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Glass Onion – Knives Out: recensione del film di Rian Johnson

Glass Onion – Knives Out: recensione del film di Rian Johnson

Rian Johnson torna con un altro mystery saporito da risolvere. Si tratta di Glass Onion – Knives Out, sequel dell’amato Cena con delitto, pellicola che ha portato “alla ribalta” il personaggio carismatico di Benoit Blanc. Il film strizza un po’ l’occhio ad Assassinio sul Nilo di Kenneth Branagh, il cui sfondo è quello di una luxury vacation che si tramuta nel peggiore degli incubi per i suoi partecipanti. A differenza del primo Knives Out, in cui il delitto era consumato all’interno della abbiente famiglia Thrombey, la nuova trama tesse la sua tela attorno ad una compagnia di amici aggrappati alla ricchezza del miliardario Miles Bron.

Il sequel si presenta come storia indipendente dalla precedente, il cui unico elemento in comune è il detective Blanc afflitto a causa della situazione pandemica attuale. Si smorzano un po’ anche i toni, e il cinismo cede il passo al sarcasmo di cui Benoit si fa portatore. Glass Onion – Knives Out, distribuito da Netflix e Lucky Red, sarà al cinema per una sola settimana dal 23 novembre e sulla piattaforma streaming dal 23 dicembre.

Glass Onion – Knives Out, la trama

Benoit Blanc (Daniel Craig) a causa della pandemia è sprofondato nella noia; nessun caso per lui è succulento e intrigante come vorrebbe e passa la maggior parte del suo tempo nella vasca da bagno. Un bel giorno un invito, nascosto in una scatola di legno piena di enigmi da risolvere, lo conduce in Grecia, sull’isola di Miles Bron (Edward Norton), magnate della tecnologia.

Qui Benoit ci arriva assieme alla singolare comitiva di amici del miliardario: Claire Debella (Kathryn Hahn), Lionel Touissaint (Leslie Odom Jr), Birdie Jay (Kate Hudson), Duke Cody (Dave Bautista) e l’ex socia in affari Cassandra Brand (Janelle Monae). Ognuno di loro, per motivi diversi, è legato a Bron non solo da un’amicizia datata, ma anche da un profitto personale. Credendo di trascorrere un weekend all’insegna del relax, il gruppo si troverà di fronte all’omicidio di uno loro, in cui tutti sembrano in qualche modo colpevoli.

Glass Onion - Knives Out Daniel CraigUn delizioso delitto estivo

Johnson impiatta un whodonuit dal set-up tradizionale, alla Agatha Christie story, le cui pedine e indizi si sparpagliano dentro la suggestiva e ricca isola greca del miliardario Miles. La struttura narrativa si modella lungo il mystery crime con un taglio ironico, e costella la diegesi di dialoghi al limite del comico, supportati da alcune gag studiate a puntino per movimentare le scene. La prima parte di Glass Onion – Knives Out è volta a spiegare – rallentando un po’ il racconto – in che rapporti sentimentali i personaggi si trovino l’uno con l’altro, sfruttando la prima ora per mostrare allo spettatore la loro posizione sociale. Ma è nella terza parte, con un incidente scatenate posizionato molto più in là dei canonici trenta minuti (errore), che il vero giallo prende forma con ritmo incalzante.

Nell’ultimo atto si scopre chi è il vero protagonista della storia, in questo caso l’ex socia Cassandra Brand che riesce, con il suo carisma, a eclissare il detective Benoit Blanc che in questo caso tende più a mimetizzarsi che a prorompere. In alcune sequenze che vanno a ritroso nel tempo e raccolgono ciò che si è seminato durante la diegesi, lo spettatore entra finalmente in contatto con l’oggetto del desiderio della Brand, prima oscurato dalla morte improvvisa di uno degli amici. Si mette così in moto il processo di empatia verso la donna, sperimentando la sua transizione di valori – in termini di sceneggiatura – che da negativo/negativo per i buoni sessanta minuti, si trasforma in negativo/positivo iniziando ad alternarsi, restituendo la tipica esperienza emozionale che culmina in frenetici plot twist.

L’impostazione del delitto a cui si partecipa attivamente appare in principio come un mistero fin troppo ingarbugliato e multistrato, capace di risolversi solo diminuendone lo spessore. Ma proprio come la cipolla di vetro – cuore e cupola della villa di Bron – finisce con l’essere più banale e per certi versi più stupido del previsto. Poiché a volte sono le cose che stanno proprio davanti agli occhi a sfuggire allo sguardo dell’attenzione. Esattamente come la glass onion, tanto scontata quanto essenziale.

Glass Onion - Knives Out cast

Avidità e desiderio di potere, le cifre dominanti

Glass Onion – Knives Out si presenta con uno script potenzialmente astuto. I personaggi scelti per questo nuovo gioco – e inizialmente lo è davvero – sono ben assortiti sulla trama-scacchiera. Ognuno di essi è simbolo e incarnazione del concetto di avidità e bramosia di potere all’interno della loro costruita estrazione sociale, volta a rimarcarne la doppiezza. Se all’apparenza sono mossi da libertà verso se stessi e lealtà verso ciò che istituzionalmente rappresentano, in realtà sono pedine tenute sotto scacco dal burattinaio dello show, il capitalismo, raffigurato dalla presenza venale di Miles.

La compagnia sui generis che approda sull’isola sembra condividere un sentimento forte di amicizia, eppure man mano che dell’omicidio se ne dispiegano prove e ragionamenti, si scopre che ciò che si cela nei loro rapporti a volte fin troppo melensi e cringe, ossia il desiderio di rimanere, tutti per un tornaconto personale, sotto l’egida dell’amico/finto benefattore miliardario. E così la trama vira all’analisi minuziosa dei suoi protagonisti, diventando l’omicidio l’ingegnoso escamotage per poterli esaminare, come fossero davanti al tribunale in attesa di giudizio. Nell’assoggettamento di Lionel, Claire, Duke e Birdie a Miles, Johnson ha introdotto un tema caldo della storia contemporanea, quello di un sistema che garantisce posizioni apparentemente semplici da ottenere ma in cambio di quelli che diventano dei privilegi, chiede lealtà e devozione.

La costruzione autoreferenziale del personaggio di Norton, il regista la mostra destrutturando la compagnia di amici. Come i set di enigmi della scatola di legno, questi vengono svelati in maniera progressiva step by step, sbucciati come gli strati di una cipolla, fino ad arrivare al fulcro. Nella loro disgregazione, termine spesso ripetuto nel film, risultano tutti perfettamente coesi e simili, e l’apparente loro diversità che fa di Glass Onion il punto di forza iniziale, costellato da riferimenti della cultura pop, si tramuta nell’uguaglianza attitudinale dei personaggi. In fondo sono tutti pronti a tradire per assicurarsi il posto nella campana di vetro.

Glass Onion – Knives Out risulta perciò una pellicola con un impianto narrativo e contenutistico ben strutturato, la cui suspense viene smorzata dall’humor che imprime i dialoghi dei personaggi e di cui lo stesso Blanc, con il suo accento del sud, sembra impossessarsi. Seppur il finale non raggiunga l’apice del climax e lasci un po’ con l’amaro in bocca, l’omicidio ben scorre fra le varie sfaccettature dei suoi protagonisti coinvolti e, giunti ai titoli di coda, le due ore e venti sembrano essere volate.

Treason, la recensione della miniserie Netflix con Charlie Cox

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Treason, la recensione della miniserie Netflix con Charlie Cox

Charlie Cox interpreta Adam Lawrence, un agente dell’MI6 che è costretto a mettere in discussione tutto e tutti in seguito ad un evento sorprendente che sconvolgerà la sua vita. Il suo personaggio si cala nel mondo dell’intelligence segreta britannica per Treason di Netflix. Adam Lawrence, un ufficiale dell’MI6 diventa capo ad interim dopo che il capo dell’organizzazione viene avvelenato da una spia russa. Ancora una volta, dopo The Recruit, Netflix punta tutto su un thriller di spionaggio. Divisa in cinque episodi e creata da Matt Charman (che ha contribuito alla creazione de Il ponte delle spie) la serie ha una trama intricata e misteriosa che ha il compito di coinvolgere tutta la famiglia riunita per le feste alla ricerca della risoluzione. Tutti i cinque episodi che compongono Treason sono disponibile su Netflix a partire dal 26 dicembre.

Treason, la recensione

Addestrato e preparato dall’MI6, la carriera di Adam Lawrence sembra una favola. Ma una persona che fa parte del suo passato tornerà per tormentarlo. Kara (interpretata da Olga Kurylenko) è una spia russa con cui condivide dei turbolenti trascorsi. Il personaggio di Charlie Cox e allora costretto a mettere in discussione tutto e tutti nella sua vita. In particolare, il rapporto con la moglie Maddy (interpretata da Oona Chaplin) creando una specie di triangolo amoroso tra Adam, Maddy e Kara. La presenza ingombrante della spia russa si fa sentire e fa dubitare Maddy riguardo la fedeltà del marito. L’arrivo di Kara nella loro vita però è assolutamente premeditato. Scopriamo che è stata lei ad architettare il tentato omicidio al capo dell’MI6 Martin Angelis (interpretato da Ciarán Hinds) solo per arrivare a Adam.

Infatti, i due sono ex amati e complici, si conoscono già dai tempi di Baku, missione che ritornerà nel corso della serie perché è lì che si accede al punto di svolta dell’intera trama. Scopriremo che Kara è venuta a riscuotere tutti i favori – non richiesti – fatti a compagno. Parallelamente però la coppia ha una faccenda ben più grave da risolvere. La loro figlia maggiore, Ella (interpretata da Beau Gadsdon) è stata rapita e solo Kara conosce il modo per ritrovarla. Inizia così la strategia fatta di spionaggio e contro spionaggio dove la stessa Maddy ormai non si fida più del marito. Ormai venuta a conoscenza di informazioni riservate riguardo il passato di Adam, il personaggio interpretato da Oona Chaplin inizia a fare il doppio gioco. La storia è appena cominciata e non si prospetta essere così semplice.

La matassa da sbrogliare è così aggrovigliata che risulta complicato capirne l’inizio e la fine. Non abbiamo il quadro completo della situazione e così come i personaggi della serie non possiamo fidarci di nessuno. Infatti, se inizialmente siamo tentati di vedere Kara come una minaccia a poco a poco conosciamo i motivi delle sue scelte. La giovane che spia che prima teneva le redini di questa minaccia adesso a sua volta è minacciata. Al centro di tutto c’è Adam che cerca in tutti i modi di destreggiarsi tra le serate in famiglia e la sua ex mentre l’MI6 inizia a nutrire dei dubbi sulla sua fedeltà nei confronti dell’intelligence.

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Traseon – Immagine dal set. Crediti Netflix

Per il bene della famiglia

Essere uno stacanovista al lavoro non giova molto alla vita personale di Adam Lawrence. Inevitabilmente, quando sei “costretto” a prendere una posizione di potere ti ritrovi a governare da solo. Questa è una delle regole non scritte di chi comanda. Purtroppo, però per Adam la vita con la sua famiglia gli sta sfuggendo di mano. Il tema della famiglia non riguarda solo Adam. Una volta messa alle strette il Ministro Audrey Gratz (interpretata da Alex Kingston) è costretta a confessare: “È disumano vedere una persona che ami soffrire in quel modo”. La maschera dietro cui si nascondono questi personaggi che ricoprono un ruolo di potere, cade e non c’è più modo di nascondersi.

Cade anche la maschera di Martin Angelis che ha da sempre complottato contro Adam, che apparentemente considerava il suo braccio destro. Treason, infatti, è un grande enigma da risolvere dove la mente dello spettatore è continuamente bombardata da informazioni preziose. Si vengono a creare due fazioni ben distinte da una parte Adam e la sua famiglia che cercano in tutti i modi di aiutare Kara a raggiungere il suo scopo: scoprire chi ha ucciso i suoi uomini durante la missione a Baku e, dall’altra parte i federali e l’MI6. Buoni e cattivi, come in una vera fiaba. Al centro varie pedine che fanno parte di un gioco più grande come il Ministro degli Esteri, Gratz, e la migliore amica di Maddy, Dede. Non si tratta di amore, ma di senso di colpa.

Ci avviciniamo al finale della serie con tante domande senza risposta. E ci aspettiamo che un turning point finale dia una scossa alla trama di Treason. Adesso la serie ci mette di fronte a uno stallo in cui Adam e Kara si espongono in prima linea contro l’MI6 per recuperare i preziosi documenti che potrebbero mettere con le spalle a muro il capo dell’agenzia.

Chi sono i buoni?

Angelis ha da tempo iniziato la sua crociata contro Adam. Convinto che l’agente sia un traditore di nome Dorian e che abbia ucciso lui gli agenti in missione a Baku con Kara. Proprio sul finale Treason inizia a diventare ancora più interessante aggiungendo altri tasselli. Con Olamide fuorigioco, spalla destra di Angelis, recuperare l’hardisk con i documenti diventa semplice, forse troppo. Dede, infatti, ha teso una trappola a Adam dando a Maddy ultimatum che consacrerà nelle mani della donna il destino del marito. Adam muore, vittima di un’incomprensione talmente più grande di lui e al di fuori della sua portata. Così Maddy e Kara per riabilitare il suo nome dovranno cercare di scoprire chi è in realtà Dorian. Per una volta Angelis non è un passo avanti a tutti.

Consegnati i documenti compromettenti nelle mani di Audrey Gratz lo spettatore è pronto a rispondere a un’ultima domanda: chi sono i buoni? Adam, creduto un traditore, muore sacrificando la sua vita per i suoi affetti e la sua famiglia. Vittima delle stesse persone che fino a un momento prima chiamava amiche. Una di queste era Patrick che ha giocato sporco incastrando Adam e la sua famiglia. La famiglia e gli affetti sono quello che tiene le persone ancorate alla vita. È quello che ha fatto Kara, cercando per 15 anni la persona che ha premuto il grilletto, uccidendo i suoi amici. È quello che ha fatto Adam, cercando di proteggere la moglie e i figli da questa minaccia. Ed è quello che farà Maddy che continuerà a vivere per il bene dei suoi figli, pensando al giorno in cui si vendicherà.

