Pomeriggi di
Solitudine è stato presentato in anteprima al
Festival del Cinema di San Sebastián 2024 dove si
è aggiudicato il premio più ambito cioè la Conchiglia
d’Oro, superando importanti film in concorso. Questo
documentario di
Albert Serra è sconvolgente e mostra tutta la brutalità della
corrida, rivelando i suoi rituali molto cruenti e crudeli. Composto
principalmente da una serie di corride in cui si esibisce il
matador peruviano Andrés Roca Rey, la visone di
questo film è estremamente impegnativa per chiunque abbia un minimo
di simpatia per i diritti degli animali.
Cosa racconta Pomeriggi di
Solitudine
Per chi cerchi una dichiarazione etica sulla corrida o una
spiegazione del perché viene ancora praticata non troverà risposte
in questo docufilm. Albert Serra,lodato per il suo thriller del 2022Pacifiction– Un mondo
sommerso,nonè particolarmente interessato
alla vita dei tori, che muoiono tutti in modo incontrollato e
mostrati in preda alle convulsioni. Perché Pomeriggi di
Solitudine, in originale Tardes de Soledad, non
ci dice nulla sul declino della popolarità delle corride, né
include alcun commento esplicito sulla lotta di questa usanza
antica che ancora sopravvive in un mondo sempre più sensibile alla
crudeltà sugli animali. La corrida è ormai ritenuta da molti, non
solo dagli animalisti, solo una forma di tortura, spargimento di
sangue e sofferenza dell’animale, del resto molte espressioni
culturali del passato oggi appaiono inaccettabili, soprattutto se
creano sofferenza. Il regista catalano di questo aspetto se ne lava
letteralmente le mani e si concentra sulla spettacolarità dello
show mortale.
Questo è un film caratterizzato da una visione così intensa,
dove raramente vediamo la folla che assiste agli eventi del torero
protagonista Andrés Roca Rey, infatti il pubblico
dell’arena è ridotto al sottofondo sulla colonna sonora, le loro
voci lo acclamano e lo scherniscono come un eroe in guerra ma con
se stesso. Il matador è un tizio vestito di
paillettes o con eccentrici ornamenti, che deride e insulta un
animale ricoperto del suo stesso sangue; è la nuda realtà di una
danza macabra tra uomo e bestia, con tutto il pericolo,
l’eccitazione, la crudeltà e l’imbarazzo che questo scontro
comporta. Il semplice fatto di guardarlo nel 2025 è sufficiente a
trasmettere tutto ciò che c’è da sapere. La forma ostinatamente
ripetitiva del film, permette allo spettatore di perdere di vista
la propria prospettiva ma invitandolo allo stesso tempo a trarre le
proprie conclusioni, una visone che si rivela più coinvolgente del
didascalico che un documentario tradizionale potrebbe portare sullo
stesso argomento.
La morte spettacolare
secondo Serra
Albert Serra offre
un film di due ore, nudo e crudo con al centro, Andrés Roca Rey che
in qualche modo è il simbolo di questa tradizione chiamata
nell’antica Grecia tauromachia. La telecamera segue il
matador attraverso diverse corride. Lo vediamo prima, mentre si
veste, un vero rituale, così femminile che ricorda tanto il
passato, quando le donne dell’alta società non si vestivano da
sole, anche perché stringersi il corsetto con chiusura da dietro da
sole era impossibile. Ovviamente si intrecciano nella preparazione
anche gesti religiosi, come il segno della croce tre volte e i baci
alla Madonna per passare alle conversazioni dei suoi collaboratori
molto virili e con linguaggi che elogiano gli attributi maschili
del giovane torero. Più avanti lo vediamo nel momento
dell’esibizione, del sudore, dei colpi non rimarginati e delle
incornate e delle ferite mai rimarginate. Ovviamente non può
mancare neanche la paura, quella di non riuscire a sopravvivere e
soprattutto, lo vediamo in quel momento, mentre si alza nell’arena,
sporco e avvolto nel sangue ma vincitore.
Per concludere Pomeriggi di
Solitudine, non vuole raccontare la storia di un torero ma
la morte e il regista catalano riesce a rappresentarlo attraverso
un docufilm che con la chiave della corrida, da sempre associata
alla spettacolarità della morte, ne rappresenta l’essenza.
Only Murders in the
Building ha seguito Charles
(Steve Martin), Mabel (Selena
Gomez) e Oliver (Martin
Short) mentre questo improbabile gruppo risolveva quattro
diversi casi nell’Arconia, ma non è ancora finita. Di recente, la
questione è diventata personale per Charles quando lui e i suoi
partner del podcast hanno scoperto l’assassino della sua amica di
lunga data e controfigura, Sazz Pataki
(Jane Lynch). L’indagine ha introdotto un nuovo
gruppo di residenti, ha portato alla luce un altro decesso
all’interno dell’Arconia e ha costretto ogni membro del team a
crescere, il tutto mentre il loro podcast viene adattato in un
film.
La quarta stagione (leggi
qui la nostra recensione), emozionante e ricca di colpi di
scena, si conclude con ancora più drammaticità quando viene
ritrovato un altro cadavere, ma il team è già al lavoro sul caso,
promettendo ancora una volta una storia drammatica. Si spera però
che abbiano imparato qualcosa in più dalla loro esperienza nella
quarta stagione. In attesa di vedere la quinta stagione in uscita
dal 9 settembre su Disney+, ecco allora un recap
di ciò che avviene nella quarta!
La quarta stagione di Only
Murders in the Building esamina la morte improvvisa
di Sazz
Con il corpo di Sazz scomparso e
poche prove rimaste, Charles impiega del tempo a rendersi conto che
la sua amica è stata uccisa. All’inizio è semplicemente preoccupato
per il suo silenzio, ma quando scopre che non si presenta al
lavoro, le preoccupazioni di Charles aumentano. Mentre incontrano
Bev Melon (Molly Shannon) e il
team, nella speranza di ottenere i diritti sulla loro vita per il
film, Charles, Oliver e Mabel visitano l’appartamento di Sazz a
Hollywood. Scoprono che Sazz stava conducendo un’indagine per conto
proprio, incentrata su Charles.
Tuttavia, quando
Lester (Teddy Coluca) chiama per
sostituire la finestra di Charles, il trio capisce che c’è qualcosa
di più e torna a casa, dove trova le sue protesi articolari
nell’inceneritore dell’Arconia, dando il via alle indagini. In
lutto per la sua amica, Charles inizia a parlare da solo,
preoccupando Oliver e Mabel, che sospettano che l’assassino mirasse
a Charles piuttosto che alla sua controfigura. Insistono affinché
rimanga in casa mentre indagano sulla provenienza del proiettile
che ha attraversato la finestra. Tuttavia, Charles non è l’unico a
preoccuparsi per Sazz, che aveva una relazione con l’ex fidanzata
omicida di Charles, Jan (Amy
Ryan).
Jan evade dal carcere, temendo che
qualcosa non vada, ed entra nell’appartamento di Charles attraverso
i tunnel dell’Arconia. Credendo che Charles sia il suo obiettivo,
le autorità irrompono nell’appartamento e Charles denuncia la morte
di Sazz. A causa dei precedenti di Jan nell’uccidere i suoi ex
amanti, l’FBI prende in mano il caso, lasciando che la
detective Williams (Da’Vine Joy
Randolph) aiuti segretamente il trio nelle loro
indagini.
da DISNEY ITALIA
La quarta stagione introduce i
Westies
Ritenendo che lo sparo provenisse
dall’altro lato dell’edificio, Mabel e Oliver indagano sui Westies,
che includono Vince Fish (Richard
Kind), Alfonzo (Desmin
Borges), Inez (Daphne
Rubin-Vega), Ana (Lilian
Rebelo) e Rudy Thurber (Kumail
Nanjiani). Questa zona dell’Arconia è piena di personaggi
eccentrici che si incontrano regolarmente per giocare a un gioco
chiamato “Oh Hell”, ma uno di loro manca: Dudenoff
(Griffin Dunne), il proprietario dell’appartamento
da cui ha sparato l’assassino. Nell’appartamento, Mabel e Oliver
trovano un’impronta di stivale e un frammento di quello che sembra
essere un orpello, che li conduce a Rudy, la cui casa è sempre
addobbata per Natale.
Con l’aiuto di Eva Longoria, che sta studiando Mabel per
interpretarla nel film, Rudy viene scagionato, ma con gli appunti
di Sazz che includono il nome di Dudenoff, i sospetti rimangono.
Dovrebbe essere in Portogallo, quindi Mabel decide di occupare
l’appartamento e costringerlo a tornare a casa. I Westies sono
sconvolti da questa idea e alla fine rivelano che Dudenoff ha
subaffittato loro illegalmente appartamenti a basso costo.
Tuttavia, la cospirazione è più profonda. Grazie a una soffiata di
Williams e all’aiuto di Howard (Michael
Cyril Creighton), il trio scopre che i Westies stanno
incassando gli assegni della previdenza sociale di Dudenoff.
Le loro indagini rivelano che
Dudenoff è morto, costringendo i Westies a confessare la verità.
