Il network americano
ABC dopo
le anticipazioni ha diffuso promo e trama di
Big Sky 1×03, il terzo episodio dell’annunciata
nuova serie tv Big
Sky in arrivo questo autunno.
In Big Sky 1×03
che si intitolerà “The Big Rick” sempre alla ricerca delle ragazze
scomparse, Cassie si insospettisce maggiormente nei confronti di
Legarski dopo una minacciosa conversazione tra i due. Nel
frattempo, Grace riesce a fare progressi nella ricerca della
libertà delle ragazze. Merilee supplica Legarski di aprirsi
emotivamente prima che sia troppo tardi, e Helen finalmente
affronta Ronald sul suo comportamento sempre più strano in un
nuovissimo episodio di “Big Sky” che debutterà il 1 dicembre su
ABC
In Big Sky 1×03
protagonisti sono Katheryn Winnick nei panni di Jenny Hoyt,
Kylie Bunbury nei panni di Cassie Dewell, Brian Geraghty nei panni
di Ronald Pergman, Dedee Pfeiffer nei panni di Denise Brisbane,
Natalie Alyn Lind nei panni di Danielle Sullivan, Jade Pettyjohn
nei panni di Grace Sullivan, Jesse James Keitel nei panni di Jerrie
Kennedy, con John Carroll Lynch è Rick Legarski e Ryan Phillippe è
Cody Hoyt.
Le guest star sono Brooke Smith nei
panni di Merilee Legarski, Gage Marsh nei panni di Justin Hoyt,
Jeffrey Joseph nei panni di Joseph Dewell e Gabriel Jacob-Cross nei
panni di Kai Dewell.
Big Sky 1×03
Big
Sky è la nuova serie tv creata da David E.
Kelley per il network americano ABC. David E. Kelley sarà
lo showrunner della prima stagione. Basato sulla serie di libri di
CJ Box, “Big Sky” è prodotto da David E. Kelley, Ross
Fineman, Matthew Gross, Paul McGuigan, CJ Box e
Gwyneth Horder-Payton, ed è prodotto da 20th
Television. 20th Television fa parte dei Disney Television
Studios, insieme a ABC Signature e Touchstone Television.
La serie racconta degli
investigatori privati Cassie Dewell e Cody Hoyt uniscono le forze
con la sua ex moglie ed ex poliziotta, Jenny Hoyt, per cercare due
sorelle che sono state rapite da un camionista su una remota
autostrada nel Montana. Ma quando scoprono che queste non sono le
uniche ragazze scomparse nella zona, devono correre contro il tempo
per fermare l’assassino prima che un’altra donna venga rapita.
Big
Sky vede protagonisti Katheryn Winnick nei panni di Jenny Hoyt,
Kylie Bunbury nei panni di Cassie Dewell,
Brian Geraghty nei panni di Ronald Pergman,
Dedee Pfeiffer nei panni di Denise Brisbane,
Natalie Alyn Lind nei panni di Danielle Sullivan,
Jade Pettyjohn nei panni di Grace Sullivan,
Jesse James Keitel nei panni di Jerrie Kennedy,
Valerie Mahaffey come Helen Pergman con
John Carroll Lynch come Rick Legarski e
Ryan Phillippe come Cody Hoyt.
Con l’uscita in home video di
The
New Mutants, è stato finalmente corretto un errore nei
titoli di coda del film in riferimento ad uno dei creatori del team
di supereroi, ossia Bob McLeod. Diretto da Josh
Boone, The New
Mutants segue un gruppo di adolescenti mutanti i cui
poteri in fase di sviluppo sono più una maledizione che una
benedizione. Originariamente previsto per aprile del 2018, The New
Mutants ha subito più di due anni di ritardi, prima di
arrivare finalmente nelle sale lo scorso agosto, nel bel mezzo di
una pandemia globale.
The
New Mutants è stato un flop al botteghino, con un
incasso mondiale di soli 45,8 milioni di dollari, anche se non
sorprende date le circostanze in cui è stato distribuito. Ora,
grazie all’uscita in home video, coloro che non sono stati in grado
di vedere il cinecomic di Boone nei cinema (soprattutto a causa
dell’emergenza sanitaria), avranno finalmente la possibilità di
vedere l’ultimo film dell’era degli X-Men sotto l’egida della 20th
Century Fox.
Una persona che di sicuro non è
rimasta indifferente a The
New Mutants è l’artista Bob McLeod, che ha co-creato
il team di supereroi insieme a Chris Claremont nel 1982. Quando
The New Mutants è uscito nelle sale, McLeod ha criticato
una serie di modifiche apportate ai personaggi, incluso il
controverso casting del supereroe afro-brasiliano Sunspot (che nei
fumetti ha la pelle scura, ma nel film è stato interpretato
dall’attore brasiliano dalla pelle chiara Henry
Zaga). Inoltre, nel mirino delle lamentele di McLeod, sono
finiti anche i titoli di coda del film, in cui il suo nome è stato
scritto male, ossia “Bob Macleod”. In merito alla questione, McLeod
aveva dichiarato sui social: “Negli ultimi tre anni non si sono
neanche disturbati a controllare l’esatta ortografia del mio nome.
Si tratta di una cosa non potrà essere risolta. Resterà nel film
per sempre.”
Anche se adesso è troppo tardi per
un cambio di casting o di design in merito ai personaggi di
The New Mutants, lo stesso non si può dire per il
cambio del cognome di McLeod, dal momento che la Disney, attraverso
una soluzione abbastanza economica, è riuscita a sistemare il
problema del “nome sbagliato”. Come riportato da
Bleeding Cool, infatti, nell’edizione home video di The New
Mutants, il nome di McLeod è ora scritto in maniera corretta nei
titoli di coda, dove è stato ringraziato insieme a Chris Claremont
e a Bill Sienkiewicz.
L’omaggio di The New Mutants a Bill Sienkiewicz
Sebbene non fosse uno dei creatori
originali dei Nuovi Mutanti (ha co-creato il personaggio di Illyana
Rasputin, ossia Magik), l’arte di Sienkiewicz ha avuto un’influenza
importnate sul film. Sienkiewicz è noto per essere l’artista dietro
l’arco narrativo di Demon Bear da cui The
New Mutants ha tratto ispirazione, oltre ad aver
creato ad hoc un poster promozionale del film. Parlando con
Screen Rant, Boone ha spiegato: “Sapevo solo che l’arte di
Bill Sienkiewicz era incredibile. Sembrava diversa da qualsiasi
cosa avessi mai visto in un fumetto quando ero bambino negli anni
’80. Molto più vicina all’arte di Vertigo, molto più vicina
all’arte oscura della DC che stava uscendo in quel momento.
Volevamo solo dare vita alla sua opera d’arte. Ecco da dove è nata
l’idea.”
The
New Mutants è un thriller con sfumature horror,
originale e ambientato in un ospedale isolato dove un gruppo di
giovani mutanti è rinchiuso per cure psichiatriche. Quando iniziano
ad avere luogo degli strani episodi, le loro nuove abilità mutanti
e la loro amicizia saranno messe alla prova, mentre cercano di
fuggire. Diretto da Josh Boone e scritto
da Boone e Knate Lee, il film vede nel
cast la presenza di Maisie
Williams, Anya
Taylor-Joy, Charlie Heaton, Alice Braga, Blu
Hunt e Henry Zaga.
Il film non raggiunse il medesimo
successo de Il sesto senso; tuttavia, nel corso degli anni è stato
ampiamente rivalutato e da molti considerato una sorta di
precursore del genere supereroistico che sarebbe poi esploso circa
10 anni più tardi. Nel 2019, con l’uscita del sequel/crossover
Glass,
Shyamalan ha portato a compimento una vera e propria trilogia che
include, oltre ad
Unbreakable, anche Split
del 2016: nella scena post-credits di quest’ultimo, infatti,
abbiamo ritrovato il David Dunn di Willis, che in Glass si sarebbe
poi riunito con il Kevin Wendell Crumb di James McAvoy protagonsita di Split e con
l’Elijah Price di Samuel L. Jackson, partner di David in
Unbreakable.
Ora, M. Night Shyamalan ha voluto celebrare il 20 °
anniversario dell’uscita di Unbreakable – Il predestinato (22 novembre
2000) con una foto condivisa attraverso il suo account
Twitter ufficiale. L’immagine mostra un giovane Shyamalan sul
set del film con le sue due figlie. La didascalia rivela che la
figlia maggiore è ora una musicista, mentre la figlia minore ha
appena finito di dirigere due episodi della seconda stagione della
serie Apple
TV+Servant, prodotta e diretta proprio da
Shyamalan.
Old, il prossimo film di M. Night
Shyamalan
Il post non serve solo come
promemoria della lunga carriera di M. Night Shyamalan, ma è anche una sorta di
annuncio del debutto di sua figlia, Ishana Night Shyamalan, come
regista di serie tv. Ishana è stata anche regista di seconda unità
nel film di prossima uscita di Shyamalan, l’attesissimo Old, adattamento della graphic novel francese
“Sandcastle” di Pierre Oscar Levy e Frederik Peeters.
Il cast del film annovera
Gael Garcia Bernal, Eliza Scanlen, Thomasin McKenzie, Aaron
Pierre, Alex Wolff, Vicky Krieps, Abbey Lee, Nikki
Amuka-Bird,Ken Leung, Rufus Sewell, Embeth
Davidtz e Emun Elliott. Shyamalan
sarà ancora una volta produttore, sceneggiatore e regista del film.
I dettagli della trama sono segreti, ma sembra che possiamo
aspettarci una storia interconnessa con i suoi film precedenti.
L’uscita è al momento fissata per il 23 giugno 2021.
Il network americano The CW ha diffuso i primi
poster ufficiali di Riverdale
5, l’attesissima quinta stagione della serie
Riverdale
creata da Roberto Aguirre-Sacasa
Riverdale 5
Riverdale
5 è la quinta
stagione della serie tv Riverdale
sviluppata dal direttore creativo di Archie Comics, Roberto
Aguirre-Sacasa per il network americana The CW.
In Riverdale
5 protagonisti sono i personaggi Archibald
“Archie” Andrews (stagione 1-in corso), interpretato da K. J. Apa. Giovane studente di Riverdale che
cerca di seguire la sua passione musicale senza deludere il padre
allo stesso tempo. Elizabeth “Betty” Cooper (stagione 1-in corso),
interpretata da Lili Reinhart. Veronica Lodge (stagione
1-in corso), interpretata da Camila Mendes. Sofisticata e audace ragazza
appena trasferitasi da New York con la madre dopo che uno scandalo
finanziario ha travolto la sua famiglia. Jughead Jones (stagione
1-in corso), interpretato da Cole Sprouse. Migliore amico di Archie,
intelligente e che indossa sempre un cappello grigio. Hermione
Lodge (stagione 1-in corso), interpretata da Marisol
Nichols. Madre di Veronica, con la quale si è appena
trasferita in città dopo l’arresto del marito Hiram Lodge, al
centro di uno scandalo finanziario. Cheryl Blossom (stagione 1-in
corso), interpretata da Madelaine Petsch. Sorella
gemella di Jason, è una ragazza ricca e manipolatrice, tra le più
popolari della città. Josie McCoy (stagione 1-in corso),
interpretata da Ashleigh Murray. Una delle
studenti della città, nonché cantante del gruppo Josie and the
Pussycats. Figlia del sindaco. Alice Cooper (stagione 1-in corso),
interpretata da Mädchen Amick. Madre di Betty ed
editrice del giornale locale della città. Hiram Lodge (stagione
2-in corso), interpretato da Mark Consuelos.
Il canone di Star Wars ha finalmente rivelato ciò che rende
un Maestro Jedi tale e, sorprendentemente, né Anakin né Luke
Skywalker sembrerebbero avere le qualità necessarie. Nella
tradizione, l’Ordine Jedi è governato dal Codice Jedi e, sebbene i
suoi precetti siano famosi, la verità è che il Codice è un
documento molto più ampio che disciplina ogni aspetto della
condotta Jedi, fornendo una struttura all’Ordine nel suo
insieme.
Il Codice Jedi è una specie di
“documento vivente”, su cui ogni generazione di Jedi lascia il
segno. Senza dubbio il Maestro Yoda, l’anziano e venerato Gran
Maestro Jedi, ha avuto un enorme impatto nel plasmarlo nel corso
dei suoi 900 anni. All’epoca della trilogia prequel, il Codice Jedi
aveva stabilito sei ranghi di Jedi, che andavano dall’Iniziato al
Gran Maestro. Tutti questi ranghi sono esposti in “The Star
Wars Book” della Lucasfilm, di recente pubblicazione, con
contributi di Pablo Hidalgo, Dan Zehr e Cole Horton:
sorprendentemente, sembra che né Anakin Skywalker né suo figlio
Luke si siano mai qualificati per il grado di Maestro Jedi.
Secondo “The Star Wars Book”, un
Maestro Jedi è un Cavaliere che ha preso e addestrato un Padawan al
Cavalierato. È ragionevole presumere che i Padawan chiamino il loro
mentore “Maestro” in parte come segno di rispetto, in parte come
espressione di fiducia per il fatto che saranno guidati fino al
punto in cui avranno completato le Prove Jedi. Questa rivelazione
ha implicazioni significative per la tradizione di Star Wars,
perché significa che né Anakin né Luke dovrebbero essere
giustamente considerati Maestri, dal momento che i loro Padawan non
sono mai diventati Cavalieri.
Anakin e il passaggio al lato
oscuro in Star Wars
In effetti, questo aggiunge un
ulteriore tassello alla storia di Anakin Skywalker e al suo
passaggio al lato oscuro, raccontato in Star Wars: Episodio III – La vendetta dei
Sith. Una delle cause del conflitto tra Anakin e il
Consiglio Jedi era se Anakin fosse qualificato o meno per essere
considerato un Maestro: il Consiglio, infatti, credeva di non avere
il controllo delle sue emozioni ed era vulnerabile all’influenza di
Palpatine. Per Anakin, tuttavia, la riluttanza del Consiglio gli
avrebbe ricordato il fatto che il suo Padawan, Ahsoka, lasciò
l’Ordine Jedi, essendo stato deluso dal Consiglio. Queste vecchie
ferite sarebbero state riaperte dalla sua breve riconciliazione con
Ahsoka appena prima dell’Assedio di Mandalore, come raccontato
nella settima stagione di Star Wars: The Clone Wars. I
membri del Consiglio Jedi avevano ragione, ma hanno sottovalutato
l’esplosione di emozione che covava nell’animo di Anakin.
