È da tempo ormai che si parla della
possibilità che Namor il Sub-Mariner possa fare il
suo debutto nel MCU grazie a Black
Panther 2: se così fosse, alla Fase 4 del MCU spetterebbe il compito di
“impostare” ufficialmente il personaggio. Namor è uno dei
personaggi più affascinanti dei fumetti e, tecnicamente, è uno dei
primi mutanti ad aver fatto la sua apparizione. Il suo
atteggiamento feroce e il suo comportamento severo lo rendono sia
un degno sovrano del regno sottomarino di Atlantide, sia un
personaggio molto difficile con cui andare d’accordo, dal momento
che ha causato buona parte dei conflitti tra i suoi compagni eroi e
il mondo in superficie.
Una delle rivalità più famose di
Namor nei fumetti è con un altro re: il T’Challa
di Wakanda. Per anni avevano prestato servizio insieme come membri
degli Avengers, ma durante gli eventi di Avengers vs
X-Men, Namor (che era stato imbevuto dei poteri della Fenice),
tentò di distruggere la nazione di Wakanda. Ciò ha provocato una
sorta di “guerra fredda” tra i due personaggi, con ripetuti
attacchi contro le rispettive nazioni; alla fine, la regina Shuri
ha ordinato un feroce attacco alla nazione di Atlantide,
lascinadola in rovina. L’astio reciproco tra i due personaggi ha
continuato a crescere negli ultimi anni, dando vita ad una delle
rivalità dei fumetti più apprezzate di sempre.
A causa della loro storia, i fan del
MCU hanno ipotizzato (e sperato)
che Namor potesse apparire in Black
Panther 2 come villain principale. Anche se il
rapporto di Namor e T’Challa con il potere e la regalità sarebbe un
ostacolo interessante l’uno per l’altro, c’è un’enorme possibilità
che Namor possa effettivamente fare la sua prima apparizione o
essere menzionato molto prima nel MCU. A causa della narrativa
altalenante della Fase 4, Namor potrebbe fare il suo debutto ne
Gli
Eterni.
Un punto importante della trama del
film e dei personaggi, in generale, è che gli Eterni sono
immortali: una propaggine evolutiva creata dai Celestiali per
difendere la Terra dalle loro controparte malvagia, i Devianti. A
causa della loro longevità, gli Eterni hanno interagito con i
membri dell’antico pantheon divino della Marvel e hanno persino interagito
con gli antichi greci per conto di divinità come Zeus e Atena.
Essenzialmente, sono stati testimoni di quasi tutta la storia
umana, cosa che gli ha resi dei veri e propri esperti di antiche
conoscenze umane, oltre che supereroi.
Il MCU saprà sfruttare il
potenziale narrativo di un personaggio come Namor?
Con il film in uscita il prossimo
anno, non c’è dubbio che lo stesso mostrerà alcuni degli eventi che
gli Eterni hanno vissuto, solo per dare al pubblico un assaggio di
chi sono. Uno di questi eventi importanti potrebbe benissimo essere
la distruzione originale di Atlantide, l’evento cataclismico che la
fece collassare in mare e prosperare come società sottomarina.
Questo sarebbe il modo perfetto per impiantare l’idea di un regno
sottomarino nella mente degli spettatori in modo che, se
Namor il Sub-Mariner dovesse davvero fare
un’apparizione in Black
Panther 2, la civiltà atlantidea non sembrerebbe
uscire dal nulla.
Tuttavia, c’è anche la possibilità
che lo stesso sovrano di Atlantide possa apparire nel film. Con
Kit Harington destinato ad interpretare il
Black Knight del MCU, i fan non hanno ancora idea
del tipo di storia che il film racconterà, mentre è già stato
confermato che altri titoli della Fase 4 avranno toni e atmosfere
tipiche di un ensemble movie in stile Avengers. Se il
MCU vuole davvero capitalizzare il
potenziale narrativo del personaggio all’inizio, Gli
Eterni è il film perfetto dove farlo apparire e
perpettergli di lasciare un segno sul grande schermo prima del suo
arrivo in Black
Panther 2.
Cresce l’attesa per i prossimi
episodi di The Mandalorian 2 e dopo le rivelazioni
del quinto episodio, oggi Hal Hickel,
dirigente della LucasFilm ha postato una suggestiva dichiarazione
che lascia intendere quanto dovremo aspettarci dai prossimi
episodi.
Y’all in for a rollercoaster these last
three episodes. 🙂
#Mandalorian
Nel Tweet Hickel asserisce che dovremmo essere pronti alle
“montagne russe degli ultimi tre episodi”. Che dire, è
un’affermazione che lancia aspettative enormi per il prosieguo
della stagione.
The Mandalorian 2
è la seconda stagione della serie tv
The
Mandalorian live action basata sull’universo di
Star Wars prodotta dalla LucasFilm per la piattaforma
streaming Disney+.
Ambientata nell’universo di Guerre
stellari dopo le vicende de Il
ritorno dello Jedi e prima di Star
Wars: Il risveglio della Forza, racconta le avventure
di un pistolero mandaloriano oltre i confini della Nuova
Repubblica. Dopo la caduta dell’Impero, nella galassia si è diffusa
l’illegalità. Un guerriero solitario vaga per i lontani confini
dello spazio, guadagnandosi da vivere come cacciatore di taglie.
Ambientata dopo la caduta dell’Impero e prima della comparsa del
Primo Ordine, The
Mandalorian racconta le difficoltà di un
pistolero solitario che opera nell’orlo esterno della galassia,
lontano dall’autorità della Nuova Repubblica. La serie ha come
protagonista Pedro Pascal nei panni del Mandaloriano.
La serie The
Mandalorian è prodotta e scritta
da Jon
Favreau (già produttore de Il Re
Leone e delle saghe
di Avengers e Iron Man). Nel cast
anche Gina
Carano (Deadpool, Fast
and Furious); Carl Weathers (Apollo
Creed nella saga di Rocky), Nick
Nolte (Cape Fear, Il Principe delle
maree), Emily
Swallow (Supernatural, Le regole
del delitto perfetto), Taika
Waititi (premio Oscar 2019 per JoJo
Rabbit), Giancarlo
Esposito (Fa’ la cosa
giusta, Breaking Bad) e Omid
Abtahi (24, Homeland, Star
Wars: The Clone Wars).
The
Mandalorian, prodotta in esclusiva per Disney+ da Lucasfilm, è
la prima serie live-action di Star Wars e, nei suoi 8 episodi,
racconta vicende ambientate dopo la caduta dell’Impero, quando
nella galassia si è diffusa l’illegalità. Protagonista è un
guerriero solitario che vaga per i lontani confini dello spazio,
guadagnandosi da vivere come cacciatore di taglie. A
interpretarlo Pedro
Pascal (Game of
Thrones, Narcos).
George Lucas si è unito alle legioni di fan,
attori e creativi legati all’universo di Star Wars che stanno rendendo omaggio al
compianto David Prowse, scomparso questo fine settimana.
Prowse è stato l’attore che ha indossato la memorabile armatura di
Darth Vader in tutti i film della trilogia
originale, dando così vita al celeberrimo villain (doppiato nei
film da James Earl Jones). Prowse è morto all’età
di 85 anni.
In seguito alla notizia della
scomparsa dell’attore, i tributi a David Prowse sono arrivati da ogni parte del
mondo. Senza il preziosissimo contribuito di Prowse, Darth Vader
non sarebbe certamente diventato l’iconico cattivo che rimane
ancora oggi, a circa quattro decenni dal debutto di
Una Nuova Speranza.Mark Hamill, che ha recitato al fianco di
Prowse nei panni di Luke Skywalker, ha spiegato come la loro
rivalità sul grande schermo abbia ceduto il passo a rispetto e
ammirazione profondi nella vita reale. Altre star che hanno reso
omaggio a Prowse attraverso i social media sono state
William Shatner, Warwick Davis, Joonas Suotamo
(che ha interpretato Chewbacca nella trilogia sequel) e Rosario Dawson, che proprio di recente ha
debuttato nei panni di Ahsoka Tano nell’acclamata serie
The
Mandalorian.
George Lucas, il creatore del franchise, si
ora espresso in merito alla morte di David Prowse. Nei commenti fatti a StarWars.com,
Lucas ha parlato di come la presenza fisica di Prowse si prestasse
perfettamente al tipo di personaggio che
Darth Vader doveva essere. “David ha portato una fisicità a
Darth Vader che era essenziale per il personaggio”, ha
spiegato Lucas. “Ha fatto saltare Vader fuori dalle pagine e
sul grande schermo, con una statura imponente e prestazioni di
movimento per abbinare l’intensità e la sottocorrente della
presenza di Vader. David era pronto a tutto e ha contribuito al
successo di quella che sarebbe diventata una figura tragica e
memorabile. Che riposi in pace.”
Prima di interpretare il personaggio
di
Darth Vader, David Prowse era un sollevatore di pesi e
bodybuilder, il che lo ha aiutato a creare quella fisicità che
sarebbe poi diventata il marchio del personaggio. Prowse ha anche
fatto un’audizione per un altro ruolo nel franchise che richiedeva
altrettanta forza e una statura a dir poco impressionante:
Chewbacca. Alla fine la parte è stata affidata a Peter Mayhew, purtroppo anche lui scomparso di
recente, nell’aprile del 2019.
La versione di Black Panther disponibile su Disney+ contiene ora uno speciale
tributo al suo protagonista, il compianto Chadwick Boseman. Sono passati solo pochi mesi
dalla sconvolgente notizia della morte dell’attore, che ha
combattutto in silenzio, per quattro lunghi anni, contro un cancro
al colon. In quello stesso lasso di tempo, Boseman è diventato uno
dei volti più riconoscibili del MCU grazie alla sua interpretazione
di T’Challa in ben quattro film dell’universo condiviso.
Ieri 29 novembre, Chadwick Boseman avrebbe compiuto 44 anni. Per
l’occasione, la Disney ha voluto commemorare ancora una volta la
memoria dell’attore attraverso uno speciale tributo: una nuova
opening prima dell’inizio di Black Panther. Ad anticipare l’omaggio era già
stato l’ex CEO della Disney, Bob Iger, via
Twitter, nella giornata del 28 novembre: “A tutti i fan di
Black Panther: guardate il film su Disney+ stanotte. Ci sarà un tributo
speciale nei confronti di qualcuno che è stato e sarà sempre vicino
ai nostri cuori”, aveva scritto.
La nuova opening consiste
sostanzialmente in una nuova animazione del classico logo dei
Marvel Studios, che è stata modificata
includendo soltanto immagini di Chadwick Boseman nei panni di T’Challa. Potete
ammirare il nuovo intro di seguito:
Tutto quello che sappiamo su Black Panther 2
Di recente è stato annunciato che le
riprese di Black
Panther 2 partiranno ufficialmente a luglio 2021
e si terranno ad Atlanta, in Georgia. La produzione del film durerà
sei mesi. La data di uscita nelle sale americane resta confermata
per il 6 maggio 2022. Per quanto riguarda il cast del film,
Letitia Wright (Shuri), Angela
Bassett (Ramonda), Lupita
Nyong’o (Nakia), Danai
Gurira (Okoye), Winston
Duke (M’Baku) e Martin
Freeman (Everett Ross) torneranno nei panni dei
rispettivi personaggi interpretati già nel primo film.
È da tempo che si parla della
possibilità che il personaggio di Suri interpretato da Wright possa
avere un ruolo di maggior rilievo nel nuovo film: in passato, la
stessa attrice aveva dichiarato che accetterebbe volentieri la
sfida qualora la sorella di T’Challa dovesse mai assumere il ruolo
di Pantera Nera. Nel frattempo, è stato anche confermato che
l’attore Tenoch Huerta(Narcos:
Messico) è in trattative con i Marvel Studios per interpretare il villain
principale nel sequel, che sarà scritto e diretto ancora una volta
da Ryan Coogler.
Al momento non sappiamo ancora in
che modo la storia di Black
Panther 2 farà fronte alla tragica scomparsa
di Chadwick
Boseman; quel che è certo è che l’attore non sarà
ricreato digitalmente. A confermarlo è stata, di recente, Victoria
Alonso, Executive dei Marvel Studios. “No. C’è un
solo Chadwick e non è con noi”, aveva dichiarato
via The
Wrap. “Il nostro re, purtroppo, è morto nella vita
reale, non solo nella finzione, e ci stiamo prendendo un po’ di
tempo per vedere in che modo tornare alla storia e cosa faremo per
onorare questo capitolo di ciò che ci è accaduto, inaspettato,
doloroso, e terribile.”
Nonostante, quindi, la morte del
personaggio, forse la storia di Heimdall nel MCU potrebbe non essersi del tutto
conclusa. L’ultimo post condiviso su Instagram da
Taika Waititi potrebbe essere un’indicazione del fatto
che il personaggio di Idris Elba farà un’apparizione
nell’attesissimo Thor: Love and
Thunder. Il regista, infatti, ha condiviso uno scatto
che lo ritrae proprio insieme all’attore britannico: lo scorso fine
settimana, infatti, i due hanno visitato la All Blacks, la squadra
di rugby della Nuova Zelanda. Considerando che le riprese di
Thor
4 sono ormai prossime a partire, alcuni hanno visto questa
reunion tra i due come un segnale che Elba sarà presente
cinecomic di Waititi.
Tuttavia, vale la pena notare che
Taika Waititi e Idris Elba hanno lavorato anche al di fuori
del MCU. Più di recente, i due hanno
recitato nell’attesissimo The
Suicide Squad di James Gunn, in cui Elba interpreterà
Bloodsport, mentre il ruolo di Waititi non è stato ancora svelato;
forse, hanno avuto la possibilità di consolidare ancora di più il
loro rapporto proprio durante la lavorazione del cinecomic di
Gunn…
Considerato che, di recente,
Thor: Love and
Thunder è stato descritto come
una sorta di film in stile Avengers proprio a causa
dell’alto numero di personaggi che la storia coinvolgerà, non è
così assurdo ipotizzare un ritorno di Heimdall. È possibile che in
qualche modo sia sopravvissuto alla distruzione della nave
asgardiana in Infinity
War; altrimenti, il suo eventuale cameo potrebbe avvenire
attraverso un flashback. Non ci resta che attendere eventuali nuovi
aggiornamenti.
Thor: Love and
Thunder è il titolo ufficiale del quarto capitolo
sulle avventure del Dio del Tuono nel MCU, ma ad impugnare il Mjolnir
stavolta sarà Jane Foster, interpretata di nuovo
daNatalie
Portman, come confermato sabato durante il
panel dei Marvel Studios al Comic-Con. L’uscita nelle
sale è fissata invece al 11 febbraio 2022.
Taika Waitititornerà alla regia di un film dei
Marvel Studios dopo Thor:
Ragnarok, così come Chris
HemswortheTessa
Thompson riprenderanno i rispettivi ruoli di Thor
e Valchiria dopo l’ultima apparizione in Avengers:
Endgame. L’ispirazione del progetto arriva dal fumetto
“The Mighty Thor”, descritto da Waititi come “la perfetta
combinazione di emozioni, amore, tuono e storie appassionanti con
la prima Thor femmina dell’universo“.
Dave Prowse, l’ex
bodybuilder di Bristol noto per aver interpretato Darth Vader nella
trilogia originale di Star Wars, è morto all’età di 85
anni. Prowse è stato scelto come Vader per il suo fisico
imponente, anche se il ruolo è stato doppiato da James Earl
Jones.
“Che la forza sia con lui,
sempre!” ha detto il suo agente Thomas Bowington. “Anche
se famoso per aver interpretato molti mostri – per me e per tutti
coloro che conoscevano Dave e lavoravano con lui, era un eroe nelle
nostre vite.” Il signor Bowington ha definito la morte
dell’attore, dopo una breve malattia, “una perdita veramente e
profondamente straziante per noi e per milioni di fan in tutto il
mondo”.
