A questo punto del Marvel Cinematic Universe,
il multiverso è nel caos. Alla fine di The
Marvels, il cattivo ha squarciato un enorme buco nel
tessuto dello spazio e del tempo, facendo sì che un’altra realtà
inizi a riversare la sua realtà nell’MCU. Per ripararlo, i
supereroi titolari: Carol Danvers, alias Captain Marvel (Brie
Larson); Kamala Khan, alias Ms. Marvel (Iman
Vellani); e Monica Rambeau
(Teyonah Parris) – devono unire i loro poteri e
poi mandare Monica oltre lo squarcio nell’altra
dimensione. Per portare a termine il compito, però, Monica
deve restare indietro, rimanendo bloccata in un altro universo
mentre Carol Danvers e Kamala Khan piangono il suo
sacrificio.
Nella scena post-credit, vediamo che Monica è
viva e vegeta mentre si sveglia in una strana struttura medica.
All’improvviso, si trova faccia a faccia con una versione
alternativa della sua defunta madre, Maria Rambeau (Lashana
Lynch), al suo fianco. La Maria di questo universo non
riconosce Monica e indossa il costume bianco e rosso di Binary dei
fumetti. Nei fumetti Marvel, Binary è un
potente alter ego di Carol Danvers mentre faceva squadra
con gli X-Men.
Parlando di
X-Men, il più grande shock di “The
Marvels” arriva immediatamente dopo quando Kelsey
Grammer si presenta nei panni del Dr. Hank McCoy,
alias Bestia – il mutante peloso e blu che Grammer ha
interpretato per la prima volta in “X-Men:
Conflitto finale” del 2006. ” (Il personaggio è
stato interpretato da giovane da Nicholas Hoult in diversi film di “X-Men”
a partire da “X-Men:
L’inizio” del 2011, e Grammer ha ripreso brevemente il
ruolo in “X-Men:
Giorni di un futuro passato”) L’apparizione di Bestia
segna il secondo crossover di “X-Men”
nel MCU, dopo il cameo di
Patrick Stewart nei panni del Prof. Charles Xavier in
“Doctor
Strange nel Multiverso della Follia” dell’anno
scorso. In “The
Marvels“, la Bestia fa il nome di Charles e conclude
che Monica proviene da un’altra realtà parallela alla loro. Monica
è ora apparentemente intrappolata in un universo in cui esistono
gli
X-Men, anche se non è chiaro se sia lo stesso mondo di
uno qualsiasi dei film “X-Men”
della Fox.
Il secondo cameo a sorpresa si verifica alla
fine del film, prima ancora che arrivino i titoli di coda, tra
Ms.
Marvel e Kate Bishop
(Hailee
Steinfeld), introdotti nella serie Disney+ del 2021
Hawkeye. Ms.
Marvel ricrea in modo
esilarante l’iconica scena alla fine di “Iron Man”
del 2008, quando Nick Fury (Samuel
L. Jackson) recluta
Tony Stark (Robert
Downey Jr.) per l’Avengers Initiative. Apparendo
all’improvviso nell’ombra, proprio come fece Fury, Ms.
Marvel invita la giovane
Occhio di Falco a unirsi a una squadra più
grande. Menziona anche la figlia di Ant-Man,
Cassie Lang (Kathryn Newton) – apparsa in
“Ant-Man
and the Wasp: Quantumania” di quest’anno – come un
altro potenziale membro, suggerendo che i Giovani Vendicatori dei
fumetti stanno finalmente arrivando a compimento.
Molti fan della Marvel hanno predetto la formazione
dei Giovani Vendicatori, a causa del numero di eroi adolescenti
introdotti nei film precedenti. Nei fumetti, Bishop e Lang
sono i primi membri della squadra. Ci sono diversi personaggi
del MCU che sembrano i primi candidati
per i Giovani Vendicatori, come America Chavez (Xochitl
Gomez di “Doctor Strange in the
Multiverse of Madness”), Ironheart
(Dominique Thorne di “Black Panther:
Wakanda Forever”), Elijah Bradley (Elijah Richardson di
“The
Falcon and the Winter Soldier”) e le versioni precedenti di
Billy e Tommy Maximoff (interpretati per la prima volta da Julian
Hilliard e Jett Klyne in “WandaVision”).
Con queste anticipazioni, sembra che
l’MCU stia dando forma a due delle
sue prossime trame e team principali. Con gli Avengers
originali che li vediamo in azione da “Endgame“, e i
giovani Avengers che sarebbero i degni successori e sin
dall’acquisizione della Disney-Fox, i fan hanno chiesto a gran voce
gli X-Men. Il cameo di Beast è solo il secondo
personaggio degli X-Men a passare al MCU, ma un nuovo passo importante
verso il grande benvenuto dei mutanti è stato compiuto
Lo sciopero del
SAG-AFTRA è ufficialmente terminato
e David
Harbourè pronto a tornare
a Hawkins per Stranger
Things nei panni dell’amato e burbero capo della
polizia Jim Hopper.
Sul tappeto rosso per il Gala BoxLunch
in onore di Feeding America, dove David
Harbourè
stato nominato Giving Ambassador, ha espresso il suo entusiasmo per
il ritorno sul set della
quinta stagione diStranger
Things. L’attore ha trasmesso un senso di
urgenza di tornare al lavoro durante l’intervista, rivelando che la
produzione potrebbe riprendere tra solo “un paio di
giorni”.
Quando gli è stato chiesto cosa viene
prima nella sua agenda post-sciopero, David Harbour ha detto: “Voglio dire,
dobbiamo girare l’ultima stagione di ‘Stranger Things’, no? Devo essere lì tra un
paio di giorni. Dobbiamo andare, siamo in
ritardo”.
La produzione dell’ultima stagione
della serie Netflix di successo dei fratelli Duffer
Stranger
Things, che infonde elementi classici di fantascienza
con nostalgia degli anni ’80, è stata interrotta insieme ad altri
progetti cinematografici e televisivi quando sono iniziati gli
scioperi di WGA e SAG-AFTRA all’inizio di quest’anno.
Durante il gala, l’attore ha anche
fatto una donazione a sorpresa di 100.000 dollari in
beneficenza. “Non volevo che un attore giovane e molto
bello, che era l’ambasciatore dell’anno scorso, mi superasse in
alcun modo“, ha detto Harbour
a Varietyriferendosi all’ambasciatore dell’anno scorso Simu
Liu . “Quindi questa è davvero la
motivazione. Ma no, ovviamente, è un ente di beneficenza che
mi sta a cuore e quindi voglio contribuire con quello che posso per
dare una mano”.
“Mi piace davvero il modo in cui
[Feeding America] affronta una questione fondamentale“, ha
detto Harbour. “Con tutta la rabbia che c’è nella nostra
società… c’è ancora la questione fondamentale delle persone che
soffrono la fame in America, di cui penso non si parli molto nei
notiziari.”
Il suo incarico di Ambasciatore
includerà numerosi eventi di raccolta fondi. Quali siano questi
elementi, Harbour non può ancora dirlo, ma ha sottolineato di
essere stato ispirato dalle raccolte fondi di Twitch che ha visto
online. Inoltre non è totalmente contrario allo streaming live
mentre gioca ai videogiochi online. “Mi accovaccio con un
paio di videogiochi diversi e ho qualsiasi scusa per
sedermi. Mia moglie mi urlerà: “Scendi dal
computer!” Dirò semplicemente: ‘È per
beneficenza!‘”
Il gala festivo si è svolto
all’Academy LA, dove Simu Liu è salito sul palco, con le stampelle,
per passare ufficialmente il testimone del Giving Ambassador al suo
compagno Marvel.“Non mi
perderei questo momento per nulla al mondo. Tranne forse la
possibilità di camminare, ma va bene così”, ha scherzato Liu,
che ha un tendine d’Achille infortunato.Ha anche
gridato a coloro tra il pubblico che indossavano giacche in stile
“Barbie“: “Ho tenuto a freno la lingua su così
tanti giochi di parole di Ken… ma
io sono Kenough,
finalmente posso dirlo.”
Nel corso della sua lunga carriera
l’attore spagnolo Antonio Banderas ha dimostrato
di poter interpretare qualunque tipo di ruolo, dallo spadaccino
Zorro fino a personaggi più intimi e tormentati come quello visto
in Dolor y Gloria.
All’appello non manca neanche il giustiziere spietato, protagonista
del recente Vendetta finale. Uscito in
sala nel 2017, questo è il nuovo film del regista israeliano
Isaac Florentine, noto per le sue fortunate
incursioni nel genere d’azione e in quello relativo alle arti
marziali. Su sceneggiatura di Matt Venne,
Florentine e Banderas hanno così dato vita ad un film ricco di
colpi di scena come anche di grande intrattenimento.
Ancora una volta, come è stato per
film come Io vi troverò o Il giustiziere dellanotte, il desiderio di vendetta contro chi ha fatto
del male alla propria famiglia diventa il motore per una serie di
eventi pronti a degenerare. Una trama dunque già vista, ma qui
arricchita di particolari elementi rielaborati da culture
differenti. Si snoda così una vicenda che nella sua semplicità
riesce nuovamente a dar vita ad una serie di istinti primordiali
con cui lo spettatore potrà empatizzare, ottenendo anche non poco
divertimento dalle numerose sequenze di combattimento qui
presenti.
Passato in sordina, il film rimane
ancora oggi poco noto ai fan del genere. Un motivo in più per
recuperarlo è certamente la possibilità di vedere Banderas in un
ruolo inedito, per il quale risulta comunque particolarmente
credibile. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà
certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità
relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti
possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama e al cast di attori.
Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
Vendetta finale: la trama
del film
Il protagonista della vicenda è
Frank Valera, un avvocato con una splendida
famiglia, spesso trascurata a causa del suo lavoro. Egli aspira
infatti ad avere una carriera quanto più possibile solida e di
valore, finendo però così con il dimenticarsi di tutto il resto. A
riportarlo con i piedi per terra vi sarà una tragedia improvvisa,
dalla quale Frank sembrerà non potersi riprendere mai più. Durante
un tentativo di furto, infatti, sua
moglie Sue e la
figlia Olivia vengono infatti brutalmente
uccise e abbandonate per strada. In seguito alla tragica morte
dei suoi affetti Frank si lascia trascinare in un vortice
autodistruttivo fatto di alcol e incontri clandestini.
Quando però il caso verrà archiviato
senza responsabili, Frank deciderà di fare voto di silenzio e di
allenarsi duramente per imparare alcune tecniche di arti marziali
che gli permetteranno di farsi giustizia da solo vendicandosi con i
responsabili dell’assassinio. Diventato forte a sufficienza, egli
intraprende così il suo percorso alla ricerca di vendetta. Lungo il
cammino, però, dovrà inevitabilmente confrontarsi con alleati e
nemici, dovendo riuscire a distinguere chi appartiene alla prima
categoria e chi alla seconda. Arrivare a risalire agli assassini
non sarà facile, ma il desiderio di far soffrire quanti hanno fatto
soffrire i suoi cari lo spingerà a non arrendersi fino
all’ultimo.
Vendetta finale: il cast
del film
Prima di vestire i tormentati panni
del regista protagonista di Dolor y Gloria, l’attore
Antonio
Banderas si è cimentato con Vendetta finale
in un ruolo grossomodo nuovo per lui. Al fine di poter interpretare
al meglio quanto richiesto dal suo personaggio, egli si è
esercitato nella pratica di diverse arti marziali, apprendendo così
le basi per poter dar vita a veri e propri combattimenti corpo a
corpo. Banderas ha infatti richiesto di poter interpretare
personalmente quante più scene possibili, preferendo non ricorrere
all’utilizzo di controfigure. La sua performance è stata poi
particolarmente apprezzata proprio per tale motivo, con l’attore in
grado di dar vita a nuove sfumature del suo talento.
Accanto a lui nel film si ritrovano
altri celebri interpreti, tra cui Karl Urban.
Attualmente popolare per la serie The
Boys, questi è qui presente nei panni del poliziotto Hank
Strode, il quale si rivelerà un personaggio quanto mai complesso e
controverso. L’attrice spagnola Paz Vega, vista
anche nel recente Rambo: Last Blood, è qui l’infermiera
Alma, sarà un’ulteriore alleata di Frank. Ad interpretare Sue la
moglie del protagonista è invece l’attrice Cristina
Serafini, mentre il celebre Robert
Forster è Chuck, suocero di Frank. L’attore
Jonathan Schaech è invece il detective Bill
Lustiger. Nel film è inoltre presente un cameo dello stesso
regista, Florentine, il quale interpreta i panni del maestro di
karate che istruisce il protagonista.
Vendetta finale: il
trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di
Vendetta finale grazie alla sua presenza
su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in
rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Google
Play, Apple TV e Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
venerdì 10novembre alle
ore 21:20 sul canale Rai 4.
Figura particolarmente ricorrente e
apprezzata al cinema, i sicari hanno trovato negli ultimi anni
diverse opere a loro dedicate, dove si sviscera la loro
professione, i suoi pericoli e i problemi morali dietro di questa.
Tra queste opere rientra anche Hunter’s Prayer – In
fuga, film del 2017 diretto da Jonathan
Mostow, noto per essere stato il regista di Terminator 3 – Le macchine
ribelli. Al centro della storia raccontata nel suo nuovo film
non vi sono però robot assassini, bensì un killer in carne ed ossa
pronto a difendere una giovane ragazza dai desideri omicidi di uno
spietato boss criminale.
La storia qui narrata è basata sul
romanzo For the Dogs, scritto da Kevin
Wignall e pubblicato nel 2004. Questo ha ottenuto una
buona popolarità sin dal momento della sua prima edizione,
arrivando all’attenzione di diversi produttori. È così in breve
iniziato il suo processo di sviluppo, portando infine il film ad
avvalersi di noti attori e diverse location di grande attrattiva,
come la Germania, la Spagna, la Svizzera, l’Ungheria e la città di
New York. Ricco di adrenalina e promettente intrattenimento,
Hunter’s Prayer – In fuga era così pronto per arrivare
nelle sale di tutto il mondo.
Una volta qui, però, il titolo andò
incontro ad uno scarso interesse da parte del pubblico, attirando
solo l’attenzione dei più affezionati al genere. Il film finì così
per incassare a livello globale una cifra ben al di sotto del suo
budget, stimato intorno ai 17 milioni di dollari. Ad oggi, a tre
anni dalla sua uscita, sembra però giunto il momento di concedere
una seconda possibilità al film, riscoprendone gli aspetti
positivi. Ciò sarà possibile, prima della visione, anche grazie
alle curiosità di seguito riportate, molte delle quali legate
proprio al cast di attori. Per scoprire questa basterà proseguire
nella lettura.
Hunter’s Prayer – In fuga:
la trama del film
Il film si apre in Svizzera, dove la
giovane Ella Hatto si sta recando nella sua scuola per quello che
sembra essere un giorno come un altro. Ciò che non sa, però, è che
a tenerla d’occhio vi è Lucas, un infallibile sicario. Questi è
stato ingaggiato dal multimilionario corrotto Richard Addison, il
quale allo stesso tempo ha già inviato altri killer per uccidere i
genitori della ragazzina, colpevoli di aver parlato con l’FBI
circa i suoi traffici illegali. Al momento di dover eliminare la
giovane Ella, però, Lucas si trova di fronte per la prima volta
nella sua vita da assassino ad un forte senso di compassione. Per
questo non riesce a portare a termine il proprio lavoro, decidendo
invece di aiutare la ragazza a scappare.
Con lei è costretto a scappare però
anche lui, ora ricercato da Addison, il quale lo vuole morto. Nella
loro fuga attraverso l’Europa i due dovranno imparare a fidarsi
l’uno dell’altro e difendersi a vicenda. Se non sarà lui ad
uccidere Ella, infatti, qualcun altro verrà inviato a portare a
termine la missione. Scappare non potrà dunque essere una soluzione
permanente, e i due dovranno iniziare a studiare una strategia per
arrivare dallo stesso Addison e fermare tutto quanto. Lo svantaggio
numerico è però notevole, e per loro farsi strada verso il
criminale sarà più complicato del previsto. Solo la fiducia e la
loro umanità potranno essere decisive per le loro sorti.
Hunter’s Prayer – In fuga:
il cast del film
Per interpretare il protagonista, il
sicario Lucas, i produttori non hanno avuto dubbi: l’attore
Sam
Worthington era la persona giusta. L’attore, noto per
film come Avatar e
Scontro tratitani, venne ingaggiato da subito per il ruolo. Per
prepararsi a questo, egli non solo si allenò fisicamente per le
scene più complesse, ma cercò anche noti modelli a cui ispirarsi.
Oltre ai tanti celebri sicari del cinema, l’attore ha rivelato di
aver basato parte del personaggio sul Terminator interpretato da
Arnold
Schwarzenegger nel secondo film della saga.
