La rivisitazione della detective story in salsa leggera che la serie targata Apple TV+ propone agli abbonati del servizio streaming ha tutte le caratteristiche del cosiddetto “one-man-show”, anche se in questo caso la declinazione volge ovviamente al femminile. Mattatrice assoluta di High Desert è infatti il premio Oscar Patricia Arquette, la quale interpreta con superba verve istrionica il personaggio di Peggy, una donna con problemi di dipendenza che tenta di rifarsi una vita come investigatore privato nello spoglio deserto americano.
High Desert, ritratto dell’America del White Trash
Solitamente per la riuscita o meno di un racconto, in particolar modo quello seriale, narrazione efficace e personaggi non monodimensionali sono due requisiti che devono sposarsi con coerenza. Nel caso di High Desert al contrario ci troviamo di fronte a una dicotomia evidente e piuttosto rara: mentre le figure esplorate posseggono il necessario spessore comico per poter funzionare, la progressione narrativa le incastra in una trama che ben presto rivela la sua fragilità.
Creato e sceneggiato da Nancy Fichman, Katie Ford e Jennifer Hoppe-House, lo show tratteggia con sapita comicità lo strato sociale dell’America di periferia, quello in cui si aggirano esponenti più o meno veritieri del cosiddetto “White Trash”: una galleria di personaggi che vivono alla giornata, che adoperano le proprie energie per sfruttare al meglio quel sistema socio-economico di cui vivono comunque ai margini.
La Peggy protagonista ne è esempio vitale e spumeggiante: una donna che ha buttato via le proprie potenzialità per ottenere tutto e subito, stracolma di lacune e difetti ma in possesso di quella “saggezza della strada” che la rende a tratti davvero irresistibile. Accanto a lei una serie di figure maschili ridicole, sconfitte dalla vita, incapaci di adattarsi a un ambiente in trasformazione: Peggy le domina con la sua volontà inattaccabile, potente e ferra soltanto quando applicata agli altri invece che ai propri problemi.

Un cast divertito ma dal talento sprecato
Patricia Arquette interpreta questo ruolo con un’adesione fisica encomiabile e soprattutto una leggerezza sbarazzina da applausi. Accanto a lei Matt Dillon e Brad Garrett si muovono da caratteristi consumati quali sono, mentre Rupert Friend in un ruolo insolito e cialtrone ogni tanto mostra qualche limite nell’esporne l’assurdità. Poco importa, poiché alla fine tutto il cast si muove in maniera troppo farraginosa alla ricerca di un piglio drammatico che li conduca al passo successivo, a quella evoluzione del ruolo dettata dagli eventi che si susseguono.
In High Desert questo non accade e di conseguenza anche i personaggi non si evolvono poi troppo dalla dimensione di divertenti e gustose “macchiette”. Il che sa di vero talento sprecato: quello che poteva essere un ottimo spunto per un lungometraggio di un’ora e mezzo viene dilatato in otto episodi di mezz’ora che presentano alcuni spunti di divertimento che però mai si uniscono in una storia bene organizzata. L’idea della detective-story si perde in una serie di sketch disfunzionali, montati su un canovaccio troppo effimero per risultare anche soltanto funzionale.
Come scritto in partenza, se amate il coraggio e la bravura spesso viscerale di patricia Arquette questa è la serie TV che fa per voi. L’attrice si prende sulle spalle High desert e tenta di portarla dove purtroppo non riesce ad andare, ovvero verso una conclusione che avrebbe meritato ben altra struttura narrativa. Rimangono le situazioni divertenti, l’ambientazione kitsch, le interpretazioni divertite di un cast di alto livello. Ma la sensazione di aver perso una valevole occasione per fare commedia di costume corrosiva e tagliente rimane senz’altro…


In un’intervista inedita mostrata in
Da bambino, Bowie non capiva sempre i testi della musica che gli piaceva, ma sapeva di voler trasportare le sensazioni che questa gli suscitava in uno spazio mentale alternativo. Voleva vivere all’interno di quell’universo musicale per poter comprendere meglio la vita attraverso una lente artistica. Questo rendeva la vita più misteriosa, meravigliosa e magica per lui.
Bowie amava sfidare se stesso mettendosi in situazioni in cui doveva essere sociale. Ha vissuto a Los Angeles, anche se non gli piaceva affatto, solo per vedere cosa sarebbe successo alla sua scrittura. Ha sperimentato per tutta la vita, usando se stesso come soggetto degli esperimenti. Pensava di poter crescere solo facendo cose che lo mettessero alla prova e lo facessero uscire dalla sua zona di comfort. Il suo approccio alla vita lo ha aiutato a mantenere una crudezza e una fluidità come artista, non permettendosi mai di sentirsi troppo a suo agio o compiaciuto. Di conseguenza, il suo lavoro risultava sempre entusiasmante e nuovo.
Una delle maggiori rivelazioni di Moonage Daydream è stata quanto Bowie sia stato influenzato dal fratellastro Terry durante la sua crescita. Bowie ha dichiarato di aver avuto un’infanzia relativamente normale in periferia e di aver visto Terry, che viveva tra due famiglie, durante i suoi primi anni di vita. Ogni volta che David vedeva Terry, era naturalmente attratto da lui, affermando di non aver mai incontrato qualcuno che avesse più curiosità per il mondo di Terry, cosa che lo ispirava profondamente. Terry regalò a Bowie una copia del famoso romanzo On The Road di Jack Kerouac, che contribuì a ispirare un movimento generazionale verso la controcultura negli anni ’60 e cambiò la vita di David.
In
David Bowie si trasferì in campagna quando non riuscì più a trovare ispirazione per scrivere nella cultura e nello stile di vita di Los Angeles. Si spostò poi a Berlino, dove nessuno lo fermava per strada a prendere un panino e un caffè. Viveva in un piccolo appartamento sopra un’autofficina e si concentrava sulla creazione di un suono musicale completamente nuovo con l’aiuto del leggendario Brian Eno. Sfidava se stesso a provare cose nuove, usando gli stessi vecchi strumenti per vedere cos’altro riusciva a trovare. Ha spiegato che aveva bisogno di questo caos nella sua vita per creare la sua musica ed esprimere se stesso in modo autentico.
L’esibizione di Bowie a Earl’s Court nel 1978 è stata precedentemente confermata come girata con attrezzature cinematografiche professionali e finalmente ha visto la luce in
Bowie bramava affetto e riconoscimento per le sue opere d’arte espressioniste e le sue potenti canzoni. Apprezzava l’amore dei suoi fan e l’acclamazione della critica che ha ricevuto nel corso della sua illustre carriera. Tuttavia, in Moonage Daydream ha rivelato più volte che in realtà si sentiva molto a disagio con le altre persone e che preferiva essere completamente solo per la maggior parte del tempo.
Con l’avanzare dell’età, Bowie non accettava l’idea di dover soffrire per continuare a essere un grande compositore e artista. Rimaneva ottimista e ispirato dal fatto di avere ancora un futuro davanti a sé. Sebbene fosse solito avere a che fare con sentimenti di disagio e non appartenenza, che lo aiutavano a incanalare gran parte della sua energia creativa e della sua concentrazione, con l’avanzare dell’età Bowie si rese conto che poteva essere un uomo ottimista e di successo allo stesso tempo.
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La scena finale
Dopo l’incontro dei Guardiani con l’Alto Evoluzionario sulla Contro-Terra, Guardiani della Galassia Vol 3 è tornato a Knowhere. Kraglin ha partecipato a una partita di poker in cui erano presenti alcuni volti riconoscibili per i fan del franchise e dei fumetti.
Una delle scene finali