La prima notte del giudizio: tutte le curiosità sul film

La prima notte del giudizio: tutte le curiosità sul film

Arrivato sul grande schermo nel 2013, il film La notte del giudizio ha dato il via ad una delle più fortunate saghe cinematografiche ambientate in una realtà distopica. Composta da cinque film e una serie televisiva, la saga è stata ideata da James DeMonaco, ed ha in breve ottenuto ottimi riscontri di pubblico, tanto da giustificare la sua espansione. Dopo diversi sequel, nel 2018 è invece stato realizzato il primo prequel della saga, intitolato La prima notte del giudizio (qui la recensione), diretto da Gerard McMurray. Si tratta dunque del primo film non diretto da DeMonaco, il quale si è occupato soltanto della sceneggiatura.

Dopo aver visto le degenerazioni della notte del giudizio nei primi film della saga, gli autori hanno dunque deciso di raccontare in che modo tale evento è nato e si è diffuso. Inizialmente, questo capitolo spin-off era previsto come terzo film della saga, ma dato l’interesse dell’attore Frank Grillo e DeMonaco a continuare le vicende relative al personaggio di Leo Barnes, si preferì realizzare prima Election Year, rimandando di due anni le riprese di La prima notte del giudizio. Con un budget di 13 milioni, questo è anche il film di maggior incasso della saga, avendo totalizzato 127 milioni complessivi al box office.

Apprezzato in particolare per il suo aver presentato elementi inediti rispetto ai precedenti tre lungometraggi, questo quarto film della saga è dunque una gradita variazione sul tema, che offre la possibilità di confrontarsi con nuovi retroscena sul celebre periodo di sfogo collettivo. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

La prima notte del giudizio: la trama e il cast del film

In un futuro distopico il governo degli Stati Uniti D’America, guidato dai Nuovi Padri Fondatori, decide di testare un nuovo metodo che permetterebbe alla nazione di avere maggior sicurezza e sviluppo. Nel quartiere di Staten Island, una volta all’anno e solamente per dodici ore, viene consentito ai civili qualsiasi tipo di atto violento e disumano senza alcuna ripercussione giuridica. Questa notte infernale, nominata ‘Lo Sfogo’, permetterà di liberare ogni bisogno primordiale e bestiale così da diminuire il tasso di omicidi in tutto il paese nel corso dell’anno. Per incentivare i cittadini a partecipare all’evento, i Padri Fondatori promettono una lauta ricompensa che aumenterà in base all’efferatezza della violenza.

La psicologa May Updale viene incaricata di osservare l’esperimento, al fine di poter fornire dati esatti sull’efficacia dello sfogo. Il giovane Isaiah, attratto dalla prospettiva di guadagnare molti soldi per poter dare a sua sorella Nya una stabilità economica, decide di partecipare alla folle notte. Il ragazzo vorrebbe anche vendicarsi del tossicodipendente Skeletor, ignorando che anche quest’ultimo ha intenzione di partecipare per potersi permettere le sue dosi di droga. Scoccata l’ora prestabilita, Isaiah si aggira dunque per il quartiere e mentre con sua sorella tenta di resistere alla carneficina aiutato dallo spacciatore Dmitri, May fa una scoperta sconcertante sul vero scopo dello sfogo.

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Ad interpretare il giovane Isaiah vi è l’attore Joivan Wade, fattosi notare grazie a serie come Youngers, Big School e, in particolare, la serie Doom Patrol, dove ricopre il ruolo di Victor Stone alias Cyborg. Accanto a lui, nel ruolo della sorella Nya vi è invece l’attrice Lex Scott Davis, divenuta celebre proprio grazie a tale ruolo. Y’lan Noel, invece, è lo spacciatore Dmitri, che aiuterà i due ragazzi a superare la notte dello sfogo. Rotimi Paul, invece, interpreta Skeletor. Per ottenere il ruolo, l’attore ha accettato di prendere la metro con indosso il costume del suo personaggio. Infine le attrici Marisa Tomei e Melonie Diaz ricoprono il ruolo della psicologa May Updale e della ricercatrice Juani.

La prima notte del giudizio: il sequel del film

Dato il grande successo ottenuto dal prequel, DeMonaco ha poi deciso di far proseguire ulteriormente la saga con La notte del giudizio per sempre, uscito nel 2021. Questo è un sequel diretto del terzo capitolo, Election Year, e riprende la narrazione a otto anni di distanza dall’elezione presidenziale di Charley Roan, con lo sfogo ristabilito dai Nuovi Padri Fondatori, tornati al controllo del governo statunitense. Inizialmente questo doveva essere l’ultimo capitolo della saga, ma recentemente DeMonaco ha affermato di essere al lavoro su un sesto capitolo che dovrebbe espandere il concetto dello Sfogo all’intero mondo. Al momento non vi sono però notizie in merito e non è noto quando il film sarà effettivamente realizzato.

La prima notte del giudizio: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire di La prima notte del giudizio grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili Cinema, Apple iTunes e Amazon Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di giovedì 22 dicembre alle ore 21:15 sul canale Italia 2.

Fonte: IMDb

Endless: tutto quello che c’è da sapere sul film

Endless: tutto quello che c’è da sapere sul film

Il regista Scott Speer ha abituato il suo pubblico a storie d’amore particolarmente strazianti, segnate dall’impossibilità dei protagonisti di coronare il proprio amore ma anche a racconti di genere fantasy, dove il reale e l’irreale si fondono in modi impensabili. Del primo caso è un esempio evidente il suo lungometraggio Il sole a mezzanotte, mentre Sei ancora qui – I Still see You appartiene al secondo. Nel 2020 Speer ha poi realizzato un film che mette d’accordo entrambe queste tendenze, ovvero Endless, un’opera che coniuga romanticismo, dramma e fantasy.

Scritto da Andre Case e Oneil Sharma, questo teen drama affronta il tema dell’amore impossibile attraverso una netta separazione dei due protagonisti, puntando su elementi surreali e metafisici. Attraverso questa loro condizione, gli sceneggiatori e il regista puntano ad esaltare una lezione tanto dolorosa quanto importante: a volta bisogna saper lasciare andare chi si ama. Un tema simile a quello proposto da un classico come Ghost – Fantasma, adattato però qui per un pubblico più giovane, che può ritrovare nei sentimenti dei due personaggi anche qualcosa di sé.

Endless non è in realtà stato accolto positivamente dalla critica e il suo essere uscito al cinema nel pieno del periodo segnato dalla pandemia di Covid-19 ha bloccato le sue possibilità di affermarsi presso un ampio pubblico. Al pari di altri titoli simili, tuttavia, è questo un film capace di regalare emozioni e lezioni di vita. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà utile approfondire alcune curiosità relative ad esso. Proseguendo nella lettura sarà possibile ritrovare ulteriori dettagli sulla trama e il cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Endless: la trama del film

Chris e Riley sono due fidanzati che frequentano l’ultimo anno di scuola prima di iscriversi all’università. La sera della festa di fine anno, dopo essere arrivati alla festa con la moto del ragazzo, la migliore amica della fidanzata, Julia, rivela a tutti che Riley è stata presa all’università di giurisprudenza di un’altra città. Chris, scosso, decide di bere fino a diventare completamente ubriaco. A quel punto, grazie alla macchina dell’amico di Chris, Riley accompagna il fidanzato quando, nel bel mezzo di un discorso sul suo futuro, hanno un incidente. La ragazza si risveglia in un ospedale vicino all’amato, apparentemente sano e salvo, e ai suoi genitori, che però le comunicano la triste notizia della morte di Chris.

Quest’ultimo, pensando si trattasse di un qualche scherzo, prova a toccare la fidanzata, ma si accorge di non poterlo fare essendo realmente morto e intrappolato in una sorta di limbo. Incontra poi un ragazzo, anche lui morto, che gli rivela che un giorno potrà passare ad un “livello superiore” fuggendo da questo limbo. Nel mentre Riley, turbata dalla morte del ragazzo torna a disegnare sul suo quaderno, riuscendo ad entrare in contatto con Chris. Inizialmente non riesce a credere sia tutto vero, ma quando il ragazzo le dimostra la verità, lei disegna sempre di più, tentando di ricongiungersi col suo ragazzo. Ben presto, però, capiranno di non potersi influenzare in questo modo a lungo.

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Endless: il cast del film

A interpretare i protagonisti di Endless Chris e Riley vi sono gli attori Nicholas Hamilton e Alexandra Shipp. Il primo, nato in Australia, è divenuto famoso per aver impersonato uno dei figli di Viggo Mortensen in Captain Fantastic e Henry Bowers in IT e IT: Capitolo due. La seconda, invece, americana, è divenuta celebre per essere stata Tempesta in X-Men – Apocalisse e in X-Men – Dark Phoenix, oltre ad aver recitato in Tuo, Simon, dove ricopriva il ruolo di Abby. L’attrice Zoe Belkin interpreta Julia, l’amica di Riley, mentre Ian Tracey è Richard e DeRon Horton ricopre il ruolo di Jordan.

Accanto a loro, nel ruolo del padre di Chris vi è l’attore Aaron Pearl, mentre l’attrice Famke Janssen, il nome più noto del cast di Endless, interpreta Lee Douglas, la mamma di Chris. Anche lei è divenuta celebre grazie alla saga degli X-Men, avendo recitato nella trilogia originale nel ruolo di Jean Grey, alias Fenice. Completano poi il cast gli attori Eddie Ramos nei panni di Nate, Catherine Lough Haggquist in quelli di Helen e Barbara Meier, celebre per aver vinto la seconda edizione di Germany’s Next Topmodel, nel ruolo di Teri.

Endless: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire di Endless grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Apple iTunes e Amazon Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di giovedì 22 dicembre alle ore 21:20 sul canale Italia 1.

Fonte: IMDb

Quando George R.R. Martin bacchettò Stan Lee per aver fatto risorgere un villain dei Fantastici Quattro

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Prima di diventare l’autore de Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, George R.R. Martin era un avido lettore di fumetti e di fumetti Marvel. E’ emerso nei meandri della rete la foto di una pagina di un Fantastici Quattro numero 29 in cui, nella sezione dedicata alle lettere dei lettori, un giovane Martin si esprime con grande chiarezza in merito a cosa ha amato e cosa ha amato meno del numero di Jack Kirby e Stan Lee. Ecco di seguito:

Cari Stan e Jack,

Un altro mese, un altro classico, ma del resto cos’altro ci si può aspettare da voi, ragazzi! FF#29 è stato ancora una volta sublime, con i bellissimi disegni di Kirby-Stone che hanno dato il giusto impatto alla splendente scrittura di Stan. Così come quell’ultimo panel a pagina 11, potrei andare avanti tutto il giorno e ancora non finire le parole da spendere. Quando i miei piccoli e brillanti hanno visto la prima volta quel panel, bombe all’idrogeno sono esplose dentro la mia testa e sono stato spazzato via dalla sua purezza magnifica. Per favore, compagni, non fatelo spesso se non volete che io muoia giovane! Tuttavia, mi dispiace informarvi che ho trovato una pecca in questo altrimenti perfetto capolavoro, una pecca che è, purtroppo, molto comune con voi. Quando abbiamo visto l’ultima volta Red Ghost in FF #13 era bloccato sulla luna, rincorso da tre scimmie super potenti livide con odio e agitando il raggio paralizzante di Mr Fantastic contro di lui. Ora improvvisamente lo riportate indietro nel pieno controllo delle sue scimmie senza una singola parola di spiegazione. Questa non è la prima volta che riportate indietro un cattivo senza spiegare esattamente come. Lo avete fatto quando avete fatto risorgere Puppet Master in FF #14 dopo che Reed aveva sentenziato che era morto in FF #8. Uno scienziato non riesce nemmeno dire se un tizio è vivo o morto, ma è abbastanza brillante da inventare un raggio doohickey radioattivo cosmico super amplificato in un attimo! In conclusione, vi auguro buona fortuna per tutti i vostri prossimi libri, ma Stan, non tirare fuori dal tuo cappello altri villain di ritorno. La prossima volta spiegaci come fanno a tornare, ok? Ok! 

George R.R. Martin

Ms. Marvel: recensione dei primi due episodi della serie Disney+

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Ms. Marvel: recensione dei primi due episodi della serie Disney+

Dal 2008 a oggi il Marvel Cinematic Universe ha fatto tanta strada, perché non è poi troppo difficile immaginare che Kamala Khan, alias Ms. Marvel, protagonista della nuova serie Disney+, avesse soltanto due anni quando Tony Stark ha vissuto la sua prima avventura.

Una nuova generazione sulle orme dei Vendicatori

Questo mette la giovane Kamala quasi nella posizione che era stata di Kate Bishop in Hawkeye. Entrambe le ragazze sono cresciute con il mito degli Avengers, che sono ormai una realtà consolidata in quel’Universo Marvel, ed entrambe arriveranno ad incontrare i propri idoli, Kate diventando proprio l’erede di Clint Barton, Kamala incontrando Carol Danvers. Ma questo accadrà in The Marvels al cinema. Quello che per adesso sappiamo della nuova eroina Marvel, un’adolescente piena di energia e fantasia con una sfrenata adorazione per Captain Marvel, è che in una maniera del tutto inaspettata viene in possesso di superpoteri che la riconnettono con le sue origini pakistane e ne fanno la prima eroina musulmana del MCU.

Ms. Marvel serie tvUno sguardo alla comunità musulmana

I primi due episodi della serie, disponibili sulla piattaforma dall’8 giugno, raccontano la quotidianità di Kamala con grande immediatezza, affrontandone la vita in famiglia, la scuola, gli amici, le prime cotte, il rapporto con la comunità musulmana tutto con un tono estremamente brillante e divertente, proprio come è Kamala, grazie al ritratto che ne fa Iman Vellani, la sua fortunata e talentosa interprete.

Al di là dell’importanza dal punto di vista della rappresentazione di una comunità ancora ignorata dal MCU, Ms. Marvel si distingue per uno spirito vivace e accattivante, che coinvolge principalmente una fascia d’età molto giovane e in target, ma che può essere apprezzato anche da chi ha superato da un po’ l’adolescenza, perché fa immediatamente una dichiarazione di intenti che la colloca in uno dei posti più alti delle serie Marvel/Disney, fino a questo momento.

