Dopo la prima immagine del Nosferatu
di Robert Eggers, la versione cartacea di Empire Magazine offre un
primissimo sguardo al
personaggio protagonista del film, Thomas Hutter, che è
interpretato da
Nicholas Hoult. Proprio lui si troverà faccia a faccia
con il Conte Orlok, interpretato da Bill
Skarsgård.
Anche se l’immagine non va molto
oltre una raffigurazione dell’attore, vediamo un primo piano di
Hoult nel ruolo del protagonista, mentre con sguardo allarmato
guarda verso quello che immaginiamo sia Orlok, di quinta
nell’immagine, fuori fuoco.
I dettagli della trama sul
personaggio di Hoult rimangono per lo più nell’ombra. Il film
originale del 1922 seguiva Hutter mentre incontrava il vampiro in
veste di agente immobiliare in Transilvania, ricalcando il rapporto
tra Jonathan Harker e Dracula nella storia di Bram Stoker. Hutter
deve quindi cercare di respingere il conte Orlok dopo che il
vampiro è diventato ossessionato da sua moglie Ellen, che sarà
interpretata nel prossimo film da Lily-Rose
Depp.
Parlando del genere di film che sta
realizzando, Eggers ha dichiarato a Empire: “Sì, è un film
spaventoso. È un film horror. È un film horror gotico, e penso che
da tempo non ci sia un film gotico vecchia scuola che sia davvero
spaventoso. E penso che la maggior parte del pubblico troverà che
questo sia il caso.”
“Dirò che Bill [Skarsgård] si è
completamente trasformato, temo che potrebbe non ottenere il
credito che merita perché è semplicemente… non è lì”, ha
aggiunto Eggers riguardo alla performance di
Skarsgård. “Penso che la cosa principale sia che è un
vampiro popolare. Secondo me assomiglia a un nobile morto della
Transilvania, e in un modo che non abbiamo mai visto come sarebbe e
come sarebbe vestito un vero nobile morto della
Transilvania.”
Eggers ha anche specificato che il
ruolo più importante del film sarà quello assegnato alla Ellen di
Lily Rose-Depp: “È ancora più fedele alla
storia di Ellen rispetto alle versioni precedenti. E Lily-Rose è
assolutamente fenomenale”, ha detto.
Oltre al suddetto trio, Nosferatu
avrà un cast corale composto da Aaron
Taylor-Johnson, Emma Corrin, Willem Dafoe e Ralph
Inseon, che interpreteranno tutti personaggi reinventati
del film del 1922. Eggers ha diretto Nosferatu da
una sua sceneggiatura. Il film della Focus Features proviene da
Regency Enterprises, Studio 8 e Maiden Voyage Pictures ed è
prodotto da Eggers, Jeff Robinov e John Graham per Studio 8 e Chris
Columbus ed Eleanor Columbus per Maiden Voyage. L’uscita di
Nosferatu
è prevista per il 2024.
Non si sa ancora chi prenderà il
posto di Angelina Jolie e Alicia Vikander nei panni della prossima
Lara Croft, ma sembra che l’adattamento in serie
del videogioco Tomb Raider stia andando avanti.
Secondo quanto riferito da Prime
Video, Megan McDonnell, scrittrice di
The Marvels e WandaVision,
si è unita alla serie tv annunciata!
Secondo quanto riportato da
Variety, la scrittrice del Marvel Cinematic Universe
è stata ingaggiata per unirsi alla stanza degli sceneggiatori
dell’annunciato adattamento di Tomb Raider da parte della creatrice
di FleabagPhoebe Waller-Bridge. Anche se la serie
potrebbe essere ancora nelle prime fasi di sviluppo – con la trama
e gli altri personaggi coinvolti che rimangono in sospeso – il
coinvolgimento di McDonnell ci suggerisce che lo show ha ottenuto
una luce verde da parte dello studio che dunque ha intenzione di
portare avanti il progetto.
Oltre al previsto adattamento della
serie, all’inizio di quest’anno Deadline ha
riportato la notizia che MGM e Amazon Studios stanno lavorando
insieme per un altro adattamento cinematografico di Tomb
Raider. Tuttavia, al momento non sono stati rivelati
ulteriori annunci o date di uscita.
La storia cinematografica di Tomb
Raider
Molto prima che Lara Croft: Tomb Raider, interpretata
da Angelina
Jolie, debuttasse nelle sale nel 2001, il gioco
d’azione e avventura da cui è tratto il film è diventato un
successo fin dal suo debutto nel 1996. Ha anche generato diversi
sequel.
Dopo aver ricevuto il prestigioso
Ordine della Columbia Britannica, la star di DeadpoolRyan Reynolds ha affrontato le recenti voci
sul coinvolgimento di Taylor Swift nel MCU per Deadpool
3, l’attesissimo terzo capitolo della serie che lo
vede protagonista. Parlando con il Vancouver Sun, Ryan Reynolds non ha confermato né smentito il
coinvolgimento della Taylor Swift in Deadpool
3, ma ha espresso quanto sia entusiasta del livello di
attenzione che sta ricevendo il suo primo film del Marvel Cinematic Universe.
“Sì, l’ho sentito dire“,
ha detto Ryan Reynolds ridendo. “Mi piace (il
gossip). Penso che sia un segno di quanto la gente sia ansiosa di
sbirciare dietro il sipario di questo mondo. Ognuno di questi
segreti e spoiler sarà rivelato il 26 luglio“.
Dopo la fine degli scioperi a
Hollywood, la produzione di Deadpool
3 è finalmente ripresa a Londra, che l’attore ha
ammesso non essere stata la sua prima scelta per le riprese. Ha
raccontato di aver “lottato come un dannato” per
convincere i Marvel Studios a girare il threequel del
supereroe vietato ai minori in Canada. Ha aggiunto: “Hanno le
loro infrastrutture e tu devi solo metterti in riga. In un certo
senso lo capisco, ma mi manca casa“.
Chi c’è in Deadpool 3?
Deadpool 3 riunisce il protagonista
Ryan Reynolds con Shawn Levy, regista di
Free Guy e The Adam Project, che ha firmato la regia
dell’atteso progetto. Hugh
Jackman e
Jennifer Garner usciranno finalmente dal loro
pensionamento da supereroi per riprendere i rispettivi ruoli
iconici della Marvel come
Wolverine ed Elektra in Deadpool
3.
Sebbene i dettagli ufficiali della
storia di Deadpool 3, con
protagonista Ryan Reynolds,
non siano infatti ancora stati rivelati, si presume che la trama
riguarderà il Multiverso. Il modo più semplice per i Marvel Studios di unire la
serie di film di Deadpool – l’unica parte del
franchise degli X-Men sopravvissuta all’acquisizione
della Fox da parte della Disney – è stabilire che i film di
Reynolds si siano svolti in un universo diverso. Ciò preserva i
film degli X-Men della Fox nel loro universo, consentendo al
contempo a Deadpool e Wolverine, di nuovo interpretato
da Hugh Jackman,
viaggiare nell’universo principale dell’MCU.
Nel film saranno poi presenti anche
personaggi presenti nei primi due film di Deadpool, come
Colossus e Testata Mutante Negasonica. Da tempo, però, si vocifera
che anche altri X-Men possano fare la loro
comparsa nel film, come anche alcuni altri supereroi della
Marvel comparsi sul
grande schermo nei primi anni Duemila, in particolare il Daredevil di Ben
Affleck. L’attrice Jennifer Garner
sarà presente nel film con il ruolo di Elektra, che riprende dunque
a quasi vent’anni di distanza dal film a lei dedicato.
Alcuni partecipanti a
Squid
Game: La Sfida (qui la nostra recensione) stanno
minacciando di intraprendere azioni legali contro Netflix. I
concorrenti anonimi affermano di essere rimasti feriti dopo essere
rimasti immobili a temperature molto basse per un periodo
prolungato di tempo, cosa che ha causato ipotermia e danni fisici.
Le riprese del reality show si sono svolte nel Regno Unito.
Squid Game: La
Sfida è stato creato dopo il clamoroso successo che
Squid Game ha riscontrato al suo debutto, con la
consapevolezza che la produzione di una seconda stagione
dell’acclamato dramma avrebbe richiesto parecchio tempo. Nel
tentativo di espandere il franchise e mantenere alto l’interesse
intorno al brand, mentre veniva prodotto il secondo capitolo, la
piattaforma di streaming ha avuto l’idea di simulare le sfide viste
nella serie in un reality show. Ma una competizione basata su una
serie in cui i partecipanti muoiono era un concetto discutibile fin
dall’inizio.
La prima stagione di Squid
Game seguiva la storia di Seong Gi-hun (Lee
Jung-jae), un dipendente dal gioco d’azzardo che lotta per
arrivare a fine mese. Il protagonista ha un disperato bisogno di
denaro e gli viene offerto di partecipare alla crudele competizione
di Oh Il-Nam (O Yeong-su). Seong Gi-hun partecipa
al concorso, incontrando persone che lentamente si trasformano
quando si rendono conto che dovranno lasciare morire altre persone
per ottenere il premio. Ma nel finale, sembra che Seong
Gi-hun non abbia ancora finito con i giochi.
Ora, due concorrenti del reality che
sono rimasti anonimi hanno assunto uno studio legale britannico,
Express Solicitors, perché affermano di aver
subito ipotermia e danni ai nervi durante le riprese della serie.
Affermano di essersi procurati queste lesioni durante le riprese di
una versione del memorabile gioco “luce rossa, luce verde” dello
show. Un portavoce di Squid Game: La Sfida ha
detto a Deadline che “nessuna causa è stata ancora
intentata”, dicendo: “Prendiamo estremamente sul serio il
benessere dei nostri concorrenti”. Anche Daniel
Slade, CEO di Express Solicitors, ha condiviso una
dichiarazione sul potenziale caso, affermando: “Ci rendiamo
conto che le persone potrebbero vedere questa come una classica
battaglia tra Davide e Golia con la società e i suoi partner di
produzione. I concorrenti pensavano di prendere parte a qualcosa di
divertente e gli infortunati non si aspettavano di soffrire così.
Ora sono rimasti feriti dopo aver trascorso del tempo bloccati in
posizioni di stress dolorose a basse temperature.”
La produzione di Venom 3 è ricominciata, stando alle
dichiarazioni su Instagram di Tom Hardy,
protagonista del film che torna a interpretare Eddie Brock.
“Per fortuna siamo tornati a girare; e voglio prendermi un
momento solo per ringraziare tutto il team che ha lavorato nel
corso del viaggio da Venom 1 fino a questo momento, tutto il nostro
fantastico cast e troupe, buoni amici e famiglia, abbiamo fatto
molta strada”, ha scritto l’attore, commentando il lavoro
sull’ultimo capitolo della trilogia dedicata al simbionte alieno
che esiste nello stesso universo di
Spider-Man.
Hardy aveva già pubblicato una foto
dal set di Venom 3 il 16 novembre, quindi a
quanto pare le riprese sono in corso da diversi giorni. La notizia
segue l’approvazione da parte di SAG-AFTRA, l’8 novembre, di
un accordo
provvisorio per porre fine allo sciopero di 118 giorni
degli attori.
Lo stesso giorno in cui è terminato
lo sciopero,
Sony Pictures ha posticipato l’uscita del film di alcuni mesi,
dal 12 luglio 2024 all’8 novembre. Dato che Venom 3 ha bloccato la sua produzione
per diversi mesi, probabilmente non sarebbe stato completato in
tempo per uscire nella data estiva prevista originariamente. È un
destino che spetta anche a altri film di questa portata produttiva,
come Mission: Impossible 8, che la Paramount ha
già posticipato di quasi un anno intero.
Venom 3 segue i successi al botteghino
consecutivi di Venom: La furia di
Carnage del 2021 (502 milioni di dollari a
livello globale) e Venom del 2018 (856 milioni di
dollari a livello globale). Kelly Marcel, che ha
scritto i primi due film, dirigerà e scriverà il trequel.
Tom Hardy ha
menzionato Marcel nel suo post, scrivendo “Voglio menzionare
molto brevemente quanto sia orgoglioso della mia regista, compagna
di sceneggiatura e cara amica Kelly Marcel. Vederti prendere il
timone di questo film mi riempie di orgoglio, è un onore. Fidati
del tuo istinto, il tuo istinto è sempre perfetto. Prima classe: ti
appoggio.”
A parte il ritorno di Tom Hardy nei
panni del giornalista Eddie Brock e del suo inconsapevole aiutante
e parassita Venom, la trama del terzo capitolo è
stata tenuta nascosta. Juno Temple e Chiwetel Ejiofor si sono uniti al cast in
ruoli non rivelati. Abbiamo visto l’ultima volta Venom/Eddie Brock
nei titoli di coda di Spider-Man: No Way Home del
2021, ma non è chiaro quale dei personaggi dell’Universo Marvel di Sony – che include
Morbius, Kraven the Hunter e Madame
Web, tra gli altri – potrebbe comparire in
Venom 3.
L’MCU
ha azzeccato la maggior parte delle sue scelte di casting, ma non
significa che lo studio non abbia corso dei rischi con alcune di
queste. Tante delle stelle più luminose del MCU
sono diventate icone di Hollywood ma, prima di diventare supereroi,
erano attori ancora poco conosciuti nell’industria, o alle prime
esperienze. Iron Man,
Spider-Man e
Captain
America, prima che arrivasse l’universo
cinematografico Marvel, erano eroi della Marvel Comics che i fan volevano vedere
incarnati su schermo fedelmente. Fortunatamente, molti dei rischi
che la Marvel ha corso si sono rivelate
scelte più che azzeccate, nonostante i dubbi iniziali. In
particolare, analizziamo le 10 scelte di casting considerate
inizialmente rischiose per il MCU,
ma che si sono rivelate assolutamente perfette.
Chris Pratt – Star-Lord
Chris
Pratt è diventato un attore di fama mondiale grazie al
ruolo di Peter Quill/Star-Lord in
Guardiani della Galassia. Nonostante il suo ruolo di
spicco in Parks and Recreation, infatti, l’attore non era ancora un
nome affermato nell’indutria prima di far parte del’universo
Marvel. Una volta ottenuta la
parte, non solo Pratt ha portato il suo umorismo al franchise dei
Guardiani, ma ha anche dimostrato di essere una
vera star d’azione con la capacità di dedicarsi perfino segmenti
drammatici. Dal suo debutto nell’MCU nel 2014,
Pratt è stato a capo di altri franchise, tra cui
la
trilogia di Jurassic World,
The Lego Movie e il film di
Super Mario Bros.
Mark Ruffalo – Hulk
Mark
Ruffalo non era un attore sconosciuto quando ha
interpretato per la prima volta Hulk nel film
“The
Avengers” del 2012. In precedenza aveva recitato in
film come 30 Anni in 1 Secondo e Zodiac di David Fincher.
Tuttavia, a Ruffalo fu assegnato il difficile compito di
sostituire Edward Norton, che aveva interpretato
Bruce Banner ne L’Incredibile
Hulk (2008). Fortunatamente, Ruffalo ha ricoperto il
personaggio in modo impeccabile e continua ad interpretare Hulk
ancora oggi, nonostante vi sia una continua evoluzione del
personaggio nell’MCU.
Simu Liu – Shang-Chi
Simu Liu ha avuto un ruolo da
protagonista in Kim’s Convenience, una serie comica
canadese con un seguito molto limitato ma appassionato. Anche se
aveva indubbiamente mostrato il suo talento nella serie, passare da
una produzione relativamente piccola a un blockbuster Marvel è stato un salto inaspettato
e sorprendente per Simu Liu. L’attore ha
rapidamente dimostrato di essere all’altezza del compito ed è già
diventato uno dei preferiti dai fan, nonostante sia apparso solo
una volta. Il suo ruolo di Shang-Chi ha già portato ad altre opportunità
per il giovane attore, tra cui Barbie. Inoltre, Shang-Chi rimane uno dei migliori film
dell’MCU
dopo Endgame.
Dave Bautista – Drax
Oltre a
Dwayne Johnson e John Cena, è stato difficile per molte star
della WWE passare dal wrestling alla recitazione. Il primo ruolo
significativo di Dave Bautista è stato quello di
Drax in
Guardiani della Galassia. Anche se, inizialmente, non
era chiaro se Bautista sarebbe riuscito a dedicarsi a un ruolo di
tale portata, è riuscito a regalare al pubblico performance
esilarante e commovente. Anche se il suo tempo nei panni di Drax
potrebbe essere giunto al termine dopo la fine di Guardiani della Galassia Vol. 3, ha dato modo
di far valere il suo carisma in altri progetti come Dune
e Bussano alla porta.
Iman Vellani – Ms Marvel
Marvel ama spesso
rischiare con i nuovi arrivati, ed è esattamente ciò che hanno
fatto con Iman Vellani.
L’attrice di origine pakistane non aveva mai recitato prima di
Ms. Marvel, ma si è rivelata la scelta
migliore in quanto super fan dell’universo Marvel: Iman Vellani
adora il suo personaggio, e questo traspare in ogni aspetto della
sua interpretazione. Oltre alla serie, Vellani ha anche dimostrato
di poter reggere il confronto con giganti della recitazione come
Brie Larson e Teyonah Parris
in The Marvels. Potrebbe essere stato un rischio
scritturare qualcuno che potrebbe essere ancora ritenuto inesperto,
ma al momento sta pagando bene per Marvel.
Chris Hemsworth – Thor
Chris
Hemsworth, nonostante il suo aspetto da dio norreno, è
stato in passato oggetto di dubbi sul fatto che fosse la scelta
giusta per il ruolo di Thor. Prima di
debuttare come Thor nel 2011,
l’attore era conosciuto solo per una breve apparizione in
Star Trek, reboot targato J.J Abrams.
Tuttavia, Hemsworth non solo si è dimostrato
perfetto per il ruolo, ma è anche cresciuto come attore durante
l’espansione stessa dell’MCU. Ha dimostrato
di maneggiare perfettamente la comicità e anche spiccata profondità
emotiva in film come Avengers: Infinity War e Thor: Ragnarok.
Paul Rudd – Ant-Man
Prima di diventare un
supereroe, Paul Rudd era noto soprattutto come attore
comico, grazie alle sue partecipazioni in film come
Anchorman, Molto Incinta e
A Cena con un cretino. Quando è stato annunciato
che avrebbe interpretato Ant-Man/Scott Lang
nell’MCU,
molti fan si sono chiesti se sarebbe stato in grado di sostenere il
ruolo di un supereroe sulle sue spalle. Tuttavia, si è rivelata una
scelta perfetta poiché il regista Peyton Reed ha
adottato un approccio più comico nella rappresentazione del
personaggio, evidenziando i talenti di Rudd e le caratteristiche
vincenti del personaggio stesso. Ha anche dimostrato di poter
reggere il confronto con gli altri Vendicatori in Captain America: Civil War e Avengers: Endgame. Rudd ha portato inoltre un
mix unico di umorismo e cuore al ruolo di Ant-Man, rendendolo uno
dei supereroi preferiti dai fan.
