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Rumors: recensione del film con Cate Blanchett – Cannes 77

Rumors: recensione del film con Cate Blanchett – Cannes 77

Cosa avviene durante gli annuali incontri del G7? I registi Guy Maddin, Evan e Galen Johnson provano ad immaginare tale situazione condendola di elementi soprannaturali, fantasy e anche horror, ma soprattutto satirici. Prende così forma Rumors, il film presentato Fuori Concorso al Festival di Cannes 2024 che vanta un cast d’eccezione composto tra gli altri da Cate Blanchett e Charles Dance. Un film che punta dunque a farsi beffe dei principali leader mondiali – più o meno ispirati ai loro reali corrispettivi – e dell’attuale situazione politica. Seppure le premesse sembrino promettere grandi risate, però, il film purtroppo si spegne ben presto. Ma andiamo con ordine.

La trama di Rumors

La vicenda del film ha luogo durante il vertice annuale del G7, dove i sette leader delle più ricche democrazie liberali del mondo si ritrovano per discutere delle problematiche globali e delle possibili azioni per risolverle. Mentre tentano però di redigere la loro dichiarazione provvisoria, nel bel mezzo di un bosco, si accorgono di essere stati lasciati soli, abbandonati a loro stessi. Nel tentativo di uscire da quella situazione, si imbattono in una serie di imprevisti soprannaturali del tutto inaspettati. Nel cast, tra gli altri, Cate Blanchett nel ruolo del primo ministro tedesco e Rolando Ravello di quello italiano. Charles Dance è il presidente degli Stati uniti, mentre Alicia Vikander ricopre il ruolo del Presidente della Commissione Europea.

Rumors è un film dalle buone premesse…

Come si diceva, l’inizio di Rumors è di quelli che promettono grandi risate ai danni dei leader mondiali, attaccabili sotto innumerevoli punti di vista. Il raduno del G7 nel film diventa infatti l’occasione non per parlare dei reali problemi dei paesi partecipanti quanto una sorta di giornata tra amici. Si alternano così mangiate, bevute, chiacchiere, risate ma anche momenti di confessione in cui i sette leader posso rivelarsi l’un l’altro preoccupazioni e segreti inconfessabili (il primo ministro italiano, a tal proposito, non delude le aspettative e regala probabilmente la maggior risata del film).

Naturalmente i sette leader non sono solo specchio dei reali capi di governo (quello di Charles Dance è palesemente una parodia del presidente degli Stati Uniti Joe Biden, Cate Blanchett è acconciata come Angela Merkel), ma anche incarnazione degli stereotipi dei rispettivi paesi e immagine di come gli interi governi di questi vengono visti all’estero. Le maggiori risate le fornisce anche in questo caso il primo ministro italiano di Ravello, continuamente servile, disattento ma capace di tirare fuori del cibo dalla propria giacca ad ogni momento.

… che però si esuriscono ben presto

Insomma, le premesse offerte dalle prime scene del film – che descrivono in tali termini questi personaggi – sembrano essere buone per potersi fare fragorose risate. Tuttavia, i problemi iniziano quando inizia l’avventura vera e propria dei protagonisti. È a quel punto, quando i sette si avventurano nel bosco che le buone idee del film sembrano finire, lasciando il posto ad una serie di lungaggini che finiscono per fare ben poco oltre che annoiare. Lo smarrimento nel bosco dovrebbe servire come allegoria per l’attuale situazione globale, ma non riesce ad essere fonte per nuove convincenti gag, tutte riservate alla prima parte di Rumors.

Da qui in avanti il film sembra prendersi troppo sul serio, pur se continuando a proporre alcune situazioni assurde se non surrealiste (il cervello gigante che compare ad un certo punto). Indubbiamente il girare a vuoto dei sette protagonisti è esso stesso un elemento voluto e indicativo di ciò che i registi vogliono comunicare, ma la sensazione è che il film viva progressivamente un appesantimento, complice l’introduzione di una serie di elementi come un’inspiegata apocalisse, l’arrivo di misteriosi zombie dal passato e la spaventosa intelligenza artificiale.

Certo, non manca qualche guizzo di tanto in tanto ma l’obiettivo viene generalmente mancato, complice anche una durata eccessiva (118 minuti) a fronte di un limitato numero di trovate capaci di sostenerla. Si giunge così al finale che ci si è lasciati ormai alle spalle le risate iniziali, accompagnati ormai unicamente da un misto di noia e disinteresse. Il che è un peccato, visto comunque il cast composto per Rumors, ma seppure gli attori coinvolti non deludono con le loro interpretazioni, ciò non basta per sostenere un progetto che non sembra poter avere poi molto da dire.

Bridgerton 3 rende Cressida molto più di una semplice cattiva ragazza

Siamo ufficialmente a metà della terza stagione della serie romantica di successo di Netflix Bridgerton. In questa stagione tutti gli occhi sono puntati su Penelope Featherington (Nicola Coughlan) e Colin Bridgerton (Luke Newton), che accettano di aiutare Penelope a trovare marito. Mentre Colin inizia a capire che si sta innamorando del suo vecchio amico, la terza stagione si prende anche il tempo di esplorare il nemico di Penelope sotto una nuova luce: Cressida Cowper, interpretata da Jessica Madsen.

Per molti versi, Cressida è sempre stata legata alla storia di Colin e Penelope. Nella prima serie di Bridgerton, Colin salva Penelope dall’imbarazzo dopo che Cressida le ha “accidentalmente” rovesciato addosso il suo drink. Da quel momento, Cressida non tarda a prendere in giro Penelope come un bersaglio facile, facendo crollare la fiducia di Penelope. Cressida aveva anche tentato di attirare l’attenzione di Colin. Tuttavia, la terza stagione di Bridgerton tira fuori gli strati di Cressida per rivelare perché è così. Tutto questo grazie alla sua nuova amicizia con l’ex migliore amica di Penelope, Eloise Bridgerton (Claudia Jessie).

L’amicizia tra Eloise e Cressida è autentica in Bridgerton

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I fan hanno avuto il cuore spezzato quando le anime gemelle platoniche Eloise e Penelope hanno litigato nel finale della seconda stagione. Dalle ceneri è riemersa una nuova Eloise con la sua nuova compagna, Cressida, al suo fianco. A prima vista, il fatto che Eloise si schieri con la ragazza cattiva del ton farebbe riflettere, soprattutto considerando come l’influenza di Cressida possa alterare la personalità di Eloise. Tuttavia, la loro amicizia nella terza stagione si rivela in realtà positiva per loro.

Sia Cressida che Eloise provengono da famiglie benemerite del ton. A differenza delle stagioni precedenti, Eloise si sente sola e ha bisogno di qualcuno al di fuori della sua famiglia con cui confidarsi ora che ha tagliato i ponti con Penelope. Anche Cressida si sente sola, ma la sua personalità la isola spesso da un legame autentico. Cressida accenna brevemente a Eloise che aveva un’amica quando era più giovane; a parte questo, da adulta, Cressida non ha amici vicini. Eloise è l’eccezione.

Cressida ed Eloise hanno una forte personalità e, in quanto amiche, sono in grado di confrontarsi senza fare terra bruciata. Infatti, mantengono le proprie posizioni e si ascoltano a vicenda quando hanno fatto qualcosa di sbagliato. Dopo che Cressida calpesta di proposito il vestito di Penelope nella terza stagione, episodio 1, “Fuori dall’ombra”, facendolo strappare, Eloise la richiama il giorno dopo per il suo comportamento crudele. Invece di infierire, Cressida ne è umiliata. Allo stesso modo, quando Eloise accusa Cressida di aver diffuso pettegolezzi sul fatto che Colin avrebbe aiutato Penelope a trovare marito alla fine della terza stagione, episodio 2, “Come brilla la luna”, Cressida sostiene la sua innocenza, suggerendo a Eloise di ammettere il suo errore invece di diffidare della sua amica. In un certo senso, Cressida ed Eloise sono in grado di gestire l’onestà dell’altra, rafforzando la fiducia reciproca.

La terza stagione di “Bridgerton” esplora la fredda educazione di Cressida

Il coinvolgimento di Eloise nella vita di Cressida apre la casa dei Cowper come il pubblico non ha mai visto prima. Dal momento che Eloise passa più tempo con Cressida, significa che il pubblico passa più tempo con Cressida e scopre perché si comporta in quel modo. A differenza della natura vivace e affettuosa della famiglia Bridgerton, la casa Cowper è fredda e poco accogliente; Cressida paragona addirittura la sua casa a un mausoleo. È figlia unica, con l’unica responsabilità di assicurarsi un buon partito. Quando Cressida non riesce ad attirare pretendenti durante la terza stagione, il suo autorevole padre, Lord Cowper (Dominic Coleman), minaccia di organizzare un incontro tra lei e uno dei suoi amici più anziani. Come Penelope, anche Cressida cerca la libertà dalla famiglia, e questo è in parte il motivo per cui compete con Penelope per l’affetto di Lord Debling (Sam Phillips).

L’episodio 4 della terza stagione, “Vecchie amiche”, offre al pubblico uno scorcio migliore della vita domestica di Cressida quando Eloise viene a trovarla. Cressida non aveva mai ricevuto un’amica prima d’ora, un’ammissione di solitudine per una figlia unica. Lady Cowper (Joanna Bobin) informa il marito e Lord Cowper manda Eloise per la sua strada. Mentre se ne va, lo sente proibire a Cressida di passare del tempo con Eloise. Più tardi, al ballo, Cressida trova Eloise e scopre che Eloise ha sentito suo padre. Cressida si scusa a nome del padre ed Eloisa si scusa dicendo che è un “maledetto sciocco”. Eloise capisce che Cressida deve mantenere le distanze per un po’, ma Cressida insiste che il padre deve affrontare la sua amicizia, che gli piaccia o no. Con Eloise come amica, Cressida è incoraggiata ad agire contro le aspettative dei genitori nei suoi confronti. Cressida sta lentamente diventando la sua specie di ribelle.

Non dobbiamo aspettarci un arco di redenzione completo per Cressida in “Bridgerton”.

Bridgerton si prende il tempo necessario per esplorare Cressida, un personaggio che è presente fin dall’inizio della serie. Sebbene ci siano ragioni per provare simpatia nei suoi confronti, non siate troppo sicuri che questa ragazza cattiva si stia riprendendo completamente. Nel corso di questi primi quattro episodi della terza stagione, Cressida ha dimostrato di essere molto possessiva nei confronti di Eloise e della sua amicizia. Non è disposta a condividerla con nessuno, tanto meno con l’ex migliore amica di Eloise, Penelope. Questo sarà un problema, visto che Penelope finisce la prima metà della stagione fidanzata con Colin. Per quanto Eloise abbia avuto una buona influenza su Cressida, quest’ultima non ha mostrato alcun interesse per se stessa o per Eloise nel fare pace con Penelope.

Inoltre, Cressida è ancora alla ricerca della libertà attraverso un marito. Con Lord Debling apparentemente fuori dai giochi, svanisce la migliore possibilità per Cressida di sfuggire ai piani del padre di farla sposare con un anziano gentiluomo. Sebbene Cressida abbia pensato di rovinare i piani di Penelope rivelando quanto Colin e Penelope siano intimi, Penelope sta per ottenere tutto ciò che ha sempre desiderato. Per gelosia e disperazione, Cressida potrebbe essere tentata di agire in modo avventato per assicurarsi la propria indipendenza a spese della felicità di Penelope.

Nel corso di quattro episodi, Cressida Cowper è diventata un personaggio più ricco. Grazie all’amicizia con Eloise, il pubblico vede quanto sia crudele l’aspetto esteriore che presenta al mondo. Sotto sotto, Cressida è una ragazza sola che cerca disperatamente un legame genuino e il calore che le manca dalla sua famiglia. Anche se non sappiamo cosa la aspetta nella seconda metà della terza stagione, ci sono briciole di ciò che possono potenzialmente costruire nel resto della stagione o forse nella quarta. Potremmo scoprire l’identità dell’amico d’infanzia di Cressida? Cressida scoprirà qual è il suo lieto fine? A prescindere dalla piega che prenderà la storia, Cressida sta dando alle mean girls della Reggenza una nuova piega e, onestamente, noi siamo qui per questo.

Anime: i migliori 7 da guardare a Maggio 2024

Anime: i migliori 7 da guardare a Maggio 2024

Aprile è stato un mese di grande successo per l’anime, con l’uscita di Spy x Family Code: White, che ha guadagnato oltre 105 milioni di dollari al botteghino. Kaiju No. 8 ha avuto un inizio entusiasmante per il suo pubblico, diventando il primo evento live-stream di X (ex Twitter). Nonostante alcuni commenti negativi, il numero di spettatori è stato impressionante, con oltre 100.000 persone che si sono sintonizzate sul live stream iniziale su Twitter. Questa esperienza interattiva ha davvero dato vita all’anime per i suoi fan.

Maggio si preannuncia un altro mese fantastico. Abbiamo due titoli shōnen con My Hero Academia e Demon Slayer: Kimetsu no Yaiba e alcuni nuovi titoli imperdibili. Ecco i migliori anime di maggio 2024.

My Hero Academia Stagione 7

My Hero Academia Stagione 7

La stagione 7 di My Hero Academia continua la battaglia tra Tomura Shigaraki e Izuku “Deku” Midoryia, mentre il Giappone è in bilico. Deku e i suoi amici hanno sempre desiderato essere degli eroi, ma non si sarebbero mai aspettati di essere catapultati nel bel mezzo di una guerra che si estende per generazioni. My Hero Academia è entrato nella sua fase finale e questa stagione getta le basi per quello che sarà un finale incredibile.

Demon Slayer: The Hashira Training Arc

Ecco la sinossi di Kimetsu no Yaiba: Hashira Traning Arc da Crunchyroll:

“All’allenamento Hashira… I membri del Corpo degli Uccisori di Demoni e i loro spadaccini di più alto rango, gli Hashira. In preparazione all’imminente battaglia finale contro Muzan Kibutsuji, inizia l’allenamento degli Hashira. Mentre ognuno porta nel cuore fede e determinazione, Tanjiro e gli Hashira entrano in una nuova storia”.

Appello a tutti i fan di Demon Slayer! L’attesissimo Kimetsu no Yaiba Hashira Training Arc è alle porte e sarà presentato domani (12 maggio 2024). Questo arco offre un’opportunità unica di approfondire le menti degli Hashira, i nostri amati personaggi. Io, per esempio, sono particolarmente entusiasta dell’intenso confronto tra Tanjiro e Sanemi e di rivedere Giyu.

Questo è un avvertimento per coloro che guardano Demon Slayer per l’azione. Potremmo assistere ad alcune incredibili sequenze d’azione, ma il fulcro di questa stagione è vedere Hashira e le Demon Slayer allenarsi. Avremo molte lamentele da parte di Zenetsu e una buona dose di urla a caso da parte di Insoke e Tanjiro che si intromette negli affari di tutti perché è una persona gentile quando si tratta di fratelli.

Jellyfish Can’t Swim in the Night

Jellyfish Can't Swim in the Night

Ecco la sinossi di Jellyfish Can’t Swim in the Night da HIDIVE:

“Shibuya è una città piena di identità. È qui, nelle strade notturne di Shibuya, che l’illustratrice Mahiru Kozuki, l’ex idol Kano Yamanouchi, la Vtuber Kiui Watase e la compositrice Mei Kim Anouk Takanashi – quattro giovani donne un po’ fuori dal mondo – si uniscono e formano un gruppo di artisti anonimi chiamato JELEE. Anche “io” voglio brillare come qualcun altro. Se non sono io ma “noi”, allora potremmo essere in grado di brillare”.

Pur non essendo Oshi no Ko, Jellyfish Can’t Swim in the Night è un altro anime super inaspettato nella sua carineria. Proprio come A Sign of Affection, la serie fa un lavoro perfetto di scrittura dei personaggi e delle loro esperienze reciproche. È una serie che bisogna vedere di persona per capire meglio perché ci si innamora di questi personaggi.

The Irregular at Magic High School Season 3

The Irregular at Magic High School Season 3

The Irregular at Magic High School è eccellente. La terza stagione amplia la trama della stagione precedente. Miyuki, Tatsuya e il resto della squadra sono ora al secondo anno della National Magic University Affiliated First High School. Nel frattempo, personaggi come Saegusa Mayumi si sono diplomati ma sono ancora parte integrante della storia. Durante la terza stagione di The Irregular at Magic High School, sono arrivati nuovi studenti come Saegusa Kasumi e Saegusa Izumi, che sono le sorelle minori di Mayumi. Se siete alla ricerca di una sana dose di magia e di malizia, questa è la serie che fa per voi.

Spice and Wolf: Merchant Meets The Wise Wolf

Spice and Wolf: Merchant Meets The Wise Wolf

Ecco la sinossi di Spice and Wolf: Merchant Meets The Wise Wolf di Crunchyroll.

