Il giustiziere della notte – Death Wish con Bruce Willis è un film del 2018 diretto da Eli Roth. Il film è un remake de Il giustiziere della notte del 1974, a sua volta basato sull’omonimo romanzo del 1972 di Brian Garfield. Willis raccoglie il testimone di Charles Bronson e veste i panni di Paul Kersey, un medico che diventa un giustiziere per vendicare la morte della moglie.
La trama di Il giustiziere della notte – Death Wish
Il chirurgo Paul Kersey vive a Chicago con la moglie Lucy e la figlia Jordan. Dopo che tre criminali irrompono in casa, Lucy viene uccisa e Jordan ridotta in coma. Deluso dall’inefficacia della polizia, Paul decide di farsi giustizia da solo: si procura una pistola e inizia a colpire criminali, guadagnandosi dai media il soprannome di “Tristo Mietitore”. La sua guerra personale divide l’opinione pubblica tra chi lo considera un eroe e chi un pericoloso vigilante.
Indagando, Paul scopre l’identità degli aggressori della sua famiglia. Dopo aver eliminato due di loro, riesce a risalire al terzo, Knox, l’uomo che ha ucciso Lucy. I due si affrontano più volte fino allo scontro finale: Knox prepara un’imboscata nella casa dei Kersey, ma Paul riesce a ucciderlo e a salvare la figlia, finalmente ristabilita. La polizia accetta la sua versione dei fatti e Paul finge di chiudere con la violenza, anche se l’ultima scena suggerisce il contrario.
10 curiosità su Il giustiziere della notte – Death Wish
Eli Roth ha trascorso molto tempo con i detective di Chicago per ottenere i dettagli corretti del distretto di polizia. Nel film, nell’angolo di una bacheca di un caso di omicidio aperto, appare un cartello con la scritta “Ci servirà una bacheca più grande”, un riferimento alla famosa frase di Lo squalo (1975) “Ci serve una barca più grande“. Roth l’ha effettivamente vista su una bacheca nell’ufficio del capitano di polizia.
Nel film, il personaggio di Bruce Willis impara a sparare con una Glock guardando un programma su YouTube chiamato “Full Metal Tactics”, condotto dal berretto verde Shawn Vance. Eli Roth ha dato al programma il nome in omaggio al co-protagonista di Willis, Vincent D’Onofrio, che ha recitato in Full Metal Jacket (1987).
Nel film, Paul Kersey e Frank Kersey sono fratelli ed entrambi mancini. Sono interpretati rispettivamente da Bruce WilliseVincent D’Onofrio, che nella vita reale sono mancini.
Sebbene non sia accreditato, Dean Georgaris ha riscritto la sceneggiatura dalla prima pagina con il regista Eli Roth. Alla stesura finale della sceneggiatura c’erano nove sceneggiatori, e la Writer’s Guild ha infine deciso di attribuire il merito esclusivo a Joe Carnahan, nonostante quasi nessun suo dialogo sia rimasto nella versione finale del film.
Eli Roth ha scelto Camila Morrone per il ruolo principale di Jordan Kersey, nonostante non avesse mai recitato in un lungometraggio prima. Roth ha incontrato la Morrone con sua madre Lucila Solá nel 2011 all’Ischia Global Film Festival, e Roth ha pensato che sarebbe stata perfetta per il ruolo. Dopo aver girato il film, la Morrone ha firmato con l’agenzia WME e ha ottenuto altri due film.
Nel romanzo del 1972 “Il giustiziere della notte” di Brian Garfield, il protagonista Paul Kersey è un CPA, ovvero un commercialista certificato. In “Il giustiziere della notte” (1974), Kersey (interpretato da Charles Bronson) è un architetto. In “Il giustiziere della notte” (2018), Kersey (interpretato da Bruce Willis) è un chirurgo d’urgenza.
Bruce Willis è noto per essere mancino. La Beretta 92F che usava in Die Hard è stata modificata per adattarsi meglio alla sua mancineria. In questo film, il fatto che Willis sia mancino è in realtà inserito nella sceneggiatura come spunto narrativo.
Originariamente concepito da Joe Carnahan nel 2012, il film avrebbe dovuto avere come protagonisti Liam Neesone Frank Grillo, protagonisti di The Grey (2011), ma Carnahan si ritirò dalla produzione quando lo studio preferì ingaggiare Bruce Willis per il ruolo di Paul Kersey rispetto a Neeson.
Eli Roth incontrò il musicista di Chicago Chance the Rapper prima delle riprese per discutere della violenza a Chicago e di una possibile collaborazione musicale al film. Sebbene la collaborazione non sia avvenuta, il fratello di Chance, Taylor Benett, appare nel montaggio iniziale delle chiamate radiofoniche, mentre parla con Sway in the Morning della violenza a Chicago.
Eli Roth era un grande fan di Dean Norris di Breaking Bad (2008), e a un certo punto stava per prendere un secondo cane e chiamarlo come il personaggio di Norris, Hank Schraeder. Roth lo aveva confessato a Norris a una festa anni prima, e Norris non se n’era dimenticato. Sebbene Roth abbia un solo cane (Monkey), giura comunque che il suo secondo cane si chiamerà Hank Schraeder.
Unbroken(qui la recensione), uscito nel 2014 e diretto da Angelina Jolie, rappresenta un passo importante nella carriera da regista dell’attrice americana. Dopo l’esordio con In the Land of Blood and Honey, film incentrato sul conflitto in Bosnia, Jolie conferma il suo interesse per storie di resistenza, sopravvivenza e dignità umana. Con Unbroken si misura con un progetto di ampio respiro internazionale, sostenuto da una produzione hollywoodiana di primo piano e capace di coniugare spettacolo e riflessione storica. La regia si distingue per la volontà di dare risalto alla dimensione epica della vicenda, senza perdere di vista l’aspetto intimo e personale del protagonista.
Il film è tratto dal romanzo Unbroken: A World War II Story of Survival, Resilience, and Redemption di Laura Hillenbrand, un bestseller che ha portato alla ribalta la straordinaria storia vera di Louis Zamperini. Ex atleta olimpico, Zamperini si trovò a combattere nella Seconda Guerra Mondiale come aviatore dell’aeronautica statunitense. Dopo un incidente aereo che lo lasciò alla deriva in mare per settimane, venne catturato dai giapponesi e imprigionato in campi di prigionia, dove subì torture e umiliazioni che misero alla prova non solo il suo corpo, ma soprattutto la sua forza interiore. La fedeltà del film al libro e alla vicenda storica accentua la sua dimensione biografica e documentaria.
Dal punto di vista del genere, Unbroken si colloca dunque a metà strada tra il war movie e il biopic, con sfumature drammatiche che ne amplificano la portata emotiva. Il tema centrale è quello della resistenza dell’uomo di fronte all’annientamento fisico e psicologico, accompagnato da riflessioni sul perdono, sulla speranza e sulla capacità di non perdere la propria identità anche nelle condizioni più estreme. Jolie dirige un’opera che non è solo cronaca di sopravvivenza, ma anche racconto universale sulla resilienza dello spirito umano. Nel resto dell’articolo ci soffermeremo in particolare sul finale del film, analizzandone il significato e il modo in cui porta a compimento i temi affrontati.
La trama di Unbroken
Il film della Jolie ripercorre la vita di Zamperini concentrandosi in particolare sulle sue vicende nel corso della guerra. Il tutto viene raccontato nel modo più fedele possibile, dall’incidente aereo ai 47 giorni trascorsi in mare, dal campo di prigionia e alle torture subite fino alla liberazione e al ritorno a casa. Vengono omessi solo alcuni dettagli, tra cui l’incontro con Hitler. Ciò che da tutto ciò emerge in particolare è la forza d’animo del protagonista, il quale diventa un esempio per l’intera umanità. Zamperini nel corso del film imparerà a dedicare la propria vita al bene e al perdono, dimostrando un animo e una forza di volontà impossibili da spezzare.
La spiegazione del finale del film
Nel terzo atto di Unbroken, la vicenda raggiunge il suo apice drammatico con l’ennesima prova di resistenza imposta a Louis Zamperini nel campo di prigionia di Naoetsu. Qui ritrova Watanabe, detto “The Bird”, che torna a tormentarlo con sadismo e ossessione. La sequenza più emblematica è quella del palo di legno: Louie viene costretto a sollevare un pesante trave sopra la testa, con l’ordine per una guardia di sparargli se lo lascia cadere. In quell’atto di forza, Zamperini, allo stremo ma indomito, resiste e fissa il suo aguzzino negli occhi, trasformando la punizione in un momento di sfida silenziosa e vittoria morale.
La risoluzione arriva con la fine del conflitto e la liberazione dei prigionieri da parte degli americani. Louie, debilitato e segnato dalle violenze, rientra in patria dove può finalmente riabbracciare la sua famiglia. Il film si chiude con le immagini reali dell’uomo e con una serie di didascalie che ne raccontano la vita successiva: il matrimonio, la conversione religiosa, l’impegno verso il perdono dei suoi carcerieri, e persino la partecipazione, ormai anziano, alla staffetta della torcia olimpica in Giappone. Il destino di Watanabe, invece, resta sospeso, poiché riuscì a sfuggire ai processi per crimini di guerra, incarnando l’irrisolta ambiguità della giustizia postbellica.
La spiegazione di questo finale risiede nel ribaltamento dei rapporti di potere. Se nei campi Zamperini era fisicamente spezzato, è proprio la sua volontà indomita a emergere come forza superiore a quella delle armi e delle torture. Il palo di legno diventa simbolo della resilienza dell’animo umano: un gesto che trascende la resistenza fisica per farsi atto spirituale di dignità. Il fatto che Louie sopravviva e torni libero non rappresenta soltanto una vittoria personale, ma la prova che la crudeltà non può annientare del tutto l’identità e la speranza di un uomo.
In parallelo, il percorso postbellico rafforza il significato di questa esperienza: la scelta di convertirsi al cristianesimo e di perdonare i suoi aguzzini mostra come la sopravvivenza non sia completa senza la capacità di liberarsi dal rancore. Il rifiuto di Watanabe di incontrarlo, pur essendo stato cercato da Zamperini per un gesto di riconciliazione, sottolinea come non tutti siano pronti a compiere lo stesso passo. Tuttavia, il film celebra l’atto di perdonare come un atto di forza ancora più radicale della resistenza fisica.
Ciò che Unbroken ci lascia, infine, è un messaggio di speranza universale: la capacità dell’essere umano di resistere, rialzarsi e trovare pace interiore anche dopo esperienze disumane. La vita di Louis Zamperini, dal campo di prigionia alla staffetta olimpica, diventa metafora di un percorso di resilienza che trasforma il dolore in occasione di crescita spirituale e di testimonianza. In questo senso, il film non si limita a raccontare una storia di guerra, ma invita a riflettere sul valore eterno della dignità, del perdono e della forza interiore.
Killer Elite (qui la recensione), diretto da Gary McKendry, è un action–thriller che prende spunto dal romanzo The Feather Men di Ranulph Fiennes, un testo controverso che mescola fatti storici, memorie personali e invenzione narrativa. Il film si discosta dal libro in vari aspetti, scegliendo una strada più spettacolare e hollywoodiana, con un ritmo serrato e un intreccio pensato per esaltare l’azione e la tensione. Questo adattamento cinematografico mira più a catturare lo spettatore con inseguimenti, scontri e complotti internazionali piuttosto che restare fedele al materiale originale.
Dal punto di vista del genere, Killer Elite si colloca tra il thriller spionistico e l’action a tinte cupe, con atmosfere che richiamano i classici film di cospirazione degli anni Settanta, ma rilette con lo stile moderno dei primi anni Duemila. Il film si muove tra missioni segrete, vendette personali e complotti politici, mescolando il realismo militare con l’estetica spettacolare del cinema d’azione. La regia di McKendry cerca di dare respiro internazionale alla vicenda, con ambientazioni che spaziano dall’Oman a Londra, fino a scenari urbani e desertici che sottolineano la dimensione globale della storia.
I temi principali del film ruotano attorno alla moralità della violenza e al prezzo della lealtà. I protagonisti sono mercenari e agenti costretti a muoversi in una zona grigia, dove il confine tra giustizia e vendetta si fa sempre più sfumato. L’amicizia, la fedeltà e il dilemma etico legato al mestiere delle armi diventano centrali, riflettendo sul senso stesso dell’onore in un mondo governato da poteri occulti e interessi geopolitici. Nel resto dell’articolo proporremo una spiegazione del finale, analizzando come la conclusione del film chiuda il cerchio narrativo e tematico.
La vicenda si apre nel Regno Unito del 1980, dove Danny Bryce è un killer professionista che, insieme al suo amico e mentore Hunter, uccide persone scomode o pericolose su commissione. Dopo aver visto però troppa morte, violenza e dolore, Danny avverte il bisogno di disintossicarsi da quella vita, allontanandosene e ricercando una tranquillità fino a quel momento sconosciuta. Si trasferisce così a vivere in Australia, occupandosi di una fattoria insieme alla sua vecchia compagna di scuola Anne Frazier. Non passa però molto prima che la vecchia attività di Danny si ripresenti nella sua vita.
A richiamarlo all’azione, infatti, vi è la notizia del rapimento di Hunter. Questi è stato fatto prigioniero da uno sceicco tribale in Oman. Danny è così costretto a tornare in azione. Per liberare l’amico, però, dovrà accettare un compito molto difficile: vendicare la morte dei figli dello sceicco, uccisi per mano di alcuni ex membri del SAS durante la segreta guerra del Dhofar. In caso contrario, Hunter sarà giustiziato. La situazione si complica ulteriormente quando Danny scopre che i suoi bersagli sono protetti da una squadra clandestina di uomini senza pietà: i “Feather Men”, guidati dal crudele Spike.
La spiegazione del finale del film
Nel terzo atto di Killer Elite la tensione narrativa raggiunge il suo apice. Danny, dopo aver scoperto che Amr e i suoi figli sono stati traditi dagli stessi poteri che pretendevano giustizia, si ritrova coinvolto in un intrigo ancora più grande. Le rivelazioni del governo britannico svelano che le morti per cui Danny stava rischiando la vita erano parte di una manipolazione legata al petrolio e agli equilibri geopolitici. Lo scontro finale con Logan diventa quindi inevitabile: una battaglia a tre fronti in cui ciascun personaggio lotta non solo per la sopravvivenza, ma anche per un senso di verità e giustizia personale.
La conclusione si consuma nel deserto, dove Danny e Hunter fermano Logan e si trovano a dover scegliere tra vendetta e sopravvivenza. Invece di uccidere l’avversario, decidono di lasciargli il denaro, costringendolo a confrontarsi con le proprie scelte e con la necessità di costruirsi un nuovo destino. Questo gesto ribalta le logiche brutali che hanno dominato la vicenda, sottolineando come la violenza non porti altro che cicli infiniti di morte e tradimento. Danny, ormai segnato dagli eventi, sceglie la via del distacco e del ritorno alla sua vita privata, ritrovando Anne e un’apparente pace.
Dal punto di vista simbolico, il finale rappresenta la chiusura di un percorso morale tormentato. Danny, inizialmente tornato in azione solo per salvare Hunter, si ritrova progressivamente risucchiato in un mondo dove la lealtà è corrotta dal potere e il concetto di giustizia è manipolato da chi controlla le risorse. Decidere di non uccidere Logan diventa quindi una presa di posizione etica: Danny rifiuta la logica del mercenario e sceglie di non perpetuare quella spirale di sangue. Il personaggio emerge così più umano, consapevole che la vera vittoria non è eliminare il nemico, ma liberarsi dal gioco mortale delle forze occulte.
