Il nuovo film con
Gerarld Butler è per la regia di Ric Roman
Wugh, che l’aveva già diretto in Attacco al potere
3 e Greenland, di cui per entrambi sta lavorando a un
prossimo capitolo. Il regista, che ha fatto anche lo stuntman
durante gli anni 80 e i 90, è stato tra l’altro ingaggiato per un
sequel di Cliffhanger, che aveva vissuto in quel periodo
proprio dal punto di vista della controfigura, pur non avendo
partecipato al progetto, ma empatizzando profondamente con la mole
di allenamento che aveva comportato.
Per Operazione
Kandahar resta sul genere action a cui, appunto, è
tanto affezionato, aggiungendo un’intensa quota di spionaggio
internazionale ficcandosi nelle spire della violenza del terrorismo
islamico.
La sceneggiatura è
infatti ad opera di Mitchell LaFortune, un ex ufficiale della
Defense Intelligence Agency e analizzatore per i servizi segreti
dell’esercito degli Stati Uniti che ha redatto la storia dietro ad
Operazione Kandahar intitolandola inizialmente Burn
Run. Gli eventi si basano sulla sua esperienza vissuta nel 2013
in Afghanistan durante la quale ci fu una pericolosa fuga di
notizie da parte del consulente informatico americano Edward
Snowden che diffuse dati altamente riservati di proprietà della
National Security Agency.
Operazione Kandahar,
la trama
Qui Gerard Butler è Tom
Harris, un agente della CIA sotto copertura che sta portando avanti
una delicata missione in Medio Oriente per cui deve impiantare dei
virus nei sistemi di sicurezza arabi e metterli – per così dire –
fuori uso. La sua vita privata è ovviamente a gambe all’aria e,
ultimato il suo compito, cerca quindi di partire sbrigativamente
per tornare a casa. Ma, mentre cerca di prendere il volo del
ritorno, ritrova un vecchio amico (Travis Fimmel, l’attore di
Vikings la cui carriera aveva visto le luci della ribalda
agli inizi degli anni 2000 in uno spot per Calvin Klein, non
dimentichiamolo mai) che gli affida una nuova missione che lui
accetta. Tom si ritrova però improvvisamente braccato e in fuga nel
deserto arabo insieme al suo interprete Mohammad Doud (Fahim Fazli)
in una situazione spaventosa e sanguinaria che non gli lascerà
tregua nemmeno per un attimo.
La descrizione delle
violenze e i disastri lasciati in Medio Oriente
Il film di Ric Roman
Waugh è un thriller di guerra a tensione continua, che ansima
continuamente e a tratti dispera. Il regista indugia nel mostrare
la violenza (anche se non esplicita) e i disastri lasciati in Paesi
come l’Iran e l’Afghanistan dove le dinamiche di collaborazione con
i nuclei terroristici esistono e sussistono anche tra le nazioni
occidentali che fingono di non vedere finché la situazione permette
loro un vantaggio. La struttura stessa delle riprese descrive
perfettamente questa dinamica: da una plancia di comando, due alte
cariche della CIA seguono i movimenti dei protagonisti osservandoli
su un maxi schermo da cui si vede ogni cosa ripresa dall’alto, come
se un drone seguisse sempre i protagonisti.
Esattamente come in
un videogame
Il quadro che si vede
alla fine è un po’ di più rispetto a una sola successione di
sequenze d’azione. Certo, nell’andare in profondità non si spinge
chissà quanto oltre, ma risulta interessante il modo in cui Waugh
mette in scena quello che vuole raccontare. La CIA resta a guardare
quello che succede: attacchi, violenze, torture, la scoperta dei
covi di chi comanda e guadagna da una terra inzuppata del sangue
dei civili, e non fa mai nulla. Gli uomini sembrano essere come
insetti le cui vite non contano nulla.
La bravura dell’ex agente
Mitchell LaFortune nel scrivere la storia e del regista nel
tradurla in immagini, è per aver fatto una descrizione molto chiara
di un’atmosfera attinente con la (terribile) realtà, all’interno di
un film dal ritmo serrato e incalzante.
Circa trent’anni fa la regista
Agnieszka Holland (regista
recentemente di In Darkness e Charlatan – Il potere
dell’erborista) ha realizzato quello che ancora oggi è uno
dei suoi film più famosi, dal titoloEuropa
Europa, dove con tale ripetizione si puntava a
proporre una riflessione sulle due identità dell’Europa quale luogo
di civiltà e rispetto delle leggi ma anche di crudeli crimini
contro l’umanità. Non molto sembra essere cambiato da quel film,
con la seconda delle due identità che sembra però aver prevalso
sulla prima e a mostrarcelo è la stessa Holland con il suo nuovo
lungometraggio Zielona granica (Green
Border), presentato in concorso alla Mostra del Cinema di
Venezia.
Un film che spicca tra gli altri
titoli in corsa per il Leone d’oro per la sua capacità di sbattere
in faccia allo spettatore una tragica realtà troppo spesso
sottovalutata, quella dei migranti al confine tra Biellorussia e
Polonia, sorretta da una costruzione drammaturgia che permette non
solo di entrare nel vivo di questa crisi umanitaria ma anche di
confrontarsi con i molteplici punti di vista in gioco in tale
dinamica. Zielona granica (Green Border) è dunque cinema
politico al suo meglio, frutto di un’autrice che all’età di 74 anni
sfoggia una lucidità e un controllo del mezzo cinematografico
sbalorditivi.
La trama di Zielona granica (Green Border)
La vicenda si svolge dunque nelle
insidiose foreste paludose che costituiscono il cosiddetto “confine
verde” tra Bielorussia e Polonia, dove i rifugiati provenienti dal
Medio Oriente e dall’Africa che cercano di raggiungere l’Unione
Europea si trovano intrappolati in una crisi geopolitica
cinicamente architettata dal dittatore bielorusso
Aljaksandr Lukašėnko. Nel tentativo di provocare
l’Europa, i rifugiati sono infatti attirati al confine dalla
propaganda che promette un facile passaggio verso l’UE. Pedine di
questa guerra sommersa, le vite di Julia,
un’attivista di recente formazione che ha rinunciato a una
confortevole esistenza, di Jan, una giovane
guardia di frontiera, e di una famiglia siriana si intrecciano.
Accanto ai migranti, per cogliere la loro realtà
Inutile nasconderselo, l’idea di
vedere un film polacco in bianco e nero della durata di due ore e
mezza, può far pensare ad un’esperienza a dir poco ostica,
riservata ai soli cinefili amanti di questo genere di
cinematografie. La realtà, come ci dimostra la stessa regista con
il racconto di questo film, è spesso però differente da come la
immaginiamo. Perché quando il film ha inizio ci si rende conto in
breve tempo di trovarsi davanti ad un’opera estremamente dinamica,
rapida nei tempi e senza mezzi termini nel proporre anche le
situazioni più difficili. Un’opera, dunque, che vede la sua regista
porsi con la sua macchina da presa direttamente accanto ai migranti
per cogliere la loro realtà.
Lo spettatore viene allora chiamato
a vivere la fame, la sete, la paura e il dolore, ma anche la
consapevolezza che riuscire ad attraversare il confine non equivale
ad aver trovato la libertà. Il bosco pullula infatti di militari e
forze dell’ordine, pronte a rispedire i migranti al di là del
confine solo per dar vita ad una possibilmente infinita situazione
di stallo. Il film si svolge dunque praticamente tutto in questo
ambiente naturale che si rivela però tutt’altro che amico di chi vi
è incastrato dentro. La Hollan riprende tutto ciò senza
preoccuparsi troppo dell’estetica, perché non vi è tempo per
preoccuparsene davanti all’orrore che, come riportato dalle
didascalie a fine film, avviene ogni giorno, anche ora mentre si
sta leggendo questa recensione.
Zielona granica (Green
Border) è il cinema che pone domande
Non c’è dunque pathos né eroismo nel
modo in cui si presentano i personaggi e si raccontano le loro
storie. Vengono invece raffigurati semplicemente come esseri umani
vittime di situazioni sociali e politiche insostenibili e
attraverso l’impiego di tre ben distinti punti di vista è possibile
avere un quadro completo e preciso di ciò che accade in quei luoghi
ma anche nel corpo e nell’anima di chi è direttamente coinvolto. La
Holland segue tutti questi personaggi trovando un magnifico
equilibrio tra opera di fiction e documentario, fornendo così al
suo film una forza comunicativa davvero sorprendente. Tale
molteplicità di sguardi finisce talvolta con il presentare alcune
vicende che si sarebbero potute asciugare un po’, specialmente
nella seconda ora del film.
Zielona granica (Green
Border) avrebbe potuto probabilmente essere un eccellente film
di due ore, ma ciò non gli toglie di essere uno dei film più forti,
cinematograficamente e politicamente parlando, visti quest’anno
alla Mostra del Cinema. Lo è anche grazie al suo abbagliante bianco
e nero, che risulta significativo in quanto da un lato è coerente
con lo stato d’animo dei protagonisti, i quali metaforicamente
vivono una vicenda priva di colori, ma dall’altro sembra voler
richiamare alla mente i vecchi war movie e ribadire che
quella mostrata qui è a tutti gli effetti una situazione di guerra,
resa ancor più grave dal consapevole impiego di esseri umani quali
“proiettili viventi”, come verranno definiti ad un certo punto del
film gli immigrati.
Zielona granica (Green
Border) non è un film perfetto né vuole esserlo, avendo come
primario obiettivo quello di ricordarci che il cinema è un mezzo
estremamente potente, che chiama in questo caso a confrontarsi
nuovamente con realtà troppo drammatiche perché vengano ignorate.
Pone domande alle quali non conosciamo le risposte, ma è solo
ponendole che si può tentare di dare un po’ più di senso al mondo.
La Holland fa proprio questo con il suo film, spingendo lo
spettatore a chiedersi perché quanto qui mostrato debba
verificarsi, perché silenziosamente la storia tenda a ripetersi. È
a partire da film come questo che, scossi nell’animo, si può
iniziare a cercare risposte a queste domande, che la regista non
vuole assolutamente rimangano irrisolte.
La Universal
Pictures ha diffuso in rete il secondo trailer di The Exorcist: Believer, in
Italia distribuito come L’esorcista:
Il credente. Si tratta di un nuovo sequel del
lungometraggio del 1973, diretto dal regista della nuova trilogia
di HalloweenDavid
Gordon Green. Sebbene il film horror fungerà da sequel
diretto de L’esorcista, è stato
comunicato che gli altri film esistenti nel franchise rimarranno
canonici. Il trailer, della durata di ben 3
minuti, introduce gli spettatori all’atmosfera, alle
vicende e ai personaggi del film, promettendo tanto richiami
all’opera originale quanto nuovi sconvolgenti orrori.
L’esorcista – Il credente, tutto quello che sappiamo
sul film
L’esorcista:
Il credente si concentrerà sul padre di una
bambina posseduta, che in cerca di aiuto entrerà in contatto con
Chris MacNiel (Ellen Burstyn).
La Burstyn riprenderà il suo ruolo de L’esorcista, dove
era la madre di Regan (interpretata da Linda Blair),
per aiutare a combattere il possesso della bambina e di una sua
amica. Oltre alla Burstyn, il cast di L’esorcista – Il
credente include Leslie Odom Jr.
(Hamilton), Ann Dowd (The Handmaid’s
Tale), Raphael Sbarge (C’era una
volta) e la cantante Jennifer Nettles.
Con un cast di talento riconoscibile
che dà vita al film, L’esorcista:
Il credentesta prendendo forma
come un degno seguito di
L’esorcista. La decisione di avere tutti i film nel
canone di indica inoltre che ci saranno riferimenti anche agli
altri quattro titoli della serie. Il nuovo film, però, segna anche
l’inizio di una nuova trilogia di sequel,
similmente a quanto fatto anche con i sequel di Halloween,
di cui appunto Green è stato regista.
Resta però da vedere come questo
nuovo film si affermerà presso il grande pubblico. Mentre Green si
è dimostrato un talentuoso regista slasher con Halloween,
i suoi sequel Halloween Kills e
Halloween Ends non sono
stati particolarmente apprezzati né dal pubblico né dalla critica.
Tuttavia, con L’esorcista – Il credente, che
crea una nuova storia all’interno dell’universo di
L’esorcista, il film potrebbe svelare nuovi entusiasmanti
aspetti degni di essere raccontati.
