Léa
Seydoux è una delle attrici di punta del suo paese
d’origine, la Francia, ma nel tempo è passata con successo anche a
Hollywood in franchise come James
Bond (“Spectre”
e “No
Time To Die“) e “Dune” (dove ricopre il ruolo di Lady Margot
Fenring). Ma la Seydoux ha recentemente dichiarato ad
Harper’s Bazaar U.K. che trova molto più facile essere
un’attrice in Europa che non in America.”L’industria americana,
la trovo dura nei confronti delle donne“, ha detto la Seydoux.
“Per le donne è difficile invecchiare. Non voglio avere paura
di non essere desiderabile o di perdere il mio contratto. In
America è una questione economica, e quando diventa una questione
di soldi si perde la libertà”.
“Non mi sento a mio agio con il
fatto che si debbano spuntare tutte le caselle. Essere una donna
sullo schermo è più facile in Europa“. “Ho più libertà
perché sono un’attrice europea, il che mi si addice“, ha
continuato la Seydoux. “Non cerco di essere popolare, cerco
solo di divertirmi. In America devi conformarti. Ma non voglio
adattarmi al sistema, voglio che il sistema si adatti a me!“.
Léa Seydoux ha anche aggiunto che “è difficile per una persona
che non è totalmente americana essere protagonista di un film di
Hollywood” e che lei “prende quello che trova” in
termini di ruoli nei grandi film dello studio.
L’attrice non rigetta però del tutto
il suo lavoro negli Stati Uniti e aveva comunque dichiarato a
IndieWire nel 2022 che uno dei
motivi per cui le è piaciuto venire a Hollywood a fare film è
perché “sento che in America le persone hanno più
immaginazione“. “Mi sono stati offerti film molto, molto
lontani da quello che ho fatto e ho pensato: “Oh. Interessante”. Mi
piace sentire che posso adattarmi. Per me, questo è molto
esotico“, ha aggiunto all’epoca. “Faccio i film che vorrei
vedere. È l’unico modo che scelgo“. Attualmente, Léa Seydoux è
al cinema con Dune – Parte
Due (qui
la nostra recensione).
In una recente intervista con NME, durante la
promozione di Dune – Parte
Due (qui
la nostra recensione),
Timothée Chalamet ha dichiarato di volere che l’Elvis Presley
di Austin Butler (visto in Elvis)
appaia nel prossimo film di James Mangold su
Bob Dylan, A
Complete Unknown, dove Chalamet sarà chiamato ad
interpretare proprio il celebre cantautore premio Nobel. “Non
vedo l’ora che arrivi quel film“, ha detto Butler a proposito
del progetto su Dylan. “Vorrei essere sul set tutti i giorni
per vedere la magia che accade“.
“Vorrei che ci fossi anche
tu!“. Ha risposto Chalamet. “C’è un personaggio di Elvis
nel biopic su Johnny Cash [Quando l’amore brucia
l’anima, con Joaquin Phoenix]. È davvero breve, molto
breve, ma desideravo che potessimo creare un Musical Cinematic
Universe“. “Ho scrutato il cervello di Austin senza sosta,
ma mi sento – lasciamo che il mio film esca prima di essere così
fortunato da essere incluso con Austin, ha fatto un lavoro così
fenomenale“, ha poi detto Chalamet, quando gli è stato chiesto
se lui e Butler hanno avuto conversazioni l’uno con l’altro
sull’interpretazione di leggende della musica.
“Ma mi sento orgoglioso anche di
questo, perché sono due artisti che – non posso parlare dal punto
di vista di Elvis, ma nel profondo della tradizione Bob Dylan aveva
un enorme rispetto per Elvis e la Sun Records“. Chissà se un
progetto di questo tipo potrebbe effettivamente prendere vita in
futuro, considerando anche il successo riscontrato dai film
Bohemian
Rhapsody (Queen), Rocketman
(Elton John) e Bob Marley
– One Love (Bob Marley). Per ora, Chalamet e Butler
possono essere visti mentre condividono la scena in Dune – Parte
Due, attualmente in sala.
Timothée Chalamet sarà Bob Dylan in
A Complete Unknown
Il biopic su Bob
Dylan, intitolato
A Complete Unknown, sarà diretto da James
Mangold. Avrà come protagonista Timothée Chalamet nel ruolo della stella del
folk e vedrà anche la partecipazione di Elle Fanning nel ruolo dell’artista e
interesse amoroso di Dylan, Sylvie Russo. Edward Norton interpreterà invece il ruolo del
musicista Pete Seeger.
A Complete Unknown si concentrerà sui giorni di
maggiore trasformazione della carriera di Dylan. Seguendo il
giovane cantante folk e la sua chitarra per le strade e i
palcoscenici di New York nel 1965, quando Dylan sostituì la sua
acustica con un’elettrica e portò un nuovo sound nel settore.
Anche la storia d’amore tra Dylan e
Russo sarà collegata al film, dato che i due erano apparentemente
inseparabili durante questo periodo della loro vita e si servivano
l’un l’altro come muse. Possiamo aspettarci che una buona parte del
film si concentri sulla creazione e sull’uscita del quinto album di
Dylan, Bringing It All Back Home, perché è stato allora è
salito davvero alla ribalta con il brano classico “Like a
Rolling Stone“.
Leggende della storia del cinema,
autori alla loro opera prima, interpreti ambiziosi, film ad alto
budget, campioni di incassi, bizzarre esternazioni di cinema
europeo, l’orrore della Storia e del quotidiano, l’umanità perduta
che si stringe e si aiuta. I dieci titoli nominati agli
Oscar 2024 nella categoria più ambita,
quella di Miglior Film, rappresentano
raramente così bene lo stato dell’industria e della
contemporaneità.
Anche se la stagione dei premi di
quest’anno, che si concluderà la notte tra il 10 e l’11
marzo 2024, sembra indicare una rotta di navigazione che
punta dritta al cuore dell’esplosione atomica di Oppenheimer,
la Road to Oscar 2024 al Miglior Film è
estremamente interessante ricca da raccontare, e quindi ecco di
seguito i dieci titoli di categoria.
Arrivato in Italia
direttamente su Prime Video lo
scorso 27 febbraio,
American Fiction è uno di quei film di cui Oltreoceano
si parla già dallo scorso autunno. Adattamento di
Cancellazione, di Percival
Everett (che torna in Italia dal 15 marzo dopo essere
andato fuori catalogo da anni), il film è un’opera prima dello
sceneggiatore Cord Jefferson e si avvale di uno
degli attori più sottostimati di Hollywood che, grazie alla sua
interpretazione del protagonista Monk, ha finalmente entrato nel
cono di luce della ribalta e ha ottenuto la sua prima nomination
agli Oscar: Jeffrey Wright.
Il film è forse l’outsider di
categoria, dal momento che pur avendo ricevuto 5 nomination (attore
protagonista, non protagonista, film, colonna sonora e
sceneggiatura adattata), è una sorta di meta storia sul valore del
racconto e della rappresentazione nella società statunitense
contemporanea. Partendo da un presupposto geniale e splendidamente
portato sullo schermo,
American Fiction annacqua la sua propulsione iniziale
e si adegua su toni della commedia degli equivoci, banalizzando poi
il brillante incipit. Nonostante questo, il film è comunque
arricchito dalle performance nominate e da una scrittura, anch’essa
nominata, briosa e intelligente. Le speranze di portare a casa un
premio sono quasi nulle, ma per questo titolo sembra già importante
essere in compagnia dei contendenti di categoria.
A ragione il colpo di
fulmine di Hollywood per il cinema europeo di quest’anno, Anatomia di una caduta ha cominciato la
sua marcia trionfale al Festival
di Cannes 2023, dove ha conquistato la
Palma d’Oro e ha stregato tutti, tranne i francesi, a quanto
pare, che come film scelto per concorrere nella cinquina del
miglior film internazionale hanno scelto The Taste of
Things di Trần Anh Hùng. Non sono quindi
finiti nella cinquina dove fa capolino l’Italia con Io
Capitanodi Matteo
Garrone, ma il film di Justine Triet ha
fatto comunque una gran bella figura con le sue cinque nomination.
Oltre che per il Miglior Film, concorre infatti per la migliore
sceneggiatura (premio che ha virtualmente già in tasca a questi
Oscar 2024 e che replicherebbe il successo dei
Golden Globes), per il montaggio, per la regia (Triet è l’unica
donna in cinquina) e per la
Migliore Attrice protagonista, la splendida Sandra
Huller.
Saggio antropologico, thriller
procedurale, indagine sulle relazioni di coppia, sulla verità e la
menzogna, che oscilla tra il dramma e l’ironia, Anatomia di una caduta è sicuramente uno dei
migliori film dell’anno, che dovrà “accontentarsi” del premio alla
sceneggiatura e forse potrà insidiare il riconoscimento al
montaggio di Oppenheimer
per come Triet ha costruito il ritmo della sua storia in maniera
sapiente e raffinata. Sicuramente la presenza del film francese in
categoria è un segnale e una conferma importante: il cinema che
arriva all’Academy non è più soltanto fatto di grandi opere ad alto
budget, ma il cinema indipendente e europeo arriva sempre con
maggiore frequenza a questi livelli di Hollywood. E questo
permette agli Oscar di fotografare meglio il nostro
tempo.
A proposito di fotografie
del nostro tempo, la commedia che ha sbaragliato la concorrenza al
box office della scorsa stagione arriva al Dolby
Theatre con ben otto candidature ma con poche
speranze di vittoria se non nella categoria dedicata alla
migliore canzone originale, in cui concorre con
due titoli, I’m just Ken e What I was Made For?.
Il film è stato suo malgrado la pietra dello scandalo all’indomani
dell’annuncio delle
nomination, dal momento che né Margot Robbie né Greta
Gerwig hanno ricevuto le nomination agli Oscar
2024 sperate (per la
Migliore Attrice protagonista e per la
regia), nonostante il fatto che entrambe siano nominate per il
Miglior Film (Robbie è anche produttrice) e per la
Migliore Sceneggiatura adattata che Gerwig ha firmato insieme a
Noah Baumbach.
Ebbene, la satira politica contro il
patriarcato in un mondo di perfezione di plastica che ha fatto
battere il cuore a milioni di spettatori e ha animato dibattiti e
infervorato le conversazioni della critica e del pubblico si è
sgonfiata, arrivando ad assumere le giuste dimensioni di fenomeno
di costume, enorme successo al box office e commedia brillante che
soprattutto nella prima parte spara i suoi colpi migliori. Molto
difficile che riesca a battere la concorrenza del suo “nemico”
naturale, Oppenheimer,
che invece sembra avviato come un proiettile verso il gradino più
alto di Hollywood.
Se c’è una cosa che
Alexander Payne sa fare è raccontare la
delicatezza dell’animo umano anche nelle situazioni più ruvide. E
così il suo
The Holdovers è un film destinato a rimanere sul fondo
del cuore, a riscaldare e fare compagnia, a far sperare che esiste
a questo mondo un posto per tutti. Il film arriva al Dolby Theatre
con cinque nomination e molto probabilmente porterà a casa il
premio a Da’Vine Joy Randolph per la
migliore attrice non protagonista agli Oscar
2024. L’interpretazione di Randolph è effettivamente
il collante tra le varie esistenze che vengono messe alla prova
nella storia e, come una madre e sorella, riesce a dare calore a
questa insolita famiglia di fortuna che rappresenta il cuore
pulsante della storia.
Il percorso di
The Holdovers è cominciato al Telluride Film
Festival 2023, dove ha da subito sciolto il cuore degli
spettatori e ha continuato a raccogliere consensi sia in sala, dove
ha performato bene, anche da noi, quando è arrivato a metà gennaio
2024, sia nel corso della stagione dei premi, che ha affrontato da
grande protagonista, grazie soprattutto alla citata Randolph e a
Paul Giamatti, vero e proprio sfidante di
Cillian Murphy per il premio al
migliore attore protagonista. È davvero difficile prevedere se
il film di Payne riuscirà a spuntarla in qualche altra categoria,
ma è certo che è il feel good movie che contribuisce a
rendere vario e completo il panorama cinematografico di questo
stellare anno di cinema.
Siede comodamente nell’Olimpo del
cinema e della sua Storia, tuttavia questo non lo rende pigro.
Martin Scorsese è tornato alla regia dopo il
denso e significativo The Irishman e si è avventurato lì dove non
era ancora mai stato: il western. Ma in quanto maestro del
gangster movie, Scorsese decide di girare un film ibrido
che per ambientazione abbraccia le storie della fondazione
americana e per sviluppo e trama è invece un vero e proprio
mob-movie con tanto di
Robert De Niro che riesce a guadagnare l’ennesima
nomination agli Oscar.
Se dovessimo parlare esclusivamente
in termini di grandezza di visione e di bellezza cinematografica,
Killers of the Flower Moon è il film che avrebbe
portato a casa qualsiasi statuetta. Questo non accadrà. Le sue
dieci nomination sono comunque un’attestazione di stima e merito da
parte dell’Academy, che in fin dei conti però potrebbe assegnare al
film di Scorsese soltanto un premio, quello a
Lily Gladstone per la sua interpretazione di Mollie
Kyle, se
Emma Stone glielo concedesse. Con o senza premi, il
film dimostra ancora una volta che Scorsese è uno dei più grandi
registi viventi, capace di guizzi di creatività che menti più
fresche e giovani si sognano, con uno stile sontuoso e solido,
sempre alla ricerca di territori nuovi da scoprire e raccontare,
senza mai giocare in difesa, senza mai
risparmiarsi.
Quando arrivò in rete il primo
trailer di A Star is Born, nel giugno del 2018, uno dei
primi cartelli del breve video recitava “dal regista
Bradley Cooper”. Non senza un pizzico di presunzione,
Cooper dava per assodato di poter essere già riconosciuto come un
regista, o forse è quello che hanno pensato bene di fare coloro che
erano addetti alla promozione del film. Fatto sta che il film
uscito ha reso onore all’attore/regista, dal momento che il film
con Lady Gaga è più che dignitoso. Ma il sentiero
era stato tracciato e ora
Bradley Cooper è a tutti gli effetti un autore.
Che si sforza tanto di fare bella figura con i grandi di Hollywood.
E questo sforzo si vede.
Maestro,
il biopic dedicato al grande Leonard Bernstein, è
il frutto di uno sforzo enorme di
Bradley Cooper che scrive, dirige, produce e recita e
cerca in tutti i modi di farsi prendere sul serio dai suoi colleghi
del mondo del cinema. Purtroppo questa sua infantile
ambizione a farsi bello agli occhi dei grandi offusca
quello che poteva essere davvero un’esperimento interessante, dal
momento che la vita di Bernstein, artistica e personale, è stata
davvero intrigante. Cooper non riesce ad approfondire nessuna delle
due, sacrificando al suo ego pure la straordinaria
Carey Mulligan, che nel film interpreta sua moglie e
che brilla, nonostante tutto. Il film ha raccolto molte nomination
in questa stagione dei premi, comprese sette candidature
agli Oscar 2024. Potrebbe riuscire a conquistare la
statuetta per il miglior trucco, per… un naso.
È il film dell’anno.
L’incursione di
Christopher Nolan nel biopic è sicuramente il titolo
che ha destato maggiore interesse e meraviglia in questa stagione
dei premi, e le sue 13 nomination agli Oscar
confermano che è stato il preferito anche dall’Academy. Il film che
racconta la vita di J. Robert Oppenheimer, l’uomo che ha inventato la
bomba atomica, è esso stesso un ordigno, o meglio è così che Nolan
lo ha costruito. Da sempre appassionato di meccanismi mentali,
temporali e spaziali, il regista di Memento ha de-costruito ancora
una volta la linearità del tempo, raccontando i piani sovrapposti
dell’esistenza del suo protagonista, dall’euforia della scoperta
alla atterrita consapevolezza di aver creato un meccanismo di
morte.
Nella sua visione globale e
totalizzante, Nolan potrebbe davvero aver realizzato un film che
parla alla contemporaneità, raccontando l’uomo che deve fare i
conti con le proprie ambizioni e con le conseguenze delle proprie
azioni. Oppenheimer
è effettivamente il film che potrebbe portare a casa il massimo
riconoscimento agli Oscar 2024, quello con
maggiori possibilità di vincere, così come il suo regista e
probabilmente i suoi attori. In caso le cose dovessero andare così,
sarebbe un trionfo annunciato ma non certo immeritato.
Come
American Fiction, anche Past
Lives è un’opera prima che ha stregato il
pubblico statunitense e che ha fatto lo stesso nell’istante in cui
è arrivato in Italia. Presentato in pompa magna al
Sundance dello scorso anno, è arrivato nelle sale
del nostro Paese il 14 febbraio, un perfetto film di San Valentino,
volendo banalizzare, ma anche una riflessione delicata e toccante
sulle distanze, il cercarsi e il rincorrersi. Celine
Song si destreggia con eleganza e intuizione tra una
sceneggiatura toccante e solida e una regia piena di idee e molto
raffinata.
Dei dieci titoli di categoria, è
forse il film che è arrivato a questa nomination con maggiore
sorpresa, sebbene le sue speranze di portare a casa un premio siano
riposte maggiormente nella categoria per la
migliore sceneggiatura originale. È infatti probabile che il
segreto di questo film, tanto amato persino da Guillermo
Del Toro che lo ha citato tra i suoi preferiti di
quest’anno, risieda proprio nella sapienza riversata nella
scrittura: ogni scelta e azione è equilibrata, ogni significato
reso denso dai silenzi e dagli sguardi. Past
Lives è un inizio promettente che mette Song sotto i
riflettori e ci fa aspettare con ansia la sua prossima storia per
il grande schermo.