Tom Holland – Spider-Man
Quando Marvel annunciò che Spider-Man
sarebbe entrato a far parte del MCU, il pubblico ha
espresso dubbi sul fatto che una nuova iterazione del personaggio
potesse in qualche modo superare le precedenti interpretazioni.
Tobey Maguire e Andrew Garfield sono stati entrambi fenomenali
nei ruoli, e ognuno ha fornito un’interpretazione unica del famoso
amichevole Spider-Man di
quartiere. Tom Holland ha dovuto farsi valere, e si è
dimostrato immediatamente degno del ruolo, a partire da Captain America: Civil War. Il giovane attore
incarna i migliori attributi di Spider-Man e
Peter Parker, e vederlo al fianco degli altri due
attori in No Way Home è stato il regalo più grande per i
fan Marvel!
Chris Evans – Capitan America
Sebbene tutti associno
Chris Evans a Capitan America
ora, questo non è stato il suo primo ruolo Marvel. L’attore aveva infatti già
interpretato la Torcia Umana nei primi due film
dei Fantastici Quattro, che non erano stati
affatto ben accolti dal pubblico o dalla critica. C’erano dunque
preoccupazioni per portare Evans da un franchise Marvel fallito a uno nuovo, ma
l’attore ha superato le aspettative di tutti. È difficile
immaginare qualcun altro interpretare Steve
Rogers, e ha spesso portato sulle spalle l’MCU con alcuni dei
migliori film del franchise.
Robert Downey Jr. – Iron Man
Robert
Downey Jr. era una stella nascente negli anni ’80 e
’90. Tuttavia, diversi arresti e problemi con la droga e l’alcol
hanno portato la sua carriera a una battuta d’arresto. L’attore è
rimasto diversi anni senza interpretare un ruolo significativo,
finché le cose non sono cambiate negli anni 2000, con film come
Zodiac e Kiss Kiss Bang Bang.
Nonostante ciò, tanti si sono chiesti valesse la pena fare
dell’attore il perno di un nuovo franchise. JonFavreau ha creduto in lui e lo ha scelto per
interpretare Iron Man nel
film del 2008: questa scommessa si è trasformata in un successo
commerciale, e il ruolo di Downey Jr. ha dato il
via al MCU nel
migliore dei modi, contribuendo a renderlo l’universo
cinematografico di maggior successo di sempre.
Il 25 novembre è la Giornata
Internazionale contro la violenza sulle donne, un momento
molto importante di riflessione su una problematica tristemente
sempre più diffusa in Italia ma anche nel mondo intero. Le
testimonianze intorno tale tema sono molte e tutte fondamentali per
poterlo comprendere da più punti di vista. Anche il cinema ha negli
anni partecipato a tale dibattito, proponendo film con al centro
donne decise a non farsi intimidire e a riprendere in mano le
proprie vite. Film recenti come Una donna promettente o
Anche io,
passando per serie come The Handmaid’s Tale ne sono un
esempio. Ad essi si aggiunge anche il francese In
guardia!.
Il film è l’opera prima da regista
dell’attrice Alexandra Lamy ed è
l’adattamento cinematografico della graphic novel del 2019
“Touchées” di Quentin Zuitton, edita in
Francia da Payot. Come il titolo lascia intuire, le donne
protagoniste di questo racconto si trovano a doversi mettere in
guardia dalle violenze nei loro confronti e per farlo uniscono le
forze, praticando uno sport che diventa metafora di ciò che la vita
richiede loro. In guardia! è però prima di tutto una
storia di solidarietà e speranza, che parte dai traumi subiti per
compiere un vero e proprio percorso di guarigione alla riscoperta
di sé e delle proprie capacità.
Si tratta dunque di un ottimo
titolo, meno noto rispetto ad altri e proprio per questo da
scoprire, con cui riflettere su queste tematiche ogni giorno sempre
più drammaticamente urgenti, su cui urge un profondo cambiamento
culturale e sociale. Prima di intraprendere una visione del film,
però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali
curiosità relative ad esso. Proseguendo qui nella lettura sarà
infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama e al cast di attori.
Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
La trama di In
guardia!
Il film ha per protagoniste tre
donne vittime di violenze e abusi. La prima è
Lucie, che dorme sempre con un coltello a portata
di mano, vivendo con una paura perenne degli uomini. C’è poi
Tamara, che è invece una combattiva e decisa a non
essere mai più vittima si trasforma in aggressore. Infine c’è
Nicole, che ha scelto di isolarsi, di diventare
invisibile per non essere più presa di mira. Il destino di queste
tre donne cambia quando Lucie decide di allontanarsi il più
possibile dall’ex marito violento e di trasferirsi con il figlio
Leo a Anduze, piccolo comune nel sud della
Francia.
E lì che incontra le altre due
donne, con le quali instaura subito una profonda e sincera
amicizia. Decise a non lasciarsi vincere dalle loro paure, tutte e
tre decidono poi di iniziare a seguire un corso si scherma:
imparano così ad attaccare e a difendersi, a toccare e farsi
toccare. Quello sport si rivela dunque per loro un vero e proprio
percorso terapeutico che le porterà passo dopo passo a riprendere
in mano le loro vite e a non dover più avere paura di ciò che fino
a quel momento le ha intimorite. Ma sconfiggere i propri traumi
ovviamente non sarà semplice.
Il cast di In
guardia!
A recitare nel film si ritrovano
attori francesi forse poco noti a livello internazionale, ma che
vantano partecipazioni a film noti anche al di fuori dei confini
francesi. Nel ruolo di Lucie vi è l’attrice Melanie
Doutey, nota anche per i film 7 uomini a mollo,
Paradise Beach e Post Partum.
L’attrice Claudia Tagbo, vista in Il club dei
divorziati e Non sposate le mie figlie 2, intrepreta
invece Nicole, mentre Chloe Jouannet è Tamara.
Quest’ultima si è fatta notare grazie al film Un’estate in
Provenza e alle serie Infidèle e Derby Girl.
Completano poi il cast Hugo Fie’ nel ruolo di Le
Kiné, mentre Hugo Diego Garcia interpreta
Lucas.
Il trailer di In guardia!
e dove vedere il film in streaming e in TV
Sfortunatamente In
guardia! non è presente su nessuna delle più popolari
piattaforme streaming presenti oggi in rete. Tuttavia, il film è
presente, in prima visione assoluta, nel palinsesto televisivo di
venerdì24novembre alle ore 21:20 sul
canale Rai 3. Sarà dunque possibile vederlo in
quell’occasione, ritrovandolo poi – per un periodo limitato di
tempo – anche sulla piattaforma Rai Play.
La Turchia, negli anni, ha
dimostrato di saperci fare con i prodotti audiovisivi. Dai film
romantici, alle serie total drama, le offerte con il passare del
tempo sono cresciute molto, imponendosi non solo nei nostri
palinsesti televisivi, ma anche nei colossi streaming quali
Netflix.
E quando si parla di alto numero di visualizzazioni, la piattaforma
della N rossa non può di certo lasciarsi sfuggire l’opportunità di
cavalcare l’onda del loro successo. Le proposte sono perciò
divenute frequenti e con esse anche la fama delle opere turche:
basti pensare al più recente drama Il Sarto, l’inquietante Ambizione, o ancora
Fatma. Per poi continuare con pellicole leggere, comedy
travolgenti, come Tattiche d’amore o Lezioni private. Ed è
proprio in quest’ultima categoria che rientra Ultima
chiamata per Istanbul, rom-com firmata Gönenç
Uyanık, con protagonisti Kıvanç Tatlıtuğ,
conosciuto in particolare in Italia per essere stato protagonista
di soap quali Brave and Beautiful e La ragazza e
l’ufficiale, e Beren Saat, la quale ha
spiccato in prodotti come Il secolo magnifico: Kösem e
The Gift. Un film, lo diciamo subito, che dimostra, nel
suo fluire, di avere valore, di poter essere uno scoglio solido in
un mare di pietre dalla forma identica che si lasciano trasportare
dalle onde, e di avere qualcosa da dire sull’amore senza inciampare
nel trito e ritrito. Ultima chiamata per
Istanbul è disponibile su Netflixdal 24 novembre.
Ultima chiamata per Istanbul, la
trama
All’aeroporto di New York due
sconosciuti stanno aspettando di prendere le loro valigie dal
nastro. Si scambiano uno sguardo, lei ride quasi sotto i baffi,
finché non si accorge che il suo bagaglio è stato scambiato con
quello di un altro signore. Allora lui si avvicina, le chiede se ha
bisogno di una mano, lei però non vuole fargli perdere tempo. Ma
lui insiste, non può certo lasciarla da sola, senza soldi né
telefono. Non si dicono come si chiamano, fino a quando non
arrivano in un hotel dove dovrebbe esserci colui che ha preso la
valigia di lei: allora, dato che oramai lui ha deciso di rimanerle
accanto per aiutarla, decidono di chiamarsi Ryan e Samantha. Da
quel momento in poi, dividersi diventa impossibile: chiacchierano
davanti a un drink, si scambiano opinioni sui rapporti, figli,
tradimenti, matrimonio, lealtà fra partner. Poi vanno alla scoperta
di New York, dei suoi locali a luci rosse, ballano, ridono, si
ritrovano persino in un quartiere malfamato, e alla fine vivono una
notte di pura passione. Sembrano essersi innamorati, quel colpo di
fulmine che stordisce, ma non possono dimenticare di essere
entrambi sono sposati. Sposati, sì… ma con chi?
Sotto il cielo di New York
Il pattern delle rom-com spesso
segue una scaletta definita e irrinunciabile: due sconosciuti si
incontrano per pura casualità, scocca la scintilla dell’amore, si
frequentano, poi qualcosa o qualcuno smonta il loro idillio, finché
l’amore, come nelle più classiche favole, vince su tutto.
Ultima chiamata per Istanbul comincia
tracciando lo stesso schema, enfatizzato e supportato dalla città
di riferimento, la stroboscopica New York, la quale si scopre non
solo fare da sfondo alla vicenda, ma anche essere causa (oltre che
prestesto) delle incrinature interne della storia. Un dettaglio –
importante – che capiamo solo a metà atto (non possiamo rivelare
niente), snodo centrale dell’intera narrazione, dove da lì in poi
l’intero film cambia di tono e prospettiva. Ed è proprio in questo
cambio di registro, di sguardi, di racconto, che si nasconde il
successo della commedia. Un prodotto che sembra muoversi secondo i
soliti canovacci rom-com da piattaforma, ma che cela un
sub-strato inedito, per niente scontato, ma anzi profondo;
e che pur restando tale nei suoi stilemi, assume un aspetto
avvincente, una veste perturbante, in grado di coinvolgere e,
persino, sorprendere.
Perché è la sorpresa a cambiare le
carte in tavola dell’opera. Un plot twist inaspettato, il quale
ribalta l’intera visione che si ha di quanto fruito fino a quel
momento. Un colpo di scena deciso, netto, dal quale si arriva con
gradualità a imbastire un climax finale funzionante e congeniale
alla sua progressione. Il ritmo c’è, è sincopato, e si incastra
bene con gli eventi; c’è armonia nella costruzione narrativa, che
pur allestita di topos tipici della comedy non è mai né leziosa né
stancante. E soprattutto c’è New York, la città che non dorme mai,
con le sue luci accecanti, i surreali rooftop, le strade affollate
e gli angoli maledetti, fotografata in tutti i suoi scorci più
belli. Un luogo in cui si è liberi di lasciarsi andare e che serve
a Serin e Memhet per comprendere non solo il loro rapporto, ma le
loro singole vite, diventando di conseguenza la terza
protagonista.
Cos’è l’amore?
Oltre all’aspetto narrativo valido,
a cui vanno accostandosi soluzioni registiche e visive calzanti, e
una colonna sonora che verso la fine ci rammenta essere in un
prodotto turco, c’è da considerare anche la buona
tridimensionalità data ai personaggi, che spesso in
determinate opere è sacrificata. Intanto il ricorrere al voice
over di entrambi (chi è cultore di opere turche sa che è
un’opzione spesso scelta per raccontare meglio l’interiorità dei
protagonisti, potremmo quasi dire un marchio di fabbrica) aiuta a
comprenderne le posizioni senza risultare stonato. Non spiega, ma
arricchisce, fino a quando il colpo di scena sopraggiunge per
completare il puzzle. Da qui, Ultima chiamata per
Istanbul avvia una propria riflessione sull’amore e
sul modo di intendere i rapporti, che è in fondo fulcro del film, e
che inevitabilmente rimabalza sullo spettatore quando sceglie di
affidarsi, in alcune sequenze, alla rottura della quarta parete,
risucchiandolo dentro totalmente.
L’amore cos’è? Come si coltiva? Il
tradimento è sopravvalutato, come dice Serin, oppure è un divieto
categorico come afferma Memhet? Quali sono le regole per vivere un
matrimonio felice? Esistono le seconde opportunità? Posizioni e
pareri diversi che suscitano di conseguenza un pensiero in un
pubblico che, se dapprima solo osservava, adesso ne diventa parte
integrante ponendosi le stesse domande. Una risposta, alla fine,
Ultima chiamata per Istanbul la dà, ma
non è quella definitiva che tendenzialmente provano a dare la
maggior parte delle commedie: ognuno vede le relazioni in maniera
differente, da diverse angolazioni e prospettive. Ognuno le vive
secondo la propria logica e il proprio vissuto e nessuno disegna
per noi uno schema da seguire pedissequamente, dandoci delle linee
guida a cui fare riferimento. Trovare dei compromessi è la scelta
più saggia se si vuole avere un legame più solido, ma in fondo, la
verità, è che l’amore diventa una scelta ponderata. Di tutti i
giorni. Bisogna solo capire se si è disposti a farla.
Sono state diffuso le foto del
nuovo film del regista premio Oscar Paolo Sorrentino, Parthenope.
Nel cast, in ordine alfabetico, Dario Aita,Celeste Dalla
Porta, Silvia Degrandi,
Isabella Ferrari, Lorenzo Gleijeses, Biagio Izzo,
Marlon Joubert, Peppe Lanzetta, Nello Mascia,
Gary Oldman,
Silvio Orlando,
Luisa Ranieri, Daniele Rienzo, Stefania Sandrelli
e Alfonso Santagata. Le foto sono sono di Greg
Williams.
Il film, girato tra Napoli e Capri,
è una co-produzione Italia-Francia. Scritto e diretto da Paolo
Sorrentino, è un film Fremantle prodotto da Lorenzo Mieli per The
Apartment Pictures, una società del gruppo Fremantle, Anthony
Vaccarello per Saint Laurent, Paolo Sorrentino per Numero 10 e
Ardavan Safaee per Pathé. Il direttore della fotografia è Daria
D’antonio, il Costume Artistic Director è Anthony Vaccarello per
Saint Laurent, il costumista è Carlo Poggioli, il montatore è
Cristiano Travaglioli, lo scenografo è Carmine Guarino, il casting
è di Annamaria Sambucco e Massimo Appolloni. Le vendite
internazionali saranno gestite da UTA e Fremantle.
1 di 7
Parthenope di Paolo
Sorrentino - Foto Credit Hollywood Authentic/ Greg Williams
Parthenope di Paolo
Sorrentino - Foto Credit Hollywood Authentic/ Greg Williams
Parthenope di Paolo
Sorrentino - Foto Credit Hollywood Authentic/ Greg Williams
Parthenope di Paolo
Sorrentino - Foto Credit Hollywood Authentic/ Greg Williams
Parthenope di Paolo
Sorrentino - Foto Credit Hollywood Authentic/ Greg Williams
Parthenope di Paolo
Sorrentino - Foto Credit Hollywood Authentic/ Greg Williams
Parthenope di Paolo
Sorrentino - Foto Credit Hollywood Authentic/ Greg Williams
Il film è scritto e diretto da
Paolo Sorrentino. Un film Fremantle prodotto
da Lorenzo Mieli per The Apartment Pictures, una società del gruppo
Fremantle, Anthony Vaccarello per Saint Laurent, Paolo Sorrentino
per Numero 10 e Ardavan Safaee per Pathé. Le vendite internazionali
saranno gestite da UTA e Fremantle.
La trama del film Parthenope
La vita di Partenope, che si chiama
come la sua città, ma non è né una sirena, né un mito. Dal 1950,
quando nasce, fino a oggi. Dentro di lei, tutto il lunghissimo
repertorio dell’esistenza: la spensieratezza e il suo svenimento,
la bellezza classica e il suo cambiamento inesorabile, gli amori
inutili e quelli impossibili, i flirt stantii e le vertigini dei
colpi di fulmine, i baci nelle notti di Capri, i lampi di felicità
e i dolori persistenti, i padri veri e quelli inventati, la fine
delle cose, i nuovi inizi. Gli altri, vissuti, osservati, amati,
uomini e donne, le loro derive malinconiche, gli occhi un po’
avviliti, le impazienze, la perdita della speranza di poter ridere
ancora una volta per un uomo distinto che inciampa e cade in una
via del centro. Sempre in compagnia dello scorrere del tempo,
questo fidanzato fedelissimo. E di Napoli, che ammalia, incanta,
urla, ride e poi sa farti male.
L’acclamato bestseller
Una famiglia quasi normale (titolo
inglese A Nearly Normal Family) dello scrittore
svedese Mattias Evardsson arriva con la sua prima
trasposizione televisiva sul piccolo schermo degli abbonati
Netflix.
La miniserie – composta da una stagione di 6
episodi di circa 45 min ciascuno – è diretta da
Per Hanefjord (Hamilton, The Hidden
Child) e scritta da Anna Platt (The
Congregation, La verità verrà fuori) e Hans Jörnlind
(Top Dog). I ruoli principali sono interpretati da
Alexandra Karlsson Tyrefors, che debutta come attrice nel ruolo
della giovane Stella, Lo Kauppi è la madre Ulrika e Björn Bengtsson
recita nei panni del padre Adam Sandell.
Trama Una famiglia quasi normale
I Sandell sono, agli occhi degli
altri, una famiglia quasi perfetta. Hanno una
grande casa in un elegante quartiere della periferia di Lund, una
bella figlia di nome Stella e due stimabili lavori: Ulrika
è un’avvocata esperta e Adam è un gentile e rispettato
pastore della Chiesa di Svezia. Ma la loro invidiabile e
tranquilla vita viene improvvisamente scossa da un traumatico
evento: durante un ritiro sportivo, la figlia quindicenne viene
stuprata dall’assistente del coach. Esterrefatti e
addolorati dall’accaduto, Ulrika e Adam decidono di non far
denunciare la violenza per proteggere Stella da un
eventuale processo che non avrebbe possibilità di vincere senza
prove. È la parola di una ragazzina contro quella di un giovane
uomo, chi la crederebbe? Scelgono, dunque, il silenzio, nella
speranza di poter dimenticare e recuperare quella bella e
invidiabile famiglia.