Worthington è poi stato particolarmente apprezzato per la sua
performance, avendo dimostrato ancora una volta di possedere grande
carisma e presenza scenica.
Accanto a lui, nel ruolo della
giovane Ella Hatto doveva originariamente esserci l’attrice
Hailee
Steinfeld, divenuta celebre per il film Il Grinta.
Questa tuttavia dovette rinunciare al ruolo a causa di altri
impegni, e al suo posto venne allora scelta Odeya
Rush, già vista in film come L’incredibile vita di
Timothy Green e Piccoli brividi. Nel ruolo dello
spietato boss Richard Addison si ritrova invece Allen
Leech, celebre per essere stato Tom Branson nella serie
televisiva Downton Abbey. Sempre dalla parte dei cattivi
si ritrovano gli attori Amy Landecker e
Martin Compston, nei panni rispettivamente
dell’agente FBI corrotta Gina Banks e in quelli del killer Metzger.
L’attrice spagnola Veronica Echequi, invece, è
Dani, a sua volta serial killer che aiuta però Lucas ed Ella nella
loro fuga.
Hunter’s Prayer – In fuga:
il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
Per gli appassionati del film è
possibile fruire di questo grazie alla sua presenza su alcune delle
più popolari piattaforme streaming presenti oggi in
rete. Hunter’s Prayer – In fuga è
infatti disponibile nel catalogo di Infinity e
FilmBox. Per vederlo, basterà sottoscrivere un
abbonamento generale a tali piattaforme, avendo così accesso non
solo al film in questione ma anche ad un’ampia serie di film
correlati e simili. Si avrà così modo di guardarli in totale
comodità e al meglio della qualità video. Il film sarà inoltre
trasmesso in televisione il giorno venerdì 10
novembre alle ore 21:20 sul canale
Italia 1.
Da sempre il miglior cinema horror
si impegna, forse molto più di tanti altri generi, a raccontare i
cambiamenti di una società e di un mondo in costante
trasformazione. Alcuni dei principali tabù sono stati sdoganati
proprio grazie a tale tipologia di film, ma non è solo da un punto
di vista tematico che questi film ci parlano. Negli ultimi anni, in
particolare, gli horror si sono adatti ai cambiamenti tecnologici,
andando a ritrovare in questi anche gli aspetti più terrificanti e
inaspettati. Uno dei titoli più importanti a riguardo è
Unfriended (qui la recensione), film del
2014 diretto da Levan Gabriadze e prodotto dalla
Blumhouse Productions, casa di produzione
di film come Paranormal Activity, Insidious e La notte del giudizio.
Si tratta di un film estremamente
interessante, poiché attraverso la tecnica nota come first
person shot, costruisce una storia in piano sequenza dove la
classica inquadratura è sostituita con il display del personal
computer utilizzato dalla protagonista. Il primo piano viene così
realizzato ora attraverso le piccole icone delle web-cam, mentre il
montaggio si costruisce con il semplice spostarsi da una pagine
internet ad un’altra. Unfriended è dunque una variazione
al sottogenere del found footage, non essendo ripreso da
tecniche manuali ma grazie alle possibilità date dal digitale.
Proprio per questi motivi, sembra essere un film che richiede di
essere visto sullo schermo del proprio laptop piuttosto che su uno
schermo tradizionale.
Accolto in modo estremamente
positivo dalla critica e dal pubblico, il film è arrivato ad
affermarsi come un grande successo economico, incassando circa 64
milioni di dollari a fronte di un budget di uno solo. Un vero e
proprio caso cinematografico dunque, che ha unito le potenzialità
tecnologiche ad un tema sempre urgente come quello del bullismo.
Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente
utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a
questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile
ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama,
al cast di attori e al suo
sequel. Infine, si elencheranno anche le
principali piattaforme streaming contenenti il
film nel proprio catalogo.
La trama di Unfriended
La storia di Unfriended si
apre su di un compromettente video caricato sul web. All’interno di
questo vi è Laura Barns, una liceale della
California, colta in un momento inopportuno. La ragazza,
completamente ubriaca, viene infatti derisa e umiliata da alcuni
compagni di scuola. In seguito alla diffusione del video, la
ragazza decide di togliersi la vita. Esattamente un anno dopo
l’accaduto, quegli stessi ragazzi colpevoli di aver realizzato il
video si ritrovano su Skype per quella che dovrebbe essere una
normale videochiamata tra amici. Sono Blaire, Mitch, Jess,
Ken, Adam e Val. Durante il loro
conversare, però, l’account di Laura Barns si unisce alla
conversazione. Quello che sembrava uno scherzo di cattivo gusto, si
rivela ben presto essere una vendetta senza pietà.
Unfriended: il cast del film
Il film si avvale di pochi attori,
quegli unici che compaiono davanti la web-cam e che saranno
coinvolti nella perversa vendetta di Laura Barns. Per scegliere gli
interpreti più idonei a dar vita alle particolarità del film, gli
autori hanno avvertito la necessità di non svolgere dei classici
provini, bensì di dar vita ad un casting attraverso video chat. Ciò
permise di dare un anteprima di quello che sarebbe stato poi il
film, individuando gli attori giusti. Gli attori hanno recitato
tutti nella stessa casa, ma in stanze diverse. Continui cambiamenti
di sceneggiatura li hanno portati a non sapere cosa sarebbe
accaduto, permettendo loro di dar vita a reazioni spontanee.
Inoltre, a loro era stato fatto credere di essere le vittime del
film e soltanto al termine gli è stata rivelata la trama nella loro
interezza, che evidenziava i peccati dei loro personaggi.
Ad interpretare la protagonista
Blaire Lily, quella dal cui laptop si osserva l’intero film, vi è
Shelley Henning. Fu proprio lei a suggerire di
realizzare l’intero film attraverso un unico piano sequenza,
piuttosto che spezzarlo in brevi sequenze. Nei ruoli delle altre
ragazze vi sono invece altri attori meno noti, come
Courtney Halverson e Renee
Olstead nei panni di Valerie “Val” Rommel e Jesse Felton.
Entrambe le attrici, su suggerimento del regista, hanno partecipato
a diverse di videochat tra ragazzi, cercando di capirne le
dinamiche. Le due hanno poi raccontato di essere rimaste
particolarmente colpite di come questi luoghi virtuali divengano
realmente teatro anche di segreti inconfessabili e discussioni
inaudite. Will Petltz, Jacob Wysocki e
Moses Jacob Storm, infine, interpretano Adam, Ken
e Mithc. Heather Sossaman è invece l’interprete di
Laura Barns.
Il sequel di Unfriended,
il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
Dato il grande successo del film,
nel 2018 è stato segretamente realizzato un suo sequel, intitolato
Unfriended: Dark Web. Nuovamente prodotto
dalla Blumhouse Productions, questo presenta però una vicenda
indipendente, con nuovi personaggi protagonisti, raccontato però
attraverso la stessa tecnica del precedente film. Al centro della
trama vi è ora il ritrovamento di un misterioso laptop con file
proveniente dal pericoloso Dark Web. Un gruppo di amici, intento a
decidere cosa fare di quanto trovato, viene raggiunto dal profilo
del proprietario. Questi si dimostra pronto anche ad uccidere pur
di rientrare in possesso del suo computer. Costato a sua volta un
milione di dollari, il film è arrivato ad incassarne circa 16 in
tutto il mondo, affermandosi dunque come un buon successo.
In attesa di poter vedere tale
seguito, è possibile fruire di Unfriended
grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei
cataloghi di Rakuten Tv, Google Play e
Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
venerdì10 novembre alle
ore 21:15 sul canale Italia2.
La società di produzione e
distribuzione indipendente A24 si è recentemente guadagnata la reputazione
di uno dei nomi più interessanti e artisticamente stimolanti del
settore. Il lavoro da loro svolto negli ultimi anni nell’ambito del
genere horror le ha fatto giustamente guadagnare i meritati elogi e
con Everything Everywhere All at
Once si è consacrata alla scorsa edizione dei premi Oscar.
Ora la A24 è pronta a lanciare un’altra sfida: è stato infatti
annunciato lo sviluppo di un biopic su Elon Musk
con Darren Aronofsky alla regia.
Stando a quanto riportato da
Collider, un rappresentante di
A24 ha confermato che l’imminente biopic sul controverso magnate
della tecnologia sarà basato su una biografia autorizzata scritta
da Walter Isaacson (già autore della biografia su
Steve Jobs poi divenuta film nel 2015). Tale libro è
stato pubblicato a settembre e servirà da base per la
sceneggiatura. Se da un lato esso copre gran parte della vita
personale dell’amministratore delegato di SpaceX, dall’altro
vengono approfonditi anche altri suoi interessi, come questioni
urgenti quali l’esplorazione spaziale, l’energia sostenibile e
l’intelligenza artificiale.
Quando quest’ultimo biopic sarà
realizzato, segnerà il secondo progetto di Darren Aronofsky in casa
A24. Il regista e la A24 sono infatti stati artefici del film
candidato all’Oscar dello scorso anno, The Whale. Al momento
non ci sono dettagli sul progetto dedicato a Musk, il quale si
troverebbe ancora in uno stato embrionale del suo sviluppo. Data la
celerità con cui la A24 concretizza i propri progetti, però, c’è da
aspettarsi che già nei prossimi mesi si potrebbero avere maggiori
notizie a riguardo, come chi andrà ad interpretare il celebre e
controverso imprenditore e se, ovviamente, Aronofsky sarà
confermato come regista del progetto.
Sebbene l’industria cinematografica
sia ben nota per l’abbandono di progetti in varie fasi di sviluppo,
fino a poco tempo fa era praticamente inaudito che un film finito
venisse accantonato poco prima della sua uscita. Tuttavia,
nell’agosto del 2022, la Warner Bros.Discovery ha creato un precedente quando ha deciso
di accantonare il film, quasi completato, Batgirl, di Adil
El Arbi e Bilall Fallah, e l’avventura
animata di Scooby-Doo! Holiday Haunt. Sembra però che tale
evento non sia stato un caso isolato, in quanto un nuovo film ha
ora subito la stessa sorte: Coyote vs
Acme.
Il film, diretto da Dave
Green, ha per protagonista il personaggio dei
Looney Tunes Willy il Coyote, il quale,
per sostenere i propri sforzi per catturare il road runner
Bip Bip, è solito usare una varietà di articoli
ordinati per corrispondenza da società che sono tutte chiamate Acme
Corporation. Poiché questi si rivelano quantomai fallimentari,
causando danni allo stesso Willy, nel film quest’ultimo decide di
intentare causa alla società. Il film è stato girato in tecnica
mista, mischiando dunque animazione e live-action, in modo simile a
quanto fatto da Chi ha incastrato Roger Rabbit?.
Antagonista di Willy è John Cena, che
stando a quanto riportato interpreta nel film il CEO della
Acme.
Originariamente previsto per il
luglio 2023, il film era stato precedentemente tolto dal programma
di distribuzione della Warner Bros. e il suo posto è stato occupato
dal film di Barbie. Più di recente, è stato riferito che
Coyote vs. Acme è stato accantonato a
tempo indeterminato in favore di una detrazione fiscale di 30
milioni di dollari. La scelta di rinunciare al film Coyote vs.
Acme sembra poi essere legata alle valutazioni da cui sarebbe
emerso che l’investimento legato alla distribuzione nelle sale
sarebbe stato eccessivo e la vendita ad altre realtà interessate
non avrebbe generato gli stessi benefici rispetto alla possibilità
di compiere una detrazione fiscale.
Su Twitter, Green si è espresso
riguardo tale cancellazione affermando che si ritiene estremamente
fortunato dell’aver potuto lavorare con un team particolarmente
appassionato a tale progetto, sul più testardo e persistente dei
Looney Tunes. Green afferma inoltre che le prime proiezioni di
prova avevano riportato pareri molto positivi. Infine, il regista
scrive di sentirsi “oltremodo orgoglioso per il risultato
finale del film, ma anche oltremodo devastato dalla decisione della
Warner Bros”. Non è dato sapere se in futuro i piani per il
film potrebbero cambiare, portando ad una sua distribuzione, ma per
ora, nonostante fosse pronto, il film sembra destinato a non essere
visto.
I Marvel Studios
hanno avuto un successo inaspettato e incredibile fino ad Avengers: Endgame, ma sembra
che da quel momento in poi qualcosa, negli ingranaggi
dell’MCU, non funzioni più come
dovrebbe. Come se da allora la storia – e l’azienda stessa – avesse
subito dei colpi dai quali ancora non si è saputa riprendere. La
Saga dell’Infinito è stata senza ombra di
dubbio importante per il Marvel Universe, ed
è da lì che la Marvel ha poi deciso di debuttare
anche in televisione, dove ha sfornato molti prodotti. Il problema,
però, è che da allora le cose non vanno molto bene.
Sicuramente a contribuire a questo affaticamento
c’è stata la pandemia e gli scioperi di attori e sceneggiatori, ma
ora che si può ritornare in carregiata è bene che i Marvel Studios riflettano attentamente sulle
scelte da compiere. Secondo Variety, infatti, starebbero
pensando a un nuovo film sugli Avengers, il quale avrebbe il
compito di riportare in vita Iron Man e Black Widow. Una mossa un po’ avventata che,
qualora dovesse trovare conferma, potrebbe essere vista solo come
un tentativo – preoccupante – di far tornare il franchise al suo
splendore passato. Ma questo potrebbe essere, oltre che inutile,
molto rischioso. Capiamo perché.
Il ritorno degli originali Avengers non gioverebbe all’MCU
Nel cinema, così come nella televisione, i
prodotti hanno bisogno di un refresh se non si vuole rischiare di
cadere nel ripetitivo e nel noioso. Ci sono storie di personaggi
destinate a finire, e la loro conclusione non può che giovare a un
film – a una serie o in generale a un franchise – perché permette
di rinnovarsi e focalizzarsi su altri racconti accativanti e
inediti. Per quanto riguarda l’MCU la “svolta” si è avuta
con
Avengers: Endgame, pellicola vista anche come il culmine
dei primi dieci anni di costruzione del
Marvel Cinematic Universe che lo hanno preceduto. Nel film
alcuni degli Avengers a cui i fan erano molto legati – parliamo di
Black Widow, Captain America e Iron Man – hanno visto il loro arco
narrativo volgere al termine, come era giusto che fosse.
Se venisse pensata una soluzione per riportarli
in vita, dunque, la scelta potrebbe andare a minare ciò che è
venuto prima, anche se i rispettivi interpreti (Robert
Downey Jr. e
Scarlett Johansson) tornassero come versioni alternative.
Bisogna perciò chiedersi (l’operazione di “come back” potrebbe
riguardare un prequel) se ne varrebbe davvero la pena. Nella
controparte fumettistica non è raro vedere alcuni personaggi
capitolati tornare in vita. E alle volte anche l’ MCU ha seguito la stessa
scia, pur commettendo degli errori. Esso, quindi, ha l’opportunità
di separarsi dal cartaceo, per raccontare una storia basata su una
realtà in cui gli eroi muoiono, ci sono “passaggi del testimone” e
l’universo va avanti. Pensiamo, ad esempio, a Sam
Wilson, Yelena Belova e Riri Williams, i quali
sono stati designati come successori degli eroi sopracitati, e che
non hanno ancora avuto la possibilità di brillare. Il ritorno di
Iron Man e Black Widow, o anche di Capitan America (ma sembra
impossibile) comprometterebbe anche quei personaggi che ora sono
sotto i riflettori del MCU.
Questioni di budget
Oltre al fattore puramente narrativo, se nel
MCU tornassero alcuni
degli Avengers veterani che hanno lasciato il franchise, ci sarebbe
anche la questione del budget da tenere in considerazione. Gli
attori che li hanno interpretati sono delle vere e proprie star a
Hollywood, e il loro chacet non è per niente basso. Pensiamo, poi,
a ciò che sta accadendo in Casa Disney: con la notevole riduzione
sia del budget che delle spese in tutta l’azienda, i progetti per
il Marvel Universe sono già diminuti
parecchio rispetto alla quantità elevata che si aveva avuto negli
anni precedenti. In fondo, come si è potuto evincere, è stata
proprio la mole di lavori ad aver contribuito agli attuali problemi
del MCU.
L’obiettivo di Disney e Marvel è poi quello di tornare alla
coerenza che ogni progetto del Marvel Cinematic Universe ha
prodotto in termini di qualità e di incassi. Indi per cui se i
Marvel Studios dovessero riportare
i personaggi originali degli Avengers, ciò intanto andrebbe contro
l’iniziativa di riduzione dei costi della Disney, considerato che
solo il salario per Robert Downey Jr. potrebbe non essere
sostenibile. Inoltre, pur volendo provarci riportando sia lui che
le altre stelle, questo potrebbe rivelarsi una scelta
controproducente per l’MCU stesso in quanto,
magari, si sacrificherebbero altre narrazioni per qualcosa che
potrebbe diventare solo costoso ma non efficace. Sarebbe meglio, in
ogni caso, non strafare.