Nel frattempo, non è
noto se Luke Skywalker si sia mai considerato un Maestro Jedi, ma
certamente ha permesso ad altri di chiamarlo così. Secondo il libro
“The Rise of Kylo Ren” di Charles Soule, Ben Solo era il primo
apprendista di Luke e nessuno dei suoi successivi studenti era
diventato un cavaliere prima che Palpatine distruggesse il tempio
Jedi di Luke. Quindi, secondo il Codice Jedi, anche Luke Skywalker
non può essere considerato un Maestro. Stranamente, sua sorella
Leia ha più pretese di essere un Maestro Jedi di Luke o Anakin,
perché ha addestrato Rey per un anno prima degli eventi di Star Wars: L’Ascesa di Skywalker, con Rey che
è diventato davvero un cavaliere Jedi.
dal film The Ramen Girl -
Brittany Murphy - [fonte: IMDB]
La storia di Hollywood è piena di
star del cinema e della televisione che hanno lasciato questo mondo
troppo presto. Entrare a far parte del mondo dello spettacolo non è
sempre facile e a volte, fama e ricchezza, posso arrivare a
distruggerti. Tra disordini alimentari,
depressione e dipendenza da
alcol, droghe e farmaci
vari, troppe star nel corso degli anni sono cadute in una spirale
senza risalita. Oggi vi parliamo di una delle attrici più
promettenti che Hollywood abbia mai ospitato, Brittany
Murphy, strappata alla vita a soli trentadue anni.
Scopriamo insieme tutto
quello che c’è da sapere su Brittany Murphy, ripercorrendo
la sua purtroppo breve ma intensa carriera.
Brittany Murphy film e serie tv:
gli inizi della sua carriera
Nata il 10 novembre del
1977 ad Atlanta, in Georgia, Stati Uniti, Brittany
Anne Bertolotti è figlia dell’irlandese Sharon Murphy e
dell’italo-americano Angelo Bertolotti. I coniugi divorziano quando
Brittany ha solo due anni e la piccola viene affidata alle cure
della madre. Solo successivamente, la ragazza decide di cambiare il
suo nome da Brittany Anne Bertolotti a Brittany Anne Murphy.
Dopo aver cambiato città diverse
volte, Brittany e la madre si stabiliscono a Burbank, in
California, dove la ragazza può finalmente dedicarsi alla sua
passione per la recitazione e il canto. La sua carriera nel mondo
dello spettacolo, infatti, comincia molto presto. Grazie a una sua
entusiasmante esibizione all’età di nove anni nel musical
Les Misérables, a soli tredici anni, Brittany ha
già un manager che la rappresenta e cura la sua immagine.
Il suo primo vero ingaggio nel
mondo dello spettacolo risale al 1991 quando
Brittany ottiene una parte nella serie tv per ragazzi Un
Professore Alle Elementari. Grazie a quel primo ruolo
televisivo, Brittany continua la sua scalata e, negli stessi anni
partecipa alle serie Kids Incorporated (1992),
Parker Lewis (1992), Famiglia
Cercasi (1993), Frasier (1994),
Sister Sister (1994-1995), Crescere che
Fatica! (1995), Marshal (1995),
SeaQuest (1995), Murder One
(1995) e Nash Bridges (1996).
Contemporaneamente, Brittany Murphy
comincia anche a muovere i primi passi sul grande schermo. Negli
anni novanta la vediamo in moltissimi film poi diventati cult di
genere come Ragazze a Beverly
Hills (Clueless, 1995), Falling Sky
(1998), L’angelo del Male (1998), Bella da
Morire (1999) e Ragazze Interrotte
(1999).
Brittany Murphy in Ragazze
Interrotte: un cult anni ’90
Nel 1999, l’uscita del film Ragazze
Interrotte fece un bel po’ di rumore. Adattamento del diario di
Susanna Kaysen, La Ragazza
Interrotta, il film affronta il tema dei disturbi mentali
da un inedito punto di vista.
Figlia dell’economista Carl
Kaysen, professore del MIT e primo consigliere del
presidente Kennedy, Susanna nel
1967 viene rinchiusa in un ospedale psichiatrico a
causa della sua depressione. Durante il suo
soggiorno, apprende invece di essere affetta da disturbo
borderline della personalità, una condizione medico
psichiatrica che influenza il comportamento di una persona.
Tra le caratteristiche di questa
patologia ci sono paura del rifiuto e
dell’abbandono, instabilità nelle
relazioni interpersonali e instabilità anche nella percezione di sé
e del proprio comportamento. Le persone affette da questo disturbo
presentano anche repentini cambi d’umore con
conseguenti scatti d’ira seguiti da un terribile
stato depressivo. In aggiunta, inoltre, a questi
comportamenti si possono manifestare
autolesionismo,manie suicide,
disordini sessuali e abuso di
sostanze. [fonte:
Wiki]
Segnata profondamente dalla sua
permanenza in clinica, durata diciannove mesi, Susanna decide
successivamente di mettere nero su bianco la sua esperienza
nell’autobiografia pubblicata nel 1993. Il libro ha poi ispirato il
film, diretto da James Mangold, con Winona
Ryder, Angelina Jolie, Brittany
Murphy, Elisabeth Moss, Woopi
Goldberg e Vanessa Redgrave.
Ragazze Interrotte, trama
e personaggi
E’ il 1967 quando Susanna Kaysen
(Winona
Ryder), viene ricoverata nel reparto psichiatrico del
Claymoore Hospital. Da tutti definita come una ragazza normale e
con la passione per la scrittura, Susanna nasconde invece molto
bene i suoi problemi. Molto debole e insicura, nonché costantemente
in conflitto con i suoi genitori, una sera la ragazza decide di
buttar giù un flacone intero di aspirine con della vodka. Salvata
per un pelo da suo padre e sua madre, Susanna finisce al
Claymoore.
Durante la sua permanenza scopre di
soffrire di disturbo borderline della personalità, malattia spesso
definita come ereditaria. Nonostante la ragazza continui la sua
terapia e tenga aggiornati i suoi genitori, capisce presto di dover
affrontare il suo percorso di guarigione da sola. I suoi infatti
rifiutano di essere associati ad una malattia mentale, informazione
che trascinerebbe il nome di famiglia nel fango.
In ospedale quindi, sola e
abbandonata dai genitori, Susanna non può far altro che interagire
con le sue compagne di viaggio. C’è Lisa (Angelina
Jolie), una sociopatica dal carattere dominante,
Georgina (Clea DuVall), bugiarda patologica, Daisy
(Brittany Murphy), ricca e viziata, Janet
(Angela Bettis) che soffre di anoressia e Polly
(Elisabeth
Moss) ustionatasi durante l’infanzia.
Nonostante le ragazze siano tutte
affette da disturbi differenti e abbiano personalità assai diverse
tra loro, riescono a trovare il modo per comunicare, affrontando
insieme quella difficile avventura.
Nel film Brittany Murphy interpreta
Daisy Randone, una ragazza ricca, infantile e
assai viziata, vittima purtroppo degli abusi del padre. A causa dei
traumi relativi al suo passato e presente, Daisy soffre di
autolesionismo,disturbo ossessivo
compulsivo, bulimia e relativa
dipendenza da lassativi e valium. Completamente
succube del padre e non in grado di affrontare il mondo, Daisy
finirà per togliersi la vita.
Brittany Murphy in 8 Mile: film
sulla vita di Eminem
Grazie al successo di Ragazze
Interrotte e non solo, la carriera di Brittany Murphy sembra andare
a gonfie vele. Negli anni successivi la vediamo in tantissimi film
tra i quali ricordiamo Trixie (2000),
Cherry Falls – Il Paese del Male (2000), I
Marciapiedi di New York (2001), Il Sogno di Una
Estate (2001), Don’t Say a Word (2001),
I Ragazzi della Mia Vita (2002),
Spun (2002) e infine 8
Mile (2002).
Quest’ultimo film – che i trentenni
di oggi ricorderanno con nostalgia -, diretto da Curtis
Hanson, è ispirato alla vera storia di
Eminem, famoso rapper e cantante statunitense. Con
8 Mile, Eminem racconta della sua lunga e impervia
scalata al successo, dal bassifondi di Detroit fino alla vetta
delle classifiche mondiali.
La storia inizia nel 1995 a Detroit
e più specificamente sulla 8 Mile Road, la strada più
malfamata della città e che divide in un certo senso il quartiere
bianco da quello nero. Jimmy Smith Jr. (Eminem),
detto B-Rabbit, ha una grande passione per l‘hip hop e,
nonostante sia uno dei pochi ragazzi bianchi in un quartiere nero,
cerca in tutti i modi di sfondare nel mondo della musica. Ma la
vita per Jimmy non è affatto facile.
Con una sorellina piccola, un
avviso di sfratto e una madre alcolizzata – interpretata da
Kim
Basinger – innamorata di un uomo violento, il ragazzo
cerca di restare a galla e di usare il suo talento per uscire dal
ghetto. Jimmy quindi si iscrive a una sfida di freestyle
per tentare di superare il suo imbarazzo, affrontando i suoi
sfidanti e il suo pubblico ostile.
Nel film Brittany
Murphy interpreta Alex, una ragazza che
Jimmy incontra nella fabbrica dove lavora e che diventerà
successivamente la sua fidanzata.
Brittany Murphy e Eminem:
una breve storia d’amore
Grazie ai mesi passati a lavorare
insieme al film 8
Mile, Brittany Murphy e Eminem, nel
2002, cominciano a frequentarsi e tra loro nasce una bellissima
storia breve ma intensa. Nato in maniera assai spontanea, il loro
amore è durato quanto un battito d’ali eppure per entrambi, quel
periodo passato insieme è stato indimenticabile.
Nonostante la loro storia non abbia
funzionato, i due sono rimasti comunque in buoni rapporto e il loro
affetto reciproco non è mai svanito. Anche dopo la morte improvvisa
di Brittany, Marshall (vero nome di Eminem), non sembrava darsi
pace. In un’intervista rilasciata un anno dopo la scomparsa della
Murphy, il rapper ha ricordato la sua ex con molto affetto,
puntando il dito verso quel sistema hollywoodiano malato che
finisce con lo ‘schiacciare’ i più deboli.
“E’ folle che non ci sia più
perchè, un tempo, ervamo molto vicini e lei era davvero una bella
persona. E’ folle quando vedi tutto quello che accade, non solo a
lei, ma in generale a Hollywood con le persone che lavorano in
campo musicale, con gli attori…con le persone famose. Le persone
famose che muoiono di overdose sono sempre di più […] quando sei
famoso, i dottori ti baciano il c**o perchè amano la celebrità.
[Basta una telefonata] Ci sono dottori pronti a darti qualunque
cosa solo perché sei quello che sei”. [fonte:
MTV]
Brittany Murphy in Sin City
Dopo il successo di 8 Mile, la
carriera di Brittany continua e negli anni duemila la vediamo
spesso sul grande schermo. Sono di questo periodo i film
Oggi Sposi…Niente Sesso (2003) – con Ashton
Kutcher – Le Ragazze dei Quartieri
Alti (2003), Tutte le Ex del Mio Ragazzo
(2004), Sin
City (2005), Neverwas – La Favola Che Non
C’è (2005), Fuga dal Matrimonio (2006),
Amori e Altri Disastri (2006), The Dead
Girl (2006), The Ramen Girl (2008),
Deadline (2009) e Across The Hall
(2009).
Tra tutti questi titoli, quello che
spicca per importanza è senza dubbio Sin
City, film scritto e diretto da Robert
Rodriguez, Frank
Miller e Quentin
Tarantino. Tratto dall’omonimo fumetto di Miller, il
film è diviso in tre episodi ognuno dei quali è dedicato a una
delle tre storie originali dell’opera. La trilogia è composta da
Un Duro Addio, Quel Bastardo
Giallo e Un’Abbuffata di Morte. Inoltre,
all’inizio e alla fine del film, si fa riferimento a un quarto
raconto di Miller, dal titolo Il Cliente Ha Sempre
Ragione.
Il film si svolge nell’oscura e
violenta Sin City e segue le storie di alcuni dei suoi personaggi
più corrotti e depravati. Il poliziotto John Hartigan (Bruce
Willis) da otto anni ormai insegue il terribile killer
e pedofilo Roark Junior (Nick Stahl) che continua
a mietere vittime. Una delle ultime a cadere nella sua rete è la
piccola Nancy Callahan, rapita da Roark. Nonostante le sue indagini
siano ostacolate dal collega Bob (Michael
Madsen) e dagli scagnozzi di Roark, Hartigan farà di
tutto per proteggere la ragazzina e riportarla a casa.
Durante la sua missione di
salvataggio, Hartigan si addentra sempre di più nel mondo corrotto
di Sin City, facendo la conoscenza di alcuni discutibili
personaggi, legati loro malgrado a Roark. Tra questi c’è Nancy
(Jessica
Alba), sorvegliata speciale della famiglia Roark, la
cui vita s’intreccerà con quella di Hartigan. Ancora, tra gli
abitanti di Sin City c’è Marv (Mickey
Rourke), un uomo pericoloso e sfigurato, accusato di
aver ucciso la prostituta Goldie (Jamie King),
vittima invece del killer cannibale Kevin Roarl (Elijah
Wood).
Dall’altro capo della città c’è
invece Dwight (Clive
Owen) che, per difendere l’onore della sua ragazza
Shellie (Brittany Murphy), finirà col farsi un
letale nemico. L’uomo che continua a insidiare Shellie è Jackie Boy
(Benicio del
Toro), un ex poliziotto corrotto, pericoloso e in
contatto con i peggiori criminali della città. Ad avere un ruolo
fondamentale in questa faida è Gail (Rosario
Dawson), a capo delle Girls of Old Town,
un gruppo di prostitute che si autogestiscono e hanno il controllo
sulla città.
Nel film Sin City, Brittany
Murphy interpreta Shelley, una cameriera
del bar Kadie’s, nonché fidanzata occasionale di Dwight McCarthy.
Dopo la sua burrascosa relazione con Jackie Boy, violento
e pericoloso, la ragazza cerca conforto tra le braccia di Dwight,
finendo però con lo scatenare una guerra tra i peggiori criminali
di Sin City. [fonte:
Fandom]
Brittany Murphy, una morte
inaspettata
La carriera di Brittany procede
spedita, tra film, serie tv e doppiaggio eppure qualcosa del suo
comportamento comincia a destare preoccupazioni. Nel corso degli
anni, per via soprattutto del suo lavoro, l’attrice affronta
tantissime trasformazione fisiche, cambiando il suo aspetto per
entrare nella parte. Tuttavia, i fan e i media, cominciano a notare
nella ragazza un’enorme e improvvisa perdita di
peso che alcune voci attribuiscono a disordini
alimentari e a una possibile dipendenza dalla
cocaina.
Le accuse dei media vengono però
smentite dall’attrice che nega di soffrire di dipendenza da droghe
o di disturbi alimentari. Quel periodo per lei è molto felice; la
sua carriera infatti va a gonfie vele e nella sua vita pare ci sia
un nuovo amore. Nel 2007, Brittany Murphy sorprende tutti e sposa
la sceneggiatore Simon Monjack. Ma la sua felicità
non è destinata a durare.
Il 20 dicembre del
2009, Brittany Murphy viene trovata senza vita nella vasca
da bagno della sua casa di Los Angeles. Nonostante l’intervento
tempestivo dei paramedici che provano più volte a rianimarla,
l’attrice viene portata al Cedars-Sinai Mediacl Center dove viene
dichiarata morta per arresto cardiaco. Data la
giovane età della Murphy (32 anni) e la presenza di vomito accanto
al suo corpo senza vita, la polizia di Los Angeles avvia
un’inchiesta per morte sospetta. Viene quindi eseguita pochi giorni
più tardi un’autopsia e un esame tossicologico che portano alla
luce una serie di problemi. Le cause del decesso infatti pare siano
state molteplici; Brittany era affetta da una grave
polmonite, non curata, aggravata da una forte
anemia e da un’intossicazione da
farmaci.