Dudenoff si è suicidato, ma ha chiesto loro di nascondere la sua
morte e di portare avanti il suo piano, mentendo nel contempo a un
altro membro del loro gruppo, Helga
(Alexandra Templer). Quando Charles, Mabel e
Oliver iniziano a indagare sugli omicidi, i Westies si spaventano e
inviano messaggi minacciosi che il trio non riesce a decifrare;
tuttavia, Sazz sta indagando su di loro. Mabel accetta di mantenere
il loro segreto, consolidando l’amicizia con i Westies, ma perdendo
la pista.
da DISNEY ITALIA
Only Murders in the
Building – Stagione 4 collega la morte di Sazz al
film
I Westies non sono l’unico gruppo
sospettato da Charles, Oliver e Mabel. Seguono gli indizi e trovano
un bar per stuntman chiamato Cuncussions, dove Sazz ha trascorso il
giorno prima del suo omicidio, ma i clienti abituali non vogliono
che facciano domande. Questo permette alla serie di reintrodurre
Paul Rudd, ma non nei panni della vittima
della terza stagione Ben Glinroy. Questa volta,
Rudd interpreta Glen, la controfigura di Ben, che
è senza lavoro a causa della morte di Ben. Il loro viaggio dà i
suoi frutti quando Charles ricorda il sogno di Sazz.
La donna sognava infatti di aprire
un parco con trampolini per addestrare gli stuntman, inviando loro
la proprietà che voleva utilizzare. Era lì che Bev Melon sta
indagando dopo che Sazz le ha lasciato un messaggio vocale
inquietante che suggerisce che l’assassino sta lavorando al film.
Charles, Mabel e Oliver iniziano a indagare sul set
cinematografico, considerando prima lo sceneggiatore,
Marshall P. Pope (Jin Ha), dopo
che questi ha cercato di scappare da loro, anche se sostiene che
fosse per paura delle note sul suo copione.
Marshall fa notare che per andare
dall’appartamento di Dudenoff e portare il corpo all’inceneritore
in tempo, sarebbe stato necessario agire con una rapidità
impossibile. Il che sposta l’indagine su una coppia, le
sorelle Brothers (Catherine Cohen
e Siena Werber). Le due stanno dirigendo il film e
hanno scarpe che corrispondono alle impronte nell’appartamento di
Dudenoff. Quando le luci si spengono e Zach Galifianakis (che interpreta Oliver) e
Glen vengono uccisi, il trio sembra essere sulla
strada giusta, ma è convinto che Oliver fosse il bersaglio
designato. Tuttavia, le sorelle Brother vengono scagionate quando
il trio riceve dei messaggi con scritto “Vi sto osservando” mentre
entrambe le sorelle Brother sono nella stanza.
La minaccia di stalking li spinge a
nascondersi dalla sorella di Charles, Doreen
(Melissa McCarthy), ma il loro nascondiglio non è
poi così segreto. Mentre Charles fa ammenda con Doreen per gli
errori commessi durante l’infanzia, Oliver affronta i suoi
sentimenti per Loretta (Meryl
Streep). La loro relazione a distanza ha avuto alcune
complicazioni e un fallimento nella comunicazione ha portato Oliver
a rompere con lei. Con il cuore spezzato, Loretta si reca a New
York per parlargli e non solo fanno pace, ma si fidanzano.
da DISNEY ITALIA
Un colpo di scena lascia Mabel
intrappolata con l’assassino
Sebbene le loro indagini siano in
stallo, Helga fornisce una nuova pista, rivelando che Sazz l’ha
contattata mentre indagava sui Westies e ha ammesso che la sua ex
controfigura nel Progetto Ronkonkoma era pericolosa. Charles,
Oliver e Mabel credono che si tratti di Glen, ma dato che lui è
ricoverato in ospedale in stato di incoscienza, cercano qualcun
altro che possa raccontare la storia: il regista del Progetto
Ronkonkoma, Ron Howard. Dopo aver tentato di
intrufolarsi sul set, Charles esprime le sue insicurezze sul fatto
che Oliver non abbia più bisogno di lui e i due fanno pace.
Incontrano Ron in un ristorante, dove almeno una delle storie
raccontate da Oliver si rivela vera.
Ron Howard spiega loro del Progetto
Ronkonkoma e di uno stuntman di nome Rex Bailey,
la cui carriera è finita dopo che un’acrobazia andata male gli ha
bruciato le sopracciglia. Oliver e Charles riconoscono Rex come
Marshall P. Pope, identificando l’assassino, ma è
troppo tardi. Mabel lascia il gruppo prima di incontrare Ron Howard
perché l’ospedale la chiama quando Glen Stubbons viene ucciso.
Avendo perso un’altra pista, torna a casa dove Marshall la aspetta
fuori dalla porta per lavorare alla sceneggiatura. Lei lo fa
entrare, ma presto capisce tutto quando trova la stessa
sceneggiatura con il nome di Sazz conservata insieme alla birra che
Sazz aveva portato la notte in cui è morta.
Intrappolata con l’assassino, sente
la sua confessione: voleva diventare sceneggiatore, ma la
sceneggiatura di Sazz era migliore della sua. Quando l’ha venduta a
suo nome, Sazz si è arrabbiata e Rex le ha sparato. Nel frattempo,
Charles e Oliver cercano un modo per salvare Mabel, camminando sul
cornicione dell’appartamento accanto e arrampicandosi attraverso la
finestra, sorprendendo Rex. Nonostante Charles abbia preso il
sopravvento con il multiutensile di Eva Longoria, Rex usa la sua
formazione da stuntman per riprendere la pistola e l’intero trio
rimane intrappolato, finché un colpo sparato dall’appartamento di
Charles non li salva. Jan, che si nascondeva nell’Arconia dalla sua
fuga, uccide l’assassino prima di essere riportata in prigione.
La quarta stagione di Only
Murders in the Building prepara un altro omicidio
Sebbene questo concluda le indagini,
la stagione non è finita. Mostra invece il matrimonio di Oliver e
Loretta e la loro decisione di vivere ancora per un po’ a distanza
mentre lei lavora in Australia. Nel frattempo, Mabel prende una
decisione sulla sua carriera, scegliendo di raccontare storie che
le stanno a cuore piuttosto che assecondare Hollywood, e Charles
dice addio a Sazz. Ma, come sembra sempre accadere all’Arconia, un
altro omicidio prepara il terreno per una nuova stagione, e questa
volta la vittima è Lester, il portiere, che il
trio trova sanguinante nella fontana dopo il matrimonio di
Oliver.
Inoltre, la misteriosa Sofia
Caccimelio (Téa Leoni) si avvicina a
Charles e Mabel, chiedendo ai detective dilettanti di indagare
sulla scomparsa di suo marito, Nicky, il re delle lavanderie a
secco di New York. Anche se loro rifiutano, dicendo che si
concentrano sugli omicidi all’interno dell’Arconia, Sofia dà loro
il suo biglietto da visita, insistendo che quello che è successo a
Nicky ha a che fare con l’Arconia. Mentre Charles, Oliver e Mabel
hanno il loro bel da fare per la quinta stagione, forse sono più
preparati dopo che la quarta stagione li ha visti attraversare un
momento di vulnerabilità.
È ora disponibile il
teaser trailer di
Wake Up Dead Man – Knives Out, il terzo capitolo dedicato al
celebre detective Benoit Blanc (Daniel Craig), scritto e diretto da
Rian Johnson. Il film arriverà in cinema selezionati il 26 novembre
e su Netflix il 12 dicembre.
La trama di Wake Up Dead
Man – Knives Out:
Benoit Blanc (Daniel
Craig) torna per affrontare il suo caso più pericoloso nel terzo e
più oscuro capitolo dell’opera di Rian Johnson. Quando il giovane
prete Jud Duplenticy (Josh O’Connor) viene inviato ad affiancare il
carismatico e focoso Monsignor Jefferson Wicks (Josh Brolin), è
chiaro che qualcosa non va tra i banchi della chiesa. Il modesto ma
devoto gregge di Wicks comprende la pia signora della chiesa Martha
Delacroix (Glenn Close), il riservato custode Samson Holt (Thomas
Haden Church), l’avvocatessa sempre sotto pressione Vera Draven
(Kerry Washington), l’aspirante politico Cy Draven (Daryl
McCormack), il medico del paese Nat Sharp (Jeremy Renner), il celebre autore Lee Ross
(Andrew Scott) e la violoncellista Simone Vivane (Cailee Spaeny). Dopo che un omicidio improvviso
e apparentemente impossibile sconvolge la cittadina, l’assenza di
un chiaro sospettato spinge la capo della polizia locale Geraldine
Scott (Mila Kunis) a unire le forze con il rinomato detective
Benoit Blanc per svelare un mistero che sfida ogni logica.
Channing Tatum riprenderà il ruolo di Gambit in
Deadpool e Wolverine in Avengers:
Doomsday, e l’attore ha recentemente rivelato che il
Ragin’ Cajun verrà preso un po’ più sul serio quando
tornerà nel Marvel Cinematic Universe. In una
precedente intervista, Tatum ha spiegato perché non userà un
accento “cajun” difficile da capire per Doomsday.
“Non userò un accento cajun. [I
registi Anthony e Joe Russo] vogliono che le cose siano divertenti,
ma non vogliono essere come Deadpool. Vogliono mantenere il dramma
e tenerlo stretto. Quando Gambit diventa serio – quando toglie la
maschera del Mardi Gras – le cose contano.”
Gambit avrà comunque un accento
della Louisiana, e durante una nuova intervista con
EW, Tatum ha spiegato come è arrivato al nuovo
accento “addolcito”. “L’accento è un problema. È difficile
spiegarlo a qualcuno che non è del Sud, non è della Louisiana. Mio
padre è di New Orleans. Ho vissuto lì. Quell’accento ha un ampio
spettro. Non puoi capirlo affatto, e a volte sì. Quindi devi
davvero giocarci.”
