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Margini gratis al cinema a Roma e Milano con Cinefilos.it, scopri come!

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Cinefilos.it offre la possibilità di vedere al cinema, gratis, Margini, un film di Niccolò Falsetti con Francesco Turbanti, Emanuele Linfatti e Matteo Creatini presentato in concorso alla 37° Settimana della Critica in occasione di Venezia 79. Ecco le date in cui sarà possibile partecipare alle proiezioni presso i cinema di Roma e Milano:

  • GIULIO CESARE ROMA
Giovedì 8 settembre – 10 inviti
Venerdì 9 settembre – 10 inviti
Sabato 10 settembre – 10 inviti
  • MIGNON ROMA 
Giovedì 8 settembre – 10 inviti
Venerdì 9 settembre – 10 inviti
Sabato 10 settembre – 20 inviti
  • ANTEO PALAZZO DEL CINEMA MILANO 
Giovedì 8 settembre – 5 inviti
Venerdì 9 settembre – 5 inviti
Sabato 10 settembre – 5 inviti
I biglietti saranno validi per qualsiasi spettacolo indicato e potranno essere richiesti, fino ad esaurimento, inviando una email a [email protected] in cui andranno specificati il giorno in cui si intende utilizzare i biglietti e un secondo giorno alternativo nel caso per il giorno prescelto non ci sia più disponibilità di posto.
Gli orari delle proiezioni andranno consultati direttamente sui siti dei cinema. È di fondamentale importanza che nell’email venga evidenziato che si sta chiedendo l’invito via CINEFILOS.
I biglietti potranno essere ritirati direttamente alla cassa dei cinema presentando la email di conferma ricevuta unitamente ad un documento di identità

Giulia Amati: intervista alla regista di Kristos, l’ultimo bambino

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Giulia Amati è la regista di Kristos, l’ultimo bambino, documentario selezionato in Notti Veneziane a Venezia 79.

Dei trenta abitanti di Arki, un’isola del Dodecanneso battuta dal vento, Kristos è l’ultimo bambino rimasto. Ha dieci anni ed è l’unico alunno della maestra Maria che gli si dedica con devozione.  Presto Kristos inizierà il suo ultimo anno di scuola elementare. Per terminare la scuola dell’obbligo dovrebbe lasciare Arki e trasferirsi in un’isola più grande. La sua famiglia però non ha i mezzi per permetterselo e suo padre vuole che diventi un pastore, un mestiere che la famiglia si tramanda da generazioni. Maria non riesce ad accettare questa situazione ed è determinata a trovare una soluzione per farlo continuare a studiare. Kristos rimarrà sull’isola per diventare un pastore come i suoi fratelli maggiori oppure lascerà Arki per continuare gli studi lontano, dall’altra parte del mare?

Don’t Worry Darling, recensione del film di Olivia Wilde

Don’t Worry Darling, recensione del film di Olivia Wilde

Olivia Wilde torna dietro la macchina da presa per la seconda volta con uno dei film attesi dai più giovani della Mostra del Cinema di Venezia 2022: Don’t Worry Darling. La scelta dei due protagonisti per questa prima incursione della Wilde nel thriller psicologico è ciò che ha attirato attenzione mediatica nei confronti del progetto: Harry Styles e Florence Pugh sono gli interpreti principali di un film che rappresenta un grande passo indietro rispetto all’esordio registico della Wilde, Booksmart – La rivincita delle sfigate, in cui emergeva chiaramente tutta la sua creatività. Contenuta da un budget sostanzioso, che punta tutto sul casting e sulla spettacolarizzazione di due delle icone giovani più amate del momento, Don’t Worry Darling è un film dimenticabile e fuori tempo massimo, con qualche intuizione interessante ma che si perde nello stesso meccanismo gestionale che attanaglia i suoi protagonisti.

Benvenuti al progetto Victory

Don’t Worry Darling segue le vicende Alice (Florence Pugh) e Jack (Styles) una giovane e appartentemente felicissima coppia che vive nella comunità idealizzata di Victory, una città aziendale sperimentale che ospita gli uomini che lavorano per il progetto top-secret chiamato appunto Victory e le loro famiglie. L’ottimismo della società degli anni Cinquanta, propugnato dall’amministratore delegato Frank (Pine) – in egual misura visionario dell’azienda e life coach motivazionale – sostiene ogni aspetto della vita quotidiana nell’affiatata utopia del deserto.

Mentre i mariti trascorrono ogni giorno all’interno del quartier generale del Victory Project, lavorando allo “sviluppo di materiali avanzati”, le loro mogli – tra cui l’elegante compagna di FrankShelley (Chan) – passano il tempo a godersi la bellezza, il lusso e la dissolutezza della loro comunità. La vita è perfetta, con tutti i bisogni dei residenti soddisfatti dall’azienda. Tutto ciò che chiedono in cambio è discrezione e impegno indiscusso per la causa di Victory.

Laddove una Florence Pugh – che ormai ha consolidato la propria figura di giovane promessa del cinema – riesce a prendere le redini del film e a offrire quanto meno una performance in linea con le precedenti, Harry Styles sembra non riuscire ad afferrare completamente la psicologia della sua dolce metà, inserendosi in maniera ottimale nel contesto patinato e anni ‘50 del film, concorde con il carisma che ha sempre esibito nelle performance canore, ma senza quella consapevolezza e raffinatezza che lo avevo innalzato in Dunkirk di Christopher Nolan. Un ruolo in cui serviva espressività più che parole, e con cui si è iniziato a parlare di una sua possibile carriera anche nell’ambito della recitazione.

Don’t Worry Darling, un passo falso per Olivia Wilde

Don’t Worry Darling  è un film derivativo e questa è forse la delusione più grande se pensiamo che a dirigerlo è stata la stessa Olivia Wilde che, con arguzia e una regia frizzante, si era imposta nella scenda indipendente con il primo film Book Smart – La rivincita delle sfigate. La forte componente femminile, tanto sulla scena quanto da un punto di vista ideologico, viene completamente meno in una sceneggiatura che richiama tantissimo Black Mirror, non in termini di lungimiranza narrativa, anzi, quanto più nella spettacolarizzazione del pericolo e delle insidie che si nascondono all’interno di cornici tecnologiche apparentemente perfette.

Non stiamo parlando di un’aggiunta significativa al fuori concorso di Venezia 2022, ma Don’t Worry Darling  ha una nota di merito importante: sarà un film che richiamerà l’attenzione e la presenza del pubblico nelle sale, e che potrà comunque soddisfare il palato degli appassionati di thriller grotteschi senza troppe pretese. Tantissimi i riferimenti iconografici, tra Shutter Island e The Truman Show, passando per Sucker Punch e Stepford Wives, che racchiudono Don’t Worry Darling in una morsa di citazionismo e dinamiche interne ai personaggi che non conoscono suspense o un crescendo tensivo che ne legittimi un comparto visivo così prorompente.

Se Don’t Worry Darling  si consacrerà come un passo falso nella carriera di Florence Pugh, questo non ci è dato dirlo, ma l’auspicio è che Olivia Wilde faccia presto ritorno alla scena indipendente, presentandoci personaggi che possano davvero lasciare il segno e non vivere nell’ombra dell’icona che li interpreta. Le donne di Victory si coalizzano contro un sistema che le rende impotenti, le ha sottratte dalle responsabilità che volevano avere, contrapponendole a uomini di tutto punto, che nascondono più di un segreto. La verità è che due semplici ragazze di 17 anni, Amy e Molly, avevano raccontato molto più della solidarietà femminile in Booksmart, celebrandola in tutte le sue sfaccettature. Le donne di Don’t Worry Darling, invece, dovrebbero preoccuparsi eccome non solo del progetto Victory, ma anche della sceneggiatura in cui sono state inserite.

Amanda: recensione del film con Benedetta Porcaroli e Michele Bravi

Carolina Cavalli esordisce alla regia con Amanda. Il film, presentato nella sezione Orizzonti Extra della 79ª Mostra internazionale di Venezia, abbraccia e racconta le stranezze della gioventù attraverso una serie di personaggi eccentrici e disturbati. Accanto  a Benedetta Porcaroli (Baby, La scuola cattolica, L’ombra del giorno), che veste i panni della protagonista, nel cast di Amanda troviamo Michele Bravi, Galatea Bellugi, Monica NappoMargherita Maccapani Misson e Giovanna Mezzogiorno. Il film uscirà nelle sale il 13 ottobre 2022.

La trama di AmandaBenedetta Porcaroli Amanda recensione film

Amanda (Benedetta Porcaroli) ha ventiquattro anni ed è un’irrequieta perdigiorno. È da sempre accompagnata da un senso di malessere: sogna di avere un’amica e non ne ha mai posseduta una. I vari traslochi e l’anaffettività dei membri della sua famiglia – ricca e glaciale – non hanno di sicuro aiutato.

Amanda soffre di una forte solitudine. Tuttavia, non appena scopre che da piccolissima passava molto tempo con Rebecca (Galatea Bellugi), figlia di un’amica della madre, si pone un unico scopo: convincere Rebecca a diventare la sua migliore amica. La missione non è semplice, dato che Rebecca passa le sue giornate chiusa nella sua camera da letto…

Amanda è un elogio della stranezza

La regista e sceneggiatrice di Amanda sceglie di fare un film che ruota tutto attorno alle stranezze. Dalle due bambine iniziali che si comportano come adulte snob a bordo piscina, fino ai costumi e alle ambientazioni, tutto appare variopinto e fuori dall’ordinario. Amanda Benedetta PorcaroliPer prima cosa, sono i personaggi ad essere eccentrici. La protagonista è un soggetto stravagante: si comporta come una ragazzina capricciosa e viziata, fa ciò che vuole ma allo stesso tempo rifiuta e critica la famiglia borghese che la sostiene.

Personaggi insoliti

Non sono meno strani di Amanda i suoi famigliari, dal padre fantasma e praticamente afono alla nipote di sette anni che dichiara di amare ”Dio come persona”. E la potenziale amica Rebecca non può che essere una ragazza che soffre di agorafobia. In tutto il film non c’è un personaggio banale o ordinario.

Guardando Amanda, sembra di entrare nella casa di cura de La pazza gioia (Paolo Virzì): nel film c’è così tanta follia da gestire che, per praticità, viene normalizzata. Per questo motivo, il lungometraggio risulta drammatico e divertente allo stesso tempo: le battute arrivano caotiche e inattese, la azioni della protagonista e dei suoi aiutanti sono imprevedibili. Il nonsense domina ogni aspetto del film ma, invece di sminuire la storia, diventa sostanza stessa delle immagini.