Ms. Marvel serie marvel

Ms. Marvel arricchisce i toni del MCU

Il tono leggero da prodotto teen si inserisce con intelligenza all’interno di un panorama che continua ad arricchirsi, e, se pensiamo anche solo agli ultimi prodotti arrivati allo spettatore, l’horror con Doctor Strange nel Multiverso della Follia e i miti egizi con Moon Knight, sicuramente l’intento di Kevin Feige e compagnia è quello di offrire un quadro completo del mondo in cui viviamo andando a spuntare una casella ad ogni nuova incarnazione televisiva o cinematografica di un eroe Marvel.

Produttori esecutivi della serie sono  Adil El Arbi & Bilall Fallah, che hanno lavorato a Bad Boys for Life, e che presto vedranno debuttare su HBO Max la loro Batgirl. Per Ms. Marvel, la coppia creativa ha messo in campo una buona dose di fantasia e inventiva, dando letteralmente vita alle fantasticherie di Kamala a schermo. I pensieri della protagonista non sono solo narrati dalla sua Voice over, ma appaiono sullo schermo in forma disegnata e graficizzata, aggiungendo una dimensione in più alla messa inscena per il resto abbastanza classica.

Vi innamorerete di Kamala Khan

Ms. Marvel è un prodotto brillante, che, almeno per quello che raccontano i primi due episodi, si colloca nel cassetto delle commedie Marvel ma che, dato il cliffhanger del secondo episodio, può prendere mille strade diverse e tutte plausibilmente interessanti, soprattutto perché raccontate dal punto di vista di un’eroina “normale”, a volte goffa ma sempre intraprendente e piena di voglia di vivere, con una enorme passione per gli Avengers. Questo forse più di tutto la rende una figura con cui è facile entrare in sintonia.

Paper Girls: recensione della serie fantascientifica su Prime Video

Un gruppo di quattro ragazzine pedalano sulle loro biciclette nella notte di Halloween del 1988, quando all’improvviso un fenomeno che sfugge ad ogni logica le trasporta in una realtà che non è la loro, nella quale dovranno difendersi da misteriosi pericoli nel tentativo di capire come tornare a casa. Riassumendo così la vicenda alla base di Paper Girls, si potrebbe pensare di avere a che fare con una copia di Stranger Things firmata Netflix. Le somiglianze, fortunatamente, finiscono qui, perché la serie ideata da Stephany Folsom (sceneggiatrice di Toy Story 4 e di alcuni episodi dell’attesa Il Signore degli Anelli – Gli Anelli del Potere) è un prodotto che intraprende ben presto direzioni diverse, imprevedibili e accattivanti.

Adattamento dell’omonima graphic novel firmata da Brian K. Vaughan e illustrata da Cliff ChiangPaper Girls si concentra infatti sul gruppo di ragazze formato da Erin, Mac, Tiffany e KJ. Queste rimangono inconsapevolmente coinvolte in un conflitto tra due fazioni di viaggiatori del tempo: gli Anziani e i Teenager. Dal 1988 si vedono dunque trasportate nel futuro, più precisamente nel 2019, dove dovranno schierarsi con l’una o l’altra delle due fazioni. Qui avranno inoltre modo di incontrare le loro versioni del futuro e dovranno scegliere se abbracciare o rifiutare il proprio destino. Ad oggi la serie a fumetti è composta da 30 albi, il che lascia presupporre che questa prima stagione della serie non sia che l’inizio di una lunga e articolata avventura.

Benvenuti nel futuro, di nuovo!

Sulla carta l’idea alla base di Paper Girls è tutt’altro che originale. Negli ultimi anni si sono moltiplicati a dismisura i racconti incentrati sui viaggi nel tempo, affrontati attraverso generi e punti di vista sempre diversi. Questa nuova serie sembra dunque non raccontare nulla di nuovo a riguardo, presentandoci un futuro in guerra non dissimile da quello visto anche in un altro prodotto Amazon quale Future Man. Ciò che cambia sono però qui le motivazioni alla base della guerra, le quali hanno a che fare con la libertà o meno di alterare il passato e il futuro. Se gli Anziani sostengono la conservazione della linea temporale, i Teenager al contrario credono nella possibilità del suo cambiamento.

Lo scontro che ne scaturisce è dunque un elemento centrale nel racconto, ma più che le battaglie vere e proprie, ciò che risulta possedere un certo fascino sono le riflessioni etiche sollevate da questa guerra. È davvero possibile alterare il passato? Se sì, è possibile prevederne le conseguenze? E se no, è possibile accettare realmente il naturale corso degli eventi? Più che offrire elementi d’azione con cui intrattenere il proprio pubblico, Paper Girls trova maggior interesse nel riflettere su tali questioni, esplicitate dall’incontro tra le quattro protagoniste con le loro versioni adulte. Una situazione che spinge tutte loro a riflettere su ciò che erano e ciò che sono diventate.

Paper Girls Prime Video
Riley Lai Nelet e Ali Wong in una scena di Paper Girls.

Paper Girls, una serie dalle molteplici sfumature

Quella che inizialmente può sembrare una serie in cerca di una propria identità, specialmente considerando i tanti prodotti simili per genere e temi, svela a poco a poco molteplici sfumature, che diventano il suo carattere primario. Oltre ai diversi momenti malinconici, nei quali le quattro protagoniste riflettono su ciò che erano e ciò che saranno, non mancano infatti anche situazioni particolarmente comiche, che giocano in modo intelligente con l’assurda situazione vissuta dai personaggi primari. Si tratta di momenti costruiti con un certo gusto, che non risultano affatto discordanti con il tono più drammatico dato dal conflitto in corso.

C’è dunque tempo per divertirsi e tempo per preoccuparsi di ciò che, episodio dopo episodio, si scopre sul guerra temporale tra Anziani e Teenagers. In entrambi i casi, Paper Girls offre un buon intrattenimento, che suscita un crescente interesse nello spettatore. Nonostante alcuni cliché narrativi, presenti in particolare nella caratterizzazione di certi personaggi, la serie possiede dunque un buon potenziale che, seppur ancora non del tutto espresso con la prima stagione, lascia immaginare risvolti futuri sempre più accattivanti. Per un prodotto che, pur affrontando i viaggi temporali, punta così poco sugli effetti speciali (non che questo sia un male, anzi), la sua forza è da ritrovarsi nei personaggi.

Le quattro attrici protagoniste sfoggiano una buona chimica di gruppo, che rende i loro momenti insieme sempre piacevoli, arricchiti dal loro non cercare di essere eroine ma rimanendo semplici adolescenti alle prese con la paura di crescere. A guidarle, nel corso della stagione, vi è Ali Wong, celebre attrice comica che ha qui modo tanto di rubare la scena nei momenti più divertenti quanto di dar prova anche delle sue doti drammatiche con un personaggio estremamente fragile. A loro ci si affeziona episodio dopo episodio e per quanto ad ora non sembrano ancora possedere la forza dei grandi personaggi della serialità, questa sembra essere sufficiente a reggere Paper Girls, facendone un prodotto godibile e avvincente.

Surface: recensione della serie Apple Tv+

Surface: recensione della serie Apple Tv+

Dopo il successo ottenuto con la prima stagione di The Morning Show, Gugu Mbatha-Raw è tornata a collaborare con Apple TV+ grazie a Surface, dramma psicologico con risvolti che sconfinano nel thriller che vede come Creator Veronica West (Ugly Betty).

Surface, la trama

Dopo essere miracolosamente sopravvissuta a un drammatico tentativo di suicidio, Sophie deve ricostruire la propria agiata vita a San Francisco pur avendo perso gran parte della memoria. Ad aiutarla ci sono principalmente suo marito James, la migliore amica Caroline e la psicologa Hannah. Quando però all’improvviso spunta il misterioso Baden e le insinua il sospetto che il suo passato non è quello che tutti stanno tentando di farle credere, e soprattutto che potrebbe essere ancora in pericolo di vita, Sophie inizia a notare delle discrepanze nel suo presente che la portano a sospettare non si sia trattato veramente di un tentato suicidio…

Surface fatica a catturare l’attenzione dello spettatore

Nelle prime puntate, Surface offre allo spettatore uno sviluppo narrativo e dei personaggi che non rappresentano davvero nulla di nuovo rispetto al genere di appartenenza dello show, e, difetto sicuramente anche peggiore, non possiede uno spessore drammatico in grado di catturarlo veramente. A parte alcuni interessanti accorgimenti di regia che rendono la messa in scena intrigante, la serie si sviluppa attraverso un ritmo narrativo eccessivamente posato. Il che avrebbe potuto diventare qualcosa di originale se avesse permesso di approfondire la vita interiore e i dilemmi dei personaggi principali, magari anche quelli secondari rispetto alla protagonista Sophie. Ma ciò non accade, e alla lunga la fluidità “contenuta” della progressione narrativa diventa complessa da sostenere.

Una serie molto elegante nella forma

Visivamente piuttosto curata, Surface si fa notare in particolar modo per l’eleganza delle ambientazioni che rappresentano metaforicamente la gabbia dorata in cui la protagonista è rinchiusa: un fattore che avrebbe potuto diventare una stimolante fonte di contrasto man mano che si comincia a scoprire l’universo in cui invece vive e si muove Baden. Anche questo aspetto però viene purtroppo mal gestito, in quanto rappresentato in maniera fin troppo esplicita: il look estremamente curato e i continui cambi di costume di Gugu Mbatha-Raw diventano un fattore controproduttivo, in quanto distraggono ulteriormente dalla trama: anche se siamo coscienti possa sembrare un’osservazione superficiale, se non addirittura frivola, a tratti si presta maggiore attenzione all’abbigliamento alla moda dell’attrice che alle vicende del suo personaggio.

Scenografia e costumi catturano più della storia

Un lavoro estremamente curato per quanto riguarda scenografie e costumi, adoperato come artificio per catturare e intrigare il pubblico anche a dispetto di un prodotto non particolarmente efficace, era un qualcosa che avevamo già notato quando avevamo scritto della sit-com Loot con protagonista Maya Rudolph, sempre realizzato per Apple TV+. Che si tratti solo di un coincidenza o stia diventando un marchio di fabbrica della piattaforma in streaming, saranno il tempo e le prossime serie realizzate a dircelo…

Se la qualità media delle serie prodotte da Apple TV+ risulta a nostro avviso superiore rispetto a quella delle piattaforme di streaming concorrenti, Surface al contrario si presenta come un mezzo passo falso. A uno spunto di partenza non particolarmente originale segue uno sviluppo non equilibrato tra narrazione e messa in scena, con quest’ultima che risulta molto più curata (addirittura fin troppo…) rispetto all’altra. Gugu Mbatha-Raw – anche executive producer – Stephan James, Oliver Jackson-Cohen, Ari Graynor e Marianne Jean-Baptiste non riescono più di tanto a rendere i proprio personaggi bidimensionali, costretti a lavorare su una storia che non li aiuta a evitare molti stereotipi del genere.

Surface manca di piglio, di spunti e reali riflessioni su quello che vuole raccontare dietro la superficie. E cosa forse ancor più grave sembra tentare di nascondere questa mancanza con una confezione che sfrutta con eccessiva furbizia molti dei trend di questi anni. Peccato.

Ragazze vincenti – La serie (A League of Their Own): recensione della serie Prime Video

Il rifacimento in versione seriale del film di successo Ragazze vincenti – La serie (A League of Their Own) (da noi arrivato con il titolo di Ragazze Vincenti) diretto da Penny Marshall nel 1992, che vedeva a protagonisti Geena Davis, Lory Petty e Tom Hanks, propone una variazione sul tema che adopera la stessa cornice storico-sociale per raccontare tematiche decisamente più attuali.

Ragazze vincenti – La serie (A League of Their Own), la trama

Come noto la storia prende spunto dalla formazione nel 1935 della lega femminile di baseball, creata per “salvare” il più popolare sport americano dal momento che la maggior parte dei giocatori professionisti e dei giovani del Paese erano stati arruolati per combattere durante la Seconda Guerra Mondiale.

Co-creator (insieme a Will Graham) e protagonista degli otto episodi è Abbi Jacobson, il cui personaggio di Carson Shaw si trova ad affrontare non soltanto la sfida di giovare come pitch nelle Rockford Peaches ma anche quella umana di scoprire veramente il suo posto nel mondo. Continuare ad essere la moglie ideale di un marito partito per il fronte o affrontare la nuova realtà di un mondo che la vede affermarsi come protagonista del proprio mondo? Allo stesso tempo Ragazze vincenti – La serie (A League of Their Own) racconta anche la storia della giovane Max (Chanté Adams), talento naturale come lanciatrice che vede però il proprio amore per il baseball ostacolato solamente dal colore della propria pelle…

Una feel-good series

Il merito maggiore di Ragazze vincenti – La serie (A League of Their Own) sta nel fatto di settare il tono della serie fin dal primo episodio, e mantenerlo costante per l’intera durata della stagione. Si tratta di un prodotto chiaramente intento a proporsi come “feel-good” entertainment, e all’interno di questo contenitore propone uno sguardo sincero ed efficacemente gentile nei confronti di un tema come l’omosessualità nello sport.

Abbi Jacobson sembra sapere fin dall’inizio quale è la scala dello show e i suoi obiettivi principali, e non li perde di vista per un solo episodio: Ragazze vincenti – La serie (A League of Their Own) non perde mai tensione tentando di diventare eccessivamente melodrammatica o “volare alto” con artifici narrativi o fuorvianti trovate di messa in scena. Al contrario la serie si dipana con un tono gioviale, a tratti magari anche civettuolo, ma in nessun caso superficiale. I rapporti tra i personaggi che compongono la squadra sono ben delineati, e molti archi narrativi funzionano a dovere. Soprattutto lo show restituisce con discreta efficacia la quieta rassegnazione di chi deve condurre la propria vita secondo le etichette prestabilite dal costume dell’epoca, nascondendo i propri impulsi e istinti per non incorrere nello scandalo e nel disonore.

La storia viene sviluppata attraverso due narrazioni principali, in cui appare piuttosto chiaro che quello riguardante Carson Shaw funziona meglio rispetto alle vicende di Max, ma non per questo Ragazze vincenti – La serie (A League of Their Own) soffre di evidenti scompensi in fase di tensione drammatica, tutt’altro. A rafforzare l’operazione partecipano poi la notevole presenza scenica e la bravura di D’Arcy Carden e la presenza di caratteristi di lusso quali Nick Offerman, Kevin Dunn e soprattutto la sempre poderosa Dale Dickey.

