Days, film
drammatico taiwanese del 2020 diretto da Tsai
Ming-liang, arriva nelle sale italiane dal 14 Ottobre
2021, distribuito da Double Line. La pellicola
era stata precedentemente selezionata per competere per l’Orso
d’oro alla
70° edizione del Festival Internazionale del Cinema di
Berlino, vincendo poi il Teddy Award
della giuria.
Days: una connessione inafferrabile tra due personaggi
lontanissimi
Negli ultimi anni, la poetica di
Tsai Ming-liang ha abbracciato un minimalismo filmico e narrativo
quasi assoluto, alla ricerca dell’essenzialità esistenziale,
ritratta con fotogrammi impressionisti ed elegiaci che, in
Days, vanno a confezionare un album fotografico
raffinato e sensoriale, assolutamente inedito nel panorama
contemporaneo. Days, inoltre, si presenta come
primo lungometraggio di finzione per Tsai Ming-Ling dai tempi di
Stray Dogs, per cui vinse il Gran Premio della
giuria nel 2013 alla Mostra del cinema di
Venezia.
Days ripercorre il
cammino di due personaggi piuttosto differenti tra di loro che,
tuttavia, si incontreranno e stabiliranno un’interconnesione
profonda in una Bangkok inondata di un realismo magico
inafferrabile, apoteosi assoluta della topografia contemplativa di
Tsai. A Taiwan, Kang (Lee
Kang-sheng) vive in una casa immersa nella natura e
trascorre le giornate tra sedute di fisioterapia, massaggi e cure
per alleviare il dolore al collo e alla testa di cui soffre. La
cinepresa ci trasporta poi a Bangkok, dove vive invece
Neon (Anong
Houngheuangsy), immigrato di Laos che osserviamo
cucinare pedissequamente nel suo misero appartamento. Un incontro
tra i due personaggi nella metropoli sublimerà un’intesa
lontanissima nello spazio eppure terapeutica e fisicamente
necessaria, indagata nella seconda parte climatica dell’opera.
Days si pone in
continuità con il precedente operato di Tsai e ciò è testimoniato
dalle lunghe inquadrature fisse che scandiscono, per l’appunto, le
giornate del titolo, nonché dagli scarnissimi dialoghi e la
contemplazione del silenzio che ne consegue. Vi è però l’aggiunta
di un tassello ulteriore al puzzle impressionista di Tsai:
l’avvertimento iniziale che dichiara che il film sarà
“intenzionalmente non sottotitolato” mette in luce la vittoria del
silenzio emotivo, intimista, che accompagna le azioni sceniche dei
tableaux vivants di Tsai.
Days: la solitudine magicamente inafferrabile della poetica di
Tsai Ming-liang
Nessuna artificiosità, aggiunta
retorica o descrizioni didascaliche: il lavoro di Tsai continua a
procedere per sottrazione, narrativizzando l’esperienza personale
dell’inseparabile Lee Kang-Sheng, effettivamente sofferente a causa
di problemi fisici che ne hanno alterato il movimento. La
quotidianità dell’attore trova quindi dimensione filmica grazie
alle mani di Tsai che, partendo dalla giustapposizione di immagini
sensoriali pur rigorose nel loro impianto formale, dà vita a
suggestioni visive irripetibili.
Temi cardine della
narrazione di Tsai Ming-liang permangono l’alienazione e la
solitudine dei protagonisti, sviscerate da un’ottica pregna di
richiami bressoniani e incisivamente autoriale. Lo spettacolo della
vita è analizzato nell’estensione sequenziale quotidiana, che
percorre due vie parallele con un unico punto di intersezione, la
dimensione privata che diventa condivisione silente, ma tattile.
Una cinepresa onnipresente e onnisciente non può fare a meno di
penetrare i muri delle abitazioni dei due personaggi principali di
Days, che continuano a seguire la routine
giornalieri, consapevoli dell’immanenza di un occhio autoriale che
vuole documentare il fluire del tempo senza modificarlo in alcun
modo.
Nel racconto di
Days vi è la memoria delle precedenti prove
autoriali di Tsai: sono simboli, tematiche e motivi a ripetersi,
suggellando un percorso artistico che punta ad andare oltre le
frontiere dell’audiovisivo, proponendosi non solo come film, ma
come opera fluida, assolutamente al di li fuori di qualsiasi
ordinamento tassonomico. Tsai Ming-liang è autore e artista, prima
di regista, il cui lavoro è sempre caratterizzato da
un’inconfondibile sperimentazione visiva. Nello scenario
contemporaneo postmediale, caratterizzato da informazioni liquide e
da una divulgazione “vaporizzata”, la messa in discussione
dell’immagine filmica da parte di Tsai si inserisce perfettamente.
Avanguardia artistica, videoarte e ibridazione si fondono nei
film-sequenza di Tsai, che ha inoltre intrapreso rapporti di
collaborazione con le gallerie d’arte già a partire dalle
proiezioni di Stray Dogs, che si tennero anche nei musei.
Tsai conduce una delicata operazione
di sovrapposizione del materiale filmico e biografico,
consegnandoci un’idea di cinema vita, che vive nell’espressività
dei silenzi, nell’elegia della azioni routinarie e nella potenza
emotiva dell’unione dei corpi. Il montaggio in
Days è praticamente inesistente, eppure Tsai
riesce a conferire una potenza inesauribile al fuoricampo
invisibile: emozioni, sofferenza, passione che forgiano i
protagonisti. Quello di Days è un dialogo
rarefatto, che esplora la dimensione spirituale passando attraverso
la corporalità sceneggiata, inserita in una bolla spaziale e
temporale che ne sancisce l’universalità.
L’incontro di due solitudini trova
una completezza inedita nel racconto incantevole di
Days, caratterizzato da una purezza cristallina
negli intenti e da una composizione estremamente evocativa, che
vive di momenti epifanici, apparizioni invisibili ma assolutamente
pervasive. Il senso del fuoricampo invisibile di
Days va cercato molto più a fondo, nel marasma di
sensazioni e sentimenti che scaturiscono trovandoci di fronte a dei
quadri intimisti talmente potenti da caratterizzare l’opera di Tsai
come una lettera d’amore all’arte.