Tom Cruise non è affatto intenzionato a
lasciare il timone tanto presto. La star e produttore di Mission:
Impossible – Dead Reckoning Part 1 ha dichiarato al
Sydney Morning Herald che è determinato a recitare almeno
per i prossimi due decenni, proprio come l’iconica star del cinema
Harrison Ford.
“Harrison Ford è una leggenda; Spero di essere ancora in grado
di farlo – ha detto Tom Cruise – Ho 20 anni per
raggiungerlo.”
L’attore di Eyes Wide
Shut ha aggiunto: “Spero di continuare a fare film di
‘Mission: Impossible’ fino alla sua età”. Ford ha recentemente
recitato in Indiana Jones e il Quadrante del
Destino proprio prima di compiere 81 anni; Cruise
ha festeggiato il suo 61° compleanno il 3 luglio, poche settimane
prima che Dead
Reckoning debutti nelle sale. I commenti di
Cruise suggeriscono anche che il film, prima parte della presunta
fine del franchise, potrebbe non essere l’ultima apparizione di
Cruise nei panni di Ethan Hunt.
Ford, che ha confermato che
Il quadrante del Destino è la sua ultima tappa nei
panni di Indiana Jones, ha detto durante “Who’s Talking to
Chris Wallace?” che
non si ritirerà presto. “Non vado bene quando non ho
lavoro. Mi piace lavorare“, ha detto Ford. “Amo sentirmi
utile. Voglio essere utile.“
Allo stesso modo, i grandi del
cinema Martin Scorsese e Quentin
Tarantino hanno parlato delle aspettative sul
rallentamento delle rispettive carriere. L’autore di Killers
of the Flower Moon ha promesso di avere ancora storie
da raccontare, mentre Tarantino ha confermato che il suo decimo
film The Movie
Critic sarà il suo ultimo lungometraggio.
Una foto del merchandising di
The
Marvels sembra spoilerare l’identità di un
personaggio e quindi anche una svolta della trama del film che
coinvolgerà il personaggio di Carol Danvers (Brie
Larson).
Una immagine comparsa in rete che
ritrae i gadget del nuovo Happy Meal di McDonalds dedicati al film
mostra il personaggio interpretato da Park
Seo-Joon, e lo chiama Principe Yan. Oltre a questo e ad
altri personaggi che già sappiamo saranno nel film, compara anche
una Principessa Carol, il che potrebbe indicare il fatto che Carol,
nel film, sposerà il Principe Yan.
Questo probabilmente non sarà una
sorpresa, dal momento che i rumors iniziali legati al film dicevano
che Carol avrebbe “trovato un marito” e il primo trailer ha portato
a ipotizzare che Seo-Joon fosse stato scelto come Yan. Resta
da vedere se il loro matrimonio si svolgerà allo stesso modo dei
fumetti.
Inoltre sono state diffuse anche
altre immagini promozionali dal film che però denunciano una forma
di sciatteria da parte dei Marvel Studios
nel comporre le immagini per promuovere il film:
The Marvels, la trama del film
Nel film Marvel StudiosThe Marvels, Carol
Danvers alias Captain Marvel ha recuperato la propria
identità dai tirannici Kree e si è vendicata della Suprema
Intelligenza. Ma a causa di conseguenze impreviste, Carol deve
farsi carico del peso di un universo destabilizzato. Quando i suoi
compiti la portano in un wormhole anomalo collegato a un
rivoluzionario Kree, i suoi poteri si intrecciano con quelli della
sua super fan di Jersey City Kamala Khan, alias Ms. Marvel, e con quelli del capitano
Monica Rambeau, diventata ora un’astronauta S.A.B.E.R.. Insieme,
questo improbabile trio deve fare squadra e imparare a lavorare in
sinergia per salvare l’universo come “The
Marvels”.
Tutto ciò che sappiamo su The Marvels
The Marvels, il sequel
del cinecomic Captain Marvel con protagonista la
premio Oscar Brie
Larson che ha incassato 1 miliardo di dollari al
box office mondiale, sarà sceneggiato da Megan
McDonnell, sceneggiatrice dell’acclamata
serie WandaVision.
Sfortunatamente, Anna
Boden e Ryan Fleck, registi del
primo film, non torneranno dietro la macchina da presa: il sequel,
infatti, sarà diretto da Nia DaCosta, regista
di Candyman. Nel cast ci
saranno anche Iman Vellani(Ms.
Marvel, vista anche nell’omonima
serie TV su Disney+)
e Teyonah Parris (Monica Rambeau, già
apparsa in WandaVision). L’attrice Zawe
Ashton, invece, interpreterà il villain principale, del
quale però non è ancora stata rivelata l’identità.
Challengers,
il nuovo film di Luca Guadagnino, con Zendaya nei panni di un ex prodigio del tennis
diventata allenatrice e coinvolta in un triangolo amoroso con due
tennisti professionisti, interpretati da Mike Faist e Josh O’Connor, aprirà la Mostra
Internazionale della Biennale di Cinema di Venezia.
Challengers
sarà presentato in anteprima mondiale fuori concorso il 30 agosto
al Palazzo del Cinema del Lido di Venezia, dando
il via all’ottantesima edizione della kermesse cinematografica.
L’attesissimo film – che segna il primo vero e proprio film in
studio statunitense di Luca Guadagnino – sarà
distribuito negli Stati Uniti da Metro Goldwyn Mayer
Pictures/Amazon Studios e a livello internazionale da Warner Bros
Pictures.
Challengers, la trama
Dal visionario regista Luca
Guadagnino arriva Challengers,
con protagonista Zendaya nel ruolo di Tashi Duncan, un’ex
prodigio del tennis diventata allenatrice: una forza della natura
che non ammette errori, sia dentro che fuori dal campo. Sposata con
un fuoriclasse reduce da una serie di sconfitte (Mike
Faist – West Side Story), la strategia di Tashi per la
redenzione del marito prende una piega sorprendente quando
quest’ultimo deve affrontare sul campo l’oramai rovinato Patrick
(Josh
O’Connor – The
Crown), un tempo suo migliore amico ed ex fidanzato di Tashi.
Mentre il loro passato e il loro presente si scontrano e la
tensione sale, Tashi dovrà chiedersi quale è il prezzo della
vittoria.
L’ultima Star
Wars Celebration ha posto all’attenzione dei fan su
Skeleton
Crew, la prossima serie dell’universo di Star Wars con
protagonista
Jude Law. Entertainment Weekly (tramite SFFGazette.com) ha
recentemente parlato con il produttore e regista
Christopher Ford, scoprendo di più su come questa
storia si inserisca nell’era della Nuova Repubblica che finora è
stata raccontata da serie di successo come The
Mandalorian, The
Book of Boba Fett e Ahsoka.
“Per noi è stata una grande era
perché per quanto la Nuova Repubblica stia cercando di riportare la
pace, è una specie di periodo selvaggio senza legge, quindi c’è
molto pericolo”, rivela. “Se l’avessimo ambientato prima,
i ragazzi avrebbero potuto semplicemente incontrare le forze
dell’Impero. Questa è un’altra parte della galassia in cui
perdersi”.
Il sito ha anche raggiunto la star
Jude Law; molto poco è stato rivelato sul suo
ruolo nella serie oltre al fatto che interpreterà un Jedi, qualcosa
confermato dal filmato di lui che usa la Forza nel trailer che è
stato presentato in anteprima a Londra. L’attore non ha potuto
condividere molto, ma ha fatto luce su ciò che il suo protagonista
misterioso porta in tavola. “È qualcuno che i bambini
incontrano nel loro viaggio, sulla strada per tornare a casa. Lui,
come il mondo che vivono, è contraddittorio – a volte un luogo di
nutrimento e altre volte un luogo di minaccia”.
“Quello che amo è che siamo
attraverso i loro occhi, sai che c’è una specie di relazione
giocosa tra i bambini e gli adulti, che a volte diventa oscura e
abbastanza spaventosa, che immagino sia come molti undicenni vedono
il mondo dei grandi.”
Lo spin-off di “Star Wars” è stato
annunciato per la prima volta alla Star Wars Celebration del 2022,
tenutasi ad Anaheim, in California. I dettagli sono scarsi per la
serie, a parte la seguente descrizione: “Lo spettacolo si
svolge durante il periodo di ricostruzione post-‘Il ritorno dello
Jedi’ che segue la caduta dell’Impero, la stessa di “The
Mandalorian“, ma la sua trama rimane un segreto. È stato creato
e prodotto esecutivamente dal regista Jon Watts, che ha realizzato
Spider-Man: Homecoming per la Marvel, e dallo sceneggiatore Chris
Ford. È stato richiesto un avviso di casting per quattro bambini,
di età compresa tra gli 11 e i 12 anni. All’interno di Lucasfilm,
la serie viene descritta come una versione galattica dei classici
film d’avventura di Amblin degli anni ’80.”
I Marvel Studios hanno annunciato per la prima
volta i piani per una serie TV di Armor Wars nel
2020, ma da allora il progetto si è
evoluto in un film. Secondo The Cosmic Circus, il piano
attuale è che il film segua in ordine di uscita il progetto sui
Fantastici Quattro, il che significa che possiamo
aspettarci che questa avventura guidata da War Machine arrivi nei
cinema il 25 luglio 2025.
Per quanto riguarda la storia, il
Dipartimento per il controllo dei danni sarà il
protagonista assoluto. Dopo aver preso possesso della tecnologia
del defunto Tony Stark in Spider-Man: No Way Home,
si dice che l’agenzia governativa creerà un “Iron Army” per
proteggere meglio il mondo dopo Secret Invasion.
Secondo il sito, l’esercito di
armature cadrà poi sotto il controllo dei veri cattivi del film,
guidati da Valentina Allegra de Fontaine e il
Justin Hammer di Iron Man 2.
Contro di loro si ergerà War Machine. In questo scenario si
inserirebbe anche il personaggio di Riri Williams, alias
Ironheart e forse ci sarà spazio anche per
l’Ultron di James Spader, che a questo punto potrebbe
tornare al Marvel Cinematic Universe
come si era già ipotizzato.
Essenzialmente il film potrebbe
essere a tutti gli effetti un Iron Man 4, che però
non presenterà Tony Stark di Robert Downey Jr., il
che potrebbe essere la soluzione migliore per portare avanti
l’eredità di quello che è a tutti gli effetti la mente del MCU.
I piani originali prevedevano che
Armor Wars fosse una serie TV Disney +,
ma recentemente le idee all’interno del comparto creativo sono
cambiate e il progetto è finito per diventare una grande storia per
il cinema. Il ritorno di Ultron potrebbe essere proprio una delle
ragioni per la quale la storia è diventata tanto grande da
trasferirsi dal piccolo al rande schermo.
Recentemente Ultron è stato visto in
azione negli gli eventi narrati dalla serie What
If…?poiché in quello show è stato una
minaccia per l’intero Multiverso. Dopo aver abitato con successo
quello che sarebbe diventato il corpo di The
Vision nell’MCU, ha acquisito le Gemme dell’Infinito e si è reso conto
dell’esistenza di The Watcher. Scatenando la
guerra nel Multiverso, ma alla fine fu fermato dal Capitano
Carter e dalla sua squadra. Solo il tempo ci dirà se
Spader tornerà davvero nei panni di Ultron, ma vale la pena seguire
ulteriori sviluppi per scoprire come si svilupperà questo progetto
che sulla carta sembra essere molto allettante!
La tana del bianconiglio non è mai
stata così lontana dall’idea fiabesca che Carroll racconta in
Alice nel Paese delle Meraviglie. Ci sono però
tante somiglianze: il nome di una delle protagoniste di Il
morso del coniglio, Alice, la sorella del personaggio di
Sarah (interpretato da Sarah Snook) scomparsa quando erano piccole.
Ma anche il tema della tana, del nascondiglio, e di questo piccolo
coniglio bianco che si aggira per casa. Il film di Diana Reid con i suoi colpi di scena ha
guadagnato il primo posto nella classifica dei più visti di
Netflix.
In Il morso del
coniglio Sarah è una ginecologa e vive con sua figlia
Mia (Lily
LaTorre) dell’età di sette anni. Dopo aver subito un
grave lutto in seguito alla morte del padre, il personaggio di
Sarah Snook si trova in difficoltà a gestire
anche le semplici cose di vita quotidiana come preparare i pancake
per il compleanno della figlia. Da questo compleanno, quando Mia
compie sette anni, le cose iniziano a peggiorare. Il clima di
tensione è esacerbato dalle continue richieste della figlia che
sostiene di chiamarsi Alice.
Il morso del coniglio, la
trama
Elaborazione del lutto,
traumi sepolti, sensi di colpa e il tema della maternità. In
Il morso del coniglio c’è molta carne al fuoco che
cerca di portare sullo schermo con l’aiuto di una brillante
interpretazione di Sarah Snook, che può bastare fino a un certo
punto. Sarah sta vivendo un momento complicato della sua vita dove,
la morte del padre, l’ha devastata aprendo in lei ferite che
pensava di aver chiuso da tempo. Nella vita di
Sarah e Mia altre figure di
contorno più o meno fondamentali come l’ex marito,
Pete (interpretato da Damon
Herriman) e la compagna.
Quando ancora siamo nelle fasi
iniziali del film, quando la premessa ancora non è stata gettata
davanti agli occhi dello spettatore, capiamo subito un dettaglio
fondamentale per il personaggio di Sarah. L’ex
marito e la compagna le annunciano di voler avere un bambino quando
lei non ha mai voluto che Mia avesse un fratello o
una sorella. Da qui in poi si iniziano a scoprire le carte e
veniamo a conoscenza del passato misterioso di
Sarah per cui anche la figlia Mia adesso, dal
nulla, inizia a chiedere spiegazioni. C’è un motivo per cui Sarah
non ha mai voluto un altro figlio, un trauma sepolto nel suo
passato in quella tana del bianconiglio che è la sua mente.
Chi sono?
Un semplice gioco, mettere le mani
sugli occhi di una persona per farle sentire la tua presenza. Un
semplice gioco che per Sarah ormai è stato portato
all’estremo. Sua figlia Mia si trasforma in una
sconosciuta mentre realtà e soprannaturale si mischiano e fondo in
Il morso del coniglio. Stiamo quasi per scoprire
il colpo di scena finale ma nel frattempo nel lungo viaggio di
ricordi che Mia costringe Sarah a
fare tutto è nero e confuso. Ci trasferiamo in aperta campagna
dove, in una casa solitaria circondata da un fitto bosco, abitava
una piccola Sarah insieme alla sua famiglia. Lì gli atteggiamenti
di Mia iniziano a esasperarsi: fa i dispetti, le
compaiono misteriosi lividi e le esce sangue dal naso
continuamente. Sarah non sa più come gestire la figlia a poco a
poco anche la sua salute mentale inizia a venire meno. Mentre cerca
di aiutare la figlia il suo grosso bagaglio sepolto nella sua mente
riaffiora.
Arriviamo nel momento in cui la
sorella Alice è scomparsa e le immagini di una
giovane Sarah, di Mia, di
Alice e della Sarah adulta si sovrappongono fino a
mostrare allo spettatore quello che è successo realmente il giorno
in cui Alice scompare. Il morso del coniglio di
per sé è molto dinamico ma anche riflessivo: lascia allo spettatore
il tempo di meditare sulle scene, di guardare le vecchie fotografie
insieme alle protagoniste. Ma quando è il momento si carica di
tensione e vitalità con una telecamera dinamica che inquadra
Sarah e Mia in un inquietante
gioco con delle forbici in mano.
La tana del bianconiglio
La scena finale di Il morso del
coniglio lascia tantissimi punti interrogativi in sospeso. Il
destino di Mia è lasciato alle speculazioni e chiacchiere post
film. La tana del bianconiglio cosa è in realtà: la mente di Sarah
vittima dei suoi stessi problemi e traumi del passato che ha
lasciato sedimentare. Ma mentre la mente di Sarah di deteriora,
vede Mia allontanarsi mano nella mano con Alice. Una spiegazione
anche soprannaturale che toglie però il fulcro del racconto dal
thriller psicologico che però regge fino a un
certo punto del film. Le motivazioni che portano Sarah al crollo
sono legate all’elaborazione del lutto per il padre, un pilastro
nella sua vita.