“C’è molta esposizione da fare
in quei film, e puoi anche farlo”, ha aggiunto. “Quindi è
stata una cosa strana ma davvero gratificante. Quando cerchi di
infilare un chiodo quadrato per così tanto tempo e poi finalmente
ci riesci, allora dici: ‘Sì! Bene! Fantastico. Ora siamo pronti’.
Quindi è divertente.”
Tatum ha anche attribuito a
Ryan Reynolds il merito di aver
convinto Kevin Feige dei Marvel Studios che
“poteva farcela” nei panni di Gambit in Deadpool e
Wolverine.
Non siamo ancora sicuri di quanto
importante sarà il ruolo di
Channing Tatum in Doomsday, ma l’attore ha
recentemente rivelato di avere una scena di “grande combattimento”
con il Dottor Destino di Robert Downey Jr., abbastanza
intensa da causargli un infortunio. Si dice che Tatum cammini con
una “notevole zoppia” e che si stia sottoponendo a fisioterapia
prima di tornare a girare le sue scene.
La prossima serie Marvel Spotlight, Wonder
Man, arriverà su Disney+ questo dicembre, ma a
parte alcune immagini e un primo sguardo a alcune scene della serie
tramite un paio di brevi teaser promozionali, non c’è stato molto
da segnalare negli ultimi due mesi.
Aspettiamo un trailer vero e proprio
abbastanza presto, ma per ora MTTSH ha condiviso alcuni
nuovi dettagli che alcuni potrebbero trovare un
po’ deludenti. Sebbene sia diventato meno comune negli ultimi anni,
i fan si sono abituati alle apparizioni a sorpresa dei personaggi
nei progetti dei Marvel Studios, ma lo scooper
afferma che “Wonder Man è piuttosto autonomo, quindi non
aspettatevi cameo”.
Il responsabile dello streaming,
della televisione e dell’animazione della Marvel, Brad
Winderbaum, ha recentemente confermato il numero di
episodi della serie, esprimendo anche il suo sostegno a Wonder Man
come “la migliore serie che nessuno abbia mai visto”.
“Wonder Man è composta da otto
episodi. È una novità assoluta per la Marvel”, dice il
dirigente a Collider. “È nata direttamente dalle menti di
Destin Daniel Cretton e Andrew Guest. Onestamente, è una delle mie
cose preferite in assoluto. Penso che sia la serie migliore che
nessuno abbia mai visto, e sono molto emozionato di vedere la
reazione del pubblico. Penso che sia una lettera d’amore a ciò che
facciamo come registi. È una lettera d’amore alla recitazione come
professione, ed è una serie molto sincera e bella.”
I commenti di Winderbaum sono in
linea con le precedenti indiscrezioni secondo cui la serie è stata
sviluppata come una satira sui supereroi e “una lettera d’amore
a Los Angeles e all’industria”. Abbiamo anche sentito che i
produttori Destin Daniel Cretton e Andrew
Guest stanno puntando su un tono simile a serie come
Silicon Valley, Dave e Barry.
Per quanto riguarda la durata degli
episodi, Winderbaum afferma che varierà. “C’è un po’ di margine
di manovra per quanto riguarda la durata degli episodi, quindi
credo che il nostro episodio più breve sia di circa 20 minuti,
mentre il più lungo di circa 40 minuti.”
I Marvel Studios
hanno rivelato ben poco su Wonder
Man, anche se sappiamo che Sir Ben Kingsley
riprenderà il ruolo di Trevor Slattery in Iron Man
3 e Shang-Chi e la leggenda dei dieci
anelli. Byron Bowers si è
recentemente unito al cast, mentre Ed
Harris, Bob Odenkirk e Courtney Cox sono tra coloro
che si dice possano apparire.
Stella Meghie (The
Photograph) si occuperà della regia di più episodi, mentre
Cretton sarebbe stato incaricato di dirigere le prime due puntate.
Wonder
Man è stato precedentemente descritto come
una “satira sui supereroi” e “una lettera
d’amore a Los Angeles e all’industria”.
Wonder Man ha fatto il suo debutto
nei fumetti Marvel Comics nelle pagine di Avengers
#9 nel 1964. Inizialmente un cattivo, fu poi ritrasformato in
un eroe (e in un Vendicatore) negli anni Settanta. Il
Tristo Mietitore è suo fratello e le sue onde cerebrali sono state
utilizzate da Ultron come base per la Visione; in seguito, si è
unito ai Vendicatori della Costa Ovest ed è diventato una star di
Hollywood.
Wonder
Man non ha ancora una data di messa in onda
confermata.
Alan Cumming si è portato a casa l’Emmy come
miglior conduttore di un reality show per “The Traitors” domenica
sera ai Creative Arts Emmy. Ma nel backstage, a Cumming, che
riprenderà il ruolo di Nightcrawler da
X2 in Avengers: Doomsday, è stato
chiesto come si stesse preparando a interpretare di nuovo il
personaggio. L’attore ha confermato di aver già terminato le
riprese: “Beh, l’ho già fatto. L’ho finito“.
L’attore ha continuato dicendo:
“Ho fatto un sacco di stunt e mi sono allenato molto. È stato
fantastico”. Ha scherzato: “Gli stuntman non riuscivano a
credere che potessi alzarmi, figuriamoci saltare in giro e fare
questa boxe e questo allenamento”.
Alan Cumming ha ammesso di essersi dimenticato
di rivedere il primo film prima di riprendere il personaggio. Ma si
è rivelato vantaggioso per l’attore e per il suo processo creativo.
“Penso che sia stato questo a rendermi davvero utile, perché è
un film molto intenso e pieno di cose diverse.”
Wake Up Dead Man – Knives Out ha debuttato su
Rotten Tomatoes con un punteggio impeccabile. Il film, scritto e
diretto da Rian Johnson, è il terzo capitolo della
serie gialla iniziata con il successo del 2019 Knives Out. L’uscita nelle sale è prevista per
il 26 novembre, mentre su Netflix sarà disponibile dal 12 dicembre.
Grazie alle prime recensioni uscite
dopo la prima mondiale del film al Toronto International Film
Festival, il film ha ottenuto un punteggio ufficiale sul
Tomatometer di Rotten Tomatoes. Anche se il punteggio potrebbe variare
con l’aggiunta di ulteriori recensioni, al momento della stesura di
questo articolo, 10 critici hanno espresso il loro parere,
assegnando a Wake Up Dead Man un punteggio perfetto del
100%.
Sebbene le recensioni siano tutte
positive finora, i punteggi individuali dei critici variano. Mentre
alcuni danno al film punteggi quasi perfetti come 3,5 su 4 e 4 su
5, altre recensioni sono più contrastanti, assegnandogli punteggi
come 6 su 10. Tuttavia, tutti sembrano concordare sul fatto che
sia il mistero più intricato e stratificato della
serie.
Cosa significa questo per
Wake Up Dead Man – Knives Out
Al momento della stesura di questo
articolo, Knives Out 3 ha il miglior punteggio su Rotten
Tomatoes della serie. Tuttavia, se si spera che rimanga così,
la maggior parte delle prossime recensioni che verranno aggiunte
intorno alla data della sua uscita nelle sale e alla successiva
distribuzione su Netflix dovranno essere altrettanto positive.
Questo perché entrambi i precedenti
capitoli hanno ottenuto punteggi incredibilmente solidi, Certified
Fresh, con punteggi del pubblico altrettanto entusiastici, Verified
Hot, sul Popcornmeter. Knives Out del 2019 ha un
punteggio quasi perfetto del 97% sul Tomatometer e del 92% sul
Popcornmeter, mentre il suo sequel del 2022, Glass
Onion, ha un punteggio del 91% sul Tomatometer e del 92% sul
Popcornmeter.
Il ritorno di Chris Evans nei panni di Steve Rogers/Capitan
America in Avengers:
Doomsday potrebbe essere uno dei segreti peggio
custoditi del film. Le fonti hanno riferito che tornerà nei panni
del Vendicatore a stelle e strisce, e vari scooper e foto dal set
che danno ulteriore peso a queste affermazioni.
Ora, Evans è stato avvistato al
Toronto International Film Festival con un fisico muscoloso
e in perfetta forma da “Capitan America”. I fan hanno
persino condiviso alcune foto che confrontano il suo fisico con
quello di inizio anno, e la differenza è evidente.
Evans ha avuto fortune alterne da
Avengers: Endgame del 2019;
Cena con delitto gli ha fatto ricevere recensioni
entusiastiche, ma Lightyear,
Ghosted e Red One hanno ricevuto
recensioni molto più tiepide rispetto al suo lavoro nel MCU. Material Love
e Sacrifice sembrano più un ritorno alla
normalità, ma un ruolo da protagonista in Avengers: Doomsday potrebbe fare
la differenza per Evans in termini di credenziali da
blockbuster.
È stato ampiamente riportato che il
Dottor Destino si metterà in testa di distruggere Steve Rogers per
il suo ruolo nella creazione delle Incursioni che hanno condannato
il Multiverso.
Sembra che l’eroe, tornando
indietro nel tempo per ottenere il suo lieto fine con Peggy Carter,
abbia causato danni irreparabili alla realtà che Victor ora sta
cercando di riparare. Non sappiamo ancora come questo si colleghi a
ciò che abbiamo visto in Loki, o cosa significhi per Kang il
Conquistatore e la Guerra Multiversale di cui le sue Varianti
avevano messo in guardia il Dio dell’Inganno e Ant-Man.
