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Bond 25: ecco chi potrebbe essere il villain del film

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Bond 25: ecco chi potrebbe essere il villain del film

Secondo quanto dichiarato da Said Taghmaoui in una recente intervista, l’attore apparso lo scorso anno in Wonder Woman potrebbe interpretare il ruolo del villain in Bond 25, prossimo capitolo del franchise. Taghmaoui ha inoltre specificato che l’accordo sarebbe stato preso insieme a Danny Boyle, successivamente allontanatosi dal film per divergenze creative.

Sono stato scelto da Boyle, ma ora che non fa più parte del team il mio futuro è incerto […] Non sappiamo chi sarà il regista, e i produttori non sanno se si orienteranno verso un attore russo o del Medio Oriente per il villain. Ho solo ricevuto un messaggio che diceva: “Se vanno dalle parti delMedio Oriente, sarai tu. Altrimenti sarà qualcun altro.

Dopo l’addio di Danny Boyle la produzione di Bond 25 cerca un nuovo regista per il film che vedrà ancora protagonista Daniel Craig.

Alcuni nomi sono spuntati nel corso degli ultimi giorni, da Edgar Wright (che in passato aveva manifestato il desiderio di dirigere un capitolo della saga di James Bond), Jean-Marc Vallee (Dallas Buyers Club, Big Little Lies), David Mackenzie (Hell or High Water) e Yann Demange (White Boy Rick).

Bond 25: Danny Boyle fuori per problemi con Daniel Craig?

Vi ricordiamo che il franchise sull’agente segreto del MI6James Bond, proseguirà con il capitolo numero 25 che avrà come protagonista di nuovo Daniel Craig, per la quinta volta nei panni del personaggio.

Annapurna si è assicurata i diritti di distribuzione domestica con la MGM, mentre la Universal Pictures distribuirà il film a livello internazionale.

Come da tradizione, Bond 25 verrà distribuito nel Regno Unito una settimana prima rispetto al resto del mondo, il 25 ottobre 2019, mentre l’8 novembre 2019 arriverà in tutto il mondo. Le riprese cominceranno il 3 dicembre prossimo.

Fonte: The National

Venezia 75: ANAC, FICE e ACEC contro i Leoni a Netflix

Venezia 75: ANAC, FICE e ACEC contro i Leoni a Netflix

Dopo meno di 24 ore dall’assegnazione dei Leoni a Venezia 75, arriva repentina la reazione delle associazioni degli esercenti in Italia, che si scaglia contro la decisione di premiare dei film acquistati da Netflix, che quindi saranno distribuiti sulla piattaforma streaming, dopo un rapido passaggio in sala.

Venezia 75: tutti i vincitori. Leone d’Oro a Roma di Alfonso Cuaron

Ecco quanto si legge nel comunicato stampa ufficiale:

“L’ANAC – Associazione Nazionale Autori Cinematografici, unitamente alla FICE – Federazione Italiana Cinema d’Essai e all’ACEC – Associazione Cattolica Esercenti Cinema, in coerenza con quanto dichiarato in occasione della conferenza stampa della Mostra nel mese di luglio a Roma, ribadiscono la loro contrarietà circa la scelta di aver inserito nel concorso di Venezia alcuni film non destinati alla visione in sala, diversamente da quanto aveva deciso il festival di Cannes.

Nel pieno rispetto delle scelte della giuria presieduta da Guillermo del Toro e senza nulla togliere all’alta qualità del film “ROMA” di Alfonso Cuaròn, vincitore del Leone d’Oro, ANAC, FICE e ACEC ritengono iniquo che il marchio della Biennale sia veicolo di marketing della piattaforma NETFLIX che con risorse ingenti sta mettendo in difficoltà il sistema delle sale cinema italiane ed europee. Il Leone d’Oro, simbolo della Mostra internazionale d’arte cinematografica da sempre finanziata con risorse pubbliche, è patrimonio degli spettatori italiani: il film che se ne fregia dovrebbe essere alla portata di tutti, nelle sale di prossimità, e non esclusività dei soli abbonati della piattaforma americana.

ANAC, FICE e ACEC reiterano la richiesta al direttore Barbera di rivedere per il prossimo anno la sua posizione, mentre chiedono al Ministro della Cultura di varare con la massima sollecitudine norme che regolino anche da noi come avviene in Francia un’equa cronologia delle uscite sui diversi media.”

Venezia 75: le donne, le storie e il tempo della parola – un commento

Durante la conferenza stampa di presentazione del programma, Alberto Barbera aveva dichiarato, in merito alla presenza dei film Netflix (e Amazon Studios) in Concorso: “Non vedo ragioni per cui escludere dalla competizione del festival un film di Cuaron o dei Coen solamente perché prodotto da Netflix. In Francia la legge è diversa per quello che riguarda le window, per fortuna qui non abbiamo questi problemi.” Con riferimento, ovviamente, alla decisione del Festival di Cannes di lasciare fuori le opere opzionate dalle piattaforme streaming. Le ultime parole famose, a quanto pare, visto che alla luce dell’assegnazione dei premi, il Leone d’Oro a Roma di Alfonso Cuaron, acquistato per la distribuzione da Netflix, ha scatenato le ire delle associazioni.

Ricordiamo che i titoli Netflix in selezione ufficiale a Venezia 75 erano 4: Roma e The Ballad of Bugger Scruggs in Concorso; Sulla mia pelle in Concorso Orizzonti; The Other Side of the Wind Fuori Concorso. Sia il film di Alfonso Cuaron che quello dei fratelli Coen sono stati premiati, portando a casa rispettivamente il Leone d’Oro e il premio Osella alla migliore sceneggiatura.

Tutto lo speciale dedicato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 75 di Cinefilos.it

Grey’s Anatomy 15×01: anticipazioni dall’episodio

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Grey’s Anatomy 15×01: anticipazioni dall’episodio

Il network americano della ABC ha diffuso la trama di Grey’s Anatomy 15×01, il primo atteso episodio della quindicesima stagione di Grey’s Anatomy.

In Grey’s Anatomy 15×01 che si intitolerà ” With a Wonder and a Wild Desire ” I medici gareggiano per una nuova posizione mentre Meredith lotta per rimanere concentrata; nel frattempo Amelia e Owen cercano di capire la loro relazione mentre La luna di miele di Jo e Alex non va come previsto; Bud e Jo infine costituisce un’alleanza inaspettata.

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Grey’s Anatomy 15×01

Grey’s Anatomy 15 è la quindicesima stagione della serie Grey’s Anatomy creata da creata da Shonda Rhimes per la ABC Studios. Gli episodi di Grey’s Anatomy 15 debutteranno questo autunno.

Nella quindicesima stagione di Grey’s Anatomy ritorneranno i personaggi Meredith Grey (stagioni 1-in corso), interpretata da Ellen Pompeo, Alexander “Alex” Michael Karev (stagioni 1-in corso), interpretato da Justin Chambers, Miranda Bailey (stagioni 1-in corso), interpretata da Chandra Wilson, Richard Webber (stagioni 1-in corso), interpretato da James Pickens, Jr., Owen Hunt (stagioni 5-in corso), interpretato da Kevin McKidd, Teddy Altman (stagioni 6-8, 15-in corso, ricorrente 14), interpretata da Kim Raver, Jackson Avery (stagione 7-in corso, ricorrente 6), interpretato da Jesse Williams, Josephine “Jo” Alice Wilson (stagione 10-in corso, ricorrente 9), interpretata da Camilla Luddington, Margaret “Maggie” Pierce (stagione 11-in corso, guest 10), interpretata da Kelly McCreary

Venezia 75: tutti i vincitori. Leone d’Oro a Roma di Alfonso Cuaron

La Giuria di Venezia 75, presieduta da Guillermo Del Toro, ha assegnato i premi al Concorso Ufficiale della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica.

Ecco tutti i vincitori di Venezia 75

  • Premi della selezione ufficiale

Leone d’oro – Roma di Alfonso Cuaron
Leone d’Argento – Jacques Audiard per The Sisters Brothers
Gran premio della giuria – La Favorita di Yorgos Lanthimos
Premio speciale della giuria – The Nightingale di Jennifer Kent
Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile – Willem Dafoe per At Eternity’s Gate
Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile – Olivia Colman per La Favorita
Premio Osella per la migliore sceneggiatura – The Ballad of Buster Scruggs di Joel e Ethan Coen
Premio Marcello Mastroianni – Baykali Gabambarr per The Nightingale

  • Premi della sezione Orizzonti

Premio Orizzonti per il miglior film – Kraben Rahu di Phuttiphong Aroonpheng
Premio Orizzonti per la miglior regia – Emir Baigazin per Ozen
Premio Orizzonti per la miglior sceneggiatura – Pema Tseden  di Jinpa
Premio speciale della giuria di Orizzonti – Anons di Mahmut Fazil Coşkun
Premio Orizzonti per il miglior cortometraggio – Kado di Aditya Ahmad
Premio Orizzonti per la miglior interpretazione maschile – Kais Nashif per Tel Aviv On Fire
Premio Orizzonti per la miglior interpretazione femminile – Natalya Kudryashova per The Man Who Surprised Everyone

  • Premio Venezia Opera prima “Luigi De Laurentiis” – The Day I Lost My Shadow di Soudade Kaadam

Venezia 75: le donne, le storie e il tempo della parola

  • Venezia Classici

Miglior Documentario sul Cinema: The Great Buster: A Celebration di Peter Bogdanovich

Miglior Restauro: La notte di San Lorenzo di Paolo e Vittorio Taviani

  • Venice Virtual Reality

Miglior Storia VR: L’ile des morts di Benjamin Nuel

Miglior Esperienza VR: Buddy VR di Chuck Chae

Miglior VR: Spheres di Eliza McNitt

  • Premi alla carriera

Leone d’oro alla carriera: Vanessa Redgrave e David Cronenberg

Premio Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker: Zhang Yimou

  • Campari Passion for Film: Bob Murawski

Venezia 75: le donne, le storie e il tempo della parola

Venezia 75: le donne, le storie e il tempo della parola

Conclusa la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, edizione settantacinque, e in attesa dell’annuncio dei Leoni, è importante riportare alcune considerazioni a seguito delle polemiche che hanno seguito l’annuncio del programma, lo scorso luglio, e di alcune decisioni prese dall’organizzazione in merito ai tempi di lavoro della stampa accreditata.

Quando è stato annunciato il programma della Selezione Ufficiale, lo scorso luglio, molte riviste straniere, in particolare The Hollywood Reporter, si sono scagliate contro Alberto Barbera e il suo Festival a causa della mancanza di donne tra le file dei registi scelti per rappresentare il cinema Mondiale in Mostra. Tale accusa, in “tempo di #MeToo”, è sembrata pretestuosa nonché portatrice di una subdola forma di “razzismo al contrario”, in cui per promuovere la parità di genere sarebbe stata obbligatoria la presenza di registe donne nella Selezione Ufficiale, mentre l’unica donna regista del Concorso è stata Jennifer Kent con la sua opera seconda, The Nightingale.