Il pubblico seriale in cerca di grandi emozioni o spettacoli di genere pirotecnici nei confronti di Ragazze vincenti – La serie (A League of Their Own) più di tanta attenzione. Si tratta molto probabilmente di uno di quei prodotti che passeranno piuttosto in sordina e non finiranno in troppe Top10 dei migliori show del 2022. Non ci sono grandi star, non c’è un genere “forte” in grado di solleticare l’attenzione degli appassionati, non ci sono neppure artifici drammaturgici particolarmente originali.

Ragazze vincenti – La serie (A League of Their Own) ha una componente sperimentale

Quello che lo show possiede è il tono commedia edificante con alcune pennellate di approccio molto contemporaneo. Sull’ambientazione d’epoca vengono infatti spesso sovrapposti dialoghi coloriti, che impreziosiscono il realismo di personaggi e situazioni. Ecco che allora Ragazze vincenti – La serie (A League of Their Own) diventa un piccolo esperimento che contiene “stonature” elettrizzanti, figure che si muovono con grazia tra stereotipo e originalità, momenti di tenerezza sinceri e discorsi sotterranei socio-politici ben orchestrati. L’intento è quello di regalare al pubblico dolcezza, umanità e ritratti femminili a cui affezionarsi, e in questo l’obiettivo viene pienamente centrato. Rimane il dubbio che avrebbe potuto essere qualcosa di maggiormente ficcante? Forse.

La sensazione precisa vedendo episodio dopo episodio è che non fosse questa l’idea alla base del tutto. E partendo da questo presupposto Ragazze vincenti – La serie (A League of Their Own) diventa una serie perfetta da vedere per una serata in completa rilassatezza, magari se possibile accanto alla persona a cui si è legati. Per coccolarci un po’, difficilmente troverete in giro qualcosa di più adatto.

Cinque giorni al Memorial: recensione della serie con Vera Farmiga

Il valore e la compattezza di una società civile non dovrebbero essere misurati attraverso gli standard della normalità, quanto piuttosto nelle situazioni di emergenza. Nel momento del bisogno, un tessuto sociale e lo Stato che lo rappresenta dovrebbero ergersi come entità coesa e protrarsi verso gli strati della popolazione maggiormente bisognosi. Il modo in cui si affronta la calamità dovrebbe mostrare il reale stato di salute di una nazione e del suo governo.

Cinque giorni al Memorial, la storia vera

Ed è per questo che gli Stati Uniti non riusciranno mai a lavare dalla propria bandiera la macchia del disastro di New Orleans dopo Katrina. Cinque giorni al Memorial racconta cosa successe nei giorni successivi al passaggio dell’uragano in un ospedale rimasto isolato, o meglio abbandonato al proprio destino. Ideata da John Ridley e Carlton Cuse, la serie di Apple TV+ è un resoconto preciso, minuzioso e desolante dei tragici fatti che portarono alcuni medici a prendere decisioni estreme, salvo poi venir messi sotto accusa a causa di quelle stesse decisioni. Perché risulta sempre conveniente puntare il dito contro il singolo piuttosto che il sistema.

Crea uno scarto concettuale e psicologico profondo e fortissimo, Cinque giorni al Memorial: nella progressione drammatica, nell’attenzione all’arco narrativo dei personaggi principali, nel realismo delle scenografie e delle ambientazioni sembra quasi una docu-serie (viene adoperato a tal proposito anche molto footage reale girato dopo il disastro di Katrina). Eppure allo stesso tempo si ha la sensazione di assistere a un prodotto di fantascienza, a uno show post-apocalittico proprio per gli stessi motivi appena elencati. La mente di chi scrive – e supponiamo anche quella di molti altri spettatori – ha fatto davvero fatica a radicare l’idea che la ricostruzione mostrata è basata su fatti realmente accaduti.

Cinque giorni al Memorial Vera FarmingaRidley e Cuse – anche registi di molti degli episodi – evitano dosano con enorme sensibilità le sottolineature drammatiche e drammaturgiche lasciando che siano i fatti a parlare. Nell’esporre dettaglio dopo dettaglio, scena dopo scena, episodio dopo episodio quanto New Orleans e le sue infrastrutture fossero totalmente impreparate all’emergenza dell’uragano, Cinque giorni al Memorial diventa un atto di accusa perentorio nei confronti di un sistema socio-politico totalmente disinteressato al benessere, anzi soltanto anche alla mera sicurezza delle classi sociali meno agiate. Ed ecco allora che della catastrofe l’uragano diventa la causa almeno quanto lo sono anni e anni di lassismo, incompetenza, razzismo, sfruttamento economico: piaghe che si sono rivelate come tali nei giorni immediatamente successivi a Katrina, quando il vuoto assoluto di potere gestionale – unito alla malafede dolosa e criminale di chi ha curato prima di tutto i propri interessi economici – ha impedito che reali e organizzati soccorsi fossero portati alle migliaia e migliaia di persone colpite dalla catastrofe.

I primi cinque capitoli dello show sono interamente ambientati al Memorial Hospital, con l’ultimo di essi che si rivela un episodio scritto con una lucidità onestamente mai esperita in precedenza in una serie televisiva. Viene infatti raccontato come persone costrette a compiere delle scelte che non avrebbero dovuto spettare loro – persone che hanno dedicato la propria vita professionale al benessere dei propri pazienti, qualsiasi cosa ciò significhi – hanno fatto quello che ritenevano giusto (umano) in condizioni estreme. E insieme viene messo in scena come altri hanno fatto la scelta opposta, ottenendo altri risultati.

Cinque giorni al Memorial serie tv

Non c’è giudizio nel racconto

Si insinua allora l’idea di giusto o sbagliato in Cinque giorni al Memorial? Si tenta un giudizio? Assolutamente no. Al contrario si abbraccia l’idea che chi agisce, chi si prende responsabilità anche gravose nei confronti del prossimo, in particolar modo quando è bisognoso, è al di sopra di una nozione così univoca come giusto o sbagliato. E se anche gli ultimi tre episodi non posseggono la potenza espressiva ed emotiva dei precedenti, rimangono comunque fondamentali poiché continuano a presentare la vicenda da molteplici punti di vista, regalando angolazioni e spunti di riflessione realmente importanti.

È un lungo applauso che meritano tutti coloro che hanno partecipato a Cinque giorni al Memorial, dai creator agli sceneggiatori al cast di attori perfetto in cui primeggiano Vera Farmiga, Cherry Jones e Michael Gaston. È una miniserie dolorosa, a tratti quasi insostenibile. Ma è qualcosa a nostro avviso di mai visto prima, sia nella scrittura che nell’esposizione. Non perdetela.

Power Book III: Raising Kanan – stagione 2, recensione della serie StarzPlay

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Continua a fiorire e a moltiplicarsi la saga di Power che, con la seconda stagione di Power Book III: Raising Kanan, continua a espandere i propri fili narrativi, in lungo e largo, anche se in questo caso sarebbe più corretto dire “indietro nel tempo”, visto che la serie prequel è ambientata negli anni ’90 e racconta dell’ascesa di Kanan Stark e di come si è fatto strada nel mondo dello spaccio di droga.

Power Book III: Raising Kanan stagione 2, dove eravamo rimasti?

All’inizio della seconda stagione, Raquel Thomas, madre di Kanan, ha raggiunto il controllo totale del traffico di droga della città, ma le sta sfuggendo il controllo sul figlio. Kanan Stark torna nel Queens incerto sul suo futuro negli affari di famiglia e, a causa del segreto sul detective Howard, è ancora più incerto sul suo passato. Il giovane è alla ricerca della verità mentre sua madre Raq con audacia vuole espandere gli affari in un territorio ostile. Lou-Lou, zio di Kanan e fratello di Raq, ha altri piani che ruotano attorno alla sua etichetta discografica in fallimento, ma la donna non ha intenzione di lasciarsi ostacolare dai problemi del fratello. Allo stesso tempo l’altro fratello, Marvin, sebbene rimanga un fedele soldato di Raq, è distratto dalla lotta per ottenere il perdono di Jukebox e diventare il padre che non è mai stato. I legami che tengono insieme la famiglia si stanno sciogliendo, ma Raq non si fermerà davanti a nulla pur di riunirli.

Il franchise in continua espansione

Dopo il focus sulle vicende di Tommy Egan all’inizio del 2022, con Power Book: Force, torniamo negli anni ’90 a seguire la storia di Kanan Stark, che nella serie principale di questo franchise sui generis è lo spacciatore ed ex mentore di Ghost e Tommy, poi diventato il loro rivale.

Le tappe obbligate della storia, che la porteranno a ricongiungersi con la serie principale non fanno perdere di freschezza Power Book III: Raising Kanan stagione 2 che, dopo l’accoglienza positiva della prima stagione, continua a mettere in scena questo lungo viaggio d’iniziazione alla vita criminale del personaggio che in Power ha il volto di 50 Cent. Il carisma della serie resta invariato rispetto alla prima stagione e si arricchisce di svolte e trame che porteranno inevitabilmente, come da titolo, alla “nascita” di Kanan nel suo universo criminale.

Sascha Penn, ideatrice della serie e guira della writing room dello show, si conferma una penna ottima per mettere in scena le avventure splendidamente interpretate da Patina Miller e MeKai Curtis,  rispettivamente Raq e Kanan.

Oltre ai protagonisti, il cast comprende anche Omar Epps (HouseLove and Basketball), London Brown (Ballers), Malcolm Mays (ThemSnowfall), Hailey Kilgore (Amazing Stories), Joey Bada$$ (Due estranei), Shanley Caswell (L’evocazione – The Conjuring), Quincy Brown (Dope), Toby Sandeman (The Royals). Antonio Ortiz (High FidelityThe Sinner) ha ora un ruolo ricorrente nella serie nei panni di Shawn “Famous” Figueroa. Power Book III: Raising Kanan stagione 2 arriverà su StarzPlay a partire dal 14 agosto.

Irma Vep – la vita imita l’arte: recensione della serie con Alicia Vikander

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Dopo una gloriosa premiere mondiale al Festival di Cannes 2022, Irma Vep – la vita imita l’arte arriva in Italia, a partire dal 3 agosto, su Sky e NOW. La serie riprende ed espande un universo creato a portato a schermo da Olivier Assayas nel 1996, quando presenta il suo film. Anni dopo, il regista francese torna a quella storia, espandendola e dilatando il mondo di Irma Vep, sfuggendo all’etichetta di remake o di sequel e sviluppando in una serie da 8 episodi di 50 minuti non solo i concetti metatestuali che già venivano affrontati nel film, ma aggiungendovi un occhio contemporaneo e avvalendosi di un cast estremamente devoto ai personaggi che porta in scena.

Irma Vep – la vita imita l’arte, la trama

La storia è quella di Mira, un’attrice di blockbuster hollywoodiani che si accinge a partecipare a una produzione che vuole rimettere in scena una serie culto per la cultura audiovisiva francese. Stiamo parlando di I vampiri, serial del 1915 divenuto un punto di riferimento iconico, a tratti maledetto, per i surrealisti.

Irma Vep – la vita imita l’arte, metatestualità

Qual è il punto di maggiore interesse in questa serie? Sicuramente la meta-testualità. Irma Vep  – la vita imita l’arte è un’indagine sull’industria cinematografica e sullo star System che racconta il remake di una serie a sua volta iconica che, anche nella vita reale ha una valenza artistica importante, mentre contemporaneamente alle riprese i personaggi interpretato da attori scivolano dentro i personaggi che loro stessi interpretano.

Il cast straordinario di Irma Vep

Un gioco di scatole cinesi che viene tenuto in piedi principalmente dal cast, particolarmente in armonia con lo scenario messo a disposizione. In particolare Vincent Macaigne, nei panni del regista di quest’avventura insolita, che si cimenta in un lavoro di rifacimento uno a uno, con momenti di grande poesia e lirismo alternati a gesti e toni grotteschi. Accanto a lui, la vera star della serie, Alicia Vikander, che compare anche trai Producer del progetto televisivo e che offre una delle sue migliori interpretazioni in carriera. Il volto dolce da bambina si concede guizzi di sensualità improvvisa, come fosse u serpente che salta sulla sua preda, insieme a una profondità insondabile di sguardo che accresce quella sensazione di trovarsi di fronte a una ragazza spaesata che però nasconde un segreto. Insomma, un’ambiguità elegante e raffinata, quella di Vikander, che sembra essere perfetta per mettere in scena Mira, che a sua volta scivola dentro Irma Vep e la fa sua, quanti vendo posseduta da questo personaggio carismatico e sensuale, talmente tanto consapevole da scatenare timore negli uomini che la circondano.

Assayas si muove agile tra questi piani della narrazione, mostrando il fianco talvolta all’interpretazione stessa e rendendola protagonista della scena, talvolta a ciò che significa oggi fare arte, o a quello che si potrebbe fare se l’industria non fosse così castrante e bigotta. Irma Vep – la vita imita l’arte è uno sguardo libero alle costrizioni dello sforzo creativo, attraverso un racconto nel racconto e un occhio lucido e tuttavia appassionato.

Bad Sisters: recensione della nuova serie Apple TV+

Bad Sisters: recensione della nuova serie Apple TV+

Dopo il grande – e strameritato – successo di Catastrophe su Prime Video, Sharon Horgan torna allo streaming con Bad Sisters, una miniserie che mescola al meglio molti dei temi e toni portanti delle produzioni made in Britain. Bad Sisters racconta la storia di cinque sorelle molto diverse tra loro, ognuna con i suoi piccoli grandi problemi di tutti i giorni. Una in particolare, Grace (Anne-Marie Duff), ha sposato un uomo che definire meschino, abusivo, ipocrita o minaccioso sarebbe un eufemismo. Jean Paul (Claes Bang) è odiato da tutte le cognate per il modo in cui tratta ognuna di loro, oltre che schiavizzare la moglie. Finché un giorno l’uomo all’improvviso muore…

La trama di Bad Sisters

Ispirata dalla serie belga Clan, Bad Sisters è una commedia che mescola con brio e coerenza la commedia di situazione con una trama gialla in puro stile Agatha Christie. L’ambientazione principale è una piccola cittadina vicino Dublino che si dimostra fin dal pilot molto efficace per circoscrivere l’azione e i personaggi in una cornice “piccola” e provinciale, al fine di ottenere quel necessario senso di realismo. Gli episodi sono infatti sviluppati, sia narrativamente che nella messa in scena, secondo una sobrietà che permette poi a piccoli e precisi guizzi di comicità di esplodere e intrattenere il pubblico. Sharon Horgan dimostra di possedere una versatilità insospettata, allontanandosi dai toni scatenati, a tratti iperbolici di Catastrophe, per arrivare a un prodotto molto stratificato pur se comunque infuso di una leggerezza ammirevole.