Quattro anni dopo, i Sandell si
ritrovano a dover fronteggiare una nuova violenta crisi: la sera
del suo diciannovesimo compleanno, mentre festeggia in un locale
con la sua amica Amina (Melisa Ferhatovic), Stella
incontra un affascinante e misterioso trentenne, Chris Olsen
(Christian Fandango Sundgren), di cui si
invaghisce perdutamente. Iniziano a frequentarsi e, dopo qualche
tempo, l’uomo viene ritrovato morto. È così che un evento ancor più
tragico di quello vissuto pochi anni prima bussa alla porta dei
Sandell: Stella viene presa in custodia dalla polizia con
l’accusa di omicidio. Ulrika e Adam, allibiti e
sconfortati, si ritrovano ora coinvolti in una rete
asfissiante di bugie e inganni dove faranno di tutto pur
di liberare la loro Stella.
“Che cosa è successo? Vogliono
aiutare la figlia a ogni costo, ma la conoscono davvero? E si
conoscono l’un l’altra?”
La famiglia prima di ogni
altra cosa
Una famiglia quasi normale
è molto più di un freddo e intenso noir
scandinavo. È, anche e soprattutto, un profondo
dramma familiare che riflette su temi universali e,
purtroppo, estremamente attuali. La serie di
Hanefjord affronta il difficile rapporto genitori e figli, la
violenza di genere, le ingiustizie giudiziarie. Racconta di
tradimenti, di fede, dell’importanza dell’elaborazione del dolore,
della difficoltà di saper riconoscere sempre la “cosa giusta da
fare”.
Proprio per la ricchezza delle
tematiche trattate, ciò che cattura davvero lo spettatore non sono
la suspense o i particolari colpi di scena. Fin dall’inizio è,
infatti, evidente chi sia il colpevole, ma resta un dato
irrilevante. Il pubblico non può fare a meno di continuare la
visione perché sente il bisogno di comprendere quello che è
accaduto quella notte, di sapere semplicemente la
verità nascosta dietro un mare di bugie e omissioni. Ciò
che tiene davvero incollato allo schermo, quindi, è la storia di
una famiglia come tante altre, “normale”, che si ritrova travolta
da ingiustizie sociali e scelte sbagliate. È una storia
sincera, disarmante, rumorosa e attuale che nel silenzio
assordante di Stella dà voce a tante donne nel mondo, vittime di
violenza e non, spesso condannate a un dolore indomabile,
soprattutto quando sole, senza l’aiuto di professionisti e delle
persone care.
Oltre al racconto, un altro punto di
forza di questo thriller nordeuropeo è senza dubbio la
grande attenzione alla psicologia dei personaggi.
Hanefjord dà il meglio di sé affinché il pubblico possa leggere
Stella, Ulrika e Adam al di là delle loro parole e delle loro
azioni, invitandolo a soffermarsi sulle forti e sofferenti emozioni
che li portano addirittura a tradire se stessi, la propria
dignità e fede. Pur di proteggere Stella, Ulrika fa tutto
ciò che è in suo possesso per poter raggirare i suoi colleghi,
nascondere prove e giocare le migliori carte al processo. Così,
allo stesso modo, Adam approfitta della propria immagine di pastore
per poter ingannare l’accusa e tutelare la giovane.
Una famiglia quasi normale
è, dunque, un appassionante e coinvolgente
thriller che, nonostante la sua prevedibilità e l’assenza
di una particolare maestria registica, entra a gamba tesa nel
catalogo Netflix dedicato ai prodotti del Nord Europa,
arricchendolo con un racconto degno e dalle nobili intenzioni.
Depressione, solitudine, immobilità,
routine: Coupon – Il film della felicità cortometraggio di
Agostino
Ferrente tocca tutti questi punti con semplicità e
umiltà. Una Roma deserta fa da sfondo alla vicenda per giustificare
l’immobilità di una città e dei suoi cittadini rimasti perché non
possono permettersi la villeggiatura fuori porta. Uno di questi è
Andrea, uno stralunato, solitario, individuo che vive la sua vita
come se fosse un film in bianco e nero, dove si apre alle persone
solo cantando. La sua quotidianità è fatta di routine: ogni mattina
deve raggiungere il supermercato dove acquistare scatolette di
tonno con cui accumulare punti che gli faranno vincere il
misterioso “Coupon della felicità”.
La felicità rende felici?
Coupon – Il film della felicità
Nel cortometraggio di Ferrente,
presentato a Roma e che poi avrà il suo debutto ufficiale al Torino
Film Festival, la felicità e le persone sono al centro di tutto.
Andrea Satta, che interpreta Andrea, è anche autore della colonna
sonora del film che si presenta al pubblico come un lungo e
articolato videoclip musicale. Ad affiancarlo, il politico
Pierluigi Bersani che interpreta sette ruoli diversi in dieci
minuti: dal testimonial del manifesto dei coupon al rider delle
pizze, passando per il fruttivendolo, cassiere e prete. “Penso
che l’autoironia sia un meccanismo di salute mentale consigliabile
a tutti”, queste le prime parole dette alla stampa durante la
conferenza: “Mi è piaciuta l’idea di questo film, che credo
rappresenti la realtà. Se c’è una possibilità di essere felici è
solo nella relazione con gli altri”.
L’idea di Coupon – Il film della
felicità è nata proprio per essere realizzato come un video
clip ma “ci siamo lasciati prendere un po’ la mano”,
afferma il regista. Alla fine il risultato è un film che mette al
centro le persone con i loro demoni: Andrea è un solitario che ogni
giorno vive la sua routine tra scatolette di tonno, a cui è
allergico, e pubblicità che promettono felicità. Felicità che può
arrivare in qualsiasi momento se solo racchiusa dalle persone che
ti stanno intorno. Il fine ultimo rimane però quello di raccontare
il vero, non i personaggi in quanto tali, ma le persone. Anche la
scelta di far interpretare a Pierluigi Bersani (ora con dei baffi,
ora con il pizzetto) tuttu personaggi diversi che fanno parte della
quodianità di Andrea è sinonimo della società in cui viviamo che
non si sofferma sulle persone dietro un bancone, e le vede tutte
uguali a se stesse. Una riflessione sociale, mascherata da mini
musicarello semi-muto.
È stato rilasciato oggi il trailer
delle nuove storie de I Delitti del Barlume, la
collection Sky Original prodotta da Sky
Studios e Palomar, liberamente ispirata
al mondo della serie “I delitti del BarLume” di Marco Malvaldi
(edita da Sellerio Editore), che tornerà con l’undicesima stagione
in esclusiva su Sky Cinema e in streaming solo su NOW
dal 12 gennaio 2024per tre venerdì.
Le tre nuove
storie saranno “Il pozzo dei desideri”,
“La girata” e “Sopra la panca”.
La prima, “Il pozzo dei desideri”, sarà presentata fuori
concorso domenica 26 novembre al 41esimo Torino Film
Festival, alla presenza del cast.
I film sono diretti da Roan
Johnson – che delle storie è anche produttore creativo – e
Milena Cocozza. Alla sceneggiatura Roan
Johnson, Davide Lantieri, Ottavia
Madeddu, Carlotta Massimi.
Confermatissimo il cast, con tutti
i personaggi che hanno reso celebre il “BarLume”: Filippo Timi è Massimo Viviani, Lucia
Mascino il Commissario Fusco, Alessandro
Benvenuti (Emo), Atos Davini (Pilade),
Massimo Paganelli (Aldo), Marcello
Marziali (Gino) sono i “vecchini”. E ancora Enrica
Guidi (la Tizi), Corrado Guzzanti (Paolo
Pasquali) e Stefano Fresi (Beppe Battaglia).
Non mancheranno dei divertentissimi
cammei di quattro guest star d’eccezione: Orietta
Berti, Marco Messeri, Francesco
Motta e Sandro Veronesi.
I Delitti del Barlume, la
trama
Torna l’estate a Pineta e con lei
risate e indagini. Il padrone di casa di Massimo, Beppe e Tizi
viene trovato morto in un pozzo; loro rischiano di rimanere senza
casa e Pasquali la bancarotta. C’è un incidente durante una battuta
di caccia e la Fusco non ci vede chiaro mentre il sindaco Pasquali,
per far fronte ai debiti del Comune, multa tutta Pineta scatenando
le ire dei bimbi. L’accoltellamento di un imprenditore vede
coinvolto il padre della Tizi, preda delle amnesie. Ma davvero è
stato lui? Una valigetta piena di soldi sembra essere la risposta a
tutto, anche ai debiti di Pasquali, mentre al BarLume si svolge un
improvvisato concerto di Orietta Berti con i bimbi e Beppe a fare
da coro.
Si preannuncia un
week-end spettacolare al
Fantasticon Film Fest (qui il programma), il nuovo festival dedicato
ai film di genere che si svolgerà dal 24 al 26 novembre presso
l’auditorium di Fiera Milano Rho nell’ambito di Milan Games Week &
Cartoomics 2023 (MGW CMX 2023): l’avveniristica sala da 900
posti allestita con impianto audio/video di ultima generazione è
pronta ad accogliere anche per il fine settimana il pubblico con
due nuove giornate all’insegna di incontri, anticipazioni,
anteprime e grandi ospiti che ruotano intorno al mondo anime,
fantasy e horror.
Questi gli appuntamenti
imperdibili della manifestazione:
Sabato 25 novembre
Slotherhouse: in anteprima
nazionale l’attesissimo film horror sulle gesta del bradipo
assassino all’interno di una confraternita universitaria femminile.
Per il prestigioso quotidiano The Guardian «Le persone
devono andare a vedere Slotherhouse. E ce ne devono andare
tante quanto per Barbie, è un instant cult». Proiezione in anteprima italiana OV con sub ITA sabato 25
novembre alle 10.15;
Mad God: un interessante film
d’animazione sperimentale ambientato in un mondo di mostri,
scienziati pazzi e maiali da guerra. In questo lavoro portato
avanti per passione nell’arco di 30 anni, il regista Phil Tippett –
creatore degli effetti speciali di Jurassic Park e
Star
Wars qui alla sua opera prima – ha coniugato diverse
innovative tecniche di animazione, facendone un titolo perfetto per
il festival. Proiezione OV con sub ITA sabato 25
novembre alle 12.15;
Vermin è il primo lungometraggio di
Sébastien Vaniček, vincitore di numerosi premi internazionali per i
suoi cortometraggi, e considerato una giovane promessa del nuovo
cinema horror francese. Aracnofobia incontra Les
Miserables in un film di genere al cardiopalma che non lascia
tregua e con un importante messaggio, dove l’invasione dei ragni
funge da allegoria sociale. Proiezione OV con sub
ITA sabato 25 novembre alle 14.00;
I primi 5 minuti di Silent Night – Il Silenzio Della Vendetta,
l’adrenalinico revenge movie natalizio in uscita il 30 novembre con
Plaion Pictures, che segna il ritorno alla regia del grande maestro
dell’action John Woo, il regista di Hong Kong che ha riscritto le
regole del genere action americano. La proiezione
sabato 25 novembre alle ore 16.00 sarà introdotta da
Roberto Recchioni, una delle rockstar del fumetto italiano,
sceneggiatore di Dylan Dog, scrittore di Tex,
Diabolik e Topolino, recentemente passato alla regia
con Carne Fredda;
Blue Giant: un emozionante e
avvincente anime sui sogni e sulla passione nel mondo della musica,
tratto dal premiato manga di Shinichi Ishizuka con 11 milioni di
copie vendute e diretto con maestria da Yuzuru Tachikawa, campione
di incassi in Giappone, proiezione in anteprima
italiana OV con sub ITA alle 16.30 introdotta dal mangaka Ishizuka
in persona;
grande chiusura della giornata alle ore 19.30 con i Manetti bros., i fratelli
registi, sceneggiatori e produttori più estroversi del cinema di
genere italiano che saranno presenti per incontrare il pubblico e
introdurre l’anteprima di Diabolik chi sei? in uscita il 30 novembre, prodotto
da Mompracem con Rai Cinema in associazione con Astorina e con
Bleidwin, distribuito da 01 Distribution.
Domenica 26 novembre
L’armata delle
tenebre – director’s cut: in occasione del trentesimo
anniversario verrà presentata la director’s cut del film di Sam
Raimi (terzo capitolo della trilogia di La casa) che ha
generato un vero e proprio fenomeno di culto e che ha reso il
commesso dei magazzini S-Mart Ash Williams uno dei personaggi più
iconici della storia del cinema. La proiezione OV
con sub ITA domenica 26 novembre alle 10.30 sarà introdotta da
Roberto Recchioni;
Mind
Game: pluripremiato anime underground, con indice di
gradimento 100% su Rotten Tomatoes, realizzato dall’innovativo
STUDIO 4℃ e che vede alla regia, per la
prima volta sul grande schermo, il geniale Masaaki Yuasa con
un’avventura all’avanguardia. La proiezione OV con
sub ITA domenica 26 novembre alle 12.30 sarà introdotta da Dario
Moccia, uno degli streamer più seguiti d’Italia e punto di
riferimento per gli amanti della cultura pop e nerd;
tra le anticipazioni
assolutamente da non perdere la programmazione per la prima volta
sul grande schermo alle 12.30 del trailer di Godzilla MinusOne, il nuovo
impressionante capitolo del fenomeno globale Godzilla, trentesimo e
attesissimo film sul Re dei Mostri prodotto dall’iconica Casa di
produzione TOHO e al cinema solo dal 1 al 6 dicembre come evento
speciale distribuito da Nexo Digital;
Dario Argento,
tra i più grandi registi italiani viventi e indiscusso maestro del
brivido, riceverà alle 15.00 il
Legend Award, il premio alla carriera riservato
alle grandi personalità del cinema fantastico, e introdurrà la
proiezione di Dario Argento Panico, l’acclamato documentario
di Simone Scafidi sulla sua vita e sulla sua carriera, che vanta la
partecipazione straordinaria di Guillermo Del Toro, Gaspar Noé e
Nicolas Winding Refn; il premio gli verrà consegnato dall’attrice
Ilenia Pastorelli, l’altra grande protagonista della
giornata e che è stata diretta dallo stesso Argento in Occhiali
Neri;
alle
14:45 incontro speciale con Luca Micheli, Head of Sound di
Chora Media seguito da un un ascolto speciale a luci spente tratto
da The Horror Podcast, il primo podcast in Italia prodotto
in Dolby Atmos, ideato per risvegliare gli incubi e trasportare gli
ascoltatori in un mondo in cui la realtà e la fantasia si
mescolano, dando vita a orrori inquietanti e inaspettati;
I Cavalieri dello
Zodiaco: Saint Seya – Sould of Gold: in esclusiva per la
prima volta doppiati in italiano i primi due episodi della serie
commemorativa dell’amata saga creata dal sensei Masami Kurumada,
per celebrarne i quaranta anni di carriera. La trama originale si
svolge durante I Capitoli di Ade e vede come protagonisti i dodici
Cavalieri d’Oro, che si ritrovano inspiegabilmente nelle terre
ghiacciate di Asgard dopo il loro sacrificio: proiezione doppiata in ITA domenica 26 novembre alle ore
18.00.
Ormai sono decenni che Hollywood
punta nel raccontare storie di vita reale, vedi
Napoleon ora al cinema, e che siano poi diventati trasposizioni
cinematografiche. Certo alcuni di questi sono risultati i
biopic piùcontroversi d’altri e
tutti indipendentemente dalla qualità del film o dalla fedeltà
degli eventi mostrati davvero accaduti. Questi film possiedono
grossolane imprecisioni, invenzioni di trama ridicole o mostrano
stereotipi offensivi ma comunque sono sempre presenti nella
stagione degli Awards ed alcuni si sono pure aggiudicati
l’Oscar.
Tuttavia, alcuni di questi
biopic vanno oltre la divisione dei fans più
accaniti o degli storici e provocano un vero dibattito mediatico
per le loro controverse rappresentazioni di personaggi ed eventi
reali. Il genere è stato testimone di numerosi film controversi, ma
alcuni si distinguono come i biopic più
controversi.
Ecco i 10 biopic più controversi di
sempre
Bohemian Rhapsody
Nonostante la
performance trasformativa e anche vincitrice dell’Oscar di
Rami Malek nel 2019 , Bohemian
Rhapsody ha dovuto affrontare numerose critiche. Molti hanno
sottoliniato, fin dalle prime proiezioni stampa, la gestione della
bisessualità di Freddie Mercury. Il film ha
assegnato una parte significativa del tempo sullo schermo alle
relazioni di Mercury con le donne, minimizzando poi sulle sue
relazioni omosessuali. Nella rappresentazione di rapporti con gli
uomini, il film è stato accusato di perpetuare stereotipi, comprese
idee potenzialmente dannose come ritrarre Mercury come un predatore
sessuale.
Al di là dei problemi con la
rappresentazione, il film è stato criticato per aver romanzato gli
eventi sia nel percorso della band che nella vita personale del
cantante. Naturalmente, questo ha messo alla prova la pazienza dei
fan devoti. La vittoria del film per il miglior montaggio agli
Academy Awards ha suscitato ulteriori reazioni, poiché le clip
online hanno evidenziato la vittoria ridicola e la realizzazione
cinematografica scadente.
Perché è controverso: per la
sua rappresentazione della bisessualità e il cattivo
montaggio.
Blonde
Blonde ha
suscitato un intenso dibattito a causa della sua estesa durata di
tre ore, della sconcertante struttura simile a un collage e della
sua rappresentazione sessista di Norma Jean, alias
Marilyn Monroe. Il film ha affrontato crescenti
polemiche per la rappresentazione di Monroe costretta ad abortire,
una scelta narrativa che ha suscitato reazioni negative, in
particolare data la mancanza di prove di cui la diva abbia mai
subito una tale procedura.
L’inclusione di un feto CGI ha
ulteriormente alimentato le critiche, con alcuni che lo hanno
definito un’aggiunta vergognosa e una presa di posizione contro
l’aborto.
Perché è controverso: per la
gestione della violenza sessuale e
dell’aborto.
Nina
Questo biopic del 2016
ritrae la vita della musicista americana e attivista per i diritti
civili Nina Simone e ha suscitato forti polemiche
a causa della scelta di
Zoe Saldaña, un’attrice afro-latina e non nera. La
trasformazione di Saldaña ha comportato l’uso di un trucco pesante
per rappresentare la cantante dalla pelle più scura, una scelta di
cui in seguito ha espresso rammarico e che ha causato il rifiuto
della famiglia di Nina Simone di promuovere il film.