Il film è diventato il caso degli ultimi giorni di Festival, a causa dell’intervento di uno scriteriato (accreditato stampa) che, a fine proiezione, ha urlato offese personali alla regista per manifestare di non aver gradito affatto il film in questione. La Biennale ha provveduto immediatamente a ritirare l’accredito al soggetto, e l’evento, lungi dal rimanere un episodio da raccontare nei tanti discorsi dei “ti ricordi quella volta che al Festival di Venezia…” dovrebbe rappresentare un punto di partenza per una duplice riflessione. Da una parte è bene riconsiderare i criteri di assegnazione dei badge di accredito, valutando attentamente la professionalità dei richiedenti. Distinzioni e cernite andrebbero fatte a costo di risultare elitari, oltre a dover essere dovuto a tutti i film (ma a tutte le opere d’arte in generale) quel rispetto che si deve all’opera, seppure mediocre, dell’ingegno altrui, ma che ha “molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale” (cit.).

La seconda riflessione che dovrebbe stimolare il commento scellerato è quella culturale: tentare di offendere una donna con l’appellativo che le attribuisce il mestiere più antico del mondo appartiene a una cultura retrograda e medievale che resta attaccata addosso a molte persone, persino inconsapevolmente, e che smaschera la più profonda ignoranza nella persona in questione, che pronuncia quella parola come offesa. Un problema culturale che diventa ancora più grave nel momento in cui, e qui torniamo al primo spunto di riflessione, quest’offesa è urlata da una persona che, stando al badge che ha appeso al collo e che la Biennale gli ha concesso, dovrebbe essere un critico o un giornalista, una persona dunque incaricata di diffondere cultura e informazione.

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Allo spiacevole incidente si aggiunge il fatto che il film della Kent è stato uno dei più brutti (peggio accolto nel complesso dei commenti della stampa) presentati al Lido nella Selezione Ufficiale. L’idea che potrebbe prendere forma è che pur di prendere almeno una donna in concorso, i selezionatori abbiano preso un film non all’altezza del resto della rosa di film scelti, lasciando fuori l’opera magari più completa o interessante di un regista uomo, solo per evitare una polemica che comunque è arrivata. E se sulla carta The Hollywood Reporter poteva avere ragione, basandosi soltanto su numeri e nomi, alla luce della proiezione di tutti i film di Venezia 75, è apparso cristallino che tutta la selezione fosse straordinariamente attenta al mondo femminile, con storie, attrici e interpretazioni che raccontano la donna e le sue storie in diversissimi modi, linguaggi e situazioni, con grande dignità e consapevolezza. Inoltre entrambi i film storici scelti della commissione (One Nation One King e Peterloo) avevano importanti riferimenti al suffragio universale e alla parità di diritti, non un occhio di riguardo ma una visione completa dell’umanità formata da sessi differenti, dunque. Una polemica sterile, dunque, quella che arriva da Oltreoceano e da una società dove il politicamente corretto dopo lo scandalo Weinstein ha sì portato allo scoperto il marcio di Hollywood, ma ha anche generato orrori come l’ostracismo di Woody Allen, solo per fare un nome. La Mostra e la Biennale (organizzazione in cui lavorano per la maggioranza donne) sono l’emblema di come, nel mondo del cinema e del lavoro in generale, siano importanti le competenze, non il sesso. E non dovrebbe esserci bisogno di aggiungere altro.

La particolarità del Concorso di quest’anno è stata la presenza di tanti film molto lunghi, pellicole di oltre due ore, in alcuni casi anche tre ore, che hanno incollato gli accreditati alle poltrone. I film hanno avuto in comune anche una qualità medio alta, che sembra il filo rosso che congiunge almeno le ultime tre edizioni della Mostra. Grandi autori hanno scelto il Lido per presentare i loro nuovi film, di conseguenza, i selezionatori hanno giocato sul sicuro, affidandosi a registi del calibro di Tsukamoto, di Leigh, di Nemes, di Guadagnino, addirittura a Orson Welles nel Fuori Concorso. La mancanza di coraggio nell’andare a scovare autori sconosciuti e nel prediligere filmografie nazionali più fruibili o già amate e conosciute è stata compensata dalla chiara scelta di portare avanti le grandi storie raccontate sullo schermo. E quindi i “film lunghi” tanto nemici del pubblico da Festival, sempre alle prese con incastri di proiezioni e orari tiranni, diventano un modo per spingere alla riflessione, alla parola ponderata, un invito alla riscoperta del piacere di discutere di cinema come fosse davvero arte, senza affannarsi alla corsa al tweet (o al commento rapido su Facebook), abitudine osteggiata anche dall’embargo sui film annunciato a inizio festival, fino alla proiezione ufficiale con pubblico invitato e cast.

Venezia 75 ha quindi rivendicato il tempo della riflessione, e questa necessità di darsi il giusto spazio per meditare e contemplare e poi parlare sembra sempre più urgente nel momento in cui nel corso di manifestazioni importanti come una Mostra Internazionale di Cinema, si verificano episodi come quello, discusso prima, di scellerati che urlano le loro offese “a caldo”, come fossero nella privacy delle loro camere a esprimere un parere non richiesto ad amici distratti (per cui diventa necessario alzare la voce). Il tempo dunque come unità di misura del pensiero, della parola scritta, che dovrebbe, nel caso della critica, non giudicare ma guidare lo spettatore interessato. Le storie si sono prese il loro tempo con i tanti minuti di durata dei film, le parole, grazie anche all’embargo, sono diventate più importanti e hanno manifestato un loro peso.

Il divieto, per la stampa, di commentare il film prima della presentazione ufficiale è stato mutuato dal Festival di Cannes, che a maggio ha stravolto i ritmi di programmazione delle proiezioni per impedire del tutto ai giornalisti di vedere i film prima di cast e invitati. La scelta di Venezia è stata più democratica e si è affidata al buonsenso della stampa stessa. Un festival più democratico quindi, ma apparentemente anche più in salute, stando alla qualità dei titoli presentati e al coraggio di abbracciare le novità tecnologiche e le nuove piattaforme di produzione cinematografica, quelle stesse Netflix e Amazon allontanate dalla kermesse francese e che “rischiano” di finire addirittura nel palmares della settantacinquesima edizione del Festival di cinema più antico del mondo.

Non sappiamo cosa ci riserverà Venezia 76, ma l’augurio è quello di portarci dietro, da questa edizione, la giusta prospettiva sul concetto di parità, il tempo adeguato che rivendica ogni opera d’arte e ogni pensiero scritto, la bellezza di altre storie raccontate sul grande schermo.

Venezia 75: il palmares delle Giornate degli Autori

Venezia 75: il palmares delle Giornate degli Autori

Da Toni Servillo a David Cronenberg, da Rithy Panh a Jonas Carpignano, da Adriano Panatta a Donpasta, da Marina Abramovic a Anne De Carbuccia, da Jasmine Trinca a Luca Marinelli, da Mario Martone (Premio SIAE alla creatività) ad Alexander Kluge, da Michele Riondino a Carolina Crescentini, da Ramin Bahrani a Luigi Lo Cascio fino ai vincitori dell’anno – Claire Burger, Valerio Mieli, Sudabeh Mortezai – sono moltissimi i personaggi che hanno accompagnato e festeggiato le Giornate degli Autori nel suo 15 compleanno, il primo che segna il confine dall’infanzia all’adolescenza. Proprio per questo nel palmarès dei film delle Giornate ci manca oggi un nome che insieme a noi e alla Mostra è cresciuto nel corso degli anni: quello di Teresa Mangiacapre, infaticabile organizzatrice di iniziative in ricordo di Lina e che quest’anno avrebbero trovato la giusta conferma nella splendida affermazione delle donne registe a Venezia.

I numeri delle Giornate sono la conferma di un successo che va dall’affezione del pubblico (oltre 7500 spettatori con molte proiezioni sold-out e una crescita di 6%, sulla scia di un’affermazione di tutte le sezioni della Mostra) alla vitalità e ospitalità della Villa degli Autori. Sono stati 18 gli incontri e gli omaggi organizzati  in 11 giorni e notti fittissimi di momenti conviviali e di dialogo. Gli eventi ospitati e realizzati sono 25 per 30 film tra lunghi e corti, comprese le 5 opere prime della selezione e i moltissimi titoli firmati da registe donne. E’ un racconto che è stato illustrato nella nostra gallery ufficiale (più di 200 foto pubblicate a partire da 4500 scatti, tra cui l’allegra sequenza dei 60 “pugilatori” che sul nostro backdrop hanno sfilato con combattivi guantoni rossi), dai commenti su facebook e instagram (una crescita esponenziale, fino al 97% rispetto a un anno fa). E che, grazie all’impegno di I Club e Tino Eventi, si è tradotto in trecentosessanta bottiglie di prosecco stappate, duecentoquaranta bottiglie di vino, settecentoventi bottiglie di birra. Oltre tremila sono stati i caffè serviti agli ospiti e al pubblico della Villa e tremiladuecentocinquanta le bottiglie d’acqua tra aperitivi, cocktail, cene e feste. “Una lista di numeri ovviamente non racconta tutto il senso della nostra proposta – dice il Delegato delle Giornate, Giorgio Gosetti – Ma racconta uno spirito diverso che caratterizza il nostro programma e che è stato reso possibile grazie all’impegno di tanti, le associazioni degli autori italiani (Anac e 100autori in primis). Portiamo alla Mostra lo spettacolo dell’intelligenza, registi che da vere promesse stanno diventando protagonisti, voci di culture lontane e diverse, coraggio di percorrere vie nuove e talvolta – grazie a maestri riconosciuti – voglia di rimettersi in gioco con proposte diverse. Ma inseriamo, nel mosaico vitale e bellissimo della Mostra, il sale della diversità, a partire dalle occasioni di incontro che la Villa degli Autori ha offerto a tutti i creativi del cinema mondiale. Nel rispetto e nella difesa di quel diritto d’autore oggi minacciato fin nel cuore del Parlamento Europeo che dovrebbe essere custode della tutela dei diritti e che invece il 12 settembre rischia di ignorare le voci degli artisti. Anche per loro abbiamo realizzato questa edizione delle Giornate e per loro continueremo a combattere con le armi dello spettacolo, dell’indipendenza, della passione”.

Di seguito tutti i vincitori delle Giornate degli Autori a Venezia 75

Premio del Pubblico BNL a Ricordi? di Valerio Mieli (Italia, Francia)

GdA Director’s Award a C’est ça l’amour di Claire Burger (Francia)

La giuria, presieduta da Jonas Carpignano, era composta da ventotto giovani europei, uno per ogni paese della comunità, partecipanti al progetto 28 Times Cinema.

Motivazione: Il film di Claire Burger è un racconto estremamente coinvolgente sulle situazioni difficili in cui ci pone la vita, sia che ci confrontiamo con la fine di un matrimonio, sia che ci venga spezzato il cuore per la prima volta. Abbiamo scelto questo film per la sua tenerezza e per la straordinaria padronanza tecnica che la regista dimostra nel tenere sotto controllo tutti gli elementi del film.

Premio Label Europa Cinemas a Joy di Sudabeh Mortezai (Austria)

Motivazione: Joy è un film commovente e realizzato con grande cura, che affronta il traffico sessuale, una piaga che colpisce tutta l’Europa. Il film possiede uno stile documentario che ne fa risplendere autenticità e credibilità. In questo modo riusciamo a comprendere la vita quotidiana della protagonista, Joy, le sue lotte e la ricerca di dignità nelle complesse dinamiche di potere presenti in un mondo parallelo al nostro. Il film provocherà un dibattito ovunque sarà visto, e siamo lieti che questo premio possa favorirne la diffusione in Europa.