Il morso del
coniglio presenta alcuni elementi tipici del genere,
rincorrendo lo spettatore come il coniglio di Alice nel
Paese delle Meraviglie, ma costringendolo a entrare nella
sua tana in modo da ritrovarsi a fare i conti con sé stessi.
Disney ha fornito una nuova scena con
protagonista Captain America durante gli eventi di
Avengers: Endgame, che spiega perché
Steve Rogers ha preso la decisione di rimanere
nel passato dopo aver restituito le Gemme dell’Infinito. Dopo gli easter egg e
un’intera scena della Fase 4 del MCU, Rogers: The
Musical è diventato realtà nel mondo reale grazie a
Disneyland California Adventure. Lo spettacolo
completo in un atto unico presenta un numero musicale con
protagonista Captain America alla fine della sua carriera
di Avenger.
Per un periodo di tempo limitato,
Disneyland California Adventure ha trasformato
Rogers: The Musical in un vero e proprio
spettacolo attualmente in corso all’Hyperion Theater. Partendo
dalle origini di Steve Rogers nella Seconda Guerra
Mondiale, lo spettacolo di mezz’ora offre una storia abbreviata
dell’intera vita dei primo Avengers nel
MCU. Sono presenti canzoni
classiche come “The Star-Spangled Man” da Captain America: Il primo vendicatore
e “Save the City“, la canzone e l’esibizione della
battaglia di New York vista da Clint Barton e dai suoi figli nel primo
episodio di Hawkeye. Tuttavia, nuove canzoni sono state
scritte e incluse nello spettacolo completo di Disneyland, con un
Nick Fury che canta e altro ancora.
La nuova scena di Endgame della
Marvel completa la storia di Captain America
Rogers: The Musical
fornisce una timeline abbreviata di tutti i conflitti e le
battaglie in cui Steve Rogers è stato coinvolto nel presente
dopo essere stato congelato per 70 anni. Come si sente in “Save
the City” e in altre canzoni, la classica frase di Steve Rogers “Posso farlo tutto il giorno”
diventa un elemento ricorrente del ritornello, che descrive la
dedizione di Captain America a continuare a combattere per
ciò che è giusto, indipendentemente dalle conseguenze, e a
rialzarsi continuamente. Tuttavia, il musical mostra alla fine il
tributo fisico ed emotivo che ha subito il Captain America del MCU.
È interessante notare che il musical
culmina con l’incontro di Steve Rogers con il suo vecchio sé, la
versione che passa il suo scudo a Sam Wilson alla fine di Avengers: Endgame. Attraverso un
nuovo numero musicale, il vecchio Steve ricorda a Captain
America che, pur potendo continuare a combattere tutte le
volte che vuole, dovrebbe comunque esserci un punto di arrivo. Fa
anche riferimento alla classica frase di Bucky Barnes che diceva a Steve che sarebbe
stato con lui “fino al capolinea”, ricordando a
Steve che c’è ancora qualcuno che lo aspetta al
capolinea e cioè Peggy Carter.
Utilizzando la Gemma del
Tempo, il vecchio Steve convince Captain America a seguire la sua strada e gli
mostra persino il futuro con Wilson che prende il suo posto,
assicurando che Captain America continuerà a
combattere anche se Steve tornerà alla sua linea temporale
originale. Naturalmente, questa scena non è assolutamente canonica
per l’attuale MCU.
Il musical di Captain America
Durante il viaggio di ritorno al
2012 per mettere al sicuro la Gemma del Tempo, dello Spazio e della
Mente, Captain America si è trovato a incontrare
una versione più vecchia di se stesso nel 2012, mentre combattevano
per lo scettro di Loki e la Gemma della Mente al suo interno.
Per questo motivo, c’è sicuramente un precedente logico nel
MCU per cui Steve Rogers può avere una conversazione con
una versione ancora più vecchia di se stesso. Non è escluso che
Steve abbia avuto bisogno di convincerlo a usare la Gemma del
Tempo.
In definitiva, il numero
musicale/conversazione tra il vecchio Cap e l’attuale
Captain America affronta consapevolmente il motivo
per cui Rogers passa dal dire “posso farlo tutto il
giorno” al ritirarsi nella sua linea temporale originale con
Peggy alla fine di Avengers: Endgame. Anche se il quarto film non
lo faceva apertamente, la scena nel nuovo musical MCU è una bella aggiunta
alla logica dietro la decisione di Capitan America
di passare lo scudo aSam
Wilson. In assenza di una vera e propria restituzione
delle Pietre dell’Infinito da parte di Rogers e della decisione di
rimanere nel passato, la scena del musical è divertente da vedere
(a prescindere dalla sua effettiva canonicità).
Regista di apprezzati film come
Scènes de crimes e Switch, Frédéric
Schoendoerffer si è fatto notare in particolare con la sua
opera seconda, il thriller, Agents
Secrets, uscito nel 2004. Da lui anche scritto
insieme ad altri sceneggiatori, questo titolo si muove a partire
dai classici schemi dei film di stampo spionistico, per giungere
poi a soluzioni intriganti e originali, che generano continuo
interesse nello spettatore. Il regista, infatti, si affida ad un
genere particolarmente apprezzato a livello internazionale per
poterlo plasmare a proprio piacimento, avvalendosi anche di
un’affiatata coppia di protagonisti.
In particolare, Schoendoerffer
privilegia l’aspetto realistico del genere, subordinando l’azione
più spericolata a momenti e sequenze che permettono di entrare
davvero in contatto con i rischi del mestiere della spia. Grazie a
queste qualità Agents Secrets si è affermato come un
apprezzato noir francese, diviso equamente tra spettacolarità
visiva e approfondimenti psicologici e narrativi che permettono al
tutto di risultare ancor più stimolante e coinvolgente. Oggi forse
poco citato, è questo un film che non manca dunque di presentare
una serie di caratteristiche particolarmente ricercate dagli amanti
del genere, che potranno qui ritrovarle riproposte in modi
nuovi.
Agents Secrets è dunque un
film da riscoprire, tanto nella sua forma quanto nei suoi contenuti
e che non mancherà di presentarsi come una valida alternativa a
titoli simili di stampo statunitense, troppo spesso privi della
personalità di cui quest’opera è invece dotata. Prima di
intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile
approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama e al
cast di attori. Infine, si elencheranno anche le
principali piattaforme streaming contenenti il
film nel proprio catalogo.
La trama del film Agents Secrets
Protagonista del film è l’agente
Georges Brisseau, a capo di una task force segreta
francese che ha la missione di intercettare un’imbarcazione carica
di armi proveniente dalla Russia, ad opera del trafficante
Igor Lipovsky, ed affondarla. L’operazione dovrà
svolgersi in Marocco e il gruppo di Brisseau comprende alcuni
specialisti. Vi sono i sommozzatori, Loic e
Raymond, e l’affascinante agente
Lisa, la quale si dichiara intenzionata ad
abbandonare definitivamente i Servizi una volta conclusa
quest’ultima missione. Il gruppo si prepara con cura per portare a
termine quanto gli è stato incaricato e pianificando
meticolosamente il tutto senza fare domande.
Il compito tuttavia si rivelerà più
arduo del previsto. Anche gli americani stanno infatti a loro volta
conducendo una missione parallela e non vogliono che gli agenti
francesi interferiscano sul loro operato. Più Brisseau e la sua
squadra indagano su questa operazione statunitense, più si rendono
conto dello stretto legame che vi è tra il criminale russo e una
serie di agenti corrotti tra i servizi segreti americani. Quando il
gruppo di francesi si ritroverà accusato di un crimine da loro non
commesso, la missione diventerà una vera e propria prova di
resistenza. Brisseau e i suoi dovranno ora lottare per la loro
vita.
Agents Secrets: il cast del film
Ad interpretare il ruolo di Georges
Brisseau, capo della squadra di spie francesi, vi è il celebre
attore VincentCassel, anche noto per i thriller I fiumi
di porpora e Nemico Pubblico N. 1. Accanto a lui, nel
ruolo di Lisa, vi è invece l’attrice e modella italiana
Monica Bellucci. I due,
che sono stati sposati dal 1999 al 2013, sono qui al loro quarto
film insieme. Avevano infatti già condiviso lo schermo in
L’appartamento (grazie al quale si sono conosciuti),
Dobermann e Irréversible. Nel ruolo di Loic vi è
invece Ludovic Schoendoerffer, fratello del
regista e co-sceneggiatore del film, mentre Raymond è interpretato
da SergioPeris-Mencheta. Gli
attori Charles Berling e André
Dussollier interpretano rispettivamente Eugene e il
colonnello Grasset. Serge Avedikian è Igor
Lipovsky, mentre Najwa Nimri,
nota per le serie La casa di carta e Vis a vis, è
Maria Menendez.
Il trailer di Agents
Secrets e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire del film grazie
alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. Agents
Secrets è infatti disponibile nei cataloghi di
Infinity+ e Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È
bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un dato limite
temporale entro cui guardare il titolo. Il film è inoltre presente
nel palinsesto televisivo di mercoledì 5 luglio
alle ore 21:00 sul canale
Iris.
Attraverso i film satirici, il
cinema punta a riflettere e far riflettere in modo comico su
tematiche particolarmente importanti, come i cambiamenti della
società, precisi avvenimenti politici o, ancora, su altri aspetti
considerati molto seri o addirittura tabù. Un brillante esempio di
questa tipologia di opere è il film del 1997 dal titolo
Sesso & potere (in originale Wag the
Dog). Alla regia vi è Barry Levinson, premio
Oscar per Rain Man e che già con Good Morning,
Vietnam aveva raccontato il celebre conflitto da un punto di
vista insolito. Con Sesso & Potere, invece, egli ci porta
nel caotico mondo dei mass media.
Scritto da Hilary
Henkin e dal celebre David Mamet, il film
è liberamente ispirato al romanzo American Hero, di
Larry Beinhart. In questo, pubblicato nel 1993, si
sostiene che la Guerra del Golfo sia stata organizzata anche per
permettere al presidente degli Stati Uniti George H. W.
Bush di essere rieletto per un secondo mandato (cosa poi
non avvenuta). Da questo spunto prende dunque vita il film, con un
racconto che affronta il tema della manipolazione dell’opinione
pubblica attraverso il controllo dei mass media, completamente
asserviti al potere. Il film è poi divenuto ulteriormente celebre
per via di un’incredibile coincidenza.
Pochi mesi dopo l’uscita di
Sesso & potere, vicende molto simili a quelle narrate nel
film sconvolsero infatti gli Stati Uniti, quando l’allora
presidente Bill Clinton si trovò a gestire lo
scandalo Sexgate nato dalla sua relazione extraconiugale
con la stagista Monica Lewinsky, e in seguito
fronteggiò vari attentati alle ambasciate statunitensi in Africa,
ordinando un’immediata risposta militare. Cosa che lo portò però ad
essere accusato di voler distogliere, attraverso i mass media,
l’attenzione della popolazione dallo scandalo per cui rischiava di
perdere il ruolo di presidente. Il film, dunque, venne da quel
momento visto come una premonizione di quanto poi accaduto.
Sesso & potere: la trama
del film
Il film inizia quando mancano due
settimane alle elezioni presidenziali, e il Presidente degli Stati
Uniti in carica viene coinvolto in uno scandalo, per le possibili
accuse derivanti dalla violenza subita da una minorenne all’interno
della Casa Bianca. Prima che l’incidente possa causare danni
irreparabili per la rielezione, viene chiamato alla Casa Bianca
Conrad Brean, consulente esperto di mass media, al
quale viene affidato il compito di fare in modo che l’opinione
pubblica si distragga con qualche altro avvenimento, così da
nascondere l’eventuale svolgersi della “questione” che coinvolge il
Presidente.
Conrad ha una straordinaria abilità
nel manipolare politica, stampa e popolazione. Per portare a
termine quanto chiestogli, si reca subito in California, e, a Los
Angeles, coinvolge abilmente Stanley Motss,
regista e produttore cinematografico, a partecipare all’impresa.
Dopo avere buttato giù varie idee, viene infine trovata quella
giusta. Si farà credere al popolo americano, attraverso giornali e
televisioni, che è scoppiata una guerra, alla quale gli Stati Uniti
non possono non partecipare. Quando l’operazione ha inizio, però,
ben presto se ne perde il controllo e le cose non andranno affatto
come previsto.
Sesso & potere: il cast
del film
A recitare in Sesso &
potere si ritrovano due dei più grandi attori del cinema
americano e non solo: Dustin Hoffman
e Robert De Niro.
Il primo interpreta il regista e produttore Stanley Motss, un
personggio ideato a partire dalla figura di Robert
Evans, direttore di produzione della Paramount Pictures,
noto per la sua megalomania, le sue strane abitudini e il suo modo
di vestire. Hoffman ha però raccontato di essersi ispirato anche a
suo padre Harry Hoffman, ex allestitore di scenografie alla
Columbia Pictures. Per la sua interpretazione, Hoffman è poi stato
candidato al premio Oscar come miglior attore protagonista.
De Niro interpreta invece l’esperto
di mass media Conrad Brean. I due attori sono tornati così a
recitare nello stesso film dopo Sleepers, diretto anch’esso
da Levinson. Condivideranno poi nuovamente il set in Mi presenti i tuoi? e
Vi presento i nostri.
Accanto a loro si ritrovano poi noti attori come Woody Harrelson
nei panni del sergente William Schumann, Kirsten Dunst
in quelli di Tracy Lime e William H. Macy per il
ruolo dell’agente Charles Young. Anne Heche
interpreta invece Winifred Ames, mentre Denis
Leary è Fad King. Infine, Willie Nelson
interpreta Johnny Dean, mentre Andrea Martin è Liz
Butsky.
Il significato del titolo originale
di Sesso & potere, il trailer e dove vedere il film in
streaming e in TV
Il titolo originale – il gioco
di assonanze Wag the dog – deriva da un gioco di parole
spiegato in una didascalia all’inizio del film: «Why does a dog
wag its tail? Because the dog is smarter than the tail. If the tail
was smarter, it would wag the dog» («Perché un cane agita la
coda? Perché il cane è più intelligente della sua coda. Se invece
fosse la coda più intelligente, agiterebbe lei il cane»). La frase,
allora come adesso, indica una situazione in cui un’entità piccola
e apparentemente insignificante (la coda) ne controlla un’altra più
grande e importante (il cane).
È possibile fruire di
Sesso e potere grazie alla sua presenza
su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in
rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten
TV, Google Play, Apple
Tv+ e Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
mercoledì 5 luglio alle ore 21:30
sul canale Warner TV.
Se questa seconda
stagione dello show ideato da Taylor Sheridan e
Hugh Dillon si dimostra tutto sommato uno
spettacolo capace di interessare, paradossalmente lo deve alle
puntate della prima. E parliamo di paradosso perché, quando appunto
confrontata con
quanto visto in precedenza, la stagione 2 di Mayor of Kingstown non regge
minimamente il confronto.
I nuovi episodi che
vedono ancora una volta protagonista indiscusso il Mike McKlusky
interpretato da Jeremy Renner vivono in poche parole di
rendita: tutto quello che infatti era stato settato nella prima
stagione a livello di potenza espressiva, di spessore dei
personaggi, di ambientazioni e atmosfere capaci di restituire il
senso di orrore e tragedia imminente, riesce ad espandersi anche in
questi nuovi episodi come una nebbia minacciosa e incombente. Ben
presto però ci si rende conto che a livello principalmente di
scrittura è stato fatto un notevole passo indietro. Le trame di
questi nuovi episodi sono infatti sviluppate e messe in scena con
fretta eccessiva, segnale che probabilmente a livello narrativo la
stagione 2 di Mayor of Kingstown ha il fiato
corto: non appare ad esempio un caso se la maggior parte delle
puntate non arriva a quaranta minuti, anzi spesso se ne tiene ben
al di sotto. Eppure si ha fin troppo spesso la sensazione che per
tentare di chiudere il percorso narrativo di un episodio gli
scrittori siano ricorsi a deviazioni di trama inutili, o ancor
peggio alla delineazione approssimativa di alcuni personaggi.
A risentirne maggiormente
sono ad esempio la figura di Iris, la quale nelle prime puntate
viene sviluppata tramite comportamenti incoerenti, difficili da
sostenere a livello di credibilità. Nella stagione 2 di
Mayor of Kingstown tutto sembra avvenire in maniera troppo
veloce, e talvolta senza la necessaria logica: quando non si
arrivano a comprendere le motivazioni e le spinte interiori dei
personaggi, ecco che la loro bidimensionalità inizia a vacillare.