Richard Linklater
ha presentato in anteprima a Venezia 80 Hit Man,
commedia brillante interpretata da Glen Powell,
anche co-autore della sceneggiatura. La trama del film ruota
attorno a Gary Johnson (Powell), il killer
professionista più richiesto di New Orleans. Per i suoi clienti è
come se fosse uscito da un film: il misterioso sicario da
ingaggiare. Ma se lo si assolda per fare fuori un marito infedele o
un boss violento, è bene stare in guardia, perché lui lavora per
la polizia. Quando infrange il protocollo per aiutare una donna
disperata che cerca di scappare da un fidanzato violento, si
ritrova ad assumere una delle sue false identità: si innamorerà
della donna e accarezzerà l’idea di diventare lui stesso un
criminale.
Hit Man, genesi e tematiche del nuovo film di Richard
Linklater
Il regista di Boyhood si è soffermato sulla genesi di Hit Man,
raccontando: “Nella primavera 2020 Glen mi ha chiamato,
dicendomi di aver letto l’articolo di Skip Hollandsworth sul Texas
Monthly. lo gli ho risposto, “la conosco da quando portavi il
pannolino!’ e così abbiamo iniziato a parlarne. Dalle basi reali
della storia di Gary Johnson, ci siamo domandati cosa sarebbe
potuto succedere se l’incontro tra lui e il personaggio di Madison
si fosse tramutato in una dinamica contorta e oscura“.
“Penso di avere un punto di
vista molto da dark-comedy nella vita in generale, così sono
riuscito ad avvertire il potenziale comico anche in una storia in
realtà molto seria. Ho spaziato tra più generi perchè credo che il
mondo moderno sia molto più complesso di quello del passato, tra
identità instabili e la disinformazione che permettono con più
facilità alle persone di presentarsi come ciò che non sono
davvero“.
Linklater ha poi
svelato cosa lo ha attirato el fare un film su un hitman,
un sicario: “Il fatto che non esistano veramente. Come società,
penso che porteremo avanti questo mito, ma è un mito nato dal
cinema ed è incredibilmente divertente“. “Anche questo mio
film ruota attorno all’eterna e antica domanda che ci facciamo, se
le persone possano o meno cambiare. Tutti noi vogliamo essere delle
persone migliori, c’è questo istinto naturale, e io voglio parlarne
perchè mi spaventa l’idea di un mondo passivo dove questo non
accade e le persone non riescono a scindere il vero dal
falso“.
L’opinione sugli scioperi della SAG-AFTRA e della WGA
Richard Linklater
ha dichiarato di credere che gli scioperi della SAG-AFTRA e della
WGA negli Stati Uniti si risolveranno “presto“, perché
“qualcosa deve cedere“. Il regista statunitense ha
rivelato che spera di riprendere le riprese di Merrily We
Roll Along, il suo progetto ventennale con Paul Mescal,
“molto presto, se possibile“. Non ha fornito date precise
per la ripresa delle riprese. Il film è prodotto dalla Blumhouse Productions.
Rispondendo a una domanda sugli
scioperi posta durante la conferenza stampa per il suo titolo in
concorso a Venezia, Hitman, Linklater ha detto: “Tutti lo
sentono, nessuno è felice. Questo è il problema quando sei in
un’industria e improvvisamente nessuno è contento; forse è il
momento di ricalibrare e proporre alcune cose che potrebbero essere
giuste per tutti“. “Penso che qualcosa debba cedere“,
ha continuato il regista. “Non sono tanto al centro della
questione; sono in sciopero, sono un fiero membro del sindacato, di
un paio di sindacati. Si risolverà tutto“.
Gli scioperi sono un processo
necessario dell’evoluzione del mercato del lavoro, suggerisce il
regista. “È uno di quei momenti cruciali che si verificano di
tanto in tanto – siamo qui perché 60 anni fa la gente ha
scioperato. Il lavoro è sempre progredito attraverso questo, quindi
ogni tanto è il momento di fare una correzione per il futuro.
Sembra che sia arrivato adesso; non credo che sia stato previsto in
questa misura, ma di tanto in tanto“. “E tutti noi ci
stiamo sentendo a nostro agio, non sappiamo nemmeno quale sarà la
situazione in futuro. Ognuno di noi sta affrontando la situazione
nel miglior modo possibile“.
Progetti futuri
Il regista ha dichiarato che sarebbe
aperto a un altro capitolo della sua popolare trilogia Before, che ha prodotto tre episodi a
intervalli di nove anni: Before Sunrise del 1995,
Before Sunset del 2004 e Before Midnight del
2013. “Qualche anno fa abbiamo mancato l’appuntamento con i
nove anni; ma finché siamo qui, non si sa mai”, ha detto Linklater.
“Non lo faremo solo per farlo; per quanto sarà divertente, dobbiamo
avere qualcosa da dire sulla vita in quella fase“.
La collaborazione con Glen Powell
Linklater ha anche
parlato con affetto di Powell, che ha incontrato
per la prima volta quando l’attore un adolescente e si è assicurato
un ruolo nel film di Linklater Fast Food Nation del 2006.
“C’è una qualità alla [Matthew] McConaughey“, ha detto
Linklater, ricordando un altro talento statunitense a cui ha dato
una grande opportunità, in Dazed And Confused. “Il
grande salto che [Powell] ha fatto quando è arrivato per Everybody
Wants Some – a quel punto era un uomo. Era così intelligente,
divertente e affascinante. È ovviamente una star, così come Adria
Arjona. È stato divertente avere queste parti per persone di
quell’età. Sono entrambi così talentuosi. Glenn è speciale – se il
mondo non lo sa ancora, spero che Hit Man lo dimostri“.
Arriva nelle sale
il 5 ottobre il film diretto dal regista russo
Kirill Serebrennikov, La moglie di Tchaikovsky,
con Alyona Mikhailova, Ekaterina
Ermishina, Odin Lund Biron,
Nikita Elenev.
Serebrennikov torna
dietro la macchina da presa dopo aver diretto film molto apprezzati
da critica e pubblico (Parola di Dio, Summer, Petrov’s
flu), ospitati nei più importanti festival di tutto il mondo,
per raccontare una storia vera. La moglie di
Tchaikovsky è ambientato nella seconda metà del XIX secolo
in una Russia ancora fortemente imperiale e racconta la turbolenta
relazione tra uno dei più grandi compositori russi, Pyotr Ilyich
Tchaikovsky (Odin Lund Biron), e sua moglie Antonina Ivanovna
Miliukova (Alyona Mikhailova). I due protagonisti sono stati
sposati dal 1877 fino alla morte del compositore, avvenuta nel
1893: un matrimonio complesso e foriero di troppi compromessi che
Antonina non ha mai accettato. Dal genio di Kirill Serebennikov, un
sorprendente racconto di amore, ossessione e musica diretto con
maestria e meticolosa cura del dettaglio.
Russia, seconda
metà dell’Ottocento. In un’epoca in cui le donne non sono altro che
un nome scritto sul passaporto dei mariti, Antonina Ivanovna,
aspirante musicista, si innamora perdutamente del compositore Pyotr
Ilyich Tchaikovsky e lo convince a sposarla. Ma questo nuovo legame
rischia di distruggere entrambi: Tchaikovsky, infatti, non ha mai
amato una donna, e non inizierà certo con lei.
La moglie
di Tchaikovsky sarà nei cinema italiani dal 5 ottobre con Arthouse,
la label di I Wonder
Pictures dedicata al cinema d’autore più innovativo, in
collaborazione con Unipol Biografilm Collection.
Presentato in Concorso a Venezia 80, Enea è l’opera seconda di Pietro Castellitto dopo I Predatori. Due opere molto distanti ma con dei
tratti in comune. in Enea viene infatti descritta una
borghesia italiana con una lenta diversa: “Enea è un film sul
desiderio di sentirsi vivi. Enea vuole sentire dentro di sé il
movimento della vita. Tutti i personaggi a loro modo provano a
sentirsi vivi e da qui si genera un conflitto. Se le immagini di
ristoranti e i luoghi che frequenta Enea possono sembrare elitari
c’è però quel desiderio e quella vitalità incorruttibili non è
elitario, è trasversale a tutti i giovani di qualsiasi epoca.
Volevo svincolarmi dal conflitto borghese, dall’idea di famiglia
borghese apatica che genera dei figli nichilisti. Enea invece è un
eroe romantico, la famiglia è piena di vita“.
Nel film questo conflitto viene
descritto bene dai due protagonisti Valentino ed
Enea: “Valentino ed Enea cercano di creare un
modo dove possono sentirsi vivi e creare un mondo dove i baci
possano tornare a esistere. Per fare questo sono quasi disposto a
tutto“. Lo stesso regista ha definito il suo film “un
gangster movie senza gangster“, una ricerca di scrittura che
alla fine colloca Enea come un eroe romantico moderno: “Il
punto di vista che più mi interessava raccontare sono le
conseguenze del sottobosco criminale nella vita di tutti i giorni.
È come se sottotraccia si muovesse il genere gangster ma non appare
mai del tutto“.
Enea è il 100° film di
Sergio Castellitto
Tra l’emozione di presentare il film
in un contesto come quello di Venezia Pietro racconta l’esperienza
di aver diretto per la prima volta il padre Sergio Castellitto: “Ho provato in tutti i
modi a non fare un film con mio padre, per quanto sapessi che il
personaggio di Celeste si muove su una frequenza ironica che
nessuno come mio padre avrebbe intercettato. Ho cercato altre
strade ma poi una sera mi sono convito e l’ho chiamato“.
Presente in conferenza stampa anche
Sergio Castellitto che continua il racconto:
“Tempo prima che mi chiamasse Pietro sono andato su IMDB e ho
scoperto che ero accreditato per 99 titoli. Enea sarebbe stato il
mio 100° e l’ho considerato un segno del destino. È stata una
relazione molto tranquilla, ho fatto questo film obbedendo al
disegno del regista ma come ho fatto anche altre volte ho anche
messo dei miei accorgimenti che sorprendono chi sta dietro la
macchina da presa“.
Anche Benedetta Porcaroli, presente nel film come
interesse amoroso di Enea, racconta la sua esperienza sul
set: “È stato un lavoro per me molto felice, è stato un film
complicato e coraggioso e devo dire che mi sono affidata al quadro
di Pietro, preciso e sfumato. Penso che sia un film emozionante con
una stratificazione di storie. Enea ci fa vivere questo conflitto e
questa difficoltà a fare i conti con la vita. La Roma che viene
raccontata nel film è una Roma inedita che ho amato anche se
difficile e claustrofobica“.
Maledetta primavera
Un ruolo chiave nella narrazione di
Enea lo ha la colonna sonora – a opera di Niccolò
Contessa de I Cani. Oltre alle canzoni originali ci sono
due brani appartenenti al panorama pop italiano: Spiagge e
Maledetta primavera: “Quando devi scegliere i brani del film
inevitabilmente devi anche seguire il tuo istinto. Soprattutto a
Maledetta primavera ho legati tanti ricordi della mia gioventù, è
una canzone che si canta allo stadio quando gioca la Roma. invece,
Spiagge racconta benissimo lo stato d’animo dei protagonisti
suggellato dalla fine dell’estate“.
Un uomo se ne sta appoggiato alla
porta del bagno delle donne, dal quale esce poi una distinta
signora che capiamo essere la madre di lui. Prima di tornare sulla
pista da ballo del locale in cui si trovano, l’uomo blocca la donna
e con fare amorevole le pulisce il naso da un velo di cocaina che
le era sfuggito. Inizia così El paraíso,
il nuovo film di Enrico Maria
Artale presentato nella sezione
Orizzonti della Mostra del Cinema di
Venezia. Una prima scena che ci descrive già con
grande precisione il rapporto intenso, a tratti morboso, esistente
tra la madre e il figlio protagonisti.
Sulla loro relazione si costruisce
dunque un film che Artale scrive ricercando percorsi inaspettati ed
emozioni sincere, con l’obiettivo di indagare la sottile linea che
distingue amore e follia, ma anche semplicemente di offrire una
buona storia, che dimostri la forza di rimanere nella mente dello
spettatore ben oltre la visione. E di momenti particolarmente
toccanti ce ne sono in El paraíso, che piano piano porta
alla luce le proprie vere intenzioni e si rivela essere un’opera di
genere che utilizza il melodramma e la telenovelas sudamericana
come punti di partenza per identificare le emozioni dei propri
personaggi.
El paraíso, la trama del film
Proagonista del film è Julio
Cesar (Edoardo Pesce), un uomo di quasi
quarant’anni che vive ancora con sua madre (Margarita Rosa
De Francisco), una donna colombiana dalla personalità
trascinante. I due condividono praticamente tutto: una casetta sul
fiume piena di ricordi, i pochi soldi guadagnati lavorando per uno
spacciatore della zona, la passione per le serate di salsa e
merengue. Un’esistenza ai margini vissuta con amore, al tempo
stesso simbiotica e opprimente, il cui equilibro precario rischia
però di andare in crisi con l’arrivo di Ines
(Maria Del Rosario), giovane colombiana reduce dal
suo primo viaggio come “mula” della cocaina.
