Non fatevi condizionare dal titolo molto esplicito perché Quando ho smesso di preoccuparmi e ho iniziato a masturbarmi è una commedia per tutti. Questo film svedese, distribuito da Netflix, è un racconto al femminile con per protagonista una donna in carriera che alla soglia, dei tanto temuti quarant’anni, deve rivoluzionare la sua vita quasi perfetta.
La trama di Quando ho smesso di …
Hanna (Katia Winter) è una donna svedese di trentanove anni, sempre più vicino al suo compleanno e quindi ai quaranta, che lavora e con una famiglia ma che sente il bisogno di avere un secondo figlio per sentirsi completamente realizzata. La commedia si apre proprio con la protagonista felice che balla per le vie della città e raggiunge il suo compagno Morten (Jesper Zuschlag) per passare una serata romantica in una ristorante costoso. Purtroppo l’uomo invece non è per niente soddisfatto, non vuole procreare una nuova creatura e soprattutto è stanco che Hanna guadagna più di lei. Inutile dire che la donna le proverà tutte per compiacerlo, anche dimettersi, di punto in bianco, dal suo facoltoso impiego per trascorrere più tempo con Morten e il loro bambino Eli (Amadeus Durmaz). Purtroppo però Hanna ha perso troppo tempo e nel momento che si licenzia il compagno la lascia e la manda via pure di casa.
Da qui Quando ho smesso di preoccuparmi e ho iniziato a masturbarmi diventa un insieme di scene tragicomiche in cui la protagonista, prima di tutto, non trova una nuova sistemazione e un letto per dormire. Inizia a chiamare chiunque e alla fine finisce per farsi ospitare da un’amica, del tempo del liceo, che gli offre il letto a castello nella camera che appartiene al figlio adolescente. Hanna disoccupata e demoralizzata conosce per caso in un bar la cameriera Liv (Vera Carlbom) una giovane ragazza, senza peli sulla lingua, che donerà alla donna lezioni di vita e Hanna si porta a casa, della famiglia che l’ha ospita, un ragazzo appena conosciuto. Ovviamente viene immediatamente sbattuta fuori dalla villa e si rifugia da sua madre, che per fortuna, è felice di riavere la figlia con se.
Intanto la protagonista ormai al punto più basso della sua vita, si rimbocca le maniche per riprendersi tutto ciò che ha perso, anche il suo amato lavoro e inizia a scoprire se stessa. Su consiglio, della sua ormai migliore amica Liv, Hanna abbandona il fardello, i tabù e i sensi di colpa e inizia a masturbarsi per il suo piacere personale. Inutile dire che la donna ritrova, in tutti i sensi e finalmente, la serenità e la via alla soluzione dei suoi problemi lasciando stare relazioni romantiche e uomini che la vogliono solo usare quindi decide di rimanere single, anche quando Morten la supplica di tornare insieme. Attraverso il suo viaggio alla scoperta di sé, Hanna trova la felicità con se stessa. Alla fine del film che si conclude la festa di compleanno dei quarant’anni, organizzata a sorpresa da Liv con l’aiuto della madre di Hanna, la donna ritroverà la sua famiglia e anche i suoi amici di sempre.
L’amore e il piacere per se stessa
Questa commedia svedese è una divertente storia di benessere incentrata sulle donne. Un film che è il risultato di quello che ci hanno insegnato in questi ultimi tempi molte sceneggiatrici donne, in primis Phoebe Waller-Bridge con la sua Fleabag, dove le protagoniste non sono più devote alla perfezione. Le nuove donne sono antieroine irresistibili, che non rinunciano alla loro femminilità e sono sempre più simili alle loro normali spettatrici. Una delle scene che più spiega questo in Quando ho smesso di preoccuparmi e ho iniziato a masturbarmi e quando Hanna, alla scrivania, ascolta il suo audiolibro al lavoro, accidentalmente il bluetooth delle cuffie della donna si connette agli altoparlanti dell’ufficio. In quanto tale, i colleghi scoprono involontariamente le abitudini di lettura ma la protagonista sceglie di ammetterlo ed elenca comicamente i benefici della masturbazione li sul posto di lavoro.
Questo film svedese co-sceneggiato da Marie Christin Magdu con e diretto da Erika Wasserman, regista al suo primo lungometraggio, riesce a gestire benissimo anche le scene più imbarazzanti, tipo quella in cui Liv spiega con una pizza come è fatta effettivamente una vagina, evitando di risultare volgari o di pessimo gusto per gli spettatori a casa davanti allo schermo.









La traccia di apertura di
James Gunn ha un vero talento nello scegliere canzoni rock anni ’70 che incarnano perfettamente l’atmosfera della squadra Marvel alla moda. Ecco allora “
Provando a eleggere la canzone più bella in assoluto del film, “
Poche canzoni in
La migliore canzone del gruppo meno famoso in
Un gioco di parole su “No Sleep ‘til Hammersmith” dei Motorhead, l’anthemica jam da concerto “
Se c’è una canzone nel film che farà venire i brividi a tutto il pubblico, si tratta sicuramente di “
Quando il Boss parla, le orecchie si drizzano. In 


Il film che chiude la trilogia affronta le conseguenze di
L’
Negli ultimi minuti di
Gran parte dell’attesa che ha preceduto
L’ultimo film del
La scena mid-credits di
La scena a metà dei titoli di coda di
Il finale di








Anche lo stile, è quello proprio della regista, che torna a utilizzare le tonalità tanto amate e a guardare verso i diseredati, gli innocenti loro malgrado, la natura e le sue creature. Una comunità ideale nei quali perdono di senso i confini, tanto spaziali quanto temporali, e le regole, dell’uomo e di una società che non ha rispetto di nulla e nessuno. Nella quale non è banale che siano le donne a offrire e cercare un’alternativa, e a mostrare – come detto dalla stessa Rohrwalcher – una attitudine diversa nella costruzione delle cose, che dia loro una vita nuova. Una donna apre e chiude il film, d’altronde, a una donna è affidato il colpo di scena del plot, donne diverse caratterizzano il percorso esistenziale di Arthur, dall’Italia di Carol Duarte alla Flora di Isabella Rossellini, in un ruolo di poca presenza ma di indubbio peso.