Anche Logan, a suo modo, incarna il destino dei soldati e mercenari intrappolati in dinamiche più grandi di loro. Lasciargli il denaro significa metterlo di fronte alla propria coscienza, costringerlo a fare i conti con il tradimento verso i Feather Men e con le conseguenze delle sue scelte. L’ultima parte del film evidenzia quindi il contrasto tra chi riesce a uscire dalla spirale della violenza e chi, invece, ne rimane prigioniero. La dicotomia tra Danny e Logan segna la vera chiave di lettura del finale: due uomini simili, ma con destini che divergono in base alle scelte etiche compiute.
Ciò che Killer Elite lascia allo spettatore è un messaggio amaro ma lucido: la guerra segreta fatta di intrighi, mercenari e governi corrotti non conosce vincitori. Anche i sopravvissuti portano addosso il peso delle loro azioni e delle verità scoperte. L’unica via di uscita sta nella capacità di spezzare il ciclo, di scegliere l’umanità invece della vendetta. Danny non diventa un eroe in senso classico, ma rappresenta la possibilità di resistere al cinismo di un mondo dominato dal potere, trovando salvezza non nella violenza, ma nella rinuncia ad essa.
Overdose è un thrillerd’azione francese incentrato su azioni frenetiche e brividi rapidi, visivamente piacevole ma privo di qualsiasi profondità o spessore. Dedicato alla memoria del grande Jean-Paul Belmondo, il film segue due unità separate della polizia francese che si uniscono e collaborano per smantellare una famigerata banda di trafficanti di droga, cercando allo stesso tempo di trovare gli assassini di due bambini. Sebbene la trama abbia dei colpi di scena lineari e i soliti risvolti, Overdose va visto solo come un intrattenimento senza pretese, senza ulteriori aspettative.
Un uomo di nome Igor Reynald viene rilasciato dal carcere e accolto da un suo conoscente, Eduardo Garcia, che lo riporta alla vita criminale. Quest’ultimo porta Igor nel quartier generale del suo capo, un famigerato signore della droga che controlla l’intera zona, Alfonso Castroviejo, e sembra che Igor abbia già lavorato per lui in passato. Nonostante sia stato in prigione per un po’ di tempo, l’uomo non sembra aver cambiato atteggiamento, dato che si mette al passo con il resto della banda. Questa banda criminale, che contrabbanda e distribuisce droga in alcune zone della Spagna e della Francia, comprende anche un giovane di nome Said, attualmente preso dalla sua nuova ragazza, Leila, e un ex pilota automobilistico professionista, Willy de Berg.
Viene presto elaborato un piano per consegnare una nuova partita di droga, e anche Igor ne fa parte, ma poi si scopre che Igor Reynald lavora come agente sotto copertura per la polizia all’interno della banda di Castroviejo. Sara Bellaiche è a capo della squadra narcotici della polizia di Tolosa ed è sotto pressione da parte del commissario capo per non essere riuscita a catturare i principali trafficanti di droga della regione. Sembra che Sara stia elaborando un piano da diversi giorni e che sia vicina a finalizzare i dettagli di un grande progetto per catturare i criminali.
È nell’ambito di questo piano che ha assunto Igor Reynald, che alcuni anni prima era un poliziotto sotto copertura, ma che aveva perso la strada a causa della droga ed era finito in prigione. Seguendo le istruzioni della polizia, Reynald torna nel covo di Castroviejo e collabora con Garcia, ma continua segretamente a informare Sara e la sua squadra su qualsiasi nuovo sviluppo. Nella capitale francese, Parigi, una scena orribile viene lasciata in un ospedale pediatrico quando due ragazzini, Jerome e Ali, vengono uccisi senza pietà nei loro letti d’ospedale, che si trovavano nella stessa stanza. Il capo della polizia di Parigi, Richard Cross, indaga sul caso con la sua squadra e cerca di trovare qualche indizio.
Nel giro di un paio di giorni, anche la madre di Ali viene trovata morta e gettata nella Senna, e le riprese delle telecamere di sicurezza mostrano un uomo e una donna in un furgone nero comune a entrambe le zone del crimine. Ulteriori indagini rivelano che la donna è una cittadina marocchina di nome Leila, e ben presto la sospettata viene trovata morta sulla scena di una sparatoria in autostrada. Nell’ambito delle sue indagini, Richard incontra Sara della squadra narcotici e insieme si preparano a smantellare la banda di Castroviejo e il suo impero della droga.
Sofia Essaïdi in Overdose. Cortesia di Prime Video
Cosa succede alla fine quando la polizia raggiunge la banda di Castroviejo?
Mentre la banda di Castroviejo lascia il proprio quartier generale per attraversare la Spagna e raggiungere la Francia, dove consegnerà la droga in due luoghi diversi, il boss rimane indietro e affida l’intera responsabilità dell’operazione a Eduardo Garcia. Durante il viaggio, però, le cose vanno male per Said e la sua ragazza Leila: lei muore per overdose e lui esce dall’autostrada per soccorrerla. Le auto erano già inseguite e la polizia ha seguito l’auto di Said, provocando una violenta sparatoria, con Said che è fuggito con il resto dei membri della sua banda mentre il corpo di Leila è stato lasciato sul posto. Richard riceve la notizia della morte improvvisa del suo principale sospettato e si reca sul posto, dove si trova anche Sara, dato che lei e la sua squadra stavano tenendo d’occhio il convoglio di droga.
Sebbene Reynald continui a informarli di ogni cambiamento di programma tra i membri della banda, Sara rimane molto preoccupata per la sicurezza del suo informatore. La banda cambia improvvisamente percorso e si dirige verso un villaggio sulle colline, dove trascorre la notte nella casa di un abitante del luogo, forse per evitare l’attenzione della polizia. L’abitante del villaggio cerca di spiare gli uomini e Garcia lo uccide senza pietà, ordinando a Reynald di fare lo stesso con sua moglie e suo figlio. Mentre tutto questo accade, la squadra di Richard incontra una donna in un quartiere pericoloso che fornisce loro importanti dettagli su questo caso importante. Grazie alle sue informazioni, scoprono il luogo della seconda consegna di droga e l’uomo che la acquista.
Il giorno dopo, mentre la banda lascia il villaggio, la squadra antidroga della polizia si prepara sul luogo della prima consegna, che Reynald ha segnalato quella mattina. Quando l’acquirente arriva e la consegna sta per avvenire, un autobus pieno di scolari arriva sul posto per una gita, rendendo impossibile alla polizia rivelarsi e arrestare i colpevoli. Ciononostante, Sara e la sua squadra aspettano pazientemente e, quando i membri della banda stanno per allontanarsi, ne inseguono e arrestano alcuni. Reynald, Said e un paio di altri riescono a sfuggire alla polizia e Said inizia a sospettare che ci sia una talpa all’interno della sua banda. Ma, come da stereotipo del suo personaggio, Said sospetta dell’uomo sbagliato e lo uccide, mentre decide di lasciare in vita Reynald.
Ora contattano il secondo acquirente, preparano un luogo di consegna vicino a Parigi e partono verso la lontana destinazione. Dall’altra parte, la polizia arresta la maggior parte dei membri della banda, compreso Garcia, e li interroga costantemente non solo per far loro confessare i reati di traffico di droga, ma anche per scoprire qualsiasi informazione sugli assassini dei due bambini dell’ospedale. Mentre è ormai chiaro che uno dei responsabili è stata Leila, che nel frattempo è morta, l’ex pilota automobilistico de Berg menziona un uomo di nome Wahid come possibile secondo assassino. Il resto della banda mantiene il silenzio sulle proprie attività illegali, da veri criminali incalliti quali sono, ma alla fine tutti saranno portati in tribunale dalla polizia.
Più o meno nello stesso periodo in cui questi uomini vengono interrogati e indagati, la polizia francese conduce un’operazione congiunta con la polizia spagnola per arrestare Alfonso Castroviejo nella sua casa di famiglia. Le forze dell’ordine eliminano tutti gli uomini che proteggono il signore della droga e Castroviejo, che ha saputo dell’arresto dei suoi uomini e dell’acquirente, si siede, pronto ad essere attaccato dalla polizia in qualsiasi momento. L’uomo cerca di uscire dal complesso uccidendo uno dei poliziotti e indossando la sua uniforme, ma alla fine viene identificato e ucciso dagli altri membri delle forze dell’ordine. Più tardi quel giorno in Francia, tutti i membri della banda arrestati vengono trasportati nella capitale, probabilmente per essere portati in tribunale e messi in prigione, quando un incidente sull’autostrada crea un improvviso capovolgimento della situazione.
Alcuni degli uomini di Garcia e la sua compagna riescono ad attaccare gli agenti di polizia nella loro auto, e ne segue una sparatoria sull’autostrada. Mentre tutti gli altri membri vengono uccisi, Garcia riesce a fuggire dalla scena e si nasconde nella città locale. Sul televisore all’interno di una casa in cui si è introdotto, Garcia vede la moglie e il figlio del contadino che aveva ucciso nel villaggio sulle colline arrivare alla stazione di polizia per testimoniare. Diventa chiaro che Reynald in realtà non li aveva uccisi quando gli era stato ordinato, e Garcia ora capisce anche che era Reynald a fare da talpa nella sua banda. Contatta rapidamente il secondo acquirente, che non ha ancora ricevuto la droga, e insieme preparano un piano per affrontare Reynald e punirlo per il suo tradimento.
Cortesia di Prime Video
La spiegazione del finale di Overdose: cosa succede a Reynald e Garcia alla fine? Perché Wahid e Leila hanno ucciso i bambini?
La polizia riceve informazioni su un improvviso cambio di luogo dell’appuntamento per la seconda consegna della droga, e Sara ora teme più che mai che la vita di Reynald possa essere in pericolo. L’intera squadra di polizia fa del suo meglio per scoprire il nuovo luogo dell’appuntamento e alla fine lo rintraccia in un edificio abbandonato nei pressi di Parigi. Quando arrivano, però, Reynald e Said sono già lì e hanno iniziato la transazione. Ma Garcia si intromette, affrontando Reynald e tenendolo prigioniero nel seminterrato. Garcia aveva ricevuto in precedenza l’ordine da Castroviejo di uccidere Said, che era solo un membro sciocco che li aveva messi nei guai, e ora Garcia esegue questi ordini. Accoltella Said a morte e poi tortura Reynald per ore.
La polizia finalmente arriva e scoppia una rissa tra le due parti, con Garcia e l’acquirente di droga che vengono entrambi arrestati. Sara trova Reynald in condizioni pietose e l’uomo muore poco dopo a causa delle ferite riportate. Sara non riesce più a trattenersi e sta per uccidere Garcia, ma un altro agente di polizia la ferma e poi uccide lui stesso il criminale. Sembra che la polizia sapesse che né Garcia né Castroviejo avrebbero ricevuto la giusta punizione a causa della loro ricchezza e della loro capacità di corrompere, e quindi non si sono preoccupati di uccidere i criminali per porre fine alle loro attività.
Un altro uomo, Wahid, viene arrestato nell’edificio abbandonato, poiché si era nascosto nel seminterrato durante la rissa. Wahid ora confessa tutto alla polizia e racconta loro cosa è successo esattamente nel suo villaggio natale in Marocco, che era anche il luogo di origine di Leila e del giovane Ali, ucciso in ospedale. Dopo essere state nemiche per generazioni, le famiglie di Leila e Wahid avevano deciso di diventare amiche e di lavorare insieme, e i due avrebbero dovuto sposarsi come segno di questa nuova amicizia. Poiché entrambe le famiglie erano essenzialmente trafficanti di droga e contrabbandieri, tenevano d’occhio qualsiasi attività sospetta nel villaggio, e un giorno il padre di Wahid vide il padre di Ali recarsi all’ambasciata francese in Marocco in modo piuttosto sospetto.
L’uomo fu immediatamente arrestato e torturato per giorni prima di essere ucciso, e Wahid ricevette l’ordine da suo padre di trovare Ali e sua madre e porre fine alle loro vite per vendetta. Fu per questo che Wahid e Leila erano venuti in Francia e Said era anche il cugino di Wahid. Con l’aiuto delle conoscenze di Said, rintracciò Ali in un ospedale di Parigi, dove il ragazzo era ricoverato perché molto malato, e andò con Leila per ucciderlo. Ma quando i due assassini arrivarono, per pura coincidenza nella stessa stanza c’era anche un altro ragazzo, Jerome, perché l’infermiera che avrebbe dovuto portarlo a fare degli esami era occupata. Di conseguenza, anche lui fu ucciso da Leila, mentre Wahid uccise Ali e poi rintracciò sua madre e uccise anche lei.
Mentre Wahid viene rinchiuso in prigione dopo la sua confessione, la polizia indaga per scoprire se il padre di Ali fosse davvero un informatore e scopre una realtà ancora più triste. Il padre di Ali si era recato all’ambasciata francese per informarsi su una procedura medica necessaria per la cura di Ali, e non aveva nulla a che fare con la famiglia di Wahid o con il loro traffico di droga. L’intera vicenda che ha dato inizio e portato a questo mega-piano della polizia, che alla fine ha smantellato il traffico di droga e catturato gli assassini, è stata, dopotutto, condotta invano a causa di un terribile malinteso.
Danny Collins è un cantante anziano che vive di vecchi successi, tra eccessi di droga e alcol, e una relazione con una donna molto più giovane. Nonostante la fama e il denaro, si sente vuoto e insoddisfatto. Tutto cambia quando riceve, con quarant’anni di ritardo, una lettera scritta per lui da John Lennon dopo aver letto una sua intervista giovanile. Quelle parole riaccendono in lui la voglia di vivere e di creare. Collins decide così di affrontare il passato, cercando il figlio che aveva abbandonato e che ora è gravemente malato. Rinunciando alla vita agiata, si avvicina alla famiglia e torna a scrivere canzoni.
10 curiosità su Danny Collins – La canzone della vita
Il film è ispirato alla storia del cantante Steve Tilston, che venne a conoscenza dell’esistenza di una lettera che John Lennon gli aveva scritto 34 anni dopo la sua stesura.
Il filmato del concerto “Danny Collins” all’inizio del film è stato girato durante un concerto a Los Angeles dalla band Chicago.
Dan Fogelman aveva in mente Al Pacino per il ruolo di Danny Collins mentre scriveva la sceneggiatura. Pacino accettò, con una sola richiesta, che Bobby Cannavale interpretasse suo figlio.
Il pubblico utilizzato proveniva da un concerto dei Chicago. La band si prese una pausa di 15 minuti mentre Pacino e la troupe si esibivano.
Le foto sul muro della casa di Collins (circa 10 minuti dopo l’inizio del film) sono tutte foto di precedenti ruoli di Pacino: Il Padrino, Serpico ecc.
La canzone chiave del film è scritta da Ryan Adams, e la versione in sottofondo vede Adams cantare.
Julianne Moore eJeremy Renner erano stati inizialmente scelti, ma dopo alcuni problemi finanziari gli attori hanno cambiato idea e sono stati sostituiti da Annette Bening e Bobby Cannavale (che era stato chiesto espressamente da Pacino).
Il progetto era stato originariamente avviato dalla Warner Bros. e avrebbe dovuto avere come protagonista Steve Carell, prima di subire una svolta nel 2011.
Al Pacino e Christopher Plummer hanno fatto coppia in “Insider – Dietro la verità” (1999), con Pacino nel ruolo del produttore, Lowell Bergman, e Plummer in quello del reporter di “60 Minutes”, Mike Wallace. In Danny Collins – La canzone della vita i ruoli sono invertiti, con Pacino nel ruolo dell’attore e Plummer dietro le quinte come suo manager.
Al Pacino e Bobby Cannavale hanno lavorato insieme per la prima volta nel revival di Broadway del 2012 di Glengarry Glen Ross. Bobby ha interpretato Roma, il ruolo interpretato da Al Pacino nel film del 1992.
La sospensione di Jimmy Kimmel dalla ABC continua a fare notizia. Il conduttore di Jimmy Kimmel Live! ha recentemente aperto una puntata del suo programma con un monologo in cui affermava che la “gang MAGA” stava “cercando disperatamente di caratterizzare questo ragazzo che ha ucciso Charlie Kirk come qualcosa di diverso da uno di loro”.