Ossessioni e possessioni
A partire dall’arrivo di questa
figura estranea, dunque, si sviluppa una crescente gelosia che da
una parte porta alla luce tutta l’ossessione della madre nei
confronti del figlio, mentra dall’altra permette a Julio Cesar di
assaporare una libertà che gli è nuova. Ines risulta dunque essere
il mezzo di contrasto per far emergere tutta una serie di non
detti, segreti, ossessioni, paure ma, soprattutto, sentimenti.
Perché El paraíso vuole prima di tutto essere questo, un
film di emozioni ricercate e raccontate con sincerità, provate da
personaggi che non sanno come esprimerle e nel cercare di farlo
sono pronti anche a sbagliare.
Proprio per via di questa loro
incapacità nel gestire le proprie emozioni, ciò che li circonda
sembra venire in loro soccorso, dando forma al loro mondo emotivo
attraverso colori, luci, sapori e odori. Artale ha infatti rivelato
di aver concepito la messa in scena del film non solo come un
richiamo ad un contesto altro, la Colombia, sempre nei pensieri dei
protagonisti per svariati motivi, ma anche per raccontare
attraverso le immagini ciò che essi non sanno dirsi. Assistiamo
dunque ad un film dai toni molto caldi, talvolta acidi, che ci
descrivono bene il senso di ossessione che si sviluppa tra Julio
Cesar, sua madre e Ines, senza che debbano esternarlo loro a
parole.
I corpi tragici di El paraíso
Ma se è vero che i personaggi non
comunicano davvero tra loro, di certo lo fanno i loro corpi. Artale
mantiene una certa vicinanza nei loro confronti, ma non stringe mai
troppo su di loro così da lasciargli libertà di movimento ed
espressione. Ed è così che i protagonisti hanno modo di trovare la
loro dimensione nello spazio, nella casa angusta e labirintica
costruita per loro. I loro corpi parlano, si esprimono, manifestano
intenzioni ed impulsi, come si può notare ad esempio dal lavoro
compiuto dall’attrice Margarita Rosa De Francisco,
che con il ruolo della madre dà vita ad una grande prova
attoriale.
I corpi dunque comunicano molto più
delle parole in El paraíso, ma sono anche lo strumento
attraverso cui si esprime il più forte dei legami possibili, che
non manca di manifestarsi in un paio di scene che si assesteranno
come duri colpi per stomaci deboli. Probabilmente ad essere
ricordate saranno in particolare questo tipo di scene, che lo
stesso regista ha affermato essere state le immagini da cui si è
poi costruito il racconto dell’intero film, ma in El
paraíso c’è molto di più, a partire da una generale atmosfera
di malinconia, data dal cambiamento più sù descritto e che ci
presenta una madre e suo figlio in tutta la loro tragicità di
esseri umani.
Duncan
Crabtree-Ireland, negoziatore chiave del SAG-AFTRA, ha
aspramente criticato gli studios di Hollywood per aver rifiutato le
proposte di colloquio con il sindacato. Mentre il fine settimana
del Labor Day volge al termine, lo sciopero SAG-AFTRA dura ormai da
53 giorni. Dopo quasi
due mesi di sciopero, il sindacato continua a lottare per
salari equi, pagamenti residui e tutele mentre i principali studios
di Hollywood sembrano opporsi a qualsiasi tipo di accordo.
In un articolo su Variety, il direttore
esecutivo nazionale di SAG-AFTRA, Duncan
Crabtree-Ireland, ha espresso la sua rabbia per la
reazione degli studi cinematografici allo sciopero. Come raccontato
da Crabtree-Ireland, il 12 luglio il sindacato ha detto agli studi
che erano “disposti a continuare a negoziare”, ma ha incontrato
resistenza da parte degli studi. Gli studi hanno affermato che
avrebbero avuto bisogno di tempo prima di poter incontrare il
sindacato per trattare, ma hanno comunque rifiutato. Pur elogiando
la continua “resilienza, unità e solidarietà” contro la loro
opposizione, il capo negoziatore ha etichettato il comportamento
degli studios di Hollywood come uno “sforzo deliberato per
prolungare lo sciopero”, dicendo:
“L’intransigenza e il silenzio
dell’AMPTP sono irrazionali. L’unico modo per risolvere uno
sciopero è attraverso il dialogo tra le parti. Il loro rifiuto
anche solo di parlare con noi sembra uno sforzo deliberato per
prolungare lo sciopero e infliggere il massimo dolore. Alcuni
economisti stimano che le perdite economiche che ne deriveranno
saranno pari a circa 5 miliardi di dollari. O forse il loro
obiettivo finale è, come ha detto a un giornale un anonimo
dirigente di uno studio, lasciare che lo sciopero “si trascini
finché i membri del sindacato non inizieranno a perdere i loro
appartamenti e le loro case”.
L’interruzione della produzione avrà
sicuramente delle ripercussioni sulla lunga durata, e non si tratta
solo dei festival autunnali senza star, cosa che già sta pagando il
Festival di Venezia in svolgimento in
questo momento al Lido.
Apre ufficialmente la
vendita dei biglietti di TOGETHER, edizione Lucca Comics &
Games 2023: dopo gli oltre 80.135 ingressi venduti in
modalità early bird – pensata per dare opportunità
agevolate ai più fedeli visitatori del festival –
daoggi alle ore 15.00 sarà possibile
acquistare biglietti giornalieri e abbonamenti fino al
raggiungimento di un massimo di 80.000 biglietti al
giorno.
Numerose le novità di questa
edizione, pensate per migliorare l’esperienza di tutti i
partecipanti, dei gruppi e delle famiglie, garantendo un’esperienza
di acquisto dedicata.
I gruppi e le comitive
composte da almeno 20 persone possono accedere al sito
dedicato comitive.luccacomicsandgames.com
per l’acquisto a prezzo ridotto e l’invio con un’unica spedizione –
effettuata al/alla responsabile del gruppo – dei biglietti
giornalieri e dei relativi braccialetti. Al raggiungimento delle 20
persone sarà fornito un biglietto omaggio (il 21esimo). Con questa
modalità non sarà necessario accedere ai Welcome Desk per il ritiro
dei braccialetti.
Le persone con
disabilità possono ricevere anticipatamente i biglietti
omaggio (giornalieri), accedendo al sito
senzabarriere.luccacomicsandgames.com.
Nel sito dovrà essere inserita la documentazione richiesta che
attesta l’invalidità e sarà possibile accedere a diverse
opzioni:
omaggio giornaliero con stampa a casa
(print@home), oppure omaggio giornaliero con stampa a
casa (print@home) e acquisto di un ridotto per
l’accompagnatore (queste opzioni prevedono il ritiro del
braccialetto presso i Welcome Desk durante i giorni del
festival),
omaggio giornaliero in modalità Salta il Welcome Desk,
oppure omaggio giornaliero in modalità Salta il Welcome
Desk e acquisto di un ridotto per l’accompagnatore (queste
opzioni prevedono l’invio di biglietto/i e braccialetto/i
direttamente a casa, pagando il prezzo della spedizione indicato
sul sito).
Questa opportunità si aggiunge alla
possibilità, durante i giorni del festival, di richiedere
direttamente in loco – presso le biglietterie o la Croce Verde di
Lucca – i biglietti giornalieri omaggio per le persone con
disabilità e l’eventuale ridotto per chi accompagna.
Questa opzione sarà sempre garantita anche qualora gli 80.000
biglietti giornalieri previsti fossero esauriti.
I bambini nati dal 1°
gennaio 2014 entrano gratuitamente, accompagnati da almeno un
adulto provvisto di biglietto/abbonamento e braccialetto.
Durante il festival, presso i Welcome Desk e il Family Palace, sarà
possibile ritirare gratuitamente un braccialetto speciale
pensato per i bambini sotto i 10 anni, con indicato il
numero della protezione civile.
I Welcome Desk saranno
6 e saranno visibili nella mappa che sarà pubblicata nel
sito www.luccacomicsandgames.com nelle prossime settimane.
Chi ha acquistato un abbonamento o biglietti singoli per
più giornate, potrà ritirare tutti i relativi braccialetti
direttamente al primo passaggio presso i Welcome Desk,
senza necessità di tornare i giorni successivi. Ogni
giornata sarà identificata da un braccialetto di uno specifico
colore, necessario per entrare in tutte le aree a
pagamento del festival.
Nei prossimi giorni saranno
attivati anche i servizi di prenotazione dei
parcheggi gestiti dalla società Metro, con cui
Lucca Comics & Games collabora,
tramite il sito eventi.parcheggilucca.it
Resta valida anche nel 2023
l’opzione Eventi in Bus, che prevede di
poter acquistare il biglietto giornaliero abbinato al viaggio
da/per Lucca. Questa opzione include anche il relativo
braccialetto, senza necessità di passare dai Welcome Desk. Il sito
dedicato è
www.eventinbus.com/artisti/lucca-comics-games_296.html
Continua anche la vendita dei
biglietti dei concerti serali, la LC&G Music
Tent(la nuova venue dedicata esclusivamente al
programma Music) ospiterà un programmapomeridiano e serale, per tutti i cinque giorni di
manifestazione.
Nel pomeriggio si potrà accedere
agli spettacoli solo con il biglietto del festival, mentre per i
concerti serali – con accesso dalle 20.30 e inizio
spettacolo alle 21.30 – sono previsti ticket a parte, acquistabili
fino ad esaurimento posti, conuno sconto per chi entrerà in
possesso di un titolo di accesso a Lucca Comics &
Games 2023.
I possessori dei biglietti
Early Bird (i biglietti di Lucca Comics &
Games 2023 acquistati in promozione tra il 10 e il 24
luglio) potranno godere dello sconto sul costo del
biglietto del concerto: per maggiori informazioni basterà
inviare una mail all’indirizzo
[email protected]
Chiunque volesse acquistare il
biglietto del concerto in modalità stampa@casa in combo con il
biglietto del festival potrà scegliere di acquistare anche il
servizio Salta il Welcome Desk e ricevere
a casa il biglietto del concerto, il biglietto di Lucca Comics & Games e il
braccialetto.
I biglietti dei concerti,
ovviamente, potranno essere acquistati separatamente, a prezzo
intero in modalità stampa@casa o ETicket, senza necessità di
acquistare il biglietto del festival.
Marvel Studios ha diffuso un nuovo trailer di
LOKI
2, la seconda stagione della serie Disney+ che vede protagonista
Tom Hiddleston accanto
a Sophia DiMartino che tornerà nel panni di
Silvie e a
Owen Wilson che invece torna in quelli di Mobius.
L’appuntamento è a partire dal 6 ottobre su Disney+.
Loki 2, tutto quello che sappiamo sulla seconda
stagione
LOKI 2 sarà la
“prima seconda stagione in assoluto” dello studio, e che
tornerà a raccontare le imprese del Dio dell’Inganno e dei
suoi tentativi di preservare l’integrità del Multiverso. La sinossi
ufficiale rilasciata dalla Disney recita: “la seconda stagione
di Loki riprende all’indomani dello scioccante finale di stagione,
quando Loki si ritrova coinvolto in una battaglia per l’anima della
Time Variance Authority. Insieme a Mobius, Hunter B-15 e a una
squadra di personaggi vecchi e nuovi, Loki naviga in un Multiverso
in continua espansione e sempre più pericoloso alla ricerca di
Sylvie, Judge Renslayer e Miss Minutes per comprendere su cosa
significhi possedere il libero arbitrio e uno scopo
glorioso“.
Tom Hiddleston
interpreterà naturalmente il Dio dell’inganno, mentre è confermato
anche il ritorno di
Owen Wilson e Sophia DiMartino,
così come l’arrivo della new entry Ke Huy Quan, reduce
dalla vittoria dell’Oscar per Everything Everywhere All
at Once.
Jonathan Majors tornerà invece nel ruolo di Kang,
anche se il suo personaggio non viene citato nel sinossi. La
seconda stagione di Loki, infatti, dovrebbe fornire
agli spettatori maggiori indizi su quello che sarà il suo futuro
nell’MCU. Il debutto
della nuova stagione è previsto su Disney+ per il
6 ottobre.
Netflix rilascia
il teaser trailer di Galline in fuga: L’alba dei
nugget, il sequel del film in stop-motion che vede il
ritorno di Melisha Tweedy, meglio conosciuta come la signora
Tweedy, l’arcinemica di Gaia. Le immagini permettono di dare
una prima occhiata alla signora Tweedy, doppiata nella versione
originale da Miranda Richardson, attrice teatrale,
cinematografica e televisiva.
