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The Toxic Avenger: come il remake modernizzare un classico cult

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Il remake di Macon Blair del film splatter cult del 1984 The Toxic Avenger porta il mostruoso supereroe Toxie nell’era moderna, ma ci sono ancora molti echi del film originale. Con Peter Dinklage, Taylour Paige, Jacob Tremblay, Kevin Bacon ed Elijah Wood, questa esagerata commedia nera senza censura sostituisce parte della volgarità e della stupidità dell’originale con una narrazione più incisiva, ma comunque implacabilmente raccapricciante.

The Toxic Avenger (la nostra recensione) avrebbe causato l’abbandono della sala da parte del pubblico, poiché alcuni non erano preparati ai vari modi in cui il film si è guadagnato la sua classificazione senza censura. Il film è pieno di violenza brutale e sanguinosa, mentre Toxie dispensa la sua personale giustizia con il suo scopaio sempre infuocato e la sua forza mostruosa.

Il film è ambientato in un universo che è una versione distorta della realtà, anche se il remake moderno si avvicina un po’ di più alla realtà rispetto alla caricatura assurda di una città che fa da sfondo all’originale del 1984. Mentre l’originale era pieno di cattivi bigotti da manuale degli anni ’80 e nudità gratuita, il remake riduce la misoginia e il degrado a favore di un gore migliore e di un umorismo più intelligente.

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Il remake di The Toxic Avenger adatta la narrazione ai giorni nostri

Macon Blair ha preso la struttura creata da Michael Herz e Lloyd Kaufamn, i creatori originali di Toxie, e l’ha fatta davvero sua. La sua modernizzazione del concetto generale è una delle ragioni principali per cui il film è stato ben accolto sia dalla critica che dal pubblico, dato che attualmente ha un punteggio dell’84% sia sul Tomatometer che sul Popcornmeter di Rotten Tomatoes.

Innanzitutto, Blair ha creato un retroscena molto più solido per i cattivi del film rispetto a quello dei malvagi Bozo, Slug e del boss della criminalità Mayor Belgoody dell’originale del 1984. Anche se The Toxic Avenger non approfondisce eccessivamente la trama, questa si sviluppa in modo molto più coerente, con Toxie che combatte contro una malvagia azienda farmaceutica e i suoi vari tirapiedi, invece che contro vari gangster scollegati tra loro.

Se si eliminano il sangue e le viscere, è possibile trovare una satira legittima nella trama di The Toxic Avenger. In apparenza, il personaggio di The Toxic Avenger satirizza pesantemente il genere dei supereroi, scambiando i poteri del ragno radioattivo, i poteri dei ninja mutanti adolescenti e altre trasformazioni indotte chimicamente con un aspetto orribile e viscido, accompagnato da una forza sovrumana e urina acida.

Il remake moderno si concentra fortemente sulla critica dell’industria farmaceutica, sulla criminalità al centro del moderno sistema sanitario americano e sulla nostra dipendenza (e ignoranza) da prodotti che probabilmente ci stanno danneggiando lentamente con i loro ingredienti. Questo conferisce al film un sottotesto di sincero intento, ma sia chiaro, il gore e le gag visive sono ancora il pane quotidiano.

Il remake di The Toxic Avenger sviluppa appieno il personaggio di Toxie

The Toxic Avenger 2025
Photo courtesy of Yana Blajeva – Legendary Pictures e Eagle Pictures

Cosa ancora più importante, la nuova versione di The Toxic Avenger rende Toxie un personaggio molto più forte. Sebbene Melvin Ferd, il personaggio originale che si trasforma in Toxie, sia un’icona cult classica, non ha molto da offrire: è un nerd che lavora come custode, tormentato da persone più grandi, più forti e molto più cattive di lui.

Non c’è nulla di rivoluzionario nel personaggio di Winston Gooze, ma è mille volte meglio di quello che abbiamo mai ottenuto da Melvin Ferd. Winston è un custode sottopagato in una società malvagia, la cui vita è una tragedia.

Winston ha recentemente perso l’amore della sua vita, è bloccato con un figliastro con cui non ha un vero legame e sta morendo a causa di un tumore al cervello che quasi certamente ha contratto lavorando nella suddetta società malvagia. La sua situazione disperata lo spinge a tentare di rapinare il suo datore di lavoro, il che alla fine lo porta a trasformarsi in Toxie.

Certo, avere un attore di grande talento, vincitore di un Primetime Emmy, che interpreta un personaggio fa sicuramente la differenza nel modo in cui viene percepito. La performance di Dinklage, unita all’eccellente lavoro fisico di Luisa Guerreiro nel costume di Toxie, crea un personaggio molto più simpatico e umanizzato rispetto all’eroe mutante del film originale.

Mentre il Toxic Avenger originale era inspiegabilmente attratto dalle persone malvagie e apparentemente non aveva il controllo delle sue azioni quando le attaccava, la versione moderna mette Toxie in controllo per tutto il tempo, facendolo sembrare molto più un eroe che un mostro che per caso è diretto nella giusta direzione. Ancora una volta, la performance combinata di Dinklage/Guerreiro fa gran parte del lavoro qui.

Il remake moderno abbandona anche la problematica storia d’amore tra Toxie e Sara, la cliente cieca del ristorante che lui salva in una delle sue prime apparizioni pubbliche come “eroe mostruoso” nell’originale del 1984. Nel film originale, Sara diventa la sua ragazza e i due si trasferiscono in una casa che lui costruisce con i rifiuti di una discarica di scorie tossiche, e c’è persino una scena di sesso sciocca e inutile.

Il remake di Macon Blair abbandona quasi completamente il personaggio di Sara (anche se c’è una cliente cieca nel ristorante che Toxie salva) e la sostituisce con la whistleblower J.J. Doherty interpretata da Taylour Paige. I due formano un’alleanza vendicativa determinata a sconfiggere il corrotto amministratore delegato Bob Garbinger interpretato da Kevin Bacon, che è molto più divertente della goffa storia d’amore del primo film.

Tutte le varie modifiche al personaggio di Toxie e alla narrazione rendono il film molto più appropriato e toccante per il pubblico moderno. Sebbene The Toxic Avenger di Macon Blair mostri molta deferenza verso il classico cult originale, apporta aggiornamenti intelligenti che rendono la nuova versione un netto miglioramento rispetto alla prima apparizione di Toxie.

Io sono Rosa Ricci: la spiegazione del finale del film e cosa significa per Mare Fuori

Il film Io sono Rosa Ricci, diretto da Lyda Patitucci, si chiude con un finale denso di simboli e ambiguità. Dopo un racconto dominato dal dolore, dalla prigionia e dalla ricerca di libertà, la protagonista interpretata da Maria Esposito arriva a una trasformazione profonda. Ma cosa rappresenta davvero quell’ultimo gesto? E in che modo il finale si collega alla serie Mare Fuori di cui il film è prequel e spin-off ideale?

Il significato della fuga: rinascita o condanna?

Nel finale di Io sono Rosa Ricci (la nostra recensione), dopo essere riuscita a liberarsi dalla prigionia sull’isola, Rosa affronta il suo rapitore in una sequenza tesa e viscerale. L’azione è fisica, ma anche profondamente simbolica: non è solo la lotta tra vittima e carnefice, ma la battaglia di una ragazza contro il destino che altri hanno scelto per lei. Quando Rosa prende in mano l’arma e decide di reagire, non agisce per vendetta ma per affermare la propria volontà. È l’atto che segna la nascita della Rosa che incontreremo in Mare Fuori: una giovane donna capace di sopravvivere, ma segnata per sempre dal trauma.

La sua fuga finale, tra la luce dell’alba e l’eco del mare, racchiude questa ambivalenza. Da un lato è libertà, la conquista di un corpo e di una voce. Dall’altro è la fine dell’innocenza. Rosa non esce davvero da una prigione: ne abbandona una per entrare in un’altra, invisibile, fatta di colpa e rabbia. È qui che il film abbandona il tono del thriller per trasformarsi in un racconto di formazione interiore.

L’incontro con il padre: l’origine della maschera

Io sono Rosa Ricci
Maria Esposito in Io sono Rosa Ricci – Foto Credits Sabrina Cirillo

Uno dei momenti più potenti del finale è il confronto tra Rosa e suo padre, Don Salvatore Ricci. L’uomo, boss camorrista temuto e rispettato, appare improvvisamente fragile di fronte alla figlia. La sequenza non mostra un abbraccio né un perdono: solo silenzio, distanza e uno sguardo che dice più di mille parole.

Rosa capisce che il padre non potrà mai proteggerla davvero. La violenza del mondo da cui proviene è la stessa che l’ha resa prigioniera. È in quel momento che la protagonista smette di essere “figlia di” e diventa qualcos’altro. La scena in cui si volta e si allontana, lasciandosi alle spalle la villa e il potere paterno, rappresenta la nascita della sua autonomia, ma anche della sua solitudine.

Quell’istante segna la costruzione della maschera che conosceremo in Mare Fuori: la Rosa che non mostra emozioni, che ha imparato a sopravvivere nascondendo la paura dietro lo sguardo di ghiaccio. La fragilità che vediamo nel film diventerà, nella serie, la sua corazza.

Il mare come simbolo del destino

Il titolo della serie Mare Fuori trova nel film una radice metaforica. In Io sono Rosa Ricci il mare è sempre presente, anche quando non si vede: lo si percepisce come suono, come promessa e come minaccia. È la linea che separa la vita dalla morte, la libertà dalla prigionia. Nel finale, quando Rosa si avvicina alla riva e guarda l’orizzonte, il mare diventa il suo interlocutore silenzioso.

Non è un mare accogliente, ma inquieto, capace di restituire e di inghiottire. È la stessa immagine che domina la serie, dove l’acqua è insieme sogno e condanna. Per questo la fuga di Rosa non è davvero una liberazione: è l’inizio di un viaggio verso un altro tipo di prigionia, quella dell’IPM di Napoli, dove la ritroveremo all’inizio di Mare Fuori. Il film costruisce così un ponte perfetto tra le due opere: la Rosa che si allontana verso il mare è già la ragazza che, poco dopo, verrà arrestata e rinchiusa.

L’ambiguità morale del finale

Il film evita di dare risposte nette. Non ci sono vincitori né redenti. Rosa sopravvive, ma a quale prezzo? Il finale suggerisce che la violenza che ha subito si è ormai radicata in lei. L’atto con cui si libera dal rapitore non è solo difesa: è anche iniziazione. Per la prima volta Rosa sperimenta il potere, la possibilità di decidere del destino di un altro. È un gesto che la segna e la spaventa allo stesso tempo.

La regista Lyda Patitucci costruisce questo momento con una regia sobria e intensa: la macchina da presa resta sul volto di Maria Esposito, lasciando che siano i suoi occhi a raccontare il conflitto interiore. Non c’è catarsi, non c’è redenzione, solo consapevolezza. Il film termina quando Rosa comprende di non poter più tornare indietro. Da quel momento la sua vita sarà segnata da un confine invisibile: quello tra la vittima e la carnefice, tra chi subisce e chi reagisce.

Un finale che riscrive il mito di Mare Fuori

Guardando Io sono Rosa Ricci come parte dell’universo Mare Fuori, il finale assume un valore quasi mitologico. Nella serie, Rosa è una figura tragica, sospesa tra l’amore e la violenza, tra il senso di colpa e la voglia di rinascita. Il film spiega da dove proviene tutto questo: non da un semplice contesto criminale, ma da un trauma personale che la costringe a scegliere tra sopravvivere o soccombere.

La decisione finale – reagire, fuggire, non voltarsi più indietro – diventa così il primo passo di quel lungo viaggio che la porterà fino al carcere minorile e oltre. È un atto fondativo, quasi archetipico: il momento in cui il personaggio nasce davvero, come se la serie avesse trovato nel film la sua “genesi segreta”.

In questo senso, il film non è un semplice prequel, ma un racconto che amplifica il mito. Rosa diventa la rappresentazione di un’intera generazione cresciuta tra paura e desiderio di riscatto, tra il peso delle origini e la voglia di affermare la propria voce.

Il tono finale: silenzio, dolore e consapevolezza

L’ultima immagine di Io sono Rosa Ricci è volutamente sospesa. La protagonista cammina verso l’orizzonte, il mare alle spalle, il vento che le attraversa il volto. Non c’è musica trionfale, solo un silenzio quasi religioso. È la quiete dopo la tempesta, ma anche il preludio a un’altra tempesta che arriverà presto.

Quel silenzio è ciò che definisce Rosa: una ragazza che ha imparato a non chiedere aiuto, a non cercare comprensione, a non mostrare debolezza. È il prezzo della sopravvivenza. La macchina da presa la segue per qualche passo, poi si ferma. Lo schermo sfuma nel bianco: non un finale chiuso, ma un passaggio di consegne verso Mare Fuori.

È un finale che non consola, ma lascia lo spettatore con una sensazione di malinconia e inquietudine. Rosa ha vinto la sua battaglia, ma ha perso l’innocenza. Ha ritrovato se stessa, ma a un prezzo altissimo. È il paradosso della libertà: poter scegliere, ma solo dopo aver perso tutto.

Cosa significa davvero il finale

La forza del finale di Io sono Rosa Ricci sta nel suo doppio significato. Sul piano narrativo, conclude la vicenda del film e apre la strada alla serie. Sul piano simbolico, rappresenta la nascita di una coscienza: la presa di consapevolezza che il male non si eredita, ma si può trasformare. Rosa non si libera dal suo passato, ma lo accetta come parte di sé. È questa accettazione, dolorosa e necessaria, a farne una protagonista tragica e moderna.

In definitiva, il finale non parla solo di vendetta o di libertà, ma di identità. Racconta il momento in cui una ragazza smette di essere definita dagli altri e pronuncia per la prima volta il proprio nome. «Io sono Rosa Ricci» non è una frase di sfida: è una dichiarazione di esistenza.

Con quel gesto, la protagonista chiude un cerchio e ne apre un altro, portando lo spettatore esattamente dove tutto comincia: sulle rive di Mare Fuori, dove la sua storia continuerà a interrogare, commuovere e dividere.

Io sono Rosa Ricci: come si collega alla serie di Mare Fuori

Il film Io sono Rosa Ricci nasce come estensione naturale e, allo stesso tempo, indipendente dell’universo narrativo di Mare Fuori, la serie italiana fenomeno degli ultimi anni. Diretto da Lyda Patitucci e interpretato da Maria Esposito, il film  porta sul grande schermo la storia di una delle figure più iconiche della serie, raccontandone l’origine, le ferite e la formazione interiore. È un viaggio a ritroso nel tempo che, più che fornire risposte, svela il processo di costruzione identitaria di una giovane donna intrappolata tra destino familiare e ricerca di libertà.

Le origini di una rabbia: il prequel che diventa racconto di formazione

Nella serie Mare Fuori, Rosa Ricci è un personaggio già definito: la ragazza dura, chiusa, combattiva, cresciuta nell’ombra di un cognome ingombrante. Nel film, invece, il pubblico incontra Rosa prima della caduta, prima del carcere minorile, quando è ancora una quindicenne confinata in una villa di lusso e protetta da un padre che è anche un boss della camorra. È in questo spazio di apparente sicurezza che la regista colloca la nascita del conflitto: il desiderio di emancipazione che lentamente si trasforma in rabbia, la ribellione che diventa necessità di sopravvivenza.

L’episodio scatenante è un rapimento, il momento in cui la realtà di Rosa viene sconvolta. Isolata su un’isola remota, prigioniera di un uomo che vuole colpire la sua famiglia, la ragazza affronta un percorso di consapevolezza che la mette di fronte ai limiti della paura e al potere della scelta. In questa dimensione chiusa e claustrofobica, la protagonista trova la propria voce e scopre un’energia che la porterà, anni dopo, a diventare la Rosa che gli spettatori di Mare Fuori conoscono: una giovane donna temprata dal dolore, ma anche mossa da un profondo bisogno di giustizia.

Dal piccolo al grande schermo: come cambia lo sguardo su Rosa Ricci

Io sono Rosa Ricci
Maria Esposito in Io sono Rosa Ricci – Foto Credits Sabrina Cirillo

Io sono Rosa Ricci non è semplicemente un prequel: è un’operazione che cerca di ridefinire il rapporto tra televisione e cinema, mantenendo intatto il cuore emotivo della serie e, al contempo, ampliandone la portata visiva. Lyda Patitucci sceglie un linguaggio più cinematografico, lavorando su spazi aperti, contrasti di luce, e una fotografia che alterna il realismo urbano di Napoli alla suggestione quasi onirica dell’isola. Il risultato è un racconto che conserva la crudezza di Mare Fuori ma ne esaspera il tono drammatico e simbolico.

Rosa diventa così il centro di una parabola di trasformazione. Se nella serie la vediamo già “formata” – una ragazza che conosce la violenza e la risponde con la stessa moneta – nel film assistiamo alla costruzione di quel dolore, al momento esatto in cui l’innocenza viene sacrificata. Maria Esposito, in un’interpretazione intensa e viscerale, riesce a restituire la fragilità dietro la corazza: una giovane donna che non sceglie la violenza, ma la subisce fino a farla propria come unica forma di autodifesa.

Le connessioni narrative con Mare Fuori: un universo coerente

Il legame con la serie è evidente, ma Io sono Rosa Ricci si muove su un piano più intimo e psicologico. Tutto ciò che Mare Fuori racconta in azione, il film lo racconta in origine. Gli elementi ricorrenti – la famiglia Ricci, il codice d’onore, la lealtà e il tradimento – vengono esplorati nel loro stato primario, prima che la prigionia minorile renda Rosa un simbolo di resistenza. Il padre, Don Salvatore Ricci, appare in una dimensione più umana e vulnerabile, mostrando come anche la figura del boss possa nascondere fragilità, paure e un amore distorto che finisce per distruggere chi dovrebbe proteggere.

Il film diventa quindi una chiave interpretativa per rileggere la serie. Comprendere da dove nasce la rabbia di Rosa significa anche dare nuovo senso alle sue scelte successive, ai suoi silenzi, ai suoi gesti di ribellione e tenerezza. Ogni sguardo, ogni parola non detta nella serie, trova qui un’eco che la giustifica e la illumina. Non a caso, il titolo “Io sono Rosa Ricci” è una dichiarazione d’identità: la ragazza che nella serie era definita dagli altri – figlia di, sorella di, appartenente a un clan – in questo film si riappropria del proprio nome.

Temi e simboli: la prigionia come percorso di liberazione

Uno dei temi centrali del film è la prigionia, non solo fisica ma anche mentale e familiare. L’isola su cui Rosa viene trattenuta diventa metafora della sua condizione: una giovane donna rinchiusa in un destino che non ha scelto. La violenza maschile, il controllo, la paura sono elementi che si intrecciano alla scoperta della propria forza interiore. È un racconto di sopravvivenza ma anche di emancipazione, in cui il dolore diventa motore di crescita.

La regista affronta il tema con una sensibilità inedita rispetto al linguaggio della serie. Se Mare Fuori mostrava la violenza come elemento sociale, collettivo e sistemico, Io sono Rosa Ricci la trasforma in esperienza personale, quasi iniziatica. La protagonista non combatte contro la società ma contro se stessa, contro la parte di sé che vorrebbe arrendersi. È qui che il film trova la sua forza più autentica: nel mostrare come la libertà non sia mai un punto di arrivo, ma un processo doloroso e complesso.

Il linguaggio visivo e sonoro: un’estetica tra realismo e simbolo

Dal punto di vista stilistico, Io sono Rosa Ricci adotta una regia dinamica e sensoriale, che alterna il ritmo del thriller alla lentezza del dramma psicologico. La fotografia costruisce un doppio registro: i toni caldi e saturi della Napoli familiare si contrappongono ai colori freddi e desaturati dell’isola, come se la luce stessa raccontasse il passaggio dall’infanzia alla consapevolezza. Anche la colonna sonora svolge un ruolo fondamentale, accompagnando la trasformazione di Rosa con sonorità elettroniche e malinconiche che evocano la sua solitudine.

