L’ultimo trailer di
Captain America: Brave New World è uscito di recente e
in molti si dicono soddisfatti. C’è un’atmosfera molto cool, da
spy-story, e un sacco di azione. Red Hulk emerge da Harrison Ford lasciando detriti infuocati
al suo posto, Sam (Anthony Mackie)
lancia il suo scudo attraverso diversi missili volanti sul corpo di
Tiamut e le ali rosse, bianche e blu sembrano più cool e
accattivanti che mai.
Poi c’è una scena che è
perfettamente condita con la giusta quantità di “spezie Marvel” in cui Sam si schianta
verso il basso dal cielo, eseguendo perfettamente un atterraggio da
supereroe, dice “aspetta”, e una folata di vento lo segue dall’alto
verso il basso arriva a spazzare via i suoi nemici. Azione e
simpatia, tutto perfettamente bilanciato, nella migliore ricetta
Marvel.
Quale domanda ci lascia il
trailer?
Torniamo indietro. Sappiamo che Sam
Wilson è stato introdotto in Captain America: The Winter
Soldier e all’epoca non aveva poteri, ma era in grado
di eseguire imprese di combattimento corpo a corpo di livello
esperto, incluso il combattimento con il Soldato d’Inverno. Era
molto credibile quando Bucky lo ha sconfitto senza troppi
sforzi.
Facciamo un salto in avanti ad
Ant-Man dove Sam combatte contro Scott, e non fa
nulla di stravagante. Ant-Man vince il combattimento. Poi, in
Captain America: Civil
War, non fa ancora nulla che un essere umano molto ben
addestrato in un universo di fumetti non potrebbe fare. In
Infinity War, la sua trama è un po’ forzata quando
combatte i Chitauri e se la cava bene quanto Steve Rogers e Black
Panther, ma è comunque abbastanza credibile dato che non fa alcun
danno a Thanos. Nella sua ultima apparizione cinematografica in
Endgame, il suo tempo a schermo è breve, ma
comunque credibile. Infine, nella serie Disney+The Falcon and the Winter
Soldier, Sam appare nella sua versione più realistica
di sempre, a parte il fatto di essere in grado di lanciare lo scudo
con quasi la stessa forza di Steve Rogers.
Come fa Sam Wilson a compiere atti
supereroistici senza superpoteri?
Sam è una persona normale. Sì, è un
esperto di combattimento corpo a corpo e ha una tuta alata avanzata
ad assisterlo. Ha combattuto al fianco di Capitan America, Iron
Man, Thor e altri eroi Marvel, ma non ha il siero del
super soldato nelle vene, ha un’armatura “normale” e non è un
dio.
Ci sono diverse scene nel trailer in
cui Sam avrebbe dovuto realisticamente morire o essere ferito in
modo permanente. La prima è la scena dell’atterraggio del supereroe
che abbiamo descritto sopra. La seconda è quando Sam lancia il suo
scudo attraverso i missili. È una classica mossa di Capitan
America, ma come fa Sam, senza poteri, a lanciare uno scudo
attraverso missili a razzo lanciati da un jet in movimento?
Quando viene colpito direttamente da
un missile pochi istanti dopo, mentre tiene lo scudo, le sue ali
sono avvolte davanti a lui e i suoi jet gli forniscono propulsione.
Nel poster ufficiale, Sam sta usando lo scudo per bloccare un pugno
di Red Hulk. Non sembra uno scenario plausibile. Sappiamo che lo
scudo ha capacità di dispersione di energia e forza, ma in Civil
War, Steve è stato colpito da una granata direttamente sullo scudo
e l’ha fatto volare. Immaginiamo che Red Hulk possa colpire con una
forza molto più forte di quella con cui esplode una granata.
Ci sono tre possibili spiegazioni
per la forza di Sam Wilson
La prima e più probabile spiegazione
è che siamo di fronte a una sospensione dell’incredulità perché
questo è un film tratto da un fumetto. Onestamente, non ci
dovrebbero essere problemi in questo caso. Dopotutto sono tante le
licenze fantastiche che questo tipo di film danno per scontate.
La seconda spiegazione è che Sam ha
preso il siero del super soldato. E’ improbabile, poiché parte del
suo arco narrativo è “non essere Steve Rogers”. Tutti amano
ricordargli che non è il Cap che conoscevano. Se Sam prendesse il
siero del super soldato, sarebbe un passo indietro nel suo viaggio
verso la dimostrazione che è Capitan America.
La terza opzione è più intrigante,
ma ugualmente improbabile. Forse la nuova tuta e le ali di Sam sono
state realizzate con uno dei metalli più noti della Marvel. Forse ha ricevuto un po’ di
assistenza da Wakanda e c’è del vibranio nella sua tuta. Forse è
persino intrecciata con l’adamantio, il che rappresenterebbe la
prima volta che il metallo si affaccia nella linea temporale
principale del MCU.
L’epica serie prequel di Dune:Prophecy esplora il primo periodo
dell’amato franchise fantascientifico, ma le origini dei Bene
Gesserits continueranno nella seconda stagione? Sviluppata per lo
schermo da Diane Ademu-John e Alison Schapker, Prophecy
adatta vagamente la serie di libri di Brian Herbert e Kevin J.
Anderson, che esplora i primi periodi di ciascuna delle principali
case del franchise di Dune. In particolare, Dune:Prophecy riguarda l’ascesa della setta Bene
Gesserit e il modo in cui ha assunto il controllo degli eventi
dell’universo
più di 10.000 anni prima dell’ascesa al potere di Paul
Atreides.
Con l’inebriante e complessa storia
del franchise di Dune come sfondo, Dune:Prophecy segue le orme di altri successi della HBO come
Game of
Thrones. Considerando la pletora di eventi che potrebbero
essere indagati dalla serie, non c’è motivo di pensare che
Prophecy sarà una miniserie unica. Piantando semi (proprio
come i Bene Gesserit) nel corso della storia della prima stagione,
è chiaro che ci sono i presupposti per trasformare
Dune:Prophecydiventerà il prossimo
grande franchise epico, in grado di rivaleggiare con contemporanei
come
House of the Dragon e Rings of Power, anche se di genere
fantascientifico.
Le ultime notizie suDune:Prophecy – Stagione 2
Un aggiornamento speranzoso
sullo sviluppo della Stagione 2
Ancor prima che lo show abbia
debuttato con il suo primo episodio, le ultime notizie parlano di
Dune:Prophecy stagione 2. L’aggiornamento è
arrivato al New York Comic Con del 2024, dove la
co-creatrice/showrunner Alison Schapker e il produttore esecutivo
Jordan Goldberg hanno parlato apertamente delle loro speranze
riguardo alla seconda stagione dell’epopea fantascientifica.
Rivelando che hanno già in mente di continuare la
storia, il duo creativo ha anche espresso ottimismo sul
fatto che Max rinnoverà lo show per altri episodi dopo la stagione
di debutto.
Nel presentare le grandi dimensioni
della serie e il suo potenziale narrativo, le menti dietro la serie
hanno chiarito di non essere mai state limitate da Legendary o da
Max quando si è trattato di realizzare Prophecy. Questo fa
ben sperare che il prequel di Dune
diventi un successo continuo, poiché è ovvio che gli
studios che investono i soldi sono entusiasti di tornare al
brillante universo fantascientifico di Frank Herbert.
Leggete i loro commenti completi qui sotto:
SCHAPKER: Abbiamo un piano, e
loro sono stati ansiosi di ascoltarlo.
GOLDBERG: Vogliono che sia
incentrato sui personaggi, che faccia riflettere e ci hanno chiesto
di renderlo costantemente sorprendente, propulsivo e visivamente
mozzafiato.Quando si pronuncia la parola Dune, Dune
richiede una regia su larga scala.HBO, Max, Legendary non
ci hanno mai detto di tirarci indietro.Ci hanno sempre
detto di insistere e di farne un’opera epica, ed è quello che
abbiamo fatto.
OLIVIA WILLIAMS: Dicono anche
che non hanno distrutto il set in Ungheria, quindi è sempre un buon
segno.Un piano di 10.000 anni.È nato Timothée.È proprio così.Abbiamo piani su piani in ogni modo,
misurati in secoli.No, voglio dire, ce l’abbiamo.Non è una novità che il nostro show sia incentrato sulle Bene
Gesserit, ma quando si chiamano Sorellanza, quindi siamo in questa
sorta di organizzazione incipiente, e poi come diventano le Bene
Gesserit?È un viaggio di più stagioni, ed è proprio questa
la storia che vogliamo raccontare.Le loro mosse sono
generazionali.Sono impegnati in un gioco a lungo termine,
quindi c’è molta storia da raccontare.
L’era moderna della produzione
televisiva ha cambiato completamente la formula, e quello che una
volta era un business attento ai costi che si basava su spettacoli
a basso rischio e alta remunerazione, gli investimenti
multimiliardari sono diventati la norma. Dune:Prophecy è una di queste serie, e questo significa che
il prequel cammina sul filo del rasoio quando si tratta di
rinnovo e cancellazione. Come si è visto con successi
sicuri come La casa del drago e Gli anelli del
potere, anche gli alti numeri di spettatori possono mettere
una serie sul banco degli imputati se i numeri non sono abbastanza
alti.
Considerando il costo del
prequel, qualsiasi cosa che non sia un numero record di spettatori
probabilmente segnerà il destino della serie di Dune
.
Per questo motivo, il destino di
Dune:Prophecy non è ancora scritto, e
probabilmente Max aspetterà che l’intera stagione faccia il suo
corso prima di decidere se rinnovarla o cancellarla. Considerando
il costo del prequel, qualsiasi cosa che non sia un numero record
di spettatori probabilmente segnerà il destino della serie
Dune. Tuttavia, finché non saranno disponibili ulteriori
informazioni, la stagione 2 di Dune:Prophecy 2 è per il momento in un
limbo.
Dettagli sul cast di Dune:Prophecy Stagione 2
Dune: Prophecy –
Chi tornerà nel prequel di
Dune?
Prevedere il cast di Dune:Prophecy stagione 2 è quasi impossibile in questo momento
per diversi motivi. Innanzitutto, la stagione 1 non è ancora
terminata e c’è sempre la possibilità che molti personaggi muoiano
prima del finale. In secondo luogo, non è certo che la serie salti
in avanti nella linea temporale di 10.000 anni e si lasci alle
spalle tutti i personaggi della prima stagione. La serie di libri
di Dune non è estranea ai salti temporali massicci e
potrebbe continuare in Dune:Prophecy,
soprattutto se i libri prequel di Herbert e Anderson verranno
utilizzati come ispirazione.
Tuttavia, supponendo che la
seconda stagione continui la prima, è probabile che alcuni
importanti membri del cast tornino a riprendere i loro
ruoli. La cosa più importante è che Emily Watson tornerà a
interpretare una delle sorelle Harkonnen, Valya, mentre Olivia
Williams tornerà a interpretare l’altra, Tula. Essendo le
burattinaie dei primi giorni della Bene Gesserit, probabilmente
avranno un ruolo più importante nella seconda uscita.
Dettagli sulla trama
Dune: Prophecy – Cortesia di Sky
Oltre 10.000 anni di storia da
esplorare
In base a quanto è stato detto
sulla grande portata di Dune:Prophecy, è chiaro
che lo sviluppo dei Bene Gesserit e l’inizio dei loro progetti
epici è solo una parte della storia più ampia del prequel. Ciò
significa che la seconda stagione ha letteralmente 10
millenni di storia da incorporare se vuole fare un salto
in avanti. Potrebbe anche rimanere con le sorelle Harkonnen mentre
continuano il loro lavoro, o forse aprire la porta a un
coinvolgimento di altre grandi case.
Tuttavia, è impossibile fare
ipotesi su cosa accadrà esattamente in
Dune:Prophecy
stagione 2 finché non si conoscerà l’intera portata del debutto. È
del tutto possibile che la stagione riveli quali sono i piani
futuri e chiarisca se gli spettatori rimarranno con l’imperatore
Javicco Corrino e le sorelle Harkonnen o se salteranno in qualche
altro punto della linea temporale, come stabilito nei romanzi
prequel.
Il
primo episodio di Dune:Prophecy mostra scorci della guerra
delle macchine avvenuta prima degli eventi della serie.
Dune:Prophecyè una serie in sei parti basata sul romanzo del
2012Sisterhood of Dune, scritto
dal figlio dell’autore originale di Dune Frank Herbert,
Brian, e da Kevin J. Anderson. La storia si svolge più di
10.000 anni prima dell’ascesa di Paul Atreidies, raccontata in
Dune(2021) e
Dune:Parte Due (2024). Dune:Prophecy rivela le
origini della potente sorellanza ombra nota come Bene Gesserit e
come hanno manipolato il destino dell’umanità.
La guerra contro le macchine
pensanti ha unito le Grandi Case contro un nemico comune. Valya
Harkonnen rivela nelle prime scene di Dune: Prophecy che mentre un
soldato Atredies fu accreditato per aver dimostrato valore contro
le macchine, suo nonno Harkonnen disertò la guerra e fu considerato
un codardo. Le Grandi Case punirono la Casa Harkonnen inviandola
sul pianeta indesiderato di Giedi Prime. La prima Madre
Reverenda Superiora Raquella fu un eroe durante le guerre contro le
macchine e in seguito addestrò le Sorelle delle Bene
Gesserit a diventare Veritatrici. Questo portò le Bene Gesserit a
diventare potenti strumenti per tutte le Grandi Case e permise a
Raquella di governare il futuro. I nuovi episodi di Dune:Prophecy escono ogni domenica alle 21 su HBO e MAX.
Uomini con potenti macchine che
miravano a schiavizzare l’umanità
La guerra contro le macchine
pensanti nell’ universodi Duneè nota anche come Jihad Butleriana. La Jihad
butleriana, “nota anche come Grande Rivolta e comunemente
abbreviata in Jihad, fu la crociata contro i computer, le macchine
pensanti e i robot coscienti che iniziò nel 201 BG e si concluse
nel 108 BG” (via Dune Wiki). Le
macchine erano guidate dall’intelligenza artificiale e alla fine
divennero un ostacolo allo sviluppo dell’umanità. La dipendenza
dell’umanità da queste tecnologie avanzate, molto più sofisticate
della moderna intelligenza artificiale, portò al desiderio di
sterminare tutte le macchine una volta per tutte.
Il senso della guerra contro le
macchine pensanti è riassunto nel romanzo Dune di Frank
Herbert. “Un tempo gli uomini affidavano il loro pensiero alle
macchine, nella speranza che questo li rendesse liberi.Ma
questo ha solo permesso ad altri uomini con macchine di renderli
schiavi”. Poiché Dune è ambientato in un futuro lontano,
Herbert ha potuto evitare di far ruotare il suo universo intorno a
questioni di tecnologia, permettendo invece alla narrazione di
immergersi in ambiti più filosofici con la struttura feudale.
Nessuno dei libri di Dune parla a lungo della Jihad
butleriana, ma viene menzionata sia in Dune che
in Dune:Messiah.
Quando ebbe luogo la Guerra
delle Macchine di Dune
La Jihad Butleriana iniziò nel 201
BG (Prima della Gilda) e si concluse nel 108 BG, per una durata
totale di 93 anni. Ciò significa che è avvenuta circa 100
anni prima degli eventi diDune:Prophecye più di 10.100 anni
prima della nascita di Paul Atreides. La showrunner di
Dune:Prophecy ha
dichiarato a
Entertainment Weekly: “I personaggi della nostra serie
esistono all’ombra di una guerra contro le macchine pensanti e
l’intelligenza artificiale, che hanno sostanzialmente schiavizzato
o sottomesso l’umanità per un periodo di tempo enorme”. Dopo
che le macchine sono state sconfitte e distrutte, diverse nuove
organizzazioni e gruppi hanno cercato di colmare l’ampio vuoto,
instillando i propri gradi di potere e di dominio, uno dei quali è
stato il Bene Gesserit.
L’impatto delle guerre
contro le Macchine Pensanti cambiò il funzionamento interno della
società. Schapker continua: “Insorgendo, entrando in
guerra e infine sconfiggendo le macchine, gli esseri umani si sono
anche trovati sull’orlo della propria estinzione.Ci sono
state perdite a livello planetario, e questo fa male alla psiche
individuale.Brian Herbert e Kevin Anderson, nei loro
libri, chiariscono che quando è stata necessaria una tale perdita
di vite umane per far sì che gli esseri umani si liberassero, la
concezione che le persone hanno del loro ruolo e del significato
del sacrificio è stata messa a dura prova a livello di
specie”.
Le “macchine pensanti” di Dune
spiegate
Dune: Prophecy –
Nel libro erano computer molto
avanzati
Le Macchine Pensanti erano computer
altamente sofisticati, ma non avevano coscienza e quindi non erano
esseri senzienti. Erano computer incredibilmente intelligenti e
potenti da cui l’umanità era diventata dipendente, il che li
rendeva estremamente pericolosi. Herbert non è stato molto chiaro
sull’aspetto delle Macchine Pensanti nei suoi romanzi originali.
Tuttavia, suo figlio Brian e il suo partner di scrittura Kevin J.
Anderson sono stati coloro che hanno reso popolare l’idea che le
Macchine Pensanti fossero in realtà robot giganti dotati di armi.
Il concetto originale di Herbert rendeva le macchine
pensanti più simili a computer e telefoni altamente
avanzati che a veri e propri mostri militanti.
La distruzione delle Macchine
Pensanti ha dato il via alla creazione di persone note come Mentat,
o computer umani. Sebbene i Mentat non abbiano un ruolo importante
nei film di Dune di Villenueve, hanno un ruolo molto più
importante nel libro, in particolare il Mentat della Casa Atreides,
Thufir Hawat, la cui stirpe era stata Mentat della Casa Atreides
per tre generazioni. I Mentat erano gli unici custodi accettabili
dei registri dopo la distruzione delle macchine. La
lucertola robot del giovane Principe è un esempio di Macchina
Pensante inDune:Prophecy o almeno una macchina costruita
con una tecnologia proibita simile.