La Marvel ha tanti altri personaggi a cui dare valore
Nonostante Avengers: Endgame, come abbiamo detto poc’anzi, abbia
costretto, in un certo qual modo, a dover dire addio a degli eroi a
cui si era appassionato la maggior parte del pubblico, non erano
gli unici ad avere del valore e del potenziale narrativo.
L’MCU, nel suo cantiere, ha
ancora tanti main characters da poter introdurre o esplorare: basti
pensare a
Thor,
Star-Lord,
Hulk,
Doctor Strange,
Loki,
Scarlet Witch e altri. Inoltre, ricordiamo anche che l’
MCU sta per aggiungere il
Deadpool di Ryan Reynolds, i
Fantastici Quattro e gli X-Men,
personaggi di un certo calibro da non sottovalutare. Si avrà anche
il ritorno di Hugh Jackman nei panni di
Wolverine, il quale sarà di certo una grande
attrazione per gli spettatori. La verità è che, probabilmente, ci
si è abituati ad avere troppo a lungo i film sugli Avengers tanto
da – quasi – svalutare altri possibili eroi e persino soluzioni
diverse che non siano l’atteso prodotto su di loro.
Ma se ci pensiamo con attenzione, capiamo che
non è necessario avere delle pellicole specifiche per vedere i
Vendicatori insieme: una loro reunion valida e appagante può
avvenire anche nei racconti stand-alone, come ci dimostrano
Doctor Strange nel Multiverso della Follia e Spider-Man: No Way Home – i due film di maggior
incasso della Fase 4. Persino gli X-Men, da soli, sono in grado di
dare vita a una storia molto grande e avvincente, e questo potrebbe
essere un nuovo modo per far proseguire il franchise. I Marvel Studios hanno una quantità
infinita di personaggi da poter sfruttare per realizzare altre
incredibili narrazioni. Ciò di cui hanno estremamente bisogno è di
dare una svolta netta alla storia.
La conclusione di Loki
2×06 ha lasciato porte aperte a ogni storia del
franchise e – è bene avvisare – questo articolo contiene alcuni
spoiler su
quanto avviene nell’episodio della seconda stagione della seria
ideata da Michael Waldron.
Loki non è solo.
Sembrerà che sia così ma la moltitudine di linee temporali che
stringe tra le mani come nuovo Dio delle Storie, lascia intendere
il contrario. Il personaggio di Tom Hiddleston
apparso per la prima volta nel MCU in Thor nel 2010 ha subito l’arco
narrativo più completo e intenso di tutto il MCU. Lui era il cattivo da
distruggere, il fratello invidioso, il figlio ripudiato: tutto in
Loki trasuda abbandono e perdita. Quello che però i pochi film del
franchise in cui compare non hanno fatto è approfondire l’essenza
di questo villain, così è arrivata la serie tv, disponibile su
Disney+. Questa seconda
stagione ha fatto sì che le intenzioni di Loki cambiassero
radicalmente rendendolo molto più che un “side character”.
Loki è il reietto, l’emarginato,
messo all’angolo da un fratello spaccone e gradasso. Ci mette un
po’ di tempo a evitare sotterfugi e inganni solo per avvicinare un
po’ di amore a sé. Loki non è mai stato un personaggio che
collabora, che cerca di mettersi in primo piano per un bene
superiore, il suo modus operandi è sempre stato circoscritto al suo
volere, al volere di un uomo solo. Tutto cambia perché Loki cresce,
e nella serie tv di Disney+ conosce delle persone che si
mettono lungo il suo cammino. Mobius, il primo
amico che effettivamente lo vede per quello che è. “Cosa spinge
voi Loki a essere cattivi?”, a questa domanda del personaggio
interpretato da Owen Wilson,
non c’è una risposta. Tutti i Loki agiscono in maniera cattiva,
tutti i Loki sono destinati a stare da soli. Non quello che
conosciamo noi però.
Gloriosi propositi
Loki 2×06 ci svela
magistralmente i piani per questo personaggio così scontroso che
però negli anni grazie a un umorismo sottile e all’interpretazione
di Hiddleston abbiamo imparato ad amare. Oltre a
Mobius, in questa stagione il personaggio di
Sylvie (Sophia Di
Martino), anche se in modo marginale, e il personaggio
di O.B. formano
una squadra compatta e decisa per evitare il collasso della Sacra
Linea Temporale. Così se all’inizio della seconda stagione tutto è
piatto e senza colpi di scena, la serie finisce con un crescendo.
Un crescendo che sarebbe anche potuto diventare un film se solo la
Marvel avesse osato di più, avesse
creduto nel Dio dell’Inganno come ci credono gli spettatori.
Sul finale di Loki 2×06
assistiamo dunque al coronamento di un sogno di un vecchio Loki, il
Loki tiranno desideroso del trono di Asgard. Ma questo Loki è
diverso, è il Loki che prende letteralemente per mano la
Sacra Linea Temporale, la salva e le da una nuova
vita: un albero dalle radici infinite che si consolidano nella TVA.
Loki diventa non solo il Dio delle Storie, ma anche il Dio del
Multiverso, Loki che Rimane, ecc. Diventerà, probabilmente, colui
che lotterà contro la variante di Kang nella Saga del
Multiverso. Diventerà ciò che è stato Tony Stark per
Avengers: Endgame.
Sì, perché ogni Loki è destinato a
perdere e, questo Loki, come dice il personaggio di Jonathan Majors
in questa stagione, non può vincere. Ci saranno ancora innumerevoli
probabilità contrarie contro una a favore, e ormai sembra essere
chiara la linea che seguirà il personaggio. Ma adesso, il finale
della seconda stagione ci dice che un po’, solo un po’,
Loki ha vinto. Vince riuscendo a salvare il tempo,
le linee temporale, e soprattutto i suoi amici, le persone che
hanno creduto in lui ma soprattutto le persone che ha saputo far
ricredere.
Non più Dio dell’Inganno
Il sacrificio di Loki ha salvato i
suoi amici. Ha permesso a Mobius di vivere la sua
vita lontano dalla TVA e a Sylvie di prendersi un momento per
essere chiunque lei voglia. Un sacrificio destinato a essere
riservato solo agli eroi silenziosi, quelli che non hanno bisogno
di grandissima pubblicità, di auto sfarzose o armature. Un
sacrificio che lo rende più umano rispetto ai suoi natali
asgardiani. Un sacrificio che non lo rende solo perché ha
abbracciato tutti i suoi amici, vegliando su di loro e permettendo
così alla TVA di iniziare il lavoro di ricerca delle varianti di
Kang in giro per gli universi. Non è solo nella misura in cui ha
scelto di essere una versione di se stesso nuova, cambiando
totalmente le aspettative e il corso degli eventi legati a ogni
Loki. Il Multiverso sarà ancora qualcosa di cui sappiamo poco, ma
almeno adesso c’è un guardiano speciale a sorvegliarlo.
Alla fine dell’anno scorso è stata
riportata la notizia che Sydney
Sweeneyassumerà il ruolo della protagonista nel
remake di Barbarella, il cult di
fantascienza del 1968 con protagonista Jane Fonda, in
cui un’astronauta del futuro viene inviata in missione per fermare
uno scienziato malvagio la cui invenzione potrebbe distruggere la
galassia. All’epoca non era però stato menzionato alcun regista
legato al progetto e da allora gli aggiornamenti sono stati scarsi
a riguardo. Secondo l’insider Daniel Richtman, però, il regista
Edgar Wright (Last Night in Soho;
Baby Driver; Scott Pilgrim Vs. the
World) sarebbe ora in trattative per dirigere il film.
Wright ha già in passato dichiarato
di essere un grande fan del film originale e di averlo inserito
nella sua lista dei migliori film di tutti i tempi. Non ci sarebbe
dunque da sorprendersi se fosse effettivamente in lizza per
dirigere il film e finisse con l’ottenere ufficialmente tale
compito. Secondo quanto riferito, inoltre, il remake sarà basato
sia sulla serie di fumetti francese di Jean Claude
Forest che sull’adattamento cinematografico del 1968, con
l’intenzione dunque di non proporre un semplice rifacimento di
quest’ultimo.
Sweeney ha già espresso il suo
entusiasmo nel voler rendere omaggio allo stile dell’originale,
compresi gli abiti succinti per cui è celebre l’eroina del titolo –
e ha spiegato perché non si sente affatto preoccupata degli aspetti
erotici della storia. “Trovo il mio potere nella mia
femminilità“, ha dichiarato in precedenza Vanity Fair.
“Uso il mio cervello e uso tutto ciò che imparo ogni singolo
giorno in questa industria come mio potere. La conoscenza è
tutto“. Resta dunque ora da vedere sa sarà proprio Wright a
dirigere il film e quali ulteriori sviluppi caratterizzeranno il
progetto.
L’ultimo
episodio della seconda stagione di Loki ha
lasciato colpi di scena, rivelazioni, easter eggs del MCU e riferimenti al franchise.
Loki sfrutta la sua nuova capacità di slittamento
temporale per riparare il malfunzionamento del Telaio Temporale
della TVA. Quello che è iniziato come un semplice viaggio di prova
ed errore si è rapidamente evoluto in un emozionante culmine della
storia complessiva di Loki, consolidando il suo posto come una voce
importante del MCU.
I titoli di testa al contrario
Nelle due stagioni della serie, gli
easter egg forse più ricorrenti si trovano nel logo introduttivo
dei Marvel Studios. Questo espediente è portato
avanti anche in questa nuova stagione e più nello specifico
in questo ultimo episodio sul time-slipping di Loki. Il logo dei
Marvel Studios è iniziato come di
consueto, ma al contrario, andando all’indietro attraverso l’ormai
iconica animazione che accompagna ogni proprietà del MCU. Questo è stato fatto come
easter egg per il time-slipping, che si muoveva al contrario nel
tempo per salvare la linea temporale.
Giocare con le diverse
prospettive
Per tutto l’episodio il personaggio
di Tom Hiddleston non fa che tornare indietro nel tempo per salvare
la TVA. Non sempre le sue imprese hanno buon fine e cade vittima di
questo loop temporale fino alla risoluzione della trama.
Un viaggio retrospettivo
Dopo che Loki si è reso conto di non
poter salvare il Telaio Temporale influenzando gli eventi della
serie, il non più Dio dell’Inganno va ancora più indietro nel
tempo. Dal tentativo di colpo di stato di Miss Minute e Ravonna
Renslayer all’introduzione di O.B. e Victor Timely, sono stati
rivisitati diversi momenti della storia della seconda stagione.
Colui che Rimane
Gli ulteriori tentativi falliti di
Loki di salvare la TVA lo costringono a prendere misure drastiche.
In una serie di easter eggs della prima stagione, il finale ha
riportato il personaggio alla Fine del Tempo. Che si tratti della
scena di Loki, Sylvie e Colui che Rimane nell’ascensore o dei
tentativi di Sylvie di uccidere il villain, l’episodio 6 della
seconda stagione ha incluso una grande quantità di riferimenti a
quei momenti.
Il set-up per Avengers: The
Kang Dynasty
Mentre il “See you soon” di Colui
che Rimane era un’anticipazione del futuro di Kang nel MCU, il finale della stagione di
Loki ha reso questo easter egg ancora più profondo in quanto allude
all’emergere di molteplici varianti di Kang che probabilmente
vedremo in Avengers: The Kang
Dynasty.
Il destino di Loki
Il finale rivela che Colui che
Rimane è la persona che ha causato lo slittamento temporale di
Loki. Lo ha fatto per far capire al personaggio interpretato da
Tom Hiddleston che, per quanto ci abbia provato,
non avrebbe potuto salvare il multiverso, poiché il Telaio
Temporale crollerà sempre, essendo una salvaguardia per proteggere
la Sacra Linea Temporale. Colui che Rimane sperava che questo lo
avrebbe spinto a uccidere Sylvie ma ha scelto di guidare la TVA al
suo fianco.
I viaggi nel tempo
La rivelazione da parte di Colui che
Rimane è che Loki perderà a prescindere dalle scelte di
quest’ultimo. Allora il Dio dell’Inganno si reca temporalmente nel
momento in cui conosce Mobius, all’inizio della serie. La
chiacchierata con il personaggio interpretato da Owen Wilson
faranno finalmente comprendere al personaggio i suoi gloriosi
propositi.
Riferimento a Thor e Odino
Mentre Loki si prepara a sacrificare
il proprio futuro per distruggere il Telaio Temporale e dare a
tutti gli altri la possibilità di un futuro migliore rispetto alla
tirannia della Sacra Linea Temporale, ripete una frase pronunciata
alla fine di Thor nel 2011. In quel film, Loki tenta di
distruggere Jotunheim ma viene annullato quando Thor rompe il Ponte
Bifrost. La risposta di Loki è quella di urlare “Avrei potuto
farlo, padre! Per te! Per tutti noi!”. Quando lo disse
originariamente, Loki stava cercando di fare appello al padre e di
dimostrare il proprio valore, alimentando i propri scopi egoistici.
Ma nel finale Loki usa la stessa frase per dimostrare quanto sia
andato avanti: ora è disposto a fare un vero sacrificio per tutti
gli altri.
Il nuovo costume
L’abito è un easter egg del suo
intero viaggio nel MCU, dalle corna giganti dell’elmo
che emulano il suo passato al mantello composto dai rami del
multiverso che rappresenta il suo presente. Inoltre, l’elmo di Loki
è fatto della stessa struttura di marmo nero e arancione con cui è
stata realizzata la Cittadella di Colui che Rimane, facendo
riferimento al suo futuro come sostituto dell’ex capo della
TVA.
Non più Dio dell’Inganno
Il fatto che Loki raccolga i rami
multiversali e li tenga insieme per tenerli tutti sotto controllo
lo vede diventare letteralmente il Dio delle Storie. Loki agisce
come dio del multiverso, tenendo insieme tutte le storie
fisicamente, anziché come riscrittore figurato delle storie, come
si era detto nello scorso episodio. Questo easter egg è
un’interessante modifica del nuovo titolo di Loki e il suo ruolo
nel futuro del franchise.
Riferimento a Yggdrasil, l’albero
di Asgard
Uno degli easter egg più evidenti è
la creazione dell’albero del Multiverso. Loki sta tenendo insieme i
rami del multiverso, che si manifesta come Yggdrasil, l’Albero del
Mondo. Nel mito norreno del mondo reale – e nel folklore asgardiano
del MCU – Yggdrasil è un albero
gigantesco che lega insieme i Nove Regni con i suoi rami.
La TVA contro le varianti di
Kang
Dopo che Loki assume il suo nuovo
status la TVA inizia il suo nuovo ruolo di forza di sicurezza che
protegge il multiverso. Poco prima del finale di Loki, stagione 2,
episodio 6, B-15 chiede a Mobius se sono già apparse delle varianti
di Kang nel multiverso. Mobius afferma che ne è emersa una che ha
“causato un putiferio in un regno adiacente al 616, ma se ne sono
occupati”. Questo è un riferimento agli eventi di Ant-Man and the
Wasp: Quanutmania e alla variante di Kang nel Regno Quantico
adiacente alla Terra-616 (il MCU) di cui si sono occupati Scott
e Hope.
La paura più grande di Loki
Dopo aver stabilito il nuovo scopo
della TVA, viene mostrata un’inquadratura finale di Loki da solo
alla Fine del Tempo, che tiene insieme il multiverso. Questo non
solo consolida il ruolo importantissimo di Loki nell’infrastruttura
del multiverso del MCU, ma è anche un easter egg
incredibilmente oscuro sulla più grande paura di Loki: essere solo.
Loki è ora completamente solo, senza i suoi amici alla Fine del
Tempo, un sacrificio che ha fatto per evitare che i rami del
multiverso venissero distrutti.
Loki ha trovato il suo glorioso
proposito
Per la prima volta in uno show dei
Marvel Studios Disney+. Il titolo dell’episodio è
Gloriosi propositi, lo stesso del pilot della serie. Si tratta di
un titolo perfetto per l’episodio, in quanto è un easter egg alla
storia generale di Loki. Nella prima stagione, Loki pensava che il
suo scopo glorioso fosse quello di schiavizzare coloro che riteneva
inferiori a lui. Quando il suo arco narrativo si è concluso, Loki
ha capito che il suo scopo glorioso era quello di mantenere il
multiverso al sicuro, permettendogli di prosperare. Tenere insieme
il multiverso è ora qualcosa di cui Loki è gravato, apparentemente
per sempre, nel MCU.
Quando la Disney
ha acquisito la 20th Century Fox, si è ritrovata
con qualcosa di più dei franchise degli X-Men e dei
Fantastici Quattro. Alien
e Predator sono tra le molte proprietà
fantascientifiche ora sotto il loro controllo, con quest’ultimo che
ha già visto la realizzazione di un prequel, l’acclamato Prey. Per quanto
riguarda Alien, è in arrivo un nuovo film, intitolato Alien: Romulus e diretto
da Fede Alvarez, ma anche una serie televisiva
guidata da Noah Hawley, showrunner di Fargo e Legion.