Hearst Film Award – Best Female Director a Sudabeh Mortezai per Joy (Austria)

Motivazione: Ci sono immigrati che anche i razzisti tollerano senza problemi. Sono le donne come Joy, prostitute bambine ridotte a schiave. Accade oggi nell’Austria governata dalla destra. Ma non è diverso da ciò che accade in Italia, qui e ora. Joy ci chiede di non chiudere gli occhi sulla realtà.

NUOVOIMAIE Talent Award a Linda Caridi per Ricordi? di Valerio Mieli (Italia, Francia)

Queer Lion Award a José di Li Cheng (Guatemala)

Motivazione: Scritto in maniera sensibile, splendidamente interpretato, questo ritratto appassionato del viaggio di un giovane alla ricerca dell’appagamento emotivo, mostra la complessità di una relazione omosessuale sullo sfondo della dura vita nel Guatemala contemporaneo.

Menzione Speciale Premio FEDIC a Ricordi? di Valerio Mieli (Italia, Francia)

Motivazione: Quando il cinema diventa poesia. Ricerca dell’amore fra felicità e sofferenze, ricordi, emozioni, colori che simboleggiano gioia ma anche mal di vivere, nostalgia di momenti vissuti e speranze, in un incontro fra giovani che si innamorano, si lasciano e … .

Menzione FEDIC – Il Giornale del Cibo a I Villani di Daniele De Michele (Italia)

Motivazione: Senza l’uomo la terra non c’è più “dice la canzone di chiusura di questo documentario che, dalla Sicilia al Trentino, con la voce di alcuni agricoltori, pastori e pescatori, descrive il loro duro lavoro, rivolto anche a conservare la tradizione della cucina italiana, che è un patrimonio ma anche un atto d’amore, come testimonia il pranzo fra i protagonisti, fra sudore, gioia e senso di
gratificazione.

Driven: recensione del film di Nick Hamm

Driven: recensione del film di Nick Hamm

A Venezia 75 viene presentato il film di chiusura, Driven di Nick Hamm, in conclusione di una maratona cinematografica assai ricca e piena di titoli interessanti. Driven arriva però alla fine di una giornata di proiezioni povera rispetto al palinsesto dei giorni precedenti, forse per una scelta mirata, visto l’accavallarsi con il festival di Toronto. Alla fine della proiezione è stato presentato anche il backstage, che racconta alcuni difficili momenti della realizzazione.

Driven è la storia intrecciata di due persone, molto distanti tra loro, ma che uno strano gioco del destino porterà a fondere le loro vite. Siamo nella metà degli anni Settanta, Jim Hoffman è un pilota, implicato in un colossale traffico di droga, nel quale non esita a coinvolgere la sua famiglia, mentre John DeLorean, suo vicino di casa, è un geniale e ricco progettista di automobili, con un passato glorioso e il sogno di produrre l’auto che rivoluzionerà per sempre il mercato. Jim è strettamente sorvegliato dall’FBI, che in cambio della libertà lo sfrutta come informatore. DeLorean invece è alla ricerca di capitali per finanziare il suo ambizioso progetto. Inutile dire che sarà l’inizio di un gioco complesso, che sfuggirà di mano, infrangendo le leggi, l’etica e l’amicizia.

Il regista Nick Hamm dice di aver voluto raccontare la storia di due uomini così bisognosi dell’essere vincitori, da arrivare a distruggere famiglia e amicizia.  L’interrogativo al centro del suo film è se DeLorean sia un truffatore o un genio della creatività e viceversa, se Jim sia un criminale o una persona sincera e di cuore.

Il film gioca bene con questi interrogativi, ruotando attorno a quell’automobile avveniristica dalle ali di gabbiano, diventata famosa solamente perché scelta come macchina del tempo in Ritorno al futuro di Robert Zemeckis. Peccato che in realtà quel costosissimo veicolo sia stato un autentico fallimento, pieno di problemi strutturali e malfunzionante fin dall’uscita dalla fabbrica. Nel film ci sono molti momenti con battute, neanche troppo velate, sulla DeLorean come macchina del tempo, futuro e viaggi lontani.

Driven è un film ben congeniato, diretto con mano sicura e ben interpretato, in maniera sorniona, beffarda, a volte esagerata, ma credibile. Nonostante la confezione appetitosa, la musica rock coinvolgente e perfettamente correlata al montaggio, la divertente ricostruzione caricaturale degli anni Settanta e l’imbastimento di un riuscito connubio tra commedia e poliziesco, stenta però a coinvolgere anche chi non è troppo appassionato all’industria delle automobili.

Venezia 75: i premi collaterali della Fondazione Ente dello Spettacolo

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In occasione dell’ultima giornata della 75.ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, nello Spazio FEdS della Fondazione Ente dello Spettacolo (Sala Tropicana 1 dell’Hotel Excelsior al Lido di Venezia) si è svolta la consegna dei premi Collaterali Venezia 75. Ha presentato Federico Pontiggia, giornalista della Rivista del Cinematografo.

Oltre alle menzioni speciali, durante la cerimonia sono stati assegnati i seguenti riconoscimenti:

  • Premio SIGNIS, Organizzazione internazionale cattolica per le comunicazioni
  • Premio INTERFILM, Associazione Internazionale Protestante Cinema
  • Premio FEDIC, Federazione Italiana dei Cineclub
  • Premio LANTERNA MAGICA, C.G.S. – Circoli Giovanili Socioculturali

Ecco nel dettaglio i premiati.

Il Premio SIGNIS è assegnato a Roma di Alfonso Cuarón. Di seguito le motivazioni: “Con uno stile allo stesso tempo classico e innovativo e un uso sapiente del bianco e nero, il regista Cuarón costruisce un suggestivo e poetico racconto sul Messico degli anni Settanta. Se a livello generale, l’opera coglie le fratture di una società che va incontro a profondi cambiamenti, dal punto di vista familiare delinea la forza del ruolo della donna, capace reagire con coraggio e solidarietà alle continue difficoltà. Roma è una bellissima conferma sulle doti artistiche di Cuarón, regista dalla forte carica autoriale e dalla grande capacità divulgativa”.

Menzione Speciale a 22 July di Paul Greengrass. La motivazione: “Raccontando il massacro di tanti giovani in Norvegia nel 2011, Greengrass non si limita solo a un’efficace ricostruzione dei fatti, ma affida al racconto un potente e intenso messaggio di speranza. È un monito per le giovani generazioni e per la comunità tutta a non lasciarsi influenzare dalla paura dell’altro, da idee estreme e violente, ma a saper trovare la via del dialogo e dell’inclusione”.

La Giuria del Premio INTERFILM per la Promozione del Dialogo Interreligioso ha conferito il riconoscimento a Tel Aviv on Fire, di Sameh Zoabi poiché: “Questa commedia brillante, provocatoria e dissacrante, offre uno sguardo originale su uno dei più dolorosi conflitti del nostro tempo. Uno sceneggiatore palestinese instaura un’inattesa collaborazione con un ufficiale israeliano che lo aiuta a sviluppare la trama della serie televisiva sentimentale Tel Aviv on Fire. Il film ribalta il confine tra cruda realtà e visioni romantiche, lavorando sulle identità dei personaggi e aprendo uno spazio creativo per il dialogo”.

Il film Sulla mia pelle di Alessio Cremonini (Sezione Venezia-Orizzonti) si aggiudica il Premio FEDIC, destinato “all’opera che meglio riflette l’autonomia creativa e la libertà espressiva dell’autore”. Per la Giuria ha riconosciuto “La toccante e oggettiva ricostruzione, senza strumentalizzazioni o concessioni a facili effetti, degli ultimi spaventosi sette giorni di vita di Stefano Cucchi. Un film che si può definire di servizio verso il pubblico”.

Il Premio CGS “Lanterna Magica” 2018 va al film Amanda di Mikhael Hers con la seguente motivazione: “Per aver delineato il percorso di accettazione del lutto e di crescita di una bambina e di un giovane adulto senza cadute nella retorica, ponendo soprattutto in luce i momenti nei quali alla progressiva guarigione dell’uno è necessario l’apporto dell’altra. La sceneggiatura accompagna abilmente la dinamica di interazione e scontro tra i due personaggi fino alla costituzione di un nuovo nucleo familiare, visto come nodo di relazioni basilari e preziosa conquista per la contemporaneità del nostro Occidente frammentato. Il linguaggio cinematografico rifugge da facili manipolazioni emotive, privilegiando un raffinato ed efficace lavoro di montaggio, che riesce a comunicare allo spettatore la gravità dei drammi affrontati. Ottima la prova attoriale della giovanissima co-protagonista Isaure Multrier, molto credibile nella sua espressività, che coinvolge ed interroga”.

La Giuria FEDIC ha inoltre assegnato due Menzioni Speciali.

La prima al film Ricordi? di Valerio Mieli (Le Giornate degli Autori), La motivazione recita: “Quando il cinema diventa poesia. Ricerca dell’amore fra felicità e sofferenze, ricordi, emozioni, colori che simboleggiano gioia ma anche mal di vivere, nostalgia di momenti vissuti e speranze, in un incontro fra giovani che si innamorano, si lasciano e …….”.

La Menzione FEDIC – Il Giornale del Cibo destinata “all’opera che propone la scena più significativa legata al cibo e alla alimentazione” va al film I Villani di Daniele De Michele (Le Giornate degli Autori), in quanto: ” Senza l’uomo la terra non c’è più “dice la canzone di chiusura di questo documentario che, dalla Sicilia al Trentino, con la voce di alcuni agricoltori, pastori e pescatori, descrive il loro duro lavoro, rivolto anche a conservare la tradizione della cucina italiana, che è un patrimonio ma anche un atto d’amore, come testimonia il pranzo fra i protagonisti, fra sudore, gioia e senso di gratificazione.

Zombieland 2: ecco quando inizieranno le riprese

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Zombieland 2: ecco quando inizieranno le riprese

Aveva fatto il giro del web la notizia che il film cult Zombieland avrebbe avuto un sequel. Oggi è possibile sapere anche quando prenderanno avvio le riprese: il 28 gennaio. La produzione del film inizierà con il titolo provvisorio di Zombieland Too e vedrà riunito l’intero cast originale. Il regista sarà quindi di nuovo Ruben Fleischer, che il prossimo mese farà il suo debutto nel mondo Marvel con Venom, e alla sceneggiatura si ritroverà il duo originale Paul Wernick e Rhett Reese.

La trama di Zombieland 2 si svolgerà dieci anni dopo la conclusione della prima vicenda e vedrà lo strano quartetto affrontare una nuova specie di zombie molto più potente di quella precedente. Stando alle prime indiscrezioni il duo composto dalle due sorelle interpretate da Emma Stone e Abigail Breslin si romperà e quest’ultima scapperà con nuovo personaggio ancora ignoto. Non è ancora chiaro invece quale sarà il destino degli altri due: Jesse Eisenberg e Woody Harrelson. Sicuramente l’inizio delle riprese chiarirà qualche dubbio e potrà darci qualche indicazioni su una possibile data d’uscita.