Ogni puntata di Bad Sister riesce a scivolare dal dramma alla commedia al thriller (leggero) con un’efficacia che non molti prodotti televisivi posseggono. E allo stesso tempo si presta a essere uno spaccato sociale molto preciso e purtroppo contemporaneo, che racconta quanto esistano ancora oggi nel Regno Unito (ma ovviamente non solo…) microcosmi dove l’abuso e la prevaricazione dell’uomo nei confronti della donna è parte integrante – e tristemente integrata – del tessuto sociale. L’unico punto a sfavore della miniserie – o meglio non del tutto centrato a livello di equilibrio del personaggio – è rappresentato proprio dal personaggio di Jean Paul, il quale alterna momenti in cui è magnificamente tratteggiato nella quotidianità del suo essere abusivo e opprimente, ad altri in cui invece si muove un po’ troppo sopra le righe per risultare realistico, sconfinando nella macchietta.

Bad Sisters serieNonostante questo, Claes Bang riesce a fornire dell’uomo un’interpretazione molto precisa, subdola e fastidiosa al punto giusto. E con questa puntualizzazione passiamo dunque a scrivere del cast di Bad Sister, composto da cinque attrici in stato di grazia, che riescono ognuna a tratteggiare un personaggio unico e insieme perfettamente integrato con gli altri. La rappresentazione del rapporto che lega le sorelle protagoniste è vero, brioso, profondo, a tratti doloroso. Se Sharon Horgan dimostra ancora una volta una presenza scenica tutta personale e corposa, la vera sorpresa è una Sarah Greene (Normal People) davvero energica nel ruolo di Bibi Garvey, la sorella maggiormente mossa dalla rabbia e dalla sete di vendetta.

Una serie di difficile classificazione

È sinceramente difficile catalogare Bad Sisters all’interno di un genere specifico. Lo show di Apple TV+ si declina attraverso molteplici coordinate che lo rendono un prodotto pieno, corposo e capace di indirizzare il pubblico verso discorsi anche differenti tra loro ma ottimamente incorporati insieme. C’è molto nella serie di Sharon Horgan, ma mai troppo. Ci si diverte in maniera frivola e allo stesso tempo profonda; c’è un discorso contemporaneo sul rapporto donna/uomo che non diventa mai pamphlet preconfezionato o messaggio retorico; ci sono romance, commedia di situazione e personaggi, giallo leggero, melodramma. Il tutto incorniciato da paesaggi naturali bellissimi da vedere. Insomma, Bad Sisters merita assolutamente la visione, in quanto capace di soddisfare una larga parte di pubblico.

L’Immensità disponibile da oggi per l’acquisto e il noleggio in digitale

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L’Immensità, il film di Emanuele Crialese che vede protagonista Penelope Cruz, sarà disponibile da oggi, giovedì 22 dicembre, per l’acquisto e il noleggio su tutte le principali piattaforme digitali per Warner Bros. Home Entertainment. Il film è stato presentato in concorso alla 79. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Nel cast anche Luana Giuliani, Vincenzo Amato, Patrizio Francioni, Maria Chiara Goretti, Penelope Nieto Conti, Alvia Reale, India Santella, Mariangela Granelli e Valentina Cenni.

L’Immensità è una produzione Wildside (una società del gruppo Fremantle), Warner Bros. Entertainment Italia, Chapter 2, Pathé, France 3 Cinema.

L’Immensità – la trama

Roma, anni 70: un mondo sospeso tra quartieri in costruzione e varietà ancora in bianco e nero, conquiste sociali e modelli di famiglia ormai superati. Clara e Felice si sono appena trasferiti in un nuovo appartamento. Il loro matrimonio è finito: non si amano più, ma non riescono a lasciarsi. A tenerli uniti, soltanto i figli su cui Clara riversa tutto il suo desiderio di libertà. Adriana, la più grande, ha appena compiuto 12 anni ed è la testimone attentissima degli stati d’animo di Clara e delle tensioni crescenti tra i genitori. Adriana rifiuta il suo nome, la sua identità, vuole convincere tutti di essere un maschio e questa sua ostinazione porta il già fragile equilibrio familiare ad un punto di rottura. Mentre i bambini aspettano un segno che li guidi, che sia una voce dall’alto o una canzone in tv, intorno e dentro di loro tutto cambia.

I am Groot: recensione della serie di cortometraggi Disney+

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I am Groot: recensione della serie di cortometraggi Disney+

Arriva come un uragano di dolcezza e simpatia, il 10 agosto su Disney+, I am Groot, la nuova serie Marvel per la piattaforma che va ad arricchire l’offerta che la Casa delle Idee regala agli abbonati. La serie ci riporta al tempo in cui l’albero senziente è ancora un bambino, anche se probabilmente si tratta di un progetto fuori-canone, come ha dichiarato lo stesso James Gunn. La serie vede diversi ritorni, non solo quello di Vin Diesel che dà la voce al protagonista e di Bradley Cooper che torna brevemente a doppiare Rocket Raccoon, ma è lo stesso Groot che torna nel suo pianeta d’origine, dove non lo abbiamo mai visto!

La serie è formata da 5 episodi, di circa dieci minuti, piccoli cortometraggi, pillole di divertimento e tenerezza che vedono il nostro ramoscello impegnato a esplorare la galassia, a fare i conti con l’ambiente circostante e a farsi rispettare dalle altre creature che incontra sul suo cammino, indipendentemente dalla taglia! Sicuramente queste avventure lo formeranno fino a trasformalo nell’albero che abbiamo conosciuto all’inizio di Guardiani della Galassia e che si sacrificherà per salvare la sua famiglia.

I Am Groot, la nuova serie animata Marvel

Anche in questo prodotto, indirizzato chiaramente ai più piccoli, Groot si dimostra particolarmente a suo agio nel combinare pasticci, con buona pace di Rocket Raccoon, che non può fare a meno di adorare il suo piccolo amico, anche se cerca in tutti i modi di essere severo e limitarne l’entusiasmo infantile.

Con I Am Groot, lo stile del MCU si arricchisce ulteriormente, perché per la prima volta entra in gioco l’animazione fotorealistica, che sebbene sia la più diffusa nel panorama contemporaneo dell’animazione, è una prima volta per lo studio di Kevin Feige. Si potrebbe quindi ipotizzare che si sta aprendo una nuova strada espressiva e linguistica per la Casa delle Idee e I am Groot fa da apripista, soprattutto perché è già stato confermato un secondo ciclo di cortometraggi. Questa novità non ha però impedito a Feige di affidarsi a mani note e fidate. A firmare i cinque episodi c’è infatti Ryan Little, che aveva già seguito What If…? e che è stato confermato per questa nuova avventura.

A dispetto delle recenti polemiche in merito alla scarsa qualità della computer grafica dei recenti prodotti MCU, è evidente che I am Groot si avvale della tecnica più raffinata per mettere in campo al meglio l’amatissimo protagonista, che risplende in tutta la sua dolcezza in tutti e cinque i cortometraggi disponibili su Disney+ dal 10 agosto.

She-Hulk: Attorney at Law, recensione del primo episodio della serie Disney+

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Non è la versione al femminile di Hulk, non è un mostro, non è preda della sua rabbia: potremmo dire che She-Hulk è la controparte femminile del Gigante di Giada e potremmo dire che sia migliore di lui in ogni cosa. In effetti, dati alla mano, She-Hulk è proprio questo: una versione migliore, più equilibrata e completa di Hulk.

She-Hulk: Attorney at Law, da dove parte la storia?

Lo scopriamo da subito, nella primissima parte del pilot della nuova serie Disney+, in cui incontriamo Jennifer Walters alle prese con Bruce Banner (Mark Ruffalo). Quando Jennifer si trova a dover gestire lo stesso problema del cugino Vendicatore, è ovvio che si rivolga a lui per cercare di capire di cosa si tratta e come “curarsi”, ma presto scoprirà che lei è più brava a gestire la rabbia, a modulare la trasformazione in creatura verde, a convivere, in pratica, con la sua metà bestiale, non perde mai coscienza di sé e si trasforma in una gigantessa verde ma che conserva la personalità di Jennifer. Ma una giovane avvocatessa rampante che d’improvviso si trova investita da superpoteri, e quindi super-responsabilità, è pronta a fare l’eroe? Per Jennifer la risposta non è immediata, dopotutto ha studiato tanti anni per diventare avvocato, non vorrà mica mandare tutto all’aria per una questione di poco conto come questa?

She-Hulk: Attorney at Law Tatiana Maslany

Ally McBeal con i superpoteri, ma non solo!

She-Hulk: Attorney at Law è una serie interessante nel panorama Marvel/Disney: non si colloca mai in un genere preciso, e anche se a tutti verrà in mente Ally McBeal, il paragone, seppure giusto, non rende giustizia all’intera serie che, almeno per i primi quattro episodi, varia di tono e di tema, risultando fresca e intrigante, ma soprattutto offrendo un punto di vista nuovo sul mondo dei supereroi.

Come è stato detto in sede di presentazione della serie alla stampa, She-Hulk è un sguardo privilegiato al backstage della vita di supereroe, mentre seguiamo Jennifer Walters nella sua vita quotidiana, che fa fronte a tutti gli impegni, le incombenze, gli appuntamenti che una donna in carriera di 30 anni e single deve affrontare ogni giorno. E mentre per il cugino la doccia di raggi Gamma è stata uno sconvolgimento, Jennifer, donna multitasking che oltre a fronteggiare una vita piena e attiva si trova anche a vivere in un mondo, quello della professione forense, profondamente maschilista, è semplicemente già allenata a gestire la rabbia, il disappunto, la frustrazione e quindi la sua metà verde diventa solo un task in più.

che hulk castUna donna sa già come gestire la rabbia

Tutte le emozioni che fanno di Bruce un animale indomabile, un mostro pericoloso, per Jennifer sono solo un’altra seccatura, una delle tante, da gestire in una vita piena. Ed è proprio qui che ci porta She-Hulk: Attorney at Law, nella vita di Jennifer, che sceglie di continuare a fare del bene non come supereroe, ma come avvocato, anche dopo che ha ottenuto i poteri e la sorprendente capacità di gestirli.

Il personaggio di Tatiana Maslany offre una nuova prospettiva sull’essere eroe, quella di scegliere di privilegiare l’impegno e la professionalità rispetto allo “smash”, allo spaccare tutto e combattere i cattivi con la forza bruta. Certo, anche lei verrà messa con le spalle al muro, ma sarà in grado di fare le proprie scelte, controcorrente per un supereroe Marvel, ma coerenti e realistiche per una donna contemporanea che vive nel suo tempo.

Rispettato lo stile del fumetto

La serie, con una squadra alla produzione prevalentemente al femminile, riesce a portare a schermo tutto ciò che c’era nei fumetti Marvel degli anni ’80, anche la rottura della quarta parete, ma attualizzando le questioni e il punto di vista dei personaggi a oggi, con grande efficacia e con un risultato fresco e leggero. Certo, per essere un prodotto Marvel l’azione viene lasciata un po’ indietro, ma forse la scelta di produzione è uno specchio della scelta stessa di Jennifer, che cerca di essere un’eroina con il suo incredibile cervello e non con la forza. Ha studiato per questo, in fondo!

Festa del Cinema di Roma: annunciate le date della 18° edizione

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Festa del Cinema di Roma: annunciate le date della 18° edizione

Dal 2023, Roma Capitale affiderà la gestione della Casa del Cinema alla Fondazione Cinema per Roma. La nuova linea editoriale, curata dal Presidente Gian Luca Farinelli e dalla Direttrice Artistica Paola Malanga, sarà presentata ufficialmente a febbraio, con inizio delle attività nel mese di marzo, dopo una serie di interventi di restyling della struttura e un rinnovamento dell’infrastruttura tecnologica che verranno realizzati nei primi mesi del 2023.

La Fondazione Cinema per Roma annuncia inoltre le date della diciottesima edizione della Festa del Cinema di Roma, che si terrà dal 18 al 29 ottobre 2023. La manifestazione avrà dunque un giorno in più di programmazione, attestandosi sulla durata di altri celebri festival internazionali come quello di Cannes.

The Kingdom Exodus: recensione della serie di Lars Von Trier

The Kingdom Exodus: recensione della serie di Lars Von Trier

Nei regni catturati dalla nostra fantasia, le porte non si chiudono mai del tutto. Basta un’intuizione, un appiglio per drammatizzare un’inquietudine sotterrata nei meandri del subconoscio o, nel caso di Lars Von Trier, di un’inquietante ospedale. Dopo un quarto di secolo, il regista danese è tornato fuori concorso a Venezia 79 con The Kingdom Exodus, che costituisce la terza e conclusiva stagione della celebre miniserie del regista divisa in due parti, The Kingdom (2004) e The Kingdom 2 (2007). Von Trier è pronto a scatenare ancora una volta l’inferno sull’ospedale Riget, in cui ci aveva condotti per la prima volta nel 1994, cercando di replicare su schermo quello che David Lynch aveva fatto con Twin Peaks: ricalibrare le redini della narrazione seriale, avvicinarle al concetto di visione cinematografica, che sedimenta grazie a un uso inedito della suspense e del suo ben noto humor nordico.

Oltre alla protagonista Bodil Jorgensen, il cast di The Kingdom Exodus comprende Lars Mikkelsen, Nikolaj Lie Kaas, Mikael Persbrandt, Ghita Nørby, Nicolas Bro, Søren Pilmark, Peter Mygind, Laura Christensen, Udo Kier, Tuva Novotny e David Dencik. Alexander Skarsgård figura invece come guest star. I cinque episodi di The Kingdom Exodus verranno distribuiti su Mubi.