Rispetto alla serie, il film rinuncia al linguaggio corale per concentrarsi su un unico punto di vista. Tutto è filtrato dallo sguardo della protagonista, dalla sua confusione, dai suoi timori. In questo senso, Io sono Rosa Ricci funziona come un ritratto interiore più che come un racconto d’azione. È il mondo che si restringe fino a diventare specchio, in cui lo spettatore è costretto a guardare non solo Rosa ma anche le proprie percezioni sul concetto di colpa, appartenenza e riscatto.

Un’espansione dell’universo Mare Fuori o un film a sé?

La domanda che molti spettatori si pongono è se Io sono Rosa Ricci debba essere considerato un capitolo di Mare Fuori o un’opera autonoma. La risposta, come spesso accade, si trova nel mezzo. Il film è legato alla serie per temi, personaggi e tono, ma non ne dipende narrativamente. Può essere visto anche da chi non conosce l’universo televisivo, perché la sua struttura segue quella del classico racconto di formazione: una protagonista, un trauma, una rinascita.

Ciò che lo distingue è il modo in cui affronta il concetto di eredità. Rosa non eredita solo il nome di suo padre, ma l’intero sistema di potere e violenza che esso rappresenta. La sua battaglia non è contro gli altri, ma contro l’idea stessa di destino. Questo rende Io sono Rosa Ricci più di un semplice spin-off: è un film che esplora la possibilità di cambiare, di riscrivere la propria storia anche quando tutto sembra già scritto.

Una nuova prospettiva femminile nel mondo di Mare Fuori

Il film porta con sé una consapevolezza più matura del ruolo femminile nel contesto criminale e familiare. Rosa non è la “figlia del boss” né la “vittima del sistema”, ma una figura complessa che incarna la lotta per l’autonomia. Lyda Patitucci sceglie di raccontare questa storia con uno sguardo empatico ma mai indulgente, trasformando la violenza in linguaggio simbolico. Il sangue, le ferite, le prigioni diventano segni visivi di una trasformazione che riguarda ogni donna costretta a ridefinirsi in un mondo che la vuole immobile.

Attraverso questo sguardo, Io sono Rosa Ricci si inserisce pienamente nella poetica di Mare Fuori, che da sempre ha fatto della fragilità e del riscatto le sue chiavi emotive. Ma lo fa con una forza visiva e narrativa che supera i confini televisivi, proponendo un racconto universale sulla costruzione dell’identità e sul coraggio di scegliere se stessi.

Il destino e la scelta

Alla fine, il film risponde a una sola domanda: perché Rosa Ricci è diventata ciò che è in Mare Fuori? La risposta non sta in un singolo evento, ma nel percorso che la porta a riconoscersi. “Io sono Rosa Ricci” non è solo un titolo, ma un’affermazione esistenziale: la consapevolezza che anche chi nasce in un mondo segnato dalla violenza può trovare la forza di affermare la propria voce.

Con questo film, il mito di Mare Fuori si arricchisce di un nuovo capitolo, più intimo, più oscuro e profondamente umano. Una storia che non parla solo di vendetta o di dolore, ma di identità, scelta e rinascita — gli stessi temi che, fin dall’inizio, hanno reso Rosa Ricci uno dei personaggi più amati e complessi del panorama audiovisivo italiano contemporaneo.

Stranger Things – Stagione 5: il trailer ufficiale!

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È da oggi disponibili il trailer della quinta stagione di Stranger Things. L’atteso capitolo conclusivo della serie debutterà su Netflix in tre volumi: il Volume 1 il 27 novembre (ep.1-4), il Volume 2 (ep.5-7) il 26 dicembre e il Finale il 1º gennaio 2026, tutti alle 2 del mattino (ora italiana).

Domani, venerdì 31 ottobre, i protagonisti – Finn Wolfhard, Gaten Matarazzo, Caleb McLaughlin, Noah Schnapp – e i creatori di Stranger Things – Matt e Ross Duffer – saranno ospiti di Lucca Comics & Games 2025 per celebrare la quinta e ultima stagione della serie più amata di sempre. Quartier generale e cuore pulsante sarà Piazza San Michele, con il padiglione e lo store esclusivo dedicati a Stranger Things in cui i fan potranno immergersi nelle iconiche atmosfere della serie.

La trama di Stranger Things 5

Stranger Things - Stagione 5 cast

Autunno 1987. Hawkins è rimasta segnata dall’apertura dei portali e i nostri eroi sono uniti da un unico obiettivo: trovare e uccidere Vecna, che è svanito nel nulla: non si sa dove si trovi né quali siano i suoi piani. A complicare la missione, il governo ha messo la città in quarantena militare e ha intensificato la caccia a Undici, costringendola a nascondersi di nuovo. Con l’avvicinarsi dell’anniversario della scomparsa di Will si fa strada una paura pesante e familiare. La battaglia finale è alle porte e con essa un’oscurità più potente e letale di qualsiasi altra situazione mai affrontata prima. Per porre fine a quest’incubo è necessario che il gruppo al completo resti unito, per l’ultima volta.

Creata dai Duffer Brothers, Stranger Things è prodotta da Upside Down Pictures & 21 Laps Entertainment con i Duffer Brothers come produttori esecutivi, insieme a Shawn Levy di 21 Laps Entertainment e Dan Cohen.

Il cast include Winona Ryder (Joyce Byers), David Harbour (Jim Hopper), Millie Bobby Brown (Undici), Finn Wolfhard (Mike Wheeler), Gaten Matarazzo (Dustin Henderson), Caleb McLaughlin (Lucas Sinclair), Noah Schnapp (Will Byers), Sadie Sink (Max Mayfield), Natalia Dyer (Nancy Wheeler), Charlie Heaton (Jonathan Byers), Joe Keery (Steve Harrington), Maya Hawke (Robin Buckley), Priah Ferguson (Erica Sinclair), Brett Gelman (Murray), Jamie Campbell Bower (Vecna), Cara Buono (Karen Wheeler), Amybeth McNulty (Vickie), Nell Fisher (Holly Wheeler), Jake Connelly (Derek Turnbow), Alex Breaux (tenente Akers) e Linda Hamilton (dottoressa Kay).

Domani, venerdì 31 ottobre, i protagonisti – Finn Wolfhard, Gaten Matarazzo, Caleb McLaughlin, Noah Schnapp – e i creatori di Stranger Things – Matt e Ross Duffer – saranno ospiti di Lucca Comics & Games 2025 per celebrare la quinta e ultima stagione della serie più amata di sempre. Quartier generale e cuore pulsante sarà Piazza San Michele, con il padiglione e lo store esclusivo dedicati a Stranger Things in cui i fan potranno immergersi nelle iconiche atmosfere della serie.

La trama della quinta stagione

Autunno 1987. Hawkins è rimasta segnata dall’apertura dei portali e i nostri eroi sono uniti da un unico obiettivo: trovare e uccidere Vecna, che è svanito nel nulla: non si sa dove si trovi né quali siano i suoi piani. A complicare la missione, il governo ha messo la città in quarantena militare e ha intensificato la caccia a Undici, costringendola a nascondersi di nuovo. Con l’avvicinarsi dell’anniversario della scomparsa di Will si fa strada una paura pesante e familiare. La battaglia finale è alle porte e con essa un’oscurità più potente e letale di qualsiasi altra situazione mai affrontata prima. Per porre fine a quest’incubo è necessario che il gruppo al completo resti unito, per l’ultima volta.

Creata dai Duffer Brothers, Stranger Things è prodotta da Upside Down Pictures & 21 Laps Entertainment con i Duffer Brothers come produttori esecutivi, insieme a Shawn Levy di 21 Laps Entertainment e Dan Cohen.

Il cast include Winona Ryder (Joyce Byers), David Harbour (Jim Hopper), Millie Bobby Brown (Undici), Finn Wolfhard (Mike Wheeler), Gaten Matarazzo (Dustin Henderson), Caleb McLaughlin (Lucas Sinclair), Noah Schnapp (Will Byers), Sadie Sink (Max Mayfield), Natalia Dyer (Nancy Wheeler), Charlie Heaton (Jonathan Byers), Joe Keery (Steve Harrington), Maya Hawke (Robin Buckley), Priah Ferguson (Erica Sinclair), Brett Gelman (Murray), Jamie Campbell Bower (Vecna), Cara Buono (Karen Wheeler), Amybeth McNulty (Vickie), Nell Fisher (Holly Wheeler), Jake Connelly (Derek Turnbow), Alex Breaux (tenente Akers) e Linda Hamilton (dottoressa Kay).

LA SERIE

Lettera d’amore ai classici film di genere degli anni ’80 che hanno affascinato una generazione intera, Stranger Things è un drama emozionante ambientato nell’apparentemente normale cittadina del Midwest di Hawkins, Indiana. Dopo che un ragazzo scompare nel nulla, il suo affiatato gruppo di amici e familiari cerca delle risposte e viene trascinato in una serie di eventi rischiosi e mortali. Sotto la superficie della loro ordinaria cittadina si nasconde uno straordinario mistero soprannaturale, insieme a esperimenti governativi top-secret e a un pericoloso portale che collega il nostro mondo a un regno potente e sinistro. Le amicizie saranno messe alla prova e le vite saranno sconvolte, perché ciò che scopriranno cambierà Hawkins e forse il mondo, per sempre.

Creata dai Duffer Brothers, Stranger Things ha debuttato a luglio del 2016 ed è rapidamente diventata una delle più popolari serie TV Netflix di sempre, con la sola quarta stagione che ha totalizzato oltre 140,7 milioni di visualizzazioni a livello globale. Radicata nella nostalgia degli anni ’80, a ogni nuova stagione ha dato vita a una rinascita di oggetti della cultura pop di quel decennio, come le cialde Eggo e la New Coke. Più di recente ha riportato alla ribalta il brano di Kate Bush “Running Up That Hill”, catapultandolo nella Top 10 della classifica Billboard Hot 100 per la prima volta nei suoi 38 anni di storia. La serie ha inoltre ottenuto oltre 70 riconoscimenti in tutto il mondo tra cui Emmy® e lo Screen Actors Guild Award  per il Miglior cast in una serie drammatica ed è stata nominata per oltre 230 premi.

The Ugly Stepsister: recensione del film di Emilie Blichfeldt

Ambientato in una Svezia immaginaria tra Sette e Ottocento, The Ugly Stepsister di Emilie Blichfeldt – dal 30 ottobre nelle sale italiane – ribalta la fiaba di Cenerentola dal punto di vista della “cattiva”: Elvira (Lea Myren), primogenita di Rebekka (Ane Dahl Torp), approda con la madre e la sorella Alma (Flo Fagerli) nella dimora di un nobile decaduto. Qui vive Agnes (Thea Sofie Loch Næss), la Cenerentola “ufficiale”: eterea, bellissima, già pronta a essere esibita nel mercato matrimoniale del regno. Quando il principe Julian (Isac Calmroth) annuncia un ballo per scegliere la futura consorte, Elvira si convince che l’unico modo per competere sia piegare il proprio corpo a un ideale irraggiungibile di perfezione.

La regista norvegese sceglie l’angolo più scomodo: raccontare la nascita del “mostro” come prodotto sociale. Niente manicheismi: Agnes non è un’icona immacolata, Elvira non è solo nemesi. Le due incarnano strategie opposte di sopravvivenza dentro una struttura patriarcale dove il matrimonio è moneta, la giovinezza capitale, la bellezza un’arma (o una condanna).

Il corpo come allegoria politica

Blichfeldt innesta sulla fiaba un body horror d’impatto: nasi fratturati, denti estirpati, ciglia cucite, diete da fame e pratiche mediche primitive diventano gesto estetico e discorso politico insieme. L’eco dei Grimm (i talloni tagliati per entrare nella scarpetta) si fa letterale e cinematografico: ogni intervento su Elvira è un atto di violenza simbolica in nome dell’accettazione sociale. La metamorfosi non “eleva” – come in tanta retorica contemporanea – ma mutila: l’ascensione passa dal dolore, e il film non distoglie lo sguardo.

È qui che The Ugly Stepsister si allinea ai percorsi più radicali dell’horror europeo recente (pensiamo banalmente al recente The Substance): non tanto per l’estetica dello choc, quanto per la capacità di tradurre ansie culturali (standard di bellezza, interiorizzazione del giudizio maschile, rivalità femminile indotta) in immagini che feriscono e restano.

Forma e sensualità del disgusto

Una scena di The Ugly Stepsister - © Scanbox Entertainment

La messa in scena regge la doppia tensione tra raffinato e ripugnante. La fotografia di Marcel Zyskind lavora in chiaroscuro, screziando i volti con una luce “pittorica” che rimanda al XIX secolo; i saloni, i velluti, i blu cerei dei vestiti compongono un tableau sontuoso che la regia punge con improvvise incursioni nel grottesco. Il costume design di Manon Rasmussen non illustra soltanto l’epoca: stratifica simboli – corsetti come gabbie, parrucche come maschere – e fa del guardaroba un lessico del dominio.

Il montaggio di Olivia Neergaard-Holm mantiene il film in equilibrio: alterna il rituale (le prove di danza, la vestizione di Agnes) all’osceno chirurgico, evitando che la narrazione scivoli nel compiacimento. Le musiche di Vilde Tuv e Kaada innestano un’anacronia controllata: inserti elettronici su iconografie d’altri tempi che esplicitano la tesi – il presente risuona dentro il passato, perché le regole non sono poi cambiate così tanto.

Umanità oltre gli archetipi

Lea Myren scolpisce una Elvira che non chiede perdono: ingenua e feroce, insieme vittima e agente del proprio martirio. È il suo sguardo a guidare l’empatia, a farci sentire il prezzo della trasformazione. Thea Sofie Loch Næss evita la “santificazione” di Agnes: la sua è una lucidità pragmatica, la consapevolezza che la bellezza può comprare margini di libertà – a costo di altri vincoli. Ane Dahl Torp tratteggia una Rebekka memorabile: madre carnefice e a sua volta creatura schiacciata dalle stesse regole che impone alla figlia. Flo Fagerli (Alma) è il contrappunto: silenziosa, laterale, lascia filtrare un possibile varco di tenerezza nel meccanismo della violenza.

Nel terzo atto la sceneggiatura esplicita alcune linee tematiche già leggibili nelle immagini: una sovrabbondanza di spiegazioni che toglie aria al non-detto. Qualche snodo emotivo – in particolare il rapporto Elvira/Alma – avrebbe meritato più respiro per sprigionare tutta la sua potenza. Eppure il film regge perché non cerca la morale facile: preferisce la contraddizione alla tesi, la cicatrice alla sentenza.

Una fiaba riscritta nel sangue

Lea Myren in The Ugly Stepsister - © Scanbox Entertainment

Rispetto ad altri titoli recenti che intrecciano fiaba e body horror, The Ugly Stepsister convince per coesione e coraggio visivo, e forse leggermente meno per la finezza drammaturgica. Ma quando lascia parlare i corpi, i tessuti, i rumori della carne, raggiunge un’intensità rara.

Opera prima ambiziosa e personale, The Ugly Stepsister è un racconto di formazione al contrario: non l’ingresso nell’età adulta, ma l’apprendimento della crudeltà necessaria a esistere in un sistema che monetizza il desiderio e consuma i corpi. Blichfeldt firma un esordio che sporca la fiaba di fango e sangue e restituisce ai “cattivi” la dignità di personaggi – non pedine – dentro un mondo che pretende bellezza e accetta mutilazioni.

Scream 7: il primo trailer ufficiale del film!

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La Paramount Pictures ha appena svelato il primo trailer ufficiale di  Scream 7. Il trailer inizia con quella che sembra essere la sequenza iniziale del film, in cui una coppia (interpretata da Jimmy Tatro e Michelle Randolph) soggiorna nella vecchia casa di Stu Macher, ora trasformata in un AirBNB a tema Ghostface. Ghostface minaccia quindi la figlia adolescente di Sidney, Tatum (Isabel May), che prende il nome dalla sua defunta amica del film originale, Tatum Riley. Dopo aver provocato Sidney dicendo: “Non mi nascondo… Non questa volta”, il killer attacca Sidney e Tatum nella loro casa. Tatum si rivolge quindi a sua madre dicendo: “Voglio essere una combattente come te”.

È stato inoltre rilasciato, insieme al trailer, anche un primo poster, che si può vedere al seguente post Instagram. Per quanto riguarda la sinossi completa, essa recita: Quando un nuovo assassino mascherato da Ghostface semina il terrore nella tranquilla cittadina dove Sidney Prescott (Neve Campbell) ha ricostruito la sua vita, i suoi incubi più profondi diventano realtà: la prossima vittima designata è sua figlia (Isabel May). Decisa a proteggere ciò che ama, Sidney dovrà riaprire le porte del suo passato e affrontare, una volta per tutte, l’orrore che pensava di aver lasciato alle spalle.

Cosa sappiamo di Scream 7?

Dopo mesi di attesa, è stato confermato che Scream 7 è ufficialmente in fase di sviluppo. Nel 2022, il franchise slasher preferito dai fan è stato ripreso sotto la guida del duo di registi Tyler Gillett e Matt Bettinelli-Olpin, che fanno parte del collettivo di cineasti noto come Radio Silence. I due hanno diretto sia Scream del 2022 che Scream VI di quest’anno, che è diventato il capitolo di maggior incasso del franchise a livello nazionale. Christopher Landon, il regista di successi horror come i film Auguri per la tua morte, era stato chiamato ad occuparsi della regia, ma ha in seguito abbandonato il ruolo, ora passato a Kevin Williamson.

Melissa Barrera (interprete di Sam Carpenter) è, come noto, stata licenziata da Spyglass per i suoi recenti post sui social media riguardanti la guerra tra Israele e Hamas, mentre Jenna Ortega (interprete di Tara Carpenter) ha invece abbandonato il progetto a causa di conflitti di programmazione con la seconda stagione di Mercoledì di Netflix. Con l’assenza delle due attrici, interpreti degli ultimi due film del franchise, si è dunque puntato sul ritorno di alcuni membri del cast dei primi film, tra cui Neve Campbell Courtney Cox.

Oltre alle due attrici, il cast vanta anche David Arquette che riprende il ruolo di Dewey Riley, nonostante il suo personaggio fosse già morto nel film precedente. A questi si aggiungono anche Mason Gooding (Chad Meeks-Martin) e Jasmin Savoy Brown (Mindy Meeks-Martin), già comparsi nelle ultime uscite, nonché volti nuovi come Isabel May — figlia di Sidney nel film — e Joel McHale che interpreta il marito di Sidney. Anche Matthew Lillard, interprete di Stu Macher, farà parte del film.

Scream 7 uscirà nelle sale il 27 febbraio 2026.

The Ugly Stepsister: la spiegazione del finale e della scena post credits: cosa succede a Elvira?

The Ugly Stepsister di Shudder è un film horror norvegese che presenta una versione unica della classica storia di Cenerentola. Il film ruota attorno a Elvira, la sorellastra del titolo, che entra nella vita di Agnes poco prima della morte del padre di quest’ultima. Man mano che la ragazza cresce e diventa donna all’ombra della sua nuova sorella e della sua bellezza apparentemente illimitata, inizia a esaminare attentamente quelli che il mondo intorno a lei percepisce come i suoi difetti. Di conseguenza, Elvira si ritrova a intraprendere un percorso distruttivo alla ricerca della perfezione fisica, ottenuta con ogni mezzo necessario. Tuttavia, quando i confini tra bellezza e dolore iniziano a sfumarsi, la vita della giovane donna precipita pericolosamente fuori controllo. Così, nel bel mezzo di un mondo fiabesco, la protagonista della storia si ritrova a precipitare verso un finale da incubo. SPOILER IN ARRIVO!