Il mistero però si infittisce
quando, cinque mesi dopo la morte di Brittany, anche suo marito
Simon Monjack viene ritrovato senza vita della
stessa casa. Le indagini della polizia quindi cominciano ad andare
in direzioni diverse. C’è chi prende in considerazione che i due
coniugi facessero uso di sostanze stupefacenti mentre i genitori di
Brittany spingono le indagini della polizia verso un sospetto
avvelenamento.
Su entrambi i corpi di Brittany e
Simon, sono predenti altissimi livelli di metalli
pesanti e sui capelli della ragazza vengono addirittura
ritrovate tracce di veleno. Inoltre, dalle
autopsie sono state rinvenute anche tracce di spore di una
particolare muffa tossica di cui Simon si era
lamentato con il costruttore della casa.
Ma se per i genitori di Brittany si
tratta di omicidio, queste teorie e le prove scientifiche
recuperate non portano da nessuna parte. Ancora oggi infatti la
morte di Brittany Murphy e di suo marito sono avvolte nel
mistero.
Scott Derrickson, regista di Doctor
Strange, afferma che tutti i film di Spider-Man
realizzati fino ad oggi fanno parte del MCU. L’Universo
Cinematografico Marvel è stato lanciato nel 2008 ed è diventato il
più grande franchise dell’ultimo decennio. La popolarità dei film
Marvel è legata allo sforzo dei Marvel Studios di raccontare
un’ampia storia attraverso più film. Nonostante gli errori di
continuity e i buchi di trama, il MCU è riuscito a mantenere
abbastanza solida la propria linea narrativa e a determinare con
chiarezza le proprietà che fanno parte dell’universo condiviso.
Le cose potrebbero iniziare a
cambiare con l’avvio della Fase 4 del MCU, dal momento che la
Disney è ora proprietaria dei franchise di X-Men e dei Fantastici
Quattro, oltre al fatto che condivide i diritti sul personaggio di
Spider-Man insieme alla Sony. Sappiamo che la Fase 4 inizierà ad
esplorare le infinite possibilità del Multiverso, qualcosa che era
già stato anticipato in Doctor
Strange del 2016. Tuttavia, soltanto con l’arrivo del
sequel Doctor
Strange in the Multiverse of Madness e di altri titoli
della Fase 4, il Multiverso verrà completamente esplorato e ciò ha
naturalmente suscitato tutta una serie di speculazioni su ciò che
accadrà in futuro.
Una delle teorie più accreditate è
quella secondo cui il MCU userà il Multiverso per connettere in
maniera retroattiva i vecchi franchise Marvel con l’universo
condiviso. Ad esempio, Sony ha realizzato cinque film live action
di Spider-Man (oltre a Venom e ad altri spin-off in
arrivo) che non fanno tecnicamente parte del MCU… o almeno così
pensavamo! Scott Derrickson, regista del primo
Doctor
Strange, ha affermato in maniera alquanto scherzosa in un
recente scambio di battute via
Twitter, che tutti i film di Spider-Man sono, di fatto,
collegati al MCU.
La dichiarazione di Derrickson è
avvenuta in risposta a Duncan Jones, regista di
Moon, che ha usato una GIF di
Spider-Man: Un Nuovo Universo per descrivere la sua
personalità. Tuttavia, il tweet originale richiedeva l’utilizzo di
una GIF del MCU e ciò ha portato i fan a sottolineare l’errore da
parte di Jones. Dal momento però che Un Nuovo Universo coinvolge
proprio il Multiverso, Jones ha chiesto “aiuto” a Derrickson, il
quale ha dato per “buona” la scelta della sua GIF, sottolineando
appunto che tutti i film dedicati all’Uomo Ragno realizzati fino ad
oggi fanno parte del MCU.
Annunciato ufficialmente questa
estate al Comic-Con di San Diego, Doctor
Strange 2 vedrà Benedict
Cumberbatch tornare nel ruolo di Stephen Strange.
Diretto da Sam
Raimi, il sequel vedrà anche Wanda Maximoff alias
Scarlet Witch (Elizabeth
Olsen) assumere un ruolo da co-protagonista
dopo WandaVision.
Secondo Collider, la
produzione ha fatto già un passo in avanti assumendo lo
sceneggiatore Jade Bartlett. Il suo ruolo non
è stato ancora chiarito, visto che lo script dovrebbe essere
firmato da Derrickson in persona e quindi Bartlett dovrebbe
intervenire solo a limare il testo o magari a scrivere a quattro
mani con il regista.
Ecco Tom
Holland e Daisy Ridley nel trailer di
Chaos
Walking, adattamento del primo libro della
trilogia scritta da Patrick Ness, rivolta a un
pubblico Young Adult. Le due giovani star
sono i protagonisti del film e si confrontano con Mads
Mikkelsen, nei panni del villain.
Chaos
Walking sarà basato sul primo romanzo di una
trilogia scritta da Patrick Ness ambientata
in un mondo in cui non ci sono donne e le persone possono ascoltare
e vedere i pensieri degli altri in una sorta di streaming continuo,
chiamato Noise (rumore). La sceneggiatura sarà
firmata nientemeno che da Charlie Kaufman.
Alla regia Doug Liman (Edge
Of Tomorrow).
Un primo tentativo di adattare il
romanzo di Ness per il grande schermo risale al 2013 e prevedeva
addirittura la regia nientemeno che di Robert
Zemeckis, il quale avrebbe voluto concentrarsi sul
primo volume della trilogia, The Knife of Never
Letting Go, affidando la sceneggiatura
a Charlie Kaufman, mentre ora pare
che Chaos Walking porterà firma dello
script di Jamie Linden (Money
Monster). Alla produzione sono
chiamati Doug Davison e Ali
Shearmur, mentre Zemeckis dovrebbe comunque rimanere a
bordo del progetto anch’esso come produttore.
Baby Boss 2 –
Affari di Famiglia, nel sequel della commedia campione
d’incassi di DreamWorks Animation nominata agli Oscar, i fratelli
Templeton – Tim (James Marsden, noto per il franchise di X-Men) e
il suo fratello minore Baby Boss Ted (Alec Baldwin) – sono
diventati adulti e si sono allontanati. Tim è un papà e marito
pantofolaio a tempo pieno. Ted è un CEO di fondi speculativi. Ma un
nuovo baby boss dall’approccio innovativo e dall’atteggiamento
positivo li riunirà e sarà d’ispirazione per un nuovo affare di
famiglia.
In Baby Boss 2 –
Affari di Famiglia Tim e sua moglie, Carol (Eva
Longoria), la vera capofamiglia, vivono nella periferia con la loro
super-intelligente figlia Tabitha (Ariana Greenblatt, Avengers:
Infinity War) e l’adorabile nuova bambina Tina (Amy Sedaris, BoJack
Horseman – Netflix). Tabhita, che è la migliore della sua classe al
Centro Acorn per Bambini Dotati, idolatra suo zio Ted and vorrebbe
diventare come lui, ma Tim, ancora in contatto con la sua
iperattiva immaginazione giovanile, è preoccupato che lei si stia
impegnando troppo a discapito di un’infanzia normale.
Quando la piccola Tina rivela di
essere (SORPRESA!) un agente segreto tra i migliori della BabyCorp
in missione per scoprire gli oscuri segreti della scuola di Tabhita
e del suo misterioso fondatore Dr. Edwin Armstrong (Jeff Goldblum),
i fratelli Templeton si trovano riuniti nei modi più inaspettati e
sono portati a rivalutare il significato di famiglia e a scoprire
cosa conta veramente. Lisa Kudrow e Jimmy Kimmel riprenderanno i
loro ruoli come genitori di Ted e Tim. Ereditando il successo del
primo film, che ha guadagnato più di 500 milioni di dollari nel
Mondo, Boss Baby 2 – Affari di Famiglia è diretto nuovamente da Tom
McGrath e prodotto da Jeff Hermann (Kung Fu Panda 3).
La Commissione di selezione per il
film italiano da designare agli Oscar®, istituita dall’ANICA lo
scorso luglio su incarico dell’ “Academy of Motion Picture Arts and
Sciences”, riunita davanti a un notaio e composta da Nicola
Borrelli, Simone Gattoni, Paolo Genovese, Carlo Poggioli, Cristina
Priarone, Gloria Satta, Baba Richerme ha votato “ Notturno” di Gianfranco Rosi quale film che
rappresenterà l’Italia alla 93ma edizione degli Academy Awards
nella selezione per la categoria “International Feature Film
Award”.
“Notturno”
concorrerà per la shortlist che includerà i dieci film
internazionali selezionati dall’Academy e che sarà resa nota il 9
febbraio 2021. L’annuncio delle nomination (la cinquina dei film
nominati per concorrere al premio) è previsto per il 15 marzo 2021
mentre la cerimonia di consegna degli Oscar® si terrà a Los Angeles
il 25 aprile 2021.
A seguito delle decisioni di
Palaexpo, l’ARFestival,
all’indomani di una edizione 2020 all’insegna del
#Qualcosaltro, ha diffuso il seguente comunicato
stampa:
“Senza bisogno di andare a
scomodare l’immenso patrimonio italiano di Maestri riconosciuti in
tutto il mondo come Pratt,
Mattotti, Pazienza,
Crepax, Manara,
Giardino, Toppi e tanti altri, in
un momento – di questo già complicato 2020 – in cui anche i grandi
media nazionali diventano megafono del linguaggio del Fumetto
contemporaneo e dei suoi protagonisti (Josephine Yole Signorelli in
arte Fumettibrutti sulla copertina di 7 del
Corriere della Sera sulle tematiche di parità di genere e
transessualità, Zerocalcare «ultimo intellettuale»
sulla copertina de L’Espresso, Zuzu già autrice
della sigla de L’Assedio di Daria Bignardi ora
testimonial di Gucci su Grazia), è proprio di questo mese l’azione
con cui il Ministero per i Beni e le Attività
Culturali – attraverso la sua Direzione Generale
Creatività Contemporanea – riconosce e INCLUDE formalmente il
Fumetto tra le discipline di cui già si occupa (arte
contemporanea, architettura, fotografia, videoarte e arti
applicate, moda, design) siglando quella che è de facto la
prima Convenzione quadro dello Stato italiano con un intero settore
professionale, rappresentato ufficialmente
dall’Associazione di categoria RIFF – Rete Italiana
Festival di Fumetto di cui lo stesso ARF! è socio
fondatore insieme a Comicon di Napoli, Etna Comics di Catania,
Lucca Comics & Games e Treviso Comic
Book Festival, cioè un settore che ogni anno in Italia è capace di
coinvolgere oltre un milione di presenze, con un
indotto economico e una ricaduta sui territori di oltre 300
milioni di euro.
Eppure, paradossalmente, martedì
17 novembre abbiamo ricevuto unilateralmente, come
ennesima comunicazione “a fatto compiuto” (cioè senza alcuna
volontà di dialogo o confronto), la notizia che l’Azienda Speciale
Palaexpo – ente pubblico di Roma Capitale in giunta Raggi a meno di
6 mesi dalle prossime elezioni amministrative, che dipende
dall’Assessorato alla Crescita Culturale guidato da Luca
Bergamo* – dal 2021 esclude il nostro Festival da
tutte le attività del Mattatoio (ex MACRO Testaccio),
mettendoci alla porta da quella che è stata la nostra casa sin dal
2016, cioè da prima che subentrasse il nuovo CdA.
*[questioni che avevamo già
esternato allo stesso Luca Bergamo lo scorso 14 ottobre 2019,
quando Palaexpo ci tolse La Pelanda e noi
chiedemmo semplicemente una convocazione – mai concessa – per
l’istituzione di un possibile tavolo di lavoro in cui confrontarsi
su formazione, didattica e
arti visive, cioè quelle “nuove linee di
indirizzo” del Mattatoio in cui una manifestazione come ARF!
rientrerebbe pienamente].
L’Azienda Speciale Palaexpo,
nella persona del suo Presidente Cesare Maria
Pietroiusti, ci comunica via mail – nero su bianco – che
non rientriamo più nella loro «visione del
contemporaneo» (cioè l’esatto contrario di quanto
sta sostenendo la DG Creatività Contemporanea del MiBACT) con tutta
una serie di burocratismi degni del miglior conte Mascetti in Amici
miei, che quantomeno denota una buona conoscenza di Mario
Monicelli.
E questo, nonostante ARF! nelle
sue 4 edizioni al Mattatoio [1] abbia prodotto una
serie di mostre straordinarie come quelle dedicate a Hugo
Pratt, Andrea Pazienza, Milo
Manara, Gipi,
Zerocalcare, Guido Crepax,
Jordi Bernet, Danijel Zezelj,
Attilio Micheluzzi, il Mickey Mouse della Glénat o
la celebrazione dei 70 anni di Tex +
[2] abbia offerto indimenticabili Lectio
Magistralis con la presenza di ospiti di massimo prestigio quali
Altan, Tanino Liberatore,
Josè Muñoz,
Angelo Stano, Riccardo Mannelli o
Paolo Eleuteri Serpieri + [3]
abbia espresso vere opportunità di lavoro (oltre
10.000 portfolio ricevuti in 5 anni dagli autori
esordienti per più di 1.000 colloqui professionali
fissati con le case editrici) così come [4] vera
cultura di pace e rispetto dei diritti umani al fianco di partner
solidali come Emergency, Cesvi,
Dynamo Camp, Amnesty
International e UNHCR +
[5] abbia accolto un pubblico di oltre
60.000 visitatori totali da tutta Italia, compresa
[6] una coloratissima moltitudine di bambini nella
propria Area Kids a ingresso gratuito, che ogni
anno offre 18 laboratori creativi con le docenze delle migliori
firme del panorama nazionale, costantemente SOLD OUT a ogni
edizione!
>>> Senza nemmeno
considerare i 66.309 euro donati all’INMI Lazzaro
Spallanzani proprio in questi ultimi 6 mesi grazie al
libro a fumetti COme Vite Distanti (vincitore del
Premio Boscarato 2020), realizzato da ARF! durante l’emergenza
sanitaria Covid-19, che ne ha fatto (cit:) «la più grande raccolta
fondi mai realizzata dal Fumetto italiano» attraverso
l’unione, il talento e la
generosità dei suoi protagonisti: gli autori, i
partner e i lettori <<<
Ma tutto questo a
Palaexpo e al suo artista/presidente Pietroiusti (ora “coordinatore
del tavolo di programmazione”) non interessa!
Non rientriamo nel loro
«cambiamento di paradigma» all’interno di «una specifica visione
curatoriale» che ora dipende da «un complesso meccanismo
decisionale» che comprende per l’appunto questa «visione strategica
di analisi qualitativa» (?) che prenderà forma e si incentrerà su
«una complessa e articolata sequenza di eventi» che siano «coerenti
con la proposta culturale del nuovo Mattatoio».