Dopo le 10 candidature
agli Oscar per La Favorita, Yorgos Lanthimos
conferma la sua storia d’amore con l’Academy e sale a 11 nomination
per Povere
Creature! Il film ha conquistato il mondo al suo
esordio, quando a settembre del 2023 ha conquistato il Leone d’Oro alla Mostra del cinema di
Venezia. Sulla scena pubblica si è comportando
altrettanto bene, riscontrando anche un grande successo di
pubblico. Si dice che il film racconti la stessa storia
di Barbie,
ma con il sesso. Nel film Bella Baxter è proprio come una delle
bambole Mattel che però fa anche esperienza della carne e
annichilisce i suoi creatori, tutti uomini, uccide il patriarcato e
trova la sua via di donna libera. Non una lettura sbagliata, ma
incompleta per il percorso che compie il personaggio di
Emma Stone nella mente di Lanthimos (e di
Alasdair Gray, autore dell’omonimo romanzo da cui
il film è tratto).
Ridurre il percorso di Bella a una
mera esplorazione del suo corpo e della sua sessualità sarebbe come
banalizzare il percorso esplorativo che compie la donna. Il
principio che guida le sue azioni è la curiosità: la sua
mente acuta da esploratrice la spinge a portare avanti una ricerca
completa e totale dell’esperienza e del sapere umano, a partire dal
primo territorio di scoperta di cui ognuno di noi dispone, ovvero
il proprio corpo. E così prosegue, intercettando nel suo percorso
la filosofia, le relazioni, il viaggio, il piacere altrui e, alla
fine, persino il male incarnato dal marito della sua vita
precedente. Lanthimos arricchisce questo percorso dritto e chiaro
con una messa in scena caratteristica, di costumi distintivi e
della costruzione di un mondo senza tempo che accoglie Bella,
ovvero
Emma Stone, il cuore pulsante del film, e, insieme a
Lily Gladstone, è senza dubbio la favorita alla
statuetta per la
migliore interpretazione femminile.
Si tratta forse del film
più importante arrivato al Dolby Theatre quest’anno. Con cinque
nomination, tra cui quella di
Migliore film internazionale,
Migliore regia,
Migliore sceneggiatura e Miglior sonoro, La
Zona di Interesse potrebbe essere uno dei maggiori
vincitori della notte del 10 marzo. Se nella categoria principale
ha davvero poche speranze, il film di Glazer ha buone probabilità
di portare a casa il premio al
Migliore film internazionale e ha discrete chance anche per la
sceneggiatura e per il sonoro, vero cuore del film, un’opera
d’arte a se stante di composizione di piani e umori in un film in
cui il non visto è evocato perfettamente dai rumori che
arrivano da fuori campo, da oltre il muro.
Il film racconta la quotidianità del
male, la sua banalità, il modo in cui una famiglia di una SS vive
la sua prossimità a un campo di sterminio come se fosse un luogo
come un altro. Il problema di sterminare gli ebrei diventa una
necessità per fare carriera, i fumi dei forni uno scomodo
inconveniente, i residui di cenere nell’adiacente fiume un fastidio
da evitare, la ricerca di metodi più efficaci di sterminio un modo
diretto verso una promozione sicura, l’angolino di paradiso
addossato al muro di cemento che nasconde l’orrore un privilegio da
custodire. Con un punto di vista particolare e sperimentale,
Jonathan Glazer conferma il suo occhio indagatore
sul mondo e purtroppo anche su una contemporaneità che ha perso la
memoria del passato e sembra sempre più propensa a continuare a
discriminare e innalzare muri.
Chi vincerà l’Oscar 2024 al Miglior Film?
La corsa all’Oscar 2024
per il Miglior Film non sarà una gara particolarmente avvincente,
semplicemente perché Oppenheimer
di
Christopher Nolan è il film che non sembra avere
rivali. Dai Golden Globes ai PGA, passando per i BAFTA, il biopic sul padre della bomba atomica
ha fatto un percorso pulito e l’appuntamento al Dolby Theatre lo
vedrà probabilmente trionfare. Trai film che potrebbero avere delle
possibilità di ostacolare la sua scalata a Hollywood ci potrebbe
essere forse La
Zona di Interesse, oppure un colpo di coda di Povere
Creature!.
Non dovremo aspettare ancora molto
per avere l’esito delle votazioni dell’Academy. L’appuntamento è
con Jimmy Kimmel, al Dolby Theatre la notte tra il
10 e l’11 marzo 2024, in Italia in diretta su RaiUno.
Sean Gunn, che nell’MCU ha fornito i movimenti per
Rocket e ha interpretato Kraglin, è ora pronto a seguire suo
fratello James
Gunn e debuttare nel DC
Universe. Qui egli ha in realtà già ben tre ruoli, in quanto è
la voce di Weasel e GI Robot in
Creature
Commandos, ma il ruolo più importante sarà quello di
Maxwell Lord, anche se l’attore sembra non poter
ancora effettivamente confermare che si tratti di questo
personaggio. “L’altro che hai menzionato – che non sono sicuro
di poter ancora tecnicamente menzionare pubblicamente, anche se
ovviamente la voce è uscita – tutto ciò che posso dire è che quel
personaggio è un po’ più radicato nell’essere“, ha detto Gunn
in una chiacchierata con ScreenRant.
“Molto più radicato, ovviamente,
come essere umano. Quindi è un personaggio che affronterò in modo
più tradizionale“. Gunn ha parlato anche degli altri due ruoli
che sta interpretando nel DCU, affermando di essere “ben
attrezzato” per destreggiarsi tra più personaggi in qualsiasi
momento. “E persino io, che sono un attore molto caratterista,
ho fatto tanti tipi di cose diverse e strane. Quindi, oltre ai tre
personaggi che hai citato, ho tre diversi film indipendenti che sto
facendo, a partire dalla prossima settimana e nel corso dei
prossimi mesi. Quindi ci sono un sacco di personaggi che sto
cercando di gestire, tutti“, ha aggiunto Gunn.
Ha poi fatto un paragone tra Weasel
e GI Robot, dicendo che il primo è quasi tutto recitato
fisicamente, mentre il secondo dipende molto dalla sua voce.
“Ma per la DC in particolare, una delle cose che rende tutto
più facile è che i personaggi di Creature Commandos sono animati,
ma anche se fossero in live action, come abbiamo visto con Weasel,
c’è ancora la CGI, sarebbero personaggi in CGI“, ha
continuato. “Anche GI Robot è ovviamente un robot. Weasel, sì,
grugnisce e cose del genere, ma si tratta soprattutto di movimenti.
GI è quasi completamente incentrato sulla voce. Quindi sono un po’
diversi l’uno dall’altro. E si trovano in una zona molto lontana
dello spettro dei personaggi dell’universo“.
La serie animata Creature
Commandos, composta da 7 episodi, sarà trasmessa in
streaming su Max e avrà come protagonisti David Harbour nel ruolo di Eric
Frankenstein/Mostro di Frankenstein, Indira Varma
nel ruolo della Sposa, Zoe Chao nel ruolo della
Dott.ssa Nina Mazursky, Alan Tudyk nel ruolo del Dottor Phosphorus,
Sean Gunn nel ruolo di Weasel e Frank Grillo nel ruolo di Rick Flag Senior.
Steve Agee riprenderà il suo ruolo in Peacemaker, John Economos. È prevista anche
la partecipazione di Viola Davis nel ruolo di Amanda Waller.
Recentemente James Gunn ha rivelato di considerare La sposa
di Indira Varma come il personaggio principale
della serie. Ha anche aggiunto che non sta dirigendo alcun
episodio, ma ha diretto le sessioni di registrazione di ciascun
attore.
Ancora non sappiamo quando verrà
distribuito in sala Spider-Man: Beyond the Spider-Verse,
inizialmente previsto per questo aprile ma poi rinviato a data da
destinarsi per permettere ulteriori lavori sul film. Tuttavia, gli
account dei social media di Spider-Man: Across the Spider-Verse
(qui
la recensione) hanno iniziato a stuzzicare i fan riguardo la
trama di questo atteso terzo film. L’account del film ha infatti
twittato “Miles Morales contro Miles G. Morales” con
entrambi i loro loghi uno accanto all’altro. Come i fan
ricorderanno, la variante “malvagia” di Morale ha fatto la sua
comparsa
nel finale del film, anticipando dunque un suo ruolo più esteso
nel prossimo capitolo.
Con questo post, dunque, i fan sono
portati a pensare che Spider-Man: Beyond the Spider-Verse esplorerà il
conflitto tra queste due varianti molto diverse di Miles Morales.
Alla fine dell’ultimo film era abbastanza chiaro che non si poteva
ragionare con il giovane Prowler. Quindi, l’unico modo per tornare
a casa e salvare tutto da La Macchia è una grande battaglia. Dal
punto di vista tematico, questo è perfetto per i film dello
Spider-Verse. Ognuno di essi affronta infatti il tema dell’identità
a modo suo. Il Multiverso attira molta attenzione, ma in realtà
questi film sono storie di Miles Morales che si ritaglia la propria
identità in mezzo a un mare di persone simili a lui.
In effetti, Spider-Man: Across the Spider-Verse insiste ancora di
più su questi temi, evidenziando il tema dell'”evento
canonico“. Non c’è spazio per le variazioni tra gli
Spider-Man, perché gli elementi costitutivi di come nascono devono
essere preservati così come sono. Miles Morales si oppone a tutto
questo, tendando di trovare un alternativa al verificarsi di certi
eventi. Ora, con il destino del multiverso in gioco, Miles
dovrà sconfiggere una versione di sé stesso che ha trovato un modo
diverso di portare avanti il mantello. Ciò che rende il nostro eroe
l'”Ultimate Spider-Man” potrebbe essere proprio la sua capacità di
colorare fuori dalle righe. Ne sapremo di più quando Spider-Man: Beyond the Spider-Verse arriverà nelle
sale.
— Spider-Man: Across The Spider-Verse (@SpiderVerse)
March 6, 2024
Cosa sappiamo di Spider-Man: Beyond the Spider-Verse?
Il film che precede Spider-Man: Beyond the Spider-Verse, Spider-Man: Across the Spider-Verse, è uscito
all’inizio di quest’anno. È stato diretto da Joaquim Dos
Santos, Kemp Powers e Justin K. Thompson. Il film presenta
le voci di Shameik Moore nel ruolo di Miles
Morales, Hailee Steinfeld nel ruolo di Gwen Stacy,
Jake Johnson nel ruolo di Peter B. Parker,
Issa Rae nel ruolo di Spider-Woman, Daniel Kaluuya nel ruolo di Spider-Punk,
Karan Soni nel ruolo di Spider-Man India, Oscar Isaac nel ruolo di Spider-Man 2099,
Jason Schwartzman nel ruolo di The Spot,
Brian Tyree Henry nel ruolo di Jefferson Davis,
Luna Lauren Velez nel ruolo di Rio Morales,
Greta Lee nel ruolo di Lyla, Andy
Samberg nel ruolo di Scarlet Spider e altri ancora.
Spider-Man: Across the Spider-Verse è stato
prodotto da Phil Lord, Chris Miller, Amy Pascal, Avi Arad e
Christina Steinberg con Alonzo Ruvalcaba. Aditya Sood, e il regista
del primo film, Peter Ramsey, alla produzione esecutiva. Il film
non ha ancora una data di uscita. L’uscita era inizialmente
prevista per il 29 marzo 2024, ma è stata tolta dal calendario.
Tótem – Il mio
sole, dal 7 marzo nelle sale italiane con Officine
Ubu, è la nuova pellicola della regista messicana
Lila Avilés, una storia
febbrile e sorprendente in cui l’universo
dell’infanzia, della famiglia, del femminile
e del soprannaturale convivono in modo magistrale. Pur possedendo
sempre uno sguardo e una personalità molto specifici, riecheggia
una tradizione a cui appartengono voci così diverse e ambivalenti
come quelle della peruviana Claudia Llosa e delle
argentine Lucrecia Martel e Lucía
Puenzo, costruendosi a partire da e attraverso questi
quattro vortici concomitanti che si avvicinano e si respingono
costantemente.
Tótem – Il mio sole, la
trama: vita e morte attraverso gli occhi di Sol
Tótem – Il mio
sole racconta una giornata nella vita di
Sol (Naíma Sentíes) e della sua
famiglia allargata di cugini, zie, zii e amici nella cornice della
casa (e dello studio) del nonno, dove si festeggia il compleanno
del padre, che vive lì. Il giovanissimo Tona
(Mateo García Elizondo) è in pessime condizioni
fisiche, vittima di quello che sembra essere un cancro fulminante,
ed è chiaro che non gli resta molto da vivere, che quello che si
sta preparando è più un addio che altro. Fa fatica ad alzarsi dal
letto, non vuole farsi vedere così (nemmeno dalla figlia), ma la
sua presenza/assenza assorbe e mette in ombra tutto ciò che c’è al
di fuori della stanza buia dove viene accudito da
Cruz (Teresita Sánchez), una
donna gentile che lo assiste.
Tuttavia l’azione si svolge, per la
maggior parte, fuori dalla stanza, mentre i parenti di
Tona preparano la festa in questione – cucinando,
bruciando cose, affrontando problemi personali, ricevendo aiuti
inaspettati e insoliti e continuando a lavorare. In uno stile di
caos e cacofonia da famiglia allargata, ciò che accade in quella
casa assume un tono di comicità assurda e a volte persino nonsense,
con situazioni nervose ed esilaranti, ma sempre oscurate dalla
tacita evidenza della morte.
Il sole in una stanza
Sol, nel frattempo,
andrà per la sua strada, rimanendo un’ansiosa osservatrice della
situazione. Non le è permesso vedere il padre, la madre è al
lavoro, gli zii sono persi nel loro universo e lei vaga da sola per
la casa rovistando negli stivali, ponendosi domande esistenziali al
cellulare, toccando (e rompendo) cose, facendosi compagnia con gli
insetti, i molluschi e le altre piccole creature che circolano per
la casa. Quando la festa inizierà, sarà l’unica a non voler
partecipare; oppure lo farà, ma a modo
suo.
Tótem – Il mio
sole è un complicato arazzo di personaggi ed emozioni
contrastanti, un ritratto duro ma a tratti umoristico di una
famiglia che affronta a modo suo una situazione difficile e
angosciante. Utilizzando una cornice chiusa per dare la sensazione
di oppressione e confinamento di questa situazione,
Avilés riesce a far interagire una dozzina di
personaggi senza abusare di tagli di montaggio o spiegazioni
arzigogolate: sono tutti situati a distanze diverse sullo stesso
piano, tutti parte della stessa esperienza.
Seguendo le vicissitudini della
bambina protagonista (Naíma Sentiés),
Avilés pone la macchina da presa all’altezza della
piccola, come se contemplasse il mondo spettrale che la circonda
con un certo distacco e smarrimento, come hanno fatto recentemente
Céline Sciamma e Laura Wandel. Rituali, purificazioni, feste,
travestimenti grotteschi, terapie quantistiche, talismani e semi di
tamarindo si susseguono attorno al singolare ritratto di una
famiglia in cui anche animali e insetti hanno un’importanza
simbolica fondamentale.
La verità di una figlia
Lo sguardo di Sol –
o “Solecito“, come lo chiamano le zie – esprime tutto. In
mezzo al caos familiare, alla paura, al nervosismo, all’impotenza e
persino a una festa imminente, gli occhi della bambina rivelano la
gigantesca tristezza che circonda e ingloba tutto. A sette anni
sembra sapere di più, negare di meno e supporre in maniera più
convinta che a suo padre, Tona, resta poco tempo
da vivere e che non c’è motivo di festeggiare, per quanto dietro ai
festeggiamenti del suo compleanno ci siano delle buonissime
intenzioni. Vuole solo vedere suo padre, stare con lui,
abbracciarlo, parlare degli animaletti che ama e dei quadri che lui
realizza; approfittare di quelli che intuisce essere pochi momenti
condivisi tra loro, quei minuti rubati al tempo che rimarranno
impressi nella sua memoria per il resto della vita.
Sebbene lo sguardo di
Sol in Tótem – Il mio
sole sia anche quello della regista,
Avilés non giudica gli atteggiamenti degli altri
personaggi: ognuno affronta o meno la situazione con le risorse che
ha o che gli mancano. E se Sol può provare
distanza e persino una certa incomprensione nei confronti di ciò
che vede intorno a sé, la cinepresa sa che alla fine sono tutti lì
con lo stesso obiettivo e scopo: abbracciare Tona,
festeggiarlo, sostenerlo, stare con lui e ringraziarlo per le
esperienze che hanno condiviso. È questa nobiltà e generosità di
spirito che nutre questo sorprendende film. Si affronta la morte
come si può, non sempre come si vuole: Avilés lo capisce e lo
trasmette perfettamente.
