Netflix
ha diffuso il trailer di Tutta la luce che non
vediamo, la rivoluzionaria miniserie in 4 episodi, tratta
dall’omonimo romanzo best seller e vincitore del Premio Pulitzer di
Anthony Doerr, diretta da Shawn Levy e scritta da
Steven Knight.
Tutta la luce che non
vediamo sarà presentata in anteprima il 30 ottobre, in
collaborazione con la Festa del Cinema di Roma, con una proiezione
accessibile del primo episodio fruibile da persone con disabilità
sensoriali grazie all’audiodescrizione e ai sottotitoli. Un secondo
screening in anteprima per i fan si terrà il 1° novembre a Lucca
Comics & Games, prima dell’arrivo, solo su Netflix dal 2
novembre.
Al centro della storia la
protagonista Marie-Laure LeBlanc, una ragazza francese cieca il cui
coraggio e la cui speranza faranno da contraltare alla violenza e
alla distruzione della guerra. Marie-Laure è interpretata dalle
attrici esordienti Aria Mia Loberti (scoperta da
Levy in un casting globale a cui hanno partecipato attrici cieche e
ipovedenti) e Nell Sutton (Marie-Laure da giovane). Al loro fianco
Louis Hofmann (Werner), il vincitore agli Emmy
Award e candidato all’Oscar Mark Ruffalo (Daniel LeBlanc), Lars
Eidinger( Von Rumpel), il vincitore del Golden Globe e
candidato agli Emmy Hugh Laurie (zio Etienne), Marion Bailey
(Madame Manec).
La miniserie è prodotta
da Shawn Levy, Dan Levine e Josh Barry per 21 Laps Entertainment,
la casa di produzione dietro al fenomeno globale Stranger Things, al film candidato agli Oscar
Arrival, alla serie Netflix di successo
Tenebre e Ossa, e ai film
Free Guy e
The Adam Project. Anche Steven Knight è produttore esecutivo,
mentre Joe Strechay (See, The OA) è produttore associato e
consulente per la cecità e l’accessibilità.
La trama di Tutta la
luce che non vediamo
Tratta dal romanzo
vincitore del Premio Pulitzer, Tutta la luce che non vediamo è una
miniserie che segue la storia di Marie-Laure, una ragazza francese
cieca, e di suo padre, Daniel LeBlanc, che fuggono dalla Parigi
occupata dai tedeschi con un diamante leggendario per impedire che
finisca nelle mani dei nazisti. Braccati senza sosta da un crudele
ufficiale della Gestapo che vuole impossessarsi della pietra
preziosa per il suo interesse personale, Marie-Laure e Daniel
trovano presto rifugio a St. Malo, dove vanno a vivere con uno zio
solitario che diffonde le trasmissioni clandestine per la
resistenza. In questa cittadina sul mare una volta idilliaca, il
percorso di Marie-Laure incrocia inevitabilmente quello di
un’improbabile anima gemella: Werner, un adolescente brillante
arruolato dal regime di Hitler per rintracciare le trasmissioni
illegali, che invece possiede un legame segreto con Marie-Laure e
con la sua fiducia nell’umanità e la sua speranza. Intrecciando
abilmente le vite di Marie-Laure e Werner nel corso di un decennio,
Tutta la luce che non vediamo racconta la storia dell’incredibile
potere dei legami tra le persone, un faro di luce che può guidarci
anche nei tempi più bui.
Disney+
ha annunciato che Only Murders in the Building, la
popolare serie originale comedy prodotta da 20th Television, è
stata rinnovata per una quarta stagione. L’attesissimo finale della
terza stagione, acclamata dalla critica, è ora disponibile su
Disney+.
La notizia arriva dopo il successo
della
terza stagione, che vede tra i protagonisti
Meryl Streep, plurivincitrice dei premi Oscar ed Emmy, e il
candidato ai Golden Globe Paul Rudd. A loro si aggiungono le star Steve
Martin, Martin Short e
Selena Gomez. La serie è sempre stata accolta con
favore dalla critica e ha ottenuto numerose nomination e vittorie
ai premi, tra cui le nomination agli Emmy della seconda stagione
per Outstanding Comedy Series, Outstanding Lead Actor in a Comedy
Series e molti altri. Tutte e tre le stagioni di Only Murders
in the Building sono Certified Fresh su Rotten Tomatoes.
Only Murders in the
Building nasce dai co-creatori e scrittori Steve
Martin e John Hoffman (Grace and Frankie,
Looking). Martin e Hoffman sono i produttori esecutivi
insieme a Martin Short, Selena Gomez, il creatore di This
Is Us Dan Fogelman e Jess Rosenthal. La terza stagione
vede Charles, Oliver e Mabel (interpretati da Steve Martin, Martin
Short e Selena Gomez) indagare su un omicidio dietro le quinte di
uno spettacolo di Broadway. Ben Glenroy (Paul Rudd) è una star di
film d’azione di Hollywood il cui debutto a Broadway viene
interrotto da una morte prematura. Aiutato dalla co-protagonista
Loretta Durkin (Meryl Streep), il trio si imbarca nel caso più
difficile che abbia mai affrontato, mentre il regista Oliver tenta
disperatamente di rimettere insieme il suo spettacolo. Su il
sipario!
Al box office del fine settimana
appena concluso si ritrovano tante nuove uscite nelle sale che
hanno attirato l’attenzione del pubblico di tutte le età! Primo
classificato è Paw
Patrol: il super film: si tratta di una pellicola
animata sequel di Paw patrol: il film, e basato sulla serie animata
ideata da Keith Chapman. Il cartone animato incassa €320.132.
Al secondo posto ritroviamo invece
Assassinio a Venezia, primo classificato al box office
per due settimane consecutive. La pellicola con Kenneth Branagh e Michelle Yeoh è il terzo capitolo della serie
cinematografica di adattamento dei romanzi sull’investigatore
Hercule Poirot, scritti da
Agatha Christie. Assassinio a Venezia raggiunge un
incasso di €289.524, a fronte di un totale di quasi 6 milioni e
mezzo di euro.
Terzo classificato è
Talk to me, inquietante horror sovrannaturale diretto
dai fratelli Philippou. La pellicola, nei cinema dal 28 settembre,
ha incassato nel week end €209.204, a fronte di un totale che
supera già i 700 mila.
Box office: il resto della
classifica
Al quarto e quinto posto si
ritrovano rispettivamente
The Creator e
Asteroid City, entrambi nelle sale dal 28 settembre.
The
creator, pellicola fantascientifica e narrante una realtà
distopica, incassa €163.639, mentre Asteroid City, l’attesissima
nuova opera di Wes Anderson con un vasto cast di stelle di
Hollywood, raggiunge un incasso di €156.320. Al sesto posto si
stabilisce
Oppenheimer, pellicola biografica diretta da
Christopher Nolan, che raggiunge un guadagno di
€147.790, a fronte di un totale di poco più di 27 milioni di
euro.
Settimo ed ottavo classificato sono
Io Capitano, pellicola drammatica e di tematiche
attuali diretta da Matteo Garrone, e
Gran Turismo: la storia di un sogno impossibile,
tratta da una storia vera. Io Capitano incassa €146.605 a fronte di
un totale di quasi 2 milioni e mezzo dalla sua prima uscita nelle
sale il 7 settembre, dopo la presentazione al Festival del cinema
di Venezia; mentre Gran Turismo raggiunge un incasso di
€122.018.
Ultimi due classificati sono
rispettivamente
The Palace, nuova pellicola del noto regista
Roman
Polanski, e
The Nun 2. Nonostante si tratti del suo primo week end
in sala, The Palace non ottiene dei buoni risultati al box office:
il film incassa €62.889, mentre The Nun 2 raggiunge un incasso di
€62.147, a fronte di un totale di più di 6 milioni e mezzo dalla
sua uscita il 6 settembre.
Arriva il 5 ottobre su NetflixLupin parte 3. Sopra i tetti
di Parigi volteggia ancora Assane Diop, o forse
dovremmo dire Arsenio Lupin. Perché da quando il
padre, Babakar, gli ha regalato il libro contenente la storia del
ladro gentiluomo, Assane si muove nel crepuscolo francese, ma anche
in pieno giorno, ispirandosi al personaggio letterario nato dalla
penna di Maurice Leblanc. Ecco perché la storia su cui si fa luce,
come ci annunciava la prima parte di
Lupin nel non troppo lontano 2021,
“non è quella di un ladro qualunque”.
Omar Sy torna a indossare la svolazzante
giacca nera, e riprende il ruolo dell’affascinante ladro per questa
terza parte che si preannuncia avvincente e dal gusto
piccantino. Dove l’inganno e la truffa rimangono il motore
principale di una fabula che però non lascia mai indietro la sua
tematica portante: la famiglia. Prodotto da
Gaoumont, il terzo atto – questa volta composto da ben 7
episodi (in questa recensione parleremo solo dei primi due
visionati in anteprima) – è pronto a sbarcare su Netflix dal 5
ottobre, e andrà ad arricchire uno già scoppiettante
catalogo autunnale.
Lupin parte 3, la trama
Intanto, dove eravamo rimasti? Nel
finale dell’episodio dieci, Hubert Pellegrini viene arrestato dalla
polizia dopo essere stato accusato pubblicamente di tutti i suoi
crimini davanti a una platea gremita di gente. Assane, però, non
può comunque ritenersi un uomo libero, poiché ancora ricercato. Per
uscire di scena si traveste da pompiere e usa la folla per farsi
strada. L’episodio si conclude con Assane di nuovo in fuga dopo
essere stato riconosciuto da una pattuglia, e gli ultimi minuti lo
vedono salutare Claire e suo figlio Raul, prima di scomparire nel
nulla. Ora Assane è in clandestinità, e al momento vive a
Marsiglia. Vorrebbe però poter vivere tranquillo e non dover sempre
scappare e per farlo inizia a pensare ad un ultimo, grosso colpo.
Torna così a Parigi per mettere a punto un nuovo piano: grazie al
furto della perla nera, potrà ottenere soldi a sufficienza per
costruirsi una vita in campagna. Per farlo, però, deve anche far sì
che la polizia non lo cerchi più. Studiato lo stratagemma perfetto,
Diop lo applica con l’aiuto del suo fidato amico Benjamin, ma alla
fine tutto salta quando torna una figura importante dal proprio
passato: la madre. Cosa farà, adesso, Assane?
Un racconto nuovo
A differenza del secondo capitolo
che doveva chiudere un primo corposo arco narrativo, la terza parte di Lupin
si avvia con un racconto inedito, che va
staccandosi, almeno nei due episodi iniziali, dalle linee narrative
precedenti. Una scelta che con molta probabilità vuole suggerire
l’impegno da parte dello show di rinnovarsi e rinfrescarsi, per
evitare di saturarsi con dinamiche risolte e approfondite negli
altri due atti. La decisione risulta saggia, ma non fa cambiare di
tono allo show: l’action dalle sfumature thriller resta la base per
una narrazione che “inaugura” nuovi percorsi sempre più
difficili, in cui il ladro gentiluomo deve barcamenarsi
rinunciando, di conseguenza, ai propri sogni. Assane dovrà infatti
prendere alcune importanti decisioni, per impedire che, ancora una
volta, la sua famiglia corra dei pericoli. Innanzitutto, una delle
note positive riscontrate in queste prime puntate riguarda alcune
soluzioni narrative.
Pur essendo la macro-storia in gran
parte prevedibile, con plot twist a volte deboli, a volte
sorprendenti, chi conosce il cinema non potrà fare a meno di
collegare alcuni momenti a delle scene tratte da un film cult di
Quentin Tarantino. Senza addentrarci in nessuno spoiler,
possiamo affermare che almeno un paio di scene ricorderanno degli
inserti di Kill Bill con protagonista La Sposa. Che la reference
sia voluta o meno non lo sappiamo, ma coglierla è stato
inevitabile. Oltre questo, lo svelamento dei trucchi del
ladro, di cui scopriamo la messa in pratica con un
riavvolgimento del nastro e un montaggio dinamico, continua
a regalare le sequenze migliori dello show. Non c’è dubbio
poi che Omar Sy abbia tutte le capacità per sorreggere sulle
proprie spalle un personaggio carismatico, astuto e intelligente
come Assane Diop, e di certo se a livello diegetico funziona e
piace, il merito va in particolar modo al suo interprete, in grado
di catalizzare l’intera attenzione su di lui.
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La famiglia: il tallone d’Achille
di Assane
Le prime due puntate di
Lupin parte 3 definiscono anche in quale
cornice andranno a svolgersi le vicende dell’intera stagione. Se in
precedenza ad essere sullo sfondo c’era la vendetta di Assane per
l’incastro del padre Babakar, adesso entra a piede dritto
una seconda figura genitoriale, quella della madre, pronta
a sconvolgere i piani di un figlio che non vede da ben 25 anni. Lo
show prova a non lasciare niente in sospeso e con il supporto dei
flashback, operazione già compiuta nella seconda parte, riusciamo a
comprendere meglio quale sia il rapporto (difficile e doloroso) fra
lei e Assane. L’intento sembra essere quello di voler esplorare il
loro legame arrivando fino alle sue radici, e siamo quasi sicuri
che gli episodi successivi scaveranno più a fondo in queste
particolari problematiche famigliari. Che andranno a riempire i
tasselli mancanti del puzzle inerente al suo passato.
È dunque evidente che la serie
francese abbia ancora molto da voler raccontare e, se si chiude un
occhio su alcuni passaggi troppo intuibili della sceneggiatura, la
terza parte di Lupin, o
meglio i suoi primi due episodi, hanno tutte le carte in regola per
intrattenere al meglio. Non uno show complesso o esente da difetti,
da guardare sempre senza troppe pretese, ma che sa ancora come
divertire e coinvolgere il suo pubblico. Perché sa dove puntare.
Una volta che si riesce a empatizzare con Assane, è impossibile non
seguirlo con entusiasmo e affetto nelle sue spericolate imprese.
Delle sue “follie” alla Lupin, in fondo, non si è mai sazi.
