Credit Lodovico colli da
felizzano�Indiana Production
Un traghetto, quattro personaggi e
una voce in viaggio. Queste le immagini del primo ciak di
Marko Polo, il nuovo film di Elisa Fuksas prodotto da Indiana
Production che ha iniziato oggi le riprese ad Ancona.
Marko Polo è un progetto totalmente
innovativo: parti del film saranno girate copione alla mano, altre
invece saranno puro documentario, momenti reali di questo
misterioso viaggio lungo dal tramonto all’alba. Mentre la nave
oscilla come una metafora perpetua della precarietà di tutto, lei e
gli altri affrontano i grandi temi della vita.
Marko Polo è, nelle parole della
regista: “un esperimento sulla ricerca di senso a
partire da un fallimento, che misteriosamente è capace di ricucire
un patto di fede e fedeltà, tra realtà e rappresentazione ma
soprattutto tra la protagonista e il mondo. Io continuo a cercare
una strada, un modo per essere me stessa e cristiana e stare nel
mondo”.
Una docu-commedia fresca ed
innovativa con un cast corale, tra gli interpreti Iaia
Forte, Flavio Furno, Letizia Cesarini (la cantante
Maria Antonietta), Lavinia ed Elisa Fuksas, Elisa
Casseri.
La trama di Marko Polo
Quando Elisa scopre che il film a
cui lavora da anni è naufragato, tutto le sembra vacillare, anche
la sua fede. Voleva raccontare la sua conversione alla religione
cattolica, ma forse non ci ha creduto abbastanza. “A Dio o al
film?”, si chiede, ma non lo sa nemmeno lei. Di fronte al
fallimento, è sempre stata solo capace di perdersi. “Perché sei
pesante e non sai guardare gli altri”, le dice la Madonna la prima
volta che le parla, desacralizzando la sua crisi e spingendola a
reagire. Per questo, Elisa, sua sorella, la sua sceneggiatrice e
l’attore protagonista del film fallito partono per un viaggio in
nave, diretti verso un santuario di cui sanno poco o niente. Ognuno
di loro ha qualcosa da risolvere, un nodo da disfare: esattamente
come tutti gli altri pellegrini presenti sulla nave. Tra
testimonianze e ricordi, realtà e finzione, il racconto del mondo
si confonde con la sua rappresentazione e la fede diventa materia
viva, sentimento da condividere con gli altri.
Estranei,
il film Searchlight Pictures scritto e diretto da Andrew
Haigh e interpretato da Andrew Scott, Paul Mescal,
Jamie Bell e Claire Foy, arriverà il
29 febbraio nelle sale italiane, distribuito da
The Walt Disney Company Italia.
Estranei è stato presentato
lo scorso 29 ottobre in anteprima italiana alla 21esima
edizione di Alice nella Città, riscuotendo un ottimo
successo da parte del pubblico del festival.
Una notte, nel suo condominio quasi
vuoto nella Londra contemporanea, Adam (Andrew Scott)
incontra casualmente un misterioso vicino di casa, Harry (Paul Mescal),
che spezza il ritmo della sua vita quotidiana. Mentre si sviluppa
una relazione tra i due, Adam è ossessionato dai ricordi del
passato e viene spinto a tornare nella città di periferia in cui è
cresciuto e nella casa in cui viveva da bambino, dove i suoi
genitori (Claire Foy e Jamie Bell) sembrano ancora vivi, con lo
stesso aspetto che avevano nel giorno della loro morte, trent’anni
prima.
Searchlight Pictures presenta, in
associazione con Film4 e TSG Entertainment, una produzione
Blueprint Pictures, Estranei, prodotto da Graham
Broadbent, Pete Czernin e Sarah Harvey. Il film, scritto e diretto
da Andrew Haigh e interpretato da Andrew Scott e Paul Mescal, con
Jamie Bell e Claire Foy, è ispirato al romanzo “Estranei” di Taichi
Yamada (Casa editrice Nord), romanzo che è stato insignito del
prestigioso Yamamoto Shugoro Prize for Literature. Taichi Yamada
(1934-2023) è stato uno dei più famosi e apprezzati scrittori
giapponesi contemporanei, definito da Bret Eston Ellis «uno dei
migliori autori giapponesi che abbia mai letto».
Il direttore della fotografia è
Jamie D. Ramsay, SASC, mentre Sarah Finlay è la scenografa, Sarah
Blenkinsop è la costumista e Zoe Clare Brown è la hair and make-up
designer. Il montaggio è di Jonathan Alberts, ACE, mentre le
musiche sono di Emilie Levienaise-Farrouch.
Il due volte candidato all’Oscar e
vincitore del BAFTA Ralph Fiennes (Schindler’s
List) ha scritto e dirigerà The Beacon,
in cui avrà un ruolo da protagonista insieme alla vincitrice
dell’Olivier Award Indira
Varma, Charles Babalola e
Alison Oliver.
Descritto come una meditazione su
famiglia, classe, razza e identità, il dramma contemporaneo
ambientato nel Regno Unito segna la prima sceneggiatura di un
lungometraggio di Fiennes che ha già diretto Il corvo
bianco, La donna invisibile e
Coriolanus.
La sinossi ufficiale di The
Beaconrecita: “Joshua Nyaga si
reca in campagna da Londra per trascorrere per la prima volta un
fine settimana estivo con la famiglia della sua ragazza Cass.
Trapiantato da ragazzo dalla violenza della guerra civile ugandese
alla giungla di cemento di Londra, Joshua non ha mai sperimentato
il privilegio di cui gode la famiglia di Cass. Circondata dal mare
e da un lussureggiante paesaggio naturale, la fattoria è un’oasi,
in cui vigono idee idealistiche e vivaci dibattiti tra il padre di
Cass, la matrigna e il loro amico di famiglia di lunga data,
Michael. Ma la calorosa accoglienza di Joshua è di breve durata,
quando un improvviso atto di violento razzismo durante un concerto
estivo locale manda in frantumi la pace, costringendo Joshua e
coloro che lo circondano ad affrontare la scomoda verità delle loro
differenze.”
I recenti crediti cinematografici di
Ralph Fiennes come attore includono
The Menu, No Time to Die e
The King’s Man, mentre sono in arrivo
Conclave di Edward Berger e
The Return con Juliette
Binoche.
L’anno scorso al CinemaCon,
Sony Pictures ha annunciato che era in fase di sviluppo un film
incentrato sull’oscuro personaggio di Spider-Man, El
Muerto, con il regista messicano Jonás
Cuarón alla regia e Gareth Dunnet-Alcocer
(Blue
Beetle) a scrivere la sceneggiatura.
Lo spin-off di Spider-Man aveva
arruolato il vincitore del Latin Grammy e del disco di platino
Bad Bunny per interpretare il superpotente
Luchador Juan Carlos Sanchez, ma in seguito
abbiamo appreso che l’attore di Bullet Train è stato
costretto ad abbandonare il progetto a causa di un conflitto di
programmazione. “È pazzesco. A volte non riesco ancora a
crederci, ma è il risultato del mio lavoro”, ha detto
Bad Bunny parlando dell’ingresso nell’Universo
Marvel in quel momento.
“Per come sono, per come lavoro,
sono così orgoglioso, molto felice di questo personaggio, di questa
opportunità di essere il primo latinoamericano. Non si tratta di
‘sarò il primo latinoamericano ad interpretare un ruolo’, si tratta
di riguardare il primo personaggio principale latinoamericano,
questa è la cosa importante. Quindi è qualcosa di enorme e sarà
epico. So che le persone saranno orgogliose del mio
lavoro.”
Report successivi hanno indicato che
il film era stato accantonato (o forse addirittura scartato del
tutto), ma secondo Variety,El
Muerto è ancora molto in fase di sviluppo, con lo
studio attualmente alla ricerca di un altro attore per interpretare
il protagonista.
Si ritiene che la rimozione di
El
Muerto dal programma della Sony sia dovuta ai recenti
scioperi di Hollywood, poiché la sceneggiatura aveva ancora bisogno
di un po’ di lavoro prima che le riprese potessero iniziare. Una
volta risolti gli scioperi, sembra che i piani per il progetto
siano ripresi.
Da domani, giovedì
primo febbraio, parte la sezione DOC del
Sudestival, giunto alla sua 24esima edizione e in corso dal 26
gennaio. La sezione dedicata al cinema del reale vedrà in concorso
sei opere della migliore e ultima produzione di documentari
italiani, molti dei quali concorreranno anche al Premio
David di Donatello – Cecilia Mangini 2024 e ai Nastri d’Argento
Documentari 2024 | Cinema del reale.
Un appuntamento
atteso, curato dal critico cinematografico Maurizio Di
Rienzo insieme al direttore artistico del Sudestival,
Michele Suma, di grande arricchimento
cinematografico e culturale, grazie anche alla presenza di tutti i
registi in sala. “Storie anche interiori di protagonisti
carismatici, sorprendenti, scompaginanti, di decenni di cinema,
sport, politica civile” – dichiara Di Rienzo – “La Storia
‘riemersa’ di quelle mitiche bronzee statue gemelle, due nostre
capitali, la Roma eternamente bifronte nei suoi passati e nei suoi
recenti meandri di mode, eccentricità, libertà e notti brave, la
Napoli di ora e da sempre stratificata, dedalo solare di
monumentalità, cultura, di umanissimi carne e sangue. Questi i
fulcri narrativi ed estetici di parole e immagini dei sei
documentari in concorso al Sudestival 2024. Sguardi curiosi quanto
consapevoli sulla realtà che sa ancora
sorprenderci”.
Appuntamento ogni
giovedì presso il Red Carpet di Monopoli e dal primo febbraio con
la proiezione di Adesso vinco io – Marcello Lippi
di Simone Herbert Paragnani e Paolo
Geremei in anteprima al Sudestival rispetto all’uscita
nelle sale italiane (dal 26 al 28 febbraio) che racconta chi è
davvero Marcello Lippi, l’uomo dietro al sigaro, capace di portare
l’Italia a vincere il Campionato del Mondo di Calcio nel 2006, il
simbolo della Juventus più vincente di sempre. In sala a
presentarlo i due registi.
Si prosegue l’8
febbraio con Roma Santa e dannata, di Roberto
D’Agostino e Marco Giusti con la regia e
la fotografia di Daniele Ciprì, un viaggio nella
notte romana dove Roberto D’Agostino racconterà all’amico Marco
Giusti, ripresi da Daniele Ciprì, perché Roma è una città, come la
sedia elettrica è una sedia. Città unica e infernale, capace di
tutto. Il 15 febbraio è la volta di Semidei di
Fabio Mollo e Alessandra Cataleta
che ripercorre mezzo secolo di storia raccontando la vicenda dei
due misteriosi guerrieri che riemersero dal mare di Riace nel 1972,
dopo duemila anni passati sott’acqua. Il 22 febbraio arriva sul
grande schermo del Red Carpet di Monopoli, in anteprima nazionale,
Mimmo Lumano di Vincenzo Caricari
dedicato alla figura di Lucano, ex sindaco di Riace, ideatore dei
progetti di accoglienza degli immigrati condannato e poi assolto.
Profondo Argento di Giancarlo Rolandi e
Steve Della Casa sarà il documentario di giovedì 29
febbraio, un racconto in cui Dario Argento è il protagonista
assoluto: nell’intimità della sua casa, con le persone che ama o
apprezza, tra le location dei suoi film, in un viaggio intimo
accompagnato dagli spezzoni delle sue opere. Infine, ma non da
ultimo, il 7 marzo sarà proiettato Posso entrare? An ode to
Naples, di Trudie Styler, uno sguardo curioso
e innamorato di un’artista e intellettuale britannica su una città
che neanche l’Italia ha mai capito, una vera e propria
dichiarazione d’amore.