La carriera di Prowse come attore è
durata 50 anni, ma è stato il suo ruolo di Signore dei Sith in Star
Wars a portarlo alla fama internazionale. Sfortunatamente, il
suo accento del West Country non è stato ritenuto adatto per la
parte di un minaccioso cattivo di Hollywood e le sue battute sono
state doppiate.
Tuttavia, Prowse è stato una
presenza definitiva in tutti e tre i primi film, grazie al suo
imponente fisico, era alto 198 cm, affinato dalle abilità di
sollevamento pesi che lo hanno visto rappresentare l’Inghilterra ai
Giochi del Commonwealth nei primi anni ’60.
Durante questo periodo, avrebbe
stretto amicizia con i concorrenti rivali di bodybuilding
Arnold Schwarzenegger e Lou
Ferrigno (in seguito meglio conosciuto come L’incredibile
Hulk della TV), molto prima della loro fama sullo schermo.
Ma fu anche personal trainer di
Christopher Reeves, preparandolo al ruolo di
Superman, ed ha debuttato al cinema nel 1967, interpretando la
Creatura di Frankenstein in una parodia di James Bond, una parte
che gli è stato chiesto di interpretare di nuovo in due film
dell’iconica serie Hammer, Horror of Frankenstein degli anni ’70 e
Frankenstein and the Monster From Hell del 1974.
Ha anche partecipato regolarmente a
serie cult come The Saint, Space 1999 e Doctor Who, in cui è stato
scelto come minotauro nell’episodio del 1972 The Time Monster, al
fianco di Jon Pertwee.
Avvistato dal regista George Lucas
nel film Arancia Meccanica del 1971, in cui interpretava una
guardia del corpo, Prowse è stato invitato a un’audizione per i
ruoli di Darth Vader e Chewbacca in Star Wars: Episode IV –
Una Nuova Speranza. In seguito ha detto a Tanya
Beckett della BBC che scelse di interpretare Vader invece che
Chewbacca, perché i cattivi restano più impressi nella memoria.
Con il successo di Star Wars, Prowse
è diventato un personaggio fisso nel circuito dei fan e ha
partecipato a convention in tutto il mondo per quasi 40 anni, ma si
dice che in seguito abbia litigato con il regista Lucas ed è stato
bandito dagli eventi ufficiali nel 2010.
COLLECT PICTURE – David Prowse as The Green cross Code
Man
Nonostante il continuo successo per
Star Wars, l’attore ha sempre sostenuto che il Green Cross
Code Man, che ha interpretato per la prima volta nel 1975,
è stato il “miglior lavoro che abbia mai avuto”. Vestito con
un caratteristico costume da supereroe verde e bianco, è diventato
il volto della sicurezza stradale britannica per oltre un decennio,
noto per il suo slogan “Fermati, guarda e ascolta”.
Cresciuto a Bristol, ha trascorso i
suoi ultimi anni vivendo a Croydon come “amorevole marito, padre e
nonno”. La sua autobiografia Straight from the Force’s Mouth è
stata pubblicata nel 2011.
Si chiude oggi, sabato 28 novembre,
il 38 Torino Film Festival, la prima edizione diretta da Stefano
Francia di Celle e completamente online. I film vincitori saranno
annunciati nel corso della premiazione che avrà luogo, in diretta
dalla Mole Antonelliana, a partire dalle ore 18:00 sul canale
YouTube e sull’account Facebook del Torino Film Festival.
9 giorni di programmazione, 133 film
– di cui 64 lungometraggi, 15 mediometraggi, 54 cortometraggi, 29
lungometraggi opere prime, 52 anteprime mondiali, 16 anteprime
internazionali, 4 anteprime europee, 40 anteprime italiane su un
totale di oltre 4.000 opere visionate – e un fitto calendario di
eventi collaterali, conferenze stampa, presentazione di libri,
incontri con gli autori e masterclass.
“Siamo riusciti nell’impresa per
nulla scontata di dare una soluzione di continuità al festival,
nonostante la situazione di estrema difficoltà nella quale ci
troviamo, preservandone l’identità – sottolinea Enzo Ghigo,
presidente del Museo Nazionale del Cinema. I miei complimenti vanno
a Stefano Francia, per il risultato particolarmente significativo
ed eclatante che abbiamo raggiunto. I consensi raccolti ci
confermano che abbiamo fatto la scelta giusta, non solo proponendo
i film su piattaforma ma creando un vero e proprio
programma con eventi, incontri, masterclass. Un patrimonio che
resta online, i cui contenuti diventano un arricchimento del
bagaglio complessivo del festival. L’appuntamento è per l’edizione
del 2021 che faremo sia online che in presenza”.
“Questa edizione del Torino Film
Festival è stata straordinaria e innovativa, come d’altronde è il
cinema – afferma Domenico De Gaetano, direttore del Museo Nazionale
del Cinema. Per la prima volta abbiamo gestito un evento
completamente online, trovando nuove vie di comunicazione e di
fruizione per quello che è uno degli appuntamenti culturali più
importanti della città. Il cinema nasce in sala, è lì che si compie
la magia, e nulla la potrà sostituire, ma in questa particolare
avventura il pubblico ci ha dato ragione. Si aprono così
prospettive nuove, non soltanto per i festival che il museo
gestisce ma anche per tutti i
numerosi eventi culturali che propone”.
“Ho sempre amato il cinema per la
possibilità di viaggiare nel mondo e conoscere persone diverse da
me, e per la capacità di condensare, nell’arco di un cortometraggio
o un lungometraggio, le emozioni, i colori, i suoni, i volti, i
sorrisi di tutto il mondo – racconta Stefano Francia di Celle,
direttore del Torino Film Festival. In questa edizione online tutto
ciò è avvenuto in maniera ancora più forte, perché i 133 produttori
e registi si sono prestati magnificamente al gioco serio di
promuovere bellissimi film attraverso una proposta innovativa. Il
cinema ha sempre avuto per me un ruolo fondamentale: i film e
l’opera dei grandi registi – ma anche dei giovani autori – che ho
visto proprio al Torino Film Festival mi hanno formato sia dal
punto vista professionale che umano. Ringrazio con tutto il cuore
la meravigliosa squadra del TFF, per aver saputo gestire il
passaggio da festival ibrido a solo online e per aver fatto propri
i temi sociali e di inclusione, solida base dalla quale è nato
tutto il 38° Torino Film Festival”.
I film vincitori dei premi ufficiali
del 38 TFF saranno proposti in replica su MYmovies a partire dalle
ore 19:00 di sabato 28 novembre fino alle ore 24:00 di domenica 29.
Biglietti 3,50 euro; gli abbonati potranno accedere alla sala
virtuale, compatibilmente con i posti disponibili, senza
maggiorazioni di costo.
Ma il Torino Film Festival non si
ferma qui, e propone una maratona di Capodanno, sempre su MYmovies,
dalle 12 del 31 dicembre e per 24 ore. Per info
www.torinofilmfest.org.
TORINO 38 | Concorso Internazionale
Lungometraggi
Giuria composta da Waad Al-Kateab (Siria), Jun Ichikawa (Giappone),
Paola Randi (Italia), Martina Scarpelli (Italia), Homayra Sellier
(Iran).
Miglior Film (€18.000) BOTOX di
Kaveh Mazaheri (Iran-Canada, 2020)
Premio Speciale della Giuria SIN
SEÑAS PARTICULARES di Fernanda Valadez (Messico-Spagna, 2020)
Giuria composta da Stefano Cravero
(Italia), Gaia Furrer (Italia), Paola Piacenza (Italia).
Miglior film per Internazionale.doc (€ 6.000)
THE LAST HILLBILLY di Diane Sara Bouzgarrou e Thomas Jenkoe
(Francia, 2020)
MOTIVAZIONE: “Per lo struggente racconto di un mondo in
dissoluzione abitato da uomini e donne dimenticati costretti a fare
i conti con l’illusione di un falso progresso. Per il rispetto e
l’affetto dimostrato nei confronti dei personaggi, svelati
poeticamente e senza retorica.”
Premio Speciale della giuria per
Internazionale.doc
OUVERTURES di The Living and the Dead Ensemble (Francia, 2020)
MOTIVAZIONE: “Con questo film che dimostra il valore del lavoro
collettivo, la Storia e il presente dialogano in un processo
creativo colto nel suo farsi, in cui la ricerca procede liberamente
e per divagazioni. Un viaggio profondo e affascinante nel concetto
di rivoluzione e nell’identità di un Paese.”
TFFdoc – ITALIANA.DOC | Concorso
Documentari Italiani
Giuria composta da Stefano Cravero (Italia), Gaia Furrer (Italia),
Paola Piacenza (Italia).
Miglior film per Italiana.doc (€ 6.000)
PINO di Walter Fasano (Italia, 2020)
MOTIVAZIONE: “Per la capacità di tradurre un lavoro su commissione
in un’esplorazione creativa libera e personale. Coniugando il
ritorno al luogo d’origine con il paradosso, l’anticonformismo, il
gesto vulcanico di Pascali, il film trasporta lo spettatore in una
dimensione in cui materiali d’archivio, parole e suoni sono
presenze vive che aprono un dialogo tra artista e cineasta.”
Premio Speciale della giuria per
Italiana.doc
AL LARGO di Anna Marziano (Italia, 2020)
MOTIVAZIONE: “Attraverso il flusso immersivo delle immagini e delle
parole la regista ci avvicina alla realtà del dolore e alle sue
conseguenze sullo spirito dell’uomo: la solidarietà, la cura, il
senso della sofferenza. In una conversazione a più voci in cui
saggio, esperienza sensoriale e poesia si intrecciano.”
ITALIANA.CORTI | Concorso
Cortometraggi Italiani
Giuria composta da Martina Angelotti (Italia), Francesco
Dongiovanni (Italia), Elisa Talentino (Italia).
Miglior film per Italiana.corti (€ 2.000)
OLD CHILD di Elettra Bisogno (Belgio, 2020)
MOTIVAZIONE: “L’abbandono della propria terra, evocato da un
viaggio filmico vitale, fatto di suoni e memorie, privo di
stereotipi linguistici e narrativi”.
Premio Speciale della giuria per
Italiana.corti
MALUMORE di Loris Giuseppe Nese (Italia, 2020)
MOTIVAZIONE: “Per la capacità con cui affronta il disagio della
precarietà quotidiana, adottando un linguaggio estetico, essenziale
e al contempo visionario”.
PREMIO FIPRESCI – Premio della
Federazione Internazionale della Stampa
Giuria composta da Hala El Mawy (Egitto), Ariel Schweitzer
(Israele), Silvana Silvestri (Italia).
Miglior Film Torino 38
MOVING ON di Dan-bi Yoon (Corea del Sud, 2019)
MOTIVAZIONE: “Per la sua visione sottile della famiglia, della
crudeltà ma anche della tenerezza e dell’umanità che caratterizzano
i rapporti familiari, per l’eleganza e la maturità del suo stile,
la giuria Fipresci ha deciso di assegnare il suo premio al film
sudcoreano Moving on del regista Dan-bi Yoon”.
I PREMI COLLATERALI
PREMIO RAI CINEMA CHANNEL | Miglior film scelto nelle sezioni
Torino 38 Corti e Italiana.corti
€ 3.000 e acquisizione diritti web e free tv per l’Italia
A BETTER YOU di Eamonn Murphy (Irlanda, 2020)
MOTIVAZIONE: “Opera cinematografica di assoluta originalità, che
scava con ironia nell’insicurezza e nella timidezza dell’animo
umano in relazione con gli altri. A tratti distopico e
anacronistico, fa riflettere sull’eccessivo utilizzo dei social
network, sempre guidato da un’eccellente mano registica e da una
magistrale interpretazione”.
PREMIO ACHILLE VALDATA| Miglior film
scelto nelle sezioni Torino 38
Giuria dei lettori di TorinoSette – La Stampa
EYIMOFE THIS IS MY DESIRE di Arie & Chuko Esiri (Nigeria, 2020)
MOTIVAZIONE: “Per aver interpretato il tema dell’emigrazione con un
taglio alternativo, dal punto di vista del migrante prima che lo
diventi. In una sorta di neorealismo gli autori rappresentano con
dignità la difficile vita quotidiana di Lagos senza cadere nel
melodramma e nella compassione”.
Il genere crime è uno dei più
diffusi sia al cinema che in televisione, amatissimo dalla maggior
parte degli spettatori. Può sembrare strano ma c’è chi ama passare
le serate alle prese con omicidi e indagini, un po’ come dei
moderni Hercule Poirot e Miss Murple. Tra le
tantissime serie tv crime classiche come Law &
Order e La Signora in
Giallo, ce n’è una francese in particolare,
Profiling, che sta facendo impazzire il pubblico
del mondo intero. Oggi vi parliamo proprio della protagonista di
questa intrigante serie crime europea, interpretata da
Odile Vuillemin.
Scopriamo insieme quindi
tutto quello che c’è da sapere su Odile Vuillemin,
sulla sua vita privata e la sua brillante carriera divisa tra
cinema e televisione.
Odile Vuillemin biografia: gli
inizi della sua carriera
Nata da Marna
l’8 luglio del 1976, Odile Vuillemin è figlia di
un ingegnere e una casalinga ed ha quattro sorelle tra cui una
gemella, Sophie. Quando Odile compie quattro anni, la famiglia
decide di trasferirsi da Marna a Metz, dove lei e le sue sorelle
trascorrono tutta l’infanzia e l’adolescenza.
Dopo il diploma, decide di
prepararsi per entrare allo HEC (École des Hautes Etudes
Commerciales de Paris), conosciuta semplicemente come
Paris School of Business Studies. Tuttavia, la
Vuillemin cambia idea in corso d’opera e finisce con il prendere un
percorso di studio completamente diverso.
Odile decide di restare a Parigi e
studia sociologia, psicologia e lingue
straniere (in particolare cinese e
tahitiano), con l’idea di diventare
un’etnologa. L’etnologia è una
branca dell’antropologia e si occupa dello studio e del confronto
delle popolazioni mondiali, analizzandone tutte le differenze
socio-culturali.
Nonostante la sua strada si sia già
ben delineata, Odile sorprende tutti e fa un ulteriore cambio di
rotta. Appassionatasi un po’ per caso al teatro,
decide quindi di approfondire i suoi studi e comincia a prendere
lezioni di recitazione seguendo i Cours d’art dramatique
René-Simon, conosciuti semplicemente come Cours Simon.
Situata a Parigi, la scuola è una delle più antiche di Francia,
destinate alla formazioni professionale di nuovi attori.
Grazie alla sua dedizione e alle
lezioni della scuola d’arte drammatica, nel 2001 Odile intraprende
finalmente la sua carriera d’attrice.
Odile Vuillemin film e serie
tv
Il suo debutto al cinema come
attrice risale al 2001 quando Odile viene scelta
per interpretare un ruolo minore nel nuovo film di
Jean-Paul Civeyrac, dal titolo Le Doux
Amour des Hommes. A quel primo esperimento cinematografico
ne seguiranno poi molti altri. In quegli anni infatti la vediamo
nei film Podium (2004), À tout de
suite (2004) – diretto da Benoît Jacquot
-, Syprien (2009), J’aime Regarder Les
Filles (2011), Furax (2012) e
Love Is In The Air – Turbolenze D’Amore
(2013).
Contemporaneamente, Odile comincia
però a lavorare anche in televisione. Dal 2007 in poi la vediamo
infatti partecipare a numerosi progetti televisivi come film, serie
e miniserie. Tra i suoi progetti più importanti ricordiamo le serie
tv C’est Vostre Histoire (2007) – suo debutto
ufficiale sul piccolo schermo -, Profiling
(2009-2016), Xanadu – Una Famiglia a Luci Rosse
(2011), Les Innocents (2018) e La Dernière
Vague (2019).
Odile inoltre è stata tra i
protagonisti di diversi film per la televisione. Tra i più
importanti ricordiamo L’amore Sbagliato
(L’Emprise, 2015), Entre Deux Mères (2016),
Delitto a Courrières (Les Crimes Silencieux,
2017), Né sous silence (2018),
Piégés (2018) e Un Homme Parfait
(2019).