Valak è
tornato! Il terrificante demone che ha infestato il franchise
horror di maggior incasso di tutti i tempi, l’universo di Conjuring,
torna per The Nun
2. Questo segna l’ottavo capitolo di questo
franchise, dopo tre film di Conjuring, tre film di
Annabelle e il suo
diretto predecessore, The Nun del 2018. Il film riporta in
scena la Suor Irene di Taissa Farmiga,
eroina e protagonista del primo film. La suora vive ora in un
convento in Francia, circa quattro anni dopo gli eventi inquietanti
e traumatizzanti del primo film. Il personaggio di Farmiga viene
incaricato dai vertici della Chiesa cattolica di indagare su morti
brutali e spaventose di figure chiave della Chiesa, deve affrontare
di nuovo Valak, e si spera che questa volta sia per sempre.
Scopriamo, infatti, cosa succede a Valak e come finisce il
film.
Cosa succede in The Nun
2?
Suor Irene vive ora felicemente in
un nuovo convento in Francia. Ha mantenuto la sua fede salda, anche
se ha visto tenebre che le sue consorelle non potevano nemmeno
immaginare. Lega un solido legame con Suor Debra (Storm Reid),
che a differenza sua non ha la fede ben salda alla causa. Mentre
tutto questo accade, vediamo Frenchie che lavora come custode di un
collegio femminile, sempre in Francia. Frenchie trascorre le sue
giornate dedicandosi al giardinaggio e alle attenzioni per la madre
di Sophie, Kate (Anna Katherine
Popplewell), che è un’insegnante della scuola. Vediamo
che qualcosa di oscuro si sta facendo strada nella scuola e
Frenchie ha qualcosa a che fare con questo, intenzionalmente o
inconsapevolmente. Un bambino che sta facendo una consegna in una
casa vicina si imbatte infatti poi in una Frenchie apparentemente
posseduta e vediamo Valak stesso vestito da suora, che attacca
ferocemente il bambino.
Suor Irene riceve allora la visita
di un cardinale della Chiesa che la mette al corrente di queste
inspiegabili e raccapriccianti morti di suore, sacerdoti e altri
rappresentanti della Chiesa, che sembrano essere tutti suicidi.
Hanno capito inoltre che queste morti stanno avvenendo sempre più a
ovest, il che significa che qualsiasi oscurità stia causando tutto
ciò, si sta dirigendo verso la Francia. A Irene viene ordinato di
indagare sul demone e di capire cosa vuole.
Chi è Valak e che cosa vuole?
Suor Irene e
Debra si recano in una cittadina francese dove è
avvenuta l’ultima morte inspiegabile. Un sacerdote si è dato fuoco
e solo un ragazzo l’ha visto. Il ragazzo dà alle sorelle il rosario
del sacerdote e loro notano che il simbolo su di esso è lo stesso
di una delle immagini delle altre morti. Si recano agli archivi
cattolici dove viene detto che questo simbolo si riferisce a
Santa Lucia, patrona dei ciechi che fu uccisa dai
pagani. Irene capisce che Valak vuole gli occhi sacri di Lucia, che
ora si trovano in un monastero. Tuttavia, non si tratta più di un
monastero, ma di un collegio femminile! Irene e Debra si recano al
collegio proprio mentre Frenchie è sempre più posseduta. Irene è
già convinta che Valak sia all’interno di
Frenchie, poiché sa che stava lavorando in una
delle altre aree quando è avvenuta una morte legata a
Valak.
Suor Irene sconfigge Valak in
The Nun 2?
È il momento della resa dei conti
finale. Irene e Debra sono in
missione per trovare gli occhi di Santa Lucia, ma
devono tenere a bada Frenchie posseduto da Valak. Suor Debra esce a
tenerlo d’occhio, mentre Kate, Sophie e Suor Irene cercano gli
occhi di Santa Lucia. Sophie racconta loro della diceria della
scuola secondo cui se il sole illumina la vetrata della cappella
con una certa angolazione, l’occhio della capra sulla finestra
diventa rosso, segnalando la presenza del diavolo.
Irene segue l’occhio rosso della capra e trova gli
occhi, ma subito vengono tutti attaccati da
Valak.
Come finisce The Nun
2?
Dopo che
Valak/Frenchie mette a terra Kate e Irene, Sophie
corre sul campanile con gli occhi di Santa Lucia per tenerli
lontani. Mentre Sophie li tiene in mano, essi iniziano magicamente
a illuminarsi, cosa che sembra far arrabbiare
Valak. Valak/Frenchie insegue Sophie, facendo
crollare l’intero campanile. Irene e
Debra corrono ad aiutare Sophie e c’è un richiamo
all’inizio del film, quando Irene dice a
Debra che la sua fede arriverà nel momento in cui
ne avrà più bisogno, e così è! Scopriamo anche che la madre di
Irene le è stata portata via perché anche lei aveva delle visioni.
Insieme a Lorraine, il film lascia intendere che
queste tre donne sono discendenti di Santa Lucia. Le due suore
pregano insieme mentre Valak va in fiamme. Ma come
sappiamo il demone non è morto.
Tuttavia, c’è una sorta di lieto
fine in The Nun 2. Il potere della fede delle suore sembra
separare Valak da Frenchie, che appare come nuovo. Tuttavia, è
probabile che Valak si trovi ancora all’interno di Frenchie, ma che
si sia solo assopito. Sappiamo già che Frenchie/Maurice viene
esorcizzato dai Warrens di The Conjuring, quindi questo non sarà il suo ultimo
ballo con il diavolo. La scena finale vede Frenchie ammirare i
pomodori che ha piantato nel suo giardino dai semi che gli ha dato
Suor Irene. Esce dall’inquadratura mano nella mano
con Kate e Sophie, una famiglia felicemente e reciprocamente
traumatizzata. Suor Irene lo guarda soddisfatta, ma con un barlume
di preoccupazione sul volto.
Sky Studios e Cattleya – parte di
ITV Studios – sono al lavoro sui prequel di due delle loro serie
più iconiche e rappresentative, in Italia e a livello
internazionale: Romanzo
Criminale e Gomorra, due saghe, due veri e propri brand
che hanno scritto alcune delle pagine più entusiasmanti e di
successo della serialità italiana.
La origin story di
Romanzo Criminale – La serie si concentrerà sugli anni
precedenti all’ascesa della Banda della Magliana: una storia di
criminalità romana che si colloca prima delle vicende raccontante
nelle due stagioni della serie ma che si aggancia ai suoi
personaggi. A bordo del progetto anche per il prequel, il “padre”
della serie storica Giancarlo De Cataldo,
magistrato, autore del romanzo omonimo (edito da Einaudi) da cui la
serie madre è tratta nonché del soggetto di serie.
Torna anche la più internazionale
delle serie TV italiane, Gomorra, venduta in oltre 190 territori nel
mondo. Al quinto posto nella classifica del New York Times fra le
serie TV non americane più importanti del decennio 2010-2020, la
serie Sky Original ispirata dal bestseller di Roberto Saviano
continuerà il suo viaggio su scala globale con un prequel che
racconterà l’ascesa criminale del boss Pietro Savastano, da quando
era solo un ragazzo di strada fino a diventare il più importante e
spietato boss di Napoli. Alla scrittura del progetto, ancora una
volta, Leonardo Fasoli e Maddalena
Ravagli.
Nils Hartmann, EVP Sky
Studios per l’Italia, ha dichiarato: «”Romanzo
Criminale” e “Gomorra” hanno riscritto le regole della serialità
italiana. Di più: se la fiction si è fatta serie TV, in Italia, è
stato proprio grazie a Romanzo che ha aperto una strada nuova e mai
battuta prima, e a Gomorra che, forte di quell’esempio, ha percorso
quella stessa strada per andare ancora più lontano. Con Cattleya li
abbiamo immaginati e quindi prodotti mettendo in campo valori
produttivi tipicamente cinematografici fino ad allora impensabili
per un prodotto TV, perché potessero trovare posto fra i migliori
titoli hollywoodiani ed europei. Parlando la lingua della miglior
serialità internazionale, attraverso un racconto di genere
universale hanno conquistato milioni di fan in tutto il mondo,
facendo emergere talenti all’epoca perlopiù quasi esordienti, oggi
vere e proprie star della TV e del cinema italiani. Con questi due
nuovi progetti andremo ad espandere i mondi di queste due storie
amatissime, tornando alle nostre origini più identificative ma con
un occhio rivolto al futuro».
Riccardo Tozzi, fondatore
di Cattleya: «”Romanzo” e “Gomorra” hanno
rivoluzionato il racconto per immagini italiano (televisivo ma
anche cinematografico), e fanno ormai parte del canone
internazionale della nuova serialità, che sembra essere il romanzo
del terzo millennio. Tornare alle origini di Romanzo e Gomorra
significa esplorare nuove possibilità di racconto, sempre tra epica
e realismo e con sguardo sempre contemporaneo, anche dal punto di
vista dello stile. È quindi un ritorno, ma con la stessa voglia di
innovare».
Oggi Apple
TV+ ha svelato le prime immagini di Criminal
Record, il nuovo thriller poliziesco in otto episodi
con protagonisti il vincitore dell’Oscar e del BAFTA Peter Capaldi (“Doctor Who”, “The Thick of It”) e la candidata al
Laurence Olivier Award e al Critics Choice Award Cush
Jumbo (“The
Good Wife“, “The Good Fight”, “The Beast Must Die”) nei panni
di due detective impegnati in un braccio di ferro su un caso di
omicidio di alto profilo. Criminal
Record farà il suo debutto su Apple
TV+ con i primi due episodi il 12 gennaio 2024,
seguiti da nuovi episodi ogni venerdì fino al 23 febbraio.
Dal candidato al premio BAFTA Paul Rutman (“Vera”, “Indian
Summers”), “Criminal Record” è una potente dramedy ambientata
nel cuore della Londra contemporanea. Una telefonata anonima porta
due brillanti detective a confrontarsi su un vecchio caso di
omicidio: lei è una giovane donna all’inizio della sua carriera,
lui un uomo ben inserito e determinato a proteggere la sua
reputazione. La serie tocca questioni razziali, fallimenti
istituzionali e la ricerca di un punto d’incontro in una Gran
Bretagna polarizzata.
Al fianco di Peter Capaldi nel ruolo
dell’ispettore capo Daniel Hegarty e di Cush Jumbo
in quello del sergente June Lenker, nel cast di Criminal Record ci
sono anche Charlie Creed-Miles (“King Arthur – Il
potere della spada”, “Wild Bill”), Dionne Brown
(“Queenie”), Shaun Dooley (“Official Secret –
Segreto di Stato”, “The Woman in Black”, “1921 – Il mistero di
Rookford”), Stephen Campbell-Moore (“La rapina
perfetta”, “Masters of the Air”), Zoë Wanamaker
(“Harry Potter e la pietra filosofale”, “Marilyn”), Rasaq
Kukoyi (“Andor”, “His House”), Maisie Ayres, Aysha
Kala (“The Undeclared War”), la vincitrice del BAFTA TV
Award Cathy Tyson (“Help”) e Tom Moutchi
(“Famalam”, “Attenti a quelle due”).
Criminal Record è prodotta per Apple TV+ da Tod
Productions e STV Studios, e prodotta esecutivamente dalla
vincitrice del BAFTA Scotland Award Elaine Collins (“Shetland”,
“Vera”), Rutman, Capaldi e Jumbo. La serie è diretta dal vincitore
del premio BAFTA Jim Loach (“Save Me Too”, “Oranges and Sunshine”)
e da Shaun James Grant (“The Devil’s Hour”).
Apple TV+ offre serie drammatiche e commedie
avvincenti e di qualità, lungometraggi, documentari innovativi e
intrattenimento per bambini e famiglie, ed è disponibile per la
visione su tutti i tuoi schermi preferiti. Dopo il suo lancio il 1°
novembre 2019, Apple TV+ è diventato il primo servizio di streaming
completamente originale a essere lanciato in tutto il mondo, ha
presentato in anteprima più successi originali e ha ricevuto
riconoscimenti più velocemente di qualsiasi altro servizio di
streaming. Ad oggi, i film, i documentari e le serie originali
Apple sono stati premiati con 378 vittorie e 1.573 nomination
ai premi, tra cui la commedia pluripremiata agli Emmy “Ted Lasso” e
lo storico Oscar® come Miglior film a “CODA”.
Con la Saga del
Multiverso del MCU
in pieno svolgimento e con il ritorno del Mjolnir, ci si chiede
ancora una volta chi tra gli attuali eroi possa essere degno di
brandirlo. Il leggendario martello di Thor è
riuscito a consolidarsi come figura centrale del MCU
nel corso degli anni, con la Saga
dell’Infinito che è culminata in uno dei più grandi
momenti del MCU,
quando Steve Rogers ha evocato Mjolnir nella sua mano. Senza una
voce propria, tuttavia, il valore di ogni eroe attuale del MCU
è sempre in discussione finché non lo dimostrano.
La clausola di “valore” di Mjolnir
nel MCU
è un argomento scottante, con teorie che abbondano sulle specifiche
di chi può soddisfare i criteri. Tuttavia, incrociando tutti coloro
che sono stati in grado di brandire il martello finora e
confrontandoli con gli attuali eroi della Saga del
Multiverso, non è impossibile ipotizzare chi altro
potrebbe essere in grado di farlo. Per quanto riguarda gli eroi
della Saga del Multiverso del MCU,
ce ne sono parecchi: scopriamoli assieme.
Carol Danvers
Capitan Marvel, oltre a essere
incredibilmente potente, è una delle candidate favorite per guidare
i nuovi Vendicatori, un ruolo precedentemente ricoperto dallo
stesso Capitan America. Sebbene Carol Danvers non
abbia ancora fatto nulla che le precluda la possibilità di
impugnare il Mjolnir, c’è tutto il tempo per
affermare il suo valore sia nel brandire il Mjolnir che nel
conquistare la lealtà della nuova squadra degli Eroi più potenti
della Terra. Anche se una Capitan Marvel che brandisce il Mjolnir
sarebbe uno spettacolo terrificante per qualsiasi avversario
sfortunato, è difficile immaginare come potrebbe effettivamente
rafforzare il suo già potente arsenale di poteri.
Visione Bianca
Visione
Bianca è attualmente un enigma: l’ultima volta si è visto
proclamare di essere la vera Visione prima di spiccare il volo per
iniziare la propria serie Disney+. Tuttavia, sono stati proprio i
suoi ultimi istanti prima di scomparire a mettere Visione Bianca in
lizza per diventare un possibile eroe della Saga del Multiverso degno di brandire
Mjolnir. Visione si è già dimostrato all’altezza
durante Avengers: Age of Ultron, dopo aver impugnato
il martello con facilità, e poiché Visione Bianca è sia il corpo
originale di Visione che la sua coscienza, è logico che Visione
Bianca possa brandire Mjolnir. Questa probabilmente costituirà una
questione centrale che riguarda la sua vera identità nella sua
prossima serie in solitaria.