CONCORSO DOC
1 febbraio – Adesso vinco io,
di Herbert Simone Paragnani e Paolo Geremei
8 febbraio – Roma santa e
dannata, di Daniele Ciprì
15 febbraio – Semidei, di
Fabio Mollo e Alessandra Cataleta
22 febbraio – Mimmo Lumano,
di Vincenzo Caricari (ANTEPRIMA)
29 febbraio – Profondo
Argento, di Giancarlo Rolandi e Steve della
Casa
7 marzo – Posso entrare? An ode to
Naples, di Trudie Styler
La protagonista di Jessica Jones, Krysten
Ritter, ha condiviso un video in cui lascia immaginare un
suo eventuale nuovo coinvolgimento nel MCU nei panni di Jessica
Jones, personaggio che aveva già interpretato nella serie
Netflix di Marvel Television.
Ritter ha condiviso un breve
videoclip di se stessa con la stessa maglietta che Jessica Jones
indossa in un episodio dell’ormai defunta serie Netflix, insieme
alla didascalia IYKYK (if you know, you know – se lo sai, lo
sai).
Anche se c’è una possibilità che
Ritter si stia semplicemente divertendo un po’ con i suoi follower,
si può anche pensare che l’imminente ritorno di Jessica Jones sui
nostri schermi non è poi una eventualità tanto lontana. Ecco cosa
ha detto Krysten Ritter sulla possibilità di riprendere il ruolo
durante un’intervista del 2022.
“Sarebbe assolutamente
bellissimo interpretare di nuovo Jessica. Mi sono divertita
moltissimo a farlo e la amo così tanto. Sono così orgogliosa di
quel personaggio. Non solo perché era un ruolo fantastico e lei è
così in gamba, ma quel personaggio ha davvero avuto risonanza con
le persone in un modo che non mi aspettavo, come nessuno mai.
Davvero, ha avuto davvero risonanza con donne e ragazze,
sopravvissute a traumi. È proprio così, e sono così grata per aver
fatto parte di questa cosa.”
“Quindi, se mai ci sarà
l’opportunità per me di indossare quegli stivali, sarò lì in un
lampo.”
Circolavano voci secondo cui
Krysten Ritter avrebbe filmato alcune scene nei
panni di Jessica Jones per Echo
prima che venissero tagliate, ma al momento è una voce senza
conferma. Dal momento che anche Frank Castle di Jon
Bernthal tornerà in Daredevil:
Born Again, sembra ovvio che quella serie possa essere
il posto giusto per un eventuale ritorno di Jessica!
Il Marvel Cinematic
Universe è popolato da esseri che possiedono abilità
incredibili, ma alcuni di questi superpoteri sono gravemente
sottoutilizzati all’interno del franchise. Fin dall’inizio della
sua storia, il MCU ha iniziato a
introdurre eroi e cattivi estremamente potenti. Questi personaggi
possiedono spesso capacità che vanno ben oltre quelle dei loro
compagni e avversari, e che li rendono figure particolarmente forti
all’interno del franchise. Alcuni sono stati chiaramente usati con
parsimonia, mentre sembra che la Marvel ne abbia dimenticati altri
(ad esempio
molti poteri di Hulk) e ce ne sono alcuni che sono stati
trasformati in battute di spirito invece di essere usati
legittimamente. Ecco i 10 superpoteri più sottoutilizzati
del MCU.
1Il controllo mentale di Wanda
Maximoff
Solo nel finale di Doctor Strange nel Multiverso della Follia l’abilità
più potente di Wanda Maximoff viene finalmente considerata
sottoutilizzata, poiché la sua morte apparente pone una nota di
fine alla sua storia nel MCU. Una delle prime abilità dimostrate da
Wanda è quella di usare la sua magia per controllare le menti degli
altri, anche se poi smette di usarla senza una vera spiegazione. La
utilizza di nuovo durante WandaVision, ma passa comunque molto più
tempo a usare la sua magia per far levitare gli oggetti o sparare
raffiche contro i nemici.
Prime Video ha
svelato oggi il trailer ufficiale di
Antonia, la nuova serie dramedy
con Chiara Martegiani e Valerio Mastandrea, disponibile in esclusiva
su Prime
Video dal prossimo 4 marzo. Ideata da Chiara Martegiani,
diretta da Chiara Malta e scritta da Elisa Casseri, Carlotta
Corradi e Chiara Martegiani con la supervisione creativa di
Valerio Mastandrea, Antonia è una produzione Fidelio e
Groenlandia (una società del Gruppo Banijay) in collaborazione con
Prime Video, in collaborazione con Rai Fiction.
Nel cast anche Barbara Chichiarelli, Emanuele Linfatti, Leonardo
Lidi e Chiara Caselli.
Antonia è un’ironica serie dramedy in sei episodi
che ruota intorno a una giovane donna in fuga dal dolore e da se
stessa. Dopo aver lasciato la sua famiglia poco più che
adolescente, Antonia ha trovato una sorta di equilibrio a Roma, una
giungla urbana ed emotiva perfetta per integrarsi senza dover
fornire troppe spiegazioni. Ma al suo 33esimo compleanno, il suo
piano di difesa fallisce: litiga con tutti, viene licenziata e
finisce in ospedale, dove scopre di avere l’endometriosi, malattia
cronica che, senza che Antonia se ne rendesse conto, ha influenzato
tutta la sua vita. Attraverso uno strano percorso di psicoterapia,
la scoperta della malattia diventerà però un’occasione per
conoscersi e smettere di scappare, iniziando ad affrontare i
nodi della sua vita.
Paul Atreides in
sella a un verme della sabbia in Dune – Parte
Due potrebbe essere un momento non solo spettacolare
ma anche importante per il personaggio interpretato da Timothée Chalamet, che spiega il significato
più profondo di questa impresa.
Il prossimo film della serie adatta
la seconda metà del romanzo originale di Dune di
Frank Herbert, concentrandosi sulla vita di Paul e
di sua madre Jessica con i Fremen. Ciò include la convinzione del
gruppo che il giovane Atreides sia Lisan al Gaib, una figura
destinata a salvare la gente di Arrakis.
Parlando con Total Film (tramite
GamesRadar), Timothée Chalamet ha parlato dell’importanza
della scena di Paul che cavalca un verme della sabbia per la storia
di Dune
– Parte Due. L’attore ha spiegato come, poiché i vermi
della sabbia sono legati alla loro cultura, il fatto che Paul ne
cavalchi uno coincida con la loro profezia che lo riguarda.
“Oltre ad essere una sequenza
emozionante nel film, rappresenta il raggiungimento della maggiore
età. È qui che la presunta profezia di Paul fallirebbe, e ciò
significherebbe la sua morte se non riuscisse a essere all’altezza
della situazione. Quindi la posta in gioco in quel momento è enorme
e realizzare la scena è stato elettrizzante. C’erano ventilatori
industriali che soffiavano sabbia e è stata costruita il dorso del
verme. È stata un’esperienza straordinaria.”
Cosa aspettarsi da Dune:
Parte Due?
“Questo film successivo
esplorerà il mitico viaggio di Paul Atreides mentre si unisce a
Chani e ai Fremen mentre è su un sentiero di guerra di vendetta
contro i cospiratori che hanno distrutto la sua famiglia“, si
legge nella sinossi ufficiale. “Di fronte alla scelta tra
l’amore della sua vita e il destino dell’universo conosciuto, tenta
di prevenire un futuro terribile che solo lui può
prevedere.”
Dune – Parte
Due è diretto da Villeneuve da una sceneggiatura che
ha scritto insieme a Jon Spaihts. Il film è basato sull’innovativo
romanzo di fantascienza Dune del 1965 di Frank Herbert ed uscirà
nei cinema il 28 Febbraio 2024.
Il secondo capitolo continuerà la
storia di Dune – Parte
Uno, che, nonostante la sua controversa uscita, è
stato un solido successo al botteghino nel 2021, incassando oltre
402 milioni di dollari su un budget di produzione stimato di 165
milioni di dollari. Tuttavia, WB ha sicuramente maggiori speranze
per il sequel, che potrà trarre vantaggio da un’uscita globale su
larga scala in formati standard e premium, incluso IMAX.
Quando HBO Max è stato rinominato
“Max”, Warner Bros. Discovery ha rivelato i piani per il riavvio di
Harry Potter in forma di
serie TV per lo streamer. Si dice che Max abbia un piano
decennale per il franchise di Wizarding World, e si cercano ora
nuovi attori che assumeranno i ruoli iconici per quella che è stata
descritta come una rivisitazione “autentica” dell’amata serie di
romanzi di J.K. Rowling.
I film sono dei classici agli occhi
di molti fan del mondo magico, ma sono passati più di due decenni
da quando La Pietra Filosofale è stato distribuito
nei cinema e quasi un decennio e mezzo da quando I Doni
della Morte – Parte 2 ha concluso la storia.
Ora sembra il momento giusto per un
riavvio, soprattutto dopo che i film di Animali
fantastici hanno faticato ad attirare lo stesso vasto
pubblico della serie principale di Harry Potter. Con Max che
si sta lentamente concentrando su
un possibile team creativo, le notizie sul casting sono ancora
molto lontane. Tuttavia, trovare questo ensemble non sarà una
prospettiva facile per chi si occuperà dell’adattamento per il
piccolo schermo della saga di sette romanzi.
Non solo lo streamer dovrà
riformulare tutti quegli iconici ruoli adulti (ci dispiace molto
per chiunque debba seguire le orme del defunto Alan
Rickman nei panni di Severus Piton), ma dovrà trovare
bambini che possano interpretare i rispettivi personaggi per quasi
un decennio. Parlando con Variety (via
SFFGazette.com) il dirigente Warner Bros Channing
Dungey ha parlato delle sfide più grandi che stanno
affrontando nel casting director di questa nuova versione di Harry
Potter.
“Stiamo conversando con diversi
sceneggiatori per capire chi sarà la persona che guiderà quel
franchise per noi”, ha detto. spiega. “[Tutte le voci sul
casting in corso sono imprecise.] Il primo passo per noi è capire
chi sarà questo showrunner e una volta che lo avremo chiarito,
potremo iniziare ad avere quelle conversazioni [sul casting]. La
parte difficile sono i primi due libri, dove i ragazzi sono più
giovani, intorno agli 11 o 12 anni.”
Quando si è diffusa la notizia che
questa serie TV di Harry Potter era in lavorazione, Casey Bloys,
presidente e CEO di HBO e Max Content, ha confermato che il budget
dello show sarebbe stato in linea con Game of
Thrones e House of the Dragon (la prima
stagione di quest’ultimo è costata 125 milioni di dollari), quindi
stiamo parlando di un impegno di oltre 1 miliardo di dollari in 10
anni.
Prevediamo che ogni libro coprirà
una stagione completa, anche se il fatto che la storia si svolgerà
nell’arco di un decennio significa che le stagioni non avranno
un’uscita regolare con cadenza annuale costante.
Il modo in cui Marvel Television ha raccontato il
personaggio di Elektra di Elodie Yung in
Daredevil e in The Defenders
potrebbe non aver reso grande giustizia al personaggio, che si è
sedimentato nei cuori degli spettatori soltanto grazie
all’interpretazione che ne ha portato avanti Yung.