Al di là del problema del casting,
la pellicola di
Cynthia Mort ha dovuto affrontare ulteriori critiche per la sua
narrazione cliché e l’esecuzione piatta, risultando in un punteggio
incredibilmente basso del 2% su Rotten Tomatoes.
Perché è controverso: per il casting di Zoe
Saldaña
Green Book
Ispirato alla storia vera
del pianista afroamericano Don Shirley,
interpretato da
Mahershala Ali e del suo autista-guardia del corpo
italoamericano Frank Vallelonga l’attore
Viggo Mortensen. Green
Book ha vinto il premio come miglior film agli Oscar, insieme
al miglior attore non protagonista per Ali. Tuttavia, il
film suscitò intensi dibattiti sulla sua accuratezza e sulla sua
rappresentazione dell’amicizia tra due uomini di razze diverse nel
sud americano degli anni Sessanta.
Molti hanno criticato il personaggio
di Shirley, evidenziando la rappresentazione scarsamente disegnata
del suo personaggio e suggerendo che il personaggio esisteva
principalmente per cambiare la prospettiva di una persona bianca.
Inoltre, molti critici hanno condannato il film per aver
reinventato la storia vera, in cui un personaggio bianco viene
celebrato per aver presumibilmente salvato qualcuno di un’altra
razza.
Perché è controverso: per l’uso di troppi e dannosi
steriotipi.
Richard Jewell
Nel
caso reale di
Richard Jewell,
la giornalista
Kathy Scruggs
è stata la prima a raccontare la storia secondo cui Jewell era il
principale sospettato dell’attentato avvenuto al Centennial Olympic
Park di Atlanta, in Georgia, il 27 luglio 1996. In realtà, Jewell,
una guardia di sicurezza, era un eroe che invece salvò la folla
riunita per le Olimpiadi estive scoprendo un dispositivo prima che
potesse esplodere.
Nel film Scruggs, che affrontò sfide
considerevoli negli anni successivi al caso e morì solo pochi anni
dopo, è ritratta in uno scenario completamente romanzato in cui
scambia, per aver informazioni, del sesso con un agente
dell’FBI.
Questa rappresentazione non solo mostra un cliché sessista già
visto nei film sulle donne giornaliste, ma introduce anche eventi
che sono stati interamente immaginati.
Perché è controverso: per la
rappresentazione sessista e inventata di una
giornalista.
The Blind Side
Quest’anno
The Blind Side ha dovuto affrontare una nuova sfida, quando
l’ex giocatore della NFL Michael Oher, la cui vita
d’adolescente ha ispirato il film, ha intentato una causa contro i
suoi genitori adottivi Leigh Ann e Sean Tuohy. Oher ha affermato
che la coppia non l’ha mai adottato formalmente, sfruttando invece
la loro tutela per trarre profitto dal film senza ricompensarlo. Il
procedimento legale ha ulteriormente smascherato il film che, anche
dopo la sua uscita iniziale, ha attirato critiche per aver
perpetuato il cliché della famiglia bianca che adotta una persona
di colore come un atto di carità.
Il biopic è stato anche criticato
per aver descritto il giocatore come un ingenuo, con lo stesso
Michael Oher che ha rifiutato il modo in cui è stato ritratto nel
libro I Beat the Odds: From Homelessness, to The Blind
Side, and Beyond, uscito nel 2012.
Perché è controverso: il vero
Michael Oher ha intentato una causa contro i suoi genitori adottivi
e si è espresso contro il film.
The Greatest Showman
Dopo l’uscita
di The
Greatest Showman nel 2017, lo Smithsonian Magazine ha
pubblicato un articolo in cui criticava l’eroica rappresentazione
del film di PT Barnum, spiegando di come il suo viaggio verso la
fama comportasse lo sfruttamento. Nello specifico, scrissero del
suo debutto nel 1835, durante il quale mise in mostra una
schiava afroamericana di nome Joice
Heth, sostenendo che aveva 161 anni. Nonostante
l’illegalità di possedere schiavi a New York Barnum trovò una
scappatoia.
Il film omette opportunamente la
dura realtà dello sfruttamento da parte di Barnum di individui
emarginati per il successo, la fama e la ricchezza. Opta invece per
una narrazione piena di canti, balli e intrattenimento spensierato,
deviando sulla verità più oscura delle azioni di Barnum.
Perché è controverso: perché
omette lo sfruttamento e la schiavitù illegale di PT
Barnum.
American Sniper
American
Sniper racconta la storia di Chris Kyle, un
cecchino dei Navy SEAL, e le sue esperienze
durante la guerra in Iraq. Il film, diretto da
Clint Eastwood, ha dovuto affrontare critiche per essersi
preso delle libertà con la narrazione. Questo biopic infatti
apporta una serie di modifiche alla storia vera su cui è basato. Ha
anche suscitato una notevole attenzione negativa per il suo uso
ridicolo di un bambolotto, ovviamente finto, in una scena in cui
Bradley Cooper tiene in braccio la figlia appena nata.
L’aspetto e la mancanza di realismo della bambola, sono diventati
oggetto di scherno e hanno rovinato il peso drammatico del film
stesso.
Perché è controverso: per
l’inesattezze storiche e la mancanza di
realismo.
J. Edgar
Il film del
2011 J.
Edgar, un altro tra i biopic più controversi con la regia di
Clint Eastwood, con
Leonardo DiCaprio nel ruolo di J. Edgar
Hoover, è stato criticato dagli storici e dai funzionari
governativi che avevano opinioni divergenti sull’accuratezza della
rappresentazione della relazione romantica tra Hoover e il suo
stretto collaboratore. Per concludere anche il pubblico non era
entusiasta del casting, dato che DiCaprio era molto più giovane di
Hoover durante il periodo coperto dal film. L’attore infatti è
stato invecchiato con il trucco che non era di certo tra i migliori
visti sul grande schermo.
Perché è controverso:
disaccordi sull’accuratezza storica e per il pessimo
trucco.
House of Gucci
Il film di questa Top 10
che risulta tra i biopic più controversi è decisamente
House of Gucci. Il lungometraggio del 2021 ha suscitato
polemiche per le libertà creative prese nel ritrarre
l’omicidio di Maurizio Gucci, interpretato da
Adam Driver, da parte della sua ex moglie Patrizia
Reggiani di Lady
Gaga. Inoltre, le scelte del casting e le performance
esagerate degli attori, hanno acceso discussioni sulla
rappresentazione dei personaggi e degli accenti italiani.
La controversia è stata
ulteriormente alimentata dalla disapprovazione del biopic da parte
della famiglia Gucci, con diversi membri della
dinastia che hanno espresso insoddisfazione per il prodotto
finale.
Perché è controverso: per le
performance degli attori protagonisti che erano esagerate come i
finti accenti.
Cristóbal
Balenciaga, la serie drama originale ispirata alla
vita e all’eredità del creatore spagnolo di Guetaria, uno degli
stilisti più iconici di tutti i tempi, debutterà il 19 gennaio 2024
in esclusiva su Disney+. Nella serie, creata da
Lourdes Iglesias e dai 12 volte vincitori del
premio Goya Aitor Arregi, Jon
Garaño e Jose Mari Goenaga (La
trincea infinita), l’attore Alberto San Juan
interpreta Cristóbal Balenciaga, un uomo enigmatico e di
straordinario talento che sfidò le convenzioni sociali dell’epoca e
rivoluzionò il mondo della moda.
Cristóbal Balenciaga:
quando esce e dove vederla in streaming
Cristóbal
Balenciaga in streaming
debutterà il 19 gennaio 2024 in esclusiva su Disney+
Cristóbal
Balenciaga inizia quando lo stilista presenta la sua
prima collezione di Haute Couture parigina nel 1937. Si è lasciato
alle spalle una carriera di successo nei suoi atelier di Madrid e
San Sebastian vestendo l’élite e l’aristocrazia spagnola. Tuttavia,
i modelli che avevano fatto tendenza in Spagna non funzionano
nell’impero della moda sofisticata di Parigi, dove Chanel, Dior e
Givenchy sono il punto di riferimento dell’Haute Couture. Guidato
dall’ossessione per il controllo in tutti gli aspetti della sua
vita, Cristóbal Balenciaga definirà il suo stile e alla fine
diventerà uno dei più importanti stilisti di tutti i tempi.
Cristóbal Balenciaga:
il cast
Cristóbal
Balenciaga è interpretato da Alberto San
Juan e da un cast internazionale di attori che danno vita
a celebri personaggi del XX secolo che sono stati fondamentali
nella vita del Maestro. Tra questi, Belén Cuesta
(Fabiola de Mora y Aragón); Josean Bengoetxea
(l’uomo d’affari di San Sebastian, Nicolás Bizkarrondo);
Cecilia Solaguren(sua moglie, Virgilia
Mendizabal); Adam Quintero (Ramón Esparza,
collaboratore dello stilista); Thomas Coumans
(Wladzio D’Attainville, socio e partner commerciale di Cristóbal
Balenciaga); Gemma Whelan (Prudence Glynn,
giornalista del Times); Anouk Grinberg (Coco
Chanel); Gabrielle Lazure (Carmel Snow, fashion
director di Harper’s Bazaar); Patrice Thibaud
(Christian Dior); Nine d’Urso (la modella
Colette); Anna-Victoire Olivier (l’attrice Audrey
Hepburn).
La serie
Per quanto riguarda la parte
tecnica di Cristóbal Balenciaga, il team è composto da
professionisti eccellenti. Tra gli altri, il compositore
Alberto Iglesias, vincitore di 11 Premi Goya
(nominato 19 volte), quattro volte candidato agli Academy Award,
tre volte ai Bafta Award e due volte ai Golden Globes, è
responsabile della colonna sonora originale; Bina
Daigeler, candidata agli Academy Award per il film
live-action Mulan dei Walt Disney Studios e candidata agli
Emmy Award per i costumi di Mrs. America, è la costumista
di Cristóbal Balenciaga, insieme al suo collaboratore
Pepo Ruiz Dorado; Javier Agirre
Erauso (vincitore del Premio Goya per Handia) è
il direttore della fotografia; Mikel Serrano
(vincitore del Goya per Handia e Il sabba) è il
direttore artistico; Karmele Soler(vincitore del
Premio Goya per La pelle che abito) è la makeup
artist.
La serie è prodotta da
Xabier Berzosa per Moriarti
Produkzioak e Irusoin. Moriarti
Produkzioak è stata fondata nel 2001 e i suoi film hanno
partecipato a numerosi festival internazionali e hanno ottenuto più
di 450 premi. Tra i riconoscimenti: 12 premi Goya e 31 nomination;
due candidature per rappresentare la Spagna agli Academy Awards.
Premio Speciale della Giuria al Festival Internazionale del Cinema
di San Sebastian, oltre alla Concha de Plata per la Miglior Regia,
al Premio per la Miglior Sceneggiatura e al Premio FIPRESCI; Premio
Forqué per il Miglior Film; un Premio EFA; un Premio Platino e il
Premio Sant Jordi per il Miglior Film. Irusoin,
invece, è stata fondata nel 1982 come società di produzione di
scripted, documentari e film d’animazione. Ha due centri di
produzione e post-produzione: uno a Bilbao e l’altro a San
Sebastian. Le sue produzioni hanno ricevuto numerosi premi e hanno
avuto un’importante presenza nei festival internazionali.
Di questa storia se n’è parlato
troppo, troppo poco e in modo sbagliato. In questo modo Ilary Blasi racconta a
Unica, documentario Netflix in arrivo sulla piattaforma
il 24 novembre, la sua verità. Una verità che i giornali hanno
bramato, che hanno richiesto, a cui è stata negata e che arriva per
la prima volta dalla conduttrice italiana più chiacchierata del
momento. Un racconto preciso, puntuale e meticoloso nella sua
ricostruzione, dopo un anno dalla separazione ufficiale, con ancora
un processo in tribunale in atto, e che mette Ilary
Blasi e Francesco Totti
ancora nel mirino di paparazzi, giornalisti e mondo dello
spettacolo. Una coppia nata grazie alla televisione e al mondo
dell’intrattenimento che ha fatto sognare milioni di italiani,
romani e romanisti ma che l’anno scorso ha preso la decisione di
separarsi per motivi che sono ormai sulla bocca di tutti.
Unica, la verità di Ilary
Blasi
La conduttrice del Grande
Fratello Vip, Isola dei Famosi, volto
noto di Mediaset racconta la sua verità in un
luogo neutro, non tra le pareti di casa sua perché una relazione
che è nata sotto i riflettori non può certo “lavare i panni sporchi
in casa”. Dopo le dichiarazioni dell’ex calciatore della Roma su Il
Corriere arriva anche la versione della storia di Ilary
Blasi che inizia subito mettendo a posto tutte le pedine.
Partendo dal 2021 anno in cui inizia a rompersi qualcosa nel legame
tra lei e l’ex marito. Non esistono schieramenti o
colpevolizzazioni, ma una disamina apparentemente chiara di una
vicenda di cui i gossippari italiani si sono nutriti. A fare da
sfondo alla vicenda una Roma che Blasi descrive come parte
integrante di questo processo. Una Roma che le ha voltato le spalle
per difendere il suo capitano, ancora una volta.
Roma pettegola, Roma che nasconde
gli sbagli di un uomo che, secondo il racconto di Ilary Blasi, ha
fatto di tutto per farsi scoprire pur di non raccontare a viso
aperto la verità alla, ormai, ex moglie. Lei stessa che è stata
additata come traditrice per un caffè preso con un giovane ragazzo
e la sua amica nell’intimità di un appartamento vicino alla
stazione dei treni di Milano. È difficile parlare di
Totti e Blasi come due persone
separate ma in sostanza i loro mondi, anche durante il matrimonio,
non si sono mai incontrati. Il mondo dello spettacolo e dei
riflettori non è mai stato ambiente frequentato da Francesco Totti
che invece ha sempre fatto parlare di sé per le sue prodezze con il
pallone. Viceversa, dopo vent’anni di matrimonio, Ilary Blasi non
si è mai interessata al mondo del calcio portando avanti il suo
lavoro in televisione. Due persone distinte che in questo lungo
viaggio di matrimonio hanno usato le loro carte vincenti per andare
avanti e farsi un nome.
A chi credo? Ai giornalisti o a mio
marito?
Insieme in tutti i momenti della
vita, belli e brutti, la coppia Blasi-Totti si è davvero coperta le
spalle a vicenda anche quando, come racconta Blasi in
Unica, la popolarità di lui come calciatore, varie storie
e tradimenti che gli sono stati affibbiati, sono stati una cosa che
ha subito. In Unica c’è molto di Francesco
Totti, così come molto ce n’è nella vita di Ilary Blasi
per cui raccontare la sua storia senza parlare dell’ex marito
sarebbe stato impossibile. Un punto importante della loro storia è
l’addio al calcio dell’ex capitano della A.S. Roma (matrimonio
calcistico durato più di quello sentimentale). Quel 28 maggio lo
ricordiamo tutti e tra le mura di casa, racconta Blasi, si
consumava un dramma. Lei stessa si commuove pensando a quei momenti
di sofferenza del marito. Paradossalmente però il momento in cui
Totti va in “pensione” lei ha sempre più opportunità nel mondo
della televisione. Molto spesso è via per lavoro, soprattutto a
Milano, luogo nevralgico dello show business italiano.
Asse Milano-Roma. La prima offre
opportunità, la seconda sempre troppo ostile per Blasi, una Roma a
cui piace parlare sottovoce e mai in faccia. Dopo l’addio al
calcio, si racconta in Unica, le cose sono sempre andate
bene per la coppia che non ha mai perso quell’intimità in camera da
letto. Nel racconto di Ilary Blasi appare molta
sincerità sulla fine del loro matrimonio e sui presunti lati oscuri
del suo ex marito, fin ora mai raccontati. Totti viene descritto
come un uomo non tanto vendicativo quanto furbo, quasi
manipolatore, doppiogiochista, come un boss silenzioso della sua
Roma che non vuole farsi beccare a parlare male di lui. Le sue
mosse sembrano studiate a tavolino e messo di fronte alla verità
mente con freddezza. Freddezza che però non traspare in Ilary Blasi
che in Unica si racconta per la donna di spettacolo che è,
abituata a stare con un cono di luce puntato sulla testa e lo fa
con precisione, commozione ma anche con autoironia.
Venerdì 24
novembre, dalle ore 15.00 alle ore 19.00, si terrà presso
CityLife Anteo di Milano (Piazza Tre Torri 1/L) BE
SHORT, la seconda edizione del festival dedicato
all’approfondimento dei cortometraggi e del branded
entertainment, organizzato da OBE – Osservatorio Branded
Entertainment (Associazione che studia e promuove la diffusione
sul mercato italiano del branded entertainment come leva strategica
per la comunicazione integrata di marca) e Giffoni Innovation
Hub, in collaborazione con DCA / Digital Cinema
Advertising.
Be Short, un
evento aperto al pubblico previa prenotazione gratuita, è un
importante momento di confronto tra professionisti ed
esperti del settore audiovisivo che credono nel linguaggio
cinematografico e nella sua capacità di veicolare i
valori e la mission di un brand. Una fusione, quella tra la
comunicazione di marca e il cinema che riesce a raccontare il
purpose di un’azienda, trasmetterne la storia e la sua
evoluzione.
Un incontro che
rappresenta un’occasione di analisi degli obiettivi di un branded
short movie – che va dalla nascita dell’idea creativa alla sua
produzione e distribuzione – soffermandosi in particolare
sull’andamento del mercato italiano e l’individuazione di possibili
scenari futuri.
L’evento, moderato dal
giornalista Giampaolo Colletti, sarà suddiviso in 5 panel dedicati
a specifiche tematiche con la proiezione di short movie che
vedranno il coinvolgimento di tanti ospiti e aziende che
condivideranno le loro testimonianze raccontando alcune case di
corti realizzati e curiosità, tra cui Philadelphia, Lavazza,
Scuola Holden,Henkel/Dixan, Sky, Findus e
Dude.
Il programma di Be
Short è consultabile a questo link.È possibile partecipare
all’evento riservando gratuitamente il proprio posto su
Eventbrite.it a questo link.
È stata una settimana
particolarmente movimentata per il franchise di Scream: l’imminente
settimo episodio, Scream VII, ha perso
entrambe le sue protagoniste in meno di ventiquattr’ore, con
Melissa Barrera (interprete di Sam Carpenter)
licenziata da Spyglassper i suoi recenti post sui social
media riguardanti la guerra tra Israele e Hamas e Jenna Ortega
(interprete di Tara Carpenter) che ha invece abbandonato il progetto a causa di
conflitti di programmazione con la seconda stagione di
Mercoledì di Netflix. Mentre il franchise si appresta dunque un
profondo cambiamento narrativo, Variety riporta che lo studio
sta valutando la possibilità di riportare in scena la protagonista
originale della saga, Neve Campbell (interprete di
Sidney Prescott).
