Sembra che The Suicide Squad sia stato molto molto
impegnativo per tutto il cast di James
Gunn, ma a quanto pare, proprio la star del film,
Margot Robbie, ha avuto un’esperienza molto molto
dura con una sequenza in particolare, una sequenza che l’ha
lasciata malconcia e “pesta” per usare le sue parole. L’attrice ne
ha parlato durante un panel del DC FanDome, in cui ha confessato
che la sequenza è stata dura ma che a quanto pare il risultato è
stato grandioso.
Margot Robbie ha
spiegato che la sequenza è stata molto complicata e che ha
necessitato di 4 giorni di riprese: “Mi ricordo che guardando
gli ordini del giorno ho pensato che non saremmo stati in grado di
fare quello che c’era scritto. Ma lo abbiamo fatto, ed è stata
durissima, ed ero pesta alla fine, davvero pesta. Ma poco fa James
mi ha mandato un messaggio e mi ha detto che la scena è venuta
fantastica. A quanto pare tutta la sequenza sembra venuta fuori
molto molto bene, saprete esattamente di cosa sto
parlando.”
La registadi Gli
Eterni, Chloe Zhao, ha appena conquistato
il Leone d’oro a Venezia 77 con il suo ultimo film,
Nomadland, con protagonista Frances
McDormand. La giovane regista ha così catalizzato nuova
attenzione e ulteriore prestigio sul prossimo film del
Marvel Cinematic
Universe.
In una intervista con Indiewiresulla realizzazione
proprio di Nomadland e sulla sua decisione di
unirsi al MCU, la regista ha affermato che
quest’ultima è stata una decisione facile da prendere. Lei non è
certo la prima regista indie che si approccia ad un film dei
Marvel Studios, tuttavia non è stata la
possibilità di fare un blockbuster che l’ha convinta a dire sì a
Gli Eterni. Infatti sembra che la sua scelta sia stata condizionata
dal fandom dei Marvel Studios e dalla voglia di
fare un film senza tempo.
“Sono stata una fan del MCU per un decennio, per cui per me
ha molto senso unirmi ad un progetto Marvel. Voglio fare film che
durino, che siano legati ad emozioni senza tempo, che non siano
solo legati a ciò che è un trend topic sui social. Non sono
interessata a questo.”
Gli Eterni, diretto
da Chloe Zhao, vedrà nel cast Angelina
Jolie (Thena), Richard
Madden (Ikaris), Kit
Harington (Black Knight), Kumail
Nanjiani (Kingo), Lauren
Ridloff (Makkari), Brian Tyree
Henry (Phastos), Salma
Hayek (Ajak), Lia
McHugh (Sprite), Gemma
Chan (Sersi) e Don
Lee (Gilgamesh). La sceneggiatura è stata scritta
da Matthew e Ryan
Firpo, mentre l’uscita nelle sale è stata fissata al 12
Febbraio 2021.
Secondo gli ultimi aggiornamenti, il
cinecomic includerà nel MCU gli esseri superpotenti e quasi
immortali conosciuti dai lettori come Eterni e i mostruosi
Devianti, creati da esseri cosmici conosciuti come Celestiali. Le
fonti hanno inoltre rivelato a The Hollywood Reporter che un
aspetto della storia riguarderà la storia d’amore tra Ikaris, un
uomo alimentato dall’energia cosmica, e Sersi, eroina che ama
muoversi tra gli umani.
Nel film
Quella che doveva essere una manifestazione pacifica alla
convention del partito democratico statunitense del 1968 si è
trasformata in una serie di scontri violenti con la polizia e la
Guardia nazionale. Gli organizzatori delle proteste, tra cui Abbie
Hoffman, Jerry Rubin, Tom Hayden e Bobby Seale, sono stati accusati
di cospirazione e incitamento alla sommossa in uno dei processi più
noti della storia americana.
Fresca di debutto alla regia,
Olivia Wilde ha dato prova di possedere tutte le
carte in regola per diventare uno dei nomi più influenti del
panorama cinematografico statunitense. Affermatasi come attrice, la
Wilde ha inoltre dato prova nel corso degli anni di grande talento,
distinguendosi in titoli di rilievo e al fianco di noti interpreti
o registi.
Crescendo però, non si è limitata
alla sola recitazione, ricoprendo con successo anche altre attività
all’interno dell’industria cinematografica. Oggi le attenzioni sono
tutte su di lei, sui suoi prossimi passi come interprete e
soprattutto come regista.
9. Ha debuttato alla
regia. Nel 2019 l’attrice fa parlare molto di sé per il
suo brillante esordio alla regia con il film La rivincita delle
sfigate, incentrato sulla ricerca di svago di due adolescenti
prima dell’inizio del College. Grazie a tale titolo,
particolarmente amato dalla critica, la Wilde ottiene importanti
riconoscimenti e l’attenzione dell’industria riguardo alle sue doti
da regista. È inoltre già al lavoro sul suo prossimo film in tale
ruolo, intitolato Don’t Worry, Darling, descritto come un
thriller psicologico e con interpreti quali Shia
LaBeouf e Chris
Pine.
8. È nota anche per i suoi
ruoli televisivi. A conferire una prima notorietà
all’attrice è stato il ruolo di Jewel Goldman in Skin
(2003-2004), e ancor di più quello di Alex Kelly nella celebre
serie The O.C., dove ha recitato in un totale di 13
episodi tra il 2004 e il 2005. Successivamente, continua ad
apparire sul piccolo schermo coni il dramma The Black
Donnellys (2007), ma il ruolo che le conferisce vera
popolarità è quello di Tredici nella serie Dr. House – Medical Division (2007-2012),
dove recita accanto a Hugh
Laurie. Dedicatasi poi al cinema, la Wilde tornerà in
televisione per il ruolo di Devon Finestra in Vinyl
(2016), serie ideata da Martin
Scorsese.
Olivia Wilde in Dr. House
7. Non sapeva quale ruolo
avrebbe interpretato. Poco dopo aver sostenuto il suo
provino all’attrice venne comunicato che aveva ottenuto un ruolo
nella serie. Nessuno, però, le rivelò quale. Il giorno delle
riprese, l’attrice si presentò dunque senza ancora aver saputo cosa
realmente avrebbe dovuto fare, e fu solo in quel momento che
ricevette la sceneggiatura con indicato il proprio personaggio:
Tredici. La Wilde affermò di essere rimasta colpita nell’aver
ricevuto una parte tanto importante e centrale, e scoprì che nulla
le era stato detto affinché le sue prime scene potessero apparire
il più spontanee possibili.
6. Ha in seguito confermato
la sessualità del proprio personaggio. Quando il
personaggio di Tredici iniziò a prendere piede nella serie, in
molti iniziarono a chiedersi quale fosse il suo orientamento
sessuale. Ella, infatti, era stata scritta per risultare ambigua a
riguardo e generare un’iniziale confusione. In seguito, la stessa
Wilde ha confermato che il personaggio di Tredici è bisessuale,
anche se tale aspetto non viene eccessivamente marcato all’interno
della serie. Per l’attrice, inoltre, si trattava del secondo
personaggio bisessuale in pochi anni, essendolo stata anche la sua
Alex Kelly di
The O.C.
Olivia Wilde e Tron
5. È molto legata al titolo
fantascientifico. Nel 2010 l’attrice ha recitato nel
film di fantascienzaTron:
Legacy, sequel dell’originale del 1982. Qui la Wilde ha dato
vita al personaggio di Quorra, una ribelle che aiuterà il
protagonista nella sua missione. L’attrice si è particolarmente
affezionata al personaggio, a tal punto da voler eseguire
personalmente le numerose scene di combattimento con le arti
marziali, e ha poi avuto occasione di riprendere il personaggio
anche in seguito al film. Ha infatti doppiato Quorra nei
videogiochi Tron: Evolution (2010), Tron: Evolution –
Battle Grids (2010) e nella serie animata Tron:
Uprising (2012).
Olivia Wilde: il marito e i
figli
4. Era sposata con un
italiano. All’età di soli 19 anni, nel 2003, l’attrice è
convolata a nozze con il regista e musicista italiano Teo Ruspoli,
figlio dell’attore Alessandro. La coppia rimane legata per quasi un
decennio, mantenendo una particolare riservatezza circa la propria
vita privata. Nel 2011, tuttavia, i due annunciano di aver
divorziato, citando come cause alcune differenze inconciliabili.
Stando a quanto da lei poi dichiarato, in seguito a tale evento ha
iniziato a ritrovare la propria femminilità e la voglia di
concentrarsi sulla propria carriera.
3. Ha una relazione con un
noto attore. A partire dal novembre del 2011 l’attrice ha
avuto una relazione con l’attore Jason
Sudeikis, celebre per i suoi ruoli comici al cinema e
in televisione, poi trasformatasi in fidanzamento ufficiale nel
2013. Benché sembra siano ancora in attesa del vero e proprio
matrimonio, la coppia continua ancora oggi ad essere una delle più
solide di Hollywood, e nel 2014 hanno dato il benvenuto al loro
primo figlio, seguito poi da una bambina nel 2016. La Wilde ha
inoltre voluto il compagno tra gli attori principali del suo film
La rivincita delle sfigate.
Olivia Wilde è su Instagram
2. Ha un account
personale. L’attrice è presente sul social network
Instagram con un profilo seguito da 3,4 milioni di persone.
All’interno di questo, con un totale di quasi duemila post, la
Wilde è solita condividere momenti relativi alla propria
quotidianità, tra momenti di svago, luoghi visitati, curiosità,
foto con amici o la propria famiglia. Non manca inoltre di
condividere e sostenere le numerose cause umanitarie e animaliste
che le stanno a cuore, mentre spesso è possibile ritrovare anche
post relativi al proprio lavoro, aggiornando i suoi follower
riguardo i progetti futuri.
Olivia Wilde: età e altezza
1. Olivia Wilde è nata a
New York, Stati Uniti, il 10 marzo del 1984. L’attrice è
alta complessivamente 170 centimetri.
Personalità poliedrica dello
spettacolo italiano, Teddy Reno si è distinto nel
corso della sua carriera tanto come cantante quanto come attore.
Interprete in noti film, ha infatti avuto in più occasioni la
possibilità di recitare accanto a noti nomi del cinema italiano, da
amati attori a illustri registi.
Celebri sono tuttavia anche le sue
partecipazioni al Festival di Sanremo, come anche i numerosi
singoli incisi ed entrati nell’immaginario collettivo della canzone
italiana. Oggi novantenne, Reno ha modo di godersi i frutti di una
vita dedicata alla musica e allo spettacolo, ricevendo tutt’ora
riconoscimenti tanto dalle istituzioni quanto dai suoi fan.
Ecco 10 cose che non sai di
Teddy Reno.
Parte delle cose che non sai
sull’attore e cantante
Teddy Reno: la sua biografia
10. Ha origini
aristocratiche. Reno nacque a Trieste, figlio di Paola
Sanguinetti Sacerdote e di Giorgio Merk. Quest’ultimo proveniva da
una famiglia austroungarica di origini aristocratiche. Il suo
cognome nobiliare completo è infatti Merk Von Merkenstein.
Tuttavia, dovette cambiarlo in Ricordi negli anni Trenta. Fu così
che anche il futuro cantante dovette acquisire il nuovo cognome.
Teddy Reno, infatti, non è altro che il nome d’arte di
Ferruccio Merk Ricordi. Egli venne in seguito
anche naturalizzato svizzero, avvicinandosi così ancor di più alle
proprie origini.
9. Fu incarcerato dai
tedeschi. Per via delle origini ebraiche della madre, la
famiglia si trovò a dover sfuggire, in seguito all’8 settembre, al
tentativo di cattura da parte dei tedeschi. Dovettero così
soggiornare per un periodo di tempo a Milano Marittima, nel giugno
del 1944, sotto falsa identità. Tuttavia, nel dicembre dello stesso
anno si trasferirono nel ferrarese, dove vennero catturati e
rinchiusi nel carcere di Codigoro. Con l’avvicinarsi della fine
della guerra, fortunatamente, riuscirono a riacquistare la libertà,
e Reno poté proseguire la carriera da cantante.
Teddy Reno a Sanremo
8. Ha partecipato al
celebre festival della canzone italiana. Nel 1953 Reno
consacra la propria popolarità partecipando per la prima volta al
Festival di Sanremo. Qui si presenta con i brani Lasciami
cantare una canzone e Campanaro, classificandosi
rispettivamente al terzo e secondo posto. Pur mancando la vittoria
per soli otto punti di differenza dal primo classificato, Reno ne
acquista in visibilità, contribuendo così al suo sempre più deciso
ingresso nel mondo della musica e della televisione.
Teddy Reno: i suoi film
7. Ha recitato in noti
lungometraggi italiani. Reno debutta come attore nel 1951
per il film Miracolo a Viggiù, per poi prendere parte
I cinque dell’Adamello (1954), Balla tragica
(1955), e Totò, Peppino e la… malafemmina (1956), grazie a
cui ottiene maggior popolarità come interprete. Negli anni
successivi, compare anche in Totò, Peppino e i fuorilegge
(1956), Totò, Vittorio e la dottoressa 1957),
Peppino, le modelle e… ‘chella llà (1957), Il
nemico di mia moglie (1959), con Marcello
Mastroianni, I Teddy boys della canzone (1960),
Il giorno più corto (1962), Rita la zanzara
(1966), con Giancarlo Giannini, Non stuzzicate
la zanzara (1967), La feldmarescialla (1967), con
Terence
Hill, e Little Rita nel West (1967), suo
ultimo film al cinema.