La regista di Barbie, Greta
Gerwig, è tornata a parlare della possibilità di un
sequel. Come riportato da Variety, urante la presentazione
di Women of the Year di Time, la regista ha infatti dichiarato che:
“Se trovo la risacca, allora lo facciamo. Se non trovo una
risacca, non c’è più niente da fare“. Una risposta che lascia
dunque poco all’interpretazione, ma la Warner Bros. Discovery sarà
sicuramente molto motivata a trovare una storia che spinga a un
secondo film. “È qualcosa che ho amato moltissimo fare“,
ha aggiunto. “E ho amato così tanto il mondo che abbiamo
costruito e tutti gli attori e l’idea di poter stare di nuovo con
quel gruppo di persone è molto eccitante“.
“La mia stella polare è ‘Cosa
amo profondamente? Cosa mi interessa davvero? Qual è la storia che
c’è sotto questa storia?“. Gerwig si è chiesta ad alta voce.
“E penso che con ‘Barbie’, la storia che c’era sotto era che io amavo
Barbie. Ricordo che andavo da Toys R Us e guardavo le Barbie e mi
piacevano i loro capelli. Mi piaceva tutto di loro e mia madre non
era convinta. E trovo che sia questa la storia, questa la storia
generazionale… Cerco sempre di trovare questi risvolti“. Per
il momento, tuttavia, non sembrano esserci piani per un sequel e
con Gerwig impegnata sui film di
Le Cronache di Narnia, potrebbe eventualmente volerci un
po’ prima di pensare ad un ritorno a Barbieland.
Chi c’era nel film di Barbie?
Barbie è stato diretto da Greta
Gerwig da una sceneggiatura scritta insieme a
Noah Baumbach. È stato prodotto da Margot Robbie e Tom Ackerly per LuckyChap e da
Robbie Brenner di Mattel Films insieme a Josey McNamara e Ynon
Kreiz. Durante la sua programmazione nelle sale, il film ha
ottenuto un incasso mondiale di oltre 1,4 miliardi di
dollari, diventando così il film di maggior incasso del
2023. Il film è interpretato da Margot Robbie,
Ryan Gosling,
America Ferrera, Simu Liu, Kingsley Ben-Adir, Scott Evans, Kate
McKinnon, Ariana Greenblatt, Alexandra Shipp,
Emma Mackey, Issa Rae, Michael Cera, Hari Nef, Will Ferrell,
Helen Mirren, Dua Lipa e altri ancora.
Gli
anni Novanta hanno consolidato la volontà degli studios di
realizzare film estremamente ambiziosi, capaci di affermarsi come
campioni di incassi. I blockbuster, insieme a tutte le novità
tecniche nate in questo decennio hanno poi conosciuto ulteriore
sviluppo negli anni 2000. Gli ultimi vent’anni sono infatti stati
caratterizzati dai grandi film, in particolare dai cosiddetti
cinecomic basati sui supereroi. Sono però molti anche i film più
“piccoli”, che hanno dimostrato la volontà di raccontare storie
nuove e in modi originali. Tra grandi autori, nuovi registi e
novità a non finire, ecco un elenco dei migliori film anni
2000 da vedere.
Come anticipato, gli anni Duemila
si sono più che mai caratterizzati per opere molto diverse tra
loro, da grandi blockbuster ricchi di effetti speciali a film
indipendenti che esulano dai canoni hollywoodiani, passando
ovviamente per importanti film d’autore affermatisi tra i più
grandi capolavori della storia del cinema. Ecco i migliori
film anni 2000 americani da vedere:
Il gladiatore
(2000). Il generale romano Massimo Decimo Meridio, comandante
dell’esercito del Nord, ha condotto ancora una volta i suoi
legionari alla vittoria, ed ora spera di poter tornare alla sua
famiglia. Ma il sovrano Marco Aurelio, oramai vecchio e stanco, gli
chiede di assumere il comando dell’impero dopo la sua morte.
Ridley Scott dirige
Russell Crowe
in questo kolossal contemporaneo, che ha il merito di aver fatto
rinascere l’amore nei confronti di questi film epici.
Il Signore degli
Anelli (2001-2003). Un giovane hobbit e un variegato
gruppo, composto da umani, un nano, un elfo e altri hobbit, partono
per un delicata missione, guidati dal potente mago Gandalf. Devono
distruggere un anello magico e sconfiggere il malvagio Sauron.
Peter Jackson cambia per sempre il genere fantasy
d’avventura con l’adattamento in trilogia cinematografica del
celebre romanzo di Tolkien. Un’opera monumentale, ancora oggi
ineguagliata per traguardi artistici.
Lost in
Translation (2003). Bob, star in declino di Hollywood, è a
Tokyo per fare un pubblicità ad un whisky e, rinchiuso nel lussuoso
hotel dove soggiorna, fa amicizia con Charlotte, di molti anni più
giovane di lui. Sofia Coppola
porta Bill Murray e Scarlett
Johansson a perdersi per le strade di Tokyo,
raccontando la solitudine dell’essere umano e il suo desiderio di
instaurare rapporti che possano salvare dal sopraggiungere di
questa.
Million Dollar
Baby (2004). Frankie, coriaceo allenatore di boxe,
prende la giovane e talentuosa Maggie sotto la sua ala e la
trasforma di una atleta da competizione. Clint Eastwood
trionfa di nuovo agli Oscar con questo film incentrato sulle
seconde occasioni della vita e sul tentare il tutto per tutto prima
che sia finita. Un racconto denso di emozioni, che sorprende fino
all’ultimo.
I segreti di Brokeback
Mountain (2005). Durante l’estate del 1963, due
cowboy, Ennis e Jack, si incontrano in un ranch nel Wyoming in
attesa di trovare un ingaggio per i pascoli estivi. Conoscendosi,
danno vita ad un amore impossibile. Ang Lee dirige
Heath Ledger e
Jake Gyllenhaal in
un’opera d’amore tra le più belle e struggenti degli ultimi
vent’anni, colpendo dritto al cuore dello spettatore.
Il petroliere
(2007). Ambientata in Texas nei primi anni del commercio
petrolifero, è questa una storia che tratta di famiglia, avidità,
religione ed oro nero. Indicato come uno dei migliori film del XXI
Secolo, Il petroliere è un film ricco di elementi di
pregio, dalla regia alla fotografia, dalle scenografie
all’interpretazione di Daniel
Day-Lewis premiato agli Oscar. Il suo Daniel Plainview
è infatti considerato uno dei personaggi più complessi e
straordinari mai comparsi sul grande schermo.
Avatar (2009). Tra i
più importanti registi di fantascienza di sempre, JamesCameron torna al cinema con un film
ambiziosissimo, che porta lo spettatore sulla splendida Pandora, un
terra incontaminata ma minacciata dall’essere umano. In attesa dei
suoi quattro sequel in arrivo, Avatar è un film da
rivedere per godere al meglio di tutte le prodezze tecnologiche,
visive ed emotive concepite dal suo regista.
Bastardi senza gloria
(2009). Francia, Seconda Guerra Mondiale: un gruppo di soldati
americani di origine ebraica viene paracadutato sul suolo francese
per una missione speciale. L’intenzione del gruppo è anche quella
di uccidere il maggior numero possibile di tedeschi. Per riuscire
nell’impresa, i soldati si avvaloreranno anche di una serie di armi
non convenzionali. Quentin Tarantino riscrive gli
esiti della Seconda guerra mondiale in un’opera tanto dissacrante
quanto epica.
The Social
Network (2010). Pochi anni dopo aver creato Facebook
nella sua stanza del dormitorio di Harvard, Mark Zuckerberg,
interpretato da Jesse
Eisenberg, è diventato un miliardario, ma il suo
grande successo lo sta portando a problemi sia personali sia
legali. Il regista di celebri thriller come Seven e Zodiac realizza con
The Social Network uno
dei suoi film più apprezzati, capace di riflettere non solo sulla
realizzazione del più celebre dei social, ma anche sull’odierna
capacità di comunicare.
Inception
(2010). Come complicare al massimo la trama di un film d’azione lo
sa bene Christopher
Nolan, in un film che gioca con la mente e con la
realtà. Dom Cobb è un ladro con la capacità di rubare segreti
dall’inconscio delle persone, attraverso i loro sogni. Un lavoro
che gli ha portato molto, ma che gli ha tolto tutto quello che ama.
La possiblità di redimersi arriverà con una missione apparentemente
impossibile: innestare un’idea nella mente di una persona.
The Tree of
Life (2011). Il difficile percorso di crescita del
figlio di un uomo autoritario e una donna remissiva. Palma d’oro a
Cannes. Terrence Malick vince la palma d’oro a
Cannes con questo film ricco di elementi esistenzialisti e
riflessioni sulla vita. The Tree of Life abbraccia il
micro e il macrocosmo per raccontare l’evoluzione e la crescita in
un mondo dominato dalla forza della natura e dall’amore per la
natura.
Lei (2013). A Los
Angeles, il sensibile e solitario Theodore, uno scrittore di
lettere d’amore, intraprende una relazione sentimentale con
Samantha, il sistema operativo del suo computer dalla suadente voce
femminile. Tra fantascienza e dramma, il film di Jonze interpretato
da Joaquin Phoenix e
Scarlett Johansson è una potente
riflessione sui rapporti umani, sulla loro natura e sulla sempre
più difficile comprensione dei propri sentimenti in un mondo tanto
connesso e tecnologico.
Boyhood (2014). La vita
di una famiglia ordinaria e delle vicende che li coinvolgono
nell’arco di dodici anni. Mason e sua sorella Samantha passano
dall’infanzia all’età adulta confrontandosi con le conseguenze
della separazione dei loro genitori. Girato nell’arco di dodici
anni, Boyhood è il capolavoro artistico di Richard
Linklater, regista da sempre attento al trascorrere del
tempo, alla crescita e al catturare i più sinceri istanti di
vita.
Mad Max: Fury
Road (2015). Nella ricerca della propria terra natale,
una donna si rivolta contro un tiranno in un’Australia
postapocalittica. In suo aiuto accorrono un gruppo di prigioniere,
un fanatico e un vagabondo di nome Max. Al festival
di Cannes ha ricevuto una standing ovation, e si è aggiudicato
sei Oscar, diventando il film australiano con più statuette in
assoluto. Ad oggi è da molti considerato il miglior film d’azione
mai realizzato. Nel cast, Tom Hardy e
Charlize
Theron.
Il ponte delle
spie (2015). James Donovan è un avvocato di Brooklyn
che si trova coinvolto al centro della guerra fredda, quando deve
negoziare il rilascio di Francis Gary Powers, pilota che è stato
catturato dopo l’abbattimento del proprio aereo spia sopra la
Russia. Steven Spielberg realizza uno dei
suoi film più belli del nuovo millennio, dimostrando ancora una
volta perché egli è indiscutibilmente il miglior storyteller del
mondo.
Arrival (2016). Tratto
dal racconto Story of Your Life, di Ted Chiang, il film ha
per protagonista una filologa interpretata da Amy Adams
chiamata a stabilire un dialogo con alcune forme extraterrestri
giunte sulla terra. Da questi tentativi di comunicazione verranno
alla luce scoperte che rivoluzioneranno per sempre tanto la vita
della protagonista quanto quella dell’intera umanità. Un
capolavoro.
La La Land
(2016). Un musicista jazz e un’aspirante attrice si innamorano
mentre sono entrambi impegnati a inseguire le proprie ambizioni e i
propri sogni, ma le cose cambiano non appena cominciano a
raggiungere il successo. Vincitore di 6 premi Oscar, questo film è
un atipico musical incentrato sull’amore e il successo,
magnificamente diretto, interpretato e tanto ricco di colori quanto
di vita e passioni.
Tre manifesti a Ebbing,
Missouri (2017). La madre di una ragazza assassinata
scrive un controverso messaggio su alcuni cartelloni pubblicitari,
aprendo una contesa che vede coinvolti lo stimato capo della
polizia e un pericoloso poliziotto. Osannato come uno dei migliori
film degli ultimi anni, è il capolavoro di McDonagh, incentrato sul
lutto e il perdono. Un dramma estremamente potente, forte di una
sceneggiatura impeccabile e interpretazioni da Oscar di Frances
McDormand e Sam
Rockwell.
C’era una volta a…
Hollywood (2019). Rick Dalton, attore televisivo di
telefilm western in declino, e la sua controfigura Cliff Booth
cercano di ottenere ingaggi e fortuna nell’industria
cinematografica al tramonto dell’età dell’oro di Hollywood.
Quentin
Tarantino realizza un film dedicato al cinema e ad un
periodo preciso dell’industria, dopo il quale nulla sarebbe più
stato come prima. Un’opera ricca di riferimenti, suggestioni e
riflessioni.
The
Irishman (2019). La storia di Frank Sheeran, veterano
di guerra e camionista, divenuto un sicario al soldo della malavita
di Filadelfia e assoldato per uccidere il popolare sindacalista
Jimmy Hoffa. Attraverso i suoi occhi si ripercorrono cinquant’anni
di storia americana. Opera crepuscolare sul mondo dei gangster
statunitensi, il film di Scorsese è un vero e proprio canto del
cigno di un epoca ormai appartenente al passato, con personaggi un
tempo iconici ormai ridotti alla più totale solitudine. Con
protagonisti Robert DeNiro, Al Pacino e
Joe Pesci,
The Irishman è uno dei più importanti film di Netflix.
Film anni 2000 adolescenziali per
ragazzi e ragazze
Il cinema per ragazzi ha nel tempo
donato al grande pubblico grandi capolavori che, con sfumature
diverse, hanno saputo affrontare tematiche quotidiane nella vita di
ogni ragazzo e ragazza. Dall’amicizia al rapporto con i genitori,
dal desiderio alla paura di crescere, dai primi amori fino ai primi
dolori che formano il carattere. Di seguito, ecco i migliori
film anni 2000 adolescenziali per ragazzi e
ragazze:
Juno (2007). Un’adolescente incinta decide di
dare il neonato in adozione, ma le cose si complicano dopo che la
scelta cade su una coppia benestante. Interpretato da Elliot Page
(all’epoca Ellen), il film è da subito divenuto un grande cult,
tanto per la sua sceneggiatura brillante quanto per le
interpretazioni e le tematiche trattate.
Easy Girl (2010).
Olive, una normale adolescente, racconta una piccola bugia in
merito alla propria vita sessuale. Quando il pettegolezzo si
diffonde tra gli studenti, la giovane viene improvvisamente
investita da una enorme popolarità. Emma Stone è la
protagonista di questo divertente film, che ha contribuito
significativamente a renderla la star del cinema che è oggi.
Scott Pilgrim vs. The
World (2010). Scott Pilgrim è un chitarrista
disoccupato che incontra la ragazza dei suoi sogni, Ramona Flowers.
Per conquistare totalmente il cuore della giovane Scott deve però
affrontare i suoi diabolici sette ex fidanzati, decisi a ucciderlo.
Interprato da uno spassoso Michael Cera, il film è
non solo uno dei migliori adattamenti da un fumetto mai realizzato,
ma anche un film per ragazzi ricco di tutti gli ingredienti giusti
per divertire ed emozionare.
Colpa delle
stelle (2014). Hazel e Gus sono due amici molto
particolari. I due adolescenti, entrambi anticonformisti e dallo
spiccato spirito sarcastico, si conoscono durante le riunioni in un
gruppo di sostegno per malati di cancro e si innamorano l’uno
dell’altra. Interpretato da Ansel Elgort e
Shailene
Woodley, il film è uno dei più popolari di genere
romantico per ragazzi degli ultimi anni.
Captain
Fantastic, di Matt Ross (2016). Ben e la moglie hanno
scelto di crescere i propri figli nel cuore di una foresta del Nord
America, evitando loro ogni contatto con la tecnologia e con la
civiltà moderna. Un tragico evento, però, è destinato a cambiare le
cose. Interpretato da Viggo
Mortensen, questo film riflette sul ruolo dei genitori
e propone percorsi educativi lontani dagli stereotipi del mondo
globalizzato.
Film anni 2000 italiani
Anche l’Italia non è stata da meno
negli ultimi vent’anni, regalandoci dagli anni 2000 ad oggi
numerosi film di grande importanza. Dalle nuove opere di autori
affermati sino alla comparsa di nuovi registi distintisi per
ambizioni e idee. Incentrati sulla società italiana o portatori di
storie che esulano dai canoni, ecco i migliori film anni
2000 italiani:
La stanza del
figlio (2001). Un padre psicoanalista, una madre dolce e
affettuosa, due figli adolescenti: legami familiari attraversati
dalle luci e dalle ombre di una vita vissuta insieme. Finché
l’irruzione del dolore non mette alla prova anche gli affetti più
profondi. Nanni Moretti vince la palma d’Oro a
Cannes con questo drammatico ritratto di una famiglia a pezzi e di
come sia difficile gestire il dolore.
La finestra di
fronte (2003). Giovanna si ritrova in casa un uomo molto
anziano che ha completamente perso la memoria. Cercando di
ricostruire la sua identità, scopre, piano piano, che lei stessa ha
smarrito il ricordo dei propri sentimenti e delle proprie passioni.
La finestra di fronte ha consacrato il regista Ferzan Ozpetek,
oggi uno dei più apprezzati del panorama italiano.
Le conseguenze
dell’amore (2004). Ogni uomo ha il suo segreto
inconfessabile. Ma Titta Di Girolamo ne ha più di uno, il che
spiega perché un uomo di cinquant’anni viva da otto in una camera
d’albergo di un’anonima cittadina della Svizzera italiana. Opera
seconda di Paolo Sorrentino, Le conseguenze
dell’amore è anche uno dei suoi film più apprezzati.
