La Giuria di
VENEZIA 80, presieduta da Damien
Chazelle e composta da Saleh Bakri, Jane Campion, Mia
Hansen-Løve, Gabriele Mainetti, Martin McDonagh, Santiago Mitre,
Laura Poitras e Shu Qi dopo aver visionato i 23 film in
competizione ha deciso di assegnare i seguenti premi:
LEONE D’ORO per il miglior film a: Poor
Things di Yorgos Lanthimos (Regno
Unito)
LEONE D’ARGENTO – Gran Premio della
Giuria a: Aku Wa Sonzai Shinai (Il male non
esiste) di Ryusuke Hamaguchi (Giappone)
LEONE D’ARGENTO Premio per la migliore
regia a: MATTEO GARRONE per il
filmIO CAPITANO (Italia,
Belgio)
COPPA VOLPIper la migliore
interpretazione femminile a: Cailee Spaeny nel
film PRISCILLA di Sofia Coppola
(Stati Uniti, Italia)
COPPA VOLPIper la migliore
interpretazione maschile a: Peter Sarsgaard nel
film MEMORYdi Michel Franco
(Messico, Stati Uniti)
PREMIO PER LA MIGLIORE
SCENEGGIATURA a: Guillermo Calderóne PABLO
LARRAÍN per il film EL
CONDE di Pablo Larraín (Cile)
PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA a: Zielona granica (Il confine
verde) di Agnieszka Holland (Polonia, Rep. Ceca,
Francia, Belgio)
PREMIO MARCELLO MASTROIANNIa un
giovane attore emergente a: SEYDOU SARR nel film IO
CAPITANOdi Matteo Garrone (Italia)
La cerimonia di premiazione di
Venezia 80 ha incoronato Poor
Things (Povere
Creature) di Yorgos Lanthimos
Leone d’Oro di quest’anno. Il film preferito dalla critica presente
al Lido è stato poi il vincitore, probabilmente anche grazie a una
straordinaria interpretazione di Emma Stone, che
ha guidato il film alla vittoria. Una coincidenza insolita, quella
tra gusti della critica e gusti della giuria, che però quest’anno
ha portato a una felice unanimità di giudizio. Tra gli altri
premiati, il recente premio Oscar Ryusuke
Hamaguchi, Agnieszka Holland,
Matteo Garrone, il suo film porta a casa ben due
premi, e gli attori statunitensi Cailee
Spaeny e
Peter Saarsgard, entrambi vincitori a sorpresa della
Coppa Volpi.
LEONE DEL FUTURO Luigi de Laurentiis Migliore opera prima: “Love is
a Gun,” Lee Hong-chi
HORIZONS EXTRA Premio del Pubblico:
Felicità, Micaela Ramazzotti
VENEZIA CLASSICS Miglior documentario sul cinema: Thank You Very
Much, Alex Braverman Miglior restauro: Moving, Shinji Sōmai
VENICE IMMERSIVE Gran Premio della Giuria: Song for a Passerby,
Celine Daemen Premio Speciale della Giuria: Flow, Adriaan
Lokman Achievement Prize: Emperor, Marion Burger, Ilan
Cohen
Sono diversi i motivi che rendono il
film del 1985 Witness – Il testimone uno
dei più grandi film americani di sempre. In primo luogo vi è la sua
sceneggiatura, scritta da William Kelley e
Earl W. Wallace, i quali vennero per questa
premiati con l’Oscar. Si tratta infatti di un epico racconto di
genere thriller, che fonde elementi consolidati ad altri più
innovativi, come l’ambientazione rurale e l’utilizzo della
filosofia amish. Si tratta inoltre del primo film americano di
Peter Weir,
regista ricordato per celebri film come L’attimo fuggente e
The Truman Show. Infine, a rendere grande il film vi sono
le interpretazioni dei suoi protagonisti, e in particolare quella
di Harrison Ford.
La storia di Witness – Il
testimone trae ispirazione da un episodio della serie
Gunsmoke, che proprio Kelley e Wallace avevano scritto. I
due diedero così vita ad una prima stesura della sceneggiatura di
circa 182 pagine, poi ridotte affinché il film potesse durare circa
due ore. Il progetto, però, rimase a lungo nel limbo. Il produttore
Edward S. Feldman, infatti, faticò a trovare uno
studios interessato a questo. La Fox, ad esempio, liquidò la cosa
affermando che loro non producevano film rurali. Fu infine la
Paramount ad acquisire i diritti per il film, che divenne da subito
uno dei maggiori successi dell’anno e ancora oggi è ricordato come
un grande esempio di cinema che coniuga alla perfezione scrittura e
visivo.
A fronte di un budget di 12 milioni
di dollari, il film arrivò ad incassarne ben 68 in tutto il mondo.
Un risultato particolarmente notevole, che portò il titolo a
diventare uno dei grandi protagonisti della sua stagione. Ottenne 8
nomination ai premi Oscar, vincendo quello per la miglior
sceneggiatura e per il miglior montaggio. Prima di intraprendere
una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire
alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo
qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori
dettagli relativi alla trama e al cast di
attori. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
Witness – Il testimone: la
trama del film
La storia ha inizio nel momento in
cui il piccolo Samuel Lapp, membro della comunità
amish insieme a sua madre Rachel, diventa il
testimone di un omicidio. Sul caso interviene il detective
John Book, il quale cerca di ottenere dal bambino
quante più informazioni possibili. Questi però è ancora scioccato
dall’accaduto e non riesce che a dar vita a pochi vaghi ricordi
circa l’aspetto degli assassini. Per evitare che madre e figlio si
allontanino o vengano perseguiti, Book decide di trascorre del
tempo con loro. Portato Samuel in centrale per degli accertamenti,
il bambino scorge però la foto di un uomo che riconosce come
l’assassino: si tratta del tenente della narcotici James
McFee.
Sorpreso e sconcertato dalla cosa,
Book decide di indagare a riguardo. Si rivolge allora al suo capo,
Paul Schaeffer, aggiornandolo sugli sviluppi
dell’indagine. Così facendo, però, capisce che dietro a
quell’omicidio si nasconde un’operazione molto più grande e
pericolosa. Per proteggere sé stesso, Samuel e sua madre, Book è
così costretto a rifugiarsi nella comunità amish, dove dovrà
concepire un modo per difendersi e risolvere quel caso. Coloro che
hanno motivo per mettere a tacere quella storia non tarderanno
infatti a manifestarsi, intenzionati ad uccidere ogni testimone
possibile.
Witness – Il testimone: il
cast del film
L’attore Harrison Ford
dà qui vita ad uno dei suoi personaggi più memorabili, il detective
John Book. Egli si interessò alla parte quando il film era ancora
sprovvisto di una produzione, e la sua presenza contribuì affinché
gli studios si proposero di sostenere il film. Per prepararsi al
ruolo, egli decise inoltre di spendere diverso tempo presso il
dipartimento della omicidi della polizia di Philadelphia. Così
facendo ebbe modo di apprendere il mestiere e risultare più
realistico nella sua interpretazione. Questa venne particolarmente
lodata, e per la prima volta Ford ottenne una nomination all’Oscar
come miglior attore. Ancora oggi si tratta della sua unica
candidatura. Per il ruolo di Samuel, il bambino amish, venne invece
scelto l’attore Lukas Haas. Questi si era reso
noto grazie al film Testament, e proprio vedendolo in
questo il regista decise di affidargli l’importante ruolo in
Witness – Il testimone.
L’attrice Kelly McGillis, che l’anno dopo reciterà
in Top Gun, ottenne invece
la parte di Rachel Lapp. Un ruolo, questo, per il quale vennero
condotti numerosi e infruttuosi provini. Per prepararsi al suo
personaggio, questa si trasferì a vivere in una comunità amish,
dove imparò a svolgere le principali attività. Ebbe inoltre modo di
perfezionare il suo accento, così da renderlo più simile a quello
dei locali. Ad interpretare Paul Schaeffer e James McFee vi sono
invece gli attori Josef Sommer e Danny
Glover. Quest’ultimo è principalmente noto per il suo
ruolo da co-protagonista nella saga di Arma Letale. Nel film
si ritrova infine anche l’attore Viggo
Mortensen, nei panni di uno degli agricoltori della
comunità. Per lui si è trattato del primo film della sua carriera,
e venne scelto per via del suo volto, giudicato particolarmente
adatto a rappresentare uno dei membri della comunità.
Witness – Il testimone: il
trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire del film
grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. Witness – Il
testimone è infatti disponibile nel catalogo di
Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes e
Amazon Prime Video. Per vederlo, basterà
semplicemente iscriversi, in modo del tutto gratuito alla
piattaforma. Si avrà così modo di guardare il titolo in totale
comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso
di noleggio si avrà a disposizione un determinato limite temporale
entro cui effettuare la visione. Il film sarà inoltre trasmesso in
televisione il giorno sabato 9 settembre alle ore
21:00 sul canale
Iris.
È vampiresco, romantico e ironico il
film vincitore del
GdA Director’s Award della ventesima edizione, la horror
comedy Vampire humaniste cherche suicidaire
consentant (Humanist Vampire Seeking Consenting
Suicidal Person) di Ariane
Louis-Seize.
“Erano ben quattro i film sui
vampiri alla 80ª Mostra del Cinema”, dicono Giorgio
Gosetti e Gaia Furrer, rispettivamente delegato generale e
direttrice artistica delle Giornate, “La vittoria del nostro
film canadese è il segno dei nostri tempi. Ariane Louis-Seize usa
il mondo dei vampiri con intelligenza e ironia come pretesto per
raccontare l’empowerment femminile, per parlare di empatia e di
quei sentimenti che riporteranno l’umanità nel mondo, tema che
ricorre in tanti film del nostro ventesimo anno”.
Il dramma belga sulla violenza di
genere Quitter la nuit (Through the night)
di Delphine Girard vince il Premio del
Pubblico mentre a guadagnarsi il Label Europa Cinemas
è Photophobia (Slovacchia, Repubblica Ceca,
Ucraina) di Ivan
Ostrochovský e Pavol Pekarčík,
che raccontano la quotidianità durante la guerra in Ucraina
attraverso gli occhi di due bambini.
Si conclude così l’avventura di
questi primi vent’anni delle Giornate degli Autori, iniziata con
l’immagine firmata da Anna Franceschini, in cui il marmo di una
statua si contrappone alla leggerezza giocosa di una figura
femminile vestita in rosso.
La sezione autonoma e indipendente
della Mostra del Cinema di Venezia promossa dalle associazioni ANAC
e 100autori ha accolto il pubblico nella splendida Sala Perla,
appena rinnovata. Dieci i film presentati in concorso, cinque dei
quali diretti da donne. Per la prima volta, tre di queste sono
arrivate in finale per il GdA Director’s Award: oltre
a Vampire humaniste cherche suicidaire
consentant diretto da Ariane Louis-Seize, nella riunione
finale dei cinefili europei del progetto 27 Times Cinema si sono
contesi il premio Melk di Stefanie
Kolk e Quitter la
nuit di Delphine Girard. I
film eventi speciali erano sette. Peter
Sargaard nei panni di un giornalista borghese
all’epoca della pandemia dell’influenza Spagnola (1918), è
protagonista e co-produttore del film di chiusura delle Giornate,
l’americano Coup! di Austin Stark e Joseph
Schuman.
La Casa degli Autori, a pochi passi
dal Palazzo del Cinema e dalla laguna che guarda Venezia, ha
ospitato per il terzo anno consecutivo una programmazione ricca di
film e appuntamenti. A cominciare dalle Notti
Veneziane, presentate in Sala Laguna: realizzate in
accordo con Isola Edipo e co-dirette da Gaia Furrer e Silvia
Jop, hanno visto l’alternarsi di otto film, tra finzione e cinema
del reale. La stessa sala ha ospitato cinque Proiezioni Speciali a
cominciare da Nina dei Lupi di Antonio Pisu.
Ben ventisei sono stati gli
eventi trasversali alla programmazione dei
trentatré film delle Giornate, dalle presentazioni di progetti
futuri come il Venice Kids (Enzo D’Alò testimonial speciale) alle
anticipazioni come quella della serie YOLO – You Only Love
Once prodotta da QMI. Si sono alternate attività votate
all’approfondimento e alla formazione. Fra gli altri: il Premio
Bookciak, Azione! in pre-apertura delle Giornate, le Masterclass in
collaborazione con la Fondazione Centro Sperimentale di
Cinematografia, l’incontro Me too 2023: le donne alla
conquista di un cinema libero in collaborazione con 100autori e
Isola Edipo.
Lo Spazio della Regione del Veneto
ha ospitato gli incontri Miu Miu Women’s Tales con
le registe Antoneta Alamat Kusijanović e Ava DuVernay, le attrici
Maggie Gyllenhaal e Danica Curcic e la costumista Catherine Martin,
intervistate da Penny Martin.
Tantissimi gli
ospiti che si sono alternati nelle due settimane
della Mostra alle Giornate per accompagnare i loro film o
partecipare ad incontri con il pubblico del Lido. Tra questi,
attori, registi, sceneggiatori e artisti come Isabelle
Huppert, Luca Guadagnino, Shirin Neshat, Peter Sarsgaard, Billy
Magnussen, Lola Dueñas, Kasia Smutniak, Salvatore Esposito, Teona
Strugar Mitevska, Hiam Abbass, Céline Sciamma, Monia Chokri,
Donatella Finocchiaro, Chiara Civello, Tommaso Ragno, Maya Sansa,
Sergio Rubini, Sandra Ceccarelli, Ana Torrent, Sara Ciocca,
Ludovica Martino, Giovanni Caccamo.
La Villa, il luogo
fondativo delle Giornate, è stato anche quest’anno uno spazio
animato ed esclusivo grazie al cultural promoter Francesco
Marchetti e alla collaborazione con The Hollywood Reporter Roma,
Main Media partner delle Giornate. Nel corso di dieci intensi
giorni sono stati con noi, tra gli altri, Michael Mann, Sofia
Coppola, Adam Driver, Patrick Dempsey, Priscilla Presley, Pier
Francesco Favino, Matt Dillon, Anna Ferzetti, Caterina Murino, Raul
Bova, Rocío Morales, Stefano Sollima.
L’uscita nelle sale di Acquaman e il Regno
Perduto metterà un punto al
DCEU così come lo conosciamo, che passerà in quell’occasione il
testimone al nuovo Universo DC di
James Gunn e Peter Safran, già in opera per Superman:
Legacy. L’era del
DCEU sta perciò tramontando e, se si dà una breve occhiata a
quel che è stato, compreso lo Snyderverse, purtroppo molto del
successo che si sperava di ottenere da queste produzioni non si è
mai concretizzato con film d’eccellenza. Nonostante i prodotti del
franchise siano stati spesso oggetto di controversia, sono comunque
stati portatori di alcuni momenti davvero buoni, i
quali ne hanno incrementato (seppur di poco) il valore. Parliamo di
scene, di minuti in cui si è potuto assistere a qualcosa di
avvincente e determinante, di inserti in cui tutto funziona, e
molti di questi in realtà sono presenti nei film DC più
odiati. Ma quali sono?
Suicide Squad
Uno dei film che ha reso meno
contenti i fan della DC, tanto che poi
James Gunn ha dovuto rimetterci mano nel 2021, è stato Suicide
Squad, uscito nel 2016 sotto la regia di David Ayer.
Nonostante non sia fra i migliori prodotti del franchise, la
pellicola presenta comunque una sequenza molto accattivante, in cui
vediamo il team di supercattivi sentirsi finalmente una squadra. In
quell’occasione la Suicide Squad si unisce per difendere Rick Flag
affinché non venga ucciso da
Amanda Waller; è proprio lì che ci viene mostrato un autentico
lavoro di squadra, di un gruppo che può unire ufficialmente le
forze e affrontare diversi nemici.