Accanto a lei, Spyglass vorrebbe
anche il suo ex co-protagonista Patrick Dempsey
(interprete di Mark Kincaid). I due non appaiono insieme da
Scream 3, con i loro personaggi che sono sposati fuori
dallo schermo. Nonostante gli sviluppi di questa settimana, dunque,
i produttori puntano ancora a una data di uscita nel 2025,
ripartendo però da zero e concepire una storia incredibilmente
buona, nella speranza di convincere Campbell a tornare dopo la sua
assenza in Scream VI, assenza legata alle divergenze
riguardo il compenso. James Vanderbilt e
Guy Busick sono ancora impegnati nella stesura
della sceneggiatura, ma prepareranno dunque ora una nuova bozza da
presentare allo studio e al regista Christopher
Landon in tempi relativamente brevi.
Scream VII: tutto quello che sappiamo sul film
Dopo mesi di attesa, è stato
confermato che Scream
VII è ufficialmente in fase di sviluppo. Nel
2022, il franchise slasher preferito dai fan è stato ripreso sotto
la guida del duo di registi Tyler Gillett e
Matt Bettinelli-Olpin, che fanno parte del
collettivo di cineasti noto come Radio Silence. I
due hanno diretto sia Scream
del 2022 che Scream
VI di quest’anno, che è diventato il capitolo di
maggior incasso del franchise a livello nazionale. Secondo The Hollywood Reporter, Scream
VII è ora pronto per essere realizzato, pur se
con un cambio alla regia. Sarà infatti Christopher
Landon, il regista di successi horror come i film
Auguri per la tua morte, il suo sequel, e
Freaky, ad occuparsi della regia.
I membri del collettivo Radio
Silence, che comprende anche il produttore Chad
Villella, rimarranno però a bordo come produttori
esecutivi del nuovo film. Landon in seguito alla notizia ha reagito
condividendo una foto di Ghostface con la didascalia: “Sembra
che 7 sia davvero un numero fortunato“. Con i suoi precedenti
film Landon ha già dimostrato la sua capacità di decostruire il
genere slasher, che è uno degli elementi chiave dei film di
Scream. Il regista si è poi detto estraneo all’allontanamento di
Barrera e si trova dunque ora a dar vita ad un racconto con
nuovi protagonisti.
La Sony Pictures ha
cercato di far decollare un film sui
Sinistri Sei fin dalla metà degli anni 2000.
L’idea è nata prima dell’uscita di The Amazing Spider-Man
2, con il sequel del 2014 che doveva porre le basi per
l’assemblaggio della squadra di cattivi in un progetto spin-off. Il
Peter Parker di Andrew Garfield
avrebbe in quel caso dovuto essere il sesto membro della squadra,
dopo essere stato ingannato da un Norman Osborn
resuscitato per unirsi ai loro ranghi. Il progetto è poi stato
completamente annullato, con Spider-Man che si è invece unito agli
Avengers nel film Captain America: Civil
War.
Ora però, con una serie di film
spin-off in live-action che comprendono Venom, Venom: La furia di Carnage, Morbius e titoli di
prossima uscita come Madame Web, Kraven Il cacciatore e
Venom 3 (nessuno dei quali
include Spider-Man), sembra proprio che il progetto per i Sinistri
Sei sia di nuovo sul tavolo. Secondo lo scooper Daniel
Richtman, infatti, la Sony sta attualmente sviluppando
il progetto, che avrà come protagonisti i suoi personaggi di questi
film spin-off. Dunque Venom, Morbius, l’Avvoltoio, Kraven il
Cacciatore, Rhino ed Ezekiel sono tra i papabili membri del gruppo,
essendo ad oggi stati già introdotti nello Spider-Man Universe di
Sony.
Non è chiaro ad oggi quali
potrebbero essere gli obiettivi dei Sinistri Sei, anche se la
scena post-credits di Morbius ha suggerito
che Adrian Toomes stava cercando di creare una
squadra di cattivi per fare del bene, dunque una cosa simile a
quanto fatto dalla DC con Suicide Squad. Se davvero il
film dovesse verificarsi, però, questo potrebbe anche rappresentare
l’attesa incursione dei personaggi
Sony nell’MCU, dove potrebbero dunque scontrarsi con lo
Spider-Man di Tom Holland.
Oppure, potrebbe essere l’occasione per dare ad Andrew Garfield
il suo tanto atteso terzo film su Spider-Man. Ad ora, non resta che
scoprire se davvero questo progetto verrà confermato dalla
Sony.
Da un po’ di tempo si mormora in
rete che i Marvel Studios stiano valutando l’idea di
fornire Galactus di un Araldo donna nel film del
MCUFantastici Quattro al
posto del celebre Silver Surfer,
mentre altre teorie si spingono a suggerire che l’araldo sarà
proprio il surfista argentato, solo cambiato di genere.
Naturalmente non c’è ancora nessuna conferma né a riguardo, ma lo
scooper Daniel Richtman – colui
che per primo ha dato la notizia del casting di Pedro Pascalper il ruolo di Mister Fantastic
– riporta ora che Anya Taylor-Joy
sarebbe stata presa in considerazione per un ruolo da villain nel
reboot.
Ad oggi non è confermata neanche la
presenza di Galactus come principale antagonista – per il quale si
sono però riportate voci secondo cui Javier Bardem
sarebbe in trattative per il ruolo –
dunque non è possibile stabilire chi Taylor-Joy potrebbe
effettivamente interpretare all’interno del film. Se la presenza di
Galactus in Fantastici Quattro venisse però
confermata, si potrebbe supporre che l’attrice potrebbe essere la
candidata numero uno per il ruolo del suo araldo, il quale potrebbe
però non essere necessariamente un Silver Surfer donna, ma anche
Frankie Raye, conosciuta anche come
Nova.
Nei fumetti dei Fantastici Quattro, Frankie Ray ha
acquisito i poteri della Torcia Umana grazie allo scienziato
Phineas T. Horton. In seguito si innamorò proprio di Johnny Storm
ma, nel tentativo di salvare la Terra, si offrì volontaria per
diventare il nuovo Araldo di Galactus. Imbevuta del Potere Cosmico,
Frankie divenne l’onnipotente Nova e fu incaricata di trovare nuovi
mondi da consumare per il suo padrone. Sarebbe un ruolo perfetto
per Anya Taylor-Joy che, come noto,
ha già avuto a che fare con il mondo Marvel interpretando una mutante in
The New Mutants. Ad
ora, però, non resta che attendere notizie ufficiali.
Fantastici Quattro: quello che sappiamo sul cast del
film
Per il ruolo di Reed
Richards (Mister Fantastic), il candidato numero uno
attualmente è l’attore Pedro Pascal
(The Last of Us), mentre
per Sue Storm (Donna Invisibile), Johnny
Storm (Torcia Umana) e Ben Grimms (La
Cosa) si continuano a riportare i nomi di Vanessa Kirby
(Napoleon),
Joseph Quinn (Stranger Things) e
Ebon Moss-Bachrach (The Bear). Anche per
questi, però, si attende un’ufficialità da parte dei Marvel Studios. Si è
poi parlato di Javier Bardem
per il ruolo di Galactus, ma anche Antonio
Banderas sarebbe ancora in lizza per il ruolo. Infine,
sembra che sia in corso la ricerca di un’attrice per l’araldo di
Galactus, che potrebbe però non essere Silver Surfer.
Ad oggi sappiamo solo che
Matt Shakman (produttore e regista di WandaVision) dirigeràFantastici Quattro da
una sceneggiatura di Jeff Kaplan, Ian
Springer, Josh Friedman, co-sceneggiatore
di
Avatar: La via dell’acqua, e Cameron
Squires. I dettagli della trama sono ancora un mistero, ma
Kevin Feige ha
confermato che non si tratterà di un’altra origin story per il
super-team. Il film, infine, è atteso in sala per il 2
maggio 2025.
Ospite d’apertura della
prima edizione del
Fantasticon Film Fest (qui il programma), il nuovo festival dedicato ai
film di genere che si svolgerà dal 24 al 26 novembre presso
l’auditorium di Fiera Milano Rho nell’ambito di Milan Games
Week & Cartoomics 2023 (MGW CMX 2023), Federico
Zampaglione, regista e nome storico dei Tiromancino,
presenta The Well, il suo ultimo film che segna il
ritorno alla regia dopo
Morrison. Lo abbiamo raggiunto al telefono per farci
raccontare il suo nuovo progetto, che già da qualche tempo circola
nella filiera del Festival.
Intervista a Federico
Zampaglione
Dopo la parentesi
di
Morrison, torna al genere, cosa c’è di confortante nello
spaventare le persone?
Quando riesci a
spaventare il pubblico, gli regali un’emozione forte. Io sono
sempre stato un fan delle emozioni forti, sia nella musica che nel
cinema, mi piace colpire.
Da dove nascono
le principali suggestioni che hanno portato alla realizzazione di
The Well?
Tutto nasce da una
conversazione con mia moglie: le chiesi quale fosse la cosa che più
la spaventava, e lei mi rispose “il pozzo”. E in effetti è un posto
abbastanza tetro, non si sa mai cosa ci sia nel fondo. Da questo
spunto, dopo tanto tempo, ho elaborato questa storia che ha
impiegato molto tempo per diventare poi un film, sia il processo di
scrittura che quello di realizzazione sono stati impegnativi.
The Well è stato
definito “un horror gotico dal sorprendente gusto moderno”. Come si
coniugano i linguaggi classici, quello dell’horror gotico in
particolare, con il gusto di un artista che è inserito nella sua
contemporaneità?
La modernità viene
conferita dal taglio, dalla scrittura, dalla recitazione, dalle
scelte registiche. Un film gotico negli anni ’60 aveva un
determinato tipo di approccio, adesso si genera un aggiornamento di
quegli elementi perché si adottano attraverso degli strumenti e una
sensibilità contemporanea.
Il film ha già
avuto una vita festivaliera e la presenza alla prima edizione del
Fantasticon si inserisce in questo percorso. Cosa c’è di
particolare o interessante, se c’è, nell’accompagnare i propri film
nel circuito dei festival?
Da una parte c’è grande
entusiasmo perché si mostra un lavoro che in genere si impiega
sempre tanto tempo per realizzare. D’altra parte c’è anche una
certa ansia perché dopo aver lavorato su un prodotto a lungo e al
meglio, quel lavoro verrà sottoposto al giudizio degli altri.
Quindi c’è una piccola componente di timore rispetto
all’accoglienza che verrà riservata al film. Poi i festival sono un
contesto in cui si ricevono giudizi spesso severi, quindi si corre
il rischio di bruciare il film con un passaparola non proprio
favorevole. Per adesso, The Well sta piacendo
molto, e quindi vedendo che il pubblico era contento e i commenti
positivi, abbiamo cominciato a goderci questa reazione, mettendo un
po’ da parte l’ansia.
L’anima musicale
e cinematografica si intrecciano nella sua carriera artistica ormai
da molti anni, c’è un’espressione, tra le due, in cui Federico
Zampaglione si sente maggiormente se stesso?
Sono due approcci molto
diversi, lavorare in studio o sul set comporta due stili di vita
completamente diversi. La regia è un lavoro molto mentale, devi
tenere a mente centinaia di cose, la testa è continuamente connessa
con la miriade di cose a cui pensare. Se un regista non ha le idee
chiare, comunica confusione alla troupe e tutta la produzione
diventa un disastro, bisogna quindi trovare il modo di tenere tutto
sotto controllo. La musica ti lascia più libero, non hai a che fare
con 50 persone che non hai mai incontrato in vita tua ma che devi
gestire, sul set. Quando fai un disco o un tour stai sempre con le
stesse persone, che sono molte meno, in studio magari, oppure sul
palco, dove arrivi e trovi tutto già sistemato. Quindi sono due
esperienze diverse che mi mettono entrambe alla prova. La cosa che
mi piace di più è che si possono alternare e, appena sento odore di
routine, mi piace spezzarla, passando da una parte all’altra.
Questo mi tiene vivo e mi impedisce di impigrirmi, continuo a
imparare e a mettermi in gioco, è come se tornassi sempre in un
posto, e quando torni da qualche parte vuoi tornare bene.
La cosiddetta The
Divergent Series è stata una delle più popolari serie
cinematografiche giunte al cinema nello scorso decennio e
incentrate su elementi come una società distopica e un contesto
fantascientifico. Tratta dai romanzi della scrittrice
Veronica Roth, la serie si compone di tre film,
intitolati Divergent, Insurgent (qui la recensione) e Allegiant. Usciti in
sala tra il 2014 e il 2016, questi hanno contribuito a lanciare la
carriera dell’attrice Shailene
Woodley, come anche di alcuni suoi comprimari.
Pubblicata tra il 2011 e il 2013, la
trilogia di Divergent incontrò
subito il favore dei lettori attratti dal genere, che potevano
ritrovare nelle storie narrate dalla Roth atmosfere simili a quelle
di Hunger Games
e Maze Runner.
Tale successo, spinse la Summit Entertainment ad acquisirne i
diritti, con l’intenzione di dar vita ad una trasposizione
cinematografica cavalcando l’onda del successo del genere. Con il
secondo capitolo, Insurgent, si porta avanti
quanto narrato nel precedente film, con il gruppo di protagonisti
intento nel tentativo di riportare la pace nella futuristica città
di Chicago.
Con un budget più elevato rispetto a
Divergent, attestato intorno
ai 110 milioni di dollari, il film riuscì ugualmente ad affermarsi
come un buon successo, arrivando ad un incasso complessivo a
livello mondiale di circa 297 milioni, di poco maggiore rispetto a
quello ottenuto dal precedente capitolo. Il film si confermò un
grande successo presso un pubblico di giovani anche grazie alle
numerose nomination ottenute ai Teen Choice Awards, che premiarono
la Woodley come miglior attrice in un film d’azione. Nel riscoprire
il film, può essere particolarmente utile essere a conoscenza delle
curiosità ad esso legate, molte delle quali relative al cast di
attori. Di seguito si vedrà anche dove poter ritrovare il film in
streaming.
Insurgent: la trama del
film
Nel secondo film della trilogia,
Insurgent, la spietata
Jeanine Matthews possiede ora il controllo di
Chicago. La leader degli Eruditi è decisa a scovare tutti i
Divergenti della città, condannandoli all’esilio.
Tris, nuovo nome assunto da
Beatrice, Caleb,
Peter e Quattro sono riusciti a
fuggire e a trovare rifugio presso Johanna Reyes,
capo dei Pacifici. La loro latitanza, tuttavia, pone sempre più a
rischio gli equilibri della città e fuggire è un’opzione che non
può essere perseguita a lungo. In tutto ciò, Tris scopre di
possedere uno speciale potere in grado di aprire una secolare
scatola che contiene un messaggio segreto da parte degli
antenati.
Nel momento in cui la crudele
Jeanine minaccia di uccidere tre innocenti al giorno, per tutti i
giorni in cui la ragazza rifiuterà di consegnarsi agli Eruditi,
questa decide di uscire allo scoperto. Nel frattempo, il gruppo di
ribelli riesce ora ad entrare in contatto con un manipolo di
Esclusi, capeggiati da Evelyn. Mentre il gruppo
tenta di trovare un modo per rispondere all’attacco della spietata
rivale, gli equilibri tra di loro si spezzeranno e riformeranno in
modo imprevedibile, e ben presto ognuno di loro sarà costretto a
riconsiderare le proprie certezze.
Insurgent: il cast del
film
Per il ruolo di Tris, i produttori
avevano in mente un solo nome, quello di Shailene
Woodley. L’attrice, tuttavia, non era convinta di
voler accettare la parte. Dopo aver parlato con la sua amica
Jennifer
Lawrence, protagonista di Hunger Games, si
convinse a ricoprire il ruolo di Tris. Per il personaggio di
Quattro, invece, venne scelto l’attore Theo James,
il quale accettò di partecipare a condizione che gli venisse
permesso di girare da sé anche le scene più complesse, senza
ricorrere a controfigure. Infine, tra i protagonisti, si annovera
Miles
Teller, nel ruolo di Peter. Questi, inizialmente, si
era candidato per la parte di Quattro, e non era certo di voler
accettare altrimenti. Venne tuttavia convinto dalla Woodley, con la
quale ha una solida amicizia.
Per il ruolo della perfida Jeanine
Matthews i produttori scelsero invece la premio Oscar Kate
Winslet. Per lei si trattava del primo ruolo da
cattiva della sua carriera, e per poter risultare più convincente
decise di mantenere una certa distanza dagli altri attori, evitando
di comportarsi in modo troppo dolce nei loro confronti. A dar vita
a Caleb, fratello della protagonista, è invece l’attore Ansel
Elgort. Questi ebbe qui modo di stringere un ottimo
legame con la Woodley, che avrebbe poi recitato nel ruolo della sua
fidanzata nel film Colpa delle
stelle. Nei film sono poi presenti gli attori Zoë
Kravitz nei panni di Christina, Jai
Courtney in quelli di Eric, Maggie
Q nel ruolo della dottoressa Tori, e Ashley
Judd per il personaggio di Natalie Prior. Naomi
Watts ricopre il ruolo di Evelyn, indossando una
parrucca scura per l’occasione. La premio Oscar Octavia
Spencerha invece la parte di Johanna, e
Rosa Salazar quella di Lynn.
Insurgent: le differenze
con il libro
Nell’adattare i tre romanzi della
Roth, come al solito, si sono rese necessarie alcune modifiche ai
personaggi o agli eventi della storia. Ciò è motivato dalla
necessità di rendere più cinematografici tali elementi, andando
così incontro ad un maggior favore di pubblico. Nonostante ciò,
l’autrice dei libri si è dichiarata soddisfatta delle modifiche
attuate e degli sforzi volti a mantenere una generale fedeltà ai
testi letterari di riferimento. Ciò che per lo studios di
produzione era invece assolutamente necessario attenuare era
l’atmosfera eccessivamente cupa e la violenza troppo presente.
L’intento, infatti, era quello di realizzare dei film che non
ottenessero restrizioni di pubblico e fossero così fruibili da
tutti.
Tra i primi e più significativi
cambiamenti, vi quello relativo al rapporto tra le fazioni. Per
accentuare il conflitto tra gli appartenenti a gruppi diversi, si è
infatti tenuto a sottolineare in più occasioni quanto tra questi vi
siano nette divisioni, tanto nello stile di vita che nel pensiero.
Oltre a questo, è la natura dei personaggi ad aver subito talvolta
radicali trasformazioni nel passaggio dalla pagina allo schermo.