Valchiria
In quanto attuale Re di
Asgard, Valchiria sarebbe un successore adatto a
brandire Mjolnir, che Odino una
volta descrisse come “un compagno adatto a un Re”. Dall’essere una
potente valchiria alla caduta in disgrazia fino a diventare il
sovrano della Nuova Asgard, il viaggio di Valchiria, spesso
ignorato, ricorda quello di Thor, con l’unica
differenza che non ha ancora tentato di impugnare il Mjolnir,
almeno sullo schermo. Se Valchiria riuscisse a
impugnare il martello in una scena culminante, potrebbe davvero
contribuire a completare il suo arco narrativo e ad affermare
definitivamente Brunnhilde come uno dei
protagonisti del MCU.
Peter Quill
Trovandosi spesso a fare da
tramite per il sollievo comico, è facile dimenticare quanti traumi
Quill abbia sopportato, per poi uscirne come un vero eroe disposto
a compiere l’ultimo sacrificio in più di un’occasione. Essendo un
mezzo umano senza superpoteri distinguibili dopo la morte del
padre, Ego, Quill ha faticato a
venire a patti con la potente presenza di Thor tra
i Guardiani quando si sono incontrati per la prima volta. Ora che
Quill ha raggiunto un nuovo livello di maturità, sarebbe
soddisfacente vederlo seppellire l’ascia di guerra brandendo il
martello, ma evitando di sbatterlo in faccia al suo ex rivale.
Sostituire il suo scettro con il Mjolnir sarebbe
il modo perfetto per concludere la sua intera carriera nel MCU.
Axl Heimdallson
In Thor: Love and Thunder, Axl
ha dimostrato di essere molto promettente, assumendo una posizione
coraggiosa contro Gorr il Macellatore di Dei e assumendo un
ruolo di guida quando è stato rapito insieme agli altri bambini
asgardiani. Ha dimostrato di essere più che in grado di essere
all’altezza della nobile eredità paterna e vederlo raccogliere il
Mjolnir come risultato del suo valore sarebbe una soddisfacente
rivendicazione della sua potenziale posizione di leader della
gioventù asgardiana. In qualità di potenziale giovane Vendicatore,
Axl ha tutte le possibilità di far arrivare Mjolnir alla nuova
generazione di Vendicatori.
Okoye
Vera guerriera disposta a
sacrificare tutto per il suo popolo, c’è poco di ciò che Thor
mostra che Okoye non rispecchi. È difficile
immaginare che lo stemma del Mjolnir non si
applichi a Okoye, che ha dimostrato più volte di essere ferocemente
leale, estremamente potente e quasi incurante di perdere la vita
per servire gli altri. Sebbene sia un personaggio minore nel
MCU,
vedere Okoye raccogliere il Mjolnir aiuterebbe a illustrare
l’importanza della dedizione dei mortali al dovere e del sacrificio
in nome di ciò che è giusto.
Sam Wilson
Se si deve credere a
Steve Rogers, che ha avuto decenni per riflettere
sulla decisione di chi dovesse portare lo scudo, non c’è motivo di
pensare che anche Sam Wilson non sia degno di
portare Mjolnir come il suo predecessore. Falcon and the Winter Soldier hanno fatto di
tutto per stabilire l’idoneità di Sam a portare lo scudo rispetto
ad altri candidati, con lo scudo che ora funge da simbolo evidente
del suo bel carattere. Basti dire che tutto ciò che Mjolnir ha
visto in Steve Rogers, molto probabilmente lo vede
anche in Sam Wilson.
Peter Parker
Dalla sua ostinata ricerca
della “cosa giusta da fare” al sacrificio enorme alla fine di
No Way Home, Peter è quasi troppo qualificato
per brandire Mjolnir a questo punto. Anche se ha rischiato di
crollare quando ha cercato di vendicare la morte di zia
May, il Peter Parker della
Saga del Multiverso ha raggiunto uno zenit nella
sua maturità e nello sviluppo del personaggio. Forse la sua prima
apparizione con lo scudo di Cap in mano è stata un’abile
prefigurazione della sua ascesa come sostituto di Steve
Rogers e successivo detentore del
Mjolnir. In ogni caso, vedere Spidey che combina
la sua corsa in ragnatela con potenti colpi di martello sarebbe
sicuramente uno spettacolo stupefacente.
Loki
Sarebbe una conclusione
davvero toccante per l’arco di redenzione di Loki
se si concludesse con lui finalmente degno come suo fratello di
brandire il Mjolnir. La serie di Loki sta facendo miracoli per la
sua eredità, posizionandolo come un vero e proprio eroe nonostante
abbia causato molta morte e distruzione per il proprio ego pochi
istanti prima di essere preso dalla TVA. Ora Loki
è una figura fondamentale nella Saga del Multiverso – avendo valorosamente
cercato di fermare la genesi di Kang come
arcicattivo – e il suo valore cresce di episodio in episodio.
Sostituire il suo scettro con il Mjolnir sarebbe
il modo perfetto per concludere la sua intera carriera nel MCU.
La seconda stagione di
Loki dei Marvel Studios arriverà questo venerdì 6 su
Disney+, ma nell’attesa sono ora
spuntate online le prime reazioni ai primi quattro (di sei)
episodi. Cuore di questa seconda stagione saranno i tentativi del
Dio dell’Inganno (Tom Hiddleston)
di preservare la Sacra Linea Temporale dalle incursioni di nuove e
minacciose varianti di Colui che Rimane (Jonathan
Majors), aiutato in questo dal fedele Mobius (Owen Wilson),
il tutto mentre cerca anche di ritrovare Sylvie (Sophia
DiMartino).
La maggior parte delle reazioni
emerse sui social media sono per lo po’ più positive, con molti che
hanno acclamato questa seconda stagione di Loki come la
migliore serie MCU uscita di recente su Disney+ (un attributo che in realtà
sembra venire riproposto per la maggior parte delle serie Marvel). Tra i commenti più
positivi si ritrovano ad esempio quello di Brandon
Davis, che per afferma: “La seconda stagione di Loki
spacca. I primi 4 episodi sono un misterioso e affascinante viaggio
nel tempo”.
Hunter Bolding,
That Hashtag Show, scrive invece che “la stagione
2 di Loki è un grande ritorno alla forma per le serie Marvel. Dopo alcuni passi falsi,
l’MCU ci regala una stagione
trascendente che soddisferà i fan di ogni tipo”.Rohan
Patel, di ComicBookMovie, si allinea a questi pareri,
riportando che “la seconda stagione di Loki è
fantastica! Punta più in alto, offrendo risultati più alti. Ogni
episodio è migliore del precedente, con colpi di scena
sbalorditivi”.
Non sono però mancati anche dei
pareri meno entusiasti di questi, con Germain
Lussier che afferma: “Sono rimasto molto deluso dai
primi episodi della seconda stagione di Loki. Non si sente la posta
in gioco, le storie non sono poi così interessanti e l’energia
essenziale ed eccitante della prima stagione se n’è andata“. O
ancora, Sam Hargrave di The Direct che
scrive di come la nuova stagione non sia “all’altezza della
prima. La storia è meno interessante e ha meno direzione negli
episodi iniziali”.
Di seguito, ecco tutti gli altri
pareri sulla seconda stagione di Loki emersi nelle ultime
ore online:
That said, Hiddleston and Wilson once again
prove to be a highly entertaining double act, and there are a few
interesting developments along the way. Overall, though, I'd have
to say I was disappointed.
I've seen the first 4 episodes of
#Loki season 2, and it's a masterclass in imaginative
storytelling.
A riveting new chapter in the Multiverse Saga that’s
mind-bending, monumental, and utterly marvellous, the Multiverse
Saga's saviour is here.#MissMinutes
and #OB
RULE. pic.twitter.com/8VoasNR5Mo
Loki 2, tutto quello che sappiamo sulla seconda
stagione
Loki 2
sarà la “prima seconda stagione in assoluto” dei Marvel Studio e tornerà a
raccontare le imprese del Dio dell’Inganno e dei suoi
tentativi di preservare l’integrità del Multiverso. La sinossi
ufficiale rilasciata dalla Disney recita: “la seconda stagione
di Loki riprende all’indomani dello scioccante finale di stagione,
quando Loki si ritrova coinvolto in una battaglia per l’anima della
Time Variance Authority. Insieme a Mobius, Hunter B-15 e a una
squadra di personaggi vecchi e nuovi, Loki naviga in un Multiverso
in continua espansione e sempre più pericoloso alla ricerca di
Sylvie, Judge Renslayer e Miss Minutes per comprendere su cosa
significhi possedere il libero arbitrio e uno scopo
glorioso“.
Tom Hiddleston
interpreterà naturalmente il Dio dell’inganno, mentre è confermato
anche il ritorno di
Owen Wilson e Sophia DiMartino,
così come l’arrivo della new entry Ke Huy Quan, reduce
dalla vittoria dell’Oscar per Everything Everywhere All
at Once.
Jonathan Majors tornerà invece nel ruolo di Kang,
anche se il suo personaggio non viene citato nel sinossi. La
seconda stagione di Loki, infatti, dovrebbe fornire
agli spettatori maggiori indizi su quello che sarà il suo futuro
nell’MCU. Il debutto
della nuova stagione è previsto su Disney+ per il
6 ottobre.
Sony
Picturesha rilasciato un
nuovissimo video di Napoleon per
il prossimo dramma biografico sulla guerra di Ridley Scott. Nel video, Scott rivela
perché ha arruolato il premio Oscar Joaquin
Phoenix per il ruolo principale del
comandante militare francese.Il video anticipa
l’autentica e appassionata interpretazione da protagonista di
Joaquin
Phoenix, mentre la candidata all’Oscar Vanessa Kirby parla di com’è girare con
l’ attore Beau
Is Afraid. Napoleonuscirà nelle
sale è previsto per il 23 novembre.
Napoleon: il cast del
film con Joaquin Phoenix
Accanto a Phoenix, Napoleon
vede Vanessa Kirby
nei panni dell’imperatrice Joséphine, Tahar Rahim
nei panni di Paul Barras, Ben Miles nei panni di
Caulaincourt, Ludivine Sagnier nei panni di
Theresa Cabarrus, Matthew Needham nei panni di
Lucien Bonaparte, Youssef Kerkour nei panni del
maresciallo Davout, Phil Cornwell nei panni di
Sanson ‘The Bourreau, Edouard Philipponnat nei
panni dello zar Alessandro, Paul Rhys nei panni di
Talleyrand, John Hollingworth nei panni del
maresciallo Ney, Gavin Spokes nei panni di Moulins
e Mark Bonnar nei panni di Jean-Andoche Junot.
Ridley Scott dirige da una sceneggiatura di
David Scarpa. Il film è una produzione congiunta
tra la produzione di Apple Studios e Scott Free Productions.
Ridley Scott e
Joaquin Phoenix
producono insieme a Kevin Walsh e Mark Huffam
mentre Michael Pruss e Aidan Elliott sono i
produttori esecutivi. Napoleon racconta l’epica ascesa e
caduta dell’imperatore francese Napoleone Bonaparte, interpretato
dal premio Oscar Joaquin Phoenix
e diretto dal leggendario regista Ridley Scott. Il film ripercorre
l’inarrestabile scalata al potere di Bonaparte attraverso la
burrascosa relazione con il suo unico vero amore, Giuseppina,
mostrando le visionarie strategie politiche e militari del grande
condottiero in alcune delle scene di battaglia più realistiche e
spettacolari mai realizzate.
La Fortuna è in un altro
biscotto è un’inedita dark comedy girata in Liguria,
attraversando la costa di ponente e quella di levante e toccando
numerosi comuni tra cui Santa Margherita Ligure, Rapallo, Vado
Ligure, Savona, Genova, Imperia e molte altre province. La
Fortuna è in un altro biscotto, opera prima del regista
ligure Marco Placanica, esce al cinema il 5 ottobre distribuito da
Ahora! Film.
https://www.youtube.com/watch?v=Jln9uAMOenQ
La Fortuna è in un altro biscotto, la
trama
Sullo sfondo degli affari che
muovono una provincia portuale, Leo, un giovane orfano, prova a
mantenere in vita l’attività̀ ereditata dal padre, malgrado la
persecuzione di uno strozzino: Tonino Paffone, proprietario di un
mediocre ristorante asiatico e aspirante intermediario
nell’import-export per conto della malavita cinese. Leo è disposto
a tutto pur di non perdere l’attività̀ di famiglia, persino rubare.
La vittima prescelta per il furto è Manfredo Collini,
facoltosissimo imprenditore, collezionista d’arte e aspirante
sindaco nella lista “Famiglia Unita”. Ma il destino vuole che
Federico, il figlio di Collini, e Virginia, la figlia di Tonino,
abbiano una relazione.
È stato rivelato un
nuovissimo video di L’esorcista – Il
credente (The Exorcist:
Believer) per il prossimo sequel
horror della Universal Pictures.Presenta il regista David Gordon Green con
alcuni membri del cast principale, mentre discutono di com’è stato
girare l’intenso climax del film.La featurette
fornisce filmati dietro le quinte dell’attesissimo climax del
sequel, che potrebbe comportare uno scontro tra i genitori e il
demone che possiede le ragazze. Mostra Leslie Odom
Jr. e il resto del cast che provano attentamente la
sequenza emotiva, mentre Green li guida attraverso la sua visione.
Dai un’occhiata alla featurette di L’esorcista
– Il credente (The Exorcist:
Believer):
“Dalla morte della moglie
incinta in un terremoto haitiano 12 anni fa, Victor Fielding ha
cresciuto da solo la loro figlia Angela“, si legge nella
sinossi. “Ma quando Angela e la sua amica Katherine
scompaiono nel bosco, per poi ritornare tre giorni dopo senza alcun
ricordo di ciò che è successo loro, si scatena una catena di eventi
che costringerà Victor ad affrontare il punto più basso del male e,
nel suo terrore, e disperazione, cerca l’unica persona viva che ha
già assistito a qualcosa di simile: Chris MacNeil.
L’esorcista
– Il credente (The Exorcist:
Believer) è il seguito diretto del film horror
originale, adattato dal romanzo di William Peter Blatty.