Lanterna Verde
Se qualcuno ancora si domanda quale
sia uno dei peggiori film nati dai fumetti DC, la
risposta è una: Lanterna Verde. Lo stesso Ryan Reynolds, che interpreta Hal Jordan,
alias Lanterna Verde, ha ammesso non essere poi un così valido
prodotto. Nonostante questo, la pellicola ha una scena molto valida
al suo interno, ed è quella che vede protagonista un combattimento
fra l’eroe e Parallax. La battaglia fra i due inizia sulla
Terra prima di passare allo spazio, dove poi le cose diventano
molto fumettistiche. Lanterna Verde usa il sole per distruggere
Parallax, attaccando a sé due getti fatti di costrutti energetici
per sfuggire all’attrazione gravitazionale della stella in fiamme.
Alla fine sferra un gigantesco pugno di energia verde che spedisce
il villain dritto nel sole. Un momento memorabile.
Wonder Woman 1984
Fra i personaggi più amati della
DC va menzionata Diana Prince, alias
Wonder Woman. Se il primo film sull’amazzone è stato apprezzato
dal pubblico, il secondo, Wonder Woman 1984, non ha purtroppo avuto la stessa
fortuna. Molte sono state le critiche mosse al film, dalla storia
in sé fino alla “resurrezione” di Chris Pine nei panni di Steve Trevor.
Nonostante questo, obiettivamente la pellicola presenta anche dei
momenti avvincenti, ma il migliore fra questi è il combattimento
con Cheetah. La scena dello scontro sembra uscire proprio dalle
pagine del fumetto, enfatizzata in particolar modo dall’armatura
dorata dell’eroina, che aggiunge emozione alla sequenza.
Shazam! Furia degli dei
Un altro film non particolarmente
acclamato come invece ci si aspettava è stato Shazam!
Furia degli dei. Su questo, però, ci sono due correnti: la
prima è quella di chi pensa sia il film più divertente tratto da un
fumetto della DC, la seconda è di chi crede che
l’interpretazione di Zachary Levi sia troppo sciocca, tanto da
abbassarne la qualità. Nonostante questo, in Shazam! Furia degli dei, il combattimento tra Shazam e
Kalypso, con il suo drago, è il motivo principale per cui vale la
pena vederlo. Dopo un intenso tira e molla, Shazam vola dritto
contro il drago con il bastone del mago, invocando un grande tuono
magico. Nel salvare la situazione, però, muore Billy Batson, che
viene poi rianimato da… Wonder Woman!
Birds Of Prey
Margot Robbie nei panni di Harley Quinn è stata più che formidabile, non
si può negare. Con Birds of Prey, film che la vede (finalmente)
protagonista, il
DCEU è riuscito a introdurre personaggi femminili iconici dei
fumetti DC, lei compresa s’intende, portando una
ventata di divertimento. Nonostante avesse del potenziale, la
classificazione R del film e la sua uscita in concomitanza con la
pandemia hanno finito per influenzare la sua corsa al botteghino,
gettando la pellicola nel dimenticatoio. Seppur quindi non abbia
avuto la visibilità che gli spettava, non possiamo comunque
dimenticare alcune delle emozionanti action scene presenti in
Birds of Prey. Un esempio? Lo scontro di
Harley Quinn alla stazione di polizia. Nella sequenza
vediamo la protagonista salvare da sola Cassandra Cain in
un’avvincente coreografia di combattimento, accompagnata da una
smagliante fotografia.
Black Adam
Black Adam,
film del 2022 diretto da Jaume Collet-Serra, doveva presentarsi
come un grande successo. Così però non è stato, pur contenendo,
nella scena post-credits, il grosso cameo di Superman, il quale aveva
fatto pensare a un futuro più roseo. Nonostante il film non abbia
eccelso, al suo interno si possono contare alcune scene meritanti
attenzione. Una fra queste riguarda lo scontro di Black Adam con la
Justice Society of America. La sua lotta contro i membri della JSA,
Doctor Fate, Hawkman, Cyclone e Atom Smasher ha permesso al
pubblico di vedere la Justice Society of America lavorare come una
squadra, con i loro poteri che si completano a vicenda per tentare
di sconfiggerlo.
The Flash
Quando a giugno è uscito The Flash,
il film non è stato accolto da tutti allo stesso modo: una delle
ragioni risiedeva nelle vicende legali che vedevano coinvolto il
suo protagonista principale,
Ezra Miller, mentre altre riguardavano la grande quantità di
cameo presenti, soprattutto alla fine nella SpeedForce, di cui non
si è apprezzata la resa in CGI. Nonostante questo, The Flash non può dirsi una pellicola non riuscita,
anzi, rispetto a tante altre è una di quelle più solide sotto tanti
punti di vista. Pur avendo perciò delle sbavature, il film presenta
una scena molto suggestiva e ben fatta: parliamo dello scontro fra
l’Eroe Scarlatto, la sua versione alternativa,
Batman e Supergirl contro il Generale Zod e il suo esercito. Ci
sono molti momenti emozionanti durante la battaglia, ma le morti
improvvise di Batman e Supergirl mettono in ombra tutto il resto
per il loro essere tragiche e scioccanti.
Superman Returns
Nel corso del tempo, sono tanti gli
attori che hanno dato volto e fisicità a Superman
cinematograficamente, e fra questi non si può dimenticare
Brandon Routh in Superman Returns. Nonostante il film non possa
considerarsi fra i più graditi, vanta una scena che potrebbe in
realtà essere la migliore dell’eroe DC in
live-action e riguarda la scena di salvataggio dell’aereo. L’azione
è molto simile a quella descritta nei fumetti, e il senso di
urgenza permea in ogni beat, fino al momento in cui
Superman non riesce a gestire finalmente la situazione e mettere il
velivolo in sicurezza, parlando poi con calma ai passeggeri che ha
appena tratto in salvo.
Justice League
Il
DCEU è stato, come ben sappiamo, un franchise molto travagliato
e sfortunato. Uno dei film che più ne ha risentito è Justice League.
Zack Snyder lasciò il progetto in seguito alla morte della
figlia, e i dirigenti della DC scelsero Joss Whedon per subentrare
e fare alcuni reshoots. Questo portò all’eliminazione di gran parte
della visione di Snyder, che poi si è potuta vedere in Justice
League di Zack Snyder del 2021, nettamente migliore.
Nonostante la pellicola ne abbia risentito, non eccellendo come
avrebbe dovuto, presenta alcuni momenti significativi. Il più
memorabile riguarda il combattimento fra Superman e la Justice
League, nel quale si palesa tutta la potenza dell’eroe kryptoniano
che, in quel momento, non si sta più trattenendo. Una delle scene
più impattanti ed emozionanti, che, seppur brevemente, hanno alzato
l’asticella dell’intero film.
Batman v Superman: Dawn of
Justice
Arriviamo al film probabilmente meno
ben accolto da pubblico e fan, dal quale il
DCEU ha poi tentato un cambio di rotta salvo poi arenarsi
definitivamente. Si tratta di Batman v Superman: Dawn of Justice il quale, a causa
dei suoi problemi interni, ha scatenato diverse reazioni a catena,
le quali hanno portato alla nascita del nuovo Universo
DC. Pur essendo il più malvisto, contiene comunque
una scena degna di nota, con protagonista Batman che uccide diversi
mercenari nel violento combattimento nel magazzino. Seppur
assistere all’uccisione di qualcuno da parte di un eroe come Batman
sia tutto fuorché normale (quelle immagini sono state definite
anche fra le più inquietanti e dark del franchise), la sequenza ha
fatto diventare il
Batman di
Ben Affleck il miglior combattente nella storia del Cavaliere
Oscuro in live-action. E per essere stato un film travagliato e
controverso, non è una cosa da poco.
Il giorno tanto atteso è arrivato,
anche se lo sciopero e la protesta Writers guild on strike in
America continua, comunque si è dato inizio alla
80esima Mostra d’arte cinematografica di Venezia. Dopo
la rinuncia da parte di Luca Guadagnino con il suo
attesissimo Challengers,
si è optato per un lungometraggio italiano con per protagonista
Pierfrancesco
Favino. Sul primo red carpet di quest’anno sul Lido si
è visto soprattutto attori e attrici connazionali e la giuria
presieduta dal regista Damien Chazelle ma anche
delle top model che falcano le passerelle di tutto il mondo.
L’elenco non segue un ordine di preferenza.
Jessica Chastain durante il tappeto rosso di Memory
ha mostrato come si veste una vera diva di Hollywood. L’attrice
Premio Oscar era più splendente che mai con la sua chioma
leggermente ondulata ramata al vento e l’abito bronze realizzato
per lei dalla casa di moda Gucci.
Maggie Gyllenhaal dopo aver partecipato agli eventi collaterali
di Miu Miu Women’s Tales è tornata al Lido di
Venezia sempre accompagnato dal compagno di vita
Peter Sarsgaard. La coppia era perfetta sul red carpet di
Memory,
lei in un lungo abito nero con cristalli e lui in completo doppio
petto blu con camicia bianca.
Micaela Ramazzotti a Venezia in veste di protagonista del suo
primo film da regista
Felicità sul red carpet serale del quinto giorno ha optato per
un look maschile. L’attrice dopo l’abito lungo e femminile di
Armani ha deciso di cambiare genere indossando un completo nero tre
pezzi con blazer doppiopetto.
La cantante
Levante ha optato per un vestito lungo nero fino ai piedi con
spalline fini che valorizzano le spalle e il collier in argento al
collo. Quest’abito risulta tra i più sensuali visti in quest’anno
merito degli inserti ai lati e il tocco sul fondoschiena del
pizzo.
L’attrice italiana torna per una seconda volta sul red carpet e
l’occasione e’ l’anteprima di
Hors-Saison in cui recita interamente in lingua francese. Il
white dress scelto da
Alba Rohrwacher è un omaggio all’antica Grecia, discreto e
femminile che racchiude l’idea di Dior secondo la
stilista Maria Grazia Chiuri.
L’ultimo red carpet di
venezia 80 della Madrina è stato all’insegna del blu elettrico.
Caterina Murino, come alla Cerimonia d’apertura, ha indossato
una creazione firmata Giorgio Armani Privè. Il
vestito della serata di chiusura è formato da una gonna ampia e un
bustier romantico con profonda scollatura a cuore.
Cailee Spaeny dopo il bianco e le perle dell’anteprima di
Priscilla per il suo secondo carpet veneziano ha scelto il nero
e il velluto. La giovane attrice che ha vinto la Coppa
Volpi ha sfoggiato un vestito di Alessandra
Rich dal taglio tubolare con spalline sottili ma
reso audace dal corpetto cut out e con al centro una spilla
preziosa a forma di ragno.
L’attrice italiana alla Mostra
del cinema di Venezia nella serata di Domenica era tra i numerosi
ospiti dell’edizione di quest’anno del
FILMING ITALY BEST MOVIE AWARD.
Pilar Fogliati ha sorpreso tutti scegliendo un delizioso
vestito corto blu, nero e verde con fantasie floreali
geometriche.
L’attore italiano torna a sfilare
per un secondo film in cui è in concorso quest’anno cioè
Adagio di
Stefano Sollima. Pierfrancesco Favino questa volta ha optato
per un classico completo ma color melanzana.
La giovane star di Priscilla sul
red carpet dell’anteprima mondiale del nuovo film di
Sofia Coppola ha sfoggiato un look prezioso grazie ad una
cascata di perline bianche. L’attrice infatti era incantevole e
delicata con un lungo white dress firmato
Miu Miu .
La regista e figlia d’arte di
Francis Ford Coppola ha mostrato la vera essenza dell’eleganza
firmata ovviamente in Chanel.
Sofia Coppola si è presentata sul tappeto rosso con una
raffinata tunica nera con la parte alta del vestito “vedo non vedo”
di seta.
Jacob Elordi non è solo un bellissimo, altissimo e talentoso
giovane attore ma anche uno dei più stilosi e attento alla moda.
Sul red carpet di
Priscilla, in cui interpretata Elvis, si è presentato con uno
smoking nero Valentino con giacca doppiopetto con
una graziosa clip a forma di farfalla.
La Madrina di Venezia 80 torna
anche per la sesta serata sulla passerella del Lido e sceglie
Moschino.
Caterina Murino ha sfoggiato un abito lungo monospalla bicolore
bianco e nero.
L’attrice francese a Venezia con il
film
Sidonie Au Japon ha sfilato sul red carpet più importante della
quarta serata quello di
Maestro.
Isabelle Huppert per l’occasione glamour ha indossato un abito
Balenciaga di paillettes argentati lungo fino a toccare a
terra.
Quest’anno Carla
Bruni è approdata al Lido dopo aver conquistato tutti
sulla Croisette di Cannes a Maggio. Una delle top model più belle e
iconiche di sempre ha sfoggiato sul red carpet di Venezia 80 un
lungo abito nero con uno spacco vertiginoso firmato
Valentino.
Il regista
Saverio Costanzo per la premiere del suo lungometraggio in
concorso Finalmente l’alba ha sfilato con la sua
compagna
Alba Rohrwacher in Dior. Una delle coppie più importanti del
nostro cinema italiano si sono mostrati al pubblico perfetti e
coordinati in nero. Il tocco di classe sono di certo i guanti i
neri dell’attrice che nel film interpreta la diva indimenticabile
Alida Valli.
La giovane attrice italiana
Alice Pagani ha sfilato sul tappeto rosso della terza serata di
Venezia 80 con un lungo abito azzurro pastello di Antonio
Marras. Il look è stato completa con bracciali e anello di
Tiffany & Co. e un nuovo taglio di capelli corto e
scalato che richiama molto la moda anni Novanta.
La celebre modella testimonial di
Armani Beauty ha voluto onorare sul red carpet di
Poor
Things con la sua frangetta Brigitte
Bardot ma anche
Pamela Anderson. L’abito nero indossato ovviamente è una
creazione di Re Giorgio.
Matilde Gioli lascia per una sera il camice da medico di Doc –
Nelle tue mani con un outfit dark vedo non vedo. L’attrice italiana
ha sorpreso tutti con questo modello aderente fin dal collo fino ai
piedi in tessuto nero velato con lustrini ovviamente di
Giorgio Armani.
Il protagonista di
The Promised Land ha indossato un completo della maison
Zegna di cui è testimonial.
Mads Mikkenlson era perfetto e affascinante con questo smoking
bicolore con giacca e papillon in bianco e pantaloni neri.
L’attrice ucraina ha sfoggiando un lungo vestito nero
in crepe di seta con doppio che fa parte della collezione Cruise
2023/2024 di Chanel.
Olga Kurylenko ha abbinato il tutto con anelli e orecchìni in
oro bianco e diamanti.
La Madrina di quest’anno l’attrice
Caterina Murino ha scelto di sfoggiare un look
total red per il carpet della Cerimonia d’apertura di
Venezia 80. Ovviamente per onorare l’eccellenza italiana
ha in indossato un principesco vestito firmato Giorgio Armani
Prive’ Fall 2014. Lo stesso abito per è già stato indossato da
Allison Williams durante la serata di
premiazione dei Golden Globe Awards 2015.
Il regista italiano, che riceverà
il Premio SIAE Andrea Purgatorio durante la
cerimonia d’inaugurazione di Venezia 80 ha sfoggiato un completo
nero. Il particolare di questo look molto classico con camicia
bianca è decisamente la spilla di diamanti firmata
Cartier. Luca Guadagnino ha
deciso per questo red carpet di parlare il “ Pradese “ di Miuccia
dalla testa ai piedi.
L’influencer bergamasca per
l’anteprima di
Comandante ha sfilato sul tappeto rosso con un abito da vera
diva. Paola Turani per l’importante occasione ha
optato per un un lungo abito sinuoso bianco firmato Zuhair
Murad.