Perché la TVA non è intervenuta per
porre rimedio ai danni causati da Cap? Perché le sue azioni
avrebbero dovuto influenzare negativamente il Multiverso di cui
Loki ora si trova al centro? Queste sono solo alcune delle domande
che ci poniamo in vista di Avengers: Doomsday.
“Parlo sempre con [Robert Downey Jr. e i Russo]”, ha
detto Evans all’inizio di quest’anno. “È dove si trova Pedro
[Pascal] in questo momento. Voglio dire, è triste essere via. È
triste non essere di nuovo con la band, ma sono sicuro che stanno
facendo qualcosa di incredibile, e sono sicuro che sarà molto più
difficile quando uscirà e ti sentirai come se non fossi stato
invitato alla festa.”
Il primo film Netflix di Cillian Murphy,Steve,
ha debuttato con un ottimo punteggio su Rotten Tomatoes dopo la sua
anteprima mondiale al Toronto International Film Festival. L’attore
è apparso recentemente nel ruolo principale in Small Things Like
These. Con un punteggio RT del 94%, il film è tra i suoi
progetti più apprezzati, insieme a Kensuke’s Kingdom (97%),
The Dark Knight (94%) e Oppenheimer (93%).
Tuttavia, il punteggio di Rotten
Tomatoes da solo non determina il successo di un film. Alcuni dei
migliori film della star di Peaky
Blinders non sono i suoi progetti più apprezzati. Inception ha ricevuto un punteggio RT dell’87% e Red
Eye ha un tasso di approvazione della critica dell’80%.
Il primo film Netflix di
Cillian Murphy, Steve, debutta con un solido punteggio su Rotten
Tomatoes
Con Cillian nel ruolo di preside di
un riformatorio, il cast di Steve comprende anche Little
Simz, Tracey Ullman, Jay Lycurgo, Emily Watson e molti altri. Il
film segue il personaggio principale interpretato da Cillian mentre
lotta con il proprio benessere mentale mentre gestisce una scuola
piena di ragazzi con problemi sociali e comportamentali.
Il film uscirà prima nelle sale il
19 settembre, prima di arrivare sulla piattaforma di streaming
Netflix il 3 ottobre.
Dopo la prima mondiale,
Steve ha ottenuto un tasso di approvazione della critica
del 75% su Rotten Tomatoes. Generato da 16 recensioni, il film
ha raccolto elogi da Variety, Guardian, The
Independent, ScreenRant e simili, con la maggioranza che
ha trovato il film di Tim Mielants commovente e le interpretazioni
del cast memorabili. D’altra parte, alcuni hanno criticato la sua
tendenza al melodramma e la debole caratterizzazione dei
personaggi.
Svelato oggi il trailer ufficiale di
I Love Lucca Comics & Games, un
film che, attraverso le storie, la vita e le passioni di chi anima
il festival, racconta la manifestazione che ha rivoluzionato il
modo di fare cultura e celebra l’ascesa della pop culture in tutto
il mondo. L’attesissimo evento cinematografico arriverà in
oltre 300 cinema in tutta Italia il 10, 11 e 12 novembre 2025,
distribuito da I Wonder Pictures in collaborazione con Unipol
Biografilm Collection.
Prodotto da All At
Once, partner produttivo di I Wonder
Pictures, in collaborazione con Lucca
Crea, la società organizzatrice del Festival, I
Love Lucca Comics & Games è il primo film che esplora
la manifestazione per restituire, grazie alla forza del racconto
cinematografico, l’immagine prismatica di una realtà unica nel
panorama italiano e internazionale. Al centro non c’è solo il
festival, l’evento in sé, ma le persone che lo vivono, lo
alimentano e lo rendono possibile, le loro vite, le loro storie.
Sono infatti proprio loro – i partecipanti, i VisitAutori
– i protagonisti del film, testimoni e ambassador di un movimento
che gentilmente e silenziosamente ne sta cambiando i modelli
culturali.
Un racconto dall’interno
dell’universo di Lucca Comics & Games – il più
grande festival dedicato alle nuove forme di storytelling
attraverso media diversi – che ogni anno trasforma la città
medievale toscana in un palcoscenico internazionale dove trovano
spazio i valori simbolo della manifestazione: community, inclusion,
discovery, respect e gratitude.
Il film nasce da un’idea di
Andrea Romeo (produttore e direttore editoriale di
I Wonder Pictures e All At Once) e Manlio Castagna
(scrittore, regista e critico cinematografico), che firma anche la
regia e la sceneggiatura con la collaborazione di Giulia Giapponesi
e Alessandro Diele e la supervisione editoriale di Anita Rivaroli.
Una storia che intreccia le vite di chi per tutto l’anno attende di
ritrovarsi tra vecchie e nuove conoscenze, entrando nel vivo della
manifestazione.
Il brano “Lucca Around” che
accompagna i titoli di coda del film è scritto da Frankie hi-nrg mc
ed eccezionalmente interpretato da Lillo Petrolo.
«Lucca Comics & Games è molto
più di un festival: è un organismo vivente, un ecosistema culturale
in continua evoluzione. Con questo film abbiamo voluto restituire
tutta la forza emotiva e narrativa che da sempre attraversa le sue
strade, le sue persone, le sue storie. I LOVE LUCCA COMICS & GAMES
nasce da un’urgenza: quella di raccontare, finalmente anche sul
grande schermo, il cuore pulsante di una comunità che da quasi
sessant’anni ridefinisce cosa significhi fare cultura popolare in
Italia e nel mondo. Volevamo un’opera che parlasse agli
appassionati, ma anche a chi ancora non conosce questo universo: un
viaggio epico e intimo al tempo stesso, che parte da Lucca e arriva
ovunque. Vederlo ora prendere forma nel trailer è come assistere
all’alba di un sogno condiviso. E il cinema è il luogo perfetto per
viverlo insieme». — Andrea Romeo, Produttore e
direttore editoriale di I Wonder Pictures e All At Once
«Per noi è un’emozione
travolgente essere raccontati in un’opera filmica che pone al
centro i nostri partecipanti, i quali, invitati all’azione,
costruiscono il senso della nostra manifestazione. È un momento
storico senza precedenti, proprio alla soglia del sessantesimo
compleanno, e restituisce il senso di un incredibile viaggio
cominciato nel 1966 da Rinaldo Traini e poi elevato da Renato
Genovese dal 1993. Attendiamo quindi con trepidazione il prossimo
abbraccio collettivo del 29 ottobre, con l’inizio della
manifestazione: un abbraccio che quest’anno si prolungherà fino
alle proiezioni nelle sale cinematografiche». —
Emanuele Vietina, Direttore Lucca Comics &
Games
La trama ufficiale di I
Love Lucca Comics & Games
Con più di 300mila visitatori ogni
anno, oltre 900 ospiti e 600 espositori, Lucca Comics & Games è tra
le manifestazioni dedicate alla cultura pop più grandi del mondo.
Ma è anche molto di più: un’esperienza trasformativa, un punto di
incontro capace di portare migliaia di persone a vivere
un’esplosione di gioia e creatività. Un luogo che genera felicità.
Attraverso le voci di autori, editori e ospiti prestigiosi (tra cui
il regista Gabriele Mainetti, gli scrittori di best-seller R.L.
Stine e Licia Troisi, il rapper Frankie hi-nrg mc, i fumettisti
Pera Toons, Sio, Fumettibrutti, Yoshitaka Amano, Roberto
Recchioni…) e l’incontro con alcuni dei visitatori che ogni anno
vivono Lucca come una seconda casa, il regista e scrittore Manlio
Castagna mostra la community, i valori e l’esperienza di questo
evento unico nel suo genere. Ogni storia, personale e intima,
diventa tassello di un viaggio universale, la linea di un arabesco
che descrive un mondo di passione, accoglienza e gentilezza, una
comunità unita dalle stesse passioni e dalla voglia di stare
insieme.
Il prossimo spin-off di The Rookie ottiene un importante
aggiornamento sulle riprese. Una nuova versione di
The
Rookie è attualmente in fase di sviluppo da parte
di ABC, 20th Television e Lionsgate Television. Dopo la
cancellazione di The Rookie: Feds, il progetto sarebbe il
prossimo spin-off della popolare serie poliziesca. Attualmente è
intitolato The Rookie North, con il creatore del franchise
Alexi Hawley che sta scrivendo la sceneggiatura del pilot.
The Rookie North non è
ancora stato acquistato. Dopo che il pilot sarà stato girato e
montato, verrà mostrato alla ABC. La rete deciderà quindi se
portare avanti la serie o rinunciarvi. Ma in alcuni nuovi commenti,
il creatore del franchise ha offerto alcune anticipazioni sui piani
di ripresa.
In un’intervista a Deadline
durante l’evento End of Summer Soirée della ABC, Hawley ha rivelato
che The Rookie North sta cercando di dare il via ai lavori e
punterà a girare l’episodio pilota in primavera o alla fine
dell’inverno:
“Penso che gireremo il pilot in
primavera o alla fine dell’inverno, quindi ci stiamo preparando per
quello. “
Cosa significa questo per
The Rookie North
Ci sono state diverse notizie
sull’ambientazione di The Rookie North, mentre si prepara per le
riprese. Sarà ambientato nello Stato di Washington e potrebbe
seguire le vicende di un protagonista che entra a far parte delle
forze di polizia in età avanzata. I primi dettagli suggerivano che
il personaggio principale sarebbe stato un ambizioso di nome Alex.