“Lawrence è un mercante itinerante che vende varie merci da un carro trainato da cavalli. Un giorno, arriva in un villaggio e incontra una bellissima ragazza con le orecchie e la coda di un animale! Il suo nome è Holo la Lupa Saggia e porta raccolti abbondanti. La ragazza desidera tornare nella sua terra e Lawrence si offre di portarla con sé. Ora, il mercante e la lupa solitaria di un tempo iniziano il loro viaggio verso nord”.

Spice and Wolf: Merchant Meets The Wise Wolf è un bellissimo reboot della serie del 2008. Studio Passione fa un ottimo lavoro mantenendo lo spirito dell’anime originale e apportando al contempo un po’ di modernismo allo stile e all’immaginazione dell’anime. Mentre i reboot tendono ad avere una cattiva reputazione, essendo spesso visti come una presa di denaro o poco ispirati, gli anime tendono a mantenere lo standard o francamente a superare l’originale. Esempi recenti sono Trigun Stampede, Dororo, Fruits Basket, Shaman King e molti altri.

Blood of Zeus Season 2

Blood of Zeus Season 2

Per sfuggire per sempre agli Inferi, Ade elabora un piano per reclamare per sé la corona di Zeus e riunirsi con la sua amata Persefone come sovrano dell’Olimpo. Blood of Zeus Stagione 2 continua i racconti epici dell’Antica Grecia. È una serie Netflix molto sottovalutata che vale la pena di guardare.

Wind Breaker

Wind Breaker

Ecco la sinossi di Wind Breaker tratta dal suo sito ufficiale.

“I punteggi medi sono i più bassi, ma gli scontri sono i più forti. La Furin High School è rinomata come una super scuola di delinquenti. Haruka Sakura, una studentessa del primo anno, è venuta da fuori città per lottare al vertice. Tuttavia, la Furin High School è diventata un gruppo che protegge la città chiamato “Chime of the Wind Breaker”.

Wind Breaker sta per ottenere l’effetto Frieren: Beyond Journey’s End, in cui le vendite del manga sono destinate a subire un’impennata solo perché l’anime è così bello. Sebbene la serie non faccia nulla di rivoluzionario, è semplicemente un divertimento, e questo è tutto ciò che si può chiedere.

Festival di Cannes 2024, Kevin Costner e il cast presentano Horizon: An American Saga

Con un cast all star, Kevin Costner fa il suo ritorno sul grande schermo con Horizon: An American Saga, un’ambiziosa epopea storica, strutturata in capitoli, su come è stato conquistato il West. L’attore interpreta il ruolo principale ed è anche regista, produttore e co-sceneggiatore. Questa mattina il regista Kevin Costner è stato accompagnato alla 77a edizione del Festival di Cannes al Palais des Festivals dai suoi interpreti Sienna Miller, Luk Wilson. Ecco tutte le foto: 

Il western sembra essere diventato definitivamente il genere preferito di Kevin Costner. Nel corso della sua carriera, l’attore-regista vi si è regolarmente agganciato, sia davanti che dietro la macchina da presa, utilizzando il genere come mezzo per trasmettere la sua visione dell’America, nutrita da un impegno politico e ambientale profondamente radicato.

Non sorprende che il regista di Balla coi lupi (1990) sia tornato con un nuovo western, costruito in forma di serie. In Horizon: An American Saga, ritrae i periodi che hanno preceduto e seguito la Guerra Civile e la conquista dell’Ovest americano.

Kevin Costner ha girato questa saga epica, piena di insidie e intrighi, attraverso gli occhi di diversi personaggi della storia, dai pionieri agli indiani impegnati in una lotta per la sopravvivenza. Con il mozzafiato West americano come sfondo, chiede al pubblico di meditare sulla barbarie dell’uomo.

Il progetto, della durata di dieci ore e giunto a compimento dopo 35 anni, si basa su un mosaico di personaggi, interpretati – accanto a Kevin Costner – da un pantheon di attori, tra cui Sienna Miller, Sam Worthington, Luke Wilson e Will Patton.

Festival di Cannes 2024, le foto di Selena Gomez, Zoe Saldaña e Édgar Ramírez

Dopo il red carpet di ieri sera oggi è la volta del photocall di Emilia Perez, la commedia poliziesca musicale scritta e diretta da Jacques Audiard. Il regista è stato accompagnato alla 77a edizione del Festival di Cannes al Palais des Festivals dai suoi interpreti Karla Sofía Gascón nel ruolo della protagonista, con Selena Gomez, Zoe Saldaña e Édgar Ramírez nei ruoli secondari.

Le canzoni originali del film sono state realizzate da Camille, mentre la colonna sonora originale è stata fornita da Clément Ducol. Le sezioni coreografiche del film sono firmate da Damien Jalet. Il film è stato selezionato per concorrere alla Palma d’Oro e alla Queer Palm al 77° Festival di Cannes.

Una donna viene incaricata di aiutare un leader del cartello messicano in fuga a sottoporsi a un intervento di riassegnazione del sesso per eludere le autorità e affermare il proprio genere.

Festival di Cannes 2024, Cate Blanchett e il cast presentano Rumors

Dopo il red carpet di ieri sera, il cast di Rumors di Guy Maddin ha posato per il photcall alla 77a edizione del Festival di Cannes al Palais des Festivals. Il regista è stato accompagnato dal suo cast, Cate Blanchett, Charles Dance, Denis Ménochet  e il nostro Rolando Ravello.

Regista e sceneggiatore dall’immaginazione sfrenata, il canadese Guy Maddin è l’incarnazione di un cinema fantastico e libero di controcultura. Spesso sperimentali, i suoi film sono radicati in un’estetica visiva poetica che rende regolarmente omaggio al cinema muto degli anni Trenta. Dopo la presentazione nel 2000 del suo cortometraggio The Heart of the World alla Quinzaine des cinéastes, è la prima volta che il regista partecipa alla Selezione Ufficiale Fuori Concorso con Rumours.

Durante il vertice annuale del G7, i sette leader delle più ricche democrazie liberali del mondo si perdono di notte nei boschi mentre cercano di redigere la loro dichiarazione provvisoria.

Per Rumours, Guy Maddin si è circondato dei suoi due fedeli accoliti, Evan e Galen Jonhson, con i quali aveva già collaborato per il suo ultimo lungometraggio: The Green Fog, del 2017, un ossessionante omaggio a Vertigo di Alfred Hitchcock. I due fratelli sono anche originari di Winnipeg, città a cui Guy Maddin ha dedicato una vibrante e onirica dichiarazione d’amore sotto forma di un mockumentary intitolato My Winnipeg.

Questa nuova commedia assurda e surreale vanta un cast prestigioso. Cate Blanchett interpreta il Presidente degli Stati Uniti, Denis Ménochet il Presidente francese, Charles Dance il Primo Ministro britannico, Roy Dupuis il Primo Ministro canadese e Alicia Vikander il Presidente della Commissione europea. Tutto ciò aggiunge pepe a questa avventura selvaggia, che è anche un discorso sulle questioni politiche contemporanee.

Ari Aster, produttore esecutivo del film (Midsommar; Beau is Afraid), ha dichiarato: “Rumours è sciocco, esilarante, meraviglioso e presenta il miglior cast mai riunito. Lo spirito di Buñuel, dei Monty Python e della televisione anni ’70 sovraccarica“.

Pirati dei Caraibi: i film della saga in ordine cronologico

Pirati dei Caraibi: i film della saga in ordine cronologico

Senza aggiornamenti su un possibile ritorno dei Pirati dei Caraibi sul grande schermo, che si tratti di un sesto capitolo o di uno spin-off, non abbiamo altra scelta che continuare a guardare i film originali dei Pirati dei Caraibi in ordine sparso.

Se avete voglia di rivedere i film originali o siete dei neofiti che vogliono provarli per la prima volta, la buona notizia è che Pirati è un franchise piuttosto accessibile. A differenza del tentativo di seguire gli altri franchise di proprietà della Disney, come i film della Marvel o di guardare Star Wars in ordine, la cronologia di Pirati dei Caraibi è piuttosto semplice.

Ecco l’ordine corretto in cui guardarli tutti e dove è possibile vedere i film dei Pirati dei Caraibi in streaming se si ha voglia di un po’ di azione piratesca amante del rum.

Come guardare i film dei Pirati dei Caraibi in ordine

Esiste un solo modo per guardare i film dei Pirati dei Caraibi in ordine, che comprende sia l’ordine di uscita che l’ordine cronologico dei cinque film. L’ordine di visione è:

  • “Pirati dei Caraibi: La maledizione della prima luna” (2003)
  • “Pirati dei Caraibi: La maledizione del forziere fantasma” (2006)
  • “Pirati dei Caraibi: Ai confini del mondo” (2007)
  • “Pirati dei Caraibi: Oltre i confini del mare” (2011)
  • “Pirati dei Caraibi: La vendetta di Salazar” (2017)

La maledizione della prima luna (2003)

Johnny Depp in La maledizione della prima luna
© 2003 – Buena Vista Pictures

L’originale e ancora il migliore, Pirati dei Caraibi: La maledizione della prima luna ci ha fatto conoscere il personaggio che sarebbe stato per sempre legato a Johnny Depp: Jack Sparrow.

L’epopea dei pirati spavaldi è stata una gioia dall’inizio alla fine, con un grande cast, una storia forte e uno dei blockbuster più divertenti dell’epoca. Era inevitabile che seguissero dei sequel, così come era inevitabile che non riuscissero mai a eguagliare l’altezza di quello che aveva dato il via a tutto: il livello era molto alto.

La maledizione della prima luna in streaming è disponibile sulle seguenti piattaforme:

 

La maledizione del forziere fantasma (2006)

La maledizione del forziere fantasma (2006)
Foto di Peter Mountain – © Disney Enterprises, Inc., All rights reserved

Pirati dei Caraibi: La maledizione del forziere fantasma (Dead Man’s Chest), pur essendo un passo indietro rispetto a La maledizione della prima luna, a volte è ancora molto divertente, con alcuni momenti davvero eccezionali sparsi per tutta la durata del film.

Ma il divertimento non è certo costante come quello dei film precedenti e per gran parte del tempo si ha la sensazione che il film manchi di uno scopo. Tuttavia, Bill Nighy, nei panni di Davy Jones, rende il tutto più interessante con un’interpretazione che rivaleggia persino con quella di Johnny Depp.

La maledizione del forziere fantasma in streaming è disponibile sulle seguenti piattaforme:

 

Pirati dei Caraibi: Ai confini del mondo (2007)

Pirati dei Caraibi - Ai confini del mondo
Foto di Peter Mountain – © Disney Enterprises, Inc. All Rights Reserved.

La conclusione di quella che era una trilogia non è il momento migliore della serie dei Pirati. La durata di Ai confini del mondo si avvicina alle tre ore e si fa sentire e, nonostante alcune sequenze d’azione davvero grandiose, sembra ancora più infarcito e perso nella sua stessa storia di quanto non lo fosse La maledizione del forziere fantasma.

Vale la pena guardarlo e Jack Sparrow rimane un protagonista divertente, ma è una fortuna che siano seguiti altri film, perché questo avrebbe chiuso le cose con una nota un po’ negativa…

La maledizione del forziere fantasma in streaming è disponibile sulle seguenti piattaforme:

 

Oltre i confini del mare (2011)

Pirati dei Caraibi - Oltre i confini del mare (2011)
© 2010 – Walt Disney Pictures

Con molti frustrati dalla direzione che Pirati dei Caraibi aveva preso alla fine del terzo film, la speranza era che il quarto, Oltre i confini del mare, avrebbe sistemato le cose.

La maggior parte del cast era stata eliminata per ricominciare da capo e, sebbene alcuni pensassero che questo fosse il rinnovamento di cui la serie aveva bisogno, l’opinione generale è che il film non sia stato in grado di correggere la rotta e per questo è stato accolto con un’accoglienza tiepida alla sua uscita.

Oltre i confini del mare in streaming è disponibile sulle seguenti piattaforme:

 

La vendetta di Salazar (2017)

Pirati dei Caraibi - La vendetta di Salazar
Foto di Peter Mountain – © Disney Enterprises, Inc. All Rights Reserved..

Il quinto film dei Pirati dei Caraibi, La vendetta di Salazar, (che ha un nome diverso a seconda di dove ci si trova nel mondo) non ha fatto molto per riaccendere l’amore che i fan occasionali della serie avevano un tempo.

Una trama poco brillante che è stata spesso descritta come incoerente è il problema principale che molti hanno riscontrato in Oltre i confini del mare, ma dato che sembra ormai certo che questo sia stato il canto del cigno di Jack Sparrow, vale la pena vederlo se si vuole vivere l’intera avventura.

Forse la cosa più frustrante è la scena post-credits, che ha visto il ritorno di alcuni volti familiari – forse indicando un ritorno alle radici del franchise per il sesto film che ora probabilmente non vedremo mai.

Oltre i confini del mare in streaming è disponibile sulle seguenti piattaforme:

 

Un uomo vero, la spiegazione del finale: chi vince la lotta per il potere?

“Quando morirai, la gente se ne accorgerà?”. Jeff Daniels pone proprio questa domanda all’inizio della serie limitata di Netflix Un uomo vero. Dopo sei episodi caratterizzati da un’implacabile avidità aziendale e da troppi riferimenti fallici, il finale selvaggio e ridicolo non dovrebbe essere una sorpresa. Eppure, è probabile che tutti noi abbiamo premuto il tasto rewind per fare il punto su ciò che è realmente accaduto. Liberamente basato sull’omonimo romanzo del 1998, Un uomo tutto d’un pezzo reimmagina l’ambiente sociale di Atlanta della fine degli anni ’90 e lo traduce nel mondo moderno, seguendo l’egoista, brutale e ricco agente immobiliare Charlie Croker (Jeff Daniels). Ci sono tre storie principali, due delle quali sono irrimediabilmente intrecciate l’una con l’altra e l’altra sta goffamente in piedi da sola.

L’arco caratteriale di Croker rimane in primo piano, in quanto cerca ostinatamente di rimanere risoluto nei suoi modi bellicosi, pur risultando in qualche modo simpatico con la sua grintosa determinazione e i suoi valori familiari distorti. Non sospetta mai che la sua fine avverrà per mano di Raymond Peepgrass (Tom Pelphrey), che è essenzialmente un signor nessuno agli occhi di Croker, ma ironicamente i due diventano l’uno il riflesso dell’altro. La serie Un uomo vero è incentrata sulle lotte di potere, siano esse finanziarie, politiche, razziali o di genere, ma con una portata così ampia, si addentra solo nell’avidità aziendale. E per completare il commento sociale, il creatore David E. Kelley offre un finale stridente che è difficile non notare.

Charlie Croker ottiene la redenzione in Un uomo vero?

Nel corso di Un uomo vero, Croker cerca disperatamente di mettere al sicuro le sue finanze dopo un grave litigio con la sua banca. Essendo indebitato per miliardi di dollari, cerca di convincere la banca a piegarsi, si procura investitori angelici con mezzi discutibili e accetta accordi corrotti con i sindaci. Il sindaco Wes Jordan (William Jackson Harper) chiede a Croker di denunciare la vittima di violenza sessuale del suo avversario elettorale, anche se la donna non acconsente a rendere pubbliche le informazioni. Croker usa i suoi soliti metodi per imporre brutalmente il suo consenso, nascondendo le sue motivazioni egoistiche dietro un onorevole programma sociale e poi semplicemente assecondando il piano nonostante i numerosi avvertimenti dell’ex moglie e del figlio.

Tuttavia, è il figlio a impedirgli di andare avanti. Il suo desiderio di avere un rapporto stretto con Wally (Evan Roe) è forse l’unica qualità redentrice di Croker. In un momento di stordimento sul palco, davanti ai flash delle telecamere durante una conferenza stampa, Croker riflette momentaneamente sul suo comportamento e decide di fare la scelta etica di diventare un modello migliore per suo figlio, ottenendo un commovente “Sono orgoglioso di te” da parte di Wally. Sebbene questo possa sembrare un improvviso culmine di auto-riflessione dopo aver affrontato per giorni le conseguenze delle sue decisioni avventate e della sua sfrenata ambizione, la cultura atlantica dell’avidità aziendale e il suo opprimente senso di mascolinità tradizionale lo riportano in spirale allo scontro e alla violenza.

Dopo aver appreso che Peepgrass sta per acquistare il suo prezioso trofeo immobiliare, il Concourse, e che va a letto con la sua ex moglie, stringe bruscamente le sue dita carnose intorno al collo di Peepgrass. Sebbene sembri che alla fine voglia mollare la presa, la mano gli si blocca a causa di una condizione medica per la quale si rifiuta di ottenere una diagnosi, e ha un attacco di cuore che porta alla morte di entrambi. Come Croker cade lentamente a terra, anche le lettere di A Man in Full nella scena del titolo crollano gradualmente in ogni episodio successivo. La sequenza del titolo non è l’unico simbolo della caduta di Croker sotto la sua arroganza, poiché la sua salute in declino rappresenta anche la sua crescente debolezza nei confronti delle proprie ambizioni. La serie si chiude con il ginocchio meccanico di Croker che frulla, mentre la sua ultima pretesa di recuperare la forza, la virilità e la ricchezza si trasforma in definitiva nei suoi stessi fallimenti.