Cosa succede in The Ugly Stepsister

Fin da piccola, Elvira nutre idee idealistiche sul romanticismo, sognando ad occhi aperti di conquistare un giorno il cuore del Principe. Continua a nutrire queste stesse fantasie anche dopo che sua madre, Rebekka, sposa un ricco vedovo, Otto, regalando alle sue due figlie una sorellastra, Agnes. Tuttavia, i festeggiamenti per il matrimonio durano poco, soprattutto perché Otto muore durante la cena di famiglia la sera stessa delle nozze. Nei giorni seguenti, Rebekka scopre una terribile verità: il marito recentemente scomparso non possedeva alcuna ricchezza degna di nota. Di conseguenza, la vedova, che era entrata in questo matrimonio con molti debiti, deve vendere le terre e i beni della famiglia per placare i creditori.

Poco dopo, arriva un messaggio dal castello che annuncia un ballo in cui il principe Julian sceglierà la sua futura sposa. Elvira e Agnes, le due donne nubili della casa, si iscrivono all’evento e Rebekka si concede di sperare. Tuttavia, crede che la figlia maggiore sia semplicemente troppo poco attraente per avere successo al ballo. Per lo stesso motivo, assume il dottor Esthétique per correggere ogni difetto che percepisce in Elvira. Naturalmente, la figlia rimane entusiasta della prospettiva del restyling, poiché le è stato detto per tutta la vita che caratteristiche come le guance piene, il naso storto e le ciglia rade sono indicatori della sua bruttezza. Tuttavia, nulla avrebbe potuto prepararla al momento in cui il medico le avrebbe applicato il brutale scalpello sul naso.

In seguito, Elvira si ritrova a indossare un tutore nasale per mesi. Nel frattempo, come le altre ragazze del villaggio, frequenta una scuola di buone maniere che prepara le sue allieve al ballo imminente. Tuttavia, anche lì viene respinta quando la sua insegnante continua a trattarla con ostilità, favorendo invece Agnes come allieva modello. Di conseguenza, quando l’altra insegnante, Sophie, offre a Elvira una possibile soluzione ai suoi problemi, una larva di tenia, quest’ultima accetta subito. Anche se sua sorella Alma è inorridita all’idea, la sorella maggiore rimane insistente e ingoia il verme per perdere peso senza morire di fame. Inoltre, trova un’occasione d’oro per smontare Agnes dal suo piedistallo dopo averla sorpresa a fare sesso con Isak, lo stalliere del villaggio.

Di conseguenza, Agnes viene effettivamente relegata al ruolo di domestica e le viene proibito di partecipare al ballo. Nel frattempo, Elvira continua a inseguire il suo sogno di diventare la giovane donna ideale per il principe. Tre mesi dopo, una volta tolto il tutore nasale e grazie alla tenaia che le ha notevolmente snellito la figura, tutto sembra andare per il meglio. Tuttavia, la attendono ancora altre sofferenze, soprattutto quando sua madre la sottopone a un altro intervento di chirurgia estetica per cucirle delle ciglia più lunghe sulle palpebre. Ciononostante, nonostante tutte le sofferenze che deve sopportare, quando arriva il ballo, Elvira partecipa all’evento come una delle donne più distinse della sala. Riesce persino a catturare l’attenzione del Principe, almeno fino all’arrivo di una misteriosa donna in blu, che ruba immediatamente l’affetto di Julian.

Il finale della brutta sorellastra: cosa succede a Elvira e Alma?

The Ugly Stepsister

La storia di Elvira rimane straziante fin dall’inizio. Lei desidera ardentemente una storia d’amore con il principe dei suoi sogni. Tuttavia, le persone che la circondano le ricordano continuamente che non è abbastanza bella per sperare di catturare la sua attenzione. Il peggio arriva quando incontra Julian nel bosco, durante il quale il rozzo Principe le fa notare in modo crudo che non vorrebbe mai fare sesso con lei. Questo non fa che sottolineare la lezione che le è stata insegnata fin da piccola: la bellezza è l’unico modo in cui può avere un valore reale nella società. Anche se in parte questo deriva da Rebekka e dalla sua visione velenosa, anche il mondo le insegna ripetutamente la stessa cosa.

Alla scuola di buone maniere, Agnes riceve il favore dell’insegnante, mentre Elvira ottiene solo derisione. Anche quando l’insegnante Sophie cerca di essere gentile con lei, lo fa regalandole uova di tenia per farla dimagrire. Il messaggio rimane quindi forte e chiaro: per raggiungere la bellezza, Elvira deve cambiare tutto di sé, anche a costo di un dolore insondabile. Peggio ancora, questa tattica finisce per rivelarsi vantaggiosa. Una volta tolto il tutore nasale e grazie alla tenia che la mantiene notevolmente affamata, Elvira inizia a diventare la proverbiale e letterale regina del ballo. Anche il principe Julian, che in precedenza l’aveva derisa, rimane affascinato dalla sua bellezza artificiale. Tuttavia, tutto crolla quando Agnes si presenta al ballo, vestita a festa con l’aiuto della sua fata madrina.

Julian si dimentica completamente di Elvira e la scarta senza pensarci due volte a favore di Agnes. Di conseguenza, questo manda la prima in crisi, soprattutto quando capisce l’identità della misteriosa donna in blu. Infatti, si scatena a tal punto che insegue Agnes con un coltello per rubarle la scarpa. Tuttavia, il peggio della sua mania arriva quando si taglia le dita dei piedi nel tentativo di indossare la stessa scarpa. Sogna che questo atto crudele la avvicini al suo lieto fine con il Principe. Tuttavia, alla fine, rimane solo ferita, contusa e insanguinata, mentre il Principe arriva e porta via la sua sorellastra come sua futura sposa.

Nonostante ciò, mentre tutti gli altri hanno rinunciato a Elvira, lei ha ancora una persona dalla sua parte, Alma. Mentre sua sorella subisce il peso del controllo e degli insegnamenti tossici della madre, Alma riesce a crescere con una mente propria. Ad ogni svolta, è inorridita dalla volontà di Elvira di farsi del male per soddisfare l’inafferrabile standard di bellezza. Così, quando la sorella maggiore viene finalmente abbandonata, lasciata oltre lo sfruttamento, interviene per guidarla verso la riconquista dell’autonomia sul proprio corpo. Insieme, le due sorelle si liberano del terrificante verme solitario che è dentro Elvira, liberandola finalmente dal ciclo infinito di dolore e bellezza. Alla fine, le due sorelle fuggono insieme, lontano dall’influenza di Rebekka. Anche se la loro destinazione finale rimane incerta, è evidente che grazie all’aiuto di Alma, Elvira non alimenterà più il costante bisogno della società di esigere una perfezione inesistente.

Perché Elvira si taglia il piede?

Recensione The Ugly Stepsister - © Scanbox Entertainment

La discesa di Elvira nella follia si intensifica gradualmente fino a quando le sue azioni diventano sempre più preoccupanti. Quando si sottopone al bisturi di Esthétique, la scena è brutale. Tuttavia, non sembra affatto incredibile, soprattutto se vista attraverso la sensibilità moderna nei confronti della rinoplastica e della chirurgia plastica. Allo stesso modo, la sua decisione di ingoiare un uovo di tenia, sebbene estrema, rimane paragonabile alla dura cultura della dieta e all’importanza dei farmaci dimagranti nella società contemporanea. Di conseguenza, man mano che il suo scrutinio delle sue forme fisiche cresce, portando a soluzioni drastiche, la narrazione cresce naturalmente in un orrore sottinteso. Alla fine, la storia raggiunge il suo apice quando tutto ciò che ostacola Elvira sono Agnes e le sue scarpe.

Nonostante le varie difficoltà che affronta per convincere Julian a scegliere lei, il principe la abbandona comunque per la sua sorellastra, che ama naturalmente. Questo le ricorda costantemente che, per quanto Elvira si sforzi, non sarà mai ricompensata per la sua bellezza, l’unica risorsa che possiede. Tuttavia, lei rifiuta di arrendersi. Elvira ha già fatto molti sacrifici: il suo naso, i suoi occhi, il suo appetito. Pertanto, nella sua rabbia psicotica, è disposta a farne un altro. Se il principe vuole solo qualcuno con piedi piccoli, allora è pronta a tagliarsi le dita dei piedi. Anche se in passato ha già sottoposto il suo corpo a qualcosa di simile, la mancanza di una conferma clinica dietro questo atto lo rende ancora più raccapricciante e sconvolgente. In definitiva, questo atto orribile conclude perfettamente l’arco narrativo di bastardizzazione che il personaggio ha seguito fin dall’inizio.

Rebekka sa che le sue figlie stanno per andarsene? Perché le lascia fare?

All’indomani della decisione del principe Julian di prendere Agnes come sposa, Rebekka e le sue ragazze sono precipitate in una realtà oscura. Non possono più aggrapparsi alla speranza di migliorare la loro situazione finanziaria in declino grazie alla possibile proposta di matrimonio di Elvira. Anche se la ragazza avrebbe potuto ottenere altre offerte grazie alle conoscenze fatte al ballo, il suo crollo psicotico chiude anche quella porta. Inoltre, Rebekka si unisce alla figlia in questa follia tagliando volontariamente le dita dell’altro piede di Elvira per farle calzare il sandalo destro. Tuttavia, Alma, l’unica persona equilibrata della famiglia, riesce a sfuggire alle pressioni della società.

Cresciuta all’ombra della sorella maggiore, Alma gode del vantaggio di potersi costruire un’identità al di fuori di concetti come la bellezza e il suo contributo alle future opportunità matrimoniali. Dopo aver assistito alla palese violenza fisica della madre nei confronti di Elvira, Alma accetta finalmente il fatto che la casa non è più e non è mai stata un luogo sicuro per le due figlie. Così, mentre sua madre è impegnata a intrattenere un suo amico gentiluomo, Alma si intrufola nella sua stanza e ruba uno dei suoi costosi gioielli. Rebekka assiste al furto e lo lascia accadere.

La scena offre una visione unica del carattere di Rebekka. Fin dall’inizio, rimane una donna tormentata, preoccupata di garantire il sostentamento economico a se stessa e alle sue due figlie. La vita l’ha maturata e logorata abbastanza da farle capire che le donne come lei possono guadagnare soldi solo in un modo o nell’altro. Per lo stesso motivo, è così preoccupata di garantire a Elvira buone prospettive di matrimonio con ogni mezzo necessario. Tuttavia, nel farlo, priva sua figlia della sua umanità, trattandola invece come una bambola da aggiustare e rompere a piacimento. Pertanto, proprio come Elvira stessa, l’atto di tagliare il piede della ragazza è una resa dei conti personale che fa capire alla madre l’orrore dei suoi modi. Sa che i suoi peccati contro le figlie sono andati troppo oltre e non nutre alcuna speranza di perdono. Così, sceglie di lasciar andare Alma con sua sorella, concedendo finalmente alle figlie l’autonomia e la libertà d’azione che ha loro negato per tutto questo tempo.

Scena post-crediti: la morbosa realtà del “vissero felici e contenti” di Agnes

La storia si conclude con il principe Julian che reclama Agnes come sua sposa, mentre Elvira e Alma perseguono la loro libertà lontano dalla madre e dal regno che le ha solo ferite. Tuttavia, il film include una macabra scena post-crediti, che rivela che il cadavere di Otto sta ancora marcendo in una parte chiusa a chiave della casa, privato di un funerale adeguato. Poco dopo la sua morte, Agnes cerca di ottenere che il corteo funebre si svolga nella tenuta per garantire a suo padre una sepoltura adeguata. Tuttavia, Rebekka sostiene che la famiglia semplicemente non ha i soldi per concedersi una cerimonia così frivola.

Il fatto che lei continui a procurare interventi di chirurgia estetica e abiti costosi alla sua amata figlia rimane una testimonianza della sua indifferenza nei confronti di Otto. Naturalmente, il destino di Otto e la mancanza di rispetto nei confronti della sua morte diventano un notevole punto di conflitto per Agnes. Quando i suoi sogni di andare al ballo vengono infranti con la distruzione del suo vestito, lei singhiozza accanto al cadavere in decomposizione di suo padre, cercando di trovare conforto in una scena morbosa. Inoltre, sua madre defunta le appare come una fata madrina nella stessa stanza, e i vermi che si nutrono del cadavere di Otto cuciscono il vestito di Agnes per lei. Pertanto, il luogo è intrinsecamente legato alla sua trama.

Tuttavia, la rivelazione della scena post-crediti che il cadavere di Otto è intrappolato nella casa anche quando Agnes non c’è, presenta una realtà inquietante. Anche se sarebbe idilliaco immaginare che la figliastra disprezzata abbia trovato il suo lieto fine con Julian, rimangono diversi fatti. Per prima cosa, Agnes non viene mai mostrata innamorata del principe. Il suo cuore apparteneva a Isak, che potrebbe essere ancora l’amore della sua vita. Inoltre, come dimostrano le azioni passate di Julian, il principe non è esattamente gentile e compassionevole. Pertanto, è possibile che, anche se Agnes riesce a sfuggire alla sua situazione diventando una principessa, non trovi comunque la vera libertà. Almeno non abbastanza da poter salvare il cadavere in decomposizione di suo padre dalla casa da incubo di Rebekka.

Lucca Comics & Games 2025: Halloween nel segno di Stranger Things e dell’animazione

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Il 31 ottobre, in occasione di Halloween, l’Area Movie a cura di QMI trasformerà Lucca Comics & Games in un set di Stranger Things. La città toscana diventerà per un giorno Hawkins, grazie alla presenza dei protagonisti della serie NetflixFinn Wolfhard, Gaten Matarazzo, Caleb McLaughlin, Noah Schnapp – e dei suoi creatori Matt e Ross Duffer.

In attesa della quinta e ultima stagione di Stranger Things, in arrivo su Netflix il 27 novembre (Volume 1), il 26 dicembre (Volume 2) e il 1° gennaio (Episodio finale), il pubblico potrà partecipare a un evento speciale al Cinema Moderno (ore 16.30) dal titolo Stranger Things: aspettando la 5ª stagione, con incontro tra cast e creatori. A seguire (ore 18.00), si terrà una Masterclass con i Duffer Brothers, moderata da Eva Carducci, e la proiezione del primo episodio della serie, Chapter One: The Vanishing of Will Byers.

Le celebrazioni continueranno in città con il Fan Gathering in Piazza San Michele (ore 15.30), dove i fan potranno visitare un padiglione e uno store esclusivo dedicati alla serie cult di Netflix.

Ma la giornata di Halloween a Lucca sarà anche nel segno dell’animazione e del cinema d’autore. Al Teatro del Giglio, Cartoon Network (canale 607 di Sky) festeggerà Lo Strano e Meraviglioso Mondo di Gumball con una Masterclass di Ben Bocquelet, creatore della serie, moderata da Sio (ore 15.30). Un’installazione immersiva permetterà ai visitatori di entrare virtualmente nella casa dei Watterson.

Al Cinema Centrale, spazio ai grandi classici dell’animazione: Angel’s Egg (1985) di Mamoru Oshii, introdotto dall’illustratore Yoshitaka Amano e da Luca Raffaelli (ore 12.00), e Ne Zha – L’ascesa del guerriero di fuoco di Yang Yu, introdotto da Gianluca De Angelis e Davide Perino (ore 15.00).

Tra gli appuntamenti anche l’anteprima di I Love Lucca Comics & Games (ore 21.00, Teatro del Giglio), il documentario diretto da Manlio Castagna e prodotto da All At Once con Lucca Crea, in uscita nelle sale il 10, 11 e 12 novembre con I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection. Il film racconta la comunità di appassionati e autori che ogni anno anima la manifestazione, con un brano inedito di Frankie hi-nrg mc interpretato da Lillo Petrolo.

La notte di Halloween si chiuderà con il ciclo Le Notti Horror di Lucca Comics & Games:

  • Ben – Rabbia animale di Johannes Roberts (ore 18.00, Cinema Centrale), anteprima horror distribuita da Eagle Pictures;

  • IT – Capitolo Due di Andy Muschietti (ore 20.00, Cinema Centrale), introdotto da Roberto De Feo e Gabriella Giliberti;

  • Essi vivono di John Carpenter (ore 20.30, Cinema Astra), introdotto da De Feo e Nanni Cobretti de I 400 Calci.

Non mancheranno infine gli appuntamenti dedicati agli anime: il talk Perché amiamo così tanto gli anime (anche quando fanno male)? (ore 11.00, Cinema Astra) con Valentina Ariete, Eva Carducci, Gabriella Giliberti e Sonia Serafini; la première di Gachiakuta con Hiroshi Seko (ore 16.00, Cinema Astra); e la proiezione mondiale di You and Idol PreCure ♪ The Movie: For You! Our Kirakilala Concert! di TOEI Animation, con la produttrice Yoko Funakoshi (ore 18.00, Cinema Astra).

Lucca Comics & Games 2025 celebra così un Halloween all’insegna del cinema, delle serie cult e dell’immaginario pop che continua a unire generazioni di spettatori.

The Mandalorian & Grogu: Jeremy Allen White parla del suo Rotta The Hutt

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The Mandalorian & Grogu porteranno Din Djarin e Grogu sul grande schermo, e un co-protagonista gigante si unirà all’amato duo di Star Wars: il figlio di Jabba the Hutt, Rotta the Hutt. Una versione molto più giovane del personaggio, doppiata da David Acord, è apparsa in The Clone Wars, ma la sua versione adulta e muscolosa sarà interpretata dalla star di The Bear, Jeremy Allen White.

Parlando con Josh Horowitz, l’attore ha spiegato come il ruolo si sia ampliato da quando ha firmato per la prima volta per recitare e ha rivelato se ha dovuto imitare Jabba nella cabina di registrazione. Per quanto sarebbe stato divertente vederlo in un dietro le quinte, sembra che il regista Jon Favreau si occuperà della voce di White nei panni di Hutt in post-produzione.

Il regista Jon Favreau mi ha fatto sembrare tutto molto rilassato”, ha ricordato White. “Mi ha detto: ‘Interpreterai il figlio di Jabba the Hutt. Verrai qui, si tratta solo di registrare la voce, non faremo nessuna scansione, non dovrai fare niente del genere. Verrai qui per mezza giornata e leggerai alcune cose’”.

E io ho risposto: ‘Sì, certo’. Ma in realtà non avevano ancora girato nessuna scena del film, quindi mi sono limitato a leggere alcune cose, cercando di metterle insieme”, ha continuato. “Ricordo di averlo chiamato la sera prima. Stavo guardando alcuni dei film precedenti, per prepararmi, ma gli ho chiesto: ‘C’è qualcosa in particolare che vuoi che guardi o che impari? C’è qualcosa che dovrei sapere?’

E lui mi ha risposto: ‘No, vieni e fai quello che devi fare’. Io ho chiesto: ‘Che tipo di lavoro vocale vuoi che faccia?’ e stavo facendo alcune cose, ma lui mi ha detto: ‘Ci giocheremo un po’!’ Sai com’è. Non ho visto il film, quindi è difficile parlarne troppo“, ha aggiunto l’attore, prima di rivelare che è passato un anno prima che Favreau lo richiamasse.

Hanno girato il film e lui mi ha detto: ‘Abbiamo ancora qualcosa da farti fare’”, ha spiegato White. “E credo di aver capito che hanno davvero arricchito un po’ quel personaggio e che potrei essere presente in quel film più di quanto avessi inizialmente pensato”. Nel trailer il personaggio è solo accennato, per cui non resta che attendere di poter avere ulteriori assaggi di lui prima di vederlo in modo completo al cinema!

The Mandalorian & Grogu, tutto quello che sappiamo sul film

Favreau sta producendo il film insieme alla presidente della Lucasfilm Kathleen Kennedy e Filoni, CCO della Lucasfilm ed ex direttore supervisore dell’amata serie animata “Star Wars: The Clone Wars“. “Ho amato raccontare storie ambientate nel ricco mondo creato da George Lucas”, ha detto in precedenza Favreau. “La prospettiva di portare il mandaloriano e il suo apprendista Grogu sul grande schermo è estremamente emozionante”.

La serie di tre stagioni The Mandalorian è stata generalmente ben accolta da fan e critici. Una quarta stagione è già in fase di sviluppo presso Lucasfilm, con l’obiettivo di riallacciarsi agli eventi di “Ahsoka” e di altri show Disney+ di Star Wars.