Perché le “macchine pensanti”
sono vietate durante gli eventi di Dune:Prophecy
Le macchine pensanti in Dune:Prophecy sono diventate
proibite a causa di come sono state usate per schiavizzare
l’umanità da uomini potenti. Questo è probabilmente il
motivo per cui Madre Reverenda e molte altre Sorelle delle Bene
Gesserit erano così contrarie alla visione di Raquella di
ingegnerizzare geneticamente i leader reali, poiché sarebbe stato
come se gli uomini che possedevano le Macchine Pensanti giocassero
a fare gli dei. Sebbene dopo la Jihad butleriana l’umanità sia
rimasta priva di tecnologie altamente avanzate, a livello umano ne
ha tratto giovamento e le società hanno iniziato a ricostruirsi e a
migliorare.
Sebbene il giocattolo del giovane
Principe non sembri in alcun modo dannoso, la sua tecnologia
ricorda a tutti i presenti alla cerimonia nuziale gli orrori della
guerra dei 93 anni. È visto come una grande offesa,
considerando quante persone sono state uccise durante la
guerra, e come un gesto terribile. È chiaro che al Principe non
interessa o non è informato su quanto siano state devastanti le
guerre per le persone che le hanno vissute, anche se alla fine
l’umanità ha vinto. La guerra contro le Macchine Pensanti fornisce
un contesto cruciale per il mondo di Dune:
Prophecy.
Il film d’azione finlandese ora
disponibile su NetflixSisu – L’Immortale è ambientato
nella Finlandia del 1944 e ruota attorno a un uomo di nome Aatami
Korpi. Una sorta di terminator umano, Korpi uccide da solo un
nazista dopo l’altro mentre torna a casa. Aatami Korpi è quasi un
essere mitico e le sue storie di valore e distruzione si sono
diffuse in lungo e in largo. Il suo aspetto robusto si sposava con
le storie selvagge che il mondo conosceva. Durante la guerra
d’inverno, quando Aatami lavorava per le forze speciali, da solo
uccise trecento russi per vendicare la morte della sua famiglia. Da
quel momento in poi, Aatami divenne impossibile da controllare. La
sua vendetta non conosceva limiti e divenne “uno squadrone della
morte”.
Riassunto della trama di
Sisu – L’Immortale: di cosa parla il
film?
Aatami prende le distanze dalla
Seconda Guerra Mondiale e preferisce vivere da solo nel deserto
paesaggio finlandese con il suo fidato cavallo e il suo cane. Prova
un sentimento misto di incredulità e gioia quando, setacciando il
torrente, nota un granello d’oro. Aatami aveva finalmente trovato
ciò che stava cercando e iniziò a scavare la terra intorno al fiume
alla ricerca dell’oro. La sua ricerca era spesso interrotta dal
ronzio dei motori degli aerei e dal rumore dei bombardamenti
lontani. Dopo giorni di scavi, Aatami trovò finalmente l’oro.
All’inizio non riusciva a credere ai suoi occhi e, nel momento in
cui lo colse, la sua felicità non conobbe limiti. Fissò l’oro con
il fucile in mano, sapendo che il viaggio era appena iniziato. I
lividi su tutto il corpo di Aatami rappresentano il numero di volte
in cui è stato brutalmente attaccato e come ne è sempre uscito
vittorioso. Le sue ferite possono anche essere interpretate come la
manifestazione fisica della sua anima tormentata e della
maledizione di non morire mai.
Il primo convoglio di soldati
nazisti lo lasciò passare, sicuro che alla fine sarebbe stato
ucciso. Aatami notò i corpi appesi mentre proseguiva il viaggio.
Presto incontrò un altro gruppo di soldati nazisti, decisi a
trovare ciò che Aatami nascondeva. Non appena notarono l’oro, gli
puntarono una pistola alla testa. In pochi secondi, Aatami conficcò
il suo pugnale nella testa di uno dei soldati nazisti e fu pronto a
combattere gli altri. Dopo aver ucciso brutalmente tutti e quattro
gli uomini, Aatami continuò il suo viaggio. Due soldati nazisti
arrivarono sul posto con un carro armato dopo aver sentito gli
spari. Si resero conto che il vecchio che avevano lasciato passare
era pericoloso, ma soprattutto che era un cercatore d’oro e che
abbatterlo poteva valere la pena. La guerra era quasi giunta alla
fine e i soldati nazisti cercavano disperatamente di portare a casa
qualsiasi cosa di valore su cui potessero mettere le mani. Per
Aatami, invece, era importante proteggere l’oro e riportarlo a
casa. La sua lotta contro i nazisti aveva una sfumatura
nazionalistica. La lotta di Aatami in Sisu –
L’Immortale può essere interpretata come il
suo modo di proteggere l’onore morente della sua nazione.
Spiegazione del finale di
Sisu – L’Immortale:Aatami Korpi
ha portato a casa l’oro?
I nazisti hanno inseguito Aatami in
un campo minato, che ha finito per uccidere il suo cavallo. Aatami
riuscì a fuggire tatticamente dalla scena usando le mine sparse a
suo vantaggio. I soldati delle SS usarono le donne finlandesi che
avevano tenuto prigioniere come schiave per attraversare il campo
minato. Quando i soldati si avvicinarono, Aatami si diede fuoco e
si gettò in un lago. I soldati furono mandati nel lago per trovarlo
e in pochi secondi i loro corpi morti galleggiarono sulla
superficie dell’acqua. Alla fine Aatami fu catturato con il suo
cane.
Gli furono sottratti i sacchi d’oro
e il suo corpo fu appeso a un palo. Mentre i soldati delle SS
pensavano che la minaccia fosse finita, non fu facile liberarsi di
Aatami. Si mise in equilibrio usando un chiodo; gradualmente la
corda si staccò dal palo e la vita di Aatami fu ancora una volta
salva. Si occupò dei due piloti nazisti che atterrarono nella zona
e tentarono di sparare a lui e al suo cane. Prima di volare in
cerca di vendetta, Aatami estrasse con cura i pezzi di metallo dal
suo corpo. Guardare Aatami ricucire le sue ferite sul ciglio della
strada per continuare a combattere è stato cruento ma stranamente
soddisfacente. Era quasi una reincarnazione: un nuovo corpo per un
vecchio combattimento.
Aatami non si è rivelato tutto in
una volta, ma ha incusso timore nei suoi rivali usando per uccidere
il pilota nazista la stessa corda che i soldati avevano usato per
impiccarlo. Le donne finlandesi nel camion erano sicure che Aatami
fosse tornato. Avevano sentito la sua storia e non era mai finita
bene per chi aveva osato combatterlo. I soldati che scartarono la
loro teoria furono immediatamente uccisi. Le donne ebbero ragione:
Aatami era tornato per vendicarsi.
Armò le donne nel camion e queste
lottarono per la loro libertà. Aatami aveva ucciso tutti tranne il
comandante nazista, Bruno. Bruno si imbarcò su un aereo con il suo
supervisore ed era sicuro di essere sfuggito all’ira di Aatami.
Dopo pochi secondi dal decollo, Bruno percepì che Aatami era
sull’aereo. Quando si è rivelato, Bruno lo ha attaccato
continuamente per la frustrazione. Per un momento sembrò che Aatami
si fosse arreso, ma stava invece studiando una strategia per
trovare il modo perfetto per uccidere Bruno. Lo legò a un missile e
lo fece cadere dall’aereo. Il missile decollò e Bruno si dissolse
nella polvere.
Sisu –
L’Immortale termina con il ritorno a casa di
Aatami con le borse piene d’oro e il suo soffice cane grigio al suo
fianco. Entra nella banca della città e versa le pepite d’oro sulla
scrivania. Chiede al contabile di dargli in cambio dei contanti. Ad
Aatami non importava ottenere il giusto valore; voleva
semplicemente del denaro contante da poter portare facilmente con
sé. Aatami viveva per l’avventura, per il brivido della scoperta e,
a volte, per combattere chi meritava di morire. Non era disposto a
farsi in quattro per aiutare chi era in pericolo, ma allo stesso
tempo, se si imbatteva nell’oppressione, sceglieva di liberare gli
oppressi.
Il fatto che Sisu –
L’Immortale di Jalmari Helander non sia
pretenzioso è ciò che lo rende piacevole. È uno spaghetti western
cruento su un uomo invincibile che si diverte a cavalcare il suo
cavallo e a scavare in cerca di oro. Anche se è abbastanza
insensato a pensarci, forse l’ambientazione e la cronologia
generale hanno contribuito a creare un quadro realistico. Con un
dialogo minimo, Jorma Tommila è stato brillante e convincente nel
ruolo di Aatami Korpi. È difficile prendere sul serio una sorta di
eroe mitico in un contesto realistico, ma Tommila è riuscito a
raggiungere l’assurdo. All’inizio del film, ci viene detto che la
parola “Sisu” è quasi impossibile da tradurre, ma significa
vagamente “determinazione inimmaginabile” e coraggio estremo.
Quando non c’è più speranza, “Sisu” si manifesta, proprio come
dimostra Aatami Korpi. Sisu –
L’Immortale raggiunge l’obiettivo senza
complicazioni indesiderate, e forse è proprio questo che lo fa
funzionare.
In anteprima assoluta le prime
immagini dalla serie evento Il Gattopardo nel teaser trailer da oggi
disponibile. Il teaser, appena rilasciato, mostra Kim Rossi Stuart nei panni di Don Fabrizio
Corbera, Principe di Salina, insieme a Benedetta
Porcaroli (Concetta), Deva Cassel
(Angelica) e Saul Nanni (Tancredi). Nel cast della
serie anche Paolo Calabresi, Francesco
Colella, Astrid Meloni e Greta
Esposito.
La serie in sei episodi, tratta
dall’omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, sarà
disponibile solo su Netflix nel 2025. Prodotta da Fabrizio Donvito,
Daniel Campos Pavoncelli, Marco Cohen, Benedetto Habib e Alessandro
Mascheroni per Indiana Production e da Will Gould e Frith Tiplady
per Moonage Pictures, la serie è stata girata tra Palermo,
Siracusa, Catania e Roma.
1 di 6
Kim Rossi Stuart ne Il
Gattopardo - Credits: Netflix/Lucia Iuorio
Il Gattopardo - Credits:
Netflix/Lucia Iuorio
Il Gattopardo - Credits:
Netflix/Lucia Iuorio
Benedetta Porcaroli ne Il
Gattopardo - Credits: Netflix/Lucia Iuorio
Kim Rossi Stuart e Saul
Nanni ne Il Gattopardo - Credits: Netflix/Lucia Iuorio
Deva Cassel ne Il
Gattopardo - Credits: Netflix/Lucia Iuorio
Alla regia Tom Shankland, affiancato
da Giuseppe Capotondi (episodio 4) e Laura Luchetti (episodio 5).
La serie, scritta da Richard Warlow, che ne è anche creatore ed
executive producer, assieme a Benji Walters, riscopre la modernità
di un racconto, quello del Principe di Salina e della sua famiglia,
che è quello dell’Italia di ieri e di oggi.
Il direttore della fotografia è
Nicolaj Bruel. I costumi della serie sono a firma di Carlo Poggioli
ed Edoardo Russo, le scenografie di Dimitri Capuani. Le musiche
originali sono di Paolo Buonvino. La serie arriverà solo su
Netflix nel 2025.
La trama de Il Gattopardo di Netflix
Basato su uno dei più grandi romanzi
italiani di tutti i tempi, Il Gattopardo è un racconto epico,
sorprendente e sensuale, ambientato in Sicilia durante i moti del
1860. Al cuore della serie troviamo Don Fabrizio Corbera,
l’indimenticabile Principe di Salina, che conduce una vita intrisa
di bellezza e privilegio. Ma l’aristocrazia siciliana si sente
minacciata dall’unificazione italiana, e Fabrizio si rende conto
che il futuro della sua casata e della sua famiglia è in pericolo.
Per non soccombere, Fabrizio sarà costretto a stringere nuove
alleanze, anche se questo significherà andare contro ai suoi
principi, fino a trovarsi di fronte ad una scelta che pare
impossibile. Don Fabrizio avrà il potere di organizzare un
matrimonio che salverebbe il futuro della sua famiglia, quello tra
la ricca e bellissima Angelica e suo nipote Tancredi ma, facendolo,
spezzerebbe il cuore della sua adorata figlia Concetta. La serie
esplora con lo sguardo di oggi temi che si tramandano da secoli e
sono universali: il potere, l’amore e il costo del progresso.
I dettagli su Il Gattopardo
DATA DI USCITA: su Netflix nel 2025
● REGIA: Tom Shankland (episodi 1-2-3-6),
Giuseppe Capotondi (episodio 4), Laura
Luchetti (episodio 5).
● SCRITTA DA: Richard Warlow, Benji Walters
● DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA: Nicolaj Bruel
● COSTUMI: Carlo Poggioli, Edoardo Russo
● SCENOGRAFIE: Dimitri Capuani
● MUSICHE ORIGINALI: Paolo Buonvino
● PRODOTTA DA: Fabrizio Donvito, Daniel Campos Pavoncelli,
Marco Cohen, Benedetto Habib e Alessandro Mascheroni per
Indiana Production e da Will Gould and Frith
Tiplady per Moonage Pictures
● CAST PRINCIPALE: Kim Rossi Stuart (Don
Fabrizio Corbera, Principe di Salina), Benedetta
Porcaroli (Concetta), Deva Cassel
(Angelica) e Saul Nanni (Tancredi). Nel cast anche
Paolo Calabresi (Pirrone), Francesco
Colella (Sedara), Astrid Meloni (Maria
Stella), Greta Esposito (Chiara)
Finché morte non ci
separi (Ready or Not)
rappresenta un demone chiamato Mr. Le Bail, che ha una presenza
irresistibile nonostante appaia nel film solo per circa due
secondi. Nel film Finché morte non ci separi
(Ready or Not) del 2019, una donna di
nome Grace (Samara Weaving) sposa Alex Le Domas e
viene coinvolta nella contorta tradizione di gioco della sua
famiglia che richiede il suo omicidio. La storia ha una trama ben
sviluppata che circonda l’impero dei giochi da tavolo della
famiglia, misteriosa e avvincente.
La figura centrale della storia
della squallida commedia horror Finché morte non ci
separi (Ready
or Not) è il misterioso signor Le Bail, che
rende la famiglia Le Domas abbondantemente ricca e famosa. Invece
di rivelare tutto in anticipo, il film offre le basi della storia
all’inizio e divulga il resto lentamente nel corso della trama.
Alla fine, la protagonista Grace scopre che il signor Le Bail è in
realtà un demone che ha stretto un patto faustiano con il bisnonno
della famiglia Le Domas, Victor Le Domas.
Il signor Le Bail è l’anagramma
del demone Belial
Nel corso del film Finché
morte non ci separi (Ready or
Not), la famiglia Le Domas parla di un generoso
benefattore che ha aiutato la famiglia ad avviare il proprio impero
di giochi da tavolo. Victor Le Domas conobbe il signor Le Bail
mentre lavorava come commerciante marittimo. I due uomini hanno
legato per la loro professione comune e per l’interesse per i
giochi da tavolo. Ben presto stringono un accordo per aiutare
Victor a realizzare il suo sogno di avviare un’attività di giochi.
All’inizio del film, Alex è l’unica persona viva che ha visto Mr.
Le Bail, trovandolo sul suo trono a cinque anni.
I dialoghi di Finché
morte non ci separi (Ready or
Not) non forniscono una descrizione fisica del
signor Le Bail; tuttavia, i giochi da tavolo prodotti dalla
famiglia lo raffigurano come un uomo con baffi sottili, pizzetto,
barba a punta e corna. Il benefattore fa finalmente la sua comparsa
sulla sedia
nel finale di Finché morte non ci separi
(Ready or Not). Il signor Le Bail ha
una mascella affilata, baffi, capelli con una punta da vedova e
occhi luminosi. Indossa una camicia da poeta con un gilet, come
quando incontrò Victor Le Domas. In particolare, il demone non ha
né pizzetto né corna.
In base all’anagramma del nome, Mr.
Le Bail in Finché morte non ci separi
(Ready or Not) è probabilmente il
demone Belial. Nella mitologia, Belial è uno dei demoni più
malvagi, che attira le persone con il suo fascino e il suo
bell’aspetto. Appare nell’Antico Testamento, nei Rotoli del Mar
Morto e nel Testamento di Amram. Belial è la mano destra di Satana
o Satana stesso, a seconda dell’interpretazione. Anche se non viene
detto esplicitamente, Finché morte non ci
separi (Ready or
Not) propende per la seconda. Durante il
rituale, la famiglia Le Domas pronuncia la frase ebraica “Shem
ha-Meforash”, traducibile con “il nome esplicito”.
Poi dicono ripetutamente “Ave Satana ”, sottintendendo che
Satana è Belial, alias il signor Le Bail.
Spiegazione dell’accordo di
Victor Le Domas con Le Bail
Tony Le Domas racconta a Grace la
storia dell’accordo di Victor Le Domas con Le Bail all’inizio di
Finché morte non ci separi (Ready
or Not). Come spiega, quando il signor Le Bail
incontrò Victor, il demone gli presentò una scatola di puzzle. Gli
disse che avrebbe finanziato un progetto a scelta di Victor se
avesse scoperto il segreto della scatola. Il film non fornisce
alcuna spiegazione sul motivo per cui un demone come Belial avrebbe
assunto l’aspetto del signor Le Bail, né sul perché abbia offerto a
Victor questo accordo. Non rivela nemmeno il segreto della scatola,
obbligando lo spettatore a sospendere la propria incredulità.
Poiché Victor riuscì a scoprire la
scatola, il signor Le Bail gli diede i soldi per avviare l’impero
dei giochi da tavolo della sua famiglia. Questo portò alla famiglia
successo, fama e ricchezza. Alla fine, guadagnarono abbastanza
soldi da possedere quattro diverse squadre sportive. Tuttavia,
l’accordo faustiano si risolse al prezzo dell’anima della famiglia.