Un mondo a colori, ma desaturato

Le tinte di Amanda sono allo stesso tempo variopinte e desaturate: la villa in cui vive la protagonista, come anche quella di Rebecca, i sobborghi, gli abiti dei personaggi, tutto è ricco di sfumature. Da un lato, guardando il lungometraggio sembra di essere dentro uno spot pubblicitario di Gucci, dall’altro c’è una velatura grigia che ricorda le atmosfere di Dogtooth (Yorgos Lanthimos). L’estetica del film rispecchia in tutto e per tutto l’interiorità della protagonista e dei personaggi principali. In Amanda infatti, si parla di anime colorite e esuberanti, ma velate di tristezza e, in ogni caso, outsider.

L’esordio di Michele Bravi come attore

Amanda Michele Bravi

Amanda, nei suoi pellegrinaggi notturni tra cantieri occupati e feste abusive, conosce un ragazzo solitario tanto quanto lei. L’attore che si nasconde dietro alla figura affascinante e gotica è Michele Bravi, giovane cantante italiano che esordisce come attore proprio con questo film. La performance di Bravi è stata messa molto in evidenza nella promozione di Amanda. Forse però, più che a livello di interpretazione, l’interiorità del cantante è in linea con la storia del film. Michele Bravi è un musicista che, nelle sue canzoni e nei suoi spettacoli, parla di dolore, psicoterapia e rinascita per celebrare la diversità e l’accettazione di sé.

Sempre a livello attoriale, Benedetta Porcaroli, l’interprete della protagonista, è abile nei panni della ragazza folle e infantile. La mimica, i movimenti del corpo e il tono delle battute sono realistici e coinvolgenti. Grazie alla sua performance, Porcaroli sa esprimere il senso totale del film e personifica molto bene l’oscillazione di stati d’animo che Carolina Cavalli vuole raccontare.

Venezia 79, le foto dal red carpet: Harry Styles, Florence Pugh, Olivia Wilde, Chris Pine e Gemma Chan

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Fuori concorso è stato presentato stasera Don’t worry darling, con protagonisti Florence Pugh, Olivia Wilde, Chris PineGemma Chan, Nick Kroll, Harry Styles. Ecco tutte le foto dei protagonisti sul red della 79esima Mostra D’Arte Cinematografica di Venezia. 

Il commento di Olivia Wilde

Questo film è la mia lettera d’amore a quel cinema che supera i confini della nostra immaginazione. È ambizioso, ma penso che abbiamo realizzato qualcosa di molto speciale. Immaginate una vita in cui avete tutto quello che desiderate. Non soltanto le cose materiali o tangibili come una bella casa, auto meravigliose, cibo delizioso e feste a non finire, ma anche le cose veramente importanti: l’amore vero con il partner perfetto, gli amici migliori e una vita con uno scopo significativo. Che cosa vi farebbe rinunciare a tutto questo? Cosa sacrifichereste per fare la cosa giusta? Sareste disposti a smantellare il sistema che è stato progettato al vostro servizio? Questo è il mondo, e la domanda, di Don’t worry darling.

La trama di Don’t worry darling

Alice e Jack vivono nella comunità idealizzata di Victory, la città aziendale sperimentale che ospita gli uomini che lavorano al progetto top-secret Victory e le loro famiglie. L’ottimismo della società degli anni Cinquanta, propugnato dall’amministratore delegato Frank – in egual misura visionario aziendale e life coach motivazionale – caratterizza ogni aspetto della vita quotidiana nell’affiatata utopia del deserto. Mentre i mariti trascorrono ogni giorno all’interno del quartier generale del Victory Project, lavorando allo “sviluppo di materiali avanzati”, le loro mogli – tra cui l’elegante compagna di Frank, Shelley – possono trascorrere il loro tempo godendosi la bellezza, il lusso e la dissolutezza della loro comunità. La vita è perfetta, con tutti i bisogni dei residenti soddisfatti dall’azienda. Tutto ciò che chiedono in cambio è discrezione e impegno indiscusso per la causa di Victory. Ma quando iniziano ad apparire delle crepe nella loro vita idilliaca, mostrando sprazzi di qualcosa di molto più sinistro che si nasconde sotto la facciata attraente, Alice non può fare a meno di chiedersi esattamente cosa stiano facendo a Victory, e perché. Quanto è disposta a perdere Alice per svelare ciò che sta realmente accadendo in questo paradiso?

Carnage: trama, cast e curiosità sul film di Roman Polanski

Carnage: trama, cast e curiosità sul film di Roman Polanski

Autore negli ultimi anni di sofisticati thriller il cui obiettivo primario è quello di esplorare l’animo umano, il premio Oscar Roman Polanski ha nel 2011 firmato la regia di Carnage (qui la recensione), ancora oggi considerato uno dei migliori film ambientati interamente in un unico ambiente. Impostato come una commedia nera, quest’opera assume sempre più connotati inaspettati portando ben presto gli spettatori a trovarsi di fronte a qualcosa di umanamente spaventoso, dove tutti gli istinti primordiali e gli aspetti taciuti vengono infine svelati, tra contraddizioni, ipocrisie, manie e una lunga altra serie di vizi che caratterizzano l’essere umano.

Scritto dallo stesso Polanski insieme a Yasmina Reza, il film è basato sull’opera teatrale scritta proprio da quest’ultima, intitolata Il dio del massacro (in originale Le Dieu du Carnage). Acclamata, premiata e messa in scena in più Paesi, questa ha infine attirato l’attenzione di Polanski, il quale vi ha ritrovato temi affini a quelli da lui trattati nel suo cinema più recente. Presentato poi in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, il film Carnage ha poi ottenuto a sua volta ampi consensi, merito in particolare di dialoghi taglienti, un quartetto di grandissimi attori e una regia che porta lo spettatore ad essere sempre vigile su quanto accade.

I film le cui storie si svolgono in un unico ambiente sono infatti particolarmente delicati, un elemento fuori posto può far perdere l’equilibrio che regge il tutto, ma Carnage riesce egregiamente in questo compito. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Carnage: la trama del film

La vicenda ha inizio in un parco di Brooklyn, dove due bambini litigano violentemente e uno dei due ferisce l’altro al volto, colpendolo con un bastone. È a quel punto che entrano in gioco le famiglie dei due, che decidono di incontrarsi per discutere dell’accaduto. I coniugi Alan e Nancy Cowan vengono così ospitati nell’appartamento di Penelope e Michael Longstreet, genitori del bambino vittima dell’aggressione. Le coppie si presentano da subito diametralmente opposte e non è semplice intavolare una discussione proficua. Ben presto, la contesa si sposterà dalle accuse reciproche sull’educazione dei figli a questioni personali. Complice l’alcol, i quattro si troveranno ad affrontare i più disparati argomenti in un febbricitante e caotico carosello che li metterà tutti contro tutti.

Carnage: il cast del film

Come anticipato, uno degli elementi di maggior forza del film è il suo cast di attori, i quali sono grossomodo solo quattro per tutto il film. Ad interpretare i coniugi Alan e Nancy Cowan vi sono gli attori premio Oscar Christopher Waltz e Kate Winslet. Waltz, in particolare, ha per questo ruolo lavorato molto sul suo accento, cercando di risultare un credibile americano. Penelope e Michael Longstreet sono invece interpretati dalla premio Oscar Jodie Foster e dal candidato all’Oscar John C. Reilly. Sono poi brevemente presenti anche i figli delle due coppie, con Elvis Polanski nel ruolo di Zachary Cowan e Eliot Berger in quello di Ethan Longstreet. Fa un cameo anche lo stesso Polanski, il quale compare come vicino dei casa dei Longstreet.

Carnage spiegazione

Carnage: il significato del film

All’interno del film si scontrano dunque due coppie di adulti borghesi, ognuno con una propria carriera professionale tale da conferirgli un certo grado di autorità. Eppure, come anticipato, più il racconto viene portato avanti e più emergono una serie di contraddizioni e vizi apparentemente innate nell’animo umano. Polanski nel corso del film concede allo spettatore numerosi segnali delle derive che si manifesteranno ben presto, inquadrando i suoi personaggi in modo stretto, claustrofobico, abbandonando dunque una dimensione teatrale che sarebbe potuta essere fin troppo ovvia. Ciò che è importante è infatti qui mostrare come la facciata di perbenismo dei personaggi venga progressivamete abbandonata.

In loro il regista fa confluire tutte le caratteristiche delle società per bene e civili, le quali nascondono i propri difetti senza però mai risolverli davvero. I quattro personaggi si svelano dunque come personalità consumate da quel Dio del Massacro che dà il titolo all’opera teatrale. Un Dio malvagio che si manifesta nell’egoismo, nell’individualismo e nel desiderio di supremazia nei confronti degli altri. Si tratta dunque di una deriva umana a cui tutti, in modo più o meno evidente, sembrano destinati, svelando dunque un punto di vista particolarmente cinico del regista. Unico elemento di speranza sono proprio i bambini, con i due figli delle due coppie capaci infine di riappacificarsi come i loro genitori non sono riusciti a fare.

Carnage: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire di Carnage grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Chili Cinema, Infinity, Now e Amazon Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di lunedì 5 settembre alle ore 00:50 sul canale Rete 4.

Fonte: IMDb

Passione ribelle: trama, cast e curiosità sul film con Matt Damon

Ci sono scrittori di narrativa che hanno conosciuto ulteriore popolarità grazie al cinema e tra questi vi è indubbiamente Cormac McCarthy. Film come Non è un paese per vecchi e The Road, entrambi tratti da suoi acclamati romanzi, si sono infatti affermati come titoli di particolare rilievo, in special modo per la qualità del racconto offerto. Ancor prima di questi, però, ad arrivare sul grande schermo nel 2000 è stato Passione ribelle, tratto dal suo libro Cavalli selvaggi. A dirigere il film vi è il premio Oscar Billy Bob Thornton, qui alla sua seconda regia dopo Lama tagliente, grazie a cui aveva vinto la prestigiosa statuetta.

Il libro a cui il film si ispira è stato pubblicato nel 1992 e rappresenta il primo capitolo della cosiddetta Trilogia della frontiera, composta anche da Oltre il confine e Città della pianura. Questi tre volumi si incentrano sulle vicende formative di due giovani cowboy lungo il confine tra Texas e Messico. I due successivi romanzi non sono però mai stati adattati per il grande schermo, principalmente a causa dello scarso entusiasmo verso Passione ribelle. Il film, che aveva originariamente una durata di circa tre ore, è stato pesantemente fatto modificare dal produttore Harvey Weinstein, finendo con lo snaturarne il racconto.

