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La passion de Dodin Bouffant, recensione del film con Juliette Binoche – Cannes 76

Molto atteso dal pubblico francese, che non vedeva Juliette Binoche e Benoît Magimel insieme dai tempi di I figli del secolo (quando iniziò la loro relazione, conclusasi nel 2003), rischia una ingiusta sordina quel La passion de Dodin Bouffant che segna un altro dei grandi ritorni di questo Festival di Cannes 2023. A distanza di più di cinque anni dall’ultimo Éternité e oltre dieci dal precedente Norwegian Wood, infatti, è un piacere registrare la presenza del Trn Anh Hùng di Il profumo della papaya verde, vincitore del Leone d’oro 1995 con Cyclo. Per altro in un film nel quale la cucina è sovrana, più della coppia di protagonisti.

In cucina con Juliette e Benoît

Francia, 1885, il famoso gastronomo Dodin Bouffant passa le sue giornate cucinando, studiando menu e condividendo la sua passione con una ristretta cerchia di amici, i pochi in grado di capirlo ed apprezzare la sua arte fino in fondo. Ad aiutarlo, da venti anni, la bravissima Eugénie, cuoca in grado di trasformare in perfette preparazioni le creazioni del suo genio e vera anima della casa, della quale tiene in ordine l’orto e gestisce la cucina. Un ruolo fondamentale, che la donna assolve con passione e che la rende indispensabile al buongustaio, con il quale rapporto professionale e personale si sono andati mescolando, negli anni, fino a far nascere un sentimento dalla reciproca ammirazione. Tuttavia, Eugénie non è sicura se legarsi a Dodin, che in un momento particolare della loro vita si dimostra pronto a mettersi al suo servizio e cucinare per lei.

The Pot au Feu, un bollito d’altri tempi

Sono pochi i film che iniziano con il primo piano di un sedano rapa, ma forse l’originalità di questo gradito ritorno del regista della Trilogia Vietnamita sta tutta in questo incipit. Nel quale colpisce subito lo stile della ex pasticcera di Chocolat qui in versione contadina, elegantissima con il suo cappello di paglia portato sulle ventitrè. Una grazia che la sua Eugénie mette in tutto quello che fa, anche mentre danza tra pentole e fuochi nell’esercizio delle sue funzioni, come vediamo nella lunghissima scena – quasi mezz’ora – che introduce la storia e il suo rapporto con il personaggio creato dallo scrittore svizzero Marcel Rouff nel romanzo del 1920 “La vie et la Passion de Dodin-Bouffant, Gourmet (The Passionate Epicure)” e ispirato alla figura del francese Jean Anthelme Brillat-Savarin.

Una eleganza affettata, forse, ma certo coerente con il contesto in cui ci si muove (non solo per la scelta di un castello dell’Anjou come location principale) e nel quale vivono tutti i protagonisti, molto lontani da noi e dal nostro quotidiano proprio per questa loro appartenenza a una sorta di casta di gourmet che a un film in costume ambientato alla fine del XIX secolo. Difficile partecipare emotivamente alla storia, d’altronde, concentrata in gran parte sulle splendide e affascinanti preparazioni culinarie che vediamo riprese con attenzione, ritmo e gusto dei dettagli. Forse anche troppo, visto che in alcuni casi la verosimiglianza cede il passo al piacere per la composizione artistica con delle nature morte piuttosto ingiustificate (di lattughe risparmiate o carni alla mercé di insetti e intemperie) sullo sfondo dell’azione che vediamo svolgersi.

Ricette e immagini da stella Michelin

Ma sono dettagli, appunto, e secondari. Ché arricchiscono le tante sequenze nelle quali il movimento sovrasta il dialogo, e piatti, ricette, tempi di cottura, impiattamenti e i meravigliosi colori di questi veri e propri affreschi culinari (realizzati grazie anche alla consulenza dello chef Pierre Gagnaire, 14 stelle Michelin) almeno fino a quando non interviene un nuovo elemento a modificare il rapporto tra i due cuochi e la direzione del film. Che dall’amore per il cibo – assolutamente mai abbandonato, anche perché strumentale a questo secondo livello – passa a rappresentare il particolarissimo sentimento che lega Dodin ed Eugénie. A quanto pare sono due le passioni del cosiddetto “Napoleone della gastronomia“, che il regista aspettava di raccontare almeno dal 2017.

Un tempo molto ampio che in qualche modo corrisponde alla ‘cottura a fuoco lento’ dello spettatore, avvolto dai colori caldi della fotografia di Jonathan Ricquebourg, interrotti solo dall’alternanza di buio e luce didascalicamente utilizzata a rappresentare gli stati d’animo del padrone di casa. Il Pot-au-feu stesso (dal titolo internazionale del film), d’altronde, è un bollito contadino tipico del nord della Francia nel quale manzo e verdure vengono cotti a bassa temperatura per ore, emblematico del valore che il regista da alla memoria, le radici e le stagioni, della vita prima di tutto. Temi toccanti, importanti, che fanno solo da corollario a un lungo carnevale ‘for foodies’ e alla digressione drammatica più che romantica, che poco spazio lascia anche a una ironia che solo si intuisce in alcune battute della donna. Una figura troppo subordinata, se osservata con una sensibilità più moderna e rispettosa di spazi e diritti, e che non sembra riuscire ad rendere l’importanza datale in origine in questa celebrazione del mangiare e del vivere bene.

MCU: 23 tra film e serie tv in arrivo nel 2023 (e oltre)

MCU: 23 tra film e serie tv in arrivo nel 2023 (e oltre)

In soli due anni, i Marvel Studios hanno rilasciato 17 film e titoli in streaming nella Fase Quattro del Marvel Cinematic Universe, il primo atto di quella che il capo dello studio Kevin Feige ha battezzato la Saga del Multiverso. L’improvvisa esplosione di contenuti Marvel è il risultato diretto del lancio di Disney+ che ha anche accelerato drasticamente il ritmo della narrazione del franchise. La Fase 5 del MCU inaugurata nel 2023 con Ant-Man and the Wasp: Quantumania ha lasciato molto perplesso il pubblico che solo con il recente Guardiani della Galassia Vol. 3 ha visto un miglioramento.

All’orizzonte ci sono anche i sequel di Captain America, con il regista Julius Onah, e di Deadpool, con le star Ryan Reynolds e Hugh Jackman e il regista Shawn Levy, nonché i tanto attesi reboot di Blade, con l’attore Mahershala Ali, e di Fantastic Four, con il regista Matt Shakman. Su Disney+ vedremo gli adattamenti di uno spinoff di WandaVision con Kathryn Hahn, un revival della serie Daredevil di Netflix e uno show di Wonder Man con Yahya Abdul-Mateen II. Sono in fase di sviluppo anche altri titoli, tra cui uno show ambientato nel Regno di Wakanda e un secondo spin-off di WandaVision con la Visione di Paul Bettany.

Secret Invasion – 21 giugno 2023

Secret Invasion MCU

Samuel L. Jackson, Ben Mendelson, Cobie Smulders, Martin Freeman e Don Cheadle torneranno per dare vita alla storia dei fumetti del 2008, che racconta di un gruppo di Skrull mutaforma che si sono infiltrati sulla Terra e hanno (presumibilmente) sostituito molti amati supereroi. Appariranno anche Emilia Clarke, Olivia Colman e Kingsley Ben-Adir, che sarà il cattivo principale – lo Skrull che sta organizzando l’invasione. Kyle Bradstreet ha creato la serie e Thomas Bezucha e Ali Selim sono alla regia.

Il legame con il MCU non è chiaro. Al di là degli attori che stanno già tornando nella serie, Feige ha dichiarato che questo è l’evento crossover più ambizioso del MCU dopo i film degli Avengers, quindi ci si aspettano apparizioni di personaggi di altri titoli del franchise.

Loki 2 – 6 ottobre 2023

Loki 2 MCU

Nel finale della prima stagione di Loki, Tom Hiddleston e la sua controparte femminile – e primo vero amore – Sylvie (Sophia Di Martino) affrontano la misteriosa mente dietro l’Autorità per le Variazioni Temporali, un uomo noto come Colui che Rimane (Jonathan Majors). Alla fine, Sylvie frattura la linea temporale nel multiverso uccidendo il cattivo. Loki viene rimbalzato in un’altra realtà, in cui il suo amico della TVA, Mobius (Owen Wilson), non lo riconosce nemmeno.

Nelle scene post-credit di Ant-Man and the Wasp: Quantumania i personaggi di Loki e Mobius sono indaffarati a scoprire nuove versioni di Kang. La produzione della seconda stagione vede Eric Martin, sceneggiatore della prima stagione, che scriverà tutti gli episodi e Justin Benson e Aaron Moorhead, registi di Moon Knight, che dirigeranno la maggior parte degli episodi.

The Marvels – 10 novembre 2023

The Marvels

Nia DaCosta dirigerà il sequel del film. Il nuovo titolo, tuttavia, chiarisce che non si tratterà solo di una storia su Carol Danvers, ma di una piccola avventura di squadra tutta al femminile. Megan McDonnell ha scritto la sceneggiatura. La star di Ms. Marvel, Iman Vellani, sarà co-protagonista del progetto nel ruolo di Kamala Khan.

Teyonah Parris interpreterà l’adulta Monica Rambeau, che si è trasformata in una supereroina durante la serie WandaVision, che si è conclusa con l’invito degli Skrull ad andare nello spazio.

Echo – 29 novembre 2023

Echo MCU

Alaqua Cox sarà la protagonista di questa serie spin-off di Hawkeye nei panni di Maya Lopez, una supereroina nativa americana sorda in grado di copiare perfettamente i suoi avversari in battaglia. Lo show è la prima serie di supereroi standalone su un personaggio nativo americano. Il cast comprende Zahn McClarnon che riprende il ruolo del padre di Maya, e Graham Greene, Chaske Spencer, Tantoo Cardinal, Devery Jacobs e Cody Lightning.

Per la prima volta per la Marvel, tutti e sei gli episodi della serie saranno trasmessi in contemporanea. Nella serie Maya incontrerà il suo vecchio capo, Kingpin (Vincent D’Onofrio), che ha creato qualche problema prima in Daredevil e poi in Hawkeye. Con Matt Murdock apparso in Spider-Man: No Way Home e in She-Hulk: Attorney at Law, è probabile che possa apparire anche in questa serie. Inoltre, nei fumetti Marvel, Echo ha incrociato le strade di Moon Knight e degli Avengers e ha partecipato alla storyline Secret Invasion, quindi potrebbe finire in diverse serie del MCU.

Captain America: New World Order – 3 maggio 2024

Captain America New World Order

Malcolm Spellman, sceneggiatore di The Falcon and the Winter Soldier, e Dalan Musson, scrittore dello staff, stanno scrivendo la sceneggiatura che continuerà la storia di Sam Wilson (Anthony Mackie) dopo che questi ha finalmente preso lo scudo di Capitan America nel finale dello show, sfoggiando un nuovo costume rosso-bianco-blu – e ali di falco – per gentile concessione del Wakanda.

Julius Onah dirige il film, che vede Sam combattere senza il supporto degli Avengers, sciolti dopo Endgame. Tornano dalla serie anche Carl Lumbly nel ruolo di Isaiah Bradley, alias il primo supersoldato nero e Danny Ramirez nel ruolo di Joaquín Torres, che eredita da Sam il soprannome di Falcon. Shira Haas si unisce al cast nel ruolo di Ruth Bat-Seraph, alias Sabra. Nei fumetti, Sabra è una mutante che lavora come agente del Mossad israeliano, ma un portavoce della Marvel ha dichiarato a Variety che i registi stanno adottando “un nuovo approccio” al personaggio.

Thunderbolts – 26 luglio 2024

Thunderbolts

Risposta del MCU alla Suicide Squad della DC, Thunderbolts è una squadra di antieroi – o di cattivi riformati – che si formano inizialmente per fare causare scompiglio ma poi decidono di cercare di rimediare ai loro errori. Jake Schreier dirigerà da una sceneggiatura di Eric Pearson. Il team comprenderà Sebastian Stan nel ruolo di Bucky Barnes, Florence Pugh nel ruolo di Yelena Belova, David Harbour nel ruolo di Alexei Shostakov, Wyatt Russell nel ruolo di John Walker, Hannah John-Kamen nel ruolo di Ava Starr, Olga Kurylenko nel ruolo di Taskmaster e Julia Louis-Dreyfus nel ruolo di Valentina Allegra de Fontaine.

Tutti questi personaggi portano con sé un bagaglio di esperienze precedenti, che senza dubbio influiranno su ciò che accadrà in Thunderbolts. Con Captain America: New World Order nelle sale solo due mesi prima, ci si aspetta che Sam Wilson possa avere un qualche ruolo qui. Anche il personaggio interpretato da Daniel Brühl è importante nei Thunderbolts nei fumetti, è facile immaginare che possa comparire anche lui.

Blade – 6 settembre 2024

Blade

Quando stava girando la serie Marvel Luke Cage per Netflix, Mahershala Ali ha fatto sapere ai Marvel Studios di voler recitare in un remake di Blade, il franchise di supereroi interpretato per la prima volta da Wesley Snipes (e accreditato da molti per aver aperto la strada alla rinascita del cinema dei supereroi). Stacy Osei-Kuffour è stato incaricato di scrivere la sceneggiatura.

Yann Demange dirigerà il film, sostituendo il regista Bassam Tariq che ha abbandonato il progetto nel settembre 2022, due mesi prima dell’inizio delle riprese. La Disney ha poi spostato Blade dal 2023 al 2024. Ali ha fatto un cameo solo audio in una delle scene post-credits di Eternals con il Dane Whitman di Kit Harington.

Deadpool 3 – 8 novembre 2024

Deadpool 3

Mentre i film della Fox sugli X-Men si sono ufficialmente conclusi con i due flop di Dark Phoenix e The New Mutants prima della vendita alla Disney, i due spin-off di Deadpool rimangono quelli di maggior successo finanziario mai realizzati, con un guadagno complessivo di 1,57 miliardi di dollari.

E infatti solo a settembre 2022 arriva la notizia che Deadpool e Wolverine (con Hugh Jackman che torna nel ruolo) è già in produzione con le riprese in atto. Al momento, le storie di Deadpool e Wolverine non hanno nessuna correlazione con il franchise del MCU ma con l’introduzione del multiverso tutto potrebbe cambiare.

Ironheart – 2024

Ironheart MCU

Dominique Thorne interpreterà Riri Williams, che nei fumetti è un prodigio dell’ingegneria che sviluppa una propria supertuta simile a quella di Iron Man di Tony Stark. La sceneggiatrice Chinaka Hodge sarà la responsabile della scrittura. Sam Bailey e Angela Barnes si divideranno i compiti di regia, mentre Proximity – la casa di produzione co-fondata dal regista di Black Panther Ryan Coogler – produrrà insieme ai Marvel Studios.

Anthony Ramos interpreta Parker Robbins, alias The Hood, che inizia come un alleato di Riri ma finisce per diventare un antagonista. Il cast comprende anche Lyric Ross, Manny Montana, Alden Ehrenreich e Shea Couleé. Williams è apparsa per la prima volta nel 2022 in Black Panther: Wakanda Forever, mentre Jim Rash riprenderà il suo ruolo di Preside del MIT da Captain America: Civil War.

Agatha: Coven of Chaos – 2024

Agatha Coven of Chaos

Kathryn Hahn sarà la protagonista di questa serie spin-off di WandaVision su Agatha Harkness. La sceneggiatrice di WandaVision, Jac Schaeffer, scriverà e produrrà la serie, nell’ambito del suo accordo globale con i Marvel Studios e la 20th Television. In linea con l’interpretazione della Hahn, il nuovo show – inizialmente intitolato House of Harkness sarà una dark comedy. Joe Locke avrà un ruolo non specificato, mentre Emma Caulfield Ford riprenderà il ruolo di Dottie da WandaVision.

Il legame di Agatha con Wanda Maximoff (Elizabeth Olsen) sembra offrire ampie possibilità narrative, soprattutto perché l’ultima volta che abbiamo visto Agatha era stata intrappolata da Wanda nel suo personaggio di Agnes, la vicina ficcanaso. Schaeffer sta anche sviluppando un secondo spin-off di WandaVision incentrato sulla Visione di Paul Bettany.