David Gordon Green dirigerà il film da
una sceneggiatura che sta scrivendo insieme a Scott Teems,
Danny McBride e Peter Sattler. Il film vede il
ritorno della vincitrice dell’Oscar Ellen Burstyn,
a cui si uniranno Leslie Odom Jr., Ann Dowd, Raphael Sbarge
e Jennifer Nettles, con le nuove arrivate Lidya
Jewett e Olivia Marcum. Il sequel è prodotto da Jason
Blum, David Robinson e James Robinson, con Green, McBride, Couper
Samuelson e Stephanie Allain come produttori esecutivi. È una
coproduzione tra Blumhouse e Morgan Creek Production.
Dalla Warner Bros. Pictures arriva
Blue Beetle
(recensione),
il film che segna il debutto sul grande schermo del supereroe della
DC diretto da Ángel Manuel Soto, il protagonista è
Xolo Maridueña nel ruolo che dà il titolo al film,
Blue
Beetle, e in quello del suo alter ego, Jaime
Reyes.
Il neolaureato Jaime Reyes torna a
casa pieno di aspirazioni per il suo futuro ma scoprirà da subito
che non è proprio come l’ha lasciata. Mentre cerca il suo scopo nel
mondo, il destino fa sì che Jaime si ritrovi inaspettatamente in
possesso di un’antica reliquia di biotecnologia aliena: lo
Scarabeo. Jamie viene improvvisamente scelto dallo Scarabeo come
suo ospite simbiotico e dotato di un’incredibile armatura capace di
poteri straordinari e imprevedibili. Il suo destino cambierà per
sempre e Jamie si trasformerà nel Supereroe Blue
Beetle.
Al fianco di Maridueña (“Cobra
Kai”) troviamo, Adriana Barraza (“Rambo: Last
Blood”, “Thor”) nel ruolo della nonna di Jaime, Nana,
Damían Alcázar (“Narcos”, “Narcos: Mexico”) in
quello di suo padre, Raoul Max Trujillo (i film di
“Sicario”, “Mayans M.C.”) come Carapax, con il Premio Oscar
Susan Sarandon (“Monarch”, “Dead Man Walking”)
come Victoria Kord e George Lopez (le saghe di “Rio” e “I Puffi”)
nel ruolo di suo zio Rudy. Nel cast anche Elpidia
Carrillo (“Mayans M.C.”, la saga di “Predator”) nel ruolo
della madre, Bruna Marquezine (“Maldivas”, “God
Save the King”) in quello di Jenny Kord, Belissa
Escobedo(“American Horror Stories”, “Hocus Pocus 2”) nel
ruolo della sorella di Jaime, Milagro, e Harvey
Guillén (“What We Do in the Shadows”) che interpreta il
Dott.Sanchez.
Soto (“Charm City Kings”, “The
Farm”) dirige da una sceneggiatura di Gareth Dunnet-Alcocer (“Miss
Bala”), basata sui personaggi DC. John Rickard e ZevForeman sono i
produttori e Walter Hamada, Galen Vaisman e Garrett Grant sono i
produttori esecutivi.
Il team creativo del regista che ha
lavorato dietro le quinte include il direttore della fotografia
Pawel Pogorzelski (“Midsommar”, “Hereditary”), lo scenografoJohn
Billington (“Bad Boys for Life”), il montatore Craig Alpert
(“Deadpool 2”, “The Lost City”), la costumista candidata all’Oscar
Mayes C. Rubeo (“Jojo Rabbit”, i film di “Thor”), il supervisore
agli effetti visivi Kelvin McIlwain (“The Suicide Squad”, “Aquaman”) e il compositore Bobby Krlic (“Midsommar”,
la serie “Snowpiercer”). Una presentazione Warner Bros. Pictures,
una produzione Safran Company, “Blue Beetle” è
stato dstribuito nelle sale cinematografiche italiane da Warner
Bros. Pictures.
Disney ha
annunciato che La
Casa dei Fantasmi, il film di successo ispirato
alla classica attrazione del parco a tema, arriverà l’11 ottobre in
streaming su Disney+ e sarà disponibile
anche in digitale. La divertente avventura da brividi, che ha
debuttato nelle sale italiane il 23 agosto, è diretta da Justin
Simien ed è interpreta da un cast stellare che include
LaKeith Stanfield, Tiffany Haddish,
Owen Wilson,
Danny DeVito,
Rosario Dawson, Chase W. Dillon e Daniel Levy, con
Jamie Lee Curtis e
Jared Leto nel ruolo di The Hatbox Ghost.
L’11 ottobre i fan potranno anche aggiungere il film alla loro
collezione digitale, quando LaCasa dei Fantasmi sarà disponibile
per l’acquisto presso tutti i principali rivenditori digitali,
compresi Prime Video, Apple TV, Google Play & Rakuten TV,
con esclusivi contenuti bonus dietro le quinte. Casa
dei Fantasmi racconta di una donna e di suo
figlio che si rivolgono a un variegato gruppo di cosiddetti esperti
spirituali per aiutarli a liberare la loro casa da intrusi
soprannaturali. Il film è prodotto da Dan Lin e Jonathan Eirich,
mentre Nick Reynolds e Tom Peitzman sono i produttori
esecutivi.
Tizzoni d’inferno!
Sembra ieri ma sono passati 75 anni da quando, il 30
settembre 1948, debuttava in edicola il primo albo a
striscia di Tex, il personaggio creato
da Gianluigi Bonelli e
realizzato graficamente da Aurelio
Galleppini, destinato a diventare il più amato eroe
del fumetto italiano e uno dei più longevi del fumetto
mondiale.
Sergio Bonelli
Editore celebra questo prestigioso traguardo in compagnia di
Rinascente con la “Tex Week”: una settimana speciale dedicata al
Ranger che si svolgerà presso la Rinascente Milano
Piazza Duomo dal 3 al 9 ottobre per festeggiare
un’icona capace di travalicare i confini del suo tempo,
esaltare la bellezza della vita on the road, superare le frontiere
e coinvolgere generazioni di lettori con le sue infinite
storie.
Racconta
Davide Bonelli, presidente di Sergio Bonelli Editore:
“Quest’anno il nostro Tex compie 75 anni. Per questo
vogliamo festeggiarlo con una settimana di iniziative, allestimenti
ed eventi speciali dedicati a lui, proprio qui, a Milano,
nella città di Sergio Bonelli Editore. Assieme agli amici di
Rinascente, appassionati di fumetti e preparatissimi sul
mondo del Ranger e dei suoi pard, abbiamo pensato di
offrire a tutti i fan di Aquila della Notte
un’esperienza del tutto nuova, che speriamo possa
conquistarli. L’augurio mio e di tutta la redazione di via
Buonarroti è che durante la Tex Week chiunque visiti la Rinascente
di piazza Duomo possa, per 7 giorni, sentirsi a Casa di Tex e
celebrare con lui un compleanno sul sentiero dell’avventura.
Il Ranger è un eroe sempre in viaggio. Il suo dura da 75 anni ma,
come dimostrano i tantissimi lettori di ogni età, è un viaggio
appena iniziato, come per ogni anniversario che si
rispetti”.
Aggiunge
Pierluigi Cocchini, AD di Rinascente: ““Siamo
particolarmente orgogliosi di ospitare la Milano Tex Week e
festeggiare i 75 anni del più famoso fumetto italiano: Rinascente
Milano Duomo è il medium ideale per un magnifico take over dedicato
ad Aquila della Notte e ai suoi famosissimi pard. Tex è stato il
mio primo fumetto e ricordo perfettamente le bellissime sensazioni
nell’attesa di una nuova uscita, nell’odore della carta fresca di
stampa, nelle stupende storie che mi trascinavano nel mitico mondo
del far west: desideravo “essere” Tex Willer, non solo leggerlo. Da
adulto le emozioni continuano come e più di allora: mai avrei
pensato che Tex potesse campeggiare fiero nelle 8 vetrine della
Rinascente, occupare l’AIR SNAKE con i prodotti celebrativi
dedicati, caratterizzare come un saloon il bar del piano basement
ed organizzare un emozionante party in una delle più belle location
al mondo: le terrazze di Rinascente Duomo. TEX, insieme al vecchio
cammello KIT CARSON, il figlio KIT, l’iconico TIGER JACK e
naturalmente gli indiani Navajos, stanno per invadere Milano.
Occhio, potrebbero aggirarsi in città anche El Morisco, la Tigre
Nera, Jim Brandon, Capitan Barbanera, Tom Devlin, Lefty, El Muerto
e quei tizzoni d’inferno di Mefisto e Yama: nei prossimi giorni,
prevedo frequenti scazzottate e lunghe cavalcate nella Monument
Valley. Tanti auguri, incredibile satanasso!”.
Tre nuovi titoli entrano nel programma
della Festa del
Cinema 2023. Li annuncia la Direttrice Artistica Paola
Malanga, con Gian Luca Farinelli, Presidente della Fondazione
Cinema per Roma, Direttrice Generale, Francesca ViaNella sezione Grand Public sarà
presentato Gonzo Girl, film che
segna l’esordio alla regia di Patricia Arquette,
attrice di culto premiata con l’Oscar nel 2015 per
Boyhood di Richard
Linklater e interprete per cineasti come Tony Scott
(Una vita al massimo), Tim Burton (Ed Wood) e
David Lynch (Strade perdute). Gonzo
Girl è ispirato all’omonimo romanzo
autobiografico di Cheryl Della Pietra in cui la scrittrice racconta
la sua folle esperienza come assistente di Hunter S. Thompson
(l’autore di Paura e disgusto a Las Vegas), il padre
del cosiddetto “gonzo journalism”, stile che combina elementi di
giornalismo convenzionale, impressioni personali e artifici
narrativi. Protagonisti di Gonzo Girl sono
Willem Dafoe e Camila Morrone.
La sezione Storia del Cinema
ospiterà American Badass: A Michael Madsen
Retrospectivedi Dominique Milano. Il
documentario ripercorre la carriera di Michael Madsen dall’esordio
sul grande schermo in film come Wargames – Giochi di
guerra e Il migliore, passando per il
successo di Thelma & Louise di Ridley Scott per
giungere alle sue interpretazioni in alcuni capolavori di
Quentin Tarantino come Le Iene, la saga
di Kill Bill e The
Hateful Eight. Il lungo viaggio alla scoperta dei suoi
film, più di centosettanta, è reso possibile anche grazie alle
testimonianze di tutti coloro che hanno lavorato con lui, fra
i quali lo stesso Tarantino, John Travolta, Ron Perlman, Charlie
Sheen e Daryl Hannah.
Nella sezione Freestyle si terrà l’anteprima
diLucio Amelio di Nicolangelo
Gelormini. Lucio Amelio ha rappresentato una figura fondamentale
per la scena artistica internazionale: è stato lui che nel 1980 ha
messo Andy Warhol – il maggior esponente della pop art americana –
in contatto con l’artista tedesco Joseph Beuys; ed è stato lui che,
solo pochi mesi dopo questo memorabile incontro, ha riunito i più
famosi artisti visivi del mondo nella sua città natale, Napoli,
colpita dalle conseguenze di un terribile terremoto. Attraverso le
interviste dirette e il materiale d’archivio, il
documentarioindaga lo spirito cangiante di Lucio
Amelio: da un lato l’anfitrione devoto agli artisti, il pioniere
delle nuove correnti del Novecento, il propugnatore delle teorie e
il centro del dibattito poetico; dall’altro il businessman e genio
partenopeo che ha colto le occasioni e letto la realtà per
conquistare il mondo con Napoli e far conquistare Napoli dal
mondo.
GONZO GIRLdi Patricia Arquette, Stati Uniti,
2023, 107’
Cast:
Willem Dafoe, Camila Morrone, Patricia Arquette, Elizabeth Lail,
Ray Nicholson, Leila George, James Urbaniak –All’inizio degli anni ’90 Aley, giovane aspirante
scrittrice che si guadagna da vivere come barista, accetta di
assistere Walker Reade, il padre del giornalismo
gonzo (quello in cui giocano un ruolo decisivo e
innovativo le percezioni personali dell’autore) nella stesura del
suo nuovo romanzo, che è in panne. Ambientato nella casa dello
scrittore tra le Montagne Rocciose e ispirato al romanzo in cui
Cheryl Della Pietra racconta la sua esperienza con Hunter S.
Thompson (l’autore di Paura e disgusto a Las Vegas),
l’esordio nella regia di Patricia Arquette (bionda icona di fine
millennio con Una vita al massimo, Strade perdute,
Boyhood, la serie Medium e tanti altri) è
immerso nel caos, negli eccessi, nel carattere “bigger than life”
di Reade (Willem Dafoe), delle donne che lo circondano (Camila
Morrone è Aley, Arquette la segretaria), di amici, manager,
editori. Sulfureo, ricorda il cinema USA anni
’70.
AMERICAN BADASS: A MICHAEL
MADSEN RETROSPECTIVEdi Dominique Milano, Stati Uniti, 2022,
84’ | Doc |
La prima volta che si fece notare, tutto sommato,
era un brav’uomo, anche se non aveva capito niente della sua
compagna Louise (Thelma & Louise, 1991). Ma un anno dopo,
nel 1992, ecco lo psicopatico rilassato e molleggiato che
balla Stuck in the Middle With You degli
Stealers Wheel con un rasoio in mano, pronto a colpire il
poliziotto legato a una sedia nell’hangar di Le iene:
indimenticabile, folle Mr. Blonde, il grande Michael Madsen, volto
imperscrutabile e corpo dirompente in altri film di Tarantino (la
saga di Kill Bill, Hateful Eight) e non
solo. Il documentario di Dominique Milano ne ripercorre la
carriera, attraverso i suoi film (più di centosettanta) e le
testimonianze di tutti quelli che hanno lavorato con
lui.
LUCIO AMELIOdi Nicolangelo Gelormini, Italia,
2023, 75’ | Doc |
Lucio Amelio ha rappresentato una figura
fondamentale per la scena artistica internazionale: è stato lui che
nel 1980 ha messo Andy Warhol – il maggior esponente della pop art
americana – in contatto con l’artista tedesco Joseph Beuys; ed è
stato lui che, solo pochi mesi dopo questo memorabile incontro, ha
riunito i più famosi artisti visivi del mondo nella sua città
natale, Napoli, colpita dalle conseguenze di un terribile
terremoto. In quell’occasione, i più grandi nomi dell’arte mondiale
hanno rappresentato la tragedia e dato il loro apporto alla
ricostruzione, creando il documento di un’epoca: la mostra “Terrae
Motus”. Amelio è stato il deus-ex-machina e il genio, il mago che
ha reso possibile l’impossibile.