Perché Raymond Peepgrass odia Charlie Croker in “Un uomo vero?

Nel frattempo, Peepgrass organizza la caduta di Croker in un’incessante ricerca di vendetta e odio proprio sotto il suo naso. Peepgrass si associa con un uomo offeso da Charlie per acquistare la maggioranza del Concourse attraverso una società chiamata “Big Red Dog LLC”. Certo, l’unica connotazione che deriva da questo nome è Clifford the Big Red Dog, ma con l’abbondanza di riferimenti fallici, non dovrebbe sorprendere cosa Croker intendesse quando dice “fate uscire il Big Red Dog”. Ed è esattamente quello che Peepgrass fa alla fine, letteralmente, lasciando uscire la sua merce. Il confronto tra Peepgrass e Croker è l’incarnazione letterale di una gara di cazzeggio. Vantandosi dei suoi successi nell’acquisizione della preziosa proprietà di Croker e usando al contempo il suo genuino affetto per l’ex moglie di Croker, Martha (Diane Lane), come ulteriori munizioni, Peepgrass si risolleva finalmente dal diventare un signor nessuno.

Le storie di Peepgrass e Croker sono essenzialmente due facce della stessa enorme medaglia. Mentre Croker si preoccupa di garantire la sua ricchezza, Peepgrass cerca di acquisirla. Impara rapidamente il modello corrotto dell’avidità e dell’ambizione aziendale e, spinto dalla sua ex amante, confonde le linee etiche per raggiungere i suoi obiettivi. Anche la sua immagine di sé è radicata in Croker, poiché descrive la sua ammirazione e invidia per la crescita di Croker, che alimenta così il suo desiderio di abbatterlo. La forza della sua posizione umile, tuttavia, sta nel fatto che Croker non ha mai saputo di essere impegnato in una lotta di potere con lui. Come il momentaneo successo di Croker con la sua famiglia, sembra che anche Peepgrass stia per raggiungere la sua vendetta personale. Tuttavia, quando entrambi gli ambiziosi uomini cadono, la telecamera torna su Croker mentre Peepgrass viene portato via di nascosto in un sacco per cadaveri. Anche dopo tutti i suoi sforzi, muore da nullatenente, lasciando entrambi gli uomini con una perdita in questa lotta per il potere.

Conrad e Roger White affrontano la brutalità della polizia in Un uomo vero.

Conrad e roger in Un uomo vero

Come Croker ha in parte ammesso, gli piace nascondere la sua avidità dietro la facciata di onorevoli membri del personale, il che ci porta all’avvocato aziendale Roger White (Aml Ameen) e alla receptionist Jill (Chante Adams). Con il marito di Jill in prigione per aver aggredito un agente di polizia dopo che quest’ultimo era stato violento nei suoi confronti, Roger decide di difenderlo nonostante non abbia familiarità con il diritto penale. Dopo giorni passati a capire come sopravvivere in una prigione riservata ai detenuti più violenti, Conrad (Jon Michael Hill) finisce per aggredire un altro detenuto per legittima difesa, danneggiando ulteriormente il suo caso. Questa trama si adatta all’ambiente sociale e razziale più moderno, riecheggiando le ingiustizie contro George Floyd e i riflettori puntati sulle pratiche di brutalità della polizia. Si rifà anche al razzismo che era prevalente nella Georgia della fine degli anni ’90, evidenziando l’enorme divario tra le popolazioni divise.

Detto questo, il processo in tribunale è stato probabilmente chiuso in modo troppo netto. Nella piccola aula di tribunale riecheggiano le urla e il caos del filmato in cui Conrad viene arrestato con violenza e poi reagisce. Roger usa un discorso emotivo e un riferimento a una vecchia citazione legale per dimostrare al di là di ogni ragionevole dubbio che Conrad è innocente. Quando il giudice, che in precedenza aveva fatto commenti razzisti, improvvisamente prende coscienza e si pronuncia a favore di Conrad, c’è un breve momento di incredulità da parte dell’aula e da parte nostra. Se solo fosse così facile. È ridicolo come il finale di Peepgrass e Croker, ma è il più piacevole.

Lucy Liu ha una sottotrama poco sviluppata in Un uomo vero

Un uomo vero lucy liu

C’è anche una sottotrama intrigante ma gravemente sottosviluppata che riguarda la violenza sessuale di Joyce (Lucy Liu). Nonostante lo scarso tempo a disposizione in questi sei episodi, l’interpretazione di Lucy Liu è naturalmente così avvincente che è deludente che questa storia non sia stata sviluppata al massimo delle sue potenzialità. Scopriamo che l’identità della vittima della violenza sessuale dell’avversario del sindaco non era altro che la potente e affascinante Joyce. Tuttavia, con la sua carriera e la sua reputazione a rischio, la donna si rifiuta di collaborare con Crocker. In una scena successiva con Martha, Joyce rivela anche che fatica a ricordare se quella notte di 20 anni fa aveva o non aveva acconsentito. Mentre il suo dialogo è indifferente e sulla difensiva, la sua postura e la sua espressione trasmettono confusione, vergogna e dolore.

Liu cattura abilmente l’esperienza di molte donne che hanno subito violenza sessuale in una sola scena, lasciando intendere una trama potenzialmente potente. Con le sue allusioni al movimento #MeToo, in cui molte donne e uomini si sono fatti avanti per le loro esperienze di violenza sessuale, lo spettacolo mostra anche il diritto di una persona di scegliere di non parlare. La scena finale di questa sottotrama è lo sguardo di sollievo di Joyce quando vede Croker decidere di non denunciarla. Questo complica ulteriormente i temi, poiché sebbene la scelta di parlare della propria esperienza sia lasciata nelle sue mani, è stata fatta grazie alla decisione di un uomo potente. Tuttavia, la storia sfiora appena la superficie di questi temi, lasciandoci con vaghe nozioni di uguaglianza di genere e una trama la cui integrità è minata dall’essere usata solo per facilitare lo sviluppo del personaggio di Crocker.

Il finale scioccante di Un uomo vero è abbastanza potente?

Un uomo vero finale

Se il creatore Kelly voleva ottenere una reazione da parte nostra, questo finale sconcertante e ridicolo era certamente il modo giusto per farlo. Uccidere sia Peepgrass che Croker, soprattutto in questo modo, è qualcosa che non avremmo potuto prevedere. Nella vita reale, gli uomini potenti e avidi delle aziende tendono a rimanere in giro molto più a lungo di quanto vorremmo. Quindi, forse, lasciarli vivi e in guerra si adatterebbe meglio al modello realistico in cui opera la serie e ci lascerebbe anche un messaggio molto più potente. Con il finale troppo soddisfacente di Conrad e quello insoddisfacente di Joyce, probabilmente ne meritavamo almeno uno ragionevole.

Il finale che abbiamo ottenuto, invece, conferisce un tono più moralista al finale, in quanto i cattivi incontrano entrambi la loro giusta fine. La cosa più potente del finale è la grande dimostrazione di pura vulnerabilità. Sebbene la nudità di Peepgrass sia presentata come una dimostrazione di forza, con tutte le sue carte in tavola, è anche l’apice della vulnerabilità. Allo stesso modo, la condizione medica di Croker appare in tutta la sua forza, portando al ridicolo, anche se memorabile, aggrapparsi e barcollare della sua morte un po’ patetica. Quindi, Croker, per rispondere alla tua domanda iniziale, la gente di Atlanta potrà ricordarti come un magnate parzialmente redento o come un uomo d’affari senza cuore e con una sola mente (a seconda di chi lo chiede), ma noi ricorderemo sempre le luride circostanze della tua morte.

La madre della sposa: uno sguardo completo alla caotica commedia matrimoniale di Netflix

Non molto tempo dopo l’uscita di Irish Wish di Lindsay Lohan, Netflix ha messo in onda un’altra commedia sentimentale a tema matrimoniale. La madre della sposa ha come protagonista Brooke Shields, che non solo si commuove nel vedere la sua bambina sposarsi con la persona che ama durante un matrimonio di destinazione in Thailandia, ma è anche mortificata nel sapere che il futuro suocero di sua figlia è l’uomo che le ha spezzato il cuore quando era al college. Con le famiglie della sposa e dello sposo che soggiornano su un’isola in vista della cerimonia, sarà difficile per la protagonista lasciarsi il passato alle spalle se il suo ex fidanzato è ovunque lei vada.

Dato che l’estate è considerata la stagione dei matrimoni, questa commedia romantica non potrebbe uscire in un momento migliore. Oltre alla Shields, il film vanta un cast stellare, con Miranda Cosgrove, ex allieva di iCarly, che interpreta la futura sposa. Se vi state chiedendo quando uscirà il progetto, i dettagli della trama e altri retroscena, ecco una guida dettagliata con tutto ciò che c’è da sapere sul film originale Netflix La madre della sposa.

Chi recita in La madre della sposa?

Come già detto, l’attrice di Laguna Blu interpreta Lana, ovvero la madre della sposa. Non è la prima volta che l’attrice collabora con Netflix per una commedia sentimentale. Nel 2021 ha recitato in Un castello per Natale, in cui interpretava un’autrice che si reca in Scozia e si innamora di un castello (e presto anche del burbero duca che lo possiede). In un’intervista con TUDUM, ha parlato dell’esperienza di legame con Miranda Cosgrove sul set del suo nuovo film:

Mi sono resa conto che la base di queste relazioni è l’amore e il rispetto e che ci sono dei dolori di crescita che derivano da questo, che è quello di cui parla il film“, ha detto la Shields a Netflix. “Per lo più si trattava di passare tutto quel tempo l’uno con l’altra e di ridere l’uno con l’altra, e lei è così adorabile e composta. Abbiamo capito che eravamo al sicuro per essere noi stessi“.

L’ex allieva di iCarly interpreta Emma, la figlia di Lana e futura sposa. È passato un po’ di tempo dall’ultima volta che l’attrice ha recitato in una commedia romantica. Dopo tutto, è stata impegnata fino all’anno scorso nelle riprese del reboot di iCarly e ha lavorato soprattutto come doppiatrice nell’amato franchise di animazione Cattivissimo Me. La Cosgrove è ancora meglio conosciuta per i suoi precedenti ruoli sullo schermo in The School of Rock e Drake and Josh.

Benjamin Bratt interpreta Will, vecchia fiamma di Lana, che sarà il futuro suocero di Emma. L’attore ha contribuito a diverse serie televisive nel corso degli anni in produzioni come Poker Face e Law & Order. Tuttavia, gli appassionati di commedie sentimentali lo ricorderanno probabilmente come l’agente di polizia Eric Matthews, interesse amoroso di Sandra Bullock in Miss Congeniality.

Anche Chad Michael Murray, l’ex star di One Tree Hill, recita in La madre della sposa nel ruolo di Lucas, un medico in vacanza in Thailandia nella stessa settimana in cui si svolge la festa di matrimonio di Emma. Il personaggio offrirà una distrazione a Lana, che sta cercando di dimenticare Will.

Altri nomi che fanno parte del cast sono Rachael Harris nel ruolo della migliore amica di Lana, Janice, Sean Teale nel ruolo del fidanzato di Emma, RJ, Wilson Cruz nel ruolo del fratello di Will, Scott, e Michael McDonald nel ruolo del marito di Scott, Clay.

Qual è La trama di La madre della sposa?

Ecco la trama della commedia romantica:

“Mother of the Bride è una commedia degli errori generazionale. Quando Emma, la figlia di Lana, torna da un anno all’estero a Londra, lancia una notizia bomba alla madre: sta per sposarsi. Su un’isola. Il mese prossimo! Le cose peggiorano solo quando Lana scopre che l’uomo misterioso che ha rubato il cuore di sua figlia è il figlio dell’uomo che ha spezzato il suo anni prima”.

Chi ha girato “La madre della sposa”?

Dopo aver diretto molti film amati dei primi anni 2000, come Mean Girls, Freaky Friday e Ghosts of Girlfriend’s Past, Mark Waters ha occupato la poltrona di regista della nuova commedia romantica di Netflix. Robin Bernheim si è occupato della sceneggiatura e della produzione esecutiva del film. I suoi precedenti crediti di scrittura includono due noti franchise natalizi di Netflix: The Princess Switch e A Christmas Prince.

Shields, Amanda Philips (The Knight Before Christmas), Jimmy Townsend (Falling for Christmas), Vince Balzano (Irish Wish) e Oliver Ackerman (The 5th Wave) sono anche produttori esecutivi di La madre della sposa, mentre Brad Krevoy (When Calls the Heart) è il produttore principale del progetto.

Dove è stato girato “La madre della sposa”?

La madre della sposa location set

La nuova commedia romantica di Netflix è stata girata in loco, il che significa che le vedute panoramiche della Thailandia non erano in green screen. Il cast e la troupe hanno girato il film a Phuket, una delle isole più grandi del Paese. Altre location che sono state avvistate in Mother of the Bride sono Phang Nga Bay (l’ambientazione di una romantica gita in yacht) e Ko Panyi.

In un’intervista a People, la Cosgrove ha raccontato la sua esperienza di riprese:

Abbiamo trascorso praticamente ogni giorno insieme nelle sei settimane di riprese in Thailandia. E una delle cose speciali della realizzazione del film è stata che, dato che eravamo tutti così lontani da casa e in un posto nuovo, mi sembra che ci siamo conosciuti tutti molto velocemente“.

Three Kilometers to the End of the World, recensione del film di Emanuel Pârvu – Cannes 77

Sulla scia dei grandi nomi della new wave rumena, come Cristian Mungiu (Animali Selvatici) e Cristi Puiu, che si sono fatti scoprire anche grazie al Festival di Cannes, arriva in concorso a Cannes 77 Three Kilometers to the End of the World del regista rumeno Emanuel Pârvu. Si tratta di un dramma poliziesco che ruota attorno all’indagine sul caso di un ragazzo picchiato in un villaggio dell’entroterra rumeno, un atto di violenza omofoba. Un crimine e un’indagine sono al centro della narrazione, anche se non succederà nulla di quello che ci aspettiamo: la legge è una cosa, ma le famiglie, le tradizioni, il potere, la chiesa e i legami di un piccolo paesino sono al di sopra di tutto.

3 chilometri… lontano da tutto

Adi (Ciprian Chiujdea) è un adolescente di 17 anni che fa ritorno in un piccolo e remoto villaggio del Delta del Danubio per trascorrere l’estate con il padre Dragoi (Bogdan Dumitrache) e la madre (Laura Vasiliu). Il ragazzo studia e vive in una città più grande e sogna di andare a Bucarest all’università; è omosessuale e, durante l’estate, si è frequentato con un ragazzo, all’insaputa dei suoi genitori dalla mentalità estremamente conservatrice. Scopriamo che, una notte, è stato picchiato da alcuni vicini, ma questo gesto di omofobia sarà solo l’inizio delle sue difficoltà: tra segreti, bugie, inganni e compromessi, inizia un lungo processo poliziesco, religioso e giudiziario, da cui ogni adulto vorrà trarre profitto senza mai tenere conto dei bisogni e dei desideri della vittima.

Il padre, che non sa nulla di ciò che è realmente accaduto, porta Adi a fare un controllo medico e a sporgere denuncia alla polizia. Il ragazzo dice di non sapere chi è stato e perché, ma è chiaro che non vuole parlarne troppo. Lentamente cominciano a emergere possibili sospetti, come i figli di un gangster a cui il padre deve dei soldi; pensa che sia questo il motivo del pestaggio, mentre tutto sembra indicare che si tratti di un’aggressione omofoba. Lentamente, in silenzio, la voce di cui nessuno sembrava essere a conoscenza inizierà a diffondersi e i genitori di Adi verranno a sapere, increduli, che il loro figlio è gay.

THREE KILOMETRES TO THE END OF THE WORLD © Vlad Dumitrescu
THREE KILOMETRES TO THE END OF THE WORLD © Vlad Dumitrescu

Un paesaggio idilliaco per un racconto di oppressione

Il pregio narrativo di Three Kilometers to the End of the World è principalmente quello di non mostrare il punto di vista della vittima, ma del sistema attorno a lui, fatto di adulti chiusi nell’ignoranza di un posto che sembra veramente distare pochi chilometri dalla fine del mondo. La prospettiva è fondamentale per dare un senso a questo tipo di racconto di periferia, che trova il giusto spazio all’interno di un Festival, anche se decisamente meno incisivo di altre proposte dei connazionali di Pârvu.