Ora, con il fatto che i Marvel
Studios hanno dichiarato canonici gli show televisivi di Netflix, i
fan sono ansiosi di vedere l’Elektra di Yung avere una seconda
possibilità grazie alla nuova svolta di Daredevil:
Born Again. Diversi personaggi di Daredevil sono stati
introdotti nella prossima serie Disney+ e Elektra è un personaggio con
così tanto potenziale che sarebbe semplicemente sbalorditivo
lasciarla ancora per molto da parte.
Sfortunatamente, non sembra che Yung
abbia sentito novità da Kevin Feige e compagnia.
Rispondendo a un fan su Instagram che le chiedeva cosa ne fosse di
Elektra, l’attrice ha risposto semplicemente dicendo:
“Chiedetelo a loro!”. Potremmo vedere l’assassina nella
seconda metà di Daredevil:
Born Again, ma inserire il personaggio in qualunque
storia i Marvel Studios sperano di raccontare con questa serie
revival potrebbe essere un compito arduo. Di conseguenza, c’è la
possibilità che Elektra rimanga in disparte con la possibilità di
riavviare il personaggio nel post-Avengers: Secret Wars.
Già nel 2020, Elodie Yung aveva
affermato che le sarebbe piaciuto molto tornare nei panni di
Elektra: “Oh mio Dio, mi piacerebbe [tornare]. Soprattutto da
quando hanno modificato il mio costume. Mi piacerebbe. Lascia che
te lo dica, adoro questo personaggio perché è così complesso e
distrutto.” “Ha un sacco di cattiveria dentro di sé, con cui posso
identificarmi, e anche molto di buono. È un personaggio davvero
straordinario. Mi piacerebbe che la Marvel la riportasse
indietro.”
Lo scorso ottobre è stato reso noto
che Daredevil:
Born Again stava subendo un “significativo reboot
creativo” dopo la pausa produttiva dovuta agli scioperi della WGA e
della SAG-AFTRA. Gli sceneggiatori Chris Ord e Matt Corman sono
stati tolti dal progetto insieme ai registi della serie, mentre
alcune scene ed episodi già terminati saranno mantenuti con
l’aggiunta di ulteriori elementi seriali.
Kathryn Newton, che abbiamo visto in Ant-Man and the Wasp: Quantumania nei panni di
Cassie Lang, figlia di Scott Lang, non vede l’ora di poter
esplorare il suo personaggio fuori dall’ombra del padre.
Cassie Lang è diventata un’eroina a pieno titolo
in Ant-Man and the Wasp: Quantumania, storia in
cui ha aiutato la sua famiglia a combattere contro Kang il
Conquistatore. Tuttavia, proprio da questa avventura nasce
in lei non solo il desiderio di aiutare le persone ma anche di
mettersi alla prova al di fuori del nome e della reputazione di suo
padre come Ant-Man.
In un’intervista esclusiva con
Screen Rant per
Lisa Frankenstein, Newton ha discusso anche del
futuro di Cassie Lang. Ha condiviso il suo desiderio di esplorare
Cassie al di fuori dell’essere la figlia di
Ant-Man come persona indipendente. Newton ha
rivelato che vuole scoprire chi è Cassie da sola. “Cassie Lang
in Ant-Man, è la figlia di qualcuno, quindi mi piacerebbe vedere
chi è come piccola adulta. Ma lo scopriremo. Chi è quella ragazza?
Forse è pazza, forse no.”
Cassie Lang si
sforza chiaramente di essere un’eroina. All’inizio di Ant-Man and the Wasp: Quantumania, si mette
nei guai cercando di aiutare e soffre la decisione di suo padre di
ritirarsi dalla vita di eroe, quando ci sono così tante persone che
ancora soffrono. Dà il via agli eventi che intrappolano la sua
famiglia nel Regno Quantico mentre sperimenta quello spazio
enigmatico. Fa anche tutto il possibile per aiutare la gente del
Regno Quantico e combattere l’oppressione di Kang insieme alla sua
famiglia.
Il desiderio di Newton di esplorare
Cassie al di fuori dell’ombra di Ant-Man rispecchia quello del suo
personaggio. Fortunatamente, sembra che la Marvel abbia già gettato le basi
per approfondire il viaggio di Cassie come eroina indipendente. La
Marvel ha preparato una squadra dei Giovani Vendicatori che al
momento vede schierate Kamala Khan e Kate Bishop, che, nel loro
primo incontro, citano “la figlia di Ant-Man”. Questa anticipazione
sembra l’inizio di una nuova squadra, che Newton è entusiasta di
esplorare.
Cassie Lang è
cresciuta circondata da supereroi e ha desiderato raccoglierne
l’eredità sin da quando era bambina. Cassie comprende anche, meglio
della maggior parte dei giovani eroi, il prezzo che questa vita può
comportare dopo aver perso suo padre per anni. Forse l’aspetto più
significativo dell’anticipazione dei Giovani Vendicatori è il fatto
che Kamala identifica Cassie semplicemente come la figlia di
Ant-Man. Mentre in Ant-Man and the Wasp: Quantumania ha iniziato
il suo viaggio come supereroe, il progetto Young Avengers può
aiutare Cassie a compiere i passi successivi, rivelando la sua
identità oltre ad essere la figlia di Scott Lang.
Nia
Long interpreterà Katherine Jackson, la madre
di Michael Jackson, nel prossimo
dramma
biografico del regista Antoine Fuqua sul Re
del Pop. È stato precedentemente annunciato che il nipote di
Jackson, Jaafar Jackson, interpreterà l’omonimo
musicista, mentre Colman Domingo
interpreterà il patriarca della famiglia, Joe Jackson.
“Nia ha offerto performance
iconiche nel corso della sua carriera”, ha detto Fuqua in una
nota. “Sono un suo fan da molto tempo perché i suoi personaggi
ti restano impressi. Sono entusiasta di lavorare ora al suo fianco
mentre riversa il suo talento in Katherine Jackson: una donna che è
stata il collante, la roccia e il cuore della famiglia Jackson
durante i suoi momenti migliori e più turbolenti.”
Si prevede che Michael
racconterà la complicata eredità del cantante. Secondo la trama, la
storia ritrarrà un “uomo brillante ma complicato” che divenne noto
come uno dei più grandi artisti di tutti i tempi. John
Logan, i cui crediti come sceneggiatore includono
Il Gladiatore, Sweeney Todd e i
film di James Bond Skyfall e
Spectre, ha scritto la sceneggiatura.
“Katherine Jackson è un
incredibile pilastro di forza e grazia per l’intera famiglia
Jackson”, ha detto Long. “Come madre, è stata altruista e
ha sopportato forze al di fuori del suo controllo, riuscendo
comunque a contribuire a costruire un’eredità oltre ogni
misura”.
Michael, la sinossi del
film:
“‘Michael’ offrirà
al pubblico un ritratto avvincente e onesto dell’uomo brillante ma
complicato che è diventato il Re del Pop. Il film presenta i suoi
trionfi e le sue tragedie su una scala epica e cinematografica –
dal suo lato umano e le sue lotte personali al suo innegabile genio
creativo, esemplificato dalle sue performance più iconiche. Come
mai prima d’ora, il pubblico potrà dare uno sguardo dall’interno a
uno degli artisti più influenti e all’avanguardia che il mondo
abbia mai conosciuto“.’
La principessa Irulan di Florence Pugh si prende il centro della
scena nel nuovo video approfondimento dedicato a
Dune – Parte
Due. Diretto sempre da Denis
Villeneuve, il film è l’adattamento del romanzo di
Frank Herbert e vede Timothée Chalamet e Zendaya nei panni dei protagonisti, di ritorno
dalla parte uno. Pugh, come Austin Butler, Léa
Seydoux e altri, fanno parte invece del nuovo cast del
film.
Cosa aspettarsi da Dune:
Parte Due?
“Questo film successivo
esplorerà il mitico viaggio di Paul Atreides mentre si unisce a
Chani e ai Fremen mentre è su un sentiero di guerra di vendetta
contro i cospiratori che hanno distrutto la sua famiglia“, si
legge nella sinossi ufficiale. “Di fronte alla scelta tra
l’amore della sua vita e il destino dell’universo conosciuto, tenta
di prevenire un futuro terribile che solo lui può
prevedere.”
Dune – Parte
Due è diretto da Villeneuve da una sceneggiatura
che ha scritto insieme a Jon Spaihts. Il film è basato
sull’innovativo romanzo di fantascienza Dune del 1965 di Frank
Herbert ed uscirà nei cinema il 28 Febbraio
2024.
Il secondo capitolo continuerà la
storia di Dune – Parte
Uno, che, nonostante la sua controversa uscita, è
stato un solido successo al botteghino nel 2021, incassando oltre
402 milioni di dollari su un budget di produzione stimato di 165
milioni di dollari. Tuttavia, WB ha sicuramente maggiori speranze
per il sequel, che potrà trarre vantaggio da un’uscita globale su
larga scala in formati standard e premium, incluso IMAX.
Secondo Matthew
Vaughn, regista di X-Men: L’Inizio, i
problemi del MCU saranno risolti all’uscita di
Deadpool 3.
Nelle parole di Vaughn, il film riporterà in vita il corpo morto
del MCU.
Marvel è reduce da qualche passo
falso, a giudicare principalmente dall’accoglienza di pubblico e
critica delle sue ultime produzioni (The
Marvels e Ant-Man and the Wasp: Quantumania). Tuttavia
il suo unico film che uscirà nel 2024, Deadpool 3, potrebbe rimettere in carreggiata il
suo percorso.
Deadpool
3 è il film che chiuderà la trilogia del
Mercenario Chiacchierone che vede protagonista Ryan Reynolds nel ruolo del protagonista e
questa volte il pubblico è ancora più ansioso di vederlo in scena
per via del fatto che con lui torna anche Hugh Jackman
nel ruolo di Wolverine. Ora, nel corso della promozione del suo
ultimo film, Argylle,
Matthew Vaughn si è sbilanciato dicendo che questo
film potrebbe essere la salvezza del MCU:
“Questo sarà lo shock…
l’universo Marvel sta per subire uno shock e riporterà in vita quel
corpo… penso che Ryan Reynolds e Hugh Jackman stiano per salvare
l’intero universo Marvel.”
Chi c’è in Deadpool
3?
Deadpool 3
riunisce il protagonista Ryan Reynolds con Shawn Levy, regista di
Free Guy e The Adam Project, che ha firmato la regia
dell’atteso progetto. Hugh Jackman
uscirà finalmente dal suo pensionamento da supereroi per riprendere
il ruolo di Wolverine. Sebbene i dettagli
ufficiali della storia di Deadpool 3, con
protagonista Ryan Reynolds,
non siano infatti ancora stati rivelati, si presume che la trama
riguarderà il Multiverso. Il modo più semplice per i Marvel Studios di unire la
serie di film di Deadpool – l’unica parte del
franchise degli X-Men sopravvissuta all’acquisizione
della Fox da parte della Disney – è stabilire che i film di
Reynolds si siano svolti in un universo diverso.
Ciò preserva i film degli X-Men
della Fox nel loro universo, consentendo al contempo a Deadpool e
Wolverine, di nuovo interpretato da Hugh Jackman,
viaggiare nell’universo principale dell’MCU. Nel film saranno poi presenti anche personaggi
presenti nei primi due film di Deadpool, come Colossus e
Testata Mutante Negasonica. Da tempo, però, si vocifera che anche
altri X-Men possano fare la loro
comparsa nel film, come anche alcuni altri supereroi della
Marvel comparsi sul
grande schermo nei primi anni Duemila, in particolare il Daredevil di Ben
Affleck.