Il co-CEO dei DC Studios, James Gunn, ha
recentemente comunicato ai fan del franchise di aspettarsi
ulteriori annunci riguardanti l’Universo DC ora che lo sciopero della Writers Guild of
America è terminato. Rispondendo a un fan su Threads, Gunn ha infatti rivelato che
dovrebbe ora essere in grado di condividere nuove notizie sulla
DCU. “Non so nemmeno a che punto siamo con il
tutto, dato che non ho potuto parlare con gli sceneggiatori mentre
era in corso lo sciopero“, ha spiegato.
“Anche se sono molto soddisfatto
del risultato, lo sciopero è stato sicuramente una vera scossa nel
processo, quindi dovrò vedere a che punto siamo con i vari progetti
nelle prossime due settimane. Ma sì, immagino che usciranno più
notizie in un futuro non troppo lontano.“, ha poi aggiunto il
regista, il cui Superman: Legacy
atteso in sala per l’11 luglio 2025 aprirà ufficialmente il
DCU. Con lo sciopero degli attor ancora in corso,
gli annunci di Gunn potrebbero riguardare presumibilmente la
presenza di determinati registi e/o scrittori per i progetti ad ora
annunciati.
Al momento, la maggior parte dei
progetti DCU confermati è ancora senza un
regista/sceneggiatore, eccetto per Superman: Legacy
scritto e diretto dallo stesso Gunn, Swamp Thing scritto e
diretto da James Mangold e The Brave and the
Bold diretto da Andy Muschietti.
Non resta dunque che attendere le prossime settimane per scoprire
quali annunci Gunn intende fare e quali sorprese ha dunque in serbo
per il suo chiacchieratissimo riavvio del DC
Universe al cinema.
Superman: Legacy, tutto
quello che sappiamo sul film
Superman: Legacy, scritto e
diretto da James Gunn, non
sarà un’altra storia sulle origini, ma il Clark Kent che
incontriamo per la prima volta qui sarà un “giovane reporter” a
Metropolis. Si prevede che abbia già incontrato Lois Lane e,
potenzialmente, i suoi compagni eroi (Gunn ha detto che
esistono già in questo mondo e che l’Uomo di domani non è il primo
metaumano del DCU). Il casting,
come già detto, ha portato alla scelta degli attori David Corenswet
e Rachel
Brosnahan come Clark Kent/Superman e Lois Lane.
Il film è stato anche descritto come
una “storia
delle origini sul posto di lavoro“, suggerendo che una
buona parte del film si concentrerà sull’identità civile di
Superman, Clark Kent, che è un giornalista del Daily Planet.
Secondo quanto riferito, Gunn ha consegnato la prima bozza della
sua sceneggiatura prima dello sciopero degli sceneggiatori, ma ciò
non significa che la produzione non subirà alcun impatto in
futuro.
“Superman: Legacy è il vero
fondamento della nostra visione creativa per l’Universo
DC. Non solo Superman è una parte iconica della tradizione DC,
ma è anche uno dei personaggi preferiti dai lettori di fumetti,
dagli spettatori dei film precedenti e dai fan di tutto il
mondo”, ha detto Gunn durante l’annuncio della lista DCU. “Non vedo
l’ora di presentare la nostra versione di Superman, che il pubblico
potrà seguire e conoscere attraverso film, film d’animazione e
giochi”. Superman:
Legacy uscirà nelle sale l’11 luglio 2025.
Da ormai più di un decennio,
Omar Sy è uno dei più popolari attori francesi in
attività, dimostratosi capace anche di oltrepassare i confini
nazionali per prendere parte a prestigiosi progetti di produzione
statunitense. È così arrivato a guadagnare una grandissima
popolarità presso pubblici diversi, che lo apprezzano per il suo
naturale talento nel passare dalla commedia al dramma, senza
dimenticare anche gli altri generi, fornendo sempre interpretazioni
di alto livello.
2. Ha lavorato come
doppiatore. Un’altra attività che Sy porta avanti da anni
è quella del doppiaggio. Ha infatti dato voce – nelle edizioni
francesi – a personaggi dei film Surf’s Up – I re delle
onde (2007), Bolt – Un eroe a quattro zampe (2008),
Arthur e la vendetta di Maltazard (2009), Mune – Il
guardiano della luna (2015), Angry Birds – Il film
(2016), Il viaggio di Norm (2016), Sahara (2017),
Arctic – Un’avventura glaciale (2019) e Soul (2020). Ha poi dato
voce al Transformers Hot Rod in Transformers – L’ultimo
cavaliere (2017).
3. È anche sceneggiatore e
produttore. Oltre a lavorare come attore, Sy ha avuto modo
anche di partecipare in qualità di scrittore ad alcune
sceneggiature. Ciò è avvenuto per la serie comedy Omar et
Fred (2001), per il film televisivo La vraie vie d’Omar &
Fred (2009) e per la serie SAV de emissions
(2010-2012). È poi invece stato produttore per i film Samba, Il
viaggio di Yao (2018) e per Io sono tuo padre. Ha
infine svolto il ruolo di produttore artistico per alcuni episodi
della serie Lupin.
Omar Sy in Quasi amici
Omar Sy in Quasi
amici
4. Il personaggio è stato
modificato per lui. Per il film Quasiamici, sebbene il “Driss” nella vita reale fosse un
giovane algerino chiamato Abdel, i registi Éric
Toledano e Olivier Nakache hanno cambiato
la nazionalità del personaggio in senegalese, poiché si erano
divertiti a lavorare con Omar Sy in Troppo amici,
e volevano davvero che interpretasse la parte. Anche Sy, in ogni
caso, ha vissuto l’esperienza di vivere nelle povere periferie
francesi, proprio come Driss, immedesimandosi dunque subito nel
personaggio.
5. Ha vinto un prestigioso
riconoscimento. Grazie alla sua interpretazione di Bakari
“Driss” Bassari in Quasi amici, Sy si è consacrato come
uno dei più brillanti attori francesi della sua generazione,
arrivando inoltre a vincere l’ambito premio César (l’Oscar
francese) come Miglior attore. In quell’edizione, quella del 2012,
egli vinse il premio battendo il candidato più favorito, ovvero
Jean Dujardin
per The Artist, il quale per la sua interpretazione in
quel film ha invece vinto il premio Oscar.
Omar Sy in Io sono tuo
padre
6. Inizialmente doveva
ricoprire un altro ruolo. Ambientato durante la prima guerra mondiale, il film racconta di un
padre che si arruola nell’esercito francese per stare con il figlio
diciassettenne, reclutato contro la sua volontà. Il progetto è
rimasto per anni in attesa di essere realizzato e inizialmente Sy
avrebbe dovuto interpretare il ruolo del figlio. Con il passare
degli anni l’attore divenne però troppo vecchio per il ruolo,
meditando dunque di abbandonare il film. Alla fine, però, accettò
di assumere il ruolo del padre.
Omar Sy in Io sono tuo padre
Omary Sy in Lupin
7. Conosceva il
personaggio. Nella serie Netflix Lupin, Sy
interpreta Assane Diop, un uomo che cerca di vendicare la morte del
padre ispirandosi alle avventure di Arsenio Lupin. L’attore ha
dichiarato che naturalmente conosceva il personaggio di Lupin prima
di recitare nella serie, specificando però che il suo primo vero
incontro con Lupin si è verificato grazie al Giappone, ai manga e
alla serie d’animazione ispirata a Lupin lì realizzate.
8. Era interessato a
raccontare Lupin oggi. Nell’approcciarsi al progetto, Sy
ha affermato che ciò che lo interessava di più era costruire un
personaggio attraverso cui poter esaltare le caratteristiche e le
problematiche del suo contesto storico, proprio come avveniva con
il personaggio di Maurice Leblanc. Ha così spinto affinché si
sviluppasse un protagonista attraverso cui far emergere temi come
la lotta di classe nella Francia dei nostri giorni.
Omar Sy: chi è sua moglie
9. È sposato. Il 5
luglio 2007, dopo dieci anni di relazione, Sy ha sposato Hélène,
madre dei suoi cinque figli, a Tremblay-sur-Mauldre. Hélène
gestisce CéKeDuBonheur, un’organizzazione no-profit che sostiene i
reparti pediatrici degli ospedali francesi, e Siyah Organics,
un’azienda senegalese-americana di integratori alimentari
biologici. La famiglia risiedeva a Montfort-l’Amaury, un comune
dell’Île-de-France, ma dal 2012 si è trasferita a Los Angeles.
Omar Sy: età e altezza
dell’attore
10. Omar Sy è nato il
20 gennaio 1978, a
Trappes, Francia.L’attore è alto 1,90 metri.
“La cosa meravigliosa di
Michael è che non era un attore con cui si parlava di
recitare“, ha detto Daniel Radcliffe. “La sua vera passione
era restaurare le pistole da duello italiane del XIX secolo.”
Daniel Radcliffeha continuato
sottolineando che la capacità di Michael Gambon di passare da un’emozione
all’altra è stata incredibile, sottolineando che “sa di dare il
meglio di sé quando è più giocoso. La sua capacità di
commuoversi non era seconda a nessuno“, ha continuato
l’attore.
Michael Gambon ha avuto una prolifica
carriera di attore
Michael Gambonn è morto la scorsa settimana
all’età di 82 anni. Per molti pubblici più giovani, sarà ricordato
soprattutto per aver interpretato Albus Silente nella serie di Harry Potter.
Tuttavia, Gambon ha avuto anche una prolifica carriera di attore
nei teatri e sul palco. La sua prima interpretazione
professionale fu una produzione del 1962 dell’Otello di William
Shakespeare.Successivamente è stato assunto dalla
National Theatre Company di Laurence Olivier e ha poi recitato in
numerose altre opere di Shakespeare, tra cui Amleto e
Macbeth. Ha vinto tre Olivier Awards nel corso della sua
carriera ed è stato nominato per un Tony Award nel 1997.
Anche il debutto
cinematografico di Gambon è stato Otello, uscito nel 1965 e diretto
da Olivier. Ha continuato a recitare negli anni ’70 e ’80,
recitando infine in film come The Insider del 1999, Sleepy Hollow
del 1999, Open Range del 2003 e Le avventure
acquatiche con Steve Zissou del 2004, tra molti altri.Gambon ha assunto il ruolo di Albus Silente dopo che
Richard Harris, che interpretava il personaggio
nei primi due film di Harry
Potter, è morto nel 2002. Dopo la sua prima
interpretazione come Silente in Harry Potter e il prigioniero di Azkaban del
2004, Gambon ha continuato a riprendere il ruolo di Albus Silente
per il resto del franchise fino all’ultimo capitolo è
Harry Potter e i Doni della Morte – Parte II del
2011.
LaParamount
Pictures ha pubblicato un altro
video di Killers
of the Flower Moon, il prossimo film
drammatico diMartin
Scorsese, con protagonisti i collaboratori di
lunga data Leonardo DiCaprioe Robert De Niro. L’uscita del
film nei cinema è prevista per il 19 ottobre, distribuita in Italia
da 01 Distribution, seguita dal suo debutto su Apple
TV+ in una data successiva non ancora
annunciata.
Il nuovo contributo mette in
risalto il personaggio di Ernest Burkhart interpretato da
Leonardo DiCaprio, che viene incaricato da suo
zio di sposare la Mollie Kyle di Lily Gladstone
nel tentativo di corteggiarla per la ricchezza della sua famiglia.
Prende in giro le cose orribili che è disposto a fare per soldi e
come ciò influenzerà il suo rapporto con sua moglie. Guarda il
video di Killers
of the Flower Moon qui sotto:
Killers of the Flower
Moon, il film
Oltre a dirigere, Martin Scorsese ha scritto la sceneggiatura
con Eric Roth, co-sceneggiatore di Dune e A
Star is Born. Leonardo
DiCaprio interpreta Ernest Burkhart, il nipote di un
potente allevatore locale interpretato da Robert De Niro, mentre Lily
Gladstone interpreta la moglie Osage Mollie e
Jesse Plemons è Tom White, l’agente dell’FBI
incaricato di indagare sugli omicidi. Il cast include anche
Brendan Fraser e John Lithgow.
Killers
of the Flower Moon riunisce ancora una volta Martin Scorsese con i collaboratori di lunga
data Leonardo DiCaprioe
Robert De Niro. Insieme a loro ci sono l’attore premio
Oscar
Brendan Fraser, Jesse Plemons, Lily Gladstone,
Tantoo Cardinal, Jason Isbell, Sturgill Simpson, Louis Cancelmi,
William Belleau, Tatanka Means, Michael Abbott Jr., Pat Healy,
Scott Shepherd e molti altri. La pellicola è
diretto e prodotto da Martin Scorsese. Il film è una produzione
di Apple Studios, Imperative Entertainment e Appian Way
Productions, con Dan Friedkin e Bradley Thomas come produttori.
Una vacanza di famiglia viene
sconvolta da due estranei sopraggiunti nel cuore della notte per
sfuggire a un cyberattacco che diventa sempre più terrificante,
obbligando tutti a venire a patti con il proprio ruolo in un mondo
prossimo al collasso.
La trama di Il mondo
dietro di te
In questo thriller apocalittico dal
premiato sceneggiatore e regista Sam Esmail (Mr. Robot), Amanda (il
premio Oscar Julia Roberts) e il marito Clay (il candidato
agli Oscar Ethan Hawke) affittano una casa di
lusso per un fine settimana con i figli Archie (Charlie Evans) e
Rose (Farrah Mackenzie). La vacanza viene subito sconvolta
dall’arrivo di notte di due sconosciuti: G.H. (il premio Oscar
Mahershala Ali ) e la figlia Ruth (Myha’la),
che li informano di un misterioso cyberattacco e vogliono
rifugiarsi nella casa di cui dicono di essere i proprietari. Le due
famiglie fanno il punto del disastro che incombe e che diventa
sempre più terrificante, obbligandoli a venire a patti con il loro
ruolo in un mondo prossimo al collasso. Il film è tratto dal
romanzo – candidato ai National Book Award – di Rumaan Alam,
Il
mondo dietro di te, ed è prodotto da Esmail Corp e Red
Om Films. La produzione esecutiva è di Higher Ground
Productions.