La trama di The Kingdom Exodus

Un enorme organismo di carne e sangue si è materializzato nelle stanze e nei corridoi di The Kingdom. In una notte buia e tempestosa, la sonnambula Karen intuisce che qualcosa non va e si reca al Regno per cercare delle risposte. Al suo arrivo, scopre che l’ospedale sta soffrendo e che lei è l’unica che può liberare il Regno dal suo tormento. Nle mentre, il medico svedese Helmer Junior è stato assunto da poco nell’ospedale e, ben presto, inizia a percepire un atteggiamento denigratorio da parte dei colleghi danesi. Essendo svedese, si impunta e lancia nuovi approcci in reparto, come la totale neutralità di genere, che ha conseguenze quasi fatali tra lo staff. Ma il male incombe sull’ospedale, qualcosa di incontrovertibile sta per accadere: l’Exodus. È ora che gli spiriti che circondano l’ospedale vengano divisi in chiari e scuri, e che il cancello venga localizzato e aperto. È ora che l’aria debba essere liberata dal grande gregge che non dorme mai.

Prendete Scrubs, celebre successo seriale con Zach Braff protagonista, e conditelo del grottesco: Riget Exodus inizia con un’esilarante battuta e, per tutte le sue cinque ore di durata, continuerà a ironizzare sulla negligenza del personale dell’ospedale, sul concetto di autorità e subordinazione, incapsulando il tutto in una strampalata rivistazione di quella che una volta era la soap opera di prima serata. Certo, la fruizione dei programmi televisivi è completamente cambiata, ma Von Trier – e soprattutto il direttore della fotografia Manuel Alberto Claro – cercano di riportare lo spettatore indietro nel tempo, abbracciando il seppia come accompagnamento cromatico di uno stato dell’essere che descrive tanto i personaggi che abitano il primo livello di realtà dell’ospedale Riget, quanto i fantasmi del passato, a cui la signora Karen (Bodil Jørgensen) cerca in qualsiasi modo di riconnettersi.

Un’ospedale che è anche casa

Karen ha dei conti in sospeso non solo con il Riget, ma anche con Von Trier stesso: il suo personaggio è l’estensione del disappunto dei fan della serie, che hanno dovuto attendere 25 anni per poter intraprendere di nuovo questo percorso luciferino. In realtà, perfino Von Trier e il co-sceneggiatore Niels Vørsel avevano supposto la futura ideazione di una terza e ultima parte di The Kingdom, che si configura anche come metaforico successore del delirante La Casa di Jack (2018). Più esistenze confluiscono nella trappola narrativa di Von Trier, specchio in realtà di anime costrette nel simbolisco incessante, nella raffigurazione distorta del male che dilaga e che preannuncia conseguenze di natura cosmica per il Riget.

Tempi morti lunghissimi, improvvisi cambi di tono e cumuli di informazioni vertiginose, un costante senso di terrore: forse la vecchia magia del Riget non risuona forte tanto quanto negli anni ’90, ma con The Kingdom Exodus Lars Von Trier ci conferma che la variopinta galleria di vecchi furfanti dell’ospedale può ancora coinvolgerci e che, forse, la casa che Jack voleva tanto costruire è stata completata.

Mike: recensione della serie su Disney+

Mike: recensione della serie su Disney+

Sembra proprio essere arrivata fuori tempo massimo, questa serie dedicata alla vita sportiva e privata della leggenda del pugilato Mike Tyson. E a conti fatti è un vero peccato, perché si tratta di uno dei personaggi maggiormente controversi e a suo modo affascinanti della società contemporanea. Un simbolo di quell’epoca così contraddittoria e degna di essere rivisitata quali furono gli anni a cavallo tra gli ‘80 e i ‘90. Sia ben chiaro, lo show realizzato negli Stati Uniti per la piattaforma di streaming Hulu ha parecchie frecce al proprio arco, ma allo stesso tempo possiede suo malgrado anche una mancanza fondamentale che ne mina alla base la riuscita. Ci arriveremo.

Che cosa racconta Mike?

Partiamo dai pregi di Mike: l’idea di costruire un tessuto narrativo che adopera come perno lo show teatrale che proprio Tyson portò in giro per i palcoscenici americani qualche anno fa funziona piuttosto bene, in quanto consente sia un uso efficace dello stesso protagonista come narratore in prima persona della propria vicenda, sia la possibilità di usare il flashback per mettere insieme i tasselli del puzzle umano che era (ed è tutt’oggi) l’atleta newyorkese. Non per nulla dietro al progetto c’è un cineasta di intelligenza acuta quale Craig Gillespie, già autore di un altro biopic sportivo di enorme effetto come Io, Tonya. Anche in quel caso l’uso del montaggio serrato e il guizzo degli attori che parlano alla macchina da presa per raccontare la propria versione dei fatti fanno indubbia presa sul pubblico.

Anche se parte un po’ come a suo modo Martin Scorsese scelse di aprire il suo capolavoro Toro scatenato, con il protagonista che si prepara ad affrontare il suo più temuto avversario, ovvero un pubblico di sconosciuti pronto a giudicarne le gesta, il pilot se ne discosta piuttosto velocemente regalando uno spettacolo molto più contemporaneo, nel bene e nel male: la prima puntata è infatti uno spettacolo variegato e tutto sommato gioiosamente sopra le righe che presenta Mike Tyson in tutta la sua brutale verità, o così almeno vorrebbe farci credere. Perché a conti fatti conviene non dimenticare comunque che non si tratta di un documentario ma della spettacolarizzazione di una vicenda molto più complessa di quanto lo show non la presenti: Mike tende fin da subito a smussare gli angoli più spigolosi, a limare molte delle ruvidezze del Tyson reale e della sua storia, almeno fino alla quinta puntata che invece presenta con un deciso cambio di tono la vicenda di Desirée Washington e dello stupro da lei subito.

Fino a quel momento Mike Tyson viene più o meno giustamente presentato come un uomo bisognoso di un punto di riferimento, così bramoso di ottenere l’altrui consenso da consegnarsi nelle mani di personaggi pronti a sfruttare la sua ingenuità oltre che i suoi terribili pugni sul ring. Sarà magari anche vero, ma il modo in cui la serie lo presenta rende il sottotesto davvero troppo univoco per convincere veramente. Il fatto che sia poi lo stesso (non)eroe a narrare la propria vicenda, fornendoci sempre e comunque il suo punto di vista, non aiuta di certo a ottenere una prospettiva almeno bidimensionale su fatti e personaggi rappresentati. Il che in fin dei conti non sarebbe neppure un difetto insuperabile, se a Mike non mancasse quel qualcosa di fondamentale a cui avevamo accennato in precedenza: la ferocia.

Una furia brutale e inarrestabile

Per chi quegli anni li ha vissuti, per chi ha visto in diretta quegli incontri di pugilato e tutto quello che successe al di fuori del ring, Mike Tyson ha rappresentato un enorme scossa al sistema da cui in qualche modo non si è potuti tornare indietro. Con la sua furia brutale e inarrestabile sul quadrato/arena, con la sua vicenda umana e sportiva sempre al limite, Tyson ci ha al contrario sbattuto in faccia il tempo in cui stavamo vivendo, dimostrando di essere il simbolo estremo di quel periodo e non un fenomeno “altro” come lo status quo aveva tentato di presentarlo.

La dimensione maggiormente arcigna, il sapore ferroso del sangue, l’iconografia quasi atavica, ancestrale del guerriero sono elementi che la serie proprio non possiede. Probabilmente perché i tempi non sono più consoni per tornare a reificare ancora una volta attraverso la fiction tali caratteristiche di un personaggio. E torniamo quindi al punto di partenza: Mike sembra essere un prodotto arrivato fuori tempo massimo…

Alien: il nuovo capitolo in Casa Disney partirà nel 2023

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Alien: il nuovo capitolo in Casa Disney partirà nel 2023

Il primo film in franchise di Alien prodotto in Casa Disney del regista Fede Álvarez inizierà le riprese all’inizio del 2023. Il terrificante film del 1979 di Ridley Scott su un equipaggio dello spazio profondo che combatte un’implacabile minaccia aliena è diventato un classico del cinema. E lo stesso si può dire del sequel del 1986 di James Cameron, opportunamente intitolato Aliens. Ma “classico” non è necessariamente una parola che si può usare per descrivere i film successivi della serie, e in effetti il franchise è rimasto in un limbo sin dall’uscita di Alien: Covenant nel 2017, che ha fallito al botteghino con soli 240 milioni di dollari.

Ma ora Alien ha un’altra possibilità grazie alla Disney, che ha acquisito il franchise di fantascienza di lunga data quando hanno rilevato la Fox. Il regista di Alien: Covenant Ridley Scott è ancora a bordo del progetto come produttore, ma i compiti di regia per il riavvio sono stati assunti dal regista di Evil Dead Fede Álvarez. E ora c’è un’altra notizia da segnalare sul tentativo della Disney di una resurrezione aliena. Secondo Production List, le riprese del nuovo Alien inizieranno a Budapest il 6 febbraio 2023. La stessa fonte riporta anche il titolo provvisorio del film come Alien: Romulus.

Il casting per il progetto Alien della Disney è ancora in corso, ma è stato recentemente riferito che Cailee Spaeny (Pacific Rim: Uprising) era in trattative per recitare nel film. Oltre ad assumere incarichi di regista, Álvarez scriverà la sceneggiatura di Alien: Romulus insieme al suo partner di scrittura di Evil Dead, Rodo Sayagues. La Disney ha optato per Álvarez per guidare il franchise di Alien nel futuro dopo che un precedente progetto guidato da Neill Blomkamp non è riuscito a decollare. E in questo momento c’è un altro progetto dell’universo alieno in fase di sviluppo sotto forma di una serie TV FX guidata dallo showrunner di Fargo Noah Hawley.

Avatar: la via dell’acqua, alcuni costumi hanno richiesto 200 ore di lavoro

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La costumista di Avatar: la via dell’acqua, Deborah Lynn Scott, spiega perché alcuni costumi Na’vi hanno richiesto più di 200 ore per essere realizzati. Distribuito 13 anni dopo l’originale da record di James Cameron, il sequel accoglie gli spettatori nel meraviglioso mondo di Pandora per continuare la storia di Jake (Sam Worthington), Neytiri (Zoe Saldana) e della loro nuova famiglia. Avatar: la via dell’acqua ha ottenuto recensioni entusiastiche da parte del pubblico, che ha elogiato l’impressionante costruzione del mondo di Cameron e gli effetti visivi sbalorditivi del sequel. Mentre il primo film si svolgeva principalmente nelle giungle di Pandora, il sequel, come suggerisce il titolo, Jake e Neytiri trasferiscono la loro famiglia in una comunità oceanica di Na’vi dopo l’emergere di una nuova minaccia.

Come il primo film, Avatar: la via dell’acqua ha costruito molti costumi e oggetti di scena dal vero prima che quegli elementi venissero ricreati fedelmente usando la CGI. I costumi Na’vi, in particolare, hanno richiesto ore di scrupoloso lavoro, e Deborah Lynn Scott ha rivelato in una recente intervista a Variety che alcuni pezzi hanno richiesto più di 200 ore di lavoro per essere realizzati.

“Dipende dal costume. Il processo è iniziato con molta ricerca e sviluppo. Ma cosa hanno dettato il personaggio e la scena a me e a Jim? Abbiamo seguito molto il modello del primo film e l’abbiamo portato a un standard più elevato e più complicato. Con il mondo Na’vi, penso che ci siano volute in media circa 200 ore per indumento. Questo senza il tempo di ricerca precedente per decidere se sarebbe stato un vero costume, un costume stampato in 3D o un costume laminato. Abbiamo continuato a tornare al mondo naturale e ai materiali naturali perché quelli sono quelli che danno davvero la vita al pezzo di costume. Abbiamo scoperto che tutta questa magia della stampa 3D, che in alcuni casi abbiamo fatto per aumentare, non era così buona come ciò che era reale, fatto a mano, scolpito a mano sui singoli pezzi su misura.”

Avatar: la via dell’acqua, la recensione

Avatar: la via dell’acqua ha debuttato il 14 dicembre 2022, e sarà seguito dal terzo capitolo il 20 dicembre 2024. Per il quarto e quinto capitolo, invece, si dovrà attendere ancora qualche anno: 18 dicembre 2026 e 22 dicembre 2028.

Il cast della serie di film è formato da Kate Winslet, Edie Falco, Michelle Yeoh, Vin Diesel, insieme ad un gruppo di attori che interpretano le nuove generazioni di Na’vi. Nei film torneranno anche i protagonisti del primo film, ossia Sam Worthington, Zoe Saldana, Stephen Lang, Sigourney Weaver, Joel David Moore, Dileep Rao e Matt Gerald.

The Menu, dal 4 gennaio disponibile su Disney+

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The Menu, dal 4 gennaio disponibile su Disney+

Disney+ ha annunciato che il film Searchlight Pictures The Menu arriverà in streaming in Italia dal 4 gennaio 2023 in esclusiva su Disney+.

In The Menu, una coppia, Margot (Anya Taylor-Joy) e Tyler (Nicholas Hoult), si reca su un’isola costiera degli Stati Uniti nord-occidentali per mangiare in un ristorante esclusivo, Hawthorn, dove il solitario Chef Julian Slowik (Ralph Fiennes), famoso in tutto il mondo, ha preparato un sontuoso menù degustazione per alcuni ospiti speciali appositamente selezionati. Oltre alla coppia, ci sono tre giovani esperti di informatica già ubriachi, Bryce (Rob Yang), Soren (Arturo Castro) e Dave (Mark St. Cyr), una coppia benestante e più anziana composta da due clienti abituali del ristorante, Anne e Richard (Judith Light e Reed Birney), il celebre critico gastronomico Lillian Bloom (Janet McTeer) e il suo servile caporedattore Ted (Paul Adelstein), e una famosa star del cinema di mezz’età (John Leguizamo) con la sua assistente Felicity (Aimee Carrero). Organizzata dai membri impeccabilmente vestiti del personale di sala, diretto dal generale Elsa (Hong Chau), la serata è dominata da una tensione crescente che aleggia su ciascun tavolo degli ospiti mentre vengono svelati segreti e vengono serviti piatti inaspettati. Quando si verificano eventi folli e violenti, le vere motivazioni di Slowik iniziano a inquietare i clienti, e diventa sempre più chiaro che il suo elaborato menù è stato pianificato per culminare con un finale scioccante.