Una voce recente afferma che anche
Liev Schreiber
sia presente riprendendo il suo ruolo Sabretooth. Di certo,
Morena Baccarin
(Vanessa), Karan Soni (Dopinder), Leslie
Uggams (Blind Al), Rob Delaney (Peter) e
Shioli Kutsuna (Yukio) torneranno tutti nei panni
dei rispettivi personaggi, e a loro si uniranno i nuovi arrivati in
franchising Emma Corrin (The Crown) e Matthew
Macfadyen (Succession), i cui ruoli sono ancora
segreti. Un recente report afferma inoltre che la TVA di Loki,
incluso l’agente Mobius (Owen Wilson) e
Miss Minutes, saranno coinvolti nel film. Deadpool 3
uscirà nei cinema il 26 luglio 2024.
James Gunn ha
condiviso la sua prima impressione all’indomani dell’annuncio
ufficiale che Milly Alcock sarà la protagonista di
Supergirl:
Woman of Tomorrow del DCU. Dopo un periodo di test e provini, Alcock è
stata finalmente scelta come interprete dell’eroina di Krypton, e
ora debutterà come Kara nel prossimo Superman:
Legacy.
Oggi, James Gunn ha ripreso la
notizia, e ha spiegato che Alcock è stata la prima attrice a cui ha
pensato per interpretare questo ruolo, dopo averla vista in House
of the Dragon, in cui ha interpretato la giovane Rhaenyra
Targaryen nella prima stagione.
“In caso vi siate persi questa
emozionante notizia di ieri. Stranamente, Milly è stata la prima
persona che ho nominato a Peter per questo ruolo, oltre un anno fa,
quando avevo letto solo i fumetti. Stavo guardando House of the
Dragon e ho pensato che lei potesse avere il carattere, la grazia e
l’autenticità di cui avevamo bisogno per la Supergirl del DCU. Ed
eccoci ora. A volte la vita è selvaggia.”
Alcock entra in una cerchia
ristretta che comprende Melissa Benoist che ha
interpretato Supergirl nella serie CBS e CW (che è
andata in onda per sei stagioni), e Sasha Calle
nel film del 2023 The Flash, uno degli ultimi film
della precedente iterazione dell’universo cinematografico DC. Gunn
ha chiarito, tuttavia, che vuole un nuovo inizio con il nuovo
DCU.
Nella serie di fumetti del 2022 di
“Woman of Tomorrow”, invece di fuggire dal pianeta Krypton da
bambina prima che esploda (come suo cugino Kal-El), Kara cresce
assistendo alla distruzione del suo pianeta natale fino all’età di
14 anni, quando arriva sulla Terra. Ciò rende il personaggio “molto
più hardcore”, ha spiegato Gunn nel 2023 presentando i primi 10
titoli nella nuova lista DCU. “Non è esattamente la Supergirl
che siamo abituati a vedere.”
È stata rivelata la durata di
Kung Fu Panda
4, e ora sappiamo che il film sarà il secondo più
lungo del franchise. Il film seguirà l’avventura di Po che cerca di
diventare la Guida Spirituale della Valle della Pace, nell’impresa
di cercare e allenare il nuovo Guerriero Dragone.
Il film esce a marzo negli Stati
Uniti, e mentre Fandango si premunisce per la prevendita dei
biglietti, rivela anche la durata del film, che sarà pari a 94
minuti. Kung Fu Panda
4 diventa quindi il secondo film più lungo del
franchise, superato solo dal terzo capitolo.
Kung Fu Panda (2008)
92 minutes
Kung Fu Panda 2 (2011)
90 minutes
Kung Fu Panda 3 (2017)
95 minutes
Kung Fu Panda 4 (2024)
94 minutes
Il film presenterà un cast
vocale di superstar che include sia talenti classici del franchise
che nuovi ingressi. Le nuove star includono
Awkwafina,Ke Huy Quan e Viola Davis, mentre gli artisti di ritorno
includono Jack Black, James Hong, Dustin Hoffman, Bryan
Cranston e Ian McShane. La ricomparsa di
McShane come voce di Tai Lung nel trailer di Kung Fu Panda
4 è stata particolarmente degna di nota, dato che si
presumeva che il personaggio fosse morto nel primo film.
Per riportare in vita Tai Lung e gli
altri cattivi, Kung Fu Panda
4 introduce una dinamica in cui Po, in qualità di
leader spirituale, può interagire con gli esseri nel regno degli
spiriti. Pertanto, Tai Lung non è realmente “morto”, ma piuttosto
trasferito in una versione dell’aldilà in cui può ancora combattere
con il panda protagonista.
Kung Fu Panda
4 è diretto da Mike Mitchell (Trolls
della DreamWorks Animation, Shrek e vissero felici e contenti) e
prodotto da Rebecca Huntley (Troppo Cattivi della
DreamWorks Animation). La co-regista del film è Stephanie
Ma Stine (She-Ra e le principesse guerriere). Nel 2008, il
primo capitolo del franchise, Kung Fu Panda, nominato agli Oscar®,
è diventato il film d’animazione originale di maggior incasso della
DreamWorks Animation e ha dato il via a un franchise che ha
guadagnato più di 1,8 miliardi di dollari al box office
mondiale.
I film di genere western sono ormai
sempre più rari al cinema, ma ogni volta che ne viene realizzato un
nuovo in grado di raccontare qualcosa di nuovo su quell’epoca ormai
lontana questo non manca di ricevere grandi apprezzamenti tanto di
critica quanto di pubblico. Se di recente è toccato a titoli come
Notizie dal mondo e
Hostiles – Ostili, nel 2007
ad aver conquistato i fan del genere è stato Quel treno
per Yuma, diretto da James Mangold,
autore di film come Logan – The Wolverine e
Le Mans ’66 – La grande
sfida. Qui al suo primo, e ad ora unico, western, il
regista ha una volta di più dimostrato la sua capacità di adattarsi
a generi diversi, arricchendoli di epica e grande
intrattenimento.
Quella da lui qui raccontata non è
però una storia originale, poiché si tratta del remake dell’omonimo
classico del 1957, diretto da Delmer Daves. Allo
stesso modo, però, la trama è tratta dal racconto scritto da
Elmore Leonard nel 1953 e pubblicato per la prima
volta sul Dime Western Magazine. Il film di Mangold
presenta però ovviamente alcune modifiche e aggiustamenti, attuati
in fase di scrittura. Nonostante l’entusiasmo per il progetto, la
lavorazione di questo si rivelò particolarmente complessa. In fase
di ripresa furono infatti diversi gli incidenti che rallentarono la
troupe, tra cui il ferimento di una controfigura e la morte
accidentale di un cavallo.
Alla fine però Quel treno per
Yuma riuscì ad arrivare in sala, venendo indicato dalla
critica come migliore dell’originale. Al box office il film riuscì
ad incassare la modesta cifra di circa 70 milioni di dollari a
fronte di un budget di 55. Prima di intraprendere una visione del
film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle
principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama, al cast di
attori e alle differenze con il film del
1957. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
La trama di Quel treno per
Yuma
La storia è ambientata nell’Arizona
del 1884. Dan Evans veterano della guerra
civile e allevatore in gravi difficoltà economiche,
contribuisce alla cattura del fuorilegge Ben Wade,
la cui banda ha preso di mira diversi corrieri della Southern
Pacific Railroad. Con la promessa di una ricompensa di 200 dollari,
Dan accetta di scortare, assieme ad altri volontari, il famoso
fuorilegge fino alla stazione della vicina città di Contention. Lì
alle 3:10 p.m. arriverà un treno che condurrà Wade al carcere di
Yuma, ma la sua intera banda, capeggiata da Charlie
Prince non aspetta altro che l’occasione giusta per
liberarlo. Il rapporto di reciproco rispetto generatosi tra Evans e
Wade, però, renderà il tutto più complesso.
Quel treno per Yuma: il
cast del film
Originariamente per il ruolo del
fuorilegge Ben Wade era stato scelto l’attore Tom Cruise.
Questi tuttavia si allontanò dal progetto nel momento in cui la sua
realizzazione tardava ad avvenire. Al suo posto è allora subentrato
il premio Oscar Russell Crowe,
prima scelta di Mangold per il ruolo. Fu la sua presenza a
convincere i produttori a far partire finalmente le riprese del
film. Accanto a lui, nei panni del veterano Dan Evans, si ritrova
invece Christian Bale.
La scelta di questi venne fortemente sostenuta anche dallo stesso
Crowe, che lo ritiene uno dei migliori della sua generazione. Bale
tornerà poi a recitare per Mangold proprio nel recente Le Mans ’66 – La grande sfida.
Ad interpretare il figlio di Dan,
che lo seguirà nel suo viaggio, è invece l’attore Logan Lerman,
affermatosi in seguito grazie a film come
Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo e Noi siamo infinito. Dallas Roberts è
presente nei panni di Grayson Butterfield, il rappresentante della
società ferroviaria attaccata da Wade, la Southern Pacific
Railroad. Il celebre Peter Fonda, noto per il film
Easy Rider, ricopre il ruolo di Byron McElroy, capo della
spedizione che scorta Wade al treno. Di questa fanno parte anche
Tucker, interpretato da Kevin Durand, e Doc
Potter, interpretato da Alan Tudyk.
Ben Foster è il criminale Charlie Prince, braccio
destro di Wade, mentre Vinessa Shaw è
l’affascinante Emma.
Quel treno per Yuma: le
differenze con il film originale e il suo finale
Nel dar vita alla sua versione del
racconto, Mangold si è mantenuto particolarmente fedele rispetto ad
alcuni episodi narrati anche nell’originale del 1957, operando però
diverse significative differenze che permettono al film di
acquisire ulteriori significati. La prima parte di entrambe le
opere, con la presentazione dei personaggi, del contesto e della
vicenda, risulta essere infatti estremamente simile, con chiari
omaggi del film del 2007 al suo predecessore. È però a partire
dall’inizio del viaggio di Evans e Wade che hanno luogo le prime
differenze. Innanzitutto, ad accompagnare Evans non è più
la moglie bensì il figlio. Questo cambiamento ha permesso
non solo di evidenziare il rapporto tra i due, ma anche di far
risaltare il desiderio di Evans di apparire come un eroe agli occhi
del figlio.
L’altra grande differenza tra i due
film si ritrova nel loro finale. Il remake di
Mangold, infatti, presenta un finale tutt’altro che
lieto, dove Evans riesce a proteggere la propria famiglia
sacrificando però sé stesso. Ciò non avviene invece nel film del
1957, dove l’eroe positivo trionfa in tutto e per tutto, mentre al
fuorilegge spetta la punizione del carcere. Apportando tale
modifica, il regista ha però potuto aggiornare le tematiche del
film. Se nell’originale la linea di demarcazione tra bene e male,
buono e cattivo è più decisamente netta, in questa nuova versione
viene grossomodo a decadere, lasciando trasparire personaggi più
ricchi di sfumature e perciò più realistici.
Il trailer di Quel treno per
Yuma e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di
Quel treno per Yuma grazie alla sua
presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming
presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi
di Apple TV, Now, Infinity+ e Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo
di martedì 30 gennaio alle ore
21:00 sul canale Iris.
Negli anni Novanta gli Stati Uniti
hanno vissuto un periodo di attentati terroristici particolarmente
sconvolgenti, culminati poi nel tristemente celebre attacco alle
Torri Gemelle dell’11 settembre del 2001. Non sorprende dunque che
il cinema abbia in più modi e occasioni affrontato l’argomento,
cercando di evidenziare la necessità di individuare dei nemici e
giustificare attacchi altrettanto brutali nei loro confronti. Uno
dei film più noti, e che per certi versi hanno anticipato gli
eventi del 2001, è Attacco al potere,
scritto da Lawrence Wright e diretto nel 1998 da
Edward Zwick, regista anche di Glory – Uomini
di gloria e Blood Diamond – Diamanti di
sangue.