6. Ha ideato un film
televisivo musicale. Pur essendosi ritirato molto tempo
prima dal mondo del cinema, Reno ha continuato ad intrattenere un
solido rapporto con la televisione. Nel 2002, infatti, ha ideato
per il piccolo schermo un film musicale basato sulle avventure del
celebre personaggio Gian Burrasca. Per l’occasione, Reno ha inoltre
partecipato al processo di scrittura del film, insieme ad un gruppo
di altri sceneggiatori. All’interno del lungometraggio vi è inoltre
la presenza dell’attrice Ambra
Angiolini nel ruolo di Luisa.
Parte delle cose che non sai
sull’attore e cantante
Teddy Reno: chi è sua moglie
5. È sposato con una
celebre cantante. Nel 1961 Reno idea il Festival degli
sconosciuti, con l’obiettivo di scoprire e lanciare nuovi talenti.
La prima edizione, tenutasi nel 1962, vede come vincitrice
l’aspirante cantante Rita Pavone. Oltre a segnare
per lei un importante primo trampolino di lancio, il Festival le
diede l’occasione di conoscere Reno, con il quale intraprenderà una
relazione sentimentale. Nel 1968 i due finiranno poi per sposarsi a
Lugano, in Svizzera, nel 1968. In seguito all’ottenimento del
divorzio dalla prima moglie, giunto nel 1971, i due furono poi
liberi di sposarsi civilmente ad Ariccia nel 1976.
4. Hanno recitato insieme
in diversi film. Dopo essersi conosciuti grazie alla
comune passione per la musica e il canto, Reno e la Pavone ebbero
modo di recitare insieme anche in alcuni film della fine degli anni
Sessanta. La cantante è stata infatti protagonista dei film
Rita la zanzara, Non stuzzicate la zanzara, La
feldmarescialla e Little Rita nel West, nei quali
compare anche lo stesso Reno. Nel 2002, poi Reno collaborò insieme
alla moglie per l’ideazione del film su Gian Burrasca,
trasmesso in televisione.
Teddy Reno e i suoi figli
3. Ha tre figli.
Dal matrimonio con la prima moglie, la produttrice e distributrice
cinematografica Vania Protti, Reno ebbe un primo figlio nel 1958.
Questi è Franco Ricordi, oggi celebre come filosofo, saggista e
direttore artistico di teatro. Questi è in particolare divenuto
famoso per i suoi studi su Shakespeare e sulla drammaturgia antica.
Reno ebbe poi altri due figli dal successivo matrimonio, con la
cantante Rita Pavone, di cui però non si sa molto riguardo le loro
professioni.
Teddy Reno: oggi
2. Ha ricevuto importanti
riconoscimenti. Oggi Reno, a più di novant’anni, ha
drasticamente limitato le proprie apparizioni pubbliche, senza però
smettere di dedicarsi all’amata musica. Nel 2016, infatti, ha
rilasciato l’album Pezzi da… 90, realizzato proprio per i
suoi novant’anni e contenente nuove versioni dei suoi storici
successi, come anche brani totalmente inediti. Nello stesso anno,
inoltre, Reno ha ricevuto il Sigillo Trecentesco in argento della
città di Trieste, per i suoi meriti artistici e per l’aver portato
in alto il nome della sua città natale.
Teddy Reno: quanti anni ha
1. Teddy Reno è nato a
Trieste, in Friuli-Venezia Giulia, l’11 luglio del 1926.
Oggi Reno ha un totale di 94 anni.
Amato protagonista della comicità
italiana, Renato Pozzetto ha costruito una
carriera unica, fondata su una serie di surreali personaggi che
hanno fatto la sua fortuna come interprete. Recitando in noti film,
sempre accanto a celebri attori e registi, Pozzetto è infatti
diventato negli anni uno dei nomi di punta del cinema italiano, con
caratteristiche uniche nel suo genere.
Ecco 10 cose che non sai di
Renato Pozzetto.
Parte delle cose che non sai
sull’attore
Renato Pozzetto: la sua
biografia
10. La sua famiglia sfuggì
ai bombardamenti della guerra. L’infanzia dell’attore fu
particolarmente movimentata. A soli due anni, infatti, egli si
ritrova da Milano insieme ai genitori. La città era infatti stata
bombardata nell’ottobre del 1942, in piena Seconda guerra mondiale.
Egli trascorse così i primi anni della sua vita a Gemonio, piccolo
comune in provincia di Varese. Nel 1946, a guerra terminata, la
famiglia ebbe finalmente modo di tornare a Milano. Qui, Pozzetto
completò la sua formazione, arrivando a frequentare l’istituto
tecnico per geometri “Carlo Cattaneo”, dove conobbe Aurelio
Ponzoni, detto Cochi.
9. Fece parte di un
acclamato duo comico. Insieme a Ponzoni, Pozzetto
forma il due comico “Cochi e Renato”, e insieme debuttano
all’Osteria dell’Oca di Milano. In breve tempo iniziano ad ottenere
sempre più popolarità grazie a significative esperienze
nell’ambiente del cabaret milanese. Il segreto del loro successo è
uno stile comico originale e poetico. La svolta arriva nel momento
in cui ottengono un contratto con la Rai, arrivando così a condurre
programmi come Quelli della domenica (1968), Il buono
e il cattivo (1972) e Canzonissima (1974). A partire
dalla metà degli anni Settanta, Pozzetto esordì poi al cinema con i
suoi primi film.
Renato Pozzetto: i suoi film e la
televisione
8. Ha recitato in celebri
film comici. Pozzetto debutta al cinema nel 1974 con il
film Per amare Ofelia, per poi distinguersi in titoli come
Di che segno sei? (1975), con Paolo
Villaggio, Il padrone e l’operaio (1975),
Telefoni bianchi (1976), Sturmtruppen
(1976), Gran bollito (1977), con LauraAntonelli, Giallo napoletano (1979),
La patata bollente (1979), Sono fotogenico
(1980), Fico d’india (1980), con Gloria
Guida, Nessuno è perfetto (1981), La
casa stregata (1982), Testa o croce (1982),
Questo e quello (1983), Il ragazzo di campagna
(1984), Lui è peggio di me (1985), Grandi
magazzini (1986), con Lino
Banfi, Le comiche (1990),
Piedipiatti (1991), Ricky e Barabba (1992),
Miracolo italiano (1994), Oggi sposi (2009),
Ma che bella sorpresa (2015), con Claudio
Bisio. È inoltre pronto a tornare al cinema nel film
Lei mi parla
ancora, nel ruolo di Nino Sgarbi.
7. Ha preso parte a
produzioni televisive. Nel corso della sua carriera,
Pozzetto ha sempre intrattenuto un buon rapporto con la
televisione, arrivando in più occasioni a recitare per diverse
miniserie. La prima di queste risale al 1971, ed è Riuscirà il
cav. papà Ubu?, dove interpreta il Secondo paladino. Ormai
particolarmente celebre, torna a recitare per la TV nel 1985 in
Sogni e bisogni, nel ruolo di Orazio. È poi in Nebbia
in Valpadana, del 2000, che segna il ritorno della coppia
Cochi e Renato. Al 2013 risale invece la sua ultima interpretazione
televisiva, per la miniserie Casa e bottega, di cui è
protagonista.
6. È anche regista e
sceneggiatore. Pozzetto non si è fatto mancare anche la
possibilità di ricoprire ruoli diversi da quello dell’interprete.
Nel 1978, infatti, esordisce alla regia con il film
Saxofone, da lui anche interpretato. Seguiranno poi Il
volatore di aquiloni (1987), Papà dice messa (1996) e
Un amore su misura (2007). Questi, come molti altri titoli
della sua carriera, sono anche stati scritti da lui. Pozzetto,
infatti, vanta anche una ricca attività da sceneggiatore per film
come Tre tigri contro tre tigri (1977), Per
vivere meglio divertitevi come noi (1978), Culo e
camicia (1981), Questo e quello (1983) e Un
povero ricco (1983).
Parte delle cose che non sai
dell’attore
Renato Pozzetto in Da grande
5. Da grande
è uno dei suoi film più famosi. Una delle pellicole che
più di altre hanno segnato la carriera dell’attore è Da
grande, commedia del 1987. La storia è quella di Marco
Marinelli, bambino di 8 anni che non sopportando più i rimproveri
dei genitori e le prese in giro subite a scuola, esprime il
desiderio di diventare subito adulto. Ciò, straordinariamente, si
realizza, e così il piccolo Marco si ritrova nel corpo di un
quarantenne, che ha le fattezze di Pozzetto. L’attore ebbe qui modo
di dar vita a numerose gag comiche, dando prova della sua grande
capacità di risultare divertente anche in situazioni
particolarmente stravaganti.
Renato Pozzetto: la moglie e i
figli
4. Ha avuto un solo, lungo
matrimonio. Dietro a Pozzetto e ai suoi tanti successi vi
è sempre stata la stessa donna, Brunella Gubler,
da lui sposata nel 1967 e amata per tutta la vita. L’attore ha
raccontato di averla conosciuta durante l’adolescenza, e di esserle
stato sempre accanto, sino alla scomparsa di lei avvenuta nel 2009.
Nel corso dei decenni, Pozzetto non ha mai lasciato che la propria
vita privata vedesse l’intromissione del suo successo. La stessa
moglie non era interessata al mondo del cinema, e ciò le permetteva
di rimanere “nell’ombra”. La coppia ha inoltre avuto due figli,
Francesca e Giacomo.
Renato Pozzetto e il famoso “taac”
di Il ragazzo di campagna
3. È noto il suo
tormentone. Il film Il ragazzo di campagna non è
celebre solo come uno dei più apprezzati film dell’attore, ma anche
per la nascita di quello che negli anni è diventato uno dei grandi
tormentoni dell’attore. Nel film, infatti, Pozzetto si ritrova ad
improvvisare un verso, “taac”, che in breve tempo divenne
estremamente popolare. L’ispirazione, raccontò in seguito, gli
venne frequentando il Bar Gattullo, dove era solito riunirsi con
Cochi. Qui si imbatté un giorno in un cliente che parlando
utilizzava tale intercalare. Pozzetto riprese questa stravaganza e
la fece propria, con un significato vicino al semplice “fatto”.
Renato Pozzetto e Sylvester
Stallone
2. Vanta una curiosa
somiglianza con l’attore americano. Se su Internet si
cerca il nome di Pozzetto accostato a quello dell’attore Sylvester
Stallone, ci si potrà imbattere in una serie di
curiose e ironiche foto che pongono a confronto i due interpreti.
Dalle immagini in questione risulta effettivamente una certa
somiglianza tra i loro volti. Questi meme sono diventati
particolarmente virali, e pur non avendo un reale fondamento, sono
l’ennesima prova di come gli utenti di Internet siano in grado di
ritrovare divertenti particolari degli interpreti più popolari del
cinema, italiano e internazionale.
Renato Pozzetto: età e
altezza
1. Renato Pozzetto è nato a
Milano, in Lombardia, Italia, il 14 luglio del 1940.
L’attore è alto complessivamente 173 centimetri.
Nella storia del cinema, una delle
vite più intriganti, perfettamente identificabile con la formula
“bigger than life”, è senza dubbio quella dell’attrice
Hedy Lamarr. Ella non si distinse soltanto come
interprete, attività dove segnò importanti traguardi, ma anche come
brillante inventrice nella guerra contro i nazisti.
Ricca di intelligenza e fascino,
Lamarr si distingueva da tutte le sue colleghe, vantando risorse
inesauribili. Soltanto in seguito alla sua scomparsa si riscoprì
molto del suo operato, che permise di dare nuovo prestigio alla sua
figura, ancora oggi insuperata.
Ecco 10 cose che non sai di
Hedy Lamarr.
Hedy Lamarr: la sua biografia
10. È cresciuta in un
quartiere ebreo. L’attrice nacque a Vienna il 9 novembre
del 1941 con il nome Hedwig Kiesler, e crebbe a Döbling, quartiere
ebreo della stessa città. Qui suo padre era direttore di banca e
sua madre una pianista. Frequentò la Döblinger Mädchenmittelschule,
e intorno agli anni Trenta iniziò anche a frequentare i Sascha Film
Studios, celebre casa di produzione austriaca, dove ottenne le sue
prime parti cinematografiche. Per perseguire tale carriera, si
ritrovò a dover rinunciare agli studi presso la facoltà di
ingegneria, dove era ritenuta una delle studentesse più
intelligenti. Grazie ai suoi primi ruoli, iniziò con l’ottenere una
sempre maggiore popolarità in Austria, aiutata anche dal fatto che
nessuno sembrava sospettare che fosse ebrea.
9. Scappò dal suo
paese. Divenuta ormai una vera e propria icona, l’attrice
conosce l’industriale delle armi Fritz Mandl. Questi era nato
ebreo, ma si era in seguito convertito al cattolicesimo. I due si
sposarono il 10 agosto del 1933, intraprendendo poi un viaggio di
nozze in Italia. Al ritorno a Vienna, però, l’attrice si ritrovò
reclusa nel palazzo del marito, estremamente geloso di lei. Dato
anche il crescente antisemitismo di quegli anni, tentò dunque una
prima fuga a Budapest, ma ebbe più successo al secondo tentativo,
trovando riparo in Svizzera e poi a Londra, dove ottenne
l’annullamento del matrimonio per “motivi razziali”. Qui conobbe il
celebre produttore Louis B. Mayer, che acconsentì
a portarla con sé ad Hollywood, assegnandole il nome “Hedy
Lamarr”.