Molti di quelli presenti nel libro, inoltre, non vengono inseriti
nel film. Ad aver subito radicali trasformazioni sono anche il
ruolo di Jeanine e l’intero finale del film, che diverge rispetto a
quello narrato nel romanzo. In particolare, gli sceneggiatori hanno
deciso di aggiungere l’elemento della misteriosa scatola. Grazie a
questa hanno potuto introdurre eventi poi ripresi nel terzo
film.
Il sequel di Insurgent, il
trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
Dato il buon riscontro economico del
film, si è poi deciso di realizzare anche il terzo capitolo,
Allegiant, che
porta avanti quanto narrato nel precedenti film, con il gruppo di
protagonisti impegnato nel tentativo di riportare la pace nella
futuristica città di Chicago e svelare i suoi segreti. Questo terzo
capitolo ebbe però un risultato al box office molto al di sotto
delle aspettative e ciò ha portato ad un drastico cambio di rotta
per quanto riguardava i progetti futuri legati alla saga. Il quarto
capitolo, che avrebbe dovuto essere anche l’ultimo, dal titolo
Ascendant,
è dunque stato annullato e così la serie di Divergent si è conclusa bruscamente con
Allegiant, ritrovandosi
con un finale aperto e privo degli sviluppi promessi.
Per gli appassionati del film, o per
chi volesse vederlo per la prima volta, è possibile fruirne grazie
alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. Insurgent è infatti
presente nei cataloghi di Rakuten TV, Google Play, Apple
TV, Prime Video e Netflix. Per vederlo, una volta scelta la
piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o
sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il
film verrà inoltre trasmesso in televisione in data giovedì
23 novembre alle ore 21:15 sul canale
Italia 2.
In un’intervista con The Hollywood
Reporter, il regista di Constantine
2Francis Lawrence ha finalmente
rivelato gli attuali progressi del tanto atteso sequel del fantasy
soprannaturale della DC del 2005. Lawrence ha confermato che
il sequel guidato da Keanu Reeves riprenderà il suo sviluppo subito
dopo il Ringraziamento.
“Siamo ancora all’inizio,
poiché lo sciopero ha sospeso tutto per un po‘”, ha detto
Lawrence. “Quindi probabilmente inizieremo a tornare
insieme dopo il Ringraziamento e a scavare di nuovo per cercare di
risolverlo.”
Inoltre, il filmmaker ha parlato
anche dei “molti ostacoli” che il progetto ha dovuto affrontare
durante il suo lungo processo di sviluppo. “Io, Keanu, Akiva
[Goldsman] abbiamo provato nel corso degli anni a disputare
nuovamente il controllo del personaggio perché era stato consegnato
indietro“, ha ricordato Lawrence. “Penso che la NBC
abbia fatto uno show televisivo, e poi JJ [Abrams] avrebbe provato
a fare qualcosa. E poi il regime a Washington è cambiato e
loro hanno i loro piani. Ma fortunatamente siamo riusciti a
ottenere un po’ di controllo sul personaggio e abbiamo iniziato a
lavorare su alcune idee per Constantine 2, di cui siamo davvero
entusiasti”.
Di cosa parlava Constantine?
Constantine del
2005 era vagamente basato sul personaggio del detective
dell’occulto della DC Comics/Vertigo Comics creato da Alan
Moore e Steve Bissette. Era incentrato su John
Constantine, uno stregone ed esorcista che aiuta le persone
con problemi soprannaturali. Oltre a Reeves, l’adattamento
vedeva protagonisti anche Rachel Weisz nei panni di Angela Dodson,
Shia LaBeouf nei panni di Chas Kramer,
Tilda Swinton nei panni di Gabriel,
Djimon Hounsou nei panni di Papa Midnite e
Peter Stormare nei panni di Lucifero.
Il prossimo sequel Constantine
2sarà scritto da Akiva
Goldsman, con
J.J. Abrams e Hannah Minghella come
produttori. Ulteriori dettagli sulla trama e sui personaggi
sono ancora tenuti nascosti, ma Lawrence in precedenza aveva
rivelato che è nelle sue intenzione fare un sequel come un
“vero film di Constantine classificato come R”.
La serie di Harry
Potter è piena di tradizioni misteriose che devono
ancora essere completamente esplorate. Una delle magie più oscure
che incontriamo nel corso della saga letteraria e cinematografica è
quella legata agli Horcrux, oggetti che mantengono
intatto il loro fascino maligno e che soprattutto sono avvolti dal
mistero nella loro “meccanica”.
Sappiamo che gli
Horcrux servono per custodire parti di un’anima,
così che se il corpo principale della persona che crea
l’incantesimo viene ucciso, un pezzetto della sua anima continua a
rimanere in vita nel Horcrux appena creato. Per
far ciò è necessario commettere un atto feroce, un omicidio, che
spacca l’anima.
In pochissimi, nella storia della
magia, hanno provato a creare degli Horcrux, chi ci è riuscito con
successo è ovviamente
Lord Voldemort, che ne ha creati sei (Il
Diario di Riddle, l’Anello di Orvoloson Gaunt, il Medaglione di
Salazar Serpeverde, la Coppa di Tosca Tassorosso, il Diadema di
Priscilla Corvonero, Nagini), più il settimo,
inconsapevole, Harry
Potter stesso.
Nell’ultimo capitolo della saga,
Harry,
Ron e Hermione dedicano tutti i loro sforzi a distruggerli, ma
quali sono i modi in cui un Horcrux può essere distrutto? Eccoli di
seguito!
Quali sono gli Horcrux, la lista completa
Gli appassionati della
saga sanno che gli Horcrux formati da Lord
Voldemort in maniera consapevole sono ben sei. Alla
fine della storia, scopriamo che l’anima già in brandelli di
Tom Riddle si è ulteriormente frammentata la notte che ha
ucciso i Potter, generando inconsapevolmente un altro Horcrux, il
settimo. Harry stesso. Ecco di seguito la lista completa degli
Horcrux:
Il Diario di Riddle,
l’Anello di Orvoloson Gaunt,
il Medaglione di Salazar Serpeverde,
la Coppa di Tosca Tassorosso,
il Diadema di Priscilla Corvonero,
Nagini
Harry Potter
Horcrux viventi e non
Prima, una precisazione:
una cosa che va capita bene è che gli Horcrux si possono realizzare
sia con oggetti inanimati che con esseri viventi. Non importa se si
tratta di una creatura vivente o di un gingillo insignificante.
Nagini, Harry, e probabilmente il professor Raptor erano tutti
esseri viventi che portavano dentro di sé un pezzo dell’anima di
Voldemort.
A differenza degli oggetti fisici
come il Diario di
Tom Riddle, queste creature non hanno sempre bisogno
di essere distrutte da qualcosa di molto potente come ad esempio la
Spada di
Grifondoro. La maledizione che uccide ha sconfitto il
pezzo dell’anima di
Voldemort dentro Harry, per esempio. Queste logistiche
non sempre funzionano, poiché la maledizione che uccide è stata
tentata su Nagini senza alcun effetto. Le regole che circondano
questa scappatoia non sono chiare, ma sono ovviamente presenti.
Detto questo, addentriamoci nei modi per distruggere un
Horcrux.
Ardemonio
Apparso per la prima
volta nel romanzo di
Harry Potter e i Doni della Morte, l’Ardemonio è una magia
incredibilmente oscura e pericolosa. Il mago abile a maneggiare
l’Ardemonio è in grado di produrre fiamme alte, vivaci e
distruttive, spesso riuscendo a fargli assumere la forma di animali
minacciosi, come serpenti, leoni e rapaci. Nel mondo dei film,
l’Ardemonio è apparso nell’Ordine
della Fenice durante il duello tra
Silente e
Voldemort, e nel
Principe Mezzosangue quando
Bellatrix attacca la tana.
Questo uso contraddittorio della
magia aggiunge anche una ruga nella sua efficacia contro gli
Horcrux. Nel libro, quando l’Ardemonio insegue il Trio nella Stanza
della Necessità, i tre usano le fiamme per distruggere il Diadema
di Corvonero (uno degli Horcrux di
Voldemort). La versione cinematografica invece mostra
Harry che pugnala il diadema e Ron che lo spinge a calci nelle
fiamme. Non riceviamo quindi conferma dal cinema sull’efficacia
dell’Ardemonio per distruggere questi oggetti di magia nera.
La Maledizione che uccide (Avada
Kedavra)
La
Maledizione che uccide è il modo più efficace per uccidere
praticamente qualsiasi cosa nell’universo diHarry
Potter.
Completamente privo di sintomi, la maledizione rimuove
semplicemente la vita dal corpo. La maledizione che uccide non
sembra funzionare contro la maggior parte degli Horcrux, ma ancora
una volta entriamo nell’erba alta delle differenze tra libri e
cinema. I libri non presentano questo scenario mentre il film
mostra chiaramente che l’Avada Kedavra che non funziona contro
Nagini.
Anche se potrebbe non aver ucciso
Nagini, la maledizione assassina è riuscita a distruggere l’Horcrux
presente in Harry. Forse qui ci sarebbe da fare un’altra
distinzione sul fatto che la maledizione potrebbe funzionare sugli
essere umani e non sugli animali/ibridi umani. Tuttavia, avendo
distrutto almeno un Horcrux, quello in Harry, la Maledizione deve
stare in questa lista.
La spada di Grifondoro
Come accennato, la Spada
di Grifondoro era un’arma potente contro gli
Horcrux. La spada stessa conteneva un passato
mistico. Forgiata dai Folletti, la spada è incantata e apparirebbe
a un Grifondoro che ne è degno e ne ha un disperato bisogno.
Polemiche sulla proprietà ruotarono attorno all’arma, poiché la
comunità dei Folletti la considera rubata, perché credono che le
loro opere di manifattura restino sempre di chi le ha create,
mentre i maghi, in quanto esseri umani, ragionano in base ai
concetti di commissione e pagamento.
La spada stessa aveva certamente il
potenziale, poiché il metallo Goblin assorbe ciò che lo rende più
forte. Quando Harry
Potter usò la spada per uccidere il Basilisco, questa
rimase imbevuta del veleno della bestia. Questa combinazione di
lama antica e potente veleno ha reso l’arma uno strumento
formidabile nella distruzione dei tesori di
Voldemort. Il suo potere aggiunto gli permetteva di
distruggere tutti gli Horcrux incontrati.
Neville Paciock l’ha usata per uccidere Nagini,
Silente l’ha usata per distruggere l’Anello, e Ron ha fatto lo
stesso contro il Medaglione.
Zanna di Basilisco
Arrivati a questo punto,
sembra che tutti questi strumenti siano connessi. L’arma più utile
contro gli Horcrux, vista finora, è il veleno di un Basilisco.
Forse questo elisir è strettamente legato alla natura oscura sia
degli Horcrux che dei serpenti giganti. Per combattere il male
terribile devi usare il male terribile. Ovviamente, Voldemort era
un Serpeverde, ma persino il mago oscuro Herpo il Folle (il primo
mago che tentò di realizzare degli Horcrux) aveva un Basilisco
domestico, ironicamente la stessa creatura responsabile della
distruzione della maggior parte degli Horcrux di Voldemort.
Il primo momento in cui ci è stato
rivelato il potere del Basilisco è stato in Harry Potter e
la
Camera dei Segreti. Harry usò la zanna per distruggere
il Diario di Riddle che era, a sua insaputa, il primo
Horcrux in cui si imbatteva. Il veleno avrebbe poi
potenziato la spada di Grifondoro e infine, i nostri avrebbero poi
usato una zanna per distruggere la Coppa di Tassorosso. Il veleno
di Basilisco è stato il “giocatore più prezioso” dall’inizio.
Amore sacrificale
Si tratta di un punto
controverso, ma Raptor potrebbe facilmente essere considerato uno
pseudo-Horcrux. Ha servito come custodia per l’anima di Lord
Voldemort (Ralph
Fiennes). Sebbene l’anatomia di questa relazione fosse molto
diversa da quella di Harry o Nagini, non si può negare che i due
fossero profondamente connessi quasi allo stesso livello. Per
questo motivo, Raptor potrebbe essere visto come il primo Horcrux
di Voldemort che viene distrutto.
Ma a differenza della maggior parte
degli altri contenitori, Raptor è stato distrutto da… l’amore.
Nella Pietra Filosofale, solo il tocco delle mani di
Harry fa sì che Raptor si sbricioli in polvere. Ovviamente, questo
non ha funzionato sugli Horcrux tradizionali, ma questo momento è
caratteristico nel comprendere la complessità e il mistero degli
Horcrux.
Si parte finalmente con
Fantasticon Film Fest (FFF, qui il programma), il
nuovo festival dedicato ai film di genere che si svolgerà dal 24 al
26 novembre presso l’auditorium di Fiera Milano Rho nell’ambito di
Milan Games Week & Cartoomics 2023 (MGW CMX 2023): all’interno
del più grande evento pop culture, gaming & entertainment del Nord
Italia, con più di 150.000 visitatori attesi,
un’avveniristica sala da 900 posti allestita con impianto
audio/video di ultima generazione è pronta ad accogliere e
coinvolgere il pubblico per un’inedita esperienza totalmente
cinematografica durante 3 giorni ricchi di panel, anticipazioni,
anteprime e grandi ospiti che ruotano intorno al mondo anime,
fantasy e horror.
Organizzato da
Echo e Fiera Milano in collaborazione con Fandango
Club Creators e con la direzioneartistica di
Manlio Gomarasca, il FFF presenta un palinsesto
imperdibile fin dalla giornata di venerdì 24 novembre:
Mad Heidi
è la commedia horror ispirata alla più famosa orfanella di
montagna: in questo caso, dopo che i magnati del formaggio svizzero
hanno giustiziato il suo fidanzato Peter e costretto la giovane a
prendere parte al brutale festival del wrestling, Heidi diventa
un’amazzone ribelle determinata a porre fine ai fascisti del
formaggio e a vendicare la morte del suo amato e lo splatter è
assicurato. Proiezione OV con sub ITA venerdì 24
novembre alle ore 12.00;
Home
Education– Le regole del male, nuovo horror
psicologico in arrivo al cinema giovedì 30 novembre distribuito da
Warner Bros. Pictures. Il film segna l’esordio alla regia di un
lungometraggio di Niada, regista italiano con base a Londra, e
vanta un cast internazionale che vede come protagonisti Julia
Ormond (Vento di Passioni), Lydia Page (Blue Jean) e
Rocco Fasano (SKAM Italia). Il film è una produzione Warner
Bros Entertainment Italia, Indiana Production, BlackBox Srl e con
Squareone Productions GmbH. Il regista e l’attore
Rocco Fasano saranno in sala per presentare l’anteprima esclusiva
del film venerdì 24 novembre alle ore 14.00;
alle 15.30 grandi nomi
saranno protagonisti del CINECOMIX PANEL sullo stretto
rapporto che lega la settima arte alla graphic novel,
un’interessante masterclass moderata dallo scrittore e giornalista
Luca Crovi, volto di riferimento del giallo all’italiana:
Paolo Barbieri, illustratore e autore di
fama internazionale, che ha realizzato innumerevoli copertine per
autori di culto quali Michael Crichton, George R. R. Martin,
Umberto Eco, Marion Zimmer Bradley, Herbie Brennan e Wilbur Smith e
tante altre prestigiose firme. Nel 2001 è stato direttore del
reparto colori alle scenografie in Aida degli alberi, film
d’animazione italiano di Guido Manuli e con la colonna sonora di
Ennio Morricone.
Lamberto Bava, grande icona del cinema
horror italiano famoso in tutto il mondo per aver diretto la
visionaria e feroce opera pop-rock-punk Demoni e aver
portato il mondo delle fiabe moderne in televisione con la serie
Fantaghirò. Lamberto Bava è stato anche aiuto-regista del
padre sul set del primo, indimenticabile, adattamento
cinematografico di Diabolik;
Daniele Serra, tre volte vincitore del
British Fantasy Award come “Best Artist” (2012, 2017 e 2021) e
finalista al World Fantasy Award 2021, ha realizzato cover,
illustrazioni interne e adattamenti a fumetti per autori del
calibro di Stephen King, Clive Barker, Ramsey Campbell, Joe R.
Lansdale e Joyce Carol Oates;
Andrea Ferro dei Lacuna Coil, grande
appassionato di cinema horror.
City Hunter The
Movie: Angel Dust: per celebrare i 35 anni della serie
animata, arriva il nuovo film tratto dal mitico manga di Tsukasa
Hojo, fenomeno cult negli anni ’80 che ha segnato un’epoca
conquistando fan in tutto il mondo, proiezione in
anteprima italiana OV con sub ITA venerdì 24 novembre alle ore
16.20;
The Well,
l’atteso e scioccante nuovo lungometraggio di Federico Zampaglione,
che dopo Shadow, ritorna al cinema horror di respiro
internazionale con un film sanguinario e spietato, ricco di
creature demoniache. Definito dalla critica anglosassone come “un
horror gotico dal sorprendente gusto moderno”, The Well si
propone come il film italiano più estremo e raccapricciante di
tutti i tempi, con un cast al femminile da brivido: Claudia Gerini
e Lauren LaVera di Terrifier 2.La
proiezione OV con sub ITA venerdì 24 novembre sarà introdotta dal
regista Federico Zampaglione, artista musicale poliedrico e
nuova stella del cinema gore italiano.
Le pellicole adolescenziali hanno da
sempre catturato molto l’attenzione del pubblico: fin dai primi
esempi di teen movie come Grease o The breakfast club, i
giovani spettatori come anche gli adulti amano ritornare anche solo
per qualche ora all’adolescenza (per come viene rappresentata nei
film!). Sulla scia di questi titoli,
Bottoms è allora un nuovo esempio di teen
movie che si adatta ai cambiamenti stessi della società. Diretta da
Emma Seligman (Shiva baby), la pellicola
ospita un cast formato da una nuova generazione di giovani attori:
Rachel Sennot (The idol) qui interpreta
Pj, mentre Ayo Edebiri (The bear) è nei panni
di Josie. Altre figure interessanti nel cast sono le due modelle
Havana Rose Liu e Kaia Gerber, figlia della nota ex
top model Cindy Crawford.
Bottoms: il nuovo fight
club
Pj e
Josie sono il classico duo di personaggi poco
considerati nel liceo ed entrambe sono innamorate delle due ragazze
più popolari della scuola, Isabel e
Brittany. Isabel ha però una relazione con il
capitano della squadra di football della scuola, la figura attorno
la quale si sviluppa praticamente tutta la vita scolastica:
Jeff. Dopo una lite tra i due, Isabel sale in
macchina di Josie e colpisce – seppur leggermente – Jeff messosi
davanti per non farle partire. Pj e Josie, convocate dal preside
per aver “gravemente ferito” Jeff, si giustificano dicendo di aver
creato un club di autodifesa per ragazze. Così danno inizio a
quello che ha tutta l’aria di essere un fight club: molte ragazze
della scuola aderiranno, tra cui anche Isabel e Brittany.