La versione originale esiste ancora, ma per problemi di diritto d’autore non è mai stata rilasciata. Ai fan del western, dunque, non rimane che riscoprire questo film anche nei suoi difetti, potendovi ritrovare però anche diversi elementi di fascino. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Passione ribelle: la trama del film

La vicenda si svolge nel 1949, un periodo in cui il mito del selvaggio west è ormai al tramonto. Protagonista del film è John Grady Cole, un giovane cowboy del Texas che parte all’avventura verso il Messico assieme all’amico Lacey Rawlins. I due percorrono il confine che divide lo Stato americano dal Messico, incontrando lungo il tragitto numerosi personaggi bizzarri, caratteristici dei luoghi visitati. Il loro vagabondare li porta infine presso il ranch dell’aristocratico Don Hector de la Rocha y Villarreal. L’uomo acconsente ad assumere i due, che iniziano così a lavorare per lui. A cambiare ogni cosa, in particolare per John, vi è però l’incontro con la bella Alejandra.

Questa è la figlia di Don Hector, a cui l’uomo è particolarmente legato e che tenta di proteggere da ogni fattore esterno. Più i due giovani si conoscono, più la passione l’uno per l’altro si fa forte. La zia di lei tenterà di metterla in guardia, ma nulla potrà fermare il loro amore. Quando questo verrà scoperto, Don Hector non esiterà ad eliminare il problema facendo arrestare John e Lacey con l’accusa di omicidio. I due giovani cowboy si trovano così costretti a dover sopravvivere in quell’ambiente a loro estraneo e particolarmente difficile. Il desiderio di rivedere Alejandra, però, sarà più forte di ogni cosa e John non avrà pace finché non l’avrà soddisfatto.

Passione ribelle cast

Passione ribelle: il cast del film

Il ruolo del protagonista John Grady Cole è interpretato dall’attore Matt Damon, anche se originariamente prima di lui il ruolo era stato offerto a Leonardo DiCaprio e Brad Pitt. Damon, dichiaratosi particolarmente affascinato dal racconto, dall’ambientazione e dai sentimenti presenti, partecipò con grande entusiasmo al film. In seguito ai pesanti tagli imposti, egli criticò apertamente le scelte dei produttori, affermando di non riconoscere più il film per cui aveva nutrito tanta passione. Accanto a lui, nel ruolo dell’amico Lacey Rawlins, vi è invece l’attore Henry Thomas, conosciuto per essere stato Elliott in E.T. – L’extraterrestre.

Lucas Black, invece, compare nei panni di Jimmy Blevins, un ragazzo incontrato dai due cowboy e che si rivelerà decisivo nel loro percorso. Ad ottenere il ruolo della bella Alejandra, protagonista femminile del film, è stata la premio Oscar Penelope Cruz, all’epoca già particolarmente popolare. Per il ruolo era però stata considerata anche Natalie Portman, che rifiutò, e Jordana Brewster, che non ottenne però la parte. L’attore e musicista Ruben Blades interpreta invece il padre di lei, Don Hector, mentre Miriam Colon è la zia Doña Alfonsa. Nel film si ritrova anche il noto Sam Shepard nel ruolo di J. C. Franklin e Robert Patrick in quelli di Cole, il padre di John Grady.

Passione ribelle: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile vedere o rivedere il film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Passione ribelle è infatti disponibile nel catalogo di Rakuten TV, Chili, Google Play e Apple iTunes. Per vederlo, in base alla piattaforma scelta, basterà iscriversi o noleggiare il singolo film. Si avrà così modo di poter fruire di questo per una comoda visione casalinga. È bene notare che in caso di solo noleggio, il titolo sarà a disposizione per un determinato limite temporale, entro cui bisognerà effettuare la visione. Il film sarà inoltre trasmesso in televisione il giorno lunedì 5 settembre alle ore 21:10 sul canale Rai Movie.

Fonte: IMDb

Kill Bill vol 1 e vol 2 (dittico), i film cult di Quentin Tarantino

Kill Bill – volume I e II sono i film cult del 2003 e 2004 di Quentin Tarantinon con Uma Thurman, David Carradine, Daryl Hannah, Michael Madsen, Vivica A. Fox, Lucy Liu e Samuel L. Jackson.

 

Il film si apre con la seguente didascalia: “La vendetta è un piatto che va servito freddo”. Una sposa gravida (Uma Thurman) è distesa a terra gravemente ferita in una Chiesa il giorno del suo matrimonio. Prima di essere sparata alla testa dice al suo aguzzino, un certo Bill (David Carradine), che quello che porta in grembo è il suo bambino. Così lui la risparmia.

Qualche tempo dopo, la donna trova una certa Vernita Green (Vivica A. Fox) nella sua abitazione e comincia un sanguinoso combattimento tra le due, che viene sospeso quando la figlia di quest’ultima torna da scuola. Emergerà dal loro dialogo che entrambe le donne sono ex membri della Deadly Viper Assassination Squad, squadra di assassini d’elite sotto la guida di Bill. Fu proprio questa squadra, dietro comando di Bill ad attaccarla durante il suo matrimonio.

La donna riesce ad uccidere Vernita, depennandola da una lista. Un gesto che fa il paio con la didascalia iniziale, che ci fanno capire che la donna vuole uccidere tutta la banda.

Da qui inizia una lunga serie di feroci e coinvolgenti combattimenti, intervallati da lunghi flashback che fanno sempre più chiarezza sulla storia. Una storia molto lunga, tanto da essere divisa in due parti da 110 minuti ciascuna, uscite al cinema nel 2003 e nel 2004. Non solo, per il 2014 è prevista anche una terza parte, con la sposa pronta di nuovo a dare battaglia a dieci anni dalla morte di Bill.

Kill Bill vol 1 e vol 2

Questa volta Quentin Tarantino l’ha fatta proprio grossa. Certo, nella sua carriera ci ha regalato film complessi, violenti all’ennesima potenza, deliranti, avvincenti, rimpinzati di citazioni cinematografiche dall’alto del suo amore, tra gli altri, per il cinema di Sergio Leone. Nella sua carriera, Tarantino ha sfiorato spesso il capolavoro, raggiungendolo forse con l’ultimo suo lungometraggio: Bastardi senza gloria, rivisitazione geniale sulla fine del Nazismo.

Kill Bill pure rischia di essere annoverato tra i capolavori sfiorati di Quentin, forse per l’eccessiva lunghezza della storia, non essendo sufficiente lo spezzettamento del film in due parti. La prima parte infatti da sola non è autosufficiente, portando lo spettatore a dover per forza di cose seguire anche la seconda parte. Quest’ultima pecca di sequenze dilatate, eccessive focalizzazioni. Il ritmo generale del film in questa seconda parte è molto più lento della prima. Ed ecco dunque che, se quest’ultima può essere considerata un capolavoro, la seconda tende a sfiatarsi, facendo perdere al film “una stella” nelle valutazioni.

Kill Bill vol 1E’ giusto però dire quali sono gli elementi che rendono Kill Bill un potenziale capolavoro. Tarantino dirige un cast di prim’ordine, dando a tutti i personaggi un giusto spazio nella storia. Nel cast figurano, oltre a Uma Thurman, anche David Carradine, Daryl Hannah, il fido Michael Madsen, Vivica A. Fox, Lucy Liu e Samuel L. Jackson.

Perfetta anche la parte tecnica della regia. Non un’inquadratura fuori posto, non un movimento di camera infelice. Kill Bill formalmente si avvicina alla perfezione. Gli anni hanno permesso di affinare una già ottima tecnica.

La brillantezza di Tarantino è palesemente dimostrata anche dall’attenzione che il regista-spettatore mostra verso le tendenze cinematografiche che hanno dimostrato maggiore dinamismo negli ultimi anni, in primis l’animazione. Vero e proprio film nel film, i venti minuti firmati I.G. Production, che raccontano la tragica infanzia di una delle future vittime della bionda protagonista, nella fattispecie la strabica Lucy Liu, killer della Yakuza, rappresentano una rara gemma di intensità emotiva e spessore drammaturgico. Le sequenze animate della casa nipponica, oltre ad essere un felicissimo esempio di contaminazione meta-cinematografica, dimostrano inequivocabilmente la maturità raggiunta da un mezzo espressivo, troppo spesso bistrattato dal cinema “tradizionale”.

Superlativa anche a colonna sonora, che spazia da brani dance anni ‘70 a motivi tradizionali giapponesi, per finire in morbide ballate blues. Il giro del mondo in una ventina di pezzi che vanno a comporre un quadro fecondo come quello che accompagnò Pulp Fiction dieci anni fa.

Insomma, dopo i precedenti Four Rooms e Jackie Brown, che hanno fatto temere ai più un adagiamento e appagamento creativo di Tarantino sui successi dei primi due film (Le Iene e Pulp Fiction), con Kill Bill Tarantino sfoggia tutta la propria creatività e il proprio estro in cabina di regia superando anche sé stesso.

I figli degli altri, recensione del film di Rebecca Zlotowski

I figli degli altri, recensione del film di Rebecca Zlotowski

Lei non ha figli, lui ha una bambina. E si innamoreranno: il nuovo film della regista francese Rebecca Zlotowski si intitola I Figli degli altri e si propone di indagare il ruolo della donna/madre da una prospettiva inedita: quella dei legami con figli che non sono nostri e le conseguenze della gestione di un rapporto del genere qualora dovesse essere reciso. Presentato in concorso a Venezia 79, il quinto film di Zlotowski vede gli attori Virginie Efira e Roschdy Zem interpretare la coppia protagonista e Callie Ferreira-Gonçalves nei panni della piccola Leila.

I Figli degli altri: la matrigna non è più cattiva

Rachel è una donna di quarant’anni, senza figli. Ama la sua vita: gli studenti del liceo in cui insegna, gli amici, il suo ex, le lezioni di chitarra. Quando si innamora di Ali, stringe un legame profondo anche con Leila, la figlia di quattro anni dell’uomo. Le rimbocca le coperte prima di dormire, se ne prende cura, le vuole bene come se fosse sua. Ma amare i figli degli altri è un grosso rischio.

Questa nuova esplorazione della figura femminile a cui si dedica Zlotowski nasce da una profonda esperienza personale e dal desiderio di regalare su schermo una narrazione protagonista a un personaggio da secoli rimasto al margine: la matrigna. Non sono pochi gli inciampi in corso d’opera, il pathos e la faciloneria arrivano spesso a compensare la pregnanza di un racconto per altri versi credibile e, in un certo senso, apripista.