Daredevil: Born Again – 2024

Daredevil Born Again

Dopo che Daredevil ha lasciato Netflix nel 2018, Matt Murdock (Charlie Cox) è tornato nell’ombra quando lo streamer ha tagliato i ponti con la Marvel in vista del debutto di Disney+. Murdock è riapparso come avvocato di Peter Parker in Spider-Man: No Way Home nel 2021 – e la sua nemesi, Kingpin (Vincent D’Onofrio), è riemersa lo stesso mese come cattivo principale in Hawkeye. Nel maggio del 2022, Variety ha riportato che Matt Corman e Chris Ord hanno firmato per scrivere e produrre esecutivamente una nuova serie che si svilupperà in 18 episodi nella prima stagione – il triplo del numero abituale per una serie drammatica nel MCU.

In Hawkeye abbiamo appreso che Clint Barton (Jeremy Renner) e soprattutto Maya Lopez (Alaqua Cox) hanno avuto una relazione complicata con Kingpin, quindi entrambi i personaggi potrebbero essere presenti nella serie. Anche la nascente relazione di Matt con Jennifer Walters (Tatiana Maslany).

Fantastici 4 – 14 febbraio 2024

Fantastici Quattro

Quando la Disney ha acquistato la 20th Century Fox, i fan MCU hanno capito subito che ciò avrebbe significato che gli X-Men e i Fantastici Quattro – i due franchise classici della Marvel che fino ad allora erano esistiti al di fuori del MCU – si sarebbero finalmente riuniti.

Matt Shakman dirigerà il film. Subentra a Jon Watts, regista di Spider-Man, che era stato inizialmente annunciato da Feige nel dicembre 2020, ma si era tirato indietro dal progetto nell’aprile 2022, citando la stanchezza da cinema di supereroi. Nei fumetti i Fantastici Quattro hanno un ruolo fondamentale nella serie Secret Wars.

Avengers: La Dinastia Kang – 2 maggio 2025

Avengers La dinastia Kang

Allo stesso modo in cui Avengers: Infinity War ha portato a Avengers: Endgame, la Fase 6 del MCU – e la Saga del Multiverso – si concluderà con due film sugli Avengers. La regia è affidata a Destin Daniel Cretton ma al momento non è stato annunciato alcun casting.

Data la crescente importanza del personaggio di Jonathan Majors nel franchise, La Dinastia Kang potrebbe esplorare la lotta tra i buoni e le versioni di Kang nel multiverso. Più volte nei film si è oltrepassata questa linea e la Saga del Multiverso serve proprio a questo.

Avengers: Secret Wars – 1 maggio 2026

Avengers Secret Wars

Nel 2015, la Marvel Comics ha pubblicato una miniserie intitolata Secret Wars, in cui un’incursione tra l’universo Marvel principale (Terra-616) e l’universo Ultimate Marvel (Terra-1610) ha causato la distruzione di entrambi. In seguito, molte varianti dei personaggi MCU si ritrovano a vivere su un pianeta post-apocalittico chiamato Battleworld.

Come l’MCU arriverà a questo punto (se questa è davvero la trama del film) rimane un mistero, dal momento che diversi protagonisti della storia dei fumetti – tra cui i Fantastici Quattro e il loro nemico mortale Victor von Doom – non sono ancora apparsi nell’MCU. Michael Waldron scriverà la sceneggiatura.

Wonder Man – inedita

Wonder Man MCU

Cosa succederebbe se si perdesse contro Tony Stark, non come supercattivo, ma come uomo d’affari? Simon Williams lo sa bene: nei fumetti, è il figlio di un capitano d’industria la cui azienda cede sotto la pressione delle Stark Industries. Simon si rivolge quindi al Barone Zemo, che lo trasforma nel supereroe noto come Wonder Man.

Il regista di Shang-Chi Destin Daniel Cretton sta sviluppando la serie insieme allo sceneggiatore Andrew Guest, nell’ambito dell’accordo generale di Cretton con i Marvel Studios e Onyx Collective. Cretton potrebbe anche dirigere. Yahya Abdul-Mateen II interpreterà Williams.

Armor Wars – inedita

Armor Wars

Nei fumetti, la trama di Armor Wars descriveva l’orrore di Tony Stark quando la sua tecnologia Iron Man finiva nelle mani sbagliate. Con la morte di Stark nel MCU, il protagonista di questo adattamento sarà il James Rhodes di Don Cheadle. Yassir Lester  sarà lo sceneggiatore.

Originariamente sviluppato come serie Disney+, i Marvel Studios hanno annunciato nel settembre 2022 che Armor Wars diventerà un lungometraggio.

What If…? 2 – inedita

What If 2 MCU

Come ha dichiarato lo sceneggiatore A.C. Bradley a Variety, i fan possono aspettarsi che le storyline della prima continuino nella seconda stagione, che rimane ancora inedita. Tra le altre realtà alternative della seconda stagione ci sarà un episodio ambientato tra cavalieri medievali nel 1602; i personaggi di Shang-Chi che combattono contro Odino e gli Asgardiani; e Tony Stark che si unisce a Valchiria in un episodio dambientato sul pianeta Sakaar di Thor: Ragnarok.

Bradley è stato chiaro sul fatto che la serie esista all’interno del canone del MCU come parte del multiverso. Il modo in cui questo funzionerà è incerto; anche se una versione di Captain Carter è apparsa in Doctor Strange nel Multiverso della Follia, non era la stessa versione vista in What If…?

X-Men ’97 – inedita

X-Men 97

La Marvel sta pensando a una rivisitazione dell’iconica serie degli anni ’90 sugli X-Men. Andata in onda per cinque stagioni dal 1992 al 1997 è considerata da molti il motivo per cui la Fox ha deciso di realizzare un film in live-action sugli X-Men. La serie continuerà la storia della serie originale, concentrandosi sui mutanti Rogue, Bestia, Gambit, Jean Grey, Wolverine, Tempesta, Jubilee e Ciclope; saranno guidati da Magneto, che sfoggia capelli lunghi e un abito viola. Nel finale della serie originale, il Prof. Charles Xavier è costretto a lasciare la Terra per curarsi dopo un attacco paralizzante.

Gli X-Men saranno affiancati da Cable, Bishop, Forge, Morph e Nightcrawler e si scontreranno con il Club Infernale con Emma Frost e Sebastian Shaw. Appariranno anche Mr. Sinister e Bolivar Trask.

Spider-Man: Freshman Year – inedita

Spider-Man freshman year

A differenza del look morbido e moderno di What If…?, questa serie animata si rifarà alle origini fumettistiche di Peter Parker, che inizia il suo viaggio per diventare Spider-Man. Questa versione della vita di Peter vedrà la presenza di un gruppo di nuovi personaggi, tra cui Nico Minoru, della squadra Runaways; una nuova cotta che non è Mary Jane o Gwen Stacey; Amadeus Cho, che diventa un nuovo Hulk nei fumetti; uno studente di scambio Wakandiano; e Harry Osborn, con il padre di Harry, Norman, che funge da mentore di Peter. Almeno all’inizio.

Charlie Cox doppierà il ruolo di Daredevil e apparirà anche Doctor Strange (anche se non è chiaro se Benedict Cumberbatch doppierà quel ruolo). Paul F. Tompkins darà voce a un nuovo personaggio chiamato Bentley Witman. I primi materiali di stampa indicavano che questo show sarebbe un prequel della storyline di Tom Holland nel MCU, ma i dettagli svelati al San Diego Comic-Con 2022 hanno svelato il contrario.

Marvel Zombies – inedita

Marvel Zombies

Un’apocalisse di zombie fa sì che la maggior parte dei Vendicatori si trasformi in non morti superpotenti e divoratori di carne. Il titolo deriva dalla miniserie a fumetti del 2005-2006 scritta da Robert Kirkman, creatore di The Walking Dead, e disegnata da Sean Phillips; quei fumetti erano già stati liberamente adattati in un episodio della prima stagione di “What If…?”.

Questa serie presenterà versioni zombie di Clint Barton, Capitan Marvel, Capitan America, l’Abominio de L’incredibile Hulk e Shang-Chi Ghost di Ant-Man and the Wasp, Scarlet Witch, Okoye di Black Panther e Ikaris di Eternals. Ad affrontarli ci saranno Yelena Belova e Red Guardian (insieme a una squadra di Vedove) di Black Widow. Il regista di What If…? Bryan Andrews dirige anche questa serie, mentre Zeb Wells è il capo sceneggiatore e produttore esecutivo.

Una serie ambientata in Wakanda – inedita

Wakanda MCU

Nel febbraio 2021, la Disney ha annunciato che il regista di Black Panther Ryan Coogler stava sviluppando una serie per Disney+ ambientata nel Regno di Wakanda, la nazione africana che ospita la Pantera Nera e la sua famiglia reale. La serie fa parte di un accordo televisivo pluriennale tra la casa di produzione di Coogler, Proximity Media, e la Walt Disney Company.

Il progetto Wakanda non ha ancora ricevuto l’ordine di diventare una serie completa, ma in una dichiarazione che annunciava l’accordo, Coogler ha lasciato intendere che non si tratta dell’unica serie basata sul MCU che Proximity sta sviluppando per Disney+.

Nova – inedita

Nova MCU

Lo scrittore di Moon Knight Sabir Pirzada sta sviluppando un progetto basato su Nova, il supereroe intergalattico legato ai Nova Corps della Marvel Comics. Non è chiaro se questo progetto sarà una serie per Disney+ o un lungometraggio.

Anche se i Nova Corps erano una parte centrale di Guardiani della Galassia del 2014 – e in Avengers: Infinity War del 2018, Thanos ha devastato Nova Prime per assicurarsi una delle Pietre dell’Infinito.

Vision Quest – inedita

Vision Quest MCU

Il secondo spin-off di WandaVision dopo Agatha: Coven of Chaos. Questa serie avrebbe seguito le imprese di Visione, la riproduzione fisica priva di emozioni del personaggio di Paul Bettany del MCU. Una serie a fumetti Marvel degli anni ’80 ha lo stesso titolo dello show, ma i suoi eventi sono stati ampiamente coperti in “WandaVision”; si ritiene che la serie seguirà invece il nuovo Visione mentre tenta di recuperare i suoi ricordi.

Jac Schaefer, creatore e sceneggiatore capo di WandaVision e Agatha, è a capo anche di questa serie e Paul Bettany tornerà nel ruolo. La trama non è chiara ma se c’è qualcosa che può far risorgere Wanda Maximoff da sotto le macerie della Wundagore Mountain, è il ritorno di Visione. Inoltre, la serie di fumetti Vision Quest faceva parte del titolo West Coast Avengers, quindi gli eventi di Avengers: La dinastia Kang e Avengers: Secret Wars potrebbero essere presi in considerazione, a seconda della rapidità con cui lo show entrerà in produzione.

Festival di Cannes 2023: foto dal red carpet di Il Sol dell’avvenire

Ieri sera è stato il giorno di Nanni Moretti, secondo italiano in concorso dopo Bellocchio, al Festival di Cannes 2023, con Il Sol dell’Avvenire. Con lui, sul tappeto rosso della croisette, il suo cast, che si è lasciato andare in una danza che replica non solo una bellissima scena del film, ma un ballo divenuto iconico grazie a Franco Battiato, sulle note di Voglio vederti danzare.

Sul tappeto rosso c’erano: Nanni Moretti, Margherita Buy, Barbora Bobulova, Valentina Romani, Blu Yoshimi, Elena Lietti.

MerPeople, la recensione della docuserie su Netflix

MerPeople, la recensione della docuserie su Netflix

Nel 1989, la Disney regala a tutto il mondo una storia intramontabile: La Sirenetta. Da allora, intere generazioni di bambine, ma anche di bambini, hanno sognato di poterlo essere. Cosa? Una sirena, ovviamente. Eppure la magia, ad un certo punto, ha dovuto retrocedere per dare il passo alla realtà, in cui queste affascinanti creature marine non esistono. O forse sì. Netflix porta in catalogo MerPeople, nuova docu-serie che racconta una storia affascinante, nella quale magia e realtà si mescolano, incanalandosi in alcune figure dalla grande fascinazione e appeal: le sirene professioniste.

I quattro episodi, incentrati ognuno su un aspetto di questo business, sono diretti da Chyntia Wade, la quale attraverso questo racconto getta una luce su un mondo sfaccettato, strabiliante e faticoso. Fatto di persone che sacrificano tutta la loro vita per poter svolgere questo lavoro, e che ci credono talmente tanto da andare contro qualsiasi cosa, anche la famiglia. MerPeople arriva in piattaforma proprio al momento giusto, considerata l’uscita del nuovo remake in live action Disney: La Sirenetta, appunto.

MerPeople, la trama

Il documentario ruota attorno a cinque principali storie: Eric Ducharme, ragazzo omosessuale e con la sindrome di Tourette, fondatore dell’azienda Mertailor, lavoratrice di code da sirena personalizzate; Morgana Alba, fondatrice del Circus Siren Pod, Sparkles, artista che cerca di seguire la strada della sirena professionista, affrontando ostacoli, delusioni e sconfitte; Ché Monique, fondatrice di The Society of Fat Mermaids; Blixunami, una persona non binaria che sfoggia tutta la sua vena artistica nelle performance, nel trucco e nella sua coda coloratissima. Ognuno di loro racconta la propria storia, le difficoltà affrontate una volta intrapresa la professione, analizzando il background che li ha spinti, poi, ad essere sirene. A lavorare in un mondo in cui appartengono, mentre il contorno non li accetta.

Nuotare, nuotare, nuotare!

Fra le tante proposte Netflix fin’ora disponibili, MerPeople è di sicuro una di quelle più interessanti, insieme alla docuserie Volo MH370, seppur abbiano tagli e toni diversi. La scelta di far conoscere questa industria – da circa 500mila dollari – in continua espansione non può che considerarsi furba proprio per la sua tematica attrattiva, ma anche – quasi – promozionale per il settore di cui si parla. Perché per quanto siano tante le persone che (negli Stati Uniti) siano spinte dal desiderio di essere una sirena a tutti gli effetti, la verità è che questo mondo non è ancora conosciuto a molti e, come sottolineano alcune intervistate, offre poco lavoro. Quel poco per, forse, riuscire a pagare le bollette. Ma a volte neanche quello.

L’universo delle sirene professioniste è comunque molto vasto, e Chyntia Wade lo sciorina da diverse prospettive: gli artisti, i fondatori di club professionali e i fabbricanti delle bellissime code con cui i performer nuotano in diverse acque: piscine, vasche e addirittura l’oceano. Ognuno di loro regala un punto di vista diverso, nel quale si ritrovano le difficoltà affrontate durante il percorso, i background familiari complessi, ma anche i pensieri comuni, fra questi l’amore verso le sirene e verso un’arte – definita tale da molti – riuscita a scaldare il cuore di tanti bambini, perché capace di non interrompere la magia sprigionata dal mito, continuando a far sognare a occhi aperti.

Essere sirene è difficile, ma non impossibile

Essere guardati con pregiudizio e non andare oltre l’apparenza è però uno dei problemi che il mondo delle sirene professioniste deve subire, poiché visto – ma solo da alcuni – con distacco e scetticismo. Ma come dimostrano alcuni artisti, fra questi la sirena Sparkles che ha una storia in primo piano all’interno di MerPeople, è un lavoro che richiede anni di preparazione per le immersioni subacquee. Si va incontro a tutto una volta intrapresa la “carriera”: infezioni, PH delle piscine sbagliati che provocano danni agli occhi, minuti in apnea, esibizioni difficili, ipotermia. Lo ribadisce anche Morgana Alba, fondatrice del Circus Siren Pod (sirene professioniste d’élite): le performance sott’acqua a volte sono persino pericolose. Ogni artista deve affrontare un ostacolo nel momento in cui non è più in superficie, nel suo habitat naturale, e spesso si ritrova a dover nuotare con altre specie marine, squali compresi.

Ma per restituire al pubblico la giusta emozione, travolgendolo nell’atmosfera suggestiva e nella mitologia delle creature che rappresentano, i professionisti devono far sembrare tutto reale, anche nei movimenti che devono essere sinuosi e mai forzati. Mantenendo poi un’espressione distesa e carismatica, nonostante magari l’acqua sia fredda. Essere sirene richiede concentrazione, connessione con il proprio corpo e con lo spettatore, sfide con se stessi. Ma, come dimostra il fondatore di Mertailor, una delle aziende più grosse di produzione di code, Eric Ducharme, diventa anche dimensione salvifica, luogo di pace, estensione del proprio io, e terapia – o medicina – delle malattie. Come la sua, la sindrome di Tourette, che lo stesso Ducharme è riuscito a gestire solo stando a contatto con l’acqua e facendo quello che amava più di ogni altra cosa: la sirena.