Addirittura Mike non risulta neppure lontanamente quella figura
tragica e dilaniata che avevamo amato e sofferto nella prima
stagione.
Mayor of Kingstown, la recensione della seconda stagione
Cosa salvare dunque dei
nuovi episodi dello show carcerario di Paramount +? Prima di tutto
l’ambientazione industriale durissima, spietata, che come in
precedenza non concede davvero nulla alla spettacolarizzazione del
prodotto. Sotto questo punto di vista il fatto che Stephen Kay sia
alla regia di tutti o quasi gli episodi contribuisce allo sviluppo
di una coerenza estetica precisa e ficcante. Mayor of
Kingstown rappresenta la delineazione di un microcosmo
molto coerente nella sua brutalità, e la seconda stagione almeno a
livello visivo si riallaccia alla precedente senza sfigurare.
Quando poi in scena si hanno attori come Jeremy Renner, la due volte premio Oscar
Dianne Wiest o un caratterista sempre affidabile
come Aidan Gillen, ecco che comunque qualcosa di
comunque degno di essere visto non può che venirne fuori.
Alla fine della visione
della stagione 2 di Mayor of Kingstown si ha
l’impressione che il tutto poteva esser raccontato, e meglio, con
la metà degli episodi che invece sono stati realizzati. L’esempio
lampante arriva proprio con l’ultima puntata, in cui Sheridan e il
resto delle menti dietro allo show si lasciano andare a gustosi
omaggi al cinema di genere – su tutti i film di Michael
Mann e il montaggio alternato de Il Padrino – salvo però
poi rovinare la tensione con un finale che si protrae all’infinito,
quando una maggiore coesione avrebbe senza dubbio contribuito a
tenere lo spettatore incollato alla sedia. Ed è questo in fin dei
conti il problema maggiore della seconda stagione, dilatata oltre
il possibile al fine di arrivare a coprire il necessario numero di
episodi. Il risultato si rivela troppo alterno per convincere
veramente, soprattutto dopo che la stagione 1 si era dimostrata
così efficace sotto ogni punto di vista.
Il ciclo di film di Rai 1 intitolato
“Destinazione amore” offre una serie di film di carattere
sentimentali che presentano di volta in volta variazioni sul tema
dell’amore: amori inaspettati che sbocciano durante viaggi verso
destinazioni idilliache o ancora incontri sorprendenti che nascono
intorno alla buona cucina, e così via. I viaggi proposti da questi
film sono però spesso anche dei viaggi interiori attraverso il
tempo, durante i quali i protagonisti prendono coscienza dei propri
sentimenti e ritrovano sé stessi, imparando a vivere pienamente il
presente. Dopo il titolo di apertura di questo ciclo, Sognando Parigi, si
continua con Un amore in fondo al
mare.
Diretto nel 2022 da Maclain
Nelson, già regista di altre commedie romantiche
come Il Natale che ho dimenticato, L’amore per
davvero e The Presence of Love, questa pellicola
rientra perfettamente nel ciclo ideato da Rai 1, presentando una
giovane in cerca di un equilibrio nella propria vita che si imbatte
in un inaspettato lui, intraprendendo dunque un rapporto che
cambierà le vite di entrambi. A fare da sfondo a questa situazione
vi è il paradisiaco contesto delle Hawaii, dove è stato girato il
film. In particolare si annovera come location il Kahala
Hotel & Resort di Honolulu, lo stesso
hotel in cui è stato girato anche il film Amore alle
Hawaii (2021).
Per tutti gli appassionati del
genere, Un amore in fondo al mare (il cui titolo originale
è in realtà Hidden Gems, ovvero gemme nascoste) è
dunque un film da non perdere, in quanto offre tutto ciò che si può
desiderare da un titolo di questa tipologia. Prima di intraprendere
una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire
alcune delle principali curiosità relative ad esso. Proseguendo qui
nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama e al cast di
attori. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
La trama di Un amore in fondo al mare
Protagonista del film è
Addie, che si ritrova alle Hawaii per il
matrimonio di sua sorella, di cui è damigella d’onore. Durante una
tranquilla sessione di paddleboard yoga, accade però un incidente
che la destabilizza completamente: perde nell’acqua il suo anello,
un oggetto a cui tiene tantissimo essendo un ricordo di sua nonna.
Devastata dalla perdita del prezioso gioiello di famiglia, Addie
rifiuta di accettare la sua sfortuna ed è decisa a recuperare
l’anello dai fondali marini. Nella sua ricerca per riavere il
tesoro perduto, Addie assume Jack, un istruttore
di immersioni locale.
Nonostante la donna abbia un
certificato da sub, l’uomo, dalla natura indipendente e solitaria,
rifiuta la sua collaborazione e vorrebbe portare avanti il lavoro
da solo. Addie e Jack riescono infine a trovare un compromesso per
collaborare, mettendo da parte le loro differenze caratteriali.
Mentre si immergono nelle acque cristalline delle Hawaii, la donna
scopre non solo la bellezza mozzafiato del mare, ma anche le
meraviglie nascoste che l’isola ha da offrire. Jack diventa allora
la guida personale di Addie, conducendola in scenari pittoreschi e
romantici che finiscono per avvicinarli sentimentalmente sempre
più.
Il cast di Un amore in fondo al mare
L’attrice statunitense
Hunter King, nota per aver interpretato Adriana
Masters in Hollywood Heights – Vita da popstar e Summer
Newman in Febbre d’amore, interpreta la protagonista Addie,
mentre l’attore canadese Beau Mirchoff è Jack, il
marinaio e maestro di sub che aiuterà Addie a cercare l’anello
perduto. Mirchoff è noto per aver interpretato Casey Rhodes nella
trilogia di Detective Knight e
Steve Sheridan nella serie Narcos: Messico. Recita
poi nel film l’attrice e sceneggiatrice Eliza Hayes
Maher nel ruolo della sorella di Addie, Kate.
Jordan Matlock
interpreta invece il personaggio Nathan, mentre Diane
Sargent ricopre il ruolo di Betty e Brian
Connors quello di Robert. L’attrice Isabelle
Du interpreta Kara, mentre l’attrice e produttrice
Marita de Lara, celebre per aver partecipato a
General Hospital e This Is Us, è Hannah. Adam
Johnson, volto di Un’estate per diventare grande e
della saga di Scoot poliziotto a 4 zampe, per Un amore in
fondo al mare è Doug Chamberlain. Infine, l’attrice
Joan Powers interpreta Michelle, l’istruttrice di
sup-yoga.
Il trailer di Un amore in fondo
al mare e dove vedere il film in streaming e in TV
Sfortunatamente il film non è
presente su nessuna delle piattaforme streaming attualmente attive
in Italia. È però presente presente nel palinsesto televisivo di
mercoledì 5 luglio alle ore 21:25
sul canale Rai 1. Di conseguenza, per un limitato
periodo di tempo sarà presente anche sulla piattaforma Rai
Play, dove quindi lo si potrà vedere anche oltre il
momento della sua messa in onda. Basterà accedere alla piattaforma,
completamente gratuita, per trovare il film e far partire la
visione. Di seguito, ecco invece il trailer, di cui però non esiste
la versione italiana.
Ecco il primo trailer della quarta stagione
di Sex Education, che sarà anche l’ultima della
fortunata serie Netflix. La serie arriverà sulla piattaforma il
prossimo 21 settembre. Insieme a
Asa Butterfield nella serie tornano
Gillian Anderson, Ncuti Gatwa, Aimee-Lou Wood,
Emma Mackey, Connor Swindells, Kedar Williams-Stirling, Mimi
Keene, George Robinson, Chinenye Ezeudu, Dua Saleh, Alistair
Petrie, Samantha Spiro, Jim Howick, Rakhee Thakrar e
Daniel Ings.
La quarta e ultima
stagione di Sex Education uscirà il 21 settembre solo su Netflix.
Per gli abitanti di Moordale sarà una stagione ricca di amore,
risate, lacrime, amicizie, nuove (e vecchie) relazioni. Asa
Butterfield torna a interpretare il protagonista Otis Milburn, al
suo fianco Gillian Anderson, Ncuti Gatwa, Aimee-Lou Wood, Emma
Mackey, Connor Swindells, Kedar Williams-Stirling,Mimi Keene.
Confermati nei rispetivi
ruoli anche George Robinson, Chinenye Ezeudu, Dua Saleh, Alistair
Petrie, Samantha Spiro, Jim Howick, Rakhee Thakrar e Daniel
Ings.
1 di 3
Si uniscono al cast in
questa stagione finale Dan Levy, vincitore dell’Emmy come miglior
attore non protagonista per Schitt’s Creek, Thaddea Graham
(Doctor Who), Lisa McGrillis (Somewhere Boy), Marie
Reuther (Kamikaze), l’attrice e modella Jodie Turner Smith, il
comico Eshaan Akbar e gli esordienti Felix Mufti, Anthony Lexa,
Alexandra James, Reda Elazouar, Bella Maclean e Imani Yahshua.
Dal suo debutto su Netflix
nel 2019, Sex Education è stata candidata e ha vinto numerosi
premi, incluso l’International Emmy Awards nel 2022 come miglior
serie comedy. Inoltre, nei primi 91 giorni dall’uscita la terza
stagione ha totalizzato 66.6 milioni di visualizzazioni.
In una lettera ai fan, la
creatrice, sceneggiatrice e produttrice esecutiva Laurie Nunn ha
affermato:
“Siamo incredibilmente
orgogliosi di Sex Education e siamo in debito con il nostro
fantastico team di sceneggiatori, attori e tutta la troupe che ha
messo così tanto amore nel realizzare ogni episodio. Hanno lavorato
in maniera instancabile per questa stagione finale, e non vediamo
l’ora di condividerla con voi”.
Sex Education 4, la
trama
Dopo la chiusura del liceo
di Moordale, Otis e Eric devono affrontare un nuovo inizio – il
loro primo giorno al Cavendish Sixth Form College. Otis è nervoso
all’idea di creare una nuova clinica, mentre Eric spera con tutto
sé stesso che non saranno di nuovo degli “sfigati”. L’istituto
Cavendish rappresenta uno shock culturale per tutti gli studenti di
Moordale, che fino ad allora pensavano di essere progressisti.
Questa nuova scuola è molto diversa, ogni giorno si fa yoga nel
giardino comune, si respira un’atmosfera all’insegna della
sostenibilità e c’è un gruppo di ragazzi popolari per la loro…
gentilezza?! Viv è totalmente sconvolta dall’atteggiamento non
competitivo degli studenti, mentre Jackson sta ancora cercando di
superare la sua storia con Cal. Aimee decide di fare qualcosa di
nuovo frequentando lezioni d’arte e Adam prova a capire se
un’istruzione di tipo tradizionale sia adatta a lui.
Negli Stati Uniti, Maeve
sta vivendo il suo sogno alla prestigiosa Wallace University, in
cui segue le lezioni dell’autore di culto Thomas Molloy. Otis si
strugge per lei, mentre deve abituarsi al fatto di non essere più
figlio unico, o l’unico terapista della scuola…
Dopo il grande
successo dell’anteprima mondiale al Festival
di Cannes, dove il film è stato accolto da una standing ovation
di nove minuti e un coro di elogi da parte di pubblico e stampa,
Leone Film Group, Rai Cinema e 01 Distribution sono lieti di
presentare il trailer italiano ufficiale di Killers
of the Flower Moon, il
nuovo attesissimo film del premio Oscar® Martin
Scorsese che uscirà in Italia il 19 ottobre
2023.
Definito “una pietra miliare del cinema” da
Deadline, “un capolavoro” da Rolling
Stone, “assolutamente coinvolgente” da The
Guardian, il film è stato molto amato dalla critica italiana e
internazionale.
Un cast stellare
con i premi Oscar® Robert De Niro
e Leonardo
DiCaprioper un thriller basato
su una storia vera: una sequenza di omicidi brutali, e misteriosi,
nota con il nome di “regno del terrore”, che insanguinarono la
nazione Osage negli anni ’20. Fra i protagonisti anche il candidato
all’Oscar® Jesse Plemons, Lily
Gladstone, acclamatissima a Cannes per la sua
interpretazione, e Brendan Fraser,
vincitore agli Academy Award 2023 per The Whale.
All’inizio del XX
secolo la scoperta del petrolio trasformò l’esistenza degli Osage
che diventarono da un giorno all’altro immensamente ricchi.
L’improvviso benessere di questi nativi americani attirò
l’interesse dei bianchi che iniziarono a manipolare, estorcere e
sottrarre con l’inganno i beni degli Osage fino a ricorrere
all’omicidio. Tratto dal celebre, omonimo, best seller di David
Grann, Killers
of the Flower Moonè un
film epico: una storia d’amore e tradimenti, delitti e misteri in
un intrigo avvincente per la scoperta della verità.
Diretto da Martin
Scorsese e scritto da Scorsese con il premio Oscar® Eric Roth,
Killers
of the Flower Moon è una produzione Apple
Studios, Imperative Entertainment, Sikelia Productions, Appian Way.
I produttori sono Martin Scorsese, Dan Friedkin, Bradley
Thomas e Daniel Lupi, produttori esecutivi Leonardo Di Caprio, Rick
Yorn, Adam Sommer, Marianne Bower, Lisa Frechette, John Atwood,
Shea Kammer e Niels Juul.
Killers
of the Flower Moon è un’esclusiva per
l’Italia Leone Film Group in collaborazione con Rai
Cinema. Il film uscirà nelle sale italiane
il 19 ottobre con 01
Distribution, in contemporanea con l’uscita mondiale.
Ci siamo mai chiesti cosa penserebbe
di noi il bambino o la bambina che eravamo? Se sono soddisfatti di
ciò che siamo diventati o se secondo loro dovremmo invece
addrizzare il tiro e fare meglio? Il nuovo film
di Paolo Ruffini, Rido perché ti
amo, ottavo lavoro dell’attore livornese, se lo
chiede per tutto il tempo. Usando come traccia da seguire la
citazione di Antoine de Saint-Exupéri, il quale dice: “Il
bambino che eri non si vergogni dell’adulto che sei.” A dover
fare i conti con la sua controparte fanciullesca, come in una
romantica fiaba, è Leopoldo, che a causa del suo processo di
crescita ha smarrito chi era, diventando qualcuno che il lui
bambino aveva promesso di non essere mai.
Ma a volte è difficile rimanere
fedeli alle nostre stesse promesse, e soprattutto è complicato non
lasciarsi influenzare dai cambiamenti inevitabili dell’età
adulta, compromessi in particolar modo dalla realtà che ci
circonda e ci impone d’essere in un certo mondo. Inghiottendoci in
un vorticoso tornado di impegni, responsabilità e lavoro. Dal quale
non possiamo uscirne se non aiutati dalle persone che amiamo. Rido
perché ti amo è diretto da Ruffini e scritto insieme a
Francesca Romana Massaro, Nicola
Nocella e Max Croci. Prodotto da Pegasus,
Qmi e Rai Cinema arriva nelle sale dal 6 luglio,
distribuito da Medusa, Pegasus e Videa.
Rido perché ti amo, la trama
Leopoldo (Nicola
Nocella) è innamorato di Amanda (Barbara
Venturato), da quando i due erano alle elementari. Proprio
in quel periodo di vita, il bambino le promette che l’avrebbe resa
felice per sempre e l’avrebbe sposata il giorno di S.Valentino. A
distanza di anni, quelli che erano bambini, sono adesso una coppia
che continua ad amarsi e prossima al matrimonio, ma putroppo non
proprio felice. Leopoldo, infatti, è risucchiato dal suo lavoro
nella pasticceria, tanto da dimenticarsi di prendersi cura della
donna che ha accanto e che tenta, in ogni modo, di avere sue
attenzioni. Ma quando Amanda riceve un’offerta di lavoro a Parigi e
lo comunica a Leopoldo, i due litigano e si riversano addosso tutto
lo scontento che nel corso del tempo hanno soppresso.
Amanda così decide di partire per la
Francia, e il distacco da lei fa rendere conto a Leopoldo di quello
che ha perso, ma soprattutto di aver infranto la promessa che aveva
fatto a se stesso quando era bambino: mai diventare un uomo
cattivo, perché solo in quel momento la sua amata lo avrebbe
lasciato. Deciso a riconquistarla, l’uomo cerca di esaudire tutto
ciò che aveva promesso di fare ad Amanda quando erano piccoli,
facendosi aiutare dagli amici di quartiere: Ciro (Paolo
Ruffini), Cipriano (Greg),
Sam (Daphne Scoccia), Luisa (Giulia
Provvedi) e Don Cioffi (Herbert
Cioffi).