8. Ad Hollywood divenne una
bellezza esotica. Giunta nella “Mecca del Cinema”,
l’attrice inizia a consolidare le proprie caratteristiche, dalla
recitazione statica all’inconfondibile look. In breve, la Lamarr si
ritrova ad essere definita una “bellezza esotica”, e il suo fascino
la fa diventare una delle donne più belle di Hollywood. Diventa
estremamente popolare, realizza numerosi film accanto a celebri
attori e si conferma uno dei nomi più ricercati dell’industria.
Tuttavia, la sua attività cinematografica dura fino alla fine degli
anni Cinquanta, dopodiché si ritirerà a vita privata, vivendo di
altro.
Hedy Lamarr: i suoi film
7. Ha recitato in noti film
tra l’Austria e Hollywood. L’attrice debutta sul grande
schermo con film di produzione austriaca, tra cui il celebre
Estasi (1933). Trasferitasi ad Hollywood, inizia a
recitare per una serie di titoli come Un’americana nella
Casbah (1938), La signora dei tropici (1939),
Questa donna è mia (1940), La febbre del petrolio
(1940), Corrispondente X (1940), Le fanciulle delle
follie (1941), con Judy
Garland, Gente allegra (1942), Crepi
l’astrologo (1944), I cospiratori (1944), Venere
peccatrice (1946), Disonorata (1947), Sansone e
Dalila (1949), L’amante (1950), Le frontiere
dell’odio (1950), L’avventuriera di Tangeri (1951),
L’amante di Paride (1954), L’inferno ci accusa
(1957) e L’animale femmina (1958), suo ultimo film.
6. Produsse due suoi
film. Nel corso della sua carriera cinematografica, la
Lamarr si dimostra sempre piuttosto legata ai progetti che la
vedono protagonista. In due occasioni, oltre ai panni
dell’interprete, ha infatti vestito anche quelli della produttrice.
I titoli in questione sono Venere peccatrice, dove
interpreta Jenny Hager, ragazza bella e senza cuore che aspira a
sposare l’uomo più ricco in città, e L’amante di Paride,
liberamente ispirato al mito del principe Paride, e dove l’attrice
ricopre diversi ruoli, tra cui quello della leggendaria Elena di
Troia.
Hedy Lamarr in Estasi
5. Diede vita al primo nudo
della storia del cinema. Nel 1932 l’attrice prende parte
in qualità di protagonista al film Estasi.
Questo titolo si rivelò estremamente importante nella sua carriera,
e ne condizionerà l’intera esistenza. Motivo di ciò è la presenza
del primo nudo integrale
della storia del cinema. Tale immagine destò innumerevoli
scandali, e il film venne inizialmente proibito in Germania per poi
uscire nel 1935 con pesanti censure. Anche il pubblico dell’epoca
accolse però in modo negativo il titolo, sottolineando l’immoralità
della protagonista e la sua impunita trasgressione nei confronti
del marito.
4. L’attrice lamentò di
essere stata costretta a girare la scena. Difficile
stabilire come si svolsero effettivamente le riprese, ma stando a
quanto dichiarato dall’attrice nella sua autobiografia, sembra che
si ritrovò pressoché costretta a girare la celebre scena. Ella
afferma infatti di non aver saputo da subito che era previsto un
suo nudo, e quando le venne comunicato il regista tirò fuori il suo
impegno contrattuale per evitare lamentele. Stando ad altre fonti
invece, che riportano testimonianze della troupe, l’attrice sembra
fosse perfettamente consapevole del nudo e che non fece alcuna
opposizione a riguardo. I dubbi sulla verità, come spesso accade,
fanno parte del mito.
Hedy Lamarr e il moderno
Wi-Fi
3. Partecipò all’invenzione
di una moderna tecnologia. L’attività di inventrice della
Lamarr venne alla luce soltanto verso il finire del XX secolo. Si
scoprì così che, desiderosa di contribuire alla lotta contro il
nazismo, ella sviluppò con il noto compositore George Antheil un
sistema di comunicazione basato sulla produzione e variazione a
intervalli regolari di 88 frequenze radio. Tale cambio di frequenza
rendeva infatti impossibile l’intercettazione e la comprensione dei
messaggi. Ciò permetteva al solo mandante e al solo ricevente del
messaggio di conoscere la traiettoria di armi come i siluri. Il
loro lavoro è alla basa della tecnica di trasmissione conosciuta
come frequency-hopping spread spectrum, oggi utilizzata
nella telefonia mobile e nelle reti wireless.
2. Ricevette numerosi
riconoscimenti per il suo contributo. Nonostante la sua
brillante invenzione, l’attrice dovette attendere gli anni Novanta
per ricevere i primi riconoscimenti a riguardo. Decaduto il segreto
militare sul brevetto, inizia così a diffondersi tale tecnologia.
In breve, l’attrice conosce una nuova fama, e nel 1997 le viene
conferito il prestigioso Electronic Frontier Foundation Pioneer
Award, per il suo contributo al progresso nel campo delle
telecomunicazioni e dell’informatica. L’anno seguente le viene
invece assegnata la medaglia Kaplan, la più prestigiosa
onorificenza austriaca per un inventore. Con questi ultimi tardivi
riconoscimenti, l’attrice può essere infine consegnata alla Storia
prima di congedarsi dal mondo, il 19 gennaio del 2000, data della
sua scomparsa.
Hedy Lamarr: il suo libro
autobiografico
1. Esiste una sua
autobiografia. Nel 1966 viene pubblicato il libro
Ecstasy and Me. My life as a Woman, il quale ripercorre la
vita dell’attrice attraverso una serie di interviste da lei
sostenute. La Lamarr, tuttavia, non gradì il modo in cui queste
erano state rimaneggiate, secondo lei per ricercare un aspetto
scandalistico. Per questo motivo intentò una causa contro la casa
editrice, chiedendo un risarcimento di oltre 9 milioni. Le due
parti trovarono tuttavia un accordo, e il libro continuò così ad
uscire senza grandi modifiche, con l’attrice che ne riconobbe la
validità.
La giuria presieduta da
Cate Blanchett e composta da Matt Dillon,
Veronika Franz, Joanna Hogg, Nicola Lagioia, Christian Petzold,
Ludivine Sagnier ha assegnato i premi per il concorso di
Venezia 77, ecco li di seguito.
CONCORSO UFFICIALE
Leone d’Oro per il miglior film Nomadland di Chole
Zhao
Leone d’Argento – Gran Premio della
Giuria a Nuevo Orden (New Orden) – Michel Franco
Leone d’Argento – Premio per la migliore
regia a Kiyoshi Kurosawa – Spy No Tsuma (Wife of a
Spy)
Coppa Volpi per la migliore interpretazione
maschile a Pierfrancesco Favino –
Padrenostro
Coppa Volpi per la migliore interpretazione
femminile a Vanessa Kirby – Pieces of a Woman
Premio per la migliore sceneggiatura a
Chaitanya Tamhane – The Disciple
Premio Marcello Mastroianni a un giovane attore o
attrice emergente a Rouhollah Zamani – Khorshid (Sun
Children)
SEZIONE ORIZZONTI
La Giuria della sezione Orizzonti –
presieduta da Claire Denis e composta
da Oskar Alegria, Francesca Comencini, Katriel Schory,
Christine Vachon – ha assegnato i seguenti premi:
Premio Orizzonti per il miglior film a
Dashte Khamoush (The Wasteland) – Ahmad Bahrami
Premio Orizzonti per la migliore regia a
Lav Diaz – Lahi, Hayop (Genus Pan)
Premio Speciale della Giuria Orizzonti a
Listen – Ana Rocha de Sousa
Premio Orizzonti per la miglior interpretazione
maschile a Taha Mahayni – The Man Who Sold His
Skin
Premio Orizzonti per la migliore interpretazione
femminile a Khansa Batma – Zanka Contact
Premio Orizzonti per la miglior
sceneggiatura a I predatori – Pietro Castellitto
Premio Orizzonti per il miglior
cortometraggio a Entre Tú Y Milagros – Mariana
Saffon
PREMIO VENEZIA OPERA PRIMA “LUIGI DE LAURENTIIS”
La Giuria del Premio Venezia Opera Prima “Luigi De
Laurentiis”- Leone del Futuro – presieduta
da Claudio Giovannesi e composta
da Remi Bonhomme e Dora Bouchoucha – ha
assegnato il riconoscimento
a Listen di Ana
Rocha de Sousa.
VENICE VR EXPANDED
Miglior storia VR: Sha Si Da Ming Xing (Killing
a Superstar) – Fan Fan
Migliore esperienza VR: Finding Pandora X –
Kiira Benzing
Miglior VR – The Hangman at Home – An
immersive single user experience – Michelle Kranot, Uri Kranot
Si sono concluse ieri, con l’ultimo
spettacolare appuntamento, le serate all’interno della cornice del
Campari Boat – In Cinema, la piattaforma
galleggiante sponsorizzata da Campari, Main
Sponsordella 77. Mostra Internazionale d’Arte
Cinematografica della Biennale di Venezia.
Ad aprire
l’appuntamento la serata la Presidente dell’Accademia David di
Donatello Piera Detassis e il
Direttore della Mostra del Cinema di Venezia, Alberto
Barbera.
Anche Clarice
Pinto, Senior Marketing Director di Campari Group
Italia, ha fatto il suo ingresso sul palco per raccontare
i valori – passione, creatività e valorizzazione dei
giovani talenti – alla base di tutte le attività del brand
nel corso di questa edizione di Biennale Cinema.
Grande, attesissima ospite
d’eccezione l’attrice Cate Blanchett – Presidente
di Giuria del Concorso della 77. Mostra Internazionale d’Arte
Cinematografica – che per l’occasione ha presentato in anteprima la
nuova serie TV, di cui è protagonista, “Mrs.
America” – prodotta da FX Productions – e
proposta in anteprima esclusiva per l’Italia su TIMVISION
Plus con programmazione settimanale dall’8 ottobre. La
proiezione è stata trasmessa in diretta streaming anche con il
TIMVISION Floating Theatre Roma,prima arena
galleggiante ecocompatibile della città di Roma ideata e
organizzata da Alice nella Città in collaborazione con EUR SPA,
grazie alla partnership con TIMVISION. Alla presenza di Cate
Blanchett a Venezia si è affiancata a Roma quella delle donne
dell’audiovisivo e delle associazioni impegnate sul tema della
parità di genere.
Già pluricandidata agli Emmy 2020,
la serie racconta la vera storia dell’aspro dibattito politico e
culturale sorto negli anni ’70 negli USA sull’approvazione
dell’Equal Rights Amendment (ERA), per il riconoscimento di pari
diritti a tutti i cittadini, senza distinzione di sesso. ‘Mrs.
America’ vanta un team di star: accanto al premio Oscar®
Cate Blanchett, l’attrice Rose
Byrne, nominata all’Emmy Award nel ruolo di Gloria
Steinem; la vincitrice dell’Emmy Award, Margo
Martindale (Bella Abzug); la vincitrice dell’Emmy e del
Golden Globe Award Uzo Aduba (Shirley Chisholm);
Elizabeth Banks (Jill Ruckelshaus) e la vincitrice
dell’Emmy e del Golden Globe Award Tracey Ullman
(Betty Friedan).
I produttori esecutivi sono il
vincitore dell’Emmy Award Dahvi Waller (Mad
Men), in qualità di creatore e showrunner, Stacey
Sher (Django Unchained, Erin Brockovich) nominato
dall’Academy Award, Coco Francini, Cate
Blanchett e Anna Boden& Ryan
Fleck (Captain Marvel, Billions), che hanno diretto quattro dei nove
episodi, compresi i primi due.
“Campari è davvero orgogliosa di aver partecipato e
contribuito a una manifestazione così importante come la 77. Mostra
Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia”
– ha affermato Clarice Pinto, Senior
Marketing Director di Campari Group Italia – “Abbiamo
voluto creare Boat – In Cinema per favorire occasioni di dialogo
tra i volti già affermati e quelli emergenti del grande schermo e
proseguire così il nostro percorso in questo affascinante
mondo”
Passione e
creatività, elementi imprescindibili nel percorso di
creazione dell’opera, fanno da fil rouge ai tanti eventi
che Campari – Main Sponsor della
Mostra per il terzo anno consecutivo – ha inserito nel proprio
palinsesto. Uno sguardo attento verso i giovani talenti di questo
affascinante mondo per facilitare l’incontro, il dialogo e
l’apprendimento reciproco tra volti già affermati ed emergenti del
grande schermo.
Un ringraziamento speciale al Comune
di Venezia, alla società Vela spa, alla Marina Militare e alla
Soprintendenza di Venezia, senza il supporto dei quali la
realizzazione di Boat – In Cinema nella splendida cornice
dell’Arsenale non sarebbe stata possibile.
Si conclude questa sera, con la
cerimonia di consegna dei premi ufficiali, la 77esima
Mostra internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia:
un’edizione davvero straordinaria, fortemente voluta dalla Biennale
di Venezia per lanciare un messaggio di ripartenza e speranza a
tutto il mondo, non solo all’industria dello spettacolo e
dell’intrattenimento. Per tributare un omaggio all’istituzione che,
con un atto di coraggio e resilienza, ha realizzato il primo evento
mondiale in presenza, l’associazione culturale MostraLido
di Venezia e la Fondazione Ente dello
Spettacolo hanno deciso di conferire il premio MostraLido
– giunto alla terza edizione – proprio alla Biennale di
Venezia, per celebrare la felice decisione di organizzare
la Mostra anche in un’annata così particolare
Questa mattina, nello Spazio FEdS
presso la Sala Tropicana dell’Hotel Excelsior, nell’ambito della
tradizionale cerimonia dedicata alla consegna dei premi
collaterali, Mons. Davide Milani (presidente della
FEdS), Luca Pradel e Lorenzo
Mayer (rispettivamente presidente e coordinatore di
MostraLido) hanno consegnato uno speciale Leone
d’Oro a Roberto Cicutto (presidente della
Biennale di Venezia), Andrea Del Mercato
(direttore generale della Biennale) e Alberto
Barbera (direttore artistico della sezione Cinema).