Al cast si unisce anche
l’attore, comico, regista e sceneggiatore britannico Peter
Serafinowicz che dà la voce a Reginald Smith, un uomo d’affari
privo di senso dell’umorismo che insieme a Tweedy rappresenta una
nuova e più grande minaccia per i pennuti.
Il regista Sam
Fell afferma: “Si dice che un film sia ben riuscito
quanto lo è il suo cattivo, e la nemesi di Gaia, la signora Tweedy,
è uno dei villain migliori, decisa in L’alba dei Nugget ad attuare
una vendetta senza precedenti. Lavorare con Miranda Richardson per
trasformarla nella super cattiva anni Sessanta Melisha Tweedy
è stato un piacere. Miranda riesce a equilibrare perfettamente
dramma e commedia, facendoti ridere e allo stesso tempo spaventare.
A completare il nostro fantastico cast Peter Serafinowicz che
interpreta Reginald Smith, un uomo d’affari un po’ disorientato in
visita alla gigantesca fabbrica di nugget della signora Tweedy.
Serve un particolare genio comico per fare da contraltare
all’incredibilmente spaventoso super villain di Miranda Richardson.
Peter ci riesce con naturale raffinatezza”.
The Aardman Animations Picture, pluripremiata agli Oscar e ai
BAFTA (Creature Comforts, Wallace e
Gromit e Shaun, Vita da pecora) in
collaborazione con il regista premio Oscar e candidato ai BAFTA Sam
Fell (ParaNorman e Giù per il tubo) presentano Galline in
fuga: L’alba dei nugget, il tanto atteso sequel del
popolare film in stop motion con il maggiore incasso di sempre,
Galline in fuga.
Galline in fuga: L’alba dei nugget, la
trama
Essendo riuscita a fuggire per il rotto della cuffia
dalla fattoria dei Tweedy, Gaia ha finalmente trovato un posto da
sogno: un tranquillo rifugio su un’isola per l’intero pollaio,
lontano dai pericoli causati dall’uomo. Quando lei e Rocky danno
alla luce una pulcina di nome Molly, il lieto fine sembra vicino.
Ma sulla terraferma, l’intera razza dei gallinacei deve affrontare
una nuova e terribile minaccia. Per Gaia e la sua gang la tanto
agognata libertà potrebbe essere a rischio, ma questa volta non si
fermeranno davanti a nulla!
Regista: Sam Fell
Produttori: Steve Pegram, p.g.a. e Leyla Hobart,
p.g.a.
Sceneggiatori: Karey Kirkpatrick & John O’Farrell e
Rachel Tunnard
Storia di: Karey Kirkpatrick & John O’Farrell
Montatore: Stephen Perkins BFE
Musiche di: Harry Gregson-Williams
Produttori Esecutivi: Peter Lord, Nick Park, Carla
Shelley, Sam Fell, Paul Kewley, Karey Kirkpatrick
Cast: Thandiwe Newton (Gaia), Zachary Levi (Rocky),
Bella Ramsey (Molly), Imelda Staunton (Tantona), Lynn Ferguson
(Mac), David Bradley (Cedrone), Jane Horrocks (Baba), Romesh
Ranganathan (Frego), Daniel Mays (Fetcher), Josie Sedgwick-Davies
(Frizzle), Peter Serafinowicz (Reginald Smith), Nick Mohammed (Dr
Fry), Miranda Richardson (signora Tweedy)
Anna Magnani è la protagonista dell’immagine ufficiale
della diciottesima edizione della Festa del Cinema di Roma, che si
svolgerà dal 18 al 29 ottobre 2023 presso l’Auditorium Parco
della Musica “Ennio Morricone” con la direzione artistica di
Paola Malanga, prodotta dalla Fondazione Cinema
per Roma presieduta da Gian Luca Farinelli,
Direttore Generale Francesca Via.
La foto è un omaggio a una
delle più grandi e amate attrici del cinema italiano e
internazionale, scomparsa cinquant’anni fa. L’immagine la ritrae
sorridente e circondata dai fotografi nel corso della conferenza
stampa indetta nel 1956 dopo la vittoria del Premio Oscar® per la
sua straordinaria interpretazione nel film La rosa
tatuata di Daniel Mann. Anna Magnani, che mostra all’obiettivo
un fazzoletto su cui è appunto raffigurata una rosa, è stata la
prima attrice italiana a ottenere il prestigioso riconoscimento
assegnato dall’Academy. La Festa del Cinema di Roma ricorda così
una donna forte, determinata e affascinante, indimenticabile
simbolo del nostro cinema nel mondo.
Nel filone di drammi ecologici
recenti, tra
Alcarràs (Carla Simòn), Costa
Brava Lebanon (Mounia Akl) e How
to Blow Up a Pipeline (Daniel Goldhaber),
arriva in concorso a Venezia 80 il film Evil Does Not
Exist, del regista giapponese Ryusuke
Hamaguchi, che ha ottenuto la fama internazionale con
Drive My Car, vincitore dell’Oscar al miglior
film straniero nel 2022. Questo suo nuovo progetto è una
riflessione sui comportamenti che l’essere umano assume se
riportato in uno stato di natura, un perimetro dalla bellezza
apparentemente incontrastata ma che risveglia istinti latenti in
chi cerca di imporvisi.
Evil Does Not Exist: la minaccia
del “glamping”
Takumi e sua figlia
Hana vivono nel villaggio di Mizubiki, vicino a
Tokyo. Come le generazioni che li hanno preceduti, vivono una vita
modesta secondo i cicli e l’ordine della natura. Un giorno, gli
abitanti del villaggio vengono a conoscenza di un progetto per la
costruzione di un sito glamping vicino alla casa di Takumi, che
offrirà agli abitanti della città una comoda “fuga” nella natura.
Quando due rappresentanti di un’azienda di Tokyo arrivano nel
villaggio per tenere una riunione, diventa chiaro che il progetto
avrà un impatto negativo sull’approvvigionamento idrico locale,
causando disordini. Le intenzioni sbagliate dell’agenzia mettono in
pericolo sia l’equilibrio ecologico dell’altopiano che il loro
stile di vita, con conseguenze che colpiscono profondamente la vita
di Takumi.
Con una durata limitata – appena
un’ora e trenta di girato – Hamaguchi mette a
punto un film dal tono mutevole, che passa dalla satira anche
piuttosto ironica, all’angoscia e al respiro affannoso di un
predatore. Come l’acqua del villaggio che scorre verso il basso, il
film di Hamaguchi procede lentamente, seguendo i
ritmi della comunità isolata, e culminando in un finale in cui la
violenza è latente in ogni immagine, ma si è ormai insediata
ovunque, dopo che l’uomo moderno ne ha contaminato
inconsapevolmente il ritmo.
Un eco-dramma preciso nello svolgimento
Evil Does Not Exist
è un film di preoccupazioni, confronti e punti di vista: due parti,
investitori e locali, devono capire come procedere di pari passo
nel presente, dopo essersi resi conto della loro incompetenza, i
primi, e aver messo in chiaro le priorità della comunità, i
secondi. Ingenuità e consapevolezza continuano a scontrarsi in
dialoghi sinceri, che mai nascondono le ragioni dei personaggi e
fanno presagire un punto di rottura fin dall’inizio, che si palesa
quando il rappresentante del glamping manifesta la sua arroganza
credendo di poter provare a diventare un uomo interessante
imparando a vivere nella natura. In mezzo a questo scontro a due
armi, vi è la figlia di Takumi, enigmatico
personaggio i cui occhi sono anche il nostro primo ingresso nella
riserva naturale. Un personaggio che continua a vagare per i boschi
e le strade in cui i bambini possono ancora giocare senza
supervisione, almeno fino all’arrivo degli uomini di città. Da
allora, il sindaco della comunità inizierà ad avvertirla di non
recarsi nel bosco da sola: un monito inedito per la piccola che,
nella sua inconsapevolezza dell’esistenza di regole di vita altre,
lascerà questo consiglio inascoltato.
Ryusuke
Hamaguchi porta in concorso alla Mostra del Cinema di
Venezia 2023 un film dal respiro estremamente attuale, che sviscera
la complessità dell’animo umano con cambi di tono e di stile
precisissimi. La durata contenuta, la direzione dell’attore e,
soprattutto, una notevole agilità di scrittura, lo consacrano
definitivamente come una delle firme internazionali più
interessanti.
Ecco cinque clip di Doggy
Style, l’insolita commedia diretta da Josh
Greenbaum (Barb e Star vanno a Vista Del Mar), scritta da
Dan Perrault (Players, American Vandal), al cinema
dal 14 settembre.
Si dice che il cane sia il
migliore amico dell’uomo, ma se l’uomo in questione fosse un vero
bastardo? In questo caso, potrebbe essere il momento di una dolce
vendetta, da cani. Quando Reggie (Will Ferrell),
un Border Terrier innocente ed inesorabilmente ottimista, viene
abbandonato dal suo spregevole padrone per le pericolose strade
cittadine, Doug (Will Forte; The Last Man on Earth, Nebraska),
Reggie è sicuro che il suo amato padrone non lo abbandonerebbe mai
di proposito.
Ma quando Reggie si imbatte in Bug
(il premio Oscar Jamie Foxx), un Boston Terrier logorroico e
poco elegante, un randagio che ama la sua libertà e non crede nella
bontà dei padroni, finalmente si rende conto di che spregevole uomo
senza cuore sia Doug e di che amore tossico avesse per lui.
Determinato ad avere la
sua vendetta, Reggie insieme a Bug e ai suoi amici – Maggie
(Isla
Fisher; Now You See Me, 2 Single a nozze), un
intelligentissimo Pastore Australiano rimpiazzato dal suo padrone
con un nuovo cucciolo, e Hunter (Randall Park; Finché forse non vi
separi, Aquaman), un ansioso Alano stressato dal suo lavoro
come animale da supporto emotivo – escogitano un piano e iniziano
un’avventura epica per aiutare Reggie a ritrovare la via di
casa… e a farla pagare a Doug mordendogli quell’estremità di
sé stesso che più ama (Indizio: non è il suo piede).
Doggy
Style non è il solito film sui cani a cui siamo abituati.
È diretto da Josh Greenbaum (Barb e Star vanno a
Vista Del Mar) e scritto da Dan Perrault (Players, American
Vandal), è una commedia divertente vietata ai minori sulle
complicazioni dell’amore, l’importanza delle grandi amicizie e gli
inaspettati vantaggi di flirtare con un divano.
Con le voci italiane di:
Massimo De Ambrosis (Reggie), Pino Insegno (Bug), Federica De
Bortoli (Maggie), Federico Di Pofi (Hunter), Michele D’Anca (Doug),
Dario Oppido (Rolf). Doggy Style è prodotto dal fondatore e
amministratore delegato di Picturestart Erik Feig (La ragazza più
fortunata del mondo, Cha Cha Real Smooth), da Louis Leterrier
(regista di Fast X, Scontro tra Titani), da Dan Perrault (Players,
American Vandal) e da Phil Lord e Chris Miller (Spider-Man: Un
nuovo universo, The Lego Movie 2: Una nuova avventura) e Lord
Miller presidente di Film Aditya Sood (Sopravvissuto, Cocainorso).
Produttori esecutivi: Jessica Switch, Nikki Baida e Julia
Hammer.
Sono partite lo scorso 2 settembre
le riprese del film Leopardi &Co una co-produzione Camaleo/Eagle
Pictures – il film diretto da Federica Biondi che
vede in un ruolo comprimario, accanto a quello dei due protagonisti
della commedia romantica, Jeremy Irvine e Denise
Tantucci, e agli altri attori del cast Paolo
Calabresi e Paolo Camilli, il Premio
Oscar Whoopi
Goldberg.
La trama di Leopardi & Co
David
(Jeremy Irvine) è un giovane attore americano che
sogna un ruolo in grado di consacrarlo come una vera star mondiale.
Ma David è talmente superficiale che nemmeno legge i copioni che
gli arrivano finché la sua agente Mildred (Whoopi
Goldberg) lo costringe ad accettare il ruolo di
protagonista in “Giacomo in Love” film diretto dal mitico regista
italiano Ruggero Mitri (Paolo Calabresi). David,
convinto sia la storia di Casanova, arriva sul set a Recanati
totalmente impreparato per cui viene affidato a Silvia
(Denise Tantucci) una coach del luogo col compito
di spiegare all’americano chi era il Sommo. Tra i due è odio a
prima vista…
E’ stato presentato in concorso a
Venezia 80Coup De Chance, il nuovo film di
Woody Allen che ha sfilato sul red carpet rosso con il
cast del film. Il commento del regista “Questo è il mio
cinquantesimo film. È stato un grande privilegio averlo realizzato
a Parigi ed è un grande onore presentarlo a Venezia”.