Fra diversità e confronto con noi
stessi
La romanticità di Rido
perché ti amo si palesa sin dalla prima sequenza di
Leopolodo e Amanda, dolci e innocenti bambini che si promettono
amore eterno e una vita piena di sorrisi. Il film prende
subito la piega sentimentale, che irrora ogni singolo
angolo della storia, partendo dai principali protagonisti e
irradiandosi ai comprimari che ritroviamo in un estemporaneo salto
temporale. Nella piazza principale di un paesello del nord, in cui
l’orologio del tempo sembra essersi fermato, vive ora un uomo fin
troppo razionale, inghiottito dal lavoro nella sua pasticceria. Per
lui non esiste più l’amore da favola che aveva promesso alla sua
Amanda quando erano piccoli: anzi, adesso che è prossimo a
coronarlo con un matrimonio, preferisce dare priorità agli impegni
nel suo atelier (come lui stesso chiama).
Seppur gli amici che lo circondano
notano il suo distacco dalla futura moglie e la sua ossessione
morbosa per la pasticceria, anche loro in realtà sono chiusi nei
loro problemi di provincia e nei piccoli drammi quotidiani,
nonostante cerchino distrazioni esterne pur di non affrontarli e,
di conseguenza, affrontarsi. Le fondamenta del film perciò sono
buone, c’è un’idea narrativa di base molto incalzante, merito in
particolar modo della sua inclusività, con
personaggi ben assortiti che abbracciano situazioni e relazioni
molto eterogenee.
Non troviamo infatti i soliti
protagonisti archetipici o stereotipati, bensì persone molto
differenti fra loro – come Simone Brescianini con la sindrome di
down – che portano in scena quello che è davvero il nostro
tessuto sociale e umano, fatto di tante ricche e
bellissime diversità. Ed è forse questa la vera nota positiva di un
film che, facendo leva sul sottotesto, vuole mettere in evidenza le
imperfezioni, sia caratteriali che fisiche, dove tutti possiamo
essere accettati e amati perché sono proprio queste a renderci
unici, in una storia che vuole regalarci una grande carezza e farci
ritrovare il senso di comunità.
Un discorso troppo frammentato
Se però Rido perché ti
amo funziona nella scelta delle storie e dei
rispettivi personaggi, non si può dire la stessa cosa della sua
messa in pratica. Ruffini cerca di mettere a punto una trama
corale, ma non riesce a dare sufficiente attenzione e spazio alle
microstorie del racconto. La sensazione è quella di voler
mettere troppa carne al fuoco e poi dimenticarsi
di girarla sulla brace, con la conseguenza di averla bruciata da
una parte e cruda dall’altra. Per quanto si sforzi a formulare un
ragionamento nel pubblico, che va dal confrontarsi con se stessi al
riflettere se siamo ancora fedeli a quelle promesse che abbiamo
fatto da bambini, questo viene di continuo interrotto a causa della
frammentarietà della narrazione, da cui si evince una debolezza
nella scrittura.
Sono tante le parentesi che si
aprono all’interno di Rido perché ti amo,
e molte le personalità a cui dover star dietro, e il risultato è
che ci sono costanti digressioni che fanno perdere il focus
dell’intero film, il quale va sfaldandosi dopo il primo atto. Anche
nelle parentesi più divertenti, le battute si sforzano di
strappare una risata per regalare una pausa dall’atmosfera
troppo leziosa che ad un certo punto si crea, ma non sembrano
ingranare la marcia, tanto da trasformarsi in dialoghi posticci.
Non c’è armonia nella struttura del film e neppure fluidità a causa
dell’incompiutezza dei troppi archi narattivi. I personaggi di
Giulia Provvedi, Greg e Herbert, per esempio, sono buttati nel
contesto senza cognizione di causa e appena accennati, e alla fine
hanno una risoluzione approssimativa – ma necessaria per chiudere
il racconto – che però lascia con un grosso punto
interrogativo.
Il ponte empatico che Ruffini voleva
costruire fra lo spettatore e i personaggi esiste solo grazie ad
alcune piccole storie dal cuore immenso, come la coppia di
vecchietti che da tanti anni gestiscono il bar con impegno e amore,
o il ragazzo con la sindrome di down che dal diventare aiutante di
Leopoldo, riesce ad aprirsi una pasticceria tutta sua.
Rido perché ti amo poteva davvero puntare
in alto ed essere un film vincente. Aveva tutte le carte in regola.
Peccato che rimane romantica solo l’idea di fondo, sopra la quale è
stato confezionato un prodotto troppo disordinato.
Sebbene molti cinecomicsMarvel
e DC
continuino a riscuotere un grande successo al botteghino, il genere
non è mai stato immune da qualche flop finanziario. A volte, ciò è
dovuto al fatto che alcuni personaggi non entrano in sintonia con
gli spettatori. In altre occasioni, un adattamento di un fumetto è
giudicato talmente scadente che la gente semplicemente non vuole
spendere i propri soldi in un biglietto del cinema, nonostante la
popolarità di franchise come The Avengers e
Spider-Man. Nelle ultime settimane si è parlato
molto delle difficoltà che il DCEU deve
affrontare quest’anno. La Warner Bros. ha
registrato tre flop consecutivi di cinecomics, di cui The Flash è uno degli ultimi esempi. Tuttavia,
se pensavate che le cose fossero andate male per quel film… beh,
potreste impallidire in confronto ad alcuni di quelli che troverete
in questa lista!
Shazam! Furia degli dei
Shazam!
del 2019 rimane uno dei cinecomics delDCEU
meglio recensiti, ma l’entusiasmo per il sequel,Furia degli Dei
di quest’anno, è stato a dir poco smorzato. Era passato troppo
tempo dall’uscita del primo capitolo e il fascino di vedere questi
ragazzini trasformarsi in supereroi si è perso quando
l’attore
Billy Batson è
sembrato più appropriato per incarnare l’eroe del titolo rispetto
al protagonista
Zachary Levi.
Le recensioni sono state per lo più negative e l’uscita di questo
film dopo il fallimento diBlack Adam
e l’annuncio da parte deiDC
Studios
di un reboot dell’intero franchise ha condannato il sequel. Con un
budget dichiarato di 125 milioni di dollari,Shazam! La furia degli dei
ha guadagnato appena 133 milioni di dollari in tutto il mondo. Si
tratta di un risultato disastroso per i cinecomics anche dopo una
campagna di marketing dimenticabile, che sarebbe comunque costata
alla
Warner Bros.
decine di milioni di dollari oltre al budget di
produzione.
I Fantastici Quattro
Nonostante la promessa di
un film sui Fantastici Quattro che puntasse molto
sull’elemento body-horror dei poteri della squadra, i fan non erano
soddisfatti di questo reboot fin dall’inizio. Non volevano una
rivisitazione in chiave moderna della Prima Famiglia Marvel, e sia i costumi che il
design del Dottor Destino sono stati
immediatamente bocciati. Il regista Josh Trank
godeva di molta fiducia tra i fan dei fumetti dopo aver diretto
Chronicle, fino a che il produttore
Simon Kinberg è intervenuto e ha essenzialmente
girato metà del film. Di conseguenza, il regista ha disconosciuto
Fantastic Four, poco prima che arrivasse nelle
sale, spazzando via milioni dal suo previsto weekend di apertura. È
stato un momento folle per questo franchise, ma alla fine i
Fantastici Quattro hanno guadagnato solo 167,9
milioni di dollari in tutto il mondo. Non abbiamo più visto la
squadra da allora e non la vedremo finché non farà ritorno nel
reboot dei Marvel
Studios del 2025.
Dark Phoenix
Rimanendo nell’Universo
Marvel della Fox, quando si è diffusa la notizia che
Kinberg avrebbe diretto Dark Phoenix per rifare la storia che aveva
precedentemente rovinato in X-Men: The Last Stand… beh, probabilmente
ricorderete quanto sia andata male. Dopo numerosi ritardi, il film
– che originariamente doveva essere composto da due parti – è
uscito in un momento in cui i fan dei cinecomics sapevano che il
franchise degli X-Men sarebbe stato rilanciato dai
Marvel Studios. L’interesse è diventato minimo
e le voci di problemi dietro le quinte (ironia della sorte,
Kinberg ha dovuto rigirare l’intero atto finale
del film) non hanno aiutato molto quando è arrivato il weekend di
apertura di Dark Phoenix. Con un incasso di soli 252,4
milioni di dollari a fronte di un budget di almeno 200 milioni di
dollari, il franchise si è concluso con una nota negativa.
Naturalmente c’era ancora un altro flop da affrontare, ma ci
arriveremo più avanti.
Green Lantern
Può essere difficile da
credere ora, ma c’è stato un tempo in cui Green Lantern era tra i cinecomics più attesi
in assoluto. Numerose fughe di notizie, molte delle quali hanno
avuto origine proprio su questo sito, hanno mostrato i membri del
Corpo delle Lanterne Verdi e la risposta a questi prototipi è stata
positiva. Tutti i segnali indicavano che il film sarebbe stato un
incontro tra supereroi e Guerre Stellari e, sebbene non tutti
fossero d’accordo con la scelta di Ryan Reynolds come protagonista, la maggior
parte dei fan era felice di dargli una possibilità. Poi sono
arrivati i trailer. Con un VFX scadente e un tono eccessivamente
sciocco, la narrazione online ha subito un brusco cambiamento e ha
iniziato a sembrare che Lanterna Verde potesse non essere l’avventura
epica che tutti ci aspettavamo. Costato alla Warner
Bros. ben 200 milioni di dollari (una rarità per l’epoca),
un incasso globale di 220 milioni di dollari garantì a questo film
lo status di flop e fu il primo di molti colpi che l’Universo
DC avrebbe inferto alla Warner Bros.
Justice League
Nonostante il
weekend d’apertura da record di Batman v Superman: Dawn of Justice, il film ha
subito un forte calo nel secondo fine settimana e, a causa delle
spese sostenute dalla Warner Bros. è stato considerato una
delusione finanziaria. Di conseguenza, lo studio ha apportato
modifiche radicali a Suicide
Squad e Justice League. Nel caso di quest’ultimo, il
regista di The AvengersJoss Whedon è
stato arruolato per “salvare” il film scrivendo e dirigendo una
serie di reshoot. Come ora sappiamo guardando la “Snyder Cut”, in
qualche modo ha peggiorato notevolmente la situazione e, in base a
ciò che abbiamo sentito, ha agito in un modo che ha compromesso la
sua carriera. Il motivo per cui ciò è accaduto rimane un mistero,
ma a non aiutare la situazione sono stati gli avidi dirigenti degli
studios decisi a non rinviare Justice League per ricevere i loro bonus. Al
momento dell’uscita di Justice League erano stati spesi così tanti
soldi che il film avrebbe dovuto incassare 750 milioni di dollari
per pareggiare i conti. Al contrario, ha incassato 657 milioni di
dollari, un ottimo risultato per cinecomics in circostanze normali,
ma un vero disastro per questo film dopo che il budget è andato
fuori controllo.
The New Mutants
Dopo Dark Phoenix, l’interesse dei fan per The New Mutants è rapidamente svanito. Dopo
l’ennesima serie di contrasti tra il regista di un film Marvel
(Josh Boone in questo caso) e la 20th
Century Fox, sono seguiti ritardi nella data di uscita.
Poi è arrivata la pandemia. Il numero di volte in cui The New Mutants è stato rimandato lo ha
trasformato in un meme tra i cinecomics, e con un reboot dei
Marvel Studios che si avvicinava, i
fan hanno stranamente accolto le voci che parlavano di un film da
eliminare o da mandare direttamente a Disney+. Alla fine il film è stato
distribuito durante la pandemia, anche se senza i reshoot che
avrebbero dovuto portare questo spin-off al punto giusto (alcuni
camei, tra cui quello di Mister Sinister, sono
stati eliminati). Sebbene le probabilità di successo di The New Mutants fossero molto alte grazie a
COVID, un incasso di 49 milioni di dollari a fronte di un budget di
80 milioni ha davvero rappresentato il colpo di grazia per questa
iterazione del franchise degli X-Men.
Supergirl
Quando
Supergirl arrivò nel 1984, il franchise di
Superman era ormai agli sgoccioli. Il franchise
guidato da Christopher Reeve era caduto in disgrazia, ma
lo studio sperava chiaramente che questo spin-off avrebbe
contribuito a ripristinare l’interesse per l’Universo DC (cosa che
non sarebbe avvenuta fino all’arrivo del
Batman di Tim Burton, 5 anni dopo). Helen
Slater sembrerà anche uscita direttamente dai fumetti, ma
questo film non è affatto piaciuto e ha dato l’impressione di
essere un’operazione commerciale senz’anima. Naturalmente, non
possiamo ignorare il fatto che Supergirl è stato
distribuito in un periodo in cui i film d’azione con protagoniste
donne non erano la norma, quindi le probabilità di successo erano
sempre state sfavorevoli. Alla fine dei conti, però, il film ha
guadagnato solo 14 milioni di dollari, nonostante la produzione sia
costata 35 milioni di dollari. Mentre Supergirl è
tornata in televisione, le sue avventure sul grande schermo si sono
concluse qui. Tuttavia, uno Slater in computer
grafica è stato mostrato nelle discutibili scene di Speed Force di
The Flash, segnando la seconda volta che il
personaggio è apparso in un flop al botteghino.
Morbius
La Sony Pictures ha ottenuto un grande successo
collaborando con i Marvel Studios per il suo franchise
di Spider-Man, ma ha ancora intenzione di
espandere l’universo dell’arrampica-muri… senza di lui. Senza
dubbio spinto dal successo di Venom, lo studio aveva grandi
speranze per Morbius, soprattutto per la presenza di
Jared Leto come protagonista. Quello che la
Sony non ha capito è che nonostante il Protettore Letale sia in
grado di stare in piedi da solo, i fan non si preoccupano dei
cattivi di serie B di Spidey quando non c’è lui a
picchiarli.
Nel caso di
Morbius, il film ha sempre avuto l’aspetto di B-movie,
e questo è diventato evidente quando sono arrivate le prime
recensioni (inoltre non è mai un bene quando una scena
post-credits, che dovrebbe anticipare qualcosa di estremamente
emozionante, diventa oggetto di scherno). Dopo un calo record del
74% nel secondo fine settimana, Morbius ha guadagnato solo 167 milioni di
dollari in tutto il mondo, un risultato scioccante dopo che
Spider-Man: No Way Home aveva incassato poco
meno di 2 miliardi di dollari mesi prima. Anche una riedizione
destinata a sfruttare i meme ha fallito e non prevediamo la
possibilità di rivedere questo Vampiro Vivente.
Uno dei registi di
Spider-Man: Across the Spider-Verse ha rivelato
che un bizzarro cameo è stato tagliato dal film.
Spider-Man: Across the Spider-Verse presentava
molte varianti di Spider-Man mentre Miles Morales di
Shameik Moore lasciava il suo universo per
avventurarsi nel multiverso più ampio per seguire Gwen Stacy di
Hailee Steinfeld.
Lungo la strada, diversi Spider-Men
sono apparsi in ruoli importanti, cameo o semplicemente sullo
sfondo di un’inquadratura. Mentre
Spider-Man: Across the Spider-Verse aveva più che
sufficienti varianti di Spider-Man, uno Spider-Man tagliato avrebbe
potuto dare al film una delle sue scene più folli.
Durante un’intervista con Empire Magazine, il co-regista
di
Spider-Man: Across the
Spider-Verse Joaquim Dos Santos
ha rivelato un’idea per una variante di Spider-Man che è stata
tagliata dal film. Secondo Santos, il team di Spider-Society
avrebbe potuto comprendere persino un uomo ragno giocattolo
Toy-Biz. Il regista ha spiegato che il gioco sarebbe dovuto
apparire dentro la mano di un bambino gigante che sarebbe rimasto
fuori campo tutto il tempo. Un’idea certamente folle e fuori dagli
schemi che poteva sposasri alla perfezione con la follia del
progetto, ma che potrebbe ancora trovare il suo spazio nel sequel
del film.