Si sa molto poco del film, incluso il suo posizionamento nella cronologia di “The Mandalorian” e chi altro dovrebbe recitare oltre a Pascal. Tuttavia, la star di “AlienSigourney Weaver è in trattative per recitare nel film, anche se i dettagli sul suo personaggio sono ancora segreti. The Mandalorian & Grogu uscirà nelle sale il 22 maggio 2026.

Avengers: Doomsday, una promo art rivela un’anteprima in HD di Dottor Destino

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Si dice che il primo trailer di Avengers: Doomsday verrà proiettato prima di Avatar: Fuoco e Cenere questo dicembre. Se così fosse, potremmo finalmente avere un’idea più chiara di cosa aspettarci dal Dottor Destino interpretato da Robert Downey Jr., il nuovo grande cattivo della Saga del Multiverso (e sostituto di Kang).

All’inizio di quest’anno sono apparse alcune immagini promozionali ufficiali di Victor Von Doom interpretato da Downey. Ora sono ricomparse, però questa volta in full HD (la si può vedere qui). La preoccupazione maggiore dei fan quando la star di Avengers: Endgame è stata scelta per il ruolo era che il Doom dell’MCU sarebbe stato una variante di Tony Stark.

Non sembra essere così, un sollievo dopo che all’inizio della produzione di Avengers: Doomsday era emerso un biglietto di auguri che mostrava Downey come un ibrido tra Iron Man e Doom. Non c’è molto da discutere qui che non abbiamo già trattato quando quelle immagini leggermente sfocate di Doom sono apparse per la prima volta sui social media durante l’estate.

È ricoperto di sigilli magici e la maschera è leggermente diversa da quella che abbiamo visto nella scena a metà dei titoli di coda di I Fantastici Quattro: Gli Inizi. Probabilmente c’è una ragione narrativa per questo, e potrebbe essere perché questo è Doom nella sua forma definitiva.

Dopo tutto, sembra che Doom abbia fuso i Dieci Anelli di Shang-Chi e i braccialetti di Kamala Khan alla sua armatura, due artefatti che si ritiene siano legati a Kang, data la grande quantità di immagini di “anelli” che circondavano il personaggio nelle sue precedenti apparizioni. Non resta a questo punto che attendere di poter vedere il primo trailer per avere maggiori dettagli.

Cosa sappiamo di Avengers: Doomsday

Avengers: Doomsday e Avengers: Secret Wars arriveranno in sala rispettivamente il 18 dicembre 2026, e il 17 dicembre 2027. Entrambi i film saranno diretti da Joe e Anthony Russo, che tornano anche nel MCU dopo aver diretto Captain America: The Winter Soldier, Captain America: Civil War, Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame.

Sono confermati nel cast del film (per ora): Paul Rudd (Ant-Man), Simu Liu (Shang-Chi), Tom Hiddleston (Loki), Lewis Pullman (Bob/Sentry), Florence Pugh (Yelena), Danny Ramirez (Falcon), Ian McKellen (Magneto), Sebastian Stan (Bucky), Winston Duke (M’Baku), Chris Hemsworth (Thor), Kelsey Grammer Bestia), James Marsden (Ciclope), Channing Tatum (Gambit), Wyatt Russell (U.S. Agent), Vanessa Kirby (Sue Storm), Rebecca Romijn (Mystica), Patrick Stewart (Professor X), Alan Cumming (Nightcrawler), Letitia Wright (Black Panther), Tenoch Huerta Mejia (Namor), Pedro Pascal (Reed Richards), Hannah John-Kamen (Ghost), Joseph Quinn (Johnny Storm), David Harbour (Red Guardian), Robert Downey Jr. (Dottor Destino), Ebon Moss-Bachrach (La Cosa), Anthony Mackie (Captain America).

Paramount+: le nuove uscite di novembre: tra commedia, riflessione e grandi ritorni

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Il catalogo Paramount+ di novembre 2025 si arricchisce di titoli capaci di attraversare generi e sensibilità molto diverse, offrendo un mosaico che spazia dalla commedia d’autore italiana al thriller psicologico britannico, dal dramma sociale al legal americano. Il mese segna soprattutto un addio importante: quello a Vita da Carlo, la serie creata e interpretata da Carlo Verdone che giunge alla sua stagione finale dopo essere stata presentata alla Festa del Cinema di Roma. Accanto a essa, tornano anche Landman e Matlock, due produzioni statunitensi che esplorano, rispettivamente, le zone grigie del capitalismo contemporaneo e la ricerca di giustizia attraverso l’esperienza e l’umanità di un personaggio fuori dagli schemi.

Vita da Carlo – Stagione finale: il congedo di un autore tra ironia e malinconia

Disponibile dal 28 novembre, Vita da Carlo – Stagione finale rappresenta l’ultimo atto di un progetto che ha saputo raccontare, con il tono inconfondibile di Verdone, le contraddizioni di un uomo pubblico sempre più disincantato di fronte al proprio tempo. Dopo la “gaffe” sanremese che aveva chiuso la stagione precedente, Carlo si ritira a Nizza per poi tornare a Roma, dove accetta di insegnare regia al Centro Sperimentale di Cinematografia. Qui, il contatto con sei giovani studenti gli impone di confrontarsi con un mondo culturale in trasformazione, fatto di nuove sensibilità e linguaggi che sfuggono alla sua generazione. È in questa tensione tra passato e futuro, tra l’artigianato del cinema e l’era digitale, che Vita da Carlo trova il suo commiato più autentico.

Il tono resta quello della commedia esistenziale che attraversa tutta la filmografia verdoniana, ma lo sguardo è più intimo, consapevole e persino metacinematografico. Il cast corale — con Sergio Rubini, Monica Guerritore, Maria Paiato, Maccio Capatonda e numerose guest star — restituisce l’idea di un piccolo universo umano che ruota attorno al protagonista, in bilico costante tra pubblico e privato.

Landman – Stagione 2: il sogno americano tra petrolio e dannazione

Dal 16 novembre torna Landman, creata da Taylor Sheridan e Christian Wallace e interpretata da Billy Bob Thornton, Demi Moore e Andy Garcia. La seconda stagione prosegue il racconto dell’epopea petrolifera texana, dove la ricchezza è una maledizione travestita da opportunità. Sheridan, fedele alla sua poetica fatta di paesaggi sterminati e tensioni morali, esplora il lato oscuro del progresso, mostrando come l’avidità e la sopravvivenza plasmino identità e relazioni.

Il Texas occidentale diventa il simbolo di un’America che brucia le proprie risorse — materiali e umane — in nome del profitto. Thornton, nel ruolo di Tommy Norris, incarna un antieroe schiacciato tra colpa e ambizione, in una spirale di segreti e compromessi. Con la consueta cura visiva e la scrittura cruda tipica dell’universo Sheridan (Yellowstone, Tulsa King), Landman conferma Paramount+ come la casa delle grandi saghe americane contemporanee.

Matlock – Stagione 2: Kathy Bates rilegge un classico del legal drama

Dal 30 novembre torna con la seconda stagione anche Matlock, la serie che reinterpreta il celebre legal drama degli anni Ottanta affidandolo al carisma e all’intelligenza di Kathy Bates. La protagonista, Madeline “Matty” Matlock, è una settantenne brillante che decide di rimettersi in gioco, entrando in un prestigioso studio legale e affrontando casi che la mettono di fronte a verità scomode e dilemmi etici.

La serie — ideata da Jennie Snyder Urman, già showrunner di Jane the Virgin — unisce la struttura del procedural alla dimensione personale di un personaggio femminile maturo, raro nella serialità mainstream. Bates costruisce una Matty ironica, empatica e strategica, che utilizza la sua apparente fragilità come arma. La seconda stagione amplifica la componente thriller, intrecciando l’indagine sulla morte della figlia a una riflessione più ampia sul potere, il genere e la memoria.

Crutch e Tutti i diavoli sono qui: tra commedia urbana e thriller psicologico

Dal 3 novembre debutta Crutch, comedy con Tracy Morgan nei panni di un negoziante di Harlem costretto a reinventarsi quando i figli tornano a casa. Creata da Owen Smith e prodotta da Cedric The Entertainer, la serie si inserisce nel filone della sitcom generazionale, ma con un tono più intimo e una scrittura che punta sul realismo dei rapporti familiari e sulle dinamiche intergenerazionali delle comunità afroamericane.

Di segno completamente diverso è Tutti i diavoli sono qui (dal 18 novembre), elegante thriller britannico con Eddie Marsan e Sam Claflin. Isolati in una casa di campagna, quattro criminali devono fare i conti con le proprie pulsioni e paranoie, in un crescendo psicologico che richiama l’estetica di Ben Wheatley e la claustrofobia teatrale del cinema inglese più raffinato.

Heart Eyes e Fireflies: l’amore e l’identità tra romanticismo e esilio

Il 25 novembre arriva Heart Eyes, horror-comedy diretta da Josh Ruben e scritta da Christopher Landon, che mescola la leggerezza della commedia romantica al brivido dello slasher. Olivia Holt e Mason Gooding interpretano due colleghi costretti a unirsi per sfuggire a un misterioso killer che uccide coppie nel giorno di San Valentino. Tra ironia e sangue, il film riflette sulla paura della vulnerabilità e sul linguaggio dei sentimenti nell’era dell’immagine.

Più drammatico e poetico è Fireflies (dal 21 novembre), firmato da Bani Khoshnoudi. La storia dell’iraniano Ramin, giovane omosessuale fuggito in Messico, si trasforma in una delicata esplorazione dell’identità e del senso di appartenenza. In bilico tra realismo e lirismo, Fireflies racconta l’esilio come condizione universale, trovando nel mare e nella luce di Veracruz una metafora della libertà e della memoria.

Dall’universo Nickelodeon e MTV: tra avventura e provocazione

A completare il mese di novità, Paramount+ propone nuovi episodi di Paw Patrol (stagione 12) e dello spin-off Rubble & Crew, pensati per il pubblico più giovane e ancora una volta centrati sui valori di amicizia, coraggio e cooperazione. Dall’altro lato dello spettro televisivo arriva Dating Naked UK (dal 28 novembre), il dating show più audace di MTV che punta a mettere alla prova l’autenticità dei rapporti umani, spogliati — letteralmente — di ogni maschera sociale. Una scelta che testimonia la varietà della piattaforma, capace di alternare sperimentazione e comfort viewing, risate e riflessione, intrattenimento pop e autorialità.

Novembre su Paramount+: un equilibrio tra autori e pubblico

Il mese di novembre segna per Paramount+ un momento di consolidamento identitario. Le serie e i film in arrivo non si limitano ad ampliare il catalogo, ma confermano la volontà di unire la forza delle produzioni internazionali a un investimento crescente nel racconto italiano. Vita da Carlo ne è l’esempio più emblematico: un’autobiografia ironica che diventa manifesto di un autore e, allo stesso tempo, metafora del cinema che cambia. Accanto a essa, la piattaforma costruisce un’offerta trasversale che parla a pubblici diversi senza rinunciare alla qualità e alla profondità narrativa — una direzione che rende Paramount+ sempre più competitiva nel panorama streaming globale.

Man of Tomorrow: un’indiscrezione sul casting rivelerebbe nuovi dettagli sul villain

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James Gunn ha annunciato il mese scorso il titolo e la data di uscita del prossimo capitolo della saga di Superman della DC Studios, Man of Tomorrow, e da allora i fan hanno iniziato a speculare su questo seguito di Superman (non chiamatelo sequel) e su quali altri personaggi potrebbero essere al centro della trama. Sappiamo che David Corenswet e Nicholas Hoult riprenderanno i rispettivi ruoli di Clark Kent/Superman e Lex Luthor, e Gunn ha confermato che questi acerrimi nemici metteranno da parte le loro divergenze e uniranno le forze per affrontare una minaccia più grande.

La teoria prevalente (che è supportata da alcune prove) è che Brainiac sarà il grande cattivo del film, ma non è l’unica possibilità. Nexus Point News ha ora condiviso i dettagli di un casting per il cattivo di Man of Tomorrow: “Per l’antagonista del film saranno utilizzati trucco e protesi. Inoltre, per il ruolo si stanno cercando attori con una corporatura e una statura robuste”. Trucco e protesi potrebbero essere utilizzati per dare vita a molti nemici di Superman sullo schermo, ma una “corporatura robusta e statura imponente” non rimandano necessariamente a Brainiac.

Nei fumetti, infatti, il personaggio è spesso raffigurato con un fisico piuttosto nella media. NPN ipotizza dunque che questa descrizione potrebbe essere più adatta a Mongul. Quest’ultimo, originariamente concepito come risposta della DC a Thanos, potrebbe avere più senso di Brainiac ora che Salvation è stato stabilito come un fattore importante nel futuro della DCU nel finale della seconda stagione di Peacemaker. La versione moderna del personaggio è stata reintrodotta come sovrano di Warworld, un impero spaziale che organizza giochi gladiatori per intrattenere i suoi cittadini.

Al momento si tratta solamente di rumor non confermati ufficialmente, per cui non resta che attendere di poter avere maggiori novità e certezze riguardo al film.

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Tutto quello che sappiamo su Man of Tomorrow

Le riprese principali di Man of Tomorrow dovrebbero iniziare nella primavera del 2026, con una data di uscita fissata per il 9 luglio 2027. David Corenswet riprenderà il ruolo nel sequel al fianco di Lex Luthor, interpretato da Nicholas Hoult, poiché i due si alleeranno contro questo nuovo nemico, come ha dichiarato il regista.

James Gunn ha infatti affermato: “È una storia in cui Lex Luthor e Superman devono collaborare in una certa misura contro una minaccia molto, molto più grande. È più complicato di così, ma questa è una parte importante. È tanto un film su Lex quanto un film su Superman. Mi è piaciuto molto lavorare con Nicholas Hoult. Purtroppo mi identifico con il personaggio di Lex. Volevo davvero creare qualcosa di straordinario con loro due. Adoro la sceneggiatura”.

Gunn annunciato Man of Tomorrow sui social media il 3 settembre. Nel suo annuncio, lo sceneggiatore e regista ha incluso un’immagine tratta dal fumetto in cui Superman è in piedi accanto a Lex Luthor nella sua Warsuit. Nei fumetti DC, Lex crea la tuta per eguagliare la forza e le abilità di Superman. Mentre l’immagine teaser suggeriva che Lex e Superman sarebbero stati di nuovo in contrasto, ora sembra che Lex userà la sua Warsuit per poter essere allo stesso livello di Superman per qualsiasi grande minaccia si presenti loro. Al momento, è confermata la presenza della Lois Lane di Rachel Brosnahan.

Il film è stato in precedenza descritto come un secondo capitolo della “Saga di Superman”. Ad oggi, Gunn ha affermato unicamente che “Superman conduce direttamente a Peacemaker; va notato che questo è per adulti, non per bambini, ma Superman conduce a questo show e poi abbiamo l’ambientazione di tutto il resto della DCU nella seconda stagione di Peacemaker, è incredibilmente importante”.

Adam Driver protagonista per Netflix della nuova serie crime Rabbit Rabbit

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La nuova serie di Netflix Rabbit, Rabbit segna il ritorno in televisione di Adam Driver dopo otto anni. Sebbene Driver sia diventato famoso per il ruolo di Kylo Ren nella trilogia sequel di Star Wars dal 2015 al 2019, seguito dalle sue interpretazioni candidate all’Oscar in BlacKkKlansman (2018) e Storia di un matrimonio (2019), il suo ruolo di svolta è arrivato nella serie HBO Girls dal 2012 al 2017, che gli è valso tre nomination agli Emmy.

Ora Netflix ha annunciato che Driver reciterà nella nuova serie Rabbit, Rabbit, ideata da Peter Craig – coautore di The Batman, Top Gun: Maverick e The Town – e diretta da Philip Barantini (già autore di Adolescence di Netflix). La sinossi della serie recita: “Un detenuto evaso prende degli ostaggi nel tentativo di negoziare la sua libertà, ritrovandosi coinvolto in un esperimento sociale ingestibile con i suoi prigionieri e in una partita di poker con un negoziatore veterano”.

Sebbene non sia stato dichiarato esplicitamente, Adam Driver interpreterà probabilmente il ruolo principale del detenuto evaso che prende degli ostaggi nel tentativo di negoziare la propria libertà. Il crime drama con ostaggi è descritto come simile a Quel pomeriggio di un giorno da cani. Le riprese potrebbero iniziare già il prossimo anno. Philip Barantini è noto per il suo intenso stile a ripresa unica, come si vede nel film del 2021 Boiling Point e in tutti e quattro gli episodi della miniserie Netflix Adolescence , che gli è valsa un Emmy Award per la migliore regia di una miniserie.

Dato che Barantini ha girato sia Boiling Point che Adolescence utilizzando il suo stile a ripresa unica, montando insieme più piani sequenza affinché ne sembri uno unico, è probabile che anche ogni episodio di Rabbit, Rabbit sarà girato in tale maniera. Driver, noto per la sua serie di interpretazioni intense, sembra perfetto per il ruolo principale in questo progetto. Non resta dunque che attendere maggiori novità.

Chaos Walking: le differenze tra il libro e il film con Tom Holland

Il film di fantascienza distopica Chaos Walking, interpretato da Tom Holland di Spider-Man e Daisy Ridley di Star Wars, è basato su La fuga, il primo romanzo di una trilogia di romanzi di Patrick Ness. Tuttavia, per l’adattamento cinematografico sono state apportate importanti modifiche alla storia che rendono praticamente impossibile il proseguimento di essa in altri film. In particolare, il film conclude in modo affrettato il conflitto tra i protagonisti Todd e Viola e il loro nemico, il sindaco Prentiss.

Tuttavia, questa non è l’unica differenza tra il libro e il film, e molti di questi cambiamenti hanno portato alle numerose lacune che hanno reso Chaos Walking più confuso di quanto avrebbe dovuto essere, impedendogli di ottenere un successo simile a quello di adattamenti letterari di genere distopico come Hunger GamesMaze Runner o Divergent. In questo articolo, dunque, approfondiamo alcune delle differenze più degne di nota che il film ha apportato al libro.

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L’età e il possibile destino di Todd

Uno dei cambiamenti più importanti è che il film rende Todd più vecchio di quanto non sia nei libri. In questi, Todd sta per compiere 13 anni, un’età in cui tutti i ragazzi di Prentisstown devono sottoporsi a un rituale specifico per diventare uomini che prevede l’uccisione di qualcuno. I padri adottivi di Todd vogliono però salvarlo da questo destino e dunque lo mandano via.

Nel film Chaos Walking, invece, Todd è più grande, anche se è ancora considerato giovane rispetto al resto degli abitanti di Prentisstown. Anche il sindaco Prentiss fa capire di avere dei piani speciali per lui, ma non rivela mai quali siano, limitandosi a dire che vede qualcosa di speciale nel giovane. Inoltre, non è l’evitare un rituale a far scappare Todd, ma il trovare Viola e aiutarla a fuggire dal sindaco Prentiss, cosa che non accade all’inizio del primo romanzo, La fuga. Questa modifica cambia dunque radicamente l’evento scatenante della storia.

La causa della morte delle donne

Chaos Walking sequel

Uno dei principali colpi di scena di Chaos Walking riguarda la sorte delle donne sul pianeta appena colonizzato. Nel film, Todd viene educato a credere che tutte le donne siano morte quando la specie nativa del pianeta, gli Spackle, le ha uccise in seguito a una guerra tra Prentisstown e gli Spackle. Tuttavia, in seguito si scopre che gli uomini di Prentisstown hanno ucciso tutte le donne perché non riuscivano a vedere e sentire i loro pensieri, mentre le donne potevano invece vedere e sentire i loro grazie a un fenomeno chiamato “Rumore”.

Nei libri, la spiegazione della mancanza di donne a Prentisstown è però diversa: gli uomini di Prentisstown sostengono che un germe diffuso dallo Spackle abbia ucciso tutte le donne e abbia infettato gli uomini con il Rumore. Questo fa sì che gli uomini inizino una guerra con lo Spackle per fermare la diffusione del germe mortale e porta Todd a credere di essere portatore della malattia. Alla fine, però, il grande colpo di scena della storia è lo stesso: gli uomini di Prentisstown hanno ucciso le donne.