Kimmel ha poi accusato gli esponenti di destra di “fare tutto il possibile per trarne vantaggio politico” e di “lavorare duramente per trarre profitto dall’omicidio“. Ha poi ricordato agli spettatori i rivoltosi che, il 6 gennaio 2021, “volevano impiccare” il vicepresidente del primo mandato di Trump, Mike Pence, per aver certificato la vittoria elettorale di Joe Biden alle elezioni del 2020.
Il giorno dopo, un portavoce della ABC ha dichiarato che Jimmy Kimmel Live! sarebbe stato “sospeso a tempo indeterminato“, e in seguito abbiamo appreso che Brendan Carr, presidente della FCC e accanito sostenitore del presidente Donald Trump, ha minacciato di “prendere provvedimenti” contro Disney e ABC. Anche NexStar, che, come Disney, necessita dell’approvazione della FCC per acquisizioni multimiliardarie, ha fatto pressione sulla Disney affinché ritirasse la serie.
Ora, Mark Ruffalo, star di Hollywood nota per le sue posizioni politiche e il suo impegno nel sociale, è intervenuto oggi sui social media. Rispondendo a un post che rivelava che le azioni Disney sono scese del 7% dalla sospensione di Kimmel, l’attore ha scritto: “Scenderanno molto di più se cancellano la sua serie. La Disney non vuole essere quella che ha distrutto l’America“. Questo messaggio arriva dopo che l’attore ha recentemente partecipato a un evento online di No Kings e ha dichiarato: “Il mio settore non capisce davvero cosa sta succedendo in questo momento, ma quello che capiscono è che la nostra libertà di parola è sotto attacco”.
Kimmel non ha ancora espresso il suo parere sulla sua sospensione, ma si ritiene che siano in corso trattative con la Disney. L’azienda è stata ampiamente condannata per quello che molti ritengono un attacco alla libertà di parola, mentre Trump cerca di mettere a tacere i suoi critici.
Le scene eliminate sono all’ordine del giorno per qualsiasi grande blockbuster, e il regista James Gunn ha lasciato un grande momento con Krypto sul pavimento della sala di montaggio di Superman.
La scorsa estate, foto e filmati dal set del reboot stavano trovando costantemente spazio online. Nonostante fossero presentati fuori contesto, siamo riusciti a ricostruire almeno alcune sequenze, tra cui una in cui Mister Terrific lotta per convincere Krypto a seguirlo (il cagnolino in CG ovviamente non era presente sul set, ma Terrific è stato mostrato fuori da un negozio di animali e con dei biscotti per cani in mano).
Grazie a Collider, ora abbiamo la scena nella sua interezza. Terrific riesce a convincere Krypto a seguirlo, e poi tenta di farsi portare dall’animale domestico di Supergirl nei cieli di Metropolis. Lui invece gli morde il piede dell’eroe.
Alcune di queste riprese con Mister Terrific e Krypto sono state poi riutilizzate per uno spot pubblicitario, anche se senza il momento in cui Krypto attacca il membro della Justice Gang.
È una sequenza divertente, che avrebbe potuto essere facilmente inclusa in Superman. Allo stesso tempo, è abbastanza facile capire perché Gunn abbia deciso di lasciarla in sala di montaggio durante quello che è stato un atto finale piuttosto frenetico.
The Mandalorian & Grogu è stato annunciato per la prima volta a gennaio 2024 come il prossimo film di “Star Wars” in fase di sviluppo, e la sua uscita nelle sale è prevista per il 22 maggio 2026. Oltre al personaggio mascherato di Pascal, il Mandaloriano, e al suo adorabile aiutante Grogu (meglio conosciuto come Baby Yoda), il cast include anche Sigourney Weaver nel ruolo di una pilota da caccia, Jeremy Allen White in quello del figlio di Jabba the Hutt e Jonny Coyne in quello di un signore della guerra imperiale.
La prima breve sinossi del film recita: “Erede della Forza nella galassia e compagno adorabile del Mandaloriano, Grogu ha conquistato il mondo con il suo fascino malizioso e accattivante fin dal suo debutto”, si legge. “Presto saranno disponibili prodotti a tema Grogu per tutti i canali, categorie e fasce d’età: la tempesta Grogu sta per scatenarsi!”
Con il supporto produttivo e il sostegno di grandi nomi del cinema internazionale comeBrad Pitt e Alfonso Cuarón, la regista Ben Hania, già celebrata per il suo Quattro figlie distribuito in Italia sempre da I Wonder Pictures, racconta la sconvolgente storia vera di Hind Rajab, bambina palestinese di sei anni, rimasta intrappolata sotto il fuoco incrociato di una sparatoria a Gaza a Gennaio 2024, e dei tentativi disperati della Mezzaluna Rossa di trarla in salvo. La vicenda è narrata in un film di finzione in cui la realtà irrompe prepotentemente in scena: se quelle tragiche ore negli uffici della Mezzaluna Rossa sono infatti ricostruite con attori professionisti, la voce che sentiamo chiedere aiuto al di là del telefono e che ci accompagna per tutta la durata della pellicola è la registrazione originale della voce di Hind.Intrecciando documentario e finzione, LA VOCE DI HIND RAJAB restituisce tutta la forza della sua voce e denuncia l’impotenza di fronte alla guerra.
In occasione dell’attesa uscita in sala del film inoltre, a partire dal 25 settembre, gli interpreti Motaz Malhees (Speak No Evil – Non parlare con gli sconosciuti, 200 metri) e Saja Kilani (Knockdown, What’s Your Emergency?) prenderanno parte al tour promozionale italiano di LA VOCE DI HIND RAJAB presentandolo e commentandolo con il pubblico in sala. Il tour toccherà le città di Roma, Firenze, Bologna, Padova, Torino e Milano.
«Al centro di questo film c’è qualcosa di molto semplice e molto difficile da tollerare», ha dichiarato la regista. «Non posso accettare un mondo in cui un bambino chiede aiuto e nessuno accorre. Quel dolore, quel fallimento, appartiene a tutti noi. Questa storia non riguarda solo Gaza. Parla di un dolore universale. E credo che la finzione (soprattutto quando attinge a eventi verificati, dolorosi, reali) sia lo strumento più potente del cinema. Più potente del rumore delle ultime notizie o dell’oblio dello scorrimento. Il cinema può conservare una memoria. Il cinema può resistere all’amnesia. Possa la voce di Hind Rajab essere ascoltata”.
LA VOCE DI HIND RAJAB di Kaouther Ben Hania sarà nei cinema dal 25 settembre distribuito da I Wonder Pictures.
Eagle Pictures ha diffuso un dietro le quinte esplosivo di The Running Man, il film diretto da Edgar Wright con Glen Powell, e già adattato nel 1987 con l’iconico Arnold Schwarzenegger nel ruolo del protagonista.
Il film di Edgar Wright uscirà il 6 novembre distribuito da Eagle Pictures e vede nel cast Glen Powell, William H. Macy, Lee Pace, Emilia Jones, Michael Cera, Daniel Ezra, Jayme Lawson con Colman Domingo e Josh Brolin.
La trama di The Running Man
The Running Man è il programma televisivo più seguito al mondo: un reality show estremo in cui i concorrenti, chiamati “Runner”, devono rispettare una sola regola per restare vivi: fuggire per 30 giorni, in diretta TV, braccati da killer professionisti, detti “Cacciatori”, mentre il pubblico, incollato agli schermi, esulta a ogni esecuzione. Ben Richards (Glen Powell) non è un eroe. È un uomo qualunque, costretto a una scelta impossibile: entrare nel gioco per salvare la figlia malata. A convincerlo è Dan Killian (Josh Brolin), il carismatico e spietato produttore dello spettacolo, maestro nel trasformare la sofferenza in spettacolo, la paura in share, la morte in intrattenimento. Ma Ben non segue il copione. Corre, lotta, resiste. E contro ogni previsione diventa un idolo: il pubblico lo acclama, gli ascolti volano. Più il successo cresce, più il gioco si fa mortale. Ora Ben non deve affrontare solo i suoi inseguitori… ma un’intera nazione che vuole vederlo cadere.
Diretto da Ngo The Chau e Buket Alakuş, She Said Maybe di Netflixè una commedia romantica che racconta la storia di una donna di nome Mavi. Nata e cresciuta in Germania, ha origini turche ma non ha mai esplorato quel lato della sua discendenza. Ha una relazione con Can, che è ansioso di chiederle di sposarlo. Dopo un tentativo fallito, lui la porta in vacanza a Istanbul, dove il suo intento di chiederle di sposarlo viene interrotto dalla rivelazione del legame di Mavi con i Bilgin, una delle famiglie più ricche della Turchia.
Si susseguono una serie di rivelazioni sul lato paterno di Mavi, mentre lei si gode la sua nuova ricchezza e influenza, influenzando la sua relazione con Can. Gli aspetti fiabeschi del film sono radicati nel realismo, con temi quali l’amore, la famiglia, le responsabilità e la libertà personale, che rendono il personaggio di Mavi simile a una vera ereditiera turca la cui vita è cambiata drasticamente.
La famiglia Bilgin, personaggi immaginari di She Said Maybe, sottolineano l’importanza dei legami familiari
She Said Maybe è una storia immaginaria scritta da Ipek Zübert. La trama si concentra sul caos che si scatena nella vita di Mavi dopo che le viene presentata sua nonna, la matriarca della famiglia Bilgin. Nel creare le dinamiche insidiose dei Bilgin, alle quali Mavi deve imparare ad adattarsi piuttosto rapidamente, l’autrice non ha preso spunto da nessuna famiglia turca in particolare. Detto questo, è possibile che abbia preso in prestito alcuni aspetti delle lotte per la successione familiare, dello stile di vita e delle ideologie da famiglie come i Koç, una delle più ricche della Turchia.
Sono i proprietari della Koç Holding, che si occupa di ogni tipo di attività commerciale per mantenere il suo status di una delle famiglie più ricche del paese. Nel film Netflix, la famiglia Bilgin possiede una società chiamata Bilgin Holding, che ha anche messo piede in tutti i tipi di attività commerciali, ma non c’è alcun collegamento diretto tra le due famiglie. La trama di “She Said Maybe” ruota attorno a una situazione fiabesca in cui una donna di umili origini scopre di appartenere alla famiglia reale turca e di essere l’erede perduta della fortuna dei Bilgin.
Mentre il film si sofferma sul viaggio di Mavi alla scoperta della Turchia e della fama e ricchezza della sua famiglia, rimane con i piedi per terra grazie ai dettagli sottili che rendono la protagonista profondamente realistica. Sfruttando la differenza culturale tra l’educazione tedesca di Mavi e le sue radici turche, il film esplora la cultura della Turchia, mettendo in mostra il suo mix di storia e modernità, che permea ogni aspetto, dall’architettura al cibo. L’esplorazione della sua altra metà da parte di Mavi permette al pubblico di vedere il Paese da una prospettiva diversa.
Per rafforzare questo punto di vista, il film si affida a location reali come il Palazzo Ciragan a Istanbul e la regione della Cappadocia. Questo non solo conferisce un tocco cinematografico alla storia, ma trasporta anche il pubblico in Turchia, insieme a Mavi, dando loro un’idea di ciò che sta vivendo. Questo approccio conferisce al film, simile a “The Princess Diaries”, un tocco di realismo che fa tifare il pubblico per i personaggi in modo ancora più intenso.
Diretto da Ngo The Chau e Buket Alakuş, She Said Maybe di Netflixè una commedia romantica che racconta la storia di Mavi, un’architetta tedesca che scopre di appartenere alla nobiltà turca. Non ancora pronta a lasciarsi il passato alle spalle, Mavi si ritrova in una situazione difficile, divisa tra le strutture tradizionali e familiari di sua nonna, Yadigar Bilgin, e la relazione sentimentale che ha con Can, uno stagista presso uno studio legale. Da quel momento in poi, il conflitto di classe definisce la loro storia d’amore.
Nel mentre la protagonista arriva lentamente a riconoscere la mancanza di chiarezza nella sua vita. Anche se Can cerca di chiedere alla sua compagna di sposarlo all’inizio della storia, le cose non vanno proprio come previsto, lasciandolo alla disperata ricerca di un’altra possibilità. Le complicazioni che si accumulano nel frattempo aggiungono pepe a questo dramma familiare, rendendo la scelta finale di Mavi ancora più imprevedibile.
Can e Mavi si sposano alla fine di She Said Maybe
Sebbene la relazione tra Can e Mavi abbia un percorso accidentato nel corso del film, gli ingredienti per realizzare i loro sentimenti sono sparsi ovunque. In realtà, lei si rende conto di non poter lasciare andare Can, e questo la spinge a tornare da lui. Nel frattempo, Can, sentendosi altrettanto abbattuto, decide di lasciare il suo tirocinio e di dedicarsi a un viaggio; tuttavia, questo tentativo di ricerca interiore nasconde solo la vera origine delle sue emozioni.
Quando Mavi lo raggiunge pochi istanti prima della sua partenza, la coppia vive finalmente il suo momento decisivo e confessa la vera profondità del proprio amore. Mavi si scusa per aver lasciato che il loro legame si affievolisse nel trambusto del suo nuovo stile di vita, ma è proprio quel cambiamento di prospettiva che le serviva per capire ciò che desidera. A tal fine, Mavi ribalta la premessa centrale del film e diventa lei a chiedere a Can di sposarla, che accetta felicemente.
Le fratture nella relazione tra Can e Mavi nascono da una serie di incomprensioni che alimentano il loro divario comunicativo. Sebbene la coppia sia abbastanza sicura di ciò che vuole a livello personale e professionale, la rivelazione sulle origini di Mavi cambia le carte in tavola. All’improvviso, la protagonista si ritrova coinvolta nelle dinamiche dei ricchi, compresa la pressione esercitata silenziosamente da sua nonna. La carta vincente di Yadigar, Kent, alla fine dà i suoi frutti quando a Can viene mostrata una foto di lui e Mavi che stanno per baciarsi.
Pochi istanti prima, la giovane architetta viene a sapere che il suo partner ha accettato una somma considerevole di denaro per porre fine alla loro relazione, e questo cementa la loro separazione. Tuttavia, in entrambi i casi, vediamo solo metà del quadro, e proprio qui sta il punto chiave della narrazione. L’alienazione tra i due amanti finisce per limitare la sensibilità emotiva di entrambi, creando una frattura.
I momenti finali del film servono come momento di riflessione sia per Can che per Mavi, che lentamente arrivano a comprendere il punto di vista dell’altro. Questo porta a un’altra epifania condivisa, ovvero che i due non possono essere felici finché sono lontani l’uno dall’altra. Non solo si riconciliano, ma compiono anche il coraggioso passo successivo nella loro relazione, sotto forma di matrimonio. Sebbene Mavi fosse precedentemente timorosa di impegnarsi in tal modo, il suo cambiamento di posizione rappresenta una pietra miliare nel suo percorso di trasformazione.
Il matrimonio della coppia riunisce tutti i personaggi della storia in un momento caratterizzato dall’amore e dalla gioia, invece che da spietate politiche familiari. Una sequenza splendidamente resa raffigura Mavi e Can che si tengono per mano mentre corrono accanto a tutte le persone a loro care, a significare come la loro storia d’amore si propaghi verso l’esterno creando una reazione a catena positiva.
La storia d’amore di Can e Mavi spinge Yadigar a cambiare i suoi vecchi modi di fare
Il più grande ostacolo nella relazione tra Can e Mavi è senza dubbio Yadigar, che arriva al punto di dare al primo un assegno in bianco come ricompensa per aver lasciato sua nipote. Questa mossa tocca il cuore della complicata situazione familiare di Can e sembra quasi troppo allettante per essere ignorata dal giovane avvocato. Tuttavia, i pezzi mancanti di quello scambio vengono rivelati alla fine, in una lettera che Yadigar invia personalmente a Mavi.