Una visione, insomma, che al di
là della propria astratta arbitrarietà (nella gestione di
un bene pubblico della città, non di una galleria privata)
rimane chiara soltanto a se stessa, alla propria voce
autoreferenziale.”
In coda al comunicato, la direzione
di Arf Festival indice una conferenza stampa per giovedì 26
novembre alle 12.00, “la prima delle
controffensive del nostro Festival”, si annuncia. Queste
conferenze “basate su una verità oggettiva
(scripta manent alla mano, nero su bianco), sui risultati
concreti raggiunti in questi anni e – perché no? – anche
sull’ironia, un’arma che ci contraddistingue da
sempre: sì, perché saranno anche un paio di momenti in cui
strapperemo un sorriso che – insieme a tutti i giornalisti che si
accrediteranno – ci condurranno alle future mosse di una fiera
manifestazione indipendente che in sole 5 edizioni ha
posizionato il proprio brand tra le eccellenze italiane del
settore.“
Con un universo cinematografico
grande quanto il
MCU, sarebbe facile presumere che tutti i film si attengano
rigorosamente ad una sceneggiatura e che non ci sia spazio per
alcun tipo di “sorpresa”. Tuttavia, anche nel
MCU gli attori hanno avuto spesso l’opportunità di offrire il
loro contributo ed improvvisare/cambiare delle scene che stavano
girando. Da piccoli e semplici cambiamenti estetici ad importanti
dialoghi totalmente improvvisati, gli attori che sono apparsi nel
MCU si sono concessi davvero di
tutto.
Screen Rant ha raccolto i 10 migliori momenti improvvisati –
quindi non presenti in sceneggiatura – del
MCU:
1Le scene che non sono finite nei
film
Infine, ci sono due scene
improvvisate che non sono entrate nei film, ma entrambe sono
esilaranti e includono dei baci. In Avengers:
Age of Ultron (2015), Chris Evans voleva provare a dare un
bacio, ma considerando che Tony Stark e Steve Rogers discutono per
la maggior parte del film, la scena è finita nei
bloopers.
E in Avengers:
Endgame, Stark bacia Peter Parker sulla guancia
una volta che si sono riuniti invece di abbracciarlo. È stato un
momento da papà per Stark ma, ancora una volta, i creatori hanno
deciso per una diversa interpretazione della scena.
È un periodo decisamente proficuo
per Anya Taylor-Joy, l’attrice e modella americana
di origini argentine che si è fatta conoscere al grande pubblico
grazie a film quali The
Witch di Robert Eggers e Split di M.
Night Shyamalan. Quest’anno l’abbiamo vista in Emma di Autumn de Wilde e anche in The New Mutants di Josh Boone, mentre più di recente è
stata protagonista de La regina degli scacchi,
acclamata miniserie Netflix da poco “eletta” la più vista del
popolare servizio di streaming.
In una recente intervista con
The Sun, l’attrice si è lasciata andare ad una serie di
dichiarazioni alquanto particolari circa il suo aspetto fisico.
Dotata di una bellezza magnetica e certamente fuori dal comune,
Anya Taylor-Joy ha ammesso di nutrire dei
forti dubbi sulla sua immagine. “Non mi sono mai considerata
bella e credo che non mi considererò mai tale”, ha spiegato.
“Non credo di essere abbastanza bella da poter recitare. Lo so
che può sembrare patetico e il mio ragazzo mi ha già avvertito che
la gente penserà di me che sono una stron*a a dire certe cose, ma
davvero: ho sempre pensato di avere un aspetto strano.”
L’attrice ha raccontato di non
rivedere mai i suoi film e ha anche raccontato di un episodio
alquanto spiacevole avvenuto durante la visione del sopracitato
Emma, adattamento cinematografico dell’omonimo
romanzo di Jane Austen arrivato quest’anno direttamente in digitale
nel nostro Paese: “Non mi piace andare al cinema a vedere i
film in cui recito. Devo vederli prima. La cosa bella del farlo da
sola è che non sono costretta a vedere la mia faccia sul grande
schermo. Quando ho visto Emma ho avuto un vero attacco di panico,
perché ho pensato di essere la prima attrice brutta ad aver
interpretato quel personaggio, ed era assurdo, perché la prima
battuta che Emma dice nel film è proprio: ‘Sono bellissima,
intelligente e ricca’.”
Sempre nel corso dell’intervista,
Anya Taylor-Joy ha rivelato anche di aver
avuto un’infanzia difficile e di essere stata vittima di bullismo,
ma ha anche ricordato il fortuito incontro con Sarah Doukas,
fondatrice dell’agenzia di moda Storm Model Management, che dopo
averla incontrato per caso ad Harrods, a Londra, le offrì un
contratto come modella. Alla fine dell’intervista, l’attrice ha
anche ammesso che, al di là delle sue convinzione, adesso ha
accettato l’immagine che gli altri possono avere di lei: “Mi
sono costretta nella vita ad accettare i complimenti”, ha
spiegato. “Se oggi qualcuno mi dice che sono bella, lo
ringrazio.”
I prossimi progetti di Anya Taylor-Joy
Di recente abbiamo appreso che
Anya Taylor-Joysarà la
protagonista del prequel di Mad Max: Fury Road incentrato sul personaggio
di
Furiosa. Il prequel sarà diretto ancora una volta da George
Miller e vedrà l’attrice recitare al fianco di
Chris Hemsworth e
Yahya Abdul-Mateen II. Tra i suoi prossimi progetti figurano
anche Last
Night in Soho di Edgar Wright (che arriverà al cinema
il prossimo anno) e The Northman, il nuovo horror di Rogert
Eggers, con cui tornerà a lavorare dopo The
Witch.
Zack Snyder continua a sviscerare dettagli su cosa i
fan dovranno aspettarsi dalla Snyder
Cut di Justice
League, soprattutto su come sarà diverso il suo taglio
dalla versione cinematografica di
Joss Whedon uscita nelle sale nel 2017. Questa
volta, il regista ha fatto luce sia su Flash che su Cyborg,
spiegando nel dettaglio come i loro poteri saranno rappresentati
nella versione del cinecomic in quattro parti in arrivo il prossimo
anno HBO Max.
Parlando del Velocista Scarlatto,
Snyder non è d’accordo con la visione di Barry Allen che usa la sua
super velocità per trasportare le persone da un posto all’altro
(come visto anche nella versione cinematografica di Whedon), perché
non crede che sia così che funzionino i suoi poteri.
“Non mi piaceva, e non mi piace, che Barry sia
in grado di spostare le persone. So che molte persone hanno amato
questo aspetto, ma a me semplicemente non piace. Va bene, penso che
sia bello quando le persone lo fanno: semplicemente, io non lo
farò”,ha rivelato Snyder in uno
speciale sul canale YouTube di
Vero (via
CBM).“Se prendi qualcuno e puoi
dire che è protetto dalla Forza della Velocità… questo, sai,
dipende dall’interpretazione. Mi sembra che se afferri qualcuno
alla stessa velocità con cui si sta muovendo… potresti
letteralmente strappargli un braccio. Flash si muove così
velocemente che potrebbe letteralmente strappare via la carne dal
corpo di qualcuno. Ecco perché deve stare molto attento con gli
umani quando si trova nella Forza della Velocità.”
Per quanto riguarda Cyborg, Snyder
ha chiarito che Victor Stone – e di riflesso il pubblico – non è
ancora del tutto sicuro di come funzionano i suoi poteri in questa
fase. “Francamente, non credo che sappiamo ancora quali siano i
poteri di Cyborg”, ha ironizzato il regista. “Se guardi a
cosa sono capaci di fare queste Scatole Madri, ossia creare e
distruggere il mondo… penso che quello che Cyborg è in grado di
fare, sia davvero solo la punta dell’iceberg rispetto a ciò che è
possibile per lui in futuro.”
Vi ricordiamo che la Snyder
Cutdi Justice
League uscirà nel 2021 sulla piattaforma
streaming di Warner Bros HBO Max che è disponibile negli USA
dall’Aprile scorso. Attualmente non sappiamo se in Italia la
versione debutterà su qualche piattaforma streaming dato che HBO
MAX non è disponibile nel nostro paese. Ma sappiamo che HBO in
Italia ha un accordo in esclusiva con SKY, dunque potrebbe essere
una valida teoria pensare che in Italia il film possa essere
programmato su SKY CINEMA o su SKY ATLANTIC. Tuttavia, quest’ultima
è solo una supposizione dunque non ci resta che aspettare ulteriori
notizie.
Era da un po’ di tempo che non si
avevano aggiornamenti su Gremlins 3, il tanto
chiacchierato terzo capitolo della saga fantasy/horror iniziata nel
lontano 1984. Sono anni, ormai, che si parla di un possibile terzo
film, ma ad oggi nulla è stato ufficializzato. Il primo film,
diretto da Joe Dante, incassò all’epoca della sua
uscita in sala circa 212 milioni di dollari e generò anche un
sequel, uscito diversi anni dopo (Gremlins II – La nuova
stirpe, del 1990, diretto sempre da Dante).
Sebbene non ci siano ancora piani
concreti per un terzo film di Gremlins, ultimamente ci
sono state molte conversazioni sul ritorno del franchise sul grande
schermo. Parlando di recente con Collider,
Chris Columbus, ideatori del soggetto e autore
della sceneggiatura del primo film, ha parlato delle sue idee per
un possibile Gremlins 3, che comprende anche
l’impiego di animatronics al fine di realizzare le creature del
film, esattamente come fu per il film originale.
“Mi piacerebbe farlo. Ho scritto
una sceneggiatura, quindi sì… esiste una sceneggiatura per un
ipotetico terzo film. In questo momento stiamo risolvendo alcuni
problemi relativi ai diritti, quindi stiamo solo cercando di capire
quando sarebbe il momento migliore per realizzarlo. Lo farei ancora
allo stesso modo, utilizzando pupazzi tangibili, non creati
attraverso la CGI. Forse abbiamo avuto… avevamo una scena in
stop-motion nel primo Gremlins, ma non credo che userei molta CGI
in Gremlins 3.”
I Gremlins originali vennero creati
attraverso l’impiego di animatronics ideati dallo stesso Columbus.
Nonostante le sfide tecniche che la loro ideazione comportò, il
team degli effetti speciali portò a compimento un lavoro
meraviglioso, riuscendo a donare personalità ai bizzarri, perfidi
ma al tempo stesso adorabili mostriciattoli, aiutando il pubblico
ad empatizzare con le creature. Naturalmente, creare delle creature
così strane oggi sarebbe molto più facile utilizzando la CGI, ma
almeno Columbus non pensa che la computer grafica possa
necessariamente offrire un risultato finale migliore.
In effetti, gran parte del fascino
dei film originali deriva proprio dal fatto che le creature sono
state realizzate attraverso l’impiego di pupazzetti meccanici; in
base alle sue dichiarazioni, è palese che Columbus pensi che il
fascino dell’epoca debba essere preservato anche per un eventuale
terzo film.
L’attrice Lauren
Ridloff ha condiviso di recente il suo entusiasmo nei
confronti di Makkari, il personaggio che interpreterà
nell’attesissimo Gli
Eterni, il cinecomic Marvel in uscita il prossimo anno.
Attraverso il personaggio di Makkari, il MCU affronterà per la
prima volta il tema della disabilità: si tratta, infatti, del primo
supereroe sordo all’interno dell’universo condiviso.
Gli Eterni racconterà
del gruppo di esseri immortali del titolo, originariamente creati
dai Celestiali. Lavoreranno insieme per proteggere gli umani dai
Devianti, le loro controparti malvagie. Oltre al ricco cast e alla
quantità enorme di personaggi, Gli Eternisi distinguerà dal
resto del MCU anche per un altro interessante particolare: la
storia, infatti, coprirà un arco di 7.000 anni, un periodo di tempo
decisamente molto più lungo rispetto alla maggior parte dei moderni
film di supereroi.
In origine, Gli Eterni sarebbe
dovuto arrivare nelle sale proprio questo mese. Tuttavia, la
pandemia di Coronavirus ha costretto la Marvel a cambiare
drasticamente tutto il calendario delle uscite relativo ai prossimi
due anni. Adesso, il film uscirà in sala il 5 novembre 2021.
Lauren Ridloff aveva già rivelato che le
riprese aggiuntive del film sono già state effettuate. Il suo
personaggio, Makkari, è degno di nota per diversi motivi. Il primo
è che nei fumetti il personaggio è un uomo: Ridloff interpreterà,
dunque, un’entusiasmante versione gender bender dello
stesso. Makkari è anche dotato di una straordinaria velocità e sarà
il primo supereroe sordo del MCU.
In un’intervista con Scott Davis sul
canale YouTube di HeyUGuys (tramite
MovieWeb),
Lauren Ridloff ha condiviso il suo entusiasmo
proprio in merito alla possibilità di interpretare Makkari, in
particolare per quanto riguarda la rappresentazione al cinema dei
non udenti. “Sono più elettrizzata che
sopraffatta all’idea che mi sia stata data l’opportunità di
rappresentare la comunità dei non udenti. Sono molto entusiasta per
questo… il fatto di portare quella trama all’interno del MCU. Penso
che ci sia molto spazio per raccontare più storie del
genere.”
Gli Eterni, diretto
da Chloe Zhao, vedrà nel cast Angelina
Jolie (Thena), Richard
Madden (Ikaris), Kit
Harington (Black Knight), Kumail
Nanjiani (Kingo), Lauren
Ridloff (Makkari), Brian Tyree
Henry (Phastos), Salma
Hayek (Ajak), Lia
McHugh (Sprite), Gemma
Chan (Sersi) e Don
Lee (Gilgamesh). La sceneggiatura è stata scritta
da Matthew e Ryan
Firpo, mentre l’uscita nelle sale è stata fissata al 12
febbraio 2021.
Secondo gli ultimi aggiornamenti, il
cinecomic includerà nel MCU gli esseri superpotenti e quasi
immortali conosciuti dai lettori come Eterni e i mostruosi
Devianti, creati da esseri cosmici conosciuti come Celestiali. Le
fonti hanno inoltre rivelato a The Hollywood Reporter che un
aspetto della storia riguarderà la storia d’amore tra Ikaris, un
uomo alimentato dall’energia cosmica, e Sersi, eroina che ama
muoversi tra gli umani.
La star della trilogia di sequel di
Star Wars, John Boyega, ha dichiarato di aver ricevuto
una telefonata dal presidente della Lucasfilms, Kathleen Kennedy, riguardo le sue critiche al
trattamento dei personaggi e degli attori di colore da parte dello
studio. In passato Boyega, che ha interpretato Finn, l’ex
Stormtrooper ribelle, sensibile alla forza, ha criticato il
trattamento riservato a Finn all’interno della saga.
Sebbene Boyega, il primo attore di
colore a recitare in un ruolo da protagonista nel franchise, fosse
assai presente nel materiale promozionale, il suo personaggio non è
stato sfruttato a pieno nella trilogia sequel. Nonostante il suo
potenziale, l’ultimo capitolo –
L’Ascesa di Skywalker – non dedica il tempo necessario ad
approfondire l’arco narrativo di Finn. Il suo conflitto personale è
stato affrontato principalmente nel primo episodio della trilogia,
Il Risveglio della Forza.