Nonostante il suo debutto come
attrice risalga al 2001, Odile Vuillemin raggiunge però la
notorietà soltanto otto anni più tardi. Il 2009 è un anno
importante per l’attrice francese che finalmente ottiene un ruolo
da protagonista in quella che poi diventerà una delle serie crime
europee più amate, Profilage.
Odile Vuillemin in Profiling
Ideata da Fanny
Robert e Sophie Lebarbier,
Profilage – conosciuta con il titolo inglese di
Profiling – è una serie crime che racconta dei
casi affrontati dalla Polizia parigina e dalla sua criminologa più
promettente, Chloé Saint-Laurent.
Ci troviamo nella bellissima e
trafficatissima Parigi quando la criminologa Chloé Saint-Laurent
(Odile Vuillemin) viene assegnata alla nuova
squadra investigativa della polizia criminale, guidata da Matthieu
Pérac (Guillaume Cramoisan). A questa divisione
sono affidati i casi d’omicidio più cruenti e complessi e Chloé si
trova a dover fare i conti con un capo a cui è estremamente
difficile rapportarsi.
Mentre Matthieu è assi schematico e
metodico nelle sue investigazioni, Chloè tende ad approcciarsi alle
indagini in maniera differente. La criminologa riesce,
estraniandosi dal gruppo, ad entrare nella testa dell’assassino,
riuscendo a interpretare le sue scelte criminali e a volte ad
anticipare le sue mosse. Inutile dire che non tutti i suoi colleghi
siano proprio entusiasti di questo metodo così poco ortodosso.
Ma se Matthieu non sembra
condividere la sua passione per l’attività di profiling, Chloé ha
il sostegno di tanti nella squadra. Tra questi c’è il Comandante
Thomas Rocher (Philippe Bas), il classico
poliziotto pragmatico che odia le chiacchiere e predilige l’azione.
Nonostante sia parecchio irascibili e brontolone, l’ispettore è uno
dei sostenitori dell’attività di Chloè, rintenuta fondamentale per
la risoluzione del casi.
La serie, in onda dal 2009 al 2018,
è andata avanti per ben 10 stagioni e 102
episodi, non senza stravolgimenti di cast. Durante la
settima stagione, Chloè viene trasferita e la
nuova protagonista diventa Adèle Delettre, interpretata da Juliette
Roudet, che a sua volta resta fino alla nona
stagione.
Odile Vuillemin, perché lascia
Profiling?
Per ben sei stagioni, Odile
Vuillemin è stata la protagonista indiscussa di
Profiling, nonché uno dei personaggi televisivi
francesi più amati dal pubblico. Tuttavia, nel 2016, a sorpresa,
l’attrice annuncia il suo ritiro dalla serie,
notizia che lascia i suoi fan senza parole. Ma come mai Odile è
arrivata a voler abbandonare la serie che l’ha sera così famosa? In
molti si sono posti la stessa domanda e nei mesi successivi
all’annuncio sono state formulate varie ipotesi.
Nel dicembre del 2016, in
un’intervista rilasciata al giornale Le Parisien,
Odile fa un commento a proposito della sua decisione di abbandonare
lo show che però non convince molto il pubblico.
“Lascio Profiling perché ho
bisogno di nuove sfide, di vivere altre esperienze. Chloé mi ha
aiutato ad aprirmi. Questo ruolo è stato in un certo senso
terapeutico”. [fonte:
TéléStar]
Le parole di Odile, molto vaghe e
in un certo senso distaccate, per alcuni dei suoi fan, sembrano
voler celare un problema assai più grandi. Gli attenti
telespettatori della serie, infatti, durante il corso della terza
stagione avevano notato un cambiamento fisico importante nella
protagonista. Odile davanti alle telecamere appariva assai
dimagrita, quasi pelle o ossa e in molti pensavano che il suo stato
fosse attribuibile al forte stress.
Girare una serie per così tante
stagioni è un impegno assai gravoso e che spesso finisce con il
logorare i suoi protagonisti. Per molti quindi la decisione di
Odile di abbandonare la serie è una diretta conseguenza degli anni
di duro lavoro sul set, in aggiunta ovviamente alla volontà di
mettersi alla prova con nuovi progetti.
Odile Vuillemin 2020
L’ultimo dei progetti televisivi a
cui Odile Vuillemin partecipa è un film, un
biopic diretto da Laurent Tuel, dal
titolo Pourquoi Je Vis. Adattamento dei libri
Sous Ton Regard di Laurence
Lemarchal e Mon frère, l’artiste di
Leslie Lemarchal, il film ripercorre tutta la vita
del famoso cantante Grégory Lemarchal.
Pourquoi Je Vis, è
ambientato nel 2004, anno in cui Grégory Lemarchal vince la quarta
edizione di Star Acadamy, un talent musicale
televisivo francese in onda su TF1 dal 2001 al 2013 per ben 9
stagioni. Grégory sceglie proprio quel momento, per annunciare a
più di dieci milioni di telespettatori di essere affetto da una
malattia incurabile.
Grégory è affetto da
fibrosi cistica, una malattia genetica letale che
coinvolge diversi organi interni ma che colpisce maggiormente
l’apparato respiratorio e digerente. A causa di una mutazione
genetica, il corpo non riesce a espellere il muco che,
accumulandosi in brochi e polmoni rende difficile la
respirazione.
“Questo muco chiude i bronchi e
porta a infezioni respiratorie ripetute, ostruisce il pancreas e
impedisce che gli enzimi pancreatici raggiungano l’intestino, di
conseguenza i cibi non possono essere digeriti e assimilati.
“
Pourquoi Je Vis,
ripercorre gli ultimi anni di vita di Grégory
Lemarchal, nato il 13 maggio del 1983 e morto il
30 aprile del 2007, all’età di soli 23
anni. Nel film, Odile Vuillemin interpreta
Laurence Lemarchal, madre del famoso cantante
scomparso.
Odile Vuillemin su Instagram
Se volete essere sempre aggiornati
sulla vita privata e professionale di Odile Vuillemin, vi
consigliamo di seguire il suo account ufficiale Instagram.
Beatrice
Fiorentino è il nuovo Delegato
Generale della Settimana Internazionale della
Critica (SIC), sezione autonoma e
parallela nell’ambito della Mostra Internazionale
d’Arte Cinematografica della Biennale
di Venezia. Nominata all’unanimità dal Consiglio Nazionale del
Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI),
sostituirà Giona A. Nazzaro, chiamato, dopo cinque anni alla
guida della SIC, a dirigere il Festival di Locarno. A Nazzaro,
il SNCCI esprime gratitudine e augura buon lavoro per il nuovo
prestigioso incarico.
Laureata in Filmologia
all’Università di Trieste, Beatrice Fiorentino è
giornalista freelance e critico cinematografico. Ha insegnato
linguaggio cinematografico e audiovisivo all’Università del
Litorale di Capodistria e oggi scrive per Il manifesto,
Il Piccolo, Cinecittà News, 8 e ½. Nel 2014 ha ricevuto il
Premio Akai come “Miglior critico cinematografico” alla
71esima Mostra del Cinema di Venezia e dal 2015 è parte della
commissione “Film della Critica” del Sindacato Nazionale
Critici Cinematografici Italiani. Dal 2016 è selezionatore per
la Settimana Internazionale della Critica di Venezia e dal 2018 è
membro della European Film Academy.
“Raccolgo questa sfida con
entusiasmo e orgoglio, ben consapevole della grande
responsabilità che mi è stata affidata. Assieme alla
commissione di selezione e alla nuova squadra di programmatori
lavoreremo in continuità con la consolidata
tradizione della Sic, sulla scia di chi molto autorevolmente
ci ha preceduti. Non dobbiamo inventare nulla. Resteremo con
gli occhi ben puntati al presente del mondo e al futuro del
cinema” – afferma Beatrice Fiorentino,
nuovo Delegato Generale della Settimana Internazionale della
Critica.
“Il Sindacato Critici ritiene
molto positivo il lavoro svolto in questi anni da Giona Nazzaro e
la nomina di Beatrice Fiorentino, la più stretta collaboratrice del
delegato uscente, intende proprio dare continuità al progetto, che
ha fatto della SIC l’appuntamento principe per intercettare e
segnalare le novità e le trasformazioni del linguaggio
cinematografico ed individuare i più interessanti autori emergenti.
Particolarmente negli ultimi anni, la SIC ha dimostrato grande
capacità di indagare anche fra le cinematografie meno note e meno
condizionate da logiche di mercato, che spesso penalizzano la
libertà creativa” – dichiara Franco
Montini, Presidente del Sindacato Nazionale
Critici Cinematografici Italiani.
La commissione di selezione della
SIC, composta oltre che
da Beatrice Fiorentino, Paola
Casella, Simone
Emiliani e Roberto Manassero,
è stata integrata con la nomina di Enrico
Azzano.
Per ciò che riguarda la struttura
organizzativa della SIC, a sostituire Eddie Bertozzi, cui
ugualmente il SNCCI esprime vivo ringraziamento per il
prezioso lavoro svolto nel corso di dodici anni,
saranno Alessandro Gropplero e Suomi
Sponton alla guida dell’ufficio programmazione
insieme ad Anette Dujisin-Muharay.
Nella carriera decennale degli eroi
Marvel nel MCU, è capitato diverse volte che
questi avessero delle discussioni tra loro. Da alterchi passeggeri
a vere e proprie Guerre Civili (appunto!), molti sono i casi in cui
gli eroi si sono combattuti tra loro prima di trovare un fronte
comune che li ha portati a sconfiggere Thanos alla fine di
Avengers: Endgame. Ecco un elenco di tutti i
momenti di Heroes vs Heroes nel MCU, cosa li ha fatti emergere e
chi li ha vinti.
Iron Man Vs War Machine in Iron Man
2
James “Rhodey” Rhodes
(Don Cheadle) era uno degli amici più stretti di
Tony Stark (Robert Downey Jr.) nel MCU. I due hanno una lunga storia e
sono rimasti fedeli l’uno all’altro fino all’eroica morte di Iron
Man in Avengers: Endgame. Detto questo, non erano
immuni ai disaccordi – in effetti, la capacità di Rhodey di
richiamare al dovere Tony, ogni volte che lui supera il limite era
probabilmente ciò che ha reso la loro dinamica così forte.
Rhodey ha fatto esattamente questo
quando Tony era fuori controllo in Iron Man 2. Sempre più stanco e
spaventato dallo stile di vita sempre più autodistruttivo di Stark,
Rhodey avrebbe rubato una tuta della sua armatura avanzata per
cercare di arginare l’esaurimento nervoso in corso dell’amico. I
due si impegnano nello scontro, probabilmente vinto da Rhodey, che
finisce con lui che vola via con la tuta.
Iron Man Vs Thor in The
Avengers
Dopo aver catturato Loki
(Tom Hiddleston) in Germania all’inizio di
The Avengers, Iron Man, Captain America
(Chris Evans) e Black Widow (Scarlett
Johansson) erano partiti per consegnare il Dio
dell’Inganno a Nick Fury (Samuel L. Jackson)
quando Thor (Chris Hemsworth) entra in scena,
dirotta il loro aereo e prende suo fratello.
Ignaro chi fosse il principe
asgardiano in quel momento, Tony Stark lo ha combattuto, in un
duello in mezzo al bosco. Ogni eroe ha mostrato le proprie abilità,
ma prima di poter determinare chi era il più forte, Capitan America
si è intromesso e ha impedito loro di attaccarsi l’un l’altro,
lasciando il risultato un pareggio.
Hulk Vs Thor in The Avengers
Iron Man non è stato
l’unico eroe che ha combattuto Thor in The
Avengers, poiché il Dio del Tuono è stato incaricato di
affrontare il furioso Hulk (Mark Ruffalo) sul
Quinjet – esattamente quello che Loki voleva che facesse. Durante
la loro intensa battaglia, Thor ha tenuto la sua posizione
abbastanza bene contro il rabbioso mostro verde, usando in modo
creativo Mjölnir per neutralizzarlo.
L’alter-ego di Bruce Banner,
tuttavia, è stato distratto da un pilota dello S.H.I.E.L.D che gli
ha sparato durante la colluttazione. Sebbene non ci sia un chiaro
vincitore durante il loro primo scontro, ci sarà modo di vedere,
più avanti, chi dei due è il vincitore, visto che questa non è la
prima volta che i due si affrontano.
Vedova Nera Vs Occhio di Falco in
The Avengers
Sempre in The
Avengers, Black Widow si scontra con un Occhio di Falco
(Jeremy Renner) che è sotto il controllo mentale di Loki, non solo
nella speranza di impedirgli di causare ulteriori danni, ma anche
per scuoterlo fuori dall’allucinazione indotta dall’asgardiano.
Nonostante non avessero abilità
metaumane, la loro battaglia si è rivelata altrettanto divertente
in quanto i due si sono impegnati in complicati combattimenti corpo
a corpo, evidenziando i rispettivi stili di combattimento. Alla
fine, Natasha Romanoff ha vinto il combattimento, poiché è riuscita
a mettere fuori combattimento Clint Barton, portandolo
efficacemente fuori dalla foschia che gli annebbiava la mente.
Guardiani della Galassia Vs se
stessi in Guardiani della Galassia
Come gli Avengers, il primo
vero incontro dei Guardiani della Galassia tra Star-Lord
(Chris Pratt), Gamora (Zoe
Saldana), Rocket Raccoon (Bradley Cooper)
e Groot (Vin Diesel) non è stato esattamente
amichevole. Ovviamente, il fatto che tutti loro stessero inseguendo
l’Orb non aiutava, con il risultato naturale che le loro
interazioni iniziali sono state piene di conflitti.
Dal momento che questo contesto
introduttivo nei Guardiani della Galassia di James
Gunn aveva tre fazioni che si scontravano tra loro, è un
po’ più complesso stabilire qui chi ha vinto, rispetto ai
precedenti scontri tra eroi. Ogni partecipante è stato in grado di
mettere in mostra le proprie abilità, ma prima che uno potesse
emergere vittoriosamente, i Nova Corps entrano in scena e li
neutralizzano tutti.
Iron Man Vs Hulk in Avengers: Age
Of Ultron
La lotta di Hulk e Iron Man
in Avengers: Age of Ultron è unica in natura
perché anche Bruce Banner partecipa allo scontro. Dopo essersi
unito ufficialmente agli Eroi più potenti della Terra dopo la
Battaglia di New York in The Avengers, Bruce ha
collaborato con Tony Stark per creare un piano di emergenza nel
caso in cui il suo alter ego verde avesse preso il controllo ancora
una volta.
I due hanno inventato il programma
di armatura Hulkbuster, che è tornato utile quando Wanda
(Elizabeth Olsen) ha manipolato la mente di Banner
a Johannesburg, in Sud Africa, provocando la furia di Hulk.
Pilotato dallo stesso Tony, Hulkbuster ha fatto un buon lavoro
contro la creatura, anche se non senza che lui abbia ricambiato con
colpi seri il suo compagno Avenger. Alla fine, Tony nell’Hulkbuster
è stato in grado di sconfiggere Hulk.
Ant-Man vs Falcon in Ant-Man
Nel 2015, i Marvel Studios hanno introdotto un nuovo eroe
che ha la capacità di ridursi di dimensioni:
Ant-Man (Paul Rudd). Sebbene
Ant-Man avesse principalmente una storia indipendente, la
produzione si è assicurata di inserirlo dentro al MCU in maniera coerente. Così, nel
film, Scott Lang è stato inviato in una vecchia struttura della
Stark Industries da Hank Pym (Michael Douglas) per
rubare il Signal Decoy di cui avevano bisogno per fermare Darren
Cross (Corey Stoll), che è stato in grado di
riprodurre la tecnologia Pym e creare la Yellowjacket Suit.