I Le Domase iniziarono a venerare il signor Le Bail come una
divinità, cantando e compiendo sacrifici rituali di animali in suo
nome. Inoltre, il signor Le Bail ha imposto ai Le Doma molti
requisiti arbitrari da seguire, come si vede in Finché
morte non ci separi (Ready or
Not).
In primo luogo, ogni Le Domas deve
sposarsi nella tenuta di famiglia, presumibilmente perché lì si
trova la sala giochi. Dopo il matrimonio, il nuovo membro della
famiglia deve essere iniziato alla famiglia La Domas giocando a un
gioco scelto dalla scatola del signor Le Bail. Il gioco non può
aspettare il giorno successivo e deve iniziare prima di mezzanotte.
Se gli sposi fuggono, si sposano altrove o si rifiutano di giocare,
muoiono di una morte dolorosa. Alex spiega a Grace che ha saputo
che questo è accaduto a molti membri della famiglia. Di tanto in
tanto, la carta dirà “nascondino”, innescando l’ultima e più
cruciale parte dell’accordo del signor Le Bail: il sacrificio
umano.
Perché Le Bail fa sì che la
famiglia sacrifichi un nuovo membro durante il gioco del
“nascondino”?
In Finché morte non ci
separi (Ready or Not), il
signor Le Bail fa eseguire alla famiglia Le Domas un sacrificio
rituale del nuovo membro della famiglia ogni volta che giocano a
nascondino la notte dopo un matrimonio. Durante il sacrificio,
tutti si vestono con abiti, cantano e pugnalano il sacrificato con
un coltello ornato. Anche se chiunque può uccidere la persona che
partecipa al rituale, il dialogo implica che il signor Le Bail
preferisce che sia il coniuge a prendere la vita della vittima. Se
la famiglia non porta a termine il compito entro l’alba, andrà
incontro a una morte orribile, mostrata con esplosioni esilaranti e
cruente.
Il sacrificio a nascondino in
Ready or Not serve a rinnovare l’impegno della famiglia a
venerare e seguire il signor Le Bail, un requisito richiesto da
Victor Le Domas. Gli dimostra che sono disposti a commettere uno
degli atti più gravi, togliere una vita, solo perché l’ha detto
lui. Inoltre, rinnova i termini dell’accordo, assicurando che la
famiglia rimanga ricca. La scelta della famiglia di anteporre il
denaro e lo status sociale alla moralità in Finché morte
non ci separi (Ready or
Not) mostra la depravazione della
famiglia ricca.
Il finale di Finché morte
non ci separi (Ready or Not)
rivela le complesse regole del gioco mortale del nascondino del
celebre film horror. Diretto da Matt Bettinelli-Olpin e Tyler
Gillett (Devil’s Due), Finché morte non ci
separi (Ready or Not) vede
protagonista Samara Weaving nel ruolo di Grace, una bellissima
sposa che si sposa con la favolosa e ricca famiglia Le Domas.
Subito dopo aver pronunciato il “sì”, Grace apprende dal
suo nuovo marito Alex (Mark O’Brien) che deve fare
un gioco a mezzanotte come parte della loro eccentrica tradizione
per chiunque entri a far parte della famiglia.
Una commedia nera allegramente
divertente che si incrocia con un raccapricciante survival horror,
Finché morte non ci separi (Ready or
Not) è costellato da una complessa serie di regole e
mitologie che vengono rivelate nel corso del calvario di Grace con
i suoi suoceri infernali. Secondo la dinastia Le Domas, Grace deve
sopravvivere alla notte per essere accettata nella famiglia – come
se volesse ancora farne parte dopo il suo incubo post-matrimonio.
Il sadico rituale si basa su un sistema di credenze più profondo
che alimenta le azioni della famiglia Le Domas e offre alcune
divertenti sorprese fino al finale esplosivo di Finché
morte non ci separi.
Cosa succede nel finale di
Finché morte non ci separi (Ready or
Not)
In una serie di colpi di scena,
Daniel, in preda ai sensi di colpa, libera Grace e cerca di
aiutarla a fuggire, ma viene ucciso dalla moglie Charity
(Elyse Levesque). Mentre Alex assiste alla morte
del fratello, la madre Becky (Andie MacDowell)
tenta di uccidere Grace, ma la sposa respinge la suocera e la
colpisce a morte. Quando Alex vede che Grace ha ucciso sua madre,
si rivolta contro la sua nuova moglie e la costringe al sacrificio
rituale.
Grace rimane l’unica persona
sopravvissuta a questa notte bizzarra e violenta.
Tuttavia, Alex non riesce a
trafiggere Grace al cuore e le impala la spalla, interrompendo il
rituale. La famiglia, scioccata, si rende conto che, nonostante sia
ormai l’alba, stanno ancora tutti bene. La loro gioia, però, non
dura: ogni membro della famiglia Le Domas si incendia
spontaneamente, esplodendo in pezzi sanguinolenti in tutta
la stanza, mentre una deliziosa Grace, ricoperta di sangue e parti
del corpo, ride. Alex, tuttavia, pensa di essere l’unico
sopravvissuto, finché non esplode anche lui dopo che Grace gli
chiede: “Voglio il divorzio!”. Grace rimane l’unica
persona sopravvissuta a questa notte bizzarra e violenta.
La storia dei legami della
famiglia con il signor Le Bail detta le regole
Le regole del gioco di Finché morte non ci separi sono
state stabilite generazioni prima dalla famiglia Le Domas. Secondo
la tradizione stabilita dal loro bisnonno, Victor Le Domas,
chiunque si sposi nella famiglia Le Domas deve partecipare a un
gioco. Questo è l’unico modo per essere veramente accettati nella
famiglia e dimostrare la propria appartenenza.
A mezzanotte, la nuova sposa o il
nuovo marito devono sedersi con il resto della famiglia Le Domas in
una speciale stanza della famiglia, vietata a chiunque altro. Il
nuovo arrivato inserisce una carta bianca in una scatola speciale
che è stata data a Victor dal
signor Le Bail. La scatola determinerà il gioco a cui
la famiglia parteciperà.
Nella maggior parte dei casi, la
scatola iscrive sulla carta bianca un gioco da tavolo a cui
giocare. Ogni tanto, però, sceglierà il nascondino, come ha fatto
con Grace. Quando ciò accade, una canzone inquietante suona
improvvisamente sul fonografo, segnando l’inizio del gioco, e
l’intera villa Le Domas viene messa in isolamento. Poiché non
c’erano telecamere di sicurezza quando è stata istituita questa
tradizione, le telecamere vengono disattivate per rendere il gioco
“equo”. Grace ha quindi 100 secondi per nascondersi mentre la
famiglia si arma con le armi tradizionali conservate nella stanza
della famiglia.
I retroscena della famiglia Le
Domas:Il signor Le Bail è davvero il diavolo?
Finché morte non ci
separi implica fortemente che il signor Le Bail sia il
diavolo e che Victor Le Domas abbia fatto un patto con lui per
diventare ridicolmente ricco. Non solo il loro sacrificio rituale è
satanico, ma è anche incentrato sull’apparizione magica del signor
Le Bail sulla sua poltrona preferita, cosa che avviene brevemente.
Grace lo vede sfarfallare nella stanza per un momento dopo che
l’intera famiglia Le Domas è morta.
Come spiega Tony Le Domas (Henry
Czerny) nella storia della famiglia, il Dominio Le Domas (come
preferiscono essere chiamati) ebbe inizio nel XIX secolo.
Victor Le Domas vinse un gioco d’azzardo contro il signor
Le Bail e ricevette una scatola nera magica e la
possibilità di guadagnare la sua immensa fortuna con giochi da
tavolo e carte da gioco.
La famiglia Le Domas ha
considerato tutto questo come il prezzo da pagare per mantenere la
propria ricchezza e il proprio status.
Le regole che la famiglia Le Domas
seguiva per mantenere il proprio dominio erano anche soffocanti.
Altri Le Domas, come zia Helene (Nicky Guadagni),
dovettero sacrificare il loro nuovo coniuge la prima notte di nozze
dopo il nascondino. Alcuni membri della famiglia Le Domas non
credevano che la maledizione fosse reale, ma continuavano a seguire
i loro terribili rituali per paura di perdere tutto ciò che
avevano, compresa la loro vita. La famiglia Le Domas ha considerato
tutto questo come il prezzo da pagare per mantenere la propria
ricchezza e il proprio status, che comprende quattro squadre
sportive professionistiche.
L’impero della famiglia Le Domas si
basa sulle ex aziende di giochi da tavolo Milton Bradley Company e
Parker Brothers.
Il personaggio più inaffidabile di
Finché morte non ci separi si rivela essere
Alex Le Domas. Alex è il figliol prodigo che ha lasciato la
famiglia per due anni, ma alla fine è tornato con Grace. Alex
sapeva che Grace desiderava ardentemente far parte di una famiglia
perché era cresciuta in diverse case famiglia. Sposarsi con il
ricco Dominio Le Domas doveva essere per lei un sogno che si
realizzava.
Tuttavia, Alex non le parlò della
tradizione di famiglia e di ciò che poteva comportare se non dopo
che il nascondino era già iniziato. Anche se Alex ha cercato di
salvare Grace per una parte del film, in realtà stava lottando con
la sua vera natura di Le Domas e con la sua lealtà verso la
famiglia. Alla fine, quando Alex ha visto che Grace aveva ucciso
sua madre, ha perso la testa e si è scagliato contro la sua nuova
moglie.
Alex non ha pugnalato Grace al
cuore per completare il rituale perché avrebbe potuto
credere che la maledizione fosse vera, cioè che la sua famiglia
sarebbe morta, ma non l’avrebbe fatto. Lui e Grace
avrebbero potuto essere gli unici membri della famiglia Le Domas
rimasti in vita. Ma Alex è un Le Domas in tutto e per tutto, e
muore con il resto del suo clan perché non ha sacrificato Grace.
Grace è sopravvissuta a nascondino e ha dimostrato di non voler
diventare una Le Domas.
Perché tutti sono esplosi
quando è sorto il sole in Finché morte non ci
separi
La famiglia Le Domas è esplosa al
sorgere del sole nel finale di Ready or Not perché
non è riuscita a sacrificare Grace come la tradizione di
famiglia richiedeva. Se fossero riusciti a sacrificare
Grace, avrebbero continuato a vivere. Il risultato finale è un film
molto soddisfacente che mostra i malvagi miliardari uscire di scena
con un bel botto. È un finale appropriato e congruente con i temi
generali di Finché morte non ci separi
sulla natura distruttiva dell’élite più ricca del mondo.
Cosa succede dopo il finale di
Finché morte non ci separi
Dopo il climax esplosivo di
Finché morte non ci separi, la polizia
trova Grace in abito da sposa completamente ricoperta di sangue sui
gradini della villa Le Domas in fiamme. Grace ha probabilmente
molte spiegazioni da dare alle autorità, ma potrebbe non essere in
grado di dimostrare cosa è realmente accaduto se tutte le prove
vengono distrutte nell’incendio della villa.
Non è chiaro se Grace abbia firmato
un accordo prematrimoniale prima di sposare Alex, poiché la
questione non viene affrontata nel film. Dato che Grace si è
sposata con la famiglia La Domas, alla fine di
Finché morte non ci separi avrebbe
potuto uscire dal calvario come una miliardaria che controlla il
Dominio Le Domas. Con i piani per un
sequel di Finché morte non ci separi che
stanno prendendo forma, è probabile che i fan scopriranno cosa ne
sarà di questa simpatica eroina del cinema horror.
Il finale originale di Ready or
Not era molto diverso
Il finale di Finché
morte non ci separi si appoggia al tono da
commedia horror del film, offrendo al pubblico una conclusione
oscuramente esilarante. Tuttavia, i piani originali per il finale
erano molto diversi e avrebbero concluso le cose con una nota molto
più inquietante rispetto alla versione che il pubblico ha visto. Il
co-regista Matt Bettinelli-Olpin ha spiegato (viaCinemablend):
“La prima versione che abbiamo
letto in realtà terminava con l’uccisione di Grace, ed era un
finale molto più cupo, ed era qualcosa che sapevamo di dover
cambiare perché non credo fosse la versione che volevamo
raccontare”.
È stato saggio da parte dei registi
riconoscere che non era la conclusione giusta per questa storia. In
un film in cui una giovane donna determinata è braccata da cattivi
ricchi e titolati, il pubblico probabilmente non vuole che
il film finisca con la vittoria dei ricchi. Finché
morte non ci separi abbraccia pienamente il divertimento
della sua premessa e il finale doveva riflettere anche questo.
Questo li ha portati a trovare un finale che permettesse ai registi
di “avere la botte piena e la moglie ubriaca ”, come ha
suggerito Bettinelli-Olpin.
La scelta è ricaduta sul finale che
mostra la famiglia Le Domas mentre si rende conto che la
maledizione potrebbe non essere stata affatto reale e che hanno
fatto tutto questo per niente, per poi iniziare a morire
improvvisamente in modo epico. Bettinelli-Olpin sottolinea anche
che uno degli aspetti migliori del finale di Finché morte
non ci separi è stata un’idea della stessa
Samara Weaving, veterana del cinema horror, che ha
suggerito a Grace di trovare l’umorismo nel vedere i suoi letali
suoceri esplodere intorno a lei:
“Non era nella
sceneggiatura.Non è stata una nostra idea.Samara
aveva fatto una o due riprese.Avevamo fatto solo poche
riprese perché le riprese erano così veloci, e dopo due riprese lei
ha detto: ‘Posso provarne una in cui rido?Sento che lo
troverei divertente”.E allora abbiamo detto: “Sì,
grazie.Sembra meraviglioso, proviamolo”.E ricordo
anche che mentre lo stavamo girando pensavo: ‘Cavolo, è così
audace.Spero che funzioni!”. E così è stato.
Il vero significato del finale
di Finché morte non ci separi
Finché morte non ci
separi è uscito in un’epoca che era piena di film con
messaggi simili, in cui i membri trascurati e di classe inferiore
della società venivano vittimizzati dai privilegiati e alla fine si
vendicavano. Questi cosiddetti film “mangia i ricchi” includevano
film cupi e brutali come Joker e
Parasite e film più comici come
Knives Out.Finché morte non ci separi si
colloca a metà strada, ma il finale rafforza il messaggio del
film.
Per tutto il film, Grace è stata
vista come una pedina nel gioco letterale che la famiglia La Domas
stava giocando, oltre che come uno strumento da usare per garantire
la loro ricchezza e il loro successo. La famiglia non ha mai
esitato nelle sue azioni, vedendo le vite di queste persone
innocenti come facilmente eliminabili rispetto al proprio
benessere. Anche la morte di persone al loro servizio, come le
cameriere, viene trattata come irrilevante, purché si possa
ottenere ciò che si vuole.
Nel momento in cui il sole
sorge e Grace è ancora viva, la famiglia La Domas si trova di
fronte all’idea di essersi sbagliata per tutto il tempo, quando non
succede nulla.
Il finale di
Finché morte non ci
separifa
finalmente pagare alla famiglia per quello che ha fatto, ma lo fa
in modo stratificato. Nel momento in cui il sole sorge e
Grace è ancora viva, la famiglia La Domas si trova di fronte
all’idea di aver sbagliato per tutto il tempo, quando non succede
nulla. Erano così coinvolti nel loro benessere che non si sono mai
fermati a considerare che tutto questo potesse essere una bugia.
L’espressione imbarazzata sui loro volti è abbastanza
soddisfacente, ma ovviamente non è una punizione sufficiente per
loro.
Il loro opprimente senso di
rimpianto è seguito dall’esplosione in una pozza di sangue. È la
fine più soddisfacente per loro, perché si rendono conto di non
avere più nulla da barattare. Alcuni cercano di scappare, altri si
aggrappano al loro senso di potere e Alex cerca di scusarsi con
Grace, ma nessuno riesce a sfuggire al proprio destino. Per la
prima volta nella loro vita, sono impotenti. Il fatto che Grace
possa ridere di loro e semplicemente allontanarsi dalla loro
carneficina senza preoccuparsi di loro è l’insulto definitivo ai
cattivi egocentrici di Finché morte non ci
separi.
Il co-CEO dei DC Studios
James Gunn non è ancora sicuro di quale
progetto DCU dirigerà dopo Superman,
ma non gli mancano alcune opzioni.
Parlando con Collider, Gunn ha
ribadito di essere molto coinvolto nei prossimi progetti
Supergirl: Woman of Tomorrow e Lanterns,
ma deve ancora decidere per quale film o serie tornerà dietro la
telecamera. “Ho tipo quattro cose diverse che potrei fare, e
salterò avanti e indietro tra queste cose”, ha detto Gunn al
sito. “Voglio vedere quale mi parla davvero, e quella è quella
che farò”.“Una cosa che ho cercato di chiarire alle
persone fin dall’inizio […] è che tutto in DC sarà basato sugli
sceneggiatori. Finché non avremo una sceneggiatura di cui sono
totalmente soddisfatto, quel film non verrà realizzato, non importa
cosa sia”, ha aggiunto.
Gunn ha diretto gli episodi della
seconda stagione di Peacemaker insieme a Brad
Anderson (Session 9), Rosemary Rodriguez
(The Walking Dead) e Jody Hill (The Righteous
Gemstones), e ha anche confermato che sono in discussione
“molteplici” altri progetti vietati ai minori, ma la storia è ciò
che alla fine determinerà la classificazione.
“Non si tratta di provare per
vedere se questa cosa funziona. Si tratta solo di raccontare una
storia. Se una storia deve essere vietata ai minori, siamo
totalmente d’accordo. Se deve essere PG, PG-13 o G, non mi
interessa: qualunque cosa sia degna della storia, è quello che
faremo.”
Superman, tutto
quello che sappiamo sul film di James Gunn con David
Corenswet
Superman,
scritto e diretto da James Gunn, non
sarà un’altra storia sulle origini, ma il Clark Kent che
incontriamo per la prima volta qui sarà un “giovane reporter” a
Metropolis. Si prevede che abbia già incontrato Lois Lane e,
potenzialmente, i suoi compagni eroi (Gunn ha detto che
esistono già in questo mondo e che l’Uomo di domani non è il primo
metaumano del DCU). Il casting ha
portato alla scelta degli attori David Corenswet
e Rachel
Brosnahan come Clark Kent/Superman e Lois Lane. Nel
casta anche Isabela Merced, Edi Gathegi,
Anthony Carrigan,
Nicholas Hoult e Nathan Fillion.