Tuttavia, Boyega ha ampliato le sue
critiche anche agli archi narrativi inesistenti di altri
personaggi, come la Rose Tico di Kelly Marie Tran o il Poe Dameron di Oscar Isaac. Grazie alla grande
visibilità che è in grado di donare ad un attore un franchise come
Star
Wars, John Boyega ha usato la sua esperienza
unica per trasformarsi in uno degli attivisti più “accesi” di
Hollywood. Adesso
Deadline riporta che in una conversazione con la BBC, Boyega ha
spiegato di aver ricevuto supporto da Kathleen Kennedy, attraverso
una conversazione “onesta e trasparente” su molte delle
denunce che ha fatto contro Lucasfilms e Disney.
John Boyega e la conversazione
“onesta e trasparente” con Kathleen Kennedy su Star Wars
Sebbene Boyega sia andato avanti,
tiene ancora molto a cuore la possibilità di influenzare il
cambiamento all’interno degli studi e nell’industria, basandosi
proprio sulla sua esperienza negativa. Boyega ha parlato
dell’importanza di una forte rappresentanza, al di là del fan
service e della trasparenza che diventa la norma. “Penso che
questo tipo di conversazioni… è vero, può sembrare che tu stia
cercando soltanto di salvare la tua carriera, ma ora la cosa
fantastica è che si tratta di un tipo di conversazione a cui tutto
hanno accesso. Ora le persone possono esprimersi al riguardo,
sapendo che ogni personaggio che amiamo, specialmente in questi
grandi franchise come Marvel e Star Wars, li amiamo per i
momenti che vengono loro dati. Li amiamo per quei momenti. Sono
momenti eroici che tutti questi produttori decidono per questi
personaggi, quindi dobbiamo vederli nei nostri personaggi, che
posso essere anche neri e di altre culture.”
Lucasfilm e il
regista J.J.
Abrams uniscono ancora una volta le forze per
condurre gli spettatori in un epico viaggio verso una galassia
lontana lontana con Star
Wars: L’Ascesa di Skywalker, l’avvincente
conclusione dell’iconica saga degli Skywalker, in cui nasceranno
nuove leggende e avrà luogo la battaglia finale per la libertà.
Il cast del film
comprende Carrie Fisher, Mark Hamill, Adam Driver,
Daisy Ridley, John Boyega, Oscar Isaac, Anthony Daniels, Naomi
Ackie, Domhnall Gleeson, Richard E. Grant, Lupita Nyong’o, Keri
Russell, Joonas Suotamo, Kelly Marie Tran,
con Ian McDiarmid e Billy
Dee Williams.
L’unico modello di squalo meccanico
sopravvissuto, utilizzato durante la realizzazione del film
Lo Squalo, è stato esposto presso il nuovo
Academy Museum of Motion Pictures (via
Bloody Disgusting). Uscito nel 1975 e diretto – all’epoca – da
un giovane e prodigioso regista di nome Steven
Spielberg, Lo Squalo è incentrato sulla caccia di un grande
squalo bianco mangiatore di uomini che terrorizza l’immaginaria
cittadina balneare di Amity Island.
Lo Squalo è diventato uno dei film più
popolari nella storia del cinema, non solo perché all’epoca divenne
la pellicola con il maggior incasso di sempre, ma anche perché ha
stabilito un modello da seguire, tanto in termini di narrativa
quanto di estetica, all’interno dell’industria in merito all’uscita
dei blockbuster estivi. Inoltre, il film ha permesso a Spielberg di
affermarsi come uno dei registi più influenti di Hollywood e ancora
oggi, dopo 45 anni, è considerato un cult senza tempo, dal fascino
inalterato.
Gran parte di quel fascino risiede
soprattutto nella travagliata produzione de Lo Squalo, considerata tra le più disastrose
di sempre. Alcuni report hanno sempre sottolineato l’inesperienza
di Spielberg e la sfiducia del team produttivo nei suoi confronti,
tanto che sul set si iniziò a scherzare con il titolo del film e a
chiamarlo ironicamente “Flaws” (ossia, “Difetti”, un gioco
di parole con l’originale “Jaws”, ossia
“Mascelle”). Inoltre, è ben nota l’insistenza di Spielberg
nell’aver voluto usare squali meccanici, cosa che durante le
riprese ha anche portato alla distruzione di tre dei modelli
impiegati o al loro semplice affondamento nell’oceano.
Adesso, il quarto e ultimo modello
di squalo meccanico impiegato durante la realizzazione de Lo Squalo è stato esposto nell’Academy
Museum of Motion Pictures di Los Angeles, che verrà inaugurato ad
aprile 2021. Dopo essere sopravvissuto per decenni in una discarica
di Hollywood, diversi protesisti e artisti degli effetti speciali
hanno restaurato il modello in fibra di vetro di “Bruce” (così
vennero chiamati i modelli di squalo dalla produzione durante le
riprese), ad oggi l’oggetto più grande dell’intera collezione
esposta nel museo, che sarà sospeso a mezz’aria. Il modello era
così grande da non entrare negli ascensori della struttura: è stato
trasportato e fatto passare attraverso le vetrate.
Il design originale di Steppenwolf
era troppo spaventoso, ecco perché il personaggio è stato tagliato
da Justice
League. A più di tre anni dall’uscita della versione
cinematografica nelle sale, il regista
Zack Snyder è pronto a lanciare la sua visione del
cinecomic uscita al cinema nel 2017. La Snyder
Cut, in arrivo il prossimo anno su HBO Max, ci
presenterà finalmente il modo in cui il regista voleva raccontare
da un punto di vista anche visivo la storia, drasticamente cambiata
dopo che Joss Whedon ha assunto le redini del
progetto.
A parte i dettagli narrativi
incoerenti tra la Justice
League di Snyder e ciò che è arrivato sul grande
schermo nel 2017, una delle indicazioni più ovvie dei grandi
cambiamenti apportati al film è stata senza dubbio la sua estetica.
Snyder si è fatto un nome grazie ai suoi film visivamente
sbalorditivi e nel corso degli anni ha dimostrato di sapere come
voleva che fossero i suoi progetti. Sfortunatamente, il suo modo di
concepire e dirigere un film è molto diverso dall’approccio di
Whedon. A parte l’orrenda debacle sui baffi di Superman e il filtro
arancione nella battaglia finale, anche il design del villain
Steppenwolf è stato oggetto di numerose critiche.
Alla luce della distribuzione
dell’ultimo
teaser trailer di Justice
League in cui abbiamo visto un look rinnovato per
Steppenwolf,
Zack Snyder ha analizzato il nuovo filmato sul
canale YouTube di
Vero (via
Screen Rant). Il regista ha parlato dell’aspetto
significativamente cambiato del cattivo, che risulta essere il suo
design originale per il personaggio. Snyder ha detto che è stato
cambiato nella versione cinematografica a causa del feedback della
Warner Bros., secondo cui era troppo spaventoso.
“Ci sono state molte
discussioni e molti tira e molla sul nuovo design e sulla creazione
di questo nuovo design. Penso che all’inizio si credeva che fosse
un po’ troppo spaventoso, un po’ troppo alieno e un po’ troppo
intenso. Personalmente, ho sempre pensato che fosse fantastico e
che rappresentasse una vera minaccia. D’altronde, rappresenta una
vera minaccia, non solo per la Justice League, ma per l’intero
pianeta. Penso che sia fantastico e che la squadra abbia fatto un
ottimo lavoro.”
Vi ricordiamo che
la Snyder
Cut di Justice
League uscirà nel 2021 sulla piattaforma
streaming di Warner Bros HBO Max che è disponibile negli USA
dall’Aprile scorso. Attualmente non sappiamo se in Italia la
versione debutterà su qualche piattaforma streaming dato che HBO
MAX non è disponibile nel nostro paese. Ma sappiamo che HBO in
Italia ha un accordo in esclusiva con SKY, dunque potrebbe essere
una valida teoria pensare che in Italia il film possa essere
programmato su SKY CINEMA o su SKY ATLANTIC. Tuttavia, quest’ultima
è solo una supposizione dunque non ci resta che aspettare ulteriori
notizie.
Dopo aver parlato delle nuove
generazioni di attori e di alcune serie di successo come Elite e
Outer
Banks, concentriamoci adesso sulla non-troppo-vecchia
guardia. Oggi vi parliamo infatti di Juliette
Roudet, attrice francese attiva in tv, al cinema e in
teatro sin dal 2003, passata alla ribalta grazie alla serie tv
Profiling.
Scopriamo quindi insieme
tutto quello che c’è da sapere su Juliette Roudet,
curiosità sulla sua vita privata e sulla sua lunga e variegata
carriera.
Juliette Roudet biografia: gli
inizi della sua carriera
Juliette Roudet, età 39
anni, nata il 14 marzo del 1981 in
Francia, comincia la sua formazione professionale non come attrice
ma bensì come ballerina. La bella Juliette studia
infatti prima al Conservatoire Supérieur de Danse di
Parigi per poi completare il suo percorso al Centre National de
Danse Contemporaine.
Il suo incredibile talento per la
danza, la porta verso alcune collaborazione celebri come quella per
le Compagnie l’Esquisse e la Compagnie Fata
Morgana. Grazie alla sua istruzione e all’esperienza
accumulata nel corso degli anni, nel 1999 Juliette
Roudet rappresenta la Francia all’Eurovision Young
Dancers. Questo programma tv, molto conosciuto dal
pubblico nella sua versione canora, in passato ha avuto anche una
sezione dedicata al ballo. Purtroppo però, nel 2018, l’Eurovision
Young Dancers è stato cancellato a causa della mancanza di una
città ospitante e di un’emittente disposta a mandare in onda la
trasmissione.
Archiviata la parentesi Eurovision,
Juliette nel 2003 continua il suo percorso di studi e entra al
Conservatoire National Supérieur d’Art Dramatique de
Paris. Qui, oltre a concentrarsi sulla danza,
comincia a studiare anche teatro e
recitazione ed ha la possibilità di lavorare con
attori, attrici, registi e coreografi famosi come Andrzej Seweryn,
Daniel Mesguich, Michel Fau, Dominique Valadié, Muriel Mayette,
Lukas Hemleb, Caroline Marcadé e Arpad Schilling.
Juliette Roudet film e serie tv:
dal palcoscenico allo schermo
Nonostante si sia concentrata sullo
studio della danza per moltissimi anni, grazie alla sua formazione
al Conservatoire National Supérieur d’Art Dramatique de
Paris, Juliette si avvicina sempre di più al mondo della
recitazione. Nel 2003, infatti, debutta sul piccolo schermo nel
film Procès de famille (Family
Trial), diretto da Alain Tasma. Dopo
questa prima esperienza, la collaborazione con Tasma si rinnova
l’anno successivo e Juliette prende parte al film À cran
deux ans après (2004). Nel 2005 per
la Roudet arriva il primo ruolo in una serie tv,
Engrenages, e anche il primo ruolo in un film sul
grande schermo, dal titolo Au Suivant!.
Tuttavia, la parentesi
cinematografico-televisiva viene accantonata momentaneamente da
Juliette che dal 2007 al 2016 decide di tornare al suo primo amore,
la danza e il palcoscenico. In questi anni partecipa a produzioni
di grandi classico come I Giganti della Montagna
di Pirandello,Romeo e Giulietta
di Shakespeare e molti altri ancora.
Soltanto nel 2009,
Julitte Roudet decide di tornare al cinema e lo fa scegliendo il
film Bella, La Guerre et le Soldat Rousseau,
diretto da Manuel Flèche. L’anno successivo, oltre
al film Les Méchantes (2010) di Philippe
Monnier, l’attrice francese è impegnata con la miniserie
Les Vivants et Les Morts (2010).
Juliette Roudet in Profiling
Solo nel 2013, tuttavia, arriva per
Juliette la grande occasione. In quell’anno infatti viene scelta
per entrare a far parte del cast di una nuova serie tv
Profilage (Profiling), ideata da
Fanny Robert e Sophie Lebarbier.
Come si evince dal titolo, anche Profiling è una serie crime che
racconta dei casi affrontati dalla Polizia parigina e dalla sua
criminologa più promettente, Chloé Saint-Laurent.
Ci troviamo nella bellissima e
trafficatissima Parigi quando la criminologa Chloé Saint-Laurent
(Odile Vuillemin) viene assegnata alla nuova
squadra investigativa della polizia criminale, guidata da Matthieu
Pérac (Guillaume Cramoisan). A questa divisione
sono affidati i casi d’omicidio più cruenti e complessi e Chloé si
trova a dover fare i conti con un capo a cui è estremamente
difficile rapportarsi.
Mentre Matthieu è assi schematico e
metodico nelle sue investigazioni, Chloè tende ad approcciarsi alle
indagini in maniera differente. La criminologa riesce,
estraniandosi dal gruppo, ad entrare nella testa dell’assassino,
riuscendo a interpretare le sue scelte criminali e a volte ad
anticipare le sue mosse. Inutile dire che non tutti i suoi colleghi
siano proprio entusiasti di questo metodo così poco ortodosso.
Ma se Matthieu non sembra
condividere la sua passione per l’attività di profiling,
Chloé ha il sostegno di tanti nella squadra. Tra questi c’è il
Comandante Thomas Rocher (Philippe Bas), il
classico poliziotto pragmatico che odia le chiacchiere e predilige
l’azione. Nonostante sia parecchio irascibili e brontolone,
l’ispettore è uno dei sostenitori dell’attività di Chloè, rintenuta
fondamentale per la risoluzione del casi.
La serie, in onda dal 2009 al 2018,
è andata avanti per ben 10 stagioni e 102
episodi, non senza stravolgimenti di cast. Durante la
settima stagione, Chloè viene trasferita e la nuova protagonista
diventa Adèle
Delettre, interpretata da Juliette
Roudet, che a sua volta resta fino alla nona stagione.
Juliette Roudet lascia
Profiling
Nonostante la popolarità acquisita
grazie ai suoi progetti televisivi, cinematografici e teatrali,
Juliette Roudet resta una persona molto riservata.
Non conosciamo quasi nessun dettaglio della sua vita sentimentale
ma sappiamo che la sua decisione di lasciare la serie
Profiling è stata molto probabilmente influenzata
da due avvenimenti importanti.
Nel 2017,
l’attrice ha messo al mondo un figlio, avvenimento
che ha necessariamente interferito con le riprese della nona
stagione di Profiling, l’ultima che l’avrebbe
vista come protagonista. La maternità è un’esperienza impegnativa e
probabilmente per la Roudet, la vita frenetica dell’attrice
televisiva non si sposava con quella ancor più complessa di madre.
Inoltre, nel 2016, Juliette è diventata
insegnate di danza al Conservatoire National
Supérieur d’Art Dramatique de Paris, la scuola che lei stessa
aveva frequentato anni prima.
L’attrice non ha mai veramente
spiegato perché abbia deciso di abbandonare la serie ma, il 5
settembre del 2018, ha pubblicato su Instagram un posto,
ringraziando i suoi fan dell’affetto dimostratole nel corso degli
anni.