Ciò che rimane e che va al di là di ogni limite tecnico che il film, purtroppo, dimostra, è che Rebecca Zlotowski ha voluto realizzare un film su una generazione di donne – anche per quelle che verranno – per cui la maternità è stata a lungo un’ingiunzione. Non ci sono verità assolute in questo film, ma emerge una forte ideologia, il desiderio di gridare che l’essere donna può comprendere la maternità, ma che l’esperienza di questa può essere fatta anche tramite la cura e l’ascolto che offriamo a chi ci sta intorno, che diventa famiglia senza nessuna forzatura di sorta. La sceneggiatura cerca di unire elementi della quotidianità – nostra e dei protagonisti – ad emozioni che potremmo provare, ed è nell’identificarsi come un totale “what if” che I Figli degli altri trova un’interezza narrativa, che potrebbe toccare l’emotività di molti spettatori.

I Figli degli altri film 2022
Photo © Julian Torres

Un film imperfetto, ma dal cuore percepibile

La storia d’amore ne I Figli degli altri non è solo una: è l’unione di due relazioni intrecciate a cementare il film più emotivo ed espressivo di Zlotowski. Se l’amore tra Rachel e Ali è nato da un’ardente passione, quello tra Rachel e Leila sedimenta nella tenerezza più pura: le due si avvicinano e si distaccano, ma la necessità fisica tende a riavvicinarle mentre navigano in una relazione priva dei solidi punti di riferimento della genitorialità tradizionale. Leila interroga ripetutamente il padre sulla presenza costante di Rachel, e la manciata di parole pronunciate dolcemente dalla bambina feriscono l’insegnante come se fossero schiaffi. Anche Rachel fa domande. Senza risposta, rimangono nell’aria tra i due coniugi, trasformandosi gradualmente in un ostacolo sempre più grande che fa crollare ciò che un tempo sembrava così solido.

Efira offre un’interpretazione al contempo tenue ma potente, che oscilla tra il dolore trattenuto e l’affetto più gentile. Nei panni di Rachel, i suoi occhi seguono Leila nelle stanze in cui non è invitata, con sguardi sottili che traducono l’enorme sentimento che anima questa forma contorta di solitudine. La maternità, un desiderio che non può soddisfare, si realizza attraverso l’istintiva attenzione verso gli altri, che si tratti di uno studente o della sorella minore, piccoli atti di cura che si trovano in una carezza sulla spalla o nello stringersi le mani. Anche in mezzo a un dolore impensabile, Rachel è ritratta da Efira come assolutamente empatica – caratteristica che in alcuni tratti diventa forse stucchevole – ma riesce a trasmettere la maturità emotiva che deriva dal prendere atto che alcune domande sono destinate a rimanere senza risposta.

Le ottime interpretazione de I Figli degli altri sono sfortunatamente accompagnate un tono troppo flessibile, che segue sì la prospettiva di Rachel, nostra luminare in toto, protagonista, narratrice onnisciente e donna, ma che si perde tra la comicità più sfrenata quando non sarebbe richiesta e il doloroso racconto di verità nascoste, drammatizzato fin troppo nella proposta di plurime storyline, tra cui quella della madre biologica di Leila. Tante esperienze di vita estremamente interessanti, ma forse troppe da approfondire per un solo film. L’indugiare nel passato non fa troppo bene a relazioni che devono vivere nel presente narrativo, quello delle scelte, dell’accettazione e, soprattutto, dell’educazione amichevole. Se l’anno scorso in concorso a Venezia abbiamo sperimentato l’idea brutale di maternità che Olivia Coleman aveva in The Lost Daughter di Maggie Gyllenhall, Rebecca Zlotowski si concentra sulla parte più romantica – ma non per forza meno dolorosa – di una maternità nuova, accogliente nelle sue mille sfaccettature. Un racconto non perfetto, ma di cui si apprezza sicuramente il cuore.

Monica, recensione del film di Andrea Pallaoro

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Monica, recensione del film di Andrea Pallaoro

Dopo il 2017, Andrea Pallaoro torna in Concorso a Venezia 79 con Monica, un racconto molto intimo di una donna trans che fa i conti con la sua vita passata.

La protagonista torna a casa per la prima volta dopo una lunga assenza. Ritrovando sua madre e il resto della sua famiglia, da cui si era allontanata da adolescente, intraprende un percorso nel suo dolore e nelle sue paure, nei suoi bisogni e nei suoi desideri fino a scoprire dentro di sé la forza per guarire le ferite del proprio passato. Il ritratto intimo di una donna che esplora i temi universali dell’abbandono e dell’accettazione, del riscatto e del perdono.

Già con Hannah, Andrea Pallaoro aveva raccontato la storia di una donna che provava a scendere a patti con una nuova realtà, in questa nuova intima storia, il regista segue la protagonista, interpretata da una splendida Trace Lysette, mentre cerca di riconnettersi con quello che è stata in una vita precedente. Letteralmente. Dopo tanti anni lontana da casa, la donna torna indietro per assistere la madre malata e qui si scontra con ciò che era, una creatura a disagio nel suo corpo. 

Monica, la riappropriazione del passato

Il racconto della transessualità in Monica è originale e delicato, preso da un punto di vista insolito. Al regista non interessa tanto il processo di transizione del corpo della protagonista, quanto la trasformazione della percezione di sé nello specchio degli altri, e non altri qualsiasi, ma la sua famiglia dei sangue: suo fratello e sua madre.

Il percorso di Monica è doloroso, è sofferto, ma è anche molto consapevole. Forte della sua identità conquistata con fatica, la donna si espone al giudizio e al rifiuto, trovando dall’altra parte invece curiosità e, dopo, accoglienza. 

Pallaoro accompagna questo processo con discrezione, osservando da vicinissimo la sua protagonista, senza invaderne mai gli spazi ma rimanendole sempre accanto, come un amico o un confidente, qualcuno che è dalla sua parte, sempre. L’occhio della macchina da presa vuole bene a Monica e la accarezza e la incoraggia ogni volta che può.

Misurata e naturale l’interpretazione di Lysette, che ha incantato il Lido e che, al momento, sembra la favorita per la Coppa Volpi, premio che, nel caso, sarebbe epocale nella storia della Mostra. Che dopotutto quest’anno è più Queer che mai, con le sue storie e i suoi film. Ed era anche ora.

Al di là di questo aspetto preciso, però, Monica è anche una storia di ritorno e di accoglienza, di identità rispetto a ciò che gli altri vedono e sentono rispetto al nostro io. Un viaggio nella percezione di sé attraverso gli occhi di chi dovrebbe amarci incondizionatamente. 

Un Couple, recensione del film di Frederick Wiseman

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Un Couple, recensione del film di Frederick Wiseman

Sembra strano immaginare che, dopo 60 anni, Frederick Wiseman sia tornato a fare un film di fiction, lui che con il suo sguardo sul mondo, lo ha raccontato per molti aspetti meglio di tutti, attraverso i suoi documentari-fiume, eppure, Un Couple, in Concorso a Venezia 79 si annuncia proprio come il grande ritorno del regista a una storia di finzione.

Non è esatto, però, dal momento che il film è in definitiva un soliloquio di Sofia Tolstoj che legge le sue lettere e i suoi diari scritti al marito, nel corso di un matrimonio turbolento, d’uranio 36 anni, con 13 figli di cui solo 9 sopravvissuti, e numerosi litigi e riconciliazioni. Immersa nel giardino La Boulaye, sull’isola di Belle Île, la donna legge/recita le parole che i due si scrivevano pur stando nella stessa casa. Un dialogo continuo, il resoconto di una storia passionale che spesso portava i coniugi allo scontro ma che altrettanto spesso li vedeva riconciliarsi e continuare quel cammino condiviso.

Un Couple, il racconto di una storia d’amore turbolenta

Il lavoro di Wiseman in Un Couple è certosino e monumentale. Lo spirito è sempre quello documentaristico e, quasi, naturalistico, data l’importanza che la natura e la sua vitalità occupa negli appena 64 minuti di film, ma è il lavoro sul testo che lascia sorpresi. L’incredibile mole della corrispondenza domestica dei coniugi Tolstoj è stata ridotta a un monologo coeso e narrativo, che sviluppa una storia d’amore con un inizio e una fine e una serie di montagne russe nel mezzo. Tutto semplicemente attraverso il racconto e la riduzione dei testi di partenza.

Questa formula offre un risultato abbastanza monotono, eppure interessante, soprattutto se mostrato nell’ambito di una Mostra del Cinema, che, mai come quest’anno, sembra giocare sul sicuro con tutta la selezione e che con questo film, invece torna a essere esposizione di linguaggi differenti e non sempre omologati con ciò a cui è abituato lo spettatore medio. 

Anche di fronte alla piatta frontali del quadro, Frederick Wiseman si mostra in tutto il suo genio, mettendo in luce il suo talento di narratore al di fuori degli schemi classici del linguaggio del cinema narrativo.

Martin McDonagh su Gli Spiriti dell’Isola: “Volevo lavorare di nuovo con Brendan Gleeson e Colin Farrell”

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Trai film più attesi del Concorso di Venezia 79 c’è sicuramente The Banshees of Inisherin, che uscirà in Italia con il titolo: Gli Spiriti dell’Isola. Scritto e diretto da Martin McDonagh, che torna al Lido dopo cinque anni, il film vede il regista e sceneggiatore lavorare di nuovo con Brendan Gleeson e Colin Farrell, che aveva già diretto nel 2008 in In Bruges – La coscienza dell’assassino.

E McDonagh non ci gira molto intorno, dichiarando che il principale motivo che lo ha spinto a fare questo film è stato che “volevo di nuovo questi due ragazzi insieme, visto quanto ci eravamo divertiti in In Bruges. Da sempre volevamo fare di nuovo qualcosa insieme. Colin e Brendan sono stati il seme dell’idea.” E sulla location, invece, l’isola di Inisherin, McDonagh ha detto: “Lavorare in quel posto è stato maestoso, da bimbo ci andavo sempre, è il posto dove è cresciuto mio padre.”

