisitare quei cinque anni in ogni singola storia futura. Ad ogni modo, in una recente intervista con The Direct, il produttore di Shang-Chi, Jonathan Schwartz, ha spiegato il motivo per cui nel cinecomic dedicato al primo supereroe asiatico della Marvel non sia stato dedicato più tempo alle conseguenze del Blip.

“L’idea era quella di rendere chiaro allo spettatore che il film fosse ambientato dopo Endgame, ma al tempo stesso non volevamo soffermarci troppo su quegli eventi”, ha dichiarato Schwartz. “C’era molto da raccontare a proposito di Shang-Chi. Volevamo concentrarci sulla storia di questo personaggio e raccontare al pubblico come lo stesso si relaziona in merito al suo percorso, e non a quello già tracciato da altri in precedenza.”

Shang-Chi non rivela, infatti, se personaggi come l’eroe eponimo, Katy e Wenwu siano stati ridotti in polvere durante gli eventi di Avengers: Infinity War. Tuttavia, non sembra che sia stato così, quindi è probabile che non siano stati influenzati più di tanto dalla minaccia di Thanos quanto personaggi come Monica Rambeau e gli stessi Vendicatori.

L’uscita nelle sale di Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli è fissata al 3 settembre 2021. Destin Daniel Cretton, acclamato regista di Short Term 12The Glass Castle e Il Diritto di Opporsi con Michael B. JordanJamie Foxx e Brie Larson, è stato scelto per dirigere il film, che vanta la sceneggiatura di Dave Callaham (The Expendables, Godzilla, Wonder Woman 1984).

Vi ricordiamo che nei panni del protagonista ci sarà l’attore canadese Simu Liu, visto di recente nella commedia di Netflix Kim’s Convenience. Insieme a lui, nel cast, figureranno anche Tony Leung nei panni del Mandarino, e Awkwafina, che dovrebbe interpretare un “leale soldato” del Mandarino, e se è vero che il villain qui sarà il padre di Shang-Chi, in tal caso ci sono ottime possibilità che si tratti di Fah Lo Suee. Chi ha letto i fumetti saprà che è la sorella dell’eroe del titolo e che il suo superpotere è l’ipnosi.

Alien – La clonazione: trama, cast e curiosità sul film

Iniziata nel 1979, la saga di Alien è oggi una delle più affascinanti narrazioni sullo scontro tra l’essere umano e gli alieni. Il primo film, diretto da Ridley Scott, è ancora oggi considerato uno dei più importanti horror di fantascienza di sempre e il suo sequel Aliens – Scontro finale, diretto da James Cameron, è uno dei migliori secondi capitoli mai arrivati al cinema. Dopo questi, nel 1992 è arrivato al cinema il poco apprezzato Alien³, diretto da David Fincher e caratterizzato da divergenze artistiche tra lo stesso regista e la produzione. Con questo terzo capitolo la saga sembrava essersi conclusa, ma nel 1997 è invece stato realizzato Alien – La clonazione.

Il nuovo film, diretto stavolta da Jean-Pierre Jeunet (che pochi anni dopo questo film realizzerà il ben diverso Il favoloso mondo di Amelie), si configura però come un seguito piuttosto diverso. Questo è infatti ambientato 200 anni dopo gli eventi del precedente film e con la presenza alla regia di Jeunet il film sfoggia uno stile visivo particolarmente unico e a suo modo distinto da quello dei precedenti film. Nonostante ciò, il film venne accolto in maniera piuttosto tiepida dalla critica, che non mancò però di sottolineare i miglioramenti presenti rispetto al precedente film.

Dopo questo film, però, la saga di Alien prese nuove strade, vedendo da prima arrivare al cinema il crossover Alien vs. Predator e il suo sequel, e in seguito i film Prometheus e Alien: Covenant, i quali fungono da prequel della saga principale. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Alien – La clonazione: la trama del film

Duecento anni dopo la morte di Ellen Ripley, a bordo di un’astronave laboratorio in viaggio verso la Terra, grazie ad una combinazione diabolica di genetica umana resa possibile da un’alleanza fra una banda di contrabbandieri ribelli e un’equipe di scienziati, viene prodotto un essere alieno che si rivela molto più pericoloso e ingestibile del previsto. Per combattere la minaccia aliena, i responsabili della mostruosità decidono di riportare in vita Ellen tramite la clonazione, poiché lei è l’unica ad essere riuscita a sconfiggere tali creature.

La nuova Ripley, chiamata anche Clone 8, è tuttavia formata da una combinazione del sangue originale con un DNA estraneo. Proprio a causa di tale miscuglio, la donna ha generato una serie di mutazioni come anche una gravidanza inaspettata e particolarmente pericolosa. Alleatasi con il gruppo di mercenari e scienziati, Ripley si trova così nuovamente a dover preservare la specie umana, specialmente considerando la sempre più prossima vicinanza al pianeta Terra. Nessuno può però prevedere da che parte stia realmente Ripley, che sempre più avverte delle tendenze aliene.

Alien - La clonazione cast

Alien – La clonazione: il cast del film

Per il nuovo Alien era indispensabile la presenza dell’attrice Sigourney Weaver nel ruolo di Ellen Ripley. L’attrice, tuttavia, non era assolutamente interessata a partecipare ad un quarto capitolo. Pur di convincerla, i produttori le offrirono un compenso molto più elevato, ma alla fine la Weaver accettò anche poiché aveva trovato interessante l’idea di dar vita ad un personaggio allo stesso tempo simile e diverso rispetto a quello visto nei precedenti film. L’attrice ha inoltre avuto grande potere decisionale, e si impose ad esempio perché la scena dell’incontro con la regina degli alieni non venisse rimossa.

L’attrice Winona Ryder recita invece nel ruolo di Annalee Call, la più giovane tra i membri a cui Ripley si allea. Per partecipare al film, la Ryder si è trovata anche ad eseguire una scena d’immersione subacquea, cosa da lei sempre rifiutata per via di un incidente avvenuto anni prima e nel quale è quasi affogata. L’attore Ron Perlman, celebre per aver interpretato Hellboy al cinema, è Ron Johner, il mercenario del gruppo, mentre Dominique Pinon è Dom Vriess, il paraplegico meccanico dell’astronave. Gli attori Gary Dourdan e Mchael Wincott sono poi i membri dell’equipaggio Gary Christie e Frank Elgyn.

Alien – La clonazione: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire del film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Alien – La clonazione è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili, Google Play, Apple iTunes, Amazon Prime Video, Disney+ e Tim Vision. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di martedì 7 settembre alle ore 23:45 sul canale Rai 4.

Fonte: IMDb

Matrix Resurrection: ecco il teaser che annuncia il trailer

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Ecco il teaser trailer di Matrix Resurrection che ci invita a visitare il sito ufficiale del film per guardare le due versioni “interattive” del primo teaser dell’atteso film che ci riporta nel mondo di Neo.

Matrix 4 vedrà nel cast il ritorno di Keanu ReevesCarrie-Ann Moss e Jada Pinkett-Smith al fianco delle new entry Yahya Abdul-Mateen II, Neil Patrick Harris, Jonathan Groff, Jessica HenwickToby Onwumere e Christina Ricci. L’uscita nelle sale è fissata per il 22 dicembre 2021. Il nuovo capitolo del franchise sarà diretto da Lana Wachowski. La sceneggiatura del film è stata firmata a sei mani con Aleksandar Hemon e David Mitchell.

Venezia 78: intervista a Maya Sansa

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Ecco la nostra intervista a Maya Sansa che è presente a Venezia 78 nella sezione Orizzonti per Il paradiso del pavone, di Laura Bispuri.

Segui il nostro speciale di Venezia 78!

La Caja, recensione del film di Lorenzo Vigas

Con il titolo di La Caja, Lorenzo Vigas torna al Lido di Venezia, presentandolo in concorso alla 78esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, dopo che nel 2015 era stato premiato con il Leone d’oro al miglior film per Ti guardo, facendolo diventare la prima opera di nazionalità sudamericana a ricevere il riconoscimento. I colleghi che lo seguiranno, saranno Guillermo del Toro nel 2017 con La forma dell’acqua (anche se, a onor del vero, concorreva con la bandiera degli Stati Uniti) e Alfonso Cuaròn l’anno successivo con Roma.

Ai tempi Vigas era esordiente: Ti guardo era il suo primo lungometraggio e parlava di un rapporto morboso dai tratti omoerotici tra un uomo di mezza età e un giovane appartenente a una gang di Caracas. Ne La Caja – la cui traduzione è “la cassa” – la questione è molto diversa, ma ad avere séguito è la relazione sbilanciata che s’instaura tra un uomo sulla cinquantina e un ragazzo adolescente.

La Caja, la trama

Hatzín (interpretato da Hatzín Mendoza) sta viaggiando in treno diretto al nord del Messico per recuperare i resti del padre che son stati trovati in una fossa comune. Solo e apparentemente abbandonato a se stesso, l’unico contatto che ha è quello con la sua nonna, a cui telefona periodicamente, rassicurandola e aggiornandola sui suoi spostamenti.

La cassa del titolo è quella dentro la quale ad Hatzín vengono finalmente consegnate le spoglie del papà, e che lui tiene in braccio portandola sommessamente su un autobus di ritorno verso casa della nonna. Fintanto che, durante il viaggio, non nota dal finestrino un uomo che gli pare fortemente familiare (Hernán Navarrete), e che decide d’iniziare a seguire ad ogni costo, anche quello di cambiare definitivamente rotta.

Sì, perché le tematiche che Vigas fa emergere da La Caja, affondano le radici in tanta della cultura e dell’immaginario sudamericani. Una ferita e un dolore profondi e penetranti, che gridano gli effetti di un’orfanezza così diffusa, da essere diventata una condizione sociale.

Ed è di questa fame continua che narra il film, prodotto ancora una volta da Michel Franco, a sua volta presente a Venezia per il film Sundown. Un vuoto appartenente ad un popolo intero, che accomuna talmente tanto da generare un incessante bisogno di giustizia.

L’uomo che Hatzín segue è un personaggio semplice e ambiguo, per quanto non troppo calcato nelle sue sfumature. E la resa che fanno entrambi gli attori della loro relazione, è sempre su una linea vagamente tratteggiata, che non regala mai prove degne di reale profondità, che raccontino per davvero il dramma in corso.

Una storia che “gronda sangue”

Probabilmente è anche un bene che sia così, perché, nell’essere certamente un’occasione mancata, agevola nell’adoperare il giusto distacco a seguire una storia che, in realtà, gronda sangue da ogni lato.

Perché Hatzín interpreta lo smarrimento e l’estenuante ricerca di un padre che riguardano Paesi interi. La necessità di sentire di appartenere a qualcuno, e da questo qualcuno provenire, è così inscritta nell’uomo, da generare una mancanza di senso rispetto alla propria stessa vita, che è proprio quello contro cui dovrà iniziare a combattere il giovane protagonista.