Sony Pictures Animation ha
ingaggiato Joaquim Dos
Santos(Voltron: Legendary Defender, La leggenda
di Korra), il candidato all’Oscar Kemp
Powers(Soul) e Justin
K. Thompson(Piovono polpette) per
dirigere il film, utilizzando una sceneggiatura scritta
da Phil Lord e Chris
Miller (che tornano anche come produttori insieme a
Amy Pascal, Avi Arad e Christina Steinberg) in collaborazione
con David Callaham(Shang-Chi
e La Leggenda dei Dieci Anelli, Wonder Woman
1984).
Non è stato ancora confermato, ma
sia Shameik Moore che la candidata
all’Oscar Hailee
Steinfeld dovrebbe tornare a doppiare
rispettivamente Miles Morales e Gwen Stacy. Nel sequel dovrebbero
ritornare anche gran parte degli attori che hanno prestato le loro
voci nel primo film, tra cui Jake
Johnson, Brian Tyree Henry, Lily Tomlin, Luna Lauren Velez,
Zoë Kravitz, John Mulaney,
Oscar Isaac e Kimiko Glenn. La
voce del villain è, in originale, doppiata da Jason
Schwartzman.
Il regista di Indiana Jones e il Quadrante del
Destino, James Mangold, descrive in
dettaglio il richiamo emotivo del film a un momento de
I predatori dell’arca perduta. Dopo un selvaggio terzo
atto in cui Indy e i suoi compagni usano il dispositivo per
viaggiare indietro nel tempo di 2000 anni, il personaggio di Ford
torna nel 1969 dove fa ammenda con la Marion di Karen
Allen e i due ricreano quella famosa e tenerissima (ma
anche molto sensuale) scena in cui lei chiede a lui “dove non ti fa
male?”, che abbiamo visto milioni di volte ne
I predatori dell’arca perduta.
In una recente intervista con THR,
Mangold commenta come è nato questo momento, un omaggio al primo
film della saga. Il regista rivela che Karen Allen non è stata sul
set per molto tempo, ma che lei e Ford hanno ritrovato subito la
loro vecchia chimica.
“Sì, Jez e John Henry
[Butterworth] si sono inventati quel momento. Quando ci è venuta
l’idea del ritorno di Marion alla fine, è venuta a Jez e John Henry
abbastanza presto ed è stata piuttosto brillante. E l’abbiamo
girato la scena all’inizio della lavorazione, perché abbiamo girato
con Karen nel secondo o terzo mese di produzione, e il potere del
suo personaggio passa davvero in quel breve momento.
“Voglio dire, è il senso della
scena è venuto fuori ancora meglio quando ho potuto vedere l’intero
viaggio per arrivare a quella scena e riunire quei due. Ma Karen è
venuta sul set e ha lavorato due giorni. È atterrata ed appena è
entrata sul set, la chimica tra lei e Harrison è stata, ovviamente,
immediata. È qualcosa che avevano sviluppato nel corso di molti
anni.”
La scena conclusiva del film è
davvero commovente, soprattutto se si ricorda e si conosce la
storia che lega i due personaggi attraverso 40 anni di storia.
Tutto quello che sappiamo su
Indiana Jones e il Quadrante del
Destino
Harrison Ford torna nel ruolo del leggendario
eroe archeologo per l’attesissimo ultimo capitolo dell’iconico
franchise Indiana Jones e il Quadrante del
Destino, un’epica e travolgente avventura in giro per il
mondo. Insieme a
Harrison Ford, il cast del film include Phoebe Waller-Bridge (Fleabag),
Antonio Banderas (Dolor y gloria),
John Rhys-Davies (I predatori dell’arca
perduta), Shaunette Renée Wilson (Black
Panther), Thomas Kretschmann (Das
Boot), Toby Jones (La
Talpa), Boyd Holbrook (Logan – The
Wolverine), Olivier Richters (Black Widow), Ethann
Isidore (Mortale) e Mads Mikkelsen (Un altro giro).
Diretto da James
Mangold (Le Mans ‘66 – La grande
sfida, Logan – The Wolverine) e con una
sceneggiatura scritta da Jez Butterworth & John-Henry
Butterworth e David Koepp e James
Mangold, basata sui personaggi creati da George Lucas e
Philip Kaufman, il film è prodotto da Kathleen Kennedy, Frank
Marshall e Simon Emanuel, mentre Steven Spielberg e George Lucas sono i
produttori esecutivi. La colonna sonora è composta ancora una volta
da John Williams, che ha firmato le musiche di ogni avventura
di Indiana Jonesa partire
dall’originale I
predatori dell’arca perduta nel 1981.
Si torna lì dove tutto ha avuto
inizio, dalla famiglia Lambert, dal padre Josh e dal figlio Dalton,
da quella porta rossa dietro cui si nasconde il terrificante e
difficilmente contenibile Altrove. Si torna dunque al punto di
partenza, per chiudere un cerchio, forse per aprirne altri,
certamente per offrire un senso di completezza ad una delle saghe
horror più importanti degli ultimi anni, prodotta dalla
Blumhouse Productions di Jason Blum. Parliamo di
Insidious, che con il
nuovo film Insidious – La porta rossa,
porta a compimento quanto evocato nel 2010 da James Wan e
Leigh Whannell con il primo capitolo.
Un capitolo a cui ha poi fatto
seguito Oltre i confini del male
– Insidious 2, ancora con protagonista la
famiglia Lambert, e successivamente i prequel Insidious 3 –
L’inizio e Insidious – L’ultima
chiave. Dopo aver dunque narrato le origini della
mitologia della saga, con il quinto capitolo si torna ai
protagonisti originari, per scoprire cosa è successo loro ben dieci
anni dopo l’ultima volta in cui li abbiamo visti, ovvero quando
Josh e suo figlio Dalton, al
termine del secondo film, scelsero di dimenticare, attraverso
l’ipnosi, i terribili incubi vissuti e soprattutto di obliare le
loro capacità di compiere viaggi astrali.
La trama di Insidious – La porta rossa
Pur con un salto temporale, si
riparte dunque da qui, da quella rimozione forzata dei ricordi che,
tuttavia, non sembra aver dato gli esiti sperati. Perché si possono
dimenticare i propri demoni, ma loro certamente non si dimenticano
di te. Ecco allora che Dalton (Ty Simpkins), ormai
in età da college, si ritrova ad essere nuovamente perseguitato da
incubi e visioni raccapriccianti. Rendendosi conto del pericolo,
Josh (Patrick Wilson)
si trova a dover accedere nuovamente a quel passato dimenticato,
decidendo di intraprendere con il figlio un ultimo viaggio
nell’Altrove, nel tentativo di salvare la famiglia una volta per
tutte.
Insidious – La porta rossa, un sequel fedele alla sua
saga
Ad assumersi l’incarico di dirigere
il film vi è proprio Patrick Wilson, grande
protagonista di questa saga (ma anche di quella “rivale”:
The Conjuring). Compiendo
con Insidious – La porta rossa il suo debutto dietro la
macchina da presa, Wilson si dimostra essere la scelta migliore per
dar vita a questo nuovo, conclusivo, capitolo. Egli dimostra
infatti di conoscere bene la saga, la sua mitologia, le sue
atmosfere, i suoi punti di forza e anche quelli di debolezza.
Sceglie pertanto di non andare fuori dai binari tracciati dai primi
due capitoli, seguendone anzi il percorso rinunciando ad altre
possibili sperimentazioni.
Una scelta che sotto certi punti di
vista può risultare poco saggia, poiché di certo non dota il film
di particolari novità, né stilistiche né narrative. Eppure così
facendo, se si accantona un po’ il desiderio di voler vedere
qualcosa di nuovo, ci si accorge di come Insidious – La porta
rossa sia profondamente coerente con i primi due film della
saga. Ne porta infatti avanti atmosfere, sensazioni, suggestioni,
paure e speranze. Il film non brilla dunque per inventiva per
quanto riguarda il suo racconto generale, però di certo non risulta
“altro” rispetto ai suoi predecessori, il che fornisce alla
trilogia (escludendo dunque i due prequel) una propria
identità.
Un racconto di padri e figli
La scelta di mantenere Insidious
– La porta rossa entro le coordinate tracciate dai precedenti
film, permette inoltre allo sceneggiatore Scott
Teems di concentrarsi di più su alcuni aspetti
specifici. I personaggi, in particolare, trovano giovamento da
questa attenzione, presentandosi agli spettatori sotto una nuova
luce. Si tiene conto del tempo trascorso tra il secondo film e
questo, con tutti i cambiamenti emotivi che questo può aver
apportato ai protagonisti, in particolare Josh e Dalton. Sono il
rapporto tra di loro e la necessità di non dimenticare bensì
affrontare i traumi a farla da padrone nel film, con gli
orrori a cui si assiste che assumono la forma di metaforici
ostacoli sul loro percorso di ricongiunzione.
Questo non deve però far pensare ad
un risvolto da dramma famigliare, i momenti di puro terrore non
mancano e se anche non raggiungono quelli proposti dai primi due
film, di certo vi si avvicinano molto. Inevitabilmente però gli
autori hanno avvertito anche la necessità di inserire una
sensazione di “fine”, tirando tutte le fila dei discorsi proposti
dai precedenti capitoli, rispondendo a quanti più interrogativi
rimasti in sospeso possibile, combinando così l’horror con
sfumature più intime. Il risultato non sarà memorabile, ma risulta
essere il giusto epigolo per la saga.
Sky proporrà
in prima tv la trilogia di film di DETECTIVE
KNIGHT, ultima serie cinematografica interpretata da
Bruce Willis prima del ritiro dalle scene,
in onda da giovedì 6 luglio per tre giovedì alle 21.15 su
Sky Cinema Uno, in streaming su NOW e disponibile on
demand. Nei tre film Bruce Willis – diretto da
Edward Drake – interpreta il detective veterano
James Knight, in azione tra le impegnative strade di Los
Angeles.
Il primo dei tre
film, DETECTIVE KNIGHT – LA NOTTE DEL GIUDIZIO
sarà su Sky e NOW da giovedì 6
luglio. Nel film accanto a Willis anche Lochlyn Munro,
Jimmy Jean-Louis, Corey Large, Michael Eklund, Trevor Gretzky,
Keeya King, Miranda Edwards, Beau Mirchoff e Johnny Messner.
Mentre la città di
Los Angeles si prepara per Halloween, rapinatori armati e
mascherati feriscono gravemente il partner di Knight (Lochlyn
Munro) in una sparatoria a seguito di una rapina. Con Knight
all’inseguimento, i banditi fuggono da L.A. per New York, dove il
passato oscuro del detective si scontra con il suo attuale caso e
minaccia di fare a pezzi il suo mondo… a meno che la redenzione non
lo reclami.
Nel secondo
capitolo della trilogia action, DETECTIVE KNIGHT – GIORNI
DI FUOCO, su Sky e NOW da giovedì 13
luglio, il detective Knight è a New York. Si ritrova nel
bel mezzo di un’evasione guidata da The Christmas Bomber (Paul
Johansson), un brutale fanatico i cui discepoli di Babbo Natale
stanno terrorizzando la città. Con la promessa della restituzione
del suo distintivo in cambio dell’eliminazione dei terroristi, il
Cavaliere dagli occhi d’acciaio distribuisce pietà per i giusti… e
giustizia spietata per tutti gli altri. Nel cast con Willis anche
Stephen J. Eads, Matthew Helderman, Luke Taylor, Sean Patrick
O’Reilly, Michelle Meyers, Suman Mallick, Christopher J. Gilker,
Johnny Messner.
Nel terzo e ultimo
avvincente capitolo DETECTIVE KNIGHT – FINE DEI
GIOCHI, in arrivo su Sky e NOW da giovedì 20
luglio, l’assegnazione dell’ultimo minuto di Knight al
turno dell’Indipendence Day si trasforma in una corsa per impedire
a un’ambulanza guidata da uno squilibrato di mettere in pericolo i
festeggiamenti della città. L’uomo, vestito da poliziotto con una
pistola e un’uniforme rubate, ha un caveau di una banca pieno di
motivi per organizzare il suo spettacolo pirotecnico, che colpirà
pericolosamente vicino alla casa di Knight. Nel cast anche Johnny
Messner, Stephen J. Eads, Sean Patrick O’Reilly, Michelle Meyers,
Matthew Helderman, Luke Taylor, Suman Mallick, Christopher J.
Gilker, David Gendron, Ali Jazayeri.
LA TRILOGIA
DI DETECTIVE KNIGHT – in onda da giovedì 6 luglio per tre giovedì
alle 21.15 su Sky Cinema Uno, in streaming su NOW e disponibile on
demand. Giovedì 6 luglio DETECTIVE KNIGHT – LA NOTTE DEL GIUDIZIO;
giovedì 13 luglio DETECTIVE KNIGHT – GIORNI DI FUOCO e giovedì 20
luglio DETECTIVE KNIGHT – FINE DEI GIOCHI.
Prime Video svela il trailer ufficiale
della
seconda stagione de L’estate nei tuoi occhi.
Sulle note di ‘Back to December (Taylor’s Version)’ dall’album
di prossima uscita ‘Speak Now (Taylor’s Version)’ e
di ‘august’ da ‘folklore’ di Taylor Swift, Album
Of The Year ai Grammy 2021.
Un tempo Belly era solita contare i
giorni che la separavano dal ritorno a Cousins Beach, ma con
Conrad e Jeremiah che continuano a litigare per il suo amore e il
ritorno del cancro di Susannah, non è sicura che l’estate sarà più
la stessa. Quando un visitatore inaspettato minaccia il futuro
dell’amata casa di Susannah, Belly dovrà riunire la banda e
decidere una volta per tutte dove andrà il suo cuore.
Al timone della seconda stagione
di L’estateneituoiocchi troviamo
le showrunner Han e Sarah Kucserka. Han, Kucserka, Karen Rosenfelt
e Gabrielle Stanton sono anche executive producers, insieme a Hope
Hartman, Mads Hansen e Paul Lee per wiip. La serie è una
co-produzione Amazon Studios e wiip.
Jenny Han è l’autrice delle serie di
libri Tutte le volte che ho scritto ti
amo e L’estateneituoiocchi che
hanno scalato la classifica dei Best-Seller del New York
Times. Le sue opere sono state pubblicate in più di 30 lingue.
Per il piccolo schermo ha co-creato due nuove serie basate su
questi libri – la serie Prime
Video L’estateneituoiocchi,
di cui è executive producer e co-showrunner – e la serie NetflixXO, Kitty, uno spin-off
dell’universo di To All the
Boys, di cui è executive producer e co-showrunner. È stata
inoltre executive producer dei 3 film Netflix della
trilogia To All the Boys. Vive a Brooklyn, New
York.
Il film di Peaky
Blinders non sarà la fine della storia,
poiché probabilmente ci sono altri spin-off in arrivo. Per sei
stagioni, la popolare serie della BBC/Netflix ha seguito Cillian
Murphy nei panni del carismatico e astuto boss
del crimine, Tommy Shelby, che è a capo della banda criminale a
Birmingham all’indomani della prima guerra mondiale. Il creatore
Steven Knight ha confermato che la serie non sarà
conclusa da una stagione 7 ma da un
film vero e proprio.
Tuttavia, il film di Peaky
Blinders non sarà la fine dell’intera
storia, come confermato dal creatore della serie. Ai TRIC Awards
(tramite The Mirror), Knight ha detto che
il film non sarà la fine per Peaky Blinders e ha
rivelato che stanno lavorando a piani segreti per il futuro, e che
“devono essere annunciato”.
“Non avremmo mai potuto
prevedere quanto avrebbe risuonato questa serie sui gangster di
Birmingham negli anni ’20 e ’30. Alcune cose sembrano avere slancio
e fortuna, e restano con lo spettatore, e tutti quelli che ci
lavorano se ne accorgono. Cosa verrà dopo? Deve essere annunciato.
Ma non è la fine.”
Nel 2022 la saga sembrava aver
raggiunto un punto di chiusura con una splendida sesta stagione,
disponibile su Netflix, ma Steven Knight non
è pronto a lasciar andare i personaggi di Casa Shelby, e nemmeno il
pubblico! Intanto Cillian Murphy,
interprete di Tommy Shelby, ha confermato la sua partecipazione al
film in cantiere, anche se ha dichiarato di recente che per vederlo
al cinema ci vorrà del tempo e che il progetto è ancora in alto
mare.