Sembra davvero che il sentimento sia condiviso, dal momento che sia Gleeson che Farrell hanno espresso parole di stima e affetto reciproci. “Ho sempre sperato di lavorare di nuovo con loro. Con quel film abbiamo avuto un periodo così felice che speravamo di rifarlo insieme.” ha detto Gleeson. Mentre Farrell, che ha collaborato con McDonagh più spesso, ha dichiarato: “Non riesco a immaginare di riuscire a essere capace di trasmettere qualcosa che scrive Martin perché è uno scrittore così straordinario e sono sempre così profondamente commosso emotivamente e psicologicamente dai mondi che crea e dai personaggi che disegna”, e ha poi aggiunto sulla sua co-star: “Mi mancava Brendan, erano 14 anni che non ci lavoravo e tornare a viverlo sul set è stato bello, come se non ci fossimo mai lasciati.”

Il film si distingue, oltre che per l’ottimo script, da sempre garanzia di Martin McDonagh, anche per una grande sinergia trai due attori protagonisti, che mettono in scena un’amicizia maschile davvero insolita. Gleeson, in particolare, commenta: “Sono felice di vedere l’amicizia maschile come qualcosa di prezioso nel momento in cui il riadattamento delle relazioni di tutti con tutti è in fase di riconsiderazione. Il valore dell’amicizia maschile rispetto a un bromance per me è molto profondo e pertinente in questo momento.”

Ma anche la conversazione e la comunicazione tra le persone è un punto cardine della storia di Gli Spiriti dell’Isola, tanto che Colin Farrell spiega: “Conversazione, condivisione di pensieri e sentimenti reciproci. È un mondo così veloce che è facile affrettare i giudizi sull’altro, siamo così veloci ora a giudicare che è facilissimo cancellare le relazioni, anche con la cancel culture e tutte queste cose. Ma riuscire a parlare davvero, conversare e scambiare idee in un modo che sia tanto aperto al cambiamento della tua opinione quanto all’essere condiviso è una cosa meravigliosa. Non credo che è un modo di fare che morirà mai anche se è stato un po’ soppiantato dalla tecnologia.”

Gli Spiriti dell’Isola sarà distribuito da Disney nelle nostre sale a partire dal 2 febbraio 2023.

Venezia 79, foto dal red carpet: Colin Farrell, Brendan Gleeson, Phoebe Waller-Bridge e…

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Ecco tutte le foto del primo red carpet di oggi per l’atteso nuovo film Martin McDonagh,  Gli Spiriti dell’Isola(The Banshees of Inisherin).  Sul tappeto rosso della 79esima Mostra d’arte cinematografica di Venezia, Brendan Gleeson, Colin Farrell, Kerry Condon, e a sorpresa Phoebe Waller-Bridge. Di seguito tutti gli scatti: 

In  Gli Spiriti dell’Isola(The Banshees of Inisherin) Ambientato su una remota isola al largo della costa occidentale dell’Irlanda, The Banshees of Inisherin segue le vicende di due amici di vecchia data, Padraic e Colm, che si ritrovano in un’impasse quando Colm decide bruscamente di porre fine alla loro amicizia. Padraic, sbalordito, non accetta questo rifiuto e tenta di ricucire la relazione, aiutato dalla sorella Siobhan e da Dominic, un giovane isolano tormentato. I ripetuti sforzi di Padraic, tuttavia, non fanno che rafforzare la determinazione dell’ex amico e, quando Colm lancia un disperato ultimatum, gli eventi precipitano rapidamente, con conseguenze scioccanti.

 

Olivia Wilde ed Harry Styles presentano Don’t Worry Darling, fuori concorso a Venezia ’79

La regista Olivia Wilde ha presentato assieme al cast composto da Harry Styles, Florence Pugh (assente dalla conferenza stampa), Gemma Chan e Chris Pine Don’t Worry Darling, sua seconda incursione dietro la macchina da presa dopo Booksmart – la rivincita delle sfigate e presentato fuori concorso a Venezia 79. Per la prima volta dopo le numerose controversie sorte online e circondanti la produzione del film, il team di Don’t Worry Darling ha affrontato la stampa mondiale che, imperterrita, ha continuato a porre domande sul ritiro di Shia LaBeouf dal progetto e sull’assenza di Florence Pugh dalla conferenza stampa di oggi.

Wilde ha parlato di Florence Pugh e della sua assenza dalla conferenza stampa di Don’t Worry Darling senza aggiungere niente di nuovo rispetto a quanto dichiarato nei giorni scorsi: “Florence è una forza; siamo così grati che riuscirà a venire stasera [alla prima] nonostante stia attualmente girando Dune”. L’attrice e regista si è poi rifiutata di rispondere a chi suggeriva ci fossero ragioni più profonde che potessero giustificare questa assenza. “Per quanto riguarda tutti gli infiniti pettegolezzi e rumori dei tabloid, internet si alimenta da solo. Non sento di dovervi contribuire. È sufficientemente ben nutrito“.

Styles ha riconosciuto a sua volte le forze oscure dei social media. “Ci sono molti lati negativi”, ha detto, “sono piuttosto evidenti per chiunque. Ma è sempre importante ricordare che ci sono anche cose positive che accadono nel mondo grazie ad essi“.

Oltre a spendere parole preziose per i suoi fan, che lo hanno sempre sostenuto negli ormai 10 anni di carriera, Harry Styles ha dovuto rispondere a numerose domande su questa sua propensione alla recitazione: “La musica e la recitazione sono opposte per molti aspetti. Fare musica è una cosa molto personale e ci sono aspetti della recitazione in cui si attinge dall’esperienza, ma per la maggior parte si fa finta di interpretare qualcun altro. È questo che trovo più divertente. Quello che mi piace della recitazione è che mi sembra di non avere idea di quello che sto facendo“.

Il cast ha elogiato soprattutto il lavoro degli scenografi, come ha osservato Harry Styles: “Siamo stati fortunati ad avere quel mondo costruito così bene intorno a noi, in modo da poter giocare e divertirci in questa realtà, non c’era troppa recitazione“.

Chris Pine ha concordato: “La cosa sorprendente è che quel mondo non è poi così diverso da quella che era la realtà qualche decennio fa; per quanto riguarda Harry, non ha dovuto sforzarsi per recitare. Le persone che stavamo interpretando erano persone reali in un mondo che è molto simile al nostro”, ma con uno stile esasperato che “mostra tutte le cose belle che compongono il nostro mondo” e che hanno anche un lato oscuro.

Chris Pine ha poi speso qualche parola in più sul suo personaggio in Don’t Worry Darling, Frank, il “dittatore sexy messianico” di Instagram. “È come se fosse il mio profilo Instagram”, ha risposto. “Tutti i leader usano l’immagine come arma. Non ho basato Frank su nessuno, è essenzialmente un ologramma di sensualità intessuto di un parole bellissime ma subdole“.

Secondo Olivia Wilde Don’t Worry Darling è “purtroppo molto attuale ma è anche un film senza tempo. Non credo che ci sarà mai un momento in cui l’idea di controllare il corpo di qualcuno non sia qualcosa di rilevante contro cui lottare“.

Ha aggiunto: “Eravamo davvero interessati alla natura problematica della nostalgia stessa. Abbiamo iniziato il film nell’era delo slogan “Make America Great Again”, mettendo in discussione il suo significato… Spero che provochi conversazioni e faccia riflettere le persone, mettendo in discussione i differenti sistemi a cui devono sottostare. Voglio che sia divertente e intenzionalmente provocatorio“.

Don’t Worry Darling segue Alice (Pugh) e Jack (Styles) una giovane e appartentemente felicissima coppia che vive nella comunità idealizzata di Victory, una città aziendale sperimentale che ospita gli uomini che lavorano per il progetto top-secret chiamato appunto Victory e le loro famiglie. L’ottimismo della società degli anni Cinquanta, propugnato dall’amministratore delegato Frank (Pine) – in egual misura visionario dell’azienda e life coach motivazionale – sostiene ogni aspetto della vita quotidiana nell’affiatata utopia del deserto.

Mentre i mariti trascorrono ogni giorno all’interno del quartier generale del Victory Project, lavorando allo “sviluppo di materiali avanzati”, le loro mogli – tra cui l’elegante compagna di Frank, Shelley (Chan) – passano il tempo a godersi la bellezza, il lusso e la dissolutezza della loro comunità. La vita è perfetta, con tutti i bisogni dei residenti soddisfatti dall’azienda. Tutto ciò che chiedono in cambio è discrezione e impegno indiscusso per la causa di Victory. La prima del film sarà questa sera, 5 settembre, alla Mostra del Cinema di Venezia 2022.

Jamie Campbell Bower: “avrei dovuto interpretare Harry Potter ed Edward di Twilight”

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Recentemente tornato alla ribalta per aver interpretato Henry Creel/Uno/Vecna nella quarta stagione di Stranger Things, l’attore Jamie Campbell Bower ha inizialmente ottenuto popolarità interpretando Gellert Grindelwald in Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 1 e Parte 2, e poi dando vita al vampiro Caius nei film New Moon, Breaking Dawn – Parte 1 e Parte 2, facenti parte della saga di Twilight. Bower ha però di recente rivelato che proprio in queste due saghe avrebbe dovuto avere dei ruoli molto diversi da quelli poi effettivamente interpretati.

Intervistato durante il podcast Happy, Sad, Confused, l’attore ha raccontato dell’audizione sostenuta per il ruolo principale della saga cinematografica basata sulle opere di JK Rowling, ovvero quello di Harry Potter stesso. “Incontrai Chris Columbus a Londra per il primo Potter e mi chiese di preparare una battuta. Avevo appena sentito questa barzelletta sul motivo per cui la fata si siede in cima all’albero di Natale. È una battuta davvero sporca, perché parla di un albero di Natale che sta nel sedere di qualcuno. Feci l’errore di raccontare la barzelletta durante l’audizione. Rimasero tutti zitti e io pensai: ‘Beh, questa ce la siamo giocata.”

Diversamente andò invece per Twilight, dove lo si voleva inizialmente per la parte di Edward, poi andata a Robert Pattinson. Quelli di Twilight invece erano molto interessati a farmi leggere per la parte di Edward. – ha raccontato l’attore – All’epoca non riuscii a farlo perché le riprese ebbero luogo più o meno nello stesso periodo in cui stavo facendo Sweeny Todd. Penso che la vita fosse così folle e frenetica che era solo una di quelle cose che non si sono mai realizzate. Poi è arrivato il momento di fare il sequel e mi hanno chiamato dicendomi: ‘Ehi, vuoi venire a interpretare un cattivo?'”. Interpretando Caius, Bower ha da quel momento potuto costruirsi una carriera come un convincente attore di villain.