Quello che non sapevano, tuttavia,
era che il complesso era stato trasformato per essere il nuovo
quartier generale degli Avengers. Ed è qui che Ant-Man incontra
Falcon (Anthony Mackie) che sta facendo la sua
ronda di sicurezza. Mentre Scott sembra avere la peggio contro
Falcon, la sua capacità di cambiare taglia ha disorientato
l’avversario. Ha anche ottenuto il Signal Decoy che stava cercando,
quindi è il chiaro vincitore di questo scontro.
Scarlet Witch Vs Vision in Captain
America: Civil War
Mentre si stava già
seminando quella che sarebbe diventata la love story tra Wanda e
Vision (Paul Bettany) a questo punto del MCU, la coppia si è ritrovata a
scontrarsi in una battaglia uno contro uno una volta scoppiato il
conflitto tra Steve Rogers e Tony Stark in Captain America:
Civil War.
Secondo gli ordini di Capitan
America, Occhio di Falco viene incaricato di portare Wanda fuori
dal quartier generale degli Avengers, dove era tenuta. Prendendo le
parti di Iron Man nella discussione sugli accordi di Sokovia,
Vision credeva che fosse meglio per Scarlet Witch rimanere in casa,
per la protezione di lei e degli altri. Sfortunatamente, lei e il
resto del Team Cap percepivano questa soluzione come una prigionia
per la giovane. Vision ha neutralizzato facilmente Clint Barton
mettendolo a dormire, ma Scarlet Witch non ci ha pensato due volte
ad attaccare l’Androide. Ha usato i suoi poteri contro Vision,
spedendolo diversi piani in basso, nell’edificio.
Team Iron Man vs Team Cap in
Captain America: Civil War
La tensione tra Iron Man e
Captain America sugli accordi di Sokovia in Captain
America: Civil War è culminata nella battaglia
dell’aeroporto in Germania, dove loro e i loro rispettivi alleati
si affrontano in una battaglia epica. Sebbene si abbia la
sensazione che gli eroi si stiano ancora trattenendo, è ancora una
delle sequenze di combattimento più memorabili di tutto il MCU.
Nonostante sia stato sopraffatto dal
Team Iron Man, il Team Cap è emerso come il vincitore, ma non
perché hanno sconfitto, ma perché Bucky Barnes e Steve Rogers sono
stati in grado di fuggire dal conflitto grazie a Black Widow che
hanno cambiato squadra all’ultimo minuto. Invece di catturarli e
riportarli a Thunderbolt Ross (William Hurt),
Natasha li ha lasciati andare, dimostrando di vederci molto più
lungo di tutti i suoi colleghi Vendicatori.
Iron Man Vs Capitan America in
Captain America: Civil War
La promozione di
Captain America: Civil War ha lasciato passare
l’idea che la sua migliore sequenza d’azione fosse la lotta
all’aeroporto in Germania, ma la più importante del film è stata la
battaglia finale tra Tony Stark e Steve Rogers nella camera dei
Super Soldati in Siberia. Ammettendo che Bucky Barnes
(Sebastian Stan) è stato effettivamente incastrato
in occasione dell’attacco all’Assemblea delle Nazioni Unite, Tony
ha cercato Steve nella speranza di lavorare insieme per arrivare al
fondo della cospirazione.
Ma proprio in Siberia ha scoperto
che Bucky aveva ucciso i suoi genitori e Steve glielo aveva
nascosto intenzionalmente, e così scoppia l’inferno. Iron Man
insegue Bucky, ma Captain America si mette in mezzo. I due Super
Soldati si sono uniti contro Tony; alla fine Steve è stato in grado
di tenere a freno il suo compagno Avenger. Nonostante ciò, non
sembra una vittoria poiché lo scontro fisico ha creato una frattura
nel loro rapporto ancora più profonda.
Thor Vs Hulk in Thor: Ragnarok
L’incontro tra Hulk e Thor
in The Avengers non ha avuto un chiaro vincitore; sfortunatamente,
la loro rivincita anni dopo in Thor: Ragnarok non
dà un’idea migliore di chi sia davvero più forte tra i due eroi.
Costretto a partecipare alla Gara dei Campioni di Sakaar, il Dio
del Tuono è stato piacevolmente sorpreso quando ha trovato Hulk
dall’altra parte dell’arena.
Nonostante il loro passato,
tuttavia, il Gigante di Giada non è stato clemente con lui. La
coppia ingaggia un’intensa battaglia, ma mentre Hulk sembrava
essere il vincitore, vale la pena notare che il Gran Maestro
(Jeff Goldblum) si è immischiato mentre la lotta
si avvicinava al suo culmine; ha elettrificato Thor, dando un
vantaggio all’alter-ego di Bruce Banner.
Avengers Vs Guardiani della
Galassia in Avengers: Infinity War
La lotta contro Thanos in
Avengers: Infinity War ha riunito tutte le squadre
del MCU e il primo incontro in assoluto
di alcuni dei Vendicatori con i Guardiani della Galassia su Titano
non è stato certo pacifico. Ignari delle reciproche motivazioni, le
rispettive squadre di Star-Lord e Iron Man si scontrano.
Mentre sappiamo che alla fine
trovano un modo per andare appianare le loro differenze e decidono
di lavorare insieme dopo aver realizzato che avevano nel Titano
Pazzo un nemico comune, i Vendicatori potrebbero aver avuto il
vantaggio nello scontro, avendo sia Iron Man che Doctor Strange
dalla loro parte.
Captain America vs Captain America
in Avengers: Endgame
Il viaggio nel tempo in
Avengers: Endgame ha permesso agli eroi di
rivisitare alcuni dei momenti più memorabili della storia del
MCU, tra cui la Battaglia di New
York in The Avengers. Capitan America è stato
incaricato di proteggere la Gemma della Mente, ma un incontro
inaspettato con il suo vecchio se ha portato a una battaglia tra i
due.
Lo Steve Rogers del 2012 pensava che
stesse combattendo contro un Loki travestito, sfuggito dopo aver
fatto le valigie nell’appartamento di Stark, ignaro che in realtà
stava combattendo una versione di se stesso dal futuro. Grazie alla
sua esperienza, però, il Captain America del 2023, ha abilmente
sconfitto il suo vecchio io, dopo averlo distratto dicendogli che
Bucky è ancora vivo.
Black Widow vs Hawkeye in Avengers:
Endgame
Come Thor e Hulk, Vedova
Nera e Occhio di Falco hanno replicato il loro scontro, anche se
per una ragione molto diversa. In Avengers:
Endgame, la coppia è stata inviata per recuperare la Gemma
dell’Anima a Vormir, quello che non sapevano era che, poiché la
Pietra dell’Anima richiede un sacrificio per essere acquisita.
Su Vormir, entrambi gli eroi si
offrono volontari, desiderosi di dare la vita per ottenere la Gemma
dell’Anima e salvare il mondo, mentre contemporaneamente cercano di
impedire all’altro di farlo. Clint Barton e Natasha Romanoff si
sono impegnati in una lotta snervante per determinare chi poteva
saltare per primo dal dirupo, con Black Widow che alla fine ha
“vinto” la battaglia sacrificandosi per il bene della missione.
Nebula Vs Nebula in Avengers:
Endgame
Gli scherzi del viaggio nel
tempo dei Vendicatori in Avengers: Endgame
potrebbero avere conseguenze a lungo termine nell’universo
cinematografico Marvel, ma hanno anche avuto
ripercussioni immediate. Oltre a Capitan America, anche Nebula ha
incontrato la sua vecchia sé, che era ancora un fedele servitore di
Thanos.
Ciò ha provocato un breve confronto
tra la vecchia e la nuova Nebula, poiché la prima ha minacciato di
sparare alla Gamora del 2014, come segno della sua lealtà al padre
adottivo. Nonostante i tentativi di redimere la Nebula ancora
cattiva, alla fine non è stato possibile e così la Nebula del 2023
ha deciso di uccidere la sua sé alternativa più giovane per salvare
sua sorella.
Sean Astin, che ha interpretato Samwise Gamgee
nella trilogia de Il Signore degli Anelli, ha dichiarato che non
può fare a meno di piangere ogni volta che guarda una scena iconica
della trilogia.
Astin, che da bambino ha esordito ne
I Goonies, ha lavorato costantemente da quando è
apparso nella trilogia, recitando in due film di Adam
Sandler (50 Volte il Primo Bacio e
Cambia la tua vita con un Click), apparendo nei
panni di Bob nella stagione 2 di Stranger Things e doppiando Shazam
in un diversi film d’animazione e programmi TV. Ma sarà sempre
ricordato per il suo ruolo ne Il Signore degli
Anelli, dato lo status iconico che il franchise detiene
nella cultura popolare. L’attore sembra contento di questo status e
dice che quando guarda i film si emoziona ancora, piangendo
regolarmente in una scena in particolare.
Parlando con
CinemaBlend, Astin dice che ogni volta che arriva alla fine de
Il Signore degli Anelli: Il ritorno del re, la scena in cui Aragorn
saluta i quattro hobbit lo fa piangere. Nella scena, gli Hobbit si
inchinano al re appena incoronato, ma lui li ferma rapidamente,
dicendo: “Non inchinatevi a nessuno”. La folla riunita,
incluso Aragorn, si inchina quindi a loro. È una scena emozionante,
e molti spettatori si sono ritrovati a piangere su quella battuta,
e Astin è uno di loro. Ecco cosa ha detto Sean
Astin:
“L’ultima [scena] che abbiamo
girato è stata una scena che mi fa sempre piangere nel film, quando
Aragorn si volta e ci guarda e dice “Oh, amici miei, non
inchinatevi a nessuno”. Quella fu l’ultima inquadratura dei quattro
Hobbit insieme. Il mio ultimo ciak. Il film aveva tante altre scene
ancora da girare ma quella era l’ultima con i quattro hobbit
insieme, eravamo davanti ad uno schermo verde e uno blu, con lo
sguardo imbarazzato e ci siamo detti: “Oh, immagino che si stiano
tutti inchinando per noi?” Tutti facevano il conto alla rovescia
negli ultimi tre mesi. E penso che abbiano scelto di conservare
quel momento come ultima cosa. Era all’interno del magazzino di
Stone Street, che era lo studio, laggiù. È una fabbrica di vernici
abbandonata, e ogni volta che soffia il vento, le finestre sbattono
e cose del genere. Ma sai, c’era lo champagne. Non penso che sia
stata la fine delle riprese principali, ma è stato sicuramente un
riassunto per gli Hobbit. Andavamo in giro come una squadra, gli
Hobbit. Quindi era come, “Oh, gli Hobbit sono sul set!” Oppure,
“Gli Hobbit stanno passando sul set. Dove sono gli Hobbit? Gli
Hobbit stanno mangiando di nuovo?””
Senza dubbio si tratta di una scena
commovente per la maggior parte del pubblico, anche a distanza di
anni, e sicuramente, per chi come Sean Astin è stato coinvolto nelle riprese e
nell’incredibile avventura della produzione de Il Signore degli Anelli, lo è anche di più.
Ecco di seguito le scena:
Lily Collins
interpreta Rita Alexander in
Mank, il nuovo film di David
Fincher che ricostruisce le vicende dietro alla produzione
di Quarto Potere di Orson Welles.
Questa la nostra intervista all’attrice. Mank
arriva il 4 dicembre su Netflix.
Dopo aver lanciato brand del
calibro di House of Cards e
Mindhunter,David Fincher torna a
lavorare con Netflix. Mank,
un progetto dalla lunghissima gestazione per lui, racconta
dell’uomo che ha condiviso con Orson Welles il
premio Oscar per la migliore sceneggiatura originale di Quarto
Potere.
A interpretare lo sceneggiatore,
Herman J. Mankiewicz, ci sarà Gary Oldman, mentre il film è stato scritto da
Howard Fincher il padre defunto di David. Il film
dovrebbe entrare in fase di riprese il prossimo novembre a Los
Angeles, e Fincher girerà in bianco e nero. A produrre il film
invece troviamo Ceán Chaffin, frequente
collaboratrice di Fincher, e Douglas J. Urbanski
che aveva già prodotto L’ora più buia, film per il quale Oldman ha
il premio Oscar come migliore attore protagonista. Mank doveva
essere il progetto a cui David Fincher voleva
dedicarsi dopo The Game del 1997, con Kevin
Spacey accreditato come protagonista, tuttavia la
produzione è stata rallentata a causa della decisione di Fincher di
girare in bianco e nero, proprio come Quarto Potere.
Mankiewicz è stato uno degli
sceneggiatori più noti e meglio pagati nei primi anni di Hollywood
e ha lavorato con Orson Welles per Quarto
Potere. Ex-corrispondente di Berlino per il Chicago
Tribune e critico teatrale del New York Times e del New Yorker,
Mankiewicz ha scritto alcuni dei film più importanti del suo
periodo, e sia lui che Welles hanno condiviso l’Oscar per la
migliore sceneggiatura originale per Quarto Potere
nel 1941. Altri film a cui ha lavorato durante la sua carriera
includono Il mago di Oz, L’uomo del mondo, Pranzo alle
otto, L’idolo delle folle e The Pride of St.
Louis. Oldman ha appena recitato per Netflix nel film
diretto da Steven SoderberghThe
Laundromat, il film drammatico che racconta lo scandalo
dei Panama Paper, insieme a un cast che include
Meryl Streep e Antonio Banderas.
Sempre per Netflix, David Fincher
ha prodotto la raccolta di racconti animati Love, Death &
Robots.
Amanda Seyfried
interpreta Marion Davies in Mank,
il nuovo film di David Fincher che ricostruisce le
vicende dietro alla produzione di Quarto Potere di
Orson Welles. Questa la nostra intervista
all’attrice. Mank arriva il 4 dicembre su
Netflix.
Dopo aver lanciato brand del
calibro di House of Cards e
Mindhunter,David Fincher torna a
lavorare con Netflix. Mank,
un progetto dalla lunghissima gestazione per lui, racconta
dell’uomo che ha condiviso con Orson Welles il
premio Oscar per la migliore sceneggiatura originale di Quarto
Potere.
A interpretare lo sceneggiatore,
Herman J. Mankiewicz, ci sarà Gary Oldman, mentre il film è stato scritto da
Howard Fincher il padre defunto di David. Il film
dovrebbe entrare in fase di riprese il prossimo novembre a Los
Angeles, e Fincher girerà in bianco e nero. A produrre il film
invece troviamo Ceán Chaffin, frequente
collaboratrice di Fincher, e Douglas J. Urbanski
che aveva già prodotto L’ora più buia, film per il quale Oldman ha
il premio Oscar come migliore attore protagonista. Mank doveva
essere il progetto a cui David Fincher voleva
dedicarsi dopo The Game del 1997, con Kevin
Spacey accreditato come protagonista, tuttavia la
produzione è stata rallentata a causa della decisione di Fincher di
girare in bianco e nero, proprio come Quarto Potere.
Mankiewicz è stato uno degli
sceneggiatori più noti e meglio pagati nei primi anni di Hollywood
e ha lavorato con Orson Welles per Quarto
Potere. Ex-corrispondente di Berlino per il Chicago
Tribune e critico teatrale del New York Times e del New Yorker,
Mankiewicz ha scritto alcuni dei film più importanti del suo
periodo, e sia lui che Welles hanno condiviso l’Oscar per la
migliore sceneggiatura originale per Quarto Potere
nel 1941. Altri film a cui ha lavorato durante la sua carriera
includono Il mago di Oz, L’uomo del mondo, Pranzo alle
otto, L’idolo delle folle e The Pride of St.
Louis. Oldman ha appena recitato per Netflix nel film
diretto da Steven SoderberghThe
Laundromat, il film drammatico che racconta lo scandalo
dei Panama Paper, insieme a un cast che include
Meryl Streep e Antonio Banderas.
Sempre per Netflix, David Fincher
ha prodotto la raccolta di racconti animati Love, Death &
Robots.