L’intento di Chyntia Wade, percepitosi in tutto il prodotto, è dunque quello di far vivere fra le quattro pareti dell’inquadratura una magia immortale, sospinta da sempre dalla bellezza che questa mitologia, antichissima, sprigiona. E portare all’attenzione una comunità in cui molte persone si ritrovano, sentendosi nel posto giusto, a fare la cosa giusta, con i colleghi che arrivano a considerare famiglia. Seppur alcune storie di MerPeople, rispetto ad altre, scorrano troppo veloci e alcune si frammentino un po’ troppo spesso riducendo la fluidità della narrazione, il risultato risulta comunque discreto e convince. A essere altalenante è invece il montaggio, definito nelle scene sott’acqua, e disorientante invece nel passaggio da una storia all’altra a causa delle brusche interruzioni. A trapelare però, più che l’intreccio e la messa in scena a volte poco curata, è la sua anima pura, con la conferma che spesso sono le professioni apparentemente inutili, ad essere le più significative nell’impatto che hanno sia su se stessi, che sull’altro. Basta guardare oltre, in profondità.

C’era una volta a Hollywood, ecco perché Margot Robbie ha i piedi sporchi nella scena del cinema

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Margot Robbie spiega perché i suoi piedi erano sporchi nella scena di C’era una volta a Hollywood di Quentin Tarantino che la vede protagonista, in cui l’attrice, che interpreta Sharon Tate, va in sala a guardarsi sul grande schermo.

Se una scena dell’ode a Hollywood di Tarantino, ambientata nel 1969, cattura la pura gioia di andare al cinema, è proprio il momento in cui Sharon Tate di Robbie entra in un cinema per guardarsi sullo schermo, e Robbie viene vista mentre guarda con gioia le scene del vero in cui recita Tate in uno dei suoi (purtroppo) pochi film. Oltre a catturare l’essenza dolce e innocente della versione di Tarantino di Tate, la scena offre al regista la possibilità di indulgere in uno dei suoi feticci cinematografici preferiti, mentre i piedi nudi notevolmente sporchi di Margot Robbie vengono visti appoggiati allo schienale di una poltroncina del cinema, mentre lei sorride guardando il film.

Il feticismo cinematografico dei piedi di Tarantino ovviamente è saltato fuori molte volte prima di C’era una volta a Hollywood, ma la scena con Margot Robbie in sala sembrava dare un elemento ulteriore aggiungendo lo sporco. In una nuova intervista con Vogue, Robbie ha parlato del suo contributo al catalogo delle famose inquadrature di piedi di Tarantino, e ha spiegato come mai i suoi piedi erano nudi e non lavati.

“Il mio personaggio entra in un cinema per vedere se stessa sul grande schermo e si toglie gli stivali, alza i piedi e si sistema per guardare il film. Ma i miei piedi erano sporchi perché stavo camminando scalza sul set. Sono rimasti sporchi nel film perché Quentin ha detto: “No. Non pulirli”. Un assistente del set è corso per pulirmeli e lui ha detto: “No, è vero, tienilo”.”

La storia di C’era una volta a Hollywood si svolge a Los Angeles nel 1969, al culmine di quella che viene chiamata “hippy” Hollywood. I due protagonisti sono Rick Dalton (Leonardo DiCaprio), ex star di una serie televisiva western, e lo stunt di lunga data Cliff Booth (Brad Pitt). Entrambi stanno lottando per farcela in una Hollywood che non riconoscono più. Ma Rick ha un vicino di casa molto famoso… Sharon Tate (Margot Robbie).

Nel cast del film Leonardo DiCaprioBrad Pitt e Margot Robbie al fianco di Damian Lewis, Dakota Fanning, Nicholas Hammond, Emile Hirsch, Clifton Collins Jr., Keith Jefferson, Timothy Olyphant, Tim Roth, Kurt Russell e Michael Madsen. Rumer Willis, Dreama Walker, Costa Ronin, Margaret Qualley, Madisen Beaty e Victoria Pedretti. Il film segnerà anche l’ultima apparizione cinematografica di Luke Perry, morto lo scorso 4 marzo.

Ho lavorato alla sceneggiatura per cinque anni, e vissuto nella contea di Los Angeles per gran parte della mia vita, anche nel 1969, e all’epoca avevo sette anni“, ha dichiarato Quentin Tarantino. “Sono davvero felice di poter raccontare la storia di una città e di una Hollywood che non esistono più, e non potrei essere più entusiasta dei miei due attori protagonisti.

Nanni Moretti contro gli streamer a Cannes 76, ha detto che i registi “si inchinano alle piattaforme”

Nonostante Il sol dell’avvenire sia nelle sale italiane da settimane, è arrivato oggi il suo grande giorno al Festival di Cannes 76, dove Nanni Moretti ha presentato in Concorso il suo ultimo film, apprezzatissimo in casa.

In Italia si conosce molto bene l’approccio ironico di Moretti alla vita e al mondo del cinema che popola da anni, e nemmeno alla stampa estera è sfuggita la scena del film, visibile già nel trailer, in cui il suo alter ego del film si confronta con dei responsabili di Netflix, in una conversazione folle su sceneggiature e tempi di coinvolgimento dello spettatore nella storia.

In occasione della conferenza stampa si Il sol dell’avvenire, Nanni Moretti ha spiegato che in quell’occasione non si stava limitando a punzecchiare specificatamente Netflix, ma stava puntando il dito contro tutti gli streamer e contro la loro invasione del cinema. “C’è questo fenomeno che mi crea dispiacere: un certo numero di registi e sceneggiatori si limitano a lasciare il posto alle piattaforme, si inchinano alle piattaforme”, ha detto Moretti. “Per quanto mi riguarda, penso che dovremmo continuare a sentirci coinvolti emotivamente, psicologicamente ed economicamente vis a vis con il cinema”, ha proseguito il regista.

“Quando ho un film che mi viene in mente; non penso al tredicenne in Pennsylvania che guarda il suo telefono mentre prende la metropolitana”, ha detto Moretti riguardo al suo pubblico previsto. “Quando penso di fare un film, lo faccio per le sale cinematografiche dove gli spettatori vengono a vedere immagini più grandi e continuo a scrivere sceneggiature e fare film pensando alle sale cinematografiche”.

Moretti ha affermato di aver originariamente concepito una parte della sceneggiatura diversi anni fa, incentrandola sempre sui moti ungheresi del 1956. “Non siamo riusciti a scrivere la sceneggiatura, quindi ho rinunciato a quell’idea”, ha detto. Tuttavia, quando è tornato in contatto con lo sceneggiatore, ha cercato di esplorare la vita e tutte le nevrosi di quel regista che invece stava girando un film sulle vicende del ’56.

Il sol dell’avvenire, recensione del film di Nanni Moretti

Protagonisti Nanni Moretti,  Margherita Buy, Silvio Orlando, Mathieu Amalric, Barbora Bobulova. Tra i temi del film ci sono il cinema, il circo, gli anni ’50.

Up: la casa di Carl Fredricksen ricostruita con più di 68.000 mattoncini LEGO

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La casa di Carl Fredricksen, brontolone protagonista di Up della Pixar, è stata ricreata con oltre 68.000 mattoncini LEGO prima di prendere il volo con dei palloncini. Up è uscito nel 2009, e racconta la storia di Carl Fredricksen, un uomo di 78 anni che usa i palloncini per far volare la sua casa fuori città con lo scopo di raggiungere le Cascate Paradiso, senza accorgersi che insieme alla sua casetta colorata, porta via anche Russell, un piccolo Esploratore della Natura Selvaggia. Il film è stato co-diretto da Pete Docter e Bob Peterson ed è stato un successo di critica e pubblico, guadagnando oltre 735 milioni di dollari in tutto il mondo e classificandosi come uno dei film Pixar più amati.

Mentre la Disney celebra 100 anni di meraviglie, il canale ufficiale della Casa di Topolino ha pubblicato un nuovo episodio di Making Wonder su Youtube in cui si mostra la ricostruzione della casa di Carl con l’incredibile cifra di 68.753 mattoncini LEGO. Non solo, una volta ricostruita, la casa è stata fatta anche volare con un numero spropositato di palloncini!

La Pixar è nota per i personaggi iconici che attraversano i suoi numerosi film d’animazione acclamati dalla critica. Che si tratti di Woody di Toy Story, WALL-E o Mike e Sully di Monsters and Co, lo studio di animazione ha lasciato un segno indelebile nelle generazioni. E Up ha continuato la tendenza, regalandoci personaggi memorabili come Carl, Russell e Dug.

Barbie: il film è parzialmente basato sul romanzo di successo, Reviving Ophelia

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La storia del film di Barbie è basata su un libro di successo, rivela Greta Gerwig. Il tanto atteso film è stato scritto da Noah Baumbach insieme a Gerwig che ha anche diretto, reduce dai suoi successi dietro alla macchina da presa: Lady Bird e Piccole Donne, entrambi arrivati all’attenzione degli Oscar. A parte la Barbie di Margot Robbie e il Ken di Ryan Gosling che lasciano Barbieland alla ricerca della vera felicità nel mondo reale, non si sa molto altro sulla storia del film.

Parlando con Vogue, Greta Gerwig ha rivelato un dettaglio significativo sulla storia del film di Barbie. Il film è in parte basato sul libro best seller Reviving Ophelia, che Gerwig ha letto quando era bambina. La sceneggiatrice-regista afferma che il libro di saggistica del 1994, che esamina il brusco cambiamento che si verifica nelle ragazze quando passano all’adolescenza e soccombono alle pressioni della società, ha parzialmente ispirato l’arco narrativo del film.

Sembra che quindi il passaggio al mondo reale della Barbie protagonista del film sia in qualche modo una metafora dell’ingresso nell’adolescenza, nella maturità sessuale, in un mondo nuovo che contestualizza e destruttura la considerazione di sé nel mondo. Il film assume dunque una luce metaforica, che già aveva, ma indirizza meglio il faro su quello che sarà il vero centro narrativo della storia.

Oltre a Margot Robbie e Ryan Gosling nei panni di Barbie e Ken ci saranno infatti anche America Ferrera, Kate McKinnon, Michael Cera, Ariana Greenblatt, Issa Rae, Rhea Perlman e Will FerrellFanno poi parte del cast del film anche Ana Cruz Kayne, Emma Mackey, Hari Nef, Alexandra Shipp, Kingsley Ben-Adi, Simu Liu, Ncuti Gatwa, Scott Evans, Jamie Demetriou, Connor Swindells, Sharon Rooney, Nicola Coughlan, Ritu Arya e il premio Oscar Helen Mirren. Il film, diretto da Greta Gerwig e da lei scritto insieme a Noah Baumbach arriverà in sala dal 21 luglio.

The Flash, il regista conferma un cameo importante con un passato lungo 25 anni

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Dopo i risultati deludenti di Black Adam e Shazam! La Furia degli Dei, Warner Bros. punta tantissimo su The Flash, che dovrebbe segnare il definitivo punto di svolta per il franchise DC Comics al cinema, stando almeno a quello che ha dichiarato James Gunn.

Oltre a sfruttare l’approvazione di personaggi come Tom Cruise, Stephen King e persino il capo dei DC Studios James Gunn (che insiste nel dire che questo The Flash è il suo film preferito del 2023), è stata presa la decisione di presentare in anteprima un montaggio incompiuto del film da oltre 220 milioni di dollari durante il CinemaCon di aprile. Gli spoiler hanno subito iniziato a trovare la loro strada online, mentre le proiezioni per i fan si stanno svolgendo a poco meno di un mese prima dell’uscita del film nelle sale.

In un’intervista con Esquire Middle Earth, il regista Andy Muschietti ha lanciato una vera bomba confermando che Nicolas Cage farò un’apparizione cameo nel film nei panni di Superman. “Nic è stato assolutamente meraviglioso”, dice il regista al sito. “Anche se il ruolo era un cameo, si è tuffato in esso… Ho sognato per tutta la vita di lavorare con lui. Spero di poter lavorare di nuovo con lui presto”. “È un grande fan di Superman. Un fanatico dei fumetti”, ha aggiunto Muschetti.

Nicolas Cage era originariamente stato scelto per interpretare l’Uomo d’Acciaio nello sfortunato Superman Lives di Tim Burton, 25 anni fa. Il progetto è andato in pezzi per una serie di motivi, anche se le foto di una prova costume di Nicolas Cage in completo di tuta blu e mantello rosso circolano ancora in rete.

In merito a come sarà effettivamente questo cameo, pare che il personaggio verrà mostrato mentre combatte contro il famigerato ragno gigante che una volta era uno dei cattivi principali del film.

The Flash: la trama e il cast del film

In The Flash i mondi si incontreranno quando Barry userà i suoi superpoteri per viaggiare indietro nel tempo e cambiare gli eventi del passato. Ma quando il tentativo di salvare la sua famiglia altera inavvertitamente il futuro, Barry rimane intrappolato in una realtà in cui il generale Zod è tornato, minacciando distruzione, e senza alcun Supereroe a cui rivolgersi. L’unica speranza per Barry è riuscire a far uscire dalla pensione un Batman decisamente diverso per salvare un kryptoniano imprigionato…. malgrado non sia più colui che sta cercando. In definitiva, per salvare il mondo in cui si trova e tornare al futuro che conosce, l’unica speranza per Barry è ‘correre per la sua vita’. Ma questo estremo sacrificio sarà sufficiente per resettare l’universo?

Fanno parte del cast di The Flash l’attore Ezra Miller nei panni del protagonista, riprendendo dunque il ruolo di Barry Allen da Justice League, ma anche l’astro nascente Sasha Calle nel ruolo di Supergirl, Michael Shannon (“Bullet Train”, “Batman v Superman: Dawn of Justice”), in quelli del Generale Zod, Ron Livingston (“Loudermilk”, “L’evocazione – The Conjuring”), Maribel Verdú (“Elite”, “Y tu mamá también – Anche tua madre”), Kiersey Clemons (“Zack Snyder’s Justice League”, “Sweetheart”), Antje Traue (“King of Ravens”, “L’uomo d’acciaio”) e Michael Keaton (“Spider-Man: Homecoming”, “Batman”), che torna nel costume di Batman dopo oltre 30 anni.

Spider-Man: Across the Spider-Verse: svelato il cameo in live aciton del film?

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Una clip tratta da uno spot televisivo internazionale di Spider-Man: Accross the Spider-verse, sembra rivelare al pubblico, prima dell’uscita del film, il tanto discusso cameo live-action che vedremo in questa seconda avventura cinematografica di Miles Morales.

I fan avevano sperato in Tom Holland, invece si tratta semplicemente della Signora Chen, un personaggio secondario di Venom. In quello che sembra essere un filmato riciclato da Venom: La Furia di Carnage, la proprietaria del negozio si trova brevemente faccia a faccia con La Macchia, anche se chiaramente non è impressionata dal supercriminale che salta tra le realtà (immaginiamo perché sia avvezza a questo tipo di situazioni, data la sua amicizia con Eddie Brock). A QUESTO LINK POTETE VEDERE LA CLIP.

Spider-Man: Accross the Spider-verse, la trama

Miles Morales torna nel nuovo capitolo della saga Spider-Verse, vincitrice di un premio Oscar®, Spider-Man: Across the Spider-Verse. Dopo essersi riunito con Gwen Stacy, l’amichevole Spider-Man di quartiere di Brooklyn viene catapultato nel Multiverso, dove incontra una squadra di “Spider-Eroi” incaricata di proteggerne l’esistenza. Ma quando gli eroi si scontrano su come affrontare una nuova minaccia, Miles si ritrova contro gli altri “Ragni” e dovrà ridefinire cosa significa essere un eroe per poter salvare le persone che ama di più.

Spider-Man: Accross the Spider-verse arriverà il 1° giugno 2023 al cinema

Sony Pictures Animation ha ingaggiato Joaquim Dos Santos (Voltron: Legendary Defender, La leggenda di Korra), il candidato all’Oscar Kemp Powers (Soul) e Justin K. Thompson (Piovono polpette) per dirigere il film, utilizzando una sceneggiatura scritta da Phil Lord e Chris Miller (che tornano anche come produttori insieme a Amy Pascal, Avi Arad e Christina Steinberg) in collaborazione con David Callaham (Shang-Chi e La Leggenda dei Dieci AnelliWonder Woman 1984).