Animali e Rumore

Chaos Walking Daisy Ridley

In Chaos Walking, tutti gli uomini hanno il Rumore. Come già detto, i libri attribuiscono il Rumore a un germe diffuso dalle specie indigene del pianeta. Inoltre, tutti i maschi, indipendentemente dalla specie, possiedono il Rumore. Di conseguenza, nei libri è possibile vedere e sentire i pensieri del cane di Todd, Manchee, e degli altri animali che incontrano nei boschi. Il Rumore si estende anche agli Spackle, che lo usano per comunicare tra loro. Nel film, invece, tutti gli uomini umani, ma non le altre specie, sono afflitti dal Rumore nel momento in cui attraversano l’atmosfera del pianeta, rendendo il pianeta stesso responsabile della cosa.

Il ruolo degli Spackle nella storia

Il trattamento che il film riserva agli Spackle è molto diverso da quello dei libri. Nel romanzo, il germe che causa il Rumore provoca una guerra tra i coloni umani e gli Spackle, che porta gli umani, guidati dal sindaco Prentiss, a catturare molti Spackle e a usarli come schiavi. D’altra parte, gli Spackle non sono altro che informazioni di sfondo nel film. Solo un membro della specie appare sullo schermo e non viene schiavizzato. Di conseguenza, l’importanza degli Spackle per la storia è stata pressocché ridotta al minimo.

L’incontro tra Todd e Viola

Il film e il libro di Chaos Walking descrivono l’ingresso di Viola nella storia in modo diverso. Nel film, Viola fa parte di una navetta di esplorazione inviata sul pianeta per preparare l’arrivo del prossimo gruppo di coloni. Dopo essere stata l’unica sopravvissuta a un atterraggio di fortuna e aver capito che gli uomini di Prentisstown sono pericolosi, si dà alla fuga, con l’aiuto di Todd.

Nel libro, Todd è invece già in fuga quando incontra Viola nel bosco. Nel frattempo, anche se Viola si schianta sul pianeta, in questo caso era su una navetta con i suoi genitori che muoiono nell’incidente. Nel film, tuttavia, i genitori di Viola muoiono sull’astronave durante il viaggio per raggiungere il pianeta, un evento che non ha dunque nulla a che fare con la sua missione di esplorazione.

Lo scontro finale

In Chaos Walking, Todd e Viola vengono inviati nella città di Farbranch per trovare aiuto. Anche nel libro si recano a Farbranch, ma poi questo e il film prendono direzioni completamente diverse. Nel film il sindaco di Farbranch li manda in una terza comunità chiamata Haven. Quando Prentiss si presenta a Farbranch, continua a inseguire Todd e Viola finché non arrivano tutti alla prima grande astronave che ha portato i coloni umani sul pianeta. È qui che si svolge il combattimento finale del film e Viola e Todd non riescono mai a raggiungere Haven.

Questo non è ciò che accade nel primo libro, né in nessuno dei successi in realtà. Todd e Viola non si fermano mai su una nave per entrare in contatto con la gente della ragazza nello spazio. Invece, continuano a correre e alla fine arrivano ad Haven. Il colpo di scena è che Prentiss li batte sul posto, si dichiara presidente di New World e cattura sia Todd che Viola. Il film arriva invece più rapidamente alla resa dei conti finale con Prentiss, eliminando gran parte dell’azione dei libri.

Road House: guerra tra Doug Liman e Amazon, due sequel in arrivo

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Sembra esserci un altro scontro dietro le quinte tra il regista del remake di Road House (qui la recensione), Doug Liman, e Amazon MGM riguardo al franchise. Ora, due sequel del film d’azione potrebbero scontrarsi l’uno contro l’altro. Il revival di Road House di Liman, con Jake Gyllenhaal e Conor McGregor, è stato un successo immediato. Tuttavia, cresce la tensione riguardo alla decisione di Amazon MGM di passare direttamente allo streaming, nonostante avesse promesso al regista nel contratto originale che il film sarebbe uscito nelle sale.

A seguito della disputa, Liman ha quindi deciso di acquistare i diritti per produrre il suo sequel direttamente dallo sceneggiatore del film originale, R. Lance Hill, mentre lo studio sta realizzando il proprio seguito. Il film di Liman si intitolerà Road House: Dylan e non vedrà la partecipazione di Gyllenhaal né avrà alcun collegamento con il primo remake. Sarà invece una continuazione della versione di Hill della serie, riprendendo da dove la sua storia si era interrotta.

Road House 2 di Amazon MGM sarà invece diretto da Ilya Naishuller e avrà come protagonista Gyllenhaal. Vedrà anche il ritorno di Dave Bautista, Aldis Hodge e Leila George. Il sequel non uscirà nelle sale e sarà disponibile direttamente in streaming su Amazon Prime, proprio come il primo. Mentre i dettagli della trama di entrambi i sequel sono ancora avvolti nel mistero, la battaglia legale tra i creatori non lo è. Hill, che ha scritto Road House nel 1989, afferma di aver riottenuto la proprietà della sceneggiatura del film ai sensi della Sezione 203 della legge statunitense sul copyright.

Questa norma consentirebbe agli sceneggiatori di riottenere i diritti delle loro opere 35 anni dopo averli venduti. Ovviamente, Amazon MGM ha avuto un grosso problema con Hill e non ha concordato con le sue dichiarazioni. Lo studio ha sostenuto che la sceneggiatura è stata venduta attraverso la società di Hill (Lady Amos Inc.), il che significa che è considerata “opera su commissione”, quindi non può semplicemente riprenderla. Ciò ha portato lo scrittore a citarli in giudizio per violazione del copyright in relazione al remake di Road House.

Tutto quello che c’è da sapere su Road House

Il film ha come protagonista Jake Gyllenhaal nei panni di Elwood Dalton, un ex lottatore UFC che lotta per sbarcare il lunario. Dopo che la proprietaria di un Roadhouse delle Florida Keys lo trova a dormire nella sua auto, Elwood diventa il buttafuori del locale e si ritrova coinvolto in una guerra tra fuorilegge e motociclisti (tra cui l’attuale artista di arti marziali miste, diventato attore per la prima volta, Conor McGregor) e un costruttore deciso a costruire un sontuoso resort per “ricchi stronzi” al posto di quel locale.

La star di Shrinking, Jessica Williams, che l’estate scorsa ha confermato che si sarebbe unita al cast, interpreta la proprietaria del Roadhouse. Completano il cast di Road House gli attori Billy Magnussen (No Time To Die), Daniela Melchior (The Suicide Squad), Gbemisola Ikumelo (A League of Their Own), Lukas Gage (The White Lotus), Hannah Love Lanier (A Black Lady Sketch Show), Travis Van Winkle (You), B. K. Cannon (Why Women Kill), Arturo Castro (Broad City), Dominique Columbus (Ray Donovan), Beau Knapp (Seven Seconds) e Bob Menery.

Doug Liman (Edge of Tomorrow) dirige Road House da una sceneggiatura scritta da Anthony Bagarozzi e Charles Mondry. Dopo aver prodotto il film originale del 1989, Joel Silver torna a produrre per la sua società Silver Pictures insieme a JJ Hook, Alison Winter e Aaron Auch, che fungono da produttori esecutivi.

The Conjuring: in arrivo un prequel con un nuovo regista alla guida

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Il prossimo prequel della serie The Conjuring sta ufficialmente prendendo forma, con un regista pluripremiato in trattative per partecipare al progetto. La serie, come noto, ha recentemente pubblicato The Conjuring – Il rito finale, che ha concluso la storia della famiglia Warren. Anche se l’avventura di Vera Farmiga e Patrick Wilson nella serie è terminata, rimangono molti potenziali spin-off di Conjuring per ampliare ulteriormente la serie. Tra questi c’è un prequel, sul quale ci sono state molte speculazioni.

Secondo Borys Kit di The Hollywood Reporter, il prequel è ora “un film confermato per la New Line” dopo che Il rito finale ha incassato quasi 500 milioni di dollari al botteghino mondiale. Il regista di cortometraggi Rodrigue Huart sarebbe in trattative per dirigere il film. Huart è noto per il cortometraggio sui vampiri Transylvanie, che ha vinto il Midnight Short Jury Award al SXSW 2024. I suoi cortometraggi Trigger e Real, entrambi presentati in anteprima al Fantasia 2024, combinano invece found footage e horror digitale.

A giugno è stato reso noto che la Paramount Pictures ha acquisito la sceneggiatura di Suffer Little Children di Huart e che lui stesso dirigerà il film, che è una rivisitazione del film horror spagnolo del 1976 Chi può uccidere un bambino?. Walter Hamada è il produttore di Suffer Little Children. Oltre ad essere un regista sempre più apprezzato nel genere horror, il legame di Huart con Hamada ha probabilmente contribuito alla sua scelta come regista del prequel di The Conjuring.

Hamada è infatti stato produttore esecutivo di numerosi film della serie The Conjuring, tra cui L’evocazione – The Conjuring (2013), Annabelle (2014), The Conjuring – Il caso Enfield (2016), Annabelle 2: Creation (2017) e The Nun (2018). Se Huart firmerà ufficialmente per il prequel, questo sarà il primo capitolo dell’universo di The Conjuring dopo Annabelle 3 (2019) a non essere diretto da Michael Chaves. Quest’ultimo ha infatti diretto The Conjuring – Per ordine del Diavolo (2021), The Nun II (2023) e The Conjuring – Il rito finale.

James Wan, che ha diretto L’evocazione – The Conjuring e The Conjuring – Il caso Enfield, è rimasto parte integrante della serie horror in espansione. Tuttavia, ci sono state voci secondo cui Wan avrebbe lasciato il franchise a causa di una disputa salariale, il che significa che è improbabile che sia coinvolto nel prequel. Con il progetto che ora va avanti, sembra dunque che la Warner Bros. sia fiduciosa che il franchise possa andare avanti anche senza Wan.

Ci sono ancora molti dettagli da definire per il prequel di The Conjuring, ma il progetto è in fase di realizzazione, probabilmente con Huart come regista. Questa è una buona notizia per il franchise e per i fan che vogliono vedere la storia continuare dopo l’ultimo capitolo, i cui incassi al botteghino sono stati determinanti per questo sviluppo. D’altronde, sono ancora tante le storie degli Warren che possono essere adattate per il grande schermo.

Oculus – Il riflesso del male: la spiegazione del finale del film horror

Mike Flanagan è uno dei registi più interessanti che lavorano nel genere horror oggi, avendo diretto film come Ouija – L’origine del male, Il gioco di Gerald e Doctor Sleep, oltre che la serie Netflix The Haunting of Hill House e La caduta della casa degli Usher. Che si tratti di adattare una novella di Stephen King o di spaventare il pubblico con i suoi numerosi show su Netflix, lo scrittore/regista sa come raccontare storie emozionanti e piene di terrore. Prima di questi titoli, il suo film del 2013 Oculus – Il riflesso del male (qui la recensione) si è a sua volta dimostrato un’interpretazione avvincente di una tragedia familiare.

Il film – il cui cast include Karen GillanBrenton ThwaitesKatee SackhoffRory CochraneAnnalise Basso e Garrett Ryan – è basato su cortometraggio horror del 2005 di Flanagan, Oculus: Chapter 3 – The Man with the Plan. Esso conteneva una sola ambientazione, un solo attore e uno specchio. Dato che è divenuto subito molto popolare, si è rapidamente acceso l’interesse per il suo adattamento in un lungometraggio. Questo presenta molti dei tratti distintivi dell’opera di Flanagan. I personaggi si trovano in una situazione emotiva molto delicata, sono legati sia al passato che al presente e sono alle prese con il loro incerto futuro. 

Si mescolano così sentimento e terrore, in un film che trova il suo punto di forza del film nella fantastica doppia narrazione di due tempi diversi, che ci conduce attraverso un racconto che presenta sia elementi horror (uno specchio paranormale) o ma anche da thriller psicologico (una famiglia problematica). Ciò che si vede sullo schermo, inoltre, pone in crisi le certezze dello spettatore, che si ritrova a porsi diverse domande, specialmente nel finale. Qual è la natura esatta degli eventi che si verificano? Qual è il rapporto tra questi eventi? Cosa succede di preciso nell’atto conclusivo di Oculus – Il riflesso del male? Scopriamolo con questa spiegazione.

La trama di Oculus – Il riflesso del male

Il film racconta dei fratelli Tim (Brenton Thwaites) e Kaylie Russell (Karen Gillian) che tornano nella loro casa d’infanzia undici anni dopo che la loro famiglia è stata sconvolta da eventi inspiegabili e scioccanti. A venire acccusato del brutale assassinio di entrambi i genitori Alan (Rory Cochrane) e Marie (Katee Sackhoff) è proprio Tim, che spende così quegli anni in carcere, fino a quando non ne esce con l’unico desiderio di lasciarsi tutto alle spalle e ricominciare. La sorella Kaylie invece, ancora ossessionata da quella fatidica notte, è fortemente convinta che la morte dei suoi genitori sia stata causata da qualcos’altro.

Secondo la ragazza, una forza maligna risiederebbe in un antico specchio che si trovava nella casa di famiglia. Kaylie, determinata a provare l’innocenza del fratello, rintraccia lo specchio e scopre che nel corso dei secoli i diversi proprietari dell’oggetto sono stati tutti vittime di morti violente simili a quella dei suoi genitori. Ora che lo specchio è di nuovo nelle loro mani, Tim e Kaylie sono decisi a scoprire la verità, ma si renderanno conto troppo tardi che l’incubo della loro infanzia è tornato.

La spiegazione del finale del film

Karen Gillan in Oculus - Il riflesso del male (2013)
Foto di John Estes – © 2013 Lasser Productions

La prima linea narrativa del film ha dunque inizio nel 2002, quando l’ingegnere informatico Alan Russell si trasferisce in una nuova casa con la moglie Marie, il figlio Tim di 10 anni e la figlia Kaylie di 12 anni. Alan acquista uno specchio antico per decorare il suo ufficio, ma a loro insaputa, lo specchio induce allucinazioni soprannaturali. Marie viene così perseguitata da visioni del proprio corpo in decomposizione, mentre Alan è sedotto da una misteriosa e spettrale donna di nome Marisol Chavez che ha degli specchi al posto degli occhi. Ben presto, i due diventano sempre più paranoici e violenti, anche nei confronti dei figli.

Una notte, Alan e Marie attaccano i due bambini, ma quando la donna torna brevemente in sé, viene uccisa da Alan con un colpo di pistola. Quando anche Alan vive un momento di lucidità, si uccide costringendo Tim a premere il grilletto della pistola e a sparargli, provocando una piccola crepa nell’angolo dello specchio. Prima di morire, implora i bambini di scappare. Prima che i fratelli vengano separati dalla polizia, promettono di riunirsi da adulti e di distruggere lo specchio. Mentre Tim viene portato via, vede i fantasmi dei suoi genitori che lo osservano dalla casa.

Il racconto ambientato nel 2013, dunque, vede Kaylie che, sfruttando la sua posizione di dipendente di una casa d’aste, ottiene l’accesso allo specchio e lo fa trasportare nella casa di famiglia, dove lo colloca in una stanza piena di telecamere di sorveglianza e di un “kill switch”, con un’ancora appesa al soffitto pronta a distruggerlo. Kaylie intende porre fine a quello specchio, ma prima vuole documentarne i poteri, dimostrando l’innocenza di Tim, ora uscito di prigione. Quando notano che le piante di casa iniziano ad appassire, rivedono il filmato della telecamera e si vedono compiere azioni di cui non hanno memoria.

Tim riconosce dunque il potere soprannaturale dello specchio e tenta di fuggire dalla casa con Kaylie, solo che i due vengono richiamati dall’influenza dell’oggetto. Vedendo un’allucinazione di sua madre, Kaylie la pugnala al collo, solo per rendersi conto di aver pugnalato Michael Dumont, il suo fidanzato venuto a controllarla. I due cercano di chiamare la polizia, ma riescono solo a contattare la stessa voce che parlava loro al telefono da bambini.

A questo punto, vedono i loro sosia all’interno della casa in piedi davanti allo specchio. Kaylie e Tim iniziano così ad avere sempre più allucinazioni, vedendo versioni più giovani l’una dell’altra e rivivendo l’incubo della propria giovinezza. Tim si risveglia da solo nella stanza con lo specchio, mentre contemporaneamente una Kaylie più giovane ha le allucinazioni di sua madre che la chiama dallo specchio. Nel tentativo di porre fine alla cosa, Tim attiva il “Kill Switch”, rendendosi però conto troppo tardi che Kaylie si trovava sulla sua traiettoria e che l’ha uccisa.

Brenton Thwaites in Oculus - Il riflesso del male (2013)
Foto di John Estes – © 2013 Lasser Productions

La polizia arriva e, di nuovo, arresta Tim, che è isterico, proprio come quando era più giovane. Tenta di spiegare che il responsabile è lo specchio, ma ovviamente non viene creduto. Mentre viene portato via e messo dietro le sbarre, il Tim del 2013 vede stavolta non il fantasma dei due genitori, ma anche quello di Kaylie. La vera natura dello specchio non viene chiarita, poiché – ispirandosi alle storie di H. P. Lovecraft – Flanagan ha voluto riproporre il fatto che in Lovecraft “se si provasse a comprendere l’orrore, esso farebbe impazzire”, aggiungendo: “Il male nel mondo non ha sempre una risposta”.

Sappiamo però che anche nel suo secondo scontro con Kaylie e Tim, lo specchio è riuscito ad avere la meglio. Ci sono teorie secondo cui tutto ciò che viene visto sarebbe solo il frutto dell’immaginazione dei due fratelli, che renderebbero dunque il film prima di tutto un thriller psicologico. Ma ciò che vediamo in Oculus – Il riflesso del male sembra assolutamente realte e dunque permette al film di funzionare anche come horror puro, con lo specchio che è in questo caso l’oggetto maledetto di turno.

Il trailer del film e dove vederlo in streaming e in TV

È possibile fruire di Oculus – Il riflesso del male grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Apple iTunesTim VisionInfinity+ e Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e ad un’ottima qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di venerdì 13 dicembre alle ore 21:15 sul canale Italia 2.

Breaking Bad: Vince Gilligan rivela perché non ha realizzato altri spin-off

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Breaking Bad ha dato vita a un franchise con lo spin-off Better Call Saul e il film El Camino, ma c’è un motivo specifico per cui Vince Gilligan non ha continuato con altri spin-off. Considerata una delle migliori serie TV di tutti i tempi, Breaking Bad ha debuttato nel 2008 ed è andata in onda per cinque stagioni. È diventata rapidamente una delle serie più apprezzate dalla critica, con un punteggio del 96% su Rotten Tomatoes.

Dopo il successo di quella serie e di Better Call Saul, Gilligan ha però scelto di non espandere ulteriormente il franchise, nonostante le pressioni in tal senso. Durante la promozione della sua nuova serie Apple TV Pluribus, il creatore della serie TV ha ammesso a NME che i dirigenti della Sony volevano sapere cosa sarebbe successo nell’universo di Breaking Bad dopo il finale della serie Better Call Saul.

Invece di cedere alle pressioni, Gilligan ha detto ai dirigenti dello studio che tutti avrebbero dovuto “prendere una pausa” da quell’universo per un po’ e “andare avanti”. Gilligan voleva esplorare altre storie non legate a Breaking Bad, cosa che ora sta facendo con Pluribus, interpretato da Rhea Seehorn, che ha interpretato Kim Wexler in Better Call Saul. La serie Apple TV descrive una società che è stata conquistata da un virus che rende tutti felici tutto il tempo. Tuttavia, il personaggio di Seehorn, Carol Sturka, è immune, per qualche motivo.