L’unica protagonista donna del film
Comandante ha incantato tutti con un elegantissimo abito di Giorgio
Armani. Silvia
D’Amico per concludere ha scelto i gioielli di Leo Pizzo.
Il capo della Giuria
Damien Chazelle durante il suo primo red carpet veneziano di
quest’anno ha indossato un classico smoking di Giorgio
Armani. Lo stesso stilista italiano è anche quello che ha
firmato l’abito nero della compagna del regista cioè l’attrice
Olivia Hamilton.
La regista di
Un bel mattino che fa parte della Giuria ha deciso di
presentarsi con una creazione francese, come lei, di
Chanel. Forse un azzardo e poco adatto per un red
carpet ma rispettiamo la scelta della semplicità e della classe
parigina di Mia Hansen-Løve.
L’attrice cinese
Shu Qi e parte della Giuria durante la prima sera era tra le
più eleganti firmata Alberta Ferretti. Il suo è
stato decisamente l’abito più complesso ma decisamente tra le
meglio vestite della prima giornata di Venezia 80.
La regista neozelandese anche le
una delle componenti della Giuria internazionale si è affidata
totalmente a Dior. Bello il blazer nero e anche la
borsetta firmata ma i sandali purtroppo non si possono vedere.
Comunque a parte i piedi
Jane Campion sei sempre la migliore.
Per il secondo red carpet la
Madrina
Caterina Murino di Venezia 80 ha scelto non più il rosso ma un
candido bianco. Un abito firmato Versace composto da un bustier e
una gonna in cady di seta bianca.
La cantante vista quest’anno a
Febbraio in gara a Sanremo 2023 ha stregato con un look nude dal
richiamo Mermaidcore. Ospite dell’anteprima di
FerrariMara Sattei era perfetta con il lungo
abito dalle spalline sottili di Emporio
Armani.
La giovane attrice
Benedetta Porcaroli si è presentata sul red carpet di
Enea avvolta in una distesa di raso rosso
fiammante firmata Prada. Elegante e moderna con un
lungo strascico e un fiocco geometrico sul retro,
decisamente il tocco di classe, l’hanno resa la più sofisticata di
questo festival.
L’attore tedesco protagonista di
Lubo per il red carpet dell’anteprima del film ha osato un look
davvero spettacolare.
Franz Rogowski, considerato da molti il Joaquin Phoenix europeo
sia per la bellezza e per il talento, ha sorpreso tutti con uno
smoking nero ma che possiede dei pantaloni palazzo
che danno l’effetto di una lunga gonna pantalone. Audace e
decisamente elegantissimo che rompe gli schemi del gender.
Valentina Belle’ per il tappeto rosso di
Lubo ha mostrato un look davvero sofisticato che valorizza la
sua silhouette. L’attrice italiana ha scelto un abito nero e lungo
da vera femme fatale avvolgente e monospalla di Saint
Laurent. Per chiudere il perfetto outfit gli orecchini
firmati Pomellato.
Anais Demoustier ha portato un po’ di colore sulla passerella
del Lido di Venezia. L’attrice francese di
Daaaaaali! ha sfoggiato un abito giallo con ricami neri di
Prada che possiede una scollatura vertiginosa a V
con i capelli in un raccolto naturale spettinato ad arte.
Si è tenuta venerdì 8 settembre
alle ore 17.15 presso la Sala Italian Pavilion dell’Hotel Excelsior
la cerimonia di premiazione del Leoncino d’Oro
istituito da AGISCUOLA e promosso da A.G.I.S., A.N.E.C. e David di
Donatello – Accademia del Cinema Italiano, alla presenza di Lucia
Borgonzoni (Sottosegretario di Stato al Ministero della Cultura),
Roberto Cicutto (Presidente La Biennale),
Alberto Barbera (Direttore della Mostra Internazionale d’Arte
Cinematografica), Andrea Del Mercato (Direttore Generale La
Biennale), Luigi Lonigro (Presidente Unione Editori e Distributori
Cinematografici). Hanno fatto gli onori di casa: Francesco
Giambrone (Presidente Agis), Mario Lorini (Vicepresidente AGIS e
Presidente ANEC), Piera Detassis (Presidente Accademia del Cinema
Italiano – Premi David di Donatello), Paolo Merlo, Presidente
Comitato provinciale Unicef Padova.
Lucia Borgonzoni, Sottosegretario di Stato al Ministero della
Cultura, ha dichiarato: “Il cinema come strumento per coltivare
passione e talento dei nostri giovani, la chiave per svilupparne
senso critico e sensibilità, è l’obiettivo che il Ministero della
Cultura si prefigge di raggiungere attraverso l’attività di
formazione delle nuove generazioni al linguaggio audiovisivo. Lo
stesso spirito con cui da ben 35 anni si rinnova questo
appuntamento che vede proprio i ragazzi nella parte dei
protagonisti, uno dei più attesi della Mostra del Cinema di
Venezia. Un’emozione avervi partecipato”.
Giunto alla 35° edizione, il Leoncino è divenuto nel tempo uno
dei premi collaterali più importanti e significativi della Mostra
del Cinema di Venezia. Anche quest’anno il gruppo di giovani
giurati provenienti da tutta Italia ha assegnato – in seguito ad un
accordo siglato con il Comitato Italiano per l’UNICEF – il
prestigioso premio Segnalazione Cinema For UNICEF, riconoscimento
istituito dal Comitato Italiano per l’UNICEF presso la Mostra sin
dal 1980.
“Un’odissea moderna che scuote nel profondo le coscienze.
Una magistrale trasposizione in immagini di eventi di cui troppo
spesso non abbiamo consapevolezza.Per il coraggio di una
regia che sa perseguire idee ambiziose nonostante le immense
difficoltà, per la verità nell’interpretazione, per la potenza di
un racconto a metà tra sogno e realtà, in grado di trasmettere un
messaggio universale di resistenza e solidarietà.Per
queste ragioni, il Leoncino d’Oro dell’80esima edizione della
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia va a ‘Io
Capitano’ di Matteo Garrone.”
La giuria ha assegnato la
Segnalazione Cinema For UNICEF al film Green Border di Agnieszka
Holland con la seguente motivazione:
“Un’opera che riesce ad
analizzare con crudo realismo le conseguenze della guerra e delle
crisi geopolitiche. Un film corale che pone sotto una luce inedita
la paura e l’incertezza di sopravvivere di un’umanità in fuga. Per
aver presentato, attraverso una regia dinamica e onesta,
l’incomunicabilità, l’impotenza e la frustrazione davanti ai
meccanismi del potere che strappano il futuro ai bambini. Per
queste ragioni la Segnalazione Cinema for UNICEF della 80esima
edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di
Venezia va a ‘Zielona Granica’ di Agnieszka
Holland.”
I vincitori del Leoncino d’Oro Agiscuola
1989 SCUGNIZZI di Nanni Loy
1990 UN ANGELO ALLA MIA TAVOLA di Jane Campion
1991 LA LEGGENDA DEL RE PESCATORE di Terry Gilliam
1992 UN CUORE IN INVERNO di Claude Sautet
1993 FILM BLU di Krzysztof Kieslowski
1994 PRIMA DELLA PIOGGIA di Milcho Manchewski
1995 L’UOMO DELLE STELLE di Giuseppe Tornatore
1996 HOMMES FEMMES: MODE D’EMPLOI di Claude Lelouch
1997 OVOSODO di Paolo Virzì
1998 GATTO NERO GATTO BIANCO di Emir Kusturica
1999 JESUS’ SON di Alison MacLean
2000 I CENTO PASSI di Marco Tullio Giordana
2001 ABRIL DESPERAÇADO di Walter Salles
2002 L’UOMO DEL TRENO di Patrice Leconte
2003 BUONGIORNO, NOTTE di Marco Belloccio
2004 BINJIP – FERRO 3 di Kim Ki-duk
2005 SIMPATHY FOR LADY VENGEANCE di Park Chan-Wook
2006 EJPHORIJA (Euphoria) di Ivan Vyrypaev
2007 THE DARJEELING LIMITED di Wes Anderson
2008 IL PAPA’ DI GIOVANNA di Pupi Avati
2009 CAPITALISM: A LOVE STORY di Michael Moore
2010 LA VERSIONE DI BARNEY di Richard J. Lewis 2011 CARNAGE di
Roman Polaski
2012 PIETA’ di Kim ki-Duk
2013 SACRO GRA di Gianfranco Rosi
2014 BIRDMAN di Alejandro G. Inarritu
2015 L’ATTESA di Piero Messina
2016 NA MLIJEČNOM PUTU (On the Milky Road) di Emir
Kusturica
2017 THE LEISURE SEEKER (Ella & John) di Paolo Virzì
2018 WERK OHNE AUTOR (OPERA SENZA AUTORE) di Florian Henckel
von Donnersmarck,
2019 IL SINDACO DEL RIONE SANITA’ di Mario Martone
2020 NUEVO ORDEN di Michel Franco
2021 FREAKS OUT di Gabriele Mainetti
2022 THE WHALE di Darren Aronofsky
Il Leoncino d’Oro Agiscuola si
inserisce appieno nel quadro delle attività dell’Agiscuola, il cui
scopo principale è quello di avvicinare i giovani al cinema e al
teatro intesi come momenti e mezzi di formazione, accanto agli
altri linguaggi iconico-verbali propri di una scuola che ormai non
può più essere tradizionale e tradizionalista ma che deve aprire
le porte a nuove esperienze e sollecitazioni sociali, pedagogiche e
didattiche.
Le associazioni coinvolte A.G.I.S.,
A.N.E.C. e David di Donatello – Accademia del Cinema Italiano nel
progetto Leoncino d’Oro lavorano nel corso dell’intero anno per
offrire cultura visiva e cinematografica agli studenti italiani, il
pubblico del futuro, e supportano l’idea di un sempre maggiore
impegno, anche pubblico, nell’ambito educational e formativo.
Un arrivo da star al Lido per
Sabrina Impacciatore, acclamata come “madrina
della Mostra” e sbarcata, davanti al muro dei fotografi delle
grandi occasioni e in compagnia del direttore artistico della
Mostra internazionale d’arte cinematografica della Biennale di
Venezia, Alberto Barbera, all’iconico imbarcadero dell’Excelsior,
nella più classica delle “cartoline” dal Festival del cinema. È la
scena che ha sorpreso centinaia di fan, increduli, assiepati sopra
l’iconico pontile dell’hotel, in attesa dei grandi protagonisti
annunciati della manifestazione. Nominata agli Emmy Awards,
l’attrice che ha guadagnato, nell’ultimo anno, le luci della
ribalta internazionale sarà la madrina della Mostra nella finzione
cinematografica di CALL MY AGENT – ITALIA, la
serie Sky Original remake del cult Dix pour
cent che nel 2024 tornerà su Sky e in streaming su NOW con i
nuovi episodi.
Riprese in corso al Lido di Venezia
quindi, da cui arrivano le primissime foto di scena, per la
nuova stagione della serie sul dietro le quinte del mondo
dello spettacolo italiano, che ha spostato il set da Roma a
Venezia, nei luoghi simbolo della Mostra e quindi del nostro
cinema, per un episodio che sarà un vero e proprio omaggio allo
storico Festival, celebrato in un curioso e suggestivo gioco di
cinema nel cinema, di rimandi fra realtà e finzione.
«“Call My Agent – Italia” è una
vera e propria lettera d’amore per il cinema, i suoi riti e i suoi
protagonisti. È quindi davvero una grande emozione e insieme un
grande orgoglio poter girare anche al Festival di Venezia, nel
tempio del cinema italiano, la seconda stagione di una serie di
così grande successo», ha dichiarato Nils
Hartmann, EVP Sky Studios per l’Italia e la Germania.
La serie su segreti, manie, vizi e
virtù dei protagonisti del nostro showbiz è prodotta da Sky Studios
e da Palomar, scritta da Lisa Nur Sultan – con Federico Baccomo e
Dario D’Amato – e diretta da Luca Ribuoli.
La nuova stagione promette di
tornare a divertire svelando nuovi aspetti del dietro le quinte del
mondo dello spettacolo. Luci e ombre, humour e glamour. Al centro
ancora le vicissitudini della CMA, la Claudio Maiorana Agency,
immaginaria agenzia di spettacolo con sede a Roma, e le
disavventure dei suoi soci, sempre alle prese con le carriere dei
più grandi protagonisti dello showbiz e pronti a nuove sfide: un
nuovo capo, storie d’amore inaspettate, tormenti imprevisti e tante
nuove, straordinarie, special guest. Oltre a Sabrina Impacciatore,
nei panni di loro stessi saranno Valeria Golinoe
Valeria Bruni Tedeschi, Gabriele
Muccino e Gian Marco Tognazzi, Claudio Santamaria, Serena
Rossi e Davide Devenuto, ed
Elodie, a dare filo da torcere, con le loro
tragicomiche vicende fra lavoro e vita privata, agli agenti e ai
loro assistenti.
Quanto al cast principale, tornano
sul set tutti i protagonisti della prima stagione: Michele
Di Mauro (Studio Battaglia, I delitti del
BarLume), Sara Drago (La grande
abbuffata, Jezabel, S/HE), Maurizio
Lastrico (America Latina, Fedeltà,
Don Matteo) e Marzia Ubaldi (I
predatori, Suburra – La serie, L’allieva)
riprendono i ruoli di Vittorio, Lea, Gabriele ed Elvira,
talentuosi, instancabili e appassionati agenti di alcuni fra i più
grandi nomi del mondo dello spettacolo italiano. E i loro
assistenti: Monica interpretata da Sara Lazzaro
(Doc – Nelle tue mani, 18 regali, Volevo fare
la rockstar), Pierpaolo (Francesco Russo –
L’Amica Geniale, A Classic Horror Story) e
Camilla (Paola Buratto – Bang Bang Baby).
Tornano sul set anche Kaze nel ruolo di Sofia, la
receptionist dell’agenzia, edEmanuela Fanelli nei
panni di una delle attrici più “stravaganti” della CMA, Luana
Pericoli, ancora alle prese con il suo “attore preferito”,
Corrado Guzzanti.
Dopo il successo al box office,
arriva suSky
SCREAM VI, ultimo avvincente capitolo della saga
horror che ha reso famosa in tutto il mondo la spaventosa maschera
di Ghostface, in prima tv da sabato 9
settembre alle 21.15 su Sky Cinema Uno, in streaming su NOW e
disponibile on demand. Su Sky il film sarà disponibile on demand,
anche in 4K.
In questo nuovo capitolo, dopo gli
ultimi omicidi di Ghostface, i quattro sopravvissuti si lasciano
alle spalle Woodsboro e iniziano un nuovo capitolo a New York.
Melissa Barrera (“Sam Carpenter”), Jasmin
Savoy Brown (“Mindy Meeks-Martin”),Mason
Gooding (“Chad Meeks-Martin”),
Jenna Ortega (“Tara Carpenter”), Hayden
Panettiere (“Kirby Reed”) e Courteney Cox
(“Gale Weathers”) tornano a ricoprire i loro ruoli, questa volta
insieme a Jack Champion, Henry
Czerny, Liana Liberato, Dermot
Mulroney, Devyn Nekoda, Tony
Revolori, Josh Segarra e Samara
Weaving. Il film è diretto da Matt
Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett, già
alla guida del precedente film del franchise, ed è scritto da
James Vanderbilt, Guy Busick e
Kevin Williamson.
SCREAM VI– Sabato 9 settembre alle 21.15 su Sky Cinema Uno, in
streaming su NOW e disponibile on demand. Su Sky il film sarà
disponibile on demand, anche in 4K per i clienti Sky Q o Sky Glass
con pacchetto Sky Cinema e con servizio opzione Sky HD/Sky Ultra HD
attivo.