Non è stato ancora confermato, ma sia Shameik Moore che la candidata all’Oscar Hailee Steinfeld dovrebbe tornare a doppiare rispettivamente Miles Morales e Gwen Stacy. Nel sequel dovrebbero ritornare anche gran parte degli attori che hanno prestato le loro voci nel primo film, tra cui Jake Johnson, Brian Tyree Henry, Lily Tomlin, Luna Lauren Velez, Zoë Kravitz, John Mulaney, Oscar Isaac e Kimiko Glenn. La voce del villain sarà, in originale, doppiata da Jason Schwartzman.

Deadpool 3: Hugh Jackman sfoggia un look familiare. Al via le riprese!

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Stefan Kapicic (Colosso) ha confermato che le riprese di Deadpool 3 sono cominciate, e anche se il protagonista Ryan Reynolds (Wade Wilson) o dal regista Shawn Levy non hanno ancora confermato quello che ha dichiarato l’attore, Hugh Jackman è apparso su Instagram mostrando un look molto familiare: l’attore australiano ha sfoggiato la sua tipica barba da Wolverine, indicandoci che anche per lui è imminente il momento di tornare sul set e far rivivere, è il caso di dirlo, il suo Logan.

Hugh Jackman non menziona il trequel dell’MCU nel suo post, ma nelle ultime settimane si era fatto crescere la barba per poi rasarsi “le costolette di montone di Logan” (anche se non sono così definite come lo erano nel primi film degli X-Men) in preparazione delle riprese londinesi.

Deadpool 3: quello che sappiamo sul film

Sebbene i dettagli ufficiali della storia di Deadpool 3 non siano infatti ancora stati rivelati, si presume che la trama riguarderà il Multiverso. Il modo più semplice per i Marvel Studios di unire la serie di film di Deadpool – l’unica parte del franchise degli X-Men sopravvissuta all’acquisizione della Fox da parte della Disney – è stabilire che i film di Reynolds si siano svolti in un universo diverso. Ciò preserva i film degli X-Men della Fox nel loro universo, consentendo al contempo a Deadpool e Wolverine di tornare e potenzialmente viaggiare nell’universo principale dell’MCU.

In attesa di ulteriori conferme, sappiamo che Shawn Levy dirigerà Deadpool 3, mentre Rhett Reese e Paul Wernick, che hanno già firmato i primi due film sul Mercenario Chiacchierone, scriveranno la sceneggiatura basandosi sui fumetti creati da Rob Liefeld, confermandosi nella squadra creativa del progetto, dopo che per un breve periodo erano stati sostituiti da Lizzie Molyneux-Loeglin e Wendy Molyneux. Il presidente dei Marvel Studios, Kevin Feige, aveva precedentemente assicurato ai fan che rimarrà un film con rating R, proprio come i primi due film, il che lo renderebbe il primo film dello studio con tale classificazione matura. Deadpool 3 uscirà il 8 novembre 2024.

Il film, oltre a presentare naturalmente Ryan Reynolds di nuovo nei panni di Deadpool, vanterà anche il tanto atteso team-up tra l’irriverente protagonista e Wolverine, con Hugh Jackman che uscirà dal suo pensionamento da supereroe per riprendere il suo ruolo iconico degli X-Men. Anche Emma Corrin e Matthew Macfadyen si sono uniti al cast in ruoli ancora non del tutto resi noti, anche se la Corrin dovrebbe interpretare uno dei villain del film. La pellicola sarà il primo film della serie di film di Deadpool ad essere distribuito dopo l’acquisizione da parte della Disney della 20th Century Fox.

 

Captain America: New World Order, svelato il ruolo di Rosa Salazar?

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La scorsa settimana, alcune foto rubate dal set di Captain America: New World Order dei Marvel Studios sembravano rivelare che Sam Wilson (Anthony Mackie), alla sua prima “uscita pubblica” nei panni della Sentinella della Libertà, si sarebbe dovuto scontrare con il gruppo malvagio noto come Serpent Society.

La superstar della WWE Seth Rollins è stata avvistata accanto a una donna misteriosa (che si ritiene fosse Diamondback in base al suo abbigliamento), e ora sembra che l’identità misteriosa dell’attrice sia stata rivelata. Secondo Murphy’s Multiverse, Rosa Salazar (Alita: Battle Angel) apparirà nel film nei panni di Diamondback.

Serpent Society è un gruppo di supercriminali composto da persone con poteri “a tema” di rettili e hanno tutti nomi di serpenti come Cobra, Anaconda, oppure Diamondback. QUI le foto dal set.

Captain America: New World Order

Julius Onah dirige Captain America: New World Order, su una sceneggiatura di Malcolm Spellman e Dalan Musson. Il cast comprenderà Anthony Mackie nei panni di Sam Wilson/Captain America, Danny Ramirez nei panni di Joaquín Torres/Falcon, Tim Blake Nelson nei panni di Samuel Sterns/Leader, Carl Lumbly nei panni di Isaiah Bradley e Shira Haas nei panni di Ruth Bat-Seraph/Sabra. L’uscita al cinema è prevista per il 3 maggio 2024.

Rhea Seehorn da Better Call Saul al cast di Bad Boys 4

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Rhea Seehorn da Better Call Saul al cast di Bad Boys 4

Arriva da Deadline la conferma che la due volte candidata ai Primetime Emmy Rhea Seehorn è entrata a far parte del cast di Bad Boys 4. Adil El Arbi e Bilall Fallah tornano alla regia da una sceneggiatura di Chris Bremner, con il cast del terzo capitolo, Bad Boys for Life, che torna a bordo: prima di tutto Will Smith e Martin Lawrence e poi anche Paola Núnez, Vanessa Hudgens e Alexander Ludwig. Eric Dane potrebbe interpretare il villain del nuovo film.

Jerry Bruckheimer, Will Smith e Doug Belgrad sono tornati alla produzione; con Martin Lawrence, James Lassiter, Chad Oman, Mike Stenson, Barry Waldman e Jon Mone che si occuperanno della produzione esecutiva.

Seehorn ha recitato in 61 episodi di Better Call Saul nei panni dell’avvocato Kim Wexler e della fidanzata di Jimmy McGill/Saul Goodman, un ruolo che l’anno scorso ha ottenuto una nomination ai Primetime Emmy come attrice non protagonista. Ha anche ricevuto una nomination ai Primetime Emmy nel 2022 come miglior attrice in una commedia o serie drammatica di breve durata per Cooper’s Bar. Altri crediti televisivi includono Whitney e Veep e il film Linoleum con Jim Gaffigan.

Renfield, da oggi al cinema il nuovo film con Nicolas Cage

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Renfield, da oggi al cinema il nuovo film con Nicolas Cage

Da oggi, solo al cinema, arriva Renfield, il nuovo film con Nicolas Cage, nei panni di Dracula, e Nicholas Hoult, in quelli del suo servo fidato, in cui si immagina un’altra storia per il personaggio del titolo, nato dalla penna di Bram Stoker.

Il male non sarebbe eterno senza un piccolo aiuto. In questa mostruosa avventura moderna del fedele servitore di Dracula, il candidato all’Emmy Nicholas Hoult (Mad Max: Fury Road, la saga di X-Men) interpreta Renfield, il tormentato aiutante del boss più narcisista della storia, Dracula (il premio Oscar® Nicolas Cage). Renfield è costretto a procurare le vittime del suo padrone ed a eseguire ogni suo ordine, per quanto spregevole. Ma ora, dopo secoli di servitù, Renfield è pronto a scoprire se c’è una vita al di fuori dell’ombra del Principe delle Tenebre. Se solo riuscisse a capire come porre fine alla sua codipendenza.

Renfield è diretto dal vincitore dell’Emmy Chris McKay (La guerra di domani, LEGO Batman – Il film) da una sceneggiatura di Ryan Ridley (la serie di Ghosted, la serie di Rick & Morty), basata su un’idea originale di Robert Kirkman, creatore di The Walking Dead e di Invincible.

Renfield – leggi la recensione

Il film è interpretato dalla vincitrice del Golden Globe Awkwafina (The Farewell – Una bugia buona, Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli), dalla vincitrice dell’Emmy e candidata al premio Oscar® Shohreh Aghdashloo (Casa Saddam, La Casa di Sabbia e Nebbia), Ben Schwartz (Sonic, The Afterparty) e Adrian Martinez (I sogni segreti di Walter Mitty, Focus – Niente è come sembra).

Renfield è una produzione Skybound/Giant Wildcat, prodotto da Chris McKay, Samantha Nisenboim (co-produttrice, La guerra di domani), Bryan Furst (Daybreakers – L’ultimo vampiro), Sean Furst (Daybreakers – L’ultimo vampiro) Robert Kirkman e David Alpert (The Walking Dead). Il produttore esecutivo è Todd Lewis (manager dell’unità di produzione, Jason Bourne).

Le Retour, recensione del film di Catherine Corsini – Cannes 76

Le Retour, recensione del film di Catherine Corsini – Cannes 76

Dopo aver presentato in concorso al Festival di Cannes 2021 Parigi, tutto in una notte, Catherine Corsini torna in competizione alla Croisette con Le Retour (2023), un viaggio emotivo nel passato e nella ricerca di identità di due ragazze, Jessica e Farah che, assieme alla madre Khédidja, fanno ritorno in Corsica quindici anni dopo aver lasciato il loro paese natale. Il film si addentra nella complessità di questa esperienza di trasferimento, rivelando segreti familiari e tensioni sociali tra mondi diversi, compreso il razzismo con cui si troveranno a fare i conti.

La trama: ritorno in Corsica

Nella trama del film di Corsini in concorso a Cannes 76, Khédidja, tata di professione, è stata invitata in Corsica da una famiglia benestante per occuparsi dei loro figli piccoli in vacanza. Le sue due figlie la raggiungono per l’estate: sono Jessica (Suzy Bemba), 18 anni, studiosa e distante, e Farah (Esther Gohourou), 15 anni, che si sente poco apprezzata e vive nel caos. Il viaggio è movimentato: le ragazze sono nate in Corsica, ma non hanno alcun ricordo del luogo, a parte la consapevolezza che il padre è morto lì. Khédidja nasconde informazioni sul loro passato, cosa che Jessica e Farah non sopportano.

Nonostante ciò, almeno inizialmente, tutto sembra rispettare i requisiti del meraviglioso viaggio estivo per le sorelle che, tra giornate passate in spiaggia e nella piscina a casa dei proprietari, non si sono mai sentite così libere. Farah, un vero e proprio peperino, riesce a mettersi nei guai con un gruppetto di ragazzi bianchi “boss” della spiaggia, mentre Jessica inizia a provare sentimenti inediti per Gaia (Lomane de Dietrich), la figlia coetanea dei suoi datori di lavoro, un’adolescente ribelle.

Le Retour, Catherine Corsini, Cannes 2023

Dell’ultimo film della Corsini se ne è parlato già prima della sua presentazione al Festival e non per le migliori ragioni: sono state avanzate denunce per le cattive condizioni di lavoro sul set, a cui si è aggiunto il ritiro dell’investimento statale da parte del Centre national du cinéma et de l’image animée perché la casa di produzione ha dimenticato di dichiarare una scena di sesso tra minori. All’indomani della prima sulla Croisette, la Corsini ha poi spiegato che nel realizzare questo film, la cui storia ha un legame particolare con il proprio passato familiare, forse l’orgoglio le ha giocato un brutto scherzo ed è stata troppo “pretenziosa”, pensando di potersi sostituire alla figura di un coordinatore dell’intimità sul set di Le Retour.

Formarsi nella terra del passato

Corsini usa il pretesto del ritorno di una madre e le due figlie al paese natale per instaurare un dialogo col pubblico su come le differenze di classe e di etnia determinino il destino di una famiglia e pone l’attenzione sulla necessità di riconciliarsi con il presente per proiettarsi in un futuro migliore. Si immerge nelle vite di questi giovani e nelle loro ricerche in tempi di crisi, esplorando come queste circostanze possano sia distruggere che dare vita alla loro creatività. La narrazione offre uno sguardo autentico e onesto sulla vita degli adolescenti in tempi di cambiamento e di scoperta, avvalendosi di un realismo documentaristico notevole.

Le idee visive non mancano a Catherine Corsini, che sa bene come entrare nella testa di due adolescenti, tuttavia, la maggior parte delle situazioni conflittuali in cui si trovano le due ragazze, quelle che effettivamente contraddistinguono i racconti di formazione e su cui sarebbe stato ottimo investire narrativamente, sono concentrate più che altro nella seconda parte della storia e rischiano di perdere credibilità. Un ammasso di problematiche, atti di ribellione che cercano di arrivare a un climax non fanno che lasciare lo spettatore ancora più confuso sulle vere intenzioni della Corsini. Probabilmente, Le Retour funziona più come opera personale, un racconto che la regista francese ha imbastito per riconciliarsi con le sue origini e una terra con cui ha sempre avuto un rapporto turbolento per sua stessa ammissione. Come storia di formazione, coming of age che dovrebbe sfruttare la presenza di queste ragazze in una terra a loro fondamentalmente estranea ma che è parte integrante delle loro radici, risulta incompleta.

Prima di andare via: recensione del film con Jenny De Nucci e Riccardo Maria Manera

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Le vite di Luca (Riccardo Maria Manera) e Giulia (Jenny De Nucci) erano destinate a incrociarsi. Massimo Cappelli dirige Prima di andare via, questo dramma adolescenziale che ricorda Colpa delle stelle o Io prima di te per l’importanza dei temi trattati. I due giovani protagonisti sembrano legati da un destino inesorabile: un tumore inoperabile che ha devastato le loro vite a soli vent’anni. Ci sono diversi modi per reagire al dolore e all’interno del film la vivacità e la positività di Giulia trova l’abbraccio del tenebroso Luca, che inaspettatamente si ritrova a dover cambiare prospettiva.

Ad aiutarli, Samuel (interpretato da Emanuele Turetta) il goffo e strampalato coinquilino di Luca con cui condivide la sua vita da studente fuori sede. Entrambi i ragazzi fanno di tutto per arrivare a fine mese: Luca si arrangia con le consegne a domicilio e proprio durante una di queste consegne rivede la sua ex fidanzata storica, Sofia. Di ritorno alla pizzeria, sovrappensiero il ragazzo ha un’incidente e viene portato in ospedale. Così ha inizio Prima di andare via, il nuovo film Prime Video originale italiano con Jenny De Nucci e Riccardo Maria Manera che sarà disponibile in piattaforma dal 26 maggio.

Prima di andare via, la trama

L’incidente di Luca darà il via a una serie di eventi che riassunti in un’ora e mezza di film sembrano trattati in maniera quasi precipitosa. Al ragazzo viene diagnosticato un tumore inoperabile e fuori dall’ospedale conosce Giulia, anche lei con la stessa diagnosi. Il personaggio interpretato da Jenny De Nucci cerca di conferire positività e allegria, la vediamo mentre durante il gruppo di ascolto cerca di far imparare agli altri un balletto su TikTok ma nasconde comunque delle paure. Luca è un ragazzo che la vita, un po’, la subisce. Ha un migliore amico da tenere sotto controllo, un esame difficile da superare e un’ex ragazza che gioca con lui come il gatto col topo. Quando scopre di avere il tumore e conosce Giulia la sua vita cambia prospettiva.

Tutti i problemi che nei primi minuti sembrano insormontabili come l’affitto, gli esami universitari e l’ex ragazza sono diventano minuscoli in confronto a quello che gli sta capitando. Nel film questa spensieratezza che emana Giulia arriva dritta allo spettatore che anche se per poco smette di pensare per un attimo al dolore dietro la malattia e alla retorica della lotta contro un male incurabile. Luca e Giulia sono due ragazzi, due adulti che si stanno conoscendo. Hanno degli appuntamenti fuori dall’ordinario, e lì dove Luca vuole solo bere una birra cercando goffamente di sorprenderla, lei invece organizza cene a lume di candela super romantiche.