Questa, ancora senza titolo
ufficiale, sarà ambientata settant’anni prima degli eventi del
classico di Ridley Scott del 1979, Alien, e l’azione
sembra si svolgerà principalmente sulla Terra. Tuttavia, nonostante
l’abbandono dell’ambiente familiare dell’astronave, gli Xenomorfi
faranno la loro comparsa, dando una svolta a ciò che siamo stati
abituati a vedere con i film della saga. Hawley ha ora recentemente
parlato con The Wrap e ha condiviso un
aggiornamento sulla situazione della serie.
Anche se le tempistiche potrebbero
cambiare dopo la fine dello sciopero SAG-AFTRA all’inizio di questa
settimana, sembra che l’attesa di vedere gli Xenomorfi sul piccolo
schermo sarà più lunga di quanto molti fan vorrebbero. “Il
piano ora è di iniziare le riprese a febbraio, e sembra che
dureranno fino a luglio o giù di lì, il che pone la data di messa
in onda da qualche parte nella prima metà del ’25”, spiega
Hawley. “Sono riuscito a completare le riprese della maggior parte della
prima ora della serie“.
“Detto questo, non sono
riuscito a girare nulla con gli attori. Quindi ho ancora la maggior
parte dello show da filmare, e abbiamo altre sette ore di riprese
da fare. Di certo mi sarebbe piaciuto portare la serie davanti al
pubblico il prima possibile“, ha aggiunto Hawley. Sembra
dunque che ci vorrà ancora un po’ prima di poter vedere la serie,
ma anche prima di poter avere maggiori informazioni a riguardo. Ad
ora, sappiamo però che il cast della serie Alien sarà composto
da Sydney Chandler, che sarà la protagonista, ma
anche da Alex Lawther, Samuel Blenkin, Essie Davis, Adarsh
Gourav e Kit Young.
The Killer
(qui la recensione) è il
thriller neo-noir del celebre regista David Fincher (Fight Club,
Zodiac, Gone Girl), disponibile
dal 10 novembre su Netflix. Presentato in anteprima lo
scorso settembre all’80esima Mostra del Cinema di Venezia, il film
vede protagonista l’attore Michael
Fassbender (Shame, 12 anni schiavo, Steve Jobs) nei panni di un
paranoico sicario, un assassino senza nome. La sua vita è dettata
da un codice ben preciso e iterativo, finché – dopo aver fallito
una missione uccidendo la persona sbagliata – il killer si ritrova
in una caccia all’uomo internazionale dove è costretto ad
affrontare i suoi committenti e sé stesso. Il film, basato
sull’omonima serie di graphic novel francese (titolo originale
“Le Tueur”) illustrata da Luc Jacamon e scritta da Matz
(Alexis Nolent) presenta dunque un racconto ambiguo e più complesso
di quel che potrebbe sembrare.
Il cupo e teso film di Fincher si
apre con la visione dell’anonimo killer che temporeggia all’ultimo
piano di un ufficio WeWork a Parigi. Dalla sua finestra spia la
suite dell’edificio sul lato opposto della strada, attendendo il
suo obiettivo. Inizia dunque un monologo interiore
in cui il protagonista racconta le sue abilità e le modalità con
cui lavora: è un uomo disciplinato, fermo, deciso,
imperturbabile. Segue gli ordini per cui è pagato bene
senza curarsi delle conseguenze. Ma quando poco dopo sbaglia il
tiro, uccidendo l’amante del suo bersaglio, sul suo volto cala
improvvisamente un velo di terrore e smarrimento. Raccatta tutto
ciò che può nel breve tempo possibile e fugge via dell’edificio,
organizzando un volo per casa in Repubblica Dominicana. Al suo
arrivo però scopre che il suo committente lo ha già punito: la sua
compagna Magdala (Sophie Charlotte) è stata
aggredita e torturata. Ferito e in collera, il Killer inizia una
caccia vendicativa in cui fa fuori chiunque si sia macchiato del
sangue di lei.
Il Killer comincia la sua spietata
ricerca uccidendo Hodges (Charles Parnell), il suo
misterioso datore di lavoro. Successivamente convince la segretaria
Dolores (Kerry O’Malley) a svelare il cliente
mandante che lo sta cercando e i due aggressori che hanno torturato
Magdala. Ricevuto i nomi, parte prima per Miami per uccidere i due
scagnozzi: un uomo chiamato il Bruto (Sala Baker)
e una donna conosciuta come L’Esperto (Tilda Swinton).
Attraversa poi Chicago per trovare il Cliente, Claybourne
(Arliss Howard). Quando i due si ritrovano faccia
a faccia, Claybourne gli spiega che è stato lo stesso Hodges a
suggerirgli di eliminare il Killer dal consiglio per l’inefficienza
del suo caso. Non c’era, quindi, “nulla di personale”.
Soddisfatto della sua vendetta e di aver scoperto la verità, il
Killer decide di non eliminarlo e partire via con Magdala.
Fin dal primo minuto, Fincher
dipinge il protagonista come una persona meticolosa, calcolatrice,
pacata e fredda. Persino quando fallisce la sua missione, colpendo
la persona sbagliata, riesce a contenere le proprie emozioni molto
più di quanto sarebbe in grado chiunque altro. Ed è proprio questa
sua consapevole e tanto orgogliosa impassibilità e indolenza che
crolla a poco a poco nel film. Se inizialmente si considera
“uno dei pochi”, solo alla fine si rende conto di
essere in realtà “uno dei molti”. Sotto tutti quei
travestimenti e false identità, dunque, non c’è semplicemente una
spietata macchina per uccidere ma un uomo. Un uomo come tanti altri
che – oltre l’anonima espressione gelida da assassino – sente il
bisogno di amare ed essere amato. E ciò che lo scuote dal suo ruolo
di inalterabile assassino è il trovare la donna che ama malridotta
e morente a causa del suo lavoro. Una scena che lo porta a fargli
desiderare di avere una vita normale e tranquilla con lei.
The Killer racconta dunque
una storia di evoluzione: il protagonista alla
fine del film non è lo stesso uomo che è stato presentato al
pubblico nel suo spoglio ufficio a Parigi. E questo viene messo in
risalto anche dalla sua controversa scelta di non uccidere
Claybourne. Se da un lato questa decisione pare indicare un punto
di svolta nella vita del Killer e al fatto che sia davvero
cambiato; dall’altro lascia alcuni interrogativi che alludono a un
possibile secondo fine: risparmiare quel potente committente
potrebbe tornargli utile professionalmente in futuro? È davvero
cambiato o – come per tutto il resto del film – anche questa scelta
nasconde un piano ben studiato?
“Attieniti al piano. Non
fidarti. Niente empatia. Gioca d’anticipo, non improvvisare. Mai
concedere un vantaggio. Combatti solo se sei pagato per combattere.
Attieniti al piano”. Questo è ciò che il Killer recita più
volte a sé stesso durante il film, un vero e proprio mantra di
concentrazione e fermezza che lo accompagna in ogni sua metodica
mossa. Quasi una preghiera che lo rende invulnerabile e privo di
tutte quelle emozioni che potrebbero intaccare il suo operato. Il
protagonista di Fincher sembra credere fedelmente a quelle parole,
finché le conseguenze del suo lavoro non bussano alla porta di
casa, l’unico luogo in cui sembrano custoditi i suoi sentimenti più
puri. Infatti, è ciò che prova per Magdala a mettere in moto il suo
blitz di vendetta che si conclude con una decisione inaspettata. Il
Killer non si attiene al piano né quando sbaglia bersaglio né
probabilmente quando risparmia Claybourne, eppure alla fine del
film sembra essere sollevato e soddisfatto accanto alla donna che
ama.
Il confronto con l’Esperto (Tilda Swinton) in The
Killer
L’uccisione più elegante e
significativa del film è senz’altro quella del secondo lacchè,
l’Esperto. Con il suo iconico savoir-faire, Tilda
Swinton, nel confronto col personaggio di Michael
Fassbender, dà vita a una delle scene più accattivanti e
interessanti del film. L’Esperto – con una favola cupa e bizzarra
in cui spiega che ciò che muove un cacciatore a uccidere un orso
non è la preda stessa ma la caccia in sé – cerca disperatamente di
dissuadere il Killer dall’ucciderla. Un momento di tensione in cui
il personaggio della Swinton suggerisce al pubblico una morale che
in fondo si rispecchia nelle loro vite: il lavoro del sicario è una
caccia all’uomo mossa solamente dal denaro e
dal piacere di uccidere, non riguarda niente di
personale.
Tutto in The Killer è
ridotto ai minimi termini, persino i dialoghi. Infatti, ciò che
davvero accompagna la narrazione è il monologo interiore del
protagonista. Un continuo flusso di coscienza che tenta di
incoraggiare lo spettatore a guardare il mondo con gli stessi occhi
del Killer. Ma, di fatto, a chi si rivolge il Killer? Per chi
esegue questo monologo interiore? Queste sono le stesse domande che
Erik Messerschmidt, direttore della fotografia, ha
posto al regista: “Per comprendere meglio a chi si rivolge il
protagonista, Fincher mi suggerì di guardare ‘Le Samourai’
(thriller poliziesco del 1967 diretto da Jean-Pierre
Melville), spiegandomi che questo film francese mi
avrebbe fatto comprendere ciò che si prova a essere oggettivamente
un fantasma in una stanza. Come ci si sente quando si ha davanti
qualcuno che non permette mai a nessuno di stargli accanto?” –
ha raccontato il collaboratore. In altre parole, il monologo del
Killer è tanto rivolto al pubblico quanto a sé stesso, un dialogo
intimo e personale che permette di conoscere la psiche del
personaggio e comprenderne la storia.
Cosa ha detto David Fincher
riguardo al finale di The Killer?
The Killer è una pellicola
tremendamente elegante e algente, al punto da non essere semplice
per il pubblico provare empatia nei suoi confronti. A riguardo, al
Festival del Cinema di Venezia, il tre volte candidato all’Oscar
David Fincher ha spiegato che quando ha dato vita
a questo personaggio non voleva che fosse simpatico o spaventoso.
In realtà, ciò che davvero spera di suscitare nel pubblico è
l’irritabilità verso il prossimo o, stando alle sue parole: “La
mia speranza è che qualcuno veda questo film e diventi nervoso
pensando alla persona che si trova dietro di lui in una qualunque
fila“, lasciando dunque intendere che chiunque potrebbe essere
un assassino, proprio come il protagonista del film e la sua
ricerca dell’anonimato dimostra.
La seconda stagione di
Loki si è conclusa con un finale
importante che porterà a diverse ramificazioni temporali e nuovi
propositi per il personaggio interpretato da Tom Hiddleston.
Nella fattispecie, Loki è diventato un
nuovo dio, parte integrante della stabilità dell’intero multiverso
Marvel. Inoltre, sembra
che Loki abbia finalmente scoperto quale sia il suo “glorioso
scopo” finale. Come si è visto nella serie, Loki e la TVA erano
alle prese con le conseguenze della morte di Colui che
Rimane e con il conseguente afflusso di nuove linee
temporali ramificate che aveva creato. Questo ha messo a dura prova
il Telaio Temporale della TVA, che aveva il compito di intrecciare
le varie ramificazioni nella Sacra Linea Temporale. Avendo
acquisito il controllo sulla sua nuova afflizione nota come
time-slipping, il finale della seconda stagione di Loki presenta un
drastico cambiamento dello status quo del personaggio.
Loki ha salvato il Multiverso
Dopo aver trascorso secoli a
imparare tutto il possibile e a cercare continuamente di usare il
Moltiplicatore di Portata di O.B. e Victor Timely per stabilizzare
il Telaio Temporale, Loki scopre che il problema ha una portata più
grande. Sceglie così di rompere il loop e di “cambiare
l’equazione”, distruggendo intenzionalmente il Telaio Temporale e
usando i suoi poteri per salvare tutte le linee temporali
ramificate, diventando un nuovo dio custode del Telaio Temporale
per l’intero multiverso.
Il nuovo ruolo di Loki
Con il suo nuovo costume, Loki ha
iniziato così la guerra del Multiverso diventando il nuovo Dio
delle Storie, in modo simile alla sua reinvenzione nei fumetti
originali dal Dio del Male che era un tempo. Attualmente, l’intero
multiverso del MCU e tutte le sue linee temporali
ramificate sono dunque tenute insieme e mantenute da Loki
stesso.
Gloriosi propositi: che cosa
significa?
Il finale della seconda stagione di
Loki si intitola “Gloriosi propositi”, richiamando la classica
battuta che il personaggio di Tom Hiddlestone fa in
Avengers. Tuttavia, questo nuovo episodio vede Loki
riconoscere l’effettivo peso di uno scopo glorioso. Questo motiva
la decisione di rinunciare alla sua vita e di rivendicare il nuovo
ruolo, assumendo il pesante fardello di tenere insieme l’intero
multiverso. Per questo motivo, si tratta di un culmine
incredibilmente soddisfacente di tutto ciò che è stato visto da
Loki nel MCU fino ad ora.
L’albero del Multiverso
Diventato il Dio delle Storie, Loki
è ora un Telaio Temporale vivente che tiene insieme tutti i rami. A
tal fine, Loki ha trasformato le linee temporali in un vero e
proprio albero del multiverso, completo di radici e rami veri e
propri, con Loki stesso al centro che mantiene tutto in vita e in
crescita, seduto su un nuovo trono. Questo non solo richiama
l’albero asgardiano Yggdrasil e i Nove
Regni, ma potrebbe anche far pensare al ruolo di Loki in
Avengers: Secret
Wars, in quanto la versione dei fumetti vedeva il
“Dio Imperatore Destino” governare ciò che restava del multiverso
dal suo trono formato da un albero.
Dove si trova Ravonna
Renslayer?
Il finale di Loki
2 ha rivelato anche il destino dell’ex giudice della
TVA Ravonna Renslayer. Come si è visto nell’episodio 5 della seconda
stagione di Loki, Ravonna è stata eliminata in seguito al suo
tentativo di prendere il controllo della TVA e al brutale
assassinio di coloro che si sono rifiutati di unirsi a lei. Ora,
Ravonna si risveglia nel Vuoto alla Fine del Tempo nel finale della
seconda stagione di Loki e sembra essere intrappolata lì per il
prossimo futuro.
Cos’è il lampo di luce viola?
Dopo il risveglio di Ravonna, è
stato mostrato un grande ruggito e un bagliore viola proveniente da
qualcosa fuori dallo schermo. Si tratta senza dubbio di Alioth, l’enorme guardiano
temporale il cui potere è stato sfruttato da Colui che Rimane
durante la prima Guerra Multiversale, come è stato rivelato nella
prima stagione. Data la natura onnipresente di Alioth nei confronti
di tutto ciò che arriva nel Vuoto, la sua presenza non lascia
presagire nulla di buono per il futuro di Ravonna nel MCU.
Il nuovo scopo della TVA: cercare
le varianti di Colui che Rimane
Sulla scia del sacrificio di Loki,
sembra che la nuova missione della TVA sia ora quella di cercare le
varianti di Colui che Rimane. Tra queste c’è il Kang esiliato visto
in Ant-Man and the Wasp:
Quantumania, a cui Mobius fa riferimento nel
finale della seconda stagione. Mobius conferma inoltre che la
realtà e la linea temporale primaria del MCU è effettivamente designata come
Terra-616.
La TVA tornerà nel MCU?
Sembra proprio che la TVA e il suo
nuovo status quo saranno presenti nel futuro del MCU. Soprattutto con la Saga del
Multiverso che continua nella Fase 6
e culminerà con Avengers: Secret Wars, la
presunta rottura dell’intero multiverso giustificherà probabilmente
la loro presenza in futuro. Allo stesso modo, è stato riferito che
l’Agente Mobius (Owen Wilson) e
la TVA avranno un ruolo in Deadpool 3.
Cosa succede a Mobius?
Scegliendo di prendersi una pausa
temporanea dal lavoro alla TVA, Mobius visita e osserva finalmente
la sua vita originale sulla Sacra Linea Temporale. Scegliendo di
lasciare “passare il tempo”, Mobius vuole osservare tutto ciò a cui
la TVA sta lavorando per proteggere nel multiverso. Tuttavia, ci si
aspetta che Mobius torni presto a lavorare tra le mura della TVA,
considerando il prossimo film dove comparirà.
Cosa succede a Sylvie?