Tuttavia, dopo alcune battute d’arresto nel casting, non è chiaro
se sarà ancora così.
Il progetto, ideato da Hawley, che
è produttore esecutivo insieme a
Nathan Fillion, Bill Norcross e Michelle Champman di
The Rookie, aveva contattato un noto attore televisivo per The
Rookie North, ma i piani non sono andati in porto. Allo stato
attuale, il processo di casting sta procedendo più lentamente in
attesa che si liberino altri attori.
Sebbene la data esatta di uscita
non sia stata confermata,
The Rookie – stagione 8 è in fase avanzata di riprese e
debutterà nel 2026. Dopo 126 episodi fino ad oggi, la serie
poliziesca è uno dei drammi più visti in streaming. Ciò dimostra
quanto il cast di personaggi di The Rookie sia affiatato,
sottolineando l’importanza di scegliere il cast giusto.
The
Conjuring – Il Rito Finale è un’interpretazione molto
più cinematografica della
vera storia della famiglia Smurl perseguitata dai fantasmi, ma
ci sono una serie di dettagli chiave che il film omette. Ciascuno
dei film della serie Conjuring racconta una diversa indagine
paranormale realmente avvenuta tratta dai casi dei Warren, con la
storia della famiglia Smurl che si colloca verso la fine della loro
carriera di investigatori.
Sebbene solo alcune delle indagini
dei Warren abbiano portato a una presunta conferma di attività
paranormali legittime, la storia della famiglia Smurl è tra queste.
The Conjuring – Il Rito Finale si prende molte
libertà con i rapporti dei Warren e degli Smurl, in particolare
introducendo un nuovo demone che invade la casa attraverso uno
specchio maledetto.
Per quanto il film abbellisca ed
elabori la storia, ci sono una serie di dettagli chiave della vera
storia di fantasmi che non include. In ogni
film della serie Conjuring, vengono prese libertà
creative per accelerare la linea temporale, aumentare il terrore o
esagerare il coinvolgimento dei Warren. Questo è certamente il caso
di The Conjuring – Il Rito Finale, che punta a
un’esperienza cinematografica più intensa piuttosto che
all’accuratezza.
Gli Smurl hanno affrontato
attività paranormali per anni prima di chiamare i Warren
In The Conjuring – Il Rito
Finale, non viene fornita una cronologia specifica tra il
primo evento paranormale e il coinvolgimento dei Warren, ma è
chiaro che si tratta di pochi mesi. Nessuno dei figli degli Smurl
cresce, ed è fortemente implicito che la maggior parte dei fenomeni
paranormali si verifichi nello stesso periodo del fidanzamento di
Judy, poiché la ricomparsa dello specchio maledetto scatena le sue
visioni sempre più intense.
In realtà, la famiglia Smurl si
trasferì nella sua casa di West Pittston nel 1973 e subì
fenomeni paranormali già nel 1974. I Warren finirono per
visitare la casa degli Smurl per indagare solo nel 1986. Il film
descrive gli Smurl che vivono una serie di momenti sempre più
brutali e terrificanti in un breve lasso di tempo, mentre in realtà
si trattò di una serie di eventi minori per la maggior parte del
tempo.
The Conjuring – Il Rito
Finale modifica anche in modo significativo le circostanze
del coinvolgimento dei Warren con gli Smurl. Nel film, sembrano
essersi “ritirati” dalle indagini a causa delle condizioni
cardiache di Ed, e il loro amico e alleato padre Gordon, che entrò
lui stesso nella casa degli Smurl, li esortò ad aiutare la
famiglia.
Erano ancora riluttanti all’idea,
finché la loro figlia Judy non si recò lei stessa a casa degli
Smurl. Una volta raggiunta, si resero conto della gravità
dell’infestazione e, nel tentativo di proteggere la famiglia e la
loro figlia, accettarono di aiutare in ogni modo possibile.
In realtà, la famiglia Smurl
contattò direttamente i Warren per chiedere loro di indagare,
poiché a quel punto i Warren erano ben noti grazie alla loro storia
di indagini di alto profilo. Secondo la New England Society
for Psychic Research, l’organizzazione dei Warren, fu proprio
entrando nella casa che Lorraine Warren riuscì a concludere che la
casa aveva a che fare con quattro entità diverse.
Gli incontri di Jack e Janet
Smurl sarebbero stati molto più intensi
The Conjuring – Il Rito
Finale descrive molti incontri terrificanti tra la
famiglia Smurl e le entità che affliggono la loro casa. Tuttavia,
omette o almeno altera pesantemente le esperienze di Jack e Janet
Smurl in particolare.
Entrambi i genitori Smurl hanno
riferito di essere stati aggrediti sessualmente in qualche momento
dalle entità, con Janet che afferma di essere stata molestata
nel sonno da una di esse. Jack, d’altra parte, sostiene di essere
stato violentato da quella che Lorraine Warren interpreterebbe come
una succube, un’entità demoniaca che seduce gli uomini.
Nel film, l’esperienza di Jack è
vagamente tradotta in una forma di paralisi e levitazione, con
qualsiasi violenza sessuale che avviene fuori dallo schermo (il
film si concentra sulle emozioni e sul dolore sul suo volto per la
scena). Janet Smurl sarebbe stata anche sollevata e lanciata
attraverso una stanza in un momento durante l’infestazione,
cosa che non è direttamente rappresentata nel film.
I Warren non fecero nulla per
porre fine all’attività paranormale
Forse l’elemento più importante del
mondo reale che The Conjuring – Il Rito
Finaleomette è il fatto che non furono i
Warren a liberare la casa dai pericolosi spettri. I Warren
furono effettivamente chiamati a indagare e, secondo quanto
riferito, vissero e documentarono una serie di incontri
paranormali. In seguito collaborarono con Jack e Janet Smurl alla
stesura di un libro che descriveva le loro esperienze
collettive.
Secondo quanto riferito, la
famiglia Smurl ha tentato tre esorcismi nella proprietà,
nessuno dei quali ha avuto alcun effetto sui fenomeni paranormali.
Tuttavia, c’è stato un dibattito sull’accuratezza di questa
informazione, poiché la Chiesa cattolica non avrebbe mai sancito
formalmente alcun esorcismo.
Alla fine, fu un prete locale, il reverendo Joseph Adonizio, a
riuscire a scacciare le entità che tormentavano la famiglia Smurl
nel 1986. Invece di un esorcismo completo, Adonizio riuscì a
sottomettere le entità malvagie attraverso il potere della
“preghiera intensa” e poco altro.
La famiglia Smurl continuò a subire
piccoli fenomeni anche dopo che Adonizio pose fine alle
apparizioni, tra cui misteriosi colpi e ombre disincarnate che si
muovevano per la casa. The Conjuring – Il Rito
Finaleesagera ovviamente il coinvolgimento dei
Warren per includere la narrazione sulla loro figlia e il demone
dello specchio, il che ha certamente senso dato che si tratta del
presunto ultimo film della serie.
Il film di Michael Chaves che
conclude la serie, The
Conjuring – Il Rito Finale, drammatizza uno degli
ultimi casi di Ed e Lorraine Warren e, sebbene si discosti dalla
storia vera in molti punti, la vera storia di fantasmi è da
brividi. Il quarto film della
serie The Conjuring (e il nono nell’universo espanso di
Conjuring), che ha battuto tutti i record al botteghino,
vede ancora una volta
Patrick Wilson e
Vera Farmiga nei panni di Ed e Lorraine Warren, i veri
investigatori del paranormale.
Ciascuno dei quattro film di
Conjuring ha descritto un caso reale di infestazione o
possessione demoniaca che i Warren hanno indagato nel corso della
loro carriera. Sebbene esistano documenti che attestano ciascuno di
questi casi, molti dei dettagli sono difficili da provare, ed è qui
che i film spesso esagerano o abbelliscono il potere dei rispettivi
spettri, rendendo l’esperienza teatrale più intensa.
The Conjuring – Il Rito
Finale è stato pubblicizzato come il caso che ha portato i
Warren a smettere definitivamente di indagare sui casi paranormali
e, sebbene sia avvenuto alla fine della loro carriera, l’impatto
diretto che ha avuto sulla loro famiglia è stato meno significativo
di quanto descritto nel film. Tuttavia, la vera storia dietro la
stregoneria della famiglia Smurl che ha ispirato il film è di per
sé piuttosto inquietante.
The Conjuring – Il Rito
Finale descrive la vera stregoneria della famiglia
Smurl
La famiglia Smurl raffigurata in
The Conjuring – Il Rito Finale era una famiglia reale
che si trasferì in una casa a West Pittston, in Pennsylvania, nel
1973. Anche se la cronologia e l’ordine degli eventi sono stati
notevolmente accelerati per esigenze cinematografiche, i primi
disturbi minori furono segnalati già nel 1974, molto prima che i
Warren fossero chiamati a indagare nel 1986.
Una distinzione importante da
notare è che non vi è stata alcuna segnalazione di uno specchio
come catalizzatore degli inquietanti eventi, come invece avviene
nel film. Questo è stato aggiunto per esigenze cinematografiche, al
fine di creare un legame preesistente tra Judy e Lorraine Warren
che in realtà non esisteva nella vita reale.
Tuttavia, il film riporta
correttamente molti dei dettagli più importanti, o almeno corretti
secondo la descrizione degli Smurl e dei Warren. Secondo quanto
riferito, erano quattro le entità che tormentavano gli Smurl, tra
cui una donna giovane, una donna anziana, un uomo morto nella casa
e un’entità non umana.