È stato “spaventoso” allontanarsi dal franchise che lo ha reso celebre, ha ammesso Gilligan, e “rimane spaventoso” ancora oggi. “Mi chiedevano: “Cosa pensi che succederà nel mondo di Breaking Bad?”. Io rispondevo: “Forse dovremmo prenderci una pausa per un po’. Forse è ora di andare avanti… Volevo vedere se avevo altre storie da raccontare che potessero piacere al pubblico. Ed era spaventoso. È spaventoso. Continua a essere spaventoso”, sono le parole precise di Gilligan.

Vedremo altre opere legate a Breaking Bad?

Breaking Bad non solo è stato un successo di critica e di pubblico, ma ha anche vinto diversi premi durante la sua messa in onda, tra cui Miglior attore protagonista in una serie drammatica (Bryan Cranston), Miglior attore non protagonista in una serie drammatica (Aaron Paul), Miglior attrice non protagonista in una serie drammatica (Anna Gunn) e Miglior serie drammatica.

Uno spin-off era inevitabile, con Better Call Saul che ha debuttato due anni dopo la messa in onda del finale della serie Breaking Bad e incentrato sul personaggio secondario Jimmy McGill/Saul Goodman, interpretato da Bob Odenkirk. La serie era un prequel e includeva molti riferimenti alla serie primaria e apparizioni dei membri del cast dello show originale. Sorprendentemente, Better Call Saul ha una valutazione su Rotten Tomatoes ancora più alta del suo predecessore, con un punteggio del 98%.

Tuttavia, lo spin-off non ha mai vinto un solo Emmy Award, nonostante sia stato nominato più di 50 volte. A metà della sesta stagione di Better Call Saul, Netflix ha poi pubblicato un film per la TV intitolato El Camino, incentrato sul personaggio di Paul, Jesse Pinkman, dopo gli eventi di Breaking Bad. È stato nominato per il premio come Miglior Film per la TV agli Emmy, ma ha perso contro Bad Education.

Better Call Saul è ormai terminato tre anni fa, ma l’interesse per il franchise di Breaking Bad rimane estremamente alto e Gilligan continua a dover rispondere a domande su un possibile seguito. Giancarlo Esposito, che ha interpretato Gus Fring in Breaking Bad e Better Call Saul, ha parlato della sua volontà di recitare in uno spin-off incentrato sul suo personaggio.

Al momento, però, Gilligan non sembra avere intenzione di tornare sui suoi passi. Tuttavia, se mai dovesse avere un’idea per una nuova serie o un nuovo film, non c’è dubbio che la Sony darà il via libera e che i fan e i critici attenderanno con impazienza il ritorno nell’universo di Breaking Bad.

The Boys – Stagione 5: Eric Kripke promette che arriverà “ragionevolmente presto”

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La serie Prime Video di Amazon The Boys sta per concludersi dopo cinque stagioni e il creatore della serie Eric Kripke ha condiviso un aggiornamento. L’ultimo episodio della quarta stagione è stato pubblicato il 18 luglio 2024 e i fan sono ansiosi di scoprire come si concluderà la saga. In un nuovo post sui social media, Kripke ha ora anticipato quando gli spettatori potranno vedere la quinta stagione.

Stiamo lavorando sodo per finire l’ultima stagione di The Boys”, ha scritto Kripke su Instagram. “Ecco me e alcuni membri del team VFX oggi. Il montaggio è terminato, siamo a metà strada con gli effetti speciali, la musica e il colore”. Ha continuato: “Sono davvero contento di come sta andando e non vedo l’ora che lo vediate. Chiuderemo in grande stile. In arrivo (ragionevolmente) presto”.

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Il cast di The Boys

Il cast di The Boys vede protagonisti Karl Urban, Jack Quaid, Antony Starr, Erin Moriarty, Jessie T. Usher, Laz Alonso, Chace Crawford, Tomer Capone, Karen Fukuhara, Colby Minifie, Claudia Doumit e Cameron Crovetti. Nella quarta stagione hanno recitato anche  Susan Heyward, Valorie Curry e Jeffrey Dean Morgan. Nella quinta stagione Jensen Ackles riprenderà il ruolo di Soldier Boy.

The Boys è basata sul fumetto certificato bestseller dal New York Times, creato da Garth Ennis e Darick Robertson, qui in veste anche di executive producer, e sviluppato dall’executive producer e showrunner Eric Kripke. The Boys è prodotta da Amazon Studios e Sony Pictures Television Studios, in collaborazione con Kripke Enterprises, Original Film e Point Grey Pictures. La serie è disponibile su Prime Video.

Colin Farrell ritiene la sceneggiatura di Matt Reeves per The Batman – Parte II “un capolavoro”

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Colin Farrell non ha che elogi per la sceneggiatura scritta da Matt Reeves per The Batman – Parte II. L’attore è pronto a riprendere il ruolo del Pinguino nel sequel, con Robert Pattinson nei panni del Cavaliere Oscuro, e ha fornito alcune anticipazioni sulla sceneggiatura. “Avevo molte opinioni da condividere con Matt sulla sceneggiatura”.

“Penso davvero che sia un capolavoro. Una sorta di capolavoro contemporaneo del genere”, ha detto Reeves nel podcast Happy Sad Confused. “È davvero brillante e Robert ha davanti a sé un viaggio meraviglioso da intraprendere e da far vivere al pubblico”. Ha continuato: “È densa, è davvero molto intelligente, è così profonda e dettagliata. Sto dicendo troppo. Penso che realizzerà un film straordinario“.

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Tutto quello che sappiamo su The Batman – Parte II

The Batman – Parte II è uno dei film più attesi del nuovo panorama DC, ma il suo percorso produttivo non è stato privo di ostacoli. Inizialmente previsto per ottobre 2025, il sequel diretto da Matt Reeves è stato rinviato al 1° ottobre 2027. I ritardi sono stati giustificati da esigenze legate alla scrittura della sceneggiatura e al calendario riorganizzato della DC sotto la nuova guida di James Gunn e Peter Safran, che stanno ristrutturando l’intero universo narrativo. Nonostante ciò, Reeves ha confermato che le riprese inizieranno nella primavera 2026 e Gunn ha recentemente letto la sceneggiatura, definendola “grandiosa”, un segnale incoraggiante per i fan.

Sul fronte del cast, è confermato il ritorno di Robert Pattinson nei panni di Bruce Wayne/Batman, all’interno dell’universo narrativo alternativo noto come “Elseworlds”, separato dal DCU principale. Dovrebbero tornare anche Jeffrey Wright come il commissario Gordon e Andy Serkis nel ruolo di Alfred. I rumor più insistenti ruotano attorno alla possibile introduzione di Hush e Clayface (che avrà inoltre un film tutto suo) come villain principali, anche se nulla è stato ancora ufficializzato. C’è chi ipotizza un ampliamento del focus sulla corruzione sistemica di Gotham, riprendendo i toni noir e investigativi del primo capitolo, con Batman sempre più immerso in un mondo in cui la linea tra giustizia e vendetta si fa sottile.

Per quanto riguarda la trama, le indiscrezioni suggeriscono un’evoluzione psicologica per Bruce Wayne, alle prese con le conseguenze delle sue azioni e un Gotham sempre più caotica, anche dopo gli eventi della serie spin-off The Penguin con Colin Farrell (anche lui probabile membro del cast). Alcune fonti parlano di un possibile scontro morale con Harvey Dent, figura ambigua per eccellenza, o di un Batman costretto a confrontarsi con i limiti del suo metodo. Al momento, tutto è però ancora avvolto nel riserbo, ma la conferma della sceneggiatura completa e approvata lascia ben sperare per l’inizio delle riprese entro l’autunno e per un sequel che promette di essere ancora più cupo, ambizioso e introspettivo.

Reeves spera naturalmente che il suo prossimo film su Batman abbia lo stesso successo del primo. The Batman del 2022 ha avuto un’ottima performance al botteghino, incassando oltre 772 milioni di dollari in tutto il mondo e ottenendo un ampio consenso da parte della critica. Queste recensioni entusiastiche sono state portate avanti nella stagione dei premi, visto che il film ha ottenuto quattro nomination agli Oscar. Nel frattempo, Reeves ha espanso la serie DC Elseworld con la già citata serie spin-off di Batman, The Penguin, disponibile su Sky e NOW, per l’Italia.

L’uscita di The Batman – Parte II è ora prevista per il 1 ottobre 2027.

Annabelle: la spiegazione del finale del film

Sebbene Annabelle del 2014 fosse ben lungi dall’essere la fine della storia della bambola maledetta, lo spin-off di The Conjuring ha offerto una chiara spiegazione delle origini del personaggio principale. Annabelle era uno spin-off del film horror di successo del 2013 L’evocazione – The Conjuring. Mentre i film di The Conjuring si concentrano sulle imprese di Ed e Lorraine Warren, i film di Annabelle sono incentrati su una bambola presumibilmente posseduta che la coppia ha incontrato durante la loro carriera di investigatori del paranormale. La scena iniziale di The Conjuring presentava una vignetta inquietante con protagonista Annabelle e la bambola maledetta si è rivelata così memorabile che ha presto dato vita a uno spin-off tutto suo.

Sebbene la bambola Annabelle nella vita reale non sia così spaventosa come la versione immaginaria della cattiva, è comunque riuscita a ispirare una trilogia di film inquietanti. Annabelle si apre con una coppia felicemente sposata, John e Mia, che si prepara ad accogliere il loro primo figlio. I loro piani vengono interrotti quando una coppia di cultisti assassini uccide i loro vicini e irrompe nella casa di John e Mia, tentando di ucciderli. La polizia spara a uno dei membri della setta prima che l’altra si tolga la vita. John e Mia si trasferiscono da Santa Monica a Pasadena per superare il trauma, ma sono tormentati da eventi paranormali.

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Cosa succede a John e Mia dopo il finale di Annabelle

John e Mia alla fine capiscono che la bambola Annabelle è al centro delle loro disgrazie, poiché il giocattolo maledetto continua a riapparire ogni volta che cercano di sbarazzarsene. Il prete locale, padre Perez, e la loro gentile vicina Evelyn scoprono che la setta che ha attaccato la coppia era composta da adoratori del diavolo che intendevano evocare un demone con i loro omicidi. Nel finale di Annabelle, Evelyn sacrifica la sua vita ad Annabelle e al demone affinché John e Mia possano vivere senza paura. Il demone assume le sembianze di padre Perez e insegue Mia sul cornicione del condominio, ma Evelyn prende il suo posto.

Quando Evelyn si lancia dal palazzo e muore, sia il demone che la bambola scompaiono. John e Mia vivono felici e contenti dopo la morte di Evelyn, e il finale di Annabelle dice che la coppia non ha mai più rivisto la bambola. Anche se la loro figlia Leah è stata quasi uccisa dal demone, sembra che viva una vita normale, a giudicare dalla sua incolumità nelle scene finali di Annabelle. I tentativi del demone di usare la bambola Annabelle per accedere alle anime di Mia e Leah alla fine falliscono, poiché Evelyn è disposta a sacrificarsi per fermare il loro piano mentre padre Perez viene ricoverato in ospedale dal demone.

Annabelle film

Come la morte di Evelyn ha fermato Annabelle

La morte di Evelyn ha permesso a John e Mia di liberarsi del demone in Annabelle. Quando il secondo cultista ha versato il proprio sangue sulla bambola, lei ha completato il rituale per evocare un demone e mettere in pericolo la coppia. Il demone ha chiesto un sacrificio umano prima di poter essere placato, motivo per cui ha assunto le sembianze di padre Perez e ha minacciato di uccidere Mia e Leah. I film di Annabelle della serie The Conjuring hanno tutti come protagonista questo demone che rimane uno spirito inquieto per il resto della trilogia, senza mai riuscire a uccidere la sua vittima designata nonostante la morte di Evelyn nel finale di Annabelle.

Evelyn ha impedito ad Annabelle di uccidere Leah o Mia sacrificandosi al loro posto, ma questo non ha necessariamente soddisfatto la richiesta del demone di un’anima. È difficile immaginare che Evelyn sia stata mandata all’inferno dopo essersi sacrificata in modo così eroico, quindi sembra possibile che il suo sacrificio abbia invece sopraffatto il demone e lo abbia effettivamente ingannato fino a sottometterlo. Questo spiegherebbe perché nel sequel Annabelle Comes Home lo stesso demone continua a cercare di catturare un’anima da sacrificare. Annabelle non avrebbe bisogno di farlo se il demone fosse stato saziato quando Evelyn è morta, il che implica che il suo sacrificio potrebbe averla risparmiata dall’inferno.

Perché Evelyn si è sacrificata per salvare Leah e Mia

Evelyn, la vicina di Mia e John, è morta quando si è buttata dal loro palazzo, ma aveva una buona ragione per fare questo sacrificio. Evelyn ha sacrificato la sua vita per espiare la morte di sua figlia Ruby in un incidente d’auto anni prima, con il personaggio di Alfre Woodard che risolve la situazione difficile di John e Mia per rimediare al suo più grande errore. Mentre gli altri film di Annabelle si concentrano su personaggi giovani che giocano con la bambola come se fosse un giocattolo, Annabelle si concentra invece sulla più anziana Evelyn e sul suo rapporto con John e Mia. Evelyn vede qualcosa della sua giovinezza nella coppia ottimista di sposini.

All’inizio, sembra ovvio che sarà padre Perez a sacrificarsi per salvare Leah e Mia. Dopotutto, è un prete e, in teoria, ha dedicato la sua vita al servizio di Dio e alla resistenza al diavolo. Tuttavia, il passato di Evelyn rivela che lei ha un motivo più convincente per sacrificarsi. Il demone esige un’anima, ma l’altruismo di Evelyn potrebbe significare che Annabelle e il demone che la possiede non sono riusciti a trascinare la sua anima all’inferno. È possibile che la gentilezza e la disponibilità al sacrificio di Evelyn abbiano portato alla sconfitta del demone, che non è riuscito a ottenere alcuna anima.

Annabelle cast

La spiegazione di come Annabelle la bambola è stata posseduta

Il motivo per cui Annabelle è stata posseduta è che la cultista ha versato il proprio sangue sulla bambola nella scena iniziale. Sebbene sia morta poco dopo, è comunque riuscita a completare il rituale di evocazione del demone attorno al quale il culto aveva incentrato la sua serie di omicidi. La maledizione di Annabelle derivava dall’evocazione di un demone da parte dei membri della setta, un processo che è rimasto irrisolto fino a quando Evelyn non ha offerto la sua vita in cambio della sicurezza di Mia e Leah. Questo gesto ha sopraffatto l’influenza del demone.

Come la bambola ritorna dopo essere scomparsa nel finale

Sebbene Annabelle sia scomparsa dopo la morte di Evelyn, riappare in un negozio di antiquariato nella scena successiva. Gli spettatori non devono preoccuparsi di essersi persi una scena tra questi due momenti. Il ritorno di Annabelle non viene mai spiegato in termini concreti ed è presumibilmente facilitato dallo stesso demone senza età che ha posseduto la bambola per tutto il film. Proprio come Annabelle è riapparsa nell’appartamento di John e Mia dopo che i due avevano gettato la bambola a Santa Monica, il giocattolo è apparso in un negozio di antiquariato per cercare la sua prossima vittima.

Come il finale di Annabelle prepara la scena iniziale di The Conjuring

In uno dei tanti collegamenti tra i film dell’universo di The Conjuring, il finale di Annabelle prepara la scena iniziale di L’evocazione – The Conjuring.  Il film del 2013 inizia con una coppia di studenti di infermieristica che cercano i Warren perché terrorizzati dalla bambola Annabelle, che sembra posseduta. La scena finale di Annabelle stabilisce questa trama quando la madre di uno degli studenti entra nel negozio di antiquariato e vede Annabelle. Così, la storia di Annabelle conduce direttamente alla scena iniziale di The Conjuring.

Hercules – La leggenda ha inizio: la spiegazione del finale del film

Hercules – La leggenda ha inizio (qui la recensione) propone un’interpretazione inedita del mito di Ercole, lontana dall’epica classica. Il film diretto da Renny Harlin reinterpreta il celebre eroe non solo come semidio dalla forza sovrumana, ma come un mercenario segnato da un passato tragico, intento a combattere per la propria sopravvivenza e quella dei suoi compagni. L’approccio scelto privilegia l’azione e la dimensione umana del personaggio, enfatizzando le sfide morali e strategiche che Hercules deve affrontare, piuttosto che concentrarsi esclusivamente sulle sue imprese sovrannaturali.

Rispetto ad altre trasposizioni cinematografiche, il film si distingue per il tono realistico e per la rappresentazione di un Hercules più vulnerabile e strategico, lontano dalle versioni più fiabesche o mitologiche viste in produzioni come Hercules (1997) della Disney o Hercules – Il guerriero (2014) con Dwayne Johnson. Qui la leggenda viene adattata a un contesto più crudo e concreto, dove la forza è solo uno degli strumenti a disposizione del protagonista, accanto a astuzia e leadership. Il ritmo serrato e le numerose scene di combattimento conferiscono al film una forte impronta action-adventure, rendendolo accessibile anche a chi non è familiare con il mito classico.

Il cast vanta interpreti come Kellan Lutz nel ruolo di Hercules, accompagnato da Roxanne McKee, Scott Adkins e Gaia Weiss, che contribuiscono a dare spessore ai personaggi secondari e alla dinamica di squadra che accompagna l’eroe. Il genere del film si colloca a metà tra action e avventura epica, con elementi di dramma e di leggenda reinterpretata. Nel resto dell’articolo, verrà fornita una spiegazione dettagliata del finale, analizzando le scelte narrative e le rivelazioni che chiudono la storia di Hercules in questa particolare versione della leggenda.

Hercules - La leggenda ha inizio film

La trama di Hercules – La leggenda ha inizio

Ambientato nella Grecia dei miti, delle leggende, degli eroi, il film vede il re Anfitrione espandere il proprio potere invadendo il confinante regno di Argo. Sempre più spietato, egli non fa che gettare terrore sull’intera penisola, provocando devastazioni e ingiustizie. Stanca di tutto ciò, la regina Alcmena si rivolge alla dea Era per apprendere in che modo il marito possa essere sconfitto. Qui scopre la profezia secondo cui, giacendo con Zeus, ella darà alla luce il campione che riporterà la pace nella Grecia. Così infatti avviene e la donna da quel momento deciderà di proteggere il bambino, a cui dà il nome di Hercules, dall’influenza del marito.

Hercules, il principe semidio, non ha però alcuna conoscenza dei suo natali divini o di quello che sarà il suo destino. Il suo unico desiderio è avere l’amore della bellissima Ebe, principessa di Creta, che è stata promessa in sposa a Ificle, suo fratello, dal re che prova un profondo risentimento nei confronti del giovane Hercules, sospettando bene che egli non sia suo figlio. Una volta venuto a conoscenza della grandiosità del suo destino il giovane semidio dovrà però scegliere: fuggire con il suo vero amore o realizzare il suo destino e diventare il più grande eroe di tutti i tempi.

La spiegazione del finale del film

Nel terzo atto di Hercules – La leggenda ha inizio, il protagonista guida un esercito contro le forze tiranniche di Anfitrione, riunendo soldati e alleati precedentemente conquistati con coraggio e astuzia. La battaglia culmina nel confronto diretto tra Hercules e i mercenari assoldati dal re, mentre il palazzo diventa teatro di scontri violenti e strategici. Hercules chiama il padre Zeus, che infonde la sua spada di potere divino, consentendogli di sopraffare gli avversari. La sequenza alterna momenti di azione frenetica a tensione emotiva, preparando il terreno per il confronto finale con Anfitrione e i suoi ostacoli più personali.

Il racconto si risolve quando Hercules affronta Anfitrione in duello e si trova di fronte a Ificle, che tiene Ebe in ostaggio. L’eroe è costretto a scegliere tra la vendetta e la vita della donna che ama, trovandosi in un momento di grande conflitto morale. La situazione si sblocca grazie al coraggio di Ebe, che si sacrifica per proteggere Hercules e permette la caduta dei nemici. Hercules, finalmente libero dall’imposizione dei vincoli familiari e politici, uccide Anfitrione con la stessa lama che aveva strappato la vita alla madre, segnando la chiusura della vicenda e il compimento della sua vendetta.