Allo stesso tempo, nel finale della
seconda stagione di Loki viene anche rivelato che Sylvie
non vede l’ora di godersi la sua ritrovata libertà. Questo potrebbe
significare che potrebbe fare qualcosa di più che lavorare al
McDonald’s di Broxton, in Oklahoma, come aveva fatto finora. Finché
avrà ancora il dispositivo temporale potrà facilmente intraprendere
un viaggio nelle varie linee temporali, se lo desidera. Avendo
detto a Mobius che farà “quello che vuole”, ci sono diverse
possibilità per il futuro di Sylive ora che ha davvero la libertà
grazie al sacrificio di Loki nello show del MCU.
Molti anni prima di diventare il
temuto Presidente Snow, Coriolanus era un giovane pieno di talento
e passione, con l’ambizione di riabilitare il nome di famiglia in
una Panem ancora ferita dagli Anni Bui e dalla prima Prima
Ribellione. Questa la premessa della storia che vedremo dal
15 novembre in sala, grazie a Notoriuos
Pictures, ma chi sono i protagonisti di questa nuova
avventura ambientata circa sei decenni prima di
Hunger Games,
Katniss e Peeta? Scopriamoli insieme.
Sejanus Plinth è un cittadino di
Capitol City, precedentemente proveniente dal Distretto 2, e
mentore del tributo maschio del Distretto 2, Marcus, durante i 10°
Hunger Games. È stato uno dei 24 senior più performanti
dell’Accademia selezionati per un ruolo di mentore. Era un amico
intimo di Coriolanus Snow.
Sejanus nacque nella famiglia
Plinth, unico figlio di Strabo e della signora Plinth, una ricca
coppia del Distretto 2. Suo padre traeva gran parte della sua
ricchezza dalla produzione di munizioni e armi. In giovane età, ha
frequentato la scuola con Marcus, al quale avrebbe poi fatto da
mentore nei 10°
Hunger Games. Suo padre lo ha addestrato a sparare con una
pistola, facendolo allenare ogni settimana obbligatoriamente, dal
momento che considerava la pratica una parte dell’azienda di
famiglia.
La famiglia Plinth trasse grandi
profitti dalla Prima Ribellione, dal momento che fu la principale
fonte di armi usate nella lotta contro il Distretto 13. La
decisione di Strabo Plinth di schierarsi con Capitol City,
combinata con la ritrovata ricchezza della famiglia, fece
guadagnare ai Plinths la cittadinanza, cosa che fruttò loro
privilegi immediati pari a quelli dei quali godevano le famiglie
più antiche della capitale.
Sejanus arrivò a Capitol City
all’età di 8 anni, dieci anni prima dei 10°
Hunger Games. Proveniente dalle Circoscrizioni, venne subito
percepito come un outsider e sottoposto ad una campagna di feroce
bullismo da parte dei suoi compagni di classe. Le generose
donazioni di Strabo Plinth nel periodo della ricostruzione, fecero
ottenere a Sejanus un posto presso l’Accademia. In
Hunger Games – La Ballata dell’usignolo e del
serpente è interpretato da Josh Andrés
Rivera.
Signoranonna
Signoranonna è la nonna
di Coriolanus e Tigris Snow. Il suo soprannome è
stato creato da Tigris, quando era ancora una bambina, perché
sentiva che la nonna meritasse un nome che rievocasse un titolo
nobiliare.
Fa parte della ricca famiglia Snow,
nella quale è entrata probabilmente per matrimonio e ha
presumibilmente guadagnato gran parte della sua ricchezza e dei
suoi privilegi dopo la morte di suo marito. Aveva almeno due figli,
uno, Crassus, padre di Coriolanus, e l’altro, padre (o madre)
di Tigris.
Durante la Prima Ribellione,
suonava l’inno durante le festività nazionali per Coriolanus, che
all’epoca aveva cinque anni, e per sua cugina Tigris, che ne aveva
invece otto, per alimentare il loro patriottismo. Quando Capitol
City era sotto assedio, diceva loro: “Ricordate, figli, siamo solo
assediati. Non ci siamo arresi!” poi canticchiavano l’inno mentre
le bombe piovevano sul loro appartamento. Non sapeva cucinare, ma
spesso minacciava di imparare a farlo. Sebbene Coriolanus l’amasse,
sentiva che lei aveva perso il contatto con la realtà. Anche quando
la famiglia Snow era in profonda povertà, spesso iniziava le sue
frasi dicendo “Quando Coriolanus sarà presidente…”. In
Hunger Games – La Ballata dell’usignolo e del serpente
è interpretata da Fionnula Flanagan.
Lucretius Flickerman, generalmente
noto con il soprannome di “Lucky Flickerman”, è un meteorologo
scelto per condurre le interviste del 10° Hunger
Games e successivamente commentare i Giochi stessi. Il
suo cognome fa suonare un campanello nella testa dei fan di Hunger
Games, che hanno ben vivido il ricordo di Caesar Flickerman,
commentatore dei 74° e dei 75° Hunger Games. Non si hanno conferme,
ma è probabile che i due siano legati da lontana parentela.
Lucky Flickerman è apparso per la
prima volta alla 10° edizione degli Hunger Games per le interviste
ai tributi, un format televisivo noto come The Hunger Games: A
Night of Interviews. In
Hunger Games – La Ballata dell’usignolo e del serpente
è interpretato da Jason Schwartzman.
Volumnia Gaul, solitamente
conosciuta come la Dottoressa Gaul, è la Capo Stratega dei 10°
Hunger Games, nonché un’istruttrice presso l’Università, anche se a
volte prestava i suoi servizi anche all’Accademia. È anche la mente
dietro alla divisione di armi sperimentali di Capitol City, con
sede presso la Cittadella. Ha iniziato la sua carriera come
ostetrica, ma ha scoperto che non faceva per lei. Più che con
partorienti e bambini, scopre di essere più brava ad avere a che
fare con creature geneticamente modificate e mutazioni che
custodisce nel suo laboratorio.
È stata la Dr. Gaul a essere
indirettamente responsabile della creazione degli Hunger Games.
Mentre prestava servizio come insegnante all’Università, assegnò un
progetto ai suoi studenti: creare una punizione per i propri nemici
così estrema da non permettere loro di dimenticare i loro reati.
Due dei suoi studenti, Casca Highbottom e Crassus Snow, lavorarono
insieme al progetto. Una sera, Snow fece ubriacare Highbottom per
attingere ai suoi impulsi più oscuri, portandolo a teorizzare la
prima forma di Hunger Games. Snow gli assicurò che quella
conversazione non sarebbe mai stata rivelata a terzi, ma poi
consegnò il progetto a Gaul. Dopo la fine della guerra, Gaul mise
in pratica la proposta e presentò a Panem Casca Highbottom come il
creatore di
Hunger Games. In
Hunger Games – La Ballata dell’usignolo e del serpente
è interpretata dal premio Oscar Viola Davis.
Tigris Snow è la cugina di
Coriolanus Snow ed è uno dei pochi personaggi di
Hunger Games – La Ballata dell’usignolo e del serpente
che abbiamo già visto nei film originali. Amica di Cressida e
Plutarch Heavensbee, nonché membro dei rivoltosi della seconda
Ribellione, la incontriamo anche in Il canto della rivolta.
Tigris nasce nella ricca famiglia
Snow, parte di una vecchia guardia dell’élite di Capitol City, che
includeva altre famiglie importanti come i Cranes. Il loro status
dava loro molti privilegi, trai quali quello di possedere dei
senza-voce, degli schiavi muti, per provvedere ai suoi bisogni.
Nonostante la loro notevole ricchezza prima dei Giorni Oscuri, la
famiglia fu colpita terribilmente dalla Prima Ribellione, poiché la
loro ricchezza veniva proprio dai laboratori del Distretto 13.
Questo fu un fattore determinante per la caduta in disgrazia
dell’intera famiglia.
In un momento sconosciuto durante o
prima dei Giorni Oscuri, i suoi genitori morirono, costringendola a
vivere con suo cugino, Coriolanus Snow, e sua nonna. Quando Tigris
aveva 8 anni, iniziò a cucinare per la famiglia dopo la morte dei
genitori di Snow poiché non potevano più assumere cuochi.
Era anche una ex studentessa
dell’Accademia ed è stata accettata facilmente grazie alla lunga
storia di donazioni da parte della sua famiglia alla scuola.
Tuttavia, scelse di evitare gli studi all’università, preferendo
invece intraprendere una carriera nella moda. In
Hunger Games – La Ballata dell’usignolo e del serpente
è interpretata, nel suo primo ruolo cinematografico, da
Hunter Schafer.
Casca Highbottom è il preside
dell’Accademia e il creatore involontario degli Hunger
Games. Quando la creazione dei giochi fu annunciata ufficialmente,
Highbottom fu il volto pubblico dell’evento, cosa che diede inizio
a un suo lentissimo declino, che si compì soltanto molto anni dopo
per mano del giovane Coriolanus Snow.
Da giovane, Highbottom ha
frequentato l’Università con Crassus Snow, il padre di Coriolanus.
Erano molto amici e passavano molte serate insieme a bere. La sua
vita cambiò quando per il corso con la dottoressa Volumnia Gaul,
che detestava, Highbottom lavorò in coppia con Snow. Gli studenti
avrebbero dovuto creare una punizione per i propri nemici così
estrema da non permettere mai più ai nemici stessi di riprovare a
far loro torto. In stato di ebbrezza, facilitato da Snow,
Highbottom concepì quelli che sarebbero diventati gli Hunger Games.
La mattina dopo, Highbottom si svegliò, inorridito nello scoprire
che Snow aveva consegnato l’idea alla dottoressa per ottenere un
buon voto. Non ha mai perdonato Snow per questo tradimento.
Dopo i Giorni Oscuri, la Dr. Gaul
ha ripreso l’idea degli Hunger Games, istituzionalizzandola, e ha
pubblicamente accreditato Highbottom come creatore, presentandolo a
tutto Panem come l’architetto dell’evento. Quella notte, Casca ha
assunto per la prima volta la morfamina, della quale è diventato
poco a poco dipendente. Pensava che gli Hunger Games prima o poi si
sarebbero estinti, a causa della loro natura feroce e violenta, ma
Gaul ha perfezionato e portato avanti l’idea il format. Highbottom
sviluppò rancore nei confronti di Coriolanus Snow per le azioni di
suo padre, mantenendo un’antipatia per il ragazzo durante i suoi
anni all’Accademia. In
Hunger Games – La Ballata dell’usignolo e del serpente
è interpretato da
Peter Dinklage.
Come Tigris, anche Coriolanus Snow
è un personaggio che i fan delle avventure di Katniss già
conoscono. È l’autocratico dominatore di Capitol City e di tutta
Panem; all’apparenza tranquillo e rilassato, il suo atteggiamento
nasconde un animo spietato. Viene descritto come un uomo
dall’aspetto orribile, con le labbra gonfiate dalla chirurgia
estetica (di cui si fa largo uso a Capitol City).
Conosciamo bene la sua fine: viene
catturato durante l’ultima battaglia ne Il canto della rivolta e
tenuto prigioniero nella sua villa in attesa di venire giustiziato
da Katniss. Sappiamo però che l’eroina non ha mai ucciso Snow di
sua mano, ma il tiranno è morto calpestato dalla folla oppure
soffocato dal suo stesso sangue. Tuttavia, in
Hunger Games – La Ballata dell’usignolo e del serpente
scopriremo come ha raggiunto il potere e qual è il suo legame con
il Distretto 12. Da giovane, ha fatto infatti da mentore al tributo
femmina di quel distretto, Lucy Gray Baird.
Ha studiato presso l’Accademia e si
è laureato all’Università, per poi operare brevemente come
pacificatore e mediatore e infine salire al potere come Presidente
di Panem facendosi largo trai suoi nemici tramite l’utilizzo
massiccio di veleno. In
Hunger Games – La Ballata dell’usignolo e del serpente
è interpretato dall’esordiente Tom Blyth.
Lucy Gray Baird è il tributo
femminile del Distretto 12, in occasione dei 10° Hunger Games. Il
suo mentore era Coriolanus Snow, uno studente con i migliori
risultati dell’Accademia, che avrebbe sviluppato dei sentimenti per
lei.
Come membro di un gruppo nomade
noto come Covey, Lucy Gray e sua madre, suo padre, il fratello
maggiore e il fratello di mezzo viaggiarono attraverso Panem
durante la Prima Ribellione. Non si sa da quale distretto
provenissero.
Alcuni anni prima degli eventi de
La Ballata dell’usignolo e del serpente, i pacificatori avevano
radunato i Covey e ne avevano uccisi molti, trai quali anche i
membri della famiglia di Lucy, padre, madre e fratelli. La ragazza
rimane quindi sola con sua cugina più giovane, Maude Ivory, e i
pochi sopravvissuti dei Covey. Il gruppo rimane bloccato nel
Distretto 12, dove cominciano a guadagnarsi da vivere con degli
spettacoli musicali. Ad un certo punto, Lucy Gray si innamora,
ricambiata, di Billy Taupe Clade. Poco prima della mietitura
per i 10° Hunger Games, Lucy e Billy non facevano più coppia e lui
usciva già con Mayfair Lipp, la figlia del Sindaco del Distretto
12.
Truccando la Mietitura, Mayfair,
che aveva chiesto aiuto al padre, si accertò che Lucy venisse
scelta come tributo per eliminarla dal triangolo amoroso
involontario che si era venuto a creare tra loro due e l’ignaro
Billy. In
Hunger Games – La Ballata dell’usignolo e del serpente, dal 15
novembre in sala grazie a Notoriuos
Pictures, è interpretata da Rachel Zegler.
Con lo sciopero SAG-AFTRA finalmente
concluso, da qui alle prossime settimane arriveranno sicuramente
molte notizie sul casting di tutti quei progetti ad oggi rimasti in
sospeso. Uno di quelli su cui sono rivolte numerose attenzioni è
quello di Fantastici
Quattro, l’atteso film Marvel che introdurrà finalmente la
celebre famiglia dei supereroi all’interno dell’MCU. Oltre ai quattro protagonisti,
di cui si attendono dunque le comunicazioni riguardo a chi andrà ad
interpretarli, c’è grande curiosità su quali altri personaggi
potrebbero comparire nel film.
Ad oggi si è parlato di
Dottor Destino e Galactus,
celebri villain dei Fantastici Quattro, ma i fan attendono di
scoprire se anche SilverSurfer, alto iconico personaggio del
franchise, farà la sua comparsa nel film. Come noto, il surfista
argentato era già stato portato al cinema nel 2007 con il film
Fantastici Quattro e
Silver Surfer, riscuotendo un buon successo.
Tuttavia, se davvero Silver Surfer sarà presente nel film, potrebbe
non avere l’aspetto per cui è noto. Secondo John
Rocha e Jeff Sneider nel podcast The Hot Mic, i Marvel Studios potrebbero infatti affidare il
ruolo ad un’attrice.
Così facendo, per l’Araldo di
Galactus si opererebbe dunque un gender-swap. Come i fan sapranno,
esiste già una versione femminile del personaggio, chiamata Frankie
Raye. Quest’ultima era un personaggio di supporto nei fumetti dei
Fantastici Quattro che in seguito diverrà nota come l’Araldo “Nova”
dopo che Silver Surfer si ribella a Galactus. Potrebbe dunque darsi
che più che Silver Surfer, i Marvel Studios potrebbero
introdurre proprio questo personaggio meno noto. Ad oggi si tratta
però di una notizia senza alcuna conferma ufficiale, ma con la
situazione ora sbloccatasi in quel di Hollywood, potrebbe non
volerci molto per saperne di più.
Fantastici Quattro: tutto quello che sappiamo sul
film
Il regista di Fantastici
Quattro sarà Matt Shakman, il quale ha recentemente
anticipato il suo approccio al film dicendo che intende “fare
le cose in modo molto diverso dal punto di vista della storia”
e attuare “un punto di vista registico che si adatti davvero al
materiale narrativo“. Ha poi aggiunto: “Penso che sarà
diverso da qualsiasi cosa abbiate visto prima, e certamente diverso
da qualsiasi cosa della Marvel vista fino ad oggi“.
Per quanto riguarda gli attori che potrebbero interpretare i
quattro protagonisti, ad oggi si è parlato di Jake Gyllenhaal
per il ruolo di Mister Fantastic, mentre Vanessa Kirby
potrebbe assumere il ruolo della Donna Invisibile.
L’attore Ebon
Moss-Bachrach, visto in The Bear, potrebbe
essere un punto fermo per La Cosa. Per la Torcia Umana si è invece
parlato di Joseph Quinn, attore divenuto popolare
per il ruolo di Eddie Munson nella quarta stagione di Stranger Things. Si è invece parlato di
Antonio Banderas come papabile per interpretare
Galactus. Shakman ha lavorato sia con il co-sceneggiatore
di
Avatar: The Way of WaterJosh Friedman
che con Cam Squires di WandaVision
su una bozza della sceneggiatura di Fantastici Quattro.
L’uscita del film è attualmente prevista nelle sale il 2
maggio 2025.