Ma se è vero che chi ci genera ci spiega la nostra sorgente, è altrettanto vero che non ci determina. Così può addirittura accadere di essere in grado di prendere una posizione di netto distacco da qualcosa che decisamente non si condivide, rifiutare di seguire le orme del proprio padre, e da lì scegliere per la vita.

Perché, di fronte alle sofferenze subite da una situazione politico sociale in cui Hatzín è nato e per la quale non può fare niente, il potere che gli resta in mano ha molta più forza di quella che gli può essere imposta dalla sua storia. Ed è a partire da questo che può scegliere davvero l’esempio da seguire.

Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli: 10 curiosità sul nuovo film Marvel

Attualmente in sala, Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli (qui la recensione) è il nuovo film della Marvel, nonché il primo a vantare un supereroe asiatico. Come già avvenuto per gli altri titoli che compongono questo ricco universo narrativo, anche il nuovo film si configura come una origin story che lascia presumere che il personaggio sarà tra i principali nuovi volti dell’MCU. Numerose sono poi le curiosità legate al lungometraggio, da scoprire sia che se si è già visto il film, sia se non lo si è ancora andati a vedere.

Ecco 10 curiosità su Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli.

Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli: un primo adattamento del personaggio

1. Stan Lee voleva dar vita al personaggio già negli anni Ottanta. Ben prima che il Marvel Cinematic Universe venisse anche solo concepito, il padre di molti dei supereroi della Marvel, Stan Lee, aveva già ipotizzato un adattamento per il grande o piccolo schermo del personaggio di Shang-Chi. Verso la fine degli anni Ottanta, infatti, egli iniziò a sviluppare il progetto pensando a Brandon Lee come interprete del protagonista. Il personaggio di Shang-Chi era infatti basato a livello visivo su Bruce Lee, e suo figlio Brandon sembrò essere una scelta logica per il ruolo. Il progetto, però, non venne mai realizzato.

Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli: il primato stabilito dal film

2. È il primo film del Marvel Cinematic Universe con un protagonista asiatico. Oltre ad essere il venticinquesimo film del MCU, Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli ha stabilito l’importante primato di essere il primo film incentrato su un supereroe asiatico. L’obiettivo era infatti quello di esplorare “temi asiatici e asioamericani, realizzati da cineasti asiatici e asioamericani”, in modo simile a quanto fatto con la cultura africana e afroamericana in Black Panther (2018).

Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli: il cast del film

3. Simu Liu ha richiesto alla Marvel di considerarlo per il ruolo tramite Twitter. Divenuto noto grazie a serie televisive come Kim’s Convenience, Blood and Water e Taken, l’attore Simu Liu attendeva da tempo un ruolo che potesse consacrarlo all’interno del mondo di Hollywood. Nel dicembre del 2018 egli scrisse dunque tramite il social network Twitter all’account ufficiale della Marvel, richiedendo espressamente di essere preso in considerazione per il ruolo di Shang-Chi. Nel luglio del 2019, infine, egli scrisse un nuovo Tweet in cui ringraziava la Marvel per avergli assegnato il ruolo.

Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli film

4. Tony Leung non conosceva Mandarino. Meglio noto per aver recitato in diversi film di Wong Kar-wai, come Hong Kong Express, Happy Together e soprattutto In the Mood for Love, l’attore Tony Leung è stato scelto per interpretare il villain Mandarino in Shang-Chi. Leung, tuttavia, non sapeva assolutamente nulla del personaggio e la Marvel gli permise di non dover fare ricerche a riguardo, bensì di immaginare una storia originale per il personaggio. Leung si concentrò così sull’ipotizzare ciò che lo ha portato a divenire il cattivo che è.

5. Awkwafina si è allenata in modo particolare per il suo ruolo. Nel film l’attrice Awkwafina, recentemente vincitrice del Golden Globe per il suo ruolo da protagonista in The Farewell – Una bugia buona, interpreta qui Katy, la migliore amica del protagonista, verso cui prova un affetto molto sincero. Coinvolta anche lei in diverse scene d’azione, l’attrice si è preparata addestrandosi nelle acrobazie d’auto e nel tiro con l’arco.

6. Michelle Yeoh è tornata a far parte del Marvel Cinematic Universe. Michelle Yeoh è la terza attrice ad ottenere un doppio ruolo nel Marvel Cinematic Universe, dopo Gemma Chan per Captain Marvel (2019) ed Eternals (2021) e Laura Haddock. Quest’ultima ha infatti avuto una piccola parte in Captain America – Il primo Vendicatore (2011) prima di interpretare Meredith, la madre di Peter Quill, in Guardiani della Galassia (2014) e Guardiani della Galassia Vol. 2 (2017). Proprio in questi secondo film la Yeoh aveva interpretato Aleta Ogord, prima di assumere il ruolo di Jiang Nan in Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli.

Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli curiosità

Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli: il significato degli anelli

7. Gli Anelli hanno ognuno un proprio simbolo. I simboli nel logo dei Dieci Anelli sono caratteri cinesi: “hong” (vasto), “xiong” (che significa in vario modo maestoso, maschile o eroico), qiang” (forza e potere), “wei” (che significa in vario modo potere o timore reverenziale), “quan” (autorità e potenza), “li” (potenza e forza), “zhuang” (forte, robusto), “wei” (grandezza), “jie” (eccezionale) e “sheng” (ascendente).

Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli: i registi per il film

8. Ang Lee avrebbe potuto dirigere il film. Quando nel 2003 il regista premio Oscar Ang Lee portò al cinema il film Hulk, primo adattamento dedicato al personaggio, egli si disse intenzionato a produrre, ed eventualmente anche dirigere, un film su Shang-Chi. Suo desiderio era infatti di portare al cinema un supereroe asiatico, dimostrandone il potenziale. A causa dello scarso successo di Hulk, tuttavia, il progetto non venne mai realizzato.

9. Per Destin Daniel Cretton è il primo film commerciale della sua carriera. Il regista hawaiano con origini giapponesi Destin Daniel Cretton vanta ad oggi una serie di lungometraggi di stampo indipendente quali Short Term 12, Il castello di vetro e Il diritto di opporsi, tutti interpretati dalla premio Oscar Brie Larson. Nel momento in cui questi è stato scelto per la regia di Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli, per lui è stata l’occasione per misurarsi con un progetto molto diverso e particolarmente più commerciale rispetto ai suoi precedenti lavori.

Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli: le auto presenti nel film

10. Il film presenta diversi nuovi modelli di BMW. Come Black Widow (2021), che ha debuttato due mesi prima di questo film, anche Shang-Chi contiene un ampio presenza di prodotti BMW. I coupé M8 e i8 sono infatti presenti all’inizio del film nelle scene ambientate a San Francisco, mentre Katy ruba un prototipo iX3, non ancora rivelato pubblicamente all’inizio delle riprese, per il viaggio a Ta Lo.

Fonte: IMDb

Scene da un matrimonio: recensione della miniserie con Jessica Chastain e Oscar Isaac

Alla 78esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, viene presentato, nella sezione Fuori Concorso, Scene da un matrimonio, miniserie tv di cinque puntate che in Italia uscirà il 20 settembre su Sky Atlantic.

A dirigerla è Hagai Levi, regista e sceneggiatore israeliano, che viene dalla creazione di In Treatment nel 2008 e The Affair del 2014. La serie è una rivisitazione di quella omonima del ’73 di Ingmar Bergman, dove la trama e le fila principali delle tematiche non si discostano molto dalla versione svedese, ma possiedono fondanti distinzioni che mostrano chiaramente l’ambientazione ai giorni nostri.

In Scene da un matrimonio Mira (Jessica Chastain) e Jonathan (Oscar Isaac) sono due ex sposi che si incontrano in momenti diversi, principalmente nella casa dove abitavano quando erano moglie e marito, e discutono molto, a ondate, passandosi di volta in volta il testimone dell’egoismo, del bisogno, del vuoto e della dipendenza.

Scene da un matrimonio, un racconto aggiornato ai tempi

Nonostante negli anni ’70, quando era uscito Scene da un matrimonio, stessero iniziando le prime rivoluzioni d’idee e ruoli – anzi: forse soprattutto per questo –, a prendere la decisione di andarsene era stato Johan (Erland Josephson), così come ad avere reazioni fisiche violente e ad avere il ruolo talvolta più distaccato.

Nel dramma riscritto da Hagai Levi, invece, le situazioni sono quasi del tutto invertite, non fosse altro perché oggi a subire la scelta del partner è il marito, che si trova quindi a dover gestire ogni anfratto del proprio mondo emotivo, fino a quel momento pressoché sconosciuto.

La ricchezza del riaccostarsi alla triste storia di un matrimonio che finisce, riadattandola alla mentalità di oggi, sta prevalentemente nel fatto che non c’è spiegazione o matassa che possa veramente sbrogliarsi e ricevere finalmente la luce, ed è una questione che vale da che mondo è mondo. Perché il punto principale è sempre uno, e uno solo: è difficile e ci vuol pazienza.

La sintonia armoniosa con cui Jessica Chastain e Oscar Isaac si muovono e danzano nel corso delle sequenze, racconta in maniera perfetta l’andatura di ogni fase che si attraversa quando ci si lascia, ma non ci si vuole lasciare. I protagonisti incastrano gli stati emotivi, alternandoli, raccontandone lo smarrimento, e parlando di qualcosa che conosciamo tutti molto bene – certo: chi più chi meno.

L’universalità dei sentimenti di Scene da un matrimonio

Ma è buffo, per alcuni aspetti, osservare come tutto il mondo (dei sentimenti) sia paese, quando si parla di amore, e quando si capisce che non ci si capisce più, ma in fondo ancora ci sia ama. E poi, come riconoscere se ancora ci si ama veramente? C’è da ammettere che fiumi d’arte si son sprecati su un argomento di tale portata, e tanti ancora ne scorreranno.

Certo è che il lavoro fatto da Hagai Levi è scritto in maniera efficace e chiara, e lo sviluppo del canone naturalistico è reso, appunto, in modo sempre scorrevole dagli attori, che si rimpallano il bisogno di riconoscimento reciproco, con una complicità tale che a volte quasi sfugge loro di mano.

In Scene da un matrimonio Chastain e Isaac traducono un amore di coppia della durata di diciassette anni con la capacità di un talento interpretativo raro, che fu anche del duo formato dalla musa di Ingmar Bergman, Liv Ullmann, e di Erland Josephson. Così come era stato per Storia di un matrimonio di Noah Baumbach, presentato in anteprima sempre a Venezia nel 2019, e per gran parte delle coppie raccontate in chiave assurda da Woody Allen. La potenza di tali storie si sorregge sulla forza del dialogo di chi le interpreta, anche e in modo particolare di quel dialogo che non è espresso. Quasi a voler mostrare, mettendolo in scena, ciò che nella vita parrebbe così complicato da realizzare.