Hercules - La leggenda ha inizio cast

Il film si chiude con Hercules accanto a Ebe, ferita ma viva, mentre la pace torna sul regno. Un salto temporale mostra l’eroe come sovrano e padre, intento a proteggere il figlio appena nato. Questa sequenza finale sottolinea il passaggio da guerriero vendicativo a custode responsabile del proprio popolo e della propria famiglia. La combinazione di azione, redenzione e realizzazione personale offre una chiusura epica ma emotivamente soddisfacente, confermando Hercules come simbolo di forza, coraggio e giustizia all’interno di un contesto più umano e meno mitologico.

Il finale assume un significato più profondo se letto alla luce dei temi principali del film. La vittoria di Hercules non è solo fisica ma morale: rappresenta il superamento della paura, del tradimento e del dolore per trasformarsi in un eroe completo. La morte di Anfitrione e la perdita di Ificle servono a sottolineare il prezzo della giustizia e della responsabilità, mentre l’intervento divino tramite Zeus simboleggia l’equilibrio tra destino e scelta personale. Hercules compie la propria missione, dimostrando che la vera forza non risiede solo nei muscoli, ma nella capacità di agire con integrità e sacrificio.

Il film lascia un messaggio chiaro e universale: l’eroismo consiste nell’affrontare le sfide con coraggio, saggezza e altruismo. Hercules non è solo un guerriero invincibile, ma un uomo che impara a bilanciare potere e compassione, vendetta e amore. La conclusione suggerisce che la grandezza nasce dalla capacità di superare il passato e proteggere ciò che conta veramente, consolidando l’immagine di Hercules come simbolo di resilienza e guida morale. Il pubblico viene quindi invitato a riflettere sulla responsabilità personale e sul valore della famiglia e del popolo.

Trespass: la spiegazione del finale del film

Trespass (2011) segna un capitolo particolare nella filmografia di Joel Schumacher, noto per la sua versatilità e per aver spaziato tra thriller, action e dramma psicologico. In questo film, Schumacher torna al thriller puro, combinando elementi di azione e tensione claustrofobica, in una storia che ruota attorno a una rapina domestica che prende una piega pericolosa e imprevedibile. Pur non raggiungendo le vette dei suoi titoli più iconici come Un giorno di ordinaria follia o In linea con l’assassino, Trespass riflette l’abilità del regista nel costruire suspense e situazioni ad alto rischio, mettendo in primo piano il conflitto morale dei protagonisti.

Il film si inserisce nel genere thriller d’azione, con un forte accento sui rapporti di potere e sulle dinamiche tra criminali e vittime. La narrazione si svolge prevalentemente in spazi ristretti, creando un senso di claustrofobia e urgenza, mentre la tensione aumenta grazie a colpi di scena continui e minacce incombenti. Tematicamente, Trespass esplora la corruzione, l’avidità e la fragilità della sicurezza domestica, interrogandosi su quanto l’avidità e l’inganno possano mettere a rischio la vita di chiunque, anche in contesti apparentemente protetti.

Il cast comprende attori come Nicolas Cage e Nicole Kidman, che interpretano una coppia i cui segreti e vulnerabilità vengono messi a dura prova dall’irruzione criminale. Il film, pur radicato nell’azione e nel thriller, lascia spazio a riflessioni sui legami familiari, sulle responsabilità personali e sui compromessi morali in situazioni estreme. Nel resto dell’articolo si fornirà una spiegazione dettagliata del finale, analizzando come si risolve il conflitto e quali conseguenze emergono per i protagonisti.

Trespass Nicolas Cage

La trama di Trespass

Al centro delle vicende del film vi è la famiglia Miller, composta da Kyle, commerciante di diamanti, la moglie Sarah, di professione architetto, e dalla loro figlia adolescente Avery, la quale manifesta tendenze ribelli nei confronti dei genitori. Nonostante non manchi loro nulla, tanto da sembrare la famiglia perfetta, questi presentano in realtà tra loro diverse crepe. Kyle è infatti spesso assente, Sarah si sente trascurata e sempre più depressa, mentre Avery è ormai sempre più distante, persa nei suoi affari da adolescente. A riunire la famiglia, però, vi sarà un evento quanto mai inaspettato e spaventoso: un intrusione criminale nella loro abitazione.

Durante una notte come un’altra, infatti, un gruppo di rapinatori armati si introduce nella loro casa evitando senza problemi i numerosi dispositivi di sicurezza fatti installare di recente. A capo della banda vi è Elias, che prendendo in ostaggio i coniugi richiede loro tutti i diamanti presenti nella cassaforte. Nel tentativo di negoziare con i criminali, sperando di poter salvare la sua famiglia, Kyle si troverà però a doversi confrontare con una serie di scottanti imprevisti. Una serie di segreti, tradimenti e inganni inizieranno infatti a manifestarsi tra i famigliari, minando le loro certezze e la fiducia che invece potrebbe salvarli.

La spiegazione del finale del film

Nel terzo atto di Trespass, la tensione raggiunge il culmine nella residenza dei Miller. Dopo una serie di scontri violenti tra la famiglia e i rapinatori, Kyle e i figli cercano di sopravvivere e proteggere la loro integrità. Avery mette in atto un piano rischioso per salvare suo padre, portando Petal, la criminale drogata, in un incidente che la immobilizza. Nel frattempo, Ty, il bruto del gruppo, si risveglia e tenta di attaccare Sarah, scatenando un confronto finale con Jonah e le altre figure criminali presenti, mentre Kyle, ferito, tenta di coordinare la fuga dei suoi cari.

Durante lo scontro finale, emergono le verità nascoste: la vera natura dei rapinatori, i loro legami con la criminalità organizzata e i motivi dietro l’assalto alla villa vengono chiariti. Avery e Sarah collaborano per proteggere Kyle e la somma di denaro nascosta, mentre Jonah e Elias incontrano la morte in combattimento. L’azione si conclude con Kyle che usa il suo ingegno e la forza di volontà per neutralizzare gli aggressori, garantendo la sopravvivenza della famiglia e la preservazione del denaro nascosto, simbolo di sicurezza e speranza.

Il finale mette in luce i temi centrali del film: la resilienza familiare, l’ingegno in situazioni di crisi e il confronto tra giustizia personale e criminalità organizzata. La capacità dei Miller di collaborare e proteggersi sottolinea l’importanza dei legami affettivi di fronte alla violenza, mentre l’eliminazione dei criminali mostra le conseguenze inevitabili dell’inganno e dell’avidità. Il conflitto si risolve non solo fisicamente, ma anche moralmente, evidenziando come la determinazione e l’astuzia possano ribaltare situazioni disperate.

Inoltre, il terzo atto rafforza il tema del valore reale delle cose: il denaro e gli oggetti preziosi hanno importanza secondaria rispetto alla vita e alla sicurezza dei propri cari. Il finale sottolinea come l’inganno e la codardia dei rapinatori si scontrino con la coesione e il coraggio della famiglia, creando un messaggio morale chiaro. Kyle e i suoi figli dimostrano che la sopravvivenza e la protezione dei legami familiari prevalgono su ogni interesse materiale o personale, completando così la parabola narrativa del film.

Il messaggio che Trespass lascia agli spettatori è la centralità della famiglia e della resilienza di fronte al pericolo. Il film illustra come ingegno, coraggio e collaborazione possano superare anche situazioni apparentemente impossibili. Inoltre, mette in evidenza i pericoli dell’avidità e della violenza, mostrando che il crimine porta inevitabilmente a conseguenze tragiche. Al tempo stesso, il racconto celebra la capacità umana di sopravvivere e proteggere chi si ama, sottolineando che la vera ricchezza risiede nei legami affettivi e nella determinazione a difendere ciò che conta davvero, al di là del denaro e del prestigio.

Doctor Sleep, la spiegazione del finale

Nel 1980 è arrivato al cinema Shining, capolavoro di Stanley Kubrick basato sull’omonimo romanzo del 1977 di Stephen King. Il film si è subito affermato come un’opera di straordinaria potenza visiva ed emotiva, capace di incutere profondo timore negli spettatori pur non mostrando nulla di esplicitamente scioccante, bensì la “semplice” discesa nella pazzia del protagonista Jack Torrance. Nel 2013, King ha poi deciso di dar vita ad un romanzo sequel di quel suo capolavoro, Doctor Sleep, divenuto nel 2019 un film per la regia di Mike Flanagan (autore anche di Oculus – Il riflesso del male e La caduta della casa degli Usher).

Con questo film si torna dunque all’Overlook Hotel, riportando dunque un Dan Torrance adulto (Ewan McGregor) tra i resti in rovina dell’edificio che lo ha quasi ucciso da bambino. In tutti questi anni Dan ha lottato contro l’abuso di alcol e lo ritroviamo a lavorare come inserviente in un ospizio, usando i suoi poteri per aiutare a calmare i pazienti mentre passano a miglior vita. La sua esistenza relativamente tranquilla viene interrotta quando incontra Abra, un’adolescente dotata a sua volta della “luccicanza”. Sapendo che anche Dan condivide tale potere, la giovane richiede il suo aiuto contro la spietata Rose Cilindro e i suoi seguaci, i membri de Il Nodo, che si nutrono della Luccicanza degli innocenti alla ricerca della loro immortalità.

Cosa accade nel finale di Doctor Sleep

Dopo aver ucciso con successo la maggior parte dei membri del gruppo nel corso del film, Dan e Abra devono affrontare la loro leader, Rose Cilindro, affamata di vendetta quanto del vapore di Abra. Sapendo che anche l’Overlook Hotel si nutre di vapore, Dan fa la pericolosa scommessa di portare Abra al vecchio hotel infestato per tendere una trappola a Rose. Scatena i fantasmi dell’hotel, che ha rinchiuso uno per uno nel corso degli anni, e gli spettri affamati si abbattono su Rose e la consumano fino a quando di lei non rimane più nulla, non prima però che lei riesca a procurare a Dan una ferita letale intaccandogli l’arteria femorale della gamba.

Dopo aver divorato Rose, i fantasmi rivolgono ovviamente la loro attenzione su Dan e l’hotel si impossessa di lui. Egli inizia allora ad inseguire Abra con un’ascia (proprio come fece suo padre con lui e sua madre tanti anni prima), ma riesce a resistere abbastanza a lungo da permetterle di fuggire e di porre fine all’Overlook una volta per tutte. Il film amplia dunque la mitologia di Shining e chiude in modo struggente l’arco narrativo di Dan. Questo finale si discosta in realtà di molto da quello del romanzo di King (diverse sono infatti le differenze tra le due opere), ma a differenza di quanto compiuto da Kubrick, King ha stavolta apprezzato le modifiche apportate da Flanagan.

La verità sull’Overlook Hotel

L’Overlook Hotel è essenzialmente un vampiro psichico che assorbe i fantasmi delle persone che muoiono al suo interno e li trasforma in agenti della sua stessa fame. I fantasmi dell’hotel sono stati attratti dal giovane Danny a causa della sua luccicanza e hanno continuato a seguirlo anche dopo la sua partenza. Anche Jack Torrance aveva il luccichio, motivo per cui era in grado di vedere i fantasmi dell’Overlook. Rose Cilindro dice a Dan che il vapore si corrompe e si macchia quando i bambini diventano adulti, ed è questa corruzione che ha permesso all’Overlook di prendere effettivamente possesso di Jack e di mandarlo ad uccidere la sua famiglia.

L’hotel voleva che il giovane Danny morisse all’interno della struttura per potersi nutrire di lui e, dopo aver liberato i fantasmi dalle loro prigioni, questi iniziano a nutrirsi anche di lui. A differenza di Jack, però, la discesa di Dan nella follia avviene molto rapidamente e, quando riesce a mettere alle strette Abra nella stanza 237. Tuttavia, Dan aveva previsto questa eventualità fin dall’inizio, facendo esplodere la caldaia dell’Overlook. Abra ricorda allora dii questo dettaglio all’ormai posseduto Dan, e la volontà dell’hotel di preservarsi ha la meglio sulla necessità di consumare Abra, dandole così la possibilità di fuggire. Dan usa le sue ultime tracce di energia per far sì che il luogo che ha ucciso suo padre venga distrutto e muore in pace nell’hotel in fiamme.

Danny parla ancora con Abra

Uno dei modi in cui Doctor Sleep chiude il cerchio della storia di Dan Torrance è quello di fargli svolgere nella vita di Abra lo stesso ruolo che Dick Hallorann aveva svolto nella sua. Ciò è evidenziato dal parallelo tra il giovane Danny seduto su una panchina con il fantasma di Hallorann all’inizio del film e Dan che in seguito condivide la panchina con Abra la prima volta che si incontrano nella vita reale. La scena in cui il giovane Danny parla con Hallorann sulla panchina ci viene però mostrata anche dal punto di vista di sua madre Wendy, che vede il figlio parlare da solo.

Allo stesso modo, quando Abra sta parlando con Danny nella sua stanza alla fine del film, sua madre entra e vede solo sua figlia. Il fatto che Danny parli ancora ad Abra nella sua stanza non significa che la perseguiti o che non possa andare avanti con la sua non-esistenza. Come ha spiegato Dick Hallorann quando il suo fantasma ha fatto visita a Danny per l’ultima volta da adulto, nell’aldilà il tempo funziona in modo diverso ed è probabile che Dan vada avanti proprio come ha fatto Hallorann, tranne nei momenti in cui Abra ha bisogno di lui.

Il significato della donna nella vasca da bagno

Un fantasma di Shining che fa un grande ritorno in Doctor Sleep è Lorraine Massey, ovvero lo spirito che abita la vasca da bagno della stanza 237. Un tempo seduttrice che alla fine si è suicidata in quella stanza, Lorraine ha cercato di strangolare il giovane Danny in Shining ed è apparsa come una giovane donna a Jack Torrance, che l’ha baciata fino a quando, vedendo il suo riflesso nello specchio, ha capito che in realtà stava baciando una vecchia in decomposizione. Lorraine è uno dei fantasmi più spaventosi dell’Overlook, motivo per cui la Stanza 237 ha un’energia così sinistra, ed è anche il primo fantasma a seguire Danny lontano dall’hotel.

Con l’aiuto di Dick Hallorann riesce però a rinchiuderla in una scatola nella sua mente, ma durante lo scontro finale con Rose Cilindro viene nuovamente liberata insieme al resto dei fantasmi. L’Overlook può essere stato distrutto, ma i suoi fantasmi no, e proprio come hanno fatto con Danny seguono Abra nella speranza di nutrirsi di lei. Tuttavia, Abra è ben equipaggiata per affrontare alcuni di loro e il film si conclude con lei che entra nel bagno senza paura. Il fantasma di Lorraine Massey, che rappresenta il modo in cui gli adulti si nutrono dei bambini e li privano della loro innocenza, sembra quindi venire distrutta definitivamente.

Il vero significato del finale di Doctor Sleep

Parlando con CinemaBlend, a proposito dell’alcolismo di Dan in Doctor Sleep, McGregor ha detto: “Mike è stato molto chiaro sul fatto che Shining era un romanzo scritto sull’alcolismo e la dipendenza, mentre Doctor Sleep è un romanzo scritto sul recupero”. Parte della guarigione, per Dan, consiste quindi nel tornare all’inizio del suo alcolismo, tornando all’Overlook Hotel e affrontando il fantasma di suo padre. Durante uno dei suoi incontri con gli Alcolisti Anonimi, Dan ammette che, essendo suo padre morto quando era così giovane, l’unico modo per ricordarlo e sentirsi vicino a lui era bere e sfogare la sua rabbia come faceva suo padre.

Tuttavia, anche Jack Torrance è riuscito a disintossicarsi prima del suo fatidico viaggio verso l’Overlook Hotel, e Dan trova un modo più sano per conoscere il genitore facendo lo stesso viaggio verso la sobrietà. Come in Shining, l’Overlook Hotel è una metafora della dipendenza. Jack Torrance si è disintossicato dopo aver accidentalmente rotto il braccio del giovane Danny mentre era ubriaco, ma l’Overlook lo ha sedotto ancora una volta verso la strada che porta a fare del male ai suoi cari. Un punto di svolta fondamentale in Shining è quando Lloyd, il barista, versa un drink a Jack, agendo di fatto come la voce sussurrante della dipendenza.

Per Dan, che è diventato un alcolizzato per imitazione del padre, ha senso che il suo Lloyd sia lo stesso Jack Torrance. A differenza del padre, però, Dan è in grado di usare gli strumenti del recupero per resistere alla tentazione di ricadere nei vecchi schemi, e il fatto di bruciare l’Overlook con se stesso all’interno è un modo per porre fine al ciclo della dipendenza, per il bene di Abra. Mentre nel romanzo Dan torna al suo lavoro, con una rinnovata consapevolezza del suo scopo nella vita, il finale del film – perquanto amaro – offre un finale che conclude in modo definitivo l’arco narrativo del personaggio.

Lanterns: lo showrunner conferma un dettaglio fondamentale sui poteri di John Stewart

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Lanterns non sta andando nella direzione che molti fan si aspettavano. Piuttosto che svolgersi nel cosmo, sarà un’avventura realistica, ispirata a True Detective, ambientata sulla Terra, e forse anche un passaggio di testimone da Hal Jordan al suo sostituto nel Settore 2814, John Stewart. È stato ampiamente riportato che Kyle Chandler ha firmato solo per recitare in Lanterns, il che significa che potrebbe essere una presenza occasionale nella DCU.

Per molti fan, l’attenzione rivolta a John era attesa da tempo. Per altri, questo sta rendendo un pessimo servizio a Hal e alla sua storia. Chi ha familiarità con i fumetti saprà quanto siano diversi gli approcci di Hal e John alle situazioni. Le costruzioni delle Lanterne Verdi di quest’ultimo sono tipicamente ispirate al suo passato nell’esercito o al suo lavoro di architetto, e questa tendenza è ora confermata anche nella prossima serie HBO.

Una cosa che abbiamo affrontato fin dall’inizio è che i poteri di Green Lantern si basano in gran parte sulla creatività”, ha spiegato lo showrunner Chris Mundy in una recente intervista a Men’s Health. “Per manifestare le cose dagli anelli Lantern, devi manifestare qualcosa dal tuo cervello, ma anche dalla tua anima. Che aspetto ha? Come ci si sente?

Immagino che non sia molto diverso dall’essere uno scultore o un pittore. E Aaron doveva essere in grado di convincere che John potesse avere quell’abilità. Ed è quello che ha fatto. Ha capito che John avrebbe apprezzato quell’aspetto dei loro poteri. Scherzavamo sempre sul fatto che Hal volesse solo colpire tutto con un grande pugno verde“.

Il showrunner di Lanterns ha continuato: “[John] era un cecchino dei Marines, il che richiede un certo tipo di concentrazione e diligenza. Dopo i Marines, diventa un architetto, quindi c’è un lato artistico in lui. Sono molti gli elementi che un attore deve essere in grado di trasmettere. E Aaron è una persona che comprende quella fisicità in quanto attore teatrale di formazione“.

Abbiamo parlato molto del fatto che essere un marine è il lavoro di John, ma non è tutta la sua personalità. È tanto un artista quanto un marine”, ha osservato Mundy. “C’è un vero equilibrio tra il fisico e l’artistico che è innato in Aaron, e penso che sia essenziale”.

Accennando al rapporto antagonistico tra Hal e John, Mundy ha detto che Hal ha “una sorta di atmosfera retrò alla Chuck Yeager. È il tipo di persona che incontri e non sai se ti piace o se vorresti prenderlo a pugni”. John, invece, ha “un’autorità tranquilla, e penso che questo sia importante per la loro dinamica, per la storia che stiamo raccontando”.

Si prevede che Lanterns arriverà su HBO nel 2026.