Gomorra (2008). Quattro
vicende raccontano la presa della camorra sulla vita delle persone:
quella del sarto Pasquale, quelle dei piccoli criminali Marco e
Ciro e degli imprenditori Franco e Roberto, e quella del piccolo
Totò, vittima di uno spietato sistema. Matteo
Garrone adatta per il grande schermo il romanzo di Roberto
Saviano, offrendo un cupo ritratto di vicende fin troppo
attuali.
La grande
bellezza (2013). Roma si offre indifferente e
seducente agli occhi meravigliati dei turisti: è estate e la città
splende di una bellezza inafferrabile e definitiva. Jep Gambardella
ha sessantacinque anni e la sua persona sprigiona un fascino che il
tempo non ha potuto scalfire. È un giornalista affermato, che si
muove tra cultura alta e mondanità in una
capitale che non smette di essere un santuario di meraviglia e
grandezza. Paolo Sorrentino trionfa agli Oscar con
questo film che racconta Roma in tutta la sua bellezza e
decadenza.
Il giovane
favoloso (2014). La storia di Giacomo Leopardi,
bambino prodigio rinchiuso in una casa che è una biblioteca mentre
la propria voglia di conoscere il mondo lo porta a viaggiare con la
mente e l’immaginazione. A ventiquattro anni lascia Recanati per
entrare nell’alta società, ma il poeta non riesce ad adattarsi alla
nuova vita. Mario Martone dirige Elio Germano nei panni
di Leopardi, combinando la vita del poeta con le sue poesie e il
loro valore eterno.
Non essere
cattivo (2015). La periferia di Roma negli anni
Novanta è un luogo dove dominano l’edonismo, le macchine di lusso e
la cocaina. In questo scenario difficile, due ragazzi, Vittorio e
Cesare si sostengono a vicenda nel tentativo di raggiungere il
successo. Quando il primo riesce a trovare un lavoro, anche l’amico
viene coinvolto immediatamente nell’affare. L’ultimo film di
Claudio Caligari è un ritratto duro e al tempo
stesso dolce di un contesto sociale e di un’amicizia per la
vita.
A Ciambra (2017). Pio ha solo
quattordici anni, ma già non vede l’ora di diventare adulto. Il suo
punto di riferimento è Cosimo, il fratello maggiore. Quando questi
scompare, Pio ha la possibilità di dimostrare tutta la sua
maturità. Prodotta da Martin Scorsese, l’opera
seconda di Jonas Carpignano è un coming of age che
porta a conoscere nuovi aspetti di una comunità verso cui vigono
innumerevoli pregiudizi.
Dogman (2018).
Marcello, toelettatore di cani, commette piccoli crimini per
Simoncino, un ex pugile che terrorizza il quartiere. Gli abusi del
criminale, però, spingono l’uomo a prendere in mano la situazione.
Premiato a Cannes per la miglior interpretazione, quella di
Marcello Fonte, il film è una fiaba dark come solo
Matteo Garrone
sa realizzarne.
Il traditore
(2019). Le vicende del criminale Tommaso Buscetta, primo pentito di
mafia, che consentì ai giudici Falcone e Borsellino di comprendere
l’organizzazione di Cosa Nostra e di portarne i capi in tribunale.
Marco Bellocchio firma uno dei suoi film più belli
e importanti, dirigendo Pierfrancesco
Favino qui alle prese con una delle sue
interpretazioni migliori.
Film anni 2000 su Netflix
Nel giro di pochi anni le
piattaforme streaming si sono affermate come il miglior strumento
dove poter recuperare un film o una serie TV di proprio interesse.
Nei vasti cataloghi di questi servizi si possono infatti ritrovare
titoli di ogni tipo, dai grandi classici fino ad opere più recenti,
da grandi blockbuster fino ai film più piccoli e indipendenti. Qui
di seguito, si propongono alcuni dei tanti film anni
2000presenti su Netflix:
American Psycho
(2000). La vita di Patrick Bateman, un broker di Wall Street, dalla
vita apparentemente normale ma che nasconde un’incontrollabile sete
di sangue. Christian Bale è il protagonista di
questo cult degli anni Duemila, in cui si propone l’altra faccia di
un’America apparentemente ordinata e controllata.
Il Gladiatore. Diretto da Ridley Scott e
interpretato da Russell Crowe, questo epico dramma racconta la
storia di un generale romano tradito che cerca vendetta come
gladiatore.
Le pagine della nostra vita (The Notebook),
dramma romantico americano del 2004 diretto da Nick Cassavetes.
Allie ha il morbo di Alzheimer e vive in una casa di cura. Ogni
giorno, l’anziano Duke le legge lo stesso libro. Si tratta del
diario di una storia d’amore ambientata nella Carolina del Sud
negli anni 40.
Il diario di Bridget
Jones. Bridget ha 32 anni e decide che è il momento giusto
per prendere in mano la propria vita. Inizia a scrivere un romanzo
che tiene sempre sul comodino e sul quale scrive di tutto, amore,
sesso e uomini.
Espiazione.
Inghilterra, 1935, è il giorno più caldo dell’anno. Briony Tallis e
la sua famiglia conducono una vita agiata e serena, fino a quando
una falsa accusa distrugge il rapporto tra la sorella maggiore di
Briony e il fidanzato.
Memorie di una
geisha (Memoirs of a Geisha) è un film del 2005 diretto da
Rob Marshall, basato sull’omonimo romanzo di Arthur Golden e
prodotto dalla Amblin Entertainment di Steven Spielberg. Nel 2006
ha vinto tre Oscar.
Una notte da
leoni (The Hangover) è un film del 2009 diretto da Todd
Phillips. Scritto da Jon Lucas e Scott Moore, e con Todd Phillips e
Daniel Goldberg come produttori esecutivi, il film fu prodotto
dalla Warner Bros. Productions e dalla Legendary Pictures. Vi
figurano attori come Bradley Cooper, Ed Helms, Zach Galifianakis,
Justin Bartha e Heather Graham. Il film ha vinto il Golden Globe
come miglior film commedia o musicale nel 2010.
Mr. & Mrs. Smith
(2005). Due sposi dalla vita piuttosto banale non sanno di essere
entrambi assassini professionisti ingaggiati da due diverse
associazioni criminali. Quando entrambi ricevono l’incarico di
assassinare la medesima persona, la situazione si fa
esplosiva.
Se mi lasci ti cancello (Eternal Sunshine of
the Spotless Mind) è un film del 2004 diretto da Michel Gondry con
protagonisti Jim Carrey e Kate Winslet.
The Wolf of Wall Street
(2013). New York, anni 80. Eccessi e corruzione segnano la curva
discendente della brillante carriera di Jordan Belfort, un
ambizioso broker in grado di guadagnare migliaia di dollari al
minuto e di spenderne altrettanti in droga e futilità. Martin Scorsese
dirige Leonardo
DiCaprio in questo film ricco di adrenalina
sull’ascesa e declino di un uomo specchio del suo tempo.
Storia di un
matrimonio, di Noah Baumbach (2019). Un regista
teatrale e la moglie attrice, un tempo felicemente sposati,
intraprendono un lungo ed estenuante divorzio, che li pone di
fronte ai loro limiti e alle necessarie rinunce con cui dovranno
fare i conti. Interpretato da Adam Driver e
Scarlett
Johansson, il film è considerato il capolavoro di
Baumbach. Un potente dramma che affronta in modo estremamente
sincero e crudo la separazione e ciò che essa comporta, tanto nei
suoi aspetti più evidenti quanto in quelli più privati. Un film
tanto bello quanto doloroso.
Ocean’s Eleven. Un remake del classico del
1960, questo film diretto da Steven Soderbergh segue un gruppo di
ladri che pianificano una rapina ai casinò di Las Vegas.
In attesa di poter vedere Furiosa: A
Mad Max Saga, film prequel
di Mad Max:
Fury Roadche esplora le origini del
personaggio Furiosa (interpretato nel titolo del 2015 da Charlize Theron), Chris Hemsworth ha condiviso un’altra immagine
del suo personaggio villain, dove lo si può ritrovare seduto su una
moto chopper custom dall’aspetto folle, nel bel mezzo del deserto,
con un lungo e fluente mantello bianco drappeggiato sulle spalle da
vero e proprio signore della guerra. “Puoi correre ma non puoi
nasconderti”, scrive Hemsworth nel post, che si può vedere qui di
seguito.
In FuriosaAnya Taylor-Joy
assume il ruolo che è stato di Charlize Theron
in Mad Max: Fury Road. La
sinossi ufficiale recita: mentre
il mondo va in rovina, la giovane Furiosa viene strappata dal Luogo
Verde delle Molte Madri, e cade nelle mani di una grande Orda di
Motociclisti guidata dal Signore della Guerra Dementus.
Attraversando le Terre Desolate, si imbattono nella Cittadella
presieduta da Immortan Joe. Mentre i due tiranni si battono per il
predominio, Furiosa deve sopravvivere a molte prove e mettere
insieme i mezzi per trovare la strada di casa.
Taylor-Joy ha rivelato che il film
è molto diverso da Fury
Road. Mentre quest’ultimo era un “road movie” che si
svolge in pochi giorni, questo nuovo film è invece descritto come
un racconto più “epico, che si svolgesu un
piùlungo periodo di tempo, e in un certo senso impari a
conoscere Furiosa meglio in questo modo“. Atteso da molti anni
e a lungo bloccato da una disputa legale tra Miller e la Warner
Bros. il film è ora in fase di post-produzione. Furiosa è
scritto, diretto e prodotto da George
Miller insieme al suo partner di produzione di lunga
data Doug Mitchell. Oltre a Taylor-Joy, nel film
ci sarà anche Chris Hemsworth nel
ruolo del villain. Furiosa
debutterà nelle sale il 24 maggio 2024.
L’adattamento live-action di
Bambi della Disney avrebbe perso la sua
regista. The Wrap riporta infatti che la premio
Oscar Sarah Polley non dirigerà più la nuova
versione del film, anche se i motivi non sono stati chiariti. La
notizia arriva sulla scia delle dimissioni del presidente dei Walt
Disney Motion Picture Studios Sean Bailey,
annunciate alla fine del mese scorso. Secondo il rapporto, Bailey è
stato il principale responsabile degli sforzi della Disney per
realizzare adattamenti in live-action di vari classici. Tuttavia,
la partenza di Bailey mette in discussione lo stato di alcuni
progetti live-action che erano in cantiere, tra cui
Bambi.
Lo scorso giugno era stato riferito
che la Polley, vincitrice della sceneggiatura di Women
Talking,
era in trattative per dirigere Bambi, mentre il film
stesso era stato annunciato come in fase di sviluppo all’inizio del
2020. Come noto, questo remake in live action dovrebbe aggiornare
la storia per renderla
più facilmente comprensibile dai bambini, riportando così la
storia del giovane cervo colpito da una tragedia che conta tra i
suoi amici del bosco il coniglio Thumper e una puzzola di nome
Flower. Il film animato della Disney, uscito nel 1942, è stato
tratto dal romanzo di Felix Salten del 1923.
Il
remake della Disney Bambi è ancora in fase di
sviluppo
Annunciata a gennaio 2020, la nuova
versione di Bambi attualmente non ha una data di uscita. Ora che la
Polley sembra dunque fuori dal progetto, non è noto se e di quanto
il film potrà subire ritardi. Lindsey Anderson
Beer era stata incaricata di scrivere il remake, ma ha
dovuto poi lasciare il ruolo per via di altri impegni. Dovrebbe
però rimanere accreditata come sceneggiatrice, insieme ai nuovi
arrivati Geneva Robertson-Dworet, Micah
Fitzerman-Blue e Noah
Harpster. Questo remake, inoltre, dovrebbe esser
concepito come un musical con canzoni di Kacey
Musgraves. Chris Weitz, Paul
Weitz e Andrew Miano sono i
produttori.
In viaggio con Eugene
Levy, la
seconda stagione della serie di viaggi condotta e prodotta dal
vincitore dell’Emmy Eugene Levy, torna domani, 8 marzo, su
Apple
TV+.
Dopo aver affrontato alcune delle sue paure più grandi nel corso
della prima stagione, Eugene Levy esce ancora una volta dalla sua
zona di comfort. Questa volta si imbarca in un viaggio
“imperdibile” per ogni giramondo che si rispetti: un grande tour
dell’Europa. La seconda stagione in sette parti segue Levy nel suo
viaggio dal nord al sud del continente. Lungo il percorso, si
imbatte in splendide gemme locali nascoste, scopre il suo albero
genealogico e cerca di ampliare il suo palato sperimentando le
specialità del posto.
Unitevi a lui nel viaggio di una vita che non sapeva di dover
fare.
Gli episodi di In viaggio
con Eugene Levy 2
Episodio 1 – Svezia:
Midsommar – Festa di mezza estate (uscita 8
marzo)
Eugene dà il via alla sua epica avventura con una celebrazione
festosa, si esercita a chiamare le alci e scende in kayak uno dei
fiumi più lunghi del Paese.
Episodio 2 – Scozia: Il Paese di mia madre
(uscita 8 marzo)
Il passato incontra il presente: Eugene esplora la sua emozionante
storia familiare a Glasgow e vive come un reale nello splendido
castello di Candacraig.
Episodio 3 – Francia: I segreti di Saint-Tropez
(uscita15 marzo)
Eugene ha un assaggio di glamour con Joan Collins, amplia il suo
palato con le ostriche e si cimenta nell’arte dell’apicoltura in
Provenza.
Episodio 4 – Germania: Health Resort (uscita 22
marzo)
Fuori dai sentieri battuti, a Sylt, Eugene esplora un mondo di
benessere, con tanto di bagni di fieno e digiuno al rifugio
olistico Lanserhof.
Episodio 5 – Italia: La Dolce Vita (uscita 29
marzo)
Eugene approfondisce la conoscenza del suo paese europeo preferito
da visitare. In programma: la caccia al tartufo, la raccolta del
vino e le giostre.
Episodio 6 – Grecia: Island-Hopping nell’Egeo (uscita: 5
aprile)
Sulla piccola isola di Milos, Eugene riflette sul valore della
famiglia quando fa amicizia con una coppia padre-figlio che vive il
proprio sogno.
Episodio 7 – Spagna: Avventure in Andalusia (uscita: 12
aprile)
Il viaggio di Eugene si conclude in Spagna, dove incontra l’icona
del calcio Héctor Bellerín e si gode l’epica sfida tra Real Betis e
Sevilla FC.
La carriera del regista Jeff
Wadlow ha fortemente risentito dell’insuccesso di Kick-Ass 2, ma prima di quel momento era un nome molto
quotato all’interno di Hollywood, coinvolto in molti progetti di
alto profilo, tra cui X-Force e Masters of the Universe, ma nessuno di essi è stato
realizzato. Oltre questi, a quanto pare, c’era anche la volontà da
parte del regista di realizzare un film su Captain America per i Marvel Studios. Durante una recente intervista con Alex Zane, condividendo
la sua speranza di fare prima o poi un altro film di supereroi, il
regista ha rivelato quanto sarebbe stata diversa la sua
interpretazione di Steve Rogers.
“Assolutamente. Ucciderei –
ucciderei – per fare un grande film di supereroi“, ha
dichiatato Wadlow. “Ci sono andato molto vicino in alcuni casi.
Dopo l’uscita di Iron Man nel 2008, ho chiamato il mio manager e
gli ho detto: “Devi farmi entrare alla Marvel. Non so cosa faranno in
seguito, ma quel film ha cambiato le carte in tavola, voglio
entrare e propormi‘”. “All’epoca pensavo che non avrebbero
mai fatto un film su Capitan America nemmeno tra un milione di
anni. Così ho proposto un film su Capitan America… Inutile dire che
credo che la mia proposta fosse troppo lontana dalle loro
intenzioni“.
“Parte della mia tesi era che
Capitan America non doveva essere un bianco biondo. È un’idea
ariana“, ha aggiunto. “Capitan America dovrebbe
assomigliare a Will Smith o a un wrestler di nome The Rock“.
Alla fine avevano progetti diversi, ma al 100% avrei ucciso per
fare un grande film di supereroi“. Come noto, i Marvel Studios avevano già altri
piani per Captain America, poi arrivato al cinema nel 2011 con il
biondo Chris Evans come protagonista. Il resto, come
si suol dire, è storia.
In occasione della Giornata
internazionale della donna arriva in prima TV
su Sky Primadonna, il film vincitore del concorso
Panorama Italia ad Alice nella Città 2022, opera prima
della giovane regista Marta Savina.
La pellicola racconta una storia di
coraggio ed emancipazione e, nonostante sia ambientata negli anni
Sessanta del secolo scorso, tocca temi ancora del tutto attuali,
come la privazione della libertà femminile e il diritto
all’autodeterminazione. In una Sicilia arcaica e legata alle
tradizioni, che la regista ha vissuto in prima persona, prendono
vita personaggi profondamente legati al territorio selvaggio e
impervio dei Monti Nebrodi, dove i paesi conservano ancora un
sapore fuori dal tempo, e proprio questa dimensione di
“atemporalità” infonde al film la forza di parlare al pubblico
contemporaneo.
Nel cast, oltre a Claudia
Gusmano nei panni di Lia, la protagonista, troviamo
Fabrizio Ferracane, Francesco
Colella, Manuela Ventura e
Thony. Il film, prodotto da Virginia
Valsecchi, Medset Film, Moreno Zani e
Malcom Pagani, è una coproduzione Capri
Entertainment e Medset Film in
associazione con Tenderstories e in collaborazione
con Rai Cinema, Vision
Distribution e Sky.