Gold Digger, la nuova serie thriller in arrivo su SKY e NOW

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Gold Digger è la nuova serie tv in arrivo su Sky Serie e NOW, un intenso thriller romantico con Julia Ormond e Ben Barnes. Creata da Marnie Dickens (Thirteen) e con la regia dei primi tre episodi affidata a Vanessa Caswill.

Gold Digger: in streaming, ecco dove vederlo

Gold Digger uscirà dall’8 settembre su SKY SERIE. Gold Digger in streaming sarà disponibile su NOW

Gold Digger disponibile su NOW e anche on demand su Sky. Iscriviti a soli 3 euro per il primo mese e guarda il film e molto altro.

Gold Digger streaming tramaGold Digger: trama e cast

Dopo aver passato decenni della sua vita totalmente concentrata sui bisogni delle persone attorno a lei – il suo ex marito, Ted, e i suoi tre figli, Patrick, Della e Leo – Julia Day (Ormond), una ricca sessantenne, si lancia in una relazione destinata a suscitare accese discussioni. Il suo nuovo compagno, infatti, è più giovane di lei, anzi molto più giovane di lei. Infatti, Benjamin (Barnes), giovane prestante, ha trentasei anni. La famiglia di Julia, compresa la sua ex suocera, una donna senza peli sulla lingua, non ha dubbi: altro che amore, quell’uomo dev’essere per forza un cacciatore di dote. Se non fosse che Julia, innamoratissima, è pronta a difendere questa relazione con tutta se stessa. Per tutta la vita ha sacrificato la sua vita personale, erano anni, infatti, che non si sentiva così viva, così capita e così amata. La sua sarà la scelta giusta? Oppure i suoi figli e il suo ex marito riescono a vedere qualcosa che lei non vede? Cosa nasconde Benjamin? Soprattutto, cos’è successo nel passato della famiglia Day?

Nel cast di Gold Digger protagonisti sono Julia Ormond (Le Streghe dell’East End, The Walking Dead: World Beyond) e Ben Barnes (Le Cronache di Narnia, Dorian Gray) nei panni dei protagonisti, che con la loro scandalosa relazione amorosa portano in scena un vero e proprio tabù: l’equilibrio dey Day, una famiglia benestante della Londra viene infatti scosso quando la madre annuncia di essersi innamorata di un ragazzo con la metà dei suoi anni. Nel cast anche Alex Jennings come Ted Day, l’ex marito di Julia. Sebastian Armesto come Patrick Day, il maggiore dei figli di Julia e Ted. Yasmine Akram come Eimear Day, la moglie di Patrick. Jemima Rooper come Della Day, la figlia di Julia e Ted. Archie Renaux come Leo Day, il figlio di 25 anni di Julia e Ted, che vive ancora con sua madre. Nikki Amuka-Bird come Marsha, l’ex migliore amica di Julia che ha avuto una relazione con Ted. Karla-Simone Spence interpreta Cali Okello, la figlia di Marsha, la giovane adulta travagliata alle prese con la perdita di suo padre. Julia McKenzie come Hazel, la madre di Ted. Indica Watson come Charlotte Day, la figlia di Patrick e la nipote di Julia. David Leon come Kieran, fratellastro di Benjamin

 La prima stagione di Gold Digger

  • St. 1 episodio 1: Her Boy: Julia e Benjamin si incontrano per caso e iniziano a frequentarsi. Quando Julia lo presenta ai suoi figli adulti, si chiedono se le intenzioni di Benjamin siano motivate finanziariamente.
  • St. 1 episodio 2: Julia porta Benjamin nella sua casa nel Devon, e lui è sorpreso di vedere l’estensione della sua ricchezza. La visita è interrotta da un confronto teso con Ted, che mette in discussione le motivazioni di Julia per formare una nuova relazione. Julia sceglie di tornare a Londra e chiede di incontrare gli amici di Benjamin, ma quando si rifiuta di mostrarle dove vive, lei inizia a temere che le stia nascondendo qualcosa. Della si presenta senza preavviso alla porta del suo ex, e viene messa sotto pressione da suo fratello perché dissotterra Benjamin.
  • St. 1 episodio 3: Quando i figli di Julia accusano Benjamin di infedeltà, minaccia di dividerli. Ma la loro relazione si rafforza man mano che vanno a vivere insieme e Benjamin fa la proposta.
  • St. 1 episodio 4: Julia decide di non dire ai suoi figli che è fidanzata quando visitano a Natale, lasciando Benjamin sentirsi rifiutato. Tuttavia, finisce per lasciarlo scivolare durante la cena e nessuno dei suoi figli è felice per lei. Ted mette in discussione con rabbia le motivazioni di Benjamin e propone cinicamente a Marsha in un atto di superiorità. Quando individua le sue ragioni egoistiche e lo rifiuta, lo spinge a ricominciare a bere, oltre a sollecitare i suoi figli a impedire che il matrimonio vada avanti per il bene della loro eredità.
  • St. 1 episodio 5: La tensione si intensifica quando il membro della famiglia perduto da tempo di Ben arriva a casa di Julia e si ingrazia la famiglia. Julia decide una volta per tutte di scoprire la verità sul passato di Ben.
  • St. 1 episodio 6: Con l’arrivo del giorno del matrimonio di Julia e Ben, vengono rivelati altri segreti del passato: per Julia su Ben e per i bambini sul tormentato matrimonio dei loro genitori. Julia e Ben riusciranno ad arrivare all’altare?

Sex Education 3: trailer della nuova stagione in arrivo

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Netflix rilascia il trailer di Sex Education 3, la terza stagione di Sex Education che sarà disponibile dal 17 settembre 2021 con otto nuovi episodi, in tutti i Paesi in cui il servizio è attivo.

È un nuovo anno: Otis fa sesso occasionale, Eric e Adam hanno ufficializzato la loro relazione e Jean sta per avere un bambino. Nel frattempo, la nuova preside Hope (interpretata da Jemima Kirke) cerca di ripristinare gli standard di eccellenza della Moordale, Aimee scopre il femminismo, Jackson si prende una cotta, mentre un messaggio vocale perduto incombe ancora.

Tra i nuovi membri del cast anche: Jason Isaacs nel ruolo di Peter Groff, il fratello maggiore, di maggior successo e decisamente poco modesto del padre di Adam; l’artista Dua Saleh, al debutto attoriale nel ruolo di Cal, un nuovo studente non binario della Moordale; e Indra Ové nel ruolo di Anna, la madre adottiva di Elsie, la sorellina di Maeve.

La serie è interpretata da: Asa Butterfield, Gillian Anderson, Emma Mackey, Ncuti Gatwa, Connor Swindells, Aimee-Lou Wood, Kedar Williams-Stirling, Chaneil Kular, Simone Ashley, Mimi Keene, Tanya Reynolds, Mikael Persbrandt, Patricia Allison, Sami Outalbali, Anne-Marie Duff, George Robinson, Chinenye Ezeudu, Alistair Petrie, Samantha Spiro, Rakhee Thakrar e Jim Howick.

Sex Education è scritta e creata da Laurie Nunn e prodotta da Eleven. Il team di sceneggiatori comprende Sophie Goodhart, Selina Lim, Mawaan Rizwan, Temi Wilkey e Alice Seabright, con il contributo di Jodie Mitchell. La terza stagione è diretta da Ben Taylor e Runyararo Mapfumo, mentre Laurie Nunn, Ben Taylor e Jamie Campbell sono i produttori esecutivi.

Il Buco, recensione del film di Michelangelo Frammartino

Nel 2007, quando il regista Michelangelo Frammartino stava girando in Calabria Le quattro volte, viene invitato dal sindaco per una visita nel Parco del Pollino e, nell’occasione, con grande fierezza il primo cittadino gli fa vedere l’Abisso del Bifurto. L’esperienza è così impressionante, da spingere Frammartino a farne un film, mosso dalla suggestione di quei luoghi primordiali, e dal suono senza fondo del baratro della grotta.

Perché è proprio attorno a questi punti che ruota la narrazione de Il Buco, presentato in Concorso alla 78esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica a Venezia. Il silenzio totalizzante, senza alcun tipo di scelta musicale, i dialoghi praticamente inesistenti, vengono fatti interrompere solo a tratti dal richiamo di un pastore verso il suo gregge, o dai fischi di speleologi che si calano tra le rocce, che risultano comunque essere parte di un codice proveniente da un mondo antico.

Il Buco, un codice proveniente da un mondo antico

La storia, infatti, è ambientata nel 1961, quando un gruppo di esploratori piemontesi decide di partire per una spedizione volta a tracciare le profondità dell’Abisso del Bifurto, appunto. E il tutto in un periodo storico che stava gettando le basi per cui molti degli equilibri biologici di quella zona si sarebbero iniziati irreversibilmente a incrinare.

Quando in Italia il boom economico stava esplodendo, e cominciavano a fiorire palazzi di centinaia di metri, degli uomini si incuneavano nei primordi dei meandri della Terra, evento che diventa l’ottima scusa per Michelangelo Frammartino per raccontare e portare alla luce una volta di più qualcosa che oggi abbiamo – evidentemente – sepolto sotto strati di cemento.

Le uniche parole si sentono all’inizio del film, e sono di una trasmissione televisiva di quegli anni, nella quale il telecronista si mostra arrampicato su un’impalcatura che sale verso la cima del Pirellone in costruzione, nel cuore di Milano, e ne spiega la spettacolarità, l’avanguardia. Ed è esattamente di questo calibro la missione che vuole intraprendere il regista: scendere nella natura selvaggia e incontaminata, grezza e inospitale, per narrarla in contrasto con tutto quel che poi lo scintillio apparente della modernità avrebbe inesorabilmente portato di lì a poco. E lo fa con espedienti che lavorano per alternanza tra l’asprezza degli spazi e dei volti, e l’affaccio di quel che stava penetrando man mano nel quotidiano, proprio come la televisione vissuta come un rituale serale condiviso nella piazza del paese. Il mondo artificiale, l’intervento predatorio dell’uomo, è raccontato a chiazze di colore, improvvise ma ancora timide, esemplificato da ritagli di giornali raffiguranti Sophia Loren, Kennedy, Marilyn Monroe, che vengono dati alle fiamme dagli speleologi e poi gettati nella caverna per scorgerne eventuali passaggi.