Questo permetterà a tutte di
sentirsi più forti e sviluppare un forte legame di amicizia (per
alcune anche oltre l’amicizia!). Ma il club non sembra essere ben
voluto da tutti: in una scuola in cui il centro di tutto è la
squadra di football, un club femminista di autodifesa così popolare
non può essere ben accetto. Tim, spalla di Jeff,
inizia ad indagare sul club, sul suo scopo e sulla sua nascita,
rivelando pubblicamente la verità e generando non poco
scompiglio.
Un teen movie LGBT+ friendly
La prima cosa che salta subito
all’occhio in Bottoms è la presenza di
due protagoniste dichiaratamente lesbiche che vivono
tranquillamente la propria omosessualità. Pur non trattandosi del
primo esempio di personaggi gay in nel genere adolescenziale (si
pensi alla serie Glee o al film Tuo, Simon), qui
si hanno delle particolarità. Prima di tutto, Pj e Josie sono
perfettamente a loro agio con loro stesse: la loro omosessualità
non è un qualcosa che loro stanno scoprendo nella fase
adolescenziale, non viene messa in dubbio da nessuno e viene
semplicemente accettata da tutti. È pur vero che al ritorno a
scuola Pj e Josie trovano le scritte Faggot #1 e #2 sui loro
armadietti (dispregiativo in inglese per omosessuale), ma ciò
dipende dal fatto che all’inizio le due sono viste come le
“sfigate” della scuola.
Un liceo fallocentrico e
maschilista
Fin dalle prime scene è dunque da
subito chiara la realtà della Rockbridge Fall high school: tutta
l’attività scolastica ruota solamente attorno alla squadra maschile
di football e più precisamente attorno a Jeff. Questo è un
atteggiamento sistemico, individuato non solo nei giocatori di
football, ma anche dallo stesso preside, che contribuisce al
verificarsi di ingiustizie all’interno del liceo, quelle stesse
ingiustizie da cui le protagoniste cercheranno di difendersi.
Bottoms: la lotta alla
violenza di genere
Un aspetto interessante del film è
dunque che, pur mantenendo un’atmosfera comica e leggera, affronta
tematiche di grande spessore, soprattutto nella società attuale. Il
corso di autodifesa dimostra a tutte le donne che possono avere una
potenza anche fisica pari agli uomini, o comunque una forza d’animo
ed un coraggio che compensano l’assenza di muscoli. In
Bottoms le ragazze riescono a combattere tra loro
e contro dei ragazzi grandi e muscolosi nelle scene finali.
Ma non è solo questo a ricordare a
tutte la propria forza. Il fight club diventa un luogo per tutte di
sorellanza e solidarietà, questa esperienza le ha rese più forti e
sicure di sé. Inoltre, le ragazze hanno anche la possibilità di
condividere l’una con l’altra i propri problemi, traumi o casi di
violenza. Sentiamo una delle ragazze parlare del proprio stalker,
che minaccia continuamente di ucciderla, e di come la polizia non
faccia nulla: si limita ad affermare che finché non ci prova
veramente loro non possono intervenire.
Già ritornando all’inizio della
pellicola si trova un esempio della moderna cultura di
colpevolizzazione della donna: quando Pj e Josie vengono convocate
dal preside questo afferma “perché non vi date una svegliata ed
imparate a difendervi da sole senza investire qualcuno?”. Si
tratta ovviamente di una situazione comica, non essendoci stata
nessuna effettiva violenza o incidente, ma già questo fa
comprendere quanta importanza viene data a Jeff e quanta poca alle
ragazze, la cui versione delle vicende non viene neanche
considerata e la colpa viene fatta ricadere interamente su di loro,
colpevolizzandole. Bottoms, dunque, punta a scardinare
queste basi per impostarne di nuove, fondate sulla lotta alla
violenza di genere.
Continuano i racconti
antologici della serie Fargo, arrivata al quinto ciclo che
riporta gli spettatori nel Midwest, tra Minnesota e North Dakota,
nel 2019. La stagione, guidata da Juno Templee
Jon Hamm, sembra recuperare i canoni dei primi anni,
riportando in primo piano una violenza annichilita dal mondo in cui
infuria.
Fargo 5, la trama
Protagonista della storia
è Dorothy ‘Dot’ Lyon, una classica casalinga del Midwest che, in
occasione di un’assemblea scolastica, perde il controllo e viene
arrestata dalla polizia. In quest’occasione, l’apparentemente dolce
e indifesa Dot riesce però a uscire su cauzione, recuperata
dall’incredulo marito Wayne (David Rysdahl), che
non si capacita di come la minuta e dolce moglie si sia lasciata
coinvolgere nei disordini scoppiati all’assemblea. Ci viene
presentata poi anche la famiglia di Wayne, in particolar modo sua
madre e suocera di Dot, Lorraine Lyon (Jennifer Jason
Leigh), una donna ricca e potente, dalle idea
continuamente repubblicane che sembra non approvare molto il
matrimonio del figlio, nonostante ormai duri da diversi anni, con
tanto di figlia quasi adolescente. Tutto sembra tornare alla
normalità, fino a che Dot viene aggredita in casa e rapita da due
brutti ceffi. Wayne, disperato e spaventato, chiama subito la
polizia, e si rivolge a sua madre: è infatti convinto che presto
verrà richiesto un riscatto e solo le tasche di mammina potranno
aiutarlo a riavere a casa sua moglie.
Ma ancora una volta,
sorprendendo per primo lo spettatore, Dot riesce a scappare,
rivelandosi un incrocio letale tra Commando e McGyver, e ritorna a
casa, fingendo che nulla sia accaduto. Non troppo lontano da lì,
Roy Tillman, sceriffo del North Dakota, incontra il rapitore di
Dot, chiedendogli come mai non sia riuscito a riportargli sua…
moglie. Accompagnato dal maldestro figlio Gator (Joe
Keery), che ha un fortissimo desiderio di dimostrare il
suo valore, Roy porterà avanti il suo proposito, mentre Dot, ormai
allertata, è pronta a far riemergere tutti i segreti del suo
passato misterioso.
Al timone c’è Noah
Hawley
Fargo
5 porta la firma di Noah Hawley, che
ricopre le vesti di showrunner, produttore esecutivo, sceneggiatore
e regista di alcuni episodi. La sua presenza regala una grande
coesione alla storia e contribuisce a renderla avvincente,
soprattutto perché da un punto di vista tematico questo quinto
ciclo appare leggermente meno ambizioso di quelli precedenti,
seppure riesce comunque a costruire un’immagine di un’America che
ci piacerebbe appartenesse al recente passato ma che invece è
ancora estremamente attuale.
L’ambientazione nel 2019,
un passato recentissimo, quindi ma un mondo completamente diverso
che non aveva ancora conosciuto la pandemia moderna, proietta la
storia in un contesto trumpiano che stabilisce immediatamente il
tono e anche la caratterizzazione di alcun personaggi che si
rivelano poi il vero e proprio cuore della storia. Juno Temple dimostra dei colori inediti, anche
se non insospettati, dato che se pure ha raggiunto il successo
globale di recente grazie a Ted Lasso, circola da
davvero tanto tempo, nonostante la giovane età, e di esperienza ne
ha moltissima. Quasi quanta quel consumato guascone di
Jon Hamm che per il suo sceriffo Roy Tillman, un uomo
senza legge se non la sua, mette in gioco non più il fascino a là
Don Draper che lo ha reso maledettamente amabile, ma una fisicità
ingombrante e sgradevole, un volto duro, un aspetto ottuso e allo
stesso tempo dall’intelligenza sorprendente, estremamente
minaccioso.
Fargo 5 brilla
principalmente nella scrittura dei dialoghi, firmati come detto da
Hawley, che si caratterizzano per l’umorismo che viene mescolato
all’acume e alle formule sintattiche astruse che con scioltezza
vengono pronunciate dagli interpreti, i quali aggiungono brio e
saggezza. In questi scambi cadenzati e contorti, pervasi da
un’atmosfera cupa e sospesa, che spesso si affaccia nei territori
dell’assurdo, rintracciamo un ritorno alle origini, alla prima
stagione e addirittura all’originale film dei Cohen che ha ispirato
il progetto in primo luogo.
Il tono della stagione è
bizzarro, stravagante, e sembra tener conto, in maniera tacita e
sottile del caos che sarebbe arrivato di lì a pochi mesi, l’evento
che avrebbe stravolto il mondo, e per certi versi Hawley racconta
un cosmo allo sbando che è in attesa inconsapevole della
catastrofe, sia nel mondo reale che in quello immaginato nello
show. Questo equilibrio costante tra reale e iper-reale conduce la
serie sul filo del caos, dove sembra trovare la sua perfetta
dimensione esistenziale.
Emily Blunt è un
po’ come
Mary Poppins: praticamente perfetta. Nel giro di dieci anni
circa, a partire dalla sua apparizione ne Il diavolo veste Prada, l’attrice è stata in
grado di costruirsi una carriera interessante e variegata,
interpretando ruoli diversissimi: dura, brillante, calda e materna,
sarcastica.
2. Ha svolto anche diversi
ruoli da doppiatrice. Oltre a recitare davanti la macchina
da presa, la Blunt si è in diverse occasioni cimentata anche come
doppiatrice. Nel 2009 ha infatti dato voce al personaggio Juliet
Hobbes nell’episodio Lisa the Drama Queen, presente nella
ventesima stagione dei Simpson. In seguito è stata
Giulietta in Gnomeo & Giulietta (2011) e ha dato voce a
Nahoko Satomi nella versione inglese del film d’animazione
giapponese Si alza il vento (2013). È poi stata Zoe in
Animal Crackers (2017), Tempest Shadow in My Little
Pony: Il film (2017) e ha ripreso i panni di Giulietta in
Sherlock Gnomes (2018).
3. Ha recitato anche in
alcune serie televisive. Dopo aver partecipato ad alcuni
film televisivi all’inizio della sua carriera, la Blunt ottiene nel
2005 un ruolo di rilievo nella serie Empire, recitando in
sei episodi nei panni di Camane. Ad oggi quella è stata la sua
unica partecipazione ad una serie televisiva, ma attualmente è
impegnata nelle riprese di The English, dove ricoprirà il
ruolo di Cornelia Locke. Qui protagonista, la Blunt darà vita ad
una donna in cerca di vendetta verso l’uomo che ritiene
responsabile della morte di suo figlio.
Emily Blunt è finalmente su
Instagram
4. Non ha possiede un
profilo sul social network fino al Luglio del 2023.
L’attrice ha in più occasioni dichiarato di non essere una grande
fan dei social network, dove troppo spesso la vita privata si
mescola con quella pubblica. Proprio per perseguire il desiderio di
non condividere troppo di sé, la Blunt ha deciso di non possedere
alcun account ufficiale sul social Instagram né su altri social.
Almeno fino a Luglio del 2023, quando a sorpresa ha aperto un
proprio profilo instagram con il nickname di 1eblnt
Emily Blunt, John Krasinski e le
figlie Violet e Hazel
5. Emily Blunt e John
Krasinski vogliono una grande famiglia insieme. Emily
Blunt e John Krasinski
si sono fidanzati nel 2009, per poi sposarsi nel 2010 sul Lago di
Como. Da quel momento sono diventati una delle coppie più amate del
mondo di Hollywood, noti per la chimica che li unisce ma anche per
le loro diverse collaborazioni insieme. I due hanno già due
bambine, Hazel e Violet, nate rispettivamente nel 2014 e nel 2016,
ma a quanto pare ne sembrano pronti ad avere anche altri figli. La
Blunt stessa ha infatti raccontato al Telegraph della
loro volontà di dar vita ad una famiglia numerosa, considerando che
entrambi vengono a loro volta da nuclei famigliari con molti
figli.
6. A quiet place –
Un posto tranquillo è stato ispirato dalla nascita della
loro seconda figlia. Acclamato dal pubblico e dalla
critica, A Quiet Place è stato un successo commerciale che
vede come protagonisti proprio John Krasinski e Emily Blunt. Ciò
che pochi sanno, è che il film è stato in parte ispirato dalla
nascita della loro secondogenita. La prima copia della
sceneggiatura è stata ultimata tre settimane dopo la nascita della
bambina, e Krasinski ha riposto nella storia il “vivere nella
speranza di tenerla al sicuro, di tenerla in vita“. Oltre
l’horror, il film si concentra infatti sul tema della genitorialità
e di cosa un genitore è disposto a fare per i propri figli.
Emily Blun in A Quiet Place
7. Emily Blunt è stata la
prima e unica scelta per A
Quiet Place – Un posto tranquillo.
John Krasinski e Emily Blunt, marito e moglie, hanno lavorato
come una vera squadra per Un posto tranquillo. Lei ha
letto la riscrittura del marito e l’ha incoraggiato a dirigere il
film, e l’ha informato del fatto che non avrebbe lasciato a nessuna
interpretare il ruolo di Evelyn: era suo e basta. Krasinski ha
raccontato di aver preso ciò in modo molto positivo: l’entusiasmo
della moglie per il copione e il desiderio di recitare con lui sono
stati “il più grande complimento della mia carriera“.
Emily Blunt in Il diavolo
veste Prada
8. Ha personalmente
caratterizzato il suo personaggio. In Il diavolo veste Prada la Blunt, qui in una delle sue
prime interpretazioni di grande importanza, ricopre la parte di
Emily, collega della protagonista. Questo personaggio non era stato
pensato come inglese, ma la Blunt pensava che sarebbe stato
interessante renderla tale e riuscì a convincere i produttori di
questa idea. In diverse scene, inoltre, la si può vedere correre
sullo sfondo, in modo del tutto improvvisato. L’attrice sentiva
infatti che il suo personaggio sarebbe stato sempre impegnato e
voleva tenerla in attività nel film.
Emily Blunt in Oppenheimer
9. Interpreta la moglie di
Oppenheimer. In Oppenheimer,
il nuovo film di Christopher
Nolan, la Blunt ricopre il ruolo di Katherine
“Kitty” Oppenheimer, ovvero la moglie del fisico
protagonista. Biologa, botanica ed ex membro del Partito Comunista
d’America, Katherine ha assistito Oppenheimer nel corso dell’intero
Progetto Manhattan che ha portato alla realizzazione della bomba
atomica. Per interpretarla, la Blunt si è basata su alcuni testi
biografici, fotografie e altri materiali di questo tipo.
Emily Blunt: età e altezza dell’attrice
10. Emily Blunt è nata il
23 febbraio 1983 a Londra, in Inghilterra. L’attrice è
alta complessivamente 1.70 metri.
Le pellicole di Novembre al cinema
di questa settimana racchiudono il meglio del nostro cinema
italiano. Dopo le anteprime italiane durante l’ultima edizione
della Festa del Cinema di Roma
arrivano questo giovedì il nuovo film di Antonio
Albanese e la nuova favola di Alice
Rohrwacher che ha conquistato la critica già da maggio a
Cannes. Di grande importanza è poi l’uscita in sala di
Napoleon, il film di Ridley
Scott dedicato al celebre imperatore francese. Questi e
altri titoli vanno dunque ad aggiungersi a titoli già al cinema
come
Hunger Games – La
ballatadell’usignolo e del serpente e
C’è ancora domani, con quest’ultimo in sala da ormai un
mese.
Vediamo insieme le pellicole di novembre da oggi al
cinema
Cento Domeniche
Antonio Albanese torna dietro la
macchina da presa per uno dei suoi film più personali visto che è
stato girato ad Olginate in provincia di Lecco, il suo paese di
origine. Cento
Domeniche è incentrato sulle vicissitudini di
Antonio, un ex operaio che conduce un’esistenza tranquilla fin
quando non riceve la notizia che Emilia, la sua unica figlia, si
vuole sposare. Colmo di gioia decide di pagare le spese necessarie
con i risparmi di una vita, scoprendo però che il direttore della
banca di cui si fidava è scappato con i soldi di alcuni clienti e
tra cui i suoi. Nel cast oltre all’attore e regista protagonista,
anche Sandra Ceccarelli, Elio De Capitani e
Giulia Lazzarini.
Fisherman’s Friends
Il
secondo titolo di queste pellicole di novembre è
Fisherman’s
Friends di Chris Foggin, storia
vera della band musicale di canzoni marinaresche della Cornovaglia.
Un film brillante, ma al tempo stesso profondo e ricco di
insegnamenti di vita, interpretato da un cast composto d’attori
britannici, tra cui James Purefoy, Daniel Mays, Meadow
Nobrega e David Hayman. La storia parte da quando Danny,
un dirigente musicale londinese cinico e dalla vita frenetica, si
reca a malincuore in Cornovaglia per l’addio al celibato del suo
collega Henry. Lì viene ingannato dal suo capo Troy per cercare di
ingaggiare un gruppo di pescatori che cantano canzoni marinaresche.
Il protagonista ovviamente avrà il difficile compito di conquistare
il rispetto dell’improbabile boy band composta da Jim, Jago,
Leadville e Rowan, dei veri “lupi di mare” che credono nel valore
dell’amicizia e della comunità piuttosto che ai soldi, alla fama e
alla fortuna.
Heartless – Senza
Cuore
Heartless – Senza
Cuore è un lungometraggio ambientato nell’Estate del
1996, a nord-est del Brasile. La protagonista è Tamara che si gode
le ultime vacanze prima di trasferirsi nella capitale per gli
studi. Un giorno sente parlare di una ragazza soprannominata “Senza
Cuore”, e la giovane inizierà a prova un’attrazione crescente per
questa misteriosa giovane. Questo film in Italia è già stato
presentato quest’anno a Venezia 80 nella sezioni Orizzonti ed è
l’esplorazione in forma di lungometraggio dell’omonimo
cortometraggio del 2014 dei registi brasiliani Nara
Normande & Tiao.
Il paese dei jeans in Agosto
Questo film è l’opera prima della
regista Simona Bosco Ruggeri, nel quale mette in
scena l’amore nei nostri tempi. Il paese dei jeans in
Agosto è una commedia che racconta l’universo fra i
social e la socialità di una piccola provincia italiana, un tempo
isolata da tutto, ora connessa fortemente grazie ad internet. Il
protagonista è Carlo, un giovane di 26 anni, ex vip ed ora
ovviamente influencer alla ricerca perenne di soldi, che conosce
Luisa, una ragazza ricca con cui inscenerà una perfetta relazione e
storia d’amore fatta di foto su Instagram e gite da sogno. Chissà
se alla fine di tutto questo nascerà un amore vero tra @IlCarlito e
@LaRosetti. Il cast principale è formato da giovani attori come
Lina Siciliano, Pasquale Risiti e Ludovica
Coscione con la partecipazione straordinaria di
Nunzia Schiano.