Fonte: CinemaBlend

Thor: Love and Thunder, rivelata una scena tagliata con protagonista Zeus

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Con Thor: Love and Thunder in arrivo su Disney+ l’8 settembre, una nuova scena eliminata è stata rivelata e protagonisti di questa sono Thor (Chris Hemsworth), Jane (Natalie Portman) e, in modo ancor più decisivo, Zeus (Russel Crowe). Questa scena presenta una versione alternativa di un momento molto toccante tra Thor e Jane in ospedale. I due, tuttavia, vengono interrotti quando si rendono conto che Zeus stesso è in piedi dietro di loro a mangiare un gelato. In contrasto con lo Zeus che i fan hanno visto nel montaggio definitivo del film, qui il personaggio sembra essere commosso dalla vicenda tra Jane e Thor e si offre di aiutare il Dio del tuo, dicendogli che ha qualcosa di speciale per lui.

Dal momento che non è stato fornito alcun contesto aggiuntivo sulla scena eliminata, rimane in dubbio cosa avesse in serbo esattamente Zeus per Thor. Alcuni hanno ipotizzato che il dio greco intendesse dare a Thor il suo leggendario Fulmine, piuttosto che farselo rubare come avviene nel film. La scena eliminata offre però anche un lato più umano e comprensivo di Zeus, che nel film appare invece come arrogante e amareggiato nei confronti degli altri protagonisti. Il dio greco interpretato da Crowe si è affermato come uno dei personaggi più apprezzati del film e le rivelazioni offerte da questa scena tagliata portano a chiedersi se non ci sia altro di lui rimasto fuori dal film.

Oltre a questa versione alternativa del personaggio di Zeus, sappiamo però dell’esistenza di materiale tagliato realitivo dio greco Dioniso interpretato da Russell Beale, come anche di altri personaggi significativi quali The Grandmaster di Jeff Goldblum e l’introduzione di Lena Headey (Il Trono di Spade) in un ruolo non specificato. Tuttavia, ad oggi non è noto se in futuro verranno rilasciate anche altre scene eliminate da Thor: Love and Thunder.

Fonte: Collider

James Bond: una nota attrice potrebbe tornare anche nel prossimo film

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L’ultimo film ad ora uscito della saga di James Bond, No Time To Die ha concluso l’avventura di Daniel Craig nei panni dell’amato agente 007. Mentre si cerca di scoprire chi raccoglierà questa pesante eredità, assumendo i panni del personaggio ideato dallo scrittore Ian Fleming, una nota attrice dell’ultimo film ha lasciato aperta la porta ad un suo possibile ritorno anche nei prossimi lungometraggi della saga. Si tratta della francese Lea Seydoux, che ha recitato nei panni di Madeleine Swann nei film Spectre e, appunto, No Time To Die. Le dichiarazioni che seguono, rilasciate dall’attrice, contengono uno spoiler particolarmente importante sul finale dell’ultimo film. Se non si è ancora visto questo, è bene evitare di continuare la lettura.

Nel corso di un’intervista con Deadline, la Seydoux ha fatto notare come il finale di No Time to Die lasci la porta aperta affinché possa riprendere il suo personaggio nonostante il suo James Bond si sia ritirato dal franchise. “Dopotutto, non sono morta”, ha spiegato l’attrice. “E’ morto James, non Madeleine. Quindi, chissà? Forse tornerò. È come una fake news, giusto? Ma se siamo seri per un momento, Madeleine se ne va con sua figlia proprio alla fine perché James li ha salvati. Ci sarà un nuovo Bond perché quello di Daniel è morto, ma chi può dire che Madeleine non tornerà?”.

Ad oggi non ci sono notizie di alcun genere sul prossimo film della saga, se non ché, come affermato dalla produttrice Barbara Broccoli, sarà una completa reinvenzione del personaggio di Bond. Potrebbero dunque volerci anni prima che qualcosa a riguardo venga confermato, a partire dal nuovo interprete che assumerà i panni del personaggio. Ciò che sappiamo, però, è che nel futuro della saga potrebbe ancora esserci posto per Madeleine, un personaggio molto amato dai fan.

Fonte: Deadline

Indiana Jones 5: John Williams svela il brano “Helena’s Theme”

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Indiana Jones 5: John Williams svela il brano “Helena’s Theme”

Quando si pensa ai compositori di colonne sonore per il cinema, il primo nome che viene in mente è senza ombra di dubbio quello di John Williams. Autore delle musiche di film del calibro di Lo squalo, E.T. – L’extraterrestre, Guerre Stellari, Indiana Jones, Schindler’s List e innumerevoli altri, Williams è anche una delle personalità più premiate di sempre, basti pensare ai suoi 5 Oscar su 52 candidature. Ancora oggi egli continua ad impreziosire numerosi lungometraggi con le sue meravigliose musiche e il prossimo film in cui si potranno ascoltare le sue nuove composizioni è l’atteso Indiana Jones 5.

Ancora senza un titolo ufficiale, il film sarà il quinto capitolo nella serie di Indiana Jones. Harrison Ford riprenderà nuovamente il ruolo dell’iconico avventuriero, mentre accanto a lui ci saranno Mads Mikkelsen e Phobe Waller-Bridge, con dei ruoli ancora non rivelati. Anche se atteso in sala per il 2023, il film inizia piano piano a svelare sempre qualcosa di più su sé stesso. Un nuovo dettaglio a riguardo l’ha rivelato proprio Williams, il quale nel corso di un suo concerto al Hollywood Bowl ha eseguito il brano Helena’s Theme, relativo dunque al personaggio interpretato dalla Waller-Bridge.

“Stavo chiacchierando con il nostro meraviglioso regista James Mangold. – ha annunciato Williams nel corso del concerto – Mentre registravamo la musica, Jim ha detto: ‘Perché non la suoni al Bowl la prossima settimana?’ Ho detto: ‘Beh, Jim, il film non uscirà prima del prossimo anno.’ “Non importa! Suonala al Bowl!” Quindi, ecco a voi il tema di Phoebe”. Il video dell’esecuzione poi diffuso online ha permesso anche a chi non era presente di poter ascoltare il brano, il quale descrive in musica il personaggio di Helena. Questo è stato anticipato come “un’avventuriera” e “una femme fatale”, e Williams ha aggiunto che il suo tema include “musica lirica come per una vecchia star del cinema, a cui assomiglia”.

Fonte: Slashfilm

Halloween Ends: il regista svela i film a cui si è ispirato per concludere la trilogia

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C’è grande attesa per il film Halloween Ends, il capitolo conclusivo della nuova trilogia dedicata al celebre assassino Michael Myers. Dopo Halloween e Halloween Kills, questo terzo film è ora atteso in sala il 20 ottobre. Nel preparare i fan a tale lungometraggio horror, il regista David Gordon Green ha svelato i tre film a cui si è maggiormente ispirato per concludere questa sua trilogia. Come noto, questa ha totalmente ignorato i precedenti sequel e remake per dar vita invece a dei sequel diretti del primo Halloween, diretto nel 1978 da John Carpenter.

Riprendendo la trama 40 anni dopo, si ritrova dunque Laurie Strode (interpretata come sempre da Jamie Lee Curtis) chiamata a confrontarsi nuovamente con il suo acerrimo nemico, con in più l’obiettivo di proteggere sua figlia Karen e la nipote Allyson. Per il gran finale, Green ha ora dichiarato di essersi ispirato a due horror e, inaspettatamente, ad una commedia per famiglie. I film in questione sono Christine – La macchina infernale, l’horror del 1983 diretto da Carpenter e basato sull’omonimo romanzo di Stephen King, Butcher, Baker, Nightmare Maker, lo slasher del 1981 di William Asher e la commedia del 1980 My Bodyguard, di Tony Bill.

L’essenza della storia di quest’ultimo riguarda lo scoprire la propria forza interiore e imparare a resistere ai propri antagonisti. Non bisogna dunque aspettarsi che Halloween Ends acquisisca toni comici, ma è più probabile che il regista abbia preso spunto a livello tematico, in particolare per quanto riguarda My Bodyguard, per mostrarci una Laurie Strode che trova la forza e il modo di opporsi al suo rivale di lunga data, magari tirando fuori aspetti di sé ancora inesplorati. Per scoprire in che modo la storia si concluderà, non resta dunque che attendere il 20 ottobre, magari recuperando prima di quel momento i tre film citati dal regista.

Fonte: ScreenRant

Blade: ecco quando inizieranno le riprese del film

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Blade: ecco quando inizieranno le riprese del film

Atteso in sala per il 3 novembre 2023, il del Marvel Cinematic Universe Blade ha finalmente una data precisa di inizio e fine riprese. Queste si svolgeranno infatti dal 5 ottobre fino al 28 gennaio 2023. Tra le location ad ora annunciate vi sono Atlanta, New Orleans, Cleveland, e il Marocco. Come noto, il film introdurrà nel MCU il personaggio del vampiro Blade, che sarà interpretato dal due volte premio Oscar Mahershala Ali. Si tratta di uno dei progetti più attesi della Fase 5, sia per il suo tono tendente all’horror sia per i notevoli cambiamenti narrativi che il progetto potrebbe apportare all’interno universo cinematografico della Marvel.

Diretto da Bassam Tariq, del film si sa ancora molto poco se non che esplorerà la natura del personaggio, un vampiro in grado di camminare alla luce del sole che usa i suoi poteri per dare la caccia ai suoi simili malvagi. Il personaggio era già stato raccontato al cinema con i film Blade, Blade II e Blade: Trinity, dove ad interpretare il personaggio vi era l’attore Wesley Snipes. La scelta di Ali per assumere ora tale ruolo sembra aver messo d’accordo tutti, con l’attore indicato perfettamente idoneo sia a livello estetico che di carisma.

Il Blade di Ali, come noto, ha già avuto un suo piccolo ingresso nell’MCU. Sua è infatti la voce che si può ascoltare nella scena post titoli di coda del film Eternals, quella in cui compare anche l’attore Kit Harington e la celebre Lama d’Ebano, che a sua volta sembra comparirà in Blade. Con il periodo di riprese annunciato, è solo questione di tempo prima che inizio ad arrivare ulteriori notizie sul film, sia per quanto riguarda il cast sia per quanto riguarda il look del protagonista e dell’opera in sé.