Il film è stato anche descritto come
una “storia
delle origini sul posto di lavoro“, suggerendo che una
buona parte del film si concentrerà sull’identità civile di
Superman, Clark Kent, che è un giornalista del Daily Planet.
Secondo quanto riferito, Gunn ha consegnato la prima bozza della
sua sceneggiatura prima dello sciopero degli sceneggiatori, ma ciò
non significa che la produzione non subirà alcun impatto in futuro.
Il film uscirà nelle sale l’11 luglio 2025.
Ci sono storie che non le puoi
semplicemente mettere da parte. Storie che sembrano vivere di vita
propria, con la capacità e la consapevolezza di attendere il
momento giusto per venire allo scoperto. Storie che anzi ottengono
da questa attesa un’accresciuto valore, complice quella certa
distanza temporale che permette di osservare le cose da nuove e più
attente prospettive. È proprio quello che è accaduto con
Napoli – New York, il nuovo film del regista
premio Oscar Gabriele
Salvatores (Mediterraneo,
Il
ritorno di Casanova), nato però dalla mente e dalle mani
di Federico Fellini e Tullio Pinelli.
Un soggetto scritto sul finire degli
anni Quaranta e rimasto nel cassetto per decenni, finalmente
riscoperto e infine divenuto film, con il quale Salvatores ha
potuto tornare a raccontare temi a lui cari come il viaggio,
l’altrove, la solidarietà. Il regista –
come da lui dichiarato – ha lasciato pressocché intatta la
prima parte del film, rielaborando però quella ambientata negli
Stati Uniti affinché si avvalesse di uno sguardo meno idealizzato
di quello che si poteva avere quando fu scritto il soggetto. In
generale, però, Salvatores ha reso Napoli – New
York una favola, nella quale come in tutte le favole si
ritrova tanta realtà.
La trama di Napoli – New York: un popolo di
migranti
Nell’immediato dopoguerra, tra le
macerie di una Napoli piegata dalla miseria, i piccoli
Carmine (Antonio Guerra) e
Celestina (Dea Lanzaro) tentano
di sopravvivere come possono, aiutandosi a vicenda. Una notte,
s’imbarcano però come clandestini su una nave diretta a New York
per andare a vivere con la sorella di Celestina emigrata anni
prima. I due bambini si uniscono ai tanti emigranti italiani in
cerca di fortuna in America e, con l’aiuto di Domenico Garofalo
(Pierfrancesco
Favino), sbarcano in una metropoli sconosciuta, che
dopo numerose peripezie, impareranno a chiamare casa.
Dea Lanzaro in Napoli – New York. Cortesia di 01
Distribution
Napoli ferita ma sempre viva
Tutto parte dunque da
Napoli, città ferita dal passaggio della guerra ma
sempre colorata, profumata, calorosa in tutta la sua incontenibile
vitalità. Una città che ci presenta la definizione perfetta di
quell’arte di arrangiarsi che tanto ci è propria, con la sua
popolazione sempre pronta a rimboccarsi le maniche e vivere come
meglio può alla giornata, senza chinare il capo dinanzi ai traumi
della guerra. Una Napoli che con questa veste è stata raccontata
innumerevoli volte, dal capolavoro del neorealismo Paisà
(sceneggiato anche da Fellini e platealmente citato in
Napoli – New York) fino al recente Hey Joe
(al cinema dal 28 novembre).
Salvatores omaggia dunque la città
in cui è nato raccontandola e mostrandocela con quante più
sfumature possibili, scegliendo quegli ambienti e quei volti che ne
esaltano il bello e il brutto, il sacro e il profano. Una
rappresentazione che risulta ancor più realistica proprio in quanto
ideata negli stessi anni in cui il film è ambientato, potendo
dunque contare su una vicinanza storica che ha permesso di essere
fedeli a quanto realmente avveniva tra i vicoli, il porto o gli
ambienti più altolocati della città. Il risultato è come sempre
suggestivo, coinvolgente, con un che di ammaliante per quel certo
qualcosa che ci è come famigliare.
New York terra delle promesse
Ben altro discorso si ha invece per
New York, città che Fellini e Pinelli poterono
solo immaginare secondo i racconti idealizzati dell’epoca, ma che
Salvatores restituisce con un fare favolistico ma decisamente più
disincantato. Cambia infatti il linguaggio del film e dall’animo
caloroso di Napoli si passa a quello più composto e squadrato di
New York, mostrata con colori e ambienti apparentemente da sogno ma
dietro i quali si nascondono numerose menzogne, come racconterà poi
il sogno americano infranto della sorella di Celestina.
Antonio Guerra e Pierfrancesco Favino in Napoli – New York. di 01
Distribution
Un’ode alla solidarietà italiana
Nel mezzo, tra Napoli e New York,
c’è il lungo viaggio in nave. Un viaggio che ricopre un significato
importantissimo all’interno del film, in quanto porta al
manifestarsi di tutti quei valori e temi che a Salvatores sta a
cuore trattare. Emerge in particolar modo la solidarietà italiana,
che porta ad aiutarsi, difendersi e proteggersi senza badare alle
possibili “differenze”. Un valore che Salvatores sembra volerci
anche ricordare, dato il suo essersi indebolito in questi ultimi
difficili tempi. Come ci ricorda anche che migranti lo siamo stati
e lo siamo tutt’ora, in un periodo in cui anche questo dettaglio
del nostro passato sembra essere stato dimenticato.
Napoli – New York
vuole dunque essere sì una favola, proponendoci un racconto
appassionante e impreziosito dalle interpretazioni degli attori
protagonisti, ma nel guidarci attraverso tutto ciò – tra risate,
paure e momenti di grande emozione – ribadisce dunque la forza del
popolo italiano davanti alle avversità, purché sappia far fronte
comune come gli si vede fare nella Little Italy presente a New
York. Una terra lontana eppure uguale a quella Napoli/Italia
lasciatasi alle spalle, dove ritrovare tutto il calore e l’affetto,
sapendo di poter sempre contare sulla mano di qualcuno che ci
salva.
Quando Tron:
Ares uscirà l’anno prossimo, saranno passati 15
anni da quando Tron: Legacy ci ha riportato alla Griglia (che a sua
volta era un seguito del classico originale del 1982).
Questo terzo capitolo, diretto dal
regista di Pirati dei Caraibi – La vendetta di SalazarJoachim Rønning, sarà all’altezza delle
aspettative dei fan? C’è un po’ di incertezza, in particolare con
Jared Leto che interpreta il ruolo
principale di Ares. Reduce da Morbius e da
Suicide Squad, Leto non desta troppa
fiducia nei fan, tuttavia, il fatto che il premio Oscar interpreti
un programma che lascia la Griglia ed entra nel mondo reale è
innegabilmente intrigante.
Parlando con Empire, Rønning ha
spiegato come il passaggio dai Daft Punk ai
Nine Inch Nails nella colonna sonora sia
indicativo della continua evoluzione del franchise di fantascienza.
“Con i Nine Inch Nails a fare la musica, questa puntata sarà un
po’ più grintosa, un po’ più industriale”, dice il regista al
sito. “Per me è stato importante mettere a confronto La Griglia
e il mondo reale. In questo senso, Nine Inch Nails si presta
perfettamente a questo nuovo mondo di Tron che stiamo
creando.”
“Quello che cerco sempre in ogni
storia è un nucleo emotivo forte”, aggiunge Rønning.
“Questo film sarà probabilmente più emozionante di quanto la
gente si aspetti. Riguarda il costo dell’essere umani.”
Tron: Ares segue un
programma altamente sofisticato, Ares, che viene inviato dal mondo
digitale al mondo reale in una pericolosa missione, segnando il
primo incontro dell’umanità con esseri dotati di intelligenza
artificiale.
Il film è interpretato da
Jared Leto, Greta Lee,
Evan Peters, Hasan Minhaj, Jodie Turner-Smith, Arturo Castro,
Cameron Monaghan e Gillian Anderson. La regia è di Joachim Rønning; i produttori sono Sean
Bailey, Jeffrey Silver, Justin Springer, Leto, Emma Ludbrook e
Steven Lisberger.
Tron:
Ares arriverà nei cinema il 10 ottobre 2025.
Il primo teaser trailer per la
versione live-action di
Dragon Trainer della DreamWorks
Animation è attualmente in programmazione in alcuni cinema.
Mentre è probabile che un’uscita online sia imminente, più di un
minuto di filmato è appena trapelato online.
Prontamente ritirato dalla
distribuzione, il video presenta il fatidico incontro tra Hiccup e
Sdentato, il maldestro giovane vichingo e la Furia Buia che diventa
il suo amico più fidato. Nel filmato anche uno sguardo a Gerard Butler che interpreta Stoick, papà di
Hiccup, e che riprende il suo ruolo dal film d’animazione. Nel
complesso, tuttavia, gli effetti visivi sembrano impressionanti e
Sdentato è essenzialmente una versione leggermente più raffinata
della sua controparte dei cartoni animati (in termini di design,
non sembrano esserci differenze degne di nota).
Butler ha recentemente parlato con
Collider del lavoro sul tanto atteso remake di Dragon
Trainer: “Sì, faceva molto freddo ed era un po’ triste
perché siamo andati nel momento peggiore. Era dicembre, o in realtà
stavamo iniziando a gennaio. Avevo una stanza d’albergo con un
vetro proprio vicino alla mia vasca, e per qualche ragione, avevo
deciso che avrei fatto dei bagni di ghiaccio ogni mattina. Quindi,
alle cinque del mattino, il mio [fisioterapista] — perché ero tipo,
‘Non metterò il ghiaccio nella vasca,’ — entrava e riempiva la mia
vasca di ghiaccio, e io entravo in questo bagno di ghiaccio, ma
fuori era buio con il vento che soffiava, ero fradicio. Sai quanto
era gelido. Almeno se fai un bagno di ghiaccio, e sei a Los Angeles
è un cielo azzurro. Era tipo, ‘Esco da qui e vado lì.'”
“Ma avevo sette strati, strati
spessi, e una folta barba, e poi avevo una specie di pelle d’orso o
di lupo sopra. Era pesantissimo. Quando avevo la mia spada e il mio
scudo e l’elmo, che era pesante, e tutti quegli strati con le
fibbie che andavano in giro, pesava 40 chili, il mio costume. Ero,
nel bel mezzo della giornata più fredda, fradicio di sudore dentro
perché era come una fornace lì dentro. Quindi, immagino di aver
avuto il vantaggio di… avevo raramente freddo mentre tutti gli
altri ne avevano. Ero tipo, “Sì, la mia barba sta cadendo a causa
del sudore”. Devi rimetterla giù. Le mie sopracciglia stavano
cadendo. Ho dovuto incastrarlo perché sudavo troppo.”
Tutto quello che sappiamo sul live
action di Dragon Trainer
La Universal Pictures ha riunito un
cast impressionante per Dragon Trainer che include
Mason Thames, Nico Parker,
Gerard Butler,
Nick Frost, Julian Dennison, Gabriel Howell, Bronwyn James,
Harry Trevaldwyn e Ruth Codd.
Dean DeBlois, che
ha scritto e diretto Lilo & Stitch e la trilogia
di Dragon Trainer insieme a Chris
Sanders, dirige questo remake.
Nel film d’animazione, Hiccup, un
giovane vichingo che sogna di diventare un coraggioso cacciatore di
draghi, stringe un’improbabile amicizia con una delle bestie
volanti dopo averla ferita per sbaglio. Insieme, Hiccup e il suo
nuovo amico, che lui chiama Sdentato, devono unire le loro culture
in una lotta contro un gigantesco drago malvagio noto come Morte
Rossa.
Dragon Trainer uscirà nelle sale il 13 giugno
2025.
In The
Batman, l’Enigmista viene sconfitto dal Cavaliere
Oscuro e rinchiuso ad Arkham. Poi, negli ultimi momenti del film,
il serial killer fa amicizia con un personaggio bizzarro, già
rinchiuso nel manicomio criminale di Gotham, che in seguito
scopriremo essere il Joker di Barry Keoghan.
La Warner Bros. ha pubblicato una
scena eliminata estesa mentre il film era ancora nei cinema, in
cui Batman visitava il Joker ad Arkham per vedere se la sua mente
contorta potesse aiutarlo a rintracciare Edward Nashton. Si scopre
che il vigilante aveva messo il cattivo dietro le sbarre durante il
suo “Anno Uno” a Gotham City, informazione che prepara il terreno
per un’inevitabile rivincita tra i due acerrimi nemici.
È stato ampiamente riportato che il
Joker tornerà in The
Batman Part II, anche se il regista Matt
Reeves potrebbe avere piani più grandi per questa sinistra
nuova interpretazione del Clown Principe del Crimine nel suo
eventuale terzo film.
Barry Keoghan tornerà nei panni di Joker?
Parlando con Josh
Horowitz, Keoghan ha condiviso la sua speranza di tornare
come il Joker, ma ha affermato di essere tenuto all’oscuro sul suo
futuro DC. “È una cosa importante, ma devo dire che, se si
presentasse l’opportunità, sì, mi piacerebbe esplorarla e, data
l’opportunità, immergermici davvero”, dice l’attore irlandese.
“Ma non sono stato contattato, non ho sentito nulla”.
Barry Keoghan è Joker in The Batman
Ha continuato confermando di aver
pensato molto alla storia passata e all’aspetto del Joker,
elogiando il lavoro del truccatore Mike Marino
(che ha anche trasformato Colin Farrell in Oz
Cobb). Keoghan commenta il suo ruolo di Druig in
Eternals ma non si sofferma su un possibile
ritorno o se è deluso dal fatto che i Marvel Studios abbiano sostanzialmente
rinunciato ai personaggi dopo il grande cliffhanger del film del
2021.
Parlando di dare una nuova svolta a
The Joker durante la promozione di The Penguin, Reeves ha detto: “Ogni volta
che ti avvicini a uno di questi personaggi, devi trovare un modo
nuovo per farlo. Quindi questo lo rende incredibilmente
scoraggiante. Allo stesso tempo, questa versione di Penguin è una
versione di Penguin che nessuno aveva mai visto”.
“L’unico modo per farlo è
sentirsi come se ti stessi guadagnando il tuo posto perché
altrimenti stai solo facendo di più e la gente dice: ‘Beh,
l’abbiamo visto, quindi cosa hai per noi?’ Quindi come può essere
la cosa che amiamo, ma anche qualcosa che non abbiamo visto?”
ha continuato il regista. “Questa è sempre la sfida. Quindi con
un personaggio del genere, questa dovrebbe essere
l’asticella”.
Al momento, le uniche notizie certe
legate al film sono che
The Batman – Parte II uscirà nelle sale il 2
ottobre 2026.
Barry Keoghan nei panni di Druig – Eternals – Credits Marvel Studios
Un nuovo scatto di
Captain America: Brave New World vede Sam Wilson
(Anthony Mackie) e Joaquin Torres (Danny
Ramirez) lanciarsi in azione nei panni, rispettivamente,
dei nuovi Captain America e Falcon del MCU. Quando Sam Wilson sarà al
centro della scena nel prossimo febbraio in Captain
America: Brave New World, avrà un po’ di supporto in
Joaquín Torres, il nuovo Falcon del MCU.
Presentato come personaggio
secondario in The Falcon and the Winter
Soldier di Disney+, indosserà
per la prima volta il costume in questo film e il nostro primo
sguardo ufficiale a lui in azione insieme a Captain America può
essere visto di seguito.
Empire Online ha anche
parlato con Julius Onah regista di Captain
America: Brave New World che,
contrariamente a quanto riportato di recente, non è stato
rimosso dal ruolo di regista del film. “C’è questa incredibile
dinamica fratello maggiore/fratello minore tra loro”, ha detto
il regista della nuova dinamica Captain America/Falcon. “Sarà
uno dei centri emotivi chiave del film”.
“Questi ragazzi sono combattenti
incredibili”, ha continuato Onah. “E Sam è stato lì e
tornato. Ha qualche asso nella manica e nel corso del film ci sono
cose che impara che diventano altri strumenti nel suo arsenale,
quando si trova ad affrontare anche le minacce più
impossibili.”
Una di queste minacce impossibili
sarà Red Hulk di Harrison Ford e tocca a
Captain America: Brave New World spiegare come Sam
Wilson, che non ha superpoteri, riesca a tenere testa al cattivo,
anche con una tuta di Vibranio. Forse finirà con alcuni
potenziamenti in Adamantio? Dovremo aspettare e vedere, ma di
seguito potete vedere il nuovo Captain America e Falcon fianco a
fianco nel post Instagram qui sotto.
Quello che sappiamo sul
film Captain America: Brave New World
Captain America: Brave New World riprenderà da
dove si è conclusa la serie Disney+The Falcon and the Winter
Soldier, seguendo l’ex Falcon Sam Wilson (Anthony Mackie)
dopo aver formalmente assunto il ruolo di Capitan America. Il
regista Julius Onah (Luce, The
Cloverfield Paradox) ha descritto il film come un
“thriller paranoico” e ha confermato che vedrà il ritorno
del Leader (Tim Blake Nelson), che ha iniziato la
sua trasformazione radioattiva alla fine de L’incredibile
Hulk del 2008.
Secondo quanto riferito, la star di
Alita: Angelo della BattagliaRosa
Salazar interpreterà la cattiva
Diamondback, mentre ancora sconosciuto è il ruolo
del villain interpretato da Giancarlo Esposito. Harrison Ford, invece, assume qui il ruolo di
Thaddeus “Thunderbolt” Ross, che a quanto rivelato dal primo
trailer si trasformerà ad un certo punto nel Hulk Rosso.