La trama di
Primadonna
Sicilia, anni Sessanta. Lia ha 21
anni, va a lavorare la terra con il padre, anche se lei è “femmina”
e dovrebbe stare a casa a prendersi cura delle faccende domestiche
con la madre. Lia è bella, caparbia e riservata, ma sa il fatto
suo. Il suo sguardo fiero e sfuggente attira le attenzioni del
giovane Lorenzo Musicò, figlio del boss del paese. Quando lo
rifiuta, l’ira di Lorenzo non tarda a scatenarsi e il ragazzo si
prende con la forza quello che reputa di sua proprietà. Ma Lia fa
ciò che nessuno si aspetterebbe mai: rifiuta il matrimonio
riparatore e trascina Lorenzo, e i suoi complici, in tribunale.
Alla fine dello scorso gennaio, i DC
Studios hanno presentato il loro programma del nuovo
DCU, intitolato “Chapter
1: Gods and Monsters“. Da allora James Gunn ha tenuto aggiornati i fan sulle
sue piattaforme di social media, ma gli scioperi della WGA dello
scorso anno hanno sicuramente rallentato lo slancio del DCU. I fan sono ansiosi di ricevere nuovi
aggiornamenti e il San Diego Comic-Con di quest’anno si configura
di certo come l’occasione giusta per condividere novità sui
progetti in arrivo, sui casting, su progetti futuri ancora da
sviluppare e magari qualche dettagli su Superman,
le cui riprese sono finalmente iniziate.
Tutto ciò è possibile che si
verifichi al SDCC, anche se Gunn ha ora fatto sapere che non
prenderà parte all’evento, motivando la cosa semplicemente con un
“starò girando“, lasciando dunque intendere che anche per
il periodo del SDCC sono previste delle riprese a cui in quanto
regista non può sottrarsi. Tuttavia, Gunn ha anche risposto a chi
gli chiedeva quali sono le sue fonti di ispirazione per il film su
Superman
– oltre ai film diretti tra gli anni Settanta e Ottanta da
Richard Donner – condividendo il seguente post sui suoi social
network:
Gunn non ha offerto ulteriori
spiegazioni per queste immagini ma, al di là dei fumetti da cui
sono tratte, sembrano anticipare un Superman malinconico, molto
riflessivo su quello che è il suo ruolo, ma anche un Superman
attento agli altri e legato ai propri cari. Sembra dunque che Gunn
stia traendo maggiormente ispirazione dalle prime versioni del
personaggio, non considerando dunque quanto fatto negli ultimi anni
(e negli ultimi film) con esso.
“Superman racconta la storia del
viaggio di Superman per conciliare la sua eredità kryptoniana con
la sua educazione umana come Clark Kent di Smallville,
Kansas“, si legge nella sinossi ufficiale del
film. “È l’incarnazione della verità, della giustizia e
dello stile americano, guidato dalla gentilezza umana in un mondo
che vede la gentilezza come antiquata.”
Superman avrà
come protagonisti anche Rachel
Brosnahan nel ruolo di Lois Lane e
Nicholas Hoult in quello di Lex Luthor, oltre a
Isabela Merced nel
ruolo di Hawkgirl, Edi Gathegi in quello di Mister
Terrific, Nathan Fillion in
quello della Lanterna Verde Guy Gardner e Anthony Carrigan in
quello di Metamorpho.
Più recentemente, Sara Sampaio ha firmato per interpretare
l’assistente/amante di Lex, Eve Teschmacher, e Skyler
Gisondo è stato scritturato per il ruolo di Jimmy
Olsen.Sono attesi anche i membri della squadra di antieroi
The Authority e María Gabriela de
Faría (Animal Control) è stata scritturata per il ruolo di
Angela Spica/The Engineer. Si dice anche che la
Supergirl di Milly Alcock farà il suo debutto prima del suo
film su
Supergirl: Woman of Tomorrow, ma non è ancora
stato confermato.
In ognuno di noi c’è una creatura
selvaggia, proprio come il regista Spike Jonze ha
dimostrato con il suo bellissimo film del 2009 Nel paese delle creature
selvagge. In quell’occasione, il piccolo protagonista Max
si trovava a confrontarsi con delle mostruose incarnazioni delle
sue emozioni, le quali gli apparivano tanto più indomabili e
incomprensibili quanto più in lui si verificava quel delicato
passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Nel nuovo film della
Pixar, intitolato Red e
diretto dalla regista Domee Shi (già celebre per il
cortometraggio Bao, premiato con
l’Oscar), si affronta proprio questa stesso argomento. La
differenza è che la creatura selvaggia della ragazzina
protagonista, Mei, non è esterna a lei, bensì ne è
un tutt’uno.
Il titolo originale del film,
Turning Red (letteralmente “diventare
rossi”), descrive meglio il processo di trasformazione con cui
la giovane Mei deve confrontarsi. Appena tredicenne, la
protagonista vede infatti la propria quotidianità completamente
stravolta quando un’antica benedizione (ora considerata
maledizione) di famiglia la colpisce. Questa prevede infatti che
per ogni emozione forte provata, la ragazza si trasformi in un
gigantesco e adorabile panda rosso. Una creatura che presenta però
anche numerosi lati spiacevoli, che rendono la vita di Mei un
inferno. Sbarazzarsi di questo problema diventa dunque per lei un
imperativo, specialmente considerando l’imminente concerto della
sua boy band preferita, a cui insieme alle sue amiche non vuole
assolutamente mancare.
Rosso come la pubertà, rosso come l’emozione
Come per il succitato film di
Jonze, anche nel caso di Red la “creatura
selvaggia” è naturalmente una metafora. La regista ha affermato di
aver scelto il panda rosso poiché è questo un colore che si sposa
perfettamente con il periodo della pubertà, caratterizzata da
emozioni come l’imbarazzo, la rabbia e l’amore. Il rosso è dunque
il colore di cui improvvisamente si tinge la vita di Mei,
spaventata dal cambiare del suo corpo e dalle emozioni sempre più
forti che non sa riconoscere o gestire. Il racconto è dunque
interamente basato sui tentativi della protagonista di relazionarsi
con la sua nuova situazione e con quanti le sono intorno e cercano
di aiutarla.
Come avveniva già nel precedente
film Pixar Luca,
nel quale a sua volta si ritrova tanto una trasformazione quanto la
fotografia di un momento di passaggio da un’età ad un’altra, anche
in Red ci si imbatte dunque nelle situazioni tipiche
dell’ingresso nell’adolescenza. Dalle prime cotte per i ragazzi
agli scontri con i compagni di classe, dal fortissimo legame con le
amiche del cuore alle incomprensioni con i propri genitori. In
particolar modo la madre, Ming Lee (che ha in
originale la voce di Sandra Oh) è
quantomai centrale nel film. La regista considera infatti
Red anche un racconto sul rapporto madre-figlia. La Shi si
concentra sull’offrire il punto di vista di entrambe, portando lo
spettatore ora a mettersi nei panni di una ora in quelli
dell’altra.
Così facendo, al di là della
metafora resa progressivamente forse fin troppo didascalica,
Red si concentra sulla forza delle relazioni tra i suoi
personaggi, dando a queste il potere di essere davvero salvifiche.
La Pixar, come noto, è sempre stata lodata per la grande capacità
di far sciogliere il cuore gli spettatori con titoli come
Wall-E, Up o i più recenti Coco e Onward – Oltre la
magia. Proprio quest’ultimo titolo nasce dall’esigenza del
regista di rapportarsi con la scomparsa del padre quando egli era
solo un bambino. Similmente, Red è per ammissione della
Shi basato su sue vere esperienze personali. Purtroppo, ciò non
impedisce al film di risultare piuttosto freddo proprio a livello
emotivo.
Mei e sua madre Ming Lee in un’immagine del film Red
Red: la recensione del film
Risulta complesso stabilire se la
freddezza lasciata da Red sia causata dalla
difficoltà per una certa tipologia di spettatore a immedesimarsi
nella protagonista o da mancanze narrative del film. È anche vero
che, maschi o femmine che sia, tutti hanno attraversato le stesse
trasformazioni che Mei sperimenta e dunque tutti dovrebbero provare
un certo trasporto verso un racconto di queste. Ciò purtroppo
avviene raramente, con la conseguenza di rendere incostante
l’attenzione nei confronti di quanto si sta guardando. La fortuna
di Red è però quella di essere un film della Pixar e
dunque estremamente curato sotto ogni aspetto visivo. I colori, i
personaggi, le scenografie, ogni cosa è come sempre fonte di grande
stupore per la grandissima quantità di dettagli, più o meno
visibili ad un primo sguardo.
Particolarità in più che
Red vanta è delle tecniche di animazione
sensibilmente differenti rispetto a quelle tipiche della
Pixar. Il film presenta infatti un gusto
orientaleggiante, che in più occasioni ricorda l’ultimo film
realizzato dal giapponese Studio Ghibli, ovvero Earwig e la Strega. Da questo
punto di vista, la presenza della regista e delle sue inclinazioni
stilistiche sono certamente un elemento che permette al film di
distinguersi. Come un po’ era avvenuto per Encanto, il 60°
classico della Disney, ci si trova dunque di fronte ad un film che
sa come stupire l’occhio, ma un po’ meno il cuore. L’elemento che
senza dubbio più di ogni altro riesce a scaldare quest’ultimo è
però proprio il panda rosso, così ben realizzato da poter far
avvertire allo spettatore tutta la sua coccolosità, rendendolo
davvero irresistibile.
Quando si ha a che fare con un duo
di registi dallo stile fortemente distintivo, si può essere portati
a chiedersi se certe loro caratteristiche siano proprie di entrambi
o se siano da attribuire all’uno o all’altro. Per quanto riguarda i
fratelli Joel e Ethan Coen,
sappiamo che entrambi condividono il gusto per il grottesco, per
l’umorismo nero, per i personaggi sopra le righe ma anche per la
profonda drammaticità di certe situazioni. Quando hanno annunciato
una pausa nella loro collaborazione, è però inevitabilmente sorta
la curiosità di scoprire in che modo la rispettive personalità si
sarebbero manifestate negli annunciati progetti in solitaria. Con
Drive-Away
Dolls, diretto da Ethan, abbiamo ora una prima
risposta.
Primo lavoro da regista per il Coen
più giovane, che lo ha anche scritto a quattro mani insieme alla
moglie Tricia Cooke, questo si presenta come un
compendio delle cifre stilistiche per cui i due fratelli sono
conosciuti, con una però forte prevalenza di umorismo grottesco se
non talvolta anche demenziale. Con Drive-Away
Dolls siamo infatti dalle parti di Burn After Reading o di
Ave, Cesare!, con un tono dunque leggero e scanzonato che
accompagna un buddy movie che è anche road movie
e che, tra elementi di assurdità e nonsense per cui si chiede allo
spettatore di stare al gioco, arriva a svelarsi come un’opera più
che godibile.
Geraldine Viswanatha e Margaret Qualley in una scena di Drive-Away
Dolls.
La trama di Drive-Away Dolls
Protagoniste di questa folle
pellicola sono Jamie (Margaret
Qualley), una ragazza del Texas, lesbica e dallo spirito
estremamente libero, da poco tornata single a seguito dell’ennesimo
tradimento; e la sua timida e rigida amica Marian
(Geraldine Viswanathan), che ha invece un
disperato bisogno di ritrovare la felicità e, secondo Jamie, anche
finire a letto con una donna. In cerca di un nuovo inizio, le due
si avventurano in un improvvisato viaggio con un auto a noleggio
verso Tallahassee, ma le cose precipitano rapidamente quando
scoprono che nel portabagagli c’è una valigetta dal contenuto
estremamente importante e che un gruppo di ambigui personaggi sono
alle loro calcagna per cercare di recuperarla.
Ethan Coen è un regista divertito che diverte
Come si accennava, gli elementi
propri del cinema dei Coen ci sono tutti: personaggi sopra le righe
– su cui spicca la personalità larger than life di Jamie
-, una catena di imprevisti ed equivoci e anche quella comicità
spesso illogica che però proprio per questo diverte. Ethan Coen
ambienta inoltre il film nel 1999 e vi fa così confluire volentieri
anche tutta un’altra serie di caratteristiche proprie di un certo
cinema di quel decennio, tra elementi queer, pulp e da film indie.
Impossibile non riconoscere certi omaggi al cinema di Quentin Tarantino, da precise inquadrature
alla scrittura di certi personaggi, come anche alla celebre
valigetta di Pulp Fiction. Coen dunque si sbizzarrisce e si
diverte, adottando anche soluzioni estetiche ardite con cui omaggia
l’estetica dei B-Movies e riuscendo a trasmettere il proprio
entusiasmo.
Drive-Away
Dolls si svela quindi come compendio di un’epoca e del suo
cinema, collocando tutto ciò in un racconto volutamente esile,
privo di particolari sovrastrutture ma che prendendo a piene mani
da certi stereotipi si concentra sul lavorare all’interno di essi
per ricavarne qualcosa di nuovo. Jamie e Marian non sono infatti
altro che una strana coppia, l’estroversa casinara e l’introversa
amante della lettura, ma per entrambe nel corso del racconto si
sviluppano situazioni che permettono una loro non banale
evoluzione. La bravura e la generosità di Qualley e Viswanathan
permette inoltre di far sì che gli angoli dei rispettivi stereotipi
vengano smussati, restituendo due personaggi a cui ci si affeziona
subito.
Geraldine Viswanatha, Margaret Qualley e Beanie Feldstein in una
scena di Drive-Away Dolls.
Le irresistibili protagoniste di Drive-Away Dolls
Se Drive-Away
Dolls è il film divertente e riuscito che è, il merito va
dunque anche alle due protagoniste. Margaret
Qualley, che già negli ultimi anni si è fatta notare tra
C’era una volta a… Hollywood e la miniserie Maid, si confronta stavolta con un personaggio
difficile, continuamente sopra le righe ma da lei caratterizzato
nella misura in cui non risulta né fastidioso né irrealistico.
Geraldine Viswanathan, vista invece in Giù le mani dalle nostre figlie e nella serie
Miracle Workers, è al contrario chiamata a lavorare in
sottrazione, in opposizione alla strabordante fisicità della sua
co-protagonista, riuscendo ad evitare il rischio di venirne
oscurata infondendo tanta umanità e fragilità nella rigidità di
Marian.
E mentre attorno a loro si alternano
cameo di Pedro Pascal e Matt Damon, la nevrotica ex di Jamie
(interpretata da una sempre magnifica Beanie Feldstein), l’esilarante
pedinamento di due loschi ceffi, sequenze psichedeliche in cui fa
capolino Miley Cyrus e sesso saffico a gogo, si
arricchisce sempre di più il rapporto che le lega e che conferisce
una nota di dolcezza e sensualità a tutte le assurdità e il
nonsense che Drive-Away
Dolls offre. Probabilmente un racconto di questo tipo
potrebbe non essere da tutti ben accetto, ma come già visto
succedere nella filmografia dei Coen, si chiede qui di sospendere
la propria reticenza o incredulità, abbandonandosi ad un viaggio
coinvolgente proprio per svincolato da ogni regola.
Un risultato che sembra aver avuto
un impatto negativo sull’attrice protagonista, Sofia Boutella, la quale durante un’intervista
con Vulture ha dichiarato che:
“Ho sempre pensato di essere perfettamente in grado di
incassare questi colpi, ma poi ho letto le critiche che si sono
abbattute su Rebel Moon e mi hanno davvero ferito“. Ha poi
aggiunto: “E sarò onesta al riguardo. Mi sento come se lo
stessi sostenendo per tutti coloro che tenevano così tanto a questo
progetto, ed è questo che mi ha colpito. Non il mio aspetto. Semmai
sono stata abbastanza fortunata e la gente ha apprezzato il mio
lavoro, ma il film è stato criticato”.
“Mi ha colpito molto per tutti
coloro che hanno messo tanto cuore, lacrime e sudore in questo
progetto. È difficile vedere qualcosa che viene demolito a tal
punto. Sono orgogliosa di averne fatto parte e se non ci sarà più
Rebel Moon, sarà una parte molto importante della mia vita che
difenderò per sempre“. La seconda parte, Rebel Moon – Parte 2: La Sfregiatrice,
arriverà su Netflix il 19 aprile e il futuro della saga potrebbe
essere deciso dall’accoglienza di questo seguito. In estate
arriveranno però anche le Director’s cut
vietate ai minori, che potrebbero ottenere maggiori consensi.
Ad ora, dunque, il futuro di Rebel Moon è abbastanza
protetto.
La trama di Rebel Moon – Parte 1: Figlia del Fuoco con
Sofia Boutella
La sinossi del film recita: dopo essersi schiantata su una luna ai
confini dell’universo, Kora (Sofia
Boutella), una misteriosa straniera dal passato
enigmatico, inizia una nuova vita in un insediamento pacifico di
agricoltori. Presto però diventerà la loro unica speranza di
salvezza quando il tirannico Reggente Balisarius (Fra
Fee) e il suo crudele emissario l’Ammiraglio Noble
(Ed
Skrein) scoprono che i contadini senza volerlo hanno
venduto il loro raccolto ai Bloodaxe (Cleopatra
Coleman e Ray Fisher), leader di un
agguerrito gruppo di ribelli.