Nel 2021 Cinecittà annunciava l’inizio di una nuova era
industriale e produttiva per gli Studi cinematografici. Ora
quell’annuncio vede una conferma di numeri e produzioni che
attestano l’avvenuto consolidamento
industriale e di mercato per Cinecittà.Cinecittà è
tornata pienamente competitiva e attrattiva a livello nazionale
e per le produzioni estere. È tornata a essere quella che il mondo
conosce: un luogo dove si concentra il cinema, l’audiovisivo, la
creatività, i grandi nomi. Cinecittà è di nuovo al centro del talento, la casa della
creatività mondiale che accoglie le storie e quanti hanno il
talento per raccontarle.
I numeri di Cinecittà
Alcuni numeri: quest’anno Cinecittà
ha approvato il bilancio di
esercizio per il 2022 con un utile
netto di oltre 1,8 milioni, un risultato positivo in anticipo di un anno sulle previsioni
del piano industriale 2022-2026, con un fatturato di 39 milioni, più che
raddoppiato rispetto al 2021.
Come nel 2022, il 2023 registra un’ottima occupazione di
tutti i teatri di posa nel corso dell’anno, impegnati in film,
serie televisive e spot, per il 70%
di produzione internazionale. Un totale di oltre 50 produzioni, che portano ogni
giorno negli Studiun indotto di
migliaia di lavoratori. La nuova Cinecittà al centro del
mercato, che ospita produzioni globali, firmate da grandi autori,
talent, professionalità, che viaggiano sugli schermi di tutto il
mondo, è un evidente volano del Made in Italy con ricadute positive
sull’ecosistema economico e occupazionale.
Titoli e star a
Cinecittà
Un frutto emblematico di questa
curva positiva si registra in uno dei principali appuntamenti
cinematografici internazionali, la
Mostra del cinema di Venezia, dove quattro film presenti nel Concorso ufficiale
sono stati girati a Cinecittà: Comandante di Edoardo De
Angelis, Finalmente l’alba di Saverio
Costanzo, Adagio di Stefano Sollima,
Enea di Pietro Castellitto,
titoli di ambizione produttiva e creativa
internazionale.
Tra i nomi del
cinema che Cinecittà ha ospitato negli ultimi mesi ci
sono Luca Guadagnino,
Anthony Hopkins,
Daniel Craig,
Angelina Jolie, Saverio Costanzo,
Ralph Fiennes, Stanley Tucci,
Charlize Theron, Uma Thurman, Denzel
Washington, Roland Emmerich, Edoardo De Angelis,
Willem Dafoe, Salma Hayek, Luca Marinelli, Joe Wright, Kasia Smutniak, Marco
Bellocchio, Lily James, Joe Keery, Nanni Moretti, Paola
Cortellesi, Pierfrancesco Favino, Edward Berger, Stefano
Sollima, Adam Driver, Gabriele Salvatores, Valerio Mastandrea,
Margherita Buy, Luca Zingaretti.
Tra gli altri
titoli delle produzioni più recenti o in partenza a Cinecittà,
THOSE ABOUT TO DIE di Roland
Emmerich con Anthony Hopkins, i due
film di Luca Guadagnino,QUEER con Daniel Craig e il già pronto
CHALLENGERS con Zendaya, inuovi lavori di Gabriele Mainetti con
Marco Giallini, e di Gabriele
Salvatores con
Pierfrancesco Favino,THE FIRST OMEN di Richard Donner con Bill
Nighy, C’È ANCORA DOMANI di e con
Paola Cortellesi, a
cui si aggiungono quelli di prossima uscita: WITHOUT BLOOD di Angelina Jolie, con Salma
Hayek, DOMINA 2 di David Evans e
Sallie Aprahamian con Kasia Smutniak, Matthew McNulty e Claire
Forlani, CONCLAVE di Edward
Berger con Ralph Fiennes, Stanley Tucci, John Lithgow e Isabella
Rossellini, M. IL FIGLIO DEL
SECOLO di Joe Wright con Luca Marinelli, RIPLEY di Steven Zaillian con Andrew Scott
e Dakota Fanning, THE DECAMERON
di Michael Uppendahl con Leila Farzad, Saoirse-Monica Jackson e
Tony Hale, THE OLD GUARD 2 di
Victoria Mahoney con Charlize Theron e Uma Thurman.
AFFIDABILITÀ, PROFESSIONALITÀ, ACCESSIBILITÀ
Produzioni globali che sono
atterrate negli studi di via Tuscolana grazie all’affidabilità, le
alte professionalità, una location invidiabile, e un aggiornamento tecnologico promosso con il
nuovo Piano industriale. Come per l’eccellenza del T18, lo smart stage con ledwall per
riprese virtuali tra i più grandi
d’Europa, per ricreare ambientazioni di ogni tipo. Uno
strumento inaugurato nel 2022, già usato con piena soddisfazione da
Roland Emmerich, Angelina Jolie, Joe Wright e Pietro Castellitto.
In pieno funzionamento anche i Lumina, il complesso di studi guidato da
Cinecittà per rispondere alla crescente richiesta di produzioni. I
teatri Lumina sono stati pensati anche per lavori unscripted, show televisivi ed eventi come
la serata dei David di Donatello 2023. Uno strumento in più che
Cinecittà offre alle produzioni, come la linea di business basata
sul recycling e il reselling delle
scenografie, modalità di riutilizzo dei grandi impianti
scenici, che consente di abbattere alcune voci di budget, con una
virtuosa pratica green. Un’organizzazione che permette a Cinecittà
di continuare a puntare su una crescente accessibilitàche consenta a tutte le produzioni, di
tutti i generi di audiovisivo, di trovare gli spazi di cui hanno necessità
per i loro progetti.
Il nuovo corso di Cinecittà
nell’ultimo anno ha suscitato l’attenzione e l’interesse dei media di tutto
il mondo, con un ritorno di una importante visibilità sulle
testate internazionali: dalla prima pagina del New York Times ad
articoli sul Guardian e il Sunday Times, solo per citare i più
importanti quotidiani statunitensi e inglesi, ai reportage da
Giappone e Cina e alle principali riviste di settore, il ritorno
delle star di tutto il mondo negli studi di Roma è stato seguito
con grande partecipazione a dimostrazione del fatto che Cinecittà è
tornata a essere uno dei brand italiani più noti a livello
internazionale.
IL PNRR
Il
consolidamento di mercato dovuto al Piano industriale dell’azienda
si accompagna in parallelo al percorso del Piano Cinecittà
contenuto nel PNRR, un progetto ambizioso per sviluppare nel 2026 gli Studi in termine di capacità
produttiva, avanguardia tecnologica e sostenibilità
ambientale.
Sul PNRR Cinecittà è in linea
con l’attuazione del cronoprogramma degli interventi previsto
dai target europei: sono stati pubblicati entro dicembre 2022 i
bandi di gara per la realizzazione dei nuovi teatri e la
ristrutturazione degli esistenti; entro giugno 2023 sono stati
firmati tutti i contratti con le società assegnatarie, nei tempi
previsti. Sono state rispettate le
procedure e le tempistiche necessarie al raggiungimento del
target del 30 giugno 2026 che
prevede la conclusione dell’investimento. In particolare, il piano
porterà alla costruzione di 5 nuovi
teatri di posa, alla ristrutturazione di 4 teatri esistenti,
alla razionalizzazione del backlot (l’area destinata ai grandi set
esterni degli Studi): nel 2026
Cinecittà avrà25 teatri
attivi e unaumento di oltre il 60%
della capacità produttiva. Inoltre la ristrutturazione e l’efficientamento di tutti
i teatri; il potenziamento
digitale degli interi stabilimenti e l’ampliamento dei servizi a supporto delle
produzioni.
Lo sguardo sul futuro prevede anche l’attenzione di Cinecittà
per il clima e l’ambiente. L’azienda si è dotata di un programma dedicato, ‘Cinecittà
REgeneration’, una serie di misure e policy basate su principi
scientifici e standard internazionali, con lo scopo non solo di
ridurre progressivamente l’impatto ambientale, e raggiungere
le zero emissioni nette, ma anche
quello più ambizioso di implementare un approccio circolare e rigenerativo.
L’iniziativa economica e produttiva coincide con le esigenze
ambientali. In tal senso Cinecittà per i prossimi anni si vuole
porre come modello per tutta l’industria creativa e per una via
green e sostenibile alla produzione di audiovisivo. Un approccio
sostenibile, che tocca anche il tema dell’inclusività perché non
esistano ostacoli di nessun genere al racconto di ogni genere di
visione.
Arriva nei The Space
Cinema il film ispirato ad una storia vera e tratto dal
videogioco cult che ha entusiasmato un’intera
generazione: Gran
Turismo. Gli spettatori potranno vederlo
in anteprima lunedì 11 settembre presso i
multisala del circuito a Cerro Maggiore, Rozzano, Vimercate, Parma
Campus, Roma – Parco de’ Medici, Napoli, Belpasso e Sestu.
Gran
Turismo diretto da Neill Blomkamp e
interpretato da Orlando Bloom, racconta la storia di Jann
Mardenborough, un adolescente appassionato del celebre videogioco
di corse automobilistiche. Jann ha un sogno: possedere una vera
auto da corsa e diventare un pilota professionista. Un sogno
difficile da realizzare per un adolescente di umili origini. La sua
occasione arriva grazie a un contest in cui i migliori giocatori di
Gran Turismo si sfidano su vere auto da corsa. Jann viene, infatti,
notato dal manager Danny Moore che lo affida a un allenatore, Jack
Salter, ex pilota che farà di Jann il grande campione che merita di
essere.
Per assistere all’anteprima di
Gran
Turismo è possibile acquistare i propri
biglietti sul sito ufficiale di The Space Cinema al
seguente link:
https://www.thespacecinema.it/film/2023/gran-turismo-la-storia-di-un-sogno-impossibile.
Oppure via App ufficiale The Space Cinema.
In merito al film Memory,
i regista ha commentato: “Volevo girare un film sulle persone
che, per un qualsiasi motivo, si perdono nelle maglie della
società. La loro incapacità, o riluttanza, a conformarsi alle
aspettative è spesso radicata in fatti che esistono soltanto nei
loro ricordi. A volte però è la marginalizzazione stessa a
offrire una via di fuga dalle ombre del passato, una possibilità
di costruire una vita nel presente. Memory si chiede se sia davvero
possibile fuggire da tali ombre“.
In Memory
Sylvia è un’assistente sociale, con una vita semplice e
organizzata tra la figlia, il lavoro, le riunioni degli Alcolisti
Anonimi. Tutto va in pezzi quando Saul l’accompagna a casa dopo una
riunione tra ex compagni di scuola: l’incontro inaspettato
sconvolgerà entrambi, perché apriranno la porta al passato.
La Settimana
Internazionale della Critica (SIC), sezione autonoma e
parallela organizzata dal Sindacato Nazionale Critici
Cinematografici Italiani (SNCCI) nell’ambito
della 80. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica
della Biennale di Venezia (30 agosto – 09 settembre 2023), ha
assegnato oggi, venerdì 8 settembre, i premi della
38esima edizione.
La giuria
internazionale composta da Baloji, Ava Cahen e Bianca Oana ha
assegnato il Gran Premio IWONDERFULL a
“Malqueridas” di Tana
Gilbert. Questa la motivazione: “Perché il suo soggetto è vertiginoso,
perché il suo approccio formale è magistrale, un gesto radicale che
fa rivivere il fuori campo e ci mostra solo i dettagli, l’immagine
sfocata, i pixel rubati.Narrativa e set-up sono asservite alle
testimonianze. La regista ci mette accanto alle donne incarcerate,
senza esprimere alcun giudizio sul loro valore, e questo è un
prodigio della licenza poetica del cinema.”
Sempre “Malqueridas” si aggiudica ilPremio Mario Serandrei – Hotel
Saturnia per il Miglior Contributo Tecnico,
assegnato da un’apposita commissione di esperti composta da Matteo
Berardini, Marco Contino, Raffaella
Giancristofaro, con la seguente
motivazione: “Per l’articolato processo di post produzione, attraverso il
quale si dà forma cinematografica a immagini clandestine del
vissuto, altrimenti inaccessibile, di un carcere femminile. Questo
è un film-dispositivo che rende fruibile il materiale di partenza
in bassa definizione, rispettandolo. Una scelta tecnica
antiestetizzante e dal chiaro valore politico.”
A “Hoard” di Luna
Carmoon va
il Premio del Pubblico The Film
Club con una
percentuale di gradimento di 4.5/5.00 e il Premio Circolo del Cinema di Verona, assegnato da una giuria under 35 composta da
Luca Fron, Federico Mango, Alessia Origano, Lorenzo Zampini, Marika
Zandanel con la seguente motivazione: “Ci avete chiesto di sporcarci, di
inghiottire le nostre sicurezze e sovvertire in modo radicale la
nostra concezione di rifiuto. A quel punto abbiamo capito:
solo sprofondando le mani in una discarica di oggetti, ricordi ed
emozioni, questo accumulo si può trasformare in una
casa. Il Premio Circolo
del Cinema al film più innovativo della Settimana Internazionale
delle Critica va a Hoard, di Luna Carmoon.”
La giuria internazionale ha inoltre assegnato
unamenzione speciale a Saura Lightfoot
Leon per il suo
ruolo nel film “Hoard” di Luna
Carmoon e
ad Ariane Labed, tra i protagonisti del film
“Le Vourdalak” di Adrien
Beau. Queste le
motivazioni: “Siamo rimasti stupefatti dal
carisma e dal talento dell’attrice protagonista di Hoard, Saura
Lightfoot Leon, e volevamo rendere omaggio al suo brillante
debutto.”
“La sua presenza ci pervade ancora. La giuria desidera evidenziare
la performance di Ariane Labed in The Vourdalak per la sua
precisione, grazia e compostezza e per aver ritratto un personaggio
femminile emarginato con forza e dignità.”
Nell’ambito dell’ottava edizione
di SIC@SIC (Short Italian Cinema @ Settimana
Internazionale della Critica) la giuria, composta da tre
professionisti dell’industria cinematografica – Nicoletta
Romeo, Eddie Bertozzi, Matteo Tortone -, ha
selezionato i seguenti vincitori tra i sette cortometraggi in
concorso:
Premio Miglior
Cortometraggio “Las memorias perdidas de los
árboles” di Antonio La Camera con la
motivazione: “Per aver immaginato un’esperienza sensoriale, un
viaggio allucinogeno, una vertigine psichedelica. Ma soprattutto
per averci condotto attraverso un’esplorazione emotiva intensa, che
commuove e meraviglia, trascendendo il dato di natura fino al cuore
umanissimo della sofferenza e della perdita.”
Premio Migliore
Regia “La linea del terminatore” di Gabriele
Biasi con la motivazione: “Per la ricerca formale con cui
l’autore realizza un’opera in cui la selezione di materiali
d’archivio pubblici e privati, accostando la preparazione
spirituale ed emotiva a viaggi lontani e dentro di sé, veicola una
visione coerente e poetica di un cinema ricercato e soprattutto
umano.”
Premio Miglior Contributo
Tecnico “We Should All Be Futurists” di Angela Norelli con
la motivazione: “Attraverso una meticolosa ricerca dei materiali
d’archivio, un testo pungente, un’ironia e una comicità
coinvolgenti, propone un ribaltamento della retorica bellicista e
machista, costruendo un racconto fulmineo e leggero di una
liberazione individuale.”