Un inno al dominio del creato

Il quadro che dipinge Frammartino è ancora avvolto dal dominio del creato, che abbraccia e ingloba tutte le scene, quasi come se fosse un’entità che impera dall’alto, e gestisce governando ciò che è concesso da ciò che non lo è. È dell’incontaminazione che vuole parlare, di com’era un tempo, lasciando una testimonianza che fa da monito su come sarebbe davvero il luogo che abitiamo, dentro al quale siamo solo ospiti, e che possiede una potenza che sa essere anche distruttiva.

Attraverso delle immagini che spesso sono statiche, inamovibili come montagne, a volte estenuanti per la lentezza, e che fanno sobbalzare dai rumori tuonanti e inaspettati, Il Buco fa esattamente ciò che promette: trascina in un terreno ostile, a cui è l’uomo a doversi adattare, senza possibilità di contrattazione di sorta, pena: la morte, oppure – e probabilmente, forse, è peggio – l’estraniazione in grandi città che fanno dimenticare le radici alle quali apparteniamo.

MCU: 10 attrici di talento al servizio di personaggi, ad oggi, mal sfruttati

Dal momento che il Marvel Cinematic Universe si basa su una trama tentacolare in continua evoluzione da oltre un decennio, è normale che molti personaggi sia stati trascurati, se non addirittura dimenticati. Nello specifico, ciò riguarda molti dei personaggi femminili apparsi nel MCU, dal momento che alcune attrici hanno interpreto ruoli che non hanno mai reso davvero giustizia al loro talento.

Letitia Wright, Shuri

T’Challa è sempre stato il personaggio principale dei fumetti di Black Panther, e ciò è valido anche per il film omonimo. Tuttavia, Shuri non ha avuto molto tempo per brillare davvero nelle sue apparizioni nel MCU finora.

Naturalmente, questo potrebbe cambiare a mano a mano che il suo ruolo verrà ampliato in Black Panther: Wakanda Forever. È probabile che Letitia Wright avrà più da fare nel momento in cui inizierà a trascorrere più tempo fuori dal suo laboratorio.

Jaimie Alexander, Lady Sif

A differenza della maggior parte dei personaggi cinematografici del MCU, Lady Sif ha effettivamente avuto la possibilità di apparire in una delle serie del MCU, ossia Loki. Jaimie Alexander interpreta Lady Sif, una guerriera che sostiene pienamente Thor, ma questo è tutto ciò che nei film viene rappresentato del personaggio.

Sebbene la serie Agents of SHIELD non sia più considerata parte del MCU vero e proprio, Lady Sif è apparsa in due episodi dello show, dove il suo personaggio ha dimostrato la sua lealtà al trono di Asgard, un forte senso di giustizia ed empatia per l’Inumana Daisy, che ha aggiunto profondità al suo personaggio. Se dovesse apparire di nuovo nei film, gli sceneggiatori potrebbero prendere spunto dalle sue apparizioni in Agents of SHIELD per renderla ancora più eccezionale. 

Natalie Dormer, Lorraine

È improbabile che Lorraine tornerà nel MCU. E va bene così, considerato che ha lavorato nell’ufficio SSR in Captain America: Il primo Vendicatore decenni fa. Il rovescio della medaglia è che Natalie Dormer ha avuto solo pochi minuti in un film nel Marvel Cinematic Universe, quando Dormer è un’attrice davvero potente.

È facilmente credibile sia come eroe che come cattiva, come ha dimostrato la sua avvincente interpretazione nella serie Game of Thrones. Naturalmente, molti attori hanno già interpretato più ruoli nel MCU, quindi è del tutto possibile che Natalie Dormer possa dare vita a un altro personaggio dei fumetti in futuro e che il MCU possa dare a quest’attrice quanto le spetti.

Lupita Nyong’o, Nakia

Non c’è dubbio che Nakia sia un personaggio interessante in Black Panther. È l’unica donna nel film che è una combattente ma non è un membro della Dora Milaje. Detto questo, gran parte della sua storia ruota attorno al fornire supporto a T’Challa.

Sebbene ciò sia comprensibile dal momento che il film parla di T’Challa che rivendica il suo trono, Nakia merita di avere la sua storia, specialmente con un’attrice premio Oscar come Lupita Nyong’o nel ruolo. È del tutto possibile che, come Shuri, il suo ruolo verrà ampliato nei prossimi progetti del MCU incentrati su Wakanda.

Glenn Close, Nova Prime

Nel film Guardiani della Galassia, il Nova Corps rappresenta le forze dell’ordine ai margini della galassia. Sebbene molti dei personaggi che compongono l’organizzazione non vengano neanche nominati (vediamo, piuttosto, le loro navi spaziali), sappiamo che Nova Prime è il loro leader.

Un’attrice di talento come Glenn Close è fantastica per un ruolo che le permette di comandare un gruppo come questo. Tuttavia, i Nova Corps vengono sostanzialmente distrutti non molto tempo dopo la loro prima apparizione. Ciò ha privato Close della possibilità di interagire con altri personaggi spaziali nelle future puntate del MCU, a meno che non ci sia qualcosa in serbo per il personaggio in futuro, che potrebbe essere sopravvissuto in qualche modo.

Michelle Pfeiffer, Janet Van Dyne

Quando Hope Van Dyne è stata introdotta in Ant-Man, era chiaro che ammirava molto entrambi i suoi genitori per le loro azioni eroiche. Sfortunatamente, sua madre Janet ha avuto solo una breve introduzione in Ant-Man and the Wasp, come parte di una storia più ampia.

Michelle Pfeiffer che si unisce al MCU ha entusiasmato molti fan, specialmente i fan dei fumetti che l’hanno amata nel ruolo di Catwoman anni fa. Pfeiffer è una grande attrice drammatica, e il suo ruolo di Janet meriterebbe un po’ più di attenzione, cosa che potrebbe comunque arrivare con le sue future apparizioni nel MCU. 

Lashana Lynch, Maria Rambeau

Quando Captain Marvel ha debuttato nei cinema, il film ha dato al personaggio del titolo una migliore amica, Maria Rambeau, che il pubblico sospettava potesse essere qualcosa di più. Frammenti di ricordi della sua vita sulla Terra hanno rivelato l’amicizia di Carol e Maria sia nell’aviazione che nelle sessioni di karaoke. Una manciata di scene drammatiche di Maria con Carol e sua figlia Monica figurano anche tra i momenti salienti del film.

Tuttavia, proprio quando il pubblico ha avuto modo di conoscerla meglio, il MCU è andato avanti velocemente di alcuni decenni, nell’era post-Thanos, per rivelare che Maria era morta, mentre sua figlia è scomparsa per cinque anni. Sembra un’occasione sprecata per l’arco narrativo del personaggio: ecco perché molti fan sperano che il MCU rivisiti Maria negli anni ’90. 

Rebecca Hall, Maya Hansen

Iron Man 3 presenta molti cattivi. Tra questi ci sono il (falso) Mandarino, persone guarite dal siero Extremis, Aldrich Killian e Maya Hansen. Sebbene i fan abbiano prestato molta più attenzione al finto Mandarino, la vera tragedia del film è che Maya Hansen non è la vera cattiva come, invece, era previsto in origine.

Rebecca Hall ha interpretato il personaggio in maniera brillante, ma la verità è che il suo ruolo è drasticamente cambiato. Con il suo desiderio di aiutare le persone e la sua vendetta contro Tony Stark, è certo che Maya Hansen sarebbe stata un grande cattivo nel film.

Liv Tyler, Betty Ross

Liv Tyler offre una grande interpretazione grazie al ruolo di Betty Ross ne L’incredibile Hulk, ma molti fan tendono a dimenticare che il film fa anche parte della continuity del MCU. Ciò è dovuto al fatto che Bruce Banner è stato interpretato da Mark Ruffalo dopo Edward Norton e che a maggior parte dei personaggi di quel film non sia più tornata nel MCU.

Betty non si è più vista nel MCU da allora, se non nel terzo episodio della serie animata What If… ?, anche se è stato doppiato da un’altra attrice. Un vero peccato, dal momento che Betty fornisce molta della forza alla base del personaggio di Bruce Banner nei fumetti, una forza che, però, non sembra avere nel MCU. Gran parte della vita di Hulk al di fuori dei Vendicatori non è nota, a differenza di molti altri personaggi che compongono la squadra, cosa che ha lasciato Betty in una sorta di limbo mai realmente esplorato. 

Elizabeth Debicki, Ayesha

AyeshaProprio come Iron Man 3, Guardiani della Galassia Vol. 2 mette molta carne al fuoco, oltre a due diversi cattivi che il pubblico deve tenere d’occhio. Di conseguenza, viene prestata più attenzione a Ego come padre di Peter Quill che ad Ayesha, l’essere alla ricerca dei Guardiani per il loro furto.

Elizabeth Debicki non può fare molto nel corso del film se non essere arrabbiata con i Guardiani per il loro tradimento, anche se, come molti dei personaggi nel film, probabilmente avrà un ruolo più importante nella prossima puntata del franchise Marvel.

Shang-Chi: Kevin Feige chiarisce un dettaglio in merito alle scene post-credits

ATTENZIONE: L’ARTICOLO CONTIENE SPOILER SU SHANG-CHI E LA LEGGENDA DEI DIECI ANELLI!!!

Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli presenta due scene post-credits, con l’ultima che mostra la sorella dell’eroe, Xu Xialing, che prende il comando dell’organizzazione del titolo. Alla fine di quella scena, appare sullo schermo la scritta: “I Dieci Anelli torneranno”, un inquietante avvertimento che anticipa che il gruppo avrà un futuro nel MCU.

Durante una recente intervista con Screen Rant, al presidente dei Marvel Studios Kevin Feige è stato chiesto perché quella scritta anticipa il ritorno dei Dieci Anelli invece di quello del protagonista Shang-Chi. “Ad essere onesti, penso che l’intenzione della prima scena post-credits renda molto chiaro che Shang-Chi tornerà, quindi non penso ci fosse bisogno di dirlo di nuovo”, ha spiegato il produttore. “La fine di quella seconda scena post-credits riguardava più l’organizzazione stessa, i Dieci Anelli, che sembra, nel corso del film, che sia stato smantellata. Alla fine, quella scritta ti conferma che, in realtà, non è così.”

“Fin dall’inizio non abbiamo mai pensato di mettere alcun avviso. Non ne abbiamo neanche mai parlato Jonathan Schawartz, il produttore del film”, ha aggiunto Feige. “Penso che sia molto chiaro, in base alla prima scena post-credits, che Shang-Chi tornerà. Quindi non c’era bisogno di nessuna scritta.”

Questa logica ha perfettamente senso e sembra probabile che i Dieci Anelli avranno un impatto sul MCU al di fuori del franchise di Shang-Chi. Chiaramente, questo sarà da vedere, ma la prima scena post-credits ha sicuramente chiarito che il personaggio del titolo avrà problemi più grandi da affrontare rispetto al nuovo impero criminale di sua sorella mostrato, invece, nella seconda scena post-credits.

