La recensione di
The Hunt fa parte di quel gruppo di
testi, più o meno critici, che in queste settimane parlano di film
che saltano l’uscita in sala. Ebbene, anche questa storia, che fa
l’occhiolino al B-Movie e al thriller d’autore contemporaneamente,
si inserisce a quella schiera di titoli che arriveranno
direttamente a portata di click, sulle innumerevoli piattaforme in
grande spolvero, data la chiusura delle sale a causa dell’emergenza
sanitaria. In questo caso, il film con protagonista Betty
Gilpin è disponibile su Chili.
The Hunt è
il terzo film prodotto dalla Blumhouse distribuito, anche se con
metodo alternativo, quest’anno. Dopo Fantasy
Island e L’uomo
invisibile, anche questo terzo progetto, diretto
da Craig Zobel, rispecchia lo spirito produttivo
della casa di Jason
Blum: basso budget e storia accattivante, oltre ad un
pacchetto di interpreti che riesce sempre a ricavare il massimo
dalla storia, spesso ridotta all’osso.
The Hunt, la trama
In questo caso, al centro della
scena c’è una inarrestabile Betty
Gilpin. Abbiamo imparato ad amare l’attrice sui ring
di GLOW, serie di Netflix, ed ora Gilpin porta le sue misure da pin-up
in un campo del massacro. Nella storia è Crystal, vittima di una
caccia (da cui il titolo). Un gruppo di persone si risveglia in un
luogo ignoto, tutti hanno bavagli e mani legate. Impiegano molto
poco tempo a capire cosa sta succedendo: sono vittime di una caccia
mortale in cui sono loro stessi le prede. Tra loro, c’è Crystal una
donna che sembra nata allo scopo di sopravvivere, ma lei vuole di
più, vuole sapere anche chi l’ha messa in quel posto, e perché. La
preda diventerà quindi cacciatrice dei propri carnefici.
Damon Lindelof e
Nick Cuse firmano la sceneggiatura e mentre Cuse
lo conosciamo per aver firmato un paio di episodi dell’acclamato
Watchmen, l’attenzione ricade subito sul
nome di Lindelof, che non può certo dire che la costanza appartenga
alla sua carriera. Autore tra alcuni dei tonfi cinematografici più
pesanti degli anni passati, tra cui Cowboys and
Aliens e Tomorrowland,
Damon Lindelof è anche autore di alcuni dei
prodotti più affascinanti degli ultimi tempi, tra cui
Leftovers e proprio il capolavoro
Watchmen. Per questo approcciarsi al suo
lavoro è sempre una scommessa.
Questa volta però lo sceneggiatore
vince la partita, proprio perché gioca su un terreno facile, senza
rinunciare al colpo di scena finale, ma portando avanti un racconto
che si rifà al B-movie come strumento di critica sociale, un po’
come ha fatto già Jordan Peele in Get
Out e in Us, ma senza la
sua finezza registica, dal momento che in questo caso il compito è
svolto con diligenza ma senza eccessivi guizzi da Zobel.
La recensione di The Hunt
The
Hunt è una variazione sul tema della lotta di classe
che sembra estremamente di moda in quest’ultimo periodo. Dopo il
citato Us di Peele, e lo stesso
Parasite, film premio Oscar di
Bong Joon-ho, The Hunt
si inserisce, da fratello minore ovviamente, nella stessa categoria
di titoli che provano a fare una riflessione tra la divisione in
classi di una società che sembra sempre meno attenta all’essere
vivente e alla sua umanità.
Giustiziera con più di qualche
macchia nel suo passato, la Crystal di Betty
Gilpin sorprende per una fisicità che ha molto
poco di moderno e che ricorda più gli eroi pieni di testosterone
del cinema action anni ’80: vitino di vespa, seno abbondante,
fianchi generosi e una forza e un grinta da fare invidia alle
atletiche protagoniste dei cinecomic tanto in voga in questo
momento. La sua protagonista è una antieroina che sembra
non avere corrispettivi della storia del cinema eppure che riporta
alla mente quegli archetipi narrativi saldi nella memoria
collettiva e principalmente legati ai corpi maschili.
The Hunt è
un film talmente semplice da risultare quasi banale, eppure molto
efficace nel recapitare il suo messaggio. Non rinuncia al twist ma
nemmeno, in maniera grottescamente comica, a confortare lo
spettatore che segue la caccia di Crystal.
Powered by 