Nonostante dunque avrà degli
elementi al di fuori della natura umana, il film riporterà
il Marvel Cinematic
Universe su una dimensione più terrestre e realista, come
già fatto anche dai precedenti film dedicati a Captain America. Ad
ora, il film è indicato come uno dei titoli più importanti
della Fase
5.
Anthony
Mackie ha recentemente dichiarato che questo film
è “10 volte più grande” della sua serie Disney+ e ha parlato della dinamica tra Cap e il
nuovo Falcon, Joaquin Torres. “Sono in coppia alla pari“,
ha scherzato. “Sono entrambi militari. Io ero il suo ufficiale
comandante. Tra noi c’è più amicizia rispetto al modo in cui
ammiravo Steve o al modo in cui non mi piaceva Bucky“.
“Questo film è un chiaro reset.
Ristabilisce davvero l’idea di cosa sia e cosa sarà questo
universo“, ha aggiunto Mackie. “Penso che con questo film,
si stia ottenendo un chiaro, nuovo marchio di ciò che
la Marvel vuoole
essere nello stesso modo in cui hanno fatto con Captain America: The Winter
Soldier“.
Il co-CEO di DC Studios James Gunn ha chiarito alcuni commenti confusi
fatti all’inizio di quest’anno sulla prima stagione di
Peacemaker,
che ha detto di non considerare canonica con il nuovo DCU nonostante la seconda stagione in arrivo
faccia parte del fiorente universo condiviso di film e TV.
Parlando con IGN, Gunn ha rivelato
che “quasi tutto” della prima stagione di Peacemaker è
canonico, con una notevole eccezione molto facile da indovinare per
chi ha visto la serie! “In Creature Commandos, li
sentirai parlare di cose accadute in [The] Suicide Squad o Peacemaker”, ha spiegato Gunn. “Beh,
allora quelle cose diventano automaticamente canoniche”.“La verità è che quasi tutto Peacemaker è canonico, ad
eccezione di Justice League”, ha aggiunto Gunn.
“Della quale ci occuperemo nella prossima stagione di
Peacemaker”.
Come previsto, la sequenza comica in
cui i membri della League si presentano troppo tardi per salvare la
situazione nel finale di stagione di Peacemaker
dovrà subire una retcon. Non sappiamo esattamente come Gunn intende
realizzare questa correzione, ma grazie ad alcune foto recenti dal
set, potremmo avere una buona idea.
Peacemaker stagione 1 è canone DCU
Sebbene la foto sia stata rimossa,
all’inizio di quest’anno è stato avvistato un murale sul set della
serie che raffigura Peacemaker di Cena (che indossa un costume
leggermente diverso), suo padre con il suo costume da Drago Bianco
e un misterioso terzo personaggio che molti credono si rivelerà
essere il defunto fratello di Christopher, Keith.
Sappiamo che Robert
Patrick tornerà come Augee Smith nonostante sia stato
ucciso nel finale della prima stagione, e il fatto che i personaggi
si trovino in qualche modo in una parte diversa del Multiverso DC
spiegherebbe i commenti di Gunn sulla prima stagione che non fa
parte del DCU.
Invece di fingere semplicemente che
i cameo della Justice League non siano mai
avvenuti, Gunn potrebbe pianificare di portare Peacemaker
e i personaggi di supporto in una realtà completamente nuova.
Peacemaker, cosa sappiamo sulla seconda
stagione
“Peacemaker esplora la storia
del personaggio che John Cena riprende all’indomani del film del
2021 del produttore esecutivo James
Gunn, Suicide Squad – un uomo irresistibilmente vanaglorioso
che crede nella pace ad ogni costo, non importa quante persone
debba uccidere per ottenerla!”. I dettagli sulla trama della
seconda stagione sono ancora per lo più nascosti, ma probabilmente
ruoterà intorno al tentativo di Rick Flag Sr. di vendicarsi per
l’uccisione da parte di Peacemaker di suo figlio Rick Jr. (Joel
Kinnaman) avvenuta in The Suicide Squad.
Film di carattere epico del 2010,
Scontro tra titani porta nuovamente al cinema la
mitologia greca, fonte di personaggi e storie ancora oggi
indimenticabili. In questo caso, il titolo in questione è un remake
dell’omonimo film del 1981, all’interno del quale si raccontano le
gesta dell’eroe Perseo, protagonista di eventi che lo portano a
sfidare creature straordinarie e gli stessi Dèi dell’Olimpo. A
dirigere il film vi è il francese Louis Leterrier,
affermatosi due anni prima grazie a L’incredibile Hulk.
Il progetto per un nuovo film su
tale mito era in realtà in sviluppo da diversi anni, con una
sceneggiatura che prevedeva inizialmente un film vietato ad un
pubblico di minori. Ciò è stato tuttavia fatto modificare dallo
studios di produzione, il quale aspirava ad avere un’opera fruibile
da un pubblico quanto più ampio possibile. Il nuovo Scontro
tra titani presenta inoltre una storia piuttosto distante
da quella del precedente film e del mito greco.
Non tutti furono convinti di questa
nuova versione, e l’accoglienza da parte della critica fu in realtà
particolarmente negativa. Il film, tuttavia, si affermò come un
grande successo al box office. Per gli appassionati di mitologia e
film epici, Scontro tra titani è certamente un
titolo da non perdere. Prima di gettarsi nella visione, però, può
essere utile conoscere alcune curiosità legate al film, di cui
molte relative al cast di attori.
Ambientato nell’antica Grecia, il
film narra la storia di Perseo, semidio nato
dall’unione tra Zeus e un’umana. Il giovane si
ritrova a crescere in una famiglia di umili pescatori, sentendosi
però destinato a qualcosa di più grande. La sua quotidianità viene
infine spezzata dallo sterminio dei suoi cari e della sua gente da
parte di Ade, dio degli Inferi, il quale ha ucciso
per vendicare un torto nei confronti degli Dèi. Il dio degli Inferi
intende infatti punire il popolo di Argo per la loro superbia, e
porrà loro uno spaventoso ultimatum.
Affinché la città non venga
distrutta senza pietà, è necessario che la principessa
Andromeda venga data in pasto al terribile
Kraken, mostro marino creato all’epoca dello
scontro con i Titani. Perseo, però, desidera a
tutti i costi vendicare i genitori adottivi, e decide di unirsi ai
soldati di Argo. Venuto a conoscenza delle sue reali origini,
questi scopre di avere poteri straordinari, che potranno aiutarlo
nello sfidare il malvagio dio degli Inferi e la sua creatura.
Il cast del film
Per interpretare il ruolo dell’eroe
Perseo, lo studios decise di assegnare il ruolo all’attore Sam
Worthington, divenuto noto in quel periodo anche come
protagonista di Avatar.
L’interprete fu ben lieto di assumere i panni del mitologico
personaggio, ma l’esperienza del set non fu però facile per lui,
che dovette sottoporsi ad un lungo allenamento fisico per
raggiungere la corporatura richiesta. Elemento di difficoltà fu per
lui anche il dover gestire la pesante armatura. Alexa
Davalos, invece, interpreta il ruolo della principessa
Andromeda.
Accanto a lui, nel film, si
ritrovano poi una lunga serie di attori particolarmente noti, come
Liam Neeson,
che ha qui il ruolo di Zeus. Ralph
Fiennes è invece presente nei panni del dio Ade, ruolo
per il quale si è preparato studiando i principali miti a cui
questi è legando. Così facendo ha avuto modo di costruire il
carattere del suo personaggio. L’attrice Gemma
Aerton, invece, è Io, divinità inserita nel film per
dar vita ad una storia d’amore con Perseo. L’attore danese Mads
Mikkelsen è invece Draco, comandante dell’esercito di
Argo.
Dato il grande successo del film,
nel 2012 arrivò al cinema il suo sequel diretto, intitolato
La furia dei
titani. Diretto stavolta da Jonathan
Liebesman, e con nuovamente Worthington nei panni di
Perseo, questo si concentra sulla vendetta che Ade scaglia contro
Zeus. Il semidio sarà dunque richiamato all’avventura. Si troverà
così a dover salvare il padre e impedire che il dominio degli dèi
cessi di esistere, riportando alla luce gli spietati Titani.
Con un budget attestato intorno ai
150 milioni di dollari, il film arrivò ad incassarne circa 305 in
tutto il mondo. Un risultato decisamente inferiore, che spinse lo
studios di produzione a bloccare la lavorazione del già annunciato
terzo capitolo, dal titolo La vendetta dei titani.
Nel 2013, infine, Worthington ha affermato che è altamente
improbabile che tale film conclusivo della trilogia venga
realizzato e ad oggi tale affermazione sembra essere ancora
valida.
Non sono stati rivelati dettagli
sulla storia di La vendetta dei titani, ma dato
che il film precedente terminava con la morte di Zeus e Perseo che
consegnava la sua spada al figlio Heleus, ciò avrebbe potuto
anticipare una collaborazione tra padre e figlio per il terzo film,
in cui, come suggeriva il titolo, si sarebbe assistito ad una
vendetta dei titani. La mancanza di idee valide, però, sembra aver
spinto i produttori ad abbandonare l’idea, per cui non sapremo mai
se quanto qui ipotizzato avrebbe trovato concretezza.
Il trailer del film e dove vederlo
in streaming e in TV
Scontro tra titani
è disponibile nei cataloghi di Apple iTunes, Tim Vision,
Prime Video e Now. Per
vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà
noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale.
Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della
qualità video. Il film verrà inoltre trasmesso in televisione
lunedì 18 novembre alle ore 21:20
sul canale Italia 1.
A Luca Argentero, con una carriera alle spalle
di vent’anni, mancava – come lui stesso ammette – un progetto con
Groenlandia. È stato questo uno dei motivi che lo ha spinto ad
accettare di ricoprire il ruolo del protagonista Sante
Moras in La coda del diavolo, nuovo film
Sky Exclusive in arrivo sulla piattaforma dal 25 novembre.
Una collaborazione partita dalla lettura del romanzo omonimo di
Maurizio Maggi, nel quale è ritratto un uomo che ben si allontana
dai personaggi che hanno costellato l’esperienza cinematografica
dell’attore torinese, diventando così una sfida e un’occasione da
cogliere. Argentero, in questo viaggio fra la ricerca di sé e la
salvezza, è stato accompagnato da due ottimi comprimari,
Cristiana dell’Anna e Francesco Acquaroli.
Insieme al suo Sante, sono
personaggi che tessono le fila di un thriller dalle tinte noir, e
definiti dal regista Domenico De Feudis come tre
solitudini che cercano la propria strada, affrontando le loro più
intime paure. Tre ritratti che però non emergono mai come
dovrebbero nella storia, e il cui background rimane per lo più
sconosciuto, faticando a dargli delle vere sfaccettature. La coda
del diavolo si basa su una sceneggiatura di Nicola Ravera Rafele e
Gabriele Scarfone, ed è prodotto da Matteo Rovere e Andrea
Paris.
La coda del diavolo, la trama
Sante Moras è un ex poliziotto ora
guardia carceraria in un carcere della Sardegna. È un uomo solo,
che trascorre il suo tempo libero ad aggiustare una barca a cui è
estremamente legato. Un giorno viene arrestato un uomo colpevole di
aver ucciso a sangue freddo una giovane davanti a due poliziotti, e
dietro questo delitto sembra celarsi una verità atroce, legata in
principal modo a una sorta di tatuaggio che la ragazza porta dietro
il collo e che assomiglia alla coda di un diavolo. Sante viene
incaricato di sorvergliarlo, ma quando all’improvviso si
addormenta, al suo ritorno il detenuto nella cella è stato ucciso.
In preda alla paura di essere dichiarato colpevole, l’ex poliziotto
scappa, autocondannandosi. A inseguirlo è il commissario Tommaso
Lago, determinato a trovarlo e portarlo davanti alla giustizia.
Sante, però, capisce che l’unico modo per tornare alla normalità è
scavare fino in fondo nella verità: ad aiutarlo sarà la giornalista
Fabiana Lai, che non si fermerà all’apparenza delle cose ma
guarderà oltre, per stanare i veri assassini, scoprendo una realtà
ancora più oscura.
Caccia all’uomo in una fredda
Sardegna
Inabissarsi in un film di genere non
è mai semplice. Ogni tassello deve incastrarsi bene nel puzzle
finale. L’equilibrio è sempre precario, e bisogna che la tensione
abbia un costante crescendo se si indossano gli abiti di un
thriller-noir come La coda del diavolo. Per quanto sia
esemplare la performance di Luca Argentero, il cui impegno è
percepibile, a questa pellicola manca il giusto coinvolgimento per
convincere a pieno. L’incipit è fuor di dubbio
buono: un uomo solido ma con diversi fantasmi viene
incolpato di un crimine che non ha mai commesso. Mentre cerca di
fuggire da un immeritato destino deve fare i conti con se stesso e
il suo passato, due elementi che lo hanno ingrigito. Una trama
classica, in cui si intrecciano mafia, redenzione, riscatto, e dove
la dicotomia fra bene e male impregna ogni angolo della narrazione.
Peccato, però, che a livello di esecuzione non tutto
ingrani come dovrebbe: a volte si è inondati dalla
sensazione che manchi qualcosa nel racconto, o che ci siano
dinamiche messe al margine. L’aspetto criminoso non si
approfondisce, è un contorno offuscato, trasformandosi solo in un
pretesto per il progresso delle azioni dei personaggi.
L’action non è mai pienamente
intrattenitivo, facendo calare l’attenzione sulla scena che si sta
guardando (e che dovrebbe essere adrenalinica). Anche sulla
caratterizzazione dei personaggi la sceneggiatura ha faticato a
metterli a fuoco come ci si aspetterebbe da un film di genere,
specie se sono le colonne portanti attraverso cui si esplicano le
tematiche che si vogliono affrontare. Per affezionarsi ai
protagonisti sullo schermo non basta calarli in un contesto
minaccioso, ma serve sapere quali sono i loro demoni nell’armadio,
quali le loro preoccupazioni, cosa li soffoca e le ragioni concrete
che li spingono a reagire in un determinato modo. Incontrando gli
attori, Cristiana dell’Anna ha dichiarato che la sua Fabiana è una
di quelle giornaliste che guardano al di là del pregiudizio, che
scavano nella verità con le unghi e con i denti senza preoccuparsi
della loro incolumità. Tuttavia il personaggio non respira mai
totalmente, soffocato forse da tempi troppo stretti. Lo stesso si
può dire di Sante e e il commissario Lago, la cui storia oltre quel
che si vede è nascosta nell’ombra. Il risultato è un
prodotto che funziona a metà. Spesso zoppicante, che
avrebbe meritato un minutaggio differente per farlo apprezzare
meglio.
Nella sala 4 del cinema Barberini,
Luca Argentero, Cristiana
dell’Anna e il regista Domenico de Feudis
hanno presentato il nuovo film Sky ExclusiveLa coda del diavolo, thriller-noir che debutta sulla
piattaforma il 25 novembre. Al centro della scena Sante Moras, un
ex poliziotto accusato dell’uccisione di un carcerato, il quale
viene aiutato dalla giornalista Fabiana Lai nel dimostrare la
propria innocenza. Argentero si è dimostrato sin da subito
entusiasta della produzione di questa pellicola, in particolare
perché è stato coinvolto molto prima della lettura della
sceneggiatura. “Sono tanti i motivi per cui è stato
interessante aderire a questo progetto”, ha esordito.
“Intanto perché sono stato
coinvolto dai produttori in una fase in cui un attore di solito non
viene coinvolto, e che in questo caso è la lettura di un libro
(da cui è tratto il film ndr) e il passaggio poi da questo alla
sceneggiatura. È un lavoro molto più complesso di quello che si
possa pensare e che ha richiesto molto tempo proprio per arrivare a
un formato a cui oggi non siamo più abituati. Esaurire una storia
così densa di personaggi, avvenimenti e backstory in novanta
minuti, in un momento in cui sono le serie a prevalere, è
difficile. E invece si arriva a una storia e a dei personaggi molto
precisi e puliti. Il film è divertente, è intrattenimento allo
stato puro, proprio perché è ben definito.”
Volgendo poi uno sguardo alla sua
carriera attoriale, per Argentero questo è un ruolo un po’
insolito, spesso vestendo i panni di personaggi più
candidi e, soprattutto, solari. “Il mio è un personaggio un po’
insolito ed è la ragione per cui ho scelto di interpretarlo, mi ha
stimolato”, continua. “Nel corso dei miei venti anni di
carriera ho spaziato con i personaggi, e un ruolo di questo tipo
poche volte mi era capitato e così ho deciso di cogliere
l’occasione. Scegliere però di fare un film senza mai sorridere non
mi era mai davvero accaduto. Nella scena finale ho provato a
chiedere se potessi abbozzare un sorriso, ma mi è stato detto di
no”, prosegue l’attore, rivolgendosi poi al team di
produzione, per ringraziarlo e sottolineare quanto “fidarsi di
una versione inedita di un attore protagonista è un gesto di
coraggio e stima.”
La coda del diavolo: contro il
pregiudizio
Nella sua folle corsa verso la
salvezza, Sante Moras trova conforto e certezze in un’impavida
giornalista, Fabiana Lai, la quale non si ferma davanti alla prima
– errata – informazione su lui, ma cerca di arrivare a quella
verità che nessuno vuole vedere, non fermandosi all’apparenza. A
interpretarla una brava Cristiana dell’Anna: “Una delle
caratteristiche principali di Fabiana è questa sua ossessione verso
la verità come fulcro della sua esistenza”, inizia
l’attrice.
“La sua curiosità verso ciò che
è vero la guida in tutto quello che fa. Il mio personaggio
impersonifica ciò che oggi la nostra società ha necessità di fare,
ossia cercare oltre il pregiudizio, oltre l’accettare quello che ci
viene dato come la prima immagine e impressione, che di conseguenza
prendiamo subito come verità facendola come nostra opinione. Invece
leggere fra le righe, in mezzo agli spazio, e provare a smascherare
quel pregiudizio che è in fondo solo il nostro modo di vedere le
cose. Quel che bisognerebbe fare è emancipare non soltanto
la nostra opinione, ma emanciparci come collettività, e dovrebbe
essere la responsabilità di ciascuno di noi. Fabiana come
giornalista lo fa di mestiere ma anche per indole, e questo suo
voler distruggere il pregiudizio che hanno tutti nei confronti di
Sante Moras e scovare la verità è l’emblema di quello che dovremmo
essere.”