Il film potrebbe aver abbellito un
po’ le descrizioni, tra cui l’ascia brandita dall’uomo, il suo
volto orribile e il sorriso grottescamente ampio dell’anziana
donna. Tuttavia, gli elementi effettivamente inquietanti erano
coerenti. Gli Smurl hanno sperimentato odori terribili, pareti che
si macchiavano inspiegabilmente, masse nere che si muovevano nella
casa e voci disincarnate che si imitavano a vicenda.
Con il passare del tempo, gli
episodi sono diventati più intensi e violenti. Secondo quanto
riferito, la lampada caduta dal soffitto che ha ferito una delle
figlie degli Smurl è realmente accaduta, così come il cane di
famiglia che è stato scaraventato contro il muro. Sia Jack che
Janet Smurl hanno descritto episodi di violenza sessuale da parte
delle entità, e Janet sostiene di essere stata sollevata da terra e
poi scaraventata attraverso una stanza.
Come i Warren sono stati
coinvolti nella storia della famiglia Smurl
Secondo la New England Society
for Psychic Research dei Warren, ora gestita dalla figlia Judy
e dal marito Tony (entrambi protagonisti del film), furono gli
Smurl a contattare i Warren per chiedere aiuto. In precedenza, il
loro caso aveva ricevuto l’attenzione dei media nazionali, come
mostrato in The Conjuring – Il Rito Finale, ma
secondo quanto riferito furono gli Smurl a contattarli
direttamente.
L’indagine iniziale di Lorraine
Warren ha fornito informazioni sulla natura delle entità che
infestavano la casa, compresa l’idea che i tre spiriti umani
fossero utilizzati dal demone per tormentare gli Smurl. Mentre
Lorraine era il membro più sensibile dal punto di vista psichico
della coppia, Ed Warren riferì di aver avvertito un forte calo di
temperatura entrando nella casa e di aver visto immediatamente una
massa nera.
Come tutti i film della serie
The Conjuring – Il Rito Finale dipinge i Warren come i
principali combattenti contro le forze dell’oscurità che affliggono
la famiglia Smurl, soprattutto dopo che l’entità avrebbe causato la
morte del loro amico e alleato padre Gordon. In realtà, i Warren
non hanno avuto praticamente nulla a che fare con la rimozione
definitiva delle entità demoniache dalla casa degli Smurl. Secondo
quanto riferito, nella casa sono stati eseguiti in totale tre
esorcismi, compreso uno da parte di un prete raccomandato dai
Warren, ma nessuno di essi si è rivelato efficace.
Alla fine, un prete locale, il reverendo Joseph Adonizio,
liberò la casa dalle potenti entità usando solo il potere della
preghiera intensa. La Chiesa cattolica non sostiene di aver
autorizzato alcun esorcismo, probabilmente a causa dell’estremo
scetticismo che circondava il caso.
Gli Smurl lasciarono la casa nel
1987, continuando a segnalare piccoli disturbi come rumori di colpi
sulle pareti e ombre inspiegabili. La casa alla fine fu venduta, ma
il nuovo inquilino non segnalò mai alcuna esperienza
paranormale.
Il racconto della famiglia Smurl è
stato raccolto in un libro, The Haunted: One Family’s
Nightmare. Il libro contiene resoconti reali di Ed e Lorraine
Warren insieme a Jack e Janet Smurl, e molte delle storie riportate
hanno costituito la base per la trama di The Conjuring: Last
Rites, anche se in realtà non si tratta di un adattamento del
libro.
La principale differenza rispetto
alla realtà in The Conjuring – Il Rito
Finaleè il livello di coinvolgimento dei Warren,
in particolare per quanto riguarda la loro figlia Judy e il legame
preesistente tramite lo specchio antico. Tuttavia, molti degli
elementi più terrificanti del film sono fedeli ai racconti delle
persone che hanno vissuto l’infestazione, compresi gli stessi
Warren.
La seconda stagione di Landman
ha ricevuto un aggiornamento entusiasmante dopo l’annuncio
della data di uscita. La serie crime drama di grande successo
di Taylor Sheridan, trasmessa da Paramount+, ha registrato una prima stagione da
record, con il pubblico che ha seguito con grande interesse le
vicende del protagonista Tommy Norris, interpretato da
Billy Bob Thornton, mentre
lottava per il controllo dei giacimenti petroliferi del Texas e
cercava di evitare i coinvolgimenti con i cartelli.
Landman – stagione 2 vede Thornton riprendere il
suo ruolo, insieme ad altri membri del cast che tornano, tra cui
Ali Larter, Demi
Moore e Michelle Randolph. Con la data di uscita del 16
novembre per Landman stagione 2 recentemente confermata, la
serie ha appena ricevuto un entusiasmante aggiornamento da una
nuova aggiunta al cast della stagione 2.
Durante l’intervista
di ScreenRant sul tappeto rosso del TIFF per
Sacrifice, l’attrice ha dato un entusiasmante aggiornamento
sulla seconda stagione di Landman. Silverman ha rivelato che
le riprese sono terminate poche settimane fa, prima di aggiungere
che il personaggio di Moore, Cami, avrà un ruolo più importante in
questa stagione. Ecco i commenti di Silverman:
Abbiamo
finito! Abbiamo finito le riprese qualche settimana fa, quindi ora
sono qui a Toronto per girare una nuova serie chiamata Vladimir per
Netflix. Mi sto dedicando a questo e sta essendo
un’estate fantastica. È stata un’esperienza meravigliosa.
Billy Bob [Thornton] è una persona incredibilmente accogliente,
calorosa e premurosa. È un attore straordinario, e anche Demi
[Moore] è un’attrice incredibile. In questa stagione lei è davvero
al centro dell’attenzione. La maggior parte delle mie scene sono
con Michelle Randolph e Ali Larter, entrambe geniali. Mi trovo a
recitare con entrambe, ed è davvero divertente.
Cosa significa questo per la
seconda stagione di Landman
Il fatto che Silverman abbia
rivelato che le riprese della serie di successo sono già terminate
suggerisce che tutto è andato liscio con la produzione e che la
stagione dovrebbe essere sulla buona strada per essere rilasciata
nella data prevista. Inoltre, i commenti di Silverman sul
personaggio di Moore sono certamente in linea con il trailer della
seconda stagione di Landman, che mostra l’ascesa spietata di
Cami.
Il finale della prima stagione di Landman ha risolto
molti intrecci della trama, ma ha lasciato ancora molto su cui
riflettere agli spettatori, il che significa che ci sono diversi
punti salienti della trama che la seconda stagione dovrebbe
affrontare. L’ascesa al potere di Cami sarà fondamentale, ma c’è
anche la crescente influenza del cartello che rappresenta una
minaccia per Tommy e il continuo interesse di Galino per
l’industria petrolifera.
Uno dei team principali presenti nel
ricco cast di Avengers: Doomsday è proprio
quello dei Thunderbolts* (anche noti come New
Avengers), che ha trasformato antieroi meno conosciuti nella nuova
generazione degli eroi più potenti della Terra. Uno dei tanti eroi
principali di questo gruppo è il Red Guardian di David Harbour, che attualmente si trova nel
quartier generale dei New Avengers. Ora, proprio Harbour, ha
spiegato perché quello in arrivo sarà un film rivoluzionario.
Parlando con Joe Decklemeier di ScreenRant al
Rose City Comic Con, l’attore ha elogiato la regia di
Joe e Anthony Russo e i diversi
livelli di dramma e commedia presenti in Avengers:
Doomsday. “All’inizio non ero nemmeno convinto, ma
questo film sarà davvero bello. Hanno un tocco speciale. Non lo
capisco nemmeno bene, ma loro [i Russo] sanno proprio come fare
queste cose. E penso che, come dimostrato in Civil War e in
Infinity War, ci sia qualcosa di speciale nel modo in cui
inseriscono la commedia, il dramma, le sorprese, la grandiosità,
l’epicità e tutto il resto. È incredibile”.
L’attore ha poi aggiunto: “Devo
dire che non sono mai stato su un set come questo in vita mia. Non
ho mai visto niente di simile. Hai visto quelle sedie. È come se
ognuno di quei ragazzi e ragazze avesse una roulotte. È pazzesco
guardarsi intorno nella stanza e pensare: “Oh mio Dio, sono nel
film. C’è quel tizio che fa quel discorso”. È semplicemente
enorme”. Avengers: Doomsday, d’altronde, ha
una portata senza precedenti. Con almeno ventisette personaggi
principali e secondari, un nuovo cattivo e una posta in gioco
multiversale, deve bilanciare decine di archi narrativi con le
aspettative enormi dei fan.
Il semplice coordinamento tra
sceneggiatori, registi e attori rende Avengers:
Doomsday una sfida unica per la Marvel. Ogni crossover dell’MCU ha
alzato l’asticella oltre ogni immaginazione e questo deve
affrontare la sfida più ardua mai vista. Nel 2012, The
Avengers ha realizzato una formazione da sogno che nemmeno i
fan più accaniti si aspettavano di vedere sul grande schermo. Solo
sette anni dopo, Avengers: Endgame è diventato uno dei più
grandi eventi cinematografici. Sette anni dopo Endgame, la
trama e il cast di Avengers: Doomsday devono
alzare ulteriormente l’asticella.