Scopriamo che Can non ha lasciato un importo su quell’assegno, ma ha invece espresso che nessuna somma di denaro avrebbe mai potuto comprare il suo amore per la protagonista. Questo attacca direttamente il nucleo materiale di Yadigar e le offre un momento di riflessione, che alla fine la porta ad accettare la loro relazione. A tal fine, la lettera è accompagnata anche da una nota di scuse e dai suoi auguri per qualsiasi direzione prenderà la storia d’amore.
Con il cambiamento di opinione di Yadigar, il matrimonio di Can e Mavi vede un ospite in più, e questo rappresenta un cambiamento visibile nelle dinamiche familiari e nei sistemi di valori. Sebbene Yadigar sia descritta come una figura autorevole, fredda e pragmatica per gran parte della serie, la sua apparizione finale è di felicità sfrenata, mentre balla con sua nipote e sua nuora. Questo ricorda un momento precedente della storia, quando il lato più rilassato e malizioso della nonna è emerso mentre cucinava con Mavi.
Questa essenza viene estrapolata nella sequenza finale, suggerendo che la matriarca ha finalmente abbandonato le strutture soffocanti a cui si è attenuta per tutto questo tempo. In questo modo, la cerimonia di matrimonio diventa anche un’occasione per ricucire i rapporti all’interno della famiglia, da tempo incrinati, dimostrando così nel finale di She Said Maybe che l’amore può davvero conquistare qualsiasi cosa.
La prima stagione di Chief of War (qui la nostra recensione) si è conclusa, offrendo un finale ricco di spunti. Il progetto storico di Jason Momoa ha rispettato le aspettative, con costumi d’epoca accurati, scenografie spettacolari e scene d’azione epiche, degne di una serie intitolata “Chief of War”. Momoa guida il cast interpretando il guerriero Ka‘iana.
Nei primi nove episodi, vediamo Ka‘iana lottare con la sua lealtà verso diversi capi, per poi tornare dopo un periodo trascorso all’estero ad aiutare il re Kamehameha (Kaina Makua) nella guerra contro Keōua (Cliff Curtis) per il controllo dell’isola di Hawai‘i. Le forze di Keōua erano sostenute dal re Kahekili (Temuera Morrison) dell’isola di Maui.
Il conflitto tra Ka‘iana e Kamehameha
Gli episodi finali della serie si concentrano sul conflitto tra Kamehameha e Ka‘iana riguardo all’uso delle armi da fuoco nella battaglia contro Keōua. Nell’episodio penultimo, inoltre, l’attività del vulcano Kīlauea viene interpretata da molti distretti come un segno divino a favore di Keōua, spingendoli ad allearsi con lui.
La battaglia che segue è sanguinosa e violenta, combattuta all’ombra del vulcano. Ka‘iana provoca le forze di Keōua, spingendole a caricare con le lance, mentre gli uomini di Kamehameha rivelano i fucili nascosti e ottengono un vantaggio decisivo.
Ka‘iana affronta direttamente Keōua, ma quest’ultimo viene ucciso dalla natura stessa, smentendo la sua convinzione che l’eruzione fosse un segno divino del suo diritto a governare. Con la morte di Keōua, Kamehameha ottiene il dominio su Hawai‘i, aprendo la strada alla conquista delle altre isole hawaiane.
Tutte le morti principali nel finale di Chief of War
Keōua: come detto, viene ucciso nello scontro. Ka‘iana lo cercava in battaglia per vendicare la morte del fratello Nāhi, avvenuta nell’episodio precedente. Essendo l’antagonista principale della stagione, la sua fine non è una sorpresa.
Opunui: rappresentante di Maui, mandato a guidare le forze di Kahekili contro Kamehameha, si dimostra un uomo violento e spietato dopo l’uccisione di Nāhi. Nella battaglia finale attacca Heke, rischiando di ucciderla, ma viene colpito da Ka‘ahumanu e poi finito da Heke, che vendica così il suo amante.
Te Ao o Hinepehinga in “Chief of War,” now streaming on Apple TV+.
In che modo il finale prepara la stagione 2
Kahekili è stato l’antagonista centrale della serie fin dall’inizio, ed è il motivo per cui Ka‘iana era così determinato a tornare nelle isole hawaiane. Si sentiva ingannato dal re di Maui, che lo aveva spinto a commettere crimini di guerra in nome di una presunta profezia.
È quindi sorprendente che Kahekili non compaia nella battaglia finale, anche se alcuni suoi uomini vi partecipano. Nella scena conclusiva, scioccante e provocatoria, vediamo Kahekili ricevere notizia della sconfitta di Keōua e giurare di portare la sua potente flotta a conquistare Hawai‘i.
La serie non è ancora stata rinnovata per una seconda stagione, ma il finale suggerisce che altra violenza è all’orizzonte. L’alleanza tra Ka‘iana e Kamehameha, nata per contrastare Keōua, potrebbe incrinarsi con l’arrivo di Kahekili o con il ritorno dei marinai britannici.
I temi spirituali di Chief of War
Riflettendo sulla battaglia, Ka‘iana trafigge con una lancia uno dei sacerdoti di Keōua. Questo gesto si lega al tema ricorrente della serie: Ka‘iana ha sempre cercato la guida degli dèi, temendo di andare contro la loro volontà combattendo contro Keōua.
Come mostrano le visioni del veggente Tala, gli dèi sono in collera, ma non per l’esito della guerra tra Keōua e Kamehameha. Ciò che li turba è l’uso di strumenti stranieri e l’arrivo imminente dei coloni. Ka‘iana ha sconfitto Keōua, ma lo ha fatto abbandonando la tradizione.
Te Kohe Tuhaka, Jason Momoa and Siua Ikale‘o in “Chief of War,” premiering August 1, 2025 on Apple TV+
L’uso delle armi da fuoco appare come un patto faustiano: non importa chi unifichi le isole hawaiane, la vera minaccia è l’influenza esterna. Le stesse armi che hanno dato la vittoria a Ka‘iana e Kamehameha porteranno in futuro alla caduta di Hawai‘i come nazione indipendente e alla sofferenza della sua antica cultura.
L’accuratezza storica della stagione 1
Dal punto di vista storico, la serie è poco accurata. Chief of War utilizza figure realmente esistite, ma modifica la cronologia per esigenze narrative. La battaglia più vicina a quella rappresentata è la Battaglia di Mokuʻōhai del 1782. Tuttavia, Keōua morì solo nel 1791, e il suo esercito fu effettivamente distrutto dal vulcano Kīlauea nel 1790, ma non durante una battaglia.
In realtà, Keōua è un personaggio composito: fu Kīwalaʻō a ereditare l’isola dopo la morte di Kalaniʻōpuʻu, entrando in conflitto con Kamehameha per la divinità della guerra. La storia è stata dunque condensata e modificata in più punti, pur mantenendo una linea narrativa coerente.
Negli ultimi anni, l’idea di sopravvivere a una catastrofe globale è diventata sinonimo di privilegio estremo. I media riportano con sempre maggiore frequenza notizie sui super-ricchi che costruiscono bunker sotterranei per prepararsi a un evento di estinzione. Questa ossessione ha ispirato numerose opere di finzione, dalle serie televisive ai film, che immaginano miliardari isolati in rifugi mentre il mondo esterno crolla.
La premessa di Il rifugio atomico
La nuova serie spagnola di Netflix, Il rifugio atomico (El refugio atómico), creata dagli autori de La casa di carta, Álex Pina ed Esther Martínez Lobato, riprende questo filone narrativo ma lo ribalta. All’inizio, mentre le tensioni geopolitiche crescono, i clienti del progetto Kimera Underground Park si rifugiano in bunker a 300 metri di profondità, convinti di restarci solo temporaneamente. Ma quando sembra scoppiare una guerra nucleare, scopriamo subito il colpo di scena: l’apocalisse non è reale. È tutto un inganno orchestrato da Kimera, i cui scopi verranno svelati poco a poco.
Cortesia di Netflix
Una satira del potere e della ricchezza
La serie diventa così una metafora della vita artificiale dei super-ricchi, protetti da un guscio di finzioni. Pur contenendo elementi di critica sociale, lo show non rinuncia al ritmo serrato e alla drammaticità che hanno reso celebre La casa di carta: colpi di scena, tensioni familiari e passioni proibite si intrecciano con la truffa messa in scena da Kimera, guidata dalla manipolatrice Minerva.
La storia di Max
Uno dei protagonisti centrali è Max Varela, un giovane segnato da un passato tragico: uccide accidentalmente la fidanzata Ane in un incidente stradale e finisce in carcere, dove scopre la durezza della vita senza privilegi. Questa esperienza lo trasforma, rendendolo capace di affrontare la verità meglio dei ricchi che lo circondano. Dopo la scarcerazione, viene portato nel bunker dal padre Rafa, dove ritrova la famiglia di Ane e deve convivere con rancori, sospetti e segreti.
Realtà artificiali a confronto
La trama alterna momenti avvincenti a parti più lente e prolisse, con dialoghi che spiegano eccessivamente motivazioni e complotti. Oltre all’inganno di Kimera, assistiamo a una vera e propria soap opera familiare: vecchi tradimenti emergono, matrimoni infelici crollano, passioni represse vengono alla luce. Le bugie dei genitori di Max e di Ane, intrecciate da decenni, si sgretolano man mano che la vita sotterranea diventa insostenibile.
Cortesia di Netflix
Il meccanismo dell’inganno
I flashback mostrano come Minerva e il suo team abbiano architettato la finta apocalisse con messinscene spettacolari, degne di un blockbuster. Nonostante alcune incongruenze logiche, la serie sottolinea come i miliardari siano talmente abituati a vivere di illusioni da accettare senza dubbi le bugie di Kimera. Il parallelo con la scrittura televisiva stessa è evidente: anche i truffatori, come gli sceneggiatori, costruiscono storie per manipolare emozioni e comportamenti.
La rinascita di Max
Max, grazie alla sua esperienza in carcere, è più difficile da ingannare. Le rivelazioni sul passato della madre Frida, da anni amante del padre di Ane, e l’ammissione che lei non lo aveva mai visitato in prigione, lo spingono a confrontarsi con la falsità della sua famiglia. Parallelamente, Asia, sorella di Ane, scopre di essersi sempre mentita a sé stessa e di amare Max nonostante tutto. I due stringono un legame fondato sulla ricerca della verità.
Cortesia di Netflix
L’uscita verso la realtà
Nel finale, Max decide di affrontare il mondo esterno, convinto che ci sia più speranza fuori che dentro al bunker, anche se gli è stato fatto credere che la superficie sia contaminata. Dopo aver promesso ad Asia che tornerà per lei, emerge alla luce del sole, in una scena che simboleggia la sua rinascita e la scelta di vivere nella realtà, non nelle illusioni.
Gioco e riflessione
Il rifugio atomico mescola intrattenimento e critica sociale. Pur presentando eccessi narrativi e toni a volte ironici, come dimostra il finale con Oswaldo che canta “American Idiot” in una discoteca fittizia, la serie offre una riflessione profonda: per pensare di meritarsi un rifugio privato dalla fine del mondo, bisogna essere estremamente egoisti e capaci di autoinganno.
Il film di Mad Max che i fan chiedono a gran voce da anni è Mad Max: The Wasteland, un prequel ambientato un anno prima di Mad Max: Fury Road con Tom Hardy nel ruolo principale. Nel 2017, Miller avrebbe avviato la pre-produzione del progetto e avrebbe persino ottenuto l’impegno di Hardy, ma i lavori si sono interrotti quando il regista ha citato in giudizio la Warner Bros. per non avergli pagato un bonus garantito dal contratto.
Dopo il fallimento commerciale di Furiosa: A Mad Max Saga, la realizzazione del nuovo film è però divenuta particolarmente improbabile. Un recente rapporto di Deadline ha inoltre affermato che Furiosa, nonostante le ottime recensioni, ha fatto perdere alla Warner Bros. 120 milioni di dollari. Un insuccesso che comprensibilmente potrebbe portare alla cancellazione di tutti i piani futuri per la saga.
Inoltre, Miller ha recentemente dichiarato che il suo prossimo film non sarà un film di Mad Max. Ha poi citato il suo desiderio di realizzare The Wasteland, ma ha ammesso che il progetto è in pausa. Eppure, è ora arrivato un aggiornamento piuttosto interessante sul progetto. Il podcast Mad Max Bible, riporta che Mad Max: The Wasteland di Miller è attualmente in fase di rielaborazione per diventare una serie televisiva.
Shaun Grant sarebbe stato chiamato a scrivere la sceneggiatura. Ciò avrebbe perfettamente senso: la Warner Bros. sta cercando disperatamente di competere nella guerra dello streaming e HBO Max sta aumentando i progetti approvati indipendentemente dai costi. Al momento non ci sono conferme ufficiali né maggiori dettagli sul progetto. Non è inoltre scontato che, in caso di conferma della serie, Tom Hardyriprenda il ruolo di Mad Max. Già in passato aveva offerto una deludente risposta in merito.
Se così non fosse, Miller probabilmente dovrà considerare l’idea di attuare un recasting. D’altronde, è proprio quello che ha fatto in Furiosa, ingaggiandoAnya Taylor-Joy per interpretare il ruolo ricoperto da Charlize Theron in Mad Max: Fury Road. Ad ogni modo, al momento non resta che attendere di avere conferme ufficiali sul progetto, che qualora dovesse essere realizzato diventerebbe subito una delle serie più attese tra quelle previste per il futuro.
La stagione 2 diGen V (qui la recensione) ha introdotto il misterioso Progetto Odessa nei primi episodi della seconda stagione, spingendo gli spettatori a formulare diverse teorie sul suo possibile significato. Poiché il progetto sembra essere collegato alla trama principale della serie, questa nuova stagione impiegherà del tempo per rivelarne il vero significato e scopo.
Tuttavia, già nei primi momenti, la seconda stagione di Gen V ha fornito indizi sufficientemente sottili da lasciare spazio a speculazioni e teorie. Gli spettatori più attenti hanno anche notato che il Progetto Odessa era stato menzionato in precedenza nella quarta stagione di The Boys e nella prima stagione di Gen V, aprendo la strada a teorie ancora più avvincenti.
Alcuni spettatori credono addirittura che il progetto possa essere un riferimento a un’operazione reale avvenuta dopo la seconda guerra mondiale, il che lo rende ancora più interessante. Indipendentemente da ciò che sarà il Progetto Odessa, è divertente speculare sul suo significato e sul suo scopo prima che la seconda stagione di Gen V sveli la verità.
Il Progetto Odessa ha qualcosa a che fare con un piano di fuga nazista realmente esistito
ODESSA era infatti anche il nome di una presunta organizzazione nata dopo la Seconda Guerra Mondiale, che includeva ex membri delle SS. Si ritiene che lo scopo dell’organizzazione fosse quello di pianificare e facilitare le vie di fuga per gli ufficiali delle SS, in modo da garantire loro di evitare il processo dopo la Seconda Guerra Mondiale. Sebbene molti esperti neghino l’esistenza di un Progetto ODESSA ufficiale, Gen V potrebbe trarre ispirazione da questa operazione ipotetica.
Nei primi episodi della seconda stagione, Emma e Polarity trovano una stanza nascosta nella biblioteca Godolkin che contiene cimeli nazisti. Pochi istanti dopo, nella stessa stanza, Emma scopre un fascicolo sul Progetto Odessa, che suggerisce un collegamento con Marie. Il fatto che abbiano trovato il fascicolo in una “stanza nazista” suggerisce il collegamento del progetto con la vera ODESSA.
Odessa ha più a che fare con Annabeth e meno con Marie
Quando Marie cerca ulteriori indizi sul suo legame con il Progetto Odessa nella seconda stagione di Gen V, scopre che i suoi genitori avevano difficoltà a concepire. Tuttavia, dopo aver chiesto aiuto a Cipher e al suo trattamento di fecondazione in vitro, che all’epoca era conosciuto con il nome di Dr. Gold, sono riusciti a metterla al mondo.