“È una scelta difficile perché
provo un grande affetto per le persone che scrivono questa serie e
per coloro che la ‘costruiscono’ giorno dopo giorno. Ma è una
scelta sincera, alimentata dalla sensazione di lasciare questo
progetto al momento giusto per me. Dopo queste tre stagioni di
totale impegno per il personaggio di Adèle, voglio dedicarmi a
nuovi progetti, nuovi ruoli, nuove sfide”.
E in effetti le nuove sfide per Juliette sono arrivate. Nel 2020
l’attrice ha partecipato alla miniserie crime thriller francese
Peur Sur Le Lac (Fear of the
Lake), di una sola stagione e sei episodi. Creata da
Jerome Cornuau , Nicolas Douay , Didier Le
Pêcheur, Yann Brione Laurent Burtin,
la serie è andata in onda a gennaio di quest’anno sul canale
francesce TF1.
Juliette Roudet su Instagram
Per essere sempre aggiornati sulle
nuove avventure professionali di Juliette Roudet,
vi consigliamo di seguire il suo account Instagram
ufficiale.
Con l’inizio del nuovo millennio i
film dedicati ai supereroi dei fumetti, in particolare Marvel e DC Comics, sono diventati
una realtà particolarmente solida dell’attuale panorama
cinematografico mondiale. Veri e propri dominatori del box office,
questi hanno negli anni guadagnato sempre più consenso. Ci sono
però alcuni titoli particolarmente più apprezzati di altri, e tra
questi figura certamente Logan – The
Wolverine. Uscito in sala nel 2017, il film è il
terzo capitolo della trilogia spin-off dedicata al più celebre
degli X-Men. Diretto da JamesMangold, tale lungometraggio è in breve tempo
diventato uno dei più apprezzati film di supereroi fino ad oggi
realizzati.
A distinguerlo da tutti gli altri
vi è un tono particolarmente crepuscolare, un ambientazione
post-apocalittica e un personaggio ormai vecchio, pieno di
acciacchi e rimorsi. Con questo film si giunge infatti alla
conclusione dell’arco narrativo di Wolverine, nuovamente
interpretato dall’attore Hugh Jackman. La
storia qui raccontata è liberamente ispirata alla serie di fumetti
intitolata Vecchio Logan, riprendendone l’ambientazione e
l’evoluzione del personaggio. Per dar vita a tutto ciò, il regista
e gli sceneggiatori si sono basati in particolar modo
sull’immaginario western e noir, permettendo al film di assumere i
connotati che oggi lo contraddistinguono.
Arrivato in sala, Logan – The
Wolverine confermò ancora una volta il grande interesse degli
spettatori nei confronti del personaggio. Allo stesso tempo,
particolarmente apprezzate furono le novità introdotte nel film,
tra cui il suo stesso tono cupo. Tutto ciò portò il film ad
affermarsi come un campione di incassi, guadagnando circa 619
milioni di dollari a fronte di un budget di circa 100. Per tale
titolo questo fu però solo il primo dei traguardi ottenuti,
arrivando poco dopo a stabilire anche altri prestigiosi primati e
record. Per scoprire quali, come anche altre curiosità legate al
film, basterà proseguire nella lettura.
Logan – The Wolverine: la trama
del film
La storia del film ha luogo nel
2029, in un mondo dove i mutanti sono sull’orlo dell’estinzione. Da
25 anni, infatti, nessun bambino con poteri speciali è più nati, e
i supereroi in circolazione sono ad uno ad uno stati abbattuti da
un gruppo criminale anti-mutanti noto come Reavers. Tra i pochi
superstiti vi è Logan, il quale però è notevolmente invecchiato da
quando il suo fattore rigenerante si è indebolito. Il mutante
trascorre ora le sue giornate lavorando come autista, mettendo da
parte i soldi guadagnati per potersi prendere cura di un ormai
novantenne Charles Xavier, il quale è gravemente affetto da una
malattia neurologica degenerativa. L’esistenza di Logan sembra
dunque destinata a finire nell’anonimato, ma un inaspettato
incontro cambierà le sue sorti.
Tramite l’infermiera Gabriela,
infatti, egli si ritrova a doversi prendere cura dell’undicenne
Laura Kinney, promettendo di condurla in un luogo considerato
sicuro. Nel momento in cui accetta tale missione, però, Logan si
ritrova inseguito dai Reavers, che desiderano ucciderlo e prendere
con sé la bambina. Fuggito con questa e Xavier, egli si ritroverà
testimone della più inaspettata delle scoperte. La piccola Kinney,
infatti, è una mutante, dello stesso tipo di Logan. Rappresentando
una speranza per il genere, questa va protetta ad ogni costo. La
battaglia diventa allora personale, e per lui è ora di tirare
nuovamente fuori gli artigli e tornare ad essere il pericoloso
Wolverine.
Logan – The Wolverine: il cast del
film
Con questo nuovo film dedicato al
personaggio, l’attore Hugh
Jackman ha stabilito un importante record. Egli ha
infatti non solo interpretato il noto mutante per ben nove volte,
ma anche per una durata di tempo maggiore rispetto a chiunque
altro. È infatti stato Wolverine per un totale di 16 anni e 228
giorni. Jackman raccontò di aver accettato di vestire nuovamente
tali panni solo a condizione che sarebbe stata l’ultima volta e
richiedendo personalmente un tono diverso rispetto ai precedenti
film. L’attore si impegnò così per dar vita ad un Logan più
sofferente e segnato dal tempo, sottoponendosi ad una dieta che gli
consentisse di ottenere un aspetto particolarmente emaciato. Per
lui questo si è trattato del film dedicato a Wolverine più
complesso per il quale si sia dovuto preparare.
Accanto a lui nel film si ritrova
anche Patrick
Stewart, che riprende nuovamente il personaggio di
Charles Xavier. Per poter apparire anche lui più invecchiato di
quanto realmente sia, l’attore arrivò a perdere poco più di 10
chili. Vera star del film è la giovanissima Dafne
Keen. Presentatasi per il ruolo di Laura, l’attrice
chiese al regista di poter improvvisare alcune battute. Dopo che
Jackman iniziò a recitare la sua parte, la Keen lo interruppe
urlandogli contro in spagnolo. Il regista e l’attore furono colpiti
dalla grinta della giovane attrice, decidendo di affidarle il
ruolo. Nel film si ritrovano poi anche gli attori Richard E.
Grant nei panni del dottor Zander Rice, e Boyd
Holbrook in quelli di Donald Pierce. Questi sono i due
villain principali del film. Stephen Merchant è
invece Calibano.
Logan – The Wolverine: i premi, il
trailer e dove vedere il film in streaming
Logan – The Wolverine si
affermò da subito come uno dei film più acclamati del suo anno da
parte della critica e dell’industria. Ciò lo portò ad essere
indicato come un serio contendente durante la stagione dei premi.
Dopo essere stato nominato dalla National Board of Review come uno
dei dieci migliori film dell’anno, questo arrivò infatti ad
ottenere una candidatura al prestigioso premio Oscar nella
categoria della miglior sceneggiatura non originale. Questo
risultato portò il film ad essere il primo cinecomic ad ottenere
tale onore, e anche se poi il premio non venne vinto ciò fu la
dimostrazione di come anche i film di supereroi possono essere
dotati di grandi e memorabili sceneggiature.
Per gli appassionati del film è
possibile fruire di questo grazie alla sua presenza su alcune delle
più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Logan
– The Wolverine è infatti disponibile nel catalogo di
Rakuten TV,Chili Cinema, Google Play,
Infinity, Apple iTunes, Tim Vision e Amazon Prime Video. Per vederlo, basterà
sottoscrivere un abbonamento generale o noleggiare il singolo film.
Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della
qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si ha soltanto
un determinato periodo di tempo entro cui vedere il titolo. Il film
sarà inoltre trasmesso in televisione il giorno lunedì 23
novembre alle ore 21:15 sul canale
Italia 1.
Il co-creatore de La Regina
degli Scacchi, Allan Scott, ha ottenuto i
diritti del libro e ha iniziato a scrivere una sceneggiatura per la
serie Netflix quasi trent’anni fa, e sembra che il suo incontro con
Heath Ledger fu un momento fondamentale per il
progetto. Scott infatti scelse proprio Ledger come regista per il
film, che avrebbe dovuto essere quindi l’esordio alla regia
dell’attore e avrebbe dovuto avere Ellen Page nei panni della
protagonista.
“[Heath Ledger] ne era
appassionato; era un giovane intenso e interessato e fui subito
attratto da lui. Abbiamo parlato e parlato del progetto al
telefono, e poi alla fine siamo riusciti a incontrarci.” ha
dichiarato Scott.
Secondo The Independent, il
piano originale prevedeva che l’attore facesse il suo debutto alla
regia alla fine del 2008 con The Queen’s Gambit.
Sarebbe stato un progetto intrigante e di alto profilo per Heath Ledger dopo la sua interpretazione di
Joker ne Il Cavaliere Oscuro. Come sappiamo, purtroppo, le cose
sono andate diversamente, visto che Heath Ledger si è spento a
gennaio del 2008.
Il film mai realizzato su La Regina degli
Scacchi
“Ho scritto bozza dopo bozza e
lui ha dato il suo contributo – ha continuato Scott – ci siamo
incontrati diverse volte a New York e qui, dove trascorreva molto
del suo tempo. Eravamo arrivati al punto in cui avevamo inviato
la sceneggiatura a Ellen (Page). Heath era pieno di idee per il
resto del cast, principalmente dalla sua lista di amici attori.
Avevamo intenzione di fare un film alla fine del 2008.”
Come sappiamo il film non è stato
mai realizzato, ma la miniserie sta avendo un successo travolgente
su Netflix, dove detiene il primo posto dei titoli più visti da
oltre un mese.
Insieme a Mank, a
Il processo dei Chicago 7 e ad altri titoli
che arriveranno a breve sulle piattaforme dell’on demand,
Elegia Americana di Ron Howard è
trai titoli che più di tutti stanno mirando alla stagione dei premi
2021, che, per ragioni “pandemiche”, è stata spostata alla
primavera del prossimo anno invece che al tradizionale periodo di
fine inverno. Dunque, anche il film di Howard, adattamento
dell’omonimo romanzo autobiografico, arriva direttamente nelle
nostre case, su Netflix, a partire del 24 novembre.
La storia è raccontata da J.D.
Vance, secondogenito di Bev, donna sola e problematica, che cerca
di crescere alla bell’e meglio i due figli, con J.D. c’è Lindsay,
una ragazza intelligente e concreta, più grande di lui. Ad aiutare
Bev con il suo carattere turbolento, la tendenza a fare le scelte
sbagliate e i due figli, c’è Mamaw Vance, madre della donna
difficile e nonna burbera ma che profonde un solido e testardo
impegno nella salvaguardia dei ragazzi dalla sua stessa figlia. La
storia ripercorre a ritroso l’adolescenza di J.D., la sua lotta
personale per sollevarsi e staccarsi dall’eredità della famiglia,
la sua ferma volontà di laurearsi a Yale, uno dei college più
prestigiosi d’America, e l’ambizione di diventare avvocato. Tutto
nell’arco di una sola giornata in cui è costretto a tornare a casa
perché la madre è andata in overdose ed è in ospedale.
L’Elegia Americana che ha fatto
flop negli USA
Accompagnato da una scia di critiche
negative che arrivano da Oltreoceano, Elegia Americana è un realtà
un bel film, una storia di riscatto solida, un racconto che fila
dritto senza colpi di scena, un affresco familiare lungo tre
generazioni, tutto raccontato dal punto di vista del protagonista e
autore del romanzo da cui il film è tratto. Ma allora perché dagli
USA si sono levate voci contrarie? Semplicemente perché Ron Howard,
e con lui la sceneggiatrice Vanessa Taylor, mette
da parte tutto l’aspetto sociale del romanzo originale e si
concentra solo su quello intimo e personale, per cui il pubblico
europeo è meglio disposto a raccogliere un racconto che si
concentra su sentimenti universali e lascia da parte l’analisi
sociale di un Paese straniero.
Il titolo stesso del film (e del
romanzo) ci dà la chiave di lettura del racconto originale, ovvero
Hillbilly Elegy: A Memory of a Family and a Culture in
Crisis. Hillbilly è il nomignolo dispregiativo con cui in
gergo si indicano le popolazioni originarie degli Appalachi, e
Vance è un figlio delle montagne del Kentuchy, che per luogo comune
sono considerate il luogo più arretrato di tutti gli Stati Uniti.
Ebbene, il romanzo dà molta importanza quindi non solo al riscatto
sociale di J.D. ma anche all’aspetto sociologico della sua presenza
in un college di prestigio, con il suo retaggio familiare e
culturale, aspetto che nel film è stato liquidato semplicemente da
una battuta all’inizio della storia.
Con buona pace di J.D.,
interpretato da Gabriel Basso, che è il
protagonista e la voce narrante, il film si fonda principalmente
sulle interpretazioni di Glenn Close e Amy Adams. Le due grandi attrici sono alle
prese con due ruoli duri e difficili, sopra le righe, sono entrambe
imbruttite, rese goffe dal personaggio che incarnano, messe alla
prova da un ruolo gridato, in cui alzare la voce, picchiare duro,
essere sgradevoli è quanto richiesto dalla storia. E nonostante
entrambe siano in grado di dare vita a grandi interpretazioni
misurate ed eleganti, anche di fronte alla ferocia delle due donne
che interpretano, non fanno una piega e consegnano allo spettatore
uno spettacolo di altissima qualità artistica.
L’apporto di Ron
Howard è come al solito “invisibile”, il regista si mette
completamente al servizio della storia, sceglie in molti momenti,
soprattutto in alcune delle sequenze di colluttazioni, che sono
anche le più dolorose emotivamente, di rimanere vicinissimo ai
personaggi, ai loro volti feriti, alla loro sofferenza, risultato
di un disagio sociale che però non viene mai davvero raccontato. Ad
impreziosire questo lavoro discreto e impeccabile c’è Hans
Zimmer, che per una volta mette da parte le sue musiche
trionfali e, insieme a David Fleming, accompagna
con delicatezza tutta la storia di J.D., la sua tenacia, il suo
riscatto, la sua forza di volontà nello staccarsi e guardare avanti
per non affogare e per darsi una possibilità.
Elegia Americana
racconta gli affetti, la famiglia, nella sua declinazione
problematica e turbolenta, ma allo stesso tempo racconta il
coraggio di lottare per se stessi, nonostante quella famiglia, la
forza che ci vuole a costruirsi una vita tutta nuova per sé, a
realizzare un sogno, senza rinnegare se stessi ma lottando per
quello in cui si crede.
Il conto alla rovescia per i nuovi
episodi di Grey’s
Anatomy 17 è cominciato. La
serie medical drama più amata e seguita ritorna con
l’attesissima 17esima stagione dal 24 novembre alle 21.00
su FOX (Sky, 112) con un doppio episodio
che, con un salto temporale, proietterà i medici del GreySloan Memorial Hospital nel pieno dell’emergenza sanitaria
con la pandemia COVID-19 che ha sconvolto le vite dei chirurghi
dell’ospedale.