Oggi Apple
TV+ ha svelato il trailer di Messi Meets
America, il nuovo documentario in sei parti che racconta
il dietro le quinte di questo nuovo capitolo della carriera da
record di Messi. Dopo oltre vent’anni
indimenticabili di eccellenza calcistica, primati inarrivabili
raggiunti tra Barcellona e Paris Saint-Germain, e dopo aver vinto
la Coppa del Mondo FIFA Qatar 2022 con la nazionale di calcio
argentina, Leo Messi ha preso una decisione epocale che ha cambiato
per sempre il volto del calcio in Nord America, unendosi alla Major
League Soccer e all’Inter Miami CF. Grazie a un accesso senza
precedenti a Messi e alla sua nuova famiglia dell’Inter Miami CF,
“Messi Meets America” porta gli spettatori dietro le quinte della
vita e della carriera del più grande giocatore mai sceso in campo,
osservandolo condurre la sua nuova squadra alla conquista del
titolo in Coppa di Lega e oltre.
Dal record di sold out registrato
in tutta l’America a una velocità impressionante, all’incredibile
gol vincente segnato all’ultimo minuto della sua prima partita, ai
momenti trascorsi con i suoi compagni di squadra dell’Inter Miami
CF, la serie racconta l’immersione di Leo in America, la
trasformazione dell’Inter Miami CF e, soprattutto, l’impatto che
sta attualmente avendo sul calcio in Nord America, mentre la “Messi
Mania” attraversa l’intero continente.
Messi Meets
America è prodotto esecutivamente dal vincitore dell’Emmy
Tim Pastore (“Free Solo – Sfida estrema”, “Jane”), dai vincitori
dell’Emmy e del Tony Award Patrick Milling Smith e Brian Carmody, e
dal vincitore dell’Emmy Matt Renner (“Free – Sfida estrema”,
“Limitless con
Chris Hemsworth“) di SMUGGLER Entertainment, insieme a Scott
Boggins (“The Circus”, “24/7”). La serie è prodotta per Apple da
SMUGGLER Entertainment e realizzata in associazione con la Major
League Soccer.
Uno dei generi più popolari su
Netflix è senza dubbio
quello del thriller. Solo di recente, titoli come Fair Play, Il morso del coniglio, Infiesto o Paradise si sono affermati
come tra i più visti di questo genere sulla piattaforma. Ad essi si
aggiunge ora anche Reptile (qui la recensione), debutto alla
regia di un lungometraggio di Grant Singer, il
quale si era però già distinti per aver diretto diversi video
musicali e un film documentario, Shawn Mendes: In Wonder
(2020). Con questo suo primo film di fiction, Singer porta ora lo
spettatore a confrontarsi con un caso dove le apparenze non fanno
che ingannare nel corso dell’intero racconto.
Il film, una storia originale che ma
presenta alcune somiglianze con l’omicidio irrisolto dell’agente
immobiliare canadese Lindsay Buziak, presenta
infatti una situazione apparentemente canonica, la quale va però
poi ad arricchirsi di sempre più dettagli ed elementi che spingono
a mettere in discussione quanto fino a quel momento visto. Per
tutti gli appassionati di questo genere, Reptile è dunque
il film da vedere in questo momento, che oltre alla sua storia
ambigua offre anche interpretazioni di ottimo livello da parte di
interpreti eccezionali.
Prima di intraprendere una visione
del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle
principali curiosità relative ad esso. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama e al cast di
attori. Per chi ha già visto il film o per chi non teme
gli spoiler, si entrerà poi nel dettaglio del racconto per una
spiegazione del finale. Infine, si elencheranno
anche le procedure da seguire per poter vedere Reptile in
streaming su Netflix.
La trama e il cast di Reptile
Il racconto del film si svolge in
una tranquilla città del New England, dove però un giorno una
giovane agente immobiliare di nome Summer
viene assassinata. I principali indiziati sono tre: Will
Grady, collega e fidanzato della vittima; Sam
Gifford, il suo ex con cui era ancora sposata e che fa lo
spacciatore; e infine Eli Phillips, un uomo
inquietante e dai comportamenti ossessivi nei confronti di Will. Il
caso si rivela particolarmente complesso e viene dunque affidato al
detective Tom Nichols, il quale però nel tentativo
di arrivare alla verità, si troverà a dover mettere dura prova
tutte le sue certezze.
Ad interpretare il protagonista, vi
è l’attore premio Oscar Benicio del
Toro, il quale ha anche partecipato al processo di
scrittura del film, venendone dunque accreditato come
co-sceneggiatore. Accanto a lui, nel ruolo di sua moglie Judy vi è
invece l’attrice Alicia Silverstone. Summer è
interpretata dall’attrice italiana con cittadinanza statunitense
Matilde Lutz, mentre i sospettati Will, Sam ed Eli
sono rispettivamente interpretati da Justin
Timberlake, Karl Glusman e
Michael Pitt. Recitano poi nel film gli attori
Eric Bogosian nei panni del capitano di polizia
Robert Allen e Domenick Lombardozzi in quelli
dell’agente Wally.
La spiegazione del finale di
Reptile e il significato del titolo
Il finale del film offre una
risposta alla domanda “Chi ha ucciso Summer?”, lasciando
però volutamente irrisolte alcune questioni, così da fornire allo
spettatore un finale ambiguo sui cui riflettere e cercare di
costruirsi una propria opinione. Ma andiamo con ordine. Nel terzo
atto di Reptile, viene rivelato che Summer è stata uccisa
da Will per impedirle di parlare all’FBI di
una truffa che coinvolge ogni livello del dipartimento di polizia a
cui fa capo Nichols. La cosa viene allo scoperto quando Nichols
inizia a trovare sospetto Summer vendesse case per un’agenzia
immobiliare senza però ricevere alcuna commissione per le
vendite.
Queste vendite facevano infatti
parte di un piano di riciclaggio di droga architettato dall’agente
Wally e dalla maggior parte della polizia del dipartimento. Summer
aveva però iniziato a chiamare l’FBI per prepararsi a dire loro la
verità sul fatto che la White Fish era una società di comodo ma
Will, scoprendo cosa aveva intenzione di fare, la uccide prima che
possa rivelare quel sistema corrotto. Nichols scopre infine la
truffa quando riconosce un pacco di eroina sequestrato nella
proprietà dell’ex marito di Summer come lo stesso apparso in
un’altra operazione antidroga.
Ben presto deduce quindi che Summer
era l’intermediario dei Grady e che una telefonata da lei fatta
all’FBI era un tentativo di informare sul suo ragazzo e sua madre,
senza coinvolgere il dipartimento di polizia, a sua volta complice.
Scoprendo ciò, Nichols può dunque procedere alla risoluzione del
caso, smontando il giro di riciclaggio che Summer aveva cercato di
denunciare. Nei momenti finali del film, dunque la sessione di golf
di Grady viene interrotta dai federali, che lo arrestano e pongono
fine alla vicenda una volta per tutte.
Alla luce di ciò, perché il film si
chiama Reptile? La risposta ce la fornisce lo stesso
regista, che ha dichiarato che “nel film i personaggi vengono
introdotti come una cosa e si rivelano essere qualcos’altro. Si
verifica una mutazione della loro pelle e dunque Reptile, rettile,
sembrava una metafora appropriata“. Allo stesso tempo, come
qualsiasi cosa abbia che sangue freddo, questi personaggi-rettili
risultano essere degli abili strateghi, capaci di operare in modo
malvagio senza la minima preoccupazione morale.
Il trailer di Reptile e
come vedere il film su Netflix
Come anticipato, è possibile fruire
di Reptile unicamente grazie alla sua
presenza nel catalogo di Netflix, dove attualmente
è al 2° posto della Top 10 dei film più
visti sulla piattaforma in Italia. Per vederlo, basterà
dunque sottoscrivere un abbonamento generale alla piattaforma
scegliendo tra le opzioni possibili. Si avrà così modo di accedere
al catalogo e di guardare il titolo in totale comodità e al meglio
della qualità video, avendo poi anche accesso a tutti gli altri
prodotti presenti nella piattaforma.
Ad alcuni il nome Allison
Janney potrà non dire molto, ma è bene sapere che si parla
di una delle più talentuose attrici della sua generazione, che
vanta una lunga carriera ricca di titoli di successo tra cinema e
TV, oltre ad innumerevoli premi di grande prestigio vinti, tra cui
un Oscar. Negli ultimi anni Janney ha poi conosciuto una sempre
maggior popolarità anche grazie ad opere più commerciali che le
hanno permesso di farsi conoscere presso un pubblico sempre più
vasto. Ruolo dopo ruolo, inoltre, l’attrice continua a dimostrare
di essere un puro talento della recitazione.
Ecco 10 cose che forse non sai di Allison
Janney.
Allison Janney: i suoi film e le serie TV
1. Ha recitato in celebri
film. L’attrice ha iniziato a recitare per il cinema negli
anni Novanta, apparendo in film come Wolf – La belva è
fuori (1994), Miracolo nella 34ª strada (1994),
Celebrity (1998) e American Beauty (1999).
In seguito ha preso parte a film come The Hours (2002),
Hairspray – Grasso è bello
(2007), Juno (2007), The Help (2011),
Una bugia di troppo (2012), Professore per amore
(2014), Tammy (2014), La ragazza del treno
(2016) e Tonya (2017), grazie a
cui si consacra. In seguito ha recitato in Ma (2019), Bombshell – La voce dello
scandalo (2019), To Leslie (2022),
Lou (2022) e The Creator (2023).
2. È nota per alcune
popolari serie TV. Oltre che al cinema, Janney si è
dedicata molto anche alla televisione, recitando in diverse celebri
serie TV. In particolare si ricorda la sua partecipazione a
West Wing – Tutti gli uomini del Presidente (1999-2006),
grazie alla quale ha ottenuto grande popolarità, vincendo
importanti premi. Ha in seguito preso parte in qualità di guest
star ad episodi di serie quali Due uomini e mezzo (2007),
Lost (2010), Masters of Sex (2013-2016) e Il
metodo Kominsky (2019). Un’altra serie per cui è nota è però
Mom, dove ha recitato dal 2013 al 2021.
3. È anche
doppiatrice. Nel corso del tempo l’attrice ha però avuto
modo di recitare non solo in carne ed ossa davanti la macchina da
presa, ma anche con la semplice voce, partecipando al doppiaggio di
diversi film animati. Ha infatti doppiato il personaggio Diva in
Alla ricerca di Nemo
(2003), Gladys Sharp in La gang del bosco (2006), Mrs.
Grunion in Mr. Peabody e Sherman (2014), Madge
Nelson in Minions (2015) e di nuovo
Diva in Alla ricerca di Dory
(2016). Nel 2019 ha invece fornito la propria voce al personaggio
Margaux Needler in La famiglia Addams.
Allison Janney in Tonya
Allison Janney in Mom
4. È l’unico membro del
cast a recitare in ogni episodio. Nella popolare serie
Mom, l’attrice ricopre il ruolo di Bonnie Plunkett, madre
della protagonista Christy, con la quale ha però un rapporto
piuttosto complicato. La serie si compone di 8 stagioni per un
totale di 170 episodi, con Janney che compare in ognuno di essi,
senza averne mai saltato uno. Ciò fa di lei l’unico membro del cast
di Mom ad aver recitato in ogni episodio, un traguardo che
neanche l’iniziale protagonista, Anna Faris,
interprete di Christy può vantare, avendo lasciato la serie alla
fine della settima stagione.
5. Per la sua
interpretazione ha ricevuto importanti riconoscimenti.
Grazie alla sua interpretazione, Janney ha potuto guadagnare ancor
più popolarità e riconoscimenti di quelli fino a quel momento già
in suo possesso. Ha infatti vinto due Primetime Emmy Awards
consecutivi come Miglior attrice non protagonista in una serie
comedy nel 2014 e 2015, venendo poi nominata nel 2016 nella
medesima categoria, mentre nel 2017 e nel 2018 è stata nominata
come Miglior attrice protagonista in una serie comedy.
Allison Janney in Lost
6. È apparsa in un episodio
della celebre serie. Nel maggio del 2010 l’attrice è
apparsa nel quattordicesimo episodio della sesta stagione della
serie televisiva ABC Lost, interpretando la madre adottiva
di Jacob e dell’Uomo in nero. Si tratta di un personaggio quantomai
misterioso e importante ai fini della comprensione del finale della
serie. La stessa Janney ha in seguito ammesso di essere rimasta
confusa dalla natura del suo personaggio e dal finale stesso di
Lost, pur avendo avuto un ruolo attivo nella definizione
di esso.
Allison Janney in Lou
Allison Janney in Lou
7. Lou è il film
che attendeva da tempo. Nel corso della sua carriera
Janney si è distinta per interpretazioni molto diverse in opere
altrettanto diverse. Eppure, quando le è stato proposto di recitare
da protagonista nel thriller d’azione Lou, l’attrice ha
capito di aver atteso quel tipo di progetto da molto tempo. Questo
perché il film le ha dato l’occasione di cimentarsi con un vero e
proprio ruolo d’azione, con un personaggio di poche parole ma
azioni concrete. Per il ruolo, si è inoltre addestrata nel
combattimento e nell’uso di armi da fuoco.
Allison Janney, premio Oscar per Tonya
8. Ha vinto un
Oscar. Nel film Tonya, dedicato alla
vita dell’omonima pattinatrice su ghiaccio, l’attrice interpreta la
madre di Tonya, LaVona, ruolo scritto appositamente per Janney.
L’interprete ha in seguito dichiarato di essersi approcciata a tale
personaggio cercando di non giudicarlo. Questo è stato per lei il
ruolo più complesso della sua carriera, richiedendole una
caratterizzazione particolarmente complessa. L’interpretazione le è
però valsa la sua prima nomination all’Oscar, da lei poi vinto come
Miglior attrice non protagonista.
Allison Janney ha un marito?
9. Non si è mai
sposata. Come da lei affermato, l’attirce non si è mai
stata sposata e non ha figli. “Non ho mai avuto l’istinto di
avere figli e sono in pace con ciò“, ha infatti dichiarato.
Nel tempo Janney è stata legata ad alcune personalità dello
spettacolo, come l’attore Richard Jenik, ma
nessuna di queste relazioni ha mai spinto l’attrice a compiere il
passo verso l’altare. Ad oggi, invece, non è noto se sia impegnata
o meno in una nuova relazione.