All’interno di questo si snoda un
teso racconto tra thriller e azione, dove si pone in netto
contrasto il popolo americano ai terroristi di origini arabe.
Proprio questa netta distinzione ha portato a non poche critiche,
con il film accusato di generalizzare un intera comunità e
riproponendone un’immagine sbagliata e imparziale. Secondo il
regista, sono state queste criticità a fare di Attacco al
potere uno scarso successo al box office, con un incasso di
appena 116 milioni di dollari a fronte di un budget di 70. Dopo gli
eventi del 2001, però, è diventato un film estremamente ricercato,
che nonostante la sua natura controversa aveva profetizzato una
serie di tematiche.
Il film risulta infatti interessante
ancora oggi nel mostrare come all base di questi attentati non vi
sono altro che giochi di potere, basati sulla paura e
sull’addomesticamento globale che questa comporta. Rivedere oggi
questo film permette di avere uno sguardo tanto al bene quanto al
male dell’argomento. Prima di intraprendere una visione del film,
però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali
curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà
infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama e al cast di attori.
Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
La trama di Attacco al potere
Protagonisti del film sono gli
agenti FBI Anthony Hubbard e Frank
Haddad, i quali nella New York di fine anni Novanta si
ritrovano ad indagare sulla misteriosa simulazione di un attentato
ad un bus di linea della città. I misteriosi organizzatori chiedono
la liberazione di Ahmed Bin Talal, capo di
un’organizzazione di integralisti islamici. Nel ricercare
informazioni a riguardo, le indagini di Hubbard lo portano ad
interrogare Elise Kraft. Questa si rivelerà essere
un agente segreto della CIA collegata all’ascesa di Bin Talal in
Iraq. Grazie alla collaborazione con la donna, il cui vero nome è
Sharon Bridger, i due agenti cercano dunque di
fermare una serie di nuovi attentati.
Il gruppo di estremisti islamici
iniziano infatti a dar vita ad una serie di imprevedibili attacchi,
che mettono in breve tempo in ginocchio l’intera città. La
popolazione è infatti del tutto soggiogata dal terrore, non sapendo
mai quando i terroristi colpiranno, dove e con quale forza. A
rendere più complesse le indagini vi sono anche i sospetti contro
il dispotico generale William Deveraux, che nega
di avere però a che fare con la scomparsa di Bin Talal. Intanto la
situazione peggiora e il governo impone la legge marziale. Prima
che possa avvenire una vera e propria mattanza etnica, Hubbard
dovrà individuare i terroristi e impedirli di causare nuovi
attentati.
Attacco al potere: il cast del film
Ad interpretare il ruolo dell’agente
Anthony Hubbard è l’attore premio Oscar Denzel
Washington, mentre nei panni del collega Frank
Haddad vi è l’attore Tony Shalhoub. Per prepararsi
ai loro rispettivi ruoli, i due ebbero modo di incontrare veri
agenti dell’FBI, apprendendo da loro le procedure che si è soliti
seguire in casi di terrorismo. Ciò permise ad entrambi di risultare
più realistici nelle loro interpretazioni, giudicate in modo molto
positivo e indicate come una delle cose migliori del film. Accanto
a loro, nei panni degli agenti Floyd Rose e Danny Sussman vi sono
invece gli attori Lance Reddick e David
Proval. Sami Bouajila, invece, è Samir
Nazhde, tra i sospettati di terrorismo.
Il ruolo di Elise Kraft alias Sharon
Bridger era originariamente stato offerto all’attrice premio Oscar
Jodie Foster.
Questa, però, ha rifiutato non gradendo il tono del film. Al suo
posto venne scelta Annette Bening,
la quale acconsentì di recitare nel film soltanto dopo alcune
modifiche alla sceneggiatura. Infine, nei panni del generale
William Devereaux vi è l’attore Bruce Willis.
Per il ruolo, egli si è recato al Pentagono. Qui ha appreso una
serie di informazioni che gli hanno dato un’idea di ciò che il
generale Devereaux avrebbe affrontato, sia in generale che in caso
di grave crisi nazionale. Per la sua interpretazione, l’attore è
poi stato nominato ai Razzie Awards come peggior attore.
Il trailer di Attacco al
potere e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire del film grazie
alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. Attacco al
potere è infatti disponibile nei cataloghi di
Rakuten TV, Google Play, Apple TV, Disney+, Infinity+ e
Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È
bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un dato limite
temporale entro cui guardare il titolo. Il film è inoltre presente
nel palinsesto televisivo di martedì 30 gennaio
alle ore 21:00 sul canale 20
Mediaset.
Sono emerse online le prime foto
del set del nuovo film di Paul Thomas Anderson con
Leonardo DiCaprio.
Condivise su Twitter dagli utenti
@jasonosia e @justashottt_, le prime foto del nuovo film di
Paul Thomas Anderson, ancora senza titolo, vedono
Leonardo DiCaprio vestito con un
accappatoio e un cappello da calza. Con baffi e occhiali da sole,
le immagini lo ritraggono mentre usa un telefono pubblico fuori da
un negozio chiamato Murphy’s Health & Wellness
Center.
Behold your first look at the first Paul
Thomas Anderson film poised to break the $100 million mark:
reuniting him with star Leonardo DiCaprio, following Anderson’s
uncredited screenplay rewrites on ‘Killers of the Flower Moon’
pic.twitter.com/PZOk1RLlOy
È inoltre possibile vedere il
filmato di una scena di inseguimento girato dalla polizia per il
film, che al momento viene definito “BC Project“,
condiviso su YouTube:
Cosa sappiamo del nuovo film di
Paul Thomas Anderson?
Il 10 gennaio 2024, Deadline ha
riportato BC
Project, il nuovo film di Paul Thomas
Anderson per la Warner Bros. inizierà la produzione il 21
gennaio 2024. Oltre a Leonardo DiCaprio, il film sarà interpretato
da Sean Penn e Reginal Hall.
Anche la sceneggiatura di
BC
Project è stata scritta da Paul Thomas
Anderson, mentre i dettagli della trama rimangono al
momento segreti. Nell’articolo di Deadline si legge: “Abbiamo
appreso che si tratta di un’ambientazione contemporanea ed è la più
commerciale che Paul Thomas Anderson abbia mai
tentato, con un budget commisurato“.
Leonardo DiCaprio è reduce dal film
Killers
of the Flower Moon, diretto da
Martin Scorsese e attualmente disponibile in streaming su
Apple
TV+. Sebbene lo stesso DiCaprio non abbia ricevuto una nomination
all’Oscar per l’interpretazione di Ernest Burkhart in
Killers
of the Flower Moon, il film è stato candidato a
diversi premi Oscar, tra cui miglior film, attrice protagonista
(Lily Gladstone) e attore non protagonista
(Robert De Niro).
Anderson, invece, è noto per aver
realizzato film come Boogie Nights del 1997,
Magnolia del 1999, Punch-Drunk Love del 2002, There Will
Be Blood del 2007, The Master del 2012, Inherent
Vice del 2014, Phantom Thread del 2017 e, più recentemente,
Licorice Pizza del 2021. Paul Thomas
Anderson sta anche producendo con Sara Murphy il nuovo
film con Leonardo DiCaprio, che non ha ancora una data
di uscita.
Ecco il trailer di
The Ministry of Ungentlemanly Warfare, il nuovo
film di Guy Ritchie con protagonista Henry Cavill. L’ex Superman si fa ancora
strada sul grande schermo interpretando una spia, mentre al cinema
lo aspettiamo in Argylle
di Matthew Vaughn.
Basato su una storia realmente accaduta raccontata da
Damien Lewis nel suo libro omonimo,
The Ministry of Ungentlemanly Warfare segue
un’organizzazione segreta fondata da Winston
Churchill e dall’autore di James Bond Ian
Fleming per indebolire e infine far deragliare il regime
nazista attraverso “sgarbate azioni non da gentiluomini”. Atti di
sabotaggio. Precursore delle moderne organizzazioni di operazioni
segrete, questo gruppo era composto da personale militare d’élite,
ma apparentemente disadattato, specializzato in attività non
convenzionali, cogliendo di sorpresa i nazisti e svolgendo un ruolo
importante nello sradicarli. Henry Cavill è stato nominato leader di questo
gruppo, anche se in questo caso il suo look non è quello della
superspia.
L’ex star di Superman salperà con un
talentuoso ensemble nell’ultimo film di Ritchie, con Hero
Fiennes Tiffin, Henry Golding, Alan Ritchson
e Alex Pettyfer tra coloro che si uniranno a lui
in acqua. Eiza González, Babs Olusamokun, Henrique Zaga,
Til Schweiger e Cary Elwes
completano il gruppo costellato di stelle.
Amazon MGM Studios ha annunciato di
aver acquisito i diritti internazionali del documentario su
Celine Dion, I Am: Celine
Dion. Diretto dalla regista nominata agli Oscar Irene
Taylor, il documentario è un’istantanea di un momento cruciale
nella vita e nella carriera di una tra le più riconosciute e
rispettate artiste di successo nella storia della musica pop:
Celine Dion.
Questa esplorazione intima porta gli
spettatori in un viaggio nel passato e nel presente di Celine,
mentre rivela la sua battaglia contro la Sindrome della Persona
Rigida (Stiff Person Syndrome – SPS) e gli sforzi fatti per
continuare a esibirsi per i suoi amati e fedeli fan. Il
documentario cattura la vita privata mai raccontata di una
superstar globale, partendo dalle incursioni nel suo guardaroba
couture, tra gli effetti personali, sino ad arrivare al tempo
trascorso in studio di registrazione. Un’emozionante, energica e
poetica lettera d’amore alla musica. I Am: Celine Dion
racconta più di un anno di riprese mentre la leggendaria cantante
affronta il percorso per una vita vera e autentica con la
malattia.
Il documentario, prodotto da Sony
Music Vision, in collaborazione con Sony Music Entertainment Canada
e Vermilion Films, sarà disponibile su Prime Video in oltre 240 paesi e territori nel
mondo. La data di uscita su Prime Video sarà annunciata in un
secondo momento.
“Questi ultimi due anni sono stati
una sfida per me, il percorso dalla scoperta della mia condizione
sino all’imparare a conviverci e a gestirla, senza permettere a
questa situazione di definirmi”, ha detto Celine Dion. “Mentre
continuo a percorrere la strada per riprendere la mia carriera di
performer, ho capito quanto mi è mancato il rapporto con i miei
fan. Durante questa assenza ho deciso che volevo documentare questa
parte della mia vita, per cercare di aumentare la consapevolezza di
questa condizione poco conosciuta, per aiutare chi ha la mia stessa
diagnosi”.
“Celine Dion è una superstar
mondiale con un percorso artistico definito non solo dalla sua
straordinaria etica del lavoro e dalla sua passione, ma anche dalla
dedizione verso i suoi fan”, ha detto Jennifer Salke, head of
Amazon MGM Studios. “Questo documentario è un ritratto diretto e
intimo di un momento cruciale nella sua vita personale e nella sua
carriera, ed alza il sipario sul viaggio che sta compiendo per
superare una diagnosi impensabile. Ci onora che ci abbia affidato
la sua storia, e non vediamo l’ora di condividerla con il pubblico
di Prime Video di tutto il mondo”.