FONTE: Production Weekly

Avengers 4: nuovi dettagli sulle riprese aggiuntive

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Avengers 4: nuovi dettagli sulle riprese aggiuntive

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In questi giorni si stanno svolgendo le riprese aggiuntive di Avengers 4, iniziato a girare già lo scorso anno. Non è inusuale che le grandi produzioni hollywoodiane decidano di concedersi altro tempo sul set per limare quello che nel montaggio ancora non funziona. Ma recenti dichiarazioni di Mark Ruffalo, che nell’universo Marvel interpreta il personaggio di Hulk, hanno chiarito il fatto che non si tratta di vere e proprie riprese aggiuntive, ma scene necessarie a concludere il film che non è stato mai finito nella sessione precedente. Ecco le parole dell’attore:

Faremo delle riprese aggiuntive del film da settembre. E poi inizieremo il tour promozionale internazionale. E poi uscirà il film, che noi ancora non sappiamo bene come sarà. Non faremo soltanto delle riprese aggiuntive, finiremo il film, perché non lo abbiamo mai concluso totalmente lo scorso anno“.

Nei vari account social dei protagonisti e nelle immagini che circolano in rete possiamo vedere convocati sul set Chris Evans, Scarlett Johansson e Paul Rudd. Terminata questa sessione probabilmente si saprà qualcosa di più sulla trama e verrà comunicato il titolo del film attualmente senza nome. Si attende ovviamente anche il trailer, per cui bisognerà attendere un po’ vista l’uscita del film fissata per maggio 2019.

FONTE: ScreenRant

Star Wars: 10 cose che non sai sulla saga

Star Wars: 10 cose che non sai sulla saga

Con il ritorno del franchise di Star Wars c’è stato molto da parlare: nuovi personaggi, nuove storie (ma non solo), e grandi ritorni. Cosa non sapete su Star Wars? Ecco dieci curiosità sui nuovi capitoli della saga, e dove vederli in streaming.

Star Wars: il risveglio della forza

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1. Sia David Fincher che Matthew Vaughn hanno preso in considerazione l’idea di dirigere Star Wars: Il risveglio della Forza. L’annuncio dell’arrivo di una nuova trilogia aveva agitato sia Hollywood che internet. Chi avrebbe diretto i nuovi film? Sembra che Kathleen Kennedy, la direttrice della LucasFilm, abbia incontrato ogni regista sulla faccia del pianeta. Non sappiamo tutti i nomi, ma sappiamo almeno di due. Il primo è David Fincher, il quale ha detto di aver sempre pensato a Star Wars come una storia di schiavi che osservano la follia dei loro padroni. Impegnato, costoso, e con una reputazione difficile, sembra che Fincher non andrò oltre il primo incontro. Sembra che Matthew Vaughn, invece, sia arrivato molto vicino a dirigere Il risveglio della Forza. Addirittura, il regista rinunciò a X-Men: Giorni di un futuro passato per dirigere il film. Ma le cose non andarono per il verso giusto, per questioni di divergenze creative, sia in fatto di casting che in fatto di violenza nel film.

2. In origine, Jakku era un pianeta di ghiaccio. Michael Arndt ha sperimentato con diverse trame e diverse ambientazioni e Jakku, che nel film ha un ruolo fondamentale, è stato modificato più e più volte. In uno dei concept più interessanti per Jakku, il pianeta era un mondo vulcanico di ghiaccio, simile ad alcune zone dell’Islanda. Ci sarebbero stati laghi ribollenti e fontane di lava che scorrevano accanto a ghiacciai.

3. JJ Abrams ha voluto che Star Wars: Il risveglio della Forza fosse quasi un remake. Una delle critiche principali fatte al film, è quella che riguarda la somiglianza con il film originale di Star Wars, sia per quanto riguarda l’estetica, che per quanto riguarda la trama. Ma Arndt, quando aveva cominciato a lavorare al film, aveva sperimentato con trame diverse: in una, Rey trovava i resti della Morte Nera II sepolta in mare. In un’altra, i personaggi erano coinvolti in una corsa per recuperare il corpo di Darth Vader. Dopo che J.J. Abrahams divenne ufficialmente il regista, però, il film cominciò a diventare più un ritorno a Una nuova speranza.

Lego Star Wars

4. LEGO Star Wars è stato il primo marchio autorizzato di LEGO. Prima di Star Wars, LEGO aveva creato unicamente set basati su idee e serie proprie e originali. Ma nel 1999 decise di collaborare con la Lucasfilm, e annunciò l’arrivo dei set ispirati ai film. Il primo set che lanciarono, fu quello di X-wing, e fu seguito dal TIE Advanced e da Y-wing. Nessuno di questi, però, appariva ne La minaccia fantasma, in uscita quello stesso anno.

5. Esiste un C3PO LEGO Star Wars fatto interamente d’oro. Nel 2007, LEGO ha realizzato una piccola serie di C3PO realizzati in oro. Il valore di ognuno di questi, secondo quanto stimato, è di alcune migliaia di sterline. Ne furono realizzati solo cinque: non solo preziosi, quindi, ma anche rarissimi.

Star Wars Battlefront

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6. La storia della Campagna di Star Wars: Battlefront fa parte del canone. Quando la Disney comprò la Lucasfilm nell’ottobre del 2012, molte cose cambiarono. Uno dei cambiamenti maggiori, fu la decisione che l’universo espanso di Star Wars non avrebbe più fatto parte del canone: trent’anni di pubblicazioni, giochi, e cartoni animati, all’improvviso, furono esclusi dall’universo ufficiale del franchise. Solamente i film e le produzioni future di vario tipo ne avrebbero fatto parte. Il primo Battlefront non aveva una campagna, e quindi non è importante a questo proposito. La Campagna di Star Wars: Battlefront 2, però, fa parte dell’universo ufficiale di Star Wars.

Solo: A Star Wars Story

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7. Ron Howard ha voluto Darth Maul come leader supremo dell’Alba Cremisi. È stata una delle sorprese migliori di Solo: A Star Wars Story è stato il ritorno di Darth Maul come leader di Alba Cremisi: il personaggio non compariva sul grande schermo dal lontano 1999! Quando Ron Howard cominciò a lavorare al progetto in qualità di regista, il boss di Alba Cremisi non era ancora stato deciso: fu proprio lui a spingere per Maul (non più ‘Darth’). “Avevano una lista di alcuni candidati, e avevano parlato anche di inventare un nuovo gangster (…)” ha raccontato il regista, “Io ho detto: ‘Maul, che fine ha fatto?’ Non avevo visto la serie animata ma sapevo che qualcosa gli era successo. Mi raccontarono la storia e dissi: non sarebbe bello? (…) Non è stata interamente una mia decisione, ma pensai che sarebbe stato piuttosto spaventoso, oltre che dare una bella svolta al terzo atto”.

8. L3-37 potrebbe non essersene andata per sempre. Lando e il droide L3-37 hanno un rapporto speciale, e alla sua morte il suo esperto sistema di navigazione viene caricato sul Falcon. Quando poi Lando perde la partita a carte contro Solo, perde anche il Falcon, e di conseguenza anche quello che rimane di L3. Ma non è detto che sia per sempre. “Magari il Falcon riesce a trattenere qualcosa di quella super intelligenza, ma Lando potrebbe magari, in qualche modo, un giorno, trovare un modo per ricostruire L3” ha detto Ron Howard a riguardo.

Personaggi di Star Wars

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9. Inizialmente, Rey doveva avere un altro nome. Quando la Disney ha assunto Michael Arndt per lavorare non solo a Star Wars: Il risveglio della Forza, ma all’intera trilogia, uno dei suoi primi contributi fu quello di introdurre, finalmente, una protagonista femminile vera e propria nel franchise. A quanto pare, nelle prime stesure della storia, questo personaggio veniva chiamato “Sally”, o “Rachel”. Ma Ray non è stata l’unica ad avere dei nomi provvisori: Kylo Ren era “Jedi Killer” e Finn era “Sam”. Nelle stesure successive, poi, la protagonista femminile prese il nome di “Kira”, che fu mantenuto praticamente fino alle riprese. Quando poi ci fu una fuga di notizie e il nome divenne noto al pubblico, il nome venne cambiato. Fu scelto “Rey”, e il resto è storia.

10. Luke doveva essere uno dei personaggi principali di Star Wars: Il risveglio della forza. Luke è uno dei personaggi di Star Wars più iconici in assoluto, e nel primo capitolo del reboot si è aggiudicato solamente pochi secondi sullo schermo. Ovviamente, non tutti i fan sono stati troppo felici a riguardo. Ardnt ha parlato molto della difficoltà di integrare Luke nella storia, e di come originariamente questi avesse un ruolo prominente. Ma la leggenda di Luke creava molti problemi: ogni volta che questi appariva, tutta l’attenzione di concentrava su di lui. Quando Mark Hamill firmò il contratto per tornare, pensava che Luke sarebbe comparso almeno nel terzo atto del film. Insomma, le cose si sono risolte con Gli ultimi Jedi, ma deve essere stata una bella delusione, sul momento.

Star Wars: streaming

Al momento, Star Wars: Il risveglio della Forza non è disponibile in streaming in abbonamento su nessuna piattaforma. È però disponibile su Google Play, e si può acquistare su Rakuten tv, Timvision, e Chili Cinema. Star Wars: Gli ultimi Jedi è invece disponibile a noleggio su Rakuten tv, Infinity e Chili Cinema, e per l’acquisto su Rakuten tv, Timvision, e Chili.

Fonti: Screen Rant, TheGamer, Beano, Empire

The Beach Bum: trailer del film con Zack Efron e Matthew McConaughey

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E’ arrivato in rete il trailer del film The Beach Bum, nuova opera del regista di Spring Breakers, Harmony Korine, con protagonista Matthew McConaughey. A fare compagnia all’attore sul set anche Zac Efron, Isla Fisher e Snoop Dogg.

McConaughey interpreterà il personaggio di Moondog, un uomo che ha deciso di vivere la vita senza regole, scatenando così alcune vicende al limite dell’esilarante. Lo si può vedere in queste prime immagini nudo e strafatto, immerso in mondo fatto di serpenti, piscine, strani strumenti e le spiagge.

Il mood sembra richiamare il film precedente di Korine, ormai datato a sei anni fa, in cui il pazzo protagonista era interpretato da James Franco. Per McConaughey invece potrebbe segnare il ritorno all’interpretazione di personaggi sopra le righe come quello che gli valse l’Oscar in Dallas Buyers Club.

The Beach Bum uscirà nelle sale USA il prossimo 22 marzo, mentre non è stata ancora ufficializzata la release italiana.

Ozark 2: recensione della serie Netflix

Ozark 2: recensione della serie Netflix

Torna su Netflix a partire dal 31 agosto Ozark 2, la seconda stagione di Ozark, serie tv ideata da Bill Dubuque e Mark Williams. Nei nuovi dieci episodi ritroviamo Jason Bateman e Laura Linney nei panni di Marty e Wendy Byrde, intenti a perpetrare nella loro attività di riciclaggio di denaro per i cartelli della droga messicani, e allo stesso tempo costretti a fare i conti con i criminali locali, i quali desiderano ottenere la propria parte nella storia.