Il popolare spin-off
The Walking Dead: Daryl Dixon, ha cambiato location
per la sua
terza stagione, e il produttore senior di The Walking Dead Greg Nicotero ha
spiegato il perché. Alla fine della seconda stagione di Daryl
Dixon, il personaggio principale, insieme a Carol, abbandona la
Francia e decide di trasferirsi a Londra.
Daryl Dixon è il quinto
spin-off di The Walking Dead. La terza stagione della serie
debutterà il 7 settembre 2025 su AMC e sarà disponibile anche in
streaming su AMC+. Daryl Dixon vede Norman Reedus nel ruolo del
protagonista, affiancato da Melissa McBride, che
faceva parte del cast principale di The Walking
Dead.
Nella terza stagione dello spin-off
di The Walking Dead, Daryl e Carol finiscono a Londra, ma
l’ambientazione principale della stagione è la Spagna. In
un’intervista con Owen Danoff di ScreenRant, Nicotero ha
rivelato che l’idea per Daryl Dixon è quella di ambientarlo
in un paese diverso ogni stagione. Questo per garantire che la
serie abbia una sua identità. Ecco i commenti di Nicotero:
ScreenRant: “Come mai avete scelto la Spagna?
C’era qualche altro paese in lizza, o avete mai pensato di rimanere
a Londra? Perché anche il primo episodio è davvero accattivante dal
punto di vista visivo”.
Greg Nicotero: “Beh, credo che fosse circa a
metà della prima stagione, quando eravamo in Francia, che è nata
l’idea di rendere Daryl più mobile. Ricordo di aver pensato: ‘Wow,
è un’idea fantastica; ogni stagione [potrebbe] essere ambientata in
un paese diverso e potremmo davvero spargere le nostre ali in tutta
Europa’. Abbiamo trascorso 15 anni della serie ad Alexandria e in
Georgia, e poter vedere come sarebbe stato il reset una volta che
l’apocalisse zombie fosse scoppiata in Francia o in Spagna. Penso
che a un certo punto abbiamo parlato della possibilità di
ambientare un’intera stagione a Londra. So che a un certo punto è
stata presa in considerazione l’Irlanda, e penso che l’idea fosse:
“Beh, lì è davvero verde”, e non volevamo che fosse troppo simile a
The Walking Dead in Georgia, dove il verde era ovunque. Quindi
abbiamo deciso consapevolmente di esplorare luoghi che ritenevamo
avessero molto materiale [e] cultura da sfruttare, e stiamo
parlando di migliaia di anni di cultura, il che era davvero
emozionante per noi”.
Cosa significa questo per
Daryl Dixon
Le prime due stagioni di Daryl
Dixon si sono svolte in Francia. Tuttavia, Nicotero lascia
intendere nella sua intervista che nessuna stagione si svolgerà
nuovamente nella stessa location della precedente. Sembra che la
serie stia diventando una sorta di antologia, ma con solo la
location che cambia invece della trama generale.
Gli attori spagnoli Eduardo
Noriega, Óscar Jaenada, Alexandra Masangkay, Hugo Arbués e Candela
Saitta si sono uniti al cast principale della terza stagione di
Daryl Dixon. Questo fa sperare che la stagione descriverà
accuratamente la cultura spagnola. La stagione potrebbe anche
rivisitare alcuni vecchi punti della trama di Walking Dead.
Nella terza stagione, il pubblico
avrà una visione più chiara e approfondita del mondo
post-apocalittico in cui si svolge Daryl Dixon. Ad esempio, nel
primo episodio, Daryl e Carol fanno una breve sosta in Inghilterra,
come avevano discusso nella seconda stagione, e la trovano
completamente desolata e priva di vita. Man mano che la stagione
prosegue, la devastazione causata dall’epidemia nel mondo sarà
probabilmente esplorata ancora più a fondo.
Romana Maggiora Vergano è una delle voci emergenti
più interessanti del cinema italiano. Nata a Roma nel 1997 e
formata alla prestigiosa Scuola d’Arte Cinematografica Gian Maria
Volonté, ha conquistato il pubblico grazie a ruoli intensi in film
e serie di alto profilo. Dopo il successo di C’è ancora domani, in cui interpretava
Marcella, e la sua intensa prova in Il tempo che ci vuole (per cui ha ottenuto un Nastro
d’argento come migliore attrice protagonista), è oggi nel cast
dell’horror La valle dei sorrisi, presentato a
Venezia 82 e in uscita il 17 settembre. Una carriera in rapida
ascesa, sia sul fronte nazionale che internazionale.
Andiamo ad approfondire le 10 curiosità più interessanti sulla sua
vita e carriera:
1.
Romana Maggiora Vergano: film e serie tv
Romana Maggiora Vergano è una delle giovani attrici italiane più
promettenti. Dopo i primi ruoli in teatro e sul piccolo schermo, si
è fatta notare in diverse serie tv italiane e internazionali, oltre che al
cinema, dove ha lavorato in film drammatici e commedie. Ha
debuttato in televisione in serie come Immaturi – La serie (2018), Don Matteo e Liberi tutti, per poi passare al cinema con
Il campione (2019). È
tornata sul piccolo schermo con Il silenzio dell’acqua e Fedeltà, ampliando la sua esperienza con progetti sempre
più diversi.
Il
successo di pubblico è arrivato nel 2023 con C’è ancora domani di
Paola Cortellesi, dove ha interpretato Marcella, figlia della
protagonista. Nel 2024 ha preso parte a produzioni di respiro
internazionale come Those About to Die di Roland Emmerich e al
film americano Cabrini.
Nello stesso anno ha recitato ne Il tempo che ci vuole, performance che le è valsa un
Nastro d’argento come
miglior attrice protagonista. Nel 2025 è tra le
protagoniste de La valle dei sorrisi di
Paolo Strippoli, presentato Fuori Concorso a Venezia 82,
confermando la sua crescita artistica e il riconoscimento a livello
internazionale.
2.
L’altezza di Romana Maggiora Vergano
Molti fan cercano curiosità legate al suo aspetto fisico, tra cui
l’altezza: Romana
Maggiora Vergano è alta circa 1,68 m, un fisico slanciato che le
permette di affrontare ruoli molto diversi tra loro, dalla commedia
brillante a personaggi più intensi.
3. Romana Maggiora Vergano su Instagram
Romana è molto attiva su Instagram, dove condivide sia scatti dal set e dai
red carpet, sia momenti più spontanei e personali. Il suo profilo
ufficiale (@romanamaggioravergano) è seguito da migliaia di fan,
che apprezzano la sua autenticità e il modo in cui alterna glamour
e vita quotidiana. Instagram è anche lo spazio in cui promuove i
suoi progetti professionali, avvicinandosi a un pubblico giovane e
internazionale.
4. L’agenzia che la rappresenta
Come molte attrici della sua generazione, Romana è seguita da
un’agenzia di
management che cura la sua immagine e la sua carriera. La
collaborazione con Toplay
Agency le ha permesso di costruire un percorso coerente e
ambizioso, garantendole l’accesso a produzioni di livello sempre
più alto, sia in Italia che all’estero.
5. Le origini
Romana Maggiora Vergano è nata a Roma il 27 novembre 1997. I genitori,
entrambi ginecologi, l’hanno cresciuta a Ostia insieme al fratello
gemello. Fin da bambina ha mostrato una forte inclinazione
artistica e una curiosità verso il teatro, che l’ha spinta a
frequentare corsi di recitazione amatoriale già in età scolare. Le
sue origini romane e il contesto culturale della capitale hanno
avuto un ruolo centrale nel suo avvicinamento al mondo del
cinema.
6. Gli studi
Dopo il liceo scientifico, Romana ha intrapreso un percorso di
formazione professionale presso la Scuola d’Arte Cinematografica Gian Maria
Volonté, una delle più prestigiose accademie italiane. Qui
ha avuto modo di perfezionare la sua tecnica, lavorando con
insegnanti e professionisti del settore. Ha inoltre partecipato a
workshop e laboratori internazionali che le hanno permesso di
ampliare la sua visione della recitazione.
Nonostante la sua popolarità crescente, Romana mantiene un profilo
basso sulla sua vita
privata. Riservata e discreta, preferisce non condividere
dettagli intimi sui social, limitandosi a raccontare il suo lavoro
e i suoi progetti. Questa scelta le ha permesso di costruire un
rapporto di fiducia con i fan, basato più sulla sua carriera che
sulla curiosità mediatica.
8. I Riconoscimenti
Il talento di Romana è stato premiato in più occasioni. Per
l’interpretazione di Marcella in C’è ancora domani (2023) ha ottenuto una candidatura ai
David di
Donatello come miglior attrice non protagonista. Nel 2025
ha vinto il Nastro
d’argento come miglior attrice protagonista per la sua
prova in Il tempo che ci
vuole, confermandosi tra i volti più apprezzati del panorama
italiano contemporaneo.
9. Esperienza internazionale
Oltre al cinema italiano, Romana ha cominciato a farsi notare anche
all’estero. Nel 2024 ha partecipato al film americano
Cabrini e alla serie
internazionale Those About to
Die, prodotta da Roland Emmerich. Questi progetti le hanno
dato visibilità anche fuori dall’Italia, aprendo nuove prospettive
di carriera.
10. Il futuro professionale
Il 2025, con la partecipazione a La valle dei sorrisi, rappresenta una tappa importante,
ma Romana Maggiora Vergano ha già altri progetti in cantiere. Il
suo obiettivo dichiarato è quello di continuare a scegliere ruoli
complessi e sfidanti, capaci di metterla alla prova. Con la sua
determinazione e il suo talento, si candida a diventare uno dei
nomi più rilevanti del nuovo cinema italiano ed europeo.