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Ph.Alice Durigatto
Ph.Alice Durigatto
Ph.Alice Durigatto
Ph.Alice Durigatto
Ph.Alice Durigatto
Ph.Alice Durigatto
Ph.Alice Durigatto
Ph.Alice Durigatto
Ph.Alice Durigatto
Ph.Alice Durigatto
Ph.Alice Durigatto
Ph.Alice Durigatto
Ph.Alice Durigatto
Ph.Alice Durigatto
“Termina un’edizione della SIC
straordinariamente vitale. Siamo entusiasti dell’accoglienza che i
nostri film hanno ricevuto, delle presenze in sala, dell’attenzione
che la stampa e la critica ci hanno dedicato, del calore, della
comunità che si sta creando attorno alla Settimana Internazionale
della Critica. È stato bello sentire il pubblico, le reazioni, il
dibattito che si è spontaneamente generato attorno alle nostre
proposte. Sentiamo la responsabilità del nostro compito: quello di
scoprire nuovi talenti e di dare spazio al cinema del futuro. Un
cinema vario, che osserva il presente con sguardo inedito, fresco
ed estremamente consapevole. Anche i premi assegnati dalle diverse
giurie confermano un indirizzo che intendiamo mantenere: deciso,
politico, vivace anche nella forma”, commenta così questa edizione
il Delegato Generale Beatrice Fiorentino.
“Una 38esima edizione della
Settimana Internazionale della Critica che lascia il segno per la
presenza di pubblico entusiasta alle nostre proiezioni, le scoperte
di nuovi talenti, anche grazie alla sezione Sic@Sic che
organizziamo insieme a Cinecittà, e per la grande partecipazione
agli eventi ospitati dalla Casa della Critica, che per il secondo
anno ha ospitato critici, autori e rappresentanti dell’industria
ogni giorno. Chiudiamo in bellezza, sabato 9 settembre, con
“Passione critica”, il documentario prodotto dal SNCCI grazie al
sostegno della DGCA del MiC che racconta la nostra storia.”
dichiara Cristiana Paternò, Presidente del
Sindacato Nazionale Critici Cinematografici
Italiani (SNCCI).
Domani, sabato 9 settembre, alle ore
11:30 verrà presentato alla Sala Perla del Palazzo del Casinò
“Passione Critica” di Simone Isola, Franco Montini e Patrizia
Pistagnesi. Prodotto dal Sindacato nazionale critici
cinematografici (SNCCI), con il contributo della Direzione Generale
Cinema e Audiovisivo del Ministero della Cultura, il documentario è
una Proiezione speciale ed evento congiunto dell’80. Mostra insieme
alla Settimana Internazionale della Critica e alle Giornate degli
Autori.
A seguire, alle ore 14:00, in Sala
Perla si terranno, per tutti gli accreditati, le proiezioni del
cortometraggio e del lungometraggio vincitori del Gran Premio
Settimana Internazionale della Critica.
In merito al film il regista ha
commentato: “Avevo già realizzato diversi film che
affrontavano i devastanti meccanismi finanziari delle
multinazionali, quando è sopravvenuto il Covid. Quell’esperienza
di isolamento ha obbligato tutti noi a “mettere in pausa” le
attività. In quanto individui che esistono in gran parte
attraverso la propria funzione sociale, probabilmente siamo stati
tutti profondamente scossi dalla sconcertante precarietà
dell’esistenza. I miei personaggi riflettono quel momento di
vertigine. Un uomo e una donna arrivano alla logica conclusione
delle decisioni che hanno preso quando si sono separati quindici
anni prima. Volevo soffermarmi sul momento in cui si rimugina sulle
scelte mai fatte, o fatte in modo sbagliato, sugli incontri mancati
o sprecati, sulle porte mai aperte, sugli appuntamenti mancati, sui
momenti della vita in cui abbiamo deciso di imboccare una strada
invece di un’altra. Domande segrete e ossessionanti che ci poniamo
tutti, potenti o meno, conosciuti o sconosciuti, uomini e
donne“.
Nel film Mathieu vive a Parigi,
Alice in una piccola località di mare nella Francia occidentale.
Lui è un famoso attore in procinto di compiere cinquant’anni, lei
un’insegnante di piano sulla quarantina. Innamorati quindici anni
fa, successivamente separati. Il tempo è passato. Ciascuno ha
preso la propria strada e le ferite si sono lentamente rimarginate.
Quando Mathieu va in una spa per cercare di superare la malinconia
che lo attanaglia, si imbatte in Alice.
Il
ragazzo e l’airone (The Boy and the Heron) ha
debuttato in Giappone il 14 luglio 2023, dove è stato distribuito
con una minuscola campagna di marketing, lasciando i fan
completamente all’oscuro di cosa sarebbe stato il film che stavano
per vedere.
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Le immagini condivise non danno
grandi suggerimenti su quello che sarà la storia del film, ma per
adesso sappiamo che Il
ragazzo e l’airone (The Boy and the Heron)racconterà la storia di Mahito Maki,
un ragazzino che scopre una misteriosa torre abbandonata che lo
mette in contatto con un fantastico nuovo mondo insieme a un airone
parlante. Maki è chiaramente presente nella prima immagine, mentre
abbraccia un personaggio femminile il cui volto è oscurato, mentre
l’airone è presumibilmente lo stesso raffigurato nell’immagine
finale.
Il film è ispirato al libro
How Do You Live?, titolo originale del film, ma
piuttosto che essere un adattamento del libro stesso, è il libro
che appare effettivamente nel film in possesso di Maki. Il film
sembra condividere molti temi importanti cari a Miyazaki, come il
sentimento contro la guerra, l’idea di un mondo fantastico che
esiste accanto al nostro e le difficoltà di essere un bambino,
rendendolo una degna conclusione (?) della sua carriera
cinematografica.
Tra i tanti celebri personaggi
portati al cinema da Tom Cruise negli ultimi anni,
uno dei più apprezzati è quello dell’agente Jack
Reacher. Dopo essere stato protagonista di Jack Reacher – La prova
definitiva, del 2012, questo è tornato sul grande schermo
nel 2016 con il sequel Jack Reacher – Punto di non
ritorno (qui la recensione). Diretto da
Edward Zwick, celebre per i film L’ultimo samurai e Blood Diamond, il film
di genere action thriller dà così vita a nuove avventure legate
all’investigatore militare del titolo, ovviamente di nuovo
interpretato da Cruise, qui impegnato anche nel ruolo di
produttore. Come il precedente, anche questo nuovo capitolo si basa
su un romanzo omonimo.
Punto di non ritorno,
scritto da Lee Child, è il diciottesimo libro
della serie con protagonista Jack Reacher, nonché uno dei più
apprezzati tra tutti. Consapevoli del successo di questo, i
produttori della Paramount Pictures decisero di adattare questo
come sequel, ignorando dunque ancora una volta l’ordine cronologico
dei libri, scritti comunque come storie a sé stanti. con un budget
di 60 milioni di dollari, il film si affermò nuovamente come un
concentrato di azione e adrenalina, elementi immancabili si vi è
Cruise come protagonista. Tuttavia, il film mancò di replicare il
successo del suo predecessore una volta giunto in sala.
Jack Reacher – Punto di non
ritorno ha infatti raccolto globalmente solo 162 milioni di
dollari, cifra nettamente inferiore rispetto a quella del primo
titolo. Ciò non indica però una scarsità di qualità della
pellicola, la quale offre sequenze d’azione particolarmente al di
sopra della media. Prima di intraprendere una visione del film,
però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali
curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà
infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama,
al cast di attori e ai suoi sequel. Infine, si elencheranno anche
le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio
catalogo.
Jack Reacher – Punto di non ritorno: la trama del
film
Le vicende del film hanno inizio
quando il maggiore Susan Turner viene incastrata
da un misterioso nemico che si muove nell’ombra. L’ex investigatore
militare Jack Reacher corre dunque in suo aiuto,
assolutamente certo dell’innocenza della Turner. Nel corso delle
sue ricerche, Reacher arriva ad imbattersi nell’ex prostituta
Candace Dutton. Questa ha intenzione di
intraprendere una causa per dimostrare che Reacher è il padre
biologico di sua figlia Samantha. Mentre cerca
indagare su quello che la donna sa, Jack si vede formalmente
accusato di un omicidio e trattenuto in cella. In prigione, però,
Reacher ha modo di incontrare la Turner, salvandola dall’attentato
di due pericolosi sicari.
Dopo essere fuggiti di prigione, i
due colleghi scoprono che il nemico sta spiando Samantha e decidono
di portarla con loro a New Orleans, dove si recano in cerca del
testimone chiave Daniel Prudhomme. Grazie
all’aiuto di un complice, Jack scopre che Prudhomme fa parte della
Parasource, un’organizzazione militare che sta
cercando di insabbiare degli assassini. A capo delle operazioni c’è
lo spietato James Harkness, che ha intenzione di
rapire Samantha per usarla contro Reacher. Fermarlo diventerà
allora una vera e propria corsa contro il tempo, che solo
l’indomito agente potrà riuscire a compiere. Prima, però, dovrà
comprendere quale reale complotto sta prendendo forma
nell’ombra.
Jack Reacher – Punto di non ritorno: il cast del
film
La scelta di Tom Cruise,
inizialmente, aveva scontentato i fan del personaggio. Questi
indicavano un’eccessiva differenza di statura tra come Reacher è
descritto nei libro e l’attore. Dopo averlo visto all’opera nel
primo film, però, l’attore venne lodato per la sua interpretazione,
avendo dimostrato di possedere il carisma giusto per il
personaggio. Anche per questo secondo film, l’interprete ha
richiesto di eseguire personalmente tutte le spericolate acrobazie
previste dal copione, tra cui quelle che lo vedono alla guida di
automobili. Proprio per la sua devozione al personaggio e al film,
l’attore è nuovamente stato indicato come la vera fonte
d’attrattiva del titolo, a cui ha saputo conferire grande
carattere.
Accanto a lui, nei panni dell’agente
Susan Turner vi è l’attrice Cobie Smulders,
meglio nota per aver interpretato Robin nella serie comedy How
I Met Your Mother. Motivata da Cruise, questa decise di
allenarsi per circa otto settimane al fine di poter eseguire
personalmente tutte le scene previste per il suo personaggio,
comprese quelle più complesse e pericolose. L’attrice si è inoltre
esercitata nelle arti marziali al fine di poter risultare più
realistica nei combattimenti. Nel film sono poi presenti gli attori
Aldis Hodge nei panni del capitano Espin e
Austin Hébert in quelli del testimone Daniel
Prudhomme. Sabrina Gennarino è l’ex prostituta
Candace Dutton, mentre Danika Yarosh interpreta
Samantha. L’attore Robert Knepper, infine, è
presente nei panni dello spietato James Harkness.
Il sequel di Jack Reacher –
Punto di non ritorno, il trailer e dove vedere il film in
streaming e in TV
A causa dello scarso incasso
ottenuto dal film, nettamente al di sotto delle aspettative dei
produttori, il terzo capitolo previsto è stato annunciato come un
progetto cancellato. Al suo posto è invece in programma una serie
reboot per Amazon Prime Video. Mentre di questa non si hanno
più notizie, nel luglio del 2020 il regista Christopher
McQuarrie, che aveva diretto il primo film dedicato a
Reacher, ha aggiornato i fan sullo stato dell’eventuale terzo film
della trilogia. Stando alle sue dichiarazioni, questi starebbe
lavorando insieme a Cruise sullo sviluppo di un terzo film,
sperando di convincere i produttori. Questo terzo capitolo,
inoltre, dovrebbe presentare temi e toni particolarmente più cupi
rispetto ai primi due.
In attesa di poter vedere questo
eventuale sequel, è possibile fruire di Jack
Reacher – Punto di non ritorno grazie alla sua
presenza nel catalogo di alcune delle principali piattaforme
streaming oggi disponibili. Questo è infatti presente su
Rakuten TV,Chili Cinema, Google Play Tim
Vision, Amazon Prime Video e
Netflix. Su quest’ultima piattaforma il film è
attualmente al 4° posto nella Top 10 dei film più
visti su Netflix. Per poter usufruire del film, sarà
necessario sottoscrivere un abbonamento generale o noleggiare il
singolo film. In questo modo sarà poi possibile vedere il titolo in
tutta comodità e al meglio della qualità video, senza limiti di
tempo.
Netflix rilascia
il trailer dei primi 7 episodi della
seconda stagione di DI4RI, la serie italiana
Netflix
di successo per ragazzi creata da Simona Ercolani,
prodotta da Stand By Me, che saranno disponibili
in Italia dal 14 settembre, e prossimamente in tutti i Paesi in cui
il servizio è attivo.
Le nuove immagini sono
accompagnate dalle note di “CASTELLO DI SABBIA” (Columbia
Records/Sony Music Italy), il nuovo singolo di LDA, artista in gara
tra i Big della 73^ edizione del Festival di Sanremo con “Se poi
domani”. Disponibile in radio e su tutte le piattaforme digitali da
oggi venerdì 8 settembre, “Castello di sabbia”, colonna sonora
perfetta per la fine dell’estate e per i nuovi inizi, sarà la sigla
della seconda stagione di DI4RI.
Nei nuovi episodi
ritroviamo i protagonisti che ora fanno parte della 3°D: Pietro
(Andrea Arru), Livia (Flavia Leone), Isabel (Sofia Nicolini),
Daniele (Biagio Venditti), Monica (Federica Franzellitti), Giulio
(Liam Nicolosi), Mirko (Pietro Sparvoli) e Arianna (Francesca La
Cava). A loro si aggiunge la new entry Bianca (Fiamma Parente), una
ragazza talentuosa e solare che si trova da subito benissimo con il
gruppo di amici di suo cugino Giulio.
Nel cast della serie, che
vede la partecipazione di Pow3r e di Luciano
Spinelli, anche Emily Shaqiri (Katia) e
Gabriele Taurisano (Roby). La serie, scritta da
Simona Ercolani, con Mariano Di
Nardo, Livia Cruciani, Serena
Cervoni, Maria Sole Limodio,
Flavio Nuccitelli, Angelo
Pastore, è diretta da Alessandro Celli.
La trama di DI4RI seconda
stagione
Che cosa è successo ai
ragazzi della 2°D dopo l’occupazione? Saranno rimasti in classe
insieme nella scuola di Marina Piccola? E Livia avrà perdonato
Pietro dopo aver scoperto della scommessa? La seconda stagione di
DI4RI riparte dalle risposte a queste domande e dall’arrivo di un
nuovo personaggio, quello di Bianca, la cugina di Giulio, una
ragazza talentuosa e solare che saprà integrarsi nel gruppo con la
sua vitalità e la capacità di capire gli altri.
In questa seconda stagione
i nostri protagonisti affronteranno il loro terzo e ultimo anno di
medie. Un anno indimenticabile e carico di sfide, che si chiuderà
con la prima prova importante della loro vita, l’esame di terza
media, e con una scelta determinante: che cosa fare dopo? Se ognuno
dovrà prendere la propria strada, l’amicizia sopravviverà alla
separazione?
Anche in questa stagione
il racconto dei protagonisti rompe la quarta parete e si rivolge
direttamente allo spettatore: ogni episodio si concentra su uno dei
nove protagonisti, raccontando le dinamiche scolastiche attraverso
il suo punto di vista e, allo stesso tempo, affrontando con taglio
moderno e realistico la sua storia personale che diventa tematica e
universale. I temi affrontati sono diversi: la ribellione, l’ansia
per il proprio futuro, l’affermazione di sé, il bullismo femminile,
il senso di appartenenza ad un gruppo, l’accettazione dei nuovi
partner dei genitori, l’amore e l’amicizia. La verità e il realismo
con cui sono state raccontate le storie e le emozioni dei ragazzi
durante la prima stagione saranno il punto di forza anche della
seconda.
Ci sono solo due tipi di persone: i
patrioti e i traditori. È ciò che viene pronunciato con veemenza
verso la fine di Explanation for
Everything, il film di produzione ungherese diretto
da Gábor Reisz e presentato nella
sezione Orizzonti della Mostra del Cinema di
Venezia. Un film che, a partire da un episodio
apparentemente banale e particolare, si apre al racconto di un
paese intero, l’Ungheria, e del suo popolo segnato da traumi
storici e scissioni interne. Quella proposta da Reisz, dunque, è
l’occasione per confrontarsi con il concetto di identità nazionale,
un tema che può suscitare riflessioni universali e sulle quali è
sempre bene interrogarsi.