Il rapimento di Arabella: il trailer del film di Carolina Cavalli con Benedetta Porcaroli

Piperfilm, Elsinore Film e The Apartment, società del gruppo Fremantle, presentano il trailer ufficiale di Il rapimento di Arabella (leggi qui la nostra recensione), opera seconda della regista Carolina Cavalli presentata in anteprima alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia, in Concorso nella nella sezione Orizzonti e vincitrice del premio per la migliore attrice a Benedetta Porcaroli.

Scritto dalla stessa regista, il film è interpretato da Benedetta Porcaroli, Lucrezia Guglielmino, Chris Pine, Marco Bonadei ed Eva Robin’s, ed è prodotto da Antonio Celsi e Annamaria Morelli e per PiperFilm da Massimiliano Orfei, Luisa Borella e Davide Novelli.

“Il rapimento di Arabella” è una produzione Elsinore Film, The Apartment, società del gruppo Fremantle, e PiperFilm, che lo distribuirà nei cinema in Italia dal 4 dicembre e all’estero con Charades.

La trama di Il rapimento di Arabella

Holly, 28 anni, ha sempre pensato di essere la versione sbagliata di sé stessa e che la sua vita non sia andata nel modo giusto. Quando incontra una bambina di nome Arabella, si convince di aver trovato sé stessa da piccola. Decisa a scappare di casa, la bambina nasconde la sua identità e asseconda il desiderio di Holly: tornare indietro e diventare qualcuno di speciale.

American Psycho: il remake di Guadagnino non avrà un cambio di genere

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Il remake del classico cult American Psycho del regista Luca Guadagnino non prevede uno scambio di genere, nonostante le speculazioni online e le voci sul casting. Deadline ha riportato per primo che, nonostante le voci secondo cui Margot Robbie sarebbe stata scelta per interpretare la versione femminile di Patrick Bateman, interpretato da Christian Bale nell’originale, ufficialmente non sarà così. Ci sono state molte speculazioni online su chi sarà scelto per interpretare un personaggio così iconico, che hanno portato a migliaia di commenti su un potenziale film con cambio di genere.

American Psycho è uscito originariamente nel 2000 e vedeva Bale nei panni di un ricco banchiere d’investimento psicopatico con un ego smisurato e una sete di sangue incontrollabile. Il film è stato adattato dal romanzo di Bret Easton Ellis intitolato American Psycho. Nonostante non abbia ottenuto recensioni entusiastiche al momento della sua uscita, da allora ha trovato un pubblico più ampio che ne ha chiesto a gran voce il seguito.

Un anno fa è stato rivelato che Lionsgate e Guadagnino (noto per Challengers) hanno collaborato per reimmaginare il film originale diretto da Mary Harron. Ci sono state molte speculazioni su chi sarà l’“American Psycho”, con persone che indicavano Jacob Elordi o Finn Wittrock, ma la produzione è rimasta riservata su chi hanno in mente.

L’attrice Chloë Sevigny ha già proposto al regista di riprendere il suo ruolo dall’originale. Sevigny interpretava Jean, la segretaria di Bateman. “Quando ho saputo che [Guadagnino] forse lo avrebbe fatto… gli ho proposto di interpretare di nuovo Jean e di farmi ringiovanire”, ha dichiarato Sevigny.

Il cast originale includeva Jared Leto, Willem Dafoe, Reese Witherspoon, Justin Theroux e Matt Ross. Purtroppo, non è stato confermato nulla sul casting o sulla possibilità che gli attori precedenti riprendano i loro ruoli. Al fianco di Guadagnino c’è Scott Z. Burns (noto per The Bourne Ultimatum), che sta adattando il libro di Ellis.

Guadagnino ha recentemente distribuito After The Hunt, che ha ricevuto recensioni molto contrastanti e un deludente 38% su Rotten Tomatoes. Tuttavia, i suoi altri progetti da regista, tra cui Chiamami col tuo nome e Challengers, sono stati molto acclamati e hanno ottenuto risultati significativamente migliori al botteghino. Margot Robbie (nota per Suicide Squad e Barbie) non interpreterà ufficialmente il ruolo di Bateman, ma apparirà in altri progetti, tra cui un adattamento di Cime tempestose, che uscirà il prossimo anno.

The Toxic Avenger: spiegazione del finale e della scena post-credits

The Toxic Avenger nasconde dietro la sua comicità brutale un cuore piuttosto tenero, che emerge chiaramente nel finale sorprendentemente dolce del film. L’ultimo capitolo della serie cult, The Toxic Avenger, è un reboot vietato ai minori che punta molto sull’umorismo infantile e sulle scene di combattimento cruente.

Potenziato dai fanghi tossici e trasformato in un mostro inarrestabile, il modesto uomo comune Winston interpretato da Peter Dinklage cerca ancora di fare la cosa giusta per il suo figliastro e di combattere le corporazioni che hanno rovinato la sua vita e il mondo. Nonostante il numero di esplosioni, decapitazioni e omicidi in The Toxic Avenger, il remake acclamato dalla critica ha in realtà un finale piuttosto felice per gli eroi e i loro cari.

Anche il chiaro accenno del film a un potenziale sequel è filtrato attraverso un’altra gag sovversiva sull’industria e un’occasione per il simpatico ragazzo dalla voce gentile interpretato da Dinklage di parlare direttamente al pubblico. Ecco come finisce The Toxic Avenger, come prepara il terreno per un sequel e la trama sorprendentemente dolce di questo brutale supereroe.

Winston ottiene un lieto fine in The Toxic Avenger

Il lieto fine di Winston alla conclusione di The Toxic Avenger è una vittoria indiscussa per lui e per gli altri personaggi eroici del film, che prepara un futuro felice (e potenzialmente pericoloso) per il ragazzo medio diventato eroe radioattivo. La battaglia di Winston contro Bob Garbinger e i suoi alleati criminali occupa gran parte della seconda metà del film dopo la trasformazione di Winston.

Dopo essere sopravvissuto a un attentato della mafia, agli esperimenti di Garbinger e a un brutale scontro con il CEO mutato, Winston si risveglia in un ospedale. È sano e salvo, considerato un eroe dal pubblico e (grazie a una donna che ha aiutato in precedenza e che si rivela essere un’agente federale) le sue azioni meno lodevoli saranno efficacemente “nascoste sotto il tappeto”. Come The Toxic Avenger del 2025 si confronta con il film originale2:41

Nel complesso è un lieto fine per Winston, con persino il suo rapporto con il figliastro Wade migliorato dalla sua ritrovata fiducia. Winston è un eroe per la comunità in generale e in particolare per Wade, i crimini di Garbinger sono stati smascherati e gli eroi sono accettati da una comunità che inizialmente li aveva emarginati. È un finale divertente dopo tutto lo spargimento di sangue precedente.

Spiegazione della scena post-crediti di The Toxic Avenger

Toxie (più o meno) decapita il cantante dei Killer Nutz

La scena post-crediti di The Toxic Avenger prepara il terreno per un pericolo futuro che tornerà in un prossimo film, almeno all’inizio. Kissy Sturnevan è la principale assistente di Bob e lo aiuta a realizzare i suoi capricci e desideri. Sebbene inizialmente sia titubante riguardo alla sua decisione di rapire Wade, l’ingestione dello stesso materiale radioattivo che ha trasformato Winston e Bob la rende ancora più malvagia.

Kissy combatte contro J.J., ferisce Winston e cerca di far uccidere Wade. Tutto questo la rende pericolosa (e potenzialmente anche più vendicativa) quanto Bob. Anche se Bob viene ucciso alla fine del film, Kissy sopravvive, come rivelato nella scena post-crediti. Anche se ferita, è già pronta a tornare come cattiva.

Non è una cattiva direzione da prendere per un potenziale sequel di The Toxic Avenger, soprattutto se ciò significa che il potenziale seguito riporterà in scena J.J. Tuttavia, la scena post-crediti si dissolve in una scena diversa, in cui Winston parla direttamente al pubblico di come preparare un perfetto toast al formaggio.

Insieme alla battuta del film sulla realizzazione di Toxic Avenger 2 se questo film incasserà 1 miliardo di dollari sul mercato interno, è una frecciatina alla forma generale dei franchise previsti e dei sequel pre-programmati. È una battuta perfettamente sciocca che rompe la quarta parete in un film pieno di battute simili, che prepara un sequel prendendo in giro il concetto stesso di farlo.

Come The Toxic Avenger prepara un sequel

The Toxic Avenger 2025
Photo courtesy of Yana Blajeva – Legendary Pictures e Eagle Pictures

Tuttavia, vale la pena considerare come The Toxic Avenger potrebbe potenzialmente trasformare la sua forte accoglienza da parte della critica in un potenziale sequel. La direzione più ovvia sarebbe quella di riportare Kissy come nuova cattiva, in cerca di vendetta su Winston e i suoi cari per aver fatto fuori Bob. La sua trasformazione in uno stato simile a quello del Joker potrebbe diventare una grave minaccia per il franchise.

Un altro filo conduttore è Fritz, il fratello maltrattato di Bob e capo della sicurezza. Inizialmente alleato di Bob, Fritz si è rivoltato contro di lui e ha aiutato a salvare Wade. Un sequel potrebbe esplorare il suo destino dopo essere sopravvissuto al taglio della gola da parte di Bob, preparandolo a rimanere un amico della famiglia di Winston o a diventare un cattivo che prende il posto di Bob.

Un possibile sequel di The Toxic Avenger potrebbe anche prendere spunto in modo più diretto dai film precedenti. La versione del personaggio interpretata da Peter Dinklage è una rivisitazione, senza molti degli elementi presenti nelle versioni precedenti (come l’interesse amoroso). Un sequel di The Toxic Avenger potrebbe introdurre questi elementi, anche se in modi nuovi per adattarsi alla nuova continuità.

Il vero significato di Toxic Avenger

Peter Dinklage in The Toxic Avenger
Photo courtesy of Yana Blajeva – Legendary Pictures e Eagle Pictures

The Toxic Avenger è in definitiva una storia molto dolce su un uomo che cerca di reagire contro una società che lo ha lasciato senza speranza. Sebbene il film ritragga la disperazione e le circostanze disastrose del mondo in modo così estremo da sembrare una commedia dark, il mondo di The Toxic Avenger è davvero desolante all’inizio del film.

Alla fine del film, la folla che si era rapidamente radunata in una rivolta ora festeggia Winston. Le bugie abbracciate dalla società sono state smascherate. La gente, spinta da Winston e dai suoi alleati, ha iniziato a ribellarsi contro un mondo che vuole essere insensibile e crudele.

Questo è simboleggiato in modo esilarante da due giornalisti che compaiono nel corso del film. Mentre la conduttrice donna racconta la notizia e prova empatia per Winston, il conduttore uomo più anziano si lamenta e fa allarmismo sulle potenziali minacce a cui potrebbe essere collegato.

Alla fine del film, la conduttrice gli dice di stare zitto, mentre l’influenza ribelle di Winston si diffonde.

Come persona normale, Winston era abbastanza simpatico. Come eroe, Winston è inarrestabile. Ispira anche le persone a combattere, nonostante le loro circostanze, che si tratti di smascherare la verità su un insabbiamento aziendale o semplicemente di partecipare a un talent show. Questo conferisce alla commedia macabra di The Toxic Avenger un nucleo emotivo accattivante.

Secret Team 355: la vera storia dietro il film

Secret Team 355 (qui la recensione) si ispira a una leggendaria spia femminile della Rivoluzione Americana nota come Agente 355, ma come si collega la sua storia al film? Diretto da Simon Kinberg, autore della saga degli X-Men, il film Secret Team 355 segue la missione dell’agente americano della CIA Mace Brown (Jessica Chastain), il cui mandato consiste nel recuperare un microchip in grado di armare qualsiasi forma di tecnologia, dai silos missilistici ai telefoni cellulari. La missione di Mace la vede anche collaborare con un gruppo di altre spie donne, tra cui Khadijah ( Lupita Nyong’o), Marie Schmidt (Diane Kruger) e Graciela (Penélope Cruz).

Anche l’agente cinese Lin Mi Sheng (Fan Bing-bing) si unisce al gruppo, mentre il collega di Mace, Nick Fowler (Sebastian Stan), finisce per essere un jolly della storia. Come ci si aspetterebbe da un film d’azione e di spionaggio, Secret Team 355 presenta molti colpi di scena, doppi giochi e un grande gioco del gatto e del topo di agenti segreti che si superano a vicenda. Come anticipato, nonostante non sia un film basato su una storia vera, affonda comunque le sue radici nell’era coloniale degli Stati Uniti. Ha infatti più che altro un legame spirituale con il suo omonimo attraverso le attività spionistiche delle sue protagoniste. In questo articolo, forniamo una panoramica su chi era l’Agente 355 e su come ha influenzato la storia del film.

Tutto ciò che il film Secret Team 355 rivela sull’Agente 355

Secret Team 355 film 2022
Penelope Cruz, Jessica Chastain, Lupita Nyong’o e Diane Kruger in Secret Team 355

Nonostante il titolo, Secret Team 355 non fa un’immersione profonda nella storia dell’Agente 355. Il principale riferimento del film a tale figura si ha quando Mace assume la designazione 355, mentre la squadra di cinque spie donne conduce operazioni simili in un contesto moderno. Inoltre, l’Agente 355 viene citato nella scena finale, quando la vendicativa Mace e i suoi collaboratori recuperano il chip da Nick Fowler. Mace fa a quel punto riferimento alla leggenda dell’Agente 355 mentre Nick si rende conto di essere stato avvelenato, dimostrando di paragonare la missione che lei e i suoi alleati hanno intrapreso a quella dell’Agente 355.

Nel complesso, Secret Team 355 non è però molto legato alla storia della leggenda dell’Agente 355 nella storia del film. Tuttavia, sembra che Kinberg intendesse stabilire un legame tematico tra le cinque eroine del film e la leggenda dell’Agente 355 nella sceneggiatura sua e di Teresa Rebeck. Anche l’Agente 355 faceva infatti parte di un giro di spionaggio noto come Culper Ring, e il cast di personaggi spionistici di Secret Team 355 forma anche un parallelo libero con un’organizzazione di intelligence simile. Questa organizzazione si rivelò una risorsa importante per i rivoluzionari coloniali durante la Rivoluzione Americana e fu coinvolta in numerose e note operazioni di intelligence. Una in particolare coinvolse anche l’uomo il cui nome è diventato sinonimo di “traditore”.

La spiegazione del reale agente 355 e de Culper Ring

Secret Team 355 spiegazione finale film
Diane Kruger, Jessica Chastain e Lupita Nyong’o in Secret Team 355

Sebbene l’identità dell’Agente 355 sia sconosciuta, si dice che sia stata una spia durante la Rivoluzione americana e che abbia fatto parte del Culper Ring. Si trattava di una rete di spionaggio organizzata da George Washington e Benjamin Tallmadge, con Robert Townsend e Abraham Woodhall come capi. Tallmadge, Woodhall e Townsend adottarono rispettivamente gli pseudonimi di John BoltonSamuel Culper Sr. e Samuel Culper Jr. per le operazioni del Culper Ring, tutti e tre alle dipendenze di Washington. La funzione principale del Culper Ring era quella di fornire informazioni sulle attività dell’esercito britannico. Il Culper Ring fu anche determinante nel fornire informazioni su numerosi attacchi e attività dietro le quinte delle forze britanniche durante la guerra rivoluzionaria.

Tra le operazioni del Culper Ring vi fu quella di fornire informazioni che avvertirono George Washington che il Tyron’s Raid era in realtà un’operazione del generale Henry Clinton volta a indebolire le forze americane. Forse la cosa più famosa è però che il Culper Ring scoprì il complotto di Benedict Arnold per consegnare una base americana agli inglesi. Il Culper Ring comprendeva anche alcune spie donne, come Sarah Townsend, e il non meglio identificato Agente 355, che sarebbe stato uno dei protagonisti di numerose operazioni di spionaggio del Culper Ring. Per quanto riguarda l’identità della donna, non sono mai state raccolte prove concrete. Tuttavia, ancora oggi esistono diverse teorie in merito.

Le teorie sulla vera identità dell’Agente 355

Lupita Nyong'o in Secret Team 355
Lupita Nyong’o in Secret Team 355

Un candidato suggerito per l’identità dell’Agente 355 è Anna Strong, nota per aver avvisato il Culper Ring della posizione di una delle loro spie, Caleb Brewster. Altre possibilità per l’identità dell’Agente 355 sono la già citata Sarah Townsend ed Elizabeth Burgin. È stata teorizzata anche la moglie comune di Robert Townsend, ma nel tempo è stata avanzata anche un’altra proposta. Questa vuole che non sia mai esistito un vero e proprio agente 355 in sé. Piuttosto, una donna non identificata potrebbe aver semplicemente fornito informazioni al Culper Ring senza esserne effettivamente un membro.

Secondo questa ipotesi, il numero 355 non sarebbe stato il nome in codice di un membro femminile del Culper Ring. In ogni caso, chiunque sia stata l’Agente 355, o se sia mai esistita una vera e propria Agente 355, la leggenda dei servizi forniti al Culper Ring deriva dalle sue attività. A causa della natura velata di chi fosse quest’agente, praticamente ogni teoria su chi potesse essere o sulla possibilità che fosse semplicemente una donna senza legami che forniva informazioni utili è ugualmente possibile.

Quasi certamente il mondo non conoscerà mai la vera identità dell’Agente 355, con secoli di teorie e molteplici possibilità ad oggi offerte. Allo stesso tempo, il mistero dell’Agente 355 è parte di ciò che rende la sua storia così affascinante. Secret Team 355 riprende quindi la storia dell’Agente 355 e la trasporta nel XXI secolo, raccontando una storia di spie che salvano il mondo dall’ombra. Il film collega poi le due storie attraverso le comuni abilità spionistiche e le azioni di protezione dei loro paesi e del mondo in modo clandestino.

Chainsaw Man – Il Film: La Storia Di Reze ha superato i 100 milioni di dollari

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Chainsaw Man – Il Film: La Storia Di Reze ha superato i 100 milioni di dollari di incasso a livello globale inserendosi nella lista dei film giapponesi con maggiore successo al mondo debuttando al primo posto del box office statunitense incassando circa 17,3 milioni di dollari nel suo primo week-end. Dalla sua uscita, anche in Italia è sul podio dei film più visti con oltre 90.000 presenze in sala in meno di una settimana.

Il film consolida così la crescita cinematografica di Sony Pictures nell’ambito dell’animazione giapponese di qualità ed è sostenuto da eccellenti riscontri di critica e pubblico con valutazioni elevate anche su Rotten Tomatoes (100% per i critici e il 99% del pubblico) confermando la solidità di produzioni che uniscono visione creativa e successo commerciale. Chainsaw Man – Il Film: La Storia Di Reze arriva in sala dopo il successo mondiale e italiano di Demon Slayer: Kimetsu no yaiba – Il Castello dell’Infinito uno dei film giapponesi con incasso più alto di sempre con oltre 660 milioni di dollari, quinto a livello mondiale del 2025, e con 4.465 milioni di euro in Italia.

Chainsaw Man – Il Film: La Storia Di Reze è un film prodotto dallo studio MAPPA, diretto da Tatsuya Yoshihara (la serie di Black Clover e Chainsaw Man) con la sceneggiatura di Hiroshi Seko (Gachiakuta, Jujutsu Kaisen, Dan Da Dan, Attack on Titan).

Tratto dalla storia originale “Chainsaw Man” di Tatsuki Fujimoto (pubblicata in serie su Shonen Jump+ di Shueisha), è ambientato in un mondo in cui i demoni nascono dalle paure umane e racconta la storia di Denji, un ragazzo che lavora come cacciatore di demoni insieme al fedele cane “Diavolo Motosega” Pochita. La sua vita scorre segnata dalle difficoltà e dal peso del debito ereditato dai genitori, finché un giorno viene tradito e ucciso. Sul punto di perdere conoscenza, Denji stringe un patto con Pochita e rinasce come Chainsaw Man, un essere metà uomo e metà demone, destinato a combattere in una guerra senza tregua tra cacciatori e creature infernali.

Chainsaw Man – Il Film: La Storia Di Reze è al cinema distribuito da Eagle Pictures.