Lo sciopero dei WGA
in corso sta rallentando tutta una serie di progetti, dal momento
che tutti gli sceneggiatori iscritti al sindacato sono fermi per
aderire alla protesta.
John Rhys-Davies
condivide i suoi pensieri sulla possibilità di avere una
James
Bond donna. Sebbene l’attore britannico sia famoso per
aver interpretato Sallah nel franchise di Indiana Jones e Gimli nella trilogia de
Il Signore degli Anelli, è apparso anche in
007 – Zona Pericolo del 1987 nei panni del
generale Leonid Pushkin, un alleato dello James Bond di
Timothy Dalton.
Sin dall’interpretazione finale
dell’agente dell’MI6 da parte del sesto attore di 007 Daniel Craig in No Time to
Die del 2021, si è discusso molto su chi sarà il
prossimo volto dell’agente segreto al servizio di Sua Maestà, con
Aaron Taylor-Johnson e Henry Cavill che continuano ad essere
considerati le scelte migliori dai bookmaker.
Ora, poco dopo che Jodie Comer di Killing Eve è
emersa come contendente, John Rhys-Davies
condivide i suoi pensieri sul fatto che una donna possa assumere il
ruolo dell’iconica super-spia dell’MI6 per il prossimo
James Bond 26. In un’intervista con The Daily Express, l’ex del
franchise dice che il pubblico non è “pronto per un James Bond
femminile perché l’intero concetto di Bond è davvero maschile e
sciovinista”. Tuttavia, Rhys-Davies crede che “Bond cambi
con il clima” e in futuro una Jane Bond sarebbe un grande
passo per il franchise. Leggi cosa ha detto di seguito:
“Penso che Bond cambi con il
clima. E penso che il clima… non credo che siamo ancora pronti per
un James Bond al femminile. Perché l’intero concetto di Bond è
davvero maschile e sciovinista. Sì, ci sono – ne sono sicuro – ci
sono agenti donne molto toste al mondo, ma abbiamo bisogno di un
Legame. Siamo in un momento così pericoloso. Spero solo che MI5 e
MI6 siano davvero all’altezza.”
Per il momento tutte le voci intorno
al casting di un nuovo attore per l’ambito ruolo sono, appunto,
soltanto voci e non c’è niente di confermato. Sembra improbabile
che volti già così tanto noti come Cavill e
Taylor-Johnson vengano coinvolti in un progetto che sarà
sicuramente pluriennale con un contratto multi-film, e quindi
aspettiamo di avere notizie ufficiali dalla produzione. Sembra
altrettanto improbabile che Nomi, il personaggio interpretato da
Lashana Lynch in No Time to
Die, venga adottata dal franchise come prossima
protagoniste delle sue storie.
Xolo Maridueña
commenta il costume del film Blue
Beetle, mentre parla dell’impressionante CGI
utilizzata per trasformarlo in Jaime Reyes. Mentre il DCEU si è
ufficialmente concluso con il viaggio nel tempo di The
Flash, c’è un film DC nel 2023 che in realtà sta
prendendo in considerazione l’universo DC di James
Gunn, ed è proprio Blue
Beetle. Interpretato da Maridueña,
Blue
Beetle è considerato il
primo eroe del nuovo DC Universe, che inizierà ufficialmente
però soltanto nel 2025 con Superman:
Legacy.
Con Blue
Beetle che uscirà tra un mese, Maridueña ha parlato
ancora della sua esperienza e del suo lavoro al film, in
particolare del potente super costume di Blue
Beetle. In un’intervista con Empire Online, la star di
Cobra Kai ha elogiato il lavoro svolto per la
realizzazione del costume altamente avanzato dell’eroe. Dopo aver
visto l’intero film, Xolo Maridueña è rimasto
sbalordito dall’impressionante CGI, condividendo quanto segue:
“La tuta è semplicemente
incredibile. È il costume più bello che ci sia. Dopo aver visto il
film e aver visto la CGI, ho pensato: “Va bene, ora è scolpito
nella pietra”. È l’abito più figo.”
La questione legata alla CGI sta
diventando un vero e proprio punto critico dei cinecomic, dalle
critiche che hanno investito The
Flash, fino alle polemiche legate al lavoro del reparto per i
film Marvel. Questa affermazione si pone
quasi come una sfida rispetto ad un pubblico che non sta mostrando
molto interesse verso un film e un personaggio che per il momento
risultano come minori nel sentire comune. Tuttavia, il successo del
primo Iron Man ci suggerisce di essere cauti con le definizioni di
“eroi minori”, dal momento che quello che era uno degli eroi meno
considerati del ventaglio Marvel, è poi diventato, al cinema,
il vero e proprio apripista e volto del franchise.
Al fianco di Maridueña (“Cobra Kai”)
troviamo, Adriana Barraza (“Rambo: Last Blood”,
“Thor”) nel ruolo della nonna di Jaime, Nana, Damían
Alcázar (“Narcos”, “Narcos: Mexico”) in quello di suo
padre, Elpidia Carrillo (“Mayans M.C.”, la saga di
“Predator”) nel ruolo della madre, Bruna
Marquezine (“Maldivas”, “God Save the King”) in quello di
Jenny Kord, Raoul Max Trujillo (i film di
“Sicario”,“Mayans M.C.”) come Carapax, il Premio Oscar
Susan Sarandon (“Monarch”, “Dead Man Walking”) come
Victoria Kord e George Lopez (le saghe di “Rio” e
“I Puffi”) nel ruolo di suo zio Rudy. Nel cast anche
Belissa Escobedo (“American Horror Stories”,
“Hocus Pocus 2”) nel ruolo della sorella di Jaime, Milagro, e
Harvey Guillén (“What We Do in the Shadows”) che
interpreta il Dott. Sanchez.
Cosa sappiamo su Blue Beetle?
Blue
Beetle è un personaggio immaginario dei fumetti; venne
pubblicato negli Stati Uniti d’America da diverse case editrici a
partire dal 1940; è un supereroe che ha avuto nel tempo diversi
alter ego. Kord “è saltato” nell’universo DC Comics durante
Cisis on Infinite Earths insieme a un certo
numero di altri personaggi di Charlton Comics. Il secondo Blue
Beetle in seguito ha recitato nel suo fumetto di 24
numeri. Kord non ha mai avuto superpoteri, ma ha usato la
scienza per creare vari dispositivi che lo aiutassero a combattere
il crimine. È diventato un membro della Justice League of America ed è stato
successivamente ucciso durante il crossover Infinite
Crisis della DC Comics .
Soto (“Charm City Kings”, “The
Farm”) dirige da una sceneggiatura di Gareth Dunnet-Alcocer (“Miss
Bala”), basata sui personaggiDC. John Rickard e Zev Foreman sono i
produttori e Walter Hamada, Galen Vaisman e Garrett Grant sono i
produttori esecutivi. Il team creativo del regista che ha lavorato
dietro le quinte include il direttore della fotografia Pawel
Pogorzelski (“Midsommar”,“Hereditary”), lo scenografo John
Billington (“Bad Boys for Life”), il montatore Craig Alpert
(“Deadpool 2”, “The Lost City”), la costumista candidata all’Oscar®
Mayes C. Rubeo (“Jojo Rabbit”, i film di “Thor”), il supervisore
agli effetti visivi Kelvin McIlwain (“The Suicide Squad”, “Aquaman”) e il compositore Bobby Krlic (“Midsommar”,
la serie “Snowpiercer”). Una presentazione Warner Bros. Pictures,
una produzione Safran Company, “Blue Beetle” sarà disponibile nelle
sale italiane a partire dal 17 agosto 2023 distribuito da Warner
Bros. Pictures.
In occasione dell’uscita al cinema
di Rodeo, il nuovo film di
Lola Quivoron con Julie Ledru,
Yannis Lafki, Antonia
Buresi, Cinefilos.it offre la
possibilità ai suoi lettori di assistere gratuitamente al film.
La proiezione del film è previste
l’11 luglio a Bergamo, al Cinema Capitol in Via Torquato Tasso,
41 – sala 2, ore 21.00.
Per prenotare il tuo invito
gratuito valido per 2 ingressi clicca qui (link) riceverai una e-mail di conferma invito fino
ad esaurimento posti.
Rodeo, la trama
(Francia – 105’) – Il vento tra i
capelli, il rombo del motore, l’asfalto caldo che scorre sotto le
ruote. E l’adrenalina che percorre tutto il tuo corpo, come una
scarica elettrica. Julia non riesce a immaginare la sua vita senza
una moto. Fiera e indipendente, frequenta il giro dei “rodei”
urbani, corse clandestine di motociclisti. Ma quando un incontro
casuale la porta a unirsi a una banda di centauri, la posta in
gioco si alza: in una successione di furti e colpi sempre più
pericolosi, per riuscire a dimostrare il suo valore la ragazza
dovrà essere disposta a rischiare tutto. Tra Titane e Fast &
Furious, Rodeo di Lola Quivoron è una corsa forsennata in moto, un
mix altamente infiammabile con una protagonista travolgente e
impossibile da dimenticare.
A volte l’eroe che sei destinato a
diventare si trova appena sotto la superficie. Quest’estate,
DreamWorks Animation si tuffa nelle turbolente
acque del liceo con una commedia d’azione esilarante e commovente
su una timida adolescente che scopre di far parte di una
leggendaria stirpe reale di mitici Kraken e che il suo destino,
nelle profondità degli oceani, è più grande di quanto abbia mai
immaginato.
La dolce e imbranata sedicenne
Ruby Gillman (Lana
Condor, della serie Tutte le volte che ho
scritto ti amo) cerca disperatamente di integrarsi alla
Oceanside High, ma si sente invisibile.
Fa da tutor di matematica al ragazzo
che le piace (Jaboukie Young-White, Ralph spacca Internet), che
sembra apprezzarla solo per i frattali, Ruby non può frequentare i
ragazzi più fighi della spiaggia perché la sua supermamma
iperprotettiva (la candidata all’Oscar® Toni Collette, Knives Out)
le ha proibito a di avvicinarsi all’acqua.
Ma quando Ruby infrange la regola n.
1 di sua madre, scoprirà di essere una discendente diretta delle
regine guerriere Kraken e di essere destinata a ereditare il trono
della nonna (la vincitrice di un premio Oscar® Jane Fonda), la
Regina Guerriera dei Sette Mari.
I Kraken hanno giurato di proteggere
gli oceani dalle vanitose e ambiziose sirene che combattono contro
i Kraken da eoni. C’è però un grosso e inatteso, problema: la bella
e popolare nuova ragazza della scuola, Chelsea (la vincitrice Emmy
Annie Murphy, Schitt’s Creek) è proprio una sirena. Ruby dovrà alla
fine accettare chi è e affrontare grandi imprese per proteggere chi
ama di più.
Ruby Gillman, la ragazza con
i tentacoli (leggi
la recensione) vanta un cast straordinario che include
il vincitore Emmy Colman Domingo (Fear the Walking
Dead) nel ruolo del padre di Ruby, il candidato Emmy Sam
Richardson (Veep – Vicepresidente incompetente) nel ruolo
dello zio entusiasta di Ruby e Blue Chapman
(Council of Dads) che interpreta il fratellino di Ruby.
Diretto dal candidato all’Oscar®
Kirk DeMicco (Vivo, I Croods) e prodotto da
Kelly Cooney Cilella (Trolls World Tour, Trolls),
con Faryn Pearl (I Croods 2 – Una nuova era,
Trolls World Tour) come co-regista, il film si avvale di un cast
comico straordinario, tra cui il candidato Emmy Will
Forte (The Last Man on Earth), il candidato Emmy
Nicole Byer (Nailed It!), gli YouTube
Diamond creator Liza Koshy (Liza on
Demand), Ramona Young (Non ho mai…),
Eduardo Franco (Stranger Things) ed Echo
Kellum (Arrow).
Se la Fase 2 del MCU può vantare molte
soluzioni e novità accattivanti che la Fase 5
sta attualmente ripercorrendo, dall’altra si trascina sulle spalle
il peso di molti errori e problemi. Le incrinature
della Fase 2 sono in realtà emerse in fase di rewatch e ora, a ben
guardarla, ci si può accorgere di molti difetti rilevanti.
Nonostante questa fase porti con sé dei film di tutto rispetto e
dall’enorme successo, come per esempio Capitan America: The Winter Soldier e Guardiani della Galassia, ci sono alcune mancanze che
non sono passate inosservate alle seconde visioni, e che intaccano
la maggior parte dei capitoli presenti in questa sezione. Ma quali
sono i problemi riscontrati rivedendo la
Fase 2? Cerchiamo di capirlo.
Thor: The Dark World: uno dei film
peggiori
Fra
i film che fanno parte della
Fase 2
troviamoThor:
The Dark World,
secondo capitolo stand-alone del Dio del Tuono. Se il debutto
di
Chris Hemsworth
nelMCU
era stato accolto abbastanza bene, questa nuova avventura di Thor,
a riguardarla, fa storcere il naso. Innanzitutto, a livello visivo,
il film non si può dire essere ben fatto, ma anzi risulta poco
piacevole. Così come la sua trama, che si focalizza eccessivamente
sull’Aether, alludendo alla Pietra della Realtà. Anche Jane
Foster, interpretata da
Natalie Portman, non sembra avere una vera e propria funzione
all’interno dell’intreccio e il suo personaggio va un po’
perdendosi, mentre il villain di tutta la storia, Malekith, si
prende l’etichetta del peggior cattivo del MCU. Thor: The
Dark World si può purtroppo annoverare fra i peggiori film
dell’universo Marvel, e ha portato l’attore
australiano a prendere una strada diversa sotto la direzione del
regista Taika Waititi.
Il franchise di Ant-Man non ha
migliorato l’originale
Ant-Man
non è presente nella classifica dei migliori film del
MCU. Nonostante questo, il
primo capitolo del franchise è stato tutto sommato divertente, ed è
stata un’avventura che ha introdotto nell’universo Marvel lo Scott Lang di
Paul Rudd, insieme ai suoi comprimari. Grazie alla sua
struttura, c’è stata poi l’opportunità di poter continuare a
seguire e approfondire il personaggio con altri film stand-alone
che però, alla fine, hanno fatto un passo indietro rispetto a
quello che ci si aspettava. I successivi capitoli, fino all’ultimo
Ant-Man and the Wasp: Quantumania che ha aperto la Fase 5,
non sono stati un vero e proprio successone, ma anzi hanno
contribuito a privare il franchise del suo minimo fascino. Perciò,
riguardando la
Fase 2 del MCU si è arrivati alla
conclusione che il potenziale del franchise di Ant-Man è stato
purtroppo mal utilizzato.
Ultron, un villain sprecato
Sempre
nel 2015, conAvengers:
Age of Ultron,
ilMCU
ha introdotto la versione di Ultron di James Spader, uno dei
villain dal grande potenziale. Questo cattivo, prendendo come
riferimento base i fumetti della Marvel, è un potentissimo androide
offensivo, nonché uno dei nemici principali di Ant-Man e dei
Vendicatori. Reggendo sulle spalle una storia avvincente, Ultron
poteva essere inserito meglio all’interno delMCU,
ma come si evince dal film in cui fa la sua comparsa, non è stato
così tanto minaccioso come ci si poteva aspettare. Il
villain, con la distruzione di Sokovia, ha messo in moto gli eventi
che hanno portato allo scioglimento degli Avengers e all’uso del
Guanto dell’Infinito da parte di
Thanos, e in una sua apparizione futura avrebbe perciò potuto
essere molto più intimidatorio. Peccato però che Ultron non è più
comparso nel MCU. È stata poi fatta
vedere una sua variante in Marvel’s What If…?, la quale ha mostrato quanto potenziale
possa avere una nuova apparizione di Ultron nel MCU.
La love story fra Hulk e Natasha?
Inutile
Prendendo
ancora in riferimentoAvengers:
Age of Ultron,
ci sono alcune scelte compiute all’interno del film che, a
riguardarle ora, risultano sbagliate. Fra gli errori commessi
spicca in maniera notevole la storia d’amore fra Bruce Banner e
Natasha Romanoff, una sub-trama romance che, invece di arricchire
la storia – già di per sé corposa – l’ha appesantita
notevolmente. L’inserto amoroso non risulta funzionale
all’interno del MCU: a livello relazionale
è evidente che Natasha abbia sempre avuto molta più chimica con
Clint Barton e Steve Rogers, quindi il rapporto con Hulk non è mai
stato davvero credibile, soprattutto perché spuntato fuori dal
nulla. Questa sottotrama poteva dunque essere evitata, anche perché
la loro love story non va oltre Avengers: Age of Ultron.