Tom Pelphrey
interpreta Joseph L. Mankiewicz in
Mank, il nuovo film di David
Fincher che ricostruisce le vicende dietro alla produzione
di Quarto Potere di Orson Welles.
Questa la nostra intervista all’attore. Mank
arriva il 4 dicembre su Netflix.
Dopo aver lanciato brand del
calibro di House of Cards e
Mindhunter,David Fincher torna a
lavorare con Netflix. Mank,
un progetto dalla lunghissima gestazione per lui, racconta
dell’uomo che ha condiviso con Orson Welles il
premio Oscar per la migliore sceneggiatura originale di Quarto
Potere.
A interpretare lo sceneggiatore,
Herman J. Mankiewicz, ci sarà Gary Oldman, mentre il film è stato scritto da
Howard Fincher il padre defunto di David. Il film
dovrebbe entrare in fase di riprese il prossimo novembre a Los
Angeles, e Fincher girerà in bianco e nero. A produrre il film
invece troviamo Ceán Chaffin, frequente
collaboratrice di Fincher, e Douglas J. Urbanski
che aveva già prodotto L’ora più buia, film per il quale Oldman ha
il premio Oscar come migliore attore protagonista. Mank doveva
essere il progetto a cui David Fincher voleva
dedicarsi dopo The Game del 1997, con Kevin
Spacey accreditato come protagonista, tuttavia la
produzione è stata rallentata a causa della decisione di Fincher di
girare in bianco e nero, proprio come Quarto Potere.
Mankiewicz è stato uno degli
sceneggiatori più noti e meglio pagati nei primi anni di Hollywood
e ha lavorato con Orson Welles per Quarto
Potere. Ex-corrispondente di Berlino per il Chicago
Tribune e critico teatrale del New York Times e del New Yorker,
Mankiewicz ha scritto alcuni dei film più importanti del suo
periodo, e sia lui che Welles hanno condiviso l’Oscar per la
migliore sceneggiatura originale per Quarto Potere
nel 1941. Altri film a cui ha lavorato durante la sua carriera
includono Il mago di Oz, L’uomo del mondo, Pranzo alle
otto, L’idolo delle folle e The Pride of St.
Louis. Oldman ha appena recitato per Netflix nel film
diretto da Steven SoderberghThe
Laundromat, il film drammatico che racconta lo scandalo
dei Panama Paper, insieme a un cast che include
Meryl Streep e Antonio Banderas.
Sempre per Netflix, David Fincher
ha prodotto la raccolta di racconti animati Love, Death &
Robots.
Il regista Jon
Favreau è oggi noto per essere particolarmente legato alla
Disney, per la quale ha diretto film come Iron Man, Il libro della
giungla, Il re leone e ha
ideato la serie The Mandalorian. Molto impegnato in
progetti dal grande budget, questi decise però, nel 2014, di
prendersi una pausa da tutto ciò e tornare a dedicarsi ad un film
più piccolo, senza l’utilizzo di grandi effetti speciali ma basato
unicamente su una buona sceneggiatura e valide interpretazioni. È
così che nasce Chef – La ricetta
perfetta, film per il quale Favreau ha ricoperto
il ruolo di regista, sceneggiatore, produttore e attore
protagonista.
Il suo desiderio era infatti quello
di realizzare un film basato sul mondo della cucina, sua altra
grande passione. Per tale progetto decise di circondarsi di
colleghi fidati ed esperti del settore che potessero guidarlo verso
una maggior realisticità. All’interno di questo contesto, però,
Favreau decise di inserire anche elementi autobiografici, come la
provenienza da una famiglia difficile e l’essere un padre spesso
più impegnato nel lavoro che nel dedicare tempo ai propri figli. Lo
stesso desiderio di abbandonare film dal grande budget per
dedicarsi ad un progetto indipendente è un elemento che si ritrova
nel film nella decisione del protagonista di rinunciare al grande
ristorante in favore di un più umile food truck.
Dopo un periodo di riprese
dislocate tra le città di Miami, Austin, Los Angeles e New Orleans,
Chef – La ricetta perfetta arrivò infine in sala. Qui si
affermò come un grande successo, incassando ben 46 milioni di
dollari a livello globale a fronte di un budget di soli 11. Il film
venne inoltre particolarmente apprezzato dalla critica, che ne lodò
la regia, le interpretazioni e la storia. Così Favreau ha dato
ulteriormente prova della sua poliedricità, dimostrando di essere
uno dei nomi del cinema statunitense più importanti del momento.
Per scoprire ulteriori curiosità su questo film, basterà proseguire
qui nella lettura.
Chef – La ricetta perfetta: la
trama del film
Protagonista del film è Carl
Casper, chef di grande fama che da anni riscuote ormai soltanto
pareri positivi per i suoi ricercati piatti, in grado di soddisfare
ogni tipo di palato. Nonostante ciò, egli si trova un giorno a
dover fare i conti con la critica negativa del temuto Ramsey
Michel, noto esperto di gastronomia. Carl non prenderà però affatto
bene le sue affermazioni, e in seguito ad una sfuriata pubblica nei
confronti del critico finisce con l’essere licenziato dal
ristorante e veder terminare bruscamente la sua gloriosa carriera.
Ritrovatosi screditato da tutti e senza un lavoro, questi si trova
nella condizione di dover trovare una soluzione.
L’idea che gli permetterà di
riscattarsi arriva proprio dalla sua ex moglie Inez, la quale gli
consiglia di aprire un chiosco di panini cubani. Aiutato da suo
figlio Percy e dall’esperienza di questi con il mondo del Web, Carl
intraprende così un lungo viaggio dalla Florida alla California con
il suo food truck chiamato “El-Jefe”. Durante tale tour lo chef
avrà non solo occasione di incontrare numerosi fan della sua
cucina, ma anche di riscoprire l’amore nei confronti di questa. In
particolare, però, egli avrà modo di ricostruire il rapporto con
suo figlio, con il quale aveva fino a quel momento trascorso troppo
poco tempo insieme.
Chef – La ricetta perfetta: il
cast del film
Anche protagonista del film,
Jon
Favreau contattò per assisterlo il celebre chef di
food-truck Roy Choi. Questi acconsentì di partecipare in qualità di
consulente a patto che Favreau si impegnasse ad essere il più
realistico possibile nella sua interpretazione. Per riuscire in
ciò, il regista e attore trascorse diverso tempo in cucina con
Choi, imparando ad eseguire correttamente attività come ripulire la
propria postazione o ripiegare adeguatamente gli asciugamani. Allo
stesso tempo, lo chef insegnò lui a cucinare, e tutti i piatti che
si vedono nel film vengono realmente preparati da Favreau. Questo
duro periodo di pratica gli permise di entrare nella mentalità
dello chef, con tutta la concentrazione che questo ruolo richiede
anche per i più piccoli dettagli.
Nel ruolo di Inez, ex moglie di
Carl, si ritrova l’attrice Sofia
Vergara, oggi nota per il suo ruolo nella serie
Modern Family. Il giovane Emjay Anthony,
qui ad uno dei suoi primi ruoli cinematografici, interpreta invece
il figlio di Carl, Percy. Nel film sono poi presenti attori come
John
Leguizamo nei panni di Martin, amico di Carl, e il
premio Oscar Dustin
Hoffman in quelli di Riva, proprietario del ristorante
dove Carl lavorava. Compaiono poi in ruoli minori gli attori
Robert Downey
Jr. nel ruolo di Marvin e Scarlett
Johansson in quello di Molly. Questi due avevano già
collaborato con Favreau per il film Iron Man 2.
L’attore Oliver Platt, invece, è il critico Ramsey
Michel. Per prepararsi al ruolo, questi passò diverso tempo insieme
a suo fratello, che di professione è proprio un critico
gastronomico. Da lui imparò tutto ciò che c’era da sapere sul
mestiere.
Chef – La ricetta perfetta: il
trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
Per gli appassionati del film è
possibile fruire di questo grazie alla sua presenza su alcune delle
più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Chef
– La ricetta perfetta è infatti disponibile nel catalogo di
Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes, Tim
Vision e Amazon Prime Video. Per vederlo, basterà
sottoscrivere un abbonamento generale o noleggiare il singolo film.
Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della
qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si ha soltanto
un determinato periodo di tempo entro cui vedere il titolo. Il film
sarà inoltre trasmesso in televisione il giorno venerdì 27
novembre alle ore 21:10 sul canale
Rai Movie.
La mattina dell’8 novembre 2018,
nel nord della California, una scintilla prodotta da una torre di
trasmissione, si trasforma rapidamente, grazie anche alla siccità
che perdura da tempo, in una devastante tempesta di fuoco che
travolge la cittadina di Paradise. Quando l’incendio viene spento,
si contano 85 morti, 50.000 sfollati e il 95% delle strutture
distrutte. Si tratta dell’incendio più letale negli Stati Uniti
negli ultimi 100 anni e il peggiore nella storia della
California.
Senza più un’abitazione e con una
città rasa al suolo dalle fiamme, gli abitanti di Paradise decidono
di unire le proprie forze dando vita a una comunità capace di
risorgere nelle avversità e trovare in se stessa la forza per
affrontare i tanti ostacoli della ricostruzione.
Una storia di resilienza e impegno
che il regista premio Oscar Ron Howard racconta in
California, paradiso in fiamme in onda su
National Geographic (Sky, 403) lunedì 30 novembre
alle 20:55. Realizzato dopo un anno di riprese, questo
documentario ripercorre i sacrifici di una popolazione che trova la
propria strada ridefinendo le priorità sulla salvaguardia
dell’ambiente e rafforzando il suo tessuto sociale. Una comunità
che decide di rinascere per inseguire il sogno di ricostruire un
nuovo “paradiso”.
“Non ci sono dubbi, i
cambiamenti climatici hanno contribuito agli incendi che hanno
devastato la costa ovest degli Stati Uniti. Dovrebbe suonare per
tutti come un campanello d’allarme – Paradise potrebbe essere la
nostra città” afferma Ron Howard e aggiunge “Paradise ci
ha ricordato come la comunità rappresenti una risorsa e l’unità sia
una preziosa rete di sicurezza emotiva.”
Onward
– Oltre la magia quando due fratelli elfi adolescenti,
Ian e Barley Lightfoot, hanno l’inaspettata opportunità di
trascorrere un giorno in più con il loro defunto padre, si
imbarcano in una straordinaria avventura a bordo dell’epico furgone
di Barley, Ginevra. Come ogni impresa che si rispetti, la loro
avventura è ricca di incantesimi magici, mappe misteriose, ostacoli
insormontabili e scoperte incredibili. Ma quando la coraggiosa
mamma dei ragazzi, Laurel, si accorge che i suoi figli sono
scomparsi, si allea con la Manticora, una ex guerriera in parte
leone, in parte pipistrello e in parte scorpione, e inizia a
cercarli. Nonostante le pericolose maledizioni, questo singolo
magico giorno potrebbe significare molto più di quanto avessero mai
immaginato. Diretto da Dan Scanlon e prodotto da Kori Rae, il
lungometraggio d’animazione Disney e Pixar sarà disponibile dal 2
dicembre in formato Blu-Ray e DVD.
Nella versione italiana di Onward
– Oltre la magia, il cast di voci comprende
Sabrina Ferilli nei panni di Laurel Lightfoot, una
mamma determinata e devota che lavora duramente e si impegna con
tutto il cuore in tutto ciò che fa, e Fabio Volo
in quelli di Wilden Lightfoot, intelligente e sicuro di sé, ha
scoperto un modo creativo e al tempo stesso fantastico per rivedere
i suoi figli molti anni dopo la sua morte. Tra le voci italiane
anche Favij, Raul Cremona e
David Parenzo che interpretano rispettivamente uno
spiritello, un apprendista stregone e un cameriere.
Onward – Oltre la magia
CONTENUTI EXTRA:
Alla ricerca della
Storia – Onward – Oltre la magia è ispirato
alle esperienze personali vissute da Dan Scanlon, nonostante il
regista non abbia sangue elfico o poteri magici;
Cittadini di New
Mushroomton – La città di New Mushroomton è popolata
da un insieme variegato di creature magiche – dagli elfi agli
gnomi, dai centauri ai troll. In questo documentario i filmmaker e
i voice talent raccontano in che modo hanno portato in vita le
creature fantastiche del mondo di Onward – Oltre la
Magia;
Ardore del
cuore – Questo estratto ripercorre il processo di
creazione della magia del mondo di Onward – Oltre la Magia
sin dai primi stadi, attraverso le inquadrature, le luci e gli
effetti;
Gemme
Magiche – Approfondimento sull’emozionante scena delle
“Gemme Magiche”, dall’idea narrativa alla sua epica realizzazione
sullo schermo;
Mago Rock
– I fratelli e compositori Mychael e Jeff Danna hanno scavato a
fondo nella loro storia personale per plasmare la brillante Colonna
Sonora del film;
Scene
eliminate – con l’introduzione del regista Dan
Scanlon;
Commento
Audio – con le voci del regista Dan Scanlon e la
produttrice Kori Rae E tanto
altro!
Il quadro dei Ciak d’oro
2020 si completa con i risultati del voto della
giuria di 150 giornalisti e critici di cinema
nelle 10 categorie “tecniche” (Miglior Attore e Attrice non
protagonisti, Miglior Sceneggiatura, Miglior Colonna sonora,
Miglior Produttore, Miglior Fotografia, Miglior Montaggio, Migliori
Costumi, Migliori Scenografie e Miglior Sonoro).
Miglior Attore non
Protagonista è Roberto Benigni per il suo
Geppetto in Pinocchio di Matteo
Garrone. Pinocchio vince anche nelle categorie
Migliori Costumi (a Massimo Cantini
Parrini, anche per Favolacce), Migliori
Scenografie (a Dimitri Capuano) e
Miglior Sonoro (a Maricetta
Lombardo).
Miglior Attrice non
Protagonista è Barbara Chichiarelli per
la sua interpretazione in Favolacce di
Damiano e Fabio D’Innocenzo.
Favolacce conquista anche i
Ciak d’oro per la Miglior
Sceneggiatura ai Fratelli D’Innocenzo e per il
Miglior Produttore.
Il
Traditore di Marco Bellocchio si
aggiudica due premi: quello per la Migliore
Fotografia (a Vladan Radovic) e quello
per il Miglior Montaggio (a Francesca
Calvelli).
Miglior Colonna
Sonora è quella realizzata da Brunori Sas
per Odio l’estate di Massimo
Venier, che ha segnato il ritorno al cinema di Aldo,
Giovanni e Giacomo.
Annunciati anche i tre premi
speciali assegnati dalla redazione di
Ciak: il tradizionale Ciak
d’oro Colpo di fulmine, quello per la Rivelazione
nelle serie tv e il nuovo Ciak d’oro per
il miglior Corto, reso ormai necessario dall’enorme crescita della
produzione e del numero di festival dedicati ai cortometraggi. In
questo anno segnato dai lockdown, alla redazione è sembrato
impossibile assegnare un altro Ciak d’oro
tradizionale, il Bello e invisibile, dedicato ai film di qualità
che non hanno avuto la fortuna di farsi notare.
Il Ciak
d’oroColpo di fulmine va a
Lontano lontano di Gianni Di
Gregorio perché “affronta con levità venata
d’amarezza, ma senza arrendersi al disincanto, il tema delle
aspirazioni e dei bilanci della terza età nella realtà cittadina di
oggi. Ed è l’ultima, magistrale interpretazione diEnnio Fantastichini”.
Il Ciak
d’oro per la Rivelazione nelle serie
tv va a Carlotta Antonelli per
la sua interpretazione di Angelica in Suburra La
Serie perchè: “Sobria,
sempre lontana dal rischio dell’interpretazione di genere, la
Antonelli a 25 anni coglie l’occasione di Suburra per dimostrare di
aver maturato il talento già mostrato in Bangla e Vivi e lascia
vivere”.