Non solo scopre che Cipher era presente durante la sua nascita, ma viene anche a sapere che sua sorella minore, Annabeth, era considerata una bambina miracolosa perché i suoi genitori non avevano avuto bisogno della fecondazione in vitro prima del suo concepimento. Questo fa sorgere il sospetto che il trattamento di fecondazione in vitro di Cipher possa essere stato utilizzato per manipolare selettivamente i tratti genetici o persino per creare determinate abilità nei bambini.
Se Marie fosse stata il soggetto principale del Progetto Odessa, Cipher l’avrebbe cercata molto tempo fa e non avrebbe aspettato che scoprisse i suoi poteri e si iscrivesse alla Godolkin University. Il fatto che Annabeth sia stata portata via prima di poter vivere la sua vita come una normale supereroina suggerisce che potrebbe essere lei il soggetto principale del progetto.
Gen V Stagione 2 – Cortesia Prime Video
Lo scopo del progetto è trasformare i supereroi in divinità
La citazione sotto la statua di Thomas Godolkin alla Godolkin University recita: “Il percorso inizierà qui, dove i mortali diventeranno divinità”. Questa frase potrebbe essere un indizio sul vero scopo del Progetto Odessa, suggerendo che il suo obiettivo è trasformare i supereroi in esseri divini. Nonostante abbiano poteri soprannaturali, i supereroi hanno ancora dei difetti e possono essere uccisi dagli umani.
Anche Cipher continua a ricordare ai suoi studenti che gli esseri umani privi di poteri potrebbero facilmente sconfiggerli semplicemente superandoli in numero in uno scontro finale. Attraverso Odessa, Cipher potrebbe dunque voler rendere alcuni superpotenti selezionati così incredibilmente potenti e forti che gli esseri umani normali sarebbero costretti a incoronarli come divinità.
Il progetto Odessa mira a creare superumani più “stabili”
La violenta scena iniziale della seconda stagione di Gen V mostra come un gruppo di scienziati abbia utilizzato uno strano siero per acquisire abilità superumane. Tuttavia, il loro esperimento ha portato a conseguenze disastrose, causando la morte di tutte le persone coinvolte. Questa scena sembra sottolineare come il Composto V raramente funzioni sugli adulti. Cipher probabilmente spera che Marie sfrutti il vero potenziale delle sue abilità di manipolazione del sangue.
Ciò le permetterebbe di raggiungere un punto in cui possa aiutare a stabilizzare il Composto V in tutti gli individui. Una volta raggiunto questo obiettivo, Cipher sarebbe in grado di creare una razza umana superiore, dando accesso al Composto V al maggior numero possibile di esseri umani. L’idea di creare una razza superiore sarebbe anche in linea con il collegamento nazista di Cipher accennato in Gen V. Tuttavia, c’è anche la possibilità che Cipher non sia in realtà cattivo e che i suoi scopi siano invece positivi.
Mike Colter, protagonista di Luke Cage, ha accennato alla sua potenziale partecipazione al MCU in vista della seconda stagione di Daredevil: Rinascita. Quando i diritti delle serie Marvel’s Defenders sono passati da Netflix a Disney, si è subito riaccesa la speranza di vedere Daredevil, Jessica Jones, Luke Cage e Iron Fist riunirsi di nuovo, e magari diventare parte del più ampio Marvel Cinematic Universe.
Naturalmente, questo desiderio è diventato presto realtà, con il Matt Murdock di Charlie Cox, Wilson Fisk di Vincent D’Onofrio e Frank Castle di Jon Bernthal in testa al gruppo in varie apparizioni canoniche dell’MCU, culminate nella serie reboot Daredevil: Rinascita. È poi stato presto confermato che Jessica Jones, interpretata da Krysten Ritter, avrebbe unito nuovamente le forze con Daredevil nella seconda stagione, ma non si è ancora saputo nulla degli altri Defenders.
Ora, però, il 20 settembre all’Edmonton Expo, Mike Colter, interprete di Luke Cage, ha accennato timidamente che il suo personaggio a prova di proiettile potrebbe ancora apparire a sua volta nella seconda stagione o in un altro progetto ambientato nelle strade di New York. Alla domanda su quando Luke Cage potrebbe fare il suo grande ritorno nell’MCU, l’attore ha risposto:
“Non so perché la gente continui a chiedermelo. Non ci sono segnali. Non è che abbiano appena ripreso una delle serie Marvel Netflix”. Ovviamente questa non è una conferma, ma dato il ritorno di Jessica Jones interpretata da Ritter, non è così assurdo credere che anche Luke interpretato da Mike Colter e persino Danny Rand/Iron Fist interpretato da Finn Jones potrebbero presto tornare a combattere.
Cosa significa questo per Luke Cage, Daredevil: Rinascita e l’MCU
Recentemente è stato rivelato che Marvel Studios e Disney+ stanno cambiando la loro strategia per le serie Marvel in streaming. Piuttosto che introdurre nuovi personaggi in miniserie autonome o creare serie che abbiano un effetto importante sulla trama cinematografica, come WandaVision o Loki, Marvel vuole produrre serie con un potenziale pluriennale che possano essere rilasciate ogni anno.
Daredevil: Rinascita ha dato il via a questa nuova era della Marvel Television e potrebbe rivelarsi un solido punto di partenza per altre storie di supereroi di strada su Disney+. Riportare tutti i Defenders, e non solo Jessica Jones, sarebbe un vero colpo grosso per la piattaforma di streaming. All’inizio di quest’anno, sono dunque iniziate a circolare voci sul coinvolgimento di Colter e Finn Jones nella seconda stagione in arrivo nel 2026, poiché entrambi gli attori hanno pubblicato sui social media di trovarsi a New York mentre la seconda stagione era già in produzione.
All’epoca, Colter ha persino commentato il post di Jones su Instagram, scrivendo semplicemente: “Amica mia”. Naturalmente, potrebbe trattarsi solo di una battuta amichevole, ma data la relazione semi-intima tra i loro personaggi nelle precedenti serie dei Defenders, potrebbe anche essere un indizio di qualcosa di più. Dopotutto, prima che Cox, D’Onofrio, Bernthal e Ritter confermassero di riprendere i loro ruoli, anche loro avevano alimentato le voci sul loro ritorno.
Il personaggio di Sadie Sink in Spider-Man: Brand New Day rimane uno dei temi più discussi del film, soprattutto perché non si è ancora riusciti a scoprire chi interpreterà la star di Stranger Things. Inizialmente era stato fatto il nome di Jean Grey, seguito nei mesi successivi da quelli di Mary Jane Watson, Gwen Stacy, Mayday Parker e Rachel Cole-Alves. Ad oggi, però, non ci sono conferme su chi l’attrice interpreterà, se sarà un’umana o un supereroe.
L’ultimo aggiornamento ci arriva però ora dallo scoop di @MyTimeToShineH. Secondo l’insider, il personaggio di Sink avranno dei superpoteri nella prossima coproduzione Marvel Studios/Sony Pictures. Questo non aiuta necessariamente a restringere il campo su chi interpreterà l’attrice, ma dato che Spider-Man: Brand New Day porterà direttamente ad Avengers: Doomsday, è molto probabile che lei possa essere la figlia del Peter Parker interpretato da Tobey Maguire.
Jean Grey è un’altra possibilità, soprattutto perché potrebbe trattarsi di una versione del personaggio che deve ancora unirsi agli X-Men (il cui film è attualmente in lavorazione). Jean sarebbe però un’aggiunta strana a questo film, non avendo molta storia con Spider-Man nei fumetti. Con il film in uscita a luglio 2026, è possibile che per fine anno si possano avere delle prime conferme ufficiali, che svelino così il ruolo dell’attrice.
Ad oggi, una sinossi generica di Spider-Man: Brand New Day è emersa all’inizio di quest’anno, anche se non è chiaro quanto sia accurata.
Dopo gli eventi di Doomsday, Peter Parker è determinato a condurre una vita normale e a concentrarsi sul college, allontanandosi dalle sue responsabilità di Spider-Man. Tuttavia, la pace è di breve durata quando emerge una nuova minaccia mortale, che mette in pericolo i suoi amici e costringe Peter a riconsiderare la sua promessa. Con la posta in gioco più alta che mai, Peter torna a malincuore alla sua identità di Spider-Man e si ritrova a dover collaborare con un improbabile alleato per proteggere coloro che ama.
L’improbabile alleato potrebbe dunque essere il The Punisher di Jon Bernthal – recentemente annunciato come parte del film – in una situazione già vista in precedenti film Marvel dove gli eroi si vedono inizialmente come antagonisti l’uno dell’altro salvo poi allearsi contro la vera minaccia di turno.
Di certo c’è che il film condivide il titolo con un’epoca narrativa controversa, che ha visto la Marvel Comics dare all’arrampicamuri un nuovo inizio, ponendo però fine al suo matrimonio con Mary Jane Watson e rendendo di nuovo segreta la sua identità. In quel periodo ha dovuto affrontare molti nuovi sinistri nemici ed era circondato da un cast di supporto rinnovato, tra cui un resuscitato Harry Osborn.
Il film è stato recentemente posticipato di una settimana dal 24 luglio 2026 al 31 luglio 2026. Destin Daniel Cretton, regista di Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli, dirigerà il film da una sceneggiatura di Chris McKenna ed Erik Sommers. Tom Holland guida un cast che include anche Zendaya, Jacob Batalon,Mark Ruffalo, Sadie Sink e Liza Colón-Zayas e Jon Bernthal. Michael Mando è stato confermato mentre per ora è solo un rumors il coinvolgimento di Charlie Cox.
Spider-Man: Brand New Day uscirà nelle sale il 31 luglio 2026.
Il film di Mike Flanagan del 2025, The Life of Chuck, è un adattamento dell’omonimo romanzo breve di Stephen King del 2020, pubblicato nella raccolta If It Bleeds insieme a “If It Bleeds”, “Rat” e “Mr. Harrigan’s Phone”, quest’ultimo anch’esso adattato in un film. Il film di Flanagan vede Tom Hiddleston nei panni di Chuck Krantz, un normale contabile la cui vita e morte hanno un’enorme influenza sul mondo che lo circonda. Il cast stellare include anche Chiwetel Ejiofor, Karen Gillan, Mia Sara, Carl Lumbly, Nick Offerman, Matthew Lillard, Jacob Tremblay e Mark Hamill.
Il regista ha già una lunga esperienza negli adattamenti di opere letterarie, pur avendosi preso grandi libertà per le sue serie NetflixThe Haunting of Hill House e The Haunting of Bly Manor (rispettivamente adattate dal romanzo omonimo di Shirley Jackson del 1959 e dal romanzo breve di Henry James del 1898 The Turn of the Screw). Tuttavia, Flanagan ha già realizzato due film dai libri di Stephen King, adottando approcci diversi: Gerald’s Game del 2017 era molto fedele, mentre il sequel di Shining del 2019, Doctor Sleep, mescolava un adattamento piuttosto fedele con elementi dell’adattamento di Shining di Stanley Kubrick del 1980 che non erano presenti nel romanzo.
The Life of Chuck è un adattamento estremamente fedele
Molti elementi del romanzo breve prendono vita.
Il film di Mike Flanagan del 2025 si è rivelato un adattamento molto fedele del romanzo breve. La durata di 110 minuti offre ampio spazio per adattare la storia in dettaglio, poiché nella sua pubblicazione originale contava solo circa 60 pagine. Pertanto, i momenti salienti sono tutti presenti nel film, compresi i tre atti presentati in ordine cronologico inverso, i dettagli dell’imminente collasso universale nell’atto 3, il modo esatto in cui si svolge la fatidica danza di Chuck nell’atto 2 e la maggior parte degli scorci dell’infanzia di Chuck nell’atto 1.
Sia l’atto 1 che l’atto 2 si svolgono quando Chuck ha circa 40 anni.
Inoltre, ci sono intere conversazioni e battute riprese più o meno parola per parola dal materiale originale. Ciò include la maggior parte della telefonata tra Marty (Chiwetel Ejiofor) e Felicia (Karen Gillan) nel terzo atto, gran parte della narrazione di Nick Offerman e molta della filosofia che la signorina Richards (Kate Siegel) condivide con il giovane Chuck (Benjamin Pajak) quando lui le chiede della frase di Walt Whitman “I contain multitudes” nel primo atto.
Il film The Life of Chuck aggiunge un elemento inquietante nel terzo atto
L’ospedale di Felicia è un luogo più importante.
Sebbene The Life of Chuck (la nostra recensione) sia fedele all’originale, sono state apportate alcune piccole modifiche che migliorano o alterano leggermente l’esplorazione dei temi. Il cambiamento più grande nel terzo atto è un momento aggiunto nell’ospedale dove lavora Felicia, in cui tutti i monitor cardiaci dei letti vuoti iniziano a emettere un segnale acustico contemporaneamente, alla stessa frequenza. Questa scena inquietante suggerisce ciò che alla fine verrà rivelato, ovvero che il destino dell’universo nel terzo atto è indissolubilmente legato alla forza vitale di Chuck Krantz mentre esala i suoi ultimi respiri.
Oltre ad aggiungere più atmosfera agli eventi apocalittici dell’atto 3 e a fornire un ulteriore indizio sul mistero centrale, uno dei motivi principali per cui questa scena esiste è che il film pone un’enfasi aggiuntiva sulla prospettiva di Felicia. Nel romanzo breve, il terzo atto è raccontato in gran parte dal punto di vista del suo ex marito Marty, quindi la sua esperienza è mantenuta a distanza. Questo cambiamento rispetto al materiale originale permette al film di essere più espansivo, includendo l’aggiunta di un personaggio al cast, ovvero il collega di Felicia, Bri (Rahul Kohli, che ha già lavorato con Flanagan diverse volte in passato).
Un’altra importante aggiunta del film è quella di dare a diversi personaggi dei monologhi che non hanno nel romanzo. Anche se queste aggiunte non hanno alcun impatto sul finale, ampliano l’universo che circonda Chuck, spiegando più cose sulle persone della sua vita rispetto al materiale originale. Tra questi vi sono il monologo di suo nonno Albie (Mark Hamill) sulla matematica, che spiega perché Chuck alla fine intraprende la carriera di contabile, e il monologo dell’avvocato immobiliare (Carl Lumbly) sul tempo, che aggiunge profondità alla scomparsa di Albie.
Questa decisione è in linea con le scelte creative che Mike Flanagan ha fatto in molteplici lavori in passato. La sua storica serie Netflix The Haunting of Hill House conteneva un monologo memorabile e potente, e ha trovato molti modi diversi per consentire agli attori di offrire interpretazioni altrettanto emozionanti nei suoi progetti successivi. Ad esempio, i monologhi sono diventati un elemento importante della sua serie horror originale Midnight Mass, che ha seguito Hill House su Netflix di tre anni. Sono diventati una sorta di marchio di fabbrica per Flanagan, consentendogli di lasciare il suo segno su The Life of Chuck senza cambiare troppo.
Albie ottiene un ruolo più importante nel film The Life of Chuck
Mark Hamill ottiene momenti significativi da interpretare.
Una serie di piccoli ma sostanziali cambiamenti sono stati apportati anche al personaggio di Albie. Oltre ad aggiungere il suo monologo sulla matematica e un momento in cui spinge Chuck per proteggerlo ma finisce per ferirlo e pentirsene, il film aggiunge una scena in cui assiste accidentalmente al fantasma della sua futura morte, che gli dà un senso di chiarezza sulla sua imminente scomparsa. Questo ruolo ampliato potrebbe essere il risultato dell’interpretazione da parte della grande star Mark Hamill, ma aggiunge comunque profondità al rapporto di Chuck con suo nonno.
Un elemento importante della storia del libro di Chuck è stato rimosso
Il significato di “sorellina” è stato cambiato.