Prima di andare via film

Un palloncino

Il racconto di Prima di andare via corre spedito verso la fine e nasconde una verità dolceamara. Si scopre presto che in realtà la diagnosi di Luca deriva da un errore medico: sono state scambiate le cartelle con un omonimo. Questo Luca non lo sa, è un segreto che solo Samuel e lo spettatore conoscono. Il coinquilino ha preferito tenere per sé questa notizia “l’ho fatto per te”, gli dirà, perché vede nell’amico un modo diverso di affrontare la vita.  Solo quando la situazione di Giulia cambia e peggiora, i due conosceranno la verità. Così da complici, amici, confidenti Giulia e Luca diventano praticamente estranei. Luca cambia casa dopo aver litigato con Samuel e torna alla sua vita che, senza Giulia, perde vitalità. Il film rincorre sé stesso perché dopo poco il personaggio di Jenny De Nucci muore e senza di lei il film cambia tono.

Solo durante il funerale ci rendiamo conto dell’eredità lasciata da Giulia alle persone a lei più care. In particolare, ai membri del gruppo di ascolto che ha stimolato a reagire alla malattia piuttosto che subirla. Loro la omaggiano sulle note di Amore disperato con la coreografia che la ragazza stava preparando. Un simbolo del film è il palloncino che vola attraverso l’opera di Bansky e assume un significato di liberazione per Giulia. Luca ricorderà per sempre il palloncino e alla fine del film, dopo il funerale, quando ne vede uno volare ha consapevolezza del fatto che la presenza di Giulia vivrà per sempre nei suoi ricordi.

Deep Impact: tutto quello che c’è da sapere sul film di fantascienza

Tra gli eventi più affascinanti da vedere al cinema vi è senza ombra di dubbio l’Apocalisse. I film dedicati a tale catastrofe hanno sempre catturato l’attenzione del pubblico, a cui viene data l’occasione di vedere qualcosa a cui si spera di non dover mai essere diretti testimoni nella realtà. La fantascienza apocalittica è dunque un sottogenere particolarmente ricco, comprendente titoli come Meteor, 2012, The Day After Tomorrow e Segnali dal futuro. Un altro titolo particolarmente celebre e apprezzato dai fan del genere è Deep Impact, diretto nel 1998 dalla regista Mimi Leder, già autrice di The Peacemaker e The Code.

Originariamente il film doveva essere diretto dal premio Oscar Steven Spielberg, ma i suoi impegni con il film Amistad gli hanno impedito di ricoprire tale ruolo, limitandosi dunque ad essere produttore di Deep Impact. Nello stesso anno di uscita di questo film è poi stato realizzato anche un altro titolo pressocché identico nelle premesse narattive, ovvero Armageddon – Giudizio finale. Pur se quest’ultimo ottenne incassi maggiori, fu però Deep Impact ad ottenere il favore della critica, la quale lo indica come un film meno sensazionalistico e come il più scientificamente accurato tra i due.

Deep Impact rimane dunque un film ideale per ogni amante di questo genere di racconti, che offrono tensione, emozioni e grande intrattenimento, merito tanto degli effetti speciali quanto delle interpretazioni dei protagonisti. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Deep Impact: la trama del film

Tutto ha inizio quando Leo Beiderman, un adolescente che ama l’astronomia, scopre uno corpo celeste mentre sta guardando il cielo col telescopio. Quando il ragazzino avvisa il suo insegnante, l’uomo decide di informare immediatamente l’astronomo Marcus Wolf, che capisce si tratti di una cometa in rotta di collisione con la Terra. Mentre corre per avvisare le autorità, tuttavia, muore in un tragico incidente d’auto, senza riuscire a informare nessuno, lasciando di fatto cadere nell’oblio la scoperta. Dopo un anno, il mondo viene infine a sapere che una cometa si sta dirigendo verso la Terra e che lo schianto provocherà terribili conseguenze per gli esseri umani.

Da subito le massime istituzioni del globo si mobilitano per cercare di distruggere l’asteroide ed evitare la distruzione del pianeta terra. Si progetta dunque di costruire un vettore in grado di atterrare sulla cometa, facendola poi esplodere. Nel frattempo, il presidente degli Stati Uniti Tom Beck annuncia la costruzione di bunker sotterranei, che possono ospitare però solo un milione di persone. Diretti verso di esso ci sono il giovane Leo e la sua famiglia, ma anche la giornalista Jenny Lerner. Mentre l’impatto è sempre più prossimo, i destini di tutti si incroceranno, in quelle che potrebbero essere le ultime ore dell’umanità.

Deep Impact cast

Deep Impact: il cast del film

Ad interpretare il giovane Leo, uno dei protagonisti del film, vi è l’attore Elijah Wood, qui in uno dei suoi ruoli di maggior rilievo prima di consacrarsi con la trilogia di Il Signore degli Anelli. L’attrice Téa Leoni, nota anche per Jurassic Park III e la serie Madam Secretary, interpreta invece la giornalista Jenny Lerner, impegnata a gestire il rapporto con i genitori Robin e Jason, interpretati da Vanessa Redgrave e Maximillian Schell. Altro grande protagonista del film è il premio Oscar Robert Duvall, qui nel ruolo del capitano Spurgeon Tanner, un astronauta veterano incaricato di pilotare il vettore incaricato di distruggere l’asteroide.

Morgan Freeman è invece il presidente degli Stati Uniti Tom Beck. Per interpretare il personaggio, l’attore chiese di poter sfoggiare un orecchino. La regista fu però contraria alla cosa, ma permise invece di far intravedere uno dei tatuaggi che l’attore ha sul braccio. Un dettaglio che, a sua detta, gli conferisce un aspetto da uomo qualunque. Sono poi presenti anche gli attori James Cromwell nei panni del Segretario del Tesoro Alan Rittenhouse, Jon Favreau in quelli del dottor Gus Partenza e Ron Eldard in quelli di Oren Monash, comandante del vettore.

Deep Impact: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire di Deep Impact grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes e Amazon Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di mercoledì 24 maggio alle ore 21:00 sul canale Iris.

Fonte: IMDb

Il diritto di contare: il cast del film, il libro e la storia vera

Acclamato come uno dei migliori film del 2016, Il diritto di contare (qui la recensione) è diretto da Theodore Melfi e racconta la storia della scienziata afroamericana che collaborò con la NASA per la missione Apollo 11, sfidando il razzismo e il sessismo dell’epoca. Il titolo originale della pellicola è Hidden Figures, che identifica proprio le figure rimaste sullo sfondo di questa e delle altre donne coinvolte nelle operazioni della celebre agenzia governativa. La storia qui raccontata trae ispirazione dal romanzo omonimo di Margot Lee Shetterly, pubblicato nel 2016 dopo lunghe e ampie ricerche.

La scrittrice ha infatti iniziato a lavorare al libro, appartenente al genere della saggistica, nel 2010. All’interno di questo si concentra in prevalenza sulla biografia di tre tra le donne che più di altre si distinsero all’interno della NASA. Per il suo importante contributo, il testo diventa da subito un best seller, i cui diritti vengono subito acquistati dalla Fox. In breve, la sua trasposizione cinematografica viene ad essere realizzata, raccontando così la vita di queste tre donne, impegnate a bilanciare la loro carriera con la vita famigliare.

Uscito poi in sala, il film si è rivelato uno dei maggiori successi cinematografici dell’anno. A fronte di un budget di soli 25 milioni di dollari, Il diritto di contare è arrivato ad incassarne globalmente oltre 236. Anche i giudizi della critica sono stati particolarmente entusiasmanti, con lodi particolari per le interpreti principali. Presentatosi infine da protagonista ai premi Oscar, il film conquistò ben tre nomination, rispettivamente come miglior film, miglior attrice non protagonista e migliore sceneggiatura non originale. Vinse invece il prestigioso Screen Actors Guild Award come miglior cast.

La trama di Il diritto di contare

La vicenda si svolge negli Stati Uniti del 1961, in pieno periodo di lotte contro la segregazione razziale. In tale contesto si svolge la vita della matematica afroamericana Katherine Johnson. Insieme alle colleghe Dorothy Vaughan e Mary Jackson, anch’esse afroamericane, lavora come addetta calcolatrice per la NASA. L’agenzia governativa è in piena attività, poiché i recenti successi dei satelliti russi hanno reso necessarie nuove conquiste spaziali da parte degli Stati Uniti. Trasferita nella Space Task Group per via delle sue capacità in ambito matematico, la Johnson si ritrova così impegnata a seguire la squadra capitanata da Al Harrison, il cui obiettivo è lanciare una capsula pilotata da uno degli astronauti della base.

La donna svolge il nuovo lavoro al meglio delle sue possibilità, ma si ritrova ad essere frenata dalla mancanza di comunicazione con i nuovi colleghi. Questi, infatti, la trattano con marcata sufficienza, essendo lei la prima donna di colore a lavorare nel gruppo. Come lei, anche le due colleghe dimostrano sempre più fatica nello svolgere il loro lavoro in un contesto tanto chiuso e poco incline alla parità tra bianchi e neri. Ma le tre donne sono dotate di una tenacia sorprendente e faranno affidamento sulla consapevolezza di essere dotate di capacità che gli altri non hanno. È così che si riveleranno decisive ognuna nel loro settore, permettendo di ottenere risultati altrimenti irraggiungibili.

Il cast del film

Ad impreziosire il cast vi sono alcuni tra gli attori più popolari dell’attuale panorama statunitense, tra cui diversi premi Oscar. Innanzitutto, a dare volto al personaggio di Katherine Johnson vi è l’attrice Taraji P. Henson, divenuta celebre grazie al film Il curioso caso di Benjamin Button. Per approcciarsi al ruolo, questa richiese di poter incontrare la vera Johnson, che aveva all’epoca delle riprese ben 98 anni. Nonostante l’età, l’attrice rimase impressionata dalla sua lucidità, e si fece raccontare quanti più dettagli possibili per poter essere fedele nella sua interpretazione. In seguito, la Johnson lodò la performance dell’attrice, apprezzando il modo in cui l’aveva ritratta.

A ricoprire il ruolo di Dorothy Vaughan è invece Octavia Spencer, divenuta celebre in seguito alla vittoria dell’Oscar come attrice non protagonista per il film The Help nel 2012. Anche la Spencer condusse diverse ricerche sulla vera donna da lei interpretata, al fine di potersi calare al meglio nei suoi panni. L’interpretazione, particolarmente apprezzata, le valse una nomination all’Oscar, sempre come attrice non protagonista. Infine, Mary Jackson ha qui il volto della cantante e attrice Janelle Monae, che era presente quell’anno anche in un altro dei film candidati al premio: Moonlight.

Nel film si ritrova poi la presenza del premio Oscar Kevin Costner, il quale interpreta il personaggio di Al Harrison. Questi è il capo della squadra dove inizia a lavorare la Johnson, e sarà il primo a guardare con sospetto la donna. Jim Parsons interpreta invece l’ingegnere capo Paul Stafford. Anche lui membro della squadra, sarà tra tutti quello a voler intrattenere meno rapporti possibili con la Johnson. L’attrice Kirsten Dunst dà invece vita a Vivian Mitchell, supervisore della Johnson e della Vaughan, con la quale avrà accesi scontri. Infine, il premio Oscar Mahershala Ali è Jim Johnson. Questi è un ufficiale della Guardia Nazionale, il quale intraprenderà una relazione con Katherine, fonte di sostegno per entrambi.

Il diritto di contare cast

Il libro e la storia vera dietro Il diritto di contare

Come precedentemente riportato, nel suo saggio l’autrice Shetterly ricostruisce la vita delle tre donne all’interno della NASA basandosi su fonti e testimonianze attendibili. La sua è una versione dunque quanto più possibile fedele di quello che fu il loro lavoro e il rapporto con i colleghi. Naturalmente, seppur in buona fede, per la trasposizione cinematografica si resero necessarie una serie di modifiche volte a dar al racconto una struttura più cinematografica, con una maggior drammatizzazione di certi aspetti ed eventi. Innanzitutto, il film si concentra sull’anno 1961, mentre come era facilmente immaginabile la vera storia delle tre donne copre un arco temporale molto più ampio.

Una particolare estremizzazione che il film mette in atto è però proprio quella relativa alla segregazione. La vera matematica Johnson affermò in diverse interviste di non aver mai vissuto particolari eventi di razzismo o sessismo all’interno degli uffici della NASA. Per quanto fosse consapevole di essere guardata e trattata in modo diverso dagli altri colleghi, ciò non era evidente tanto quanto mostrato nel film. Secondo lei, infatti, ognuno era concentrato sul proprio lavoro e sulle ricerche, ed era raro che vi fosse tempo per evidenti episodi di razzismo. Nella realtà, inoltre, la Johnson non si trovò promossa singolarmente nella Space Task Group. Lei lavorava infatti nella Flight Research Division, e venne trasferita insieme ai colleghi nella nuova divisione al momento della fondazione di questa, nel 1958.

In ultimo, molti dei personaggi del film non sono realmente esistiti, come Vivian Mitchell, Paul Stafford e Al Harrison. La loro presenza, probabilmente solo vagamente ispirata a figure realmente esistite, è servita agli sceneggiatori per accentuare gli scontri tra le donne e gli altri membri della NASA. In generale, la gran parte degli eventi narrati nel film seguono la vera storia delle tre donne e delle loro ricerche, modificando solo alcuni aspetti delle loro vicende. Se molti chiusero un occhio circa tali rimaneggiamenti, non mancarono comunque alcune critiche a riguardo, che accusavano di aver voluto eccessivamente caricare di drammaticità una storia che non lo meritava.

Il trailer del film e dove vederlo in streaming e in TV

Per gli appassionati del film, o per chi desidera vederlo per la prima volta, sarà possibile fruirne grazie alla sua presenza nel catalogo di alcune delle principali piattaforme streaming oggi disponibili. Il diritto di contare è infatti presente su Rakuten TV, Google Play, Apple TV+, Amazon Prime Video e Disney+. In base alla piattaforma scelta, sarà possibile noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale al catalogo. In questo modo sarà poi possibile fruire del titolo in tutta comodità e al meglio della qualità video. Il film verrà inoltre trasmesso in televisione mercoledì 24 maggio alle ore 21:30 sul canale Rai 1.

Fonte: IMDb

Platonic, la recensione della serie con Rose Byrne e Seth Rogen

Platonic, la recensione della serie con Rose Byrne e Seth Rogen

Finalmente una serie comica capace di allietare, far sorridere delle piccole disavventure che ognuno di noi affronta nella propria quotidianità. I creatori Nick Stoller e Francesca Delbanco hanno saputo carpire il cuore di ciò che significa essere persone comuni e lo hanno inserito in situazioni e personaggi che, esaltando la loro assoluta normalità, si fanno paladini spiritosi delle frustrazioni dell’uomo e donna contemporanei.

La storia su cui si dipana Platonic non potrebbe essere più semplice: un tempo migliori amici, Sylvia (Rose Byrne) e Will (Seth Rogen) decidono di incontrarsi anni dopo una lite che li ha tenuti lontani l’una dall’altro. E in questo modo scoprono quanto sono in realtà cambiati dai tempi del college e delle scorribande goliardiche di cui erano protagonisti: lei è una madre di famiglia che ha rinunciato alla carriera avvocatizia per accudire i tre figli, mentre lui ha appena divorziato e gestisce un bar nella paura costante di crescere.

Saper raccontare i problemi della vita quotidiana

Platonic propone una gamma ampia ed esaustiva di quelli che sono i problemi della vita quotidiana, e lo fa con un’ironia tanto precisa quanto ficcante. Fin dall’episodio pilota – che scriviamolo subito, non è neppure lontanamente il migliore di quelli proposti dalla stagione – entriamo dentro l’universo di due personaggi che potrebbero essere tranquillamente i nostri vicini di casa, tanto amabili quanto lontani anni luce da alcun tipo di “caratterizzazione” volta a renderli drammaticamente interessanti. Perché allora Platonic funziona così bene? Perché sa esattamente cosa vuole raccontare e come farlo nella maniera giusta: la verità e l’attenzione al lato assurdo delle situazioni in cui ognuno di noi potrebbe trovarsi in un giorno qualunque sono sviluppate con perizia, puntata dopo puntata, immergendo lo spettatore dentro un mondo tanto comprensibile quanto realmente divertente.

Platonic-Rose-Byrne-Seth-Rogen

Platonic e il valore dei suoi interpreti

E qui il merito principale della riuscita dello show deve essere attribuito ai due attori principali, in particolar modo alla Byrne. Se infatti Seth Rogen dimostra di essere maturato come attore continuando esplicitamente a interpretare il “tipo fisso” che propina al pubblico ormai da decenni – dimostrandolo anche nel recente The Fabelmans di Steven Spielberg –  Rose Byrne conferma definitivamente, se ce fosse stato ancora il bisogno, di essere un’attrice in grado di saper indossare la leggerezza delle proprie figure femminili con una precisione emotiva ammirevole.