Il premio intende riconoscere una
scelta valorosa, che in principio poteva apparire temeraria e
avventata: “Per aver voluto tracciare – si legge nella motivazione
– una strada anziché limitarsi a seguirla. Nel 125esimo
anniversario della sua Fondazione (1895-2020), la Biennale di
Venezia ha saputo essere un esempio di cultura capace di dimostrare
al mondo il volto dell’Italia migliore. Segno di un nuovo inizio,
anche dopo 145 anni di storia”.
MostraLido e FEdS hanno consegnato
un “Leone d’Oro” unico e straordinario ai vertici della Biennale,
rappresentanti di un team ampio e composito (dai selezionatori ai
dipendenti): una testimonianza di gratitudine e ammirazione, per
sottolineare il gioco di squadra e la lungimirante visione
collettiva.
Introducendo i premiati, Mons.
Davide Milani ha sottolineato ancora una volta la vicinanza della
FEdS alla Biennale: “In un settembre che tutti preannunciavano come
cupo, questa Mostra ci aiuta ad andare oltre in una crisi comunque
grave, non solo per distrarci, ma per recuperare uno sguardo più
aperto sulla vita e l’esperienza umana. Mai come quest’anno, la
Mostra del Cinema ha offerto ragione per sperare”.
Nel ringraziare gli organizzatori
del premio, il presidente Roberto Cicutto ha ricordato che “le
organizzazioni culturali devono creare sviluppo, perché la cultura
non può essere un lusso”. Grato e onorato, Alberto Barbera ha
voluto evidenziare il lavoro “spesso nell’ombra” del direttore
generale Andrea Del Mercato, che è apparso visibilmente commosso
dalle parole del direttore artistico: “è stato essenziale – ha
detto Barbera – nel garantire sicurezza e serenità ai
partecipanti”.
La premiazione della Biennale ha
aperto la cerimonia di consegna dei premi collaterali. La giuria
del premio FEDIC (Federazione Italiana dei
Cineclub) ha premiato Miss
Marxdi Susanna Nicchiarelli, assegnando una
menzione speciale ad Assandiradi Salvatore Mereu e
al cortometraggio Finis terrae di
Tommaso Frangini. La Giuria C.G.S. – Cinecircoli Giovanili
Socioculturali ha dato il Premio “Lanterna Magica”
a Khorshid di Majid Majidi, che ha
ritirato il riconoscimento insieme al cast. Il Premio
Signis è andato a Quo vadis,
Aida? di Jasmila Žbanić, mentre a
Nomadland di Chloé Zhao è stata
data una menzione speciale. Fanheart3 ha assegnato
la Graffetta d’Oro a Saint-Narcisse di
Bruce La Bruce, la Nave d’Argento a The World to Come di Mona Fastvold,
la VR Fan Experience a Baba Yaga di Eric
Darnell e Mathias Chelebourg, con una menzione d’onore a
The Metamovie Presenta Alien Rescue di
Jason Moore.
Il
Diritto di opporsi, un dramma illuminante che porta sul
grande schermo una delle storie più importanti del nostro tempo,
con protagonisti Michael B. Jordan e i premi Oscar Jamie Foxx (“Ray”, “Baby Driver – Il genio
della fuga”, “Django: Unchained”) e Brie Larson (“Room”, “Short Term 12” e
“Captain Marvel”), arriva in DVD e Blu-Ray
dal 10 settembre.
Il
premiato regista Destin Daniel Cretton (“Il castello di vetro”,
“Short Term 12”) ha diretto il film da una sceneggiatura che ha
co-scritto, tratta dal pluripremiato best-seller di memorie ad
opera di Bryan Stevenson.
Il Diritto di opporsi, il
film
Il
Diritto di opporsi si basa sulla vera storia, potente e
stimolante, del giovane avvocato Bryan Stevenson (Jordan) e la sua
storica battaglia per la giustizia. Dopo essersi laureato ad
Harvard, Bryan avrebbe potuto scegliere fin da subito di svolgere
dei lavori redditizi. Al contrario, si dirige in Alabama con
l’intento di difendere delle persone condannate ingiustamente, o
che non avevano una rappresentanza adeguata, con il sostegno
dell’attivista locale Eva Ansley (Larson). Uno dei suoi primi casi,
nonché il più controverso, è quello di Walter McMillian (Foxx), che
nel 1987 viene condannato a morte per il famoso omicidio di una
ragazza di 18 anni, nonostante la preponderanza di prove che
dimostrano la sua innocenza, e il fatto che l’unica testimonianza
contro di lui è quella di un criminale con un movente per mentire.
Negli anni che seguono, Bryan si ritroverà in un labirinto di
manovre legali e politiche, di razzismo palese e sfacciato, mentre
combatte per Walter, e altri come lui, con le probabilità – e il
sistema – contro. Disponibile in DVD e Blu-Ray in tutti i
negozi e su Amazon.it
È il 1978 quando gli spettatori dei
cinema statunitensi si ritrovano a seguire gli spostamenti di un
personaggio non meglio identificato. Condividendo il proprio punto
di vista con il pubblico in sala, questi lo conduce attraverso le
stanze di una silenziosa abitazione. Un coltello affilato viene
preso da un cassetto, delle ripide scale vengono salite gradino
dopo gradino fino al giungere nella stanza dove si trova un’ignara
ragazza, prima vittima del mostro che ha ora un nome: Michael.
Michael Myers.
Con Halloween – La notte delle
streghe, capolavoro di John Carpenter, prende
così vita quello che tutt’oggi è uno dei più famosi e spaventosi
personaggi del cinema horror. Energumeno silenzioso e mascherato,
Myers è una macchina infernale, il cui unico scopo è quello di
uccidere senza pietà le proprie vittime. Protagonista di dieci film
usciti tra il 1978 e il 2018, il personaggio continua ancora oggi a
spaventare intere generazioni di spettatori. La saga a lui dedicata
non è tuttavia ancora conclusa, e Myers tornerà presto a spargere
sangue sul grande schermo.
Ecco 10 cose che non sai di
Michael Myers.
Michael Myers: i film in cui
compare
10. È il villain principale
della saga a lui dedicata. Il personaggio di Michael Myers
arriva al cinema con il film Halloween – La notte delle
streghe, con protagonista Jamie Lee
Curtis. Dato il grandissimo successo del film, nasce
una vera e propria saga horror dedicata al personaggio. Egli torna
così sul grande schermo come principale minaccia dei film
Halloween II – Il signore della morte (1981),
Halloween 4 – Il ritorno di Michael Myers (1988),
Halloween 5 – La vendetta di Michael Myers (1989),
Halloween 6 – La maledizione di Michael Myers (1995), con
Paul
Rudd, Halloween – 20 anni dopo (1998), con
Michelle
Williams, e Halloween – La resurrezione
(2002).
9. Sono stati realizzati
alcuni remake e sequel con il personaggio. Con
Halloween – La resurrezione si è conclusa ufficialmente la
serie di sequel, più o meno fortunati, del primo film. Nel 2007,
invece, ha preso vita il primo remake dell’originale del 1978.
Questo è intitolato Halloween – The Beginning, e segna un
nuovo inizio per le vicende di Michael Myers al cinema. Il film ha
poi avuto un sequel, intitolato Halloween II (2009). Nel
2018, tuttavia, con la benedizione di
Carpenter, arriva al cinema Halloween.
Questo si pone come sequel diretto dell’originale, ignorando gli
eventi di tutti gli altri film realizzati nel corso del tempo.
Questo viene annunciato come il primo capitolo di una nuova e
conclusiva trilogia, che comprenderà dunque anche Halloween Kills
(2021) e Halloween Ends (2022).
Michael Myers: gli attori del
personaggio
8. Nick Castle è il suo più
celebre interprete. Nel corso degli anni sono molti gli
attori alternatisi nei panni del personaggio. Complice anche
l’utilizzo della maschera, era infatti possibile affidarsi a
persone diverse senza che la cosa fosse troppo evidente. Il più
celebre di tutti, nonché l’originale, è però Nick
Castle. Questi venne scelto per il ruolo quasi per caso,
essendo un amico del regista trovatosi a curiosare sul set. Le
indicazioni fornitegli da Carpenter per interpretare l’assassino
furono minime, e l’attore venne pagato soltanto 25 dollari al
giorno. Castle si è però sempre dichiarato legato al personaggio, e
ne ha ripreso i panni in occasione del film del 2018.
7. È stato interpretato da
un noto wrestler. Per i film Halloween – The
Beginning e Halloween II, il ruolo di Myers è stato
interpretato dall’attore Tyler Mane. Questi è in
particolare noto per essere stato un wrestler nella federazione WCW
con il nickname Nitro. Ad oggi, con i suoi oltre 2 metri di
statura, Mane è il più alto attore ad aver dato vita al
personaggio. Venne scelto proprio per questa sua caratteristica
fisica, che permise di incutere reale timore negli altri attori del
cast.
6. Quasi ogni film ha avuto
un interprete diverso per il personaggio. Oltre a Castle e
Mane, per gli altri film della saga sono stati contattati sempre
attori diversi per dar vita al celebre assassino. Dick
Warlock lo interpreta in Halloween II – Il signore
della morte, mentre George Wilbur in
Halloween 4 e Halloween 6. Don
Shanks è invece Myers in Halloween 5, mentre in
Halloween – 20 anni dopo il personaggio è interpretato da
Chris Durand. Brad Loree gli dà
invece vita in Halloween – La resurrezione. Nei nuovi
film, invece, Castle alterna il personaggio con l’attore
James Jude Courtney.
Michael Myers: la sua
maschera
5. Vi è una buffa storia
dietro la maschera del personaggio. Avendo a disposizione
un budget estremamente ridotto, Carpenter dovette arrangiarsi in
molti modi per metter su il suo film, andando quanto più possibile
a risparmio. Fondamentale era però la scelta della maschera che
avrebbe indossato il mostro. Nell’ideare questa, Carpenter raccontò
di non essersi sprecato in riflessioni eccessivamente contorte. Il
regista si recò semplicemente in un negozio di maschere, dove ne
acquistò una del capitano Kirk, personaggio della saga di Star
Trek. Questa venne poi colorata e gli occhi furono ingranditi.
Nacque così la leggendaria e spaventosa maschera di Michael
Myers.
Michael Myers in Dead by
Daylight
4. È il personaggio di un
noto videogioco. Michael Myers compare come personaggio
giocabile nel videogioco Dead by Daylight, di genere
survival horror. Qui è possibile vestire i suoi panni alla
ricerca di sopravvissuti da uccidere brutalmente. Allo stesso
tempo, è possibile assumere anche il ruolo di Laurie Strode, la
giovane protagonista di alcuni dei film di Halloween, che
si ritrova a dover scappare dal mostro. I due personaggi sono
disponibili insieme alla mappa che riproduce la cittadina di
Haddonfield.
Michael Myers: da bambino
3. La sua malvagità ha
origini antiche. Il pubblico rimase particolarmente
sconvolto nel vedere che il terribile omicida della prima sequenza
del film del 1978 era un semplice bambino. Negli anni, tuttavia,
l’infanzia di Michael Myers si è arricchita di dettagli che hanno
permesso di ritrovare già nella sua tenera età i segni di quello
che sarebbe diventato il minaccioso omicida. Il bambino, infatti,
ha da sempre manifestato segni di squilibrio psichico, che negli
anni sono andati accentuandosi. Approfondendo la storia della sua
famiglia, si è poi scoperto che già il suo bisnonno era stato un
terribile omicida, guidato probabilmente da antiche e malvagie
forze oscure.
Michael Myers: la storia vera
2. Non è un personaggio
realmente esistito. Per quanto nell’ideazione del
personaggio Carpenter possa essersi ispirato a qualche reale serial
killer, il personaggio di Michael Myers non è realmente esistito.
Al regista venne infatti chiesto di ideare un nuovo personaggio
horror che potesse funzionare al cinema, e fu così che egli arrivò
a dar vita ad un essere apparentemente umano ma con aspetti
mostruosi e sovrumani. Per il nome del personaggio, Carpenter
scelse quello dell’omonimo distributore europeo che lo aveva
aiutato a portare in sala il suo precedente film, Distretto 13
– Le brigate della morte.
Michael Myers l’altezza del
personaggio
1. È un vero e proprio
gigante. L’altezza complessiva di Myers non è mai stata
realmente stabilita, e negli anni questa è anche parzialmente
variata in base all’interprete che ne vestiva i panni.
Nell’immaginario comune, ad ogni modo, il personaggio si è
affermato come un vero e proprio gigante, la cui altezza, anche in
relazione agli altri personaggi che lo circondano, supera
facilmente i due metri. L’imponenza di Myers è infatti il suo
aspetto più spaventoso.
Serena Rossi e
Stefano Accorsi sono i protagonisti di
Lasciami Andare, il nuovo film di Stefano
Mordini. Eccoli che raccontano il film in occasione della
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica
di Venezia, dove viene presentato come film di chiusura.