In fila per due
Tra le novità di novembre al cinema
vi è anche In fila per due, una commedia
italiana con per protagonisti
Francesca Chillemi, Andrea Di Maria e
Ilaria Rossi. Il film è ambientato in un paese
alle falde del Vesuvio, dove il protagonista che si chiama Germano,
trentacinquenne pigro, vive una storia d’amore con Sonia, sua
coetanea tanto bella, ovviamente interpretata dalla ex Miss Italia,
quanto gelosa e possessiva. Una scossa di terremoto di origine
vulcanica, fa scattare il piano di evacuazione che prevede il
trasferimento degli abitanti del paese verso un altro Comune
gemellato e finalmente Germano forse potrà allontanarsi dalla sua
ragazza.
La Chimera
Dopo il passaggio al Festival
di Cannes e poi a quello di Roma, finalmente esce in sala la
nuova opera cinematografica di Alice Rohrwacher. La
Chimera ci porta indietro nel tempo esattamente
negli anni Ottanta, nel traffico clandestino dei manufatti storici,
alimentato dai “tombaroli”. Il film racconta la storia di un
archeologo britannico interpretato da Josh
O’Connor, che viene coinvolto nel mercato nero di reperti
storici preziosi, rubati dalle tombe durante gli scavi in Toscana.
Nel cast anche la sorella Alba Rohrwacher ed
Isabella Rossellini.
Mary e lo spirito di
mezzanotte
Tra le novità di novembre al cinema
arriva anche Mary e lo spirito di
mezzanotte, film d’animazione scritto e diretto dal
maestro Enzo d’Alò, arrivato
alla sua settima produzione. La storia racconta di Mary una bambina
di 11 anni che ama cucinare e spera di entrare nella prestigiosa
scuola locale ma sua madre Scarlett, non ha né il tempo né
l’abilità di seguirla in cucina. Chi invece la sostiene è la nonna
Emer, che però finisce in ospedale per un improvviso e grave
malore. Per allenarsi e rendere il suo soggiorno in ospedale più
piacevole, Mary decide comunque di cucinarle qualcosa, prendendo
spunto da un vecchio ricettario di famiglia e facendosi aiutare da
Tansey, una misteriosa ragazza che sembra conoscere molto bene la
nonna. Questo è l’unico titolo tra i nuovi usciti a Novembre adatto
a tutta la famiglia.
Napoleon
Il Premio Oscar Joaquin Phoenix
dopo essere stato Commodo ne Il gladiatore nel 2000,
ritrova Ridley Scott con Napoleon, dove indossa i
pesanti panni di Napoleone Bonaparte. Un
personaggio storico complesso che in questa pellicola di novembre
viene inquadrato dalle sue origini alla carriera nell’esercito,
fino all’ascesa come Imperatore. La storia è raccontata attraverso
la relazione con la sua prima moglie, Giuseppina, l’attrice inglese
Vanessa Kirby.
In Napoleon ritroviamo le celebri battaglie combattute dal
leader militare e l’insaziabile ambizione, mossa dalla sua mente
strategica.
Autore di kolossal storici come
I duellanti, Il gladiatore e
Le crociate, il regista
Ridley Scott è
ora riuscito, dopo anni e anni di tentativi, a realizzare un nuovo
progetto di questo genere: Napoleon
(qui la recensione). Un film
biografico sulla storia vera del celebre imperatore francese
ricordato tanto per le sue vincenti strategie belliche quanto per
le proprie manie di grandezza, che lo hanno infine portato a
spingersi troppo oltre e a distruggere quanto fino a quel momento
costruito. Il film di Scott, in sala dal 23
novembre e con il premio Oscar Joaquin Phoenix nel
ruolo di Napoleone Bonaparte, ripercorre dunque la
principali vicende della vita di tale influente figura storica, tra
imprese militari, politiche e anche sentimentali.
Nel film si esplora infatti anche il
rapporto turbolento di Napoleone con la moglie
Giuseppina, interpretata da Vanessa Kirby.
Un rapporto dal quale emergono tutte la manie di possessione e le
insicurezze de feroce imperatore. Come già avvenuto per i
precedenti kolossal storici di Scott, ma anche in generale con
tanti film storici, anche
Napoleon riporta però diverse inesattezze storiche, con il
regista che sembra più interessato ad intrattenere che non a
fornire un accurato resoconto storico. D’altronde, a chi gli ha
rivolto critiche di questo tipo, il regista ha prontamente
replicato con un’esilarante risposta. Ma,
senza sminuire il valore del film, vediamo quali sono queste
inesattezze storiche presenti in Napoleon.
Napoleone non “è venuto dal
nulla” e non “ha conquistato tutto“
Un poster promozionale del film
include uno slogan provocatorio, come spesso avviene nelle campagna
pubblicitarie. Questo riporta “È venuto dal nulla. Ha
conquistato tutto“. Tuttavia, è bene partire dal sottolineare
che il padre di Napoleone, Carlo Bonaparte, era un
aristocratico, e con la madre Maria Letizia
Ramolino – discendente di nobili toscani e lombardi –
vivevano tutti e tre nella loro casa ancestrale in Corsica, dove il
futuro imperatore è cresciuto. Il padre di Napoleone divenne
inoltre rappresentante della Corsica alla corte di Luigi
XVI e per di più la famiglia Bonaparte discendeva
anche da nobili toscani emigrati in Corsica nel XVI secolo.
Tuttavia, è riconosciuto che si trattava di una famiglia nobiliare
in decadenza, anche a seguito delle rivolte contro la monarchia
francese.
Per quanto riguarda l’affermazione
che “conquistò tutto“, nonostante i suoi sforzi Napoleone
non conquistò mai la Gran Bretagna. La sua progettata invasione non
fu mai nemmeno tentata. Anche se una forza d’invasione si radunò
sulla costa francese, le campagne di Napoleone in Austria e in
Egitto fecero sì che non partisse mai per le coste britanniche. I
piani furono definitivamente accantonati nel 1802, quando il
Trattato di Amiens pose fine alle ostilità tra Gran Bretagna e
Francia. Si tratta dunque di un esagerazione promozionale volta a
sottolineare le grandi aspirazioni di questo personaggio larger
than life, ma la realtà dei fatti è appunto un’altra.
Napoleone era davvero presente
all’esecuzione di Maria Antonietta?
Il 16 ottobre del
1793Maria Antonietta, regina di
Francia nonché l’ultima regina dell’ancien régime, venne
giustiziata pubblicamente a Parigi tramite la ghigliottina. Le
prime scene del film mostrano proprio tale evento, con Napoleone
presente tra la folla ad assistervi. Tuttavia, nella realtà,
l’autunno del 1793 fu un periodo particolarmente impegnativo per
Napoleone, visto il suo ruolo sempre più importante
nell’assedio di Tolone. I ribelli federalisti
avevano consegnato la flotta francese all’ammiraglio britannico
Samuel Hood, e il giovane ufficiale di artiglieria
comandò l’operazione, riconquistando la flotta. È quindi da
ritenere altamente improbabile che si sia recato a Parigi in
ottobre per essere tra la folla che assisteva all’esecuzione della
regina Maria Antonietta.
Napoleone ha davvero sparato contro
le piramidi?
Una delle campagne militari più
importanti di Napoleone, il cui successo lo condusse poi al
diventare una figura di sempre maggior spicco in Francia, fu quella
condotta in Egitto nel 1798.
L’eredità culturale della campagna è visibile ancora oggi nella
fornitissima sezione di egittologia del Louvre, ma al di là della
sua importanza storica fu anche teatro di numerose atrocità. A un
certo punto, diverse migliaia di soldati ottomani furono fucilati o
gettati in mare per ordine di Napoleone, invece di essere fatti
prigionieri. Ciò che non accadde, contrariamente a quanto mostrato
dal film, è l’ordine che Napoleone diede di sparare con i cannoni
contro le piramidi, per dar prova del suo immenso potere e
spaventare i nemici.
Lo storico Dan Snow
ha infatti detto riguardo a tale scena che “un cannone da 12
libbre che spara alla massima elevazione può colpire la cima delle
Piramidi da quella distanza? Ne dubito fortemente. Inoltre
Napoleone non ha mai sparato alle Piramidi e la cosiddetta
Battaglia delle Piramidi non è stata combattuta letteralmente alla
base delle Piramidi“. Anche in questo caso, dunque, si tratta
di una scena pensata dallo sceneggiatore David
Scarpa e approvata da Scott con il fine di intrattenere e
mostrare il potere di Napoleone, sintetizzando così la sua
vittoriosa campagna in Egitto.
Napoleone si incorona da solo
Dopo le campagne in Egitto,
Napoleone tornò in Francia nel 1799. Il comandante
militare fu testimone di un clima politico in continua evoluzione,
poiché il governo post-rivoluzione (noto come
Direttorio) stava perdendo forza. Formando un
proprio governo, noto come Consolato, con alleati
come il fratello Luciano, Napoleone esercitò il
proprio potere autoritario sul Paese. In La Rivoluzione
francese, François Furet descrive come
Napoleone si incoronò capo del Consolato (Console) e mantenne
questa posizione dittatoriale per circa un decennio. Era solo
questione di tempo prima che Napoleone si incoronasse imperatore di
Francia nel 1804. Il libro di McLynn offre inoltre una prospettiva
più ampia su ciò che spinse a questa decisione.
Già esercitando i suoi poteri come
console, Napoleone continuò ad affrontare l’opposizione dei
realisti attraverso numerosi attentati. Egli utilizzò allora questi
complotti sventati per giustificare la necessità di un sistema di
governo più severo, simile a un antico meccanismo di potere
imperiale romano. Facendo di se stesso il centro di questo sistema,
Napoleone organizzò una sontuosa cerimonia di incoronazione.
Papa Pio VII officiò la cerimonia, anche se fu
Napoleone stesso a sottrarre la corona dalle mani del pontefice e a
porla da sé sulla propria testa. Con questo gesto, che fece
scandalo, il nuovo imperatore voleva dimostrare di essersi meritato
quel ruolo e di non averlo ricevuto unicamente per grazia
divina.
Il rapporto tra Napoleone e
Giuseppina
Grande importanza
in Napoleon la ha anche la famosa moglie di
Napoleone, l’imperatrice Giuseppina. Nata
Marie-Josèphe-Rose Tascher de La Pagerie,
rimase vedova del marito ucciso durante la Rivoluzione francese,
avendo però con sé i due figli avuti da lui. Fu però imprigionata e
liberata solo una volta terminato il periodo di terrore di quegli
anni. Nel 1795 conosce Napoleone e pur non essendo
interessata ad un nuovo matrimonio, il crescente potere del futuro
imperatore la spinsero ad unirsi a lui in quanto le garantiva
sicurezza finanziaria e stabilità dopo gli orrori della sua
prigionia. Napoleone modificò il suo secondo nome e da allora la
chiamò Joséphine.
L’ardore di Napoleone per la moglie
è evidente nelle numerose lettere che le scrisse durante la sua
assenza dovuta alle campagne militari. Spesso le scriveva più di
una volta al giorno. Dalle lettere, arrivate sino a noi, si
riscontrano parole che oscillano tra desiderio, lussuria,
possessività, insulti e accuse, come dunque mostrato nel film.
Sempre come raccontato in Napoleon, la scarsa frequenza
delle risposte di Joséphine irritò Napoleone. Lei era impegnata,
avendo trovato un amante subito dopo la sua partenza, ma anche il
generale intraprese numerose relazioni, spingendo Joséphine a
ricambiare finalmente il desiderio che lui le aveva dimostrato.
Quando Napoleone divenne tiepido nei suoi confronti, lei rispose
con spese ingenti e ricatti emotivi.
Napoleone, infine, perdonò
Joséphine, ma per via di interessi personale: avere una famiglia
rafforzava il suo potere politico e le capacità diplomatiche della
moglie erano preziose. Giuseppina era popolare e possedeva la
grazia e le maniere che a lui mancavano. Incarnava il suo potere
con il suo modo di vestire, il suo comportamento, la sua collezione
d’arte e i suoi gioielli che rivaleggiavano con quelli di Maria
Antonietta. Dal momento in cui Napoleone divenne imperatore,
tuttavia, il rapporto di forza tra i due si invertì e Giuseppina
finì con l’essere pressoché una prigioniera del controllo
soffocante di Napoleone, che aveva sempre più limitato la sua
libertà sociale.
Il divorzio di Napoleone e
Giuseppina
Nel 1809 i due,
tuttavia, divorziarono a causa dell’incapacità di lei di produrre
un erede, unica cosa che apparentemente interessava a Napole. Egli
lo dichiarò stoicamente al momento del divorzio, affermando che
quella separazione avveniva “nell’interesse della
Francia“. Napoleone rimase però sempre legato a quella che
considerava sua amica per la vita e si assicurò che Giuseppina
mantenesse il suo titolo di imperatrice, il suo alloggio e la sua
indennità. Lei isse dunque gli ultimi anni della sua vita nel
castello di Malmaison, vicino a Parigi. Nonostante
il successivo matrimonio con l’arciduchessa Maria Luisa
d’Austria e la nascita di un erede, Napoleone mantenne una
dedizione e una cordiale corrispondenza con l’ex moglie.
Lei, dal canto suo, sostenne
Napoleone fino all’esilio sull’isola d’Elba nell’aprile del
1814, con quella notizia che la turbò molto.
Quando Giuseppina morì poche settimane dopo, di polmonite, le sue
ultime parole, stando a quanto riportato, furono “Bonaparte…
Elba… Re di Roma“. La storia di Napoleone e Giuseppina, come
mostrato in Napoleon, è dunque quella di due individui
emotivamente disfunzionali, nati e cresciuti in un clima di
rivoluzioni. Sebbene la spinta alla conquista di Napoleone non
derivasse dal loro burrascoso matrimonio ma dal suo personale
desiderio di vittoria, è certo che la presenza di Joséphine
rafforzò notevolmente il suo valore politico.
La battaglia di Austerlitz
L’inizio della caduta di Napoleone
ebbe inizio quando le nazioni nemiche della Francia formarono la
Terza coalizione. Tra il 1803 e il 1805, la
Gran Bretagna unì le forze con
l’Austria e la Russia per fermare
l’avanzata di Napoleone e del suo esercito. La sconfitta nella
battaglia navale di Trafalgar nel 1805 contro gli inglesi fu una
grande battuta d’arresto per Napoleone, ma l’imperatore francese
riuscì a riconquistare il suo potere sull’Austria e sulla Russia
sconfiggendo entrambi i loro eserciti nella battaglia di
Austerlitz dello stesso anno. Lo scontro, avvenuto il
2 dicembre 1805 presso il fiume Cezava costò ai
francesi circa 7 mila uomini, agli alleati circa 30 mila. A
differenza di quanto viene mostrato in Napoleon, tuttavia,
Napoleone non escogitò nessuna trappola legata al lago
ghiacciato.
La campagna in Russia e l’esilio
all’isola d’Elba
Napoleone continuò dunque ad
esercitare l’influenza territoriale del suo impero, trovando però
una significativa battuta d’arresto con la campagna di
invasione della Russia, avvenuta nel 1812. Il libro
Napoleone di Felix Markham del 1963
spiega come la maggior parte delle forze napoleoniche sia in
quell’occasione morta di fame e di freddo poiché Napoleone si era
spinto troppo in là con i tempi, andando incontro al temibile
inverno russo. Anche se i francesi causarono perdite considerevoli
all’offensiva russa, la capitale Mosca fu bruciata dai suoi stessi
abitanti, che preferirono tale epigolo alla conquista nemica. I
resti bruciati della città non lasciavano intendere alcun
rifornimento e l’esercito di Napoleone continuò dunque a
impoverirsi e a patire fame e gelo. A causa della sconfitta
militare, Napoleone fu esiliato all’isola d’Elba nel 1814, dove
rimase fino al marzo del 1815, quando furtivamente tornò a
Parigi.
La battaglia di Waterloo
Sbarcato a Golfe
Juan, vicino ad Antibes, Napoleone
rientrò a Parigi senza incontrare opposizione, riconquistando il
potere per il periodo detto dei “cento giorni”, proprio come
mostrato in Napoleon. Durante questi, preparò un nuovo
scontro con i suoi amici, che culminò con la battaglia di
Waterloo. Questa si svolse il 18 giugno
1815 e vide contrapposte le truppe francesi guidate da
Napoleone Bonaparte agli eserciti britannico-olandese-tedesco del
Duca di Wellington e prussiano del feldmaresciallo
Gebhard Leberecht von Blücher. Fu una delle più
combattute e sanguinose battaglie delle guerre napoleoniche, nonché
l’ultima battaglia di Napoleone, che segnò la sua definitiva
sconfitta.
Due giorni prima di Waterloo i
francesi avevano sconfitto i prussiani nella battaglia di
Ligny, ma Wellington, informato che Blücher era riuscito a
riorganizzare il suo esercito e sembrava intenzionato a marciare in
suo aiuto, prese la decisione di rischiare una battaglia contro le
forze di Napoleone. Il generale britannico schierò i suoi uomini in
difesa lungo la scarpata di Mont-Saint-Jean,
vicino alla strada per Bruxelles, confidando
nell’aiuto dei prussiani. Napoleone sferrò una serie di sanguinosi
attacchi contro le linee britanniche a partire dalle ore 11:30 e
nel tardo pomeriggio sembrò vicino alla vittoria, ma l’ostinata
resistenza del nemico e l’arrivo in massa dei prussiani posero fine
alla battaglia e all’impero di Napoleone. Napoleon
riproduce tali eventi, pur attuandone ovviamente una sintesi.
La morte di Napoleone e le sue
ultime parole
Napoleon si conclude con
l’esilio di Napoleone a Sant’Elena dopo la
sconfitta subita a Waterloo. Dopo aver trascorso sei anni
sull’isola, Napoleone morì il 5 maggio del
1821, all’età di 51 anni. Il cancro allo stomaco è
ampiamente considerata la causa della morte, stabilita sul rapporto
dell’autopsia del medico di Napoleone, François Carlo
Antommarchi. Teorie cospiratorie hanno però indicato un
possibile avvelenamento intenzionale da arsenico, ma sono state
successivamente smentite da Philip Corso e
J. Thomas Hindmarsh in The Death of Napoleon:
The Last Campaign. Napoleone poté avere una degna sepoltura a
Parigi solo nel 1840. Le sue ultime parole, similmente a quelle di
Giuseppina, furono: “La Francia… l’esercito… il capo
dell’esercito… Joséphine“, mentre il film riporta solo
“Francia, esercito, Giuseppina”.