L’elemento più importante della storia di Chuck che non è presente nel film è il fatto che ballava con la sorella minore di uno dei suoi compagni di band al liceo, motivo per cui chiama Janice (Annalise Basso) “sorellina” mentre la invita a ballare nel secondo atto. Nel film continua a chiamarla così, ma la spiegazione è stata modificata: ora imita sua nonna (Mia Sara) che, quando gli chiedeva di ballare, lo chiamava “fratellino”. Questo rende il momento più un passaggio di testimone che un ritorno alla sua giovinezza.
Quale versione di The Life of Chuck è migliore?
In definitiva sono molto simili.
Poiché sia il romanzo breve che il film raccontano la stessa storia nello stesso ordine, entrambi hanno lo stesso valore per il pubblico. Tuttavia, se uno dei due può essere considerato migliore dell’altro, probabilmente è il film. Il film crea più collegamenti tra le storie, sottolineando ulteriormente i temi relativi all’effetto a catena che ha la vita di una persona comune. Ad esempio, ci sono ripetute apparizioni del musical Cover Girl, assenti nel romanzo, che mantengono vivo il motivo dell’amore di Chuck per la danza in tutto il film di Stephen King. Il musical Cover Girl del 1944 vedeva come protagonisti Rita Hayworth e Gene Kelly.
Inoltre, la versione cinematografica di The Life of Chuck mette in primo piano i personaggi femminili in un modo che il romanzo originale non fa. Oltre a dare spazio alla prospettiva di Felicia nel terzo atto, questo include la presenza della moglie di Chuck (Q’orianka Kilcher) nella scena del terzo atto al suo capezzale invece che di suo cognato, il rafforzamento del personaggio dell’insegnante di danza Miss Rohrbacher (Samantha Sloyan) nel primo atto e la trasformazione del batterista di strada (Taylor Gordon) da maschio a femmina nel secondo atto. Questo permette al mondo che circonda Chuck di avere ancora più consistenza rispetto a quanto non avesse sulla pagina.
La sceneggiatura di Matt Reeves e Mattson Tomlin per The Batman – Parte II è finalmente completata e il tanto atteso sequel è ora pronto per iniziare le riprese il prossimo aprile. È passato molto tempo e i fan sono comprensibilmente ansiosi di avere notizie. Oltre al ritorno dei membri chiave del cast Robert Pattinson, Andy Serkis, Jeffrey Wright e Colin Farrell, non si sa quasi nulla di ciò che ci aspetta nel sequel di The Batman.
Tuttavia, sembra che gli aggiornamenti siano imminenti, stando a un post pubblicato da Reeves in occasione del “Batman Day”. Condividendo un frammento familiare della colonna sonora del primo film dedicata al Cavaliere Oscuro, Reeves ha scritto in un post: “Sono davvero onorato di prepararmi a girare il prossimo capitolo della nostra storia. Questo personaggio significa molto per me. Che privilegio! Non vedo l’ora di condividere con tutti voi tante cose emozionanti sul film nelle settimane e nei mesi a venire…”.
Immaginiamo che il regista si riferisca a una serie di notizie sul casting. Tuttavia, speriamo che Reeves decida anche di annunciare ufficialmente quale cattivo ha scelto dai fumetti per sfidare il più grande detective del mondo, specialmente considerando che ha di recente affermato che si tratterà di un villain mai visto prima sul grande schermo.
Tutto quello che sappiamo su The Batman – Parte II
The Batman – Parte II è uno dei film più attesi del nuovo panorama DC, ma il suo percorso produttivo non è stato privo di ostacoli. Inizialmente previsto per ottobre 2025, il sequel diretto da Matt Reeves è stato rinviato al 1° ottobre 2027. I ritardi sono stati giustificati da esigenze legate alla scrittura della sceneggiatura e al calendario riorganizzato della DC sotto la nuova guida di James Gunn e Peter Safran, che stanno ristrutturando l’intero universo narrativo. Nonostante ciò, Reeves ha confermato che le riprese inizieranno nella primavera 2026 e Gunn ha recentemente letto la sceneggiatura, definendola “grandiosa”, un segnale incoraggiante per i fan.
Sul fronte del cast, è confermato il ritorno di Robert Pattinson nei panni di Bruce Wayne/Batman, all’interno dell’universo narrativo alternativo noto come “Elseworlds”, separato dal DCU principale. Dovrebbero tornare anche Jeffrey Wright come il commissario Gordon e Andy Serkis nel ruolo di Alfred. I rumor più insistenti ruotano attorno alla possibile introduzione di Hush e Clayface(che avrà inoltre un film tutto suo) come villain principali, anche se nulla è stato ancora ufficializzato. C’è chi ipotizza un ampliamento del focus sulla corruzione sistemica di Gotham, riprendendo i toni noir e investigativi del primo capitolo, con Batman sempre più immerso in un mondo in cui la linea tra giustizia e vendetta si fa sottile.
Per quanto riguarda la trama, le indiscrezioni suggeriscono un’evoluzione psicologica per Bruce Wayne, alle prese con le conseguenze delle sue azioni e un Gotham sempre più caotica, anche dopo gli eventi della serie spin-off The Penguin con Colin Farrell (anche lui probabile membro del cast). Alcune fonti parlano di un possibile scontro morale con Harvey Dent, figura ambigua per eccellenza, o di un Batman costretto a confrontarsi con i limiti del suo metodo. Al momento, tutto è però ancora avvolto nel riserbo, ma la conferma della sceneggiatura completa e approvata lascia ben sperare per l’inizio delle riprese entro l’autunno e per un sequel che promette di essere ancora più cupo, ambizioso e introspettivo.
Reeves spera naturalmente che il suo prossimo film su Batman abbia lo stesso successo del primo. The Batman del 2022 ha avuto un’ottima performance al botteghino, incassando oltre 772 milioni di dollari in tutto il mondo e ottenendo un ampio consenso da parte della critica. Queste recensioni entusiastiche sono state portate avanti nella stagione dei premi, visto che il film ha ottenuto quattro nomination agli Oscar. Nel frattempo, Reeves ha espanso la serie DC Elseworld con la già citata serie spin-off di Batman, The Penguin, disponibile su Sky e NOW, per l’Italia.
Il musical ricorrente in The Life of Chuck del 2025 è un film reale e ha un significato importante nella trama generale. Mike Flanagan ha diretto The Life of Chuck (la nostra recensione), basato sull’omonimo romanzo breve di Stephen King del 2020. La storia è composta da tre atti, raccontati in ordine cronologico inverso. Il terzo atto riguarda un evento apocalittico segnato da cartelloni pubblicitari che ringraziano il normale contabile Chuck Krantz (Tom Hiddleston) per i suoi 39 anni fantastici; il secondo atto segue Chuck che balla spontaneamente per strada; il primo atto racconta invece il giovane Chuck (Cody Flanagan, Benjamin Pajak e Jacob Tremblay) attraverso i suoi primi incontri con la morte.
Ci sono molti elementi che collegano i tre atti di The Life of Chuck, sottolineando come le persone e le passioni che influenzano il protagonista, un normale contabile, siano parte integrante del tessuto della sua vita. Tra questi elementi ci sono membri ricorrenti del cast che interpretano personaggi diversi, recitazioni multiple di estratti della poesia di Walt Whitman “Song of Myself” e una serie di riferimenti al lavoro dell’astronomo Carl Sagan. Un altro elemento, citato più indirettamente ma presente più volte nei tre atti del film, è una serie di clip tratte da un unico musical classico.
I personaggi di The Life of Chuck guardano Cover Girl
Il musical cinematografico debuttò nel 1944
Il film musicale che continua ad apparire in The Life of Chuck del 2025 è Cover Girl del 1944, un grande successo hollywoodiano durante la Seconda guerra mondiale, diretto da Charles Vidor con musiche di Jerome Kern e Ira Gershwin. Il film segue Rusty Parker (Rita Hayworth), ballerina in un nightclub di Brooklyn di proprietà del suo fidanzato Danny McGuire (Gene Kelly). Quando vince un concorso per la copertina di una rivista, la sua carriera inizia a decollare, mettendo però a dura prova la loro relazione.
[Cover Girl] era uno dei musical che Chuck guardava con sua nonna Sarah…
Il film non è menzionato nel libro originale The Life of Chuck, ma nell’atto 1 del film viene rivelato che era uno dei musical che Chuck guardava con la nonna Sarah (Mia Sara), che condivideva con lui l’amore per la danza. Sebbene abbiano visto anche molti altri film iconici, tra cui Cabaret e All That Jazz, Cover Girl è l’unico film di cui vengono mostrati frammenti durante la pellicola, il che suggerisce che abbia avuto un impatto particolare su Chuck durante l’adolescenza.
Perché Cover Girl continua ad apparire in The Life of Chuck
La danza gioca un ruolo importante nella vita di Chuck
Sebbene la trama di Cover Girl non influenzi direttamente ciò che accade in The Life of Chuck, il tono del film sì. L’opera del 1944 è un musical particolarmente spettacolare, con Gene Kelly che supera i limiti con una serie di sequenze di danza esilaranti, tra cui una in cui balla con la sua immagine riflessa in uno specchio. È comprensibile che il turbinio di colori e movimenti del film abbia catturato l’immaginazione di un bambino che stava appena imparando ad amare l’arte della danza.
Un altro numero musicale ambizioso in Cover Girl vede i personaggi esibirsi mentre camminano lungo una strada, ripresi in un’unica sequenza ininterrotta.
Il legame del film con quel periodo della sua vita spiega perché sia questo, sia la scena in cui la nonna gli insegna a ballare, siano ricordi a cui Chuck torna quando inizia a ballare al ritmo dei tamburi di un musicista di strada (Taylor Gordon), sorprendendo persino se stesso. Questo amore per la danza lo ha ispirato a lanciarsi in un ballo durante una giornata altrimenti ordinaria molti anni dopo, cambiando la vita di molte persone intorno a lui.
Cover Girl in onda sulla televisione di Marty (Chiwetel Ejiofor), proprio prima che si interrompa durante il terzo atto, mostra anche come il film continui a risvegliare ricordi nella mente di Chuck mentre è sul letto di morte, collegandosi direttamente all’evento apocalittico descritto in quella parte della storia.
La vita di Chuck è legata a un adattamento classico
Cover Girl che appare in The Life of Chuck fornisce anche un sottile riferimento a un altro iconico film tratto da Stephen King. Sia Le ali della libertà del 1994, sia il romanzo breve originale del 1982, presentano il personaggio imprigionato Andy Dufresne (Tim Robbins) che usa un poster della star di Cover Girl Rita Hayworth per coprire il tunnel di fuga che sta scavando. Sia The Life of Chuck che Le ali della libertà sono rari adattamenti non horror delle opere di King: questo riferimento permette a Flanagan di fare un sottile cenno a un importante predecessore.
Florence Pugh ha parlato a favore della Palestina durante un evento di raccolta fondi a Londra la scorsa settimana, invitando la folla a fare “pressione sui governi” per il conflitto in corso a Gaza.
La star di Midsommar – Il villaggio dei dannati e Thunderbolts* è stata ospite di “Together for Palestine” all’OVO Arena di Wembley, dove è stata presentata dal collega attore Riz Ahmed e ha pronunciato un discorso breve ma efficace.
“Sarò breve e semplice. È stato davvero speciale far parte di questa serata, esserne testimone. Grazie per essere venuti”, ha esordito Pugh. “Una piccola nota: il silenzio di fronte a tanta sofferenza non è neutralità. È complicità”. Ha continuato: “L’empatia non dovrebbe essere così difficile e non avrebbe mai dovuto esserlo. Vi dico solo questo. Godetevi il resto della serata, fate pressione sui governi e complimenti per essere qui”.
La nutrita schiera di “Insieme per la Palestina” includeva anche Gorillaz, King Krule, Brian Eno, PinkPantheress, Cat Burns, Bastille, James Blake, Sampha e altri. Durante il suo discorso, PinkPantheress ha fatto eco al sentimento di Pugh, dicendo: “Abbiamo la responsabilità di usare le nostre piattaforme. Neutralità o silenzio non dovrebbero essere un’opzione. Date voce alla Palestina. E quando la vostra voce diventa rauca, esponete le vostre bandiere, indossate la vostra kefiah. Mostrate loro che siamo qui”.
Pugh si è già espressa sulla guerra a Gaza in passato, firmando una petizione indirizzata al Primo Ministro britannico Keir Starmer chiedendogli di porre fine alla “complicità del Paese negli orrori di Gaza”.
“La storia si scrive nei momenti di chiarezza morale. Questo è uno di questi”, continuava la lettera. “Il mondo sta guardando e la storia non dimenticherà. I bambini di Gaza non possono aspettare un altro minuto. Primo Ministro, cosa sceglierà? La complicità nei crimini di guerra o il coraggio di agire?”
Ora che le riprese sono state completate, sono dunque state rivelate altre immagini della produzione. Ai membri della troupe che hanno lavorato al film sono stati dati dei gadget esclusivi, uno dei quali offre ai fan la migliore anteprima possibile dei personaggi che tornano sullo schermo.
In un post ora cancellato (ma lo si può vedere qui), l’utente Instagram @giponci, che sembra aver lavorato come truccatore in Avengers: Doomsday, ha quindi condiviso un’immagine con le icone di 28 personaggi Marvel presenti nel film. Tra questi: Dottor Destino, Mister Fantastic, Soldato d’Inverno, Yelena Belova, Magneto, Bestia, Ghost, Thor, Donna Invisibile, Black Panther, Red Guardian, Professor X, Ciclope, Falcon, Captain America, La cosa, Shang-Chi, M’Baku, Gambit, Nightcrawler, Sentry, Ant-Man, Torica Umana, Loki, Namor, Mystica, US Agent e Franklin Richards.
Un’altra immagine condivisa dall’utente @EmberOnMain (la si può vedere qui) mostrava anche alcune immagini che sarebbero state scattate sul set del film. Queste immagini mostravano l’aspetto reale di Ciclope interpretato da James Marsden, Dottor Destino interpretato da Robert Downey Jr., Black Panther interpretato da Letitia Wright e Magneto interpretato da Ian McKellen.
Mentre non si vede chiaramente il costume di Ciclope, quello di Magneto è in bella mostra, con una combinazione di colori rosso e viola fedele al fumetto. Le foto sembrano essere state scattate durante l’applicazione del trucco o i ritocchi, ma ci sono due immagini di personaggi completamente vestiti con i loro costumi, ovvero Black Panther e Magneto.
Dopo che la sua uscita è stata rinviata più volte, la produzione di Spider-Man: Beyond the Spider-Verse è ora ben avviata, secondo quanto riferito da uno dei suoi protagonisti. L’attesissimo sequel riprenderà dal finale sospeso di Across the Spider-Verse, che ha visto Miles Morales/Spider-Man (Shameik Moore) catturato e bloccato in un universo alternativo. Nel frattempo, Spider-Man 2099 (Oscar Isaac) e la Spider-Society sono ancora sulle sue tracce.
Beyond the Spider-Verse era originariamente previsto per il 29 marzo 2024, prima di essere rinviato al 4 giugno 2027 e successivamente al 25 giugno 2027. Inoltre, alcuni membri del cast, come Hailee Steinfeld (Gwen Stacy/Spider-Woman), hanno già rivelato che gli attori stanno registrando le loro battute.
Ora, un altro attore ha fornito un’idea più concreta di come sta procedendo il film. Parlando con Liam Crowley di Screen Rant per promuovere Tron: Ares, Greta Lee, che doppia Lyla, l’assistente AI di Spider-Man 2099, ha parlato del processo di registrazione: “Adoro far parte di questo progetto e lavorare con i ragazzi… È un mix meraviglioso di tutte le cose che amo. È comico, il mondo è così ricco e la sceneggiatura è ottima. È davvero divertente registrare”.