Explanation for Everything, i conflitti di un
popolo
Nell’anniversario della Guerra
d’Indipendenza del 1848, una delle celebrazioni più importanti
dell’Ungheria, è consuetudine indossare una spilla della
nazionalità composta dai colori della bandiera, e la
percezione di ciò è diventata anche una questione politica. Le
spille della nazionalità mostrate dalla fazione nazionalista
durante gli eventi e le manifestazioni di partito hanno cambiato
parecchio il significato di questo simbolo negli ultimi 20 anni.
Mentre un tempo rappresentava l’indipendenza ungherese e
un’affinità con il nostro Paese, oggi chiunque lo indossi è
considerato a favore della nazione, e chiunque non lo indossa è
contro di essa.
Alla luce di ciò,
la vicenda narrata si svolge in estate, a Budapest.
Abel, studente liceale, cerca di concentrarsi
sugli esami finali, mentre si sta rendendo conto di essere
perdutamente innamorato di Janka, la sua migliore
amica. A sua volta, Janka è però innamorata, non corrisposta, di
Jakab, professore di storia, sposato, che ha avuto
in passato un diverbio con il padre conservatore di Abel. Le
tensioni di una società polarizzata vengono inaspettatamente a
galla quando l’esame di storia di Abel si risolve in uno scandalo
nazionale, dovuto proprio alla presenza della spilla della
nazionalità sulla giacca del ragazzo.
Un avvincente racconto a più voci
Data la complessità e la delicatezza
del tema trattato, Reisz e la sua co-sceneggiatrice Éva
Schulz scelgono di affrontare la questione tra più punti
di vista. Abbiamo quello del giovane Abel, una sorta di vittima
degli eventi, quello del suo professore Jakab, che rivendica la sua
contrarietà al significato della spilla e ciò che essa rappresenta,
e quello del padre di Abel, ferocemente nazionalista. Si costruisce
così un racconto a più voci con l’intenzione di sostenere equamente
le convinzioni e le tesi di ogni parte in causa. Il regista sta
infatti bene attento a non propendere né per l’una né per l’altra,
mostrando piuttosto quella che per lui è la più grave conseguenza
di questo conflitto.
Per Reisz, infatti, a morire in
questo scontro è la comunicazione, la possibilità di un popolo di
confrontarsi civilmente su questioni così importanti della propria
identità nazionale. Seguiamo allora i protagonisti nel loro
incastrarsi sempre di più in una situazione che va ben oltre le
loro possibilità e che comprende un intero popolo, il quale diventa
partecipe dello scontro generatori tra Abel e Jakab in quanto si
riconosce nelle questioni sollevate. C’è dunque quasi un intento
documentaristico da parte del regista, che cerca con la sua
macchina da presa di avvicinarsi il più possibile ai personaggi,
catturare la loro verità e i loro pensieri, restituendo la varietà
e verità di un popolo.
Dal particolare all’universale, un
racconto di grande importanza
Non mancano in realtà anche i casi
in cui il regista sembra dilungarsi eccessivamente su alcune
sottotrame o aspetti della vicenda che, pur donando colore e
caratterizzazione ai personaggi e alla storia, rischiano di
dilungare di troppo i tempi. Explanation for Everything
dura infatti due ore e mezza piene, un minutaggio importante che
non rende il film di facile fruizione. Un lavoro di rifinitura su
buona parte della prima ora di racconto avrebbe dunque non solo
ridotto la durata dell’opera ma anche reso più incalzante il ritmo
e conferito maggior forza al racconto.
Perché è proprio quando poi si entra
nella seconda parte del film, quando dunque la vicenda si fa più
definita ed ogni dialogo, ogni scena, punta alla sua
valorizzazione, che Explanation for Everything acquista
grande valore. Ci si trova così di fronte ad un film importante,
che partendo dal particolare arriva a parlare dell’universale, in
un modo simile a quanto fatto dal film L’insulto, presentato
nel concorso della Mostra del Cinema di Venezia nel 2017. Il film
di Reisz può però benissimo anche oltrepassare i confini ungheresi
per essere declinato ad altre realtà, spingendo appunto a
riflettere su cosa definisca un patriota e cosa un traditore. Ecco
allora la sua grande forza, il suo valore come opera
cinematografica.
Si è tenuta nel tardo pomeriggio di
oggi la premiere di Woman of (Kobieta z), diretto
da Małgorzata Szumowska e Michał Englert e
presentato in concorso a Venezia
80, l’80esima
Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia. Sul red carpet
il regista accompagnato dal cast.
In merito al film, il regista ha
commentato: “Kobieta z… è un film davvero importante per noi,
frutto di tanti anni di lavoro e infiniti incontri con persone
transgender, persone di tutte le età che vivono in Polonia da
molti anni, e che gentilmente si sono fidate di noi e hanno
condiviso le loro storie. Aniela – che nel suo faticoso percorso
verso la libertà ha vissuto come uomo per quasi metà della sua
vita in una cittadina di provincia – ci è sembrata un simbolo, una
metafora della transizione della Polonia, riflesso di una società
che in passato si era unita per far crollare il regime comunista.
Quella stessa società oggi favorisce la polarizzazione delle
opinioni, ed è riluttante ad accettare convinzioni che in altre
parti del mondo sono ormai da tempo diventate norme
sociali”.
“Il titolo del film è un
esplicito riferimento al nostro maestro, Andrzej Wajda (L’uomo di
ferro, L’uomo di marmo). In un momento in cui lo spazio del cinema
viene sempre più occupato dai social media, abbiamo sentito il
bisogno di raccontare la straordinaria storia di Aniela, ponendo
domande e inserendo gli elementi classici del genere
cinematografico cui il film appartiene. In Kobieta z… appaiono
varie persone transgender, che recitano in ruoli trans e cis,
mentre molti appartenenti alla comunità LGBTQ+ hanno fatto parte
del team di produzione. Speriamo che il film aiuti a comprendere
cosa significhi essere trans, e accresca il sostegno a leggi che
garantiscano una vita sicura. Il film non vuole giudicare nessuna
delle posizioni presentate; il suo elemento più significativo è
l’umanità che traspare dalla commovente storia dei protagonisti,
seguiti con rispetto dalla nostra macchina da presa“.
Il film Woman of (Kobieta z)
Sullo sfondo
della trasformazione della Polonia nel passaggio dal comunismo al
capitalismo, Kobieta z… attraversa quarantacinque
anni della vita di Aniela Wesoły, raccontando il suo percorso alla
ricerca della libertà come donna trans. La protagonista affronta
difficoltà in famiglia e situazioni complicate nell’ambiente dove
vive. Quali scelte dovrà fare Aniela per diventare chi è
veramente?
Ultimo film del concorso ufficiale
di
Venezia 80, Hors Saison di
Stéphane Brizé è il nuovo progetto del regista
francese sull’audacia e sulla paura di fallire, di non essere
all’altezza delle sfide cui la vita ci pone davanti. Un film su una
storia che sta per finire, un momento in cui preferiamo
rischiare piuttosto che impedirci di dire o fare qualcosa e
in cui un uomo e una donna ritrovatisi dopo tanti anni devono fare
spazio a ciò che è essenziale. Due caratteri che, finalmente, si
dicono la verità, per rimanere gli stessi, forse migliorandosi
assieme.
Hors Saison: fuori stagione, ma insieme
La trama del film di Brizé ruota
attorno a Mathieu (Guillaume
Canet), che vive a Parigi, e
ad Alice (Alba
Rohrwacher) residente in una piccola località di mare
nella Francia occidentale. Lui è un famoso attore in procinto di
compiere cinquant’anni, lei un’insegnante di piano sulla
quarantina, innamoratisi quindici anni prima e successivamente
separati. Ora, il tempo è passato: ciascuno ha preso la propria
strada e le ferite si sono lentamente rimarginate. Almeno fino a
quando Mathieu va in una spa per cercare di superare la malinconia
che lo attanaglia, e si imbatte in Alice.
I personaggi di Hors
Saison sono mossi da un sentimento comune ai caratteri che
Brizé analizza neu suoi film: la disillusione.
Sono personaggi che credevano in qualcosa, avevano una certa idea
dell’uomo e del mondo, che poi è mutata a seguito di un tradimento
o di un abbandono, tanto nel contesto lavorativo quanto in quello
famigliare.
Un dialogo sofferente, ma anche ironico
L’esperienza della pandemia, con
tutte le conseguenze che ne sono scaturite, fa da sfondo all’arco
dei personaggi di Hors Saison. Un isolamento che
ha obbligato tutti noi a “mettere in pausa” le nostre azioni,
destabilizzante perchè ci ha messo di fronte alla precarietà
dell’esistenza, un sentimento intercettato anche da Mathieu e
Alice. Un hotel morbosamente calmo, una città di mare fuori
stagione le cui strade sono praticamente vuote, diventano il luogo
privilegiato per il ricordo interiore dei nostri personaggi. La
scrittura di Brizé si sofferma sui momenti in cui
rimuginiamo sulle scelte che non abbiamo mai fatto, o che abbiamo
fatto male, sugli incontri che abbiamo mancato o che abbiamo
sfruttato male, sulle porte che non abbiamo mai aperto.
In maniera molto intelligente, il
regista francese prende le distanze dalla sofferenza sociale e
dagli struggimenti interiori dei due personaggi tramite il filtro
dell’ironia. Giocando sulla discrepanza tra il suo stato d’animo e
la spa asettica in cui si trova, sul fatto che è un attore famoso e
deve apparire sempre felice, Mathieu si interroga,
dubita di se stesso, ha le stesse preoccupazioni e prova la stessa
vertigine di chiunque altro, anche se non sembrerebbe autorizzato a
farlo. D’altra parte, il fatto che gli altri siano così convinti
che lui sia felice grazie al suo successo – un’idea che lui stesso
è costretto a promuovere – aggiunge un ulteriore strato di ironia
al suo malessere.
Dall’altra parte, Alice, il
personaggio di Alba Rohrwacher, non è mai stata in grado di
realizzare ciò che desiderava di più nella sua vita professionale,
tuttavia non è diventata acida o mordace. Conserva il suo segreto
dentro di sé, contemporaneamente la sua bellezza e la sua tragedia.
Ha rinunciato ai suoi sogni, mascherando la sua angoscia
dietro un sorriso educato, rifiugiandosi in un’altra vita con un
uomo che la ama e non le farà mai male: sta proteggendo se stessa.
Tuttavia, quando conosce Mathieu, è come se la
solitudine fosse stata finalmente spezzata e senta il bisogno di
condividere la scena con qualcuno, pur in maniera atipica:
Hors Saison non è un film in cui si litiga,
piuttosto i cui personaggi avvertono il tempo che passa e che non
cercano di sedursi a vicenda. Sono due persone che non hanno
cercato di ritrovarsi, che sono felici di rivedersi quando se ne
presenta l’occasione e che non nutrono odio l’uno per l’altro.
La narrazione di
Brizé è tesa anche perché lo spettatore sa
qualcosa del dolore di entrambi senza che se lo mostrino a vicenda.
Hors Saison è un film di evocazioni più che di
spiegazioni in cui, allo stesso tempo, tutto deve essere sempre
chiaro tra i personaggi, lasciando spazi vuoti per l’immaginazione
dello spettatore.
Quentin Tarantino è
uno dei registi più completi che operano nel cinema da diverso
tempo. Uno di quelli con la capacità di tenere dentro una sala un
pubblico molto eteorgeneo, poiché regala sempre storie
stratificate, capaci di essere decodificate a livelli, in base al
tipo di spettatore che si è. Ogni sua pellicola contiene perciò una
trama – nella maggior parte dei casi – definita e completa, piena
di omaggi e reference ai grandi generi, come il western o
le arti marziali. Ciò non vuol dire però che le sue opere non siano
esenti da misteri o piccole lacune. È capitato, in alcuni suoi
film, che qualche personaggio venisse lasciato in sospeso, oppure
qualche dettaglio del racconto non trovasse soluzione o svelamento.
Considerato poi che il
regista non fa sequel (Kill
Bill è un’eccezione), ci sono alcune narrazioni rimaste
indefinite, le quali contribuiscono ad alimentare teorie e domande
dei fan. Di seguito, tutti i misteri che non verranno mai
risolti.
Il periodo di Vincent e Vic Vega ad
Amsterdam
Per quelli che non lo sapessero,
alcuni film di Quentin Tarantino hanno fra loro
dei collegamenti. Quello che potrebbe considerarsi il più famoso
riguarda Vic Vega, alias Mr. Blonde di Le iene (primo lungometraggio del regista) e Vincent
Vega di Pulp Fiction. Mentre dirigeva Bastardi senza gloria, a
Tarantino venne l’idea di produrre una pellicola che avesse come
protagonisti proprio i due fratelli, intitolata Double V
Vega, la quale doveva fungere da crossover/spin-off tra i due
film sopracitati. La storia avrebbe seguito i Vega nel loro
periodo trascorso ad Amsterdam, di cui si ha un accenno
proprio in Pulp Fiction. In una scena, infatti, Vincent dice di
essere appena tornato dalla città olandese, nella quale stava
facendo qualcosa per il suo capo, Marsellus Wallace. Purtroppo,
però, Double V Vega fu cancellato dal regista, indi per
cui quel periodo rimane un mistero.
Hugo Stiglitz: perché i nazisti non
lo riconoscono?
Uno dei film più soddisfacenti di
Quentin Tarantino non può che essere Bastardi senza gloria. Il
regista, come sempre d’altronde, fornisce una sua versione sul
periodo del nazismo, quasi come se fosse un “what if…”,
portando sullo schermo una folle squadra di sicari con l’obiettivo
di uccidere quanti più nazisti possibili. Essa è capitanata da Aldo
Raine, il quale ad un certo punto recluta un ex soldato
dell’esercito tedesco, Hugo Stiglitz. Del suo background sappiamo
che Stiglitz ha ucciso 13 ufficiali della Gestapo, ma invece di
essere ucciso a sua volta, viene rispedito a Berlino e imprigionato
come esempio per gli altri soldati. Il volto di Stiglitz, perciò,
appare su tutti i giornali e questo lo rende, in un certo senso,
famoso. Soprattutto per i tedeschi. Perciò risulta abbastanza
strano il fatto che non venga riconosciuto da nessuno quando entra
nella taverna Wicki e Hicox per incontrare Bridget von Hammersmark,
dato che è piena di soldati nazisti.
La figlia di Vernita Green si
vendicherà?
Quentin Tarantino
ama il mash-up di generi e gli omaggi al grande cinema, e tutti i
film ne sono prova. Kill Bill: Vol.1 (ma anche il
Vol. 2) è l’esempio perfetto. Il
regista gioca molto sia con il western, regalando inquadrature
memorabili, che con il Kung Fu, di cui la protagonista, Black
Mamba, ne conosce ogni mossa. Al centro delle due pellicole c’è una
donna, chiamata anche La Sposa, in cerca di vendetta contro coloro
che volevano ucciderla il giorno delle nozze. È questo il motore
della storia, che spinge Black Mamba a intraprendere un viaggio
alla ricerca “dei suoi sicari”. La prima con cui si confronta è
Vernita, con la quale inizia una lotta a suon di coltelli,
interrotta ad un certo punto dalla figlia della prima, Nikki.
Vernita cerca in quell’occasione di uccidere la Sposa con una
pistola nascosta nei cereali, salvo poi venire uccisa da
quest’ultima che, proprio davanti alla figlia, le ficca un coltello
nel petto. Nikki, perciò, è testimone dell’atroce atto commesso,
tanto che ad un certo punto Black Mamba le si avvicina dicendole
che, quando sarà cresciuta, quasi certamente vorrà vendicarsi della
morte della madre. Se Kill Bill Vol. 3 avesse visto la luce, una delle sue
linee narrative sarebbe potuta essere questa, ma non essendo mai
stato realizzato non si saprà mai.