L’uscita nelle sale di Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli è fissata al 3 settembre 2021. Destin Daniel Cretton, acclamato regista di Short Term 12The Glass Castle e Il Diritto di Opporsi con Michael B. JordanJamie Foxx e Brie Larson, è stato scelto per dirigere il film, che vanta la sceneggiatura di Dave Callaham (The Expendables, Godzilla, Wonder Woman 1984).

Vi ricordiamo che nei panni del protagonista ci sarà l’attore canadese Simu Liu, visto di recente nella commedia di Netflix Kim’s Convenience. Insieme a lui, nel cast, figureranno anche Tony Leung nei panni del Mandarino, e Awkwafina, che dovrebbe interpretare un “leale soldato” del Mandarino, e se è vero che il villain qui sarà il padre di Shang-Chi, in tal caso ci sono ottime possibilità che si tratti di Fah Lo Suee. Chi ha letto i fumetti saprà che è la sorella dell’eroe del titolo e che il suo superpotere è l’ipnosi.

Aquaman 2: Nicole Kidman tornerà nei panni della regina Atlanna?

Nicole Kidman ha interpretato per la prima volta la Regina di Atlantide, madre di Arthur Curry, in Aquaman del 2018, con Jason Momoa nel ruolo dell’eroe eponimo. Il sequel, intitolato ufficialmente Aquaman and the Lost Kingdom, è attualmente previsto per il 16 dicembre 2022 nelle sale americane.

Diretto da James Wan (meglio conosciuto per aver dato vita ai franchise horror di Saw, Insidious e The Conjuring), il primo Aquaman rimane uno dei film di maggior successo del DC Extended Universe. Ha incassato oltre 1 miliardo di dollari in tutto il mondo e ha ricevuto recensioni generalmente positive da parte della critica, in particolare per la visione di Wan e la performance di Momoa. Diversi personaggi sono già stati confermati per il sequel, tra cui Mera di Amber Heard e Orm Marius/Ocean Master di Patrick Wilson, ma finora non ci sono state notizie ufficiali in merito a Kidman.

Tuttavia, come portato alla luce da Screen Rant grazie ad un nuovo report di Variety, numerosi media di Hong Kong, dove Nicole Kidman sta attualmente girando la serie Amazon Expats, stanno facendo riferimento al suo ritorno in Aquaman 2. Secondo le varie fonti, infatti, l’attrice premio Oscar si recherà presto nel Regno Unito per girare il cinecomic targato DC, in cui tornerà, ovviamente, nei panni della regina Atlanna.

La Warner Bros. non ha ancora commentato questi report, ma se dovessero rivelarsi veritieri, vale la pena chiedersi perché lo studio non ha ancora annunciato il coinvolgimento di Kidman in Aquaman 2 in via ufficiale. Wan ha già annunciato che il sequel sarà più complesso del suo predecessore a livello narrativo, quindi è probabile che questa volta sia previsto un ruolo più dirompente per Atlanna. Tuttavia, può anche essere che la Warner Bros. stia aspettando di capire meglio quali siano gli impegni dell’attrice e, soprattutto, la sua effettiva disponibilità prima di annunciarla tra i membri ufficiali del cast del sequel.

Tutto quello che c’è da sapere su Aquaman 2

Jason Momoa è atteso di nuovo nei panni dell’eroe in Aquaman and the Lost Kingdom, sequel del film che ha rilanciato in positivo le sorti dell’universo cinematografico DC. Nel sequel, diretto ancora una volta da James Wan (Insidious, The Conjuring), torneranno anche Patrick Wilson nei panni di Ocean Master, Amber Heard, che tornerà nei panni di Mera, Dolph Lundgren che sarà ancora una volta Re Nereus, il padre di Mera, e ancora Yahya Abdul-Mateen II nei panni di Black Manta, che abbiamo visto riapparire nella scena post-credit del primo film.

David Leslie Johnson-McGoldrick, collaboratore ricorrente di Wanscriverà la sceneggiatura del film, mentre il regista e Peter Safran saranno co-produttori. Aquaman and the Lost Kingdom uscirà nelle sale americane il 16 dicembre 2022.

La scuola cattolica: la recensione del film con Benedetta Porcaroli

Nella notte tra il 29 e il 30 settembre del 1975 si svolge il massacro del Circeo, un evento che scuote profondamente l’Italia, il quale è però solo uno dei tanti picchi di violenza di un decennio estremamente cupo della storia di questo Paese. Gli anni Settanta, anni di piombo, dove agguati, sparatorie, sequestri, scontri di piazza e stragi di Stato non fanno altro che consolidare una strategia del terrore ancora oggi ineguagliata. A quel massacro oggi Stefano Mordini, già regista di Acciaio, Pericle il nero Il testimone invisibile, dedica il suo nuovo film, presentato Fuori Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia. Si intitola La buona scuola, ed è l’adattamento cinematografico dell’omonimo libro di Edoardo Albinati, vincitore nel 2016 del Premio Strega.

Il film, che per i personaggi adulti vanta la presenza di attori come Valeria Golino, Riccardo Scamarcio e Jasmine Trinca, è ambientato in un quartiere residenziale di Roma. Qui sorge una nota scuola cattolica maschile, dove i ragazzi dell’alta borghesia vengono educati. Le loro famiglie sono convinte che in quel contesto i figli potranno crescere protetti dai tumulti che stanno attraversando la società e che la rigida educazione potrà spalancare loro le porte di un futuro luminoso. Il delitto del Circeo rompe però per sempre quella fortezza di valori apparentemente inattaccabili. I responsabili sono infatti tre ex studenti di quella scuola e il film cerca di capire da dove tanta cieca violenza si sia generata.

Ripercorrere gli anni di piombo

Sugli eventi più drammatici degli anni Settanta si è detto e scritto molto. Ancora oggi ci si interroga sulle responsabilità di determinati episodi e la comprensione di questi è sempre più risultata complessa e ricca di punti di vista. Nel suo romanzo, Albinati si concentra in particolare sul ruolo che il cattolicesimo e l’insegnamento di questo ha avuto nel dar vita alle degenerazioni oggi note. Per lo scrittore, le rigide regole della scuola cattolica hanno impedito ai giovani di dotarsi degli strumenti necessari per comprendere la società che li circondava. Il film di Mordini segue questa pista, senza dimenticare di contestualizzare la provenienza di quelli che sono qui i giovani protagonisti.

Il film, costruito per salti temporali, punta dunque a ricordare i retroscena di eventi come il massacro del Circeo. Al di fuori della scuola, i giovani protagonisti vivono divisi tra vani divertimenti e la totale assenza di figure genitoriali valide. Ad oggi è evidente che le colpe dietro molti degli orrori di quel decennio sono da ricondursi alla Chiesa, alle famiglie, ma anche alla politica, allo stesso Stato e ad altri soggetti di questo tipo. La scuola cattolica non nasconde tutto ciò, ma anzi lo ribadisce in più occasioni nel corso della sua durata. Non si tratta infatti di un film sul delitto del Circeo, quanto piuttosto su ciò che ha portato al verificarsi di un episodio di quel tipo.

La scuola cattolica recensione

La scuola cattolica: la recensione del film

Ancora oggi gli anni Settanta sono un argomento piuttosto delicato, quasi tabù, che il cinema italiano affronta poco e sempre con la massima attenzione ad evitare certi argomenti. Il film di Mordini poteva dunque essere un’ottima opportunità per spezzare una volta di più questo silenzio, ma il risultato di La scuola cattolica non contribuisce invece a dire nulla di particolarmente rilevante. I suoi personaggi e gli eventi sono continuamente ostacolati da una lunga serie di cliché e le accuse che vengono mosse risultano sterili. Non basta far dire ad uno dei protagonisti, nonché narratore del film, che gli episodi di violenza mostrati sono frutto di anni di “polvere nascosta sotto al tappeto”.

Si accennano molte riflessioni interessanti all’interno del film, ma nessuna riesce a rendere giustizia ad un periodo storico forse troppo complesso per essere narrato in modo soddisfacente. Quando infine si giunge alla rappresentazione del delitto (dove nel ruolo di Donatella, una delle due ragazze torturate, si ritrova Benedetta Porcaroli) il tutto appare privo di forza, probabilmente perché non si è prima costruito un sufficiente clima di tensione. Le lunghe scene all’interno della casa, per quanto non risparmino in nudità, violenza e sangue, non hanno lo stesso impatto di altri film con situazioni simili. Mancando tanto di essere una brillante riflessione sociale quanto un racconto coinvolgente, La scuola cattolica risulta piuttosto un’occasione sprecata.

Shang-Chi: l’impatto che il potere dell’eroe avrà sul futuro del MCU

Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli è finalmente arrivato nelle sale di tutto il mondo e il regista Destin Daniel Cretton, come da tradizione, è attualmente impegnato con la promozione dell’ultima avventura della Fase 4 del MCU.

Durante una recente intervista con Collider, al regista è stato chiesto dei poteri del Maestro delle Arti Marziali, in particolare se fossero allo stesso livello di personaggi quali Thor e Hulk. Senza nominare alcun personaggio specifico, Cretton ha anticipato che nel finale del film Shang-Chi si trova ad un “livello simile” a quello degli eroi più formidabili del MCU.

“Dipende se ti stai riferendo all’inizio del film o alla fine”, ha detto Cretton. “Penso che alla fine del film Shang-Chi sia ad un livello simile a quello di alcuni dei nostri supereroi preferiti nel MCU. Abbiamo discusso della cosa per gioco, ovviamente, ma non saprei dare una risposta precisa al momento. Tuttavia sono sicuro che esploreremo i suoi poteri in futuro.”

SEGUONO SPOILER SULLA TRAMA DI SHANG-CHI E LA LEGGENDA DEI DIECI ANELLI!!!

Come anticipato da Cretton, il potere di Shang-Chi è decisamente ad un altro livello nella scena a metà dei titoli di coda. Anche se era già un guerriero letale, il personaggio sembra attingere dall’energia mistica di Ta Lo dopo l’allenamento con sua zia, riuscendo in seguito ad esercitare le sue stesse abilità. Se a ciò aggiungiamo il vaso potere dei Dieci Anelli, è facile immaginare che Shang-Chi si scontrerà molto presto con uno dei suoi compagni Vendicatori.

Sempre nella medesima intervista, Destin Daniel Cretton ha spiegato se quella scena post-credits è stata concepita pensando al futuro del personaggio nel MCU. “Stiamo sicuramente ponendo una domanda che punta ad una direzione che abbia senso per ciò che sta accadendo nel MCU”, ha sottolineato il regista. “Per noi è una direzione molto eccitante da esplorare in futuro. Le domande che rimangono senza una risposta non sono eccitatn isolo per i fan, ma lo sono anche per tutti i creativi che lavorano al film. Quello che stanno attraversando i fan è esattamente quello che stiamo attraversando noi. Anche noi ci interroghiamo sul potenziale e su quello che potrebbe eventualmente succedere. Fa anche questo parte del divertimento che nasce dal lavorare per un grande studio come la Marvel.”

