Nella seconda giornata della
Festa del Cinema
di Roma 2018, l’attrice premio oscar Cate Blanchett si rende
protagonista di due incontri. Il primo è la conferenza stampa del
film
Il mistero della casa del tempo,
regia del maestro dell’horror Eli Roth, in cui dà
vita ad un’inedita coppia con Jack Black.
Nel film di Roth, proposto nella
Selezione Ufficiale della Festa,
Cate Blanchett si ritrova ad avere a che fare
con la magia e la stregoneria. Elementi questi per lei molto più
attuali e concreti di quanto si creda.

Interrogata in conferenza stampa
sulla sua idea a riguardo, l’attrice dichiara che “la magia
permette di trasformarsi. Quello della trasformazione è un concetto
positivo da adottare e perseguire nella vita. Evolvendo
costantemente, migliorando noi stessi, impediamo che gli altri
possano affibbiarci delle etichette”.
L’attrice passa poi a raccontare le
scelte che l’hanno portata ad accettare il ruolo di Mrs. Zimmerman,
la co-protagonista del film. “Ero ossessionata dall’horror, e
lo sono ancora. Avrei potuto guardare film horror ogni giorno. Per
questo ero interessata all’idea di lavorare con Eli Roth, e il
fatto che il film contenesse specialmente contenuti per ragazzi mi
attraeva ancora di più. Attraverso i miei figli vivo le loro paure,
e questo mi ha aiutato a sentirmi ancor più parte del
progetto.”
“Io elaboro le cose per amore
dell’interesse. – continua la Blanchett, alla domanda sulle
sue fonti di ispirazione per il ruolo. – Assimilo ogni cosa, e
presto o tardi queste tornano utili per i miei personaggi. Ho
lavorato per costruire un passato al mio personaggio, un passato
doloroso che potesse renderlo ancor più interessante. Se quello che
fai non risuona nel pubblico è inutile, e in questo le reazioni dei
miei figli al personaggio mi hanno aiutato a trovare il carattere
giusto, affinché fosse in grado di stupire chiunque. Come
attrice non penso a me e alle mie esperienze nella costruzione del
personaggio. Non mi interessa portare la mia esperienza sul grande
schermo, ma tentare di raccontare l’esperienza di qualcun
altro.”
La conferenza stampa si chiude
sulla domanda che chiede all’attrice di indicare il potere magico
che desidererebbe avere. “Farei in modo che tutti i maggiorenni
andassero a votare. Vengo da un paese dove il voto è obbligatorio e
la democrazia una responsabilità. Incoraggerei tutti a votare,
anche per chi non può farlo.”
Durante il secondo incontro, quello
pomeridiano con il pubblico, condotto dal direttore artistico della
Festa Antonio Monda, la Blanchett ripercorre
invece, attraverso la visione di diverse clip, i ruoli più celebri
della sua carriera. In questa occasione l’attrice svela curiosità e
retroscena sulle sue varie tappe artistiche.

Si parte da
Il curioso caso di Benjamin Button,
film del 2013 diretto da David Fincher in cui la
Blanchett affianca
Brad Pitt. “Ricordo di aver accettato il
ruolo perché avrei lavorato a qualsiasi cosa con Fincher e
Pitt. Quando poi ho letto la sceneggiatura mi hanno
particolarmente colpito le sue immagini, specialmente una delle
ultime. Il mio personaggio, Daisy, tiene tra le braccia Benjamin
Button, ormai diventato un infante, e lo guarda morire. È una scena
che mi ha commosso profondamente. Ogni madre sa cosa vuol dire
stringere a sé il proprio figlio desiderando che quel momento non
finisca mai.”
Passando poi a parlare del film
Carol, regia di Todd Haynes
in cui Cate Blanchett ha una storia d’amore
con l’attrice Rooney Mara nella repressiva società
degli anni ‘50, la Blanchett ricorda di essere rimasta molto
stupita dalle domande che le venivano fatte durante le
presentazioni stampa del film. “E’ strano perché durante le
conferenze stampa di questo film le domande che mi venivano rivolte
erano prevalentemente riguardo la mia sessualità, quando però per
altri film non mi avevano mai fatto domande sulle mie capacità
psichiche, o simili. In me questo ha suscitato una certa sorpresa,
vedere che il mio genere sessuale fosse diventato un argomento di
cui discutere. Interpretare un ruolo vuol dire avere una
connessione universale con l’esperienza umana. Per questo non penso
mai al mio genere, almeno che questo non chiuda delle porte, perché
penso sempre in termini di un personaggio come di un essere umano.
Per me l’esperienza di creare un personaggio è un’esperienza
antropologica, di mettermi in un ambito che non conosco. Il piacere
dell’interpretazione per me è studiare cosa muove le persone, che
cosa le motiva.

Si passa poi a parlare del film
The Aviator, regia di Martin
Scorsese in cui Cate Blanchett interpreta
Katharine Hepburn accanto a
Leonardo DiCaprio nei panni di Howard
Hughes. Per questo film la Blanchett vinse il suo primo
Oscar come miglior attore non protagonista. L’attrice ricorda di
quando Scorsese la chiamò al telefono, per proporle il ruolo.
“Non ricordo assolutamente nulla di quella chiamata. Io lo
ascoltavo parlare e tremavo incessantemente. Continuavo a ripetere
sì senza realmente capire a cosa stessi dando risposte affermative.
Quando la chiamata finì, il mio agente mi chiese cosa mi aveva
proposto, ma io non riuscivo davvero a ricordarlo, tanto ero sotto
shock dall’aver parlato con il grande Scorsese. Quando poi mi
comunicarono cosa avevo accettato, allora ebbi davvero paura. Quel
ruolo poteva distruggermi o farmi affermare come attrice.
Sul finire dell’incontro, la
Blanchett si sofferma sulle differenze tra cinema e teatro.
“Quando ho iniziato a lavorare a teatro a Sidney, in Australia,
non mi sarei mai aspettata di arrivare al cinema. Ho avuto una
grande fortuna e il piacere di lavorare con i più grandi. Penso sia
bellissimo e utile poter passare dal teatro al cinema, poiché nel
teatro c’è la possibilità di avere un rapporto diretto con il
pubblico, mentre il cinema mi ha portato a valutare la possibilità
espressiva delle inquadrature. Dovessi scegliere tra i due, direi
il teatro. Il teatro non consente l’errore, e allo stesso tempo il
suo fascino è l’avere la possibilità di cambiare ogni sera, poiché
ogni sera il pubblico è diverso.”