Il nuovo Ciak
d’oro per il Miglior Cortometraggio
va a Non io di Claudia
Gatti e Benedetta Pontellini con la
seguente motivazione: “L’incontro tra un uomo e una donna in
una cornice dominata dall’isolamento e dalla difficoltà dei
rapporti al tempo del lockdown, è realizzato con il ricorso alle
riprese in smartphone, in una cornice formale di grande cura.
Conferma il talento delle due giovani autrici-imprenditrici, già
intravisto nel cortoGenerazione
2000, entrato nella shortlist del Tribeca Film
Festival.”
A ottobre erano stati resi noti i
vincitori dei Ciak d’orodel
Pubblico, realizzati quest’anno in collaborazione con
Sky Tg24. Partner della 35esima
edizione dei Ciak d’oro è
l’Università telematica Mercatorum, del gruppo
Pegaso. La prima Startup University tutta
italiana, caratterizzata da diversi percorsi accademici, tutti
all’insegna dell’innovazione. Si tratta della prima partnership
pubblico-privata per la governance di un’istituzione universitaria,
che nasce con l’obiettivo di assumere la leadership nella
formazione delle imprese. L’appuntamento con i
prossimiCiak d’oro è per
l’estate 2021.
Questi i vincitori
deiCiak d’oroassegnati
dai 150 giornalisti e critici di cinema e i premi speciali della
redazione diCiak:
Ciak d’oro per il Migliore
attore non protagonista: Roberto Benigni(Pinocchio)
Ciak d’oro per la Migliore
attrice non protagonista: Barbara Chichiarelli(Favolacce)
Ciak d’oro per la Migliore
sceneggiatura: Damiano e Fabio D’Innocenzo(Favolacce)
Ciak d’oro per la Migliore
colonna sonora: Brunori Sas(Odio l’estate)
Ciak d’oro per il Miglior
Produttore: Pepito Produzioni, con Amka Films Prod.,
Qmi, Rai Cinema, Vision Distribution (Favolacce)
Ciak d’oro per la Migliore
Fotografia: Vladan Radovic(Il traditore)
Ciak d’oro per il Miglior
Montaggio: Francesca Calvelli(Il traditore)
Ciak d’oro per i Migliori
costumi: Massimo Cantini Parrini(Pinocchio
e
Favolacce)
Ciak d’oro per le Migliori
scenografie: Dimitri Capuano(Pinocchio)
Ciak d’oro per il Miglior
sonoro: Maricetta Lombardo(Pinocchio)
Ciak d’oroColpo di
fulmine: Lontano lontanodi Gianni Di
Gregorio
Ciak d’oro per il Miglior
Cortometraggio: Non iodi Claudia Gatti e Benedetta
Pontellini
Ciak d’oro per la Rivelazione
nelle serie tv: Carlotta Antonelli(Suburra La
Serie)
Con Elio (Elio e le storie tese) e
Gianluca Nicoletti (Cervelli Ribelli), continuano gli eventi
speciali firmati #iorestoinSALA! La nuova diretta
“streaming” è fissata per mercoledì 2 dicembre alle
ore 20.30 con la presentazione di THE SPECIALS – FUORI DAL COMUNE.
Entrambi genitori di figli affetti
da autismo e da anni impegnati in prima linea nelle
campagne di sensibilizzazione e nella
diffusione di informazioni sulla
neuro diversità, Elio e
Gianluca Nicoletti introdurranno il film assieme a
Michele Crocchiola per #iorestoinSALA.
E proprio di questo parla la
commedia agrodolce firmata
da Olivier Nakache e Éric Toledano (Quasi
Amici) con protagonisti Vincent
Cassel e Reda Kateb. Nei panni di Bruno e Malik, amici e
colleghi, i due sono entrambi impegnati in organizzazioni
non-profit differenti, responsabili dell’educazione di bambini e
adolescenti affetti da autismo.
La storia del film s’ispira a due
persone reali, Stéphane Benhamou, fondatore di Le silence des
justes, Daoud Tatou, direttore di Le relais IDF,
associazioni specializzate nella cura dei giovani autistici, in
particolare quelli provenienti da contesti svantaggiati.
«I nostri film raccontano sempre
incontri inverosimili. – spiegano i registi – Questo
ha una dimensione particolare: parla di come persone che comunicano
poco, o affatto, e che sono considerate anormali, riescano comunque
a far sì che delle persone considerate “normali”, che nella nostra
società non comunicano più, possano comunicare. In queste
associazioni si ritrova un’armonia e una miscela di culture,
religioni, identità e passati atipici che dovrebbero essere
d’ispirazione per molti…»
L’introduzione sarà come di consueto
visibile anche sulle pagine Facebook di ognuna delle oltre 50 sale
italiane che aderiscono al circuito www.iorestoinsala.it.
È stato presentato, nelle ormai
consuete modalità a distanza, via conference call, il
nuovo film di Sydney Sibilia, una co-produzione
Netflix e Groenlandia e ispirata ad una storia incredibilmente
vera, L’incredibile storia de L’Isola delle Rose,
appunto. Il film racconta infatti la vicenda dell’Isola delle
Rose, la piattaforma artificiale creata dall’ingegnere Giorgio
Rosa, divenuta micronazione il 1º maggio 1968 e
demolita nel febbraio del 1969. Una storia di utopie e libertà,
raccontata attraverso i volti di
Elio Germano,
Matilda De Angelis,
Luca Zingaretti,
Fabrizio Bentivoglio, Violetta Zironi,
Tom Wlaschiha e Leonardo Lidi,
scritta dallo stesso Sibilia con Francesca Manieri
e prodotto da Matteo Rovere per Groenlandia e da Teresa
Meneo per Netflix.
I primi a presentare il progetto
sono stati appunto i produttori, che si sono confrontati con un
lavoro niente affatto semplice. Meneo in particolare ha specificato
che il coinvolgimento della piattaforma è stato deciso proprio
dalla natura della storia, che nonostante sia legata ad un fatto
accaduto in Italia e legato al territorio, ha uno spirito
internazionale: “A Netflix ci piacciono le storie che vengono
da tutte le parti, e che possono arrivare ovunque. Questa storia ci
ha conquistati, nonostante sia molto ‘locale’, riesce a portare
sullo schermo tanti elementi che possono avere un’eco
internazionale.”
Rovere aggiunge: “Il film è nato
da Sydney, Francesca e anche da me, anni fa. Abbiamo subìto il
fascino di Giorgio Rosa e della sua volontà di rendere concreto il
suo desiderio di libertà utopistico, un desiderio che in fondo non
era poi tanto noto come forse merita. Era una storia un po’ folle,
come il cinema di Sydney, ma anche radicata nel territorio. Abbiamo
trovato in Netflix un partner che ci ha aiutato a pensarlo con
questa dimensione internazionale, con un grande aiuto da parte di
Teresa.”“E’ stata una produzione complessa –
continua Rovere – ma abbiamo cercato di portarla avanti senza
sottovalutarne le difficoltà. La cosa bellissima è vedere il cast
così variegato che ha partecipato al film. Sono stati tutti
bravissimi a restituirci la forza di questa storia vera che è
incredibile.”
Sulle complessità realizzative
legate alla protagonista assoluta del film, questa piattaforma in
mezzo al mare al largo di Rimini, Rovere ha spiegato: “La
realizzazione dell’isola è l’elemento produttivo che ci ha
spaventato di più. L’abbiamo realizzata nelle Infinity Pool di
Malta, ovvero studios grandissimi, delle piscine all’interno delle
quali è stata realizzata la struttura che poi è stata implementata
dagli effetti visivi. Sydney voleva percorrere la strada più
difficile, che ci potesse permettere di ottenere una location con
cui si poteva interagire fisicamente in maniera credibile, per cui
abbiamo scartato da subito l’idea di farla interamente con gli
effetti, e abbiamo ottenuto questo risultato.”
La cosa che maggiormente
colpisce è che la storia raccontata ne L’incredibile storia de L’Isola delle Rose è
effettivamente vera, accaduta, proprio in Italia, o meglio a largo
delle acque territoriali italiane. Una storia è nota, incredibile,
ma in qualche modo rimasta sommersa. “L’idea nasce nel periodo
in cui stavo a cercare storie, come un rabdomante. Stavamo
scrivendo Smetto quando voglio 2 e 3, ed erano sceneggiature piene
di tecnicismi, quindi stavamo sempre con Wikipedia aperta –
esordisce Sydney Sibilia, raccontando la genesi
del progetto – E sulla home page del sito, un giorno, c’era un
riquadretto che citava proprio la micronazione dell’Isola delle
Rose. Allora ci ho cliccato e ho letto questa storia incredibile,
di quella che ti chiedi perché nessuno ci abbia mai fatto un film.
Poi mi sono ricordato che io i film li faccio e ne ho parlato con
Francesca, con cui ci siamo detti che era come un film già fatto,
tant’è che ci abbiamo messo solo un anno e mezzo per
scriverlo.”
Francesca Minieri
continua: “È andata così, la scaletta l’abbiamo scritta mentre
stavamo ultimando Smetto quando voglio 3. Credo che la
cinematografia di Sydney sia molto chiara, ha a che fare con
l’individuo, con il suo potere in rapporto al potere costituito, ed
è un tema che viene raccontato nel film. Si parla di libertà. La
storia ci sembrava particolarmente giusta per lui, ed aveva tanti
trabocchetti e tanti rischi, perché ci sembrava interessante che
gli antagonisti fossero alcuni dei padri della patria, gli eroi
della Costituzione italiana. Franco Restivo è stato un padre
costituente. Dal mio punto di vista di sceneggiatrice è stato
interessante arrivare ad un tono di scrittura che si confronta con
la commedia che presenta anche toni drammatici, epici,
storici.”
Il film racconta un’epoca folle
Ad interpretare l’ingegnere
Giorgio Rosa è stato chiamato Elio
Germano che così spiega la sua idea di libertà, in questo
momento storico: “Oggi l’idea di libertà è declinata al
ribasso. Ci sono persone che non hanno libertà di accedere a cure,
istruzione, dimore, per cui si può parlare di libertà quando siamo
tutti sullo stesso livello. Quindi credo che oggi bisogna prima
pensare al diritto di vita delle persone, al diritto di
sopravvivenza. Tutto il resto è qualcosa in più. Soprattutto dopo
la pandemia, già l’idea di pensare al futuro mi sembra qualcosa di
importante. Un film così ci aiuta ad alleggerire gli animi.”
Parlando del suo lavoro di ricerca sul personaggio, Elio Germano ha
raccontato: “Una delle cose che mi ha colpito di più andando a
parlare con i reduci di quell’epoca, a Bologna, anche per studiare
l’accento, è uscito fuori che era un periodo in cui si faceva a
gara a chi la faceva più strana. Tutto molto diverso
dall’omologazione che oggi la fa da padrone. Non è che la sua fosse
un’impresa ideologica, ma era solo l’idea di fare una cosa molto
grande da soli.”
Nelle figure storiche di
Franco Restivo e Giovanni Leone,
il film trova i suoi inediti antagonisti, due padri della nostra
Costituzione egregiamente e comicamente interpretati da
Fabrizio Bentivoglio e Luca
Zingaretti, che non hanno nascosto un certo gusto
nell’offrire un ritratto così irriverente delle due figure storiche
quasi sacre. Così Zingaretti: “Per quelli della mia
generazione, Leone è stato un personaggio molto importante.
Ovviamente è stato divertente andare a rivisitare quei momenti.
Come diceva Elio, quegli anni sono ricordati per il boom economico
o per le contestazioni, ma la verità, come racconta questo film, è
che sono stati anche anni folli. Oltre a raccontare una storia di
libertà, questo film è anche divertente, con tanti spunti di
riflessione, proprio uno di quelli che piace andare a vedere a
me.”
“Di Franco Restivo si sapeva
poco – spiega invece Bentivoglio – non posso dire di aver
fatto una grande ricerca per interpretarlo, ho trovato una sua
frase che suona ‘ogni qualvolta la democrazia viene minacciata, il
Paese reagisce subito, d’istinto’. Questa mi sembra la summa del
personaggio, lo racconta molto bene. Perché lui ha fatto parte
della costituente, ha scritto realmente la nostra costituzione,
anche quel benedetto articolo 11, che dice ‘L’Italia ripudia la
guerra’, e quindi racconta come si possa scrivere questo e poi
disattenderlo, se non addirittura tradirlo.”
Ma il film nasce principalmente da
una negazione, come ha raccontato Sydney Sibilia, la contrarietà
del vero Giorgio Rosa a fare della sua impresa un film. E così il
regista ha raccontato il suo incontro con l’ingegnere
bolognese: “Quando entri in contatto con una storia, non
sai se dentro c’è già un film. Quindi avevo bisogno di incontrare
Giorgio Rosa, di fargli delle domande, prima tra tutte ‘perché?’,
cosa c’era dietro quell’isola. È stato un incontro stupendo e molte
cose che ci sono nel film vengono proprio dai racconti che ha fatto
lui. Dopo avergli fatto tante domande, ancora non ero convinto di
farci un film. Solo alla fine del nostro incontro gli ho chiesto se
gli avrebbe fatto piacere se avessimo fatto un film su di lui. E
lui mi ha guardato e mi ha detto ‘No’. Allora ho pensato che in
quella negazione c’era la motivazione più grande per farlo, il
film.”
Sappiamo ormai da tempo che un
sequel di Dirty Dancing è ufficialmente in sviluppo
con Jennifer Grey, protagonista del film
originale del 1987 al fianco di Patrick
Swayze, coinvolta nel progetto. Diretto da Emile
Ardolino, il primo Dirty Dancing è stato un
grandissimo successo di critica e pubblico, incassando al box
office oltre 214 milioni di dollari a fronte di un budget di soli 5
milioni.
In una recente intervista con
People, Jennifer Grey ha voluto rassicurare i
fan della pellicola originale e del compianto Swayze, assicurando
che l’attore – scomparso nel 2009 all’età di 57 anni – non verrà
sostituito. “Tutto quello che posso dire è che nessuno andrà a
rimpiazzare chi non c’è più”, ha dichiarato Grey. “Non
puoi provare a ripetere qualcosa di magico come quello. Devi
cercare di fare qualcosa di differente.”
Ad agosto Jon Feltheimer, CEO di
Lionsgate, ha ufficialmente confermato che Dirty Dancing avrà un sequel che sarà
diretto da Jonathan Levine e Gillian Bohrer e sceneggiato da Mikki
Daughtry e Tobias Iaconis. Inoltre Jennifer
Grey, l’originale “Baby” della pellicola del 1987,
reciterà nel film e sarà coinvolta anche in qualità di produttore
esecutivo.
In una nota ufficiale, lo studio
aveva dichiarato: “Sarà esattamente il tipo di film romantico e
nostalgico che i fan del franchise stavano aspettando e che lo ha
trasformato nel film di maggior successo nella storia della nostra
compagnia.”
Il grande successo di Dirty Dancing
Oltre ad essere stato un grandissimo
successo, Dirty
Dancing ha ricevuto anche diversi riconoscimenti
importanti. La canzone portante della colonna sonora, “(I’ve Had)
The Time of My Life”, ad esempio, ha ricevuto l’Oscar e il Golden
Globes nel 1988 come miglior canzone originale. Sempre ai Golden
Globes del 1988, sia Patrick
Swayze che Jennifer
Grey ricevettero una nomination a testa come migliori
attori, mentre il film venne candidato come miglior film musicale o
commedia.
Il successo del
MCU ha rivoluzionato l’industria cinematografica hollywoodiana,
non soltanto il genere dei cinecomics. Dopo l’enorme successo della strategia
senza precedenti di Kevin Feige – avere un franchise i cui titoli
fossero collegati gli uni agli atri attraverso una narrazione
generale più ampia -, quasi tutti i principali studi hanno provato
a ricreare lo stesso modello e ad applicarlo ai loro franchise di
successo. Il
MCU ha indubbiamente dato vita ad una formula vincente;
tuttavia, ci sono stati innumerevoli film Marvel non realizzati nel corso
degli anni che oggi, nonostante risultino appetibili sulla carta,
probabilmente non potrebbero mai trovare una loro collocazione
nell’universo condiviso.