Assieme A Gunnar, un coltivatore dal cuore tenero e ignaro di cosa
sia una guerra, Kora riceve l’incarico di scovare i combattenti
pronti a rischiare la propria vita per la gente di Vedt.
Così i due raggiungono diversi mondi in cerca dei Bloodaxe e
riuniscono una piccola banda di guerrieri accomunati da tanta
voglia di redimersi: il pilota e killer mercenario Kai (Charlie
Hunnam), il leggendario Generale Titus (Djimon
Hounsou), l’esperta spadaccina Nemesis (Doona
Bae), il prigioniero dalle nobili origini Tarak
(Staz Nair) e Milius (E. Duffy),
una combattente della resistenza. Intanto a Veldt l’androide
protettore Jimmy (con la voce nell’originale di Anthony
Hopkins) si risveglia di nascosto con un nuovo
obiettivo. I rivoluzionari di questa nuova formazione devono però
imparare a fidarsi gli uni degli altri e unire le forze prime che
le truppe nemiche arrivino ad annientarli.
Da quando la prima stagione di
Ahsoka si è conclusa, lo scorso ottobre, è calato
il silenzio sul fronte di Star Wars, che ormai dal 2019 non bazzica il grande
schermo. Tuttavia, come noto, la Lucasfilm ha all’orizzonte diversi
progetti cinematografici e televisivi che espanderanno
ulteriormente il franchise, e ora abbiamo alcuni aggiornamenti
intriganti da parte dell’affidabile insider Daniel Richtman
proprio sul più misterioso e atteso tra questi: il decimo capitolo
ad oggi noto come
Star Wars: New Jedi Order.
Questo, come noto, questo vedrà
Daisy Ridley riprendere il suo ruolo di Rey
Skywalker, con un racconto che, stando a quanto fino ad oggi
riportato, dovrebbe svolgersi 15 anni dopo gli eventi di L’ascesa di Skywalker e narrare dei tentativi di Rey
di addestrare una nuova generazione di Jedi. Ora, secondo Richtman,
la Disney e la regista Sharmeen Obaid-Chinoy
starebbero attualmente effettuando il casting per tre ruoli
principali: due apprendisti Jedi di Rey e un villain senza
nome.
Secondo quanto riferito, il film
sarà girato nel Regno Unito alla fine di quest’anno e non dovrebbe
essere il primo film di una nuova trilogia, come si era detto in
precedenza, ma una storia a sé stante. I dettagli specifici della
trama non sono ancora stati resi noti, ma l’intenzione è quello di
portare il film in sala nel 2026 è decisivo che la produzione si
svolga a cavallo tra il 2024 e il 2025. Per cui, in vista di quel
momento verranno certamente rilasciate maggiori informazioni che
permetteranno di fare ulteriore chiarezza su questo progetto.
Cosa sappiamo su Star Wars: New Jedi Order?
L’anno scorso, Daisy Ridley ha condiviso un aggiornamento
rivelando che Lucasfilm le ha parlato solo di un nuovo film
dedicato a Rey, con la porta aperta eventualmente per altre storie
ambientate in questo periodo della storia di Star
Wars.
“Conosco la trama di un film. Questo non vuol
dire che sia solo quella, ma è quello che mi è stato detto. E
immagino che sarà il prossimo film, credo. Voglio dire, ancora una
volta, non so, dopo gli scioperi e tutto il resto, quanto
velocemente tutto ricomincerà. Ma sì, per ora conosco la storia di
un film e credo che la gente sarà molto eccitata”.
Gli unici dettagli confermati su
questo progetto di Star
Wars, ancora senza titolo, sono che sarà diretto da
SharmeenObaid-Chinoy e sarà
ambientato 15 anni dopo gli ultimi eventi della
Saga degli Skywalker. Ci riuniremo a Rey e seguiremo la storia
della ricostruzione del Nuovo Ordine Jedi e dei
poteri che si ergono per abbatterlo. Il ritorno di Rey ci porterà
il più lontano possibile dalla Saga degli Skywalker nel
“canone” e si spera che possa rispondere a molte delle domande
persistenti che avevamo dopo aver visto la trilogia sequel.
Tuttavia, visto quanto è stata divisiva, è molto probabile che
si discosti da quanto visto in quel film per affermare Rey come
donna a sé stante (quindi, potremmo finire per dire addio a Rey
“Skywalker”).
Zack Snyder,
regista di Rebel Moon, è
stato ospite dell’ultimo episodio di The Joe Rogan
Experience e il divisivo regista ha discusso una serie di
argomenti, tra cui alcuni dei suoi progetti basati sulla
DC.
Zack Snyder ha
parlato delle sue esperienze di lavoro su Justice
League e Batman V Superman: Dawn of Justice, e di come
l’insistenza degli studios per fargli fare determinati tagli gli
abbia fatto guadagnare la reputazione di “uomo delle Director’s
cut”. Ha anche menzionato che ha trovato molto difficile
ottenere una classificazione PG-13 per Justice
League e Batman V Superman: Dawn of Justice perché
alla commissione di classificazione semplicemente non “piaceva
l’idea di Batman e Superman che combattevano“.
Parlando di BATMAN, Snyder
interviene nel dibattito sulla “regola del non uccidere”
dell’iconico eroe della DC Comics. “Se non metti alla
prova la moralità del personaggio, allora è morto. Non può
evolversi, non può muoversi, può solo rispondere a domande che non
infrangono il canone, e questo non è il modo di trattare questi
personaggi leggendari“.
Zack Snyder si
sofferma anche sulle percezioni negative della sua fanbase e, pur
riconoscendo che c’è un elemento tossico, ne elogia la passione e
il fatto che hanno salvato delle vite raccogliendo più di 600.000
dollari per l’American Foundation for Suicide Prevention
dopo che sua figlia Autumn si è tolta la vita. Potete vedere il
video completo qui sotto, e abbiamo anche alcuni spezzoni più
brevi.
“Peoples lives were saved by the money that
those kids raised. Like literal lives, real tangible lives were
saved by that money that those kids that you would call these
“toxic” fans; they’re also responsible for the saving of lives.”
–@ZackSnyder
#RestoreTheSnyderVersepic.twitter.com/wC9J6S7Mwg
This topic could be the most important piece
of CBM conversation that’s going to determine whether CBM survive
much longer. You either make a unique story with a clear vision or
it dies to boot of corporate and fan purist greed.
#ZackSnyderpic.twitter.com/dmvnVmwRzn
Dune – Parte
Due (qui
la nostra recensione) è stato accolto con recensioni
estremamente positive e dato anche l’ottimo
riscontro al box office la possibilità che Dune
– Parte Tre diventi realtà è ora molto più alta.
Il terzo film potrebbe poi essere l’occasione per portare in scena
un personaggio inizialmente presente anche in Dune – Parte
Due ma poi rimosso al momento del montaggio. Si tratta del
Conte Hasimir Fenring, l’assassino e consigliere dell’Imperatore,
marito di Lady Fenring (Léa
Seydoux), interpretato dall’attore Tim Blake
Nelson.
Proprio l’attore ha ora dichiarato
di essere rimasto deluso dall’essere stato tagliato dal film e
parlando con Movieweb ha dichiarato che:
“Non credo di essere autorizzato a dire quale fosse la scena.
Lo lascio fare a Denis, se vorrà parlarne. Mi sono divertito molto
a girarla. E poi ha dovuto tagliarla perché pensava che il film
fosse troppo lungo. Mi ha spezzato il cuore, ma non c’è rancore. Mi
è piaciuta molto quest’esperienza e non vedo l’ora di fare
qualcos’altro con lui, e sicuramente abbiamo intenzione di
farlo“.
Dato il ruolo più importante di
Fenring nei libri di Dune successivi al primo, è possibile che Nelson
possa avere una seconda possibilità in Dune –
Parte Tre. Come noto, Villeneuve ha dichiarato che non
concepisce il concetto di director’s cut o di rilascio
delle scene tagliate. Per lui, se qualcosa di girato non viene
inserito nel film
è da considerarsi morto, senza possibilità di futura
pubblicazione. Probabilmente, dunque, non vedremo mai le scene con
protagonista Nelson, ma il suo personaggio potrebbe comunque
comparire ancora nel racconto.
Tutto quello che c’è da sapere su Dune – Parte
Due
“Questo film successivo
esplorerà il mitico viaggio di Paul Atreides mentre si unisce a
Chani e ai Fremen mentre è su un sentiero di guerra di vendetta
contro i cospiratori che hanno distrutto la sua famiglia“, si
legge nella sinossi ufficiale. “Di fronte alla scelta tra
l’amore della sua vita e il destino dell’universo conosciuto, tenta
di prevenire un futuro terribile che solo lui può
prevedere.”
Dune – Parte
due è diretto da Villeneuve da una sceneggiatura
che ha scritto insieme a Jon Spaihts. Il film è basato
sull’innovativo romanzo di fantascienza Dune del 1965 di Frank
Herbert. Dune –
Parte due è uscito nei cinema il 28 Febbraio
2024. Il secondo capitolo continuerà la storia di Dune,
che, nonostante la sua controversa uscita, è stato un solido
successo al botteghino nel 2021, incassando oltre 402 milioni di
dollari su un budget di produzione stimato di 165 milioni di
dollari. Tuttavia, WB ha sicuramente maggiori speranze per il
sequel, che potrà trarre vantaggio da un’uscita globale su larga
scala in formati standard e premium, incluso IMAX.
Shōgun (recensione),
la serie evento di FX composta da 10 episodi – un’epica saga di
guerra, passione e potere ambientata nel Giappone feudale e basata
sul romanzo bestseller di James Clavell – ha ottenuto 9
milioni di visualizzazioni* a livello globale al suo
debutto su Disney+ e
Hulu, sulla base dei primi sei giorni di disponibilità in
streaming, garantendosi così la prima posizione tra le serie
scripted di General Entertainment a livello mondiale.
Negli Stati Uniti, Shōgun si
posiziona al primo posto tra le premiere FX su Hulu, appena davanti
alla seconda stagione di The
Bear, grazie all’audience accumulata da Hulu su
Disney+. A
livello internazionale, Shōgun è
al primo posto tra le serie di general entertainment, superando
così la prima stagione di The Kardashians. I primi tre
episodi diShōgun sono
ora disponibili in streaming e i nuovi debutteranno ogni martedì
fino al 23 aprile. Il prossimo episodio, “Il recinto a otto
pareti”, arriverà martedì 12 marzo su Hulu negli Stati Uniti, Star+
in America Latina e Disney+ in tutti gli altri
territori.
Shōgun è
stata creata per la televisione da Rachel Kondo e Justin Marks, con
Marks in veste di showrunner e produttore esecutivo insieme a
Michaela Clavell, Edward L. McDonnell, Michael De Luca e Kondo.
Insieme a Cosmo Jarvis, nel ruolo di John Blackthorne, la serie si
avvale di un acclamato cast giapponese – un fatto senza precedenti
per una produzione americana – che include il produttore Hiroyuki
Sanada nel ruolo di Lord Yoshii Toranaga, Anna Sawai nei panni di
Toda Mariko, Tadanobu Asano in quelli di Kashigi Yabushige, Hiroto
Kanai nel ruolo di Kashigi Omi, Takehiro Hira nei panni di Ishido
Kazunari, Moeka Hoshi in quelli di Usami Fuji; Tokuma Nishioka
interpreta Toda Hiromatsu, Shinnosuke Abe è Buntaro, Yuki
Kura è Yoshii Nagakado, mentre Yuka Kouri interpreta Kiku e Fumi
Nikaido è Ochiba no Kata.
Non è un segreto che ci siano molti
camei in programma per Deadpool
e Wolverine (alcuni confermati, altri ancora
vociferati) e sembra ormai certo che i Marvel Studios e il regista Shawn
Levy stiano pianificando di riportare in scena molti più
personaggi dell’ormai defunto franchise degli X-Men di
quanto si pensasse. Hugh Jackman, come noto, tornerà nei panni di
Wolverine, ma il recente
trailer ha rivelato che anche Aaron Stanford
riprenderà il suo ruolo di Pyro, si vocifera che potrebbero
comparire anche Halle Berry (Tempesta), James Marsden (Ciclope), Famke Janssen (Jean Grey) e altri ancora.
Un attore di un film degli
X-Men dell’era Fox, tuttavia, ha reso noto che non si
unirà alla film, e non perché non gli sia stato chiesto. Si tratta
di Vinnie Jones, noto per aver ricoperto il ruolo
di Juggernaut in X-Men: Conflitto finale, il quale
parlando con Yahoo! ha rivelato di aver
ricevuto l’offerta di fare un cameo in Deadpool &
Wolverine ma che a seguito di brevi trattative ha infine
declinato l’invito. “Mi hanno appena chiesto di fare Deadpool,
il nuovo film che sta per uscire“, ha detto Jones. “Ho
parlato con il regista e gli ho detto: “È un dramma indossare
quella tuta, mentalmente e fisicamente“.
“È stato un dramma anche dal
punto di vista mentale, perché ci sei dentro e non puoi fare nulla
tutto il giorno. Puoi solo bere da una cannuccia. Quindi, non siamo
riusciti a trovare un accordo per Deadpool, ma, voglio dire,
Deadpool è il mio film preferito di tutti i tempi, più o meno.
Volevo davvero farlo, ma non avevano il budget per mettermi nella
tuta“. Se dunque ora si ha la conferma che Juggernaut non
comparirà nel film, non resta che attendere la sua uscita in sala
per scoprire se gli altri nomi di cui si vocifera vi avranno
effettivamente preso parte o meno.
Deadpool &
Wolverine riunisce il protagonista Ryan Reynolds con Shawn Levy, regista di
Free Guy e The Adam Project, che ha firmato la regia
dell’atteso progetto. Hugh Jackman
uscirà finalmente dal suo pensionamento da supereroi per riprendere
il ruolo di Wolverine. Sebbene i dettagli
ufficiali della storia di Deadpool &
Wolverine, con protagonista Ryan Reynolds,
non siano infatti ancora stati rivelati, si presume che la trama
riguarderà il Multiverso. Il modo più semplice per i Marvel Studios di unire la
serie di film di Deadpool – l’unica parte del
franchise degli X-Men sopravvissuta all’acquisizione
della Fox da parte della Disney – è stabilire che i film di
Reynolds si siano svolti in un universo diverso.
Ciò preserva i film degli X-Men
della Fox nel loro universo, consentendo al contempo a Deadpool e
Wolverine, di nuovo interpretato da Hugh Jackman,
viaggiare nell’universo principale dell’MCU. Nel film saranno poi presenti anche personaggi
presenti nei primi due film di Deadpool, come Colossus e
Testata Mutante Negasonica. Da tempo, però, si vocifera che anche
altri X-Men possano fare la loro
comparsa nel film, come anche alcuni altri supereroi della
Marvel comparsi sul
grande schermo nei primi anni Duemila, in particolare il Daredevil di Ben
Affleck.
Una voce recente afferma che anche
Liev Schreiber
sia presente riprendendo il suo ruolo Sabretooth. Di certo,
Morena Baccarin
(Vanessa), Karan Soni (Dopinder), Leslie
Uggams (Blind Al), Rob Delaney (Peter) e
Shioli Kutsuna (Yukio) torneranno tutti nei panni
dei rispettivi personaggi, e a loro si uniranno i nuovi arrivati in
franchising Emma Corrin (The
Crown) e Matthew
Macfadyen (Succession), i cui ruoli sono ancora segreti. Un
recente report afferma inoltre che la TVA di Loki, incluso l’agente
Mobius (Owen Wilson) e
Miss Minutes, saranno coinvolti nel film. Deadpool &
Wolverineuscirà nei cinema il 26 luglio
2024.
L’attrice Sandra Bullock ha preso parte nel corso della
sua carriera a film di diverso genere, dal drammatico Il momento di uccidere al thriller
Formula per un delitto, dal biografico The Blind Side – con cui ha vinto l’Oscar – al
fantascientifico
Gravity e fino all’horror Bird
Box. Ha dunque dimostrato di saper variare e affrontare
anche film di diverso tenore, ma quando si pensa a lei
probabilmente la prima cosa che viene in mente è il genere della
commedia romantica. Un amore tutto suo,Ladri per
amore o Piovuta dal cielo sono solo alcuni dei titoli
di questo tipo a cui ha partecipato, ma il più grande successo in
tale genere rimane probabilmente Ricatto d’amore
(qui
la recensione).
Realizzato nel 2009 per la regia di
Anne
Fletcher, già autrice di titoli simili come 27 volte in
bianco e Fuga in tacchio a spillo, questo film
propone la classica formula della commedia romantica con due
protagonisti che non si sopportano costretti a stare insieme per un
determinato motivo. Si generano così incomprensioni, situazioni
esilaranti e, a lungo andare, sentimenti veri. Non si punta dunque
ad offrire una chissà quale novità nel genere, ma la presenza di
determinati elementi ha reso questo film un grande successo, tra i
quali si ritrovano la grande sintonia tra i due protagonisti e
l’appartenenza ad un tipo di commedia “vietata ai minori” ormai
sempre meno praticata.
Un titolo simile recentemente
uscito? Tutti tranne
te (qui
la recensione), a sua volta affermatosi come un film campione
d’incassi. Se dunque si è appassionati di questo genere di commedie
irriverenti e scorrette, dove però alla fine i sentimenti
prevalgono sempre, Ricatto d’amore è il film giusto da
vedere. In questo articolo, approfondiamo dunque alcune delle
principali curiosità relative a Ricatto d’amore.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama, al
cast di attori e alle location dove è
stato girato il film. Infine, si elencheranno anche le
principali piattaforme streaming contenenti il
film nel proprio catalogo.