The Menu è diretto da Mark Mylod, con una sceneggiatura di Seth Reiss & Will Tracy.

Hayao Miyazaki sull’arte realizzata con la AI: “Un insulto alla vita stessa”

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Hayao Miyazaki non è un fan dell’arte generata dall’intelligenza artificiale. Il talentuoso regista di La città incantata, Si alza il vento, Il castello errante di Howl e Kiki – consegne a domicilio, Miyazaki è il massimo sostenitore dell’animazione disegnata a mano. Questo lungo e scrupoloso processo vede i risultati una volta che l’intero progetto è stato detto e fatto. L’intelligenza artificiale viene ora utilizzata per togliere la maggior parte del tempo e del lavoro agli artisti, rendendo l’arte visiva un’impresa che chiunque può facilmente realizzare.

In un video caricato su Twitter dall’utente Tofu Pixel, al leggendario animatore Hayao Miyazaki viene presentato un display di animazione AI. La presentazione sostiene che l’animazione prodotta dall’intelligenza artificiale porterà idee a cui nessuna mente umana può pensare. Irritato dall’affermazione audace, Miyazaki chiarisce che non solo non userebbe mai questa tecnologia nel suo lavoro, ma questa tecnologia è un insulto alla vita stessa. Il video si conclude con la proposta di una macchina in grado di disegnare immagini come gli umani.

https://twitter.com/TofuPixel/status/1602179365034418177?ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Etweetembed%7Ctwterm%5E1602179365034418177%7Ctwgr%5Eeeed81de3181b2bb60c86951733cb80e361fc4ee%7Ctwcon%5Es1_&ref_url=https%3A%2F%2Fscreenrant.com%2Fhayao-miyazaki-ai-art-reaction-video-studio-ghibli%2F

Doctor Strange nel Multiverso della Follia: i concept mostrano il ruolo esteso di Captain Carter

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L’artista degli storyboard della Marvel Soren Bendt rivela il ruolo esteso del Captain Carter in Doctor Strange nel Multiverso della Follia. L’uscita del sequel di Doctor Strange era attesa da grandi aspettative, in particolare a causa dell’apparizione degli Illuminati. Il film ha permesso alla Marvel di approfondire finalmente il multiverso espanso e mostrare personaggi che altrimenti non avrebbero potuto presentare in precedenza. Presentava le apparizioni del Professor X (Patrick Stewart), Mr. Fantastic (John Krasinski), Maria Rambeau nei panni di Captain Marvel (Lashana Lynch), Black Bolt (Anson Mount) e il debutto live-action di Captain Carter (Hayley Atwell). Nonostante l’impressionante formazione, la rappresentazione dei personaggi è stata molto controversa.

Non è un segreto che la Marvel avesse piani importanti per i personaggi e che le massicce riscritture abbiano comportato pesanti modifiche alle scene. Bendt ha condiviso i suoi storyboard online (come visto tramite Doctor Strange Updates), svelando un po’ di più sui ruoli originali degli Illuminati. La più grande rivelazione è stata che Captain Carter avrebbe originariamente aiutato il Dottor Strange (Benedict Cumberbatch) e i suoi alleati a fuggire attraverso i tunnel rimanendo indietro per combattere Wanda Maximoff (Elizabeth Olsen). Ecco i concept che lo testimoniano:

Brokeback Mountain, Ang Lee su Heath Ledger: “Aveva un dono di Dio”

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Il regista Ang Lee ricorda una suggestiva scena di Heath Ledger durante le riprese di I segreti di Brokeback Mountain. Il defunto attore ha guadagnato consensi per molti ruoli nel corso della sua carriera ed è meglio ricordato come il Joker nel film di Christopher Nolan del 2008 Il cavaliere oscuro. Al di fuori del suo ruolo da cattivo di Batman, Ledger è stato riconosciuto per il suo lavoro in diversi progetti, tra cui 10 cose che odio di te e I segreti di Brokeback Mountain. Diretto da Lee e adattato da un racconto di Annie Proulx, il film è interpretato da Ledger e  Jake Gyllenhaal nei panni di un ranch e di un rodeo cowboy che sviluppano un profondo sentimento reciproco nel 1963.

In I segreti di Brokeback Mountain, Ennis Del Mar (Heath Ledger) e Jack Twist ( Jake Gyllenhaal) si incontrano durante una stagione di allevamento di pecore sulla montagna che dà il titolo al film nel 1963 e stringono una relazione intima. Mentre la coppia completa il lavoro e si separa, Ennis si sposa con la sua dolce metà Alma (Michelle Williams), ma la continua relazione tra Jack ed Ennis mette a dura prova il matrimonio. Alla fine, Alma lascia Ennis e lui ha una breve avventura con Cassie Cartwright (Linda Cardellini), dopo di che dice a Jack che non possono più vedersi. Durante una conversazione con Empire, Lee descrive una delle scene più memorabili di Ledger, elogiando la profonda comprensione del personaggio da parte del defunto attore e il suo “dono di Dio”. Ecco cosa ha detto Ang Lee:

“Ennis è solo, sta mangiando una fetta di torta di mele. Linda [Cardellini] sta recitando a squarciagola, è in lacrime, affrontando Ennis: ‘Perché l’hai fatto?’ Ma lei non ottiene una parola da lui. Durante tutta la scena, Heath non fa nulla: mangia solo la torta di mele. Ma guardando i giornalieri, anche la troupe piangeva, dicendo: ‘Lascia stare quel tizio!’ Ho capito e apprezzato la tranquillità di Heath, la sottigliezza del momento e il modo in cui si è comportato in quella scena. Siamo stati tutti molto fortunati a poter fare un film con un attore di quel calibro. Aveva un dono di Dio. In cuor suo, penso che Heath conoscesse profondamente il personaggio di Ennis.”

Prima di tutti i film che negli ultimi anni hanno raccontato e celebrato un amore furoi dagli schemi classici c’è stato I segreti di Brokeback Mountain, diretto nel 2005 dal premio Oscar Ang Lee. Questo è in particolare ricordato per la delicatezza con cui l’amore tra i due protagonisti viene raccontato, dando vita ad una storia struggente e senza tempo.

Il film è basato sul racconto Brokeback Mountain, anche noto come Gente del Wyoming, scritto nel 1997 da Annie Proulx per la rivista The New Yorker. Benché di questo una sceneggiatura fu scritta subito, ci vollero anni perché il film si concretizzasse. Da molti era infatti ritenuto un progetto troppo rischioso, sia per ciò che si raccontava sia per ciò che si mostrava. Lee si rivelò il regista giusto per quest’opera, essendo tutto il suo cinema percorso da un conflitto tra i sentimenti e le costrizioni. La brevità del racconto ha in questo caso permesso di inserire tutto ciò che è scritto nel film, lasciando spazio anche ad una serie di approfondimenti dei personaggi e del loro vissuto.

Universal vs the people: lo studio condannato per la “pubblicità ingannevole” di Yesterday

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“Universal ha ragione sul fatto che i trailer implicano una certa creatività e discrezione editoriale, ma questa creatività non supera la natura commerciale di un trailer”, ha scritto il giudice distrettuale degli Stati Uniti Steven Wilson in una sentenza del 20 dicembre sulla mozione principalmente fallita dello studio per respingere la potenziale azione collettiva presentata per la prima volta a gennaio da Paul Michael Rosza e Conor Woulfe. “In sostanza, un trailer è una pubblicità progettata per vendere un film fornendo ai consumatori un’anteprima del film”, ha proseguito il giudice federale (leggi qui la sentenza integrale).

Facciamo un passo indietro (oppure leggi tutto qui). A gennaio aveva fatto notizia l’azione legale che Paul Michael Rosza e Conor Woulfe avevano intentato contro la Universal: i due avevano visto il trailer di Yesterday di Danny Boyle e, avendo visto che il video promozionale sponsorizzava la presenza di Ana De Armas nel film come interesse amoroso del protagonista, avevano deciso di noleggiarlo. La scoperta che il ruolo della loro attrice era stato tagliato dal film ha messo i due consumatori nella disposizione di fare causa allo studio.

Adesso, il tribunale si è espresso a favore di Paul Michael Rosza e Conor Woulfe. Quella versione del trailer è costata allo studio $ 5 milioni. Woulfe e Rosza si sono sentiti ingannati dalla presenza di Ana De Armas nel trailer di Yesterday e non hanno gradito essere presi in giro. “La pubblicità e la promozione del film Yesterday da parte dell’imputato è falsa, fuorviante e ingannevole”, ha dichiarato la loro causa legale del 21 gennaio contro la Universal.

Nonostante lo studio di proprietà di Comcast e i migliori sforzi dei loro avvocati Munger Tolles e Olson per archiviare questa causa, il giudice Wilson era d’accordo con molte delle ragioni dei querelanti e del loro esercito di avvocati. “In sintesi, la Universal non ha indicato alcun discorso non commerciale che potrebbe essere intrecciato con il trailer e, l’eccezione inestricabilmente intrecciata alla dottrina del discorso commerciale non si applica”, ha scritto ieri in un avanzamento della questione alla scoperta e potenziale classe certificazione. “Pertanto, poiché i querelanti hanno plausibilmente affermato che il trailer è un falso discorso commerciale, i querelanti possono procedere con le loro affermazioni senza offendere il Primo Emendamento”.

Sebbene il giudice Wilson abbia anche tenuto a dire nella sua sentenza che “la decisione della Corte è limitata alle rappresentazioni sul fatto che un’attrice o una scena sia nel film, e nient’altro”, la sua sentenza potrebbe complicare le cose nella galassia sciolta di trailer. Con questo esempio, lungi dall’essere la prima volta che un trailer di un film di Hollywood ha mostrato qualcuno che alla fine non è presente o appena in un film, il quadro generale qui è che potrebbe essere necessario attenuare l’iperbole visiva, verbale e non dei trailer, o rischiare grosse responsabilità.

Masquerade – Ladri d’amore di Nicolas Bedos al cinema

Masquerade – Ladri d’amore di Nicolas Bedos al cinema

Dopo esser stato presentato fuori concorso nell’ultima edizione del Festival di Cannes e aver raggiunto oltre 500.000 spettatori in Francia nei primi 10 giorni di programmazione, arriva nelle sale italiane, dal 21 dicembre, il nuovo film di Nicolas Bedos, Masquerade – Ladri d’amore, che vede protagonisti Pierre Niney, Isabelle Adjani, François Cluzet, Marine Vacth, Emmanuelle Devos e Laura Morante.

Masquerade – Ladri d’amore è un affresco corale che parte dalle storie di Adrien e Margot – Niney e Vacth -, giovani e bellissimi che sognano una vita migliore, a qualunque costo. Le loro vite e le loro scelte si intrecciano inesorabilmente a quelle degli altri personaggi in scena, in una trama carica di relazioni e colpi di scena.

La Costa Azzurra con i suoi colori sgargianti e i suoi panorami mozzafiato fa da cornice a un film sul desiderio, sul denaro, sulla gloria e sull’illusione. Un vero e proprio omaggio a Nizza, quello di Bedos, alle sue feste, alla follia immobiliare, a quella ‘nostalgia fitzgeraldiana’ come la definisce il regista, che torna con Masquerade – Ladri d’amore sul grande schermo dopo il successo, tra gli altri, de La Belle Époque.

Sinossi: Adrien, un attraente ballerino che ha dovuto lasciare la danza, spreca la sua giovinezza nell’ozio della Costa Azzurra, dove vive mantenuto da Martha, vecchia gloria del cinema. Tutto cambia quando incontra la giovane e bellissima Margot ed è subito colpo di fulmine. Insieme, fantasticano su una vita migliore e mettono in piedi una truffa ai danni di un ricco imprenditore. In Masquerade – Ladri d’amorenulla è come sembra.

L’impero del sole: tutto quello che c’è da sapere sul film di Steven Spielberg

L’imminente uscita in sala del nuovo film di Steven Spielberg, The Fabelmans (qui la recensione), è l’occasione giusta per riscoprire alcuni lungometraggi diretti dal premio Oscar troppo spesso dimenticati in favore di altri come Lo squalo, E.T. – L’extraterrestre o Schindler’s List – La lista di Schindler. Pellicole come Il colore viola, Always – Per sempre o L’impero del sole sono infatti tra le opere meno citate di Spielberg, pur presentando non solo elementi di grande fascino ma anche tematiche particolarmente centrali nella poetica del regista. Proprio l’ultimo di questi tre titoli citati, realizzato nel 1987, è l’occasione per affrontare la Seconda guerra mondiale da un punto di vista inedito.

Spielberg, a partire dalla sceneggiatura di Tom Stoppard e Menno Meyjes, adatta per il grande schermo il romanzo omonimo al film e parzialmente autobiografico scritto da J. G. Ballard, dove l’autore riporta, con alcune variazioni, le esperienze vissute a Shanghai durante l’occupazione Giapponese. Il regista si sentiva particolarmente vicino al giovane protagonista, che perde i genitori nel corso dell’invasione e vive un periodo di smarrimento durante il quale passa drammaticamente dall’infanzia all’adolescenza. Ancora una volta, dunque, Spielberg affronta l’infanzia e la perdita dell’innocenza per parlare sia di sé stesso che dell’intera umanità, realizzando un film tanto epico quanto intimo.

Ben accolto dalla critica e candidato sei premi Oscar, L’impero del sole è dunque un altro dei film di Spielberg da scoprire o riscoprire senza ombra di dubbio, nel quale si possono ritrovare sentimenti, paure e riflessioni assolutamente universali. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e al libro da cui il film è tratto. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il titolo nel proprio catalogo.

L’impero del sole: la trama e il cast del film

La storia si svolge nel 1941, quando il ragazzo inglese Jim Graham, di dieci anni, vive a Shangai in mezzo agli agi con l’hobby immaginifico degli aerei-giocattolo. Quando però si scatena l’invasione della Cina da parte dei Giapponesi, nella confusione della fuga, Jim perde i genitori e tutta la vita a cui era abituato. Dopo lungo vagabondare, deciderà di avventurarsi in bicicletta per la Shangai pattugliata dai Giapponesi. Quasi investito da due spregiudicati americani, Basie e Frank Demerest, Jim si ritrova catturato con loro dai Giapponesi e rinchiuso in un campo di concentramento. Qui vivrà gli anni difficili del passaggio dall’infanzia all’adolescenza, in attesa di conoscere nuovamente la libertà.