E proprio sull’approccio giudizio,
tematica portante del film, si esprimono gli attori protagonisti. A
Luca Argentero interessa il giudizio di poche persone, mentre
Cristiana dell’Anna fa una riflessione molto profonda sulla
questione, in quanto come dice lei stessa è nata con il
pregiudizio, “non perché sia speciale, ma per l’essere donna. È
sempre una barriera che bisogna distruggere, nonostante sia
qualcosa con cui si convive tutti i giorni. Non è qualcosa che a un
certo punto va via, poiché ci sarà sempre qualcuno che ti guarderà
e ti dirà che essendo tu donna non riuscirai in un determinato
lavoro o compito. Il rapporto che ho io è però di natura stancante.
Arriva un momento in cui ti senti disarmato e allora assecondi, ma
solo perché non ce la fai più. La mia scappatoia è stata il mio
lavoro, lasciando che questo parlasse per me e affidandomi a quel
giudizio che gradualmente ha creato un’identità. Non sapevo neppure
qualche potesse essere e non sempre mi piace, però tavolta mi
affido sia a quel giudizio che a quel pregiudizio per vedere cose
di me che non vedo, e soprattutto per avere fiducia in quello che
sono e in quello che sto costruendo.”
La Sardegna domina nel film
La coda del diavolo si
vanta di aver avuto un’ambientazione quanto più maestosa.
Set delle riprese è stata la Sardegna, la quale ha
saputo regalare sequenze suggestive grazie soprattutto alle sue
bellezze paesaggistiche. Domenico de Feudis non ha contenuto la
gioia di poter girare in una regione così suggestiva. “Sembra
un po’ un paradosso l’idea di girare una caccia all’uomo su
un’isola”, dice il regista.
“Però la Sardegna te lo permette
perché è una terra magica, dove la natura è predominante, e questo
è stato molto affascinante e dà un’identità al film forte. Abbiamo
per insistito per girarlo in inverno, nonostante ci fosse poca luce
ed eravamo costretti a cambiare ogni giorno location. Ho immaginato
questa regione come una sorta di limbo, dove questi tre spiriti
magni danteschi gravitano, immersi nella loro solitudine. Per
esempio Argentero parte da un personaggio che ha deciso di
imprigionarsi, mettendo in stand by la sua vita, e ciò che mi piace
è che attraverso l’azione la rimette in moto. L’auto-isolamento è
anche una tematica abbastanza attuale rispetto alle nuove
generazioni. Lo stesso si può dire di Fabiana Lai, che nasce come
personaggio che vive il suo lavoro come una missione totalizzante,
dedicandosi solo a quello. Mi piace pensare che attraverso questa
storia le loro cicatrici che sono rimaste aperte si medicano a
vicenda.C’è poi lo stimolo di affrontare un film di genere. Fare
questo tipo di pellicole è formativo. Bisogna studiare tanto sia
dal punto di vista tecnico che umano.”
Quella che ha portato alla
realizzazione di Allied – Un’ombra
nascosta (qui la recensione) è una storia
degna di un film a sé stante. Un ventunenne inglese è in viaggio
negli Stati Uniti, incerto sul suo futuro e desideroso di vedere il
mondo. Steven Knight, oggi rinomato sceneggiatore,
racconta: “Facevo vari lavori saltuari e mi spostavo negli
Stati Uniti. Ero in Arkansas e alloggiavo con una donna inglese che
era una sposa GI – era arrivata negli Stati Uniti dopo la Seconda
Guerra Mondiale, dopo aver sposato un soldato americano”.
“Era una notte calda, ricorda, e
la padrona di casa e l’inquilino andarono in giardino per
rinfrescarsi. “E lei mi raccontò la storia di suo fratello, che era
nell’Esecutivo per le Operazioni Speciali [una branca dell’esercito
britannico creata per effettuare sabotaggi e spionaggio dietro le
linee nemiche]. Incontrò un’agente francese del SOE, si
innamorarono e ottennero il permesso di tornare in Inghilterra per
sposarsi. Così fecero, ed ebbero un figlio. Una mattina uscì di
casa, parte di una famiglia felice, e diede un bacio alla
moglie“.
“Quando arrivò al lavoro, i suoi
superiori gli dissero che la moglie era una spia che lavorava per i
tedeschi. Gli fu consegnata una pistola e gli fu detto che doveva
spararle per dimostrare la sua fedeltà”. Non sorprende che
questa storia straziante sia rimasta impressa nella mente del
giovane Knight che, tornato nel Regno Unito, ha intrapreso la
carriera di autore televisivo. Ma è rimasta lì, non scritta, per 30
anni, fino a quando la sua carriera è sbocciata al punto di
lavorare con Brad Pitt.
Un giorno, mentre i due
chiacchieravano, Knight ha raccontato a Pitt la storia e la
reazione di dell’attore (“Aveva i brividi”, dice Knight)
lo ha convinto a trasformarla finalmente in una sceneggiatura, che
ha intitolato Allied– Un’ombra
nascosta. Il film, interpretato da Pitt e Marion Cotillard, è una storia d’amore in
tempo di guerra ad alto budget diretta dal premio Oscar
Robert Zemeckis (Forrest
Gump,
Flight). Un film particolarmente apprezzato per la sua
ricostruzione storica e le passioni messe in gioco. Ma quanta
storia vera c’è nel film?
Nel 1942, il comandante Max
Vatan (Brad
Pitt) e l’agente francese Marianne
Beausejour (Marion
Cotillard) sono incaricati di uccidere un ambasciatore
tedesco a Casablanca. I due, fingendosi consorti, riescono ad
introdursi al ricevimento e a portare a termine la missione. Tra
Max e Marianne nasce a quel punto un autentico sentimento e i due
si trasferiscono a Londra, dove convolano a nozze e hanno una
figlia. I superiori di Max, tuttavia, sono certi che Marianne sia
una spia tedesca. Sconcertato dalla terribile ipotesi che sua
moglie lo stia raggirando, Max si mette alla ricerca di prove
inconfutabili che dimostrino la sua innocenza.
La storia vera dietro il film
In un articolo scritto per il
Telegraph, Knight
afferma di non poter verificare la veridicità della storia, né è
mai riuscito a trovare un riferimento agli eventi in nessuno dei
libri sul SOE che ha letto. Nelle sue ricerche, Knight ha scoperto
che si ritiene che i tedeschi non abbiano mai violato la sicurezza
britannica sul territorio nazionale. Tuttavia, esita a dire che la
storia è inventata. Secondo il suo ragionamento, in quel periodo
della sua vita era fondamentalmente un vagabondo, quindi non è che
la donna stesse raccontando una storia in presenza di uno scrittore
famoso.
Si è anche chiesto perché qualcuno
dovrebbe inventare uno scheletro di famiglia a caso, e il modo in
cui la donna ha raccontato l’incredibile storia lo ha colpito per
la sua sincerità. Scrive sul Telegraph: “Ho avuto
anche la netta impressione che la storia fosse stata raccontata da
un luogo di profonda emozione, un ricordo doloroso condiviso”.
La storia registra inoltre numerosi casi di persone che si sono
innamorate oltre le linee nemiche durante la Seconda Guerra
Mondiale. La relazione più comune è stata quella tra francesi e
tedeschi durante l’occupazione, che ha dato origine a circa 200.000
bambini.
Un caso di questi è stato
recentemente scoperto da Josh Gibson, un
assistente di ricerca statunitense che vive a Parigi e che si è
imbattuto in un mucchio di lettere e foto in un mercatino delle
pulci. La corrispondenza rivela la storia dell’aspirante architetto
tedesco Johan e della segretaria francese Lisette, che si sono
incontrati per la prima volta durante l’Esposizione Universale di
Parigi del 1937. Si incontrarono di nuovo tre anni dopo, quando i
tedeschi occuparono Parigi, e iniziarono una storia d’amore
vorticosa, scrivendosi molte lettere fino a quando non si sposarono
dopo la guerra.
Di base, però, non c’è dunque una
vera e propria storia vera dietro Allied – Un’ombra
nascosta, se non la rielaborazione dello sceneggiatora
della vicenda che gli fu narrata. Una vicenda che si esauriva però
in poche battute e a cui lo sceneggiatora ha dunque aggiunto molto
di propria fantasia per rendere il racconto più complesso e
articolato, affinché potesse sostenere un film della durata di due
ore. Di certo, però, al di là della relazione tra i due
protagonisti, Knight si è preoccupato di resistituire un realistico
scenario storico, tanto negli eventi che avvengono quanto nelle
loro modalità.
Il trailer del film e dove vederlo in streaming e in TV
È possibile fruire di Allied
– Un’ombra nascosta grazie alla sua presenza su alcune
delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete.
Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Apple
iTunes, Tim
Vision, Now e Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e ad un’ottima qualità video. Il film
è inoltre presente nel palinsesto televisivo di lunedì 18
novembre alle ore 21:00 sul canale
Iris.
Ormai i thriller
sudcoreani si sono affermati come fonti affidabili di
intrattenimento. È possibile vedere quasi tutti i film di questa
cinematografia e non annoiarsi. Al di là del senso del brivido,
questi film spesso comprendono temi socio-politici che mettono in
discussione lo status quo e criticano le strutture ortodosse di
ogni tipo. Project Silence (2024, titolo
originale: ‘Talchul: Project Silence’) ne è un esempio
perfetto, incentrato attorno a un disastroso incidente su un ponte
nebbioso che intrappola civili innocenti. Lungo il percorso, i
protagonisti si rendono conto di una cospirazione che li ha portati
a questa situazione.
Diretto da Kim Tae-gon,
Project Silence è dunque un
thriller catastrofico che segue un gruppo di civili alle prese
con una misteriosa e pericolosa cospirazione governativa. Quello
che inizia come un thriller politico, prendendo le mosse dalla sede
del governo della Corea del Sud, la Casa Blu, si trasforma però ben
presto in un
disaster movie mescolato a suggestioni da
horror fantascientifico. Il film è stato proiettato con
successo nella sezione Midnight Screening del Festival
di Cannes ed arriva ora finalmente in televisione. Scopriamo di
più sul suo finale e il suo significato qui di seguito.
La trama e il cast di
Project Silence
Project Silence si
apre con una riunione governativa in cui Jeong Hyeon
Baek (Kim Tae-woo), il direttore del NIS
alla Casa Blu, viene indebolito da una recente disfatta legata alla
sicurezza nazionale. Il suo vice, Cha Jeong Won
(Lee Sun Kyun), gli offre però un aiuto per uscire
da quella situazione, così che Hyeon Baek possa vincere le prossime
elezioni ed essere nuovamente eletto presidente. Nel mentre, La
figlia di Jeong Won, Gyeong Min (Kim Soo
An), una giovane rapper coreana, intende trasferirsi in
Australia per studiare musica all’università.
Per questo motivo, Hyeon Baek gli
offre del denaro extra in cambio del suo aiuto. In seguito, vediamo
Jeong Won guidare per accompagnare Gyeong Min al suo volo. Nel
frattempo, all’aeroporto, la golfista professionista Sim Yu
Ra (Park Ju Hyun) e sua sorella maggiore,
Mi Ran (Park Hee Bon), entrano
nell’affollata sala degli arrivi. Mi Ran deve accompagnare Yu Ra a
casa per prendere il passaporto. In ultimo, Byeong
Hak (Moon Sung Geun) esce con la moglie
Sun Ok (Ye Soo Jung), che soffre
di demenza. La donna confonde Yu Ra con sua cugina. Poi,
improvvisamente, inizia a camminare verso la strada. Yu Ra la salva
proprio quando un’auto sta per investirla.
Mentre sta guidando su un ponte, Mi
Ran si trova di fronte a uno spesso strato di nebbia e si
preoccupa. Tuttavia, Yu Ra le dice di continuare a guidare. Sun Ok
e Byeong Hak prendono un autobus che passa sullo stesso ponte.
Poiché nessun conducente può vedere chiaramente cosa c’è davanti a
loro, i presenti si scontrano tra loro e bloccano la strada. Questo
blocca anche Jeong Won e Gyeon Min nel loro viaggio. Quando Jeong
Won ferma la sua auto, nota due soldati con un uomo ferito, il
dottor Yang (Kim Hee Won). Offre
al dottor Yang un posto a sedere nella sua auto e prova a chiamare
Heyon Baek per chiedere aiuto.
In quel momento, i soldati notano
uno dei loro uomini brutalmente ferito all’interno del loro
furgone. Decidono quindi di disturbare il segnale cellulare in modo
che nessuno possa contattare il mondo esterno. Jeong Won si rende
così conto che non c’è rete sul suo telefono, proprio come gli
altri che sono stati bloccati in un posto di blocco. Sul ciglio
della strada, Gyeong Min nota intanto un cane con la fronte sporca
di sangue. Decide di offrirgli del cibo, ma Jeong Won se ne accorge
in tempo e la protegge, temendo che il cane possa morderla. Poi,
affronta i soldati sui problemi della rete cellulare.
Il Project Silence
I soldati, tuttavia, non gli
rispondono. Anzi, lo ammanettano alla sua auto. Messo da parte
Jeong Won, intimano al dottor Yang di procedere con l’operazione.
Lui inizia il processo sul suo computer portatile. Questo porta un
gruppo di cani violenti ad aggirarsi per le strade, attaccando
qualsiasi essere umano che si trova sul loro percorso. Poiché i
cani creano scompiglio, le persone entrano in un autobus e si
chiudono all’interno. Jeong Won, invece, si chiude in macchina con
Gyeong Min, il dottor Yang e Jo Park. Nel mentre, sul ponte scoppia
anche un intenso incendio. Jeong Won affronta quindi il dottor
Yang, che finalmente ammette la verità sul Project
Silence e sul suo contributo.
Egli ammette di essere uno dei
principali scienziati coinvolti in questo “Progetto Silenzio”,
rivelando che gli Stati Uniti e le nazioni europee avevano
commissionato ai coreani lo sviluppo di questi cani assassini, in
modo da poterli utilizzare per dare la caccia ai terroristi senza
riportare la perdita di soldati umani. Questi cani sono stati
addestrati a riconoscere la voce di qualsiasi bersaglio e ad
attaccarlo per eliminare il rischio. Naturalmente, in mancanza di
una voce certa da inseguire, i cani possono rivelarsi pericolosi
verso chiunque capiti loro a tiro.
Jeong Won scopre così che è stato
proprio Hyeon Baek ad approvare il Project
Silence e molto probabilmente è stata questa decisione a
fargli guadagnare un posto alla Casa Blu. In precedenza, quando
Jeong Won aveva chiesto a Hyeon Baek informazioni sul progetto,
questi gli aveva mentito spudoratamente dicendogli che non ne era a
conoscenza, mentre in realtà era stato lui a dare il via libera
all’esperimento disumano sui cani per trasformarli in feroci
assassini per l’esercito. Ad ogni modo, dopo che i cani chiamati
Echo sono scappati dalla gabbia, il dottor Yang ha
deciso di attivare il programma di controllo nel tentativo di
riportare i cani al camion.
La spiegazione del finale del film
Durante l’operazione, però, scopre
che E-9, la madre di tutti i cani, per qualche
motivo non risponde al programma. In seguito si scopre che il
dottor Yang e il suo team della Sekyung Biotech avevano impiantato
chirurgicamente un dispositivo nei canini per controllarli e
istruirli ad attaccare un obiettivo. Tuttavia, E-9, non appena è
fuggita dalla sua prigionia, ha rotto il dispositivo e si è
liberata dal controllo del dottore. In seguito, quando un
elicottero militare arrivò sul ponte per prelevare la gabbia, E-9,
non più sotto il controllo del dottore, attacca il pilota,
facendogli perdere il controllo dell’elicottero.
L’elicottero si schianta così contro
la torre del ponte e ne rompe i cavi, ed è così che il ponte crolla
nel finale di Project Silence. Tuttavia, il fatto
più traumatizzante di tutti era che i feroci scienziati avevano
ucciso decine di cuccioli di E-9 davanti ai suoi occhi per rendere
il cane più brutale. In seguito, hanno clonato da lei altri cani
Echo in modo che condividessero la stessa rabbia e attaccassero i
loro bersagli senza pietà. Ma alla fine gli Echo iniziarono ad
attaccare tutti gli esseri umani intrappolati sul ponte, perché li
vedevano come nemici. E-9 si stava così vendicando di tutti loro
per aver ucciso i suoi cuccioli.
Mentre Jeong Won, sua figlia e altre
persone erano bloccate sul ponte e stavano scappando per salvarsi,
egli usato il walkie-talkie per connettersi con Hyeon Baek e
chiedergli di mandare gli SWAT a uccidere i cani prima di salvare i
sopravvissuti. Ma Hyeon Baek si rifiuta di seguire il suo
consiglio, poiché non voleva che qualcuno scoprisse dei cani e del
progetto segreto che aveva commissionato, mettendo a rischio la sua
campagna presidenziale. Per questo motivo, non appena Jeong Won
arriva sano e salvo dall’altra parte del ponte, smaschera Hyeon
Baek davanti ai media senza pensarci due volte.
All’inizio del film, era Jeong Won
che cercava di difendere Hyeon Baek quando era in gioco la vita di
alcuni ostaggi, ma ora, quando lui e sua figlia avevano vissuto una
tragedia simile, poteva capire la situazione degli ostaggi. Per lui
la presidenza di Hyeon Baeknon aveva più importanza. Gli ha detto
che salvare la vita dei cittadini in pericolo è il primo e
principale dovere della nazione, e tutti i ministri dello Stato
dovrebbero seguirlo. Inoltre, quel fatidico giorno sul ponte hanno
perso la vita più di 100 persone e lui deve assumersi la
responsabilità di un simile massacro.