Coup de Chance parla
dell’importante ruolo che il caso e la fortuna giocano nelle nostre
vite. Fanny e Jean sembrano la coppia di sposi ideale: sono
entrambi realizzati professionalmente, vivono in un meraviglioso
appartamento in un quartiere esclusivo di Parigi, e sembrano
innamorati come la prima volta che si sono incontrati. Ma quando
Fanny s’imbatte accidentalmente in Alain, un ex compagno di liceo,
perde la testa. Presto si rivedono e diventano sempre più
intimi…
E’ stato presentato in concorso a
Venezia 80 Priscilla, il nuovo film di
Sofia Coppola che ha sfilato sul red carpet rosso con
il cast del film Cailee Spaeny e e ovviamente la vera Priscilla
Presley.
In merito al film la regista ha
commentato “Sono rimasta colpita dall’autobiografia di Priscilla
Presley sugli anni che ha vissuto, da giovane donna, a Graceland. E
ho cercato di cogliere cosa provasse nell’immergersi nel mondo di
Elvis, per poi alla fine riemergerne e scoprire la sua identità.
Come artista per me è importante mostrare il mondo attraverso gli
occhi dei miei personaggi, senza giudicare. Mi hanno sempre
interessato i concetti riguardanti l’identità, il vissuto e la
trasformazione degli individui. Questo film indaga il modo in cui
Priscilla è diventata quello che è, e cosa significa e ha
significato essere donna per lei e per le generazioni successive.
Ha vissuto esperienze comuni a molte giovani donne, con la
differenza che le ha affrontate in un contesto inusuale. Ed è per
questo che nella storia di Priscilla, pur essendo unica, ci
possiamo incredibilmente identificare tutte..
Nel film Quando l’adolescente
Priscilla Beaulieu incontra a una festa Elvis Presley, l’uomo, che
è già una superstar del rock’n’roll, nel privato le si rivela
come qualcuno di completamente diverso: un amore travolgente, un
alleato nella solitudine e un amico vulnerabile. Attraverso gli
occhi di Priscilla, Sofia Coppola ci racconta il lato nascosto di
un grande mito americano, nel lungo corteggiamento e nel matrimonio
turbolento con Elvis. Una storia iniziata in una base dell’esercito
tedesco e proseguita nella sua tenuta da sogno a Graceland. Una
storia fatta di amore, sogni e fama.
Cosa succede quando caso e fortuna
entrano in gioco? Woody Allen delinea questo quadro cosmico in
Coup de Chance quando, cioè, il colpo di fortuna ti cambia
la vita. La cinquantesima pellicola del regista si muove per le
strade della Parigi di Midnight in Paris ma lancia uno sguardo al passato
ricordando molto il suo precedente Match Point. A differenza della sua enorme filmografia
questa volta Woody Allen arriva Fuori
Concorso a Venezia 80 con un film interamente girato in
francese sorprendendo tutti. Nonostante le continue voci sul suo
possibile ritiro, Allen smentisce tutto dicendo di aver pronto un
nuovo film ambientato nella sua New York.
Coup de Chance, la
trama
Jean (Melvil
Poupaud) e Fanny (Lou de Laâge) sono una
coppia di parigini, ricca e affascinante. Sono sposati ma non hanno
figli e passano i weekend nella loro casa in campagna a caccia con
gli amici. Woody Allen ci presenta il quadro della
situazione di questa famiglia il cui equilibrio viene rotto
dall’arrivo di Alain (Niels Schneider), un ex
compagno di liceo di Fanny eternamente innamorato di lei. Un
equilibrio che Allen, con l’autore della fotografia Vittorio Storaro, cerca di rompere utilizzando
la palette dei colori. La prima parte del film affronta proprio
l’incontro e l’inizio della relazione tra Alain e Fanny. Tra
appuntamenti nascosti e pranzi appartati, la coppia viaggia
indietro nel tempo tornando agli anni di spensieratezza
liceale.
In questa prima parte si
accavallano anche i sentimenti contrastanti nel cuore di
Fanny, scissa tra il marito, possessivo e
calcolatore, – reso visivamente con colori freddi e neutri – e
l’amante, romantico e fugace – dove esplodono i colori caldi e
intensi. La storia d’amore si consuma, forse destinata a durare in
eterno, ma nella seconda parte di Coup de Chance si
abbandona il destino e la fortuna, Woody Allen trasforma il lungometraggio da
dramma romantico a thriller. In questa parte il personaggio della
mamma di Fanny avrà un ruolo chiave. Interpretata da
Valérie Lemercier la donna sembra avere molto in
comune con il genero anzi è sollevata dal fatto che la figlia viva
al sicuro con un uomo stabile e ricco. Tuttavia, l’istinto materno
interviene al momento giusto quando scopre la verità su Jean.
La vita è una variabile
aleatoria
Jean è un uomo d’affari carismatico
e di grande successo, fa colpo su tutti e si circonda di molti
amici su cui sa di poter avere il controllo – lo stesso controllo
che esercita sul treno meccanico, unico oggetto che può manovrare.
Persone noiose, ricche e nullafacenti di cui si serve per
compiacersi. Il pettegolezzo però è sempre dietro l’angolo e viene
sussurrato alle sfarzose feste tra la folla. Jean sarebbe stato il
mandante di un omicidio del suo socio in affari
ereditando pare della ricchezza. Mentre Alain abbraccia il caso e
la fortuna, Jean è scettico nei confronti di questi argomenti che
nella filmografia di Woody Allen sono ricorrenti.
Gli spettatori che vedranno Coup de Chance non potranno
non notare la somiglianza con Match Point sotto alcuni
aspetti della trama. I continui incontri tra Alain e Fanny
insospettiscono Jean che possessivo e maniacale assume un
investigatore privato.
Caso, fortuna e probabilità si
ripresentano in una dura lotta di contrasti alla fine del film: un
biglietto della lotteria accostato a una battuta di caccia al
cervo. Quante probabilità ci sono di vincere e quante di prendere
l’animale al primo colpo? Woody Allen spiazza lo
spettatore e ancora una volta giocando con le probabilità si prende
gli applausi a scena aperta.
Sofia Coppola torna
al punto di vista femminile con il suo Priscilla,
presentato in concorso alla
Mostra del Cinema di Venezia 2023, biopic che racconta
l’amore tra Elvis Presley e la giovanissima
Priscilla Beaulieu, poi divenuta Presly. Optando
per un impianto da coming of age, che ben si sposa con il taglio
editoriale di A24 e MUBI – impegnate nella produzione e
distribuzione del film, il
film di Sofia Coppola è un indie molto lineare ma
sentito nelle intenzioni, un racconto di formazione che segue una
ragazza diventare donna, passare dalla libertà alla prigione e
viceversa, sulla strada travolgente di un amore che, per quanto
faccia male, non svanisce.
Priscilla: Elvis ed io, un passo
dietro a lui, e al suo fianco
Quando l’adolescente
Priscilla Beaulieu incontra a una festa
Elvis Presley, l’uomo, che è già una superstar
del rock’n’roll, nel privato le si rivela come qualcuno di
completamente diverso: un amore travolgente, un alleato nella
solitudine e un amico vulnerabile. Attraverso gli occhi di
Priscilla, Sofia Coppola ci racconta il lato
nascosto di un grande mito americano, nel lungo corteggiamento e
nel matrimonio turbolento con Elvis. Una storia iniziata in una
base dell’esercito tedesco e proseguita nella sua tenuta da sogno a
Graceland. Una storia fatta di amore, sogni e fama.
Priscilla ed
Elvis si incontrano in un luogo lontano dagli
States, entrambi con un’incredibile nostalgia di casa. Nella
Germania Ovest, dove Elvis sta prestando servizio militare e
Priscilla si è trasferita con la famiglia, non c’è tanto da fare.
Sarà proprio l’intrattenimento e la provenienza a farli avvicinare
e, in pochissimo tempo, ad elevare – ironicamente – la piccola
Priscilla a confidente prediletta del re del rock
‘n roll.
La “little one” di
Elvis ha 14 anni quando la sua vita cambierà per
sempre: molto più matura della sua età, capisce subito di essere
una figura necessaria per Elvis. Ma nemmeno il re del rock ‘n roll
è immune alla “fase di conoscenza” dei genitori e alle regole da
rispettare nel corteggiare una ragazza. Con fatica e tanta
caparbietà, la ragazza inizierà pian piano a vivere tra Germania e
Stati Uniti, ad assaporare uno stile di vita che le era
completamente alieno, a rendersi conto che, quando si è così vicini
a una figura pubblica, forse, si inizia a perdere un po’ se stessi,
soprattutto se non ci si è ancora conosciuti.
Alla ricerca di un punto di vista
Il fim di Sofia Coppola esplora in maniera
ottimale le prime fasi di conoscenza tra Elvis e
Priscilla, umanizzandola e avvicinandola al
pattern di tanti altri incontri romantici, con tutto l’imbarazzo e
la voglia di non perdersi del caso. Una seconda parte più
frettolosa e dal montaggio discontinuo, potrebbero precludere alla
pellicola di elevarsi e afferrare la portata di una storia d’amore
così intensa – ma dobbiamo ricordarci che si tratta di una
produzione indipendente e, per come è stata concepita e girata, è
perfettamente in linea con il marchio A24.
Coppola lavora sull’immagine
trasferendovi tutta una serie di significati altrimenti lasciati
impliciti: cosa cambia nella vita di Priscilla e in che successione
temporale, le sue emozioni e chi coinvolgono, sono tutti dettagli
non affidati alla sceneggiatura, ma alla costruzione di un
immaginario coerente con l’arco del nostro personaggio. Gli spazi
di Elvis e Priscilla si
influenzano e combaciano in base ai loro spostamenti, ed è lo
stesso per i loro ritmi di vita. Un dettaglio inedito a questo
proposito è il fatto che, pur adottando un punto di vista
espressamente femminile, il mondo di Priscilla è un mondo maschile.
Laddove la Coppola è diventata celebre proprio per
aver plasmato una personalissima impronta di universo femminile,
Graceland non la accoglie totalmente. A Priscilla
vengono forniti vestiti, viene detto come abbinarli e truccarsi per
esaltare al massimo la sua bellezza, viene portata a fare shopping
– ma deve esibire ogni outfit davanti a una folla di uomini,
Elvis e i membri della sua band. La giovane donna
maturerà in fretta abbastanza da rendersi conto che non ha ancora
un proprio punto di vista, e tutta la sua permanenza negli spazi
vitali di Elvis lo evidenzia.
Benché diseguale nella narrazione,
il Priscilla di Sofia
Coppola farà parlare di se per come la mano sicura
della regista disegna la presa di coraggio di una giovane donna in
divenire: quella a cui è stato concesso un sogno, quella a cui
verrà domandato tante volte “perché proprio tu”, quella che saprà
sempre nel suo cuore la risposta a questa domanda, ma non avrà
paura a cercarla anche altrove.
Come tutte le cose esistenti, anche
il MCU vive di pregi e
difetti. Di sicuro, posti sulla bilancia, sono i primi ad avere più
peso all’interno del franchise, ma ciò non vuol dire che gli
elementi non funzionanti al suo interno debbano cadere in
prescrizione e non essere aggiustati. Uno dei problemi che ha
sempre afflito il Marvel Cinematic Universe è la
confusione riguardo la sua timeline, la quale ha suscitato nel
tempo tantissime domande e dubbi. Attenzione, però, perché il
prossimo mese, precisamente ad ottobre, uscirà Marvel Studios The Marvel Cinematic
Universe: An Official Timeliner, il
libro che avrà il compito di spiegare
molti degli eventi confusionari del MCU, chiarendo eventuali
disguidi. Il volume dovrebbe abbracciare ogni episodio principale
del
franchise, dall’inizio alla fine, in maniera dettagliata, e
dovrebbe rispondere soprattutto a dieci lampanti incrinature
presenti. Scopriamo quali.
In Iron Man 2 c’era Peter
Parker?
Da quando è uscito Spider-Man:
Homecoming, molti si sono domandati nel tempo se il
bambino che indossava il casco di Iron Man, opponendosi a uno
dei droni di Whiplash in Iron Man 2, fosse Peter Parker. La teoria è stata
supportata dal fatto che gli spettatori, in realtà, non hanno mai
potuto vedere il suo viso. In seguito, sia il protagonista di
Spider-Man, Tom Holland, che il suo regista, Jon Watts,
hanno trovato una linea comune secondo la quale quel bambino fosse
davvero Peter. Una conferma arrivata anche da
Keving Faige, ma che per il momento è rimasta solo verbale.
Magari il libro sulla timeline del MCU potrà spiegare e
approfondire meglio la questione.