Il sequel de L’incredibile Hulk
Se il
Thaddeus Ross di William Hurt non avesse fatto il suo grande
ritorno in Captain
America: Civil War, allora si potrebbe cancellare
completamente L’incredibile Hulk dal canone del MCU senza cambiare una virgola,
motivo per cui il film è da sempre considerato l’indesiderato
figliastro del franchise.
Il motivo per cui i
Marvel Studios non potrebbero più realizzare
un sequel è perché legalmente sarebbe impossibile. La Universal
detiene ancora i diritti di distribuzione dei film in solitaria di
Hulk, motivo per cui Mark Ruffalo è stato un costante attore di
supporto nell’universo condiviso. È un vero peccato, perché
un’avventura in solitaria che riprenda i fili della trama originale
sarebbe qualcosa che i fan vorrebbero sicuramente vedere un
giorno.
I Fantastici Quattro di Peyton Reed
Il MCU aveva già affrontato epoche
diverse con
Captain America: Il primo Vendicatore, senza contare il
viaggio di Captain Marvel nel 1995, ma quando i
diritti dei Fantastici Quattro erano ancora nelle mani della Fox,
Peyton Reed ha proposto allo studio una storia sulle origini dei
personaggi che sarebbe stata molto fedele ai fumetti.
Reed voleva che avesse una
struttura narrativa slegata, con lo status di celebrità dei
Fantastici Quattro che avrebbe avuto un ruolo importante nella
storia. Un dinamico film dal sapore anni ’60 sarebbe stata
certamente una svolta unica in merito ai quei personaggi a cui deve
ancora essere resa giustizia sul grande schermo, ma al tempo stesso
qualcosa di forse un po’ troppo audace per il MCU.
Doctor Doom di Noah Hawley
Sebbene il franchise abbia
ampiamente superato lo stigma che ci sia un serio problema relativo
alla rappresentazione dei cattivi, non c’è praticamente alcuna
possibilità che il MCU metta mai un villain al centro
di un film autonomo, non importa di chi si tratti. Un altro dei
progetti accantonati in seguito all’acquisizione della Fox da parte
della Disney è stato il film su Doctor Doom di Noah Hawley.
La mente creativa dietro
Fargo e Legion ha già dimostrato di essere in
grado di dare una nuova svolta a generi abbastanza noti che si
fondano su degli archetipi, e un film a fumetti incentrato su un
cattivo avrebbe dato al regista ampie opportunità di sovvertire e
decostruire il genere, come è sua abitudine fare; purtroppo, il
MCU ha sempre guardato solo e
soltanto gli eroi.
Deathlok
All’inizio degli anni ’90,
Randall Frakes, collaboratore di James Cameron, aveva ricevuto il
compito di scrivere una sceneggiatura basata su uno dei personaggi
meno noto della Marvel Comics, Deathlok. Anche se il
personaggio è apparso in Agents of
S.H.I.E.L.D. quando lo spettacolo era ancora considerato
canonico, è stato trattato più come un “villain della settimana”
che altro.
Oggi come oggi, i
Marvel Studios non prenderebbero mai in
considerazione la possibilità di realizzare un film su Deathlok,
nonostante l’indubbio potenziale che ha. Nei fumetti, molti
personaggi ne hanno assunto l’eredità nel corso degli anni, ma
pensare ad un film che dovrebbe raccontare la storia di un ex
soldato che si ribella contro il governo che lo ha trasformato in
un cyborg armato contro la sua volontà, forse è un po’ troppo
“maturo” per rientrare nei “canoni narrativi ed estetici” stabiliti
dal MCU.
Elektra: Assassin di Oliver Stone
Oggi potrebbe anche aver
perso un po’ di quella fama di cui ha goduto in passato, ma i più
grandi film di
Oliver Stone rimarranno sempre come monumenti simbolo di una
delle personalità più rivoluzionarie e controcorrente dell’era
moderna. Eppure, una volta Stone ha considerato l’adattamento di un
fumetto.
Nel 1992 il regista confermò,
infatti, che stava prendendo in considerazione un film basato sulla
graphic novel Elektra: Assassin di Frank Miller, ma non
riuscì ad ottenere i diritti, nonostante avesse già pensato
all’attrice comica Gabrielle Reece per il ruolo dell’eroina del
titolo.
Doctor Strange di Guillermo Del Toro
Nei primissimi giorni del
MCU, il dream team composta da
Guillermo del Toro e Neil Gaiman aveva proposto alla Marvel, nel 2007, un film su
Doctor
Strange, ma non rientrava ancora nel mandato del giovane
studio, ossia cerca di costruire un universo cinematografico
collegato.
Quando lo Stregone Supremo alla
fine è arrivato sul grande schermo, è stato al centro di una storia
di origine che vantava alcune immagini straordinariamente
abbaglianti. Con del Toro e Gaiman al timone, le cose sarebbero
state certamente molto più dark, molto più contorte e, molto
probabilmente, da incubo.
Spider-Man di James Cameron
L’idea di James Cameron di
realizzare un film di
Spider-Man a metà degli anni ’90 rimane ancora oggi una
prospettiva affascinante, e anche se alcune delle sue idee – come
lo spararagnatele organico – sono state usate nel blockbuster di
Sam Raimi del 2002, forse è stato meglio che il film non abbia mai
visto la luce.
Perché il MCU non dovrebbe trarre ispirazione
da una delle menti più creative di Hollywood? Forse perché l’intero
trattamento di Cameron era una grande metafora sulla pubertà, con
tanto di allucinazioni che invocavano Franz Kafka. Ad un certo
punto Peter seduceva Mary Jane con vivide descrizioni dei rituali
di accoppiamento dei ragni, per poi fare sesso con lei in cima al
ponte di Brooklyn. Riuscite ad immaginare Tom Holland che fa
qualcosa del genere?
Luke Cage di Quentin Tarantino
Fatta
eccezione per Jackie Brown, tutti i film di Quentin
Tarantino sono stati opere originali, anche se piene di omaggi ai
suoi titoli preferiti. All’inizio degli anni ’90, prima di
raggiungere la fama mondiale, Tarantino voleva realizzare un film
su
Luke Cage.
Voleva che Laurence
Fishburne interpretasse il personaggio del titolo, ma a quel tempo
nessuno era interessato a fare film basati sui fumetti. Sulla base
di quella che è poi stata la sua carriera, è impossibile
immaginare i Marvel Studios che si tuffano in qualcosa di
anche lontanamente tarantiniano, dal linguaggio volgare e
dalla violenza sanguinosa.
La trilogia di Daredevil di Joe Carnahan
La Fox stava valutando
diverse proposte per Daredevil nel tentativo di far decollare un altro film
prima che i diritti tornassero ai Marvel Studios, ma anche la trilogia vietata
ai minori di Joe Carnahan era troppo per lo studio.
Il regista di Smokin’ Aces
voleva realizzare tre film ambientati nel 1973, 1976 e 1985, che
sarebbero stati radicati nella realtà socioeconomica della New York
dell’epoca, ma che includessero anche un vigilante in costume. Lo
show di Netflix è stato piuttosto dark, ma anche quello non sarebbe
stato niente in confronto a ciò che i supereroi noir di Carnahan
avrebbero riservato al pubblico…
Silver Surfer: The Musical
Silver Surfer ha fatto
solo un’apparizione in live action finora, ma è stato soltanto al
centro di un sequel di scarso successo, quando avrebbe potuto
essere il protagonista di un’opera rock sulla scia di
Flash Gordon.
Il produttore Lee Kramer aveva il
bodybuilder Frank Zane in lizza per il ruolo del titolo, mentre
Stan Lee aveva creato un personaggio appositamente per il film, che
sarebbe stato interpretato da
Olivia Newton-John. Come se ciò non bastasse, a Paul
McCartney era stato chiesto di scrivere la colonna sonora e le
canzoni di Silver Surfer: The Musical. Il MCU potrebbe esistere per altri
cento anni e siamo certi che arriverebbe mai a toccare certi
livelli di insana follia.
In occasione di uno spot
pubblicitario a tema natalizio, l’attore John Travolta, che ha interpretato il sicario
Vincent Vega in Pulp Fiction di Quentin Tarantino, è apparso nei panni di
Babbo Natale e ha ricreato l’iconico ballo del cult del 1994. Da
allora, la sequenza è diventata una delle più riconoscibili nella
storia del cinema ed è stata molte volte oggetto di parodie.
Il ballo di Pulp Fiction, che coinvolgeva anche Uma Thurman nei panni di Mia Wallace, è stata
direttamente influenzata dai film della New Wave europea degli anni
’60. Da allora è diventato un pezzo iconico della cultura
pop e il ruolo di Vincent Vega nel film ha rivitalizzato
la carriera di John Travolta. Sebbene non sia mai più tornato
a lavorare con Tarantino, la sua apparizione nell’ultimo spot di
Capital One a tema natalizio mostra quanto l’attore sia ancora
irreversibilmente legato al ruolo.
Lo spot, disponibile sull’account
YouTube
della società bancaria Capital One, vede Travolta nei panni di
Babbo Natale, immerso in un’atmosfera tipicamente natalizia.
Facendo shopping online, improvvisamente riceve una videochiamata
da Samuel L. Jackson, suo co-protagonista in
Pulp Fiction. Lo spot si conclude con Mr. & Mrs. Claus che
ricreano l’iconica scena del ballo del cult di Tarantino sulle note
di “Run Run Rudolph” di Chuck Berry, anche se nel film è
stata usata “You Never Can Tell”, sempre di Berry.
Pulp Fiction è uno dei film cult
diQuentin
Tarantino, anzi, dell’intera storia del cinema.
Scritto e diretto dal regista americano nel 1994, vinse (nello
stesso anno) la Palma d’oro al Festival di Cannes e un Oscar alla
Miglior Sceneggiatura Originale del 1994. Di recente Michael Madsen, attore feticcio del regista,
ha rivelato che il film avrebbe dovuto avere un prequel (qui
per approfondire).
Il canone di Star Wars ha velatamente lasciato
intendere che Leia potrebbe essere l’unico Skywalker ad essere
stato realmente un Maestro Jedi. La Lucasfilm ha recentemente
pubblicato “The Star Wars Book”, una guida completa alla galassia
lontana, lontana, con contributi da parte di Pablo Hidalgo, Dan
Zehr e Cole Horton. Il libro ha finalmente fornito una spiegazione
in merito a tutti e sei i ranghi dei Jedi, con alcune implicazioni
davvero sorprendenti.
La rivelazione più notevole
(qui
per approfondire) è stata che un Maestro Jedi è un Cavaliere che ha
completato con successo l’addestramento di almeno un Padawan. Anche
se questa sembra una definizione abbastanza semplice, in realtà ha
notevoli implicazioni per la saga di
Star Wars. Significa, infatti, che Anakin Skywalker non è
mai stato veramente un Maestro, perché il suo Padawan, Ahsoka, non
ha mai completato le Prove, ma ha invece lasciato l’Ordine.
Inoltre, anche Luke Skywalker non dovrebbe essere considerato un
vero Maestro Jedi, perché il suo primo Padawan, Ben Solo, ha ceduto
al lato oscuro prima di affrontare le Prove, e nessun altro dei
suoi studenti era passato al Cavalierato prima che il suo Tempio
Jedi venisse distrutto da Palpatine.
In effetti, c’è solo uno Skywalker
che probabilmente ha la pretesa di essere un vero Maestro Jedi:
Leia Organa. Mentre Luke ha iniziato
l’addestramento di Rey in Star
Wars: Gli ultimi Jedi, l’ha guidata in realtà soltanto per
pochi giorni; Rey ha successivamente lavorato come apprendista
presso Leia per un anno prima degli eventi di
Star Wars: L’ascesa di Skywalker. Rey è letteralmente
l’unico studente di uno Skywalker a diventare un Cavaliere Jedi, il
che significa che Leia è l’unico Skywalker che può davvero essere
considerato un Maestro Jedi.
L’addestramento Jedi di Leia e i Fantasmi di Forza
Anche se
l’addestramento di Leia sotto Luke è stato interrotto, il romanzo
di Rae Carson basato su L’Ascesa di Skywalker ha rivelato che è stata
successivamente addestrata dai Fantasmi della Forza di Obi-Wan
Kenobi e persino dal Maestro Yoda. “Aveva imparato dai
migliori”, ha spiegato il romanzo. “E non solo da Luke;
nel corso degli anni aveva occasionalmente sentito la voce di
Obi-Wan Kenobi attraverso la Forza, e ancora più raramente quella
di Yoda. Alcuni giorni le era sembrato di aver imparato dalla Forza
stessa.”
È implicito che
questi Fantasmi di Forza abbiano continuato a fare da mentore a
Leia mentre allenava Rey. Nel frattempo, Leia incoraggiò Rey a
cercare conoscenze molto più antiche di quelle che poteva donarle
lei: spinse, infatti, Rey ad esaminare attentamente gli antichi
testi Jedi recuperati da Ahch-To. Evidentemente, l’approccio di
Leia si è rivelato efficace, poiché Rey ha superato una Prova Jedi
peggiore di qualsiasi cosa i Jedi del passato avrebbero mai potuto
immaginare: quando ha combattuto contro suo nonno, Palpatine, nel
mondo Sith di Exegol.
Senza dubbio questa rivelazione
sorprenderà i fan, poiché Luke è il personaggio più associato ai
Jedi, nonché considerato da sempre un leggendario Maestro Jedi. In
verità, però, è sua sorella Leia che ha l’onore di essere
considerata la prima Maestra Jedi in
Star Wars dopo gli eventi de
Il ritorno dello Jedi.
Intervistato da
Men’s Journal,
Miles Tellerha parlato di
Top
Gun: Maverick, attesissimo sequel della pellicola
cult degli anni ’80 che contribuì a lanciare la carriera
internazionale di Tom
Cruise, attore ancora poco conosciuto all’epoca e che,
in breve tempo, sarebbe diventato una delle più grandi star di
Hollywood.
Teller, che nel film avrà il ruolo
di Bradley “Rooster” Bradshaw, il figlio dell’ex gregario di
Maverick, Nick “Goose” Bradshaw (interpretato da Anthony
Edwards e morto nel film originale), ha spiegato che nel
film “Rooster” sta seguendo le orme di suo padre ed è una delle
nuove reclute del programma Top Gun. A proposito del lavoro sul
set, la star di Whiplash ha spiegato: “Non è stato
impiegato alcun green screen in Top Gun: Maverick. Ogni ripresa,
ogni acrobazia… è stato il risultato del duro lavoro, del vero
sudore, di tutto le persone che hanno collaborato al film. La
produzione è durata circa un anno intero, sicuramente l’esperienza
lavorativa più lunga a cui abbia mai preso parte.”
A fornire ulteriori dettagli sulla
lavorazione del film è stato lo stesso
Tom Cruise, che parlando con
Empire Magazine ha rivelato di aver curato personalmente
l’addestramento al volo dei suoi colleghi. Cruise, che del sequel è
anche produttore, ha spiegato: “Quando hai a che fare con GS
pesati, la colonna vertebrale si comprime, incluso il tuo cranio.
Alcune persone delirano. Alcune persone riescono a gestirlo. Quindi
ho dovuto sostenere i miei colleghi per poter ottenere delle alte
GS. Perché dovevano farlo agire sull’aereo. Non posso farli
ammalare ogni volta.”
Il conflitto di Pete Mitchell al
centro di Top Gun: Maverick
Il vero conflitto nel sequel di
Top
Gun esiste all’interno dello stesso Maverick, fino a
quando non scopre la verità su suo padre e accetta di non essere
responsabile della morte di Goose. A 30 anni di distanza, le sue
buffonate stanno ancora influenzando negativamente la sua carriera
militare.
Secondo riportato già in passato, Maverick si troverà in
contrasto con il personaggio di
Jon Hamm, molto simile a quello di Mike “Viper”
Metcalf (interpretato nell’originale da Tom
Skerritt), la cui autorità sarà proprio il motivo
scatenante dell’attrito.
