Se dicessimo che ci siamo
svegliati sorpresi dall’esito degli Oscar 2023,
svoltisi questa notte, diremmo una falsità. Il trionfo di
Everything Everywhere All at Once era atteso e
caldeggiato, il film dei record, che ha battuto persino Il
Signore degli Anelli – Il Ritorno del Re per la quantità di
premi ricevuti, è stata la vera e propria corazzata “proveniente da
Oriente” che ha permesso a Hollywood di raccontarsi che sì,
finalmente, si sta facendo ammenda per decenni di comportamenti
deplorevoli nei confronti delle minoranze.
Dopotutto, di recente
accade con regolarità, l’anno scorso con CODA, con il
riconoscimento della comunità di artisti diversamente abili (al
netto poi delle singole splendide performance da cui il film è
impreziosito), e qualche anno fa, nel 2014, con la vittoria di
12 Anni Schiavo (quando in gara c’erano titoli del calibro
di Gravity e The Wolf of Wall Street) arrivata dopo
un 2013 di proteste per gli #OscarsoWhite.
Insomma, l’Academy,
rappresentazione politico-industriale di maggiore prestigio a
Hollywood, ciclicamente sembra volersi lavare la coscienza per
quello che ha sbagliato in passato, non riuscendo quasi mai a
premiare “il migliore” ma il più adatto ai tempi che corrono. Il
che non è per forza sbagliato, perché bisogna pure avere un
criterio nell’assegnazione di quello che è a tutti gli effetti un
giudizio. E allora vogliamo forse dire che
Michelle Yeoh è stata più brava di Cate
Blanchett, quest’anno? Certo che no, ma diremo, meglio, che se
il racconto di Blanchett vincitrice avrebbe visto il trionfo di una
grande performance e il terzo Oscar per l’attrice australiana,
quello di Yeoh è il primo Oscar da protagonista a un’attrice
asiatica, un’icona del cinema pop che viene da 40 anni di carriera,
amatissima dal pubblico e finalmente riconosciuta dall’industria
“alta”. Ecco, quanto si racconta meglio questa storia qui? Stessa
cosa dicasi per il “ritorno” di
Brendan Fraser che, sebbene con The
Whale abbia offerto la sua migliore
interpretazione in carriera, non era certo portatore della migliore
interpretazione in cinquina, quest’anno. Ma quanto è bello
raccontare di un attore di successo che si era perso e si è
ritrovato?
A Hollywood, giustamente,
piace questa narrazione, piacciono le storie, e piace potersi dare
una pacca sulla spalla e dirsi che, non importa con quanto ritardo,
con i premi agli Oscar 2023 a
Everything Everywhere All at Once, anche la sua
comunità asiatica è stata finalmente riconosciuta. E ciò non toglie
che sia giusto, sotto più di un aspetto, che un’associazione come
l’Academy dimostri di guardare al suo contemporaneo attraverso i
film che premia. In fondo, siamo tutti contenti.
E questa narrazione,
questo concetto di “pulirsi la coscienza” si muove nel territorio
del verosimile e dello spiegabile, cosa che invece non accade
quest’anno per alcune categorie, come quella della migliore
sceneggiatura originale, andata ai Daniels, con Martin
McDonagh in gara, oppure come i premi, quattro, assegnati a
Niente di nuovo sul fronte occidentale, che tradisce
la sua anima già dal titolo: terzo adattamento per il cinema
dell’omonimo romanzo, il film non ha davvero niente di nuovo da
dire, eppure, per ragioni insondabili, ha raggiunto un successo
insperato.
Nonostante questa diffusa
stanchezza e pigrizia nell’assegnazione dei premi, ci sono stati
diversi momenti emozionanti, anche se non sorprendenti, a questi
Oscar 2023, e certamente non dobbiamo ringraziare
Jimmy Kimmel che ha condotto la più normale e sicura delle
cerimonie, come non se ne vedevano da diversi decenni. L’emozione
autentica di
Jamie Lee Curtis e
Ke Huy Quan, la commozione di John Travolta
nell’introdurre il momento In Memorian, lui che quest’anno ha
“perso” due delle sue più iconiche co-star, Olivia Newton
John e Kirstie Alley, l’intensità della performance di
Lady Gaga, la vittoria di Natu Natu come migliore
canzone originale, che ha sempre il sapore di contentino ma che
almeno ha regalato un momento di genuina ilarità con il discorso di
ringraziamento di M.M. Keeravani.
Insomma, questi Oscar
2023 verranno dimenticati presto, o forse saranno ricordati
proprio per la peculiarità delle scelte dell’Academy (ricordiamo
tutti l’anno di Shakespeare in Love). Dopotutto il tempo è
il miglior giudice per quello che riguarda l’arte, il tempo
trascorso ci vede ancora testimoni dello strepitoso ritmo e
montaggio di The Wolf of Wall Street, del dolente splendore
de La Sottile Linea Rossa, del valore fondativo di
Psycho, della brutalità di Taxi Driver, tutti titoli
grandiosi, lasciati a bocca asciutta dall’Academy ma premiati dal
tempo.
E quindi aspettiamo e
vediamo cosa lascerà Eveything Everywhere All At Once e cosa
invece rimarrà dei grandi esclusi degli Oscar
2023.