La premiere della stagione 17 di
Grey’s
Anatomy, definita da Ellen Pompeo come “una delle
nostre migliori stagioni”, riprende un mese dopo l’inizio
della pandemia, quando Meredith, Bailey e il resto dei medici si
trovano in prima linea in un mondo completamente diverso. La
stagione tratterà quindi anche il tema della pandemia dove, insieme
alla stretta attualità, troveranno spazio anche le vicende
personali dei medici con le loro storie, che avranno il compito di
alleggerire una trama resa drammatica dalla volontà di omaggiare
gli eroi della lotta al Coronavirus.
Le storyline principali di
Grey’s
Anatomy seguiranno DeLuca (Giacomo
Gianniotti) con il suo problema di salute mentale, i
triangoli amorosi Meredith (Ellen
Pompeo)-DeLuca-Hayes (Richard Flood)
e Tom (Gregory Andrew Germann)-Teddy (Kim
Raver)-Owen (Kevin
McKidd), la fresca e coinvolgente storia tra Amelia
(Caterina
Scorsone) e Link (Chris Carmack) con
il loro bambino e Jo (Camilla Luddington), che
dovrà affrontare un futuro aperto alle novità dopo l’addio di Alex.
Nel cast un nuovo ingresso: l’attrice Mackenzie
Marsh (Charmed, Will
& Grace) interpreterà sarà Val Ashton, una donna sola ma
intelligente, con un buon senso dell’umorismo e che lavora nel
settore dell’editoria.
Sarà Dan
Trachtenberg, regista di 10
Cloverfield Lane, a dirgere il nuovo capitolo della saga
di Predator, la celebre saga
horrro/fantascientifica iniziata nel 1987 con l’omonimo film
interpretato da
Arnold Schwarzenegger. La notizia è stata riportata da
Deadline.
Già lo scorso dicembre era stato
riferito che Trachtenberg stava sviluppando un film per i 20th
Century Studios intitolato Skulls, scritto da
Patrick Aison e prodotto dallo storico produttore
di franchise di Predator,John Davis.
All’epoca si vociferava che Skulls avrebbe seguito la
storia di una donna Comanche che si ribellava alle norme e alle
tradizioni di genere per diventare una guerriera.
Ora,
AVP Galaxy riporta che i due progetti – ossia Skulls e
il nuovo film della saga di Predator – sono in realtà la
stessa cosa. Apparentemente, “Predator 5 sarà ambientato nel
passato (finalmente!). Si concentrerà sui nativi americani prima
che i territori fossero presi dai coloni americani, con un cast
delle Prime Nazioni”.
Questa non sarà la
prima volta che il franchise esplora la cultura dei nativi
americani, poiché in passato era già stato fatto dalla serie di
fumetti (e dal romanzo) “Predator: Big Game”. È
sicuramente una premessa interessante ed eccitante per il franchise
cinematografico, soprattutto dopo l’insuccesso del riavvio del
2018, The
Predator, diretto da Shane Black.
Grazie a piattaforme streaming come
Netflix e Amazon Prime Video,
negli ultimi tempi sono sempre di più i contenuti disponibili agli
utenti. Ogni mese spuntano nuovi film e serie tv, contenuti
originali di ogni genere adatti a tutti. La sovrabbondanza di nuovi
contenuti, oltre ad arricchire i cataloghi delle piattaforme,
permette agli utenti di spaziare tra i generi e scoprire anche
nuovi talenti della recitazione. Grazie, ad esempio, alla nuova
serie tv targata Netflix dal titolo Outer
Banks, molti attori semisconosciuti sono diventati
delle piccole celebrità. Tra questi c’è di sicuro la bella e
giovanissima Madison Bailey.
Se ancora non avete visto
Outer Banks e non sapete di chi stiamo parlando,
venite con noi a scoprire tutto quello che c’è da sapere su
Madison Bailey e la sua fulminea scalata al successo.
Madison Bailey film e serie tv:
gli inizi della sua carriera
Madison Bailey,
età 21 anni, nata il 29 gennaio del
1999 a Kernersville, in North Carolina,
comincia la sua carriera di attrice relativamente presto. Risale
infatti al 2015 – anno in cui Madison aveva solo
sedici anni – la sua prima apparizione sul piccolo schermo in un
episodio della serie Constantine. Non conosciamo
bene tutti i retroscena della sua istruzione ma sappiamo che per
Madison la vita non è sempre stata tutta rosa e fiori.
La ragazza infatti soffre di
disturbo borderline di personalità, una condizione
medico psichiatrica che influenza il comportamento di una persona.
Tra le caratteristiche di questa patologia ci sono paura del
rifiuto e dell’abbandono, instabilità nelle relazioni
interpersonali e instabilità anche nella percezione di sé e del
proprio comportamento. Le persone affette da questo disturbo
presentano anche repentini cambi d’umore con conseguenti scatti
d’ira seguiti da un terribile stato depressivo. In aggiunta,
inoltre, a questi comportamenti si possono manifestare
autolesionismo, manie suicide, disordini sessuali e abuso di
sostanze. [fonte:
Wiki]
Nonostante tutto, con il
trattamento farmaceutico giusto, il disturbo borderline di
personalità è controllabile. La malattia, infatti, negli anni non
ha impedito a Madison di vivere una vita normale e di inseguire il
suo sogno di diventare un’attrice.
Dopo la sua prima esperienza in tv
con Constantine, la Bailey partecipa a tanti altri
progetti televisivi e cinematografici. La vediamo, infatti,
interpretare piccoli ruoli nelle serie tv Swamp
Murders (2015), Murder Chose Me (2017),
Mr. Mercedes (2017), Two Roads
(2018) e nel film Nightclub Secrets (2018). Tra i
progetti più recenti ai quali Madison partecipa, ci sono le serie
tv Black
Lightning (2018-2019), Creepshow
(2019), Council of Dads (2020) e il film
Impractical Jokers: The Movie (2020).
Madison Bailey in Black
Lightning
Prima di approdare
all’acclamatissima serie Outer Banks, Madison Bailey viene
scelta per entrare a far parte del cast di Black
Lightning, il suo primo progetto televisivo più
importante e duraturo. Ideata da Salim Akil per la
CW, la serie è basata sul personaggio di
Fulmine Nero, uno dei protagonisti dei fumetti
della DC Comics.
La serie racconta la storia di
Jefferson Pierce (Cress
Williams) che, dopo aver usato i suoi superpoteri per
proteggere Freeland, ha deciso di ritirarsi per proteggere sé
stesso e la sua famiglia. Jefferson finisce quindi a lavorare come
preside di una piccolo liceo e a vivere una vita normale e un po’
noiosa.
A turbare la sua quiete e quella
dei suoi cari è l’arrivo dei The Hundred in città,
una nuova gang di criminali senza scrupolo. Nonostante i numerosi
sforzi, le autorità non riescono a fermare i nuovi arrivati che
ormai hanno il controllo della città. Per proteggere quindi la sua
famiglia e in particolare sua figlia, Jefferson torna a indossare i
panni di Black Lightning (Fulmine Nero).
Nella serie, Madison
Bailey interpreta Wendy Hernandez una
meta-umana con poteri straordinari che compare a partire dalla
seconda stagione di Black
Lightning.
Sono gli anni ottanta, Wendy Herdandez si è
appena diplomata e sta preparando la sua lettera di ammissione per
la scuola di infermiere. Ma mentre la ragazza programma il suo
futuro, c’è qualcuno che ha per le degli altri programma.
Identificata come meta-umana da Peter
Gambi, uno dei ‘cacciatori’ dell’ASA
(American Security Agency), Wendy viene rapita e posta in una sorta
di capsula d’ibernazione. Durante la sua permanenza nella capsula,
il tempo passa, la vita procede e i genitori della ragazza
muoiono.
Decenni più tardi, a causa di un
incidente con un altro meta-umano intrappolato, Wendy riesce a
liberarsi e scappa dalle prigioni dell’ASA. Arrabbiata,
disorientata e spaventata, la ragazza cerca di ritracciare i suoi
genitori. Quando però si rende conto che tutto attorno a lei è
cambiato e che nessuna delle persone che conosce è più in vita,
Wendy scatena sulla città i suoi incredibili poteri. La ragazza,
come molti meta-umani, è dotata di straordinari poteri che le
permettono di controllare l’aria e il vento usandoli come una vera
e propria arma, riuscendo anche a creare terribili tempeste e
uragani. Riuscirà Jefferson aka Fulmine Nero a fermare la follia
distruttiva di Wendy? [fonte:
Fandom]
Al momento Black
Lightning conta al suo attivo 3
stagioni e 46 episodi. Tuttavia, la serie
è stata rinnovata dalla CW per una quarta
stagione che verrà trasmessa a partire dall’8
febbraio 2021.
Madison Bailey in Outer Banks
Nel 2019, per
Madison Bailey arriva una nuova grande opportunità. L’attrice viene
scelta per il cast di una nuova serie, ideata da Josh
Pate, Jonas
Pate e Shannon
Burke per Netflix, dal
titoloOuter Banks.
La serie è ambientata nella
località balneare di Outer Banks, ovvero una
lunga striscia di terra e sabbia che si estende lungo tutta la
costa del North Carolina. In questa zona la società è spaccata in
due e nel tempo si sono andati a creare due blocchi contrapposti.
Da un lato abbiamo i Kooks, i ricchi di Outer
Banks che vivono una vita fatta di lusso e divertimento; mentre
dall’altro lato abbiamo i Pogues, la classe
lavoratrice, la parte più povera e disagiata della società.
I protagonisti della serie sono un
gruppo di adolescente che abita questa zona quasi di confine, e
rappresenta la parte più povera e disagiata della società. Chiamati
i Pogues, questi ragazzi vivono ai limiti della legalità e
rispondono a John B (Chase Stokes), leader del
gruppo. Tra le fila dei Pogues ci sono anche Pope (Jonathan
Daviss), JJ (Rudy Pankow) e Kiara
(Madison Bailey), detta Kie. Al gruppo,
successivamente si unisce anche Sarah Cameron (Madelyn
Cline), figlia del ricco imprenditore locale Ward
Cameron. Nonostante sia una Kook, il carattere ribelle della
ragazza e il suo interesse sentimentale verso John B la avvicinano
sempre di più al mondo dei Pogues.
Quando il padre il John B scompare
misteriosamente, i ragazzi si mettono sulle sue tracce e cominciano
a trovare strani indizi che sembrerebbero portare ad un tesoro
nascosto. Il bottino di diversi milioni di dollari, tuttavia, non
fa gola solo ai Pogues che si troveranno quindi a dover affrontare
una lunga serie di pericolosi attacchi.
Nella serie Madison
Bailey interpreta Kiara
Carrera, figlia di un famoso ristoratore locale.
Nonostante le sue origini la rendano parte una Kooks dalla nascita,
la ragazza ha sempre preferito stare con i Pagues e per questo è
mal vista dai rampolli di Outer Stokes.
La serie Outer
Banks, disponibile
su Netflix, è stata rilasciata a
febbraio del 2020 e ad oggi conta al suo attivo solo una stagione
di 10 episodi. Tuttavia, grazie al successo
ottenuto nei primi mesi sulla piattaforma, qualche giorno fa
Netflix ha deciso di
rinnovare la serie per una seconda
stagione che, presumibilmente, andrà in onda nel
2021.
Madison Bailey e Rudy Pankow:
un’amicizia nata sul set
La serie Outer
Banks è stata un grande successo e gli spettatori,
soprattutto quelli più giovani, si sono affezionati ai nuovi
personaggi e attori. Grazie a Netflix il
pubblico ha conosciuto nuovi talenti della recitazione e gli stessi
attori si sono ritrovati tra le mani un’inaspettata popolarità.
Sul set della serie, inoltre, sono
nati molti amori e amicizie tra i protagonisti. Oltre all’ormai
famosa coppia, sia in tv che nella vita reale, formata da Madelyn Cline e
Chase Stokes, ci sono anche altre due persone
diventate inseparabili. Grazie ai tanti mesi di lavoro spalla a
spalla, anche Madison Bailey e Rudy Pankow pare
abbiano stretto un’amicizia davvero speciale.
Proprio come i loro rispettivi
personaggi, Kiara e JJ, i ragazzi passano molto tempo insieme come
testimoniano anche i tantissimi scatti che entrambi postano su
Instagram.[fonte:
Popsugar]
Ma nonostante le teorie romantiche
dei loro rispettivi gruppi di fan, tra Madison e Rudy non c’è nulla
di romantico, la loro resta una semplice amicizia. Tra l’altro,
Madison, dichiaratasi pansessuale, è attualmente
impegnata in una relazione con Mariah Linney, una
famosa star del basket femminile della North Carolina
University.
Madison Bailey Instagram
Per essere sempre aggiornati sulle
avventure professionali e sentimentali di Madison
Bailey, vi consigliamo di seguire il suo account Instagram e, perché no?,
anche quello di Rudy Pankow
e degli altri membri del cast di Outer Banks.
Continua come sempre il nostro
viaggio tre le nuove generazioni di attori e attrici. Dopo avervi
parlato di Madelyn
Cline, Madison Bailey, Aron
Piper e molti altri ancora, oggi è la volta di una
giovanissima dai capelli rossi. La piccola Amybeth
McNulty, protagonista di Chiamatemi
Anna, la serie Netflix
ispirata al romanzo Anna dai Capelli Rossi, è
riuscita a conquistare il cuore degli spettatoti di tutto il
mondo.
Se non avete ancora avuto modo di
innamorarvi della nuova piccola Anna dai capelli rosssi targata
Netflix e della sua giovane interprete, qui troverete tutto
quello che c’è da sapere su Amybeth McNulty.
Amybeth McNulty film e serie tv:
gli inizi della sua carriera
Amybeth McNulty, età 19
anni, nata il 7 novembre del 2001 a
Donegal Town, in Irlanda, è un’attrice di origini
miste, con padre irlandese e madre
canadese. Grazie ai suoi genitori, Amybeth ha la
doppia cittadinanza irlandese e canadese ed ha potuto quindi
esplorare a fondo le culture di entrambi i paesi.
Data la sua giovane età, della sua
vita privata e della sua istruzione si conosce ancora poco. Da
quello che sappiamo, la sua carriera comincia relativamente presto,
quando Amybeth ha appena tredici anni. La sua prima esperienza
cinematografica risale infatti al 2014 quando
prende parte al film A Risky Undertaking, diretto
da Ariadne Pleasant.
Negli anni successivi la vediamo
anche alle prese con piccoli ruoli in alcune serie tv come
Agatha Raison (2014), Clean Break
(2015) e The Sparticle Mystery (2015). Il progetto
cinematografico più importante al quale partecipa, tuttavia, arriva
nel 2016 quando Amybeth viene scelta per un piccolo ruolo nel film
Morgan, diretto da Luke Scott,
figlio del celebre Ridley Scott.