Parlando di come è stata l’esperienza di lavorare al terzo film, l’attrice ha svelato che: “Abbiamo fatto gran parte del lavoro insieme. Il prossimo lo abbiamo raggruppato con l’ultimo”. Considerando i commenti di Lee, sembra che Spider-Man: Beyond the Spider-Verse possa essere più avanti nella produzione di quanto si pensasse in precedenza. Considerando che Across the Spider-Verse e Beyond the Spider-Verse sono stati inizialmente sviluppati come un unico film, non sorprende che Lee abbia già registrato le sue parti per entrambi i film.
Lyla è un personaggio secondario nei film Spider-Verse e il suo ruolo è tale che potrebbe essere meno influenzata dalle riscritture rispetto, ad esempio, a Moore o Steinfeld. Detto questo, è molto probabile che alcuni membri del cast abbiano registrato per entrambi i film contemporaneamente, alcuni siano stati divisi e altri abbiano registrato in un secondo momento. Con la data d’uscita che rimane fissata al 25 giugno 2027, non resta dunque che attendere maggiori informazioni in merito.
Di cosa parlerà Spider-Man: Beyond the Spider-Verse?
Il film affronterà le conseguenze del finale cliffhanger di Spider-Man: Across the Spider-Verse, con Miles Morales (Shameik Moore) bloccato in un universo alternativo con una versione più cattiva di se stesso. “Ecco cosa posso promettere, e l’ho detto a proposito del secondo quando eravamo nel mezzo: Phil Lord, Chris Miller, tutti, i produttori di questo film, i registi che porteranno… Quello che hanno fatto nel primo è che tutti i registi sono diventati produttori esecutivi. Quindi continuano ad aggiungersi. Quello che posso promettere è che non si fermeranno finché non sarà eccellente”, ha confermato a ComicBook.com l’attore di Peter B. Parker, Jake Johnson.
“E se questo significa che ci vuole un po’ più di tempo, se questo significa che è ancora più grande, se questo significa che è più lungo – non giocano secondo le regole di nessuno. Lavorano molto duramente. Come attori, siamo sempre scioccati quando ci chiamano per registrare l’ultimo film. Credo che sia stato un mese prima della proiezione, quando non riuscivamo a credere che stessimo ancora registrando. Quindi non hanno intenzione di mollare fino a quando non sarà grandioso e non ho altro che fiducia in loro. Ma per quanto riguarda la possibilità di svelare qualcosa [sulla storia], non posso farlo”.
Spider-Man: Beyond the Spider-Verse arriverà al cinema il 25 giugno 2027.
Negli ultimi 15 anni, Rick Grimes è stato il sopravvissuto più importante nell’universo televisivo di The Walking Dead, ma il membro della sua famiglia che era stato dimenticato non era mai stato menzionato fino all’arrivo diDaryl Dixon. Presentato nel primissimo episodio, l’influenza di Rick si è fatta sentire immediatamente, con il suo personaggio accattivante che è cresciuto e si è sviluppato nel corso delle stagioni successive.
Da padre amorevole felice di ricongiungersi con la sua famiglia a leader vendicativo disposto a tutto pur di proteggere il suo gruppo, Rick ha subito un cambiamento significativo nel corso della serie, affermandosi come un’icona televisiva. Purtroppo, Andrew Lincoln ha lasciato The Walking Dead nella stagione 9, ma alla fine ha ripreso il suo ruolo nel finale della serie prima di tornare definitivamente in The Ones Who Live.
Qui, Lincoln ha offerto alcune delle sue migliori interpretazioni in TWD nei panni di Rick Grimes, e sembrava che avessimo imparato quasi tutto quello che c’era da sapere sul personaggio. Tuttavia, Daryl Dixon nella terza stagione ha appena fatto riferimento a suo fratello della serie a fumetti, confermando che Jeffrey esiste nell’universo televisivo, nonostante il protagonista non lo abbia mai menzionato durante il suo viaggio in Walking Dead.
Carol menziona indirettamente Jeffrey Grimes durante la terza stagione di Daryl Dixon, episodio 3
Mentre i fedeli fan dei fumetti potrebbero aver perso la speranza che l’adattamento televisivo di The Walking Dead menzionasse mai Jeffrey Grimes, la terza stagione di Daryl Dixon ha finalmente riconosciuto la sua esistenza. Sorprendentemente, però, non è stato Rick a menzionare suo fratello; invece, Carol ha indirettamente tirato in ballo il membro dimenticato della famiglia Grimes durante una conversazione con Antonio in “El Sacrificio”.
Con la ferita alla spalla di Carol, riportata nella premiere, non ancora completamente guarita, Antonio si offre di cambiarle la fasciatura poiché sta sanguinando di nuovo, e questo porta i due a chiacchierare e a conoscersi meglio. Essendo spagnolo, Antonio alla fine menziona Barcellona, e Carol risponde: “Barcellona? Ho un amico il cui fratello viveva lì, prima”.
Dato che Jeffrey era in Spagna durante l’apocalisse nella sua unica apparizione nel fumetto, sembra certo che Carol si riferisse a lui. Anche se non abbiamo mai sentito Rick menzionarlo, è chiaro che a un certo punto deve aver parlato al gruppo di suo fratello, motivo per cui Carol ha detto di conoscere qualcuno in Spagna.
Inoltre, non ha molto senso che altri sopravvissuti abbiano familiari a Barcellona, dato che la serie non ha mai indicato che qualcun altro abbia legami con la città europea. Pertanto, il riferimento a Jeffrey Grimes nella stagione 3 di Daryl Dixon rappresenta una ricompensa tanto attesa per i fan che hanno atteso con impazienza l’introduzione del personaggio per quasi un decennio.
Jeffrey Grimes è ancora vivo nell’universo televisivo di The Walking Dead?
Purtroppo, Jeffrey subisce una tragica fine nel materiale originale, poiché viene morso da un vagante mentre è in viaggio verso gli Stati Uniti, ma non è chiaro se il suo omologo televisivo condivida lo stesso destino. Sebbene abbiamo avuto il nostro primo accenno al personaggio, c’è ben poco che indichi se sia vivo o morto, a parte la singola battuta di Carol.
Il suo tono è relativamente cupo e il fatto che abbia usato il verbo “viveva” invece di “vive” potrebbe suggerire che Jeffrey sia già morto nell’universo televisivo. Detto questo, se si trovava in Spagna quando è scoppiata l’epidemia, è difficile immaginare che la notizia della sua morte sia arrivata negli Stati Uniti, il che significa che Rick probabilmente non sa cosa sia successo a suo fratello.
Ciò significa che il destino di Jeffrey è ancora completamente incerto e, a meno che non venga introdotto in qualche modo, sia come personaggio vivente che attraverso un flashback, probabilmente rimarrà tale. Tuttavia, ora che The Walking Dead ha ufficialmente smesso di ignorare il fratello di Rick, c’è una piccola possibilità che compaia in futuro.
Il momento potrebbe sembrare strano, dato che non è chiaro se Andrew Lincoln tornerà mai più nei panni di Rick, ma con Daryl Dixon che menziona Jeffrey per la prima volta nei 15 anni di storia dell’universo televisivo, i fan possono essere ottimisti sul fatto che sia ancora vivo da qualche parte, e potremmo persino vederlo a un certo punto durante lo spin-off di Daryl.
Vedremo mai Jeffrey Grimes apparire sullo schermo?
Ora che Jeffrey fa ufficialmente parte del canone della serie TV The Walking Dead, la vera domanda è se lo vedremo apparire sullo schermo o meno. L’idea che il fratello di Rick interagisca con alcuni dei sopravvissuti più iconici della serie è sicuramente allettante, ed è difficile non entusiasmarsi all’idea, ma non è del tutto realistica.
Il suo ruolo nei fumetti era minuscolo, con il personaggio che appariva in un numero unico intitolato The Walking Dead: The Alien. Sebbene sia canonico per l’universo dei fumetti, The Alien non è affatto fondamentale per la storia complessiva, il che suggerisce che nemmeno Jeffrey lo sia, nonostante sia imparentato con il protagonista principale.
Inoltre, anche se sarebbe bello vedere Rick Grimes ricongiungersi con Jeffrey, i suoi incontri con Daryl, Negan, Morgan e molti altri personaggi sembrano molto più importanti. Di conseguenza, inserire Jeffrey nella narrazione ora e trasformarlo in un sopravvissuto chiave non solo sembra troppo tardi, ma non è nemmeno la storia di cui Rick ha bisogno se dovesse tornare.
Tuttavia, nonostante sembri improbabile, il fatto che Daryl Dixon si trovi in Spagna rende possibile il debutto sullo schermo di Jeffrey. Per lo meno, dà a The Walking Dead la possibilità di spiegare cosa gli è successo, e il fatto che Daryl apprenda questa informazione e la riporti a Rick renderebbe il loro tanto atteso ricongiungimento ancora più emozionante.
Nel complesso, l’apparizione di Jeffrey Grimes potrebbe ancora essere possibile nonostante il lungo tempo che il franchise ha atteso, ma sembra più probabile che il riferimento fosse più per placare i fan, piuttosto che l’inizio di una trama importante.
All’inizio di quest’anno, I Peccatori (Sinners) di Ryan Coogler è stato accolto con grande successo dalla critica e dal pubblico. Il film horror vede Michael B. Jordan nei panni dei gemelli Elijah “Smoke” Moore ed Elias “Stack” Moore, due veterani che trasformano una vecchia segheria in un locale dove divertirsi. Le cose prendono una piega inaspettata per i fratelli quando arriva il vampiro irlandese Remmick (Jack O’Connell).
Il resto del cast di I Peccatori (Sinners) include Miles Caton, Hailee Steinfeld, Wunmi Mosaku e Delroy Lindo. Il film ha riscosso un successo travolgente con un punteggio della critica del 97% e un punteggio del pubblico del 96% su Rotten Tomatoes. Allo stesso modo, ha ottenuto buoni risultati dal punto di vista finanziario, incassando 366,7 milioni di dollari in tutto il mondo. I Peccatori (Sinners)è stato così popolare e ben accolto che ha persino ricevuto alcune candidature agli Oscar.
Al momento della conclusione della sua programmazione nelle sale,I Peccatori (Sinners) era il film horror di maggior incasso del 2025. Tuttavia, un nuovo contendente lo ha superato al botteghino.
Un altro film horror ha strappato a Sinners il titolo di film horror di maggior incasso del 2025
Uscito il 3 settembre 2025, The Conjuring: Il Rito Finale è stato un vero e proprio fenomeno al botteghino, diventando il film di maggior incasso della serie. Tuttavia, la sua accoglienza è stata più contrastante rispetto a quella di Sinners. Il punteggio del pubblico è stato un rispettabile 78%, mentre quello della critica è stato più basso, pari al 59%.
Con Patrick Wilson e Vera Farmiga, il film ha incassato 84 milioni di dollari sul mercato interno, a fronte di un budget di 55 milioni, ottenendo un successo finanziario immediato. Ora, al 21 settembre, ha raggiunto circa 400 milioni di dollari in tutto il mondo.
In questo modo, ha superato I Peccatori (Sinners), ma analizzando i rispettivi incassi al botteghino emergono alcuni dettagli interessanti. I Peccatori (Sinners) ha incassato il 76% (278,6 milioni di dollari) del suo box office solo sul mercato interno. In confronto, Il Rito Finale ha incassato il 37,8% (151,2 milioni di dollari) sul mercato interno e il 62,2% (248,8 milioni di dollari) in tutto il mondo, il che significa che il suo appeal globale sta aumentando i suoi numeri.
Tom Holland ha subito un infortunio sul set di Spider-Man: Brand New Day. Il prossimo capitolo della saga dedicata al supereroe ha già suscitato grande interesse per il suo cast, il nuovo costume di Spider-Man, le nuove location e le sue ambizioni. Il pubblico attende con impazienza il prossimo capitolo, con Spider-Man: Brand New Day in uscita il 31 luglio 2026.
Come riportato da Deadline, le riprese del prossimo film di Spider-Man sono state interrotte dopo che Tom Holland è stato brevemente ricoverato in ospedale e curato per una lieve commozione cerebrale a Glasgow. Fonti hanno confermato che nessun altro è rimasto coinvolto nell’incidente e, mentre Holland dovrebbe tornare sul set tra pochi giorni, è prevista per domani una riunione per modificare i piani di ripresa.
Secondo The Sun, l’infortunio di Holland è stato causato da un’acrobazia andata male. Diretto da Destin Daniel Cretton, il film è un ritorno al “cinema vecchio stile”, con location reali e acrobazie.
Quando le riprese sono iniziate in Scozia il mese scorso, Holland avrebbe dichiarato di essere “al settimo cielo ed entusiasta” di girare in esterni dopo che il film precedente era stato girato interamente in studio.
Cosa significa questo per Spider-Man: Brand New Day
Tom Holland in costume per Spider-Man: Brand New Day
Anche prima di questo incidente, Brand New Day si preannunciava come un’importante aggiunta al roster Sony/MarvelSpider-Man. La promessa di riportare Peter Parker alle sue origini, affrontando sfide a livello di strada, girando in location reali e riconnettendosi con i vecchi alleati, ha dato al pubblico la speranza di un ritorno alle origini del personaggio di Spider-Man.
L’infortunio di Holland sottolinea quanto sia pericoloso e ambizioso realizzare film di questo calibro. Le acrobazie che combinano effetti pratici con sequenze d’azione ad alta intensità richiedono precisione e comportano rischi reali, anche con protocolli di sicurezza in atto. Questo ricorda al pubblico che i film sui supereroi non sono solo spettacoli in CGI e che attori come Holland rischiano infortuni per garantire autenticità.
Questo tipo di infortunio non è senza precedenti nelle produzioni ricche di azione, ma richiede una gestione attenta, che include la programmazione dei turni, la possibile riprogettazione delle acrobazie e la garanzia non solo della sicurezza di Holland, ma di tutta la squadra di stuntman.
Il film live-action Mortal Kombat della Warner Bros. del 2021 avrà un sequel, e gli aggiornamenti su Mortal Kombat 2 stanno arrivando rapidamente ora che la produzione del film è terminata. Ci sono ottime premesse per ulteriori sviluppi nell’universo cinematografico di Mortal Kombat, e il sequel di Mortal Kombat introdurrà diversi personaggi dei videogiochi. Johnny Cage, Shao Kahn e Sindel faranno il loro debutto live-action in Mortal Kombat 2, rivelando alcuni dettagli della trama del sequel che approfondisce ulteriormente la sorprendente e complessa storia dei picchiaduro Mortal Kombat.
Mortal Kombat del 2021 è stato il terzo film live-action ad adattare la serie di videogiochi, e Mortal Kombat 2 sarà il suo sequel diretto. Il film Mortal Kombat del 2021 ha mantenuto la promessa di un rating R, rimanendo fedele all’adattamento del gioco che dà vita a personaggi iconici e ampliando la tradizione con l’introduzione di nuovi personaggi come Cole Young (Lewis Tan). Mortal Kombat 2 dovrebbe continuare il forte inizio della franchise cinematografica Mortal Kombat, quando Sub Zero, Scorpion e gli altri hanno fatto il loro debutto dal vivo.
Le ultime notizie su Mortal Kombat 2
Anteprima del filmato al CinemaCon 2025
Mentre continua l’attesa per il trailer completo, le ultime notizie arrivano sotto forma di nuove immagini di Mortal Kombat 2 presentate in anteprima al CinemaCon nell’aprile 2025. Il filmato è stato rivelato durante la presentazione della Warner Bros. alla convention cinematografica annuale, ma non è ancora disponibile al pubblico. Fortunatamente, ScreenRant era presente e ha notato che si concentrava principalmente sui personaggi, tra cui Johnny Cage interpretato da Karl Urban. Il presidente e amministratore delegato della New Line Cinema, Richard Brener, è apparso alla presentazione e ha detto che gli spettatori dovrebbero “aspettarsi combattimenti incredibili, battaglie epiche e alcune fatalità.”