Marco (Stefano Accorsi) e Anita
(Serena Rossi) scoprono di aspettare un
figlio. Finalmente un raggio di luce nella vita di Marco,
messa duramente alla prova dal dolore per la scomparsa di Leo, il
suo primogenito avuto con la prima moglie Clara (Maya Sansa).
Improvvisamente però, nella vita di Marco e della sua ex moglie,
irrompe Perla (Valeria Golino), la nuova proprietaria della casa
dove la coppia abitava fino al tragico incidente. La misteriosa
donna sostiene di sentire costantemente una strana presenza e la
voce di un bambino che tormenta sia lei che suo figlio. Marco
si ritrova così combattuto tra i legami del passato e un futuro
ancora da scrivere.
La Warner Bros ha posticipato
l’uscita di Wonder Woman
1984 al giorno di Natale 2020. Lo studio, insieme alla
Legendary Pictures, ha invece mantenuto invariata la data d’uscita
di Dune,
al 18 dicembre, appena una settimana prima del film di
Patty Jenkins. La scelta, condizionata
naturalmente dalla lenta riapertura delle sale dopo la chiusura
totale della scorsa primavera/estate, posiziona due grossi
blockbuster a distanza ravvicinata.
In Wonder Woman 1984, è rapido balzo
fino agli anni ’80 nella nuova avventura per il grande schermo di
Wonder Woman, che si troverà ad affrontare un nemico del tutto
nuovo: The Cheetah. Sono iniziate le riprese del film che riprende
le avventure della supereroina, dopo il primo film campione
d’incassi della scorsa estate “Wonder Woman” della Warner Bros.
Pictures che ha incassato 822 milioni di dollari al box office a
livello mondiale. Come il precedente, anche “Wonder Woman 1984”
sarà diretto dall’acclamata regista Patty Jenkins e la protagonista
sarà ancora una volta Gal Gadot. Wonder Woman
1984” è ispirato al personaggio creato da William Moulton Marston e
pubblicato nei fumetti dalla DC Entertainment.
Con il ritorno di Patty
Jenkins alla regia e di Gal Gadot nel
ruolo principale, “Wonder Woman 1984” è il seguito della Warner
Bros. Pictures del primo film campione d’incassi sulla supereroina
DC, “Wonder Woman” del 2017, che ha incassato 822 milioni di
dollari a livello mondiale. Nel film recitano anche Chris
Pine nel ruolo di Steve Trevor,
Kristen Wiig nel ruolo di The Cheetah, Pedro
Pascal in quello di Max Lord,
Robin Wright nei panni di Antiope e
Connie Nielsennei panni di Hippolyta
È stato assegnato venerdì
11 settembre alle ore 17.00 presso la
Sala degli Stucchi dell’Hotel Excelsior, alla presenza di
Alberto Barbera, Direttore della 77. Mostra Internazionale d’Arte
Cinematografica, Piera Detassis, Presidente
Accademia del Cinema Italiano – Premi David di Donatello,
Mario Lorini, Presidente ANEC e Mariella
Andreatta, Presidente Comitato UNICEF
Veneto, Maria Pia Ammirati, Presidente
Istituto Luce – Cinecittà. La cerimonia di
premiazione del Leoncino d’Oro, istituito da
AGISCUOLA nel 1989 e quest’anno in collaborazione
con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo,
con il Ministero dell’Istruzione, l’Accademia del Cinema Italiano
Premi David di Donatello e l’Associazione Nazionale Esercenti
Cinema.
Giunto alla 32° edizione, il
Leoncino è divenuto nel tempo uno dei premi collaterali più
importanti e significativi della Mostra del Cinema di Venezia. In
questa particolare edizione i giovani giurati provenienti da tutta
Italia hanno anche assegnato – in seguito ad un accordo siglato con
il Comitato Italiano per l’UNICEF – il prestigioso premio
Segnalazione Cinema For UNICEF, riconoscimento
istituito dal Comitato Italiano per l’UNICEF presso la Mostra sin
dal 1980.
Durante la cerimonia Il Premio
Leoncino d’Oro della 77. Mostra d’arte
cinematografica di Venezia è stato assegnato al film
Nuevo Orden di Michel
Franco alla presenza del regista, con la seguente
motivazione:
“Le disturbanti immagini di un
futuro distopico si rincorrono in un violento crescendo che porta
alla caduta della società nel baratro del caos. Per aver mostrato
scenari inquietanti, proprio perché plausibili, per aver
magistralmente diretto un’opera indispensabile, che si presenta
come un severo monito per lo spettatore e per aver lanciato un
messaggio universale sulla necessità di agire prima che sia troppo
tardi.”
La Segnalazione Cinema For
UNICEF è stata assegnata al film
Notturno di Gianfranco
Rosi, presente alla premiazione, con la seguente
motivazione:
“Le nitide istantanee di una
guerra quotidiana, fatta di silenzi e di parole impossibili da
pronunciare, raccontano una verità che esplode come assordanti
colpi di fucile. Per aver mostrato una realtà dove anche i bambini
parlano il linguaggio della sofferenza e aver riunito in un lungo
viaggio interi territori accomunati dagli echi di un conflitto
statico e senza fine.”
I vincitori del Leoncino d’Oro Agiscuola
1989 SCUGNIZZI di Nanni Loy
1990 UN ANGELO ALLA MIA TAVOLA di Jane Campion
1991 LA LEGGENDA DEL RE PESCATORE di Terry Gilliam
1992 UN CUORE IN INVERNO di Claude Sautet
1993 FILM BLU di Krzysztof Kieslowski
1994 PRIMA DELLA PIOGGIA di Milcho Manchewski
1995 L’UOMO DELLE STELLE di Giuseppe Tornatore
1996 HOMMES FEMMES: MODE D’EMPLOI di Claude Lelouch
1997 OVOSODO di Paolo Virzì
1998 GATTO NERO GATTO BIANCO di Emir Kusturica
1999 JESUS’ SON di Alison MacLean
2000 I CENTO PASSI di Marco Tullio Giordana
2001 ABRIL DESPERAÇADO di Walter Salles
2002 L’UOMO DEL TRENO di Patrice Leconte
2003 BUONGIORNO, NOTTE di Marco Belloccio
2004 BINJIP – FERRO 3 di Kim Ki-duk
2005 SIMPATHY FOR LADY VENGEANCE di Park Chan-Wook
2006 EJPHORIJA (Euphoria) di Ivan Vyrypaev
2007 THE DARJEELING LIMITED di Wes Anderson
2008 IL PAPA’ DI GIOVANNA di Pupi Avati
2009 CAPITALISM: A LOVE STORY di Michael Moore
2010 LA VERSIONE DI BARNEY di Richard J. Lewis
2011 CARNAGE di Roman Polaski
2012 PIETA’ di Kim ki-Duk
2013 SACRO GRA di Gianfranco Rosi
2014 BIRDMAN di Alejandro G. Inarritu
2015 L’ATTESA di Piero Messina
2016 NA MLIJEČNOM PUTU (On the Milky Road) di Emir Kusturica
2017 THE LEISURE SEEKER (Ella & John) di Paolo Virzì
2018 WERK OHNE AUTOR (OPERA SENZA AUTORE) di Florian Henckel von
Donnersmarck,
2019 IL SINDACO DEL RIONE SANITA’ di Mario Martone
Tra i dieci film in concorso l’opera
prima KITOBOY (The Whaler Boy) di
Philip Yuryev è il vincitore del GdA
Director’s Award 2020 nella diciassettesima edizione delle
Giornate degli Autori.
L’opera è stata premiata dalla
giuria presieduta dal regista israeliano Nadav
Lapid e composta dai giovani europei del progetto
27 Times Cinema, ventisette spettatori provenienti
ognuno da un diverso Paese dell’Unione Europea.
Tutte le riunioni di giuria sono
state moderate da Karel Och, direttore del
festival di Karlovy Vary, che ha condotto le discussioni
accompagnando Lapid e i suoi giovani colleghi a decretare il
vincitore.
Questa la motivazione con la quale
hanno sostenuto la scelta: “Il vincitore del GdA Director’s
Award è The Whaler Boy di Philipp Yuryev. Era uno dei tre
film selezionati, assieme a Residue di Merawi Gerima,
ritratto intimo e sperimentale della comunità black a
Washington DC, e Conference di Ivan I. Tverdovskiy,
analisi non convenzionale della paura e del dolore, ambientata in
Russia durante una cerimonia in commemorazione di un attacco
terroristico. La giuria ha ritenuto che The Whaler Boy di
Yuryev fosse la prova cinematografica migliore, combinando il
genere drammatico e quello comico, pur mantenendo una forte visione
estetica. Questa opera prima del regista è una storia di
“coming-of-age” che ritrae un mondo mai esplorato prima con tanta
precisione e sapienza filmica. La decisione di avvalersi di attori
non professionisti ha conferito maggiore autenticità e la giuria ha
ritenuto che questo film meritasse di essere premiato.”
Il GdA Director’s Award ha un valore di 20.000 euro: metà
destinata al regista, metà al venditore internazionale del film,
per aiutarne la circolazione.
Leshka vive in un villaggio
sperduto sullo Stretto di Bering che divide la Russia dagli
Stati Uniti, tra il circondario autonomo della Čukotka e
l’Alaska. È un adolescente ed è anche un cacciatore di balene,
come la maggior parte delle persone nel paese. Da poco, è possibile
accedere a Internet. L’unico momento di conforto per i ragazzi è
diventata una video chat erotica che si interrompe continuamente.
Il buffering, comunque, non impedisce di osservare giovani donne
che vivono a migliaia di chilometri di distanza. Per tutti sembra
essere poco più che un passatempo divertente, per Leshka invece si
trasforma in una cosa seria quando si imbatte in una ragazza che
gli cambia la vita. Al mattino presto, Leshka ruba un motoscafo, un
binocolo e un arpione, e parte. Si prospetta un viaggio folle.
Arriverà in Alaska?
Senza alcuna esperienza
cinematografica, Philipp Yuryev (Mosca,
1990) è stato ammesso all’Università Statale Russa di
Cinematografia. Con il suo primo cortometraggio realizzato durante
gli studi, Utro drugimi glazami, si è aggiudicato
numerosi premi internazionali. Eguale successo ha ottenuto
con Vidoizmenennyy landshaft. Il suo film di
diploma, Pesnya mekhanicheskoy ryby, è stato
selezionato al Sundance e al Festival di
Clermont-Ferrand. Kitoboy è la sua opera
prima.
“L’idea di questo film mi è
venuta durante un viaggio nell’estremo nord della Russia,
ricorda il regista, “Arrivati in un piccolo villaggio di
pescatori, notammo che le donne più giovani erano partite per
frequentare le scuole estive in città. Quell’esodo fu una vera
tragedia per i ragazzi locali che dovettero trascorrere tre lunghi
mesi da soli. Di fatto, circondati da una tundra senza fine, quei
giovani furono totalmente abbandonati dalle donne, anche perché le
ragazze del villaggio più vicino non potevano spostarsi per una
semplice visita. La connessione alla Rete era scadente. L’unico
modo per osservare delle ragazze era una video chat erotica che
peraltro si interrompeva spesso. È stato proprio in quel momento
che ho scritto la prima versione di questa storia. Ho deciso di
trasferire la storia a Čukotka, in un piccolo villaggio popolato da
cacciatori di balene. Il protagonista, Leshka, sperimenta i tipici
problemi adolescenziali legati alla solitudine, il desiderio di
trovare l’amore e il sentirsi incompreso dai suoi amici. Sono
proprio esperienze del genere a rendere universale questa
storia.”
Emma Dante con Le
sorelle Macaluso,premiato anche per l’intero cast
femminile, e Alessandro
Gassmann, per la migliore interpretazione maschile
nell’opera prima di Mauro Mancini Non
odiare, in concorso alla SIC – Settimana
Internazionale della Critica – sono i vincitori dei
Premi Francesco Pasinetti 2020 assegnati
alla Mostra di Venezia dai Giornalisti Cinematografici
SNGCI.
Lo annuncia il Direttivo del
Sindacato che, come sempre, ha scelto i vincitori tra tutti i
film italiani presentati nelle diverse sezioni, insieme ai
componenti del suo Consiglio Nazionale accreditati alla
Mostra. Si tratta di scelte che confermano – pur di fronte
alla qualità e alle originalità delle proposte italiane nelle
diverse sezioni (e in particolare nella ‘rosa’ di scelte di
Venezia 77) – la particolare attenzione che il Sindacato
ha scelto di dedicare quest’anno soprattutto al cinema di fiction,
anche per sostenere la ripresa del cinema in sala.
In un’edizione difficile che la
Mostra 77 ha superato con successo, nonostante le difficoltà, i
Giornalisti Cinematografici esprimono un particolare apprezzamento
per l’attenzione che – tra i titoli delle diverse sezioni – la
selezione ha quest’anno riservato al cinema del reale.
Sottolineano, in particolare, l’importanza che ancora una volta il
Concorso, che mai come quest’anno ha segnalato il talento
femminile, abbia accolto l’eccellenza di un grande
documentario come Notturno di Gianfranco Rosi e
che la Mostra 2020 – fino alla selezione autonoma delle Giornate
degli Autori e della Settimana Internazionale della Critica – e
consegni alla storia di quest’edizione ‘miracolosa’, di
fronte alle difficoltà e ai rischi del Covid, un ventaglio di
titoli che esprimono un’attenzione speciale alla cronaca e al
sociale così come alla memoria del cinema.