Se l’amore incondizionato di un genitore diventa condizionato da circostanze inattese, come cambia il modo di pensare e agire della nostra famiglia? Questa sembra essere la tesi di partenza di Three Kilometers to the End of the World, che si sparge per tutto l’incrocio su cui sembra sia costruito l’intero villaggio. Tutto è limitato a un’intersezione di stradine, la stazione di polizia, la chiesa, l’ospedale. Girato in due villaggi sul Delta del Danubio, Sfântu Gheorghe e Dunavăț, la location idilliaca di Three Kilometers to the End of the World è lo scenario perfetto per raccontare crimine impeccabile: rifiutarsi di comprendere. Si tratta di un posto isolato e non facilmente raggiungibile, ma che in estate attira comunque turisti, gente non locale, ed è proprio questo l’elemento di disturbo, che mina gli equilibri del villaggio, un agente esterno che porta qualcosa di inammissibile.

L’incomunicabilità è la morte di una famiglia

In questi tre chilometri si consuma la morte di Adi, raccontata tramite i suoi occhi, le urla strazianti, il progressivo allontanamento dal nido che è tutto tranne che famiglia. Nel paese, tutti gli adulti suggeriscono che è meglio se non si sparge parola, ma è esattamente quello che manca, un dialogo a due voci, qui sostituito sempre dal monologo spiazzante, dall’incomprensione che non trova un interlocutore, dai “perchè” che non ammettono una risposta, da considerazioni fuori dalla realtà come “se ne andrà tutto con l’autunno“.

In un paese che sembra quasi solo di uomini, forse, la cosa peggiore è che una madre consenta tutto questo, che pensi che la vita di città abbia fuorviato la mente del figlio. Anche il femminile adulto è minaccioso, solo quello giovane lascia uno spiraglio di luce per Adi: sarà la sua amica Ilinca a capire senza chiedere troppo, ad agire nel caos di intenzioni interrotte (e corrotte).

Alla fine di Three Kilometers to the End of the World, Adi rimane un mistero: solo una cosa sappiamo di lui, quella a cui si sono limitati i suoi genitori e i compaesani, l’unica per cui credono che il ragazzo sarà identificato nel mondo. Vorremmo averlo potuto conoscere di più ma capiamo che, solo andandosene, potrà rivelarsi.

Festival di Cannes 2024, le foto dal red carpet di Rumors con Cate Blanchett

Si è tenuta questa sera il red carpet di Rumors di Guy Maddin alla 77a edizione del Festival di Cannes al Palais des Festivals. Il regista è stato accompagnato dal suo cast, Cate Blanchett, Charles Dance, Denis Ménochet  e il nostro Rolando Ravello.

Regista e sceneggiatore dall’immaginazione sfrenata, il canadese Guy Maddin è l’incarnazione di un cinema fantastico e libero di controcultura. Spesso sperimentali, i suoi film sono radicati in un’estetica visiva poetica che rende regolarmente omaggio al cinema muto degli anni Trenta. Dopo la presentazione nel 2000 del suo cortometraggio The Heart of the World alla Quinzaine des cinéastes, è la prima volta che il regista partecipa alla Selezione Ufficiale Fuori Concorso con Rumours.

Durante il vertice annuale del G7, i sette leader delle più ricche democrazie liberali del mondo si perdono di notte nei boschi mentre cercano di redigere la loro dichiarazione provvisoria.

Per Rumours, Guy Maddin si è circondato dei suoi due fedeli accoliti, Evan e Galen Jonhson, con i quali aveva già collaborato per il suo ultimo lungometraggio: The Green Fog, del 2017, un ossessionante omaggio a Vertigo di Alfred Hitchcock. I due fratelli sono anche originari di Winnipeg, città a cui Guy Maddin ha dedicato una vibrante e onirica dichiarazione d’amore sotto forma di un mockumentary intitolato My Winnipeg.

Questa nuova commedia assurda e surreale vanta un cast prestigioso. Cate Blanchett interpreta il Presidente degli Stati Uniti, Denis Ménochet il Presidente francese, Charles Dance il Primo Ministro britannico, Roy Dupuis il Primo Ministro canadese e Alicia Vikander il Presidente della Commissione europea. Tutto ciò aggiunge pepe a questa avventura selvaggia, che è anche un discorso sulle questioni politiche contemporanee.

Ari Aster, produttore esecutivo del film (Midsommar; Beau is Afraid), ha dichiarato: “Rumours è sciocco, esilarante, meraviglioso e presenta il miglior cast mai riunito. Lo spirito di Buñuel, dei Monty Python e della televisione anni ’70 sovraccarica“.

Festival di Cannes 2024, le foto del red carpet di Emilia Pérez

Festival di Cannes 2024, le foto del red carpet di Emilia Pérez

Si è tenuto nella serata di oggi il red carpet di Emilia Perez, la commedia poliziesca musicale scritta e diretta da Jacques Audiard. Il regista è stato accompagnato alla 77a edizione del Festival di Cannes al Palais des Festivals dai suoi interpreti Karla Sofía Gascón nel ruolo della protagonista, con Selena Gomez, Zoe Saldaña e Édgar Ramírez nei ruoli secondari.

Le canzoni originali del film sono state realizzate da Camille, mentre la colonna sonora originale è stata fornita da Clément Ducol. Le sezioni coreografiche del film sono firmate da Damien Jalet. Il film è stato selezionato per concorrere alla Palma d’Oro e alla Queer Palm al 77° Festival di Cannes.

Una donna viene incaricata di aiutare un leader del cartello messicano in fuga a sottoporsi a un intervento di riassegnazione del sesso per eludere le autorità e affermare il proprio genere.

Le Ali della Libertà, la spiegazione del finale, la fuga di Andy e il suo significato reale

La redenzione di Shawshank è un aspetto fondamentale della reputazione del film Le Ali della Libertà come alluno dei più grandi di tutti i tempi. Adattamento del racconto di Stephen King, l’iconico film vede Andy Dufresne (Tim Robbins) condannato all’ergastolo nel penitenziario statale di Shawshank per l’omicidio della moglie e del suo amante, nonostante si dichiari innocente. Lì, incontra un compagno di cella di nome Red (Morgan Freeman), si confronta con i funzionari corrotti e trova la speranza in uno dei luoghi più improbabili.

Sebbene il finale trionfale di Le ali della libertà sia indimenticabile, lascia una manciata di domande scottanti. Le risposte non sono sempre immediatamente evidenti, ma con un’analisi più attenta, il significato più profondo della storia del film inizia a diventare chiaro. Si tratta di un adattamento di Stephen King che fa sua la storia, e quindi è più efficace guardare al film stesso per avere più contesto e indizi sul vero significato del finale di Le ali della libertà.

Perché Andy Dufresne evade da Shawshank (anche se è innocente)

La fuga di Andy è un modo per mantenere la sua innocenza

Andy viene condannato all’ergastolo a Shawshank per due omicidi che insiste di non aver commesso e, sebbene sembri accettare la sua ingiusta punizione, in realtà trascorre i due decenni di detenzione scavando un tunnel verso la libertà. Uno degli elementi chiave del personaggio di Andy in Le ali della libertà è la sua tranquilla intelligenza, che utilizza per tutto il film per raggiungere i propri scopi. Tuttavia, il vero motivo per cui Andy evade è legato al tema centrale del film, la speranza.

Non è subito dopo il suo arrivo che Andy inizia a scavare il suo tunnel per uscire da Shawshank, ma il suo piano di fuga gli viene in mente quando inizia a capire la gravità della sua situazione. Con il tempo, Andy capisce che la sua innocenza non è importante per nessun altro. Quando ha la possibilità di essere scagionato dai crimini per cui è stato condannato, la sua ultima speranza di uscire legalmente da Shawshank gli viene tolta dal direttore corrotto, spingendolo a fare finalmente la sua uscita.

Perché il direttore fa uccidere Tommy

Morgan Freeman and Tim Robbins in Le ali della libertà
© 1994 Castle Rock Entertainment

L’innocenza di Andy minaccia di rivelare i crimini di Norton

Uno degli ultimi momenti determinanti che Andy Dufresne vive a Shawshank è la morte di Tommy, un giovane detenuto che Andy aveva aiutato a conseguire il diploma di maturità. Dopo l’arrivo di Tommy a Shawshank, Andy e Red lo prendono sotto la loro ala. Tuttavia, in breve tempo, Tommy viene ucciso. Non sarà l’unico personaggio di Shawshank Redemption a incontrare un triste destino, ma la sua morte è ancora più tragica per un semplice fatto: il direttore lo ha fatto uccidere.

Il motivo esatto per cui Norton lo fa è, in ultima analisi, l’innocenza di Andy. Dovendo potenzialmente perdere il detenuto che gestiva il suo schema di riciclaggio di denaro, il direttore ha scelto di eliminare l’unica persona in grado di liberarlo. Tommy aveva le prove, fornite da un ex compagno di cella, che Andy non aveva ucciso sua moglie, e Norton voleva che fossero tenute nascoste – ed è per questo che Tommy è finito con un colpo di pistola alla schiena durante un “tentativo di fuga”. Si tratta comunque di un momento importante, in quanto indurisce la determinazione di Andy e consolida Norton come vero cattivo del film.

Perché Andy non ha aiutato Red a fuggire da Shawshank

Red sarebbe scappato se avesse saputo il piano di Andy?

Nel corso di Le ali della libertà, l’amicizia tra Red e Andy è un fattore chiave. Tuttavia, nonostante ci siano voluti 20 anni per realizzarlo, Andy non condivide il suo piano con Red. Nella logica della narrazione stessa, c’è una spiegazione semplice: Andy stava cercando di proteggere Red nel caso in cui qualcosa fosse andato storto e non c’era modo di coinvolgerlo nella fuga, dato che il tunnel era nella sua cella. Tuttavia, nonostante le complicazioni logistiche ed etiche, c’è anche un’importante ragione sottotestuale. La fuga di Andy da Shawshank è il simbolo della sua eterna speranza.

Persevera nello scavare il suo tunnel perché spera nella libertà del suo futuro, qualcosa a cui si aggrappa grazie alla sua innocenza rispetto al crimine per cui è stato condannato. D’altra parte, Red si trova nella prigione di Shawshank per omicidio, il che significa che la sua fuga con Andy comprometterebbe lo sviluppo del suo personaggio (e lo farebbe sembrare molto meno simpatico al pubblico). Inoltre, Red ha persino dichiarato di non voler uscire, poiché ritiene di appartenere alla prigione e di non poter esistere nel mondo esterno.

Perché Andy fugge in Messico nel finale di Shawshank Redemption

Andy assicura al suo amico di raggiungerlo in Paradiso

Dopo la fuga di Andy Dufresne alla fine di Le ali della libertà, scompare senza lasciare traccia, anche se ha lasciato una traccia che Red può seguire. Questa lo conduce a Zihuatanejo in Messico, ma c’è un motivo per cui è fuggito a sud del confine. Zihuatanejo rappresenta la libertà per Andy ed è una delle ultime cose di cui parla a Red prima di fuggire da Shawshank.

Dopo aver seguito il messaggio segreto di Andy, Red si riunisce al suo amico su una spiaggia messicana idilliaca e remota, che rappresenta un senso di pace e paradiso per i due uomini dopo il periodo trascorso a Shawshank.

Perché il lieto fine di Red e Andy è così importante

Il cambiamento di tono nei momenti finali è meritato

Il lieto fine di Le ali della libertà potrebbe sembrare fuori luogo rispetto al tono di disperazione che caratterizza il resto del film, ma in realtà è fondamentale per il personaggio di Red e Andy. I due uomini subiscono entrambi un percorso di scoperta simile in prigione – Red diventa più fiducioso e Andy più cinico – ed entrambi superano le difficoltà per superare il loro passato. Durante gli anni di sofferenza a Shawshank, i due uomini si guadagnano il lieto fine, il che significa che Le ali della libertà premia la loro capacità di superare il trattamento ingiusto con la felicità.

Come il finale di Le ali della libertà cambia la storia originale di Stephen King

Il film regala il finale catartico che il libro lascia solo intendere

Oltre a eliminare “Rita Hayworth” dal titolo, Le ali della libertà apporta alcune modifiche alla storia originale di Stephen King, praticamente tutte in meglio. Il più grande di questi cambiamenti è il finale del film: la storia di Stephen King si conclude con Red che si mette alla ricerca di Andy, invece di trovarlo davvero. Questo potrebbe sembrare un piccolo cambiamento, ma è importante.

Il ricongiungimento tra Red e Andy consolida il loro lieto fine e dà a entrambi una conclusione più definita allo sviluppo dei loro personaggi. Il film mostra che Red è stato in grado di superare il suo passato per andare avanti con il suo futuro, cosa che è molto meno evidente nel libro.

Il vero significato del finale di Le ali della libertà

vero significato del finale di Le ali della libertà

L’amicizia tra Andy e Red è la chiave del film

Come suggerisce il titolo di Le ali della libertà, il film è incentrato sulla ricerca di un senso di redenzione da parte dei suoi protagonisti, ma soprattutto sulla speranza. La storia del film vede Andy sperare (e lavorare segretamente) per un futuro che probabilmente non avrà, e vede Red respingere l’idea di poter sperare nella redenzione. Il finale del film vede Andy realizzare questa speranza e Red ritrovare uno scopo grazie agli sforzi dell’amico.

Le ali della libertà vede entrambi gli uomini superare i loro demoni per raggiungere il loro lieto fine: Andy supera l’ingiusta perdita della sua innocenza e Red affronta la propria colpa prima di scegliere di perseguire una vita al di fuori di Shawshank. Red e Andy sono stati i catalizzatori del cambiamento dell’altro e ognuno rappresenta la speranza per l’altro. Entrambi gli uomini trovano la salvezza nella loro amicizia in Le ali della libertà e questo è ciò che salva le loro vite.

Oh, Canada: recensione del film di Paul Schrader – Cannes 77

Oh, Canada: recensione del film di Paul Schrader – Cannes 77

Reduce dalla trilogia composta da First Reformed (2017), Il collezionista di carte (2021) e Il maestro giardiniere (2022) – con cui è tornato sui grandi temi del suo cinema (senso di colpa, solutidine, redenzione) – Paul Schrader realizza ora Oh, Canada, film che è allo stesso tempo un vitale ritorno alle origini e uno struggente canto del cigno. Lo sceneggiatore e regista ritrova infatti qui Richard Gere ad oltre quarant’anni di distanza da American Gigolò (1980) ma anche lo scrittore Russell Bank, di cui aveva già adattato il romanzo Tormenta nel film Affliction (1997).

Ma con Oh, Canada Schrader ha l’occasione di portare sul grande schermo una serie di profonde riflessioni sulla vita e la morte, probabilmente emerse in lui in questi ultimi difficili anni. Il risultato è che il film potrebbe essere letto anche come un’opera-testamento, con cui Schrader porta in scena una sorta di suo alter ego attraverso cui rileggere il senso della vita e del cinema. Il regista ha però già confermato che questo non è il suo ultimo film, il che è decisamente una buona notizia, vista la capacità che ancora dimostra nel saper far parlare le emozioni e soprattutto parlare della natura umana.

La trama di Oh, Canada

Leonard Fife (Richard Gere)  è un affermato documentarista di cui è celebre anche la fuga oltre il confine canadese che fece da ragazzo (dove ad interpretarlo vi è Jacob Elordi) per sfuggire alla leva negli Stati Uniti durante la guerra del Vietnam. Malato terminale di cancro, Fife accetta di rilasciare un’ultima intervista nella sua casa di Montréal, nella quale, di fronte allo sguardo incredulo di sua moglie Emma (Uma Thurman), del suo adorante ex-studente Malcolm e della troupe che sta filmando, rivela che tutta la sua vita e il suo “mito politico” non sono altro che bugie e invenzioni, coltivate per coprire un segreto che lo tormenta da cinquant’anni.

Frammenti di vita

Il racconto di Oh, Canada sembra essere di quelli già visti e rivisti: la personalità nota di turno, giunta agli ultimi rintocchi della sua vita, racconta il proprio passato portando alla luce aspetti di sé che nessuno conosceva. Ma il film di Schrader non si limita naturalmente a questo, offrendo piuttosto un continuo intrecciarsi e mischiarsi di passato e presente. Gli stessi flashback nel passato, ad esempio, non vengono raccontati in ordine cronologico e sta dunque allo spettatore rimettere in ordine i pezzi di questa vita dalle molteplici sfumature.

Assistiamo dunque al racconto nel presente fatto da Fife davanti la telecamera, per poi tornare indietro in diversi momenti cardine della sua sfuggente giovinezza e nello stesso passato si confonde la figura del protagonista da giovane e quella da anziano, con Richard GereJacob Elordi che in più occasioni si scambiano il ruolo pur se il film rimane nel medesimo periodo della vita di Fife. Il cortocircuito che si genera non è però depistante quanto inaspettatamente affascinante. Schrader offre infatti un affascinante stratagemma per mostrarci concretamente le difficoltà di una mente annebbiata dal dolore che fatica a ricordare.