Data di uscita di Mortal Kombat 2
La lotta inizia nell’ottobre 2025
Dopo un processo di produzione lungo e travagliato, il tanto atteso sequel del videogioco ha finalmente fissato una data di uscita solo poche settimane dopo la conclusione delle riprese principali del film. Mortal Kombat 2 è ora previsto nelle sale il 24 ottobre 2025. La lunga attesa è probabilmente dovuta al lungo processo di post-produzione del film, e i film ricchi di effetti visivi di solito richiedono molto più tempo nella fase finale della produzione.
Mortal Kombat è uscito il 23 aprile 2021.
Dettagli sul cast di Mortal Kombat 2
Karl Urban è stato scelto per interpretare Johnny Cage
I giochi Mortal Kombat sono noti per il loro ampio e variegato roster di combattenti, quindi naturalmente la domanda chiave su Mortal Kombat 2 è chi verrà aggiunto al cast. Forse la novità più importante è la scelta di Karl Urban per il ruolo di Johnny Cage, un artista marziale e star del cinema apparso per la prima volta nel gioco originale Mortal Kombat nel 1992. Urban è famoso soprattutto per aver interpretato Éomer in Il Signore degli Anelli e il dottor Leonard “Bones” McCoy nell’universo di Star Trek di J.J. Abrams.
Le notizie sul cast di Mortal Kombat 2 hanno raggiunto nuovi livelli di entusiasmo quando è stato confermato che Baraka è stato aggiunto al roster dei personaggi del sequel. Baraka è un Tarkatan al servizio dell’Outworld, dotato di enormi lame sugli avambracci e denti affilati come rasoi. Il nuovo personaggio, molto atteso, sarà interpretato da CJ Bloomfield. Molti volti del primo film torneranno, tra cui Lewis Tan nei panni di Cole Young, Jessica McNamee nei panni di Sonya Blade e Hiroyuki Sanada nei panni di Scorpion, tra molti altri.
Dettagli sulla trama di Mortal Kombat 2
Il torneo Mortal Kombat avrà finalmente luogo
Con Boon che conosce i giochi alla perfezione, il suo contributo alla trama approfondirà senza dubbio la storia.
Sebbene ciò che accadrà nel sequel sia ancora in gran parte oggetto di speculazioni, è confermato che si terrà un torneo Mortal Kombat. Ed Boon, co-creatore della serie di giochi Mortal Kombat, è fortemente coinvolto nel progetto e nella trama. Boon ha contribuito in modo creativo sia alla serie animata che al sequel live-action. Con Boon che conosce i giochi alla perfezione, il suo contributo alla trama approfondirà senza dubbio la storia.
L’aggiunta di Baraka al cast di Mortal Kombat 2 anticipa anche ulteriori dettagli sulla trama del sequel. Anche se Baraka potrebbe avere solo un ruolo minore nel film, è un generale dell’Orda di Tarkatan e serve Outworld, ed è estremamente fedele anche a Mileena e Shao Kahn, avendo un rapporto particolarmente stretto con Mileena. Tutto ciò conferma che Shao Kahn sarà centrale nella trama e che Baraka probabilmente risponderà a Shao Kahn in Mortal Kombat 2 e farà il suo lavoro sporco. Tuttavia, Baraka non si è rivoltato contro Kahn nella serie di videogiochi, e ciò potrebbe accadere in Mortal Kombat 2.
Il thriller fantascientifico Elizabeth Harvest inizia con una coppia di sposini, Henry (Ciarán Hinds) ed Elizabeth (Abbey Lee), nel giorno del loro matrimonio. Arrivano a casa e vengono accolti dalla governante Claire (Carla Gugino) e dal figlio adulto cieco di Henry, Oliver (Matthew Beard). Dopo aver fatto l’amore e aver visitato la sontuosa tenuta, Elizabeth viene accolta nella sua nuova vita, ma le viene detto che non deve entrare in una stanza in particolare.
Alla fine, sopraffatta dalla noia e dalla curiosità mentre Henry è al lavoro, esplora lo spazio proibito e scopre dei cloni di se stessa in vasche criogeniche. Quando suo marito si rende conto che il suo segreto è stato scoperto, la uccide e ricomincia l’esperienza con un altro clone in un altro giorno di nozze, esattamente come prima. Com’era prevedibile, gli stessi eventi si ripetono e Henry cerca ancora una volta di uccidere Elizabeth per la sua disobbedienza dopo che lei ha trovato le sue copie. Tuttavia, questa volta lei riesce ad avere la meglio e lo uccide per legittima difesa.
Dopo la morte di Henry, Claire ha un infarto e viene portata d’urgenza in ospedale. Oliver approfitta della situazione, imprigionando Elizabeth in casa e spiegandole che lei è la quinta di una serie di sei cloni della defunta moglie di Henry. Poi la costringe a leggere il diario di Claire, che racconta l’intera storia.
Il vero scopo di Henry non è riportare in vita sua moglie
Sebbene inizialmente sembri che il motivo per cui Henry ha creato i cloni sia quello di riportare in vita la sua defunta moglie, tutto ciò che vuole è rivivere la sua prima notte di nozze e uccidere la sua sposa. Spiega che i duplicati che produce non sono realmente sua moglie, ma solo delle povere imitazioni che non potrebbero mai sostituire veramente la sua consorte. Gli sembrano reali solo quando sta per ucciderli, e continua questa catena di eventi per recuperare un piccolo pezzo di ciò che ha perso.
Queste copie gli hanno permesso di commettere omicidi senza dover affrontare le conseguenze della legge o della sua coscienza. Non prova alcun senso di colpa per ciò che ha fatto perché giustifica il fatto che coloro che ha distrutto non sono mai stati veramente vivi. Trae una sorta di piacere carnale dalla loro esecuzione, simile all’eccitazione che prova durante la loro prima notte di nozze, e quindi ripete il processo più e più volte per il proprio piacere malato.
Sebbene non lo vediamo sullo schermo, si può presumere che abbia ucciso anche i primi due cloni prima dell’arrivo di Claire. Abbiamo prove sufficienti per suggerire che abbia soffocato il terzo con un cuscino, e la nostra storia inizia con l’omicidio della quarta versione. È solo quando la quinta Elizabeth ribalta la situazione che lui riceve finalmente la punizione che merita per il ciclo omicida che ha perpetuato con tanto piacere.
Oliver non è il figlio di Henry, ma solo un altro clone
Viene poi alla luce che Oliver non è in realtà il figlio di Henry, ma un suo clone. Inizialmente aveva creato questa copia di se stesso nel caso in cui la sua sposa fosse insoddisfatta del suo corpo invecchiato e volesse la versione più giovane di cui si era innamorata all’inizio. Tuttavia, a un certo punto, Henry è diventato possessivo nei confronti dei duplicati di sua moglie e ha accecato Oliver per non dover condividere le sue creazioni con nessun altro. Sono solo il suo ego e la sua presunzione a impedirgli di uccidere anche Oliver, perché significherebbe uccidere una parte di sé stesso.
Henry non considera i cloni come esseri veramente vivi, quindi è logico che anche Oliver (la stessa persona) abbia le stesse convinzioni. Ciò significa che quando inizia a sospettare di essere lui stesso un clone, il pensiero gli è ripugnante. Intrappola la quinta Elizabeth e le fa leggere il diario di Claire per confermare i suoi sospetti sulle sue origini. Oltre ad avere la stessa attrazione per Elizabeth di Henry, ha anche la stessa vena sadica e non ha alcun problema etico nel manipolare il sesto e ultimo clone affinché lo ami e uccida l’altra copia.
Confusa dalle bugie e dalle manipolazioni di Oliver, l’ultimo clone uccide accidentalmente Oliver e ferisce mortalmente la quinta versione di se stessa mentre cerca di fuggire. Con il suo ultimo respiro, la quinta Elizabeth dice alla versione sopravvissuta di leggere il diario di Claire e scoprire la verità da sola.
A differenza di Henry, che nutre un grande odio verso se stesso ed è crudele e vendicativo nei confronti del proprio clone, Elizabeth si prende cura e simpatizza con le sue copie perché crede che loro (e lei stessa) siano vittime innocenti delle loro bizzarre circostanze. Non è dispettosa o arrabbiata per essere stata uccisa perché sa che la sesta Elizabeth ha fatto esattamente ciò che lei stessa avrebbe fatto nella stessa situazione, come dichiara al clone nel film: “Tu ed io siamo uguali”.
Dopo aver finalmente compreso la verità, la sesta e ultima Elizabeth lascia la casa per iniziare una nuova vita. Non più soggetta alle bugie o alle manipolazioni degli altri, abbraccia il mondo reale, così come la realtà della sua esistenza, dichiarando di essere finalmente “sveglia”.
Sono innumerevoli le vicende svoltesi nel contesto della Seconda guerra mondiale che si possono raccontare. C’è il punto di vista di chi ha vissuto direttamente sul campo di battaglia e le ogni scontro armato ha avuto le proprie caratteristiche e specificità; c’è quello di chi ha portato avanti la guerra dalle stanze del potere; e c’è quello dei civili che hanno patito gli orrori in cui si sono ritrovati involontariamente coinvolti. C’è però anche il punto di vista di chi ha cercato di proteggere dalla brutalità della guerra la bellezza che c’è nel mondo. Se si parla di bellezza artistica, quel compito è stato ricoperto dai valorosi Monuments Men, a cui è stato dedicato nel 2014 un film intitolato proprio Monuments Men (qui la recensione).
A dirigere il film vi è George Clooney, che torna così alla regia dopo gli apprezzati Good Night and Good Luck e Le idi di marzo. Interessatosi all’argomento dopo aver letto il libro omonimo del 2009 scritto da Robert Edse, di cui Monuments Men è però solo un libero adattamento. Pur se semplificata e riadattata, a Clooney interessava però portare al cinema questa storia in quanto perfetto esempio di una serie di valori da conservare e tramandare. Si offre così un vero e proprio elogio di chi sacrificò la vita per proteggere un patrimonio collettivo, la cui fruizione permette di arricchirsi spiritualmente ed elevarsi al di là del male.
Le intenzioni del film sono dunque quantomai nobili e per raggiungerle Clooney chiama a raccolta un gruppo di attori amici con i quali dar vita ad un film appassionante che offre un nuovo avvincente racconto di guerra. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative ad esso. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e alla storia vera. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
La trama e il cast di Monuments Men
Durante la Seconda Guerra Mondiale, lo studioso d’arte Frank Stokes viene a sapere che Hitler sta rubando tutte le grandi opere d’arte per il suo museo personale. Con il permesso del presidente Roosevelt, Stokes recluta allora sei uomini esperti d’arte che si recano con lui in Europa con il pretesto di essere soldati per scoprire dove si trovano le opere d’arte rubate e salvarle da un destino incerto. Le cose iniziano però a mettersi male quando ai tedeschi viene ordinato di bruciare le opere d’arte e i russi iniziano invece a prenderle per sé. A quel punto, salvare quel patrimonio diventerà questione di vita o di morte.
Per dar vita a questa storia, Clooney, anche interprete di Frank Stokes, ha chiamato accanto a sé numerosi celebri attori, a partire dall’amico Matt Damon nel ruolo di James Granger. Recitano poi nel film anche Cate Blanchettnei panni di Claire Simòne,Bill Murray in quelli di Rich Campbell e John Goodmanin quelli di Walter Garfield. Il premio Oscar Jean Dujardininterpreta Jean-Claude Clermont, mentre Hugh Bonneville è Donald Jeffries e Bob Balaban è Preston Savitz. Infine, l’anziano Frank Stokes che si può vedere alla fine del film non è George Clooney con del trucco, bensì Nick Clooney, padre dell’attore.
Come anticipato, quella narrata in Monuments Men è una storia ispirata ad una vicenda vera, ossia quella della task force militare organizzata dagli Alleati facente parte del programma Monuments, Fine Arts, and Archives. Si trattava di un gruppo composto da 345 civili, professionisti dell’arte, provenienti da 13 nazioni diverse: professori universitari, curatori, storici dell’arte, direttori di musei, che lavorarono sul campo sotto il ramo operativo dello Supreme Headquarters Allied Expeditionary Force, comandato dal futuro presidente degli Stati Uniti Dwight Eisenhower. Il loro scopo, durante la seconda guerra mondiale, era quello di proteggere i beni culturali e le opere d’arte nelle zone di guerra.
Già prima dell’entrata degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale, professionisti dell’arte e organizzazioni artistiche lavoravano per identificare e proteggere il patrimonio culturale in pericolo. Questi gruppi cercavano però un’organizzazione nazionale affiliata alle forze armate che avesse lo stesso obiettivo. Francis Henry Taylor, direttore del Metropolitan Museum of Art, portò le loro preoccupazioni a Washington, D.C, permettendo così all’istituzione, il 23 giugno 1943 da parte del Presidente degli Stati Uniti Franklin D. Roosevelt, della “Commissione americana per la protezione e il salvataggio dei monumenti artistici e storici nelle aree di guerra”.
Il generale Dwight D. Eisenhower facilitò il lavoro del MFAA vietando ai militari il saccheggio, la distruzione e l’alloggiamento in strutture di importanza culturale. Inoltre, ordinò ripetutamente alle sue forze di assistere il più possibile il MFAA. Era la prima volta nella storia che un esercito cercava di combattere una guerra e allo stesso tempo di ridurre i danni ai monumenti e alle proprietà culturali. Nella primavera del 1944, dunque, i componenti della missione si ritrovarono prima in Gran Bretagna per addestrarsi, e successivamente si sparsero nel continente europeo alla ricerca di luoghi dove rintracciare quadri, sculture e intere collezioni scomparse da chiese e musei dopo il passaggio delle truppe tedesche.
Quando si verificavano danni ai monumenti, il personale del MFAA ha lavorato per valutarli e guadagnare tempo per gli eventuali lavori di restauro che sarebbero seguiti. L’addetto ai monumenti Deane Keller ha ad esempio avuto un ruolo di primo piano nel salvare il Campo Santo di Pisa dopo che un colpo di mortaio aveva innescato un incendio che aveva fuso il tetto in piombo, facendo poi colare a picco le iconiche pareti affrescate del XIV secolo. A partire dalla fine di marzo del 1945, le forze alleate iniziarono a scoprire ulteriori depositi di opere d’arte in quella che divenne la “più grande caccia al tesoro della storia“.
Solo in Germania, le forze americane trovarono circa 1.500 depositi di oggetti d’arte e culturali saccheggiati da istituzioni e privati in tutta Europa, oltre a collezioni museali tedesche e austriache che erano state evacuate per essere custodite. Anche le forze sovietiche fecero delle scoperte, come i tesori dello straordinario Museo dei Trasporti di Dresda. Centinaia di manufatti furono consegnati dal generale delle SS Karl Wolff, o la loro ubicazione fu comunicata da quest’ultimo, nell’ambito dell’Operazione Sunrise, la sua trattativa segreta con l’Office of Strategic Services.
Innumerevoli sono dunque stati i monumenti, le chiese e le opere d’arte salvati o protetti dal personale della sezione MFAA, la cui dedizione al lavoro li portava spesso davanti alle linee di battaglia. Il film apporta però notevoli cambiamenti e semplificazioni alla storia vera, oltre a cambiare tutti i nomi dei Monuments Men coinvolti, riducendo il gruppo a soli sette uomini e stabilendo la sua istituzione per mano del personaggio di Clooney dopo il bombardamento dell’abbazia di Cassino, nel febbraio 1944. Le prime operazioni dei Monuments Men, in realtà, risalgono all’intervento britannico in Libia nel 1942 e allo sbarco degli Alleati in Sicilia nel luglio del 1943.
Il trailer di Monuments Men e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di Monuments Men grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Google Play, Apple TV, Prime Videoe Disney+. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di martedì 13 febbraio alle ore 21:15 sul canale Cielo.