La sua Sylvia diventa in questo modo una figura a tutto tondo, intendendo con questo amabile non soltanto per i suoi numerosi pregi ma anche, anzi forse soprattutto, per i piccoli difetti, le dolci e umanissime scorciatoie che prende come donna che deve fare i conti con le proprie piccole insoddisfazioni, tenendole a bada per il bene comune. La sua capacità di essere vera eppure sempre divertente, guizzante, in qualche caso ruvida al limite dell’isteria, ha ormai raggiunto un livello di competenza attoriale che a nostro avviso poche colleghe posseggono oggi quando si tratta di commedia. È senza dubbio lei il valore aggiunto di uno show comunque molto efficace nel suo studio di caratteri e situazioni.

Se volete trascorrere una mezz’ora insieme a personaggi con cui potete specchiarvi, alle prese con problemi che potrebbero senza dubbio appartenervi, Platonic merita di essere abbracciata e coccolata. Per la sua semplicità, per la sua volontà di stuzzicare e magari anche far riflettere sui percorsi inaspettati, sui piccoli scarti di rotta che in fin dei conti possono decidere la vita di una persona almeno quanto le grandi decisioni. Si ride, si partecipa con affetto alle vicissitudini di questi due anti-eroi nel senso più profondo del termine. Non c’è proprio nulla di eroico in Sylvia e Will. E proprio per questo possiamo davvero rivederci in loro…

Asteroid City, recensione del film di Wes Anderson – Cannes 76

Asteroid City, recensione del film di Wes Anderson – Cannes 76

Per qualcuno il suo ultimo The French Dispatch è stato il film più emozionante del Festival di Cannes del 2021, e il più deludente, e a distanza di due anni il nuovo film di Wes Anderson sembra essere sulla stessa lunghezza d’onda. Di nuovo sulla Croisette per Asteroid City, di nuovo in concorso per la Palma d’Oro con un affresco dei suoi, costruito su diversi livelli e sceneggiato insieme a Roman Coppola, ma soprattutto nel quale – con Jason Schwartzman e Scarlett Johansson (la cui “breve nudità” ha causato problemi con la censura) – appaiono in ruoli diversissimi tra loro Tom Hanks, Jeffrey Wright, Tilda Swinton, Bryan Cranston, Adrien Brody, Margot Robbie e Steve Carell.

Benvenuti ad Asteroid City

Nulla è reale ad Asteroid City, come vediamo sin dalla prima scena, nella quale un autore (Edward Norton) sta scrivendo la storia di una occasionale e variegata comunità, raccolta nel deserto del SouthWest statunitense – forse tra Arizona e Nevada – per il raduno di “giovani astronomi e cadetti spaziali” che riunisce studenti dotati e i loro genitori in una località caratterizzata dalla caduta di un piccolo meteorite ormai circa 3.000 anni prima.

L’ambientazione e – soprattutto – gli eventi eccezionali che vi si svolgono e che vediamo mentre vengono letteralmente messi in scena sono quelli della fantascienza di una volta, ma le relazioni che si stabiliscono tra gli 87 abitanti e i suddetti visitatori sono quanto di più umano ci sia. E di coerente con i precedenti del regista, tra militari pomposi, scienziati alienati, attori famosi e meno famosi, cantanti country e famiglie disfunzionali di ogni tipo.

Wes Anderson sci-fi contro l’Intelligenza Artificiale

Non è detto che Wes Anderson apprezzerebbe di veder definito il suo film “delizioso”, come in molti hanno fatto. Soprattutto dopo tanti precedenti nei quali però il gusto estetico e il talento decorativo del regista texano erano sicuramente più funzionali alla storia narrata. Che qui, al contrario, e come nel precedente The French Dispatch, sembra più finalizzata a permettergli di sfogare il suo estro e regalare al suo pubblico più appassionato quei ‘dettagli’ che tanto ce lo hanno fatto amare.

Nei tableaux che compone ognuno può trovare quel che vuole, da Billy Wilder a Steven Spielberg, dalle tragedie esistenziali e familiari di frontiera ai B-movie di fantascienza anni 50, con i quali il film ha in comune un narratore (Bryan Cranston) da dramma radiofonico. Tra set televisivo e teatro, dal bianco e nero alla solita palette di colori caldi e pastello, il fine settimana intorno al cratere nel deserto si sviluppa gradualmente, come gli intrecci tra i suoi protagonisti.

Su tutti il vedovo fotografo di guerra Augie Steenbeck (Jason Schwartzman), diviso tra figli, suocero (Tom Hanks) e la star Midge Campbell (Scarlett Johansson), fotografata in bagno in pose che vanno dalle Pin Up dell’epoca al Marat di Jacques-Louis David. Grandi nomi, che difficilmente potranno ambire a una nomination agli Oscar per la mancanza della possibilità di offrire una vera interpretazione, a differenza di quanto accaduto in passato per le candidature raccolte dai suoi film – non a caso per animazione, colonna sonora e sceneggiatura – o i premi andati ai costumi, la scenografia e il trucco ottenuti di Grand Budapest Hotel nel 2012.

Nella vita, “non puoi sapere cosa succederà”

Ma non importa. Come dice Bryan Cranston è come nella vita, “non puoi sapere cosa succederà, quanto durerà o chi incontrerai, devi solo andare avanti”. E, incurante di renderla comprensibile, Wes continua a raccontare la storia che ha dovuto girare approfittando persino della pandemia e della vera quarantena che stavamo vivendo nel mondo reale, prima che in quello rappresentato sullo schermo. Nel quale tutto viene sublimato, non è una novità, ma dove le cose spesso assumono contorni e significati diversi, o addirittura mai sottesi al significante.

Ma non importa nemmeno questo, dove sia il confine – o dove lo si superi – tra la creazione originale dell’artista o quella rielaborata dallo spettatore. Tanto più in una pièce così strutturata, che cambia continuamente di piano – dalla Asteroid City rappresentata al backstage dove i suoi interpreti tornano attori (che interpretano attori) – in un gioco di scatole cinesi. In ciascuna delle quali c’è un pezzetto del cuore del regista, una sua paura, un trauma irrisolto, o trasformato in topos.

Meno slegato e inutilmente denso dell’ultimo, con qualche – apprezzatissimo – inserto animato, ovviamente nella stop motion più artigianale possibile, qui l’unità di luogo aiuta sicuramente a non perdersi tra tante divagazioni e intermezzi. Forse non del tutto giustificate o necessarie, per una volta. Una volta di più, purtroppo, ché l’analisi del mondo del teatro e della televisione, dopo quello del giornalismo di The French Dispatch, offre sì uno smascheramento della realtà, ma fa sentire la mancanza di storie tanto articolate quanto riuscite, nelle quali l’accumulo di situazioni, battute, fotografie, personaggi, rendesse la sensazione di un film e non di una striscia domenicale.

Valerio Mastandrea e Alessandro Borghi, il cinema attraverso Claudio Caligari – SALTO 2023

Dal 18 al 22 maggio, al Lingotto Fiere di Torino, tanti sono stati gli ospiti che hanno attraversato lo specchio al Salone Internazionale del Libro 2023. Fra questi, Valerio MastandreaAlessandro Borghi, che nella Sala Azzurra al Padiglione 3, moderati da Francesca Serafini, hanno incontrato il pubblico per parlare di Claudio Caligari, in un bell’omaggio al maestro e al modo di fare cinema. Per l’occasione i due attori hanno ripercorso alcune tappe salienti della loro carriera, regalando aneddoti e momenti toccanti. Del regista, scomparso per una malattia nel 2015, Valerio Mastandrea ricorda subito L’odore della notte del 1998, film facente parte di una trilogia apertasi con Amore tossico e conclusasi con Non essere cattivo, ultimo lavoro di Caligari prima di morire.

Il primo a prendere la parola, con la sua ironia, è proprio Mastandrea che in L’odore della notte interpreta Remo, il protagonista: “Io ho fatto Remo solo alla fine”, inizia, “ero stato chiamato per interpretare uno dei compagni del protagonista, tutt’altro personaggio, e ho conosciuto Claudio in quella occasione. Non lo avevo mai visto per intero, quindi quando l’ho incontrato pensavo fosse uno di Ostia e invece mi sono ritrovato davanti un uomo di Arona. E ho detto: Oh cavolo! Era la seconda volta che mi capitava perché avevo visto un altro film, Un’altra vita, di un altro grande maestro, Carlo Mazzacurati, ambientato in una Roma che soltanto un romano poteva conoscere, e quando scoprii che era di Padova mi prese un colpo.

Eppure in queste occasioni capii una cosa importante: come il cinema poteva essere strumento per conoscere le cose, raccontarle anche non essendoci nato dentro.”, prosegue l’attore, “Questo è un grande insegnamento: bisogna immergersi tanto prima di poter raccontare qualsiasi cosa. Tornando al film di Caligari, a venti giorni dalle riprese venni richiamato ed esaminato, e alla fine lui mi voleva chiedere se volevo fare Remo, il protagonista. Ci volevo pensare perché la proposta mi aveva emozionato. Alla fine ho accettato e da lì in poi con Claudio è nato un sodalizio così, come nascono le amicizie tra coetanei, che non sai quando ti sei conosciuto, perché ti sembra che nella tua vita avete sempre camminato insieme. E secondo me quelli sono gli amici con cui riesci a camminare nel presente.”

Claudio Caligari, il suo cinema con Alessandro Borghi e Luca Marinelli

Mastandrea, che con Claudio Caligari ha instaurato un rapporto di amicizia, è stato poi produttore della sua ultima opera, Non essere cattivo, diventato un cult. Proprio come ricorda Serafini, Caligari apprezzava molto Alessandro Borghi e Luca Marinelli, che nel film interpretano rispettivamente Vittorio e Cesare. Ed è proprio il primo a ricordare commosso il suo maestro, che come conferma lo stesso Borghi è stato fra quelli che più gli hanno insegnato la materia cinematografica. “Io sono stato molto travolto dall’aver conosciuto Claudio Caligari. Mi ha dato tanti insegnamenti senza rendersene neanche conto, e questa è una cosa molto bella. Era sempre uno scambio continuo di qualcosa che aveva a che fare con il racconto, con la grande passione di raccontare una storia.”

Valerio Mastandrea
Valerio Mastandrea – Crediti: Musacchio, Pasqualini, Fucilla/Musa

La prima cosa che ho imparato era la necessità di raccontare delle storie, a prescindere da tutto, al di fuori della dinamica del commercio, dei soldi, del tax credit. Io ho fatto dieci anni di televisione brutta e non mi rendeva felice. Facevo delle cose che quando le riguardavo mi vergognavo e non mi facevano stare bene. Poi ad un certo punto sono arrivati prima Stefano Sollima che mi ha fatto fare Suburra e subito dopo il film di Claudio Caligari, Non essere cattivo, una svolta. Ogni volta che ho un nuovo progetto, penso sempre a quello che mi ha insegnato, e lo applico. Io ho un prima e un dopo Claudio”, come “esiste un prima e un dopo Cristo”, gli fa eco il collega accanto.

Mastandrea ricorda anche le parole di Fabrizio Gifuni ai David di Donatello 2023, in memoria di Caligari e del suo saper “stare dentro le storie”: “Per lui doveva essere tutto credibile. Doveva filtrarlo prima lui, verificarne la credibilità.” Subito dopo, per rafforzare le parole del collega Borghi, è stato mostrato un video-saluto di Luca Marinelli, il quale ha omaggiato il regista con un aneddoto divertente ma profondo: “Un giorno, in una scena di Non essere cattivo, andai da Claudio preso da un dubbio sull’atteggiamento del mio personaggio (Cesare ndr). Arrivai da lui spiegandogli le sensazioni che secondo me il personaggio sentiva e tutti i ragionamenti che faceva nei confronti della madre. Ad un certo punto lo guardo, lui mi guarda e mi dice: se Cesare ragionasse così sarebbe un idiota.”

All’inizio pensavo si riferisse proprio a me, ma poi lui mi disse che non dovevo mai giudicare il personaggio che stavo interpretando, perché lui è un pianeta che fa parte di un sistema e sicuramente vuole entrare in comunicazione con un altro pianeta in orbita (che sono gli altri personaggi, in questo caso la madre di Cesare ndr). Questo mi aiutò molto e fu una grande lezione di cinema, molto diretta. E poi, se Valerio Mastandrea, Alessandro Borghi e io siamo diventati una grande famiglia è proprio grazie a Claudio.”

Alessandro Borghi
Alessandro Borghi- Crediti: Musacchio, Pasqualini, Fucilla/Musa

Da Non essere cattivo a Le otto montagne

Inevitabile, verso la fine, il pensiero a Le otto montagne, film di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, che ai David di Donatello 2023 si è portato a casa quattro premi, fra cui quello a Miglior film, oltre a vincere l’anno prima il Premio della giuria al Festival di Cannes. In realtà, Le otto montagne è debitore a Non essere cattivo di Caligari per il rapporto d’amicizia che si è creato fra i due protagonisti. “Ho ragionato molto su questa cosa mentre stavamo facendo il film (Le otto montagne ndr).”, ha detto Borghi, “Lì (in Non essere cattivo ndr), Luca ed io ci siamo uniti, siamo diventati fratelli, e la cosa è rimasta immutata nel tempo. Però poi è successa una cosa molto bella: su quelle montagne è come se avessimo riscoperto la nostra capacità di essere amici. Fino a che punto riuscivamo ad esserlo stando da soli a fare una pausa pranzo in mezzo a un prato. Abbiamo messo a disposizione dei personaggi la nostra amicizia e sarebbe stato stupido non farlo. Abbiamo parlato molto del fatto che Pietro e Bruno sono come noi, lontani, se si considera che io vivo a Roma e lui a Berlino e che, come me e Luca, si vedono una volta l’anno e che hanno, sempre come noi, due visioni completamente diverse della vita.”

Queste differenze enormi ci hanno uniti, e io non riuscirei ad immaginare più la mia vita senza Luca, professionalmente e umanamente. L’altro giorno ho fatto incorniciare una foto emblematica, io, Luca Marinelli e Valerio Mastandrea seduti su un divano a Los Angeles, per promuovere Non essere cattivo di Claudio Caligari, e quando la guardo è incredibile come lì ci siano tre universi diversi, e come questi tre universi riescano ad essere uno soltanto, più grande, quando sono insieme. Ed è la bellezza dell’unione di questo lavoro ma anche dell’amicizia nella sua essenza. Di essere liberi di parlarsi apertamente e dirsi quando le cose vanno bene o male e nell’applicazione del lavoro, prendere tutti quegli elementi e poterli mischiare e mixare, per metterli a disposizione di un’altra storia, è un grande regalo.

May December, recensione del film di Todd Haynes – Cannes 76

May December, recensione del film di Todd Haynes – Cannes 76

Con una sferzata di comicità inquietante, interrogandosi sui ruoli e gli spazi che occupiamo nella vita, arriva in concorso al Festival di Cannes 2023 May December, il nuovo film di Todd Haynes (Io non sono qui, Carol), con protagoniste Natalie Portman, Julianne Moore e la star di Riverdale Charles Melton. Nel film, vent’anni dopo che la loro famigerata storia d’amore sui giornali scandalistici aveva attanagliato la nazione, la coppia con una grande differenza d’età formata da Joe e Gracie (Melton e Moore) inizia a vacillare quando un’attrice, Elizabeth (Portman), trascorre un periodo a casa loro per prepararsi al suo prossimo film, in cui interpreterà proprio Gracie.

May December: amore suburbano

In May December, Julianne Moore si riunisce con Haynes per interpretare Gracie Atherton-Yoo, un’ex insegnante svampita che è diventata famosa nel 1992 quando ha lasciato l’ex marito per uno dei suoi studenti tredicenni. Ora siamo nel 2015, la situazione si è in qualche modo normalizzata, e Gracie e Joe stanno insieme da abbastanza tempo che i loro figli più piccoli stanno per diplomarsi. Nella villa in riva al mare di Savannah, che Gracie e Joe hanno pagato con le loro apparizioni nel reality show “Inside Edition“, arrivano ancora occasionalmente pacchi pieni di escrementi, ma queste consegne – “regali” di estranei casuali che non riescono a digerire la storia d’amore della coppia – sono diventate meno comuni ora che la loro storia d’amore scandalosa si è stabilizzata nella realtà suburbana. O almeno così sembra.