Le nuove puntate di Ozark 2 tolgono sin da subito ogni dubbio: la coerenza tra le due stagioni è stata mantenuta intatta. A conservare questa coesione è prevalentemente il carattere estetico, dalla ricorrenza di determinati elementi al tono cupo con cui ogni episodio è affrontato. Nel corso della stagione vediamo tornare in scena tutti i personaggi già incontrati precedentemente, con la narrazione che si concentra esclusivamente su di loro, senza introdurne di nuovi. Cosa, questa, che se da un lato avrebbe potuto portare freschezza alla serie, avrebbe allo stesso tempo rischiato di rendere ancor più complesso il già intricato puzzle della storia.

Tra gli episodi della stagione spiccano quelli diretti da Jason Bateman stesso, che appare sempre più pervaso dalla natura della serie, riuscendo così a realizzare una regia elegante e attraente, che spesso sopperisce lì dove la scrittura si fa cedevole.

Ozark 2Tuttavia, nonostante questa coerenza di fondo e il grande interesse per i propri protagonisti, Ozark 2, la seconda stagione si rivela essere, con il procedere degli episodi, decisamente sottotono. Complice una ridotta presenza di eventi significativi e un’eccessiva dilatazione del tempo, diventa sempre più difficile venire coinvolti attivamente nella narrazione, che già di per sé intricata non facilita la visione. La conseguenza è una quasi totale mancanza di ritmo che pervade la stagione, fatta eccezione per alcuni specifici momenti che rivelano un maggior fascino.

Allo stesso modo i personaggi non sembrano vivere una particolare evoluzione, risultando così difficile poterli apprezzare più di quanto si era ottenuto con la prima stagione. Risultano comunque convincenti  le prove attoriali di Jason Bateman e Julia Garner, mentre a rubare la scena a tutti è Laura Linney, sempre più donna di potere e vero e proprio personaggio centrale della stagione. Occasione mancata, dunque, per Ozark 2, che non riesce a riprodurre l’attrattiva della precedente né ad approfondirne la vicenda, risultando così essere poco più che una divagazione sulla storia e sui temi presentatici inizialmente.

Captain Marvel: Samuel L. Jackson parla del suo Nick Fury giovane

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In questa settimana sono arrivati, grazie al focus che gli ha dedicato Entertainment Weekly, molti dettagli riguardo al blindassimo Captain Marvel, primo cinecomic della Marvel incentrato interamente ad un’eroina femminile. Questa volta ad essere in primo piano è la dichiarazione di Samuel L. Jackson che nel film interpreterà la versione da giovane di Nick Fury, un personaggio ancora tutto da scoprire.

Quando ho letto lo script, e lo leggo ancora pensando al Nick Fury di oggi, mi è venuto da dire ‘non farebbe mai questo’. Poi ci penso e mi dico ‘oh, ancora non si trova a quel punto della sua vita’. Il Nick Fury che incontriamo in questo film è una sorta di burocrate, ma in una maniera interessante. Non è diventato schiavo del cinismo che normalmente si potrebbe vedere in lui. Rispetta le persone sopra di lui” ha dichiarato l’attore.

Naturalmente Samuel L. Jackson fa riferimento alla versione del personaggio che abbiamo visto recentemente anche in Avengers: Infinity War, dove non si può certo dire che brillasse per senso dell’umorismo. L’attore ha assicurato che invece in Captain Marvel sarà proprio così, e sarà sorprendente.

Ricordiamo che il film con protagonista Brie Larson arriverà nei cinema USA a partire dal’8 marzo 2019, invece in Italia debutterà in sala qualche giorno prima, il 6 marzo.

FONTE: EW

Guardiani della Galassia: Paul Feig rifiuterebbe la regia

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Guardiani della Galassia: Paul Feig rifiuterebbe la regia

Come ormai noto, Guardiani della Galassia 3 sta navigando senza un capitano. Dopo il licenziamento di James Gunn da parte della Disney, la produzione ha dato uno stop alle riprese e all’intero progetto fino all’individuazione di un sostituto. La questione è abbastanza spinosa in quanto Gunn non era solo il regista del film, ma anche lo sceneggiatore e colui che ha dato un’impronta personale all’intera saga già con i primi due episodi. Rimpiazzarlo non sarà dunque facile. Una delle voci più accreditare in questi mesi è che la Disney proponesse la regia a Paul Feig, ideatore in tempi recenti del non brillantissimo reboot di Ghostbusters.

Durante un’intervista è stato proposto a Feig questo scenario, ma il regista sembra avere le idee abbastanza chiare a proposito: “Non accetterei mai un progetto che apparteneva ad un altro regista. Si può pensare quello che si vuole, fare i moralisti su ciò che James Gunn ha scritto. Io non faccio mai quel tipo di battute e nemmeno mi piacciono. Ma Guardiani della Galassia resta comunque il franchise di James Gunn“.

L’impressione è che molti cineasti la penseranno alla stessa maniera, cosa che rende ancora più ardua l’impresa della Disney. Guardiani della Galassia 3, con ogni probabilità, non riuscirà ad essere sul grande schermo nel 2020 così come inizialmente era programmato. E lo schieramento del cast dalla parte di Gunn farebbe pensare che si è sempre più vicini alla cancellazione.

FONTE: ScreenRant

Mark Ruffalo vorrebbe un incontro tra Hulk e Wolverine

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Mark Ruffalo vorrebbe un incontro tra Hulk e Wolverine

L’universo espanso Marvel è pieno di opportunità per connettere un supereroe all’altro e c’è chi fantastica tra gli incontri possibili tra i personaggi. Uno di questi è l’attore Mark Ruffalo, interprete di Hulk, che in una recente dichiarazione ha ammesso di sognare un incontro tra il suo eroe e Wolverine.

Mi piacerebbe vedere un nuovo team-up in futuro e la combinazione Hulk-Vedova Nera non è per niente male, ma sarebbe molto fico, e la gente già ne parla spesso, vedere Hulk che incontra Wolverine. Sarebbe un grande incontro. Hugh Jackman è magnifico, mi piacerebbe lavorare con lui, se mai vorrà. Anche lui ha parlato spesso di Hulk vs. Wolverine, immagino che sarebbe divertente” ha dichiarato l’attore.

Ruffalo però non ha messo in conto la decisione, apparentemente irremovibile, di Hugh Jackman di dire addio al mondo Marvel ed al suo Wolverine dopo Logan. Inoltre la casa di produzione non ha mai pubblicamente optato per questa idea, puntando nel recente periodo a ben altri personaggi. Wolverine infatti sembra aver fatto il suo corso, avendo debuttato sul grande schermo già dall’inizio del millennio e svolgendo un ruolo fondamentale all’apertura del cinema al mondo dei supereroi.

FONTE: Marvelist

Venezia 75: a Ricordi? di Valerio Mieli, il premio del pubblico delle GDA

Il pubblico delle Giornate ha scelto Ricordi? di Valerio Mieli per il premio assegnato da BNL Gruppo BNP Paribas.

Il film di Mieli era l’unico italiano in concorso di undici titoli, provenienti da cinematografie differenti di diciotto paesi del mondo (diverse le co-produzioni).

Percentuale di voto: 69,6 % di voti favorevoli.

Ricordi? è l’opera seconda di Valerio Mieli dopo il debutto del 2009 proprio alla Mostra di Venezia.

Luca Marinelli è il protagonista maschile di questa storia d’amore, affiancato da Linda Caridi che è una vera rivelazione. Il film è prodotto dalla Bibi Film di Angelo Barbagallo e coprodotto da Les films d’ici con Rai Cinema e in collaborazione con Cattleya.

Sin da quando sono nate le Giornate nel 2004, BNL Gruppo BNP Paribas ha incoraggiato le iniziative portate avanti in questi quindici anni di collaborazione. Presente alla Mostra di Venezia anche con la Settimana Internazionale della Critica, BNL sostiene il cinema e ne favorisce la diffusione con un premio il cui unico giudice è il pubblico sovrano. Con questo riconoscimento BNL, insieme alle Giornate, premia sia il livello di gradimento sia la capacità di un film di attrarre pubblico.

Il premio è stato consegnato alla Villa degli Autori da Anna Boccaccio, Direttore del Servizio Relazioni Istituzionali.

Con questo premio, le Giornate sono felici di promuovere un film italiano e aiutarne il futuro accompagnandolo verso lo stesso pubblico che lo ha votato.

Capri-Revolution: recensione del film di Mario Martone

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Capri-Revolution: recensione del film di Mario Martone

Dopo Il Giovane Favoloso, presentato al Lido nel 2014, Mario Martone porta in Concorso a Venezia 75 Capri-Revolution, il suo nuovo lungometraggio che, di nuovo, riflette sulla Storia inquadrandola da vicinissimo.

Capri-Revolution è ambientato nel 1914 a Capri, dove alla vigilia della Prima guerra mondiale, un gruppo di giovani artisti nordeuropei si stabilì, fondando una comune, alla ricerca di un ambiente naturale e selvaggio da riprodurre in pittura e di un posto dove vivere in pace, recuperando la semplicità della vita primitiva. Una società antesignana di quella degli hippy, quindi, che però si sviluppò per un periodo brevissimo molto prima dei movimenti culturali e politici di fine anni ’60. Lucia, una giovane guardiani di capre autoctona, entra in contatto con questa comunità, da subito affascinata e pian piano coinvolta nel loro modo di vivere.  Con lei anche Carlo, il medico del paese, viene coinvolto nella società naturista, guardata con circospezione e curiosità.

Capri-Revolution, il film

Martone prende spunto da un fatto storico e lo dilata, realizzando un racconto estremamente ricco che però lascia cadere subito le trame narrative legate alla politica e si concentra sulla figura di Lucia, interpretata da Marianna Fontana (Indivisibili), che in pochissimo tempo, da pastorella analfabeta, impara a leggere, scrivere, parlare in italiano e addirittura in inglese. La debolezza del film di Martone si riscontra tutta nella sceneggiatura, scritta a quattro mani con Ippolita Di Majo, e che trascura l’aspetto politico impegnato della storia reale che concentrarsi sulla parabola personale. Persino la messa in scena del naturismo della comunità fondata dal pittore tedesco Karl Wilhelm Diefenbach viene trattata con superficialità, e il discorso sull’atto creativo, come elemento per connettersi a più livello con altre persone viene completamente messo da parte.

La lussuria della natura, la particolarità della storia vera, la preparazione alla rivoluzione russa del 1917 che potrebbe intercettarsi nel titolo stesso del film, vengono attraversati quasi con superficialità da Martone, e così Capri-Revolution rimane un’opera affascinante a metà, che non va a fondo, che non sfrutta il suo potenziale.

Nuestro Tiempo: recensione del film di Carlos Reygadas

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Nuestro Tiempo: recensione del film di Carlos Reygadas

Dopo aver sempre prediletto il concorso di Cannes, Carlos Reygadas si presenta a Venezia 75 con il suo nuovo film, Nuestro Tiempo, in gara per il Leone d’Oro. Il regista realizza un ambizioso affresco della campagna messicana, completamente ambientato in un ranch, in cui la storia animale e naturale si intreccia a quella umana in un gioco di parallelismi semplicistico e didascalico.