Gli scioperi della SAG-AFTRA e
della WGA sono
ufficialmente terminati, ma con le produzioni costrette a fermarsi
per un periodo di tempo così lungo, i ritardi nelle date di uscita
erano inevitabili. I Marvel Studios hanno dunque ora comunicato
diversi spostamenti per quanto riguarda le uscite sul grande
schermo dei film MCU 2024, tranne una, ovvero
Deadpool 3,
che ha ora una data di uscita fissata al 26 luglio
2024. Con poco più del 50% delle riprese completate e il
rinizio dei lavori previsto già per questi giorni, sembra dunque
che l’atteso film con Ryan Reynolds e
Hugh Jackman
sarà pronto in tempo per infiammare l’estate cinematografica.
Ad essere stati rimandati sono
invece Captain America: Brave
New World, che uscirà ora il 14 febbraio
2025, Thunderbolts, che
passa dal 20 dicembre 2024 al 25 luglio
2025, e Blade,
che uscirà ora il 7 novembre 2025. Sebbene questi
spostamenti di data non siano esattamente inaspettati, a
sorprendere è senz’altro quello del quarto Captain America. Secondo
quanto riportato da Jeff Sneider nell’episodio di
questa settimana del podcast The Hot Mic, il film MCU con Anthony
MackieedHarrison
Ford non è stata accolta particolarmente bene durante
i primi test di proiezione.
A quanto pare, tre sequenze chiave
sono state tagliate e sono previste ampie riprese aggiuntive da
gennaio a maggio/giugno del prossimo anno. Ciò avrebbe dunque
portato allo spostamento di quasi un anno ora comunicato
(inizialmente il film era previsto in sala per il 3 maggio
2024). Deadpool
3sarà dunque
l’unico film dell’MCU ad arrivare sul grande schermo
nel 2024, come confermato anche dallo stesso
Reynolds con un tweet. I fan potranno però contare su un ampio
numero di serie televisive previste su Disney+ nel corso del prossimo
anno, a partire da Echo.
Attieniti al tuo piano.
Anticipa, non improvvisare. Non fidarti di nessuno. Non cedere mai
un vantaggio. Combatti solo le battaglie per cui sei pagato. È
questo il mantra che l’assassino interpretato da Michael
Fassbender in The Killer si
ripete ogni volta prima di eliminare gli obiettivi che gli vengono
assegnati. A rivelarci queste regole è proprio lui, grazie
all’accesso privileggiato alla sua mente che il regista del film,
David Fincher, ci permette di
avere. Dopo aver raccontato di serial killer in Se7en, Zodiac e Mindhunter, egli decide
infatti stavolta di assumere il loro punto di vista, alla scoperta
del loro codice e del modo in cui la loro realtà possa differire
dalle aspettative.
Presentato in Concorso alla
Mostra del Cinema di Venezia, The Killer
segna dunque il ritorno di Fincher al mondo criminale, dopo la
parentesi sul mondo del cinema di Mank. Ma è un ritorno
estremamente particolare, lontano da ciò che ci si potrebbe
aspettare e che pertanto potrebbe scontentare chi si aspetta un
film su tale argomento simile alle opere del regista poc’anzi
citate. Perché con The Killer non ci confrontiamo con un
intricati complotti o sorprendenti colpi di scena, né con ritmi
esagitati o frequenti scene d’azione. Insomma, non è il classico
dramma basato sulla trama, bensì qualcosa di molto più esistenziale
e filosofico di quanto possa sembrare ad una prima visione.
The Killer… preparati, attendi, uccidi, ripeti
Non c’è dunque molto da dire
riguardo la storia del film, volutamente molto esile, la quale
semplicemente ha per protagonista un assassino (Michael
Fassbender) che, dopo un disastroso passo falso di cui
rimane sorpreso egli stesso, si trova a dover sfidare i propri
committenti intraprendendo una caccia all’uomo su scala globale che
egli giura non avere niente di personale. Ma è davvero così? Oppure
sta ingannando sé stesso per primo? Quanto è disposto a tradire le
proprie regole pur di ristabilire il proprio status quo e quanto la
realtà intorno a lui può sfuggire al suo controllo? Prenderà così
forma un disperato tentativo di riparare ai propri errori.
Essere un assassino non è facile
come viene raccontato nei film, dove spesso viene offerta una
rappresentazione romantica o avvincente della loro vita, per quanto
ciò che compiono rimanga inaccettabile. Fincher, che con ogni suo
film cerca di smarcarsi dai cliché, si pone dunque nella mente del
serial killer per cercare di studiarne i pensieri, la routine, la
gestualità. Il suo assassino senza nome non è un uomo dotato di
particolari gadget e per ottenere ciò che gli serve, che sia un
travestimento o un accessorio, si rivolge a negozi online quale può
essere Amazon. Insomma, quello di The Killer è un
personaggio che cerca di rimanere il più possibile nell’anonimità e
per farlo sa di dover seguire un preciso codice.
Le sue missioni, inoltre, non sono
per nulla avventure caratterizzate da epici scontri o dinamici
inseguimenti. Lo dimostra la sequenza d’apertura del film, dove il
killer deve attendere l’arrivo del suo obiettivo rimanendo
nascosto in un appartamento di Parigi. In tale frangente egli ci
rende partecipi dei suoi pensieri, riempiendo dunque di parole
scene nelle quali sostanzialmente non avviene nulla se non l’atto
di attendere, intervallato da attività come lo stretching,
l’andarsi a comprare del cibo e naturalmente il dormire. Una
sequenza che potrebbe scoraggiare quanti ricercano ben altri ritmi
e atmosfere, ma se si fa attenzione è diffiicile non rimanere
catturati dalla messa in scena che Fincher propone.
Con una calma metodica e grande
attenzione ai particolari, il regista inquadra il tutto con un
gusto per la composizione e una precisione da vero serial killer,
rendendo tutto ciò così attraente che è difficile non venire rapiti
da questo modo di raccontare per immagini. Sono infatti queste ad
avere la priorità assoluta sul film, persino sul racconto in sé,
ridotto qui al suo grado più elementare per ricercare tanto un
senso di distacco coerente con quello che il protagonista porta
avanti nei confronti della realtà, quanto per far emergere la sua
percezione delle cose quale vero e proprio cuore pulsante di
The Killer.
The Killer è uno dei film più importanti
dell’anno
The Killer lavora dunque
sulla scissione esistente tra realtà e soggettività,
proponendocela non solo tramite la voice over del protagonista, ma
anche con un preciso lavoro sulla fotografia, il montaggio e il
sonoro, con il quale si punta anche a costruire un senso di
crescente disagio e ansia. Quando ad esempio il killer è in
controllo della situazione, tutto scorre fluidamente, ma basta un
attimo perché la realtà si riveli differente, lasciando spazio ad
una maggiore rigidità che disorienta e annulla tutto ciò che
credevamo di sapere. Capiamo dunque che quello di Fincher è un
narratore inattendibile, costretto egli stesso a scontrarsi con
l’imprevisto e portarci a riflettere sul nostro rapporto con esso e
con ciò che lui è chiamato a compiere.
Semplicemente perfetta si rivela
allora la scelta di Fassbender nel ruolo del protagonista. L’attore
non solo torna a regalarci un’interpretazione di alto livello dopo
diversi passi falsi, ma con il suo volto glaciale riesce a
raccontarci tutto il distacco e all’occorrenza anche la paura del
suo personaggio. E ciò che lui prova impariamo a provarlo anche
noi, scontrandoci con un film che richiede assolutamente molteplici
visioni, necessarie per rapportarsi in modo approfondito con il
gusto per le immagini che Fincher da sempre possiede e con le quali
ci intrattiene. Di certo, però, già a primo impatto The
Killer risulta una delle opere più dense di significati e
valori viste quest’anno.
Netflix
ha diffuso una clip esclusiva di Il
problema dei 3 corpi (3 Body Problem), l’attesa serie
tv Originale Netflix.
Insieme ad una prima scena della serie il colosso streaming ha
annunciato la data di uscita della serie che debutterà in streaming
sulla piattaforma il 21 Marzo 2024.
Dagli ideatori pluripremiati agli
Emmy David Benioff e D.B. Weiss (Il trono di
spade), e dal candidato agli Emmy Alexander Woo (The
Terror: Infamy, True Blood) ecco un racconto elettrizzante che
ridefinisce i canoni del dramma fantascientifico attraverso misteri
sovrapposti e gravi implicazioni al di fuori di ogni
classificazione. Serie tratta dall’acclamata trilogia bestseller Il
problema dei tre corpi.
La fatidica decisione di una donna
nella Cina degli anni ’60 riecheggia attraverso lo spazio e il
tempo fino a raggiungere un gruppo di geniali scienziati nel
presente. Quando le leggi della natura si sgretolano davanti ai
loro occhi, cinque ex colleghi si riuniscono per affrontare la più
grande minaccia nella storia dell’umanità.
Lubo, nuovo film
di Giorgio Diritti, è stato presentato quest’oggi
in concorso alla
Mostra del Cinema di Venezia 2023. Nel film, il
camaleontico Franz Rogowski interpreta il
personaggio titolare, un nomade Jedish il cui arco
copre cinquant’anni di storia. Tra il dramma, alcuni tratti del
revenge movie e la ricostruzione storica, Lubo è
una riflessione sul concetto di giustizia, sulle contraddizioni
delle istituzioni, su come un ambiente di violenza generi reazioni,
ma anche una storia i cui personaggi sono profondamente mossi
dall’amore.
Lubo, lo Jenisch privato di affetti e valori
Nel 1939, Lubo
Moser, un artista di strada nomade di origine yenish,
viene chiamato a prestare servizio militare nell’esercito svizzero
per proteggere il confine. Viene a sapere da suo cugino che la
polizia ha sequestrato i suoi figli nell’ambito del Kinder der
Landstrasse (“Bambini della strada”), un programma di
rieducazione nazionale influenzato dai principi dell’eugenetica.
Lubo cerca senza sosta i suoi figli e si propone di vendicarsi a
modo suo per il torto subito.
Il romanzo di Mario
Cavatore “Il Seminatore” si concentra su vicende
storiche poco note, le persecuzioni contro una minoranza nomade,
gli Jenisch, i cui figli sono stati portati via per essere
“rieducati” nel periodo tra gli anni Trenta e gli anni Settanta. Le
stime delle ricerche parlano di circa 2.000 bambini sottratti alla
minoranza Jenisch. Uno studio che ha colpito Diritti in modo
inquietante e particolarmente stridente per un Paese democratico e
civilizzato come la Svizzera, la Confederazione Elvetica, spesso
citata come “esempio virtuoso” di rapporto tra cittadini e
istituzioni.
Lubo mette in luce
gli effetti dannosi provocati da principi irrazionali e leggi
discriminatorie, che penetran nella società alla manieradi un
contagio, impattando la quotidianità, i percorsi e i valori della
gente. Una trasformazione che scatena al contempo dolore, rabbia,
violenza e ambiguità ma tramite la quale emerge anche un profondo
amore per la vita e per i propri figli, un sentimento che cerca di
sopravvivere a qualsiasi ostacolo e di ripristinare la
giustizia.
Un camaleontico Rogowski
Dopo la notevole prova in
Passages di Ira Sachs Franz Rogowski,
che per il cinema italiano aveva interpretato anche il villain di
Freaks Out, mette anima e corpo nel ritratto
di un personaggio che è colonna portante dell’intero film. Lubo
consente a questo attore poliedrico di sperimentare tanto sul piano
linguistico – qualcosa in cui Rogowski si sta
progressivamente specializzando e ne sta favorendo la fama
internazionale – quanto su quello fisico. Non c’è un solo Lubo, le
declinazioni di questa personalità vagabonda sono molteplici,
dipendono dal contesto, dal periodo storico e dalle persone che
Lubo incontra sul suo cammino: Rogowski, pilastro
della buona riuscita del film, riesce a distinguerle tutte in
maniera precisa.
Lubo si presenta
come imponente produzione internazionale: è un film itinerante, che
passa per tanti luoghi storici e ne ricrea altrettanti. Lo sforzo
produttivo è evidente e, dal punto di vista registico, Diritti trae
massimo profitto dalla suggestività delle location in cui la storia
prende piede, inquadrando il personaggio di
Rogowski come parte fondamentale del paesaggio,
caratterizzandolo secondo un disegno topografico.
Un film intriso di umanità
Sebbene la sceneggiatura di
Lubo non risulti sempre convincente – un secondo
atto forse troppo allungato si oppone a una prima parte dall’ottimo
equilibro narrativo – la scrittura di Giorgio
Diritti è infusa di un’umanità necessaria, tanto per i
suoi personaggi quanto per la Storia di ieri e di oggi,
intercettata dagli interpreti e di fronte a cui il pubblico non
rimarrà indifferente. La durata complessiva di tre ore potrebbe
spaventare ma, a parte qualche inciampo in termini di ritmo nella
seconda parte, il film non si trascina mai, scorre seguendo le
urgenze emotive di un nomade e outsider a cui è stato tolto tutto,
e che si lancerà in una personale battaglia per soddisfare un
bisogno di appartenenza, coesistenza in un nucleo da chiamare
famiglia.
Il suo
Hotel, nel 2004, era stato molto apprezzato
tra i film dell’Un Certain Regard del Festival
di Cannes, dove era già passata tre anni prima con
Lovely Rita ed è poi tornata con
l’Amour Fou del
2014. Ma il vero salto di categoria, Jessica Hausner,
l’ha fatto probabilmente con il Little Joe del 2019, finalmente in
concorso per la Palma d’Oro, come l’ultimo criticatissimo
Club Zero, interpretato da Mia Wasikowska e capace di dividere la critica
(ma anche di inserirla di diritto tra gli ‘amici’ della kermesse
francese, nonostante la sua partecipazione alla giuria della
71ª
Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia).
Non
si parla del Club Zero
La bionda ed esile
protagonista del Jane Eyre di Cary
Fukunaga e del Crimson Peak di Guillermo Del
Toro stavolta è Miss Novak, insegnante di educazione – o
meglio di consapevolezza – alimentare in una esclusivissima scuola
privata per giovani talenti. Con cinque dei quali si stabilisce un
rapporto particolare, soprattutto quando decidono di passare dalla
normale didattica a un programma che piano assume i connotati di
una setta nella quale si pratica una pericolosissima quanto
radicale riduzione del cibo assunto E’ il misterioso Club Zero, del
quale sono all’oscuro tanto gli altri professori quanto i genitori
dei ragazzi.
La
pratica non rende
Da diversi anni è
diventata di dominio comune l’esistenza dei breathariani, o
respiriani che dir si voglia, ma averci a che fare non è così
semplice (anche per ovvi motivi, vista la difficoltà a sopravvivere
in assenza di nutrimento). Ben venga quindi un film che li mette al
centro del suo sviluppo, per quanto in maniera sfumata e
trasversale e nonostante le critiche di quanti temono pericolose
emulazioni e la banalizzazione – o spettacolarizzazione – di una
pratica inevitabilmente suicida.
Paure legittime, ma che
– come al solito – non cura la censura, in questo caso più teorica
che altro, visto che il film è nel concorso del Festival di Cannes
2023 dove potrebbe persino essere uno dei più apprezzati dal
Presidente di Giuria Ruben Östlund (The
Square, Triangle of Sadness). Meno innovativo e
all’avanguardia di molto del cinema del suddetto e di quanto venga
presentato, il film ha comunque dei momenti interessanti. Intanto
nella rassegna dei motivi per cui un adolescente sano e senziente
dovrebbe sentire il bisogno di sottoporsi a un regime alimentare
specifico – dalla cura del proprio fisico alla riduzione
dell’impatto ambientale fino all’autoaffermazione e alla conquista
di un maggior controllo su se stessi – e poi nella rappresentazione
del contesto che circonda i soggetti osservati.
Il termine è
esageratamente asettico, ma al di là dello spirito con cui si mette
in scena una storia di manipolazione e debolezze, i cinque ragazzi
dei quali seguiamo il percorso assomigliano molto a delle vere e
proprie cavie, tanto sullo schermo quanto nelle intenzioni della
regista. Che ce li mostra a scuola, isolarsi dal resto dei
compagni, e a casa, sempre più distanti dalla famiglia e tutti
uguali nel loro diverso chiudersi a riccio al mondo esterno. Una
strategia di difesa orchestrata in maniera subdola dalla
‘santona-nutrizionista’, sorta di vampira abile a sostituirsi ai
referenti più naturali per dei ragazzi in crescita e a offrire loro
una nuova identità, anche facendo leva sulla loro paura
dell’incertezza economica, del futuro e del non esser visti.