Fonte: CBR

Deadpool 3: Morena Baccarin parla del suo possibile coinvolgimento nel film

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Tra i film del Marvel Cinematic Universe più attesi dai fan vi è Deadpool 3, terzo capitolo della serie di film dedicati al celebre mutante brillantemente interpretato da Ryan Reynolds. Attualmente in fase di sviluppo, il film non ha però una data di uscita certa e ancora non ha trovato un suo posto né nella Fase 5 né nella Fase 6. Poco dunque si sa del film, a parte il fatto che riunirà Ryan Reynolds con il regista Shawn Levy e i loro frequenti collaboratori Rhett Reese e Paul Wernick, il duo di sceneggiatori che attualmente sta lavorando alla riscrittura della sceneggiatura. Quando si tratta del  ritorno di personaggi, tutto è invece ancora aperto, incluso il potenziale ritorno della Vanessa di Morena Baccarin.

Il personaggio, che nei primi tre film aveva il ruolo di compagna del mercenario Deadpool, è stato tragicamente fatto morire nel secondo film. Ciò sembrava precludere ogni possibilità di rivedere Vanessa anche nel terzo capitolo, ma le cose potrebbero non andare esattamente così per lei. Intervistata a riguardo la Baccarin ha inizialmente affermato che “non ne ho idea. Stanno scrivendo la sceneggiatura proprio ora e di solito sono l’ultima a scoprire qualcosa”. Nel corso dell’intervista, però, l’attrice ha aggiunto che grazie ai viaggi nel tempo visti in Deadpool 2 un ritorno in scena di Vanessa non è da escludere.

“Quando abbiamo girato il secondo film, sarei dovuta rimanere morta, ma poi hanno effettivamente cambiato alcune cose per includere questo elemento del viaggio temporale, e penso sia stato il segno che i fan vogliono rivedere Vanessa. Che accada o meno, però, non dipende da me”. Sappiamo bene quanto Deadpool sia profondamente innamorato di Vanessa, quindi non è da escludere che anche nel terzo film egli tenterà di rivederla. Per poterne avere certezza, però, bisognerà attendere ulteriori notizie relative a Deadpool 3 e al suo cast.

Fonte: ComicBook

Festival di Venezia: foto dal red carpet con Brendan Fraser e Sadie Sink

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Ecco tutte le foto dell’ultimo red carpet della giornata, The Whale, l’atteso nuovo film di Darren Aronofsky che vede protagonisti con Brendan Fraser, Sadie Sink, Ty Simpkins, Hong Chau, Samantha.

La trama

Un solitario insegnante inglese affetto da una grave forma di obesità cerca di riallacciare i rapporti con la figlia adolescente, con la quale ha perso i contatti, per un’ultima possibilità di redenzione.

Il commenti del regista

Il cinema può metterci in contatto con gli altri, indipendentemente da quanto possano apparirci diversi in superficie. Le persone che lottano con l’obesità sono spesso giudicate, respinte ed etichettate. Quando otto anni fa ho visto lo spettacolo di Sam Hunter, mi sono meravigliato della profondità dei suoi personaggi, soprattutto di Charlie, e mi è venuta l’ispirazione di usare il grande schermo per mettere il pubblico nei panni di Charlie, per immergermi nei suoi pensieri più profondi, nei suoi rimpianti e nelle sue speranze. Ma dove avrei trovato il mio Charlie? Avevo bisogno di un grande talento che potesse risplendere attraverso il trucco, un attore con un cuore immenso e un’anima pura. Non appena incontrai Brendan, capii immediatamente che avevo trovato il mio protagonista. In lui vi è qualcosa di ineffabile che dà vita al personaggio e ci trasporta – mente e cuore – in ciò che avrebbe potuto essere inconoscibile.

Venezia 79: oggi The Banshees of Inisherin e Don’t worry darling

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Venezia 79: oggi The Banshees of Inisherin e Don’t worry darling

Passato il giro di boa a Venezia 79 oggi è il grande giorno di Martin McDonagh che porta in concorso Gli Spiriti dell’Isola (The Banshees of Inisherin) con protagonisti  Colin Farrell, Brendan Gleeson, Kerry Condon, Barry KeoghanFuori concorso invece sarà presentato l’opera seconda da regista di Olivia Wilde, Don’t worry darling, con protagonisti Florence Pugh, Olivia Wilde, Chris PineGemma Chan, Nick Kroll, Harry Styles.

La trama di Gli Spiriti dell’Isola (The Banshees of Inisherin)

Ambientato su una remota isola al largo della costa occidentale dell’Irlanda, The Banshees of Inisherin segue le vicende di due amici di vecchia data, Padraic e Colm, che si ritrovano in un’impasse quando Colm decide bruscamente di porre fine alla loro amicizia. Padraic, sbalordito, non accetta questo rifiuto e tenta di ricucire la relazione, aiutato dalla sorella Siobhan e da Dominic, un giovane isolano tormentato. I ripetuti sforzi di Padraic, tuttavia, non fanno che rafforzare la determinazione dell’ex amico e, quando Colm lancia un disperato ultimatum, gli eventi precipitano rapidamente, con conseguenze scioccanti.

La trama di Don’t worry darling

Alice e Jack vivono nella comunità idealizzata di Victory, la città aziendale sperimentale che ospita gli uomini che lavorano al progetto top-secret Victory e le loro famiglie. L’ottimismo della società degli anni Cinquanta, propugnato dall’amministratore delegato Frank – in egual misura visionario aziendale e life coach motivazionale – caratterizza ogni aspetto della vita quotidiana nell’affiatata utopia del deserto. Mentre i mariti trascorrono ogni giorno all’interno del quartier generale del Victory Project, lavorando allo “sviluppo di materiali avanzati”, le loro mogli – tra cui l’elegante compagna di Frank, Shelley – possono trascorrere il loro tempo godendosi la bellezza, il lusso e la dissolutezza della loro comunità. La vita è perfetta, con tutti i bisogni dei residenti soddisfatti dall’azienda. Tutto ciò che chiedono in cambio è discrezione e impegno indiscusso per la causa di Victory. Ma quando iniziano ad apparire delle crepe nella loro vita idilliaca, mostrando sprazzi di qualcosa di molto più sinistro che si nasconde sotto la facciata attraente, Alice non può fare a meno di chiedersi esattamente cosa stiano facendo a Victory, e perché. Quanto è disposta a perdere Alice per svelare ciò che sta realmente accadendo in questo paradiso?

Il commento di Olivia Wilde

Questo film è la mia lettera d’amore a quel cinema che supera i confini della nostra immaginazione. È ambizioso, ma penso che abbiamo realizzato qualcosa di molto speciale. Immaginate una vita in cui avete tutto quello che desiderate. Non soltanto le cose materiali o tangibili come una bella casa, auto meravigliose, cibo delizioso e feste a non finire, ma anche le cose veramente importanti: l’amore vero con il partner perfetto, gli amici migliori e una vita con uno scopo significativo. Che cosa vi farebbe rinunciare a tutto questo? Cosa sacrifichereste per fare la cosa giusta? Sareste disposti a smantellare il sistema che è stato progettato al vostro servizio? Questo è il mondo, e la domanda, di Don’t Worry Darling.

L’immensità: le foto dal red carpet di Penelope Cruz, Emanuele Crialese e…

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E’ stato presentato in concorso a 79. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, L’immensità, il nuovo film del regista Emanuele Crialese che sarà accompagnato con la sua protagonista, la bellissima Penelope Cruz. Il film, prodotto da Wildside (Mario Gianani, Lorenzo Gangarossa), Chapter 2 (Dimitri Rassam), Warner Bros. Entertainment Italia, Pathé, (Ardavan Safaee), France 3 Cinema, vede nel cast anche Luana Giuliani, Vincenzo Amato, Patrizio Francioni, Maria Chiara Goretti.

Ecco tutte le foto dal red de L’immensità

La trama del film L’Immensità

Roma, anni Settanta: un mondo sospeso tra quartieri in costruzione e varietà televisivi ancora in bianco e nero, conquiste sociali e modelli di famiglia ormai superati. Clara e Felice si sono appena trasferiti in un nuovo appartamento. Il loro matrimonio è finito: non si amano più, ma non riescono a lasciarsi. A tenerli uniti, soltanto i figli, su cui Clara riversa tutto il proprio desiderio di libertà. Adriana, la più grande, ha appena compiuto dodici anni ed è la testimone attentissima degli stati d’animo di Clara e delle tensioni crescenti tra i genitori. La ragazza rifiuta il suo nome, la sua identità, vuole convincere tutti di essere un maschio e questa ostinazione porta il già fragile equilibrio familiare a un punto di rottura. Mentre i bambini aspettano un segno che li guidi, che sia una voce dall’alto o una canzone in tv, intorno e dentro di loro tutto cambia.

Il commento del regista

L’Immensità è il film che inseguo da sempre: è sempre stato ‘il mio prossimo film’, ma ogni volta lasciava il posto a un’altra storia, come se non mi sentissi mai abbastanza pronto, maturo, sicuro. È un film sulla memoria che aveva bisogno di una distanza maggiore, di una consapevolezza diversa. Come tutti i miei lavori, in fondo è prima di tutto un film sulla famiglia: sull’innocenza dei figli, e sulla loro relazione con una madre che poteva prendere vita solo nell’incontro, artistico e umano, con Penélope Cruz, con la sua sensibilità e la sua straordinaria capacità di interazione con tre giovanissimi non attori che non avevano mai recitato prima. Luana, Patrizio e Maria Chiara sono rimasti bambini sempre, e come tali sempre intensamente e immensamente veri.

Michal Vinik racconta Valeria is getting married, presentato a Orizzonti Extra

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Presentato a Orizzonti Extra nell’ambito di Venezia 79, Valeria is getting married racconta la storia di una ragazza che accetta un matrimonio combinato pur di avere una vita migliore, ma quando si allontanerà da casa e comincerà a lavorare e a esse indipendente, capirà che forse il matrimonio non è l’unica strada per una donna. Abbiamo incontrato Michal Vinik, regista, che ci ha parlato della la genesi del film e di quello che aveva intenzione di raccontare.

Chi è Valeria? “Una giovane donna ucraina che cerca per sé una vita migliore. Vede la sorella cercare di far Leo stesso e cerca di fare lo stesso”. 

Da dove è venuta l’ispirazione per la storia? “Ho camminato a lungo con il personaggio di Cristina, la sorella, ma poi sono incappata in questo fenomeno dei matrimoni combinati, e mi sono interessata principalmente alle figure maschili, agli uomini. Ho letto diverse chat di queste persone, ho anche partecipato a diverse chat di uomini con i quali per me è stato difficile connettermi. Credo siano persone che non trovano il loro posto nel mondo e cercano di ottenere ciò che possono. A volte pensano che prendere una moglie da un altro paese non sia una cattiva idea. Così la storia ha preso forma.”