L’HYDRA, una minaccia breve
Captain
America: The Winter Soldier aveva lanciato una grande
bomba sull’HYDRA. Nel film infatti viene rivelato che quest’ultima,
dopo essersi riassemblata, si è infiltrata nello SHIELD, tanto da
aver fatto supporre – e sperare – che l’organizzazione terroristica
avrebbe avuto un ruolo più centrale all’interno del
MCU. Avengers:
Age of Ultron ha però spazzato via ogni speranza, dato che
la storia inizia proprio con la sconfitta del Barone Strucker e la
distruzione dell’ultima roccaforte dell’ HYDRA, cessando di essere
una minaccia per il MCU. L’organizzazione ha
comunque continuato ad essere una minaccia in Agents of
S.H.I.E.L.D., ma lo status della serie non è stato ancora
definito.
Molti villain della Fase 2 non
convincono
Un’altra
nota dolente della
Fase 2
delMCU
sono i cattivi introdotti. Escludendo Bucky Barnes inCapitan America: The Winter Soldier,
al quale è stato fatto il lavaggio del cervello, i villain di
questa fase sono molto deboli e poco impattanti. Si pensi a Ronan,
antagonista diGuardiani della Galassia,
che nell’economia generale del film risulta poco incisivo e
facilmente dimenticabile. La delusione per questo cattivo si
aggiunge a quella avuta con Yellowjacket, Aldrich Killian, Malekith
e Ultron. Essendo i villain parte fondamentale della riuscita di un
film di supereroi, questa fase soffre molto del problema di avere
cattivi poco convincenti.
Non ci sono film all’altezza di
Capitan America: The Winter Soldier
Captain
America: The Winter Soldier è il miglior film a stampo
thriller politico della
Fase 2, oltre a essere uno di quelli dalla miglior fattura che
il MCU possa vantare di
avere. Diretto dai fratelli Russo, contiene al suo interno tutto
quello che ci si potrebbe aspettare da un film action. Ogni
sequenza d’azione è ben coreografata e riesce a catalizzare
l’attenzione, la sua trama è sapientemente intricata e volta al
funzionamento delle cospirazioni. Gli effetti visivi sono
magistrali, non c’è nessuna vera sbavatura, e il villain – unito al
cast di supporto – riesce a elevare l’opera. L’unico film che si
avvicina, della
Fase 2, è solo Guardiani della Galassia, ma non raggiunge il podio a
causa del cattivo che, come dicevamo, non attira molto. Gli altri,
purtroppo, non riescono ad essere all’altezza.
Il film meno riuscito sugli
Avengers è Avengers: Age Of Ultron
Avengers:
Age of Ultron,
oltre a non avere un villain d’impatto, sembra essere uno degli
anelli più deboli dei film sugli Avengers. Nonostante abbia avuto
molte correzioni che lo hanno migliorato, il risultato non lo ha
salvato dall’etichetta di uno dei capitoli meno riusciti sui
Vendicatori. Tutto quello che Avengers:
Age of Ultron è riuscito a fare è stato costruire alcune
trame interessanti che poi hanno portato ad alcune delle scene più
iconiche del MCU, come l’uso del
martello di Thor da parte di Capitan
America nella lotta contro
Thanos o il raduno degli Eroi più potenti della Terra con il
grido di guerra “Avengers Assemble” in Avengers:
Endgame. Purtroppo però, a parte questo, il film risulta
abbastanza strabordante di storie che, invece di sviluppare un
quadro chiaro dell’insieme, ne formano uno incoerente.
Quicksilver doveva avere di
più
Insieme
alla Scarlet Witch di
Elizabeth Olsen,
il pubblico ha conosciuto anche il Quicksilver di
Aaron Taylor-Johnson,
un personaggio dal grande fascino, la cui storia è stata stroncata
troppo presto. Quicksilver muore inAvengers:
Age of Ultron,
a causa di alcuni proiettili che non riesce a schivare, facendo
calare il sipario su un character a cui l’attore aveva dato molto
carisma e spessore. Quicksilver, grazie proprio
all’interpretazione di Johnson, aveva molto spazio per poter
crescere nel MCU, esattamente come
accade a Scarlet Witch dopo la sua introduzione. La sua dipartita,
però, ha fatto sì che il suo potenziale fosse sprecato, e molti si
chiedono come sarebbe stato se avesse continuato a vivere.
Nessuno sviluppo per l’Harley
Keener di Iron Man 3
La
Fase 2
delMCU
ha introdotto, oltre ad alcuni supereroi e comprimari di supporto,
anche dei personaggi che, seppur vissuti per un breve lasso di
tempo, hanno arricchito le storie, dando un taglio molto più
profondo. È il caso dell’Harley Keener di Ty Simpkins, che fa parte
di una delle sottotrame più emozionanti diIron Man
3,
in quanto aiuta Tony Stark ad indagare sulle rovine di un attacco
che riconduce a Mandarino, il villain del terzo capitolo
stand-alone di
Robert Dawney Jr.
Anche Harley, proprio come altri personaggi, aveva un gran bel
potenziale, purtroppo però non sfruttato. Il bambino, infatti, dopo
la sua comparsa in Iron Man 3 non è più tornato in altre scene nei
capitoli successivi, se non in un cameo di Avengers:
Endgame nella sequenza del funerale di Tony Stark. Keener
poteva diventare Iron Lad nel MCU, almeno questo era
quello che era stato teorizzato da molti. Ma adesso, con il debutto
di Ironheart
di Dominique Thorne, il suo ritorno in un eventuale futuro sembra
tutto fuorché probabile.
Ant-Man: la peggior origin story
del MCU?
Il debutto di
Paul Rudd nelle vesti di Ant-Man
non è stato del tutto un fiasco. Anzi, il primo film, rispetto ai
suoi successori, è il più divertente e dinamico, merito in
particolar modo della performance carismatica dell’attore.
Nonostante gli vada riconosciuto l’ottimo lavoro, Ant-Man è uno dei
film del MCU che si dimenticano con
più facilità. A differenza di Iron Man, Guardiani della Galassia o
Capitan America – Il primo Vendicatore, che rientrano
nelle migliori origin story dell’universo Marvel, quella di Ant-Man si
colloca in fondo alla lista, purtroppo a causa di un villain poco
definito e accattivante, e una trama che vacilla molto spesso.
Iron Man 3, a Robert Downey Jr.
spettava un finale migliore nella trilogia
Il
Tony Stark/Iron Man di
Robert Downey Jr.
ha dato tantissimo alMCU.
Il Vendicatore è fra quelli più amati dai fan e il pubblico in
generale, e la sua trilogia ha avuto un grande impatto all’interno
dell’universo Marvel. Ecco perchéIron Man
3,
che ne segna la conclusione, avrebbe dovuto essere molto più
impattante di quello che è stato. Se si riguarda il film, ci si può
accorgere subito dell’intreccio debole e un po’ scarso con il
Mandarino, il villain dell’ultima storia, il quale è stato poi
ripreso e migliorato conShang-Chi e la leggenda dei dieci anelli.
Inoltre, Iron Man 3 si concludeva con Tony che distruggeva
tutte le tute di Iron Man, salvo poi rivederlo di nuovo in pista in
Avengers: Age of Ultron con l’idea di creare l’Iron
Legion. A questo si deve poi sommare una narrazione molto gonfiata,
a cui si accosta un villain che, come dicevamo, non ha una grande
presa sulla storia.
Nel corso del MCU, ci sono stati alcuni
cattivi che sono stati inavvertitamente creati dagli Avengers. Che sia stato per negligenza o per
aver fatto del bene con conseguenze non volute, ci sono casi
notevoli in cui gli Eroi più potenti della Terra
hanno dovuto sconfiggere le minacce che loro stessi avevano
involontariamente creato. Per questo motivo, gli Avengers hanno lasciato un’eredità notevole,
in particolare salvando il mondo in più di un’occasione, ma essendo
anche responsabili di alcuni dei suoi nemici.
Forse un eroe più di altri in
particolare può forse essere incolpato per la creazione dei cattivi
nel MCU come appunto lo è
stato Iron Man. Dopotutto, Visione ha avuto la sua equazione in Civil War, teorizzando che l’esistenza stessa
degli Avengers abbia favorito l’emergere di minacce
più grandi e peggiori nel corso del tempo. Ecco 10 dei più
importanti cattivi creati nel MCU.
Whiplash
In
cerca di vendetta per le offese ricevute dal padre per mano
diHoward Stark,
Ivan Vanko ha creato le sue fruste alimentate da reattori ad arco
per punireTony Stark
per i “peccati” del padre inIron Man 2
del 2010.
Tuttavia, Tony non ha dato molta
importanza a Vanko a causa del suo orgoglio, avendo avuto solo
successo come Iron Man da quando ha costruito la sua tuta.
Per questo motivo, Vanko si è alleato con
l’appaltatore di armi e rivale di Stark, Justin Hammer, permettendo
a Whiplash di diventare una minaccia ancora più
grande con una legione di “Droni Hammer” che ha scatenato sulla
Stark Expo.
Aldrich Killian
Continuando il
tema dei peccati di Iron Man che tornano a perseguitarlo,
Aldrich Killian è stato rifiutato da Tony Stark anni prima di diventare Iron Man. In Iron Man 3 del 2013, il think tank di
Killian, noto come AIM, aveva sviluppato Extremis,
una nanotecnologia in grado di manipolare la bioelettricità del
corpo.
Killian ha usato
Extremis nel tentativo di controllare la guerra al
terrorismo, creando la sua figura terroristica nota come il
Mandarino e installando il suo burattino per
diventare Presidente della Repubblica. Nel MCU aveva anche l’obiettivo
personale di uccidere Stark, cercando di
vendicarsi per l’umiliazione subita tanti anni prima e
trasformandosi nel “vero” Mandarino.
Pietro Maximoff (Quicksilver)
Insieme
alla sorella gemella
Wanda,Pietro Maximoff
odiavaTony Stark
dopo che i missili prodotti dalle Stark Industries avevano ucciso i
loro genitori e li avevano quasi uccisi da bambini nella nazione di
Sokovia. Crescendo, l’odio di
Pietro
e
Wanda
per Stark li ha spinti a offrirsi volontari per gli esperimenti
del
Barone von Strucker,
che ha conferito loro poteri come individui potenziati delMCU.
Dopo un primo conflitto con gli
Avengers, Pietro e
Wanda si alleano con Ultron nel
tentativo di vendicarsi di Iron Man e dei suoi compagni. La scoperta del
vero piano di Ultron per porre fine all’umanità ha
visto i due gemelli unirsi agli Avengers per fermarlo.
Wanda Maximoff (Scarlet Witch)
Nonostante
Pietro
e
Wanda
si siano uniti agliAvengers,
Pietro
ha perso la vita durante la Battaglia di Sokovia nelMCU.
Allo stesso modo,
Wanda
finirà per perdere
Visione
inAvengers: Infinity War,
dopo che gli Eroi più potenti della Terra non sono riusciti a
fermare
Thanos
perché ancora divisi dalle conseguenze dellaCivil War.
Una volta salvato l’universo in
Avengers: Endgame, il dolore di
Wanda l’ha portata a conquistare un’intera città
con i suoi poteri, come si vede in WandaVision del 2021, diventando uno dei
supereroi più potenti: Scarlet Witch.
Ultron
Nonostante le nobili
intenzioni di costruire “un’armatura per tutto il mondo”, nel
MCU Ultron è diventato un
robot AI assassino di massa in
Age of Ultron del 2015. Creato da Iron Man e Hulk di Bruce Banner,Ultron credeva
che l’unico modo per raggiungere la pace nel mondo fosse quello di
uccidere gli Avengers e distruggere l’umanità.
Il rifiuto di Tony Stark di
ammettere di aver sbagliato nel creare Ultron lo
ha visto ricevere molte critiche dai suoi colleghi durante il
franchise del MCU. Tuttavia, grazie alla
sua testardaggine, Iron Man, Thor e Hulk crearono Visione, che
era più in linea con ciò che Stark aveva originariamente intenzione
di creare utilizzando l’IA e la Pietra della Mente.
Zemo
La minaccia del
Barone Zemo era una risposta diretta alle vite
perse durante la Battaglia di Sokovia. Avendo perso la sua
famiglia, Zemo creò un piano di vendetta contro gli Avenegers
usando il Soldato d’Inverno e il suo oscuro passato come potente
arma.
Di fronte alla volontà delle Nazioni
Unite di regolamentare gli Eroi del MCU più potenti della Terra,
Zemo ha approfittato delle tensioni e ha diviso
con successo gli Avengers alla fine di Captain America: Civil War. Zemo non
avrebbe mai cercato di smantellare i Vendicatori se non fosse stato
per i Vendicatori stessi.
Avvoltoio
In modo simile,
l’Avvoltoio di Adrian Toomes è stato creato dopo che Iron Man è intervenuto con il Dipartimento di
Controllo dei Danni per aiutare a ripulire (e a trarre profitto)
dalla distruzione degli Avengers dopo la Battaglia di New York.
Questo ha fatto sì che Toomes e la
sua squadra di recupero si trovassero in difficoltà economiche a
causa della mancanza di lavoro. Per questo motivo, tutti si sono
dati al crimine creando e vendendo armi dai recuperi alieni rubati,
diventando criminali del MCU come si vede in Spider-Man: Homecoming del 2017.
Mysterio
Un altro cattivo
delMCU
creato a causa delle azioni involontarie di Tony Stark è
Quentin Beck
che ha creato la tecnologia della realtà aumentata che il pluri
milionario ha ribattezzato BARF, ignorando e sminuendo
completamente il lavoro di una vita di Beck. Unendosi ad altri
dipendenti di Stark sfiduciati, è nato
Mysterio,
come si vede inSpider-Man: Far From Home
del 2019.
Un eroe inventato per fermare le
minacce che loro stessi hanno creato usando illusioni olografiche.
Sebbene questo fosse parte del piano di Beck per diventare il
prossimo Iron Man e godere della fama e del potere che
ne derivava, i suoi piani furono sventati da
Spider-Man, il vero erede dell’eredità di Iron Man dopo la morte di
Stark in Avengers: Endgame.
Flag-Smashers
Il fatto che gli Avengers
abbiano riportato tutti indietro dallo Snap di Thanos in Endgame è stata una buona cosa, ma ha
avuto comunque delle conseguenze. Tra queste, l’ascesa del gruppo
radicale noto come Flag-Smashers, visto in Falcon and the Winter Soldier del 2021.
In seguito al Blip quinquennale, la nuova
organizzazione governativa nota come Consiglio Globale per il
Rimpatrio iniziò a restituire case e posti di lavoro a coloro che
erano stati espulsi.
Ciò ha costretto a espellere coloro
che si erano trasferiti e avevano occupato quei posti di lavoro nel
periodo intermedio di cinque anni. Per questo motivo, i
Flag-Smashers hanno cercato di ricreare il siero
del Super Soldato nel tentativo di costringere le
persone ad ascoltare il loro messaggio “One World“.
Skrull
Secret
Invasion del 2023 ha confermato che sulla Terra
vivono più Skrull di quanti ne conoscesse anche
Nick Fury, giunti sulla Terra mentre Fury era
assente nel Blip. Anche se non tutti gli Skrull sono una minaccia,
l’assenza di Fury dovuta al fallimento iniziale dei Vendicatori nel
fermare Thanos ha motivato lo Skrull Gravik a prendere
in mano la situazione riguardo alla promessa non mantenuta di Fury
e Capitan Marvel di trovare loro una nuova
casa.
Anche se Fury è
tornato, diversi Skrull mutaforma sono stati
galvanizzati da Gravik per sottrarre la Terra all’umanità,
infiltrandosi in vari livelli del governo e della società del
MCU.
Uno dei più interessanti film
italiani usciti nel corso del pandemia di Covid-19 è Il
regno, opera prima di Francesco
Fanuele. Si tratta di una commedia insolita, che pone un
protagonista del nostro presente a confronto con una realtà lontana
nel tempo, a partire dalla quale emerge però un pungente commento
sociale del contemporaneo. Purtroppo, proprio per via della
pandemia, il film è stato distribuito direttamente sulle
piattaforme On Demand, cosa che ne ha limitato la
popolarità. È però un film decisamente da riscoprire, non solo per
la buona scrittura che presenta ma anche, come accennato, per i
suoi interessanti riferimenti all’attualità.