Ma il passato non è ancora pronto a mollare la presa su questi folli ragazzi e Gracie non ha il buon senso di tenerlo a distanza di sicurezza. Nonostante il suo scetticismo nei confronti delle celebrità, Gracie decide di stendere il tappeto di benvenuto all’attrice televisiva Elizabeth Berry, interpretata da Natalie Portman. Elizabeth ha la stessa età di Gracie quando ha fatto sesso con Joe per la prima volta nel retro di un negozio di animali – un ricordo che è diventato di dominio pubblico – ed è destinata a interpretarla in un prossimo film indipendente sullo scandalo.

Natalie Portman e Julianne Moore in May December

Percezioni doppie e distorte

In May December, lo studio dei doppi significa mettere letteralmente in scena un film nel film per caratterizzare i suoi personaggi: solo analizzando a fondo le parvenze di chi ci sta accanto, i loro modi di fare, provando a ricalcarli e a capire che ruolo giocano nella nostra esistenza, riusciamo ad addentrarci nella psicologia di Joe, Gracie ed Elizabeth. Come per un’attrice che si è calata troppo nel personaggio, uscire dalla bolla domestica di Joe e Gracie non sarà facile, e neanche riuscire a stabilire effettivamente con certezza cosa ci stanno raccontando di vero e quanto alcune informazioni che stiamo collezionando siano falsate dalla percezione distorta che vogliono avere della realtà.

Tutto nella relazione e nella quotidianità di questa improbabile coppia è ribaltato: valori, ruoli, vita di coppia. Joe è un ragazzo cresciuto troppo in fretta, con non troppa differenza di età rispetto ai suoi figli, ma che deve prendersi cura della personalità fragile di Gracie e, dunque, adempiere a molti più compiti e ruoli: contemporaneamente è marito, padre e amico. Il personaggio della Moore, dall’altro lato, ha fermato l’attimo nel momento in cui ha conosciuto Joe: ha disintegrato il suo precedente matrimonio per un ragazzino che allora andava alle medie e, senza pensare a conseguenza alcuna, ha deciso di rifondare una propria idea di nucleo famigliare. Gracie pensa che riempiendosi la casa di gente, affetti, cimeli e futili ricette di torte e pasticceria varia che i suoi vicini le commissionano per pietà, possa colmare il vuoto che una relazione così sproporzionata sotto ogni punto di vista ha lasciato in lei. In realtà, mentalmente è regredita a uno stato pressochè adolescenziale e vede in Joe un principe salvatore, solerte nel proteggere contemporaneamente lei e tutta la famiglia allargata che si porta dietro.

Un case study tra realtà e finzione

L’Elizabeth di Natalie Portman è il jolly che corrisponde al punto di vista spettatoriale in May December e che tenta di discernere il vero dal falso, ciò che è successo e le percezioni amplificate dal presente e dalla manipolazione dei tabloid, tra Gracie e Joe. Pur avvicinandosi e toccando con mano la vita di Gracie, facendo alcune delle sue esperienze quotidiane, Elizabeth mantiene un’imperturbabilità di fondo. All’esterno, si ridicolizza al massimo tentando di carpire il segreto di un’esistenza grottesca e con lei Natalie Portman, che accetta di mettersi nei panni di un’attrice forse ancora più macchietta del personaggio reale che dovrà interpretare. Mentalmente, invece, non siamo mai sullo stesso livello di Elizabeth: è vero che fa esperienza assieme a noi pubblico, che ci conduce passo a passo nella vita di Gracie e Joe nella loro villa in Maine, ma diventa illeggibile tanto quanto i suoi “case study“.

Tra le tre performance, forse quella che emerge di più e che sorprende proprio perchè viene da un giovanissimo della recitazione, è quella di Melton. L’attore di Riverdale riesce a catturare in toto le sfaccettature del suo personaggio, conferendogli un’aria da belloccio dei tanto popolari young adult ma affibbiandogli anche un’aria costantemente desolata e malinconica, incerta nel suo trovarsi costantemente in bilico tra l’essere adulto e il tornare bambino. Il suo Joe è contemporaneamente appetibile e tenero, solare e angoscioso. Un personaggio vincente che si è auto-confinato in un terreno di isolamento totale, lontano dal tono camp della pellicola, dai colori vivi della sua fotografia e lussureggianti della natura che lo circonda. Forse è proprio attraverso il personaggio di Joe che Haynes riesce a sbugiardare i suoi personaggi, l’artificiosità dei loro comportamenti e del finto paradiso che si sono creati. Melodramma camp fino al midollo, l’ironia disturbante di Todd Haynes fa luce con May December sulle (s)proporzioni dei ruoli e dei valori famigliari di una realtà pervasa dalla finzione.

Francesca Scorsese terrorizzata all’idea di mostrare il suo film presentato a Cannes 2023 alla madre

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E’ facile immaginare che per Francesca Scorsese il mondo del Festival di Cannes non sia del tutto nuovo, ma è chiaro che partecipare al Festival con un cortometraggio in concorso è sicuramente un’esperienza differente. Scorsese, che al festival del 2023 presenta Fish Out of Water, ha parlato anche delle sue passate esperienze a Cannes: “Ricordo solo il tappeto quando ero più piccola e ricordo di aver guardato tutti perché avevo probabilmente 10 anni o addirittura di meno”.

Fish Out of Water segue la storia di una figlia che si riconnette con il padre separato e la madre sempre più malata, e Francesca Scorsese ha approfondito il concetto per la sua tesi di laurea alla New York University. Sebbene la relazione padre-figlia nel film non abbia, dice, alcuna relazione con la vita reale, c’erano aspetti in linea con le esperienze di sua madre.

“Penso che volevo principalmente raccontare una storia di legame familiare attraverso la malattia e momenti davvero difficili, così come la cura di un membro della famiglia, perché è qualcosa che ho fatto per la maggior parte della mia vita con mia madre che ha il Parkinson. Quindi, è stato un po’ il mio modo di affrontare quei ricordi.”

Suo padre, Martin Scorsese, ha sostenuto enormemente i suoi sogni di regista e questo film, ha detto. “L’ho mostrato a mio padre. Mio padre lo ha inviato ai suoi amici. Sono abbastanza sicuro che Ari Aster l’abbia visto. Ero tipo, ‘Oh mio dio.'”

Ma ha poi spiegato che a causa della rappresentazione della malattia del personaggio della madre, era estremamente nervosa all’idea di mostrare il film a sua madre. “È stato assolutamente terrificante mostrarlo a mia madre, più che a tutte le altre persone”, ha detto. “Lei diceva sempre, ‘Oh, voglio vederlo.’ E io dicevo, ‘OK, ma potresti non essere davvero felice.’ Ovviamente è un argomento molto delicato. Ma mostrandoglielo, mi sono seduta nella stanza e mio padre mi ha detto che dovevo restare nella stanza. Ero tipo, ‘Vado, andiamo’. E lui, ‘Siediti in quella stanza, resta nella stanza. Devi essere lì con lei, basta tenerle la mano.’ E e poi gli ho detto, ‘Hai ragione. Davvero.’”

Fonte: Deadline

Oppenheimer: ecco com’è stata creata una finta esplosione nucleare senza CGI

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Il supervisore degli effetti speciali di Oppenheimer, Scott R. Fisher, spiega come ha creato una finta esplosione nucleare senza l’uso di CGI. Diretto da Christopher Nolan, Oppenheimer racconta la vita e la carriera del fisico teorico J. Robert Oppenheimer, che fu una delle figure chiave responsabili della creazione della bomba atomica. L’epopea storica vede Cillian Murphy nel ruolo del protagonista dopo che per molti anni ha lavorato con Nolan sempre in ruoli secondari.

Fisher fa un tuffo profondo negli effetti speciali del film in una nuova intervista con Total Film (tramite Slash Film). Il supervisore degli effetti speciali entra nei dettagli su come è riuscito a creare un’esplosione di una bomba nucleare senza CGI, rivelando che si sono affidati ad alcune tecniche di ripresa “vecchia scuola” per farlo sembrare reale.

“È come una tecnica della vecchia scuola. Non le chiamiamo miniature; le chiamiamo big-ature. Le facciamo più grandi che possiamo, ma riduciamo la scala in modo che sia gestibile. Si avvicina la fotocamera e lo si fa nell’ambiente il più grande possibile.

Si tratta principalmente di benzina, propano, cose del genere. Ma poi introduciamo anche cose come polvere di alluminio e magnesio per migliorare davvero la luminosità e dargli un certo aspetto. Abbiamo fatto un po’ di esperimenti, perché volevamo davvero che tutti parlassero di quel lampo, quella luminosità. Quindi abbiamo cercato di replicarlo il più possibile”.

È stato rivelato per la prima volta l’anno scorso che l’esplosione nucleare di Oppenheimer è stata creata senza CGI, il che è emblematico dell’atteggiamento generale di Nolan verso gli effetti pratici. Sebbene i film di Nolan presentino certamente CGI, è quasi sempre per abbellire o migliorare le scene che sono state catturate dalla telecamera. È la dedizione del regista alle tecniche cinematografiche della vecchia scuola che fa davvero risaltare i suoi film nel panorama del cinema moderno, con il suo uso di effetti pratici che conferiscono all’azione una sensazione tattile e realistica che la CGI non può proprio replicare.

Il film, che la Universal distribuirà dal 21 luglio, è una delle uscite estive più ambiziose degli ultimi anni. Quella estiva è una stagione che di solito è riservata ai film di evasione e ai film sui supereroi, ma Oppenheimer è alle prese con alcuni temi pesanti, per non parlare del fatto che racconta di uno sviluppo scientifico che ha rimodellato il corso della storia. Oppenheimer ha guidato il Progetto Manhattan come capo del Los Alamos Laboratory, prima di diventare un critico delle armi di distruzione di massa. “La sua storia è sia un sogno che un incubo”, ha detto Nolan.

Il film è stato girato in 70 mm con telecamere Imax e il trailer che Nolan ha condiviso alternava scene in bianco e nero e scene a colori con un design di produzione impeccabile. Un Cillian Murphy dall’aspetto scarno e con in testa un fedora è un duplicato esatto di Oppenheimer, e ha l’aria di un distruttore di mondi.

Con a capo Murphy, che è un fedelissimo di Christopher Nolan, il cast del film si presenta davvero ricchissimo di star. Ci sono anche Matt Damon nei panni del generale Leslie Groves, Robert Downey Jr. nei panni di Lewis Strauss, un membro della Commissione per l’energia atomica, ed Emily Blunt nei panni della moglie di Oppenheimer, Katherine. Il cast include anche Rami Malek e Florence Pugh.

Oppenheimer uscirà al cinema in Italia il 23 agosto 2023. Distribuito da Universal Pictures.

Land Man: Ali Larter e altri due attori nel cast della serie di Taylor Sheridan

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Michelle Randolph e Jacob Lofland si sono uniti a Billy Bob Thornton nella prossima serie di Taylor Sheridan Land Man alla Paramount+. A darne la notizia è stato il noto sito americano Variety che ha appreso in esclusiva che anche Ali Larter reciterà nella serie. Secondo il logline ufficiale, la serie “è ambientata nelle proverbiali città del boom del Texas occidentale ed è una moderna storia di persone in cerca di fortuna nel mondo delle piattaforme petrolifere. La serie racconterà la storia sia ai piani alti che ai piani bassi che alimentano un boom così grande che sta rimodellando il nostro clima, la nostra economia e la nostra geopolitica”. La serie è basata sul podcast “Boomtown“.

Michelle Randolph interpreterà Ainsley Norris, descritta come “la selvaggia e volitiva figlia diciassettenne di Tommy Norris (Billy Bob Thornton)”. Lofland interpreterà Cooper Norris, “il figlio di Tommy, che è nuovo al lavoro impegnativo nei giacimenti di petrolio e gas del Texas occidentale”. Ali Larter interpreterà Angela, l’ex moglie di Tommy. La serie vedrà riunirsi Sheridan e Randolph, dopo aver recitato insieme nella serie prequel di Yellowstone1923. È anche nota per ruoli in film come “The Resort” e “5 Years Apart”.  Lofland è esploso con il suo ruolo di debutto nei panni di Neckbone nel film del 2012 Mud con Matthew McConaughey e Tye Sheridan. Da allora ha continuato a recitare nel franchise cinematografico “Maze Runner” e in spettacoli come “Justified”, “Texas Rising” e “The Son”. Apparirà anche nel sequel “Joker: Folie à Deux”. 

Land Man è co-creato e prodotto da Taylor Sheridan e Christian Wallace. Sheridan è produttore esecutivo sotto la sua società Bosque Ranch Productions, che è attualmente impegnata con un ricco accordo generale con Paramount Global. Billy Bob Thornton è anche produttore esecutivo oltre a recitare. David Glasser, David Hutkin, Ron Burkle e Bob Yari sono anche produttori esecutivi tramite 101 Studios. Geyer Kosinski è produttore esecutivo insieme a Dan Friedkin e Jason Hoch per Imperative Development LLC, e Scott Brown e Megan Creydt per Texas Monthly. Peter Feldman è il co-produttore esecutivo. MTV Entertainment Studios sta producendo la serie.

Thunderbolts: il film mostrerà “molto di più” di Val, promette l’attrice del MCU

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Dopo una manciata di apparizioni secondarie, Julia Louis-Dreyfus, che nel Marvel Cinematic Universe interpreta Valentina Allegra de Fontaine, promette che il suo ruolo in Thunderbolts avrà molto più spazio.

Introdotto nell’universo cinematografico Marvel in The Falcon and the Winter Soldier, l’attrice di Seinfeld e Veep interpreta una losca figura del governo che convince il John Walker di Wyatt Russell a diventare US Agent e assume Yelena Belova (Florence Pugh) per uccidere Clint Barton in Hawkeye. È stata vista l’ultima volta in Black Panther: Wakanda Forever, dove è stato rivelato che è l’ex moglie di Everett Ross (Martin Freeman) e che ha recentemente ottenuto la posizione di direttore della CIA.

Mentre parlava in esclusiva con Screen Rant per promuover eil suo nuovo film You Hurt My Feelings, a Julia Louis-Dreyfus è stato chiesto del suo imminente ritorno nel MCU con Thunderbolts. Pur mantenendo il segreto sui dettagli della sua parte nel film, Julia Louis-Dreyfus ha assicurato che il film collettivo avrebbe esplorato di più il personaggio di Val rispetto a quanto è stato fatto fino a questo momento. “Non posso dirti niente! [Ride] Sì, te lo posso dire, si vedrà molto di più di lei. Ecco il tuo scoop!”.

Il roster di Thunderbolts il cast è attualmente composto da Red Guardian (David Harbour), Ghost (Hannah John-Kamen), Yelena Belova (Florence Pugh), Bucky Barnes/The Winter Soldier (Sebastian Stan), John Walker/ Agente statunitense (Wyatt Russell) e Taskmaster (Olga Kurylenko). Secondo quanto abbiamo appreso la contessa Valentina Allegra de Fontaine (Julia Louis-Dreyfus) metterà insieme la squadra e potrebbe anche essere parzialmente responsabile della creazione di Sentry.

Harrison Ford sostituirà il defunto William Hurt nei panni di Thaddeus “Thunderbolt” Ross, che potrebbe finire per trasformarsi in Red Hulk. Nel cast sono stati annunciati anche Ayo Edebiri, in un ruolo ancora non stato rivelato. Thunderbolts uscirà nelle sale il 26 luglio 2024. Jake Schreier (Robot and Frank, Dave) dirigerà Thunderbolts, che si baserà su una  sceneggiatore scritta dallo sceneggiatore di Black Widow Eric Pearson.

Beetlejuice 2: le foto dal set mostrano un cimitero spettrale

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Beetlejuice 2: le foto dal set mostrano un cimitero spettrale

Dopo le immagini della contemporanea Lydia Deetz (Wynona Rider), nuove foto dal dietro le quinte di Beetlejuice 2 anticipano un set particolarmente adeguato al tema del film: si tratta delle foto di un vecchio e spettrale cimitero.