Ambientata in in futuro prossimo e
sconosciuto, il film racconta la storia di Morgan, uno sorta di
sofisticatissimo robot dalle sembianze umane, creato in laboratorio
per essere impiegato in campo militare e non solo. Grazie alle
modifiche apportare dagli scienziati del progetto, Morgan è dotata
di un’intelligenza senza precedenti, di abilità militari e
deduttive straordinari e inoltre sembra in grado di comprendere e
replicare ogni emozione umana.
Trattata come un semplice robot, un
esperimento di laboratorio, Morgan viene tenuta rinchiusa in una
cella dove, insieme alla sua età, cresce anche la sua rabbia e la
sua voglia di vendetta e libertà. Nel film diverse attrici
interpretano il ruolo della protagonista, ovvero, Courtney
Caldwell (Morgan a 5 anni), Amybeth
McNulty (Morgan a 10 anni) e Anya
Taylor-Joy.
Amybeth McNulty in Chiamatemi
Anna: la serie evento di Netflix
La prima vera occasione per
Amybeth McNulty, tuttavia, arriva nel
2017 quando viene scelta per interpretare il ruolo
della protagonista nella nuova serie Netflix dal
titolo Chiamatemi
Anna. Tratta dal celebre romanzo di formazione
Anna dai Capelli Rossi di Lucy Maud
Montgomery, la serie racconta delle avventure della
piccola Anna e della sua difficile infanzia.
Alla fine del XIX secolo, il 23
marzo nella piccola cittadina di Bolingbroke, nella Nuova Scozia,
nasce la piccola Anna Shirley, figlia di Walter e Bertha Sherley,
sue insegnanti di scuola superiore. A tre mesi dalla nascita di
Anna, i due purtroppo vengono a mancare a causa di una grave
malattia infettiva e la piccola si trova improvvisamente sola al
mondo. Anna viene quindi affidata alla vicina, la Signora Thomas, e
alla sua famiglia. La donna però si rivela essere una madre
adottiva completamente inadatta; oltre ad avere un marito violento
e alcolizzato che picchia Anna, la donna costringe la ragazzina a
occuparsi dei suoi figli.
Un giorno però, mentre il signor
Thomas sta picchiando Anna, l’uomo ha un infarto e stramazza al
suolo. Distrutta dalla morte del marito e in collera con la
bambina, la signora Thomas manda via Anna che, all’età di otto
anni, viene affidata alla signora Hammond, moglie e madre di ben
otto figli. L’intera famiglia vive in una casa fatiscente in riva a
un fiume e cerca di sopravvivere come meglio può. Anche Anna, nel
suo piccolo, cerca di aiutare prendendosi cura dei suoi fratellini
adottivi.
Tuttavia, anche la sua permanenza
dagli Hammond ha vita breve. Due anni dopo, infatti, a causa della
morte del signor Hammdon, Anna è costreta a cambiare nuovamente
casa e finisce nell’orfanotrofio di Hopetown. Qui la piccola resta
per soli quattro mesi durante i quali cerca in tutti i modi di
mantenere un atteggiamento positivo.
Nonostante infatti Anna sia ormai
rimasta sola al mondo e nessuno sembri disposto ad accoglierla in
famiglia, la piccola fa leva sulla sua incredibile immaginazione
per sfuggire alla tristezza che la circonda. Anna è un’anima
gentile e sognatrice intrappolata in un modo di pragmatica
rassegnazione.
Nella prima stagione della serie,
Anna viene affidata dall’orfanotrofio a due anziani fratelli,
Marilla (Geraldine James) e Matthew Cuthbert
(R.H. Thomson). I due, entrambi senza moglie,
marito né figli, gestiscono una fattoria chiamata Green Gables
nella città di Avonlea, in Canada ed hanno bisogno di qualcuno che
li aiuti per mandare avanti l’attività. Matthew, ormai vecchio e
malato di cuore, decide di comune accordo con la sorella di
adottare un ragazzo dall’orfanotrofio affinché li aiuti col lavoro
nei campi.
Dalla Nuova Scozia, tuttavia, viene
inviata la piccola Anna, ormai tredicenne, contenta di aver
finalmente trovato una famiglia. Ma Anna non è esattamente ciò che
i Cuthbert si aspettano. Nonostante la delusione iniziale, Matthew
e Marilla restano colpiti dalla triste storia della ragazzina e
decidono di tenerla con loro.
La serie Chiamatemi
Anna, disponibile in streaming su Netflix, ad oggi
conta al suo attivo ben 3 stagioni e 27
episodi. Nonostante il successo ottenuto dalla serie,
proprio pochi giorni dopo l’uscita della terza stagione, Netflix ha
annunciato la cancellazione di Chiamatemi
Anna.
Amybeth McNulty 2020: i nuovi
progetti
Grazie alla sua incredibile
interpretazione nella serie Chiamatemi Anna, la popolarità della
piccola Amybeth McNulty è cresciuta a dismisura.
Dopo la cancellazione della serie, infatti, Amybeth ha subito
cominciato a lavorare su due nuovi progetti che ad oggi, a causa
della pandemia da Coronavirus, sono fermi in fase di
post-produzione.
Il primo dei due film bloccati
dalla pandemia è Maternal, diretto da
Megan Follow. Il film racconta la storia di
Charlie McLoad (Amybeth McNulty), una sedicenne
che, in macchina per raggiungere il matrimonio del padre, resta
coinvolta in un gravissimo incidente. Durante la corsa in ospedale
e i tentativi di rianimazione dei medici, per qualche breve
istante, Charlie muore sul tavolo operatorio.
Durante questi secondi cruciali, la
ragazza vive un’esperienza di pre-morte e il suo spirito si
ricongiunge con quello della defunta madre Claire (Megan
Follow). Quest’incontro inaspettato, a metà strada tra lad
vita e la morte, renderà la loro imminente separazione ancor più
dolorosa. Riuscirà Charlie a tornare indietro verso la vita? Ma
soprattutto, riuscirà Claire a dire di nuovo addio alla sua
bambina?
Il secondo film in attesa è
Black Medicine, scritto e diretto da Colum
Eastwood. In questa seconda pellicola, un thriller in
piena regola, ci troviamo immersi nel mondo della criminalità
organizzata. Bernadette (Orla Brady) è un medico
che lavora per il mercato nero, prestando i suoi servigi ai
criminali più feroci e violenti. Durante una delle sue operazioni
illecite per conto dei suoi loschi capi, Bernadette incontra Áine
(Amybeth McNulty), una giovane ragazza in fuga
proprio dai suoi datori di lavoro. La donna dovrà quindi decidere
se aiutare Áine onorando il suo giuramento medico o rischiare di
compromettere la sua posizione all’interno dell’organizzazione
criminale.
Amybeth McNulty su Instagram
Nonostante Amybeth sia molto attiva
sui social e in particolar modo su Instagram e Twitter, ad oggi
sappiamo ancora poco della vita privata dell’attrice. In molti,
negli ultimi anni, si sono chiesti se la McNulty avesse o meno una
storia segreta con Lucas Jade Zumann, suo collega
e interprete del personaggio di Gilbert Blythe nella serie
Chiamatemi Anna.
In occasione del mese del Pride
2020, l’attrice ha utilizzato il suo profilo Twitter per fare
coming out. La dolce Anna dai capelli rossi – o meglio, biondi! -,
ha dichiarato di esser bisessuale, notizia che è stata accolta con
grande entusiasmo dai suoi fan che l’hanno supportata e riempita di
messaggi incoraggianti sui social.
Well, I think I just accidentally came out
hahaha happy pride month lovelies🏳️🌈❤️
Per restare sempre aggiornati sulle
avventure professionali e provate di Amybeth
McNulty, vi consigliamo di seguire i suoi account
ufficiali Instagram e Twitter.
Con l’uscita di Black Widow, il MCU risolverà finalmente il mistero
che circonda la vecchia missione di Natasha Romanoff e Clint Barton
a Budapest. Scarlett
Johansson è pronta a riprendere il ruolo di
Vedova Nera nel primo film in solitaria del personaggio. Ambientato
tra gli eventi di Captain
America: Civil War e Avengers:
Infinity War, Black Widow seguirà Nat in
fuga mentre si riunisce con le figure chiave della sua vita prima
di diventare un agente dello SHIELD. Dopo quasi un decennio, sembra
che il MCU finalmente colmerà gli spazi vuoti riguardo al
significato di Budapest, dal momento che i fan più attenti avevano
già notato nel trailer scene ambientate proprio in quella
location.
1Nat e Clint hanno avuto una storia a
Budapest
Vedova Nera e Occhio di Falco
erano noti per avere una relazione romantica nei fumetti, ma ciò
non è mai avvenuto nel MCU. Al contrario, hanno costruito un legame
platonico estremamente forte che è durato fino al tragico
sacrificio di Nat. Anche con i sentimenti di Nat per Bruce Banner,
l’eroina è comunque rimasta impegnata e concentrata nel suo lavoro.
Clint, nel frattempo, aveva una moglie e dei figli a cui teneva
molto. Nonostante le rispettive trame, non tutti i fan erano
convinti, credendo che Vedova Nera e Occhio di Falco potessero aver
avuto comunque una relazione romantica in
passato.
Se fosse questo il caso, la loro
avventura romantica potrebbe essere avvenuta nel periodo della
missione di Budapest. Mentre Nat ricordava l’operazione speciale,
Clint potrebbe averla collegata a quella fase confusa della loro
relazione (da qui il suo commento in The Avengers). Sebbene sia del tutto
possibile che Vedova Nera e Occhio di Falco fossero più che
semplici amici ad un certo punto, la rivelazione di Black Widow sarebbe un
disservizio per l’accumulo di anni relativi al mistero di Budapest.
La rivelazione ricadrebbe anche nello stanco tropo che uomini e
donne non possono avere un forte legame senza che finiscano
necessariamente per innamorarsi.
La storia di Natasha Romanoff si è
conclusa in Avengers:
Endgame, ma Scarlett
Johansson avrà l’opportunità di raccontare ancora
una volta le gesta del suo iconico personaggio quando finalmente
l’attesissimo Black Widow arriverà
nelle sale di tutto il mondo.
Ambientato tra gli eventi di
Captain America: Civil War e quelli di Avengers:
Infinity War, la speranza tra i fan è che lo spin-off
ponga le basi affinché Yelena Belova assuma il ruolo di
protagonista nel futuro del MCU. Soltanto il tempo potrà
fornici una risposta, ovviamente, ma nel libro di recente
pubblicazione “Black Widow: The Official Movie Special Book” (via
CBM), l’attrice Florence
Pugh ha rivelato maggiori dettagli sul suo
personaggio e su dove la troveremo quando si riunirà finalmente con
sua “sorella”.
“È la sorellina fastidiosa che
dice tutto ciò che le passa per la mente senza conseguenze. Quando
la incontriamo, sta appena scoprendo il mondo sotto una nuova
luce”, spiega Pugh. “È ferita. È una ragazza molto
complicata e si comporta di conseguenza. Quando incontra il
personaggio di Scarlett, Natasha, Yelena sta riscoprendo chi è dopo
essere stata nella Stanza Rossa per tanto, tantissimo
tempo.”
Florence Pugh sul rapporto tra
Natasha e Yelena in Black Widow
“Insieme si rendono conto che
stanno soffrendo entrambe in modi molto simili. Si instaurerà
un’amicizia adorabile e unica tra loro due, perché in definitiva
sono come due sorelle che non si vedono da tempo. Si aiuteranno
l’una con l’altra, e soprattutto aiuteranno a tappare determinati
buchi nelle loro vite. Il cuore di tutto è questo viaggio a tratti
brutale che intraprendono per capire chi sono. In realtà, alla base
del film c’è una storia molto triste.”
Sicuramente non sembra che Yelena
sarà cattiva come la sua controparte dei fumetti, ma le due donne
avranno chiaramente una relazione assai complicata. Sembrerebbe un
po’ ridondante per lei rivoltarsi contro Natasha, ma il fatto che
l’eroina indossi il giubbotto di Yelena quando si unisce ai Secret
Avengers di Captain America, potrebbe indicare un triste destino
per il personaggio.
La regia di Black Widow è stata
affidata a Cate Shortland, seconda donna
(dopo Anna Boden di Captain
Marvel) a dirigere un titolo dell’universo
cinematografico Marvel, mentre la sceneggiatura è stata riscritta
nei mesi scorsi da Ned Benson(The
Disappearance of Eleanor Rigby). Insieme a Scarlett
Johansson ci saranno anche David
Harbour, Florence
Pugh e Rachel
Weisz.
In Black Widow, quando sorgerà
una pericolosa cospirazione collegata al suo passato, Natasha
Romanoff dovrà fare i conti con il lato più oscuro delle sue
origini. Inseguita da una forza che non si fermerà davanti a nulla
pur di sconfiggerla, Natasha dovrà affrontare la sua storia in
qualità di spia e le relazioni interrotte lasciate in sospeso anni
prima che diventasse un membro degli Avengers.
Christopher Nolan ha spiegato che la libertà
creativa di cui ha goduto quando ha realizzato la trilogia de
Il Cavaliere Oscuro non potrebbe più esistere oggi. A
otti anni dalla sua conclusione, la trilogia di Nolan è ampiamente
considerata una delle più grandi trilogie cinematografiche mai
realizzate. Batman Begins del 2005 ha dato il via alla trilogia e
rimane probabilmente il film sul Crociato di Gotham più psicologico
e introspettivo.
In una recente intervista con
92Y
riportata da
IndieWire proprio in merito al successo della trilogia de
Il Cavaliere Oscuro, Christopher Nolan ha sottolineato quanto sia
stato importante avere l’opportunità di raccontare una storia su
Batman molto diversa, esplorando per la prima volta le origini del
vigilante sul grande schermo. Come spiegato dal regista: “La
versione di ciò che era accaduto a Batman non era mai stata
raccontata. Stavamo guardando al primo film come alla possibilità
di raccontare la storia di una figura straordinaria in un mondo
ordinario.”
Tuttavia, Nolan ha aggiunto:
“L’altro vantaggio che avevamo era che allora poteva passare
più tempo tra i sequel. Quando abbiamo fatto Batman Begins, non
sapevamo che ne avremmo fatto uno. Ci sono voluti tre anni per
farlo e poi quattro prima del successivo. Abbiamo avuto il lusso
del tempo. Non sembrava una macchina, un motore del commercio per
lo studio. A mano a mano che il genere ha acquisito così tanto
successo, quelle pressioni sono diventate sempre maggiori. Era il
momento giusto.”
Christopher Nolan e il “problema” della libertà creativa
Nonostante le osservazioni di
Christopher Nolan possano essere tanto
comprensibili quanto condivisibili, sappiamo anche quanto il
regista goda di un certo prestigio nell’attuale panorama
cinematografico hollywoodiano e quanto la Warner Bros. sia sempre
stato disposta a concedergli un margine d’azione e di decisione
molto più ampio rispetto a tantissimi altri suoi colleghi. Basti
pensare ai budget che normalmente vengono stanziati per i suoi film
o al fatto che, nonostante la pandemia globale, la sua ultima
fatica, Tenet, sia comunque uscita al cinema la scorsa
estate, proprio sotto insistenza dello stesso regista.