Allison Janney: età e altezza dell’attrice
10. Allison Janney è nata
il 19 novembre del 1959,
Boston, Massachusetts, Stati Uniti.L’attrice è alta complessivamente 1,83
metri.
Continua a far parlare
di sé la pellicola horror fenomeno dell’anno Talk to
Me , diretta dagli
emergenti e
talentuosi gemelli Danny e Michael Philippou. Fresco del suo
ottimo primo weekend in sala in Italia in ben 250 copie grazie a
Midnight Factory, Talk to
Meè stato vietato ai minori di 18 anni dalla
Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche
incaricata dalla Direzione generale Cinema e audiovisivo del
Ministero della Cultura.
Le emozioni forti e le
scene disturbanti, unite ad un’atmosfera angosciante e inquietante
che caratterizzano il film hanno evidentemente impressionato la
Commissione a tal punto da reputarlo non adatto ai minori perché
“la violenza è mostrata in maniera esplicita e insistita in
numerose scene e può essere pericolosa per gli individui; inoltre,
essendo mostrata e contestualizzata nell’ambito di un gruppo di
amici che si divertono di fronte al pericolo che corrono alcuni di
essi, tale violenza può generare emulazione ed apparire come
desiderabile”. Da qui la decisione di alzare il divieto per la
visione ai maggiorenni.
Plaion Pictures, che
distribuisce in Italia il film attraverso la propria etichetta
horror Midnight Factory, ha appreso con stupore la nuova richiesta
di classificazione e annuncia che intende fare ricorso. Commenta la
direttrice marketing Frida Romano: “Ci dispiace che al
pubblico più giovane venga in questo modo negata la possibilità,
attraverso un film di intrattenimento horror, di fruire di temi
importanti e di crescita, che sono indirizzati invece proprio agli
adolescenti”.
Nel weekend intanto sono
stati numerosi gli spettatori che hanno scelto di recarsi nei
cinema a vedere Talk to
Me, che si posiziona primo tra le nuove uscite, con la
media copia più alta (2.996 euro), conquistando la seconda
posizione assoluta al box office nel fine settimana e totalizzando
a oggi un totale di incasso pari a 737.081 euro per 94.000
spettatori.
Un esordio che lascia
decisamente il segno per Talk to
Me, che – dopo aver conquistato critica e pubblico
negli Stati Uniti – anche in Italia si conferma
come un prodotto cinematografico di alta qualità ed estremamente
efficace nel portare a termine la sua missione di terrificare lo
spettatore, ma allo stesso tempo di trasmettere con originalità e
freschezza valori e tematiche profonde e di attualità.
Talk to
Me è nelle sale italiane (con divieto VM 18)
con Midnight Factory, etichetta horror di Plaion
Pictures.
Talk To Me, la trama
Un gruppo di giovani
amici scopre come evocare i demoni facendo uso di un’antica mano
imbalsamata, finché uno di loro si spinge troppo oltre aprendo
irrimediabilmente le porte al mondo degli spiriti. Perseguitato
così da visioni soprannaturali, il gruppo si trova
inconsapevolmente al centro di una possessione devastante che
porterà a porsi una domanda importante: meglio fidarsi dei vivi o
dei morti?
Negli ultimi anni le produzioni
spagnole, grazie soprattutto alle piattaforme streaming, si sono
moltiplicate, anche per via del grande successo ottenuto in termini
di critica e pubblico. Titoli come La casa di carta, Dalla mia finestra: Al di là del
mare,Élite,Fenómenas – Indagini
occulte o Tin & Tina sono solo
alcuni degli esempi più noti di come la produzione – di film o
serie TV – spagnola abbia invaso gli schermi di tutto il mondo.
Dalla penisola iberica, è ora arrivato sul Netflix un altro titolo
immediatamente divenuto un grande successo, ovvero il thriller
Nowhere.
A dirigerlo vi è il regista
Albert Pintó, già distintosi per aver diretto un
episodio della serie La casa di carta (il settimo della
quinta stagione) e alcuni episodi della serie Sky Rojo,
entrambe disponibili su Netflix. Con Nowhere egli dà invece vita ad
un thriller claustrofobico, che pone la protagonista in una
situazione al limite eppure non irrealistica. Il film si basa
infatti su vere testimonianze di quanti si sono trovati in
situazioni simili e così facendo offre non solo una visione ricca
di suspence ma che invita anche lo spettatore a porsi nei panni di
coloro che quelle condizioni le hanno vissute davvero.
Prima di intraprendere una visione
del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle
principali curiosità relative ad esso. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama, al cast di
attori e alle location utilizzate. Si
entrerà nel dettaglio del racconto per svelare se esso sia o meno
ispirato ad una storia vera. Infine, si
elencheranno anche le procedure da seguire per poter vedere
Nowhere in streaming su Netflix.
La trama e il cast di Nowhere
Protagonista del film è
Mia, una giovane donna incinta che vive con suo
marito Nico in un Paese sotto dittatura e in
guerra. Con l’obiettivo di far nascere la loro figlia in un posto
migliore, la coppia decide di scappare da quel contesto. Durante la
fuga, però, i due vengono separati con la forza e Mia si nasconde
in un container di una nave mercantile. Quando poi il container
viene scaraventato in acqua da una violenta tempesta e finisce alla
deriva, Mia si trova a dover tentare di sopravvive a quelle
condizioni estreme e apparentemente senza via di fuga.
Ad interpretare Mia vi è l’attrice
Anna Castillo, attrice spagnola nota per le serie
Club Super 3, Amar en tiempos revueltos e
Estoy vivo, ma anche per i film Open Arms – La legge del
mare e Girasoles silvestres. Sulla sua
performance, svolta per lo più in solitaria, si basa naturalmente
buona parte del film. Accanto a lei, nel ruolo del marito
Nico, vi è invece Tamar Novas, noto per i film
Mare dentro e Gli abbracci spezzati. Recitano poi
nel film Tony Corvillo nel ruolo di Gil,
Mariam Torres in quelli di Lucia e Irina
Bravo in quelli di Angela.
Le location di Nowhere:
ecco dove è stato girato il film
Nowhere è stato girato
interamente in Spagna, in particolare nella provincia di
Tarragona, sede di numerosi siti Patrimonio
dell’Umanità (Acquedotto di Ferreres, monastero cistercense di
Poblet, il Santes Creus e la vicina Vila-Seca, tanto per citarne
alcuni). Questa offre anche una vista pittoresca sul mare aperto,
il quale si è rivelato ideale per una produzione come questa,
prevalentemente ambientata in mare aperto. In particolare, il porto
di Tarragona e le zone circostanti sono stati trasformati in set
cinematografici per diverse sequenze cruciali girate proprio sul
posto.
Per ritrarre Tarragona come un paese
totalitario, invece, la troupe ha ridipinto diverse strade e
quartieri della provincia. Per quanto riguarda le scene del
container che coinvolgono la protagonista, queste sembrano essere
state registrate all’interno di un set costruito su un palcoscenico
di uno degli studi cinematografici situati nella provincia di
Tarragona e nei suoi dintorni. D’altra parte, le riprese aeree ed
esterne del container che galleggia in mezzo al mare aperto
sarebbero state effettuate da qualche parte nel Mar
Mediterraneo.
La vera storia dietro Nowhere
La risposta a sé Nowhere
sia ispirato ad una storia vera in particolare è no, ma sebbene il
film non sia basato su di un preciso evento o su specifiche
persone, la sceneggiatrice Indiana Lista ha
rivelato di essersi ispirata alle esperienze di vita reale degli
immigrati per formare la trama di base del racconto. Ciò è stato
poi ribadito da Pintó nel corso di un’intervista, dove ha
dichiarato che Lista conosceva una coppia di migranti messicani che
hanno tentato di attraversare la frontiera nascondendosi
all’interno di container e camion.
Per scrivere il film sono dunque poi
stati intervistati i migranti e le loro storie hanno in parte
ispirato quella proposta dal film. Pintó ha inoltre rivelato che il
team di produzione ha studiato le rotte del traffico di esseri
umani in Guatemala, Honduras, El Salvador e Nicaragua durante le
ricerche per la sceneggiatura del film. Il regista ha anche notato
che i naufragi sono comuni in Spagna e che la drammaticità di tali
incidenti è stata incorporata nella sceneggiatura del film.
Sebbene la narrazione sia dunque
fortemente influenzata da numerosi reali incidenti ed esperienze
personali dei migranti, il film è però ambientato in un ambiente
distopico del tutto immaginario, dove la protagonista, Mia, e suo
marito devono fuggire da un paese totalitario in guerra. Il film
non specifica le circostanze di questa guerra, ed è solo vagamente
implicito che il paese in guerra sia la Spagna. Di conseguenza, in
ogni caso, gli eventi sociopolitici che fanno da sfondo alla storia
sono del tutto fittizi.
Il trailer di Nowhere e
come vederlo in streaming su Netflix
Come anticipato, è possibile fruire
di Nowhere unicamente grazie alla sua
presenza nel catalogo di Netflix, dove attualmente
è al 1° posto della Top 10 dei film più
visti sulla piattaforma in Italia. Per vederlo, basterà
dunque sottoscrivere un abbonamento generale alla piattaforma
scegliendo tra le opzioni possibili. Si avrà così modo di accedere
al catalogo e di guardare il titolo in totale comodità e al meglio
della qualità video, avendo poi anche accesso a tutti gli altri
prodotti presenti nella piattaforma.
Disney+ ha diffuso il trailer
ufficiale della serie originale italianaI
Leoni di Siciliacon il nuovo singolo
di Laura Pausini, l’artista italiana più premiata
del mondo, reduce dalla vittoria di un Golden Globe, una nomination
agli Oscar e in attesa di ricevere il prestigioso riconoscimento di
Persona dell’Anno 2023 dalla Latin Recording Academy, nell’anno del
suo trentennale di carriera, alle porte di un nuovo album di
inediti e del suo decimo tour mondiale. Il singolo “Durare”, uscito
il 15 settembre, è una potente ballad dedicata all’amore che scorre
insieme alle varie tappe di due vite che si fondono in una sola, e
sarà la end credit song di tutti gli otto episodi della serie, saga
familiare tratta dall’omonimo bestseller di Stefania Auci.
Il brano sarà inoltre disponibile
anche nella sua versione spagnola, intitolata “Durar”, selezionando
l’audio degli episodi in spagnolo. “Conoscevo il libro di
Stefania Auci” – racconta Laura Pausini – “e
trovo sia meraviglioso il lavoro fatto da Paolo Genovese, gli
sceneggiatori, gli attori e tutta la produzione, per trasformarla
in una saga così avvincente. Sono veramente felice che la serie sia
accompagnata dal mio brano, Durare. Credo ci sia un forte legame
col significato del testo, la storia di questa famiglia è fatta di
legami, relazioni intense, che resistono al passare del tempo e si
fortificano. Racconta di passione e di testardaggine, coppie che
credono nella possibilità di inventare un proprio destino, un
futuro, una vita, avverando così i loro sogni. ‘Una vita pensata ed
una da pensare insieme, una da inventare, una da impazzire e una da
durare’. Questo è esattamente ciò che canto e trovo si sposi
perfettamente con il mondo de ‘I
Leoni di Sicilia’ ”.
I
Leoni di Sicilia debutterà il 25 ottobre in
esclusiva su Disney+ in Italia con i primi quattro
episodi, mentre i restanti quattro saranno disponibili a partire
dal 1° novembre. I
Leoni di Sicilia sarà disponibile su Hulu
negli Stati Uniti, su Star+ in America Latina e su Disney+ in tutti gli altri territori.
La nuova serie originale italiana Disney+ sarà presentata in anteprima
alla diciottesima edizione della Festa del Cinema di Roma. Dal
regista Paolo Genovese, che ne è anche produttore creativo, la
serie in otto episodi è prodotta da Francesco e Federico
Scardamaglia per Compagnia Leone Cinematografica e da Raffaella
Leone e Marco Belardi per Lotus Production, una società Leone Film
Group. I
Leoni di Sicilia è una serie scritta
da Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo.
I
Leoni di Sicilia è l’avvincente storia della
famiglia Florio. I fratelli Paolo e Ignazio sono due piccoli
commercianti di spezie fuggiti da una Calabria ancorata al passato
e in cerca di riscatto sociale. In Sicilia s’inventano un futuro,
dove a partire da una bottega malmessa danno vita a un’attività
florida che il giovane figlio di Paolo, Vincenzo, con le sue idee
rivoluzionarie, trasformerà poi in un impero. Tuttavia, a
travolgere la vita di Vincenzo, e quella di tutta la famiglia, è
l’arrivo dirompente di Giulia, una donna forte e intelligente, in
contrasto con le rigide regole della società del tempo.
I Leoni di Sicilia è un’epopea
fatta di amore, famiglia, successi, guerre e rivoluzioni, che si
svolge nella Sicilia dell’Ottocento fino all’Unità d’Italia del
1861.
La serie è interpretata
da Michele Riondino nel ruolo di Vincenzo
Florio, Miriam Leone in quello di Giulia
Portalupi, Donatella Finocchiaro in quello di
Giuseppina, Vinicio Marchioni nei panni di Paolo
Florio, Eduardo Scarpetta nel ruolo di Ignazio Florio
(figlio di Vincenzo), Paolo Briguglia in quello di
Ignazio Florio, Ester Pantano nel ruolo di Giuseppina
giovane e Adele Cammarata in quello di Giovanna
D’Ondes.
Una delle componenti
necessarie perché la fantascienza distopica funzioni è l’attenzione
ai dettagli che la rendano credibile, ovvero dettagli magari anche
non percepiti che, se mancanti,possano distrarre l’attenzione
dello spettatore costretto a quel punto alla ricerca di
verosimiglianza. Foe, il nuovo film Garth Davis –
il suo precedente Lion con Nicole Kidman e Dev Patel ha addirittura ottenuto la
nomination all’Oscar come miglior film dell’anno – dimostra
immediatamente di non possedere questo requisito importante, se non
addirittura fondamentale.
Foe si
apre infatti con la didascalia che setta la storia nel Midwest
americano, mentre in nemmeno cinque minuti di film ci si rende
perfettamente conto che il film è stato girato nelle immense
pianure dell’Australia. Trattandosi principalmente di raccontare
una storia d’amore e della sua complessità, qualsiasi ambientazione
che desse il senso di desolazione che i due protagonisti stanno
vivendo sarebbe andata bene. Perché dunque sceglie di dare un
setting preciso per poi smentirsi spudoratamente con le immagini
stesse? Il Midwest americano è ben sedimentato nell’immaginario
cinematografico mondiale, no?