La trama e il cast di Ricatto d’amore
Protagonista del film è
Margaret Tate, pezzo grosso dell’editoria che
lavora a New York. Essendo canadese, la donna corre però il rischio
di essere rimpatriata forzatamente per via della sua Visa scaduta.
Per aggirare il problema, Margaret dichiara impulsivamente di
essere fidanzata con il suo assistente, Andrew
Paxton, con il quale si sposerà a breve. C’è solo un
piccolo problema: Andrew odia Margaret, che lo ha tormentato per
anni, e si dice disposto ad aiutarla stando al gioco con
l’ufficiale del servizio immigrazione solo a patto che lei lo
promuova. I due si troveranno così costretti ad una convivenza
forzata, ognuno per propri motivi.
L’attrice Sandra Bullock ricopre il ruolo di Margaret
Tate, il quale era inizialmente stato offerto a Julia
Roberts. Nel ruolo di Andrew Paxton vi è invece Ryan Reynolds, il quale conosceva ed era amico
di Bullock già da diversi anni prima di questo film. I due, però,
inizialmente si sono sentiti a disagio nel girare la loro scena di
nudo, ma piano piano hanno iniziato a trovarsi a loro agio in
quella situazione, nonostante a volte le loro protezioni cadessero.
La Bullock ha dichiarato poi in un’intervista di non avere alcun
problema con la nudità: “Questo film ha bisogno della mia
nudità per essere divertente“.
Recitano poi nel film Malin Åkerman nel ruolo di Gertrude, ex
fidanzata di Andrew, Craig T. Nelson nel ruolo di
Joe Paxton, il padre di Andrew, che possiede le aziende di famiglia
che dominano la città di Sitka e Mary Steenburgen
nel ruolo di Grace Paxton, madre di Andrew. Betty
White, invece, è Annie, la nonna di Andrew. L’attrice,
però, ha quasi rifiutato il suo ruolo nel film perché le riprese le
avrebbero imposto di trascorrere dieci settimane lontano dal suo
golden retriever. Denis O’Hare ricopre invece il
ruolo di Mr. Gilbertson, l’agente dell’immigrazione che indaga sul
caso di Margaret
Dove è stato girato? Ecco le
location del film
Buona parte del racconto si svolge
in Alaska, dove vive la famiglia di Andrew e dove egli si reca con
Margaret proprio per presentarla ai suoi parenti. Anche se la
maggior parte del film è dunque ambientato a
Sitka, in Alaska, le riprese in
realtà hanno avuto luogo a Rockport, nel
Massachusetts. Naturalmente, ciò ha significato
che parte della città è stata soggetta ad alcuni cambiamenti,
necessari per renderla più simile a Sitka. Tra i principali luoghi
in cui si sono svolte le riprese vi sono l’edificio Motif
Number One sul Bradley Wharf,
l’Haskins Building e il quartiere centrale di
Rockport. La scena del matrimonio è invece stata girata in una casa
vittoriana a tre piani del XX secolo nella città di
Manchester-by-the-Sea.
Ricatto d’amore 2: ci sarà un sequel?
Come saprà chi ha visto il film, il
finale lasciava aperte alcune possibilità per la realizzazione di
un sequel, ma negli anni non si è mai parlato di tale possibilità.
Ad oggi, dunque, è da escludere la realizzazione di un sequel.
Tuttavia, il grande successo di Ricatto d’amore ha portato
alla realizzazione di diversi remake, tra cui uno cinese e diversi
indiani. Il primo di questi è stato coprodotto da Walt Disney
Pictures e Linmon Pictures, e diretto da Yee
Chin-yen. Esistono invece tre remake indiani: uno in
lingua malayalam dal titolo My boss; uno in lingua kannada
intitolato Software Ganda; e uno in lingua tamil
intitolato sandakkari.
Il trailer del film e dove vederlo
in streaming e in TV
È possibile fruire di
Ricatto d’amore grazie alla sua presenza su alcune
delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete.
Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Apple
iTunes, Prime Video e Tim
Vision. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di
riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un
abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale
comodità e ad un’ottima qualità video. Il film è inoltre presente
nel palinsesto televisivo di mercoledì 26 febbraio
alle ore 21:30 sul canale Rai
1.
Cuore di tutto il DC
Extended Universe, ovvero il racconto sul grande e
piccolo schermo dei supereroi della DC Comics, è il film Justice
League (qui la recensione). Diretto nel
2017 da Zack Snyder, il film avrebbe dovuto
rappresentare il primo apice di quanto fino a quel momento
raccontato dai film L’uomo d’acciaio, Batman v Superman e
Wonder Woman. Il
risultato, come noto, fu però tutt’altro che entusiasmante e
Justice
League si affermò non solo come un considerevole flop al
box office ma anche come un film fortemente limitato dai suoi
numerosi problemi produttivi.
Durante la sua realizzazione,
infatti, Snyder si è visto costretto ad abbandonare il progetto in
seguito alla morte della figlia, lasciando al
regista JossWhedon (che per
la Marvel aveva diretto i primi due
Avengers) la gestione della post-produzione e la regia
delle ultime riprese restanti. Tale cambio di regista ha
naturalmente portato il film ad avere aspetti dissonanti al proprio
interno, con Whedon che si è particolarmente discostato dalla
versione di Snyder anche attraverso alcune riscritture della
sceneggiatura avvenute a riprese già in corso. Justic
League, insomma, ha sofferto di numerosi drammi produttivi
che ne hanno fatto un’opera particolarmente debole.
Con il tempo, il film è stato
parzialmente rivalutato da una buona fetta di fan, ma gli viene
oggi di gran lunga preferita la Zack Snyder’s Justice
League, ovvero la versione poi portata a
compimento nel 2021 da Snyder e fedele ai suoi piani originali per
il film. Ora che il DCEU è prossimo alla sua definitiva
conclusione, riscoprire tale film può comunque essere un motivo di
ulteriore dibattito su ciò che ha funzionato o meno di esso. Di
Justice League vengono infatti
generalmente lodati il suo tono meno cupo rispetto ai precedenti
film DC e alcune sequenze d’azione. Elementi che ne fanno un film
visivamente affascinante sotto certi punti di vista.
La trama e il cast di Justice League
Dopo gli eventi di Batman vSuperman, il miliardario Bruce Wayne
rivaluta la scelta di lottare in solitaria e decide di fare squadra
con un composito gruppo di supereroi. Si allea così con la
principessa delle amazzoni Wonder Woman, il velocissimo
Flash, il sovrano di Atlantide
Aquaman e Victor Stone, l’ex atleta
rivestito di componenti meccaniche che si è guadagnato per questo
il soprannome di Cyborg. Con la squadra così al
completo, guidata da Batman, le forze della Justice
League sono pronte a difendere il pianeta da un attacco di
proporzioni catastrofiche rappresentato da
Steppenwolf, inviato sulla terra dal divino
Darkseid con lo scopo di conquistarla in suo nome.
Ben presto, però, il defunto Superman si rivelerà
indispensabile ai fini della riuscita della missione.
Ad interpretare i supereroi qui
elencati vi sono Ben Affleck nei
panni di Batman, che riprende da Batman v Superman, mentre Henry Cavill
torna ad interpretare Superman. Gal Gadot
riprende il ruolo di Wonder Woman dopo averla interpretata nel suo
film da solista, mentre Jason Momoa fa
il suo debutto ufficiale come Aquaman. Ezra Miller
interpreta Flash, mentre Ray Fisher è Cyborg, ed
ha interpretato il personaggio quasi completamente attraverso l’uso
della motion capture. Recitano poi nel film gli attori
Amy Adams nei panni di
Lois Lane, Jeremy Irons in
quelli di Alfred Pennyworth e J. K. Simmons come James Gordon. L’attore
Ciaran Hinds è invece l’interprete di
Steppenwolf.
Justice League vs Zack
Snyder’s Justice League: dai combattimenti a Steppenwolf, ecco
le differenze tra le due versioni
Ma quali sono le differenze
esistenti tra il film Justice League arrivato in sala nel
2017 e la Zack Snyder’s Justice League? Innanzitutto, la
durata. La prima versione del film dura infatti appena due
ore, con molto del materiale girato da Snyder tagliato in fase di
montaggio. Il regista lo ha però poi recuperato, dando vita alla
sua versione della durata di quasi quattro ore. Altra significativa
differenza la si ritrova nei colori. Per alleggerire i toni del film, Joss Whedon
ha concepito delle inquadrature molto più colorate e luminose. Al
contrario, Zack Snyder ha impiegato un drago di colore molto più
sottile e ad alto contrasto, in modo da conferire al suo film dei
toni più levigati e naturali. La versione di Snyder è poi suddivisa
in sei capitoli, seguiti da un epilogo.
Altra differenza la si ritrova poi
nelle scene di combattimento, ovviamente molto più
lunghe e approfondite nella versione di Snyder, in grado così di regalare allo spettatore
tutta l’adrenalina e l’emozione che il film distribuito in sala non
possedeva. È poi differente l’aspetto del villain
Steppenwolf, che Snyder ricostruisce così come lo
aveva inizialmente immaginato, più possente e spaventoso. Il
personaggio era infatti stato reso meno inquietante per il film del
2017, nella speranza di non spaventare i più piccoli. Sempre
rimanendo in ambito villain, la versione di Snyder mostra molto di
più di Darkseid, raccontandone origini e
obiettivi. Oltre a lui, nella Zack Snyder’s Justice
League sono presenti altri personaggi in più, tra cui il
Joker di Jared Leto.
Differenze si ritrovano anche nella
resurrezione di Superman. Nel film del 2017
Whedon ha trasformato la decisione di resuscitare
Superman in un momento di conflitto tra i membri della squadra
(prendendo ispirazione da quanto visto nei suoi The
Avengers e
Avengers: Age of Ultron).Nella
Snyder Cut, invece, la decisione avviene con mutuo
consenso, dopo che Cyborg ha spiegato le capacità della Scatola
Madre. A differenza del taglio cinematografico, il team decide di
portare avanti la sua decisione all’interno del Wayne Aerospace
Hangar, e non nella Batcaverna.Altre differenze esistenti tra le due
versioni sono qui elencate!
JusticeLeague: il sequel mai realizzato
Parallelamente all’arrivo in sala di
Justice
League, i DC Studios fissarono l’uscita di un suo sequel
al 14 giugno 2019. Tuttavia i risultati tutt’altro che
entusiasmanti sia a livello di critica che di pubblico a cui il
film è andato incontro una volta distribuito in sala, hanno frenato
i piani per la realizzazione di un suo sequel. Con il tempo, tale
seguito è infine stato cancellato e i DC Studios hanno preferito
concentrarsi su progetti stand-alone come Wonder Woman
1984,
Aquaman e The Flash. Ora che il DCEU è stato ufficialmente
dichiarato “morto” in favore del DC
Universe di James
Gunn e Peter Safran, è chiaro che
Justice League non avrà mai un sequel. Si può dunque
unicamente sperare in un nuovo film dedicato alla celebre squadra,
che sappia rendere giustizia ad essa.
Il trailer di Justic
League e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di Justice
League grazie alla sua presenza su alcune delle
più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è
infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Google
Play, Apple TV e Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
mercoledì 6 marzo alle ore 21:20
sul canale Italia 1.
NBCUniversal ha
confermato che il suo nuovo film Jurassic
World 4 sarà girato quest’anno presso i propri Sky
Studios Elstree nel Regno Unito.
Con una data di uscita già fissata per
luglio 2025, le nostre fonti si aspettano che le riprese del film
di successo inizieranno quest’estate, anche se ciò non è stato
confermato dallo studio.
La conferma delle riprese del film
Jurassic
World 4 agli Sky Studios è arrivata dalla società
sorella della Universal, Sky, che oggi ha annunciato gli
aggiornamenti del governo britannicosul credito
d’imposta locale e sulle tariffe
commerciali.
Il nuovo film Jurassic
World 4 diventerà il terzo film
importante girato negli Sky Studios della Universal –
dopo Wicked e Paddington
3 – uscito lo scorso anno. Si prevede
che il film sarà girato anche in altre destinazioni globali: la
maggior parte dei film della serie sono stati girati alle Hawaii,
anche se non è stata confermata come destinazione. I
precedenti film di Jurassic World erano stati
girati a Pinewood nel Regno Unito, ma questo non sarà girato
lì.
Secondo fonti dello studio, il
precedente film Jurassic World ha
generato più di 2.000 posti di lavoro e una spesa di 180 milioni di
sterline nel Regno Unito. Tuttavia, la composizione
dell’equipaggio di questa puntata, e anche la sua fattibilità,
potrebbero essere messe in discussione se uno sciopero IATSE e
Teamsters dovesse svolgersi quest’estate.
Il nuovo film Jurassic
World 4 sarà prodotto da Steven Spielberg attraverso Amblin
Entertainment, Frank Marshall e Patrick Crowley produrranno
attraverso Kennedy-Marshall. Il vicepresidente esecutivo dello
sviluppo della produzione Sara Scott e il direttore creativo dello
sviluppo della produzione Jacqueline Garell supervisioneranno il
progetto per la Universal.
Dana Strong, CEO di Sky Group, ha
dichiarato oggi in merito al credito d’imposta e ai cambiamenti
delle tariffe commerciali del Regno Unito: “Siamo lieti che il
Cancelliere abbia deciso oggi di tagliare le tariffe commerciali
degli studi televisivi e cinematografici, fornendo sgravi fiscali
vitali per consentire al Regno Unito di livello mondiale settore
della produzione cinematografica e televisiva per continuare a
prosperare. L’annuncio di oggi dà fiducia al settore,
sbloccando opportunità di lavoro e fornendo allo stesso tempo una
base stabile per gli investimenti di domani nel Regno Unito, come
la nostra proposta per Sky Studios Elstree North e le riprese
di Jurassic 4 di
NBCUniversal ”.
Cosa sappiamo di Jurassic
World 4?
Sebbene non siano ancora state
rivelate informazioni ufficiali sulla trama del nuovo Jurassic World, la scrittura della
sceneggiatura da parte di Koepp suggerisce che il film potrebbe
tornare alle origini del franchise. Koepp non solo ha scritto
l’acclamato originale del 1993 di Steven Spielberg, ma anche il suo sequel del
1997, Il mondo perduto: Jurassic Park. Non essendo previsto
il ritorno di membri del cast storico come Sam Neill, Laura Dern e Jeff Goldblum, né di nuovi membri del cast di
Jurassic World come Chris Pratt e Bryce Dallas Howard, il prossimo sequel
potrebbe aprire la strada a una nuova era per il franchise.
Anche l’assunzione di Edwards
fornisce qualche indicazione su ciò che potrebbe accadere in
futuro. Edwards, che ha diretto anche Godzilla del 2014, ha anni di esperienza come
artista VFX e questo è certamente uno dei motivi principali per cui
tutti i suoi film presentano immagini CGI mozzafiato. The
Creator, ad esempio, presenta un lavoro VFX straordinario
ed è stato realizzato con un budget inferiore alla metà di quello
di un tipico film del MCU, il che suggerisce che
Jurassic World potrebbe avere una delle migliori CGI del
franchise di sempre.
Le informazioni sulla trama possono
essere scarse, ma il finale di Jurassic World: Il Dominio potrebbe in un certo senso
aver preparato gli eventi del prossimo sequel. Il film si conclude
con gli esseri umani e i dinosauri che vivono fianco a fianco, e il
prossimo film potrebbe riprendere proprio da qui, solo con nuovi
personaggi. Con l’avvicinarsi della data di inizio delle riprese, è
comunque probabile che nei prossimi mesi vengano rivelate ulteriori
informazioni sulla trama di Jurassic World, ma anche sugli
attori principali che comporranno il cast.
È stata rivelata una
nuova foto dietro le quinte di Superman,
che offre ai fan uno sguardo al set del film DC
Studios in Norvegia.
Il
registaJames
Gunnha parlato
con Svalbardposten
(tramite Deadline ) delle riprese del film DC
Universe in Norvegia. Il regista ha spiegato che la prima
scena di Superman
che va alla Fortezza della Solitudine è stata girata e che le
Svalbard si sono rivelate il posto migliore per filmare queste
scene.
“Abbiamo girato le prime scene
[alle Svalbard], che mostrano Superman
in fuga verso la Fortezza della Solitudine”, ha dichiarato
Gunn (via VG ). “Volevamo un posto
che fosse bello e che desse la sensazione di essere nel mezzo
dell’Artico, quindi abbiamo esaminato diversi posti nel
mondo. Ma ci sono state molte cose che ci hanno fatto vendere
le Svalbard rispetto ad altri posti”.
“Superman racconta la storia
del viaggio di Superman per conciliare la sua eredità kryptoniana
con la sua educazione umana come Clark Kent di Smallville,
Kansas“, si legge nella sinossi ufficiale del
film. “È l’incarnazione della verità, della giustizia e
dello stile americano, guidato dalla gentilezza umana in un mondo
che vede la gentilezza come antiquata.”