Il film si pone in maniera molto equilibrata rispetto ai fatti che mostra, non prende le parti di nessuno, giusto? “Ho cercato di non giudicare nessuno, io scrivo e dirigo. Ho cercato di trovare un equilibrio, perché nessuno pensa a se stesso come al cattivo della storia. Per esempio, prendi le persone che mangiano carne, si vedono come persone buone, ma se chiedi a un maiale magari la risposta è diversa! Ho cercato di difenderli e mi sono sentita anche colpevole in merito. Ma volevo dire qualcosa sulle relazione tra uomo e donna in un mondo governato da uomini”.

Valeria is getting married si avvale di una grande ricchezza linguistica, come ha gestito questo aspetto? “Non dirigerò mai più un film in una lingua che non capisco e parlo fluentemente. È stato molto complicato per me, c’è l’ucraino, il russo, l’inglese e l’ebraico. Sono stata molto aiutata dagli attori e dal personale sul set. Alla fine ci siamo divertiti, perché l’inglese è universale mentre l’ebraico è la nostra lingua madre, mentre russo e ucraino sono la lingua delle nostre attrici. E credo che il risultato sia stato molto autentico.”

Che tipo di società è quella che si affida ai matrimoni combinati? “I matrimoni combinati si verificano intorno a noi, continuamente. In tutto il mondo, non è una pratica che non è illegale. Queste persone si incontrano in rete, su Skype magari, poi magari il matrimonio fallisce nel 90 % dei casi. Ma non è una pratica illegale, nessuno viene rapito!”

Nel film c’è un riferimento ad Anna Karenina, come mai proprio quel romanzo? “Abbiamo cercato di farlo apparire come un vecchio film russo, abbiamo usato delle vecchie lenti per le riprese e tutti i riferimenti culturali dei personaggi sono riferiti alla cultura russa e ucraina. Tutte le foto nella casa del film appartengono all’attrice, quando viveva in Ucraina.”

Pearl: recensione del film di Ti West con Mia Goth

Pearl: recensione del film di Ti West con Mia Goth

Prima che Dorothy la percorresse nel 1939, una giovane del Kansas si è lasciata catturare dalla luminescenza della strada di mattoni gialli di Oz, e vi ha consegnato tutta la sua anima. Ti West e Mia Goth hanno presentato fuori concorso a Venezia 79 Pearl, prequel di X – A Sexy Horror Story uscito nelle sale italiane a marzo, e incentrato sulla figura della temibilissima villain del film, che vi immergerà in uno spettacolo di technicolor e disillusioni taglienti come un’accetta.

Come si diventa una villain terrificante?

Ambientato nel 1918, all’epoca della pandemia di influenza spagnola e della Prima Guerra Mondiale, il film esplora le origini di Pearl, il personaggio malvagio di X. Sentendosi intrappolata nell’isolata fattoria di famiglia, Pearl ha il compito di occuparsi del padre malato e in coma, mentre è sottoposta al duro controllo della crudele madre. La giovane sogna di poter prendere parte alla vita glamour che ha visto rappresentata nei film di Hollywood, ma le sue ambizioni e le dure repressioni imposte dalla madre la renderanno tutt’altro che una candida perla.

La sceneggiatura di Pearl è stata scritta a due mani da Ti West e Mia Goth e, al di là del fulcro tematico che sapevamo già essere la backstory della villain di X, capiamo immediatamente che questo film è costruito su Mia Goth. Solo un’attrice così accattivante e al contempo capace di scatenare una furia omicida a cui non possono essere imposti freni sarebbe stata in grado di dare vita a un personaggio vittima di un contesto sociale e famigliare ostile, dalla psicologia completamente deviata, ma profondamente divertente.

Pearl: la prima vera donna di Ti West

Pearl è il film più femminile, camp e divertente di Ti West. Il personaggio di Mia Goth potrebbe benissimo abitare l’House of The Devil che il regista ha accuratamente dipinto nel film del 2009, ma potrebbe stupirci anche in uno spettacolo di cabaret e farci morire dalle risate. Non solo: nella sua totale artificiosità, Pearl riesce a trovare un appiglio con il presente, dando vita a uno dei pochi – se non nulli – horror pandemici che hanno trovato distribuzione in Italia e attingendo al contesto bellico solo per ciò che è funzionale al racconto della backstory di una villain. Quello che Pearl diventerà in X è il risultato di un’educazione rigidissima ma, soprattutto, dell’isolamento imposto tanto da chi le sta accanto e teme per lei quanto dalla costrizione di comportarsi come “angelo del focolare” mentre gli uomini sono andati in guerra e vi è un’epidemia terribile in corso.

Il personaggio di Pearl terrorizzerà in X ma, paradossalmente, in questo prequel è l’unica a non avere mai paura. Pearl guarda al futuro con speranza, vuole partire per l’Europa, che le regalerà cultura e spettacolo, lasciarsi alle spalle un’ambientazione paesana che non offre futuro a chi manifesta curiosità e talento. Solo rifugiandosi al cinematografo o nella vastità della campagna, Pearl può librarsi in altissimo, dove rifulge quella stella a cui ha affidato il sogno di “diventare la più grande star del mondo”, per poter fuggire molto, molto lontano.

La regia di Ti West segue i pensieri forsennati di Pearl, che ne dettano differenti approcci alla fisicità: passiamo da sequenze oniriche a soluzioni di montaggio agilissime, ci perdiamo tra la vivacità di colori che segna la visione del mondo di Pearl e la rigidità di una responsabilità ingombrante che vieta di sognare. L’integerrima madre tedesca di Pearl indossa abiti vittoriani, è legata a un’idea di Europa completamente opposta a quella della figlia, su cui riversa ogni frustrazione di un equilibrio famigliare che si è ormai rotto da tempo e il modo in cui viene “raccontata” la vita in casa è totalmente contrapposto alle soluzioni visive ideate per esplorare la mente di Pearl.

X – A Sexy Horror Story porterà una giovane stella nascente del cinema porno alla vecchia casa di Pearl. Pearl guarderà Maxime con avidità, cercando di succhiarle via tutto il talento che lei aveva ed è andato sprecato. Sembra impossibile che la coloratissima Pearl possa tramutarsi in una presenza spettrale in X – A Sexy Horror Story e l’averne già la consapevolezza rende il viaggio di Pearl ancora più mesto. Ma non temete: se la Pearl di X vi spaventa, potete sempre tornare indietro e guardare il mondo con gli occhi della Pearl giovane, una piccola Dorothy a cui sono state sottratte le scarpette rosse.

Ti mangio il cuore: le foto dal red carpet di Venezia 79

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Ti mangio il cuore: le foto dal red carpet di Venezia 79

Ecco tutte le foto dal red carpet del film italiano Ti mangio il cuore, presentato alla 79esima edizione della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia nella sezione Orizzonti. Oltre al regista presenti gli interpreti Francesco Patanè, Francesco Di Leva, Lidia Vitale, Brenno Placido, Tommaso Ragno, Michele Placido

La trama del film

Puglia. Arso dal sole e dall’odio, il promontorio del Gargano è conteso da criminali che sembrano venire da un tempo remoto governato dalla legge del più forte. Una terra arcaica da Far West, in cui il sangue si lava col sangue. A riaccendere un’antica faida tra due famiglie rivali è un amore proibito: quello tra Andrea, riluttante erede dei Malatesta, e Marilena, bellissima moglie del boss dei Camporeale. Una passione fatale che riporta i clan in guerra. Ma Marilena, esiliata dai Camporeale e prigioniera dei Malatesta, contesa e oltraggiata, si opporrà con forza di madre a un destino già scritto.

Il commenti del regista

È tutta racchiusa nel titolo del film la doppia anima di questa storia, fatta di spietatezza e passione. Da un lato una società arcaica e feroce, dominata dalla violenza di leggi primitive che regolano antiche faide mafiose mai davvero estinte, dall’altro la forza dell’amore che sconvolge e sovverte, una scintilla che fa divampare una nuova guerra ma anche il desiderio di una vita diversa. Quella di Ti mangio il cuore è una storia archetipica che parla di amore, vendetta e morte, ma anche di una terra di prepotente bellezza, il Gargano, straziata e insanguinata da una mafia poco conosciuta e spietata. Un mondo in cui la spirale della violenza sembra travolgere tutto e distruggere anche l’amore, ma non Marilena, che non ha paura di vivere le proprie passioni, i propri desideri e non intende piegarsi a un destino già scritto. Perché un destino diverso è possibile.

Margini: intervista a Niccolò Falsetti, Francesco Turbanti e Zerocalcare

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Ecco la nostra intervista a Niccolò Falsetti, Francesco Turbanti e Zerocalcare, rispettivamente regista/sceneggiatore, attore/sceneggiatore e special thanks di Margini, l’unico film italiano selezionato nel Concorso della 37° Settimana della Critica a Venezia 79.

Margini, recensione del film di Niccolò Falsetti

Elodie: le foto del red carpet a Venezia 79

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Elodie: le foto del red carpet a Venezia 79

Elodie, la cantante al suo debutto al cinema come attrice incanta il red carpet di Venezia 79. L’artista ha accompagnato il cast del film del quale è protagonista: Ti mangio il cuore. Il film scritto e diretto da Pippo Mezzapesa vede protagonisti al fianco della cantante Francesco Patanè, Francesco Di Leva, Lidia Vitale, Brenno Placido, Tommaso Ragno, Michele Placido

Ecco tutte le foto di Elodie sul red carpet del Festival di Venezia

La trama del film

Puglia. Arso dal sole e dall’odio, il promontorio del Gargano è conteso da criminali che sembrano venire da un tempo remoto governato dalla legge del più forte. Una terra arcaica da Far West, in cui il sangue si lava col sangue. A riaccendere un’antica faida tra due famiglie rivali è un amore proibito: quello tra Andrea, riluttante erede dei Malatesta, e Marilena, bellissima moglie del boss dei Camporeale. Una passione fatale che riporta i clan in guerra. Ma Marilena, esiliata dai Camporeale e prigioniera dei Malatesta, contesa e oltraggiata, si opporrà con forza di madre a un destino già scritto.

Margini: intervista ai protagonisti Emanuele Linfatti e Matteo Creatini

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Emanuele Linfatti e Matteo Creatini, protagonisti di Margini, raccontano com’è stato lavorare all’unico film italiano nella selezione ufficiale della 37° Settimana della Critica a Venezia 79.

Margini, recensione del film di Niccolò Falsetti

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