Trees, And Other
Entanglements, il film più recente della regista Irene Taylor
vincitrice di un Emmy Award e candidata all’Academy Award, è stato
rilasciato lo scorso anno dalla HBO. Di recente, Taylor ha anche
vinto un Columbia-DuPont Award per la sua tragica indagine su una
delle istituzioni più affidabili in America, Leave No Trace: A
Hidden History Of The Boy Scouts (Hulu). Presentato al
Sundance nel 2019 e successivamente nominato per Special Merit in
Documentary Filmmaking ai Primetime Emmy Awards 2020, Moonlight
Sonata: Deafness in Three Movements racconta una storia molto
personale per Taylor, quella di suo figlio sordo, suo padre sordo e
Ludwig Van Beethoven, mentre componeva la sua famosa sonata. Altri
suoi lavori includono Hear and Now, che ha vinto il Premio
del Pubblico al Sundance nel 2007; Beware the Slenderman,
che ha ricevuto nomination per un Emmy e due Critics’ Choice
Awards; The Final Inch, che è stato nominato per un premio
Academy e più Emmy; Saving Pelican 895; One Last Hug:
Three Days At Grief Camp; Open Your Eyes e
Between Sound and Silence.
Da quando è entrata a far parte
della scena musicale mondiale all’età di 13 anni, Dion ha venduto
più di 250 milioni di album durante i suoi 40 anni di carriera.
Dopo aver ottenuto cinque Grammy Awards, due Academy Awards, il
Billboard Music Award Lifetime Achievement Icon Award e il
riconoscimento dai World Music Awards del 2004 come artista
femminile più venduta di tutti i tempi, Dion continua a battere
record. Con le hit dei film di successo – tra cui “Ashes”
(Deadpool 2), “My Heart Will Go On” (Titanic), e
“Beauty and the Beast” (La bella e la bestia), è una forza
nel settore e stabilisce nuovi standard di eccellenza.
Nel 2021, Dion ha preso la difficile
decisione di cancellare il suo attesissimo residency show a Las
Vegas a causa di problemi di salute. In seguito, nel dicembre 2022,
la cantante ha coraggiosamente rivelato che stava affrontando una
battaglia contro la Sindrome della Persona Rigida, che ha portato
alla cancellazione del suo Courage World Tour. Nonostante queste
battute d’arresto, Dion è rimasta devota al suo lavoro ed è andata
avanti, concentrandosi sulla guarigione. Nel 2023, ha mostrato il
suo talento recitando nella commedia romantica Love Again
e ha pubblicato cinque nuovi brani che hanno composto la colonna
sonora del film.
Il documentario è stato prodotto da
Irene Taylor, Stacy Lorts e Julie Begey Seureau per Vermilion Films
e Tom Mackay per Sony Music Vision. Dave Platel e Denis Savage sono
executive producers di Les Productions Feeling insieme a Shane
Carter per Sony Music Entertainment Canada e Krista Wegener per
Sony Music Vision. La vendita è stata negoziata da Sony Music
Vision.
La star di Avatar
4Stephen Lang ha condiviso una nuova
foto dietro le quinte del film per celebrare l’inizio della
produzione del prossimo sequel. Dopo lo straordinario successo di
Avatar:
La via dell’acqua del regista James
Cameron, la serie è destinata a continuare con almeno tre
sequel aggiuntivi, per continuare la storia di Jake di Sam Worthington, Neytiri di Zoe Saldana e della loro famiglia.
Il personaggio di Stephen
Lang, Quaritch, è stato introdotto nel film originale del
2009, uno spietato umano, tornato poi nel cast del secondo film in
versione Na’vi. Lang è ora andato su Instagram per celebrare l’inizio
delle riprese di Avatar
4, la cui uscita non è prevista prima di dicembre
2029.
Avatar 3, quello che
sappiamo sul prossimo film della saga
Con l’uscita in sala di Avatar: La via
dell’acqua, lo scorso dicembre, la saga cinematografica
ideata da James Cameron e
ambientata sul pianeta Pandora ha ripreso il via, con anche altri
tre capitoli annunciati e in arrivo nei prossimi anni. Il primo di
questi sarà Avatar 3, ancora senza titolo
ufficiale, che come noto introdurrà importanti novità, a partire
dal primo popolo Na’Vi caratterizzato come “cattivo”, ovvero il
Popolo della
Cenere. Sappiamo ancora pochissimo di questo e dei
personaggi che lo comporranno, ma sembra che non si tratterà
dell’unica nuova cultura che il film introdurrà nella saga.
Oltre al Popolo della Cenere ci sarà
infatti almeno anche un altro popolo introdotto in Avatar 3, anche se al momento
quest’ultimo rimane del tutto sconosciuto. Come sappiamo, il terzo
film della saga è già stato in buona parte girato, dunque potrebbe
essere solo questione di tempo prima di scoprire qualche dettaglio
in più a riguardo e soprattutto sapere se i popoli saranno
effettivamente solo due o anche di più e se staranno dalla parte
dei buoni o dei cattivi. Protagonisti saranno però naturalmente gli
attori Sam Worthington, Zoe
Saldana,
Kate Winslet,
Sigourney Weaver, Edie Falco, Stephen Lang, Joel David Moore,
Jemaine Clement, Matt Gerald e CCH
Pounder.
Le prime immagini de
La Profezia del Male, il nuovo horror Sony
Pictures scritto e diretto da Spenser Cohen (I
mercenari – The Expendables) e Anna Halberg
(Extinction,Moonfall). Nel cast sono
presenti Harriet Slater (Pennyworth),
Adain Bradley, Avantika (Mean Girls) e Jacob
Batalon (Avengers: Endgame, Spider-Man:
No Way Home). La Profezia del Male sarà solo
al cinema dal 9 maggio da prodotto da Sony Pictures e distribuito
da Eagle Pictures.
Mai usare le carte di qualcun
altro: questa la regola sacra nella lettura dei Tarocchi. Quando un
gruppo di amici la infrange scatena inconsapevolmente una terribile
minaccia imprigionata nelle carte maledette. Uno dopo l’altro, i
protagonisti dovranno affrontare il loro destino in una sfida
contro la morte per sfuggire al futuro predetto nella profezia dei
Tarocchi.
Dopo aver attirato l’attenzione di
pubblico e critica alle Giornate degli Autori del Festival di Venezia, dove è
stato presentato in prima mondiale come Evento Speciale,
L’avamposto, il film documentario di Edoardo
Morabito arriva al cinema. Un road movie
avventuroso e rocambolesco che unisce i temi
dell’emergenza climatica, la Foresta Amazzonica, e il culto
irresistibile dei Pink Floyd.
L’avamposto è prodotto
da Dugong Films con Rai Cinema,in
associazione con Intramovies, con la O2 Pòs
Produções di Fernando Meirelles e Bidou
Pictures, ed esce nelle sale dal 26 febbraio distribuito da
Luce Cinecittà. Girato trail cuore dell’Amazzonia
e la frenetica City affaristica di Londra il film racconta il sogno
di una battaglia per salvaguardare il pianeta.
A condurla è Christopher Clark, un
eco‐guerriero, uno scozzese fuori dall’ordinario che nel cuore
della foresta amazzonica ha creato il suo personalissimo
Avamposto del progresso: un modello di società utopica
basato sull’equilibrio perfetto tra natura e tecnologia, gestito e
preservato dagli abitanti della foresta. Ma dopo 30 anni il
governo si rifiuta ancora di creare una riserva e un nuovo grande
incendio sta minacciando di distruggere l’Avamposto. Chris decide
allora di giocare d’azzardo, opponendo alla spettacolare
distruzione della foresta un evento altrettanto spettacolare: un
concerto dei Pink Floyd dentro l’inferno verde, così da convincere
il governo brasiliano a istituire una riserva.
Del resto nella mente di un
sognatore tutto è possibile e forse ha ragione lui, in un mondo che
corre a velocità folle verso l’apocalisse, essere un po’ folli è
l’unico modo per opporre resistenza. Ma veramente possiamo salvare
la foresta, noi, i figli del modello capitalista, lo stesso modello
che la sta distruggendo?
Un film visionario e politico che
attraverso le avventure di un Fitzcarraldo del XXI secolo ci
racconta le contraddizioni che animano la salvaguardia del pianeta.
Alle prese con un videomessaggio da spedire ai Pink Floyd, la
preparazione di un cocktail nel cuore della foresta vergine, o
mentre s’adopera per spegnere un incendio, Chris ci ricorda la
necessità delle utopie e un monito per l’umanità: per sopravvivere
abbiamo bisogno di ritrovare il desiderio e la giusta dose di
immaginazione. Una riflessione viva e non retorica su un tema
cruciale. Accompagnata da una seducente colonna sonora che gioca
con gli echi di una delle più grandi rock band della storia.
‘Mentre il mondo brucia e noi
assistiamo al cambiamento climatico come fosse la diretta streaming
del grande spettacolo che è l’apocalisse, Chris si sente investito
di una missione: salvare quel che resta dell’Amazzonia. Con ogni
mezzo possibile.
L’avamposto è certamente un film
sulla fine del mondo o quantomeno sulla distruzione del mondo
naturale per mano dell’uomo. Ma è soprattutto un film
sull’importanza del sogno per tornare ad immaginare possibili
futuri… Perché sognare, come direbbe Chris, significa agire in
prospettive cosmiche’.Dalle note di regia di Edoardo
Morabito. Dopo la prima a Venezia il film è stato presentato
con successo al São Paulo International Film Festival e
al Festival del Cinema di Rio, e ha vinto il premio
come Miglior Documentario al Festival del Cinema italiano
di Madrid.
Dal 26 Febbraio sarà distribuito
nelle sale da Luce Cinecittà con un tour di proiezioni
evento alla presenza del regista e di ospiti, a Roma, Milano,
Torino, Napoli, Firenze, Palermo, Catania, Pisa, Padova, e altre
tappe in attesa di calendarizzazione.
Per gli amanti del cinema
francese e della commedia degli equivoci con lezione finale, da
giovedì 1° febbraio Officine UBU distribuisce
in sala Una bugia per due, esordio nel lungometraggio
del giovane Rudy Milstein (dopo alcuni corti, tra
cui il Mon combat del 2019). Una storia sull’apparenza e
l’opportunità, il bisogno di accettazione e il valore che diamo ai
principi che diciamo orientino le nostre scelte, a tratti naive e
un po’ ingenua, ma che può contare sulla presenza – e sulla
tensione che tra loro si crea – di due volti noti come quelli di
Vincent Dedienne e Géraldine Nakache. Con loro,
oltre allo stesso regista in un piccolo ruolo (non banale), anche
Clémence Poésy, Rudy Milstein, Isabelle Nanty, Sam
Karmann e Rabah Nait Oufella.
Una
bugia per due, la trama
Louis è gentile. il
classico bravo ragazzo. È così gentile che passa spesso
inosservato. I colleghi e i genitori non ne hanno una grande
considerazione, e non può nemmeno contare sull’appoggio degli
amici… che non ha. Il giorno in cui scopre di avere una grave
malattia, quelli intorno a lui sembrano notare la sua esistenza per
la prima volta, e per Louis le opportunità personali e
professionali improvvisamente abbondano. Difficile però rivelare la
verità, quando scopre di essere in realtà sano, dopo che lo studio
legale presso cui lavora gli chiede di difendere una multinazionale
dall’accusa che i propri prodotti provochino il cancro, l’occasione
per farsi finalmente notare. Tutto ha un prezzo, come si sa, e
l’imbarazzato e impacciato Louis sarà costretto dalle circostanze a
interpretare il ruolo di bugiardo e a ricorrere a una bugia ‘a fin
di bene’ per ritagliarsi un posto agli occhi degli altri.
