É stato presentato oggi nel corso
della conferenza stampa il programma della ventesima edizione
delle GIORNATE DEGLI AUTORI che si svolgerà
nell’ambito dell’80
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di
Venezia dal 30 agosto al 9 settembre.
Per le Giornate degli Autori la
ventesima edizione è una sorta di “rito di passaggio”, ben
rappresentato dall’immagine dell’anno, tratta dalla
performance “Doposole” di Anna Franceschini, in cui il passato
dialoga con il presente, il tempo viene interrogato alla ricerca di
una identità. Un’indagine che ben si accompagna alla scelta di
autrici e autori che hanno il coraggio di uscire dalla loro comfort
zone; registi che, come si dovrebbe fare a vent’anni, partono alla
scoperta del mondo, spesso un mondo lontano da quello in cui
vivono, ma che serve a meglio definire la costruzione di
un’identità adulta.
Le Giornate degli Autori compiono
vent’anni, escono dall’adolescenza, fanno i primi conti con un
segmento di passato e gettano le basi per l’avvenire. E noi
festeggiamo questo importante compleanno con autrici e autori che
hanno il coraggio di uscire dalla loro zona di comfort.
A partire dal film di apertura del
Concorso internazionale delle Giornate degli
Autori, Los océanos son los verdaderos
continentes, esordio al lungometraggio del regista
milanese Tommaso Santambrogio. Il film,
co-produzione italo-cubana, è integralmente ambientato a Cuba e
della Cuba contemporanea riesce a restituire malinconia e
vitalità, speranze e sogni perduti, attraverso una storia che
tocca tre generazioni.
La regista
francese Élise Girard si trasferisce in
Giappone per il suo terzo lungometraggio, Sidonie
au Japon. Bisogna andare in capo al mondo per
ritrovare se stessi? Per Sidonie, magnificamente interpretata
da Isabelle
Huppert, pare proprio di sì. In un luogo sconosciuto
e impenetrabile, in un continuo alternarsi tra passato e presente,
tra fantasmi e persone reali, la donna ritrova senso e identità
perduti.
Restiamo in Giappone
con Kyoshi Sugita, uno dei nomi più
interessanti del cinema asiatico contemporaneo che
in Kanata no uta affronta, con
uno stile lineare, semplice ma mai semplicistico, il tema
dell’empatia e dell’altruismo. Qui una ragazza solitaria osserva il
dolore nei volti di sconosciuti, altrettanto solitari, che poi si
trasformano in persone familiari da abbracciare.
La sofferenza ritratta
dall’esordiente olandese Stefanie
Kolk in Melk potrebbe
apparire come un muro invalicabile che non offre alcuna speranza.
Ma donare agli altri ciò che la sorte ha reso inutile per se
stessi – in questo caso il latte materno destinato a un bambino mai
nato – è un segnale probabilmente spiazzante, sicuramente forte.
Ed è l’indicazione, non retorica, ma pratica, di un voler
rinascere con gli altri.
La belga Delphine
Girard in Quitter la
nuit, sorta di sequel del cortometraggio Une
sœur che le valse la candidatura agli Oscar 2020, è
lucida e mai retorica nel narrare l’indagine poliziesca che ruota
attorno a una violenza di stupro e riesce a restituire la forza
salvifica di un sodalizio femminile (in questo caso tra la vittima
e la poliziotta).
Un figlio, una madre biologica, una
madre adottiva. La più classica delle triangolazioni narrative che
portano al conflitto. E invece il basco Víctor
Iriarte (Sobre todo de
noche), rompendo convenzioni letterarie e
con l’aiuto delle straordinarie interpreti Lola Dueñas e
Ana Torrent, formula il racconto di un’alleanza sorta per cercare e
difendere il senso autentico delle relazioni, anche di quelle che
spesso sono intrappolate in vincoli burocratici costruiti da chi
non pensa ai sentimenti.
La canadese Ariane
Louis-Seize è interprete di un cinema indipendente e
di genere e in Vampire humaniste cherche
suicidaire consentant mette in scena una
giovanissima vampira malata di empatia. Rifiuta di nutrirsi perché
ucciderebbe, sovvertendo dunque la regola scritta da chi per vivere
si sente autorizzato a sopraffare il prossimo.