Al film “Notturno”
di Gianfranco Rosi, in concorso alla 77a
mostra del cinema di Venezia, è andato il “Green drop award” 2020
di Green Cross Italia, patrocinato dal ministero dell’Ambiente e
dall’Enea. Ha ritirato il premio – la goccia di vetro di Murano
realizzata dal maestro Simone Cedese che quest’anno contiene la
terra di Forada, a testimonianza della catastrofe climatica che
colpì il pianeta cinquantasei milioni di anni fa e monito a non
ripeterla – la produttrice Donatella
Palermo di Stemal Entertainment.
La cerimonia di premiazione si è
svolta stamattina all’hotel Excelsior nella Sala della Fondazione
dello Spettacolo, al Lido di Venezia. Sono intervenuti il
presidente del Gse Francesco Vetrò, il responsabile documentari Rai
Cinema Gabriele Genuino, Gianluca Farinelli, direttore della
Cineteca di Bologn, direttore generale ANEC Simone Gialdini, il
presidente di Green Cross Italia Elio Pacilio, il direttore del
Green drop award Marco Gisotti, il co-ideatore del premio Maurizio
Paffetti.
“Secondo Bernard Tavernier, il primo
film ad aver ripreso una catastrofe ambientale è un rullo dei
fratelli Lumiere girato a Baku in Azerbaigian nel 1896, dove una
torre petrolifera veniva avvolta dai suoi stessi fumi – si legge
nella motivazione del premio. Nel film ‘Notturno’, in concorso alla
77a Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia,
vediamo sullo sfondo svettare le moderne torri estrattive figlie
delle stesse industrie di oltre un secolo fa. Sono solo un
paesaggio, ma molte immagini del film in concorso del regista
Gianfranco Rosi, insieme alla documentazione diretta del dramma
personale e politico dei suoi protagonisti, compongono un’opera la
cui urgenza è incarnata nei principi che da sempre ci hanno mosso
nell’assegnare il Green Drop Award alla produzione cinematografica
che nel corso della Mostra ‘abbia interpretato i valori
dell’ecologia e dello sviluppo sostenibile, con particolare
attenzione alla conservazione del pianeta e dei suoi ecosistemi per
le generazioni future, agli stili di vita e alla cooperazione fra i
popoli’. I giovani di tutto il pianeta invocano giustizia
ambientale, giustizia sociale e diritti umani non più
procrastinabili. Per vincere questa sfida e aprire gli occhi
servono opere come ‘Notturno’ di Gianfranco Rosi. A lui e alla
coraggiosa produzione va la nostra gratitudine e per queste ragioni
il Green drop award 2020 viene assegnato al film”.
“Ringrazio anche a nome di
Gianfranco Rosi per questo importante premio che mette al centro
l’umanità. Lo stesso fa Rosi con il suo cinema capace di
avvicinarci emotivamente a delle realtà nascoste nelle pieghe della
grande Storia”, ha dichiarato Donatella
Palermo, produttrice del film, ritirando il Premio.
“Come ha affermato lo stesso
Rosi – ha osservato il
presidente Pacilio -, in
‘Notturno’ è raccontata la quotidianità di chi vive lungo il
confine che separa la vita dall’inferno. Se non agiamo ora
contro i cambiamenti climatici, come ci ricorda la terra di Forada
contenuta nella goccia di vetro di Murano di quest’anno che abbiamo
consegnato alla produttrice del film, il futuro del pianeta
potrebbe essere un inferno. Non c’è un piano B: dobbiamo agire
tutti ora, per un futuro più sostenibile”.
Della giuria di questa nona edizione
del “Green Drop Award” hanno fatto parte, oltre a Green Cross
Italia, esponenti dell’Enea, del Gse, dell’Anec e delle Film
Commission.
CHE COS’E’ IL GREEN DROP
AWARD
Il Green Drop Award è il premio
istituito da Green Cross Italia, ONG internazionale fondata
da Mikhail Gorbaciov, e assegnato durante la
Mostra del Cinema di Venezia al film in gara nella selezione
ufficiale del festival che rappresenta meglio i valori ambientali e
della cooperazione. La prima “goccia” è stata consegnata nel 2012.
Quella 2020 è la nona edizione.
L’edizione 2020 è realizzata con
il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della
Tutela del Territorio e del Mare e
di ENEA – Ente per le nuove tecnologia, l’energia e
l’ambiente – e la collaborazione
della Sardegna Film Commission.
E’ Claudio
Giovannesi il presidente della giuria che, nell’ambito di
Venezia 77, sarà incaricata di premiare la migliore opera prima
della selezione ufficiale della Mostra Internazionale d’Arte
Cinematografica edizione 2020. Ecco le sue parole sul suo
lavoro e sul suo approccio al cinema, mentre ricorda la sua prima
volta dietro alla macchina da presa.
L’ultimo film del regista,
presentato al Festival di Berlino 2019 è
La Paranza dei Bambini, apprezzato sia all’estero che
in Italia, dove ha portato a casa diverse nomination ai David di
Donatello 2020.
Entrata a far parte
dell’immaginario collettivo grazie alla serie Baywatch,
Pamela Anderson è tutt’oggi considerata una vera e
propria sex symbol, capace di stregare con il suo fascino senza
tempo. La sua figura con indosso il celebre costume rosso da
bagnina è una delle immagini più celebri della televisione, che ha
fatto sognare intere generazioni di spettatori.
Al di là dell’attività da modella e
attrice, inoltre, la Anderson si è resa celebre per le sue numerose
campagne in difesa dei diritti per gli animali, come anche dei suoi
numerosi e turbolenti matrimoni. Con una vita tanto intensa come la
sua, era infatti difficile che l’attrice non rimanesse ancora oggi
in cima all’elenco dei nomi più chiacchierati di Hollywood.
Ecco 10 cose che non sai di
Pamela Anderson.
Parte delle cose che non sai
sull’attrice
Pamela Anderson: i suoi film e le
serie TV
10. Ha recitato in noti
lungometraggi. L’attrice debutta al cinema con un piccolo
ruolo in Rapina del Secolo a Beverly Hills (1991), per poi
apparire in Snapdragon – Il fiore che uccide (1993),
Soli contro il crimine (1994), Barb Wire (1996) e
Trapped – Identità nascoste (1996). Torna al cinema nel
2002, ricoprendo il ruolo di sé stessa in Scooby-Doo,
con Rowan
Atkinson, per poi apparire in Scary Movie 3 – Una
risata vi seppellirà (2003), Borat (2006), con
Sacha Baron
Cohen, e Superhero – Il più dotato fra i
supereroi (2008), con Kevin
Hart. Negli ultimi anni ha invece recitato in film
poco conosciuti come Hollywood & Wine (2011), The
People Garden (2016) e The Institute (2017), con
James
Franco. Nel 2017 è invece apparsa nel film
Baywatch, con Dwayne
Johnson, riprendendo il suo celebre ruolo.
9. È nota per i suoi ruoli
televisivi. La Anderson intraprende la propria carriera in
televisione recitando in alcuni episodi di serie come
Babysitter (1990), Sposati con figli (1991), e
Il tempo della nostra vita (1992). La consacrazione arriva
però grazie alla serie Baywatch, dove recita dal 1992 al
1997 nel ruolo di C. J. Parker. Parallelamente, ha poi recitato in
Quell’uragano di papà (1991-1997), e in seguito in
V.I.P. Vallery Irons Protection (1998-2002), Baywatch
– Matrimonio alle Hawaii (2003), Una pupa in libreria
(2005-2006), Package Deal (2013) e Sur-Vie
(2017).
8. Si è distinta come
produttrice. Nel corso della sua carriera la Anderson non
si è cimentata solo nella recitazione, ma ha anzi fatto valere il
proprio solido status all’interno dell’industria per affermarsi
anche come produttrice. Ha così intrapreso tale ruolo per la serie
action comedy V.I.P. Vallery Irons Protection, di cui è
stata anche protagonista, partecipando alla produzione di
circa 77 episodi. Successivamente, ha supportato la serie Una
pupa in libreria, a cui è stata molto legata. Negli ultimi
anni ha invece prodotto il documentario This Changes
Everything (2015), incentrato sulle problematiche del
cambiamento climatico, e The Game
Changers (2018), trattante l’utilizzo delle proteine da
parte di vari atleti.
Pamela Anderson e Adil Rami
7. È stata sposata con il
noto calciatore. Ad oggi la Anderson è stata sposata per
ben cinque volte, e il più delle volte i suoi matrimoni sono durati
particolarmente poco. Tra questi, è noto quello con il calciatore
Adil Rami, quarto marito dell’attrice e noto per
aver anche giocato nel Milan tra il 2014 e il 2015. I due si erano
conosciuti nel 2017 e avevano in breve intrapreso una relazione che
li ha portati al matrimonio nel 2018. Nel giugno del 2019,
tuttavia, l’attrice annuncia tramite il proprio profilo Instagram
la fine del rapporto con Rami, scrivendo di aver scoperto dei
ripetuti tradimenti di lui.
Pamela Anderson è su
Instagram
6. Ha un account
personale. L’attrice è presente sul social network
Instagram, dove possiede un account verificato seguito da 1,1
milioni di persone. Qui, con oltre duemila post, la Anderson è
solita condividere suoi scatti da modella, più o meno recenti, e
che provano l’indiscutibile fascino mai perso negli anni. Diversi
sono però anche le immagini relative a momenti di svago, in
compagnia di amici o colleghi, come anche i post contenenti
curiosità sulle sue attività più recenti.
Parte delle cose che non sai
sull’attrice
Pamela Anderson in Baywatch
5. Non era ben vista dal
protagonista della serie. Al momento di scegliere
l’interprete che avrebbe dato vita al personaggio di C. J. Parker
in Baywatch, il protagonista assoluto David
Hasselhoff si dichiarò contrario al casting della
Anderson. Questi, infatti, temeva che il seno prosperoso
dell’attrice avrebbe finito con il distogliere l’attenzione degli
spettatori dagli altri membri del cast. Fortunatamente, i
produttori non gli diedero retta e affidarono il ruolo alla
Anderson. Questa divenne poi uno dei personaggi più amati, ma i
timori di Hasselhoff non si verificarono, e l’attore si scusò per
aver esagerato a riguardo.
4. Avrebbe dovuto essere il
personaggio d’azione della serie. I piani originali
prevedevano che quello di C. J. Parker dovesse essere il
personaggio femminile dedito ad azioni spericolate e grandi
imprese. Anche per questo venne scelta la Anderson, la quale già di
suo presentava un fisico molto allenato. Tuttavia, tale ruolo
all’interno della serie venne lentamente affidato ai personaggi
Stephanie Holden e Neely Capshaw. Ciò è dovuto dal fatto che la
Anderson si ritrovò ad essere incinta nel 1995 e poi nuovamente nel
1997, e non potendo pertanto svolgere quanto inizialmente
previsto.
3. Possiede ancora
l’iconico costume. In recenti interviste, l’attrice ha
rivelato di essersi portata a casa dal set il celebre costume rosso
da bagnina che ha fatto sognare intere generazioni. La Anderson ha
inoltre affermato di avere grande cura nei confronti di questo, e
di indossarlo ancora di tanto in tanto in memoria dei bei tempi. In
particolare, sembra essere solita utilizzarlo per farsi la doccia,
o ancora per mostrarlo a quanti la vanno a trovare nella sua
abitazione.
Pamela Anderson: le sue
misure
2. È nota per il suo corpo
formoso. Da sempre l’attrice è famosa anche per le
generose curve del suo corpo, con misure come 91-60-92. Tale
caratteristica le ha permesso di diventare una delle più popolari
modelle degli anni Novanta. Celebri sono infatti le copertine di
note riviste in cui appare più o meno vestita, e particolarmente
nota è la sua collaborazione con Playboy. All’inizio della
sua carriera, tuttavia, l’attrice si era sottoposta ad un
intervento di mastoplastica additiva, arrivando però a rimuovere le
protesi con un secondo intervento nel 1999.
Pamela Anderson: età e
altezza
1. Pamela Anderson è nata a
Ladysmith, in Canada. L’attrice è alta complessivamente
170 centimetri.
Affiancano Margot Robbie, Mary Elizabeth Winstead (“10 Cloverfield
Lane”, “Fargo” in TV) nel ruolo di Huntress; Jurnee
Smollett-Bell (“True Blood” della HBO) nei panni di Black
Canary; Rosie Perez (“Fearless- Senza paura”,
“Pitch Perfect 2”) in quelli di Renee Montoya; Chris
Messina (“Argo”, “Sharp Objects” in TV) è Victor Zsasz; ed
Ewan McGregor (“Doctor Sleep”, i film
“Trainspotting”) è Roman Sionis. Fa il suo esordio sul grande
schermo Ella Jay Basco, nel ruolo di Cassandra
“Cass” Cain.
Birds of Prey, il film
Avete mai sentito la
storia della poliziotta, dell’uccello canterino, della psicopatica
e della principessa mafiosa? “Birds of Prey (e la fantasmagorica
rinascita di Harley Quinn)” è una storia contorta raccontata
dalla stessa Harley, come solo lei sa fare. Quando il malvagio
narcisista di Gotham, Roman Sionis, e il suo zelante braccio
destro, Zsasz, prendono di mira la piccola Cass, la città viene
messa sotto sopra per trovarla. Le strade di Harley, Huntress,
Black Canary e Renee Montoya si incrociano, e l’improbabile
quartetto non avrà altra scelta che allearsi per sconfiggere
Roman.
Diretto da
Cathy Yan da una sceneggiatura di Christina Hodson
(“Bumblebee”), il film è basato sui personaggi della DC Comics.