Che fine fa Elle Driver?
Passiamo a Kill Bill Vol. 2 e prendiamo in analisi il
combattimento fra Elle Driver e Black Mamba. Proprio come nel caso
di Vernita, anche lei è un suo bersaglio. Le due donne si
affrontano nella roulotte di Budd, altro obiettivo della Sposa, e
la sequenza costruita da Quentin Tarantino è più
che fenomenale. Sappiamo che entrambe sono state addestrate da Pai
Mei, indi per cui il loro scontro è uno dei più avvincenti ed
emozionanti (quanto è suggestiva la scena in cui la Sposa le
strappa l’altro occhio?). Vinta la battaglia, Black Mamba lascia la
rivale nel dolore e nelle urla, e neanche da sola. Il serpente che
Elle Driver ha usato per uccidere Budd è ancora lì, e potrebbe
essere un pericolo anche per lei. Solo attraverso i titoli di coda
ci viene data la conferma che il suo destino rimane sconosciuto, e
non essendoci, come dicevamo, un Kill Bill Vol. 3, anche
questo rimarrà un mistero.
Che fine fa Mr. Pink?
Riavvolgiamo il nastro e torniamo a
Le iene. Fra i rapinatori che riescono a tornare al
magazzino dopo la sparatoria iniziale c’è Mr. Pink (a cui dà pelle
e voce Steve Buscemi) il
quale, in seguito allo stallo messicano tra Eddie, Joe Cabot e Mr.
White, in cui sembrano tutti morti, riesce a prendere i diamanti e
scappare. Dopodiché si sente Mr. Pink avere un diverbio con la
polizia fuori dal magazzino, tutto in fuori campo, ma lo spettatore
alla fine non conoscerà il suo destino. Viene colpito? Arrestato?
Muore? Il dubbio nascente ha fatto sì che si creasse una teoria
secondo la quale Mr. Pink sarebbe il cameriere di Jack Rabbit Slim
in Pulp Fiction, sempre interpretato da Buscemi.
Hans Landa riconosce Shosanna al
ristorante?
La prima opening di Bastardi senza gloria può considerarsi una delle
migliori fra i film di Quentin Tarantino. In una
campagna francese, Hans Landa, dopo una conversazione spinosa con
il proprietario, uccide una famiglia ebrea nascosta sotto le tavole
di legno dell’abitazione. L’unica che riesce a scappare è Shosanna
che, guardata da lontano dal colonnello tedesco, la si vede correre
incontro alla libertà con le lacrime agli occhi. Dopo alcuni anni,
la donna assume un’altra identità, prendendo il nome di Emmanuel
Mimieux. Un giorno, corteggiata da un soldato nazista, Fredrick
Zoller, si imbatte in Hans Landa quando il primo la porta in un
ristorante per incontrare Joseph Goebbels, il quale vuole che il
loro nuovo film venga proiettato in anteprima nel cinema di
Shosanna, ereditato dagli zii. La tensione comincia a crescere
quando ad un certo punto Landa inizia a fissarla nel bel mezzo di
una conversazione, affermando subito dopo di aver dimenticato cosa
stesse per domandare. Questo momento, insieme ad altri dettagli
come, ad esempio, l’ordinazione del colonnello di un bicchiere di
latte per la donna, hanno portato il pubblico a chiedersi se
l’avesse o meno riconosciuta. Purtroppo, però, rimarrà sempre un
mistero.
Cosa c’era nella valigetta di Pulp
Fiction?
Concludiamo con il mistero forse più
grosso e intrigante dei film di Quentin Tarantino,
contenuto in Pulp Fiction: il contenuto della valigetta di
Marsellus. Nelle due occasioni in cui viene aperta, da essa esce
solo una luce arancione, e noi spettatori possiamo solo vedere le
reazioni dei personaggi sullo schermo, che ne restano ipnotizzati.
Purtroppo, però, il regista non ha mai rivelato cosa ci fosse al
suo interno e, ancora una volta, questo ha dato modo di specularci
sopra. Alcune teorie sostengono che ci fossero i gioielli della
rapina de Le iene, altri invece hanno pensato che ci fosse
Dio. Il
regista, pur ammettendo che la valigetta fosse un MacGuffin,
non è mai riuscito a spegnere la curiosità sul suo contenuto.
Va a Io Capitano di Matteo
Garrone (Venezia 80) il Premio Francesco
Pasinetti assegnato a Venezia, come tradizione, dai
Giornalisti Cinematografici (SNGCI) che lo hanno scelto tra tutti i
film italiani presentati in concorso e nelle diverse sezioni della
Mostra 2023.
Lo annuncia il
Direttivo del Sindacato sottolineando l’importanza della
sperimentazione e della ricerca di una selezione veneziana
generalmente ricca di novità ma soprattutto l’alta qualità delle
sei proposte italiane in concorso. Scelte che confermano, con
l’avvio di una produzione decisamente più ambiziosa e in grado di
dialogare di più con i mercati internazionali, anche l’impegno del
cinema più autoriale di voler recuperare il rapporto col
pubblico.
LA MOTIVAZIONE
Io Capitanoè un film importante,
di straordinaria potenza emotiva e visiva. Racconto di formazione e
insieme cronaca, anche intima, di un viaggio verso il sogno che
diventa dramma e violenza, offre allo spettatore la visione di una
realtà per la prima volta svelata dal cinema attraverso due
protagonisti che conquistano per la purezza del loro
sguardo.
Il racconto in
lingua originale aggiunge verità e continue emozioni in un film che
fa riflettere e appassiona e che merita un’attenzione speciale
anche per le difficoltà di integrare la macchina del cinema con la
realtà nell’incontro con un mondo mai raccontato così da
vicino.
Io
Capitano è un film di Matteo
Garrone, scritto da Garrone, Massimo
Ceccherini, Massimo Gaudioso, Andrea
Tagliaferri. Una coproduzione internazionale Italia
Belgio, una produzione Archimede con Rai Cinema e Tarantula con
Pathé, Logical Content Ventures con il supporto del Ministero della
Cultura, con la partecipazione di Canal+, Ciné+ in coproduzione con
TRBF (Belgian Television), Voo-Be Tv e Proximus, ha già iniziato il
suo viaggio nelle sale cinematografiche ieri, 7 settembre
distribuito da 01 Distribution.
Apple TV+ ha svelato il
primo teaser di Monarch: Legacy of Monsters,
l’attesissima serie di dieci episodi in arrivo il 17 novembre.
Basata sul
Monsterverse della Legendary e interpretata da Kurt Russell, Wyatt Russell, Anna Sawai,
Kiersey Clemons, Ren Watabe,
Mari Yamamoto, Anders Holm,
Joe Tippett ed Elisa Lasowski,
Monarch: Legacy of Monsters farà il suo debutto
con i primi due episodi, seguiti da un episodio ogni venerdì, fino
al 12 gennaio.
Dopo la fragorosa battaglia tra
Godzilla e i Titani che ha raso al suolo San Francisco e la
scioccante rivelazione che i mostri sono reali, Monarch:
Legacy of Monsters segue la vicenda di due fratelli che
ricalcano le orme del padre per scoprire il legame della loro
famiglia con l’organizzazione segreta nota come Monarch. Gli indizi
li conducono nel mondo dei mostri e, infine, nella tana del
coniglio dell’ufficiale dell’esercito Lee Shaw (interpretato da
Kurt Russell e Wyatt Russell), in un arco temporale che va dagli
anni ’50 fino a mezzo secolo dopo, quando la Monarch è minacciata
da ciò che Shaw sa. La drammatica saga – che abbraccia tre
generazioni – rivela segreti sepolti e i modi in cui eventi epici e
sconvolgenti possono riverberarsi nelle nostre vite.
Prodotto dalla Legendary Television,
Monarch: Legacy of Monsters è co-sviluppata e
prodotta esecutivamente da Chris Black e Matt Fraction. Matt
Shakman dirige i primi due episodi e funge da produttore esecutivo
insieme a Joby Harold e Tory Tunnell, per conto di Safehouse
Pictures, Andy Goddard, Brad Van Arragon e Andrew Colville. Hiro
Matsuoka e Takemasa Arita producono esecutivamente per conto della
Toho Co., Ltd., proprietaria del personaggio di Godzilla. La Toho
ha concesso i diritti alla Legendary per “Monarch: Legacy of
Monsters” come naturale conseguenza del loro rapporto a lungo
termine con il franchise cinematografico.
Il Monsterverse di Legendary
Entertainment è un epico universo di intrattenimento con storie
interconnesse che riuniscono le più titaniche forze della natura
della cultura popolare. Il pubblico assiste alla più grande
battaglia per la sopravvivenza dell’umanità, in lotta per salvare
il nostro mondo da una nuova realtà catastrofica: i mostri dei
nostri miti e delle nostre leggende sono reali. Iniziato nel 2014
con “Godzilla” e proseguito con “Kong: Skull Island” del 2017,
“Godzilla: King of the Monsters” del 2019 e “Godzilla vs. Kong” del
2021, il Monsterverse ha accumulato quasi due miliardi di dollari
ai botteghini di tutto il mondo ed è in continua espansione, con
l’attesissimo sequel “Godzilla x Kong: The New Empire”.
La serie si aggiunge all’offerta in
espansione di Apple
TV+ di dramedy sulla costruzione del mondo, tra cui la serie di
successo globale “Silo”; “Foundation”, basata sui pluripremiati
romanzi di Isaac Asimov e creata da David S. Goyer; “Invasion”, la
serie fantascientifica dei produttori Simon Kinberg e David Weil,
nominati agli Oscar® e due volte agli Emmy, e altro ancora.
Memory è il film del
regista messicano Michel Franco
in Concorso a Venezia 80. Il
tema centrale del film che da anche il titolo al lungometraggio è
ovviamente la memoria che fa da filo conduttore tra le storie:
“Non sapevo di stare girando un film sulla memoria fin quando
non l’ho finito. Mentre scrivevo e facevo ricerche ho realizzato
che il concetto della memoria continuava a ritornare in tutte le
pagine ed è poi il titolo che ho dato al film”, ha iniziato
Michel Franco. La memoria viene trattata in tutte le sue forme,
anche quando si tratta di perdita di memoria e in particolare della
demenza. “La mia più grande paura è perdere la memoria, la mia
mente. Se non sai chi sei, sei sempre te stesso ma se non ti
ricordi da dove vieni è quella la cosa che mi fa più
spaventare”, continua il regista.
Jessica Chastain e Peter Sarsgaard
in Memory
Memory tratta della demenza
che colpisce il personaggio di Peter
Sarsgaard. L’attore si è commosso oggi parlando di suo
zio che soffriva di CTE (encefalopatia traumatica cronica) ed è
morto durante la Covid. “Si tratta di una persona che è stata
molto importante nella mia vita, quindi ho sentito come una cosa
magica il fatto che mi sia stato chiesto di interpretare qualcuno
che ha avuto la demenza – a 52 anni, mio zio l’ha avuta a 48… Il
suo spirito di positività e amore e grazia e perdono, anche fino
alla fine. Ho pensato che fosse bellissimo“.
Jessica
Chastain ha dichiarato di essere stata colpita dalla
sceneggiatura di Memory e “dall’assenza di qualsiasi
cliché. Mi ha commosso molto la storia di questa donna che ha
vissuto il trauma della sua vita davanti a sé… e questo l’ha chiusa
al mondo. In sostanza, ha smesso di vivere. È stato bellissimo
assistere al suo viaggio per imparare a vivere di nuovo“.
Lo sciopero
“Ero molto nervosa all’idea di
venire“, ha detto la Chastain, che indossava la maglietta nera
in supporto allo sciopero
SAG-AFTRA, rivelando che “in realtà alcune persone
del mio team mi avevano sconsigliato di farlo. Sono molto
consapevole di quanto sono fortunato. È una professione
meravigliosa quella che possiamo svolgere come attori. Ci viene
fatto credere di dover stare zitti per proteggerci. E spesso ci
viene detto e ricordato quanto dovremmo essere grati. Questo è
l’ambiente che, a mio avviso, ha permesso che gli abusi sul posto
di lavoro restassero incontrollati per molti decenni. Ed è anche
l’ambiente che ha imposto ai membri del mio sindacato contratti
ingiusti”, continua l’attrice premio Oscar.
“Sono qui perché la SAG-AFTRA è
stata esplicitamente chiara sul fatto che il modo di sostenere lo
sciopero è quello di postare sui social media, camminare sui
picchetti e lavorare e sostenere i progetti di accordo interinale.
È quello che il nostro consiglio nazionale e la nostra leadership
ci hanno chiesto di fare. E quando i produttori indipendenti, come
quelli qui presenti, firmano questi accordi provvisori, fanno
sapere al mondo e all’AMPTP che gli attori meritano un compenso
equo, che le protezioni dell’AI devono essere implementate e che ci
deve essere una condivisione dei ricavi dello streaming”,
conclude.
Con il titolo originale di
KobietaZ,Malgorzata Szumowska e
Michal Englert presentano il loro film in Concorso
a Venezia 80. Una
storia di accettazione e identificazione in tre atti, metaforici,
dove la protagonista Aniela si mette a nudo. Woman
Of, questo il titolo internazionale,
ripercorre quattro decenni di storia a partire da un momento molto
particolare vissuto in Polonia durante la guerra. Un racconto ampio
e commovente che ha richiesto molti anni di lavoro e di incontri
con persone transgender.
Protagonista è
Aniela (Małgorzata
Hajewska-Krzysztofik), che ha vissuto per quasi la metà
della sua vita come un uomo in una città di provincia e nel film
compie il suo faticoso viaggio verso la libertà. Lo stesso viaggio
e transizione che affronta diversi cambiamenti passando dal
comunismo alla dipendenza dalla Russia alla libertà. La città
diventa lo specchio di questi protagonisti in Woman Of,
che sarà distribuito in Italia da I Wonder Pictures.
Woman Of, la trama
Ambientato nel contesto della
trasformazione della Polonia dal comunismo al capitalismo, Woman Of
ripercorre 45 anni di vita di Aniela Wesoły, che vive più della
metà della sua vita adulta in una città polacca provinciale come
uomo. Il viaggio di Aniela alla ricerca della
libertà personale come donna trans rivela difficoltà nel matrimonio
e nella genitorialità, relazioni familiari tese e atteggiamenti
complicati nel suo ambiente, che la pongono costantemente in
situazioni impossibili. Quali scelte dovrà fare Aniela? Sarà pronta
a sacrificare tutto per diventare chi è veramente?
Nel racconto di Malgorzata
Szumowska e Michal Englert la vita Aniela
è divisa in tre atti. Cresciuto durante la guerra il giovane Andrej
è stato scartato dall’esercito per lo smalto ai piedi ma fino alla
mezza età questa cosa non lo aveva colpito quanto avrebbe dovuto. O
forse più che altro non sapeva come gestire la cosa. Andrej sposa
Iza, una giovane donna di cui si innamora perdutamente e
all’istante. Nel primo atto si ripercorrono dunque velocemente le
scene del loro corteggiamento e matrimonio fino ad arrivare a una
inquadratura fissa, dove tutti sono di spalle e festeggiano il
compleanno di Andrej. “Esprimi un desiderio”, sempre lo
stesso per 45 anni.
Identificazione
Attraversando varie fasi della vita
di Aniela passiamo anche per tappe storiche
importati in Polonia. Mentre lo schermo segna come data il 1989
vediamo che anche Andrej inizia a cambiare: il periodo di forte
libertà dato dalla caduta del Muro di Berlino porta alla luce il
vero io di Andrej. Contestualmente però i rapporti con la moglie,
prima focosi, iniziano a spegnersi. Non siamo ancora entrati nel
secondo atto, siamo ancora alla fase di negazione e rassegnazione
dove Aniela lotta contro sé stessa per trovare la
sua vera identità. In questo caso cercherà il parere di tutti i
medici per capire cosa c’è di sbagliato in lei, come possono
aiutarla. Non riscontrando nulla che non va inizia così una prima
fase di accettazione da parte di Andrej verso la sua nuova identità
che è ancora offuscata ai suoi occhi.