Nel finale di Project
Silence, E-9 si era buttata dal ponte per salvare il suo
unico figlio sopravvissuto, e in seguito è stato rivelato che aveva
portato il figlio a riva sano e salvo. Ora, bisogna considerare il
fatto che questo cucciolo ha ancora il dispositivo nella testa e
quindi può essere controllato attraverso il programma Echoes.
Tuttavia, si può immaginare che il dottor Yang distrugga tutti i
dispositivi legati al Progetto Silenzio e quindi, anche se ci fosse
un dispositivo nella testa di un cane, non sarebbe una minaccia per
nessuno. Resta però lo shock di quanto avvenuto, che funge da
monito sugli orrori della sperimentazione sugli animali e sulle
azioni irresponsabili di governi come questo rappresentato nel
film.
Il trailer del film e dove vederlo in streaming e in TV
È possibile fruire di
Project Silence grazie alla sua presenza su alcune
delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete.
Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Apple
iTunes, Tim
Vision, Infinity+ e Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e ad un’ottima qualità video. Il film
è inoltre presente nel palinsesto televisivo di lunedì 18
novembre alle ore 21:20 sul canale
Rai 4.
Josh O’Connor è pronto a recitare insieme a
Emily Blunt nel film senza titolo di
Steven Spielberg, prodotto da
Amblin e Universal. O’Connor si unisce a un cast che include Colin
Firth, Coleman Domingo e Eve
Hewson.
Il film è basato su una storia di
Spielberg, con il collaboratore di lunga data David Koepp ha
scritto la sceneggiatura. Universal e Amblin non hanno rilasciato
dichiarazioni in merito a questo nuovo annuncio di casting. I
dettagli della trama sono stati tenuti sotto chiave.
Universal ha fissato la data di
uscita del film al 15 maggio 2026, facendolo entrare nella zona di
punta estiva che Steven Spielberg ha praticamente
creato decenni fa con film come Lo Squalo e
I predatori dell’arca perduta. Segnerebbe la sua
prima grande uscita estiva da un po’ di tempo.
O’Connor ha recitato di recente nel
film di successo di Amazon MGM Studios Challengers
di Luca Guadagnino, che ha incassato quasi 100
milioni di dollari in tutto il mondo. Attualmente sta girando il
film di Kelly ReichartThe
Mastermind con Alana Haim e recita nel
nuovo film di Rian Johnson Knives Out,
Wake Up Dead Man per Netflix che uscirà l’anno prossimo.
Quando Avengers:Doomsday
uscirà nei cinema nel 2026, saranno passati sette anni dall’uscita
di Endgame. Anche se di mezzo ci sono stati
una pandemia e uno sciopero di sceneggiatori e attori, è comunque
un tempo molto lungo per lasciare gli eroi più potenti della Terra
in un angolo.
Avvicinandoci all’ultima parte di
narrazione per la Multiverse Saga, prevediamo di vedere più team,
tra cui i New Avengers (alias i Thunderbolts) e i Young Avengers riunirsi per combattere contro
il Dottor Destino. Ma oggi, lo scooper @MyTimeToShineH porta la
notizia che “C’è un piano per i West Coast Avengers
nell’MCU“.
Non è la prima volta che sentiamo
parlare di possibili piani per portare la squadra al cinema, e la
loro unione è qualcosa su cui si è speculato fin da quando T’Challa
ha creato una base in California nel film Black
Panther del 2018.
Avere due squadre di
Vendicatori dopo Secret
Wars sarebbe un modo divertente per
aumentare il numero di film che vedremo con team-up e offre ai
Marvel Studios l’opportunità di raccontare una
maggiore varietà di storie in futuro.
Chi sono i West Coast
Avengers?
Creati da Roger
Stern e Bob Hall, i West Coast
Avengers hanno debuttato nel 1984. La squadra è stata
fondata da Occhio di Falco su richiesta degli Avengers originali
per espandere la loro portata e proteggere la costa occidentale
degli Stati Uniti.
Inizialmente, la formazione
includeva Occhio di Falco, Mockingbird, Iron Man
(James Rhodes, all’epoca), Wonder Man e
Tigra. Nel corso del tempo, il roster del team si
è evoluto, aggiungendo personaggi come Scarlet Witch,
Vision, Moon
Knight e l’originale Torcia Umana. I
Vendicatori della costa occidentale hanno dovuto affrontare minacce
diverse dai Vendicatori di New York, tra cui cattivi come Ultron,
Graviton e i Signori del Male.
Si dice che la prossima serie TV
Vision preparerà il terreno per i West
Coast Avengers, anche se non siamo sicuri di come ciò
accadrà a meno che il seguito di WandaVision non presenti molti cameo.
Mentre Avengers: Secret Wars dovrebbe
riavviare dolcemente la linea temporale sacra dell’MCU, immaginiamo che il piano sia
quello di ottenere film regolari su Vendicatori, qualsiasi forma la
prossima Fase assuma (anche se l’attenzione è principalmente sugli
X-Men).
Apple
TV+
ha ordinato una serie per un adattamento di “Cape
Fear“,
conJavier Bardem
pronto per uno dei ruoli principali mentre alla produzione ci
sarannoSteven Spielberg
e
Martin Scorsese.
Secondo la sinossi ufficiale,
“Una tempesta sta arrivando per gli avvocati felicemente sposati
Amanda e Steve Bowden quando Max Cady (Bardem), un famigerato
assassino del loro passato, esce di prigione”.
La serie è stata inizialmente segnalata come in fase di sviluppo
nel 2023, anche se all’epoca non erano stati indicati né una
piattaforma né un cast. Apple ha ordinato 10 episodi. Come
riportato nel 2023,
Nick Antosca
sarà scrittore, produttore esecutivo e showrunner. Anche
Steven Spielberg
e
Martin Scorsese
saranno produttori esecutivi.
La serie è basata sia sul romanzo di
John D. MacDonald “The Executioners”, che ha
ispirato il film del 1962 della Universal Pictures di
Gregory Peck “CapeFear“, sia sull’acclamato remake del 1991 diretto
da Scorsese e prodotto da Spielberg, con Robert De
Niro e Nick Nolte nei ruoli
principali.
Javier Bardem continua a
lavorare con Apple
Antosca è produttore esecutivo sotto
la sua bandiera Eat the Cat insieme ad Alex Hedlund. Bardem sarà
produttore esecutivo oltre a recitare. Spielberg, Darryl Frank e
Justin Falvey saranno produttori esecutivi per Amblin Television.
UCP produrrà, con Anthosca attualmente sotto un accordo generale
con lo studio. Amblin ha precedentemente lavorato con Apple alla
serie sulla seconda guerra mondiale “Masters of the Air” e
all’antologia episodica “Amazing Stories”. Il film di Scorsese
“Killers of the Flower Moon” è
stato distribuito da Apple nel 2023.
Questo segna l’ultimo progetto Apple
per Javier Bardem, che partecipa anche al film
“F1“. Quel film debutterà a giugno 2025. Bardem è
noto per i suoi ruoli in film come “Non è un paese per
vecchi“, per il quale ha vinto l’Oscar come miglior attore
non protagonista. È stato anche candidato per il suo lavoro in film
come “Before Night Falls“,
“Biutiful” e “Becoming the
Ricardos“. Di recente ha recitato nei due film di
“Dune” e ha interpretato un ruolo da
protagonista nella seconda stagione di “Monsters”
su Netflix.
Nel commento audio per
Deadpool &
Wolverine, la star Ryan Reynolds rivela che il film ha
richiesto solo un giorno e mezzo di riprese aggiuntive e che la
scena aggiuntiva è stata suggerita da Blake
Lively. La star di It Ends With Us ha
interpretato Lady Deadpool, alias Ladypool,
nel primo film vietato ai minori dei Marvel Studios, ma ha anche contribuito in un
altro modo, dando qualche indicazione sul finale.
In origine, dopo che Wade Wilson
(Reynolds) e Logan (Hugh
Jackman) si sono sacrificati per distruggere lo
Squartatore del Tempo, avremmo scoperto che erano sopravvissuti
quasi immediatamente. Nella versione che è uscita nei cinema,
l’ingresso della coppia sostenuto dai Goo Goo Dolls è ritardato
mentre Paradox (Matthew Macfadyen) fa il suo
discorso a B-15 (Wunmi Mosaku), dando al pubblico
più tempo per riflettere sul destino dei protagonisti.
“Abbiamo fatto solo un giorno e
mezzo di riprese aggiuntive sul film, di cui siamo molto
orgogliosi”, ha detto Reynolds. “Questo genere di film di
solito comporta settimane di riprese aggiuntive. Ma questo discorso
di Matthew è uno dei pezzi che abbiamo rigirato. Ed è
miracoloso”.
Il regista Shawn
Levy ha aggiunto: “E il merito va a chi lo merita. Una
volta non c’era suspense, la sala macchine esplodeva e i nostri
eroi erano sopravvissuti. Ed è stata Blake Lively a dirci: “Sai,
sono stata con te per tutto il film. Voglio sedermi nella paura che
siano perduti. Lasciami stare nella suspense così il trionfo della
loro sopravvivenza è più emozionante e viscerale”.
Levy ha continuato: “Quella era
una nota di Blake e ha davvero aperto un nuovo modo di pensare a
questa parte del film ed è il motivo per cui abbiamo fatto questa
ripresa aggiuntiva… e, qui, la ricompensa è molto più
soddisfacente”.
È altamente improbabile che qualcuno
avrebbe pensato che i personaggi principali sarebbero rimasti
morti, ma dare a questi momenti più respiro è stata senza dubbio
una buona scelta.
Deadpool & Wolverine è disponibile in streaming: “Disney+
trasmette qualsiasi cosa!”
Lo scorso ottobre, è emersa la
notizia che i Marvel Studios avevano licenziato i capo
sceneggiatori di
Daredevil:Born
Again Chris Ord e
Matt Corman come parte di una decisione necessaria
a una revisione creativa.
Anche i registi assunti per dirigere
le restanti puntate delle 9 previste sono stati licenziati e,
sebbene parte del materiale girato verrà comunque utilizzato,
l’idea era di portare il revival di Daredevil in
una nuova direzione creativa. Dario Scardapane è
stato in seguito scelto come showrunner, con i registi di
Moon
Knight e LokiJustin
Benson e Aaron Moorhead coinvolti per
aiutare a raddrizzare la nave.
Ora, il sito web della
Writers Guild of America ha rivelato i crediti
ufficiali per la sceneggiatura e Ord e Corman sono accreditati solo
per il secondo episodio. Ciò suggerisce che la maggior parte delle
loro idee sono state abbandonate e i loro contributi sono ora
minimi, nella migliore delle ipotesi. Saranno comunque nominati
produttori esecutivi. Il nome di Scardapane compare parecchio, una
chiara indicazione che, come nuovo showrunner, ha lavorato
duramente per portare Daredevil: Born Again dove
doveva essere secondo Marvel Television.
Chris Ord e Matt Corman relegati a un
solo episodio
Ecco l’elenco completo dei crediti
di scrittura confermati:
Episodio 1.1 – Dario Scardapane
Episodio 1.2 – Matt Corman e Chris Ord
Episodio 1.3 – Jill Blankenship
Episodio 1.4 – David Feige e Jesse Wigutow
Episodio 1.5 – Grainne Godfree
Episodio 1.6 – Thomas Wong
Episodio 1.7 – Jill Blankenship
Episodio 1.8 – Jesse Wigutow e Dario Scardapane
Episodio 1.9 – Heather Bellson e Dario Scardapane
Sebbene Scardapane sia più noto per
il suo lavoro in The Punisher, ha lavorato anche a
Jack Ryan e The Bridge. I crediti di Blankenship includono Arrow e
Naomi, David Feige è un avvocato che ha lavorato di recente a For
Life e Wigutow ha scritto l’imminente Tron: Ares. Godfree è un
veterano della DC che ha scritto episodi di The
Flash e Legends of Tomorrow (ha anche prodotto Secret Invasion) e Heather Bellson annovera
The
Sandman e The Walking Dead tra i suoi crediti.
In
Daredevil:Born Again
della Marvel Television, Matt Murdock
(Charlie
Cox), un avvocato cieco con abilità elevate,
lotta per la giustizia attraverso il suo vivace studio legale,
mentre l’ex boss della mafia Wilson Fisk (Vincent
D’Onofrio) persegue i suoi sforzi politici a New York.
Quando le loro identità passate iniziano a emergere, entrambi gli
uomini si ritrovano su un’inevitabile rotta di collisione.
La serie vede la partecipazione
anche di Margarita Levieva, Deborah Ann Woll, Elden Henson,
Zabryna Guevara, Nikki James, Genneya Walton, Arty Froushan, Clark
Johnson, Michael Gandolfini, con Ayelet
Zurer e Jon Bernthal. Dario
Scardapane è lo showrunner.
Gli episodi sono diretti da
Justin Benson e Aaron Moorhead,
Michael Cuesta, Jeffrey
Nachmanoff e David Boyd; e i produttori
esecutivi sono Kevin Feige, Louis D’Esposito, Brad
Winderbaum, Sana Amanat, Chris Gary, Dario Scardapane, Christopher
Ord e Matthew Corman, e Justin Benson e Aaron
Moorhead.
Daredevil: Born
Again debutta su Disney+ il 4 marzo 2025.
Il Gladiatore
II (qui
la recensione) è arrivato nei nostri cinema lo scorso fine
settimana e arriverà nelle sale americane alla fine di questa
settimana. Anche se non abbiamo ancora intenzione di fare spoiler,
siamo sicuri che molti di voi sono ansiosi di sapere se c’è
qualcosa che vale la pena aspettare quando scorrono i titoli di
coda. Le scene post-credits sono diventate la norma per i franchise
al di là del MCU e il regista Sir Ridley Scott ha già confermato di essere
al lavoro su un terzo capitolo. Per questo motivo, una sorta di
teaser avrebbe senso.
Dovreste rimanere nei paraggi quando
il film finisce? La risposta è no, perché Il Gladiatore
II non ha una scena post-credits. Quando i titoli di coda
scorrono, è tutto, anche se potete sempre sedervi e godervi
l’incredibile colonna sonora di Harry Gregson-Williams mentre
leggete i nomi di tutti coloro che hanno lavorato duramente per
realizzare questo film.
Ci sarà Il Gladiatore III?
Per quanto riguarda un Il
Gladiatore III, Scott ha dichiarato: “Ho già otto pagine.
Ho l’inizio di un’impronta molto buona”. Il regista ha anche
recentemente rivelato la versione del Gladiatore II che
non è stata realizzata. “C’era anche un’idea di sequel che il
musicista Nick Cave ha scritto, in cui Massimo viene resuscitato
come strumento degli dei romani inviato contro Gesù Cristo”,
ha spiegato Scott. “Ovviamente non è stato realizzato. Era
troppo grandioso”.
Leggi qui tutti gli approfondimenti su Il Gladiatore
II:
I DC Studios non hanno partecipato
al Comic-Con di San Diego di quest’anno, lasciando che i Marvel Studios rubassero la scena presentando
i loro prossimi film sugli Avengers, The Fantastic Four: First
Steps e altri progetti entusiasmanti.
Da allora, lo studio ha anche
portato la sua line-up in due diversi eventi D23, cosa che ha
contribuito a garantire che l’MCU oscurasse i piani DCU dei DC Studios.
La speranza era che gli studi
affiliati con Warner Bros Discovery potessero dominare l’evento
CCXP del mese prossimo in Brasile, ma James Gunn ha confermato che né lui né
Peter Safran saranno presenti. Questo sicuramente
riduce le possibilità di
ottenere un trailer di Superman e priva i DC
Studios di un’altra opportunità di promuovere i suoi piani per film
e televisione.
A parte i frequenti aggiornamenti
sui social media di Gunn, la scaletta di “Capitolo 1: Dei e
mostri” non è stata aggiornata da quando i DC Studios sono
stati fondati nel gennaio 2023. Gunn si è anche preso del tempo per
smentire una popolare voce sui social media su Nicholas
Hoult che interpreta un Lex Luthor più giovane in Creature
Commandos. Su Bluesky, il regista e dirigente dello
studio avrebbe aggiunto che Superman è ambientato
solo poche settimane dopo questa serie.
Inoltre, oggi è il primo
giorno in due mesi in cui non abbiamo avuto un nuovo episodio di
The Penguin su Sky e NOW (sostituito da
Dune: Prophecy). Il dramma acclamato dalla
critica ha ulteriormente aumentato l’entusiasmo per
The Batman Parte II, ma Gunn afferma che la
sceneggiatura di Matt Reeves non è ancora finita e
non è stata ancora consegnata (a differenza di quanto che era
circolato).
Non si tratta necessariamente di una
cattiva notizia, ma il sequel di Batman ha già perso la data di
uscita di ottobre 2025 e speriamo che non slitti ulteriormente
oltre l’attuale data di ottobre 2026.
Tutto quello che sappiamo su
Creature Commandos
La serie animata Creature
Commandos, composta da 7 episodi, sarà trasmessa in
streaming su Max e avrà come protagonisti David Harbour nel ruolo di Eric
Frankenstein/Mostro di Frankenstein, Indira Varma
nel ruolo della Sposa, Maria Bakalova di Guardiani della Galassia Vol.
3 nel ruolo della Principessa Ilana Rostovic, Zoe
Chao nel ruolo della Dott.ssa Nina Mazursky, Alan Tudyk nel ruolo del Dottor Phosphorus,
Sean Gunn nel ruolo di Weasel e Frank Grillo nel ruolo di Rick Flag
Senior.
Steve Agee
riprenderà il suo ruolo di Peacemaker, John Economos. È prevista anche la
partecipazione di Viola Davis nel ruolo di Amanda Waller.
Recentemente James Gunn ha rivelato di considerare La sposa
di Indira Varma come il personaggio principale
della serie. Ha anche aggiunto che non sta dirigendo alcun
episodio, ma ha diretto le sessioni di registrazione di ciascun
attore.