Malato tra le
donne
Al centro di tutto
Vincent Dedienne, volto perfetto per esprimere lo
spaesamento del protagonista, meno forse per lasciarne intuire gli
angoli più oscuri o tormentati. Una potenziale debolezza cui il
regista supplisce grazie a un tris di attrici chiamate a portare
avanti l’intreccio intorno a lui, con la spigolosa e caparbia
Hélène di Géraldine Nakache (non a caso eletta
miglior attrice non protagonista dal pubblico del Festival
Jean-Carmet nel 2023, sorella del regista Olivier Nakache e regista
ella stessa, anche se sembra essersi fermata agli apprezzati
Tout ce qui brille e Nous York) su tutte, seguita da
‘mamma’ Isabelle Nanty (Il favoloso mondo di Amélie) e la
cinica Elsa di Clémence Poésy (In Bruges).
I riferimenti sono quelli
delle commedie di Judd Apatow, del cinema di Agnès
Jaoui, di Julie Delpy, di Michel Leclerc e del Tutti gli uomini
di Victoria di Justine Triet, almeno stando a
quanto dichiarato – a proprio rischio e pericolo – da Milstein, fan
dello humor inglese di Quattro matrimoni e un funerale o di
Mike Newell e di quello scorretto delle prime stagioni de I
Simpson. Un gotha personale che rischia di aver confuso il
regista, che qui sembra soffrire proprio della difficoltà a tenere
in equilibrio tanti temi e spunti.
Una commedia leggera con
troppe pretese
Troppi, verrebbe da dire,
visto che in un contesto alla Erin Brockovich si
intrecciano una ‘velata’ critica delle politiche bancarie e della
dilagante tendenza a giudicare, come anche dell’ipocrisia sociale
nei confronti del diverso o del senso di colpa messo in scena più a
beneficio di chi ci osserva che del malato o bisognoso di turno.
Tutto legittimo, tutto raccontato con leggerezza e non senza
siparietti divertenti o macchiette ben riuscite (senza considerare
tale la suddetta Hélène, il migliore resta l’inespressivo Bruno
interpretato da Milstein stesso), eppure tutto piuttosto
confuso.
Tra scontri legali
inverosimili, donne in carriera mosse più dalla gelosia personale
che dal senso di giustizia e genitori anaffettivi, a regalare una
parvenza di sincerità è il solo Rabah Nait Oufella, nei panni del
giovane Julien. Un ‘primato’ che la dice lunga sulla poca efficacia
dei personaggi costruiti sul resto del cast e di una scrittura che
a fatica riesce a dare coerenza a questa satira sulle apparenze,
che comunque riesce a procedere senza troppi scossoni e con qualche
forzatura. Una favola morale più che una commedia dell’assurdo,
come reso evidente dalla rassicurante e conciliatoria conclusione,
e dall’invito a non cercare l’accettazione altrui a tutti i costi e
a trovare il coraggio di non aspettare ad affrontare le cose che da
sole non cambieranno mai.
Fans e
appassionati sono già in fermento per l’arrivo aMilano, presso la Fondazione LucianaMatalon, in ForoBuonaparte67,della tappa lombarda del tour europeo della mostra
– evento“QUEEN UNSEEN|PeterHince”, in programmadall’ 8febbraio al 21
aprile 2024, un vero e proprio viaggio esperienziale nel mondo
della celeberrima band da vivere attraverso le immagini inedite
fermate nel tempo da chi iQUEENli ha conosciuti davvero bene, vivendoci in
simbiosi per oltre dieci anni. Dopo lo straordinario successo
riscosso a Torino, Rimini e Roma, arriva anche a Milano la
mostra-evento del gruppo inglese che ha segnato lastoria della musica rock e che intrattiene con la
città un rapporto speciale, essendosi esibito in Italia in concerto
soltanto alPalasport di San Siroaccantoallo stadionel 1984 (nello stesso anno erano stati ospiti
anche al Festival di Sanremo).
“QUEEN UNSEEN|PeterHince” si
compone dioltre 100
fotografiedel road manager e assistente
personale diFreddieMercury –PeterHinceappunto, mai esposte in
precedenza in nessun Paese europeo, e di cui alcune in assoluta
anteprima internazionale, e dioltre un
centinaio di cimeli, memorabilia, oggetti e documenti vari, tutti
rigorosamente originali:tradi essi
figuranol’asta del microfono utilizzata
daFreddieMercury
nel suo ultimo concerto, una chitarra autografata di BrianMay, i costumi usati per
il videoclip di RadioGaga, un piatto autografato e le
bacchette della batteria di Roger Taylor, materiale proveniente in
parte da dalla raccolta personale diNiccolò Chimenti, uno dei maggiori
collezionisti europei dell’universo Queen. Completa la mostra
laproiezione di video rarie dispezzoni dei più
famosi concertidella band. A 50 anni
dall’uscita del primo disco, l’omonimo“Queen”, l’esposizione rappresenta
un’occasione imperdibile,per i fan di scoprire aspetti e dettagli
ineditidelgruppo e
del suo carismatico front-man e per il grande pubblico di ampliare
la propria conoscenza sulla band che ha rivoluzionato la musica
degli ultimi 50 anni e che ancora oggi riesce ad essere
straordinariamente attuale.
Grazie
alla fortunadiaver lavorato per una delle più famose fabbriche di hit
musicali degli anni Settanta e Ottanta,Ratty– come era soprannominatoPeterHince– ha potuto avere accesso, sia professionale che
privato, ai momenti salienti che hanno contraddistinto la band
di“BohemianRhapsody”che è riuscito a fermare nel tempo e
rendere eterni con i suoi memorabili scatti. Il sodalizio
traHincee i Queen
inizia nel 1975, quando la band si stava apprestando a
registrare“A
Nightatthe
Opera”. Peter era
la persona responsabile di strumenti esoundcheckche doveva vigilare
affinché la performance della banda sul palco filasse come da
copione; presto si guadagnò la fiducia diFreddie, Brian, John e Roger. Di quei
primi anni purtroppo non esistono fotografie che invece Peter
inizia a scattare a partire dal 1977, quando ormai la band aveva
raggiunto l’apice del proprio successo mondiale, fino al 1986. In
virtù dello stretto rapporto personale particolare esistente
traHinceeFreddieMercury la mostra
dedicherà una particolare attenzione al cantante della band. Tra
gli scatti diHincespiccano certamente alcune tra le immagini più iconiche del
cantante, catturate in studio di registrazione, sul set dei video
musicali più trasmessi nel mondo o su quello fotografico, in
cuiHinceha
immortalatoFreddieabbigliato come una vera regina.Freddie, immigrato nell’Inghilterra
degli anni ’70, è stato una delle figure chiave non solo della
rivoluzione musicale della seconda metà del XX secolo, ma anche di
quelle sociale e culturale, che lo hanno reso uno dei principali ed
indiscussiprotagonisti di quegli anni
gloriosi. E se le fotografie diHinceci offrono uno spaccato unico ed
un accesso privilegiato alla band e al suo front-man, la carriera
dei Queen nella mostra è documentata nel dettaglio da un ricco
allestimento che include anche materiale video e oggetti fisici. La
mostra, quindi, non rappresenta soltanto un inedito viaggio
fotografico attraverso i momenti più importanti della band, ma un
vero e proprio percorsoesperienziale.
Nato
aHereford,
Inghilterra nel 1955,PeterHinceinizia la sua
avventura nel mondo della musica nel 1973 come giovaneroadiecon David Bowie.
Nello stesso anno, lavorando per iMottTheHoople, incontra una band
semisconosciuta, i Queen, gruppo di supporto nel tour britannico
deiMott. In quel
periodo Peter continua a lavorare con altri grandi artisti, tra cui
MickRonson,LouReed,Eno(RoxyMusic),Supertramp, GeorgeBensone KevinAyers, entrando a far parte dei Queen
a tempo pieno nel 1975. Peter è stato assistente personale
diFreddieMercury
e del bassista JohnDeacon, diventando in seguito capo
della roadcrewdei
Queen. Durante gli anni passati con i Queen, Peter coltiva la
passione per la fotografia riuscendo a scattare foto intime e
sincere della band in studio di registrazione, durante le riprese
dei videoclip, le prove dei tour e, in rare occasioni, anche
durante gli spettacoli dal vivo. Scatta inoltre alcuni ritratti
alla band, diventati iconici. L’archivio di PeterHinceè unico e copre non
solo un ampio periodo della carriera pubblica dei Queen, ma
contiene anche rare immagini riprese dietro le quinte. Pur non
essendo mai stato nominato come fotografo ufficiale dei Queen, la
band si sentiva rilassata e a proprio agio con lui. “Durante gli
anni con i Queen ero in una posizione privilegiata e poiché la band
si fidava di me e delle mie macchine fotografiche, sono riuscito a
catturare queste rare immagini. Potreste dire che sono stato
fortunato, ma nella vita ho scoperto che più lavori duramente, più
ti applichi, riconosci e cogli le opportunità, più sei fortunato”.
Dopo l’ultimo tour dei Queen nel 1986, Peter ha avuto una carriera
di successo come fotografo pubblicitario, continuando sempre a
fotografareFreddieMercury e gli altri membri della band. PeterHinceha vinto premi
internazionali per il suo lavoro commerciale e per le sue immagini
subacquee in bianco e nero, che sono state esposte numerose volte.
Nel 2009 il suo archivio fotografico dei Queen è stato esposto in
Australia nella mostra intitolata “Queen – TheUnseenArchive”. Nel novembre 2021 si
è tenuta a Monaco di Baviera una nuova mostra di grande successo,
per celebrareFreddieMercury, in cui sono state esposte alcune foto diHince. Peter ha anche
trasformato la sua prima passione per la scrittura in un libro di
memorie: “QueenUnseen”, acclamato dalla critica e pubblicato in oltre venti Paesi
di tutto il mondo.Un nuovo libro
fotografico che segue il viaggio di Peter con i Queen sarà
pubblicatoanche in Italia a fine
febbraioaoltre50 anni dal loro primo
incontro.Oggi vive tra Londra e Monaco,
scrivendo, esponendo e gestendo il suo archivio fotografico ed è
spessochiamato per rilasciare interviste e
invitato a fare da relatore e rappresentante del mondo della musica
negli anni ’70 e ’80.
“QUEEN
UNSEEN | PeterHince” a Milanoè prodotta ed organizzata
dallaBlu&BluNetwork di Roma e realizzata in collaborazione conFondazioneLucianaMatalone con il supporto diAnteo Palazzo
del CinemaeHard
RockCafeMilan, due importanti
special partner che promuoveranno in modi diversi
l’evento.
LaFondazioneMatalon, impegnata dal 2000 nella
promozione dell’arte e della cultura per volere della sua
fondatrice e artista LucianaMatalon, collabora con entusiasmo alla
realizzazione del progetto espositivo milanese. I Queen
rappresentano infatti un fenomeno culturale che ha
significativamente rivoluzionato il mondo della musica, dell’arte e
dello spettacolo. La documentazione fotografica di PeterHincerappresenta un punto
di vista iconico e unico del percorso artistico della band, che la
Fondazione e il suo presidente, dott. NelloTaietti, sono lieti di poter
annoverare all’interno del proprio programma espositivo dedicato
alla fotografia e ai diversificati utilizzi di questo medium
artistico.