Cresciuto negli anni della guerra,
quando i sentimenti e le pulsioni andavano represse, la nuova fase
della vita di Andrej si apre dunque alla sperimentazione. Mentre
cerca di esplorare la sua nuova identità nella privacy di casa sua
Andrej ruba gli indumenti della moglie e di nascosto davanti lo
specchio cerca sé stessa. E si vede. Si riconosce. Inizia la
transizione in un periodo in cui ancora in Polonia tutto quello che
usciva fuori dai ranghi canonici veniva associato alla
schizofrenia.
Diventare autentici
Il percorso di transizione è
iniziato e così anche Aniela attraversa il secondo
atto della sua vita. Un atto di consapevolezza del proprio corpo.
Il cambiamento avviene anche tra le mura domestiche perché
Woman Of non si adatta alle norme sociali di una famiglia
tradizionale perché Aniela non si sente a casa
propria nel suo Paese, lo stesso che ha delle regole rigidissime
sulle pratiche di transizione. E ancora una volta la storia si
riflette simbolicamente nella storia della Polonia quando il film
riflette su quanto possa essere difficile comprendere un mondo in
rapida evoluzione.
Un film che sicuramente farà
discutere per i temi trattati e per la presenza così forte di
questa Polonia ancora così indietro cercando di opporsi
all’introduzione di cambiamenti che da tempo sono diventati la
norma in altre parti del mondo. Così una volta superato il nuovo
millennio entriamo nel terzo atto della vita di
Aniela, quella della completa accettazione e
ritorno alla situazione di partenza. Come un viaggio dell’eroe, la
situazione si ristabilizza ma inevitabilmente i personaggi ne
escono cambiati. La moglie e la famiglia imparano ad accettare la
nuova identità di Aniela che non ha più desideri
da esprimere al suo compleanno perché ha già tutto quello che ha
sempre desiderato.
L’80. Mostra
Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia sta
per giungere al termine e quest’oggi il regista francese
Stéphane Brizé ha presentato in anteprima alla
stampa il suo nuovo film Hors Saison. La trama di
questo suo nuovo progetto ruota attorno a Mathieu
(Guillaume Canet), che vive a Parigi, e ad
Alice (Alba
Rohrwacher) in una piccola località di mare nella
Francia occidentale. Lui è un famoso attore in procinto di
compiere cinquant’anni, lei un’insegnante di piano sulla
quarantina. Innamorati quindici anni fa, successivamente separati.
Il tempo è passato. Ciascuno ha preso la propria strada e le
ferite si sono lentamente rimarginate. Quando Mathieu va in una spa
per cercare di superare la malinconia che lo attanaglia, si imbatte
in Alice.
Brizé ha svelato
come mai, dopo essersi cimentato con vari film d’impianto sociale,
si sia dedicato a un film sull’amore: “La stessa domanda mi era
stata posta prima della trilogia Avevo gia affrontato tematiche
sentimentali esistenziali, il rapporto madre figlia, ad esempio,
come tutti gli esseri umani sono fatti di fasi diverse nella vita e
sento il bisogno di raccontare fasi diverse a seconda del tempo che
passa. Ho condiviso lo stato d’animo dei miei personaggi nel
provare una profonda disillusione, che mi ha molto provato sia sul
piano emotivo che fisico e sentivo la necessita di respirare come
loro. Tutti noi abbiamo vissuto l’esperienza di una pandemia che ha
costretto noi esseri umani, portati naturalmente al movimento, a
stare fermi, chiusi nelle noste case, a fare i conti con quesiti
esistenziai che ci hanno dato un senso di vertigine. Un momento
della vita molto vero che io ho sentito la necessita di
raccontare“.
In Hors Saison, è
evidente che il regista ha apportato modifiche stilistiche rispetto
alla maniera in cui è abituato a girare, pensando alla macchina a
spalla dei film della trilogia: “Il film è fatto anche dai
movimenti della macchina da presa e si prestava a una fissità delle
inquadrature che sono comunque di formato diverso, campi molto
larghi e personaggi piccoli rispetto al contesto in cui si trovano,
quasi a deridere le loro vicissitudini umane“, ha
spiegato.
Alba Rorhwacher ha invece ricordato il suo
primo incontro con la sceneggiatura del film: “Quando ho letto
la sceneggiatura la storia mi ha molto coinvolto: ho trovato
un’aderenza nel modo in cui lui scriveva con la mia vita. Mi ha
coninvolta, fatto piangere e ridere allo stesso momento. Il copione
era molto potente e poi, durante questo film, ho incontrato un
grandissimo regista con una visione molto precisa di quello che
raccontava e io mi sono totalmente affidata nelle sue mani perche
sentivo che erano delle mani che mi potevano reggere. Io che ho
paura, sempre, non ho avuto paura. I confini miei si sono confusi
con quelli del personaggio in totale armonia. La ricerca di
Stéphane è la ricerca di una verità che io raramente trovo nel mio
lavoro, mi è sembrato un miracolo e mi sono perduta. Anche
Guillaume si è perduto nel lavoro di Stéphane e
questo è il miracolo che accade nel nostro mestiere, raramente, per
cui io dico ‘ecco perche lo faccio’“.
L’attrice ha poi raccontato come è
stato lavorare assieme a Guillaume Canet:
“Guillaume è un’anima gentile, abbiamo fatto un viaggio assieme
dentro le mani di Stéphane. Ricordo la sua pazienza, il suo sguardo
sempre attento, quando ieri ho rivisto il film mi ha straziato il
ritratto che ha fatto del suo personaggio, la grazia con cui con
poco ha raccontato questo residuo interiore enorme per lui e cosi
quasi sciocco per altri. Ci siamo entrambi affidati a Stéphane e
siamo diventati quello che lui ci ha chiesto di diventare. Quando
succede questo è un qualcosa di unico che poi rimane nel lavoro. Io
ieri ho guardato questo lavoro per la prima volta e ne ho
riconosicuto la grandezza del processo lavorativo in quello che è
diventato il film“.
Infine, Brizé si è
esposto su una tematica attualissima e che rispecchia anche
l’atmosfera in cui la trama del suo film prende piede: gli scioperi
della SAG-AFTRA e della WGA: “Trovo assolutamente straordinario
questo sciopero in un paese che fatica ad avere una rappresentaza
sindacale, il fatto che un’industria come quella dello spettacolo
si blocchi in un paese come gli Stati Uniti è un qualcosa di
straordinario. Valgono tutte le regole di qualsiasi sciopero, anche
Alba e io siamo operai artigiani nella scrittura e nella
recitazione. Chiaro che diventa uno sciopero spettacolare perchè
coinvolge un’azione che è emblematica della mercificazione del
nostro mondo, affondata da in criterio di reddittività e profitto,
ed è un’aberrazione che ha raggiunto livelli insostenibili. Siamo
di fronte sicuramente uno sciopero potente, ci vuole coraggio come
in tutte le altre forme di sciopero. Il mio sogno sarebbe che
questo sciopero arrivasse a coinvolgere il mondo intero e tutti i
settori industriali del capitalismo“.
Un regista che definiremmo
“surrealista” come Quentin Dupieux,
paradossalmente, firma con Daaaaaali! il suo film
più riflessivo, seppur stravagante dal punto di vista formale e
narrativo. Presentato fuori concorso alla
Mostra del Cinema di Venezia 2023,
Daaaaaali! è un “non-film” sul padre del
surrealismo Salvador Dalí, in cui l’impossibilità
di raccontare la vita dell’artista si fonde perfettamente con la
tendenza di Dupieux a sminuzzare il racconto
cinematografico, a rielaborarne le forme e sregolarlo. Nel cast,
Anaïs Demoustier, Gilles
Lellouche, Édouard Baer,
Jonathan Cohen, Pio Marmaï,
Didier Flamand, Romain Duris.
Daaaaaali!: un’intervista impossibile
Nel corso di
Daaaaaali! seguiamo una giornalista senza nome
(interpretata da Anaïs Demoustier) che vuole
intervistare quest’artista poliedrico, con l’intenzione di girare
un film sulla sua vita e le sue idee. Tuttavia, ogni incontro, ogni
tentativo di far parlare il maestro si rivela inutile: scappa
l’artista e scappa anche il film, proponendosi come un loop
infinito, una caccia al tesoro senza meta che dà le vertigini:
Dalí è ovunque e in nessun luogo. Il film di
Quentin Dupieux è un racconto che indaga la figura
di Dalì più che altro come genio della comunicazione, oltre il
Dalì artista, rifacendosi direttamente al modo in
cui egli cercava costantemente di sfuggire alla sua immagine
giocando con essa.
Ci troviamo davanti a un non-film su
Dalí per un uomo che non avrebbe mai voluto e non
è mai stato possibile incasellare: Dalí come un’utopia scomparsa,
sia come uomo che come artista, appartenente a un modo in cui
l’arte occupa una posizone centrale, gli artisti sono sulle pagine
dei giornali e in televisione. Non hanno paura di essere
provocatori, assurdi, anche imbarazzanti. Tuttavia, l’arte è
scomparsa dalla nostra vita moderna e Dalí rimane un ricordo del
subconscio potenziato. È stato uno dei primi artisti ad assumere e
promuovere la sua libertà come forma d’arte. C’è una sorta di
sincerità nella sua follia, Dalì non rispetta
nessuna regola, cerca, inventa, a volte fallisce, ma sempre in
maniera inedita: un modus operandi che rispecchia in qualche modo
anche quello di Dupieux, che cerca di avvicinarsi
a questo aspetto di laboratorio nel suo personale parco giochi
cinematografico. Evocando Dalí, Dupieux si è
concesso il diritto di lasciare che l’inconscio prendesse il
controllo della scrittura. Daaaaaali! è un film
molto scritto, molto strutturato ma libero dalla necessità di
“raccontare“: un film che si metamorfizza, in cui
l’immagine racconta la storia.
Si può ancora parlare di surrealismo?
La giornalista senza nome
(Anaïs Demoustier) si definisce normale,
abbastanza noiosa, eppure sarà l’interlocutrice di una figura
straordinaria che, vessandola e sminuendo il suo lavoro, la porrà
sul gradino dell’attenzione, qualcosa a cui non era mai stata
abituata. Dalì “muore di sete“, sete di
vita e sete egocentrica di un artista vanesio oltre ogni limite. Si
fa attendere, ci mette ore a percorre il corridoio dell’hotel in
cui verrà intervistato dal personaggio della
Demoustier, perché la sua figura non si adatta a
nessun tempo e luogo in cui siano presenti altre persone.
Quello di Quentin
Dupieux è un Salvador Dalì mutaforma, che
non sopporta che gli venga fatto perdere tempo, lo stesso concetto
su cui ha plasmato gran parte delle sue opere più conosciute. A un
certo punto farà tutto al contrario, andrà avanti e indietro nel
tempo per cercare di trattenere la sua immagine, fermarla nel
tempo, come la firma con cui si appropria di un dipinto non suo
pensando che basti a identificarla per sempre come “un
Dalì“.
Emerge l’idea che il surrealismo non
abbia più significato nel mondo attuale: all’epoca di
Dalí era una battaglia, un desiderio di cambiare
il mondo, un modo di guardarlo in modo diverso. Oggi, il termine
“surreale” si è sostituito o amalgamato a tanti altri per definire
qualcosa di fuori dagli schemi o che fatichiamo a comprendere.
Daaaaaali! è un gioco, un esperimento, un
tentativo di fare cinema in modo diverso, un modo di evocare Dalí e
rifiutarsi di prendere le cose troppo sul serio, nel tentativo di
proporre l’arte nel suo aspetto più fisico e irrazionale.
I Marvel Studios devono ancora
annunciare un regista per quello che potrebbe rivelarsi il più
grande film del MCU di tutti i tempi, Avengers: Secret
Wars, ma una nuova voce ora sostiene che Kevin Feige
potrebbe affidare la regia di quel titolo ad un regista dietro un
recente sequel del MCU. Un precedente rapporto indicava infatti che
lo studio starebbe cercando registi con una certa esperienza per
garantire che i prossimi progetti, estremamente ambiziosi, siano in
mani sicure. Tra i nomi ad oggi fatti spiccano Jon Favreau
(Iron Man) e Ryan Coogler
(Black Panther).
Si dice che anche il regista di
Shang-Chi e la Leggenda dei
Dieci Anelli, Destin Daniel Cretton, che
dirigerà Avengers: The Kang
Dynasty, sia tenuto in grande considerazione.
Tuttavia, secondo ComicBookMovie.com, Sam
Raimi, regista di Doctor Strange nel
Multiverso della Follia è ad ora emerso come la
“migliore scelta” dello studio per il film conclusivo della
Multiverse Saga. Il sequel di Doctor
Strange è infatti stato accolto con recensioni piuttosto buone
(73% su Rotten Tomatoes) e, sebbene si sia rivelato un po’
controverso tra i fan dell’MCU, ha incassato oltre 950 milioni di
dollari in tutto il mondo.
Naturalmente, Raimi è noto per aver
anche diretto la trilogia originale di Spider-Man, ancora
oggi considerata in modo estremamente positivo tra i fan. Non ci
sono però ancora conferme a riguardo, mentre sappiamo che lo
sceneggiatore di Doctor Strange nel Multiverso
della FolliaMichael Waldron è stato
assunto per scrivere la sceneggiatura alla fine dell’anno scorso,
ma non abbiamo idea di quanti progressi siano stati fatti da
allora, e una voce recente indicava che in realtà egli si sia
separato dal progetto.
Come riportato da Variety, l’attore Danny
Masterson è stato condannato a 30 anni di carcere dopo
essere stato giudicato colpevole di stupro all’inizio di
quest’anno. Masterson, meglio conosciuto per aver recitato nella
sitcom di successo della Fox “That 70’s Show” e in
“The Ranch” di Netflix, stava da tempo affrontando una potenziale
condanna da 30 anni all’ergastolo, cosa che si è poi
concretizzata.
L’attore, che sostiene la sua
innocenza, è stato condannato per due delle tre accuse di stupro
forzato lo scorso maggio. Masterson è stato accusato di aver
violentato tre donne nella sua casa di Hollywood Hills tra il 2001
e il 2003, durante il periodo in cui era in “That 70’s
Show“. La giuria lo ha dunque condannato per aver violentato
due donne nel 2003, ma non è riuscita a raggiungere un verdetto su
un’accusa del novembre 2001 che coinvolgeva un’ex fidanzata,
sebbene i giurati abbiano votato a favore della condanna.
Entrambi i processi hanno inoltre
gettato luce sulla Chiesa di Scientology, di cui Masterson è
membro, con il verdetto che ha dunque segnato una sorprendente
caduta per uno dei membri più importanti di Scientology. Tutte e
tre le vittime erano a loro volta membri della chiesa al momento
delle aggressioni, ma da allora hanno dichiarato di non farne più
parte.
Le tre hanno inoltre affermato – sia
durante la sentenza che nelle testimonianze – che la chiesa le ha
dissuase dal denunciare Masterson alla polizia. I pubblici
ministeri hanno sostenuto durante tutto il processo che Masterson
aveva approfittato della sua posizione nella chiesa per violentare
le donne senza timore di ripercussioni e che la chiesa proibiva
alle donne di rivolgersi alla polizia per denunciare una violenza
sessuale.
Dopo la sentenza, l’avvocato di
Masterson ha detto ai giornalisti fuori dal tribunale che intende
presentare appello contro la sua condanna. “Gli errori che si
sono verificati in questo caso sono sostanziali e sfortunatamente
hanno portato a verdetti non supportati da prove“.