Margot Robbie ha anche prodotto la pellicola assieme a
Bryan Unkeless e Sue Kroll. I
produttori esecutivi del film sono Walter Hamada, Galen
Vaisman, Geoff Johns, Hans Ritter e David
Ayer. Disponibile in DVD, Blu-Ray, 4K UHD e Steelbook
Blu-ray in tutti i negozi e su Amazon.it
Durante la Fase 1 dell’Universo Cinematografico
Marvel, c’era solo una donna tra i Vendicatori e soltanto
pochissimi altri personaggi femminili che potevano davvero
considerarsi influenti all’interno dell’ampia narrazione. Nel corso
degli anni, le cose sono cambiante e molte altre donne hanno avuto
la possibilità di splendere sotto i riflettori e dimostrare il loro
valore tanto come personaggi quanto come eroi.
Con Avengers:
Endgame che lo scorso anno ha ufficialmente concluso la
Fase 3 e, in generale, la Saga dell’Infinito, i fan sono ansiosi di
vedere cosa hanno in serbo i Marvel Studios per il futuro. E sono proprio i
personaggi femminili ad avere il maggior numero di occhi puntati
addosso, dal momento che ci si aspetta che la tendenza al rialzo
dell’ascesa al potere delle supereroine continui.
Screen Rant ha stilato una classifica delle eroine che
potrebbero avere un futuro ancora più promettenti della Fase
4:
Nebula
Dopo essere stata uno dei
due soli personaggi del gruppo dei Guardiani della Galassia a
sopravvivere allo schiocco di suo padre in Avengers:
Infinity War, Nebula è diventata una sorprendente aggiunta
al team dei Vendicatori durante il time heist di Avengers:
Endgame. Quando hanno riportato indietro tutti
quelli persi a causa dello schiocco, Nebula si unisce ai Guardiani
e a Thor nelle loro avventure nello spazio.
Dal momento che
Guardiani
della Galassia Vol. 3 potrebbe arrivare anche dopo la Fase
4, il futuro di Nebula nel MCU non è ancora chiaro, ma è certo
che non ha più bisogno di essere limitata ai film sui Guardiani.
Potrebbe anche apparire in Thor: Love and
Thunder insieme al suo nuovo compagno di squadra, o è
anche possibile che, dopo aver formato un’alleanza al limite
dell’amicizia con Tony Stark durante il tempo trascorso nello
spazio, possa essere coinvolta in qualche modo con la sua ex
squadra.
Yelena Belova
Il tanto atteso film
solista di Natasha Romanoff, Black
Widow, dovrebbe uscire a Novembre ed inaugurare
ufficialmente la Fase 4. È noto da tempo che nel film ci sarà anche
Yelena Belova, con la regista Cate Shortland che recentemente ha
confermato che il film vedrà Natasha passare il testimone al
personaggio di
Florence Pugh, che diventerà la nuova Vedova Nera del MCU.
La rappresentazione di Vedova Nera
nel MCU, sebbene acclamata per certi
aspetti, è stata anche pesantemente criticata per essere stata
troppo spesso messa da parte, ma anche per essere stata
eccessivamente sessualizzata e sminuita rispetto agli altri
Vendicatori originali (cosa evidente anche dal fatto che il suo
film da solista – atteso da tempo – non è stato rilasciato fino
alla morte del personaggio avvenuta in Avengers:
Endgame). Possiamo quindi dedurre che
Black
Widow, al di là se renderà o meno giustizia al personaggio
di Natasha, potrebbe sicuramente essere un buon inizio per la lunga
carriera nel MCU di Yelena (o almeno, ce lo
auguriamo!).
Valkyria
Dopo che Avengers:
Endgame ci ha mostrato Thor in uno stato tutt’altro che
stabile, alla fine del film lo abbiamo visto lasciare il suo posto
di Re di Asgard alla guerriera Valkyria. I due avevano combattuto
fianco a fianco contro Hela in Thor:
Ragnarok, e già all’epoca sembrava che l’eroina stesse
mantenendo gli affari della Nuova Asgard in assenza di un sovrano
più presente a se stesso.
È stato anche teorizzato che
Valkyria avrebbe assunto il titolo di Dio del Tuono prima che fosse
ufficializzato che sarà la Jane Foster di
Natalie Portman a diventare Mighty Thor. Fortunatamente,
Tessa Thompson è già stata confermata in Thor: Love and
Thunder.
Sharon Carter
Introdotta in Captain America: The Winter Soldier come vicina di
Steve, poi come Agente 13 dello SHIELD che era stata incaricata di
tenerlo d’occhio, c’era ancora un’altra bomba sul “non
un’infermiera” Sharon che doveva ancora venire. Al funerale di
Peggy Carter in Captain
America: Civil War, Sharon pronuncia il suo elogio e
rivela di esserne la nipote.
Nonostante Steve la lasciò indietro
negli anni ’40, Peggy avrebbe continuato ad impegnarsi per lasciare
la sua eredità. La sua memoria è stata influente su tutto l’arco
narrativo di Steve, ma la cosa più importante è che Peggy è
diventata non solo una delle fondatrici dello SHIELD, ma anche uno
dei suoi primi direttori. La tardiva rivelazione della relazione di
Sharon con una figura così importante nel MCU potrebbe indicare che gli
sceneggiatori hanno dei piani più grandi per lei in futuro, il che
sembra ancora più probabile considerando il suo ruolo che avrà
nella serie
The Falcon and the Winter Soldier.
Pepper Potts
Nessuno può mettere in
dubbio l’enormità del contributo di Iron Man al MCU, ma qualcuno che forse è stato
trascurato è la donna che è stata al suo fianco per tutto questo
tempo. Dal primo Iron Man fino ad Avengers:
Endgame, Pepper goffre supporto a Tony attraverso
la creazione della sua identità di supereroe, ma anche per quanto
riguarda la formazione degli Avengers e le conseguenze dello
schiocco di Thanos, durante il quale i due hanno anche una
bambina.
Sebbene il MCU l’abbia finora mostrata solo in
relazione al suo capo (e, in seguito, marito), la Fase 4 sarebbe
l’opportunità perfetta per mostrare Pepper come personaggio
indipendente. Il debutto del suo alter ego Rescue in Endgame rende
la cosa ancora più interessante, in quanto adesso ha tutte le carte
in regola per diventare un supereroe a pieno titolo.
Shuri
Dopo il finale di
Avengers:
Infinity War, è stato confermato che Shuri,
insieme a suo fratello T’Challa, è rimasta vittima dello schiocco
di Thanos. Nonostante la sua età relativamente giovane, Shuri era
impressionante non solo per il suo lignaggio reale, ma anche come
direttrice del Wakandan Design Group, il programma di innovazione
scientifica della nazione che, sotto la sua guida, divenne la
residenza di alcune delle tecnologie più avanzate nel mondo.
Suki ha mostrato quale ruolo
strumentale ha assunto in Wakanda grazie a Black
Panther e anche ad Infinity
War. È probabile che giocherà un ruolo chiave
anche nel ripristinare Wakanda dopo il suo ritorno in Avengers:
Endgame, o magari nel sequel del
cinecomic di Ryan Coogler, vista la tragica scomparsa di Chadwick
Boseman.
Okoye
A
differenza di Shuri, Okoye è sopravvissuta allo schiocco di Thanos.
Tuttavia, dal momento era in giro per affrontare le conseguenze di
Avengers:
Infinity War e per collaborare con i Vendicatori per
cercare di riportare indietro coloro che erano scomparsi, il
Generale potrebbe essere ancora più determinante nel futuro di
Wakanda.
Dopo il suo debutto
in Black
Panther, che l’ha mostrata come abile comandante
e inestimabile alleata di T’Challa e l’ha resa uno dei
personaggi preferiti dai fan, ci si aspetta che interpreterà
un ruolo ancora più grande nel sequel e possibilmente in altri film
sui Vendicatori.
Jane Foster
Nonostante
sia stato riconosciuta come l’interesse amoroso di Thor, il
brillante astrofisico Jane Foster non è stato più avvisto dal suo
secondo film in solitaria,
Thor: The Dark World, tranne un breve cameo in Avengers:
Endgame. Jane, tuttavia, tornerà per un ruolo
importante in Thor: Love and
Thunder, durante il quale – alla fine – assumerà
il ruolo di nuovo Dio del Tuono e difensore di Asgard.
Poco ancora è stato
ancora rivelato su come avverrà questo passaggio di eredità, ma
alcuni fan ipotizzano che il film di
Taika Waititi le darà un particolare arco comico, e che Jane
potrebbe anche diventare una Valchiria. Sebbene non sia stato
confermato, la maggior parte dei fan è entusiasta all’idea di
rivedere Jane nel MCU dopo la sua lunga
assenza.
Scarlet Witch
Fin dalla
sua introduzione alla fine di Captain America: The Winter Soldier, e dal
suo debutto formale in Avengers:
Age of Ultron, Wanda ha fatto girare la testa sia ai fan
che agli altri personaggi. Con le abilità fornite dalle Gemme
dell’Infinito, è uno dei personaggi più potenti che abbiamo mai
incontrato nel MCU. Sebbene sia giovane e sia
stata probabilmente poco sfruttata finora nella serie di film, si
prevede che Wanda giochi un ruolo molti più importante nelle fasi
imminenti.
Una nuvola di
mistero circonda ancora il suo show su Disney+,
WandaVision, ma sappiamo che la serie la vedrà ritornare
formalmente nel ruolo di Scarlet Witch. Inoltre, sappiamo che il
personaggio avrà un ruolo di rilievo anche in Doctor Strange in
the Multiverse of Madness.
Captain Marvel
Al suo debutto tra Avengers:
Infinity War ed Avengers:
Endgame, Carol Danvers sembrava quasi
uscita dal nulla. Tuttavia, Captain
Marvel ha mostrato quanto sia stata importante per la
formazione degli Avengers. La sua apparizione in Endgame,
soprattutto nella resa dei conti finale, dimostra il potere che
Carol può portare alla squadra e quanto sarà una risorsa preziosa
per la prossima ondata di Vendicatori.
È in corso un sequel di
Captain
Marvel, con lo studio che ha già trovato uno sceneggiatore
in Megan McDonnell e un regista in Nia DaCosta. L’uscita del film è
prevista per il 2022.
Jasmine Trinca
racconta la sua esperienza da regista per il cortometraggio
Being My Mom con Alba Rohrwacher
e la piccola Maayane Conti.
In una torrida giornata d’estate, in
una Roma deserta, una madre e una figlia camminano senza sosta,
trascinando una grande valigia. Si cercano, si sfuggono, sembrano
ribaltare continuamente i propri ruoli naturali. Finché, in un solo
gesto, si disvela davanti a loro l’epifania inaspettata di
quell’amore.
BMM – Being My Mom è una
passeggiata metaforica nell’esistenza di due donne, una madre e una
figlia, due protagoniste che protagoniste non sono se non della
loro vita. Le osserviamo con sguardo accidentale, creature che
partecipano dell’esistenza, inessenziali al mondo, essenziali l’una
per l’altra. Un’indagine sulle strade luminose e oscure della
maternità e di ogni figliolanza.
Nello scegliere le due attrici,
la giovane Maayane Conti racchiude nei suoi occhi tutta la
meraviglia del mondo così come un residuo di selvaticità resistente
ai tempi moderni che molto mi ricorda me bambina. Mentre Alba
Rohrwacher… che dire… è un’attrice eccezionale, libera, pazza,
malinconica. Una Buster Keaton con la sensualità di una pantera.
Che grazie al suo talento generoso mi ha permesso di riabbracciare
mia madre.
Arriva in sala il 17 settembre
La Piazza della mia Città, di Paolo
Santamaria, con Lo stato Sociale, e con
la partecipazione di Morandi, Carboni, Gioli tra gli altri. Ecco
una clip in esclusiva dal film.
Bologna, giugno 2018. Il concerto in
Piazza Maggiore de Lo Stato Sociale, la band che ha portato l’indie
italiano sul palco del Festival di Sanremo, diventa la colonna
sonora per raccontare una delle piazze più iconiche d’Italia e la
città magica che si muove intorno. Grazie ad un cast di star di
primissimo piano del mondo dello spettacolo, la musica diventa
protagonista di un indimenticabile documentario diretto da Paolo
Santamaria che racconta aneddoti, curiosità e ricordi legati a
Bologna, alla storia d’Italia e ai suoi personaggi.
Neve Campbell
ritorna in SCREAM,
nell’iconico ruolo di Sidney Prescott protagonista dei quattro film
precedenti della fortunata serie cinematografica che ha incassato
oltre 600 milioni di dollari in tutto il mondo. Campbell si unisce
ai membri del cast già annunciati, David Arquette e Courteney Cox
che torneranno nei panni di Dewey Riley e Gale Weathers, così come
ai nuovi membri del cast Jack Quaid (“The
Boys”), Melissa Barrera (“In The Heights”) e Jenna Ortega (
“Tu”). Questo nuovo capitolo, prodotto da Paramount Pictures, sarà
distribuito al cinema da Eagle Pictures nel 2022.
“Non vedo l’ora di ricominciare nel
ruolo di Sidney Prescott e tornare a Woodsboro – ha detto l’attrice
– . I produttori e il cast tecnico hanno mostrato un tale amore per
il franchise che non potevo non esserci”. Scream è diretto
da Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett del gruppo di registi
Radio Silence, il film nasce da una sceneggiatura di James
Vanderbilt (Murder Mystery, Zodiac, The Amazing Spider-Man) e Guy
Busick (Pronto o no, Castle Rock). Il creatore
Kevin Williamson e il terzo membro del trio di Radio Silence, Chad
Villella, sono produttori esecutivi con Vanderbilt di Project X
Entertainment, Paul Neinstein e William Sherak come produttori.