“QUEEN
UNSEEN | PeterHince”prosegue inoltre
all’Hard RockCafeMilan,
il locale piùrock’n’rollnel cuore del capoluogo meneghino di via Dante 5,
che durante tutta la durata della mostra ospiterà sulle proprie
pareti fotografie esclusive, cimeli e video musicali che gli
appassionati della storica band potranno ammirare solo lì. Un
viaggio esperienziale unico cha farà anche da trait d’union,
infatti chiunque farà un acquisto al Rock Shop di Hard Rock
riceverà un voucher da presentare alla mostra per richiedere il
biglietto ridotto. Ma non solo, chi visiterà prima l’esibizione
riceverà uno sconto da utilizzare al Rock Shop di Hard RockCafeMilan.
Anteo
Palazzo del Cinemaospiterà un incontro per
il pubblico con PeterHincemartedì 6 febbraio alle ore 18 moderato dal
curatore della mostra Niccolò Chimenti. I biglietti per assistere
alla conversazione in lingua inglese sono in vendita a 5 euro sul
sito del cinema. Inoltre presentando il biglietto d’ingresso per
Anteo Palazzo del Cinema emesso dal 6 febbraio al 21 aprile si
otterrà l’ingresso ridotto alla mostra.
Anche
per la tappa milanese i ringraziamentivanno estesi aFAI – Fondo Ambiente
Italiano,Multivision,Ledvision,PrimafilaMagazine, Franciosa Comunicazione, P&BCommunicatione la radio
partnerRadio Bruno.
La
mostrasarà visitabiledall’8 febbraio al 21 apriledal
martedì alla domenica,dalle ore 10.00 alle
ore 19.00, con costo del biglietto intero € 18,00 e biglietto
ridotto € 12,00.
La regista Ginevra
Elkann e le attrici Valeria Golino e Alba Rohrwacher hanno presentato Te L’avevo detto, il secondo film della
regista, al cinema dal 1° febbraio, distribuito da Fandango.
La trama di Te l’avevo detto
È un fine settimana di gennaio a
Roma, quando un’anomala ondata di caldo si impossessa della città.
Nell’arco di due giorni i nostri protagonisti vengono messi con le
spalle al muro, costretti ad affrontare tutto quello che hanno
abilmente evitato nelle loro vite, abituati a usare il sesso, il
cibo, le droghe e persino l’ amore come via di uscita, adesso non
possono più scappare, devono attraversare il caldo e farsi
trasformare da esso, ognuno con il suo ritmo, ognuno con la sua
voce.
Asseriva Peppino Impastato,
ne I Cento Passi di Marco Tullio Giordana, che
“se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di
un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza
di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro
squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta
facilità […] e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi
prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover
essere così da sempre e per sempre”. A risvegliare questa
memoria ci hanno provato gli autori del docufilm La Strage di
San Gennaro, una produzione di SkyCrime diretta da Matteo
Lena. Al centro della storia, l’omicidio di sei immigrati
africani a Castel Volturno, in provincia di Caserta, il 18
settembre 2008. Una strage senza un movente diretto verso gli
uomini che rimangono a terra, raggiunti da un volume di fuoco di
centinaia di bossoli sparati da kalashnikov e pistole al servizio
di un boss della camorra in cerca di una rapida ascesa al potere.
Questo è l’orrore, senza dubbio, ma come ci siamo arrivati?
Alle origini della strage di San
Gennaro
La sceneggiatura di Carlo
Altinier e Stefania Colletta racconta la strage di San
Gennaro partendo dagli anni Settanta, quando il degrado
dell’odierna Castel Volturno era un’ipotesi impossibile da
formulare per i suoi ricchi frequentatori. La cartolina di un mare
cristallino, con una pineta tra le più estese d’Italia, villette
curate e un turismo d’élite a meno di un’ora da Napoli, rappresenta
uno sbiadito ricordo a cui, nel tempo, si sono sovrapposti proprio
gli orrendi palazzi predetti da Impastato. Otto, per la precisione,
costruiti sulla spiaggia ad opera dei fratelli Cristoforo e
Vincenzo Coppola, originari di Casal di Principe, che
sognavano di impiantare qui una Rimini campana nella completa
ignoranza di qualsivoglia vincolo paesaggistico.
Le torri di Pinetamare, come era
conosciuto il villaggio, vennero abbattute tra il 2001 e il 2003,
con una serie di interventi registrati dal film documentario
L’esplosione di Giovanni Piperno. Restituire quel
tratto di terra al mare non è stato sufficiente a ripristinare
l’antica bellezza: l’abuso edilizio, nel suo degradare l’ambiente,
aveva nel frattempo aperto la strada alla cultura dell’illegalità,
come se il ‘brutto’, come viene testimoniato in questo docufilm,
avesse cominciato a permeare la mentalità stessa degli abitanti.
Scomparsi i turisti benestanti, anche i privati hanno
progressivamente abbandonano i propri immobili e in una
generalizzata mancanza di cura, il territorio di Castel Volturno ha
finito per diventare un luogo fatiscente, preda facile di qualsiasi
forma di criminalità.
La ricostruzione dei fatti di
cronaca di Castel Volturno
Lo dichiara Cesare Sirignano,
pubblico ministero nel processo contro Giuseppe Setola, il
mandante della strage di San Gennaro e lui stesso a capo del gruppo
di fuoco che nel 2008, nella frazione di Ischitella, a Castel
Volturno, si scagliò contro la sartoria del ghanese El Hadji
Ababa. Quella sera, per caso fortuito, nel locale si
trovavano anche i connazionali Joseph Ayimbora, Kwame
Antwi Julius Francis, Affun Yeboa Eric, Christopher
Adams, oltre a Samuel Kwako, originario del Togo, e a
Jeemes Alex, originario della Liberia. Ayimbora, l’unico
sopravvissuto, riuscì a salvarsi perché il suo corpo insanguinato
fu protetto da quello di un compagno colpito più duramente e caduto
a morte.
Il documentario parla di loro, delle
vittime degli spari, perché Setola è solo uno dei tanti pervasi dal
‘brutto’ e indagare la sua storia non sarebbe sufficiente per
rispondere alla domanda: “per quale motivo?”. Alle ore 19.55 di
quella sera di fine estate, Setola, ancora in umore di sangue dopo
aver sparato ad Antonio Celiento, un pregiudicato ritenuto
informatore delle Forze dell’Ordine, chiede ai suoi scagnozzi di
trovare dei neri. Il suo messaggio deve arrivare forte e chiaro
alla cosiddetta mafia nigeriana, che da anni sfrutta la
prostituzione per reinvestire i proventi nel traffico di
stupefacenti sul ‘suo’ territorio. La sua bestialità non è unica,
distintiva, e la scelta di campo degli autori è molto precisa nel
ricollocare l’arroganza di un atteggiamento omicida nel quadro di
miseria di un territorio abbandonato a se stesso, senza servizi, né
possibilità di crescita. Solo attraverso la lucidità di
quest’analisi diventa chiaro che si tratta esclusivamente di una
questione di tempo prima che il prepotente di turno voglia
riattivare un clima di violenza per imporre la propria legge
personale, come ammonisce sul finale Vincenzo Ammaliato,
giornalista del Il Mattino, tra i primi ad accorrere sul luogo
della strage di San Gennaro.
Un docucrime che sa mantenere
l’impianto informativo
Non è la prima volta che il regista
Matteo Lena si confronta con il racconto del Male: già Premio
Ilaria Alpi per il documentario Le mani su Palermo, ha
firmato la sceneggiatura e la regia della docuserie Il Mostro di
Udine. La forza del lavoro realizzato per SkyCrime risiede in
un trattamento del soggetto che sposta l’attenzione dai fascicoli
delle indagini, dalle intercettazioni, dai verbali degli
interrogatori alle condizioni di una comunità intera per allargare
il campo della responsabilità e la capacità di identificazione di
un pubblico abituato a trovare il focus del docucrime nel vicino
della porta accanto, che si tratti della vittima o
dell’aggressore.
L’influenza degli standard imposti
da Gomorra, produzione originale Sky, a questo tipo di
narrazione sono visibili nei passaggi legati alla ricostruzione del
fatto di cronaca, sovrapposti alle riprese d’archivio, La
Strage di San Gennaro, tuttavia, riesce ad andare oltre.
L’impianto giornalistico rimane infatti l’asse portante di un
racconto che non concede facili risposte. La ‘soluzione’,
contrariamente a quanto accade nei classici docucrime, non risiede
nella possibilità di delimitare la violenza al percorso deviato di
una sola mente criminale: il pericolo è molto più pervasivo e
nessuno di noi può dirsi davvero immune.
Torna nelle sale italiane
con I WONDER CLASSICS, la divisione di I Wonder
Pictures dedicata alla riscoperta dei classici d’autore,
QUARTO POTERE (CITIZEN KANE), il film cult diretto da
Orson Welles che uscì negli Stati Uniti nel 1941 e in Italia
nel dopoguerra.
QUARTO POTERE
(CITIZEN KANE), a più di 80 anni dall’uscita, è un film di
straordinaria attualità: il suo ritorno in sala cade in un anno in
cui 2 miliardi di cittadini in 76 Paesi, Stati Uniti compresi,
saranno chiamati alle urne, e in un momento storico in cui la
riflessione sul potere dei media – social e tradizionali – è quanto
mai urgente, a partire dai recentissimi casi di cronaca
italiani.
QUARTO POTERE
(CITIZEN KANE) si presenta come un’inchiesta giornalistica
sulla vita di Charles Foster Kane, personaggio pubblico e tycoon
per eccellenza, proprietario di ben 37 testate giornalistiche e di
svariate emittenti radiofoniche, candidato governatore e
protagonista di scandali clamorosi che, finiti sulle prime pagine
dei quotidiani, troncano la sua avanzata verso la presidenza degli
Stati Uniti. L’enorme potere dei media sull’opinione pubblica e
sulla società diventa così uno dei temi centrali del film,
proponendo una chiave interpretativa anche del nostro presente. La
figura di Kane, in cui pubblico e privato si mescolano
inscindibilmente, è indagata da un giornalista attraverso cinque
interviste a persone a lui vicine, che ne restituiscono un ritratto
complesso e contraddittorio. Ma è davvero possibile definire
l’essenza profonda di un uomo, per quanto la sua vita sia stata di
pubblico dominio?
Definito da Jorge Luis
Borges come “il lavoro di un genio” e da Steven Spielberg come “una
grande esperienza”, QUARTO POTERE (CITIZEN KANE) ha
rivoluzionato la storia del cinema, diventando secondo la BBC e
l’American Film Institute il miglior film americano di sempre.
QUARTO POTERE
(CITIZEN KANE) sarà nei cinema dal 24 marzo in versione
originale sottotitolata.
Quarto Potere – la trama
Charles Foster Kane, magnate e media tycoon, muore abbandonato da
tutti nella sua lussuosa residenza, Xanadu. Ma, prima di spegnersi,
pronuncia la parola “Rosebud”. Chi o cos’è Rosebud? E cosa si
nasconde tra le pieghe della vita di un individuo che, come lui, è
stato in grado di incarnare il Sogno Americano finché quel sogno
non è diventato un incubo? Nell’anno delle presidenziali Usa e in
uno scenario mediatico rivoluzionato dal web e dai social, torna al
cinema Quarto
Potere (Citizen Kane) e
si rivela ora più attuale che mai, capace di parlarci con
inalterata lucidità del potere dei media, delle loro ingerenze
nella politica e dei riflessi che questo potere ha su tutti noi. E
di appassionarci con una storia di sfrenata ambizione, ascesa e
caduta, alla ricerca di quel lato più intimo di ogni individuo, che
persino oggi – con le nostre esistenze moltiplicate dagli schermi
di centinaia di device elettronici – è forse destinato a rimanere
inaccessibile.