Avanguardia, o anticamera del disastro
Temi, questi sì, sui
quali alzare il livello di attenzione. Dai quali però la vicenda si
allontana, scegliendo la strada di un integralismo di matrice quasi
religiosa, forse più riconoscibile dal pubblico. Che probabilmente
apprezzerà più della critica una storia sbilanciata ad arte e che
manca quasi completamente di controparti – né i genitori né la
scuola lo sono, anche per necessità narrative – e di una evoluzione
reali. Forse anche per le tentazioni – involontariamente? –
umoristiche che, qui e lì, la storia si concede (la prima scena con
la cioccolata, lo sguardo sconcertato della cameriera di casa) e
per una coerenza di tono che punta su una costante “assenza” – di
reazioni, di espressioni, fisica – che ben si adatta alla
protagonista, ma allontana i ragazzi.
Eppure sono proprio
questi dei piccoli segnali di una generale semplificazione, che se
alleggerisce il tema fa sì che manchi un vero coinvolgimento
emotivo. E questo nonostante il film, in definitiva, si dimostri in
grado di ottenere la fiducia dello spettatore, senza però quasi
sapere che farne. La colonna sonora, falsamente
monocorde salvo alcuni intermezzi di musica tra il tribale e
l’orientale, l’ambientazione minimale, la coerenza stilistica dei
personaggi e delle location, la caratterizzazione delle famiglie,
seppur ridotta all’essenziale, evidenziano uno studio dettagliato
alla radice del progetto. Che fatto salvo lo sgomento per la
rivelazione della fede e delle conseguenze di una osservanza cieca
e immatura si affida principalmente a Wasikowska –
della quale si poteva offrire un lato anche più oscuro – con il
risultato di non andare molto al di là degli stereotipi utilizzati
nelle premesse.
Ora che lo shopping digitale fa
sempre più parte integrante della nostra quotidianità, è
estremamente importante fare chiarezza su come le app di e-commerce
gestiscono i nostri dati. Qui esaminiamo Temu, una stella nascente
nel mercato online che sta spopolando in Germania, e vediamo come
gestisce i dati dei propri utenti per garantire la trasparenza e
mantenere la loro fiducia. Ecco come Temu tratta i tuoi dati
personali.
L’approccio di Temu alla raccolta
dei dati
La filosofia di Temu è semplice:
raccoglie dati al solo scopo di fornire e migliorare la tua
esperienza di acquisto. Temu, in realtà, raccoglie meno
informazioni sugli utenti rispetto ad altre consumer app,
concentrandosi solo su ciò che è necessario per elaborare e
migliorare il proprio servizio. Ciò significa che, a differenza di
altre app, Temu non vede i tuoi contatti o non è in grado di
controllare la tua posizione.
Quali dati raccoglie Temu?
Ecco una panoramica di tutte le
categorie di dati che Temu raccoglie con il relativo scopo, in base
alla divulgazione dei dati sull’App Store di Apple:
Acquisti e informazioni finanziarie: Temu richiede queste
informazioni per elaborare ed evadere gli ordini.
Dati sulla posizione: Temu richiede l’accesso alle
autorizzazioni di posizione solo in Medio Oriente per facilitare la
compilazione degli indirizzi di spedizione. Le funzionalità di
localizzazione precise sono fondamentali per gli indirizzi di
consegna in Medio Oriente a causa della mancanza di un sistema di
indirizzi completo.
Informazioni di contatto: oltre che per l’evasione degli
ordini, tali dati sono necessari per la creazione di un profilo.
Ovvero le informazioni di contatto dell’utente, non della rubrica
del telefono.
Contenuti dell’utente: tali dati consentono agli utenti di
caricare foto, lasciare una recensione, cercare articoli con
un’immagine, contattare l’assistenza al cliente, ecc. Temu utilizza
il selettore di foto integrato nel sistema operativo dello
smartphone per scegliere e caricare le immagini senza richiedere il
permesso di accedere all’intera galleria fotografica.
Cronologia delle ricerche: tali dati si riferiscono alle
ricerche degli utenti su Temu, che aiutano l’app a offrire
un’esperienza più personalizzata consigliando prodotti o servizi
che potrebbero essere interessanti per l’utente.
Identificatore, diagnostica e dati di utilizzo: la maggior
parte, se non tutte le app, raccolgono abitualmente tali dati per
identificare un profilo o un dispositivo, analizzare/individuare i
problemi di arresto anomalo dell’app e migliorarne continuamente i
servizi.
Temu e le autorizzazioni
dell’app
In seguito all’aumento delle
preoccupazioni sulla sicurezza dei dati, Temu ha condiviso
pubblicamente il modo in cui gestisce le autorizzazioni delle app.
L’app ha ridotto al minimo le richieste di autorizzazione. Per
consentire agli utenti di visualizzare facilmente le autorizzazioni
richieste, Temu ha creato informazioni ad hoc all’interno delle
impostazioni nell’app o nella pagina web di divulgazione delle
autorizzazioni. Le autorizzazioni delle applicazioni sono misure di
sicurezza messe in atto dal sistema operativo del telefono (come
Android o iOS) per controllare ciò che le app possono o non possono
fare.
Funzionano come sportelli di protezione che assicurano che le
app accedano solo alle funzionalità o ai dati di cui hanno
assolutamente bisogno e che l’utente ne sia a conoscenza e che
abbia accettato.
Ad esempio, le app potrebbero aver
bisogno dell’autorizzazione per accedere alla tua posizione,
utilizzare la fotocamera, ecc. L’utente potrebbe richiedere
autorizzazioni specifiche quando installa o utilizza determinate
funzionalità di un’app. Quindi, se l’utente fosse d’accordo, l’app
può utilizzare quella funzione o quei dati. In caso l’utente
rifiutasse, allora l’app non può utilizzare quella funzione o quei
dati.
Temu si impegna a mantenere la
trasparenza e ridurre al minimo l’uso delle autorizzazioni
all’interno della propria app. Anche quando Temu utilizza le foto per lasciare una
recensione, cercare articoli e così via, non otterrà direttamente
le autorizzazioni di sistema. Temu, al contrario, utilizza la
fotocamera integrata o il selettore di foto del dispositivo
dell’utente. Ciò significa che gli utenti hanno sempre il controllo
e l’applicazione non può mai accedere a foto, fotocamera o
microfono del dispositivo senza un esplicito permesso da parte
degli utenti. L’approccio di Temu è volto a migliorare la sicurezza
dei propri utenti.
L’approccio di Temu verso i
malintesi
Alcune persone hanno contestato Temu
per l’adottare pratiche di dati intrusive. Tuttavia, questi
allarmismi spesso derivano da incomprensioni. Ad esempio, Temu non
utilizza i servizi di localizzazione del dispositivo a meno che non
sia assolutamente necessario per la funzionalità, come in Medio
Oriente, dove i sistemi di indirizzi sono poco strutturati.
L’informativa sulla privacy di Temu
spiega chiaramente l’uso di identificatori univoci come indirizzi
IMEI o MAC, che sono standard per la maggior parte dei dispositivi
e delle app. Questi vengono utilizzati semplicemente per
identificare il tuo dispositivo per una migliore esperienza
utente.
Temu è al fianco degli utenti per
quanto concerne privacy e sicurezza dei dati, aderendo agli
standard del settore ma optando per un approccio più incentrato
sull’utente. Raccogliendo meno dati ed evitando inutili
autorizzazioni di sistema, Temu dimostra il suo impegno per la
privacy e la sicurezza degli utenti.
A chi interessassero più
informazioni specifiche può consultare l’informativa sulla privacy
completa di Temu disponibile sul suo sito web, che offre
approfondimenti sulle sue pratiche in materia di dati. Ricordiamo
che scegliere consapevolmente è il fulcro della sicurezza dei dati
nell’era digitale e Temu garantisce che la tua esperienza di
acquisto sia sicura e personalizzata.
Il cinema d’avventura è stato
rilanciato sul grande schermo nel 1981 grazie al film I predatori dell’arca
perduta, che ha fatto riscoprire agli spettatori
il fascino che tale genere può vantare, tra personaggi eroici,
ambientazioni esotiche e missioni da portare a termine. Nel tempo
tali caratteristiche sono state riproposte anche da innumerevoli
altri film, che hanno cercato di cavalcare l’onda dell’entusiasmo
per tale genere. Uno tra i più recenti esempi di questo filone è il
film del 2022 The Lost City (qui la recensione), diretto da
Aaron e Adam Nee.
Il film, in realtà, è un remake non
ufficiale di All’inseguimento della
pietra verde, film del 1984 di Robert
Zemeckis che a sua volta si rifaceva a quei canoni del
cinema d’avventura riproposti dal film su Indiana Jones. Vi
aggiungeva però in più l’elemento romantico, che The Lost
City ripropone. Nonostante le somiglianze, il film dei
fratelli Nee presenta una comicità e un senso dell’avventura che
non mancheranno di entusiasmare gli appassionati del genere. In
più, si ritrovano all’interno del film una serie di partecipazioni
inaspettate che rendono il tutto ancor più stravagante e
divertente.
Ora che è arrivato su Netflix, The Lost City sta
guadagnando nuova popolarità ed è subito diventato uno dei titoli
più visti sulla piattaforma. Si tratta dunque dell’occasione giusta
per riscoprire questa divertente commedia. Prima di intraprendere
una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire
alcune delle principali curiosità relative ad esso. Proseguendo qui
nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama, al cast di
attori e alle location dove è stato
girato. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
La trama e il cast di The Lost City
Protagonista del film è l’autrice di
romanzi rosa di successo, Loretta Sage, i cui
racconti sono sempre ambientati in luoghi esotici e hanno come
protagonista maschile Dash, classico eroe
belloccio che ha il volto nella vita reale del modello
Alan. La vita di Loretta viene però stravolta
quando si ritrova rapita da Fairfax, un
miliardario che crede che la scrittrice conosca il modo per
giungere nella città perduta, che lei stessa descrive in un suo
romanzo, e dove si troverebbe un ricco tesoro. Alan, deciso a
dimostrare che non presta solo il volto a un eroe, ma lo è anche
nella realtà, cercherà di salvare Loretta e mettersi sulle tracce
del tesoro prima che Fairfax lo trovi.
Ad interpretare Loretta Sage vi è
l’attrice premio Oscar Sandra Bullock,
mentre a dare volto al modello Alan vi è Channing Tatum.
Originariamente il ruolo era stato pensato per Ryan
Reynolds, ma per via di altri impegni non ha potuto
prendere parte al progetto. A dare volto al malvagio Fairfax vi è
invece Daniel
Radcliffe, celebre per aver interpretato Harry Potter
nell’omonima saga fantasy e qui chiamato a misurarsi con un ruolo
da villain. A dare volto al villain di fantasia ideato da Loretta
vi è invece l’attore Stephen Lang, noto per essere
l’antagonista della saga di Avatar. Recita nel film anche
Brad Pitt, nei
panni dell’ex Navy SEAL Jack Trainer.
Sandra Bullock and Channing Tatum star in Paramount Pictures’ “THE
LOST CITY.”
Le location di The Lost
City: ecco dove è stato girato il film
Questa commedia avventurosa
vantaalcuni scenari mozzafiato: foreste verdi e traboccanti di
alberi, un vulcano pronto a eruttare, grotte e una cascata
sbalorditiva. Mentre le scene subacquee sono state girate nei
Pinewood Studios della Repubblica
Dominicana e il vulcano è stato realizzato con l’uso di
CGI, il resto delle scene esterne del film sono state girate dal
vivo nella provincia di Samana della Repubblica
Dominicana. Ad esempio, dopo essere sfuggiti al Fairfax di
Daniel Radcliffe, i due protagonisti corrono nella
giungla, si arrampicano sulle scogliere e si nascondono lì mentre
si dirigono verso la città.
Le scene nella giungla sono state
girate principalmente a Portillo, nota soprattutto
per la sua spiaggia – parte della costa di Las
Terrenas – mentre l’ambientazione nella giungla si trova
oltre la sabbia bianca. Il sito di scavo di Abigail Fairfax,
costruito dalla troupe del film, e il complesso sono invece stati
girati a West Grove, una piantagione di cocco. Il
villaggio dove Loretta e Alan si rifuggiano è stata ricreato nel
villaggio di Altos de Chavón, che è stato preso a
modello dai villaggi mediterranei del XVI secolo. Altos de Chavón
non è lontano dal resort Casa de Campo nella
Repubblica Dominicana.
La zona della cascata in cui Loretta
scopre la tomba di Kalaman è invece stata girata al Salto
de Socoa, che si trova nel Parco Nazionale di Los
Haitises. La cascata stessa è circondata dalla giungla e
l’acqua scende in un laghetto chiuso. Il Salto de Socoa ha anche
villaggi vicini e una valle che offre una vista mozzafiato. Le
scene ambientate nella grotta sono invece state girate in diverse
location: la Grotta Iguabonita e le grotte
del Parco Nazionale di Los Haitises. Infine, la scena
della spiaggia è stata girata nella regione di Las
Terrenas, nella provincia di Samana.
L’area è la visione perfetta di un periodo di relax, con spiagge
sabbiose, un bellissimo oceano blu e palme.
Il trailer di The Lost
City e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di
The Lost City grazie alla sua presenza su
alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in
rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten
TV, Chili Cinema, Google Play, Apple TV,Prime Video, Paramount+ e Netflix. Per vederlo, una volta scelta la
piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o
sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video.
Grazie al successo di Harry
Potter al cinema, ha sempre più preso vita una fortunata
stagione di saghe cinematografiche ispirate a celebri romanzi per
ragazzi, ambientati prevalentemente in futuri distopici. Con
Hunger
Games si ha a che fare con il titolo di maggior
successo tra questi, ed anche con uno dei pochi che è riuscito a
completare la propria avventura cinematografica. Molto spesso,
infatti, nel passaggio dalla carta allo schermo tali produzioni non
hanno riscontrato il favore di pubblico sperato. Ma non è questo il
caso di Hunger Games, e l’ennesima conferma a riguardo è
arrivata anche grazie alla prima parte del suo finale:
Hunger Games: Il canto della rivolta – Parte
1 (qui la recensione), arrivato in
sala nel 2014.
Scritto nel 2008 da Suzanne
Collins, il primo volume della saga ha ottenuto un
successo tale da rendere inevitabile una sua trasposizione
cinematografica. Questa, uscita al cinema nel 2012, non ha però
solo dato vita ad uno dei principali romanzi del genere distopico,
ma ha anche ad un vero e proprio filone cinematografico composto da
titoli come Maze Runner e
Divergent. L’esplorazione
di tematiche giovanili, come anche l’approcciarsi dei protagonisti,
poco più che adolescenti, ad un mondo particolarmente ostile, sono
infatti tematiche particolarmente sentite, che non hanno mancato di
trovare milioni di spettatori appassionati.
A fronte di un budget maggiore
rispetto ai precedenti, attestato intorno ai 130 milioni di
dollari, questo terzo film è arrivato a guadagnarne ben 755 in
tutto il mondo, confermando il grande interesse nei confronti della
saga, conclusasi l’anno successivo con Hunger Games: Il canto della
rivolta – Parte 2 . Prima di intraprendere una visione del
film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle
principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama, al cast di
attori e alle differenze tra il romanzo e il
film. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il titolo nel
proprio catalogo.
Hunger Games: Il canto della
rivolta – Parte 1: la trama del film
Il terzo film si apre su
Katniss Everdeen in visita al distretto 13, che
sopravvive segretamente sotto terra da diversi anni. Il capo della
ribellione Plutarch Havensbee e la presidentessa
Alma Coin vorrebbero che Katniss diventasse il
simbolo della rivolta contro il Presidente Snow.
Per convincere la ragazza ad unirsi alla lotta, Plutarch le mostra
la devastazione che Capital City ha prodotto nel suo vecchio
distretto. Quella stessa sera, comprende ulteriormente la gravità
della situazione nel momento in cui scopre che
Peeta è stato plagiato dai suoi nemici. La giovane
accetta dunque di guidare la rivolta. Quando i rivoltosi
distruggono la diga e Capital City viene inondata, Peeta appare
nuovamente sullo schermo, e con recuperata lucidità rivela che il
distretto 13 sta per essere bombardato. Katniss sta per
riabbracciare l’amico, ma non può immaginare quanto le torture
abbiano cambiato il ragazzo.
Hunger Games: Il canto della
rivolta – Parte 1: il cast del film
Per il ruolo della guerriera Katniss
sono state sottoposte ad un provino alcune tra le più note giovani
attrici di Hollywood, ma il ruolo venne infine vinto da Jennifer
Lawrence, la quale risultò da subito la scelta giusta
per il regista, impressionato dalle sue qualità. L’attrice,
tuttavia, intimorita dalla grandezza del progetto, impiego diversi
giorni prima di capire se accettare o meno la parte. Il suo timore
più grande riguardava il modo in cui un ruolo del genere avrebbe
potuto cambiare la sua carriera e l’intera sua vita. Tuttavia,
attratta dalla personalità e dallo spirito combattivo del
personaggio, finì con l’accettare. Per il ruolo di Peeta fu invece
scelto l’attore Josh
Hutcherson, il quale si trovò a dover attuare radicali
trasformazioni della sua persona. All’attore venne infatti
richiesto di tingersi i capelli di biondo per ricoprire il
personaggio, come anche di guadagnare circa 7 chili di muscoli per
acquisire il fisico robusto descritto per il personaggio nel libro.