Un melodramma “arricchito” dal
genere
Questo chiaro errore di
sottovalutazione è purtroppo soltanto il primo di una serie di
difetti che il film targato Amazon evidenzia nel corso del proprio
sviluppo. Adattamento del romanzo omonimo scritto da Ian
Reid, Foe possiede il fardello che tanto
cinema cosiddetto “alto” oggi possiede. Ovvero l’utilizzo di un
genere per “arricchire” teoricamente quello che è in tutto e per
tutto un melodramma amoroso, con il risultato di rendere l’intera
operazione macchinosa, spesso confusa e peggio di tutto grondante
retorica.
In un momento in cui il
cinema a stelle e strisce e non soltanto si sta impegnando nella
ricerca di una narrazione maggiormente veritiera del rapporto
uomo-donna nel mondo contemporaneo – riguardo questo argomento vi
rimandiamo alla recensione del notevole Fair Play in uscita su
Netflix il 6 ottobre – il film di Davis al contrario cade
dentro paludose schematicità nel mettere in scena l’insoddisfazione
della protagonista, proponendo al pubblico un discorso che, senza
voler fare spoiler, a nostro avviso alla fine diventa forse anche
fuorviante.
Foe, una fantascienza gratuita
La sceneggiatura di
Foe avrebbe funzionato molto meglio se si fosse
allora concentrata sul lato sci-fi della storia e sulle sue
implicazioni etiche, questione che se anche tentata viene soffocata
dalla messa in scena di Davis che invece punta esplicitamente a
farne un melodramma d’autore. A questo punto la componente di
fantascienza si fa realmente inutile, anzi appesantisce
l’operazione con una serie di spunti narrativi che non migliorano
la trama né rendono i personaggi maggiormente profondi o
interessanti.
In questa confusione
totale di intenti e idee su come realizzarli i due attori
principali Saoirse Ronan e Paul
Mescal possono fare davvero poco per salvare la
situazione. Se però l’attore molto apprezzato in All of Us Strangers, anch’esso presentato a
questa edizione del New York Film Festival, riesce
a tratti a rendere denso il ruolo di Junior, la sorpresa negativa
di Foe arriva purtroppo dall’attrice già candidata
per ben quattro volte all’Oscar prima di raggiungere i
trent’anni.
Ronan si “rifugia” dentro
un repertorio di istrionismo minimalista per cercare di
interpretare una Hen che risulta fin dal principio una figura
femminile schematica, sia nella sua insoddisfazione esistenziale
che nel modo in cui cerca di combatterla. Una figura sviluppata
senza spessore, che speriamo davvero rappresenti per la Ronan una
scelta sbagliata, un incidente di percorso in una carriera che
vorremmo sempre all’altezza delle sue grandi doti di attrice,
dimostrate fin dai tempi di Espiazione.
Questo nuovo
lungometraggio di Garth Davis si presenta come un
prodotto confuso nella progettazione e approssimativo nella
realizzazione. Un film di fantascienza distopica che
invece fantascienza proprio non è. Perché allora non scegliere la
via della semplicità e raccontare una storia d’amore e di
incomprensione, di passione e frustrazione? Un interrogativo a cui
Foe e i suoi realizzatori proprio non hanno saputo
rispondere.
Con l’avvicinarsi della fine del
vecchio mondo DC, James Gunn ha
suscitato entusiasmo per il film che darà il via al nuovo universo,
Superman: Legacy,
rivelando le principali influenze fumettistiche alla base del
progetto. In un paio di tweet, Gunn ha indicato
Superman for All Seasons e
All-Star Superman come le principali
influenze del nuovo progetto su Superman. Pubblicati
rispettivamente nel 1998 e nel 2005, sono due delle pubblicazioni
di Superman più singolari e al contempo meglio accolte, il che è un
segnale promettente per le prospettive di Superman: Legacy. Tenendo conto di ciò, si possono
facilmente trarre alcune ipotesi dal fatto che queste storie a
fumetti sono state apparentemente scelte come colonna portante del
film per dare il via al DCU.
Superman: Legacy sarà
probabilmente colorato e vivace
Visti i precedenti di James
Gunn con i film di supereroi, una delle rivelazioni meno
sorprendenti di Superman: Legacy potrebbe essere la rappresentazione
di un Universo DC più colorato e vivace. Le influenze fumettistiche
di Gunn lo confermano, dato che la vivace grafica di
Superman for All Seasons e All-Star
Superman è particolarmente degna di nota. Si tratterebbe
di una gradita boccata d’aria fresca per il supereroe, la cui
uscita più recente è stata decisamente tenue per quanto riguarda la
tavolozza dei colori, nonostante abbia sfoggiato una nuova versione
del costume ampiamente apprezzata.
La tuta adotterà uno stile
classico
Mentre il costume di
Superman in Man of Steel della DC è popolare, l’iconico ensemble
della vecchia scuola riapparirà probabilmente in Superman: Legacy, dato che entrambe le influenze
fumettistiche di Gunn presentano il costume in tutta la sua gloria
classica. Questo si sposerà bene con un universo più colorato, dato
che la vibrante tuta rosso-blu di Superman dovrebbe essere
sorprendente. Continuerà la tendenza dei film su Superman, iniziata
fin dai primi giorni con una rappresentazione dell’armatura fedele
ai fumetti, a differenza delle numerose iterazioni dell’armatura di
Batman viste nelle sue varie uscite sul grande schermo.
Lex Luthor potrebbe avere un ruolo
centrale
In entrambe le influenze
fumettistiche, l’arcinemico di Superman, Lex Luthor, svolge un ruolo fondamentale,
fungendo persino da voce narrante in una delle puntate di Superman
For All Seasons. In quella stessa pubblicazione, Lex Luthor
combatte essenzialmente contro Superman per il controllo di
Metropolis, un’azione che lui definisce “una
storia d’amore”. Non sarebbe sorprendente, visti i precedenti dei
film di Superman, che Luthor apparisse ancora una volta in un ruolo
di cattivo centrale. Anche se il ruolo non è ancora stato scelto,
la conferma di Corenswet come Superman ha dato maggior credito alla
voce che Nicolas Hoult potrebbe interpretare Lex
Luthor.
Superman: Legacy potrebbe
contenere le 12 fatiche di Superman
Anche se Gunn ha dichiarato che
Superman: Legacy non sarà un adattamento del fumetto
All-Star Superman, ciò non significa che non prenderà in
prestito dalle sue pagine. Non adattare il fumetto è probabilmente
la cosa migliore, perché introdurre sul grande schermo solo una
delle 12 fatiche di Superman introdurrà una posta
in gioco eccezionalmente alta, dato che include imprese come creare
la vita, rispondere alla Domanda senza risposta e sconfiggere la
morte. Tuttavia, sarebbe sicuramente un inizio col botto per il
DC, vista l’importanza delle 12 fatiche.
Superman: Legacy sarà
probabilmente più divertente
Una critica di lunga data nel
vecchio universo DC è stata la sua tendenza a
privilegiare motivi cupi e tristi, in netto contrasto con
l’approccio più spensierato del MCU a circostanze altrettanto tumultuose.
Superman in All-Star Superman, in particolare, mostra un carattere
molto più gioviale rispetto alle recenti rappresentazioni
cinematografiche, anche di fronte alle terribili circostanze in cui
si trova. Inoltre, sarebbe in linea con la capacità di Gunn di
iniettare umorismo nei franchise di supereroi, come dimostrano
Guardiani della Galassia e Suicide Squad. Questo renderà rinfrescante la nuova
interpretazione di Clark Kent, che potrebbe anche lasciarsi
sfuggire una o due battute mentre si accinge a salvare Metropolis
dalla prima minaccia del DCU.
L’umanità di Clark Kent potrebbe
essere esplorata più a fondo
Gran parte delle precedenti
iterazioni di Clark Kent si sono concentrate sui suoi poteri divini
e su quanto siano miseri i mortali al confronto. Superman
For All Seasons contrasta questa tendenza concentrandosi
sull’umanità di Clark Kent, sui suoi tentativi di affrontare le
lotte e le relazioni umane e sulla sua volontà di fornire
assistenza a Metropolis. Peter Safran ha già confermato i piani per
Superman: Legacy, così come la scelta di un Clark Kent
più giovane, che probabilmente dovrà fare i conti con i suoi
poteri.
Superman: Legacy potrebbe
spingersi verso la fantascienza
Uno degli aspetti più singolari di
All-Star Superman è il suo tema fantascientifico:
trascorre molto tempo nello spazio, esplora i viaggi nel tempo e
presenta persino la stella artificiale Solaris. Si tratta di una
strada ben battuta da Gunn, che ha affrontato con abilità i
crossover tra supereroi e fantascienza nel suo incarico con
Guardiani della Galassia. Il sole gioca un ruolo
importante nella storia di Superman e in particolare in All-Star
Superman, dove essenzialmente condanna a morte l’eroe titolare,
anche se è estremamente improbabile che il nuovo universo
DC si apra con questa linea di trama.
Superman: Legacy darà
priorità alle relazioni e alla storia
Mentre Man of Steel vedeva Superman radere al suolo
Metropolis nella sua tumultuosa lotta con Zod,
Superman: Legacy si concentrerà più probabilmente
sulla storia di Superman e sulle relazioni che intrattiene con
figure centrali come Lois Lane. Entrambe le influenze fumettistiche
citate da James
Gunn danno priorità al rapporto di Clark Kent con la
sua famiglia, i suoi colleghi e i suoi amici, compresi alcuni
strazianti momenti finali con Lois in All-Star Superman. Anche Lana
Lang potrebbe avere un ruolo più importante in Superman: Legacy, dato il suo ruolo di primo piano in
Superman for All Seasons e nella prima vita di Clark Kent.
Un fortissimo scroscio di applausi
ha interrotto il silenzio assordante durato tutti i 99 minuti della
proiezione pomeridiana del documentario 20 Days in
Mariupol diretto da Mstyslav Chernov – con
il supporto del collega di una vita Evgeniy
Maloletka – presentato durante
Mondovisioni, la rassegna di documentari su
attualità, diritti umani e informazione (all’interno della quale è
stato presentato anche Praying forArmageddon) curata da CineAgenzia per
il Festival di Internazionale a
Ferrara, che si è svolto nella città
dell’Emilia-Romagna dal 29 settembre al 1 ottobre.
Film, continua a filmare
“Filma, continua a
filmare”, queste sono le parole che vengono ripetute più
spesso all’interno di 20 Days in Mariupol. Continua a
filmare, perché il mondo ha bisogno di sapere quello che sta
accadendo qui; continua a filmare perché i colpevoli di questo
scempio vedano gli occhi di chi stanno uccidendo; continua a
filmare affinché non ci si volti dall’altra parte. A pronunciare
queste frasi sono militari, civili, medici che esortano i
giornalisti dietro le videocamere per paura che ad un certo punto
essi smettano, per pudore, per l’orrore, per il dubbio che la
testimonianza sfoci in voyeurismo e pornografia del dolore. Ma in
questo caso non c’è scelta, e lo sanno bene i reporter di The
Associated Press, infatti non si esimono mai dal puntare i loro
obiettivi in direzione di donne incinte col bacino frantumato,
bambini neonati in arresto cardiaco, ragazzi di neanche vent’anni
con le gambe esplose mentre giocavano a pallone per la città prima
di un raid aereo improvviso.
Mstyslav e Evgeniy sono gli unici
due giornalisti rimasti nella città di Mariupol durante tutti i
primi venti giorni dell’assedio, quindi le immagini che ci vengono
proposte all’interno del doc le abbiamo viste e riviste, sui
giornali, in TV, sui social media. Ma mai in questo modo, non con
questa forza narrativa ed emotiva, mai con questa devastante
percezione di mancanza di senso. Significativa in questo caso è
l’immagine di una donna che non riesce più a reggersi in piedi dopo
aver appreso che suo figlio di appena 18 mesi non ce l’ha fatta,
che i medici non sono riusciti a rianimarlo. La donna sostenuta dal
marito urla verso il cielo “Perché? Perché?” Non riesce a
darsi una spiegazione a tutto quel male e a quel dolore.
I due reporter si trovano più volte
in situazioni di pericolo, sono costretti a nascondersi nelle case,
nei seminterrati, si trovano schiacciati contro le pareti assieme a
decine di persone sfollate, assistono in prima persone all’attacco
scellerato contro un ospedale che ospitava un reparto maternità.
Eppure non si tirano mai indietro, sono pronti, sempre pronti a
rialzarsi, a gettarsi ancora più dentro al pericolo, forse nella
speranza di far arrivare quelle riprese, quelle foto, questo
documentario, alle persone responsabili di quello scempio e far
balenare in loro l’idea che basta così, che non c’è motivo di fare
ancora peggio. Ovviamente, come sappiamo, quel momento, ad oltre un
anno dallo scoppio del conflitto, non è ancora arrivato.
Radiografia di una guerra
Vedere 20 Days in Mariupol
è come essere gettati in prima persona nell’orrore della guerra. Lo
spettatore non può far altro che guardare, guardare e ancora
guardare. Non c’è neanche il tempo di pensare, di immagazzinare
tutte quelle informazioni. Da un certo punto in poi gli occhi
diventano pesanti, hai la testa che ronza e sei teso come se anche
tu fossi in pericolo di vita. Vorresti che la cosa finisse presto o
che ci fosse un lieto fine. Ma come i due giornalisti di AP hanno
continuato a filmare, lo spettatore non può far altro che guardare.
E così come se lo chiedono i due reporter, anche chi guarda
comodamente seduto sulla poltrona del cinema si chiederà, posso
fare di più? Ci si sente inutili e in colpa. Si vorrebbe riuscire a
fare di più. Ed è dura, è veramente dura.
“La guerra è come una
radiografia, fa vedere l’interno degli esseri umani. Chi è buono
diventa più buono, chi è cattivo, diventa più cattivo” afferma
uno dei medici dell’ospedale da campo della città e 20 Days in
Mariupol riesce in un compito ancora più difficile, ci
consegna una radiografia della guerra. Uno scenario agghiacciante,
immagini fortissime, le voci delle persone che sono state vittime
di quell’inferno; tutto, ogni momento, lascia con un senso di vuoto
e di tristezza senza precedenti.