L’errore temporale di di
Spider-Man: Homecoming
Sempre in
Spider-Man: Homecoming c’è un altro evento che non è stato
bene inquadrato, ma che anzi ha solo generato molta confusione.
All’inizio del film vediamo infatti Adrian Toomes e il suo
equipaggio venire congedati dopo la battaglia di New York; in
quell’occasione il film ci suggerisce che la storia di cui si
parlerà si svolge otto anni dopo l’evento. Il grande punto
interrogativo non tarda ad arrivare, poiché prima di allora si
pensava che la Battaglia di New York avesse avuto luogo nel 2012,
il che significava che Spider-Man:
Homecoming doveva essere ambientato nel 2020 e non in
concomitanza con l’uscita del 2017. Questo è uno degli errori più
lampanti del MCU che il libro dovrà
sicuramente risolvere.
La canonicità delle serie Marvel
Television
Quando le serie della Marvel Television cominciarono a
prendere forma e vita, esse erano state pensate per essere
canoniche. In seguito, però, gli show si sono allontanati di
parecchio dalla continuità del MCU: molti degli eventi
accaduti al loro interno, tra l’altro notevolmente importanti, non
sono mai stati inseriti o menzionati all’interno dei film, tanto da
lasciar intendere che non siano più canonici. Con l’approdo, negli
ultimi tempi, degli show dei Marvel Studios sulla piattaforma di
Disney+, tale canonicità ha avuto maggiore
confusione, soprattutto perché nessuno ne ha dato o meno conferma.
Il libro della timeline potrebbe perciò chiarire questo
disorientamento, dicendoci se Agents of
S.H.I.E.L.D, Inhumans,
Runaways e tanti altri possono essere definiti
canonici. Oppure no.
Quando Stark è diventato Iron
Man?
Quando il MCU è ufficialmente nato,
quindi sin dalla sua Fase 1, la cronologia del suo primo capitolo è
stata uno dei temi più caldi su cui per diverso tempo si è
disquisito. All’inizio, l’impressione era che i film fossero
ambientati negli stessi anni in cui uscivano, salvo L’incredibile Hulk e
Iron Man 2, fino a quando un episodio inserito nei
Marvel Comics, intitolato La grande settimana
di Fury, non ha confuso di parecchio le idee. La storia menzionata
suggeriva che, dopo i sei mesi trascorsi tra Iron Man e Iron Man 2, il resto della Fase 1
si sarebbe svolto nell’arco di una sola settimana, anziché
nell’arco di quattro anni. Il libro arriverà in soccorso, in quanto
dovrà confermare sia ai fan che al pubblico tutto che Iron
Man si svolge nel 2008.
Per quanto tempo Doctor Strange si
è allenato a Kamar-Taj?
Nel 2016, con l’arrivo di Doctor
Strange, sotto la regia di Scott Derrickson, facciamo la
conoscenza di un strabiliante chirurgo che, in seguito ad un
incidente automobilistico, sarà costretto ad osservare la sua vita
cambiare, evento che lo porterà a diventare lo stregone che oggi
tutti conosciamo. La sua cronologia, però, è uno dei punti più
controversi del MCU, e molto del problema
riguarda il suo allenamento a Kamar-Taj. Intanto, è chiaro che
prima di diventare Maestro delle Arti Mistiche, Strange si è dovuto
allenare per diverso tempo lì. Sappiamo che il finale si svolge
prima degli eventi di Thor:
Ragnarok del 2017, ma non sappiamo se
Doctor Strange si sia allenato per settimane, mesi o
addirittura anni, poiché non è ancora stato confermato. Questa
confusa linea temporale potrà però essere chiarita in definitiva
nel libro della timeline e ci farà capire quanto tempo ha impiegato
il nuovo Avenger prima di aiutare i suoi compagni a sconfiggere
Thanos.
Ma i personaggi della saga dei
Defenders?
Lo dicevamo prima per gli show della
Marvel Television, ma anche lo status di canone delle serie
Netflix non è stato toccato dai Marvel Studios dopo le loro
cancellazioni. In seguito al ritorno nel MCU di Charlie Cox,
Vincent D’Onofrio e Jon Bernthal nei panni di Daredevil, Kingpin e
del Punitore dopo il debutto nella Saga dei Difensori di Netflix, il
pubblico necessita di alcune conferme riguardo le loro avventure,
se queste siano canoniche o meno. Essendo state delle serie
avvincenti, che hanno appassionato il pubblico nel tempo in cui
sono uscite, sarebbe interessante poter capire meglio la loro linea
temporale.
Il Guardiano Rosso ha combattuto
contro una versione di Capitan America?
Quando uscì Black Widow nel 2021, il film presentò al pubblico un
altro personaggio, che doveva fungere un po’ come risposta della
Russia al
Capitan America degli USA: il Guardiano Rosso, aka Alexei
Shostakov. L’uomo diventa il Guardiano Rosso durante la Guerra
Fredda, e nella linea temporale questo accade più avanti rispetto
all’ibernazione di Steve Rogers. Nonostante ciò, Shostakov dichiara
ad un certo punto di aver combattuto contro l’Avenger in un
impreciso momento degli anni ’80. E’ stato poi rivelato che il
governo degli Stati Uniti, in seguito all’apparente dipartita di
Steve Rogers, si è impegnato a creare altri super-soldati. Il libro
della timeline potrebbe chiarirne la dinamica: magari il Guardiano
Rosso potrebbe aver combattuto contro una sua versione.
Quando è tornato T’Challa a
Wakanda?
Un altro dubbio che ha afflitto i
fan e il pubblico durante gli intrecciati film del MCU riguarda gli eventi di
Black
Panther del 2018 e quando essi si svolgono. All’inizio
sembrava che Black Panther si svolgesse una settimana dopo Captain America: Civil War, quindi poco dopo la morte
del re wakandiano T’Chaka. C’è però una questione in sospeso,
perché l’affidamento di
Bucky Barnes alle cure dei wakandiani nel secondo film citato,
e la sua successiva apparizione alla fine di Black Panther, gettano nel caos questa linea
temporale, perché non è possibile che il controllo dell’HYDRA su
Bucky, alias il Soldato d’Inverno, sia stato eliminato con così
tanta velocità. Sarà dunque un altro aspetto che dovrà essere
affrontato nella timeline.
Dov’erano gli Eterni nella
battaglia degli Avengers contro Thanos?
In Eternals, film
del MCU diretto da Chloé Zao,
ci vengono poi presentati gli Eterni, delle creature immortali e
potentissime, che la storia ci rivela essere arrivati sulla Terra
nel 5000 a.C., suggerendo che per tutto il tempo hanno vissuto
sullo sfondo del Marvel Cinematic Universe. Per
questa ragione, sono sorte alcune domande sul perché la squadra più
forte dell’universo non sia intervenuta in una delle battaglie più
sanguinose e importanti del franchise, ossia quella degli Avengers
contro
Thanos. Se si considera che l’obiettivo degli Eterni era
proteggere l’umanità per garantire l’emersione del Tiamut Celeste,
è strano non averli visti al loro fianco quando l’obiettivo del
folle Titano era proprio quello di annientare metà delle forme di
vita. Il libro potrebbe spiegarne i motivi.
Cosa ha fatto Capitan Marvel per
trent’anni?
Dopo averci fatto conoscere
una serie di sfaccettati supereroi e villain, il MCU ci fa conoscere solo
nel 2019 uno dei più forti e tenaci con Captain
Marvel, introducendo
Carol Danvers. Il film è ambientato nel 1995, e la nostra
protagonista diventa Captain Marvel molto prima che una grande
fetta di Avengers si trasformi nei supereroi che oggi conosciamo.
Nel finale, Danvers parte alla volta dell’universo e fino ad
Avengers: Endgame di lei non si ha più
traccia. Ciò ha portato all’idea che la supereroina sia stata
assente per ben trent’anni. Pur credendo che The
Marvels (in uscita a breve), possa rispondere al quesito,
il libro sulla timeline potrebbe comunque essere più chiaro e
dettagliato.
L’estate 2023 è stata
caratterizzata dalla riscoperta dei cinema per molti, grazie
all’arrivo nelle sale italiane di due pellicole che hanno saputo
attirare il grande pubblico: stiamo parlando di
Barbie ed
Oppenheimer! Quest’ultimo conquista per la seconda
settimana consecutiva il primo posto nella classifica Box office,
con un incasso di €1.308.936 nel solo fine settimana, su un totale
che sfiora i 18 milioni solo in Italia.
Al secondo posto, con un notevole
distacco, ritroviamo The equalizer 3- senza tregua, terzo capitolo
della serie cinematografica con Denzel Washington come protagonista. Il film
incassa €197.764 al suo primo week end nei cinema, essendo nelle
sale italiane dal 30 agosto.
Terzo classificato è
Tartarughe ninja: caos mutante, film animato basato
sui noti personaggi della serie di fumetti. Il cartone incassa
€167.967 a fronte di un totale di circa 743 mila euro dalla sua
uscita nei cinema il 30 agosto.
Box office: il resto della
classifica
Rispettivamente al quarto ed al
quinto posto ritroviamo La casa dei fantasmi, remake dell’omonimo film
del 2003 con Eddie Murphy, e
Jeanne Du Barry- la favorita del re, pellicola che
sigla il ritorno di
Johnny Depp sulla scena dopo il lungo processo con
Amber Heard. La casa dei fantasmi raggiunge un incasso
di €140.137 su un totale che sfiora i due milioni di euro dalla
prima uscita il 23 agosto, mentre Jeanne Du Barry incassa €132.847
nel suo primo week end. Scende vertiginosamente di posizione
Barbie, sesta classificata, con un incasso di
€132.143, a fronte però di un totale che supera i 31 milioni di
euro dalla sua uscita nelle sale italiane il 20 luglio.
Al settimo ed ottavo posto si
trovano due pellicole italiane:
L’ordine del tempo, diretto da Liliana
Cavani e tratto dall’omonimo saggio di Carlo Rovelli, e
Una
commedia pericolosa. L’ordine del tempo incassa
€57.683, mentre Una commedia pericolosa raggiunge un guadagno di
€34.368.
Ultimi due classificati nel Box
office del fine settimana appena concluso sono
Mastaney, pellicola indiana, e
Manodopera, film d’animazione prodotto da Francia,
Italia e Svizzera. Mentre Mastaney incassa €29.103, Manodopera
raggiunge un guadagno di soli €17.304.
Paramount+ ha annunciato l’arrivo di
The Caine Mutiny Court-Martial – scritto
e diretto dal celebre regista premio Oscar William
Friedkin e basato sull’omonima opera teatrale di Hermon
Wouk, vincitrice del premio Pulitzer – prossimamente in Italia e in
tutti i mercati internazionali in cui il servizio è attualmente
attivo.
L’avvincente film, che è stato
presentato ieri in anteprima all’80° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica
di Venezia, segue le vicende di un primo ufficiale della Marina
degli Stati Uniti che viene processato per aver orchestrato un
ammutinamento dopo che il suo capitano inizia a dare segni di
squilibrio, mettendo a repentaglio la vita del suo equipaggio.
Interpretato da un cast eccezionale, The
Caine Mutiny Court-Martial vede il coinvolgimento di
Kiefer Sutherland (24), Jason Clarke (Oppenheimer), Jake Lacy (White
Lotus), Monica Raymund (Chicago Fire),
Lewis Pullman (Top Gun: Maverick), Jay
Duplass (Transparent), Tom Riley (The
Nevers) e Lance Reddick (John Wick).
All’inizio della corte marziale
della Marina, Barney Greenwald (Clarke), uno scettico avvocato
della Marina, accetta con riluttanza di difendere il tenente Steve
Maryk (Lacy), un primo ufficiale della Marina che ha preso il
controllo della U.S.S. CAINE dal suo capitano autoritario, il
tenente Philip Francis Queeg (Sutherland) durante una violenta
tempesta in acque ostili. Con l’avanzare del processo, Greenwald si
preoccupa sempre di più e si chiede se gli eventi a bordo del Caine
siano stati un vero ammutinamento o semplicemente atti di coraggio
di un gruppo di marinai che non si fidavano del loro leader
instabile.
Il lungometraggio della Republic
Pictures, The Caine Mutiny Court-Martial, è un
film di William Friedkin (The French Connection,
L’esorcista) basato sull’opera teatrale di Herman Wouk.
Scritto e diretto da Friedkin, il film è
prodotto da Annabelle Dunne (Joan Didion: The Center Will Not
Hold, Everything Is Copy And Fake Famous) e Matt Parker
(Beasts of the Southern Wild) con Michael Salven (Dungeons &
Dragons: Honor Among Thieves) e Mike Upton (John Wick)
come produttori esecutivi. Il film è distribuito da
Paramount Global Content Distribution.