L’uscita nelle sale di Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli è fissata al 3 settembre 2021. Destin Daniel Cretton, acclamato regista di Short Term 12The Glass Castle e Il Diritto di Opporsi con Michael B. JordanJamie Foxx e Brie Larson, è stato scelto per dirigere il film, che vanta la sceneggiatura di Dave Callaham (The Expendables, Godzilla, Wonder Woman 1984).

Vi ricordiamo che nei panni del protagonista ci sarà l’attore canadese Simu Liu, visto di recente nella commedia di Netflix Kim’s Convenience. Insieme a lui, nel cast, figureranno anche Tony Leung nei panni del Mandarino, e Awkwafina, che dovrebbe interpretare un “leale soldato” del Mandarino, e se è vero che il villain qui sarà il padre di Shang-Chi, in tal caso ci sono ottime possibilità che si tratti di Fah Lo Suee. Chi ha letto i fumetti saprà che è la sorella dell’eroe del titolo e che il suo superpotere è l’ipnosi.

MCU: come vengono scelti i progetti destinati a Disney+

Anche se i film del MCU saranno sempre il centro nevralgico della narrazione principale del franchise, le serie destinate a Disney+ sono comunque parte integrante di quella narrativa generale all’interno della Fase 4, e non solo. Le serie rese disponibile fino ad ora, infatti, hanno delle chiare e palesi connessioni con ciò che abbiamo visto (e vedremo) sul grande schermo.

Anzi, la trama cruciale di questa nuova era del Marvel Cinematic Universe è stata addirittura impostata dalla serie Loki, che nell’episodio finale della prima stagione ha introdotto Colui che rimane (una variante di Kang il Conquistatore, destinato a diventare il prossimo grande cattivo del franchise), la cui morte ha ufficialmente ribaltato la linea temporale e impostato il Multiverso.

Alla luce di ciò, è ormai sempre più chiaro che guardare la serie dei Marvel Studios destinate a Disney+ è obbligatorio per chiunque desideri una piena comprensione di ciò che sta accadendo nell’universo. Ma in che modo la Marvel stabilisce quali sono i progetti che devono essere sviluppati per il servizio di streaming?

Jonathan Schwartz, produttore di Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli e dell’annunciata serie Secret Invasion, ha spiegato il processo dietro tale decisione a Collider, proprio in occasione dell’uscita del nuovo film dei Marvel Studios. Secondo lui, si tratta di una scelta collettiva, ma alla fine tutto si riduce al tipo di storia che si vuole raccontare. Disney+ è riservato per narrazioni più audaci e diverse da quelle che di solito vediamo sul grande schermo.

“È qualcosa che abbiamo capito tutti insieme. Cosa ha senso per Disney+? Cosa ha senso per i film? Quali personaggi sono meglio per il grande schermo e quali per lo streaming”, ha spiegato Schwartz. “È qualcosa che stabiliamo in gruppo. Penso che la cosa bella di Disney+ è che ci dà l’opportunità di raccontare storie che forse sono al di fuori della portata di ciò che saremmo in grado di fare in un film. Il cinema vuole una tela diversa, una struttura diversa. Forse in passato non saremmo stati in grado di fare con i film quello che facciamo oggi con le serie tv. Tutti questi show ci hanno dato la sicurezza di poter fare determinate scelte, forse più coraggiose. L’obiettivo è alzare sempre di più l’asticella, perché il pubblico ormai si sta abituando ad un nuovo tipo e ad un nuovo livello di narrazione.”

La serie dei Marvel Studios su Disney+

Le serie Marvel attualmente disponibili su Disney+ sono WandaVision, The Falcon and the Winter Soldier, Loki e What If… ? (attualmente in onda). La prossima serie dello studio ad arrivare sulla piattaforma di streaming sarà Hawkeye incentrarà sul personaggio di Clint Barton/Occhio di Falco interpretato nel MCU da Jeremy Renner, che introdurrà ufficialmente la Kate Bishop di Hailee Steinfeld.

Dune: Denis Villeneuve pronto a girare la Parte 2 già il prossimo anno

C’è ancora molta incertezza attorno a quello che sarà il futuro di Dune, dal momento che il film non è ancora arrivato nelle sale e, di conseguenza, ancora nessuno sa come il film verrà accolto al box office. Tuttavia, il regista Denis Villeneuve sembra molto ottimista in merito al fatto che, alla fine, la Warner Bros. deciderà di dare ufficialmente il via libera a Dune: Parte 2.

Le prime reazioni al film da parte della stampa, a seguito della prima mondiale in occasione di Venezia 78, sono state estremamente positive. Tuttavia, c’è la possibilità che il film non riceva lo stesso tipo di accoglienza da parte del pubblico (anche in considerazione della situazione legata al Covid-19 che, purtroppo, stiamo ancora vivendo). Al di là di tutto, però, Villeneuve ha rivelato che se e quando lo studio gli concederà il via libera, sarà pronto per iniziare a lavorare alla seconda parte già il prossimo anno.

“Per lavorare velocemente ad un film di questa portata devi realizzare set, costumi… quindi stiamo parlando di mesi e mesi”, ha spiegato il regista a Slash Film. “Se ci sarà entusiasmo da parte del pubblico e il sequel riceverà il via libera prima o poi, direi che potrei essere già pronto a girare nel 2022, questo è certo. Mi piacerebbe portare la seconda parte sul grande schermo il prima possibile. Sono pronto.”

Non ci resta che aspettare e vedere che tipo di accoglienza verrà riservata a Dune, ma per ora Denis Villeneuve è comunque felice di poter anticipare grandi cose per il suo potenziale sequel. “Il compito difficile, con la prima parte, è stato quello di far conoscere al pubblico questo mondo. Le sue idee, i suoi codici, le sue culture, le diverse famiglie, i diversi pianeti. Una volta superato quello scoglio, diventa come un enorme parco giochi assolutamente folle”, ha aggiunto il regista. “A questo punto, un sequel mi permetterà di azzardare ancora di più. Forse non lo dovrei dire, ma per me questa prima parte di Dune è come una sorta di antipasto. La seconda parte sarà come la portata principale, in cui avremo sicuramente la possibilità di aggiungere molte più cose. Questo è quello che posso dire per ora. La prima parte è stata di gran lunga il progetto più eccitante della mia carriera. Solo l’idea della seconda parte mi rende ancora di più euforico.”

Dune è interpretato da un cast stellare composto da Timothée ChalametRebecca FergusonDave Bautista, Oscar IsaacJason MomoaZendayaJosh BrolinJavier BardemStellan Skarsgård, Sharon Duncan Brewster, Stephen McKinley Henderson, Chang Chen, David Dastmalchian e Charlotte Rampling.

Viaggio mitico ed emozionante di un eroe, Dune narra la storia di Paul Atreides, giovane brillante e dotato di talento, nato per andare incontro a un destino più grande della sua immaginazione, che deve raggiungere il più pericoloso pianeta dell’universo per assicurare un futuro alla sua famiglia e al suo popolo. Mentre forze malvage combattono per l’esclusivo possesso della più preziosa risorsa esistente sul pianeta — una spezia capace di liberare tutte le potenzialità della mente umana — solo coloro i quali sapranno sconfiggere le proprie paure sopravviveranno.

Denis Villeneuve ha diretto Dune e ha scritto la sceneggiatura insieme a Jon Spaihts ed Eric Roth, basata sul romanzo omonimo scritto da Frank Herbert. Il film è prodotto da Mary Parent, Denis Villeneuve, Cale Boyter e Joe Caracciolo, Jr. I produttori esecutivi sono Tanya Lapointe, Joshua Grode, Herbert W. Gains, Jon Spaihts, Thomas Tull, Brian Herbert, Byron Merritt e Kim Herbert.

Venom: La furia di Carnage, perché Andy Serkis ha usato la CGI e non il mo-cap

Quando è stato annunciato che Andy Serkis avrebbe preso il timone di Venom: La furia di Carnage, la stragrande maggioranza dei fan si aspettava che l’attore e regista portasse la sua esperienza con la tecnica del motion capture nel sequel. In realtà, le cose sono andate diversamente, dal momento che sia ​​Venom che Carnage sono stati portati in vita, nel film, principalmente attraverso la CGI.

“Ho trascorso gran parte della mia vita interpretando un personaggio alle prese con i due lati della sua personalità”, ha spiegato Serkis in una nota di produzione ufficiale (via Reddit). “Sapevo che questo film si sarebbe focalizzato su come liberare Tom per immaginare la presenza di Venom. Sapevamo che non sarebbe stato utile per lui recitare di fronte a un uomo in giacca e cravatta, perché Venom è un simbionte che proviene da lui. Volevamo dare a Tom, durante la lavorazione, quella libertà che gli permettesse i dare la performance che voleva.”

Nonostante ciò, Serkis ha comunque usato la sua esperienza con il mo-cap “come strumento per trovare la fisicità dei personaggi”. Alla fine, la performance di Tom Hardy è stata fondamentale nel modo in cui Venom è stato portato in vita, ma per quanto riguarda Carnage? Si tratta di un simbionte molto diverso e, all’inizio, il regista si è servito del mo-cap per portarlo sul grande schermo.

“A differenza di Venom, Carnage non doveva necessariamente essere bipede. Può muovere i suoi tentacoli in modi diversi”, ha spiegato Serkis. “Ho lavorato con molti ballerini allo studio Imaginarium per trovare modi interessanti per fare muovere quel personaggio, come se stessimo prendendo l’energia di Venom e la stessimo spostando, muovendoci in modi davvero interessanti, più guidati e contorti da un punto di vista psicologico. È stato fantastico aver avuto l’opportunità di lavorare con la performance capture per costruire una base del personaggio e trovare un vocabolario fisico per il modo in cui sarebbe stato effettivamente Carnage.”

Quello che sappiamo su Venom: La furia di Carnage

Tom Hardy ritorna sul grande schermo nel ruolo del “protettore letale” Venom, uno dei personaggi Marvel più enigmatici e complessi. In Venom: La furia di Carnage assisteremo allo scontro tra il simbionte e Cletus Kasady, aka Carnage, uno degli antagonisti più celebri dei fumetti su Spider-Man, interpretato da Woody Harrelson.

Nel cast del sequel anche Michelle Williams (Fosse/Verdon) nei panni di Anne Weying, Naomie Harris (No Time to Die) nei panni di Shriek e l’attore inglese Stephen Graham (Boardwalk Empire, Taboo). Il film uscirà in autunno al cinema.