E parlano di sodalizi ed alleanze
artistiche due film pur molto distanti tra loro, il
marocchino Backstage di Afef
Ben Mahmoud e Khalil Benkirane e il
greco To kalokairi tis
Karmen di Zacharias
Mavroeidis. Nel primo, sorta di road movie danzante che si
avvale delle bellissime coreografie del belga-marocchino Sidi Larbi
Cherkaoui, i registi si addentrano nella vita di una compagnia di
ballo e di questa svelano le dinamiche interne tra piccole vendette
e regolamenti di conti, segreti e confessioni. Il secondo è una
commedia apertamente queer che esplora il significato di varie
relazioni, tra cui quelle con la famiglia, i partner,
gli amici e gli animali domestici e racconta di due amici che
si godono una giornata nella spiaggia gay di Atene collaborando a
un’idea di lungometraggio.
A una presa di coscienza collettiva
si affida Wu yue
xue di Chong Keat Aun.
Fantasmi di una tragedia passata che nel presente provano a
riproporsi per riportare alla luce il rimosso. I massacri della
storia spesso sono dimenticati. E allora un regista dalla Malaysia
sfida il silenzio con l’immaginazione e con un linguaggio
personale.
Dal teatro di strada di Chong Keat
Aun alla commedia greca di Aristofane (Lisistrata) come fonte di
ispirazione per il regista iraniano Ayat
Najafi. Dal concorso agli eventi speciali, permane il
serrato confronto tra vita e arte. Aftab
mishavad, film che inaugura il nostro fuori concorso,
racconta di una potente e complessa ribellione, del rischio della
vita, delle repressioni, di libertà da conquistare, di donne che
si prendono in carico il compito di sovvertire regole che non sono
state scolpite sulla pietra e che dovrebbero, al più presto,
dissolversi per una volontà generale.
Due registi
slovacchi, Ivan Ostrochovský e Pavol
Pekarčík (Photophobia),
arrivano in Ucraina. Tra le rovine di una guerra devastante
decidono di assumere un punto di vista alternativo, quello dei
bambini che hanno trovato riparo in una stazione della
metropolitana. Non hanno intenzione di nascondere nulla,
semplicemente inseguono il quotidiano nella distruzione, pedinano
la vita ostinata.
Gianluca
Matarrese in L’expérience
Zola ci porta in un altrove linguistico e
letterario dove lavora con una coppia di attori teatrali francesi e
con loro percorre il tragitto che dalla realtà porta alla finzione
e viceversa in uno scambio continuo tra arte e vita.
La regista
franco-palestinese Lina
Soualem (Bye Bye
Tibériade) compie un percorso a ritroso nel tempo,
incontrando sua madre, la nota attrice Hiam Abbass, e le altre
donne che compongono una grande famiglia, quelle che hanno vissuto
nella Palestina del secolo scorso, tra guerre, speranze,
ingiustizie, diaspore e quella fiera volontà di restare per
affermare la propria presenza.
Un altro regista
italiano, Edoardo
Morabito (L’avamposto), si
mette in movimento, prende la direzione della foresta amazzonica
per seguire le tracce di un eco-guerriero scozzese che
all’Amazzonia ha dedicato la sua vita. Il mondo così com’è ora
non corrisponde ai nostri desideri. O meglio, i nostri desideri non
dialogano con le nostre pratiche e quel mondo reagisce, muta,
talvolta diventa inospitale. Si può cambiare rotta? Possiamo
affidarci agli ideali di chi pare destinato a una grandiosa
sconfitta?
E poi, la celebre regista
francese Céline Sciamma,
Presidente di giuria della scorsa edizione, ci fa omaggio di un
breve film girato a Roma in modalità produttiva completamente
autonoma e avvalendosi del contributo artistico della cantante
Chiara Civello: un piccolo gioiello legato al nome di Patrizia
Cavalli (This is how a child becomes a
poet).
Lo stesso giorno, alla stessa ora,
nella stessa sala, Sciamma si troverà accanto a Teona
Strugar Mitevska (21 days until the end
of the world). Anche la regista macedone ha deciso di
regalare qualcosa al pubblico, un diario intimo, una riflessione
politica, un atto di ribellione. E chi meglio di Mitevska e Sciamma
per l’insubordinazione?
Film di chiusura fuori concorso è
lo
statunitense Coup! di Austin
Stark e Joseph Schuman con Peter Sargsaard.
Protagonista è un piccolo gruppo asserragliato in una villa nel
1918 per proteggersi dall’Influenza Spagnola in preda agli istinti
umani dai quali dovremmo liberarci. Egoismi, ambizioni, sotterfugi,
trame oscure, tradimenti. Saremo mai in grado di essere
migliori?

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