C’è indubbiamente una dinamica
complicata tra Maverick e Rooster, e ci sono state molte
speculazioni sulla scena del funerale vista nel trailer e su cosa
potrebbe significare per Maverick. Parlando sempre con
Empire, il regista John Kosinski ha parlato
proprio delle sfide che Maverick dovrà affrontare nel nuovo film:
“Adesso è il migliore in quello che fa. Ha dedicato tutta la
sua vita all’aviazione. Ma ha dovuto comunque pagarne il prezzo:
deve affrontare alcune cose del suo passato e riconciliarsi con
esse. È una storia di passaggio, proprio come lo era il primo film.
Adesso è un uomo in una fase diversa della sua vita.”
Il personaggio di Maverick farà
anche i conti con una Marina tecnologicamente più avanzata di
quella che esisteva tre decenni fa. Il Maverick della “vecchia
scuola” dovrà ritagliarsi una nicchia per se stesso in questo nuovo
e coraggioso mondo o accettare che non ci sia posto per lui. In
un’intervista con Collider,
il produttore del film David Ellison ha
dichiarato: “È proprio lo specchio del mondo in cui viviamo
oggi, in cui esiste la tecnologia dei droni e la quinta generazione
di aerei da caccia è davvero ciò che la Marina degli Stati Uniti
chiama l’ultimo caccia artificiale che stiamo effettivamente per
produrre. Quindi, sta davvero esplorando la fine di un’era di
combattimenti aerei e piloti di caccia e cosa sia diventata questa
cultura oggi.”
Tutto quello che sappiamo su Top
Gun: Maverick
Dopo più di trent’anni di servizio
come aviatore della Marina, Pete “Maverick” Mitchell
(Tom
Cruise) è nel posto che gli appartiene, spingendo
l’acceleratore nelle vesti di un coraggioso pilota collaudatore,
mentre ha schivato l’avanzamento di grado che lo avrebbe radicato
nel corpo. Quando si ritrova ad addestrare un distaccamento dei
diplomati di Top Gun per una missione specializzata che nessun
pilota vivente ha mai visto, Maverick incontra il tenente Bradley
Bradshaw (Miles
Teller), segnale di chiamata: “Rooster”, il figlio del
defunto amico di Maverick e ufficiale di intercettazione radar Ten.
Nick Bradshaw, alias “Goose”. Di fronte a un futuro incerto e
confrontandosi con i fantasmi del suo passato, Maverick viene
coinvolto in uno scontro con le sue paure più profonde, che culmina
in una missione che richiede il massimo sacrificio a coloro che
saranno scelti per volarci incontro.
Tom Cruise e Val
Kilmer torneranno nei rispettivi ruoli del capitolo
originale, ovvero Pete “Maverick” Mitchell e Tom
“Iceman” Kazinsky. Insieme a loro anche Jennifer
Connelly, Jon
Hamme Miles
Teller. Il film arriverà al cinema il 2 luglio
2021.
Godzilla
vs. Kong potrebbe essere il prossimo blockbuster a
saltare la sala cinematografica e arrivare direttamente in
streaming. Legendary e Warner Bros. ha dato il via al
MonsterVerse nel 2014 con il reboot di Godzilla.
Il film ha aperto così la strada ad una nuova interpretazione di
King Kong attraverso
Kong: Skull Island. L’ultimo capitolo del franchise è
arrivato lo scorso anno, quando Godzilla: King of the Monsters è uscito al cinema e ha
contribuito a gettare le basi per l’atteso grande crossover del
MonsterVerse.
In passato, Godzilla
vs. Kong sarebbe dovuto arrivare nelle sale a marzo di
quest’anno, ma la data di uscita è stata cambiata molto prima che
dell’esplosione della pandemia di Covid-19 e della chiusura delle
sale cinematografiche. Il film era stato spostato a novembre 2021,
ma l’emergenza sanitaria ha poi costretto Legendary e Warner Bros.
ad optare per un ulteriore slittamento, che alla fine è conciso con
maggio del 2021. Ciononostante, Godzilla vs. Kong potrebbe
saltare definitivamente l’uscita in sala.
Secondo
THR, è probabile che Godzilla
vs. Kong venga rilasciato direttamente in
streaming. Secondo quanto riferito, Netflix ha offerto alla
Legendary 200 milioni di dollari per ottenere i diritti sul film,
ma la WarnerMedia è intervenuta per bloccare l’accordo in modo da
poter rispondere con un’offerta ulteriore e cercare di portare il
film su HBO Max. Non è ancora stato diramato alcun comunicato
ufficiale, sebbene un portavoce della Warner Bros. abbia
dichiarato: “Abbiamo in programma di rilasciare Godzilla vs
Kong nelle sale il prossimo anno, come previsto.”
Una delle forze trainanti dietro il
potenziale passaggio di Godzilla
vs. Kong allo streaming è l’elevato budget del film e
una lista di film di successo già programmata per il 2021.
Legendary ha finanziato il 75% del blockbuster, costato circa 200
milioni di dollari, con la WB che ha pagato il restante 25%, dando
loro voce in capitolo su quale servizio di streaming potrebbe
acquistare il film. Dal momento che sono dietro HBO Max, il
potenziale per Godzilla vs.
Kong di attirare ancora più iscritti sulla
piattaforma è decisamente alto. D’altronde, nulla esclude che
all’atteso blockbuster possa toccare la stessa sorte di
Wonder Woman 1984, e quindi un’uscita
“congiunta” tanto nelle sale quanto in streaming. Non ci resta che
attendere un eventuale comunicato ufficiale…
Tutto quello che sappiamo su
Godzilla vs. Kong
Inizialmente previsto per il
prossimo 20 Novembre, la data di uscita di Godzilla
vs. Kong è stata posticipata al 21 Maggio 2021 a
causa della pandemia di Covid-19. Il film ha ricevuto un PG-13,
ossia un divieto ai minori di 13 anni. La motivazione consiste
nella presenza nel film di “intense scene di violenza e
distruzione e di linguaggio volgare”. Nessun divieto ai
minori di 17 anni, quindi, lasciando presagire che il film sarà
molto meno crudo di quanto i fan probabilmente si aspettano.
Nonostante sia il Vendicatore più
potente, Hulk (Mark
Ruffalo) non è stato in grado di sconfiggere Iron Man
(Robert
Downey, Jr.) in
Avengers: Age of Ultron. È stata una delle poche
sconfitte che il Gigante di Giada ha dovuto sopportare nel MCU. Quel momento ha anche segnato
la prima volta che il personaggio ha perso uno scontro 1-1 contro
un altro personaggio dell’universo condiviso.
La lotta di Hulk con
Iron Man nel secondo film degli Avengers è stata il risultato del
suo essere mentalmente influenzato dai poteri di Scarlet Witch.
Hulk è andato su tutte le furie fino a quando non è stato
contrastato da Iron Man, che ha indossato in battaglia la sua
armatura Hulkbuster. Grazie ad un enorme aumento di dimensioni e
forza, Iron Man è stato in grado di rappresentare una minaccia
fisica per Hulk, in un modo che la sua classica armatura non gli
avrebbe mai consentito. Dopo un lungo e brutale scambio di colpi,
Iron Man si è rivelato vittorioso ed è riuscito a far perdere i
sensi a Hulk.
In quanto personaggio che nei
fumetti Marvel viene comunemente definito
“il più forte che ci sia”, la sconfitta di Hulk contro
Iron Man è stata una svolta narrativa sorprendente. L’armatura di
Hulkbuster è stata progettata specificamente per sconfiggerlo, ma
Hulk ha una consolidata reputazione nell’aver sempre sfidato le
probabilità e aver vinto tutte le gare di forza bruta. Tuttavia, lo
scontro in questione ha rappresentato l’eccezione: Hulk non è
riuscito a sconfiggere il suo avversario, e ciò è stato dovuto in
gran parte al colpo improvviso di Iron Man alla fine del
combattimento.
Il colpo improvviso di Iron Man
alla fine del combattimento con Hulk
Hulk stava vincendo quando si
schiantarono contro un edificio, facendolo crollare su di loro.
Dopo essere emerso dai detriti, un Hulk senza fiato si è seduto,
per poi essere bruscamente preso a pugni in faccia da Iron Man. È
stato questo attacco a sorpresa che ha permesso a Iron Man di
prevalere su di lui. Per quanto riguarda il motivo per cui Hulk è
stato messo fuori combattimento proprio da questo colpo, è
importante sottolineare che il potere di Hulk è alimentato da
un’emozione: la rabbia. Hulk, spinto dalla rabbia, stava prendendo
a pugni Iron Man fino a quando l’edificio non è crollato,
interrompendo completamente il flusso della battaglia. Hulk stava
tornando momentaneamente in sé quando Iron Man l’ha colpito colpì.
Ciò significa che in quel preciso momento, Hulk aveva
dimenticato la sua rabbia. Iron Man ha vinto perché ha saputo
sfruttare quest’improvvisa svolta degli eventi.
In altre parole, Iron Man avrebbe
perso se la rabbia di Hulk non si fosse placata. C’è stato un
momento nella lotta in cui Stark stava dominando, ma tutto ciò che
ha fatto è stato rendere Hulk ancora più arrabbiato di quanto già
non fosse. In seguito, le probabilità sono cambiate a favore di
Hulk, con il personaggio che ha scatenato un furioso assalto di
potenti colpi che stava quasi distruggendo l’Hulkbuster di Iron
Man. Se la lotta fosse continuata senza interruzioni, Hulk avrebbe
consegnato a Iron Man quella che probabilmente sarebbe stato la sua
più grande sconfitta.
Sfortunatamente, questa non è stata
l’unica volta che le cose non sono andate a favore di Hulk in una
grande battaglia. Ha dovuto ottenere aiuto dal Gran Maestro contro
il Dio del Tuono in Thor:
Ragnarok ed è stato sconfitto senza alcuno sforzo da
Thanos all’inizio di Avengers:
Infinity War. La battaglia con Thanos, in
particolare, rende la sconfitta di Hulk in Age
of Ultron ancora più schiacciante, in quanto avrebbe
potuto dargli un’enorme vittoria che gli è stata negata nei
successivi film del MCU.
La serie drammatica della HBO
vincitrice di un Emmy Euphoria
tornerà
con due episodi speciali, con il primo debutto DOMENICA 6
DICEMBRE alle 21:00 ET / PT. L’episodio andrà in onda su HBO e sarà
disponibile per lo streaming su HBO Max negli USA. In Italia non ha
ancora una collocazione su SKY.
Dopo essere stato lasciato da Jules
alla stazione dei treni e ricaduto, il primo episodio speciale
segue Rue (interpretata dalla vincitrice dell’Emmy
Zendaya) mentre celebra il Natale. Scritto e diretto dal
creatore della serie Sam Levinson, l’episodio, intitolato “Trouble
Don’t Last Always”, è interpretato anche da Colman Domingo, che è
apparso nella prima stagione. Il titolo e la data del secondo
episodio sono in arrivo. Entrambi gli episodi speciali sono stati
prodotti sotto Linee guida COVID-19.
Euphoria ha
ricevuto tre Primetime Emmy quest’anno, tra cui Miglior attrice
protagonista in una serie drammatica (Zendaya),
Miglior trucco contemporaneo (non protesico) e Musica e testi
originali eccezionali.
Euphoria è
stato creato e scritto da Sam Levinson, che è anche produttore
esecutivo; i produttori esecutivi Ravi Nandan, Kevin Turen, Drake,
Future the Prince, Hadas Mozes Lichtenstein, Ron Leshem, Daphna
Levin, Tmira Yardeni, Mirit Toovi, Yoram Mokady e Gary Lennon; Will
Greenfield è co-produttore esecutivo. Prodotto in collaborazione
con A24 e basato sull’omonima serie israeliana, creata da Ron
Leshem e Daphna Levin, di HOT.
Bisognerà attendere ancora un bel
po’ prima dell’arrivo di Black Widow nelle sale,
anche se la continua evoluzione dell’attuale situazione legata alla
pandemia di Covid-19 potrebbe stravolgere ancora una volta i piani
dei Marvel Studios. Nel frattempo, sono arrivati
online nuovi interessantissimi dettagli sul ruolo che la Stanza
Rossa avrà all’interno della storia dell’atteso cinecomic.
Il libro di recente pubblicazione
“Black Widow: The Official Movie Special Book” (via
CBM) contiene un’intervista a James Young, coordinatore degli
stunt che ha lavorato al film con Scarlett
Johansson, ha parlato del ruolo che avranno le Vedove
della Stanza Rossa nella storia e del mondo in cui si
relazioneranno al malvagio Dreykov interpretato da Ray
Winstone.
“Le Vedove provengono
fondamentalmente dalla Stanza Rossa. Fin da giovani queste donne
vengono portate lì e addestrate per diventare delle
assassine”, spiega Young. “Quello che ha fatto Dreykov è
che ha imparato che per controllare il mondo, non puoi gettarti
nella mischia e metterci la faccia. Quindi Dreykov usa le Vedove
per farle eseguire i suoi ordini. Usa queste giovani donne, che
sono delle assassine, per il programma.”
“Tutto quello che conoscono è la
violenza. È dura per Natasha quando si arriva a quella lotta nel
film. Ancora una volta, arriviamo al centro di tutto: Natasha ci è
già passata, sa di cosa si sta parlando, e questo la mette in una
posizione davvero scomoda per quanto riguarda la lotta con le
Vedove, perché queste vedove vogliono ucciderla. Nessuno lascia la
Stanza finché non è morta. Questo mette Natasha in una posizione
estremamente difficile. Queste vedove hanno un obiettivo. Qualunque
cosa dica il loro capo, faranno di tutto per
raggiungerlo.”
“Penso che sia piuttosto
interessante ora che abbiamo finalmente la possibilità di vedere
ciò che i fan hanno chiesto per anni”, aggiunge Young. “In
questo film, possiamo finalmente vedere la Stanza Rossa e scoprire
chi sono queste Vedove, scoprire che ci esistono più Vedove, che
Natasha era la migliore di loro e che Dreykov l’ha sempre voluta di
nuovo con sé.”
La regia di Black Widow è stata
affidata a Cate Shortland, seconda donna
(dopo Anna Boden di Captain
Marvel) a dirigere un titolo dell’universo
cinematografico Marvel, mentre la sceneggiatura è
stata riscritta nei mesi scorsi da Ned
Benson(The Disappearance of Eleanor
Rigby). Insieme a Scarlett
Johansson ci saranno anche David
Harbour, Florence
Pugh e Rachel
Weisz.
In Black Widow, quando sorgerà
una pericolosa cospirazione collegata al suo passato, Natasha
Romanoff dovrà fare i conti con il lato più oscuro delle sue
origini. Inseguita da una forza che non si fermerà davanti a nulla
pur di sconfiggerla, Natasha dovrà affrontare la sua storia in
qualità di spia e le relazioni interrotte lasciate in sospeso anni
prima che diventasse un membro degli Avengers.
Continuano le riprese di Mission
Impossible 7 in Italia, la produzione è ritornata
a Roma e questa mattina sul set c’eranoTom
Cruise e Hayley Atwell. Ecco i due
attori impegnati in alcuni stunt a bordo di una
500 gialla per le vie di Roma, nel quartiere di
Monti:
Nei prossimi due capitoli della
saga di Mission Impossible, Tom
Cruise e Rebecca
Ferguson torneranno nei panni di Ethan Hunt e
Ilsa Faust. I due film vedranno coinvolti anche Shea
Whigham (Kong: Skull Island), Hayley
Atwell (Captain America: Il primo
vendicatore), Pom
Klementieff (Guardiani della Galassia) e Esai
Morales (Ozark). Christopher
McQuarrie scriverà e dirigerà i film, che faranno il
loro debutto nelle sale americane rispettivamente il 19 novembre
2021 e il 4 novembre 2022.