Zachary Levi esprime il suo rammarico per il ruolo di Fandral nel franchise di Thor

Di recente, Zachary Levi è stato ospite del Dragon Con 2021, dove ha avuto la possibilità di esporre nuovamente le sue idee in merito ad un eventuale scontro sul grande schermo tra i personaggi di Shazam e Black Adam. Tuttavia, l’attore ha avuto anche modo di riflettere a posteriori sulla sua esperienza con il Marvel Cinematic Universe.

Per chi non lo ricordasse, infatti, Levi ha interpretato Fandral in Thor: the Dark World e Thor: Ragnarok, nonostante all’inizio, ossia nel primo Thor del 2011, il personaggio sia stato interpretato da Josh Dallas, che ha dovuto rinunciare al ruolo per altri impegni. Nonostante l’attore abbia descritto il suo coinvolgimento nel MCU come “un sogno diventato realtà”, ha anche ammesso che inizialmente i Marvel Studios gli avevano parlato di un ruolo molto più corposo dei Tre Guerrieri in Dark World, senza nascondere una punta di delusione.

“Ad essere onesti, avevo visto il primo film e non mi sembrava che i Tre Guerrieri venissero usati bene”, ha dichiarato l’attore. “Quando ho firmato mi hanno detto che i Tre Guerrieri avrebbero avuto un ruolo molto più importante in Thor: The Dark World. In realtà non è stato così. Per non parlare di Thor: Ragnarok, dove non avevo davvero nulla da fare. Sapevo che sarei morto e, anche se non fossi morto, probabilmente mi avrebbe fatto comunque sparire in qualche modo. Chi voglio prendere in giro?”

Anche se il suo coinvolgimento con il MCU, alla fine, si è rivelato una sorta di delusione, Levi ha comunque sottolineato di essere grato per quell’esperienza: “Sono morto nell’Universo Marvel e poi sono rinato nell’Universo DC. Non posso esprimere a parole quanto sia incredibilmente bello e quanto io sia profondamente grato per tutto ciò.”

Venezia 78, foto dal red carpet: Valeria Golino, Jasmine Trinca, Valentina Cervi e…

E’ stato presentato fuori concorso a Venezia 78, La Scuola Cattolica di Stefano Mordini con Benedetta Porcaroli, Valentina Cervi, Valeria Golino, Jasmine Trinca.

SINOSSI

In un quartiere residenziale di Roma sorge una nota scuola cattolica maschile dove vengono educati i ragazzi della migliore borghesia. Le famiglie sentono che in quel contesto i loro figli possono crescere protetti dai tumulti che stanno attraversando la società e che quella rigida educazione potrà spalancare loro le porte di un futuro luminoso. Nella notte tra il 29 e il 30 settembre 1975 qualcosa si rompe e quella fortezza di valori inattaccabili crolla sotto il peso di uno dei più efferati crimini dell’epoca: il delitto del Circeo.
I responsabili sono infatti ex studenti di quella scuola, frequentata anche da Edoardo, che prova a raccontare che cosa ha scatenato tanta cieca violenza in quelle menti esaltate da idee politiche distorte e da un’irrefrenabile smania di supremazia.

COMMENTO DEL REGISTA

Questo film racconta l’ambiente da cui è germogliato il seme distorto che ha prodotto una delle pagine più nere dell’Italia del dopoguerra: il delitto del Circeo. I ragazzi protagonisti di questa storia hanno ricevuto tutti la stessa educazione. Sono dei privilegiati, il loro lato oscuro prende forma nelle pieghe di una vita normale, alto borghese. Sempre alle spalle di genitori che non si accorgono di nulla, neanche dell’odio che i figli provano per loro. Sarà solo dopo il massacro che ogni genitore di quel quartiere romano si chiederà, guardando il proprio figlio, se anche dentro di lui si possa annidare il germe di un mostro. Questa storia, che comincia qualche tempo prima e si conclude con il delitto stesso, vive di una domanda: quella società di cui facevano parte i colpevoli ha fatto veramente i conti con sé stessa?

Jean-Paul Belmondo: muore a 88 anni l’icona della Nouvelle Vague

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L’attore Jean-Paul Belmondo è morto nella sua casa di Parigi, all’età di 88 anni, Ha dato l’annuncio ufficiale il suo avvocato, Michel Godest, citato come fonte dalla France Presse.

“Era molto affaticato da qualche tempo. Si è spento serenamente”, ha riferito il legale. Icona della Nouvelle Vague, mostro sacro del cinema francese ed europeo, Belmondo ha girato circa 80 film. Il suo ruolo in A bout de souffle’ (Fino all’ultimo respiro) di Jean-Luc Godard ha cambiato la storia del cinema e lo ha innalzato a vera e propria leggenda della settima arte.

In Italia è ricordato anche per il suo ruolo ne La Ciociara al fianco di Sofia Loren.

Respect: dal 30 settembre al cinema il film con Jennifer Hudson

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L’attesissimo biopic dedicato all’indiscussa regina della musica soul Aretha Franklin, interpretata dal premio Oscar Jennifer Hudson (Dreamgirls), anticipa la sua data di uscita e arriverà nelle sale italiane giovedì 30 settembre, distribuito da Eagle Pictures. Il film racconta la straordinaria storia di una delle donne più incredibili di tutti i tempi: dall’infanzia – quando cantava nel coro gospel della chiesa di suo padre – fino alla celebrità internazionale.

La trama

Respect è la storia vera del viaggio di Aretha Franklin per trovare la sua voce, nel mezzo del turbolento panorama sociale e politico dell’America degli anni ’60.

Diretto dalla sudafricana Liesl Tommy, già regista di diverse serie tv di successo, Respect è inoltre interpretato dal Premio Oscar Forest Whitaker (L’ultimo Re di Scozia), il comico Marlon Wayans (Scary Movie, Ghost Movie), l’attore e cantante Tituss Burgess (Unbreakable Kimmy Schmidt), la pluripremiata ai Tony Award Audra McDonald (La Bella e la Bestia) e l’icona della musica R&B Mary J. Blige.

Shang-Chi: tutti i cameo del MCU presenti nel film

ATTENZIONE: L’ARTICOLO CONTIENE SPOILER SU SHANG-CHI E LA LEGGENDA DEI DIECI ANELLI!!!

Shang-Chi e La Leggenda dei Dieci Anelli include diversi collegamenti al più ampio MCU, inclusi diversi cameo a sorpresa e il ritorno di personaggi assai noti ai fan. Scopriamo insieme quali sono, ma ovviamente… attenzione agli spoiler!!!

Wong

Benedict Wong ritorna nei panni di Wong, uno dei maestri delle arti mistiche. Ciò era stato confermato direttamente nel trailer ufficiale del film. All’inizio appare come uno dei partecipanti ai tornei di lotta  clandestini gestiti da Xialing (Meng’er Zhang), sorella di Shang-Chi. Vediamo Wong vincere la sua partita, e teoricamente parte del premio in denaro. Poi, se ne va per la sua strada.

Alla fine del film, però, Wong torna per reclutare Shang-Chi e dargli il benvenuto nell’universo più ampio impostato dal MCU. Wong è incuriosito dai Dieci Anelli dopo averli “percepiti” quando Shang-Chi li ha usati per la prima volta. Il film segna la quarta apparizione di Benedict Wong nel MCU. 

Abominio

In Shang-Chi, Abominio ha fatto il suo ritorno a sorpresa nel MCU, anche lui come uno dei partecipanti ai tornei di lotta clandestini. Emil Blonsky è colui he combatte Wong sul ring prima che Shang-Chi combatta contro Xialing. Il film suggerisce che lui e Wong stanno lavorando insieme o che, comunque, sono alleati, e sembra che alla fine Wong riporti Abominio al Raft.

Tim Roth ha interpretato Blonsky ne L’incredibile Hulk, ma il film del 2008 è stata l’ultima volta in cui è riuscito a dare vita ad Abominio. La sua storia si è conclusa con il governo che lo ha rinchiuso, con lo SHIELD che ha ottenuto la custodia di Abominio e lo ha criocongelato in Alaska. Shang-Chi conferma che le cose sono cambiate, anticipando alcuni importanti sviluppi nella vita di Abominio durante l’ultimo decennio, che potrebbe essere approfontie nella serie Disney+ She-Hulk, dove sappiamo che il personaggio farà il suo ritorno.

Trevor Slattery

Shang-Chi riporta indietro anche Trevor Slattery (Ben Kingsley) dopo gli eventi controversi di Iron Man 3. Fu in quel film che Trevor finse di essere il Mandarino e un terrorista, come parte del piano dello scienziato Aldrich Killian. Il ruolo di Trevor in Shang-Chi, però, si basa su quanto viene raccontato nel corto Marvel della serie One-Shot dal titolo “All Hail the King”, che si è concluso con l’organizzazione dei Dieci Anelli che lo ha rapito in modo che potesse incontrare il vero Mandarino.

Shang-Chi mostra che Trevor è stato prigioniero di Wenwu (Tony Leung) per tutto questo tempo. Lui e la sua creatura mitologica Morris aiutano Shang-Chi ad arrivare Ta-Lo. Il futuro nel MCU di Trevor Slattery non è ancora chiaro ora che il personaggio è ufficialmente tornato. C’è quindi la possibilità che questa, in realtà, sia stata l’ultima volta che il pubblico ha visto il fanatico del Pianeta delle scimmie. 

Captain Marvel

La scena a metà dei titoli di coda di Shang-Chi ha riportato indietro più Vendicatori, tra cui Carol Danvers/Captain Marvel (Brie Larson). L’apparizione di Captain Marvel avviene sotto forma di ologramma: viene infatti consultata da Wong sull’origine dei Dieci Anelli. Non è in grado di identificarli in base ai suoi anni di esplorazione del cosmo e, improvvisamente, deve andarsene a causa di un’emergenza. Carol ha di nuovo i capelli lunghi dopo il taglio corto di Avengers: Endgame, il che indica che è passato un discreto periodo di tempo.

Questa scena segna la terza apparizione di Brie Larson nel MCU dopo Captain Marvel e Endgame. È già stato confermato che Larson tornerà di nuovo nei panni di Captain Marvel in The Marvels, che forse si collegherà alla chiamata d’emergenza di Carol nella scena post-credits di Shang-Chi. Il film in uscita vedrà Captain Marvel collaborare con Monica Rambeau e Kamala Khan. Per ora non è chiaro quando avverrà il suo incontro con Shang-Chi.

Bruce Banner

L’altro Vendicatore che appare nella scena a metà dei titoli di coda di Shang-Chi è Bruce Banner (Mark Ruffalo). In quella scena appare anche Wong per analizzare i Dieci Anelli: Bruce determina che non sono di origine vibranio. Il ritorno di Ruffalo non è la parte più sorprendente di questo momento, tuttavia, poiché vediamo, appunto, il personaggio di Bruce nella sua normale forma umana. Avengers: Endgame, infatti, lo ha lasciato nelle fattezze di Smart Hulk.