Resa celebre dalla sua
partecipazione nella serie tv “Party of Five”, Neve Campbell ha
ricoperto ruoli importanti in film come The Craft e
Three to Tango. Ha recitato e prodotto The
Company, diretto da Robert Altman, e partecipato alla serie
“House of Cards”. Più di recente, ha recitato nel thriller d’azione
Skyscraper, nella commedia drammatica politica Hot
Air e nel dramma Castle in the Ground.
È disponibile dal 10 settembre su
Starzplay High Fidelity, il nuovo adattamento
dell’omonimo romanzo di Nick Hornby, dopo il film
di Stephen Frears con John Cusack. Questa volta Rob ha il volto di
Zoe Kravitz, stella in continua ascesa del
panorama cinematografico e artistico statunitense, che porta al
personaggio una dolcezza e una caratterizzazione molto
personali.
La storia è però la stessa: Rob ha
un negozio di dischi, declina la sua vita a ritmo di musica, sempre
ricercata e mai scontata, divide le sue giornate con gli amici, la
rumorosa e vivacissima Cherise (Da’Vine Joy
Randolph) e l’ex boyfriend che si è scoperto gay Simon
(David H. Holmes), la sua fata madrina è Debbie
Harry e, nelle sue giornate, cerca di metabolizzare il dolore per
Mac, l’uomo della sua vita che l’ha lasciata di punto in
bianco.
La serie è quindi un racconto a
ritroso, una serie di scene che ricostruiscono pezzetto dopo
pezzetto, disco dopo canzone, quella storia e come è finita, un
modo per il pubblico di accompagnare Rob nel suo percorso di
guarigione.
Le showrunner, Sarah
Kucserka e Veronica West, si affidano ad un team di
superstar del piccolo schermo, tra cui Natasha Lyonne (Russian
Dolls) e realizzano un prodotto dalla forte personalità,
che si ritaglia un proprio sound e si distanzia dal romanzo e dal
film, non solo perché la protagonista è una donna, ma anche perché
la sua voce è insolita. Personale, ironica eppure disfattista.
High Fidelity con protagonista Zoe Kravitz
La verità è che la Rob di Zoe Kravitz brilla della luce della sua
interprete. Sembrano molto lontani gli anni in cui la si
identificava come “figlia di”, essendo nata dalla splendida unione
di Lenny Kravitz e Lisa Bonet (che ha partecipato al film di
Frears), la giovane Kravitz si è ritagliata un posto tutto suo,
grazie anche al successo di Big Little Lies e alla
sua futura partecipazione a The Batman nei panni di
Catwoman. Ad essere bella, è bella, ma in High
Fidelity una volta di più, Kravitz mette da parte il
glamour e la seduzione che trasuda da ogni sguardo e si trasforma
completamente nella scombussolata Rob, dimessa e schiacciata dai
rimuginamenti sulla sua vita amorosa.
Gli amanti della musica e quelli
dei drammi sentimentali troveranno in High
Fidelity un posto felice, un habitat naturale rassicurante
e a suo modo seducente che si culla sulle note di gracchianti
vinili, con un ritmo urbano e giovanile.
Halle Berry ha ricordato la sua esperienza sul
set di Catwoman. Uscito nel 2004 e diretto da Pitof,
il film era incentrato sulle avventure di Patience Phillips e si
distaccava completamente dalla storia originale del personaggio dei
fumetti DC. Il film è stato universalmente stroncato dalla critica,
ha ottenuto sette nomination ai Razzie Awards e per anni si è
portato dietro la fama di essere uno dei peggiori film mai
realizzati (attualmente detiene una valutazione del 9% su Rotten
Tomatoes).
Catwoman è stato ampiamente criticato
soprattutto per la trama e per le scelte dietro alcuni personaggi.
Nonostante i produttori avessero a disposizione una vasta gamma di
materiali tra cui poter scegliere, soprattutto considerando la
lunga storia di Selina Kyle nei fumetti DC e il suo complicato
rapporto con i malviventi dell’universo di Batman, il film ha
invece il personaggio di Patience scontrarsi e affrontare la
minaccia dietro un’azienda di cosmetici. Lo stesso regista ha
ammesso di non aver mai considerato i fumetti originale durante la
lavorazione del film, dal momento che il suo intento era quello di
dare vita ad un’iterazione della celebre ladra totalmente
nuova.
In un’intervista
rilasciata a
Variety (la
stessa in cui ha parlato del suo rapporto col regista Bryan Singer
sul set dei film della saga di X-Men), Halle Berry ha spiegato che la sua
esperienza con Catwoman è stata una forza trainante dietro al
motivo che l’ha spinta a voler debuttare come regista. L’attrice ha
spiegato di aver accettato quel ruolo perché voleva avere la
possibilità di interpretare una supereroina di colore; tuttavia, si
è subito pentita della decisione non appena ha messo piede sul set,
ammettendo che “la storia non le sembrava del tutto
giusta”. Nello specifico, Berry ha fatto riferimento
all’intera trama legata al personaggio di Patience e all’azienda di
cosmetici. Secondo l’attrice, anche la sua Catwoman doveva essere
in grado di affrontare il tipo di minacce che eroi come Batman e
Superman affrontano regolarmente, ma pare che all’epoca la sua idea
non venne accolta; come spiegato da Berry: “Ero solo l’attrice,
avevo pochissima voce in capitolo sulla direzione del
film.”
Il debutto dietro la macchina da
presa di Halle Berry è avvenuto col film
Bruised, che debutterà in anteprima al Toronto Film
Festival. L’attrice premio Oscar per Monster’s Ball – L’ombra
della vita ha spiegato che è stata proprio l’esperienza sul
set di Catwoman ha farle desiderare di avere maggiore
voce in capitolo nei progetti in cui veniva coinvolta, definendo
l’esperienza alla regia come qualcosa di “totalizzante”,
che finalmente le ha permesso di avere il pieno controllo in merito
a qualsiasi aspetto della realizzazione di un film.
Zack Stentz, co-sceneggiatore del
primo Thor,
ha rivelato che il personaggio di Hela avrebbe
dovuto fare un’apparizione nel film di
Kenneth Branagh. Introdotta per la prima volta in Thor:
Ragnarok di
Taika Waititi, Hela, interpretata dal premio Oscar
Cate Blanchett, è in realtà la figlia segreta di
Odino, bandita da Asgard dopo essere diventata troppo assetata di
potere.
Alla fine, il Dio
del Tuono è riuscito a sconfiggerla e a riprendersi il trono di
Asgard. Tuttavia, è notizia recente che, in una delle prime bozze
della sceneggiatura di Thor del
2011, includeva anche una breve apparizione di Hela. Attraverso il
suo account
Twitter, infatti, Stentz – che ha scritto la sceneggiatura del
film insieme a Ashley Edward Miller e Don Payne – ha spiegato che
la Dea della Morte asgardiana sarebbe dovuta apparire in un breve
cameo durante la scena dell’incoronazione di Thor. Alla fine Miller
gli ha chiesto di eliminare la scena, anche se Stentz non ha
spiegato il perché.
Sfortunatamente, come molti cattivi
del MCU, il personaggio di Hela, anche
in base a quando visto alla fine di Ragnarok, non sembra essere
destinato a fare ritorno. Certo, è ancora possibile che i Marvel Studios decidano di trovare un modo per
farla tornare, anche perché il film non mostra esplicitamente il
modo in cui il personaggio muore.
Il successo di Thor all’interno del MC
Sempre via
Twitter, Stentz ha anche rivelato che quando venne
ingaggiato per occuparsi dello script del film,
non sapeva assolutamente nulla dei fumetti originali basati sui
personaggi della mitologia nordica. Nonostante le scarse conoscenze
di Stentz, però, alla fine il ritratto di Thor nel primo film non è
stato così disastroso. Certo, i primi due film del franchise
dedicato al Dio del Tuono non sono i più apprezzati dell’intero
universo condiviso, ma il film del 2011 ha comunque contribuito a
lanciare il MCU e a trasformare il Dio del
Tuono in uno dei personaggi più popolari e amati della saga.
A quanto pare, film con
Morbius,
Venom: Let
There Be Carnage e Spider-Man
3 potrebbero non arrivare al cinema durante
l’emergenza Coronavirus, nonostante ci siano già delle date di
uscite fissate per ognuno dei titoli citati. È quanto lasciato
intendere da Tony Vinciquerra, presidente di Sony Pictures
Entertainment, in una recente intervista.
La pandemia di Coronavirus ha
causato danni all’economia di tutto il mondo, con l’industria
cinematografica (non soltanto quella hollywoodiana) che rientra tra
i settori più colpiti dall’emergenza. Le produzioni sono state
bloccate a metà Marzo, con la maggior parte che sono ripartite
negli ultimi mesi o si apprestano a farlo a breve. I calendari di
uscita delle più importanti major sono stati letteralmente
stravolti, e tantissimi film sono stati posticipati di uno o due
anni, mentre altri sono stati rilasciati direttamente in streaming
nel periodo in cui tutti i cinema del mondo era praticamente
chiusi.
Adesso la Sony Pictures starebbe
valutando ancora più seriamente la questione. In occasione della
Bank of America 2020 Media, Communications & Entertainment
Conference, il presidente Vinciquerra ha confermato che lo
studio non rischierà di far uscire film ad alto budget in un
momento in cui i cinema stanno ancora risentendo della pandemia di
Covid-19. Vinciquerra ha affermato che sarebbe un “errore”
far uscire film costosi ora come ora, ma molto più ragionevole
farlo solo quando la situazione tornerà alla normalità e i cinema
saranno nuovamente al massimo delle loro capacità.
Grazie al report di
The Wrap si legge: “Quello che non faremo è commettere
l’errore di rendere disponibile sul mercato un film da 200 milioni
di dollari, quindi molto, molto costoso, a meno che non siamo
sicuri che i cinema siano aperti e funzionino a capacità
significativa. Vedremo accadere molte cose strane nei prossimi sei
mesi, su come i film verranno rilasciati, come verranno programmati
in sala, come verranno commercializzati. Una volta tornati alla
normalità avremo imparato molto. Ho scoperto modi per fare cose in
maniera diversa e, si spera, migliori. Abbiamo un film in apertura
questo fine settimana, The Broken Hearts Gallery, un piccolo film,
che penso andrà abbastanza bene.”
Gli effetti del Coronavirus sui
grandi blockbuster Sony, da Spider-Man 3 a Venom 2
Vinciquerra ha aggiunto che non solo
la pandemia ha influenzato il modo in cui i film vengono
sponsorizzati e distribuiti, ma anche il modo in cui i film
verranno realizzati in futuro è cambiato per sempre. Citando i
nuovi protocolli di sicurezza che sono in atto sui set, il
presidente della Sony Pictures ha affermato che le produzioni
saranno “più costose” a causa dell’aumento dei test, ma
che saranno anche più “efficienti” proprio a causa della
necessità di avere meno persone sul set, che diventerà un requisito
fondamentale.
Non è chiaro cosa significhino –
nello specifico – le parole di Vinciquerra in riferimento ai grandi
blockbuster Sony in arrivo, come Morbius, Venom: Let There Be
Carnage, Spider-Man
3 ma anche Ghostbusters:
Legacy. I film sono già stati posticipati a causa del
Coronavirus: se le cose non dovessero tornare completamente alla
normalità entro la prossima estate, non è escluso che la Sony
decida di optare per una strategia distributiva alternativa.
Le nuove foto dal set di Avatar 2 ci mostrano Sigourney Weaver impegnata a girare
alcune scene attraverso l’impiego della motion capture e
suggeriscono che l’attrice potrebbe interpretare un Na’vi nei
sequel. Le riprese dei sequel sono ufficialmente ripartite ormai da
diverse settimane in Nuova Zelanda, dopo lo stop prolungato a causa
del Coronavirus.
Secondo quanto riferito, James Cameron e il suo team hanno girato i
sequel utilizzando una nuova tecnologia inventata apposta per
l’universo di Avatar che, mescolata al massiccio impiego
di CGI, dovrebbe consentire alle riprese subacquee di restituire
allo spettatore durante la visione un effetto assolutamente
realistico. Avatar 2 è soltanto il primo dei quattro
sequel del franchise già in cantiere e arriverà al cinema nel
2022.
Adesso, attraverso l’account
Twitter ufficiale della saga, sono state condivise due nuove
immagini dal backstage del film che ci mostrano Sigourney Weaver intenta a girare alcune
scene. Nelle foto l’attrice è impegnata sott’acqua,
nell’ormai ben nota vasca piena di palline usata per le scene
subacquee, mentre indossa i sensori tipici della motion capture sul
viso. Oltre ad essere un’impressionante dimostrazione della
destrezza di Weaver (che per le suddette scene non ha impiegato
alcuna controfigura), le foto sembrano anche confermare che
l’attrice possa interpretare un Na’vi nei sequel.
Avatar
2debutterà
il 17 dicembre 2021, seguito dal terzo
capitolo il 22 dicembre 2023. Per il quarto e
quinto capitolo, invece, si dovrà attendere ancora qualche
anno: 19 dicembre 2025 e 17
dicembre 2027.
Il cast della serie di film è
formato da Kate
Winslet, Edie
Falco, Michelle Yeoh, Vin
Diesel, insieme ad un gruppo di attori che
interpretano le nuove generazioni di Na’vi. Nei film torneranno
anche i protagonisti del primo film, ossia Sam
Worthington, Zoe
Saldana, Stephen
Lang, Sigourney
Weaver, Joel David
Moore, Dileep
Rao e Matt Gerald.