“La nuova serie riprende
direttamente dopo il finale della prima stagione di Peacemaker, che
lascia la Waller con le mani legate dal punto di vista operativo,
il che significa che non è più in grado di farla franca mettendo in
gioco vite umane per portare a termine le sue missioni clandestine
e moralmente discutibili. Al contrario, recluta una banda di
disadattati, non diversamente dalla Suicide Squad e da Peacemaker“, ha
rivelato Gunn.
Aggiunge che i protagonisti di Creature
Commandos “sono dei veri e propri mostri, e
non vedo l’ora di farveli conoscere. Creare questa serie è stata
una delle gioie assolute della mia vita“.
In occasione della presentazione di
Napoli
– New York, abbiamo incontrato uno dei
protagonisti, Pierfrancesco Favino, Dea Lanzaro,
Antonio Guerra e Omar Benson Miller,
oltre al regista e sceneggiatore del film, Gabriele
Salvatores. Ecco cosa ci ha raccontato del suo nuovo
film.
Distribuito da 01 Distribution e
scritto e diretto da Gabriele Salvatores, il film
arriva in sala il 21 novembre e vede protagonisti Pierfrancesco Favino, Dea Lanzaro,
Antonio Guerra, Omar Benson Miller, Anna Ammirati e
Anna Lucia Pierro.
Pierfrancesco Favino
Gabriele Salvatores
Dea Lanzaro, Antonio Guerra, Omar Benson Miller
Il poster di Napoli – New York
La trama di Napoli – New York
Nell’immediato dopoguerra, tra
le macerie di una Napoli piegata dalla miseria, i piccoli Carmine e
Celestina tentano di sopravvivere come possono, aiutandosi a
vicenda. Una notte, s’imbarcano come clandestini su una nave
diretta a New York per andare a vivere con la sorella di Celestina
emigrata mesi prima. I due bambini si uniscono ai tanti emigranti
italiani in cerca di fortuna in America e sbarcano in una metropoli
sconosciuta, che dopo numerose peripezie, impareranno a chiamare
casa.
La storia presentata in Non
così vicino solleva dubbi sul fatto che il film sia
basato su una storia vera. La narrazione della commedia-dramma del
2022 segue un uomo anziano, Otto, interpretato da Hanks, che è
umoristicamente scontroso e fissato con le sue abitudini. Nel film,
il personaggio di Tom Hanks è rappresentato come una persona che
ha rinunciato alla vita e spesso si lamenta di come quasi tutto,
dalle auto alle persone, fosse migliore anni fa.
Il film di grande successo
Non così vicino (la
nostra recensione) intreccia una storia edificante che vede il
suo protagonista camminare con una nuvola sopra la testa.
Naturalmente, le cose cambiano quando una nuova famiglia si
trasferisce dall’altra parte della strada e lo sfida ad agire con
gentilezza e umiltà. Non contenendo elementi di fantasia di alcun
tipo e guidati da sviluppi realistici della trama, il viaggio
vissuto da Otto nel film appare come qualcosa che sarebbe potuto
accadere facilmente nella vita reale.
Non così
vicino non è una storia vera
Sebbene possa sembrare che si
tratti di eventi reali, Non così
vicinonon è in realtà una storia vera, e
non è nemmeno basato su di essa. Il film è in realtà un remake di
un film svedese del 2015 intitolato Un uomo chiamato Ove,
diretto da Hannes Holm e interpretato da Rolf Lassgård nel ruolo
del suo brontolone protagonista. La sceneggiatura è stata adattata
dall’omonimo romanzo del 2012 scritto da Backman. Backman ha
inventato completamente tutti gli eventi della storia che accadono
al protagonista. Ha iniziato scrivendo post sul blog del fittizio
Ove in una rubrica che ha chiamato “I Am A Man Called Ove” negli
anni 2000. Ha usato il personaggio come catalizzatore per esprimere
molte delle sue frustrazioni personali e dei fastidi che aveva
riscontrato nella sua vita.
Backman conosceva un uomo nella
vita reale di nome Ove che aveva un atteggiamento pessimistico e un
carattere irascibile simile a quello dell’Otto raffigurato nel film
2023. Tuttavia, sia la storia di Ove che quella di Otto sono
completamente fittizie e originali, non avendo nulla a che fare con
gli eventi reali della vita del vero Ove. Backman non aveva mai
incontrato il vero Ove prima di creare il personaggio. Ne aveva
sentito parlare da un collega scrittore che aveva assistito a uno
degli sfoghi pubblici di Ove e aveva scritto un post sul blog
sull’incidente. Continuando a scrivere i suoi post, Beckman si rese
conto di avere un personaggio solido su cui scrivere un
romanzo.
Secondo Tom Hanks,
è stato attratto dal personaggio brontolone per il fascino
“universale” della storia, motivo per cui ha pensato che
il film svedese meritasse un adattamento americano . Come
sottolinea Hanks, la solitudine provata da Otto e il bisogno di
appartenere a una comunità sono una “condizione umana”
naturale. La storia di Otto potrebbe non essere vera, ma i punti di
forza e di ispirazione di Non così
vicino sono comunque rilevanti.
Il finale di Non così
vicino è lieto, con Otto che finalmente capisce il
valore della comunità e il suo scopo nella vita. Scritto da David
Magee e diretto da Marc Forster, Non così
vicinosegue le orme del film svedese del
2015 A Man Called Ove, adattamento dell’omonimo romanzo
del 2012 di Fredrick Backman. Interpretato da Tom Hanks nel ruolo di Otto Anderson, l’uomo
brontolone e frustrato per quasi tutto, Non così
vicino è stato distribuito in sale limitate il 30 dicembre
e sarà proiettato in tutto il paese a partire dal 13 gennaio
2023.
Ora disponibile su Netflix,
il dramma/commedia si trovava in una posizione interessante alla
fine del 2022, essendo piombato all’ultimo secondo per una corsa ai
premi, con Tom Hanks che era entrato nel giro per
una potenziale nomination come attore protagonista. Sebbene
Non così vicino sia stato ignorato agli
Oscar, il suo successo è stato evidente anche senza l’amore dei
premi. Nonostante i tentativi di suicidio di Otto, Non così
vicino è un film che scalda il cuore e mantiene il
suo tono spensierato fino alla scena finale. Otto può essere stato
scontroso e apparentemente odioso per un po’ di tempo, ma
il finale di A Man Called Otto mostra quanto
fosse tenero dentro di sé.
Cosa è successo alla fine di
Non così vicino?
Dopo aver tenuto Marisol a distanza
per la maggior parte di Non così vicino (la
nostra recensione), il burbero personaggio di
Tom Hanks si apre finalmente con lei su ciò che è
accaduto con la moglie Sonya, sul motivo per cui è stato cacciato
dall’associazione dei proprietari di casa e su quanto sia
sconfortato da quando Sonya è morta prima dell’inizio di
Non così vicino. Grazie a Marisol, Otto ha capito
di essere ancora molto necessario e desiderato. E anche se gli
restava solo una certa quantità di tempo da vivere a causa della
sua malattia cardiaca, Otto aveva intenzione di viverlo a
prescindere da tutto.
Con l’aiuto dei suoi vicini, Otto è
riuscito anche a impedire che Dye & Merica costringesse
illegalmente Anita e Reuben a lasciare la loro casa. La comunità ha
lavorato insieme per garantire che il loro futuro fosse sicuro e
che società come Dye & Merica non potessero piombare qui e prendere
il sopravvento con le loro imprese immobiliari. Otto visse per un
altro anno circa prima di morire, lasciando a Marisol e alla sua
famiglia l’auto e la casa, e lasciando il mondo in pace come non si
sentiva da tempo.
Perché Otto si è allontanato
dagli amici e dal vicinato
Otto ha preso molto male la morte
di Sonya. Prima della sua morte, Otto andava a cena con Anita,
Reuben e Jimmy; il personaggio simile a Paperone aveva anche un
carattere più piacevole. Otto si è allontanato dai suoi vicini – e
dalla vita in generale – soprattutto a causa della morte di Sonya,
ma sentiva anche che non valeva più la pena impegnarsi per nulla.
Otto sapeva già di stare per morire e il vicinato non era dello
stesso avviso. Aveva lottato a lungo e duramente per molte cose, ma
non era cambiato molto e lui era stanco di impegnarsi.
L’uomo in lutto pensava che fosse
più facile allontanare le persone piuttosto che permettere ai suoi
amici di aiutarlo nel processo di elaborazione del lutto. Inoltre,
Otto non aveva un vero e proprio cuscinetto con la scomparsa di
Sonya e quindi faticava a interessarsi dei problemi degli altri. Le
sue azioni dimostrano il contrario, ma è possibile che Otto volesse
essere più estraneo alla vita di quanto non si sentisse in realtà.
Anche il personaggio di Tom Hanks temeva di vivere senza Sonya al
suo fianco e probabilmente si sentiva in colpa per non provare
alcuna gioia se continuava a frequentare i suoi vicini come faceva
con lei.
Perché Dye & Merica sta
cercando di cacciare Otto e i suoi vicini di casa
La Dye & Merica stava individuando
il quartiere di Otto perché la società voleva spingere le persone
ad abbandonare le loro case per costruire condomini più costosi. Il
promotore immobiliare sta partecipando a quello che viene chiamato
“tear down” (abbattimento), in cui i promotori cercano di comprare
gli attuali residenti in modo che la società possa abbattere le
vecchie case e costruirne di nuove che attirino acquirenti con
soldi da spendere. Dye & Merica stava facendo proprio questo, nella
speranza che le nuove case costruite dall’azienda fruttassero più
soldi e valessero almeno tre volte di più delle vecchie case in cui
Otto e i suoi vicini vivevano.
Il quartiere di Otto rimarrà
per sempre?
Otto, Marisol e gli altri vicini di
Non così vicino sono riusciti a impedire a
Dye & Merica di prendere le loro case. Tuttavia, è possibile che la
società immobiliare e altre aziende tornino in futuro a cercare di
allontanare con la forza le persone dalle loro case. Queste società
possono essere implacabili nell’ottenere ciò che vogliono. Non c’è
alcuna garanzia che il piccolo quartiere suburbano rimarrà intatto
per sempre, ma finché la comunità sarà in comunicazione tra di loro
e resterà unita, probabilmente riuscirà a mantenere intatte le
proprie case e il proprio quartiere per gli anni a venire.
Il vero significato del finale
di Non così vicino
A Man Called Otto affronta
temi molto interessanti, come il modo in cui il dolore può cambiare
una persona e come si possono trovare forza, speranza e amore nella
comunità. Otto è solo per gran parte del film, in particolare a
causa della morte della moglie, ma non si rende conto di quanto sia
amato e apprezzato dai suoi vicini, né dell’effetto positivo che ha
avuto su di loro per anni. L’adattamento cinematografico sottolinea
il bisogno di comunità e come il senso di appartenenza a tale
comunità sia una delle chiavi della felicità e del miglioramento
della salute mentale. Otto si rende conto di avere bisogno dei suoi
vicini tanto quanto loro hanno bisogno di lui.
Non così
vicino mostra anche come la forza della
comunità possa compensare l’avidità delle aziende. La devastazione
del quartiere suburbano di Otto sarebbe stata orribile, ma i vicini
che lavorano insieme per lo stesso obiettivo sono potenti. Inoltre,
il film è incentrato sul fatto che Otto trova un senso nell’aiutare
i suoi vicini, e questo lo aiuta a godersi il tempo che gli rimane
e a non dare per scontata la vita o le persone che ne fanno parte,
a prescindere da ciò che è successo tra loro in passato.
Non così
vicino è basato su una storia vera e questo influisce sul
finale?
Il finale di Non così
vicinoè agrodolce e conclude la semplice
storia in modo appropriato, tanto che alcuni spettatori si sono
chiesti se il film fosse basato su una storia vera. Non
così vicinonon è basato su una storia vera,
poiché è tratto dal film svedese Un uomo chiamato Ove e
dall’omonimo romanzo di Fredrik Backman. Tuttavia, Brackman ha
tratto ispirazione dalla vita reale per la storia. Ha spiegato
(viaNY Times) che la storia è iniziata leggendo un
articolo su un uomo di nome Ove che aveva perso le staffe in
pubblico a un chiosco di biglietti. La moglie di Brackman ha detto
che la storia gli assomigliava e Brackman ha ammesso di “non
essere bravo a parlare con le persone”.
Questo aspetto della vita reale
preso in considerazione per il film mostra perfettamente la
semplice vittoria che si ottiene alla fine di Non così
vicino. Otto non è una persona cattiva o bisognosa di una
vera redenzione, deve solo comunicare meglio, avere più pazienza e
considerare i sentimenti degli altri. Anche se affrontare l’avida
corporazione è fondamentale per il climax, la fine di Non
così vicino è in realtà solo un uomo che impara a
parlare con le persone.
Hereafter di
Clint Eastwood è un film
duro. In quasi tutti i fotogrammi c’è dolore, che si affolla ai
bordi e aspetta di rientrare in scena anche durante le brevi pause
romantiche del film. Il film racconta la storia di George Lonagen
(Matt
Damon), un sensitivo che può parlare con i morti, ma
che vorrebbe non poterlo fare, e di Marie LeLay (Cecile de
France), una conduttrice televisiva francese la cui vita
agiata viene stravolta quando ha un’esperienza di quasi morte
mentre sopravvive a un devastante tsumani. Ma dal punto di vista
emotivo, Hereafter è soprattutto la storia
straziante di un ragazzo di dodici anni, Marcus, che cerca di
venire a patti con la morte del fratello gemello Jason (entrambi
interpretati da Frankie e George McLaren).
Cosa c’è nel dolore di un bambino
che risulta così avvincente e risonante sullo schermo?
È che giovani attori tormentati
come Haley Joel Osment (“Il sesto senso”, “A.I.”)
e Freddie Highmore (“Alla ricerca dell’isola che
non c’è”) sono straordinariamente abili o è qualcosa di più
elementare? Hereafter suggerisce che queste
interpretazioni ci parlano in modo così viscerale perché siamo
tutti bambini nel nostro dolore e ci vediamo più chiaramente
nell’immagine del bambino angosciato. Ogni volta che subiamo una
perdita, il film di Eastwood mostra ripetutamente come tutte le
difese che abbiamo costruito nel corso della vita, e tutti i
meccanismi di coping che abbiamo accuratamente costruito per
proteggerci dalle asperità dell’esistenza, cadono.
Hereafter di
Eastwood non si propone di attenuare questa realtà, ma piuttosto di
ritrarne diversi aspetti attraverso le storie di tre personaggi e i
loro incontri con la morte. All’inizio del film, il pubblico viene
introdotto ai gemelli Marcus e Jason mentre coprono la madre
alcolizzata e tossicodipendente, ingannando gli agenti dei servizi
sociali che cercano di sottrarli alle sue cure. Ma il loro
momentaneo trionfo viene presto sconvolto dalla tragedia. Fuggendo
da una banda di teppisti londinesi, Jason finisce sulla carreggiata
di un camion e rimane ucciso. Quella sera, mentre la luce si spegne
nella sua stanza, un Marcus sconvolto dà la buonanotte al letto
vuoto di Jason; il giorno dopo, il bambino viene dato in
affidamento.
Dall’altra parte del mondo, a San
Francisco, George Lonegan cerca di farcela, senza riuscirci, come
operaio edile. Un tempo sensitivo di successo, Lonegan ha
abbandonato la pratica: la sua capacità di conoscere
istantaneamente le perdite più dolorose di una persona
semplicemente toccandola è, afferma, “una maledizione, non un
dono”. Con questo ruolo ritirato e alienato, Matt
Damon torna finalmente al tipo di recitazione che ha
lanciato la sua carriera in Good Will Hunting: quella dell’individuo
problematico con un dono straordinario che lo distingue per
sempre.
Nella terza e più debole trama del
film, la personalità televisiva Marie LeLay cerca di indagare su
una visione dell’aldilà avuta mentre si trovava vicino alla morte
dopo uno tsunami. Improvvisamente, il mondo che si era costruita,
fatto di pseudo-intellettualismo alla moda e glamour mediatico,
perde il suo fascino: la morte è la nuova preoccupazione di LeLay.
La sua strana ossessione la porta a perdere il lavoro e molti
amici, ma, come si può intuire, la mette su una strada che alla
fine si incrocia con quella di George e Marcus, le cui storie si
fondono quando il secondo scopre il sito web del primo.
L’inevitabile incontro tra il sensitivo e il ragazzo in lutto – tra
l’uomo che cerca disperatamente di sfuggire ai morti e il bambino
che desidera più di ogni altra cosa parlare con loro – è al tempo
stesso del tutto prevedibile e incredibilmente commovente, come
l’intero film.
Ogni storia della sceneggiatura di
Peter Morgan illustra, senza illusioni o ritocchi
hollywoodiani, un altro lato della dolorosa lotta umana contro la
perdita. Alcuni personaggi, come Lonegan, cercano di fuggire dalla
morte o di ignorarla. Altri, come Marcus e LeLay, non riescono a
dimenticarla. Si tratta di persone che abbiamo conosciuto e di
esperienze che noi stessi abbiamo vissuto. Per questo, nel suo
cuore emotivo, Hereafter è un film molto
familiare.
Il concetto apparentemente strano
dell’aldilà si rivela un espediente utilizzato per esplorare le
relazioni umane e la perdita, proprio come l’eutanasia in Million Dollar Baby di Clint Eastwood. Questo film non è interessato
alle argomentazioni a favore o contro un mondo a venire, o al fatto
che i sensitivi possano davvero comunicare con i morti, ma
piuttosto alle emozioni crude che alimentano questi dibattiti.
Hereafter non è il tipo di film che si guarda con
gli amici o che viene trasmesso ripetutamente in televisione dopo
la sua uscita.
I film con bambini che muoiono, con
tsunami rappresentati graficamente e persino con un attacco
terroristico, lo sono raramente, almeno quelli che non distruggono
punti di riferimento nazionali lungo il percorso. A differenza
della maggior parte dei film, Hereafter invita a
contemplare il mondo nel suo aspetto peggiore, non a fuggire da
esso, e in questo riesce. Ma il film offre anche speranza, perché
sebbene Eastwood non arrivi a diminuire il dolore della perdita
umana, ci ricorda il suo significato.