Superman avrà
come protagonisti anche Rachel
Brosnahan nel ruolo di Lois Lane e
Nicholas Hoult in quello di Lex Luthor, oltre a
Isabela Merced nel
ruolo di Hawkgirl, Edi Gathegi in quello di Mister
Terrific, Nathan Fillion in
quello della Lanterna Verde Guy Gardner e Anthony Carrigan in
quello di Metamorpho.
Più recentemente, Sara
Sampaio ha firmato per interpretare l’assistente/amante di
Lex, Eve Teschmacher, e Skyler Gisondo è stato
scritturato per il ruolo di Jimmy Olsen.Sono attesi anche
i membri della squadra di antieroi The Authority e
María Gabriela de Faría (Animal Control) è stata
scritturata per il ruolo di Angela Spica/The Engineer. Si
dice anche che la Supergirl di Milly
Alcock farà il suo debutto prima del suo film su
Supergirl: Woman of Tomorrow, ma non è ancora
stato confermato.
Non sappiamo ancora con esattezza
come questi altri supereroi si inseriranno nella storia, ma
James Gunn ha precedentemente rivelato che la
doppia vita di Superman
Il primo annuncio di
Supersex aveva gettato una pruriginosa curiosità
sul pubblico di Netflix e trai fan di
Alessandro Borghi, un po’ meno eccitazione invece tra
quelli di Rocco Siffredi, che hanno seguito e seguono il
porno attore e la sua filmografia con passione e dedizione. Sì,
perché provare a raccontare la vita di Siffredi era una sfida
complicata, ci si sarebbe scontrati con lo snobismo, la chiusura
mentale, la difficoltà di messa in scena, tutta una serie di
ostacoli che in casa Netflix sono stati affrontati
e superati, con risultati alterni.
Supersex, la storia di Rocco Siffredi
Supersex
racconta di Rocco Tano, della sua infanzia e adolescenza a Ortona,
della sua giovinezza a Parigi, dove, in compagnia di un fratello
adorato e forse un po’ temuto, Tommaso, scopre la sua strada,
capisce che quei vicoli bui e peccaminosi di Pigalle, nascondono
posti segreti, dove lui può finalmente essere se stesso ed
esercitare il suo superpoteri, quello del sesso. La serie è dunque
una biografia che, tenendosi ai margini del mondo del porno, che
Siffredi ha rivoluzionato e condizionato, racconta il ragazzo e
l’uomo, i suoi timori, il prezzo che ha pagato per le sue scelte,
il suo cammino verso l’immortalità.
La serie
Netflix, composta da sei episodi e disponibile dal
6 marzo sulla piattaforma, prova dunque a gettare uno sguardo
intimo sulla vita del celebre Siffredi, con Saul Nanni e
Alessandro Borghi che si dividono il compito di
mettere in scena poteri e debolezze di un uomo speciale. La serie,
scritta da Francesca Mainieri e diretta da
Matteo Rovere, Francesco Carrozzini e
Francesca Mazzoleni, ambisce quindi a raccontare
un retroscena mai narrato, e in qualche modo a dare un cuore e uno
spirito a un uomo percepito sempre e solo di carne.
Da un grande potere
derivano grandi responsabilità
Con questa premessa, è
chiaro che non bisogna aspettarsi da Supersex un
Boogie Nights all’italiana. La serie tocca
solo le sponde del mondo del porno, ne racconta le difficoltà e le
asprezze, e tende a mettere al centro della storia Rocco e il suo
superpotere. Proprio così: che ci si riferisca alle dimensioni,
alla libido, al desiderio, all’inclinazione, alla capacità di
performare a comando, gli autori della serie scelgono di parlare di
queste caratteristiche di Siffredi come di un superpotere. Il che
inevitabilmente implica responsabilità e quindi un prezzo da
pagare.
I supereroi compiono
grandi imprese, è vero, ma sono anche sempre lacerati tra ciò che è
giusto fare, ciò che desiderano fare e ciò che invece devono fare
proprio perché investiti del potere di cambiare le cose e “salvare
gli innocenti”. Un Rocco Siffredi novello
Spider-Man, dunque, che deve decidere se salvare New York (seguendo
quindi la sua vocazione) o salvare Mary Jane (prendersi cura degli
affetti personali). Una cosa non può coesistere con l’altra, la
serie dimostra questo, e forse anche la vita di Siffredi e di altre
pornostar più o meno famose. Questa scelta, assolutamente legittima
e comprensibile, arriva in un momento di grande esposizione
mediatica del pornodivo, che sembra impegnato in un lungo processo
di rivalutazione della sua immagine pubblica per cercare di
scrollarsi di dosso uno stigma sociale che, nella società
contemporanea, arriva insieme a determinate scelte di vita e di
professione.
Questo punto di vista,
questa tesi si avvale enfaticamente di enfasi e toni drammatici,
raccontando la lotta interiore del giovane Rocco che a poco a poco
abbandona Tano (nome di battesimo) per abbracciare Siffredi, il
nome con cui è diventato un’icona.
Ci saranno tantissime
recensioni di Supersex che sottolineano quanto la
serie Netflix, che offre un altissimo valore
produttivo, dalle scenografie alle musiche fino ai costumi e
location, riesca a dare un volto umano e complesso a quello
che tutti considerano soltanto una macchina del sesso, si
spenderanno moltissime parole per decantare la bravura del cast:
Alessandro Borghi e Saul Nanni sono assolutamente incredibili
e con loro anche Adriano Giannini e Jasmine Trinca, davvero in stato di grazie nei
ruoli di Tommaso e Lucia. Tutte osservazioni giuste e dovute a chi
si è speso davvero tanto, emotivamente e fisicamente, per mettere
in scena una storia così straordinaria e anche drammatica.
Ma la scelta di virare
sul dramma umano fa perdere alla produzione una possibilità
preziosissima. Si parla di sesso, si parla di relazioni aperte, di
amore libero, di promiscuità eppure lo si fa sempre sotto la lente
del dramma, addirittura con tocchi di thriller. Mai viene
menzionata la gioia, la bellezza, il divertimento che può portare
una relazione tanto libera e appagante con il proprio corpo. Il
pornoattore è veicolo di drammi personali (di nuovo, sacrosanti e
centrali nella storia), ma non appare mai soggetto attivo delle
proprie scelte e in questo modo il sesso e l’erotismo diventano
ossessione, qualcosa da gestire, da incanalare, da domare e che
porta sofferenza.
Provare a essere
provocatori e offrire un ritratto più leggero, senza cancellare per
forza le ombre di una vita, avrebbe potuto forse davvero offrire
uno sguardo meno giudicante sul mondo del porno. Ma forse autori e
spettatori non sono ancora pronti a questo tipo di libertà.
Prendiamo quindi per
buona questo punto di vista: la storia di questo ragazzo di Ortona
che con il suo superpotere ha lasciato un segno nella storia del
mondo, ha combattuto contro i suoi demoni e alla fine, almeno a
giudicare da quello che dice Rocco Siffredi,
quello vero, ha trovato l’equilibrio e l’amore, per la sua
compagna, per la sua famiglia e per se stesso.
Dopo la messa in onda degli episodi
13 e 14 che abbiamo recensito qui, oggi vi svegliamo le
anticipazioni dei nuovi episodi di terza stagione della serie
tvDOC
– Nelle tue mani che andranno in onda questa sera
giovedì 07 Marzo, in prima serata su Rai 1. Ecco le
anticipazioni dell’episodio quindicesimo e sedicesimo e gran finale
di stagione, che si intitolano rispettivamente “Quello che si deve
fare” e “Liberi”.
Doc – Nelle tue mani 3 EPISODIO
15, “Quello che si deve fare”
Marzo 2011. Andrea è costretto a
fare i conti con la malattia di Agnese, ma un’inaspettata notizia
dall’America riaccende le speranze. In ospedale il neo-primario
viene messo invece in difficoltà da un caso dalla diagnosi
difficile, che costringerà qualcuno a un terribile compromesso. Nel
frattempo, a Lorenzo viene affidato il signor Gianfranco, un
paziente arrivato da una RSA a cui è stato prescritto un medicinale
in dosi eccessive.
Doc – Nelle tue mani 3 EPISODIO 16
“Liberi”
In reparto è arrivato il momento
della verità. Mentre Federico affronta il suo ultimo giorno
all’Ambrosiano e Martina prende una decisione che lascia di stucco
il resto della squadra, Doc deve fare i conti con la verità che
Agnese gli ha raccontato e che l’ha costretto a cambiare
prospettiva sul suo passato. È convinto che non possa andare peggio
di così almeno fino a quando viene ricoverato l’uomo responsabile
di tutto. Il suo peggior nemico.
DOC
– Nelle tue mani è una produzione Lux Vide,
società del gruppo Fremantle, in collaborazione con Rai
Fiction. Tra partenze e nuovi arrivi in DOC
– Nelle tue mani, nuove sfide attendono la squadra del
Policlinico Ambrosiano di Milano, guidata dall’amatissimo dottor
Andrea Fanti (Luca
Argentero), che torna finalmente a rivestire il ruolo di
primario mentre prova a recuperare quei ricordi che ormai tutti (o
quasi) ritenevano perduti per sempre.
DOC – Nelle tue mani, la
serie
DOC
– Nelle tue mani è la serie tv prodotta da RAI
FICTION scritta da Francesco Arlanch e Viola Rispoli. Una
produzione Lux Vide, società del gruppo Fremantle, in
collaborazione con Rai Fiction
Nel cast di DOC
– Nelle tue mani
Luca Argentero,
Matilde Gioli, Pierpaolo Spollon, Sara Lazzaro, Marco Rossetti,
Laura Cravedi, Giacomo Giorgio, Elisa Wong, Elisa Di Eusanio,
Giovanni Scifoni, Aurora Peres e Diego Ribon. La
regia è affidata a Jan Maria Michelini (ep. 1-4),
Nicola Abbatangelo (ep. 5-10) e Matteo
Oleotto (ep. 11-16).
Le riprese della serie si sono
svolte tra Roma, Milano e Formello; per la location
ospedaliera il
Policlinico Universitario Campus Bio-Medico e l’Università Campus Bio-Medico di
Roma hanno messo a disposizione spazi e tecnologie.
Tratto dall’omonimo e acclamato
romanzo, The
Idea of You è incentrato su Solène (Anne
Hathaway), una madre single quarantenne che inizia
un’inaspettata storia d’amore con il ventiquattrenne Hayes Campbell
(Nicholas Galitzine), il cantante degli August
Moon, la boy band più in voga del pianeta. Costretta ad
accompagnare la figlia adolescente al Coachella Music Festival,
dopo che il suo ex ha rinunciato all’ultimo minuto, Solène incontra
casualmente Hayes, con cui fin dal primo momento scocca
un’innegabile scintilla. I due intraprendono un’appassionata
relazione, ma non passa molto tempo prima che lo status di
superstar di Hayes ponga delle inevitabili sfide alla loro storia e
che Solène si renda conto di come la vita sotto i riflettori di lui
potrebbe essere più di quanto si aspetti.
Regia di Michael Showalter Sceneggiatura di Michael
Showalter e Jennifer Westfeldt, basato sul libro di Robinne Lee Prodotto da Cathy Schulman, Gabrielle Union, Anne
Hathaway, Robinne Lee, Eric Hayes, Michael Showalter, Jordana
Mollick Executive producers Douglas S. Jones, Jason
Babiszewski, Jennifer Westfeldt,
Kian Gass Con Anne Hathaway, Nicholas Galitzine, Ella Rubin,
Annie Mumolo, Reid Scott, Perry Mattfeld, Jordan Aaron Hall,
Mathilda Gianopoulos, Raymond Cham Jr., Jaiden Anthony, Viktor
White, Dakota Adan Genere Romantic Drama
Il Torino Film Festival è sempre stato e resta un
festival cinefilo e autoriale, una mostra e un concorso di film
dallo spirito libero, originale, fresco, indipendente, graffiante.
Questa edizione del TFF
– diretta da Giulio Base – è in continuità con il
passato e al tempo stesso stringe l’occhio alle nuove generazioni,
capaci di vivere, interpretare e condividere quell’anima forte e di
ricerca che il TFF ha sempre avuto e portato avanti.
“Il suo
entusiasmo si tocca con mano. Lo abbiamo già visto e sono convinta
che ne avremo prova ancora nei prossimi mesi: Giulio Base si
dedicherà a questa nuova avventura con tutta la passione che da
sempre nutre per il cinema, custodendo l’eredità del festival e
contribuendo con le sue idee a dare ulteriore lustro e slancio a
una rassegna che in Italia e dall’estero è vista come uno degli
appuntamenti più attesi nel mondo del cinema. Puntare sui giovani,
una chiave vincente” commenta il Sottosegretario alla
Cultura Lucia Borgonzoni.
“Il festival
di Giulio Base mantiene saldo il timone sull’anima fondante del TFF
ma sicuramente saprà stupirci con delle importanti novità,
interpretandolo con le sue tante anime di autore, regista, attore e
produttore – sottolinea Enzo Ghigo,
presidente del Museo Nazionale del Cinema.Lo
ha dimostrato sia nel suo progetto presentato in occasione del
bando e lo confermerà, ne sono sicuro, anche da oggi in avanti. Non
posso che augurare buon lavoro a lui e a tutta la
squadra”.
“Mancano otto
mesi al prossimo Torino Film Festival ma già si delineano le linee
principali di questa edizione, nato dai giovani e per i giovani, e
che ai giovani deve continuare a rivolgersi, utilizzando anche i
nuovi linguaggi del cinema e le sue evoluzioni – dichiara
Domenico De Gaetano, direttore del Museo Nazionale del
Cinema. Resta un festival originale e indipendente,
legato al territorio ma al tempo stesso capace di intercettare i
grandi cambiamenti della critica cinematografica
internazionale”.
“Ho visto
nascere il Torino Film Festival, che allora si chiamava Festival
Internazionale Cinema Giovani, ho respirato l’aria di quegli anni
anche se ancora giovane, sono stato testimone del fermento e del
cambiamento sociale e culturale nella Torino di inizio anni
’80 – racconta Giulio Base, direttore artistico del
Torino Film Festival. L’ho seguito a distanza negli
anni e ora essere qui è per me molto emozionante. Il 42° TFF l’ho
costruita pezzo per pezzo, annodando idee, pensieri, contatti e
desideri per dar vita a quella trama che è sicuramente uno dei
sogni della mia vita”.
Torino Film
Festival: tutte le novità della 42° edizione
INAUGURAZIONE
L’apertura del
42TFF avrà luogo il 22 novembre 2024 nella splendida cornice del
Teatro Regio, una serata di charme che vedrà la
proiezione di un film in anteprima internazionale
e ospiti di livello nazionale e
internazionale.
IL
PROGRAMMA E LE SEZIONI
La 42° edizione
del Torino Film Festival sarà divisa in 6 sezioni per un
totale di 120 film. Quattro le sezioni competitive:
il concorso principale (16 film in anteprima
mondiale o internazionale), il concorso
documentari (16 titoli in anteprima italiana, senza
distinzione tra italiani e internazionali), il concorso
cortometraggi (24 titoli in anteprima europea, senza
distinzione fra produzioni italiane o straniere) e il “leopardiano”
Zibaldone (24 titoli in uno spazio totalmente
libero ed eterogeneo, con titoli di ogni genere, senza nessun
vincolo di durata, di formato, di data o di anteprima e prevederà
un premio del pubblico). Due le sezioni non competitive: il
fuori concorso (16 titoli) e la
retrospettiva dedicata a Marlon Brando (24
titoli).
LA
SQUADRA
La squadra è
composta da giovani già con numerose esperienze alle spalle. Tre
uomini e tre donne, con età compresa tra i 22 e i 32 anni, scelti
perché capaci di raccontare e intercettare visioni, sguardi e
linguaggi dei loro coetanei, senza però rinnegare il passato. Si
rendono così, in qualche modo, intermediari e garanti nel
preservare e mantenere vivo quello spirito originale e fresco che
ha da sempre caratterizzato il TFF. I selezionatori del 42TFF sono,
in ordine alfabetico, Davide Abbatescianni,
Martina Barone, Ludovico
Cantisani, Elvira Del Guercio,
Veronica Orciari e Davide
Stanzione.
MARLON
BRANDO
Il grande omaggio
a Marlon Brando (del quale quest’anno ricorre il centenario dalla
nascita) comprende 24 titoli che ne ripercorrono
la carriera dagli esordi del 1950 fino a una delle ultime
interpretazioni del 1996. Carismatico e dotato di grande talento,
Brando ha interpretato ruoli molto diversi tra loro, imponendo uno
stile recitativo lontano dai canoni dell’epoca e che ha contribuito
a consacrarlo come uno dei mostri sacri della storia del
cinema.
Anche il manifesto della 42°edizione del TFF è dedicato
Marlon Brando, ritratto nel 1972 sul set del controverso
“Ultimo Tango a Parigi” diretto da Bernardo Bertolucci. È una delle
rare foto in cui guarda direttamente dentro l’obiettivo, uno scatto
complice e sornione, che seduce e mostra, senza mezzi termini, sua
inarrivabile bellezza. (Ph. Eva Sereny / Iconic Images).
ACCESSIBILITÀ
Da quest’anno il
TFF si impegna a essere anche un festival accessibile. Con
l’associazione “+ Cultura Accessibile” si è deciso che tre titoli
della retrospettiva dedicata a Marlon Brando saranno resi
accessibili non solo alle disabilità motorie (lo sono già tutte le
sale utilizzate) ma anche a quelle sensoriali e cognitive.