Il sequel del classico Beetlejuice di Tim Burton del 1988 ha richiesto diversi decenni di conversazioni e accordi per potersi mettere in moto. Nel febbraio 2022 è stato riferito che il progetto era in fase di sviluppo e le riprese sono iniziate ufficialmente questo mese. Beetlejuice 2 dovrebbe uscire il 6 settembre 2024 nelle sale USA.

Nelle foto dietro le quinte pubblicate su Twitter da Mad Monster, le nuove immagini di Beetlejuice 2 mostrano una cripta inquietante e una chiesa solitaria.

Beetlejuice 2, un sequel a lungo atteso

Michael Keaton, Winona Ryder e Catherine O’Hara riprenderanno i loro ruoli dal primo film, insieme a new entry di serie A nel cast del film che sarà diretto da Tim Burton. Jenna Ortega (Mercoledì) in particolare è stata scelta per interpretare la figlia di Lydia Deetz. Justin Theroux e William Dafoe sono stati scelti per il film, con quest’ultimo destinato a interpretare un agente delle forze dell’ordine nell’aldilà. Successivamente, è stato annunciato che Monica Bellucci si era unita al cast e interpreterà la moglie dello spiritello dispettoso protagonista. Anche il compositore Danny Elfman, sodale di Burton, è tornato nel team creativo. Beetlejuice 2 dovrebbe uscire il 6 settembre 2024 nelle sale USA.

Renfield: recensione del film con Nicolas Cage

Renfield: recensione del film con Nicolas Cage

Si muove a partire da una premessa interessante il film Renfield, diretto da Chris McKay (Lego Batman, The Tomorrow War), ovvero quella secondo la quale il rapporto esistente tra il Conte Dracula e il suo assistente R. M. Renfield non è altro che, usando l’odierno modo di dire, una relazione tossica. Che le dinamiche esistenti tra questi due personaggi siano tutt’altro che sane non è certo un’invenzione di Robert Kirkman, autore della storia, né dello sceneggiatore Ryan Ridley, bensì di colui che questi personaggi li ha inventati nel lontano 1897, ovvero Bram Stoker. Tale chiave di lettura viene però qui ulteriormente esaltata, specialmente grazie al fatto di avere, per una volta, Renfield come assoluto protagonista.

Interpretato da Nicholas Hoult, egli continua a servire il leggendario vampiro sin dagli eventi del Dracula del 1931, di cui Renfield è un “quasi-sequel“, secondo la definizione di McKay. Dopo aver attraverso gli oceani del tempo ed essere arrivati nel mondo contemporaneo, i due continuano indisturbati le loro attività, con Renfield che procura nuove vittime al suo padrone e questi che se ne ciba per diventare sempre più forte. La vita di Dracula sembra però non avere né uno scopo né una direzione precisa, ed ecco allora che il potente vampiro decide che è giunto il momento di conquistare il mondo. Renfield inizia però ad assaporare una vita diversa da quella, con la consapevolezza che intraprenderla significherebbe tradire il suo maestro.

Un film pulp per il più famoso dei vampiri

Sin dai primi materiali pubblicitari rilasciati, Renfield lasciava intendere di essere un progetto pensato con il piede schiacciato sul pedale della follia. Con questa premessa, non ci si poteva dunque aspettare qualcosa di particolarmente elaborato da un punto di vista del racconto e l’aspettativa puntualmente non viene smentita. L’intreccio è quantomai esile e quando le varie linee narrative iniziano a convergere verso il finale ecco che diventa anche noiosamente prevedibile. Il principale interesse di Kirkman, Ridley e McKay risulta piuttosto essere quello di confezionare una serie di scene, gag o anche solo battute che possano risultare memorabili nella loro follia, intrattenendo e possibilmente reggendo l’intero film.

Naturalmente affidare un intero lungometraggio a tali elementi raramente è una buona idea. Renfield riesce però ad offrire un numero tale di momenti pulp, tra combattimenti estremamente sanguinolenti e interazioni effettivamente divertenti tra i personaggi, da riuscire a risultare – complice la sua adeguata durata di 93 minuti – un prodotto godibile e divertente, che trova il suo giusto tono tra horror, commedia ed azione splatter. Il che probabilmente è ciò che conta di più. Innegabile però che anche il citato pedale della follia appare ben presto non essere premuto fino in fondo, lasciando dunque la sensazione che se proprio doveva essere questo l’elemento su cui fondare il film, tanto valeva crederci un po’ di più.

Renfield e la sua relazione tossica

La vera arma a doppio taglio, che probabilmente farà però storcere il naso solo ai più smaliziati, è proprio la sua chiave di lettura riguardante le relazioni tossiche. Questa risulta inizialmente interessante applicata ai due protagonisti, mostrando in particolare gli effetti che ha sulla psiche di Renfield (con tanto di sua partecipazione a gruppi di sostegno). È un elemento che rimane “sullo sfondo”, che giustamente si fa percepire più per immagini che non per parole pronunciate dai protagonisti. Nel momento in cui sul finale il concetto viene però ribadito in maniera ancora più esplicita, a mo’ di lezione di vita, ecco che diventa didascalico, svuotato di valore. Un di più che spezza non solo il momento in cui è aggiunto ma fa acquisire all’intero film un che di furbo poco gradevole.

Renfield-recensione

Nicolas Cage: un magnifico Dracula

Innegabile che ad aver reso degno di particolari attenzioni questo progetto, rimasto a lungo in stand by per via dei problemi del Dark Universe, ci sia la presenza del premio Oscar Nicolas Cage nei panni del conte Dracula. L’attore, che negli ultimi anni sta vivendo una seconda vita artistica grazie a film bizzarri come Mandy, Pig o Il talento di Mr. C, aggiunge così alla sua collezione di personaggi anche l’iconico vampiro, che interpreta come suo solito con un fare sopra le righe che però, dato il personaggio, risulta particolarmente appropriato. Ancor di più, l’interprete riesce a rendere il proprio Dracula simpatico (nella sua crudeltà) ed effettivamente minaccioso quando occorre.

Non sfigurano tuttavia neanche Nicholas Hoult nei panni del protagonista del titolo e, in particolare, Awkwafina – qui nel ruolo dell’intransigente poliziotta Rebecca Quincy – dotata di una verve comica e una presenza scenica che non si smentiscono mai. Sono decisamente loro, con la notorietà ed esperienza di cui godono, la principale attrattiva del film, che può comunque vantare anche delle affascinanti scenografie ed un buon trucco per quanto riguarda le trasformazioni fisiche di Dracula. I tre reggono sulle loro spalle il film, contribuendo indubbiamente alla sua generale riuscita nonostante le pecche più su evidenziate.

Rapito: recensione del film di Marco Bellocchio – Cannes 76

Rapito: recensione del film di Marco Bellocchio – Cannes 76

Dopo la Palma d’oro alla carriera del 2021 e le tante partecipazioni (da Il traditore e Vincere, solo per citare gli ultimi in concorso, o Esterno notte e Marx può aspettare, in Cannes Première), Marco Bellocchio sceglie di nuovo il Festival di Cannes per presentare la sua ultima opera. E Thierry Frémaux sceglie di nuovo il nostro regista, questa volta nella sezione più importante con il Rapito che 01 Distribution porta al cinema a partire dal 25 maggio. Una storia vera, raccontata in maniera unica anche grazie alle interpretazioni magistrali di un cast perfetto nel quale spiccano il Papa Pio IX di Paolo Pierobon, Fausto Russo Alesi, Barbara Ronchi, Filippo Timi e il Miglior Attore dei David di Donatello 2023, Fabrizio Gifuni.

Rapito: la storia vera di tanti ebrei italiani

Il piccolo Enea Sala e Leonardo Maltese, una volta cresciuto, danno vita al bolognese Edgardo Mortara, bambino ebreo che nel 1858 fu strappato alla sua famiglia per essere allevato da cattolico sotto la custodia di Papa Pio IX. Un caso internazionale trattato ampiamente – come anche i tanti analoghi – da David I. Kertzer, Marina Caffiero o Vittorio Messori (in Io, il bambino ebreo rapito da Pio IX – memoriale inedito del protagonista del “Caso Mortara”), oltre ovviamente che in “Il caso Mortara” di Daniele Scalise, al quale si sono liberamente ispirati il regista e Susanna Nicchiarelli per la sceneggiatura, stesa con la collaborazione di Edoardo Albinati, Daniela Ceselli e la consulenza storica di Pina Totaro.

Rapito film recensioneTutto inizia nel quartiere ebraico di Bologna, quando i soldati del Papa arrivano a casa della famiglia Mortara per portare via il piccolo Edgardo, di sette anni. Temendo per la sua vita, all’età di sei mesi, l’allora domestica l’aveva segretamente battezzato e a distanza di anni il diritto canonico dello Stato Pontificio esige che il ragazzino riceva un’educazione cattolica e venga cresciuto dal Vaticano. E’ l’inizio di una battaglia legale, e politica, che non si conclude nemmeno con il declino del potere temporale della Chiesa per la conquista di Roma del 20 settembre 1870.

Il racconto unico e potente di Marco Bellocchio

La componente tecnica è importante nel racconto che fa Marco Bellocchio della storia di Edgardo Mortara, ma ancora una volta è lo sguardo del regista di Bobbio a rendere unico il risultato finale che arriva sul grande schermo. Come sempre, la sua capacità di armonizzare dati oggettivi, narrativa e suggestioni oniriche regala un film personale e riconoscibile, capace di polarizzare lo sguardo del pubblico pur rappresentando l’umanità dei soggetti in causa. Unico e potente, grazie anche alla partecipazione determinante della fotografia di Francesco Di Giacomo, la scenografia di Andrea Castorina, i costumi di Sergio Ballo e Daria Calvelli o le musiche di Fabio Massimo Capogrosso, chiamate in molti casi a farsi carico di un sottotesto non secondario.

L’alternarsi delle ottiche rende ancor più maestosi e distorti gli ambienti vaticani nei quali si svolge il dramma di Edgardo e della famiglia Mortara, una grandiosità soffocante che i crescendo drammatici del commento musicale rendono ancora più opprimente. Costringendo il piccolo ebreo rapito a rifugiarsi nella fantasia e in un personalissimo rapporto con il Cristo al quale si trova costretto a rendere continuo omaggio. Confuso, affascinato, curioso, nell’uomo inchiodato alla croce il bambino vede quasi un compagno di sventura, da aiutare, come nessuno sembra volere – o potere – aiutare lui.

Qualcosa che lo accomuna al Pio IX di un incredibile Pierobon, altra figura non rassicurante né lineare. Un Papa minaccioso e violento (come sa la delegazione della comunità ebraica romana guidata da Paolo Calabresi, irrisa e ricattata), eppure costretto a combattere con il proprio essere Papa Re, pur malato e a suo modo visionario, per mantenere il controllo sulla propria gente, anche a costo di umilianti ‘lezioni’ (come quella impartita all’impacciato Edgardo, ormai cresciuto e fedelissimo).

Nell’opera Rapito di Bellocchio convivono l’empatia e l’orrore, la commozione e il sacro timore, componenti apparentemente inscindibili di una realtà complessa, non semplice nemmeno per i più faziosi, che un tema tanto divisivo sicuramente chiamerà in causa. Prova ulteriore ne sia la messa in scena – molto riuscita e d’effetto – in parallelo di riti e penitenze, tanto della famiglia ebrea riunita, quanto dell’algido funzionario di Fabrizio Gifuni, capace di rendere ancor più disumano il frate domenicano Pier Gaetano Feletti, inquisitore nell’esercizio delle sue funzioni. Ma soprattutto dell’alternarsi di volti e liturgie diverse del processo all’ecclesiastico e della cresima del ragazzo che sanciscono la definitiva sconfitta da parte della famiglia.

La scoperta delle reali motivazioni della servetta alla base del rapimento e la sorda presunzione dell’istituzione vaticana sono ‘dettagli’ che renderanno ancora più inaccettabile il tutto allo spettatore moderno, ma più dell’invito a contestualizzare ripetuto a più riprese da regista e attori è lo stesso finale a creare una anomala sospensione. La fervida immaginazione visiva di Bellocchio – come già in Buongiorno, notte e altrove – lascia aperta una porta tra sogno e cronaca. E il dubbio – anche se in una scena forse troppo confusa e contraddittoria – di un’anima più tormentata di quel che deve esser stata, viste le note finali sulla storia del Mortara adulto, morto in monastero a novanta anni dopo una vita da missionario.

Marco Bellocchio su come il suo “Rapito” sia diverso dal film che aveva in mente Steven Spielberg

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Il noto regista italiano Marco Bellocchio torna al Festival di Cannes con “Rapito”, un dramma che ricostruisce la vera storia di Edgardo Mortara, un giovane ebreo rapito dalla Chiesa e cresciuto con la forza come cristiano nell’Italia del XIX secolo. Questa è una storia su cui Steven Spielberg aveva messo gli occhi da molto tempo, avendo annunciato nel 2016 che avrebbe realizzato un dramma su Mortara per il quale aveva già iniziato a cercare location nel nostro paese.

L’anno scorso, Marco Bellocchio era a Cannes con un altro dramma sui rapimenti, la miniserie TV Esterno Notte, sul rapimento e l’assassinio dell’ex premier italiano Aldo Moro da parte dei terroristi delle Brigate Rosse. La prima incursione televisiva del regista ha ottenuto un discreto successo e una versione cinematografica è andata bene nei cinema italiani – in due puntate – prima di andare in onda sulla RAI e vendere in tutto il mondo. In un’intervista esclusiva sul sito Variety il regista ha parlato del nuovo film di come ha fatto a portare questo atto di violenza e le sue complesse conseguenze sul grande schermo e perché il Vaticano dovrebbe chiedere perdono.

Fausto Russo Alesi, Barbara Ronchi, Enea Sala e Marco Bellocchio
Fausto Russo Alesi, Barbara Ronchi, Enea Sala e Marco Bellocchio al Festival di Cannes – Foto di Luigi De Pompeis © Cinefilos.it

Cosa l’ha spinta a voler ricostruire la storia di questo sequestro perpetrato in nome di Dio? Mi ha colpito questa storia dopo aver letto un libro su Edgardo Mortara scritto da un cattolico piuttosto conservatore. Il libro ripercorre il cammino della conversione al cattolicesimo di questo bambino che viene rapito dopo aver iniziato il suo cammino religioso da ebreo ortodosso. È una conversione, inizialmente forzata. Ma Edgardo non cambia idea dopo che Roma è stata liberata dal dominio papale, a quel punto è libero di fare ciò che vuole. Diventa invece sacerdote e poi missionario fino alla fine dei suoi giorni.

Era da tanto che desideravi fare questo film? SÌ. Ma subito dopo aver letto il libro ho scoperto che Steven Spielberg stava preparando questo film. Una casa di produzione era venuta in Italia per cercare location e fare dei provini, quindi ho smesso di pensarci. Poi, diversi anni dopo, mentre ero negli Stati Uniti a promuovere “Il traditore” [che è stato presentato al Festival di Cannes nel 2019] ho chiesto in giro e ho sentito che Spielberg non aveva portato avanti il ​​progetto. Quindi lo abbiamo verificato e siamo tornati a lavoraresul film. La storia è ricca di elementi che hanno stimolato la mia immaginazione. È come un grande romanzo del XIX secolo. Nel film i personaggi della madre e del padre sono molto importanti e altrettanto importante è la figura del Papa violento e intollerante ma allo stesso tempo coerente [con le credenze cattoliche di allora].

Pensi che Steven Spielberg avrebbe adottato un approccio diversoLavorando con [la sceneggiatrice/regista] Susanna Nicchiarelli [che ha diretto i film storici “Nico, 1988”, “Miss Marx” e “Chiara”] abbiamo utilizzato diversi libri come fonti, ma anche molti documenti. Siccome si tratta di un’Italia che non esiste più, abbiamo fatto un sacco di effetti digitali per ricostruire quel mondo. Ma volevamo anche dare al pubblico un senso reale di ciò che è accaduto. Molto lavoro è stato dedicato alla scenografia e ai costumi. Abbiamo cercato di ricostruire il mondo delle province italiane. Siamo stati molto attenti nell’assicurarci che i tipi di italiano volgare che i personaggi parlano fossero molto accurati. L’accuratezza dell’aspetto linguistico è stato fondamentale per me per renderlo reale. È probabile che il progetto di Spielberg sarebbe stato completamente diverso. Per noi, volevamo davvero difendere il fatto che questa famiglia ebrea vivesse sul suolo italiano.