Leonard Fife afferma ad un certo punto che, in quanto documentarista, ha passato la sua intera vita a tirare fuori la verità dalle persone intervistate e che ora è giunto il suo momento. Ma possiamo davvero fidarci di quello che gli sentiamo raccontare? La risposta sembra essere no, dato il narratore inaffidabile che si rivela essere. Cosa c’è che non può essere raccontato? A quale scopo alterare la realtà dei fatti? Schrader ci porta dunque alla ricerca di queste risposte in un labirinto della mente che non diventa mai fine a sé stesso ma percorrendo il quale si giunge ad ottenere sincere emozioni.

Oh, Canada Richard Gere
Richard Geere è Leonard Fife in Oh, Canada. Photo credit: Jeong Park

Oh, Canada è un nuovo convincente film di Paul Schrader

Emerge dunque un film tutt’altro che banale nella sua esposizione di questo racconto e che anzi riesce a costruire un’atmosfera in equilibrio tra il nostalgico, il malinconico e il vitale. Nell’osservare il protagonista lasciarsi andare a questi ricordi e alle riflessioni sulle direzioni verso cui l’essere umano è proiettato, appare difficile non avvertire un certo coinvolgimento. Sarà perché le domande poste sono così universali (che fine hanno fatto tutti quelli che hanno incrociato la mia vita?) o perché Schrader dimostra di sentire davvero la materia trattata, ma il risultato è realmente commovente.

Nella buona riuscita di Oh, Canada lo aiutano poi i suoi protagonisti, da un Jacob Elordi che mette a segno un’altra convincente interpretazione dopo quella di Elvis in Priscilla e quella di Nate Jacobs nella serie Euphoria, ad un Richard Gere che si spoglia dei panni del sex symbol per indossare quelli dell’uomo morente. Nel restituire il meglio e il peggio di questo personaggio, egli permette all’intero film di dotarsi di una sincerità che lo eleva e lo rende un altro dei bei film realizzati da Paul Schrader in questi ultimi anni.

Shōgun: ecco come potrebbe espandersi per una seconda stagione

Shōgun: ecco come potrebbe espandersi per una seconda stagione

La notizia che Hiroyuki Sanada ha recentemente firmato un accordo per tornare potenzialmente per una seconda stagione di Shōgun ha colto tutti di sorpresa. Con questo annuncio è arrivata anche la rivelazione che la serie potrebbe prendere in considerazione un passaggio nelle categorie degli Emmy da Limited Series a Drama, il che significa effettivamente che Shōgun non è una miniserie, ma piuttosto una serie in corso con molte potenziali stagioni. Il problema è che la stagione 1 ha concluso perfettamente tutti gli archi narrativi e ha ucciso molti personaggi chiave, quindi come può la serie andare avanti? Come sempre, la risposta si trova sia nella storia che negli altri romanzi di James Clavell.

La seconda stagione di “Shōgun” potrebbe continuare la storia dello shogunato di Toranaga

 

shogun finale tadanobu-asano-hiroyuki-sanadaIl finale di stagione di Shōgun è tra le migliori opere televisive dell’anno. L’intera stagione è una cavalcata emozionante, ma il finale lega il tutto in modo così netto che non si può biasimare chi non si aspetta altro dalla serie. La serie è basata sull’omonimo romanzo di James Clavell, che racconta una storia autonoma che termina nello stesso punto in cui termina la stagione 1 di Shōgun. Il romanzo di Clavell è, a sua volta, un dramma storico che adatta l’ascesa della controparte storica di Lord Toranaga, Tokugawa Ieyasu, come shōgun. Naturalmente, la storia continua dopo l’inaugurazione dello shogunato Tokugawa, e questo è un percorso molto probabile per una potenziale seconda stagione.

In qualità di Shōgun, Tokugawa ha inaugurato una nuova era di pace in Giappone dopo decenni di conflitti civili quasi ininterrotti tra i signori della guerra, un periodo noto come periodo Edo. Il ruolo dello shōgun è essenzialmente militare, quindi la pace fu imposta in tutto il Giappone grazie alla potenza militare di Tokugawa e del suo clan, che chiuse l’intero Paese al mondo. L’arrivo di un marinaio britannico di nome William Adams – la controparte di John Blackthorne (Cosmo Jarvis) nella vita reale – durante la guerra civile fu un avvertimento che la sovranità del Giappone era minacciata dalle nazioni europee, che cercavano di esplorare il Paese come un mercato usando la religione come un modo per guadagnarsi la fiducia della gente. Così Tokugawa vietò il cristianesimo e la presenza europea in Giappone, come si vede in storie come Blue Eye Samurai di Netflix e l’epopea religiosa Silence di Martin Scorsese.

Nel contesto nazionale, Tokugawa non governò incontrastato all’inizio. Dopo decenni di conflitti ininterrotti, ci volle un po’ di tempo prima che le cose si sistemassero. Il suo predecessore, Toyotomi Hideyoshi, lasciò un erede che divenne maggiorenne dopo che lo shogunato era già consolidato, il che portò a un breve conflitto civile. In Shōgun, si tratta del giovane Nakamura Yaechiyo (Sen Mars), figlio del defunto Taikō e di Lady Ochiba no Kata (Fumi Nikaido). A quel punto, però, Tokugawa aveva già dato il titolo di Shōgun al figlio, ma era ancora il sovrano de facto e schiacciò questa ribellione. Inoltre, guidò gli sforzi per la costruzione della nuova capitale del Giappone, Edo. Quindi, sì, c’è molto terreno storico da coprire per una potenziale continuazione della storia di Toranaga.

Molte relazioni potrebbero essere sviluppate in una seconda stagione di “Shōgun”

Shōgun

Ciò che ha fatto risaltare la prima stagione di Shōgun è il suo trio di grandi protagonisti: Lord Toranaga, John Blackthorne e Lady Toda Mariko (Anna Sawai). Le loro storie sono intimamente legate e ciò che accade a uno di loro si ripercuote inevitabilmente sugli altri due. Tuttavia, il finale di stagione chiude di fatto l’arco narrativo di Toranaga e Blackthorne, mentre la storia di Mariko si conclude nell’episodio precedente con la sua morte. Quindi la domanda naturale che ne consegue è: dove può andare Shōgun con questi personaggi?

Da un punto di vista narrativo, Shōgun non ha l’obbligo di seguire rigorosamente gli eventi storici su cui si basa la prima stagione, e si può prendere molte libertà artistiche a vantaggio della storia che potrebbe raccontare in un’eventuale seconda stagione. Anche se Mariko è morta, ad esempio, suo marito, Toda “Buntaro” Hirokatsu (Shinnosuke Abe), è ancora vivo e fedele a Toranaga. Buntaro è un personaggio complesso, figlio di uno dei più stretti alleati di Toranaga, sempre in conflitto tra la richiesta di fedeltà a Mariko e i propri doveri verso Toranaga, il che lo porta a un costante conflitto con Blackthorne. Ora, senza Mariko, deve trovare un nuovo posto al servizio di Toranaga e anche il suo rapporto con Blackthorne potrebbe prendere una piega completamente diversa.

In Ajiro, la morte di Kashige Yabushige (Tadanobu Asano) lascia il suo brillante nipote, Kashige Omi (Hiroto Kanai), come signore del villaggio e uno dei principali alleati di Toranaga nella regione. Per quanto Yabushige fosse simpatico e divertente, era anche una possibile minaccia per il suo signore in quanto agente doppiogiochista che lavorava per i suoi nemici, e sarebbe interessante vedere se il suo erede seguirà la stessa strada. Seguendo un percorso più accurato dal punto di vista storico, anche la maturità di Yaechiyo può rappresentare una minaccia, soprattutto con la presenza della madre politicamente acuta, Lady Ochiba, sempre in giro. Inoltre, con la chiusura del Giappone agli europei, è inevitabile che sorga un conflitto con i missionari portoghesi. Padre Martin Alvito (Tommy Bastow), ad esempio, si è sempre risentito con Blackthorne per aver presumibilmente allontanato Mariko dal suo stretto rapporto con il cristianesimo, quindi anche questo tipo di interazione sarebbe interessante da vedere.

Possibile anche un universo più ampio di “Shōgun” basato sui romanzi di James Clavell

Shōgun differenze libro

Il romanzo Shōgun di James Clavell è in realtà parte di un universo più ampio. È il primo capitolo cronologico della sua Saga Asiatica, una raccolta di romanzi che racconta una storia che attraversa i secoli dell’Asia orientale e dell’Estremo Oriente. Infatti, i co-creatori della serie Rachel Kondo e Justin Marks hanno già rivelato a Collider che vorrebbero adattare un altro romanzo della Saga asiatica, intitolato Tai-Pan, che si svolge quasi 200 anni dopo gli eventi di Shōgun ed è ambientato a Hong Kong. Racconta la storia di due clan britannici rivali, gli Struan e i Brock, in lotta per il controllo del commercio nella regione per molti decenni.

Sebbene i dettagli siano scarsi, quello per cui Hiroyuki Sanada ha firmato potrebbe benissimo essere un adattamento di Tai-Pan, con lui che interpreta semplicemente un altro personaggio nell’adattamento della Saga asiatica di Clavell. All’epoca in cui si svolge il libro, il Giappone era ancora una terra chiusa, ma Hong Kong era un centro commerciale che attirava persone da tutta l’Asia orientale, compresi i mercanti giapponesi. Sebbene il romanzo sia incentrato principalmente sulle famiglie inglesi in guerra, c’è sicuramente spazio per personaggi originali, soprattutto se interpretati da un attore di talento come Sanada.

Un adattamento di Tai-Pan è interessante per molte ragioni, la più importante delle quali è la possibilità di un crossover con lo stesso Shōgun. Anche se le trame di questi due film sono separate da secoli, il romanzo finale della saga asiatica, Gai-Jin, torna in Giappone all’inizio della fine del periodo Edo, quando il clan Toranaga governa ancora come shogunato. In effetti, un discendente di Lord Toranaga ha rapporti con un discendente della famiglia Struan. Quindi Hiroyuki Sanada potrebbe tornare per interpretare un altro Toranaga e chiudere la saga familiare al crepuscolo del periodo Edo. Sono tutte possibilità interessanti, ma ciò che conta di più è che ogni storia legata all’universo di James Clavell è sicuramente una buona storia, soprattutto se tradotta sugli schermi da artisti come Sanada.

FBI e FBI: Most Wanted sono le ultime serie colpite dai tagli di budget

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I cambiamenti economici della televisione hanno raggiunto FBI e FBI: Most Wanted. Con una mossa simile a quella che la NBC ha fatto con One Chicago, la CBS taglierà gli episodi dei suoi series regular nella prossima stagione. Deadline riporta che ogni membro del cast indicato come series regular si vedrà ridurre di due gli episodi garantiti dal contratto. Se la stagione produrrà i 22 episodi regolari, i membri del cast avranno la garanzia di apparire in 20 episodi. Si tratta di una misura di riduzione dei costi che mira a mantenere in onda le serie. La terza serie, FBI: International, non è interessata da questo cambiamento.

Diversi network e show hanno utilizzato vari metodi per mantenere i costi di produzione il più bassi possibile, tra cui la riduzione degli stipendi e degli episodi o la presenza dei series regular in un numero minore di episodi. Il cast di Blue Bloods, Bob Hearts Abishola e Superman & Lois ha accettato di ridurre lo stipendio per dare ai loro show un’ultima stagione. La serie One Chicago, prodotta da Dick Wolf, ha optato per una rotazione dei series regular. Nell’attuale stagione televisiva, Once Chicago si concentra su un regular per ogni episodio, mentre altri offrono supporto al personaggio. Alcuni, tuttavia, non hanno archi narrativi per uno o più episodi, il che ha influito sugli show. Anche se la riduzione del numero di episodi per i due show dell’FBI avrà un impatto sulla storia e sulla retribuzione degli attori, poteva andare peggio.

Perché FBI e FBI: Most Wanted sono stati colpiti

FBI e FBI: Most Wanted sono stati colpiti da questa situazione perché hanno il maggior numero di series regular. Le serie sono in onda da molto tempo e presentano nomi importanti come Missy Peregrym e Jeremy Sisto. Questo li rende molto più costosi. Infine, tutte le serie sono girate negli Stati Uniti, il che aumenta notevolmente i costi. FBI: International ha perso due series regular: Heida Reed è uscita all’inizio della stagione e Luke Kleintank non tornerà. Il fatto di avere meno series regular ha migliorato l’economia dello show. Un altro vantaggio è che viene girato in Ungheria con molti attori non americani. Tutti questi fattori permettono alla produzione di mantenere bassi i costi, quindi non risentirà dei cambiamenti.

La CBS ha rinnovato la serie per una stagione ciascuno, ma la serie di punta, FBI, è stata rinnovata per altre due. In media, ogni serie è seguita da 7 milioni di telespettatori dal vivo, con FBI in testa con 9 milioni di telespettatori medi per episodio. Le serie concluderanno le loro stagioni attuali la prossima settimana, quando la squadra dell’FBI rivisiterà una storia dell’inizio della stagione, mentre il Fly Team si metterà sulle tracce del loro leader scomparso.

Richard Gere, Uma Thurman e Paul Schrader presentano “Oh Canada”

Richard Gere, Uma Thurman e Paul Schrader presentano “Oh Canada”

Dopo aver sfilato ieri sera sul red carpet ecco le foto dal photocall pre conferenza di  Oh, Canada di Paul Schrader alla 77a edizione del Festival di Cannes al Palais des Festivals.  Figura della Nuova Hollywood, a 77 anni Paul Schrader continua il suo percorso di cineasta libero, in un’industria americana sempre più restrittiva. Ne è una prova Oh, Canada, opera scarna tratta dal romanzo di Russell Banks, per la quale il regista americano ha scritturato Richard Gere. Ecco il regista accompagnato dai suoi interpreti Richard Gere e la meravigliosa Uma Thurman.

Cinquant’anni dopo il suo esordio al fianco di Martin Scorsese con Taxi Driver (1975), di cui è coautore della sceneggiatura e dei dialoghi, Paul Schrader, sceneggiatore diventato regista, ha ancora la vitalità di un giovane esordiente. Ne è prova il trittico composto da First Reformed (2017), The Card Counter (2021) e Master Gardener (2023), i suoi tre lungometraggi più recenti, che hanno visto il regista ricollegarsi alle strutture narrative dei suoi primi film e che descrivono la ricerca di salvezza di personaggi solitari divorati da abissi interiori.

Oh, Canada rappresenta un cambio di registro, poiché Paul Schrader ha adattato l’ultimo romanzo dello scrittore americano Russell Banks, morto nel gennaio 2023, pochi mesi prima dell’inizio delle riprese. Nel 1997, Schrader aveva già adattato uno dei suoi romanzi realizzando Afflictions, che aveva visto James Coburn vincere l’Oscar come miglior attore non protagonista.

Festival di Cannes 2024, le foto dal photocall con Ron Howard

Festival di Cannes 2024, le foto dal photocall con Ron Howard

Al Festival di Cannes 2024 è approdato il regista Ron Howard per presentare il suo ultimo documentario, Jim Henson Idea Manm film documentario di prossima uscita sul burattinaio Jim Henson.

Il film racconta la vita di Henson, dai primi anni della sua carriera alla creazione di opere come i Muppet, Sesame Street e The Dark Crystal, e si concentra anche sulla sua partnership creativa e romantica con la moglie Jane Henson. Il film contiene interviste a membri della famiglia e collaboratori di Jim Henson, tra cui Frank Oz. Il film sarà trasmesso in tutto il mondo su Disney+ il 31 maggio 2024.

 

Bridgerton 3 – Parte 1, l’analisi del finale

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Bridgerton 3 – Parte 1, l’analisi del finale

ATTENZIONE: questa intervista contiene spoiler su “Vecchi amici”, il quarto episodio della terza stagione di Bridgerton di Netflix.

Per l’amor di Dio, Penelope Featherington. Hai intenzione di sposarmi o no?”. La prima metà della terza stagione di Bridgerton si conclude con queste parole mozzafiato, mentre Colin (Luke Newton) chiede a Penelope (Nicola Coughlan) di sposarlo. Che cliffhanger! Penelope dirà di sì? Rivelerà di essere Lady Whistledown? Colin potrebbe essere più romantico?

Ma questo momento è solo uno sviluppo in una mezza stagione piena di drammi, inganni e Debling. Fortunatamente, la showrunner Jess Brownell ha dato a Variety una visione dei momenti più importanti della stagione.

La scena della carrozza nel libro funziona in modo leggermente diverso. È il momento in cui Colin si rende conto che Penelope è Lady Whistledown, ma per rendere omaggio a quella scena, la facciamo funzionare ancora come un momento in cui Colin inizia a vedere Penelope in modo diverso – o almeno annuncia finalmente che sta iniziando a vederla in modo diverso. È anche un momento importante per Colin, che ha cercato di essere un tipo freddo, distaccato e di poche parole. Per tutta la stagione ha sentito la pressione di dover tenere tutto dentro, e all’improvviso tutto viene fuori nella scena della carrozza.