Questa versione del personaggio doveva essere il look principale di Hulk in futuro. Il braccio di Bruce è ancora fasciato a causa del danno subito dall’uso delle Gemme dell’Infinito al fine di invertire lo scatto di Thanos, ma come e perché si sia lasciato Smart Hulk alle spalle non viene spiegato. Shang-Chi è il settimo film del MCU a presentare un’apparizione di Hulk di Mark Ruffalo e l’ottavo in totale a presentare una versione di Bruce Banner. Il personaggio ha chiaramente subito alcuni cambiamenti dalla fine di Endgame, ma spetterà ai futuri progetti del MCU spiegare questa trasformazione. È stato confermato che Ruffalo tornerà anche in She-Hulk, quindi questo potrebbe essere il progetto in cui i Marvel Studios forniranno una spiegazione per la scomparsa di Smart Hulk. 

Una Vedova Nera

Uno dei cameo del MCU più brevi di Shang-Chi è quello di Jade Xu che interpreta una Vedova Nera. La campionessa del mondo di arti marziali ha interpretato un piccolo ruolo in Black Widow come una delle Vedove sotto il controllo del generale Dreykov.

Ora che è stata finalmente liberata, Shang-Chi la mostra mentre è impegnata a combattere nei tornei clandestini di Xialing, al fine di guadagnare qualche soldo extra. Ponendo l’accento su un ex membro della Stanza Rossa, è possibile che il film abbia voluto suggerire che anche Yelena Belova e altre Vedove sono nelle vicinanze.

Il combattente Extremis

Anche l’avversario della Vedova Nera di Jade Xu in Shang-Chi ha un legame con il più ampio MCU. La persona che sta combattendo ha il siero Extremis che scorre attraverso il suo corpo. Iron Man 3 ha spiegato che Extremis è un’invenzione di Maya Hansen, che è stato poi utilizzato da Aldrich Killian per creare un nuovo tipo di supersoldato.

Il combattente Extremis presente in Shang-Chi non è Killian e nemmeno il Savin di James Badge Dale. Si tratta, semplicemente, di un soldato senza nome con abilità Extremis. Anche se in Iron Man 3 è parso che tutti i soldati Extremis fossero stati eliminati, la serie Agents of SHIELD ne ha presentati molti di più durante la sua prima stagione.

Il venditore ambulante di Spider-Man: Homecoming?

Un altro cameo del MCU che Shang-Chi potrebbero aver incluso è collegato a Spider-Man: Homecoming. L’attore Zach Cherry ha interpretato un venditore ambulante di New York senza nome nel primo film con Tom Holland, ma appare di nuovo qui nei panni di un uomo di nome Clev.

Il film non conferma se le due apparizioni di Cherry nel MCU siano, in realtà, lo stesso ruolo. Tuttavia, non si contraddicono a vicenda, poiché Clev potrebbe essere in vacanza a San Francisco o essersi trasferito lì qualche tempo dopo gli eventi di Homecoming

1917: 10 curiosità sul film candidato all’Oscar

Tra i film del momento vi è 1917, diretto dal regista premio Oscar Sam Mendes e ambientato durante la prima guerra mondiale, dove si seguono in particolare le vicende di due giovani soldati, incaricati di consegnare un importante messaggio. Per farlo, tuttavia, dovranno intraprendere una corsa contro il tempo, avventurandosi in territorio nemico. Il film, che ha raccolto numerose lodi da parte della critica, è stato nominato a dieci premi Oscar, e vanta nel cast attori del calibro di Mark Strong, Andrew Scott, Colin Firth, Benedict Cumberbatch e George MacKay.

Il film in streaming è disponibile su NOW.

Guarda 1917 su NOW e anche on demand su Sky. Iscriviti a soli 3 euro per il primo mese e guarda il film e molto altro.

Ecco 10 curiosità sul film 1917.

Le origini del film 1917

1. Il regista si è ispirato ad eventi reali. Il desiderio di realizzare il film nacque nel momento in cui il regista decise ispirarsi ai racconti di guerra di suo nonno Alfred Hubert Mendes, il quale aveva combattuto per due anni sul fronte francese. Tali racconti sono inoltre raccolti nel volume L’autobiografia di Alfred H. Mendes. 1897 – 1991. Pur ispirata a vicende reali, la sceneggiatura del film è però un’idea originale di Mendes, ed è pertanto stata nominata come miglior sceneggiatura originale ai premi Oscar.

2. Il nonno del regista era realmente un messaggero di guerra. Stando a quanto raccontato da Alfred H. Mendes, egli entrò in guerra nel 1916 all’età di 17 anni. Tra i suoi primi incarichi vi fu realmente quello di consegnare importanti messaggi. Contrariamente al personaggio protagonista del film, tuttavia, egli era piuttosto basso e aveva così la fortuna di potersi nascondere tra la nebbia o nella vegetazione.

Le riprese del film 1917

3. Il cast si è sottoposto a lunghe prove. Per soddisfare le richieste del regista, il quale desiderava girare il film con una serie di piani sequenza, il cast, e con loro la troupe, si sono dovuti sottoporre a lunghe sessioni di prove al fine di imparare nei minimi dettagli i movimenti e le battute previste. Un singolo errore comportava infatti la necessità di rifare da capo l’intera ripresa. Le lunghe prove sono così servite a quanti hanno lavorato al film ad acquisire dimestichezza con quanto previsto da copione.

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4. Per girare il film il regista si è ispirato ad un celebre film. Dar vita ad un film composto da un unico piano sequenza è impresa pressoché inarrivabile, e per tanto il regista ha deciso di girare diverse di queste lunghe riprese, da unire poi al montaggio per farle sembrare una unica. Per riuscire in ciò si è ispirato al film Nodo alla gola (1948), di Alfred Hitchcock, il quale nel suo film era solito far terminare un piano sequenza dietro ad un oggetto, e far partire il seguente dallo stesso punto, così da nascondere il taglio di montaggio.

5. Ha segnato una novità per il direttore della fotografia. A curare la fotografia del film vi è Roger Deakins, celebre direttore della fotografia premio Oscar. Per le riprese del film, Deakins si è servito di una Arri Alexa LF in formato digitale, con diverse lenti per differenti esigenze. Questa è la prima volta che utilizza questa particolare macchina da presa nel corso della sua lunga carriera.

I luoghi del film

6. La troupe ha dovuto affiggere particolari segnali d’avviso. Le riprese del film si sono tenute nel Regno Uniti, e nello specifico nel Wiltshire, a Govan, nella riserva naturale di Hankley Common. Per evitare spiacevoli conseguenze, lo staff di produzione ha dovuto erigere dei cartelli che avvertivano gli escursionisti della zona a non allarmarsi qualora si fossero imbattuti nei corpi dei finti cadaveri sparsi per l’intera area.

I riferimenti culturali di 1917

7. Una battuta svela il senso del film. All’interno del film, il personaggio di William Schofield, interpretato dall’attore George MacKay, recita ad un bambino francese un verso del poema The Jumblies di Edward Lear. Questo recita: “Sebbene il cielo sia scuro e il viaggio sia lungo, tuttavia non possiamo mai pensare di essere imprudenti o nell’errore”. Tale verso, come l’intero poema, può essere infatti visto come una metafora della missione raccontata all’interno del film.

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Il cast del film 1917

8. Tom Holland avrebbe dovuto avere un ruolo nel film. Al momento del casting del film, l’attore Tom Holland, ora celebre per essere Spider-Man all’interno dell’MCU, era stato contattato per ricoprire il ruolo del tenente Blake. L’attore fu tuttavia costretto a rinunciare al ruolo per via di impegni precedentemente presi. Al suo posto fu scelto l’attore Richard Madden.

9. Benedict Cumberbatch in un nuovo film di guerra. L’attore Benedict Cumberbatch interpreta nel film ruolo del colonnello Mackenzie. Per l’attore è la sesta volta che prende parte ad un film di guerra. Gli altri sono stati Espiazione (2007), Small Island (2009), War Horse (2011) Parade’s End (2012) e The Imitation Game (2014).

10. Il film riunisce due attori di Kingsman. Tra gli altri protagonisti del film vi sono gli attori Mark Strong e Colin Firth. I due avevano già lavorato insieme nei film d’azione Kingsman – Secret Service (2014) e Kingsman – Il cerchio d’oro (2017). Nel film di guerra interpretano rispettivamente il capitano Smith e il generale Erinmore.

Fonte: IMDb

L’arte e l’anima di Dune: un imperdibile artbook edito da Panini Comics

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Dune, trasposizione cinematografica dell’omonimo bestseller di Frank Herbert, per la regia del visionario Denis Villeneuve (Blade Runner 2049) è finalmente realtà. L’attesissima pellicola, presentata Fuori Concorso in anteprima mondiale alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia, arriverà nelle sale italiane dal 16 settembre. Per approfondire ogni aspetto della genesi del film, Panini Comics propone L’arte e l’anima di Dune, un imperdibile artbook firmato dalla produttrice esecutiva Tanya Lapointe che permetterà ai lettori di immergersi completamente nella realizzazione del lungometraggio.

Viaggio mitico ed emozionante di un eroe, Dune racconta la storia di Paul Atreides, giovane brillante e talentuoso che deve raggiungere il più pericoloso pianeta dell’universo per assicurare un futuro alla sua famiglia e al suo popolo. Mentre forze malvagie si fronteggiano in un conflitto per ottenere il controllo della più preziosa risorsa esistente sul pianeta – una spezia capace di sbloccare tutte le potenzialità della mente umana – solo coloro che vinceranno le proprie paure riusciranno a sopravvivere.

Dalla scelta del cast alla straordinaria progettazione degli ambienti e delle creature, fino agli incredibili effetti speciali, in L’arte e l’anima di Dune non verrà tralasciato nessun dettaglio nell’illustrare la minuziosa realizzazione di quello che si prospetta un successo al box office. Nell’artbook si racconta l’approccio visionario di Denis Villeneuve alla trasposizione sul grande schermo del classico di fantascienza diFrank Herbert, ed è un compendio essenziale per chiunque voglia apprezzare al meglio l’ultimo capolavoro del regista.

Inoltre, dal 30 settembre sarà disponibile, in libreria, fumetteria e online, anche Dune – Casa degli Atreides 1, il prequel a fumetti di Dune, adattato dai romanzi basati sugli appunti di Herbert e scritti da Brian Herbert e Kevin J. Anderson. Disegnato da Dev Pramanik, Dune – Casa degli Atreides ci porta all’inizio del fantastico mondo di Dune.