Liam Hemsworth
ricopre il ruolo di Gale, amico di lunga data della
protagonista.
Stanley Tucci è
invece il volto di Caesar Flickerman, il presuntuoso presentatore
degli Hunger Games. A ricoprire il ruolo del malvagio presidente
Snow è invece Donald
Sutherland. Questi ha dichiarato di essere rimasto
affascinato dai richiami politici presenti nella sceneggiatura, da
lui giudicati particolarmente attuali e urgenti. Per tale motivo,
decise di accettare la parte. Woody Harrelson
accettò invece il ruolo di Haymitch Abernathy poiché attratto dai
taciuti traumi di questo, trovandolo pertanto un personaggio
particolarmente intrigante. Elizabeth
Banks, infine, è la presentatrice degli Hunger Games.
Il suo personaggio si è affermato nell’immaginario degli
spettatori, grazie anche alla cura che l’attrice ha riposto tanto
nella caratterizzazione quanto dei suoi suggerimenti sul look. Si
aggiungono poi al film gli attori Philip Seymour
Hoffman nei panni di Plutarch, e Julianne Moore in
quelli di Alma Coin.
Hunger Games: Il canto della
rivolta – Parte 1: le differenze tra il romanzo e il film
Nell’adattare il romanzo, la
produzione si è assicurata di non allontanarsi troppo dal materiale
di partenza, curando di dar vita ad una trasposizione quanto più
fedele possibile. Le differenze, che inevitabilmente vi sono,
riguardano infatti prevalentemente dettagli o aspetti secondari. In
particolare, una di queste si ritrova nell’inizio del film. Questo
si apre con Katniss accovacciata in un corridoio del Distretto 13,
colta da un attacco di panico. Ciò ha permesso di mostrare da
subito la sua vulnerabilità, che non si ritrova invece nel romanzo.
L’incipit di questo vede infatti la protagonista recarsi
direttamente nel Distretto 12. Lievi cambiamenti vi sono anche nel
momento in cui Katniss sta per indossare i panni della ghiandaia
imitatrice. Nel romanzo quest’ultima accetta ponendo però una serie
di condizioni. Di queste, nel film sono citate solo l’immunità per
i vincitori degli Hunger Games e la possibilità per sua sorella di
tenere il proprio gatto.
Un’interessante differenza si
ritrova anche nella scena in cui Katniss riceve un nuovo arco. Nel
romanzo, quest’ultimo presenta una serie di particolarità, tra cui
un mirino e la capacità di riconoscere la voce della propria
padrone. Ciò non trova però spazio nel film, dove l’arco non sembra
avere particolarità, risultando così più realistico. In questo film
si ritrova poi l’aggiunta di un personaggio non esistente nella
saga. Si tratta di Antonius, ministro del presidente Snow, qui
inserito per circondare ulteriormente il principale antagonista di
ulteriori alleati. E proprio riguardo a Snow si ritrovano diverse
differenze. Nel film sono infatti presenti diverse scene in cui
questi si consulta con i suoi ministri, dialoghi non presenti nel
romanzo. Un’ultima aggiunta rispetto a questo è anche il
video-messaggio che Katniss invia a Snow nel tentativo di distrarlo
prima dell’attacco finale.
Hunger Games: Il canto della
rivolta – Parte 1: il trailer e dove vedere il film in
streaming e in TV
È possibile vedere o rivedere il
film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari
piattaforme streaming presenti oggi in rete.Hunger Games: Il canto della rivolta – Parte
1 è infatti disponibile nel catalogo di
Rakuten TV, Google Play, Infinity+, Apple
iTunes, Prime Video, Now e
Netflix. Per vederlo, in base alla
piattaforma scelta, basterà iscriversi o noleggiare il singolo
film. Si avrà così modo di poter fruire di questo per una comoda
visione casalinga. È bene notare che in caso di solo noleggio, il
titolo sarà a disposizione per un determinato limite temporale,
entro cui bisognerà effettuare la visione. Il film sarà inoltre
trasmesso in televisione il giorno giovedì 9
novembre alle ore 21:15 sul canale
Italia 2.
Disney+ ha annunciato American
Horror Story: Delicate, il nuovo capitolo della serie
franchise di successo che debutterà in Italia il 29 novembre sulla
piattaforma streaming. I cinque episodi della prima parte della
nuova stagione arriveranno a cadenza settimanale.
American Horror Story è una serie
horror antologica creata e prodotta da Ryan Murphy e Brad Falchuk.
Dal 2011, i creatori hanno ridefinito il genere horror con stagioni
che hanno avuto al centro un manicomio inquietante, una congrega di
streghe, un freak show itinerante, un hotel infestato e persino
l’apocalisse. La serie televisiva ha dato vita a una moltitudine di
fan sfegatati che aspettano con ansia le storie e i terrori del
capitolo successivo. Vincitrice di numerosi premi Emmy® e Golden
Globe®, American Horror Storyè stata pioniera del formato
moderno delle miniserie ed è lo show con episodi da un’ora più
longevo nella storia di FX, con 11 stagioni all’attivo e con un
rinnovo confermato fino alla tredicesima.
Murphy, Falchuk, Halley Feiffer, Alexis Martin Woodall, John J.
Gray e Scott Robertson sono i produttori esecutivi.
American Horror Story è prodotta da 20th
Television.
Un efficace sistema di parental control assicura che
Disney+ rimanga un’esperienza
di visione adatta a tutti i membri della famiglia. Oltre al
“Profilo Bambini” già presente sulla piattaforma, gli abbonati
possono impostare dei limiti di accesso ai contenuti per un
pubblico più adulto e creare profili con accesso tramite PIN, per
garantire massima tranquillità ai genitori.
Alla premiere di The Marvels, Feige ha rilasciato una
breve intervista con Entertainment Tonight
Durante questa intervista, al presidente è stato chiesto di
un recente rapporto secondo cui i Marvel
Studios stavano valutando la possibilità di
realizzare un film con protagonisti gli Avengers
originali, inclusi Robert Downey
Jr.e Scarlett
Johansson, i cui personaggi caduti sarebbero dovuti
però tornare in vita.
Kevin Feige ha dichiarato di non aver sentito
le voci secondo cui i due acclamati attori e i loro personaggi
avrebbero fatto un ritorno nel MCU, ma che la Marvel sta realizzando un progetto
che Scarlett Johansson sta producendo.
“Il ritorno dei Vendicatori
Caduti, è una novità? Non l’ho letteralmente nemmeno letto, è
una nuova voce”, ha chiesto Kevin Feige . “Non ne abbiamo parlato al
ritiro, è la verità. Stiamo realizzando un progetto con
Scarlett. Adoro Robert, che è parte della famiglia. Per
quanto riguarda il ritorno, vedremo”.
Il film più recente del
MCU è The
Marvels, che esce al cinema proprio oggi in
Italia. Nel film Marvel StudiosThe
Marvels, Carol Danvers alias Captain
Marvel deve farsi
carico del peso di un universo destabilizzato. Quando i suoi
compiti la portano in un wormhole anomalo collegato a un
rivoluzionario Kree, i suoi poteri si intrecciano con quelli della
sua super fan di Jersey City Kamala Khan, alias Ms. Marvel, e con quelli
della nipote di Carol, il capitano Monica Rambeau, diventata ora
un’astronauta S.A.B.E.R.. Insieme, questo improbabile trio deve
fare squadra e imparare a lavorare in sinergia per salvare
l’universo come “The Marvels”.
Tutto ciò che sappiamo su The
Marvels
The
Marvels, il sequel con protagonista il premio
Oscar Brie
Larson, sarà sceneggiato da Megan McDonnell,
sceneggiatrice dell’acclamata serie WandaVision.
Sfortunatamente, Anna
Boden e Ryan Fleck, registi del
primo film, non torneranno dietro la macchina da presa: il sequel,
infatti, sarà diretto da Nia DaCosta, regista
di Candyman.
Nel cast ci saranno anche Iman Vellani(Ms.
Marvel) e Teyonah
Parris (Monica Rambeau, già apparsa
in WandaVision). L’attrice Zawe
Ashton, invece, interpreterà il villain principale.
Il cinquantesimo film di
Woody Allen è ambientato a Parigi e girato per la
prima volta in francese. Un thriller romantico con protagonisti
Lou De Laâge, Niels Schneider, Valérie
Lemercier e Melvil Poupaud.
Coup de Chance parla
dell’importante ruolo che il caso e la fortuna giocano nelle nostre
vite. Fanny e Jean sembrano la coppia di sposi ideale: sono
entrambi realizzati professionalmente, vivono in un meraviglioso
appartamento in un quartiere esclusivo di Parigi, e sembrano
innamorati come la prima volta che si sono incontrati.
Ma quando Fanny s’imbatte
accidentalmente in Alain, un ex compagno di liceo, perde la testa.
Presto si rivedono e diventano sempre più intimi…
Stefano
“S3Keno” Piccoli, direttore di Arf! Festival del
Fumetto di Roma, è stato eletto nuovo
Presidente di RIFF • Rete Italiana Festival di
Fumetto.
La nomina è stata
decisa con votazione unanime a Lucca Comics &
Games, durante l’annuale Assemblea Nazionale di
RIFF, l’associazione di categoria fondata nel 2020 da ARF!
Festival, Comicon, Etna Comics, Treviso Comic Book Festival e la
stessa Lucca C&G e che negli anni ha raggiunto la quota di 40
soci. Durante lo svolgimento della stessa Assemblea, sono
inoltre entrate a far parte della rete dei festival cinque nuove
manifestazioni: Albissola
Comics (Albissola Marina), Messina
Con (Messina), il Piccolo Festival
dell’Animazione (San Vito al Tagliamento, PN)
il Piccolo Festival del
Fumetto (Cremona) e il Paw Chew Go
Festival (Milano), a cui tutti i 35 Festival già
associati danno il loro benvenuto!
Stefano Piccoli
succede a Claudio Curcio, al vertice della Rete
nel primo triennio di vita RIFF giunge quindi a 40 Festival
associati che – nella loro eterogeneità – esprimono a tutto tondo
il linguaggio del Fumetto e delle culture pop, oltre che promuovere
e valorizzare le eccellenze creative e le ricchezze artistiche e
culturali dei propri territori, operando da nord a sud in ogni
regione d’Italia!
“Ringrazio i
festival soci per la fiducia accordatami e ringrazio infinitamente
Claudio Curcio per il lavoro svolto sinora: in pochissimi anni,
tre, abbiamo realizzato davvero tanto” èil
primo commento del neo presidente Stefano
Piccoli. “Sono pronto a lavorare in continuità e a
riprendere in mano tutte le sfide che ci attendono, dal dialogo col
Ministero per il rilancio dei bandi e occasioni di finanziamento,
oltre alla promozione degli eventi che fanno parte della Rete. I
40 associati di RIFF, nella loro eterogeneità,
esprimono a tutto tondo il linguaggio del Fumetto e delle culture
pop, oltre a promuovere e valorizzare le eccellenze creative e le
ricchezze artistiche e culturali dei propri territori, operando da
nord a sud in ogni regione d’Italia! Ancora una volta i festival
vogliono essere gli alfieri della filiera fumettistica italiana,
dialogando con enti, associazioni, editori, autori, addetti ai
lavori e soprattutto… il pubblico”.
RIFF – Rete
Italiana Festival di Fumetto conta 40 associati ed è attualmente
composta da: ARF!
Festival (Roma), Comicon (Napoli/Bergamo), Etna
Comics (Catania), Lucca Comics &
Games(Lucca), Treviso Comic Book
Festival TCBF (Treviso) – soci fondatori – e
poi Ad occhi aperti (Bologna), il nuovo
format che sostituisce lo storico BilBolBul
Festival, Albissola Comics (Albissola Marina,
SV), ALEcomics (Alessandria),
ArtMaySound (Bolzano), B-Geek
(Bari), Balloon (Policoro,
MT), Be Comics! (Padova),
Bergomix (Bergamo), Betty
B (Savignano sul Panaro, MO), Cesena
Comics & Stories (Cesena), San Donà
Fumetto (San Donà di Piave,
VE), Lanciano nel Fumetto (Lanciano, CH),
Le Strade del
Paesaggio (Cosenza), Festival del
Nerd (Foggia), Lucca
Collezionando (Lucca), Ludicomix (Empoli), Messina
Con (Messina) Palermo Comic
Convention (Palermo), Paw Chew
Go (Milano), Paff! (Modena), Pescara
Comix & Games (Pescara), Piccolo
Festival Animazione (San Vito al Tagliamento,
PN), Porte Aperte
Festival (Cremona), Piccolo Festival del
Fumetto (Cremona) Prato Comics +
Play (Prato), Rapalloonia! (Rapallo,
GE), Rovigo
Comics (Rovigo), San Beach
Comix (San Benedetto del Tronto,
AP), San Marino Comics (San Marino),
Smack! (Genova), Tiferno
Comics (Città di Castello, PG), Trapani
Comix (Trapani),Varchi
Comics (Montevarchi. AR), Venezia
Comics (Venezia) e Vitercomix (Viterbo).
Disney+ ha diffuso il trailer
per l’atteso finale della seconda stagione di Loki,
la serie di successo targata Marvel Studios che vede Tom Hiddleston nei panni del Dio
dell’inganno.
Tom Hiddleston è tornato nel ruolo del dio del
male nella seconda stagione di Loki,
insieme alle star della prima stagione come
Owen Wilson, Gugu Mbatha-Raw, Sophia Di Martino, Tara Strong e
la nuova aggiunta Ke Huy Quan.
Eric Martin è il capo sceneggiatore e
produttore esecutivo della seconda stagione. Hiddleston è anche
produttore esecutivo insieme al capo dei Marvel Studios Kevin Feige e
Stephen Broussard, Louis D’Esposito, Victoria Alonso, Brad
Winderbaum, Kevin R. Wright, Justin Benson e Aaron Moorhead e
Michael Waldron. Trevor Waterson è co-produttore
esecutivo. Benson & Moorhead, Dan Deleeuw e Kasra Farahani
sono stati i registi della stagione. I nuovi episodi di Loki
debuttano giovedì alle 21:00 ET/18:00 PT su Disney+.
Apple
TV+ ha presentato il primo teaser dell’attesissima
serie limitata in nove episodi Masters
of the Air, creata dai produttori esecutivi
Steven Spielberg,
Tom Hanks e Gary Goetzman e scritta da John Orloff.
Interpretata da un cast stellare guidato dal candidato all’Oscar
Austin Butler, Callum Turner, Anthony Boyle,
Nate Mann, Rafferty Law, il candidato all’Oscar
Barry Keoghan, Josiah Cross, Branden Cook e Ncuti
Gatwa, Masters
of the Air farà il suo debutto su Apple
TV+ il 26 gennaio 2024 con i primi due episodi, seguiti da un
nuovo episodio ogni venerdì, fino al 15 marzo.
Basata sull’omonimo libro di Donald
L. Miller e sceneggiato da John Orloff, Masters
of the Air segue gli uomini del 100° Gruppo
Bombardieri (il “Bloody Hundredth”) alle prese con pericolosi raid
di bombardamento sulla Germania nazista in condizioni proibitive,
dovute al gelo, alla mancanza di ossigeno e al terrore di un
combattimento condotto a 25.000 piedi di altezza. La
rappresentazione del prezzo psicologico ed emotivo pagato da questi
giovani uomini che hanno contribuito a distruggere l’orrore del
Terzo Reich di Hitler è al centro della storia di “Masters of the
Air”. Alcuni furono abbattuti e catturati; altri furono feriti o
uccisi. Altri ancora ebbero la fortuna di tornare a casa.
Indipendentemente dal destino individuale, tutti hanno ricevuto un
tributo.
Spaziando dai campi e villaggi bucolici del sud-est
dell’Inghilterra, alle dure privazioni di un campo di prigionia
tedesco e ritraendo un periodo unico e cruciale della storia
mondiale, Masters
of the Air è un vero e autentico successo
cinematografico sia in termini di scala, che di portata.
Prodotta dagli Apple Studios, “Masters
of the Air è prodotta esecutivamente da Spielberg
attraverso Amblin Television, e da Hanks e Goetzman per conto di
Playtone. Darryl Frank e Justin Falvey della Amblin Television sono
co-produttori esecutivi insieme a Steven Shareshian della Playtone.
Oltre a scrivere, Orloff è co-produttore esecutivo. Anche Graham
Yost è produttore esecutivo della serie. Anna Boden, Ryan Fleck,
Cary Joji Fukunaga, Dee Rees e Tim Van Patten si alternano alla
regia.