Inizialmente avevamo immaginato Pen e Colin seduti fianco a fianco, in modo da avere una conversazione intima. Ma il [regista] Andrew [Ahn] ha avuto l’idea di metterli in scena l’uno di fronte all’altra, in parte perché è più facile filmare in una carrozza su un palcoscenico, ma anche perché quando Colin vuole avvicinarsi per esprimersi con Penelope, deve inginocchiarsi. Questo crea una bella immagine per un uomo che ha ignorato questa ragazza dal punto di vista sentimentale per due stagioni, per poi doverla implorare.

Nei libri, Colin scopre che Penelope è Lady Whistledown prima che si fidanzino: perché avete deciso di cambiare l’ordine delle cose?

Sono ormai due stagioni che assistiamo alla caccia a Lady Whistledown. La Regina è stata sulle sue tracce e abbiamo pensato che fosse giunto il momento di fare una piccola pausa da questa storia. Diventerà un filo conduttore più importante nella seconda parte, ma volevamo anche concentrarci per un momento sulla ricerca di un marito da parte di Penelope e permettere alla relazione tra Colin e Penelope di svilupparsi un po’ prima che quel segreto si manifesti.

Nei libri, Colin scopre che Penelope è Lady Whistledown prima del loro fidanzamento: perché avete deciso di cambiare l’ordine delle cose?

Sono ormai due stagioni che seguiamo la caccia a Lady Whistledown. La Regina è stata sulle sue tracce e abbiamo pensato che fosse giunto il momento di fare una piccola pausa da questa storia. Diventerà un filo conduttore più importante nella seconda parte, ma volevamo anche concentrarci per un momento sulla ricerca di un marito da parte di Penelope e permettere alla relazione tra Colin e Penelope di svilupparsi un po’ prima che quel segreto si manifesti.

Quando adatta i libri, come riesce a trovare il giusto equilibrio tra il raccontare una storia nuova per la televisione e il soddisfare i lettori fedeli della serie?

Cerco sempre di onorare lo spirito e il viaggio emotivo del libro, e nella prima settimana di lavoro in sala autori ci sediamo sempre a scegliere i momenti chiave del libro: I pezzi chiave, le ambientazioni chiave, le scene chiave che vogliamo vedere. Direi che quasi tutti quei momenti sono presenti in questa stagione, solo che potrebbero non essere necessariamente nello stesso ordine.

Per quanto riguarda i cambiamenti, si tratta di esternalizzare la trama. Gran parte della trama di un romanzo può essere un monologo interiore o un dialogo più silenzioso tra due personaggi, e noi dobbiamo trovare dei modi nel nostro grande mondo in cui ci preoccupiamo molto della scala e dell’essere in giro per il mondo. Dobbiamo trovare il modo di esternare queste trame. Per esempio, è per questo che abbiamo ideato la trama della scuola di fascino tra Penelope e Colin. È un modo per esternare alcune delle conversazioni che hanno nel libro sulla fiducia e sulla popolarità.

C’è una scena o un momento speciale di questa stagione che non vede l’ora di far vedere ai fan?

C’è una scena nell’episodio 5 che mi entusiasma, in cui ci sono tutti i nostri personaggi regolari insieme in un luogo – solo loro e solo loro. C’è un senso di caos organizzato verso la fine dell’episodio, in cui la tensione continua a salire, e sembra quasi una produzione teatrale perché tutto si svolge in una stanza. Non vedo l’ora che i fan vedano quel set.

Cos’altro si può dire dell’imminente seconda parte della stagione?

La seconda parte della stagione è per molti versi il mondo capovolto della prima. Se la prima metà è tutta giocosa e leggera e molto radicata in una sensibilità da commedia romantica, non appena saltiamo nella seconda metà, ci sono questi conflitti molto più pesanti che entrano in gioco. Tra questi, il fatto che Penelope nasconda a Colin di essere Lady Whistledown e che il suo rapporto con Eloise non sia ancora molto buono, proprio mentre lei si sta mettendo insieme al fratello. La tensione inizia quindi a salire.

Festival di Cannes 2024: il photocall con i protagonisti di Kind of kindness

Dopo il red carpet di ieri oggi è il giorno della conferenza stampa di Kind of kindness alla 77a edizione del Festival di Cannes al Palais des Festivals. Ecco di seguito le foto dal photocall con Yorgos Lanthimos, accompagnato dai suoi interpreti Emma StoneMargaret Qualley, Jesse Plemons, Willem Dafoe e Hunter Schafer.

A pochi mesi dall’uscita di Poor Things, Yorgos Lanthimos entra in Concorso con Kind of kindness. Potrebbe essere questo il film che gli varrà la Palma d’oro dopo il Premio della Giuria per The Lobster nel 2015 e il premio per la migliore sceneggiatura per The Killing of a Sacred Deer nel 2017.

Una nuova favola di Yorgos Lanthimos, Kinds of Kindness intreccia tre ricerche. Un uomo che cerca di controllare la propria vita, un poliziotto che trova la moglie dispersa in mare e non la riconosce, e una donna alla ricerca di una persona dal potere eccezionale.

Il film Kind of kindness

Scritta con la sua compagna di lunga data Efthimis Filippou, la trama è servita da un cast a dir poco prestigioso. Tutte e tre le storie sono interpretate dagli stessi attori. Emma Stone, Margaret Qualley e Willem Dafoe tornano al fianco del regista, insieme a Jesse Plemons, Mamoudou Athie e Hunter Schafer.

In Kind of kindness, il regista continua la sua esplorazione del libero arbitrio e del conformismo: “È interessante osservare come gli esseri umani pensino di controllare le cose o di essere liberi di decidere, mentre una volta ottenuta questa libertà, la trovano difficile da gestire”.

Questo ultimo film segna un’altra pietra miliare nell’inarrestabile ascesa di Yorgos Lanthimos. Nel 2010, la sua carriera ha cambiato direzione con Canine, che ha vinto il Prix Un Certain Regard, e ha mostrato al mondo l’estetica eccentrica e il tono grintoso dell’ondata weird greca, il movimento di cui è stato il capofila.

Negli anni successivi ha lasciato la Grecia per creare il proprio stile, a volte inquietante, sempre affascinante. Lì ha attirato i migliori interpreti (Colin Farrell, Nicole Kidman, Emma Stone) e ha sviluppato ogni aspetto della sua arte, vincendo quattro Oscar per Poor Things lo scorso marzo.

Kinds of Kindness: recensione del film di Yorgos Lanthimos

Kinds of Kindness: recensione del film di Yorgos Lanthimos

Everybody’s looking for something…“, recita un celebre verso di “Sweet Dreams”, traccia sonora che ha inquadrato Kinds of Kindness, nuovo film del regista greco Yorgos Lanthimos, fin dal rilascio del primo teaser trailer. Girato praticamente in contemporanea a Povere Creature!, il film che ha visto Emma Stone vincere il suo secondo Oscar come migliore attrice protagonista, Kinds of Kindness – presentato in concorso a Cannes 77 – è un progetto piuttosto particolare: un racconto a tre capitoli, o un film composto da tre racconti, in base a come lo si vuole intendere, in cui gli stessi attori interpretano personaggi diversi.

Sogni d’oro… o incubi greci

Kind of Kindness è un trittico composto da tre storie indipendenti, ma unite da quel batterio grottesco che rende febbrile il cinema di Lanthimos. Il primo, parla della totale dipendenza di un uomo dai capricci del suo capo, o meglio dire Dio, che scandisce la sua vita fino al ridicolo. Nel secondo, un poliziotto non può capacitarsi della misteriosa scomparsa della moglie biologa, fino a quando lei ritorna ma non sembra la stessa di sempre. Il terzo, infine, ha a che fare con una setta ridicola e con una donna alla ricerca di una profetessa che possa resuscitare i morti.

Sono storie di presunta gentilezza che non è altro che meschinità divoratrice, in cui i personaggi si donano incondizionatamente ad altri, ripagano con atti ripugnanti quella che reputano gloriosa benevolenza ricaduta sulle loro vite: l’unico modo in cui credono di potere ricompensare chi ha garantito loro una possibilità per esistere, chi gli ha affibbiato codici secondo cui vivere, chi li ha fatti sentire vivi tramite gli atti più umani: il cibo, il sesso, la fede.

Willem Dafoe, Jesse Plemons, Hong Chau film Kinds of Kindness 2024
Foto di Atsushi Nishijima/Atsushi Nishijima © Searchlight Pictures

Scomporre i generi: il dark humor di Lanthimos

In pieno stile Lanthimos, che ritorna a collaborare col sodale Efthymis Filippou, Kinds of Kindness legge in chiave grottesca il concetto di riconoscenza, rendendo alcuni generi e passaggi tipici dell’horror (cannibalismo, necrofilia, sette) contrappunto dello humor che pervade il trittico. Certamente, una delle chiavi per definire Kinds of Kindness è proprio quella del divertimento, tanto degli attori, quanto del pubblico: un’esperienza che vuole intrattenere più di ogni altro progetto di Lanthimos e in cui emerge, in ogni istante, il divertimento degli attori stessi, pressochè lo stesso cast di Povere Creature!, che si è prestato al progetto nelle pause dalle riprese del film, reinventando anche, in un qualche modo, il concetto di compagnia teatrale.

Kinds of Kindness è un film di corpi e sui corpi

Tutto parte dal corpo e Lanthimos sembra dirci che la riconoscenza non può esistere senza la fisicità: dopo aver ricomposto e creato Bella Baxter, bambina-donna in costante evoluzione e aver deformato lo scienziato Godwin, il vero Frankenstein di Povere Creature!, qui gioca indifferentemente con i corpi maschili e femminili, con la fisicità dell’esperienza, connessa al potere e alla sottomissione. “Some of them want to use you”/”Some of them want to get used by you“; “Some of them want to abuse you“/”Some of them want to be abused“: effettivamente, Sweet Dreams è manifesto tematico del nuovo film di Lanthimos. In quei versi, così noti e canticchiati nel mondo, condensa perfettamente i giochi di equilibro e potere che intessono la narrazione, tra abusatori ed abusati, chi manipola e chi viene manipolato.

Emma Stone, Jesse Plemons, Margaret Qualley, Willem Dafoe: Lanthimos lavora sui corpi di questi attori in maniera egregia, destrutturandoli, svuotandoli, vestendoli (e svestendoli) in più modi, riadeguandoli alle contrapposizioni cromatiche e strutturali che scandiscono la narrazione di Kinds of Kindness, animata da un comparto sonoro lugubre e cadenzato quanto basta a farci intendere che c’è una logica prestabilita negli eventi a cui assisteremo. Nella routine sopraggiunge lo straordinario, un errore, un piccolo mutamento che buca il perimetro millimetrico delle vite di questi personaggi.

Kinds of Kindness Emma Stone
Foto di Atsushi Nishijima/Atsushi Nishijima © Searchlight Pictures

Il progetto più mainstream di Lanthimos?

Con Kinds of Kindness, Yorgos Lanthimos riprende alcune riflessioni delle sue prime produzioni greche, lo sguardo glaciale e tagliente sui comportamenti umani, l’immagine-idea del corpo come veicolo dell’esistenza, riadattando il tutto a una confezione più “mainstream”, decodificabile alla luce della partnership con Searchlight, che distribuirà il film nelle sale, dopo Povere Creature!. Una cornice solo all’apparenza più hollywoodiana, vendibile, commerciale: Lanthimos resta Lanthimos e ci racconta le assurdità dell’essere umano con le sue tipiche metafore distruttive, esilaranti, inquietanti e scorrette che hanno contraddistinto la sua intera produzione cinematografica.

È ora di abbandonare l’ossessione per Henry Cavill come Superman

È ora di abbandonare l’ossessione per Henry Cavill come Superman

Dopo anni di voci, retroscena e speculazioni da parte della comunità dei fan, il DC Extended Universe, iniziato con L’uomo d’acciaio (Man of Steel) nel 2013, è giunto alla sua conclusione. Dopo che nel 2023 sono usciti Shazam! Furia degli Dei, The Flash, Blue Beetle e Aquaman e il Regno Perduto non hanno avuto successo al botteghino, l’attenzione si è ora rivolta al nuovo DCU che sarà gestito da James Gunn e Peter Safran. Mentre personaggi come il Peacemaker di John Cena e l’Amanda Waller di Viola Davis sono destinati a rimanere, la maggior parte del cast del DCEU precedente si è effettivamente ritirata dai propri ruoli. Nonostante questa nuova e audace direzione, molti fan si aggrappano alla possibilità che Henry Cavill torni a interpretare Superman.

La confusione sul ruolo di Henry Cavill nel franchise non è del tutto inaspettata; dopo che una scena post-credit di Black Adam sembrava confermare che avrebbe ripreso il suo ruolo di Superman in un progetto imminente, la DC Films ha subito una revisione creativa che ha portato al ruolo di David Corenswet come giovane Clark Kent nel film di  James Gunn su Superman, previsto per il 2025. Questa potrebbe essere stata una delusione per Cavill, che ha recentemente lasciato il suo ruolo in The Witcher. Tuttavia, le teorie cospiratorie sull’uscita di scena di Cavill non gli giovano, poiché si tratta di un attore destinato a una carriera molto più eccitante al di fuori dell’Universo DC.

Va bene che Henry Cavilll non interpreti Superman

Henry Cavill come Superman
Zack Snyder’s Justice League
Foto di HBO Max

Sebbene le reazioni a L’uomo d’acciaio siano state incredibilmente discordanti tra i fan dei fumetti DC, l’interpretazione di Cavill è stata ampiamente elogiata; aveva certamente il fisico, il carisma e la bontà intrinseca che erano essenziali per interpretare il personaggio classico. Sfortunatamente, il tono negativo dei film del DCEU ha dato a Cavill poco spazio per sviluppare la caratterizzazione di Superman. Invece di interpretare una versione eroica e ispiratrice del personaggio, Cavill si è ritrovato a interpretare un Superman cupo e cupo, rifiutato dall’umanità. Sebbene l’uscita approfondita della Zack Snyder’s Justice League abbia contribuito a reintrodurlo nel franchise in modo più rispettoso, non ha comunque risolto la direzione sbagliata in cui è stato portato il supereroe più ottimista del mondo.

Sebbene il sostegno a Henry Cavill  fosse forte, un sequel di Man of Steel non è mai diventato una priorità per la Warner Brothers. L’uomo d’acciaio aveva ottenuto risultati ammirevoli al botteghino, ma lo studio sembrava intenzionato a perseguire eventi crossover che avrebbero introdotto nell’universo Batman (Ben Affleck), Wonder Woman (Gal Gadot), Aquaman (Jason Momoa), The Flash (Ezra Miller) e Cyborg (Ray Fisher). Tranne che per alcuni camei di scarso rilievo, il Superman di Henry Cavill sembrava essere stato completamente dimenticato mentre il DCEU sperimentava personaggi diversi. Sebbene un sequel de L’uomo d’acciaio avrebbe potuto dare a Henry Cavill un’occasione migliore per dare corpo al personaggio, purtroppo è rimasto bloccato nell’inferno dello sviluppo.

Nonostante sia stato relativamente ignorato dal team creativo del DCEU, Henry Cavill ha fatto alcuni dei migliori lavori della sua carriera tra i film tratti dai fumetti. La sua interpretazione della super spia Napoleon Solo nel reboot di Guy Ritchie della serie The Man From U.N.C.L.E. ha rivelato quanto potesse essere carismatico e avrebbe dovuto dare vita a un franchise a sé stante. Henry Cavill ha dimostrato di essere coraggioso nell’accettare ruoli in cui non era previsto; ha dimostrato di essere uno degli unici cattivi in grado di sconfiggere Ethan Hunt (Tom Cruise) con il suo ruolo in Mission: Impossible – Fallout e ha offerto una performance sorprendentemente vulnerabile nel dramma bellico di Netflix, criminalmente sottovalutato, Sand Castle.

Henry Cavill ha un’entusiasmante lista di progetti in arrivo

Henry Cavill in The Ministry of Ungentlemanly Warfare
Foto di Daniel Smith/Daniel Smith

La cosa più deludente della fissazione per il franchise di Superman è che alcuni dei migliori lavori di Henry Cavill sono stati ignorati. Quest’anno, Henry Cavill ha collaborato nuovamente con Ritchie per un’apparizione nel thriller d’azione vecchio stile sulla Seconda Guerra Mondiale, The Ministry of Ungentlemanly Warfare. Un ruolo che ha permesso a Henry Cavill di fare tutto ciò che una grande star dell’azione dovrebbe fare: uccidere nazisti, salvare il mondo, guidare una squadra di eroi e persino pronunciare alcune battute esilaranti. Nonostante le ottime recensioni, The Ministry of Ungentlemanly Warfare non ha avuto successo al botteghino e sta già facendo il suo debutto sul servizio VOD (NON IN ITALIA).