Il film, The Caine Mutiny
Court-Martial, è stato completato poco prima della morte
di William Friedkin, avvenuta il 7 agosto scorso.
Reduce dalla vittoria agli Oscar per
il suo Drive my Car, il
regista giapponese Ryūsuke
Hamaguchi porta in concorso alla Mostra del Cinema di
Venezia il suo nuovo film, dal titolo
Evil Does Not Exist, storia di
Takumi e sua figlia Hana, che
vivono nel villaggio di Mizubiki, nei pressi di Tokyo. Come altre
generazioni prima di loro, conducono una vita modesta assecondando
i cicli e l’ordine della natura. Un giorno, gli abitanti del
villaggio vengono però a conoscenza del progetto di costruire,
vicino alla casa di Takumi, un glamping, inteso a offrire ai
residenti delle città una piacevole fonte di “evasione” nella
natura.
Quando due funzionari di Tokio
giungono al villaggio per tenere un incontro, diventa chiaro che il
progetto avrà un impatto negativo sulla rete idrica locale, e ciò
causa il malcontento generale. Le intenzioni contraddittorie
dell’agenzia mettono in pericolo sia l’equilibrio ecologico
dell’altopiano sia lo stile di vita degli abitanti. “In questo
film ho avuto la meravigliosa opportunità di lavorare nuovamente
con il compositore di Drive My Car, Eiko
Ishibashi. – racconta Hamaguchi – Il progetto del
film è iniziato quando mi ha chiesto di creare alcune riprese per
la sua performance dal vivo e ho concepito il film come un
“materiale originale” per le riprese”.
“Man mano che mi legavo sempre
di più al film che stavamo creando, anche Eiko e le sue amiche mi
hanno aiutato molto nelle riprese. Era un modo molto libero di fare
cinema, cosa che mi ha rivitalizzato molto. Dopo le riprese,
sentivo di aver catturato le interazioni delle persone nella natura
e di aver completato il lavoro come un unico film con il bellissimo
tema musicale di Eiko Ishibashi. Spero che il pubblico senta la
forza vitale delle figure che si agitano nella natura e nella
musica di Evil Does Not Exist”.
Il lavoro degli attori sui personaggi
“Per quanto riguarda il mio
personaggio, – racconta Ryuji Kosaka,
interprete di Takumi – mi ha molto interessato il suo stile di
vita così vicino alla natura, il tagliare la legna, raccogliere
l’acqua del fiume o cercare funghi e altre piante del bosco. Era un
modo di vivere che mi interessava poter esplorare”. “Io
invece ho pensato ad Hana come una bambina molto vivace e curiosa
– aggiunge la giovane RyoNishikawa, interprete della figlia di Takumi.
Aiko Masubuki,
interprete di uno dei due funzionari, afferma invece che
“c’erano aspetti del mio personaggio con cui potevo
immedesimarmi ma sin da subito ho scelto di non stringermi troppo
alla sua personalità e mantenere un minimo di distacco“.
“Per il mio personaggio mi sono invece chiesta come poter dar
vita ad una personalità confusa, divisa tra il proprio lavoro e il
bisogno di mantenersi vicino al bene comune”, spiega
Ayaka Shibutani, interprete dell’altro funzionario
presente nel film.
Il rapporto con la natura di Hamaguchi
“Prima di girare Evil Does Not
Exist, in realtà, non avevo una grande connessione con la natura,
mi limitavo a frequentare i parchi di Tokyo. – spiega
Hamaguchi – Dopo averlo girato mi sono reso conto di quanto
essa sia importante per sentirci ispirati ma anche per guarirci dai
mali di ogni giorno. Ho notato che di questi tempi quando poni
degli elementi naturali in un film emerge subito il tema della
salvaguardia ambientale, quindi sapevo di non poter evitare questa
idea e per questo mi sono concentrato sul mostrare come un dialogo
sincero possa essere, forse, l’opzione migliore per cercare delle
concrete soluzioni su tale questione”, conclude Hamaguchi.
Scritto e diretto da Sofia
Coppola, Priscilla,
in concorso al
Festival di Venezia 2023, è basato sul libro di
memorie del 1985 Elvis and Me, scritto da
Presley e Sandra Harmon. Nel
film, la giovanissima Priscilla Beaulieu (incontra
Elvis a una festa, quando è già una superstar del
rock-and-roll, ma diventa per lei una persona del tutto
inaspettata nei momenti privati: una cotta entusiasmante, un
alleato nella solitudine, un migliore amico vulnerabile. Dal punto
di vista di Priscilla, il film esamina il lato inedito di un grande
mito americano nel lungo corteggiamento e nel turbolento matrimonio
di Elvis e Priscilla.
Alla conferenza stampa di
presentazione del film, la regista
ha spiegato cosa l’abbia spinta a dedicarsi a questo progetto:
“sono rimasta colpita dal fatto che l’ambientazione è così
insolita, ma lei attraversa tutte le cose che tutte le ragazze
attraversano crescendo verso la femminilità – il suo primo bacio e
il diventare madre – tutti questi momenti a cui potevo riferirmi,
ma in questa ambientazione così insolita che siamo così curiosi di
conoscere“.
In un momento molto emozionante
della conferenza stampa, la stessa Priscilla
Presley ha raccontato come è stato affiancare Coppola e il
cast condividendo con loro momenti della sua vita: “È molto
difficile stare seduti a guardare un film che parla di te, della
tua vita e del tuo amore. Sofia ha fatto un lavoro straordinario,
ha fatto il suo dovere… E io ho dato tutto quello che potevo per
lei“.
“È stato molto difficile per i
miei genitori capire che Elvis si interessasse così tanto a me e
penso davvero che, poiché ero più una persona che ascoltava, Elvis
mi riversava il suo cuore, le sue paure, le sue speranze, la
perdita di sua madre che non aveva mai superato, e io ero la
persona che si sedeva davvero per ascoltarlo e confortarlo. Ero un
po’ più grande nella vita che nei numeri e questa era l’attrazione.
La gente pensa: “Oh, era sesso, era questo”. Non è affatto così.
Non ho mai fatto sesso con lui. Era molto gentile, molto tenero,
molto affettuoso, ma rispettava anche il fatto che avessi solo 14
anni“.
Presley ha anche
chiarito che quando se ne andò, anni dopo, “non fu perché non
lo amavo, era l’amore della mia vita. Era lo stile di vita che era
così difficile per me… Avevamo nostra figlia e mi assicuravo che
lui la vedesse sempre, era come se non ci fossimo mai lasciati.
Voglio che questo sia chiaro“.
Il film è interpretato da
Cailee Spaeny nel ruolo di Priscilla
Beaulieu Presley e da Jacob Elordi nel
ruolo di Elvis. Il cast ha potuto recarsi a
Venezia per sostenere il film dopo aver ricevuto un accordo
provvisorio SAG-AFTRA. Proprio in merito allo sciopero,
Coppola ha detto: “È un lavoro duro lottare
per un giusto compenso e spero che si risolva presto perché ci sono
così tante persone che vogliono tornare a lavorare“.
Spaeny ha detto di
aver accettato il ruolo: “Con molto timore, ma sono stato molto
fortunato ad avere un po’ di tempo con Priscilla. È stata molto
generosa con il suo tempo e molto gentile con me e mi ha
sostenuto“. Elordi ha commentato:
“L’intera prospettiva che avevo di fronte era una specie di
enorme montagna e mi ha detto: “Mettiti i paraocchi e vai fino in
fondo”. Non c’era spazio per non farlo“.
Parlando della relazione tra
Priscilla ed Elvis, il giovane
protagonista di Euphoria
ha attirato gli applausi dei giornalisti: “La cosa più
impressionante per me è la portata di questo amore e la potenza di
questo amore. E ancora oggi, anche se lui non è qui, quando parli
con Priscilla puoi ancora sentire l’amore. È vero, è imperituro ed
è semplicemente bellissimo… È questo legame che unisce due persone
e penso che sia per l’eternità“.
Priscilla
arriverà nelle sale statunitensi il 27 ottobre tramite A24.
Mubi ha
anche acquisito i diritti in diversi territori, tra cui il Regno
Unito.
Woody Allen arriva a Venezia 80 per presentare la qua cinquantesima
pellicola. Il regista torna in Francia, ormai una seconda casa per
i suoi film anche se il nuovo Coup de
Chance è girato internamente in francese. Parigi,
ambientazione che nel 2010 Woody Allen porta in scena in
Midnight in Paris e in Tutti dicono I
Love You: “Quando ero giovane i film che più mi colpivano
erano quelli francesi e italiani, tutti volevamo realizzare film
come gli europei e per tutta la mia vita ho cercato di fare così e
da tempo volevo realizzare la storia di due americani che vivono a
Parigi e sono così innamorato della Francia che ho voluto
realizzarlo in lingua francese. Volevo unirmi a quel gruppo di
registi composto da Truffaut, Godard, Renoir e tanti altri ancora
che considero maestri”, afferma il regista.
In Coup de Chance, già dal
titolo appare chiaro il risultato dell’opera. Il colpo di fortuna,
il caso, il destino sono tutti argomenti ricorrenti. Per Woody Allen sono anche argomenti con cui ha un
forte legame: “Sono stato fortunato per tutta la mia vita, ho
una famiglia, non sono mai stato in ospedale, non mi è mai accaduto
nulla di male. Quando ho iniziato a fare film altrettanto sono
stato fortunato, ho ricevuto molto rispetto e spero che continui ad
essere così”. Continua dicendo: “Coupe de Chance e
Match Point riflettono entrambi su come il caso e la fortuna
possano avere un impatto nella nostra vita. Non penso ci sia nulla
che possiamo fare con la morte. Alla fine di questo film abbiamo
lasciato che il sottotitolo “non farci troppo caso” rimanesse
più a lungo delle immagini perché è così che dovremmo rapportarci
con la morte e il caos della vita.
Coup de Chance, Vittorio
Storaro: “Chiamatemi autore della fotografia non direttore”
Quella tra Allen e Vittorio
Storaro è una collaborazione che va è iniziata nel 2016
per Café
Society. Autore della fotografia la sua impronta nei film
di Allen contribuisce una resa delle immagini particolarmente
curiosa. “Bisogna dare rispetto al regista e all’autore della
fotografia. Noi non siamo director, noi siamo co-autori della
fotografia cinematografia, ovvero scrivere con la luce in
un’immagine. Noi dobbiamo avere un rapporto con i colori e le ombre
per analizzare il concetto delle parole e presentarle al regista e
se lui approva quella mia lettura allora mi sento soddisfatto,
perché ho saputo comprendere le intenzioni del solo e unico
regista”, racconta Vittorio Storaro in conferenza stampa.
“Io senza uno scritto e senza
un regista non esisto. Quando ho letto la sceneggiatura di questo
film ho quindi ritrovato una cosa che amo molto, ovvero la dualità:
con il marito Fanny ha un preciso tono cromatico, mentre quando è
con l’amante ne ha un altro che è più concentrato sui toni caldi e
solari. Quando è con il marito è invece tutto azzurro, freddo.
Questo è stato il concetto visivo che ho presentato a Woody e lui
lo ha ritenuto coerente con quanto aveva scritto”,
conclude.
Nonostante da ormai diversi anni
giri voce di un possibile addio alla sedia da regista per Woody Allen, 87 anni, c’è ancora molto lavoro
da fare: “Ho una nuova buona idea per un film a New York e se
qualcuno si offrirà di finanziarlo alle mie strette condizioni,
allora sì, lo farò”.
Ecco il trailer di Enea,
che sarà presentato in Concorso alla 80° Mostra Internazionale d’Arte
Cinematografica della Biennale di Venezia. Nel suo nuovo
film,
Pietro Castellitto recita anche al fianco di
Giorgio Quarzo Guarascio,
Benedetta Porcaroli,Chiara Noschese, Giorgio
Montanini, Adamo Dionisi, Matteo Branciamore,
Cesare Castellitto, Clara Galante, Paolo Giovannucci e con
Sergio Castellitto.
Enea rincorre
il mito che porta nel nome, lo fa per sentirsi vivo in un’epoca
morta e decadente. Lo fa assieme a Valentino, aviatore appena
battezzato. I due, oltre allo spaccio e le feste, condividono la
giovinezza. Amici da sempre, vittime e artefici di un mondo
corrotto, ma mossi da una vitalità incorruttibile. Oltre i confini
delle regole, dall’altra parte della morale, c’è un mare pieno di
umanità e simboli da scoprire. Enea e Valentino ci voleranno sopra
fino alle più estreme conseguenze. Tuttavia, droga e malavita
sono l’ombra invisibile di una storia che parla d’altro: un padre
malinconico, un fratello che litiga a scuola, una madre sconfitta
dall’amore e una ragazza bellissima, un lieto fine e una lieta
morte, una palma che cade su un mondo di vetro. È in mezzo alle
crepe della quotidianità che l’avventura di Enea e Valentino
lentamente si assolve. Un’avventura che agli altri apparirà
criminale, ma che per loro è, e sarà, prima di tutto, un’avventura
d’amicizia e d’amore.