La storia, che si dispiega per tre ore abbondanti, è quella di Juan e Esther, una coppia che vive in campagna allevando tori. Lei gestisce il ranch, lui, poeta di fama mondiale restio alla vita di città, si occupa invece della crescita e della selezione degli animali. La loro vita entra in crisi quando la donna si infatua di un addestratore di cavalli di nome Phil; con lui comincia una relazione clandestina che porterà scompiglio nella sua vita familiare.

Nuestro TiempoReygadas ci concentra moltissimo sull’ambiente naturale, immergendo lo spettatore nella campagna messicana e dando a tutto il film dei tempi e il tono di un western, indugiando lungamente su campi lunghi in cui la luce del sole dirige lo sguardo dello spettatore. Un affresco magniloquente di una natura selvaggia e ingestibile, rappresentata alla perfezione dal toro che si scaglia furiosamente contro un mulo e lo squarta. La stessa potenza della natura che viene messa in rapporto alla debolezza dell’uomo, una scelta semplicistica, come accennato, che affievolisce la potenza visiva del film stesso.

Nuestro Tiempo vuole essere una fotografia del contemporaneo in un mondo a confine tra civiltà e natura incontaminata, dove però la prima risulta non solo inferiore e scialba rispetto alla seconda, ma anche peggio messa a fuoco nella sua meschina imperfezione.

Killing: recensione del film di Shin’ya Tsukamoto

Killing: recensione del film di Shin’ya Tsukamoto

Come un beffardo déjà-vu, a ventiquattro ore esatte dalla proiezione del discusso The Nightingale di Jennifer Kent, lo schermo del concorso di Venezia 75 torna a tingersi di sangue e a mostrare stupri, mutilazioni e atrocità varie, con Zan (Killing) di Shin’ya Tsukamoto.

Killing, la trama

Ambientato nel Giappone feudale del diciannovesimo secolo, Killing narra la storia di Mokunoshin Tsuzuki, un Ronin, ovvero un samurai senza padrone, che lavora in una comunità di agricoltori di una povera risaia sperduta tra i monti.  Il ronin si allena quotidianamente con Ichisuke, sotto gli occhi di sua sorella Yu, che disapprova la loro dedizione al combattimento. Tra Mokunoshin e Yu c’è attrazione e una relazione velata, mai dichiarata.  Tutto sembra scorrere in modo tranquillo, ma un giorno arriva alla risaia Jirozaemon Sawamura, un abile ronin, tanto spietato quanto gentile, che cerca abili samurai da portare al servizio di un signore locale.

Shin’ya Tsukamoto, autore di culto, creatore di capolavori come i tre film della trilogia di Tetsuo, Tokyo fist, A snake of June, Vital e Kotoko, arriva a Venezia con una storia classica sul mondo dei samurai, da lui scritta, diretta, prodotta e montata, oltre ad apparire anche come attore. Realizza un film feroce, potente, raccontato con sguardo fulminante, come il riflesso sulla lama della katana, raccogliendo consensi e applausi in sala fin dalle prime inquadrature, che mostrano la forgiatura di una spada, sottolineata da una musica travolgente, che esalta e trascina i suoi tanti sostenitori.

Ma nonostante questo Killing rimane un’esibizione di stile e capacità tecniche, che poco aggiungono alle istanze espressive scaturite in passato dalla mente di Tsukamoto, come quel manifesto della nuova carne che teorizzava ibridazioni tra organico e tecnologico. Un corpo-macchina affine alle tematiche di Cronenberg, che il regista giapponese considera suo padre spirituale. Il film procede veloce e vivace, tra duelli, stupri, mutilazioni, masturbazioni, schermaglie amorose sado-masochistiche e sangue a fiumi, dipanando una trama esile e ormai abusata, dove l’unico elemento di riflessione è l’incapacità del protagonista nel riuscire a uccidere. Ed è paradossale che le situazioni similari viste nel film di Jennifer Kent, seppure con un’istanza narrativa completamente differente, vengano qui esaltate e fomentate, con sentito apprezzamento e scrosci di applausi.

Killing è una classica storia di samurai, con tanto sangue, arti mutilati, soprusi e vendette, ma nulla di più. È un’opera minore di un autore geniale che ha costruito una sua poetica originale, divenuta culto.

La profezia dell’armadillo: Simone Liberati, Pietro Castellitto e Valerio Aprea

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Oltre al regista abbiamo avuto modo di intervistare anche i protagonisti de La profezia dell’Armadillo: Simone Liberati, Pietro Castellitto e Valerio Aprea.

LEGGI ANCHE: La profezia dell’armadillo la recensione

Zero ha ventisette anni, vive nel quartiere periferico di Rebibbia, più precisamente nella Tiburtina Valley. Terra di Mammuth, tute acetate, corpi reclusi e cuori grandi. Dove manca tutto ma non serve niente. Zero è un disegnatore ma non avendo un lavoro fisso si arrabatta dando ripetizioni di francese, cronometrando le file dei check-in all’aeroporto e creando illustrazioni per gruppi musicali punk indipendenti. La sua vita scorre sempre uguale, tra giornate spese a bordo dei mezzi pubblici attraversando mezza Roma per raggiungere i vari posti di lavoro e le visite alla Madre.  Ma una volta tornato a casa, lo aspetta la sua coscienza critica: un Armadillo in carne e ossa, o meglio in placche e tessuti molli, che con conversazioni al limite del paradossale lo aggiorna costantemente su cosa succede nel mondo.

A tenergli compagnia nelle sue peripezie quotidiane, nella costante lotta per mantenersi a galla, è l’amico d’infanzia Secco. La notizia della morte di Camille, una compagna di scuola e suo amore adolescenziale mai dichiarato, lo costringe a fare i conti con la vita e ad affrontare, con il suo spirito dissacrante, l’incomunicabilità, i dubbi e la mancanza di certezze della sua generazione di “tagliati fuori”.

La profezia dell’armadillo: intervista a Emanuele Scaringi

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La profezia dell’armadillo: intervista a Emanuele Scaringi

In occasione di Venezia 75 abbiamo intervistato Emanuele Scaringi, regista de La profezia dell’Armadillo, il film basato sull’omonimo fumetto di Zero Calcare.

LEGGI ANCHE: La profezia dell’armadillo la recensione

Zero ha ventisette anni, vive nel quartiere periferico di Rebibbia, più precisamente nella Tiburtina Valley. Terra di Mammuth, tute acetate, corpi reclusi e cuori grandi. Dove manca tutto ma non serve niente. Zero è un disegnatore ma non avendo un lavoro fisso si arrabatta dando ripetizioni di francese, cronometrando le file dei check-in all’aeroporto e creando illustrazioni per gruppi musicali punk indipendenti. La sua vita scorre sempre uguale, tra giornate spese a bordo dei mezzi pubblici attraversando mezza Roma per raggiungere i vari posti di lavoro e le visite alla Madre.  Ma una volta tornato a casa, lo aspetta la sua coscienza critica: un Armadillo in carne e ossa, o meglio in placche e tessuti molli, che con conversazioni al limite del paradossale lo aggiorna costantemente su cosa succede nel mondo.

A tenergli compagnia nelle sue peripezie quotidiane, nella costante lotta per mantenersi a galla, è l’amico d’infanzia Secco. La notizia della morte di Camille, una compagna di scuola e suo amore adolescenziale mai dichiarato, lo costringe a fare i conti con la vita e ad affrontare, con il suo spirito dissacrante, l’incomunicabilità, i dubbi e la mancanza di certezze della sua generazione di “tagliati fuori”.

The Nightingale: recensione del film di Jennifer Kent

The Nightingale: recensione del film di Jennifer Kent

Il concorso di Venezia 75 si infiamma di vendetta e si tinge di sangue con The Nightingale, di Jennifer Kent, unica regista donna presente nella competizione ufficiale.

La trama di The Nightingale

The Nightingale racconta la tragica storia di Clare, una giovane deportata irlandese, costretta a sopravvivere dolorosamente in un modo degenerato, popolato da uomini ottusi, arroganti e violenti, senza alcun rispetto per le popolazioni aborigene autoctone, né per donne e bambini.

Dopo lo stupro e la brutale uccisione della figlioletta di pochi mesi e di suo marito, rimasta senza nulla e disperata, Clare si mette in viaggio attraverso le ostili foreste della Tasmania, per raggiungere un turpe ufficiale inglese, responsabile degli efferati crimini. È spinta da un incontenibile spirito di vendetta che non riesce a contenere e che aumenta di giorno in giorno, scoprendo la scia di violenza che il militare e i suoi subalterni lasciano lungo la strada. Per riuscire a non perdersi tra le foreste e soccombere nella maestosità selvaggia di quelle terre, Clare chiede aiuto a Willy, una guida aborigena, anche lui sconvolto dalla violenza folle e inaudita portata dai bianchi colonizzatori.

The Nightingale è un revenge-movie in piena regola, in stile western da terra di canguri, che riporta la mente a tante altre storie di vendetta passate sullo schermo, da Lady Vendetta a Kill Bill, o anche Uomini che odiano le donne, ma qui non è una mera ricerca di giustizia sommaria, bensì una crescita interiore dolorosa, che passa attraverso la distruzione spietata per trovare il barlume di un qualcosa che faccia ritrovare alla protagonista la forza per riuscire ad andare avanti.

Il film è pieno di momenti cruenti e di folli esplosioni di violenza. Su tutto appare insostenibile la lunga e dettagliata scena dello stupro, con la fredda uccisione della bambina. Ma è disseminato anche di tanti momenti di riflessione e di presa di coscienza, che aprono ragionamenti profondi su tematiche purtroppo estremamente attuali, come la violenza su donne e bambini, il razzismo, la sopraffazione di etnie più deboli.

Opera seconda di Jennifer Kent, dopo lo splendido e perturbante Babadook, The Nightingale conferma il talento della regista australiana, ma non convince del tutto, lasciando una sensazione di incompiutezza, di estrema prolissità e di non aver gestito al meglio l’enunciato fondamentale della narrazione. Non basta la naturalezza e la bravura della giovane protagonista Aisling Franciosi e di quella della guida aborigena Baykali Ganambarr, o anche alcuni accenni visionari, che rimandano a stilemi messi a punto nel film precedente, a elevare una vicenda, che rimane purtroppo ancorata agli stereotipi del film di genere.

Per una sicuramente motivata scelta stilistica il film è realizzato in formato 4:3, togliendo potenza alla maestosità dei paesaggi selvaggi della Tasmania e lascia intuire che un formato panoramico avrebbe sicuramente aiutato a giocare con le emozioni.

The Nightingale è un buon film western australiano, con molti sprazzi di violenza efferata, che non scontenterà certamente gli amanti del genere, ma che farà rimpiangere la visionarietà spiazzante di Babadook.

Venezia 75: tutti i vincitori della 33° Settimana Internazionale della Critica

VIDEO CORRELATI

La Settimana Internazionale della Critica (SIC), sezione autonoma e parallela organizzata dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI) nell’ambito della 75. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia (29 agosto – 8 settembre 2018) ha assegnato oggi, venerdì 7 settembre, i premi della trentatreesima edizione.

Premio del pubblico Sun Film Group

LISSA AMMETSAJJEL (STILL RECORDING) di Saeed Al Batal e Ghiath Ayoub (Siria, Libano, Qatar, Francia, Germania)

Premio realizzato grazie al sostegno di Sun Film Group e consistente in un riconoscimento del valore di € 5.000.