La delusione finanziaria di The Ministry of Ungentlemanly Warfare è un peccato, ma Henry Cavill ha un’eccitante serie di prossimi progetti a cui sta lavorando. Sembra che abbia trovato una nicchia di lavoro con Ritchie, visto che è pronto ad apparire nel prossimo film d’azione del regista, In The Grey, accanto a Jake Gyllenhaal e Rosamund Pike. Data la forza delle loro precedenti collaborazioni, è sicuro che Cavill avrà qualcosa di interessante da fare nel nuovo film. Anche se Argylle non ha avuto successo al botteghino, l’annuncio di un possibile crossover con il franchise di Kingsman suggerisce che Henry Cavill potrebbe tornare alla serie per un progetto futuro.

David Corenswet merita un’opportunità in Superman

superman 2025

Quando Henry Cavill è stato scritturato per il ruolo di Superman, molti fan hanno faticato ad accettare che qualcun altro, a parte Christopher Reeve, potesse calarsi nell’iconico ruolo; fortunatamente, il pubblico è stato in grado di dare una giusta opportunità a Henry Cavill, permettendogli di lasciare un’impronta unica sul personaggio. David Corenswet merita di essere accettato e celebrato per il suo lavoro nella prossima iterazione del franchise. Può essere difficile giudicare la sua performance sulla base di una sola immagine fissa, ma sembra che l’interpretazione di David Corenswet del ruolo sarà radicalmente diversa rispetto alle precedenti iterazioni del personaggio.

Henry Cavill è un grande attore la cui carriera non dovrebbe essere definita dai film in cui non ha recitato. Ha certamente lasciato il segno nel franchise DC e si è guadagnato un seguito significativo, ma ha anche dimostrato l’ambizione di apparire in progetti di tipo diverso. Invece di pensare a come sarebbe potuta finire la sua storia di Superman, è meglio sostenere Henry Cavill nelle sue prossime imprese.

Il problema dei 3 corpi merita più di una stagione conclusiva

Il problema dei 3 corpi merita più di una stagione conclusiva

Dire che Il problema dei 3 corpi (3 Body Problem) era una delle serie più attese del 2023 sarebbe un eufemismo. La serie era basata sull’omonimo romanzo dell’acclamata autrice cinese di fantascienza Cixin Liu e si è guadagnata un appassionato fandom sia da parte degli appassionati di scienza sia da parte dei narratori. Lo show è stato realizzato anche dagli showrunner David Benioff e Dan Weiss, al loro primo progetto di genere importante dopo che Il trono di Spade (Game of Thrones) ha raggiunto la sua controversa conclusione nel 2019, dato che la loro serie Netflix The Chair era un programma a evento limitato. Sebbene il materiale di partenza fosse considerato piuttosto denso e potenzialmente non adattabile, Il problema dei 3 corpi (3 Body Problem) è riuscito ad adattare brillantemente il romanzo, accontentando sia i fan più accaniti che i nuovi arrivati.

L’annuncio che Netflix avrebbe prodotto altri episodi di Il problema dei 3 corpi (3 Body Problem) non è stato del tutto sorprendente, dato che gli ascolti e le recensioni dello show erano stati abbastanza forti da attirare gli spettatori di ritorno. Ciò che ha sorpreso è il modo in cui i nuovi episodi sono stati caratterizzati: Benioff e Weiss hanno dichiarato di essere entusiasti di “poter raccontare questa storia fino alla sua epica conclusione”, ma non hanno fatto riferimento specifico alle nuove puntate come a una seconda stagione. Anche se è emozionante vedere che la serie non è stata cancellata prematuramente, Il problema dei 3 corpi (3 Body Problem) merita più di qualche episodio conclusivo per completare adeguatamente la sua storia.

Il problema dei 3 corpi (3 Body Problem) ha previsto più stagioni

Nonostante le critiche ricevute per il finale di Il trono di spade (Game of Thrones), Benioff e Weiss hanno dimostrato con Il problema dei 3 corpi (3 Body Problem) di poter condensare un materiale di partenza molto complesso in una serie coinvolgente. Mentre il romanzo era incentrato sul personaggio di Wang Miao, la serie ha introdotto i cinque protagonisti Auggie Salazar (Eiza González), Saul Durand (Jovan Adepo), Jin Cheng (Jess Hong), Will Downing (Alex Sharp) e Jack Rooney (John Bradley) per rendere la storia più comprensibile. I personaggi di Il problema dei 3 corpi (3 Body Problem) sono solo all’inizio della loro storia alla fine della prima stagione. La morte di Rooney ispira gli altri personaggi a lavorare insieme per proteggere le generazioni future dall’imminente invasione dei San-Ti.

Nonostante alcune deviazioni significative, Il problema dei 3 corpi (3 Body Problem) riesce a mantenere la maggior parte dei punti salienti della storia del primo romanzo della serie. Sebbene i personaggi si rendano conto che i San-Ti intendono ostacolare le difese della Terra screditando gli scienziati, sono comunque costretti a fare i conti con l’imminente invasione della flotta aliena tra 400 anni. Mentre il concetto di “Wallflowers” viene introdotto nel secondo romanzo, La foresta oscura, i due capitoli conclusivi della trilogia di Liu introducono altri personaggi e questioni etiche. La conclusione della prima stagione inizia solo a sfiorare il modo in cui l’umanità si unirà per garantire la propria sopravvivenza collettiva.

La cosa più preoccupante dell’annuncio di Netflix è che Weiss e Benioff hanno dichiarato di aver bisogno di quattro stagioni per completare la loro storia. Le critiche mosse a Game of Thrones derivano dal fatto che il duo non è stato in grado di trovare una conclusione convincente, ma nel caso di Il problema dei 3 corpi (3 Body Problem), hanno già un finale dal terzo romanzo, Death’s End. Il duo ha dichiarato che “l’ultima pagina dell’epopea di Liu Cixin è stata forse la migliore immagine finale che abbiamo incontrato in una saga fantascientifica come questa” e che “volevano disperatamente arrivare alla fine“. Sarebbe incredibilmente deludente se ancora una volta dovessero concludere frettolosamente una storia che aveva bisogno di tempo per coprire le sue varie sottotrame.

Il “problema dei 3 corpi” ha bisogno di una conclusione estesa

Il "problema dei 3 corpi" ha bisogno di una conclusione estesa

I secondi due titoli della trilogia di Liu hanno introdotto nuovi elementi che sono maturi per essere adattati. La Foresta Oscura affronta il tema della possibilità per l’umanità di trasferirsi su un altro pianeta prima dell’arrivo dei San-Ti e mostra come le dispute su chi viene scelto per partire scatenino discussioni sulle differenze di classe. Dati i temi del privilegio e del potere che Weiss e Benioff hanno sviluppato in modo così eloquente nel corso di Game of Thrones, sarebbe certamente interessante vedere come affrontano questi problemi morali nelle stagioni successive di 3 Body Problem. Purtroppo, queste idee più sfumate potrebbero andare perse se la serie si avviasse verso una conclusione anticipata.

Il problema dei 3 corpi (3 Body Problem) ha anche bisogno di tempo per completare gli archi dei personaggi. Sebbene Adepo fornisca una performance memorabile nel ruolo di Durand negli ultimi episodi della prima stagione, era evidente che la maggior parte della sua storia veniva conservata per l’ulteriore esplorazione del Progetto Staircase. Allo stesso modo, il Thomas Wade di Liam Cunningham riceve una storia più approfondita nella serie rispetto ai romanzi, il che suggerisce che potrebbe avere un ruolo più importante negli eventi futuri.

Uno dei maggiori punti di forza della prima stagione di 3 Body Problem è stato quello di essersi presa il tempo necessario per spiegare la scienza concreta che sta dietro al concetto di fisica del titolo. Tuttavia, Il problema dei 3 corpi (3 Body Problem) ha bisogno di più di qualche episodio conclusivo per esplorare adeguatamente i suoi concetti scientifici. Sarebbe deludente se la serie si lasciasse sfuggire la costruzione del mondo, dato che l’attenzione ai dettagli è uno dei motivi del successo della serie.

Netflix non può continuare a cancellare le serie drammatiche

Sebbene Il problema dei 3 corpi (3 Body Problem) sia stato lo show più visto dello streamer per diverse settimane di fila, Netflix ha una sfortunata storia di cancellazioni premature di show popolari. È raro che il network abbia show di genere che durano più di qualche stagione. Programmi acclamati come Lockwood & Co, The Midnight Club, Dark Crystal: Age of Resistance, e 1899 sono stati tutti lasciati senza una conclusione adeguata. A lungo termine, questo non è di buon auspicio per la longevità della libreria di Netflix, poiché gli spettatori potrebbero esitare a guardare una serie che è stata completata solo in parte. Il problema dei 3 corpi (3 Body Problem)  ha il potenziale per essere una delle più grandi serie drammatiche di tutti i tempi, perché il potenziale è nel materiale di partenza. Tagliare una serie ambiziosa nel suo momento migliore non è solo una delusione per i fan, ma un segnale preoccupante per i futuri progetti di Netflix.

Festival di Cannes 2024, le foto dal red carpet di Oh, Canada con Richard Gere e Uma Thurman

Si è tenuta ieri sera il red carpet di Oh, Canada di Paul Schrader alla 77a edizione del Festival di Cannes al Palais des Festivals.  Figura della Nuova Hollywood, a 77 anni Paul Schrader continua il suo percorso di cineasta libero, in un’industria americana sempre più restrittiva. Ne è una prova Oh, Canada, opera scarna tratta dal romanzo di Russell Banks, per la quale il regista americano ha scritturato Richard Gere. Ecco il regista accompagnato dai suoi interpreti Richard Gere e la meravigliosa Uma Thurman.

Cinquant’anni dopo il suo esordio al fianco di Martin Scorsese con Taxi Driver (1975), di cui è coautore della sceneggiatura e dei dialoghi, Paul Schrader, sceneggiatore diventato regista, ha ancora la vitalità di un giovane esordiente. Ne è prova il trittico composto da First Reformed (2017), The Card Counter (2021) e Master Gardener (2023), i suoi tre lungometraggi più recenti, che hanno visto il regista ricollegarsi alle strutture narrative dei suoi primi film e che descrivono la ricerca di salvezza di personaggi solitari divorati da abissi interiori.

Oh, Canada rappresenta un cambio di registro, poiché Paul Schrader ha adattato l’ultimo romanzo dello scrittore americano Russell Banks, morto nel gennaio 2023, pochi mesi prima dell’inizio delle riprese. Nel 1997, Schrader aveva già adattato uno dei suoi romanzi realizzando Afflictions, che aveva visto James Coburn vincere l’Oscar come miglior attore non protagonista.

Strutturato come un puzzle, attraverso l’assemblaggio di ricordi sparsi e formati assortiti, Oh, Canada racconta la storia di un regista famoso e controverso alla fine della sua vita e di uno dei suoi discepoli, giunto al suo capezzale per ascoltare le sue ultime parole. Come molti personaggi dei film di Paul Schrader, il protagonista è perseguitato dall’esercito.

Girando questo film in soli 17 giorni, il regista americano ha scritturato Richard Gere, che aveva lavorato con lui in American Gigolo (1980), e Uma Thurman, che non appariva sul grande schermo dai tempi di The House That Jack Built, il lungometraggio di Lars Von Trier proiettato Fuori Concorso nel 2018.

Marvel Studios, un dirigente spiega perché si è deciso di risuscitare Marvel Television

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Marvel Television, diretta da Jeph Loeb sotto l’occhio vigile del presidente di Marvel Entertainment Ike Perlmutter, ha chiuso i battenti nel 2019. All’epoca, la Disney ha dato il pieno controllo del MCU a Kevin Feige, portando i Marvel Studios a sviluppare una serie di progetti per Disney+.

Sebbene la Marvel Television abbia commesso molti errori, i Marvel Studios hanno imparato rapidamente che lo sviluppo di serie televisive non era così facile come avrebbero potuto credere.

L’approccio come ai film, con “Head Writers” al posto degli showrunner (e costosi reshoots che hanno risolto problemi evidenti in post-produzione) li ha costretti a tornare al tavolo da disegno. Dopo la revisione creativa di Daredevil: Born Again, i futuri progetti per il piccolo schermo saranno realizzati come le serie televisive tradizionali.

Inoltre, saranno realizzati sotto la nuova bandiera “Marvel Television“, una mossa che ha scioccato i fan all’inizio di questa settimana. Parlando con ComicBook.com, il responsabile di TV, Streaming e Animazione dei Marvel Studios Brad Winderbaum ha spiegato la decisione di resuscitare l’etichetta.

Vogliamo assicurarci che la Marvel rimanga una porta aperta per le persone che vogliono entrare ed esplorare“, ha spiegato. “Sulla scia di Endgame, penso che ci fosse, forse, un po’ di obbligo a guardare assolutamente tutto per poter guardare qualsiasi cosa”.

Come sapete, in quanto fan dei fumetti, sono progettati per fare un salto, trovare qualcosa che vi piace e usarlo per entrare nell’universo, e poi potete esplorarlo e intrecciarlo in base alle vostre preferenze. Quindi, parte del rebranding dei Marvel Studios, della Marvel Television, della Marvel Animation e persino di Marvel Spotlight è, credo, cercare di dire al pubblico: ‘Puoi entrare ovunque’“.

Cosa ha detto Winderbaum sulla interconnessione dei prodotti Marvel Television?

Sono interconnessi ma non lo sono“, ha continuato Winderbaum. “Non devi guardare A per goderti B. Puoi seguire la tua felicità. Puoi seguire le tue preferenze e trovare quello che vuoi all’interno dell’arazzo della Marvel.

Questo ha senso, dato che i Marvel Studios hanno probabilmente iniziato a chiedere troppo al loro pubblico casuale aspettandosi che guardassero WandaVision per capire il sequel di Doctor Strange o rendendo Loki una visione essenziale per capire, beh, l’intera Saga del Multiverso.

Tuttavia, ci saranno persone deluse per la potenziale mancanza di connettività nel MCU in futuro.

Stiamo lentamente diminuendo il volume e passando probabilmente a circa due serie televisive all’anno invece di quelle che erano diventate quattro e riducendo la nostra produzione cinematografica da forse quattro all’anno a due, o al massimo tre”, ha dichiarato la scorsa settimana Bob Iger, CEO della Disney. “E stiamo lavorando sodo su questo percorso“.

E ha aggiunto: “Nel complesso, mi sento bene per quanto riguarda lo slate. È qualcosa a cui mi sono impegnato a dedicare sempre più tempo. La squadra è di grande fiducia e la proprietà intellettuale che stiamo estraendo, compresi tutti i sequel che stiamo realizzando, non è seconda a nessuno”.

Sony, il Capo annuncia piani “enormi” e “significativi” per “l’ultimo” Venom: The Last Dance e Spider-Man 4

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Spider-Man: No Way Home è stato il più grande film di sempre della Sony Pictures, con un incasso di poco inferiore ai 2 miliardi di dollari al box office mondiale. Da allora, però, lo studio ha realizzato due flop commerciali e di critica con Morbius e Madame Web.

Parlando con Deadline dei prossimi progetti della Sony, il presidente del Sony Motion Pictures Group Tom Rothman ha parlato di Spider-Man 4, Venom: The Last Dance e Spider-Man: Across the Spider-Verse, non ancora uscito, come tre delle uscite più imperdibili.

“Penso che una programmazione sana in futuro non sarà da una parte o dall’altra“, ha esordito. “Avrà un equilibrio di grandi IP e solidi sequel. Lasciatemi dire che quando arriverà l’ultimo film dello Spider-Verse con Phil Lord e Chris Miller, sarà un evento significativo, così come il prossimo film di Tom Holland Spider-Man“.

E quando tutte le storyline di Karate Kid si riuniranno con Ralph Macchio e Jackie Chan e un nuovo giovane karateka. Per quei fan, quello sarà un momento significativo. Abbiamo questi momenti. Il terzo e ultimo Venom sarà enorme“.

Sì, questa sembra essere la conferma che Venom: The Last Dance sarà l’ultimo film dedicato al personaggio.

È interessante notare che Rothman non ha menzionato Kraven – il cacciatore. Si tratta dell’ennesimo film Marvel della Sony che si preannuncia terribile (il primo trailer, caratterizzato da una violenza eccessiva e da uno strano Rinoceronte in computer grafica, ha ricevuto una risposta ampiamente negativa da parte dei fan).

Cosa ha detto il boss di Sony su Spider-Man 4 ?

Ho un consiglio molto pratico su Spider-Man, e penso che ogni regista di Spider-Man ci passi“, ha recentemente condiviso il regista della trilogia di Spider-Man, Jon Watts, per chi sarà al timone di Spider-Man 4. “Non è bello quando qualcuno si dondola su una corda. Pensi che andrai lì e penserai: ‘Faremo tutto in modo pratico. Prenderemo uno stuntman. Ci dondoleremo in giro‘”.

È noioso. Sembra stupido. Sembra una scimmia che si dondola su una liana quando si mette qualcuno solo su una corda. Non sprecate il vostro tempo. Questo è il mio consiglio al prossimo regista di Spider-Man“.