Ad interpretare il giovane Jim vi è un dodicenne Christian Bale, qui nel suo primo ruolo da protagonista per il cinema. Bale fu consigliato a Spielberg dalla sua moglie di allora, l’attrice Amy Irving, che aveva lavorato con il giovane attore nel film televisivo Anastasia – L’ultima dei Romanov. Bale batté poi la concorrenza di oltre quattro mila candidati, ottenendo il ruolo che di fatto lo ha reso una celebrità. Proprio per via dell’attenzione della stampa nei suoi confronti, egli sviluppoò poi uno stato emotivo di tale stress che lo portò a decidere di smettere di recitare, tornando poi sui suoi passi due anni dopo.

Accanto a lui, nel film, si ritrovano poi gli attori John Malkovich e Joe Pantoliano, rispettivamente nei ruoli del ladruncolo Basie e del suo tirapiedi Frank. Il primo dei due diventerà una figura paterna per Jim, mentre il secondo nutrirà gelosia nei suoi confronti. L’attore Ben Stiller, anch’egli in una delle sue prime esperienze cinematografiche, ricopre invece il ruolo di Dainty, uno dei ragazzi del campo che stringerà amicizia con Basie. Stiller ha in seguito raccontato di aver avuto l’idea per il suo film Tropic Thunder proprio sul set di L’impero del sole. Completano poi il cast gli attori Nigel Havers nei panni del dottor Rewlins e Masato Ibu in quelli del sergente Nagata, capo dei soldati giapponesi.

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L’impero del sole: il libro e la storia vera dietro il film

Pubblicato nel 1984, L’impero del sole è, come già accennato, un racconto sostanzialmente autobiografico basato sulle esperienze dell’autore, nato e cresciuto a Shanghai, dove il padre era direttore di un’industria tessile. Venne internato insieme alla famiglia in un campo di prigionia in seguito all’attacco di Pearl Harbor. Durante la seconda guerra mondiale Ballard bambino fu internato assieme ai suoi famigliari nel campo di prigionia giapponese di Lunghua dal 1943 al 1945. Uscitone sano e salvo, si trasferì poi in Gran Bretagna, dove iniziò gli studi di medicina all’Università di Cambridge. Lasciati gli studi, Ballard si dedicò alla scrittura e divenne un apprezzato scrittore di opere di fantascienza (suoi sono La mostra delle atrocità e Crash).

Sarà però proprio L’impero del sole a renderlo famoso al di fuori del genere fantascientifico e da quel momento egli si allontanò sempre di più da quel tipo di scrittura. Nello scrivere il romanzo da cui poi Spielberg ha tratto il romanzo, però, Ballard ha ammesso di aver volutamente apportato delle modifiche rispetto alla sua vera vicenda da prigioniero. I suoi genitori e sua sorella non furono inclusi nel nucleo della storia che si svolge nel campo di concentramento per una precisa scelta volta a rendere la scrittura del romanzo più facile, anche dal punto di vista psicologico. Partendo da questo suo racconto, dunque, Spielberg costruisce un film incentrato sulla perdita d’innocenza di un bambino e dell’intera umanità di fronte all’orrore della guerra.

L’impero del sole: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire di L’impero del sole grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes e Amazon Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di mercoledì 21 dicembre alle ore 21:00 sul canale Warner TV.

Fonte: IMDb

Mistero a Crooked House: trama, cast e le differenze tra il libro e il film

Unanimemente considerata una delle scrittrici più influenti e prolifiche del XX secolo, Agatha Christie ha consegnato al mondo una fortunata serie di romanzi e racconti gialli ancora oggi considerati tra i migliori esempi di questo genere. Celebre per aver dato vita a personaggi come Hercule Poirot e Miss Marple, la Christie ha visto proprio questi due divenire protagonisti di numerose trasposizioni televisive e cinematografiche. Tra i più recenti si annovera infatti il film Assassinio sull’Orient Express, con Kenneth Branagh nel ruolo di Poirot. Anche molti altri suoi romanzi sono però stati oggetto di adattamento e tra questi vi è Mistero a Crooked House (qui la recensione).

Diretto nel 2017 da Gilles Paquet-Brenner (noto per essere stato il regista di Walled In – Murata viva e Dark Places – Nei luoghi oscuri) il film è l’adattamento del romanzo del 1949 È un problema. La Christie trasse lo spunto per questo da un’antica filastrocca e decise di non inserirlo nelle serie che prevedevano come protagonisti Poirot o Miss Marple. Si tratta di un’opera molto cara alla scrittrice, che in più occasioni l’ha definita come uno dei suoi scritti preferiti insieme al romanzo Le due verità. Poiché anche questa storia si adattava bene al racconto cinematografico, dar vita ad una sua trasposizone fu del tutto naturale.

Con un ricco cast di celebrità internazionali, Mistero a Crooked House si affermò come un buon giallo, portando gli spettatori all’interno di un nuovo rompicapo tutto da decifrare. Un film che ha ribadito l’apprezzamento che questa tipologia di film ancora oggi ha e che ha poi trovato in Cena con delitto un suo simile. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e alle differenze tra il libro e il film. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Mistero a Crooked House: la trama del film

La storia qui narrata si svolge nella Lodra di fine anni Cinquanta. Per ottenere finalmente la mano della bella e facoltosa Sophia Leonides, incontrata al Cairo presso l’ambasciata inglese, il giovane investigatore privato Charles Hayward deve prima risolvere il mistero che avvolge la morte di suo nonno, il patriarca Aristides Leonides, avvelenato da un familiare a Crooked House. Nella dimora lussureggiante, dove l’intera famiglia si è trasferita a causa della Seconda guerra mondiale, figli e nipoti del defunto puntano il dito contro Brenda, giovane seconda moglie dell’anziano miliardario, accusata di avere una liaison sentimentale con il precettore dei nipoti.

Le indagini personali conducono Charles su piste non battute dalla polizia, nuovi moventi emergono a rimescolare le carte, e gli alibi già traballanti dei misteriosi inquilini crollano sotto il peso di stringenti interrogativi. Non solo ci si domanda chi è l’assassino, ma se e quando colpirà ancora. Ben presto, ognuno diventa un potenziale sospettato, poiché ognuno sembrava avere un motivo valido per uccidere. Con l’infittirsi del mistero, Charles dovrà sbrigarsi a risolvere l’enigma, poiché lui stesso o quanti a lui cari potrebbero essere le prossime vittime.

Mistero a Crooked House: il cast del film

Mistero a Crooked House è composto da un ricco cast di celebri interpreti internazionali. Max Irons interpreta Charles Hayward, mentre Stefanie Martini è la sua amata Sophia Leonides. Spicca poi la pluricandidata all’Oscar Glenn Close, nel ruolo di Lady Edith de Haviland, mentre Terence Stamp è l’ispettore Taverner. Julian Sands interpreta Philip Leonides, Christian McKay è Roger Leonides e Amanda Abbington ricopre il ruolo di Clemency Leonides. Questi tre attori sono noti come dei veterani delle traspozioni della Christie, avendo recitato in diverse opere tratte dai suoi racconti. Nel film sono poi presenti le note attrici Gillian Anderson nel ruolo di Magda Leonides e Christina Hendricks in quello della controversa Brenda Leonides. Honor Kneafsey è Josephine Leonides.

Mistero a Crooked House libro

Mistero a Crooked House: le differenze tra il libro e il film

Nell’adattare il romanzo della Christie, gli autori sono rimasti particolarmente fedeli a questo. Sono però ovviamente state necessarie alcune modifiche, più o meno grandi, al fine di conferire una forma più cinematografica al tutto. In primis, nel film Charles e Sofia vengono descritti come due ex amanti, mentre nel racconto sono fidanzati sin dall’inizio. Successivamente, un significativo cambiamento si ritrova anche in relazione al personaggio di Lady Edith. L’anziana, infatti, decide di lasciare la sua confessione a Charles invece che a Taverner. Non lascia però nessuna seconda lettera, come invece avviene nel romanzo. In questa veniva esplicitamente indicato il nome dell’assassino.

Venendo a mancare questa lettera, Charles deve attivarsi in prima persona per cercare di scoprire tale identità. Ulteriori cambiamenti si ritrovano nel personaggio di Brenda. Questa viene descritta come americana, mentre nel film non è indicata la sua provenienza. La Christie l’aveva però caratterizzata come una cameriera, mentre nel film diventa una seducente danzatrice. Infine, il film introduce alcune scene di inseguimento d’automobile non presenti nel romanzo e il personaggio di Josephine si ritrova messa ko in seguito ad una caduta dalla sua casa sull’albero. Nel romanzo, invece, viene colpita da un pesante ornamento.

Mistero a Crooked House: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire del film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Mistero a Crooked House è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili, Google Play, Apple iTunes e Tim Vision. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di mercoledì 21 dicembre alle ore 21:10 sul canale Rai Movie.

Fonte: IMDb

Wolverine – L’immortale: trama e cast del film con Hugh Jackman

Wolverine – L’immortale: trama e cast del film con Hugh Jackman

Con l’inizio del nuovo millennio i film dedicati ai supereroi dei fumetti, in particolare Marvel e DC Comics, sono diventati una realtà particolarmente solida dell’attuale panorama cinematografico mondiale. La trilogia di lungometraggi dedicati agli X-Men, in particolare, è tra le più apprezzate dai fan del genere. In questi titoli, in particolare, spicca naturalmente il personaggio di Wolverine, interpretato da Hugh Jackman. A lui è infatti poi stata dedicata una trilogia iniziata nel 2009 con X-Men le origini – Wolverine e proseguita nel 2013 con Wolverine – L’immortale (qui la recensione). Diretto da James Mangold, questo secondo capitolo si colloca cronologicamente tra X-Men – Conflitto finale e X-Men – Giorni di un futuro passato.

Pur essendo un sequel, però, questo presenta una storia, inserita in un contesto profondamente diverso rispetto al precedente, rendendolo quasi un film a sé stante. La vicenda è infatti basata sulla serie di fumetti The Wolverine, scritta da Chris Claremont e illustrata da Frank Miller, e presenta un’ambientazione giapponese. Proprio per via di questa Mangold decise poi di costruire il film fondendo al suo interno caratteristiche da western derivate da opere come Il texano dagli occhi di ghiaccio e altre derivate dai film di samurai come 13 assassini. Ciò permise di dar vita ad un racconto sul celebre mutante ricco di suggestioni visive che lo rendono unico.

Ciò portò Wolverine – L’immortale a distinguersi dai suoi simili, ottenendo recensioni positive ed un incasso complessivo di quasi 415 milioni di dollari. Ancora oggi, per i fan del personaggio, è insieme a Logan – The Wolverine, il miglior film dedicato al personaggio. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Wolverine – L’immortale: la trama del film

Wolverine – L’immortale si apre con un flashback sul passato di Logan il quale, nel 1945, è prigioniero a Nagasaki durante lo scoppio della bomba atomica, dove riesce a salvare il soldato Yashida dall’esplosione. Nel 2013, Logan è invece distrutto dalla morte dell’amata Jean Grey e conduce una vita da eremita sulle montagne dello Yukon. Il suo isolamento è improvvisamente interrotto dalla comparsa della giovane mutante Yukio, in grado di prevedere la morte di ogni persona. Quest’ultima gli rivela che Yashida sta morendo e vorrebbe ringraziarlo per il valoroso gesto compiuto durante la guerra.

Nonostante le iniziali opposizioni, Logan si reca dunque a Tokyo. Qui l’uomo tenta in realtà di persuadere Wolverine a barattare con lui il suo dono dell’immortalità. Sebbene detesti l’idea di vivere per sempre con il rimorso, il mutante si rifiuta di privarsi di questo potere, ignaro di essere già caduto nella trappola della dottoressa Viper, la quale aspira ad avere il dono dell’immortalità posseduto dal mutante. Logan si ritrova così vittima di un complotto più grande di quello che potrebbe immaginare, che lo porterà a dover letteralmente lottare per la propria vita, cercando allo stesso tempo di salvare l’innocente Mariko, nipote di Yashida, coinvolta nella vicenda.

Wolverine - L'immortale cast

Wolverine – L’immortale: il cast del film

Con Wolverine – L’immortale, l’attore Hugh Jackman si ritrova ad interpretare il personaggio di Wolverine per la sesta volta. Ormai particolarmente legato al personaggio, egli si sottopose ad un allenamento fisico ancor più intenso dei precedenti, consigliatogli dall’attore Dwayne Johnson. Così facendo ha raggiunto una forma fisica sbalorditiva, grazie alla quale ha potuto prendere personalmente parte alle sequenze d’azione del film, senza affidarsi eccessivamente a controfigure. In particolare, quando doveva apparire senza vestiti egli era solito privarsi di liquidi per circa 36 ore, così da far risultare più evidenti i muscoli. Una pratica, questa, che è però particolarmente pericolosa per la salute.

Accanto a lui, nel film, si ritrovano diversi attori giapponesi, a partire da Tao Okamoto, qui al suo debutto cinematografico nel ruolo della giovane Mariko, mentre Rila Fukushima è Yukio. Per il suo ruolo, quest’ultima si allenò in particolare nell’uso della spada. Per interpretare Yashida, l’uomo salvato da Wolverine, è invece stato scelto Hiroyuki Sanada. L’attrice russa Svetlana Khodchenkova interpreta invece la mutante Viper, in grado di produrre veleni e tossine estremamente pericolosi. Hal Yamanouchi è invece il Silver Samurai, altro potente rivale di Wolverine presente nel film. In ultimo, si annoverano anche i camei di Patrick Stewart nel ruolo di Charles Xavier e di Famke Janssen in quelli di Jean Gray.

Wolverine – L’immortale: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire di Wolverine – L’immortale grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili Cinema, Amazon Prime Video e Disney+. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di mercoledì 21 dicembre alle ore 21:20 sul canale Italia 1.

Fonte: IMDb

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