Sono stati inoltre assegnati:

Premio Circolo del Cinema di Verona

BETES BLONDES (BLONDE ANIMALS) di Maxime Matray e Alexia Walther (Francia)

Premio assegnato da una giuria composta da soci del Circolo di Verona e destinato al film più innovativo della sezione.

Motivazione: La testa di Orfeo, separata dal corpo, chiude gli occhi al mondo e li apre alla visione. Non cessa però la sua pena, il suo canto non si interrompe. Per averci invitato ad accogliere questo richiamo, a guardare al dolore del vivere con sorriso assonnato, a viaggiare con vorace smemoratezza ingozzandoci di fiori e quintali di tartine al salmone, in compagnia di giovani feriti e bellissimi alla ricerca di un sapore che pare perduto. Per aver insinuato che la memoria è lo scandaglio del nostro presente, ma scordare è un atto rivoluzionario quanto cercare risposte da una sitcom camp o consigli da gatti risentiti. Per averci immersi in un ciclo di letargie e risvegli che riscrive i tratti del reale e affoga l’immagine nel sogno. Per averci obbligato a resettare i nostri sensi e le nostre costruzioni, dimostrando che un cinema radicale e svergognato è sempre possibile, anzi necessario.

Premio Mario Serandrei – Hotel Saturnia & International per il Miglior Contributo Tecnico

LISSA AMMETSAJJEL (STILL RECORDING) di Saeed Al Batal e Ghiath Ayoub (Siria, Libano, Qatar, Francia, Germania)

Premio sponsorizzato dall’Hotel Saturnia di Venezia e assegnato da un’apposita commissione di esperti.

Motivazione: Nell’inferno della guerra siriana, l’immagine cattura l’orrore della battaglia, l’intensità della condivisione, la verità di un popolo. Dalla teoria dell’azione hollywoodiana all’urgenza del documentario, la tecnica digitale coglie l’assoluto presente della storia, testimoniando la resistenza della vita nei campi di sterminio, con un palpitante montaggio che rende tangibile una tragedia in corso.

Il Delegato Generale Giona A. Nazzaro ha così commentato questa edizione: “Una selezione che porta nel proprio DNA il desiderio del futuro, il piacere della diversità e la ricerca di sguardi nuovi. Una selezione che, nel momento in cui la politica chiude le porte, rossellinianamente vuole aprire tutte le finestre, invitando a ragionare sulle contraddizioni del tempo presente e a lavorare per un cinema non conciliato”. 

Domani 8 settembre, alle ore 14 in Sala Perla si terrà la proiezione per pubblico e accreditati di Lissa Ammetsajjel (Still Recording), film vincitore del Premio del Pubblico Sun Film Group.

Inoltre, una giuria composta dai membri della Woche der Kritik (Settimana della Critica di Berlino), guidati da Michael Hack ha assegnato i premi ai cortometraggi in concorso alla terza edizione di SIC@SIC (Short Italian Cinema @ Settimana Internazionale della Critica).

Premio al Miglior Cortometraggio

MALO TEMPO di Tommaso Perfetti (Italia, 2018. Col., 19’)

Premio offerto da Frame by Frame e consistente in servizi di post-produzione per il prossimo cortometraggio del regista premiato.

Motivazione: Un giovane gangster confinato nel suo piccolo appartamento – un grande corpo, quasi troppo grande per l’inquadratura e la sua voce. Slegato dai vincoli della situazione Tommaso Perfetti sviluppa un ritratto vivido e sfaccettato di un uomo che cerca di affermarsi e perdersi nel contempo. Astenendosi da ogni giudizio libera sia il protagonista che gli spettatori, attraverso un maturo gesto di cinema documentario.

Premio alla Migliore Regia

GAGARIN, MI MANCHERAI di Domenico De Orsi (Italia, 2018. Col., 20’)

Premio offerto da Stadion Video e consistente nella realizzazione dell’edizione inglese sottotitolata per il prossimo cortometraggio del regista premiato.

Motivazione: Perdersi. Trovare luce e terra, e acqua. Il cielo è blu,ci si prende cura delle galline e forse, solo forse, significa avere qualcosa da fare, lavorare, progettare, costruire. La ricerca che questo film sviluppa è tutta esteriore, rivolta al mondo e alle fantasie che evoca. La sua curiosità non richiede risposte, sebbene ce ne siano alcune.

Premio al Miglior Contributo Tecnico

QUELLE BRUTTE COSE di Loris Giuseppe Nese (Italia, 2018. Col.,11’)

Premio offerto da Fondazione Fare Cinema e consistente nella partecipazione all’edizione 2019 del Corso di Alta Formazione Cinematografica in Regia “Fare Cinema”.

Motivazione: La realtà privata di una famiglia: frammenti del loro passato e presente, momenti condivisi, scorci di intimità. La voce di una figlia scomparsa si confonde con un ritmo della memoria, una densità dell’amore, un flusso di coscienza. Ininterrotto e vivido, come se le separazioni non fossero altro che un’illusione. 

Magic Lantern: recensione del film di Amir Naderi

Magic Lantern: recensione del film di Amir Naderi

Amir Naderi, celebre regista iraniano e autore di film come The Runner e Monte, sbarca al Lido per presentare il suo nuovo film, Magic Lantern, nella sezione Sconfini. Un ritorno molto atteso quello di Naderi, che covava questo nuovo progetto sin dai suoi esordi cinematografici.

Magic Lantern, la trama

In Magic Lantern Mitch (Monk Serrell-Freed) è un protezionista che sta caricando l’ultimo film per la proiezione finale di un piccolo cinema che sarà convertito in una multisala digitale. Ha paura nel caricare l’ultima bobina nel proiettore, perché sa che ciò lo porterà di nuovo alla ricerca di un amore ora perduto. Guarda attraverso la finestrella, verso la luce tremolante dello schermo e oltre, verso un altro mondo. Un mondo solo suo. Mitch inizia così un viaggio di amore e ossessione che lo porta attraverso sogno, realtà e cinema nel tentativo di ritrovare la ragazza misteriosa.

Magic Lantern è un puro atto d’amore verso il cinema, specialmente quello classico dell’età d’oro. Nel film si ritrovano così continui riferimenti a quell’epoca e al suo splendore cinematografico. Citazioni che altro non sono se un gioco tra il regista e lo spettatore, tra il regista e il cinema stesso. Naderi rende immagine concreta il suo profondo amore per il cinema, cercando di catturare quel momento prodigioso in cui realtà e fantasia si incrociano dando vita alla magia generata oltre un secolo fa dalla lanterna magica, dispositivo del precinema che da il nome al titolo del film.

Dove la storia viene mantenuta in forma estremamente essenziale, sono le immagini a raccontare più di ogni altra cosa. Lo spettatore deve infatti, come specificato anche dallo stesso autore, arrendersi ad esse e lasciare che infondano in lui l’atmosfera e le sensazioni ricercate, per ottenere così un maggior coinvolgimento emotivo.

Non è certamente un’opera di facile fruizione, e anzi è consigliata più di una visione per poter decifrare i suoi più criptici significati e metafore. Metafore che sono elemento principale di Magic Lantern, suo elemento di base e ricorrente per tutta la narrazione. Metafore che cristallizzano quella che per il regista è la vera essenza del cinema: la passione. Passione che Naderi riesce con delicatezza a infondere nel film e a far percepire a chi guarda.  Condividendo con il pubblico questo nuovo film, che Naderi definisce come il culmine della sua vita dedicata al cinema, all’amore e ai ricordi, ci svela un lato di sé inaspettato e sensibile ai piccoli eventi e gesti della vita.

Venezia 75: Shin’ya Tsukamoto presenta Killing

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Shin’ya Tsukamoto racconta che da tanto tempo, più o meno vent’anni, era intrigato dal raccontare la storia di un giovane samurai che si rifiuta di uccidere. Nel Giappone del periodo feudale denominato Edo era del tutto normale uccidere, ma oggi, che fortunatamente le cose sono cambiate, uccidere viene immediatamente avvertito come qualcosa di aberrante. Questo lo ha fatto riflettere su come si sarebbe comportato un ragazzo di oggi catapultato a quei tempi, trovandosi nella condizione di essere costretto a togliere la vita ad altre persone.

Nonostante la violenza eserciti sempre un enorme fascino, dice il regista, che il suo non vuole essere  un inno alla violenza, ma anzi dovrebbe far avvertire un senso di rigetto e far riflettere sull’eroismo e sulla figura dell’eroe, su cosa è da applaudire e cosa no.

Gli viene domandato il perché dell’inserimento di tanti momenti di ironia e di battute. Ma lui rimane stupito, affermando che non si è accorto di aver disseminato tali elementi nel suo film. Ironicamente dice che forse è colpa del suo spirito da persona non troppo giovane e che tutto dipende da come si guarda e come si interpreta. Sottolinea che anche in Tetsuo, nonostante fosse un film drammatico, potevano esserci situazioni interpretate come ironiche, ad esempio il pene biomeccanico che continuava a girare dopo la penetrazione. In Zan, forse potrebbe essere preso come ironico il fatto che il film parte con violenti combattimenti, che poi si diradano a partire dalla metà del film, lasciando straniato chi si aspettava altro.

Shin'ya TsukamotoIl protagonista Sousuke Ikematsu, dice che nonostante si tratti di una storia di guerra, in un film storico ambientato nel passato ai tempi feudali, il suo è un personaggio pieno di modernità e di creatività. Il suo ronin, samurai senza padrone, è costretto a vivere in un ambiente ristretto, non adeguato alla sua posizione, ma ci si rifugia sereno, gridando al mondo la sua percezione del dolore.

Confessa di essere stato sempre un grande estimatore del cinema di Tsukamoto e che mai avrebbe immaginato possibile lavorare con lui. Dice che ha un talento incredibile fuori dal comune, in grado di guidare con le parole, con i movimenti, e con le idee.

Anche Yu Aoi, la protagonista femminile, condivide questa opinione e afferma che per lei lavorare con Tsukamoto le ha fatto provare le stesse emozioni che avrebbe un musicista se potesse lavorare con Bach. Yu Aoi, sostiene di non essersi limitata a interpretare il suo personaggio, ma di averle donato tante sfaccettature del femminile, parlando a nome di tutte le donne. Il suo è un personaggio del passato interpretato nel presente e quindi estremamente attuale.

Shin’ya Tsukamoto confessa di aver evitato di incontrare Cronenberg a Venezia. Lo ha sempre ammirato e considerato un padre, tanto da chiamarlo papà, ma nel vederlo si sarebbe sentito in soggezione e sarebbe fuggito a gambe levate.

Venezia 75: Jennifer Kent presenta The Nightingale

Venezia 75: Jennifer Kent presenta The Nightingale

In apertura di conferenza stampa, viene domandato alle regista Jenifer Kent come e perché abbia scelto di raccontare la storia di The Nightingale, dopo il grande successo del suo film precedente Babadook.

Lei risponde che le sono stati proposti tanti progetti, ma che è fondamentale concentrarsi su storie che la interessano profondamente, altrimenti ci si annoia e si perde l’entusiasmo. Inoltre ci teneva a lavorare su un tema attuale, contemporaneo, nonostante la storia si svolga ai tempi del colonialismo.