Oltre a Tom Holland, Zendaya dovrebbe riprendere il suo ruolo di MJ. Si vocifera che Sydney Sweeney possa interpretare Black Cat, mentre Scorpion e persino gli Spider-Slayer sono stati presi in considerazione come cattivi di Spider-Man 4. Al momento, sembra che The Kingpin sia il più indicato. Al momento, il ruolo di The Kingpin sembra essere certo, se si crede agli scoop dei social media.

Il film non ha ancora una data di uscita, anche se ci aspettiamo che arrivi nelle sale il prossimo anno. Tuttavia, con il passare delle settimane, questo sembra sempre più improbabile, dal momento che non si sa ancora nulla su un regista o una data di inizio della produzione.

Star Wars: anticipazioni sul film di James Mangold e i suoi legami con le trilogie passate

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Durante la Star Wars Celebration dello scorso aprile a Londra, il regista di Indiana Jones e il Quadrante del Destino James Mangold ha confermato l’intenzione di andare in una Galassia molto, molto lontana per raccontare la storia del Primo Jedi.

Sebbene sia stato rivelato che questo film di Star Wars sarà ambientato circa 25.000 anni prima degli eventi de La minaccia fantasma, da allora sono stati condivisi pochi aggiornamenti. Probabilmente perché il regista di Logan è attualmente impegnato nelle riprese del suo biopic su Bob Dylan.

Parlando con SFX, il produttore di Rogue One: A Star Wars Story e The Acolyte, Simon Emanuel, ha potenzialmente rivelato un nuovo titolo per un film a cui ci siamo riferiti come Dawn of the Jedi.

Jedi Prime di James Mangold è ambientato migliaia e migliaia di anni prima [della trilogia originale]“, ha detto, “e sono davvero entusiasta di vedere cosa succede lì“.

Jedi Prime? Non solo è un nome molto bello, ma potrebbe avere importanti implicazioni per il film stesso. Lo Jedi Prime è apparso per la prima volta sotto forma di mosaico in Star Wars: Gli ultimi Jedi del 2017. L’immagine è stata creata dal concept artist Seth Engstrom e ispirata all’iconografia taoista dello yin e dello yang, l’equilibrio tra le dualità.

Tutto ciò che sappiamo è che il Primo Jedi è stato il primo Jedi a usare la Forza e ha fondato l’Ordine Jedi su Ahch-To. Questo è il personaggio su cui Mangold si concentrerà ed è qualcuno di cui Lucasfilm sembra voler rivelare di più da un po’ di tempo (originariamente, David Benioff e D.B. Weiss erano impegnati in una trilogia sul Primo Jedi della Galassia).

Perché James Mangold ha accettato di raccontare una storia di Star Wars?

L’anno scorso, Mangold ha spiegato cosa lo ha spinto a raccontare una storia ambientata migliaia di anni prima di qualsiasi altro film o serie televisiva di Star Wars.

Quando ho parlato con alcuni dei chierici di Star Wars che tengono traccia di tutte queste linee temporali, mi sono chiesto ‘Allora, quando sarebbe successo questo’. E loro mi hanno risposto ‘25.000 anni prima di Episodio I’, e io ho pensato ‘Oh, stavo cercando una certa distanza, ma questa è la distanza’. Lo farò, potrei trovare Charlton Heston in una stazione della metropolitana abbandonata, ma lo farò“.

La realtà per me è che quella sensazione di spazio, non è un gioco di parole, era qualcosa che sentivo davvero importante non per allontanarmi dal fan service o dalle complessità di ciò che George aveva impostato e sognato”, ha proseguito, “ma per avere semplicemente lo spazio per raccontare una storia e non essere immediatamente ingombrato dalle basi che devi colpire“.

“Che, onestamente, non c’è modo di spiegare alla gente se non dicendo che è come quel gioco che facevamo da bambini, ‘Twister’. A un certo punto ci si trova in un groviglio, perché si cerca di trovare il modo di raccontare una storia con tutti i vincoli possibili“.

Star Wars: L’alba dello Jedi non ha ancora una data di uscita confermata, anche se non ci aspettiamo di vederlo nelle sale prima del 2027 o del 2028.

Jonathan Millet racconta Ghost Trail, spy thriller sui fantasmi di un uomo

In occasione della presentazione del suo primo lungometraggio di finzione alla Settimana della critica di Cannes 77, Ghost Trail, il regista Jonathan Millet ci ha raccontato la genesi di questo progetto, uno spy thriller che trasuma umanità rielaborando alcuni codici del genere spy thriller. Protagonista della pellicola è Hamid, membro di un’organizzazione segreta che dà la caccia ai criminali di guerra, vaga da solo per la Francia e la Germania alla ricerca del suo persecutore. Con l’intensa e spettrale interpretazione di Adam Bess, Ghost Trail è un film di spionaggio intimo, avvincente e sensoriale, la cui potenza ricorda i classici film di cospirazione americani degli anni ’70.

Ho fatto molte ricerche, parlato con tantissimi rifugiati siriani, che mi hanno parlato della loro vita, della prigione, di tutto ciò che succedeva dentro e poi mi sono imbattuto nella storia dei prigionieri di Saydanaya. Ero certo che questo era il film che volevo fare, prendendo tutto quello che avevo messo da parte per il documentario. Ho ricevuto delle testimonianze talmente profonde che sapevo che avrei usato i mezzi della finzione per portare queste storie al pubblico”, ha raccontato Millet sulla nascita del progetto.

Una scena di Ghost Trail (Credits: Semaine de la Critique)
Una scena di Ghost Trail (Credits: Semaine de la Critique – Festival de Cannes)

Ho passato molto tempo in Siria, prima della guerra, quindi mi ha dato un personal link. Ho molti amici lì che mi hanno mandato foto e video della guerra. Passare tanto tempo all’estero è stata la mia scuola di cinema. Mi ha insegnato come filmare le persone, come sfruttare la realtà per esprimere una verità. Per Ghost Trail abbiamo girato molto in vere location, qualcosa che la crew mi aveva detto essere impossibile ma, dopo tanti tè e tante chiacchiere, sono riuscito a convincere di lasciarmi girare lì e con tutte le vere persone“.

Per quanto riguarda il giocare con i codici dello spy movie e del documentario: “Mi sono approcciato allo spy movie nel momento in cui gli esiliati mi hanno detto che non potevano dire il loro nome perchè avevano raccontato una storia diversa per ottenere la visa, che avevano paura. Volevo raffigurare l’intensità e il rischio e sapevo di voler fare un film di genere. Adoro i film di spionaggio ma non si può dire che siano stati una vera ispirazione nel processo, perchè volevo fare il mio film, centrandolo su un punto di vista umano. Viviamo tutto attraverso gli occhi di Hamid, non c’è un punto di vista spettacolare, solo alcune scene che rimandano effettivamente al genere. Ad esempio, il grande scontro finale tra i due eroi, in questo caso, il climax del mio film sono due uomini seduti su una sedia che parlano della vita e, a un certo punto, uno dice che se ne deve andare. Ho voluto lavorare soprattutto col montaggio e il sonoro per far pensare allo spettatore: “wow, questa è la battaglia più grande che abbia mai visto“.

Il processo di casting è stato molto lungo, Millet ha dichiarato di essere stato alla ricerca di un attore con specifiche caratteristiche, e così ha trovato Adam Bess: “Ha l’intensità e l’interiorità che stava cercando, volevo qualcuno che semplicemente stando seduto riuscisse a trasmettere un ampio spettro di emozioni, che si sentissime il suo corpo tremare. Doveva essere credibile il fatto che ha vissuto la cosa peggiore del mondo ma non è in grado di dirlo: ci doveva essere una connessione immediata. Abbiamo lavorato molto sui dettagli e sulla gestualità, come un uomo che è stato in prigione tiene in mano un bicchiere, come si siede, il pubblico doveva capire che c’era qualcosa di rotto in lui ma senza dirlo mai“.

Volevo trasformare i miei personaggi in eroi del cinema per rendere omaggio a queste storie di esilio di cui avevo sentito parlare e che avrebbero fatto impallidire qualsiasi sceneggiatore di film d’avventura. La prima cosa che mi ha colpito della storia di questi esuli è l’urgenza e la modernità“, ha svelato Millet.

Il Signore degli Anelli, il produttore dei film rivela quali diritti dispone dopo la serie tv Gli Anelli del Potere

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Ci sono state molte speculazioni su chi detiene i diritti del franchise de Il Signore degli Anelli. L’anno scorso, la New Line Cinema ha rinnovato la licenza di 25 anni con la Middle-earth Enterprises, una società ora di proprietà dell’Embracer Group.

La società ha immediatamente pianificato lo sviluppo di una nuova serie di film, il cui primo film è stato recentemente confermato essere Il Signore degli Anelli: The Hunt for Gollum di Andy Serkis.

Amazon, invece, ha negoziato direttamente con la Tolkien Estate per i diritti che la famiglia ancora deteneva al di fuori di New Line, MEE o Embracer, spiegando perché Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere è un “prequel” dei film che vengono distribuiti in streaming e non nelle sale.

È interessante notare che sia New Line che Amazon possono ora utilizzare gli stessi personaggi… solo in momenti diversi della loro vita. Parlando con Deadline, la produttrice e scrittrice dei film Philippa Boyens ha affrontato il tema dei potenziali contrasti con la serie Prime Video.

C’è abbastanza spazio per molte persone che possono esistere all’interno di questo spazio“, ha detto. “Non abbiamo mai voluto essere i guardiani della Terra di Mezzo. A volte gli altri ti mettono in quella posizione, ma noi non ci sentiamo così. Onestamente, non ho visto nulla di tutto ciò. Non ho voluto guardare troppo, perché non volevo essere influenzato“.

Ma penso che sia un’epoca fantastica, come scelta. La realizzazione degli anelli del potere è un pezzo brillante di narrazione. È un’epoca fantastica, piena di personaggi affascinanti“.

“Abbiamo il diritto al Signore degli Anelli e alle appendici, e basta”, ha chiarito Boyens. “Mi piacerebbe che si ampliasse se ci fosse l’opportunità di farlo, ma c’è così tanto in quei tre libri… guardate la Guerra dei Rohirrim. È una pagina e mezza a prima vista nei libri. Ma ci sono molti fili conduttori in tutto il libro”.

Quali altre storie potremo vedere al cinema de Il Signore degli Anelli?

Avendo a disposizione solo i libri principali, i film de Il Signore degli Anelli si limiteranno a espandere piccoli momenti come questo in storie per il grande schermo, il che significa che molto di ciò che vedremo in futuro dovrà essere in gran parte materiale originale.

Questo non significa che racconti come La guerra dei Rohirrim non valgano la pena di essere esplorati, secondo Boyens.

La Guerra dei Rohirrim si colloca 200 anni prima degli eventi dell’Anello, ed è davvero una storia a sé stante“, dice. “È stata una delle ragioni per cui sono arrivato a quella storia quando stavamo cercando di fare qualcosa che si adattasse all’anime. Volevamo fare qualcosa che non avesse nulla a che fare con gli anelli del potere, Sauron, la Torre Oscura o i maghi“.

È la storia di un popolo che si sta distruggendo. Quindi mi è sembrato davvero adatto, non solo per l’anime, ma anche per una nuova forma d’arte quale è l’anime, e per cercare di raccontare una storia basata sulla Terra di Mezzo senza toccare i film live action, se questo ha senso”.

Il Signore degli Anelli: The War of the Rohirrim arriverà nelle sale il 13 dicembre, mentre The Hunt for Gollum seguirà nel 2026.

Ghost Trail: recensione del film di Jonathan Millet – Cannes 77

Ghost Trail: recensione del film di Jonathan Millet – Cannes 77

La Settimana della Critica a Cannes 77 si apre con un thriller di spionaggio di cui sentiremo parlare parecchio nel corso dell’anno. Ghost Trail (Les fantômes), coproduzione franco-belga-tedesca, diretto da Jonathan Millet, è un teso racconto di spionaggio ambientato sullo sfondo della crisi dei rifugiati della guerra siriana, con una coinvolgente interpretazione del protagonista Adam Bessa, nei panni di un professore che, durante la guerra civile siriana, è stato detenuto nella terribile prigione-mattatoio di Saydnaya, dopo il suo rilascio è fuggito in Europa e, qualche anno dopo, è in cerca di un connazionale a Strasburgo.

Con Ghost Trail, il regista francese Jonathan Millet, che ha lavorato a film e brevi documentari sulla frontiera di Ceuta, sull’Antartide o sulla scomparsa della lingua Taushiro nell’Amazzonia peruviana, dà una lezione di rigore formale e drammatico nel raccontare quello che è essenzialmente un thriller di spionaggio senza alcun tipo di sensazionalismo. Millet presenta una brillante opera prima che, sotto la copertura della storia di un’organizzazione segreta alla ricerca di un ex criminale di guerra siriano, affronta in modo appropriato il sentimento dell’esilio.

Ghost Trial, alla ricerca di un uomo-fantasma

Hamid (Adam Bessa) ha perso la sua famiglia durante la guerra in Siria. Dopo aver lasciato Saydnaya, è fuggito in Europa, ma sua madre vive in un campo profughi in Libano. Conduce un’esistenza anonima e dignitosa a Strasburgo mentre cerca criminali di guerra in fuga, collaborando con un gruppo di vigilantes con cui si organizza durante partite di un videogioco di guerra. Con una fotografia in mano, Hamid gira per i cantieri e i centri di accoglienza di Strasburgo alla ricerca della sagoma sfocata di un uomo. Non si tratta di un parente, come la sceneggiatura rivela gradualmente con grande sottigliezza, ma di Harfaz, un ex torturatore siriano che, senza mai mostrarsi, ha torturato decine di oppositori del regime. Hamid, ex vittima di Harfaz e membro di un’organizzazione segreta di cittadini siriani che perseguono i criminali di guerra, fa ricadere i suoi sospetti su uno studente dell’Università di Chimica.

Perseguitato dal suo aguzzino, Hamid diventa a sua volta uno spettro e, in un gioco di doppi dalla scrittura elegante, segue il sospettato passo dopo passo nella sua vita quotidiana. Come un morto tra i vivi, Hamid osserva il riflesso antitetico di una vita opposta alla sua, perché a differenza sua, il potenziale Harfaz, interpretato da un notevole Tawfeek Barhom, si è integrato perfettamente in questa nuova vita a Strasburgo.

Dialogare in silenzio, scovando il colpevole

Vediamo Hamid per la prima volta spalare macerie a Strasburgo ma, nel corso di Ghost Trail, verrà chiesto al personaggio scavare nel fango in un modo completamente diverso, quando viene reclutato da un gruppo di siriani esiliati come lui, che cercano di portare giustizia a coloro che hanno perpetrato crimini di guerra dispersi all’estero. Hamid viene incaricato di trovare Sami Hamma, un noto torturatore che si pensa si sia trasferito in Europa, e piuttosto che farlo sentire in pericolo, almeno fisicamente, inseguendo il bruto, Millet lascia che la ricerca di Hamid riveli la paura pervasiva che esiste tra la diaspora, dato che pochi sono disposti a rispondere alle sue domande mentre visita i centri di accoglienza, non volendo fidarsi di nessuno dopo quello che hanno vissuto. Anche tra il gruppo per cui lavora, Hamid avverte una certa reticenza mentre si reca in un internet café e fa rapporto con la scusa di un gioco online multigiocatore di massa in cui tutti possono mantenere le distanze mentre conversano senza essere visti.

Una scena di Ghost Trail

Hamid esiste nel passato

Bessa interpreta in modo accattivante ed enigmatico un personaggio che non riesce a essere pienamente se stesso con nessuno, dalla madre a cui deve assicurare che sta bene quando chiaramente non lo è, a Yara (Hala Rajab), una compagna rifugiata di cui si guadagna la fiducia quando entrambi riescono a citare la letteratura siriana presentandosi come ex professore, ma non possono rivelare cosa stia facendo ora. Sebbene Hamid sia paralizzato dal passato, Ghost Trail ha lo sguardo fisso su quanto sia complicato il suo futuro, facendo impallidire il teso inseguimento di un fuggitivo rispetto alla ricerca di chi sia dopo lo sfollamento.

Ghost Trail tratta anche con grande empatia il tema dell’esilio e tutte le difficoltà che comporta l’adattamento a un altro paese dopo un tale trauma. In diverse occasioni, ad esempio, crediamo che stia nascendo una potenziale storia d’amore tra il protagonista e una ex studentessa di medicina, anch’essa rifugiata, ma Jonathan Millet smentisce le nostre aspettative mostrando i limiti sociali e relazionali posti da tali traumi. C’è qualcosa di fondamentalmente rotto dentro Hamid, che cerca di tenere tutto insieme dopo l’esplosione di una bomba che ha tolto la vita a sua moglie e a sua figlia, e nel riflettere un’esperienza frammentata in cui i pezzi saranno sempre mancanti, il regista costruisce in modo inventivo un insieme potente.

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