Tutto nasce dal regista, Francesco
Fanuele, classe 1988, che ha conseguito il diploma al Centro
Sperimentale di Cinematografia di Roma proprio con la versione
cortometraggio di Il regno, avente per protagonista
Stefano Fresi. Già nel suo formato breve quel
lavoro aveva conquistato parecchi riconoscimenti nazionali e
internazionali, conquistando le attenzioni di diverse case di
produzione. Pertanto, nel 2017, la società Fandango ne ha
acquistato i diritti per trasformarlo nel film che possiamo oggi
ammirare, scritto dallo stesso Fanuele insieme a Stefano Di
Santi e Bernardo Pellegrini.
Il regno è dunque un
esordio molto promettente, dove attraverso la commedia e sfumature
da Cappa e Spada (ovvero quei film caratterizzati da
storie avventurose ambientate in periodi storici passati, come il
Medioevo), emergere un lucido ritratto dei vizi e delle virtù del
presente. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà
certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità
relative ad esso. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti
possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama, al cast di attori e ad
altro ancora. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
La trama di Il regno
Protagonista del film è
Giacomo, che poco più che dodicenne viene
rinnegato dal padre e cacciato dal casale di campagna che gli ha
dato i primi natali. Quando è ormai adulto, Giacomo viene invitato
a tornare proprio in quel casale dal vecchio avvocato del padre,
l’eccentrico Bartolomeo Sanna. L’occasione sono i
funerali dell’odiato genitore. Giunto sul posto, Giacomo apprende
però una cosa che decisamente non si aspettava, ovvero di aver
ereditato il Regno del padre. Scopre così che nei terreni del padre
risiede una comunità di persone che ha scelto di tornare a una vita
più umile, modesta, senza gli assilli della tecnologia.
Un regno che sembra dunque in tutto
e per tutto un tentativo di fuga dal presente per tornare ad un
vero e proprio Medioevo. Giacomo si ritrova così ad ereditare dei
veri e propri sudditi, pronti a dargli cieca obbedienza, prosperose
ancelle ben disposte a insaponargli la schiena e soprattutto
il potere di legiferare a proprio piacimento. Ma Giacomo non è
affatto come il padre, prepotente autocrate tutto d’un pezzo. Lui
con i sudditi ci vuole parlare, ci vuole fare amicizia. Il suo
atteggiamento risulta però essere quanto mai ambiguo agli occhi dei
suoi sudditi. Giacomo dovrà allora riuscire a trovare un equilibrio
in quella bizzarra situazione.
Il cast e le location di di Il regno
Ad interpretare il protagonista,
Giacomi, vi è l’attore
Stefano
Fresi. Accanto a lui si ritrovano poi Max Tortora nel
ruolo di Bartolomeo Sanna, Silvia
D’Amico in quello di Ofelia e Fotinì
Peluso nei panni di Lisa. Completano poi il cast
Francesca Nunzi nei panni di Madama Giacinta,
Agnese Nano con il ruolo di Lucrezia, Enzo
Salomone con quello del Professor De Nardi e
Vittorio Barbagiovanni nei panni di
Guidobaldo. Infine, Valter Toschi è Ubaldo Pecci,
Romano Tallevi è Vladimiro, il becchino, mentre
Paolo Buglioni interpreta il questore. Per quanto
riguarda i luoghi in cui il film è stato girato, essi sono il
Castello della Cecchignola, nel Castello
di Isola Farnese e nella Tenuta Cesarina
all’interno della riserva naturale della
Marcigliana.
Il trailer di Il regno e
dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di Seven grazie
alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei
cataloghi di Chili Cinema, Google Play, Rai Play e Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
martedì 4 luglio alle ore 21:20
sul canale Rai 2.
Dal 4 luglio, sono disponibili su
Netflix i tre episodi che compongono la miniserie
Il principe, intrigante prodotto audiovisivo che
fonde la ricostruzione storica con il crime per indagare la
controversa figura dell’ultimo erede al trono d’Italia,
Vittorio Emanuele di Savoia, soffermandosi nello
specifico sugli eventi della tragica notte del 18 Agosto 1978
all’isola di Cavallo, quando un colpo sparato dal fucile di
Vittorio Emanuele uccise il giovane tedesco Dirk
Hamer.
Il principe, tra esili e
processi
Si parte dall’esilio della famiglia
Savoia – Vittorio Emanuele, la moglie
Marina Doria e il figlio Emanuele
Filiberto – avvenuto a seguito del referendum del 1946 che
trasforma l’Italia in una Repubblica. Vittorio compra una casa a
Cavallo, in Corsica, dove avverrà il tragico fatto che costituisce
la narrazione principale dell’intera miniserie: il ferimento e la
successiva morte del giovane tedesco Dirk Hamer. E
ancora, il processo, il ritorno in Italia della famiglia reale dopo
mezzo secolo di esilio, l’indagine da parte della pretura di
Venezia per traffico internazionale di armi e l’iscrizione alla
loggia massonica della P2.
Unendo la testimonianza degli allora
ragazzi presenti sulla barca quella notte, tra cui i Malagò e i
Pende, la serie sviluppata e diretta da Beatrice
Borromeo analizza i fatti di quella tragica notte,
presentando entrambe le prospettive, quella del colpevole e delle
vittime, per imbastire uno studio dettagliato su una delle figure
più controverse e interessanti della scena politica e sociale
italiana.
17 agosto 1978: i fatti
La notte del 17 agosto 1978,
sull’isola di Cavallo (che si trova al largo della costa
meridionale della Corsica), Vittorio Emanuele
scoprì che il gommone del suo yacht era stato rubato e agganciato a
un altro yacht vicino. Armato di fucile, tentò di salire a bordo
dell’imbarcazione. Sparò a un passeggero che aveva svegliato; il
colpo lo mancò ma ferì mortalmente Dirk Hamer (il
figlio diciannovenne di Ryke Geerd Hamer), che
dormiva sul ponte di un altro yacht adiacente. Dirk è ricordato da
tutti i testimoni che intervengono nella miniserie come un “super
atleta”, un ragazzo affabile ed educato che parlava quattro lingue,
una giovane promessa in tutto, che non avrebbe nemmeno dovuto
essere lì quella notte. Il principe ammise la responsabilità civile
della morte in una lettera del 28 agosto 1978. Dirk
Hamer morì per le ferite riportate il 7 dicembre 1978 e
Vittorio Emanuele fu arrestato.
L’11 ottobre 1989, Vittorio
Emanuele fu incriminato con l’accusa di lesioni letali e
possesso di un’arma pericolosa. Tuttavia, il 18 novembre 1991, dopo
tredici anni di procedimento giudiziario, la Corte d’Assise di
Parigi lo assolse dalle accuse di ferimento mortale e omicidio
involontario, giudicandolo colpevole solo di possesso non
autorizzato di un fucile M1 Garand. Ricevette una condanna a sei
mesi di reclusione con la condizionale.
Incarcerato nel giugno 2006 con
accuse non collegate di corruzione, Vittorio
Emanuele è stato registrato in un video mentre ammetteva
che “ero nel torto, […] ma devo dire che li ho ingannati [i
giudici francesi]“, provocando un appello da parte di
Birgit, sorella di Dirk Hamer, affinché Vittorio
Emanuele fosse nuovamente processato in Italia per l’omicidio del
fratello.
Birgit Hamer ha
intrapreso una lunga battaglia legale per ottenere il video
completo. Ha dichiarato: “Quella che per noi è una confessione,
per lui è un vanto: ride del fatto che ha ucciso un ragazzo“.
La storia del video fu divulgata dalla giornalista aristocratica
Beatrice Borromeo, che ha anche curato la
prefazione del libro sull’omicidio scritto da Birgit Hamer,
Delitto senza castigo. Vittorio Emanuele
ha denunciato il giornale per diffamazione, sostenendo che il video
era stato manipolato.
Birgit e Marina: le voci femminili
contrapposte de Il Principe
Il punto di vista più forte e deciso
della miniserie Il Principe è, naturalmente,
quello della sorella di Dirk, Birgit Hamer, che ha
da sempre cercato giustizia, destreggiandosi in un mare di
coperture, minacce e indagini mancanti. “Sono successe
cose stranissime“, sentenzia Birgit Hamer senza alcun dubbio.
Dopo che Vittorio Emanuele scappa in Svizzera, la famiglia di Dirk
continua a chiedere giustizia e affermare a gran voce che il
principe si sta nascondendo. Non vi era ombra alcuna di indagini, i
giornalisti che tentavano di affrontare la vicenda scrivendo
articoli sul tema venivano minacciati, sempre che questi articoli
non scomparissero direttamente. Pian piano, le versioni degli
eventi hanno iniziato ad essere modificate, quando gli avvocati dei
Savoia hanno fiutato un’occasione, riuscendo addirittura a far
scompare il documento di ammissione di colpa, con l’intenzione di
“gettare il dubbio su una cosa che è stata certa fin
dall’inizio“.
Contrappunto di Birgit, nella serie
emerge anche il ruolo fonamentale di Marina Doria
nella vicenda. Viene descritta da alcuni testimoni e dallo stesso
figlio Emanuele Filiberto come una donna molto forte, tratto
caratteriale ereditato dall’essere una sportiva, precisamente una
ex campionessa mondiale di sci nautico: in Svizzera era considerata
una vera e propria diva. Dopo i fatti di Cavallo, la vita di
Marinadiventa votata a cercare di scagionare
il marito. Attraverso una buona fetta di materiale d’archivio, la
voce di Marina è l’unico vero controcampo per quella di Birgit, e
conferma di esserlo stata anche nel passato, quando si recava
all’estero per ricostruire i modelli delle barche presenti la notte
di Cavallo per cercare di scagionare il marito e dimostrare che le
pallottole non potevano essere partite dal suo fucile.
Dietro Marina – e completamente
annebbiato dalla fermezza risolutiva e dalla dialettica impeccabile
di Birgit Hamber – c’è un Vittorio
Emanuele incerto, nel presente e nel passato, che spesso
si impappina, che afferma “il toro c’ha le corna, io ho dovuto
difendermi come nella corrida“, ma non esita a confessare che
la sua infanzia è stata caratterizzata dalla quasi totale assenza
di affetto da parte dei suoi genitori. Una confessione che, forse,
dice molto di più delle infinite riconsiderazioni e ritrattazioni
volte a mascherare l’imperdonabile.
Prime Video ci
riprova con la trasposizione di un nuovo young
adult che arriva non dagli Stati Uniti ma dalla più vicina
Spagna. È colpa mia? è basato sull’omonimo e
primo libro
della trilogia dell’autrice ispano-argentina Mercedes
Ron, scrittrice diventata famosa grazie al social
Wattpad, proprio come la sua coetanea Anna
Todd con la saga di
After.
I protagonisti di questo film sono
interpretati dall’attrice Nicole Wallace e
l’attore Gabriel Guevara entrambi già visti nella
serie SKAM España. Per l’occasione si riuniscono
nei panni di Noah e Nick, gli “enemies to lovers”
di questa struggente e molto grottesca storia d’amore che racchiude
tutti i clichè di questo genere che fa tanto impazzire il pubblico
femminile della Gen Z.
La trama di È colpa mia?
Tutto inizia quando
Noah è costretta a lasciare la sua casa, gli amici
ed il fidanzato Dan per trasferirsi nella residenza del nuovo, e
ricchissimo, marito della madre. Nella primissima scena in cui
appare la protagonista, che per fortuna non è l’adolescente senza
gusto nella moda e sfigata, si vede che raccoglie i suoi effetti
personali e prepara la valigia è impossibile non pensare a Bella in
Twilight che lascia il tetto materno per trasferirsi altrove. Se la
futura moglie di Edward Cullen finiva a vivere in una città dove
piove sempre, l’eroina di questo film è molto più fortunata e
va a vivere al mare, in una mega villa sulla Costa del Sol, che ricordano
molte le coste californiane di Orange County.
Noah non è per niente felice di
questa situazione, odia tutto sia i vestiti costosi e firmati che
ha trovato nell’armadio della sua nuova camera da letto e pure il
fratellastro old money e snob Nick Leister. Lui è
un ragazzo ventuenne che studia legge, poco più grande di lei che
va ancora al liceo, che vive una doppia vita. Inutile fare giri di
parole perchè è tutto quello che ti aspetti quando pensi al bad guy
bello e tenebroso e il fatto che sia il fratellastro della
situazione il pensiero va subito a Sebastian Valmont di
Cruel Intentions. Peccato che proseguendo Noah e Nick si
rivelano, in stile relazione tossica erotica, più come Eva e Marco
della fiction I Cesaroni.
Tutti i clichè del genere
Quindi scordatevi le pentole e i
bicchieri perchè ai festini degli spagnoli di È colpa
mia? si trovano la tequila e le corse clandestine in
macchina tra gang, che sono il perfetto mix tra quelle del primo
Fast & Furious e le gare a cui partecipavano Step e Babi in
Tre metri sopra il
cielo. Come ho già citato all’inizio però la
protagonista possiede un personalità molto forte, infatti sa
difendersi bene da tutti i tipi loschi che si avvicinano e sa
guidare l’auto sportiva da corsa di Nick in perfetto stile
Dom Toretto, il tutto senza possedere una patente
e avendo imparato, da bambina, dal padre violento ma ex pilota da
corsa.
Altri stereotipi che
possiede l’eroina di questo young adult è l’amore per i libri,
ovviamente la sue letture preferita sono “Orgoglio e pregiudizio”
come Tessa Young e “Romeo e Giulietta” come Bella Swan. Per finire
con la lunga lista di clichè nel film non possono
mancare il Fight Club tra ragazzi ricchi che si
picchiano per divertimento, il bullo di turno che odia il bel
protagonista, la mean girl della compagnia che è
gelosa della nuova arrivata, l’ex fidanzato zerbino della
protagonista e i party a bordo piscina.
Da metà È colpa
mia? i fratellastri si danno finalmente libero sfogo ai
loro ormoni e alla lussuria incestuosa, anche se pensandoci bene
sono più nel peccato Daemon e Rhaenyra Targaryen in
House of the Dragon, visto che Noah e Nick non hanno
in comune neanche un pezzettino di dna. I protagonisti però
all’improvviso ci ripensano alla loro relazione segreta e decidono
di passare una notte d’amore in spiaggia sotto il chiaro di luna.
Per fortuna gli spagnoli ci tengono a precisare, con annessa
campagna progresso per il sesso sicuro e la cultura del consenso,
anche perchè stiamo sempre parlando di una sorella minorenne e un
fratello acquisito già maggiorenne.
Il finale che vale forse la visione
di È colpa mia?
Arriviamo al finale
adrenalinico che per quanto mi riguarda, forse, vale la
visione. Noah viene rapita da suo papà Jonas, appena uscito di
prigione e cerca vendetta, l’attore che si ritrova a recitare il
ruolo del cattivo è Iván Massagué visto nel film
Il buco. Il padre ormai braccato dalla polizia, che ha scoperto
il covo del delinquente, carica nella macchina da corsa rossa
rubata Noah e la obbliga a guidare in un inseguimento per le vie
della cittadina sul mare. Nick che non riesce a non seguire le
regole e in compagnia del commissario che stava indagando sul caso
inizia a guidare come un pazzo dietro all’amata. Alla fine nel
momento più surreale del film, dopo delle mirabolanti fughe e delle
sgommate acrobatiche, i due protagonisti rifanno, alla pari, una
scena celebre di un lungometraggio della serie di Fast and
Furious, dove la poliziotta spara e uccide Jonas.
L’epigolo di È colpa
mia? è la conferma del film stesso, che vuole essere
grottesco e non essere preso sul serio come hanno tentato di fare,
fallendo miseramente, sia tutti i quattro film di After e il
dimenticabile Uno splendido disastro. Questo
young adult spagnolo si può ritenere la parodia stessa del
genere anche se rimane sempre un collage di scene viste e riviste
in altri teen movie dagli anni Duemila ad oggi. Certo ci sono
ancora due libri e chissà se Amazon Studios ci regalerà altri film
della saga visto il grande successo riscosso sulla loro
piattaforma.