L’Esorcista, che ha sconvolto il mondo
terrorizzando generazioni di spettatori ed è tuttora considerato un
capolavoro della storia del cinema, viene presentato oggi all’80.
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nella sua
versione restaurata Director’s Cut 4K nell’ambito della sezione
Venezia Classici.
In occasione del
50° anniversario di quest’opera epocale tratta dal romanzo omonimo
di William Peter Blatty, il film sarà proiettato nei cinema
italiani nei giorni25, 26 e 27 settembre nella sua spettacolare
versione Director’s Cut, completamente restaurata in 4K da Warner
Bros. Discovery. Questo evento senza precedenti porterà nuovamente
l’orrore e il brivido nelle sale cinematografiche, illuminando il
buio con immagini straordinarie che terranno gli spettatori
incollati allo schermo, proprio come ha fatto con le generazioni
passate.
‘Credo
che The Exorcist sia tanto intenso oggi, a
distanza di cinquant’anni, quanto lo fu al momento della sua prima
uscita. È questa la genialità della storia di William P.
Blatty’ – dichiarava il compianto regista
William Friedkin, scomparso nelle scorse settimane, in
occasione dell’annuncio della presenza della versione restaurata
del film alla Mostra del Cinema.
L’Esorcista è molto più di un semplice film
horror; è un’icona del cinema, una pietra miliare nella storia del
grande schermo. Da quando è stato presentato per la prima volta nel
lontano 1973, ha spaventato, affascinato e incantato il pubblico di
tutto il mondo. Le sue scene indimenticabili, i personaggi iconici
e l’atmosfera da brivido lo rendono un’opera d’arte cinematografica
senza tempo. Anche dopo cinque decenni, continua a esercitare un
impatto culturale straordinario, influenzando il genere horror e
l’arte del cinema in generale. È una testimonianza del potere
duraturo del cinema nel catturare l’immaginazione e spingere gli
spettatori al limite del terrore e della suspense.
In occasione di
questo anniversario epocale, Warner Bros. Discovery ha dedicato un
impegno straordinario per restaurare L’Esorcista
in una magnifica versione Director’s Cut, con una qualità visiva
ineguagliabile grazie alla tecnologia 4K. Ogni dettaglio è stato
curato con precisione, dal suono inquietante ai dettagli visivi
mozzafiato, creando un’esperienza cinematografica completamente
immersiva.
Per celebrare
questa ricorrenza straordinaria, “L’Esorcista Director’s Cut – 4K
Restaurata” farà il suo ritorno spettacolare nei cinema di tutta
Italia. L’evento si terrà nei giorni 25-26-27 settembre e offrirà
agli spettatori una rara opportunità di rivivere l’angosciante
storia di possessione e fede su uno schermo grande come la vita
stessa. Questa tre giorni di evento esclusivo promette di essere
un’esperienza imperdibile per gli amanti del cinema, sia per coloro
che conoscono già l’opera, sia per chi vuole sperimentarla per la
prima volta. Questo evento epico è un omaggio a un capolavoro
senza tempo, che ha spaventato, incantato e influenzato
innumerevoli spettatori attraverso le generazioni.
“Tutti i film che ho realizzato,
che ho scelto di realizzare, riguardano la sottile linea tra il
bene e il male. E anche la sottile linea che esiste in ognuno di
noi. Questo è ciò di cui parlano i miei film”. Con questa
citazione del regista William Friedkin viene introdotto
alla Mostra del Cinema di Venezia il suo
nuovo film dal titolo The Caine Mutiny
Court-Martial, che arriva a dodici anni dal suo precedente
lungometraggio, Killer Joe, dopo
essersi scolpito un posto nella storia del cinema grazie a film
come Il braccio violento della legge, L’esorcista e Vivere e
morire a Los Angeles.
Si tratta, come noto, dell’ultima
fatica cinematografica di Friedkin, venuto a mancare nell’agosto di
quest’anno, prima di poter dunque presentare il nuovo film al
grande pubblico. Arrivato a Venezia senza il proprio regista,
The Caine Mutiny Court-Martialsi
dimostra essere in ogni caso la testimonianza di un Friedkin in
piene forze, che adatta l’opera teatrale di Herman
Wouk dal titolo Corte marziale per l’ammutinamento del
Caine con meticolosa precisione, gusto per la parola e completa
padronanza del ritmo, facendo dunque di questo nuovo lungometraggio
un’opera di grande valore.
The Caine Mutiny Court-Martial, la trama del
film
La vicenda narrata vede l’avvocato
Greenwald (Jason Clarke)
difendere con riluttanza Maryk (Jake
Lacy), l’ufficiale della Marina che ha sollevato dal
comando il tirannico capitano Queeg
(Kiefer
Sutherland), accusato di instabilità mentale nel corso
di una violenta burrasca. Man mano che il processo va avanti,
Greenwald diventa sempre più interessato a fare chiarezza,
domandandosi se quello del Caine sia stato un vero ammutinamento o
semplicemente l’atto coraggioso di un gruppo di marinai che non
potevano più fidarsi del loro instabile capitano.
Dal testo allo schermo
Legal drama a tutti gli
effetti, The Caine Mutiny
Court-Martialera un film che Friedkin
ambiva a realizzare da tempo, affascinato dai dubbi che il racconto
morale solleva e da quel confine tra bene e male esistente in ogni
essere umano e che per tutta la sua carriera il regista ha
esplorato. Lo spettatore viene dunque fatto entrare in una piccola
aula dove si svolge il processo tra Maryk e Queeg e qui rimarrà
sostanzialmente fino alla fine, ascoltando le testimonianze dei due
diretti in causa come anche quelle di una serie di testimoni ed
esperti. Ci si trova dunque di fronte ad un film dalla forte
economia narrativa, dove alla parola è conferita massima
attenzione.
Friedkin, anche sceneggiatore del
film, riadatta il testo non solo per aggiornarlo ma anche per
incrementare la musicalità delle battute, delle parole, dando così
vita ad un film che è un piacere ancora solo da ascoltare.
The Caine Mutiny Court-Martialè
però non solo una vera e propria lezione di adattamento, quanto
anche di costruzione delle immagini. Quelle che potrebbero apparire
delle limitazioni – la sola location e il forte uso della parola –
non impediscono a Friedkin di lavorare su una ricerca del ritmo e
in generale della messa in scena degni di un maestro quale è lui.
Non è un film facile questo, specialmente se non si è amanti di
questo genere di opere, ma è davvero difficile staccare gli occhi
dallo schermo.
Il confine tra bene e male
Friedkin riesce dunque a rendere
appassionante la vicenda narrata, fornendo indizi, testimonianze,
prove o suggestioni che permettono di far emergere tutta
l’ambiguità e l’universalità di quanto proposto. Lo spettatore si
trova infatti a dover scegliere egli stesso da che parte stare, se
da quella dell’ufficiale Maryk o quella del capitano Queeg. Per
scegliere, occorre ascoltare quanto viene detto, cercare di
formulare il proprio giudizio, che può essere naturalmente
influenzato da innumerevoli fattori personali. Il regista sceglie
di rimanere volutamente ambiguo, proponendo sì una risoluzione dei
fatti ma concentrandosi sul far emergere, una volta di più, quel
confine tra bene e male e la sua facilità nell’oltrepassarlo, sia
in un senso che nell’altro.
Jacob Elordi ha
ottenuto il ruolo da co-protagonista in
Saltburn anche se la regista Emerald
Fennell non ha mai visto un episodio di Euphoria, la serie HBO che ha regalato a
Elordi il primo assaggio di fama.
Meglio conosciuto per aver
interpretato il personaggio di Nate Jacobs nel cast principale
della serie HBO, Jacob Elordi sarà sul grande schermo accanto a
Barry Keoghan (Gli spiriti dell’isola) in
Saltburn. Il film segue uno studente di Oxford di nome Oliver Quick
(Keoghan) che viene trascinato in un mondo sensuale di intrighi e
opulenza durante una visita alla sontuosa tenuta del suo
irresistibile compagno di classe Felix (Elordi).
Emerald Fennell
(vincitrice dell’Oscar per la sceneggiatura del suo debutto alla
regia Una donna promettente, e parte del cast di
Barbie) ha recentemente parlato con Vanity
Fair prima dell’uscita di Saltburn, prevista per il 24 novembre
negli USA, commentando il fatto che non ha mai visto un solo
episodio di Euphoria. Tuttavia, ha scelto Elordi
per un ruolo importante nel suo film grazie al provino
dell’attore:
“Ha offerto una performance incredibilmente potente, rilassata e
reale di una persona che potrebbe facilmente non essere reale. Puoi
capire perfettamente che nessuno sarebbe capace di resistere a
questa persona. Ma allo stesso tempo puoi anche capire che è anche
una sorta di illusione, un’illusione che altre persone proiettano
su di lui – e in realtà non è necessariamente particolarmente
speciale o interessante. Sembra proprio che lo sia.”
Woody Allen
presenta al Festival del cinema di Venezia il suo ultimo
film, Coup de Chance, un thriller romantico che sarà
il suo cinquantesimo e che potrebbe essere il suo ultimo film. Il
film in lingua francese, proiettato in uno dei maggiori festival
europei, rappresenta il continuo abbraccio reciproco tra il
regista e il continente, dice
Variety, dopo che le controversie legali che lo hanno visto
protagonista lo hanno allontanato dagli Stati Uniti.
“Ho così tante idee per i film
che sarei tentato di realizzarli, se fosse facile finanziarli
– ha spiegato Woody Allen – Ma oltre a ciò, non so se ho
la stessa verve di un tempo per andare a cercare i
fondi.”
Nel corso dell’intervista con
Variety, il regista ha anche ribadito il fatto di essere un
sostenitore del #MeToo. “Penso che qualsiasi
movimento in cui ci sia un beneficio reale, in cui si fa qualcosa
di positivo, in questo caso per le donne, sia una buona cosa.
Quando diventa sciocco, è sciocco. Ho letto casi in cui è stato
molto vantaggioso, in cui la situazione è stata molto vantaggiosa
per le donne, e questo è positivo. Quando leggo di alcuni casi in
un articolo sul giornale in cui il movimento diventa sciocco,
allora lo è.”
E quando gli viene chiesto di
spiegarsi meglio, Woody Allen risponde: “È sciocco, sai, quando
non è realmente una questione femminista o una questione di
ingiustizia nei confronti delle donne. Quando si è troppo estremi
nel cercare di trasformarlo in un problema quando, in realtà, la
maggior parte delle persone non considererebbe la situazione
specifica per nulla offensiva.”
E per quello che riguarda la sua
esperienza personale, Allen conferma di non aver mai ricevuto
lamentele riguardo ai suoi set e al suo modo di lavorare: “Non
ho mai ricevuto lamentele. Anni fa ho detto che avrei dovuto essere
un manifesto [del movimento #MeToo] e ne sono rimasti tutti
entusiasti. Ma la verità è che è proprio così. Ho realizzato 50
film. Ho sempre avuto ottime parti femminili, ho sempre avuto donne
nella troupe, le ho sempre pagate esattamente la stessa cifra che
pagavamo agli uomini, ho lavorato con centinaia di attrici e non ho
mai, mai avuto una sola lamentela da parte di nessuna di loro in
nessun caso. Punto. Nessuno ha mai detto: “Lavorando con lui, era
cattivo o molesto”. Questo non è stato un problema. I miei
redattori sono state donne. Non ho alcun problema con questo. Non è
mai stato nella mia mente in alcun modo. Assumo chi penso sia
adatto al ruolo. Come ho detto, ho lavorato con centinaia di
attrici, attrici sconosciute, star, attrici di medio livello.
Nessuno si è mai lamentato e non c’è niente di cui
lamentarsi.”
E sulla cancel culture e sull’eventualità di esserne vittima,
Woody Allen spiega: “Sento che se questa cultura vuole
cancellarti, allora va bene. Trovo che sia tutto così sciocco. Non
ci penso. Non so cosa significhi essere cancellato. So che nel
corso degli anni per me è stato tutto uguale. Faccio i miei film.
Ciò che è cambiato è la presentazione dei film. Sai, lavoro e per
me è la stessa routine. Scrivo la sceneggiatura, raccolgo i soldi,
realizzo il film, lo giro, lo monto, esce. La differenza non è
dovuta alla cultura dell’annullamento. La differenza è il modo in
cui presentano i film. È questo il grande cambiamento.”