È stata intrigata dall’entrare in un mondo completamente diverso, non volendo necessariamente creare un dramma sociale, bensì un mito con uno sguardo molto personale, con tanti riferimenti all’attualità.

Aisling Franciosi, la protagonista del film, di origini italiano-irlandesi e che parla la nostra lingua in maniera perfetta, ha detto che dopo aver letto poche pagine ha sentito che doveva essere parte di questo film assolutamente. Ritiene che sia onesto e commovente e che solamente un’artista del calibro di Jennifer Kent poteva scrivere un film così.

Per prepararsi bene a interpretare il ruolo ha studiato a lungo i traumi da stupro, confrontandosi e parlando con vittime reali, per capire bene cosa possa significare vivere con un trauma così terribile.

Sam Claflin, il perfido ufficiale inglese, assassino e stupratore, racconta che è stato difficile interpretare un personaggio così abbietto e di come si sia dovuto mettere completamente in gioco. Confessa di non conoscere cosa era realmente successo nelle colonie in Australia e della brutalità raggiunta. Si vergogna, ma trova necessario raccontarlo, per fornire una necessaria lezione di storia.

L’attore aborigeno Baykali Ganambarr si è sentito sorpreso di imbattersi in un progetto estremamente onesto e trasparente sul dramma vissuto dalla sua gente. Si sente felice di rappresentare il suo popolo. Nel lavoro è stato aiutato molto dagli altri attori del cast, facendolo sentire a suo agio e che gli hanno permesso di fornire un personaggio riuscito e realistico.

Si fa poi riferimento agli insulti sessisti e violenti esternati da uno spettatore durante la proiezione stampa. Jennifer Kent afferma di essere orgogliosa del suo lavoro e che, a tali reazioni fuori luogo, è fondamentale reagire con amore e compassione. E sono buia ignoranza.

Ying (Shadow): recensione del film di Zhang Yimou

Ying (Shadow): recensione del film di Zhang Yimou

In laguna, finalmente, tornano un po’ di magia e mistero. Artefice di questo piccolo miracolo di fine mostra è il regista cinese Zhang Yimou che ha presentato fuori concorso a Venezia 75, il suo ultimo film dal titolo Ying (Shadow).

La trama di Ying (Shadow)

In Ying (Shadow) Ci troviamo in Cina, durante il cosiddetto Periodo dei Tre Regni, quando il re del regno di Pei (Zheng Kai) decide di cessare la guerra per la riconquista della città di Jing, stringendo un accordo di pace con i suoi nemici e in particolare con il generale Yang. Intanto a palazzo il comandante delle guardie trama in segreto con sua moglie per riprendere il controllo su Jing. Ma con la comparsa di un uomo, il sosia del comandante (Deng Chao), il regno cadrà nello scompiglio e le vite di tutti i suoi sudditi saranno messe in pericolo.

Ying (Shadow) - Zhang Yimou

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Dopo aver vinto due Leoni d’Oro – per La storia di Qiu Ju (1992) e Non Uno di Meno (1999) – e un Leone d’Argento – per Lanterne Rosse (1991) –, il maestro Zhang Yimou torna a Venezia, seppur fuori concorso, con una nuova spettacolare opera, Ying (Shadow), che sembra mostrarci un’estetica del tutto inedita per il regista cinese. I cultori del genere e dei wuxia movie, ma anche semplicemente gli appassionati del cinema di Yimou, riconoscono nella cinematografica del regista alcuni tratti distintivi.

Il singolare cromatismo caratteristico di tutte le opere di Yimou subisce con Shadow un mutamento sostanziale. Le tinte calde come l’oro, il giallo e il rosso acceso, iconiche dei suoi film degli anni novanta, stavolta lasciano il posto a colori scuri e tetri come il nero, il grigio, l’argento associati ad un bianco quasi accecante; se non fosse per i volti dei protagonisti, Ying sembrerebbe quasi un film in bianco e nero. Proprio come il suo titolo – shadow, dall’inglese ‘ombra’ -, l’intera pellicola sembra immersa nell’oscurità, avvolta dalle ombre che infestato il regno.

La mancanza di colore tuttavia non intacca di certo la bellezza di Shadow. Questo nuovo stile, minimale dal punto di vista cromatico, rivela lo specifico desiderio del regista di sperimentare un nuovo stile, conciliando tradizione e modernità. Il bianco e nero caratteristico dell’opera, infatti, è caratteristico dall’antica arte cinese dei disegni con inchiostro di china. Per Yimou tramandare alle generazioni future la cultura millenaria del suo paese è stata sempre una priorità e con Ying, il regista fa un passo avanti proprio in quella direzione. Anche la scelta dell’argomento del film non è casuale per Yimou. In Shadow si parla, infatti, di ombre, personaggi leggendari e misteriosi quasi del tutto ignorati nella cinematografia cinese. Le ombre erano uomini comuni utilizzati come sosia di personaggi politici importanti; in questo modo re, principi e comandanti restavano al sicuro mentre le ‘ombre’ rischiavano la vita al posto loro.

Ying (Shadow) - Zhang Yimou - fuori concorso Venezia 75

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Siamo di fronte a un film wuxia dalla trama assai complessa e avvincente, seppur non particolarmente originale, piena di colpi di scena e dalla messa in scena a dir poco spettacolare. Come sempre accade nelle storie di Zhang Yimou, nulla in realtà è ciò che sembra e la distinzione tra giusto e sbagliato non è poi così netta; luce e ombra, bene e male, amore e odio, onore e codardia, continuano a confondersi e confondere. Ciò che però distingue l’opera di Zhang Yimou dagli altri film dello stesso genere è senza dubbio la sua resa visiva; combattimenti epici con ombrelli fatti di lame, duelli all’ultimo sangue, città prese d’assalto – la riconquista di Jing da parte dei ‘ribelli’ è una scena a dir poco eccezionale -, addestramenti a passi di danza, tutto è costruito per lasciare a bocca aperta lo spettatore.

Pur non essendo il migliore tra i film della cinematografia di Zhang Yimou, Ying (Shadow) riesce a catturare l’attenzione del pubblico e ad emozionare per la sua indescrivibile bellezza e potenza visive, un film da gustare fino all’ultima scena e che farà impazzire gli appassionati del genere wuxia.

Ying (Shadow) - Zhang Yimou - Venezia 75

Manuel, opera prima di Dario Albertini su TIMVISION

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Manuel, opera prima di Dario Albertini su TIMVISION

Dopo la presentazione lo scorso anno alla 74° Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia, il grande successo di pubblico in sala a maggio, e dopo aver conquistato i critici dei Cahiers Du Cinema e la stampa francese come Le Figaro e L’Humanite, Manuel, opera prima di Dario Albertini, arriva in esclusiva su TIMVISION il 10 settembre. 

Prodotto da BiBi Film di Angelo e Matilde Barbagallo e TIMVISION Production, Manuel di Dario Albertini  –  secondo il portale Cinemaitaliano, il secondo film più premiato di quest’anno  –  è un racconto di formazione asciutto e pudico, attentissimo a scansare le trappole dell’emotività e dedicato ai “Manuel” di tutte le periferie, quelli che nella vita “devono fa’ er doppio della fatica”, se non “er triplo”.

Interpretato da Andrea Lattanzi che per questo suo esordio ha ricevuto il premio come migliore attore nella rassegna Bimbi Belli, curata da Nanni Moretti, e tra gli altri, il premio Jean Carmet al Festival Premier Plans D’Angers, dalla presidente di giuria Catherine Deneuve, e quello Guglielmo Biraghi ai Nastri d’Argento.

Manuel, la trama

Il protagonista è un diciottenne che esce da un istituto per minori privi di sostegno famigliare e, per la prima volta, assapora il gusto dolceamaro della libertà. Sua madre Veronica (Francesca Antonelli), chiusa in carcere, vorrebbe tornare indietro e ricominciare una nuova vita. Ma per ottenere gli arresti domiciliari Manuel deve dimostrare agli assistenti sociali che può prendersene carico.

Manuel distribuito da Tucker Film, vede nel cast oltre ad Andrea Lattanzi, Francesca Antonelli, Renato Scarpa, Giulia Elettra Gorietti, Raffaella Rea, Giulio Beranek.

Un esordio “sorprendente” per Le Figaro, “un ritratto sensibile di un grande ragazzo perduto” per i Cahiers Du Cinema, in cui “l’esperienza documentaristica di Dario Albertini contribuisce senza dubbio ad avere fiducia nella potenza della realtà̀” per L’Humanitè. 

Questo film conferma ancora una volta il costante impegno di TIMVISION ad investire sulla migliore creatività della produzione italiana in collaborazione con i principali player del mercato. Grazie alle nuove produzioni e coproduzioni, l’offerta di TIMVISION si arricchisce in modo distintivo, rivolgendosi a pubblici diversi con contenuti e linguaggi  sempre originali  e di grande qualità.

Grey’s Anatomy 15: Alex Landi nel cast

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Grey’s Anatomy 15: Alex Landi nel cast

Cresce il cast di nuovi volti di Grey’s Anatomy 15, l’annunciata quindicesima stagione dell’acclamata serie tv Grey’s Anatomy. Oggi grazie a TVLine apprendiamo che l’attore Alex Landi è entrato nel cast dei regular.

Alex Landi è stato scelto per interpretare il Dr. Nico Kim, il primo medico gay della ABC medical dramme. Al momento nessun altro dettaglio sul personaggio o sulla sua durata nello show è stato rivelato

Landi si unisce a Jeff Perryche tornerà a Grey-Sloan Memoria come padre di Meredith e Chris Carmackcome nuovo “Orto-Dio”.  La premiere della Stagione 15 di Grey’s Anatomy che vi ricordiamo durerà 2 ore inizierà giovedì 27 settembre sulla ABC.

Iscriviti a Disney+ per guardare Grey’s Anatomy e le più belle storie Disney, Pixar, Marvel, Star Wars, National Geographic e molto altro. Dove vuoi, quando vuoi.

Grey’s Anatomy 15

Grey’s Anatomy 15 è la quindicesima stagione della serie Grey’s Anatomy creata da creata da Shonda Rhimes per la ABC Studios. Gli episodi di Grey’s Anatomy debutteranno questo autunno.

Nella quindicesima stagione di Grey’s Anatomyritorneranno i personaggi Meredith Grey (stagioni 1-in corso), interpretata da Ellen Pompeo, Alexander “Alex” Michael Karev (stagioni 1-in corso), interpretato da Justin Chambers, Miranda Bailey (stagioni 1-in corso), interpretata da Chandra Wilson, Richard Webber (stagioni 1-in corso), interpretato da James Pickens, Jr., Owen Hunt (stagioni 5-in corso), interpretato da Kevin McKidd, Teddy Altman (stagioni 6-8, 15-in corso, ricorrente 14), interpretata da Kim Raver, Jackson Avery (stagione 7-in corso, ricorrente 6), interpretato da Jesse Williams, Josephine “Jo” Alice Wilson (stagione 10-in corso, ricorrente 9), interpretata da Camilla Luddington, Margaret “Maggie” Pierce (stagione 11-in corso, guest 10), interpretata da Kelly McCreary, Benjamin Warren (stagioni 12-14, ricorrente 6-in corso, guest 7), interpretato da Jason George e  Andrew DeLuca (stagione 12-in corso, guest 11), interpretato da Giacomo Gianniotti.