Accanto a Michele Riondino e al giovane
Giulio Feltri, al suo debutto sullo schermo, il
cast include Paolo Pierobon, Romana Maggiora Vergano, Sergio
Romano, Anna Bellato, Sandra Toffolatti e Roberto
Citran.
Già vincitore del Premio
Franco Solinas per il Miglior Soggetto (2019), il film è
sceneggiato da Milo Tissone, Jacopo del Giudice e dallo stesso
Paolo Strippoli. Il Direttore della fotografia è Cristiano Di
Nicola, la scenografia è di Marcello Di Carlo, i costumi sono di
Susanna Mastroianni e il montaggio è a cura di Federico Palmerini.
Musiche originali di Federico Bisozzi e Davide Tomat.
La valle dei sorrisi (la
nostra recensione) è prodotto da Domenico Procacci e Laura
Paolucci per Fandango e da Ines Vasiljevic e di Stefano Sardo per
Nightswim in coproduzione con Spok, in collaborazione con Vision
Distribution, con il contributo del MIC, di Lazio International e
della FVG Film Commission – PromoTurismoFVG. La valle dei sorrisi è
una co-produzione Italia e Slovenia FANDANGO, VISION DISTRIBUTION e
NIGHTSWIM con SPOK in collaborazione con SKY.
La trama de La valle dei
sorrisi
Remis è un paesino
nascosto in una valle isolata tra le montagne. I suoi abitanti sono
tutti insolitamente felici. Sembra la destinazione perfetta per il
nuovo insegnante di educazione fisica, Sergio Rossetti
(Michele Riondino), tormentato da un passato
misterioso. Grazie all’incontro con Michela, la giovane
proprietaria della locanda del paese (Romana Maggiora
Vergano), il professore scopre che dietro questa apparente
serenità, si cela un inquietante rituale: una notte a settimana,
gli abitanti si radunano per abbracciare Matteo Corbin
(Giulio Feltri), un adolescente capace di
assorbire il dolore degli altri. Il tentativo di Sergio di salvare
il giovane risveglierà il lato più oscuro di colui che tutti
chiamano l’angelo di Remis.
Sono passati quasi due anni da
quando il vincitore dell’Oscar Edward Berger è
stato scelto per dirigere Jason Bourne 6, e ora il
regista ha parlato dello stato del progetto. Anche se non è ancora
stato confermato se il protagonista della serie Matt
Damon riprenderà il ruolo che ha interpretato per la
prima volta nel 2002, l’attore ha già espresso la sua
disponibilità a tornare.
In precedenza, si era anche
vociferato che Berger fosse stato scelto per dirigere il tanto
atteso
Ocean’s 14. Tuttavia, il regista ha successivamente
smentito tali voci. Secondo quanto riferito, il regista di
The
Fall Guy David Leitch sarebbe attualmente il favorito per
dirigere quel particolare progetto.
Recentemente, parlando con The Hollywood Reporter del suo prossimo film Netflix, Ballad of a Small Player,Berger
ha parlato sia della sua presunta partecipazione a Oceans 14
sia del suo effettivo coinvolgimento in Jason Bourne 6.
Ammettendo che i franchise possono essere originali, avrebbe
volentieri realizzato Oceans 14, ma sta ancora sviluppando il
prossimo film di Bourne. Ecco i suoi commenti:
Un franchise
può essere originale. Se avessi inventato Oceans, l’avrei fatto
senza esitare. È un franchise fantastico. Sto sviluppando un film
di Bourne e lo realizzerò se Matt vorrà farlo.
Berger ha anche aggiunto che i suoi
piani dipenderanno dalla possibilità di convincere Damon a tornare
a interpretare il ruolo e che il sequel dovrà aggiungere “qualcosa
di nuovo” al franchise. Ha anche suggerito di non essere
interessato a realizzare un film che si limiti a riproporre temi
già noti. Ecco i suoi commenti finali:
Se riusciamo
davvero a dare la sensazione di aggiungere qualcosa di nuovo ai
grandi film di Bourne già esistenti. Questo sarà necessario per
convincere Matt a farlo e per convincere me a farlo. Non desidero
altro che realizzare un film divertente, costoso e con un budget
elevato che conquisti il pubblico. Ma questi film sono anche
difficili da trovare perché non voglio realizzare qualcosa che
secondo me è già stato fatto 20 volte da altri.
Cosa significano i commenti
di Edward Berger per Jason Bourne 6
Quando Damon ha interpretato per la
prima volta il ruolo di Jason Bourne nel film del 2002 The Bourne
Identity, l’abile adattamento del romanzo di Robert Ludlum ha avuto
un grande impatto sui thriller di spionaggio. Adottando una
sensibilità molto più seria e realistica rispetto ad altri
importanti film di spionaggio, il successo dei primi capitoli della
serie avrebbe influenzato anche la lunga serie di James
Bond.
Tuttavia, quando la serie ha
giocato con la possibilità di andare oltre l’eroe titolare di Damon
e ha invece tentato di introdurre Aaron Cross, interpretato da
Jeremy Renner, nel film del 2012
The Bourne Legacy, è diventato subito evidente che la serie
faticava senza il suo coinvolgimento diretto. Pertanto, è chiaro
perché i piani di Berger per Jason Bourne 6 dipendano dal ritorno
di Damon.
Sebbene Damon abbia accennato alla
sua disponibilità a riprendere il ruolo, i commenti di Berger
suggeriscono che il progetto è ancora lontano dal ricevere il
via libera ufficiale o la conferma definitiva del suo
ritorno.
Il reboot di Highlander
con Henry Cavill ha appena acquisito un
nuovo membro del cast che lo trasformerà in una sorta di reunion di
Il gladiatore. Il primo Highlander è uscito nel
1986 ed è diventato rapidamente un punto fermo della cultura pop,
generando numerosi sequel e altri media.
Dopo molti ritardi e false
partenze, nel 2021 è stato annunciato che Henry
Cavill avrebbe interpretato il protagonista di Highlander,
Connor MacLeod, in un reboot della fortunata serie che sarà diretto
dal regista di John Wick, Chad Stahelski. Ad affiancarli ci sarà
Russell Crowe, che interpreterà il
ruolo del mentore originariamente interpretato da Sean Connery nel
classico del 1986.
Ora, The Hollywood Reporter ha rivelato che anche
Djimon Hounsou, attore caratterista
noto per Shazam!,
Guardiani della Galassia e altri
film, si è unito al cast del film. È la prima volta che Hounsou e
Crowe appariranno nello stesso film dal 2000, quando recitarono
insieme nel film epico romano Il gladiatore. Honsou
interpreterà un guerriero immortale proveniente dall’Africa.
Cosa significa questa reunion
per Highlander
La reunion di Djimon
Hounsou e Russell Crowe in Highlander è più di una
semplice curiosità: è una testimonianza della qualità del casting
del reboot. Il reboot di Highlander di Henry Cavill segue le
orme del film originale in questo senso: il primo Highlander
vedeva la partecipazione di attori amati dal pubblico come Connery,
Clancy Brown e Roxanne Heart.
Sebbene il nome di Djimon Hounsou
non sia così famoso come quello di Crowe, l’attore è apparso in
numerosi film e franchise di grande successo come Guardiani
della Galassia di James
Gunn e A Quiet Place: Day One. È interessante notare
che, con
Dave Bautista anche in Highlander, Hounsou ritroverà sul
set molti dei suoi ex colleghi.
Il Signore degli Anelli: The Hunt For
Gollum potrebbe riportare in scena alcuni dei
personaggi più amati della saga, ma Orlando Bloom ha espresso la sua
opinione sulla possibilità di un suo ritorno. Il film, la cui
uscita nelle sale è prevista per dicembre 2027, vedrà
Andy
Serkis, l’attore che ha interpretato Gollum nella
trilogia originale, assumere il ruolo di regista.
Ad agosto, Sir Ian
McKellan ha rivelato che, oltre al ritorno di Gollum,
anche i personaggi di
Frodo e Gandalf avrebbero fatto la loro comparsa. Inoltre,
circolano voci secondo cui anche Viggo Mortensen, interprete di
Aragorn, potrebbe essere coinvolto, anche se l’attore ha
recentemente mantenuto il riserbo su questo fronte.
Durante una recente apparizione al
Today Show, a Bloom è stato chiesto del nuovo film
spin-off de Il Signore degli Anelli e se potrebbe essere
coinvolto. Rivelando di non aver sentito nulla riguardo a un
potenziale ritorno nel ruolo di Legolas, ha ammesso che tutto è
ancora possibile. Ecco i suoi commenti:
In realtà
non ne so nulla. Non lo so. So che si concentrerà su Gollum, quindi
tutto è possibile.
Bloom ha anche suggerito che,
sebbene gli sia piaciuto molto interpretare quel ruolo, non gli
piacerebbe affatto se il personaggio di Legolas fosse ricoperto da
un altro attore nel nuovo film. Leggi i suoi commenti finali
qui sotto:
È un ruolo
fantastico. Sono molto grato di aver fatto parte di quei film. Ma
non ne so nulla.
Senti, non
vorrei vedere nessun altro interpretare Legolas, capisci cosa
intendo? Cosa faranno? Metteranno qualcun altro nel ruolo di
Legolas?
Cosa significano i commenti
di Orlando Bloom per The Hunt for Gollum
Mentre la maggior parte dei
commentatori ha ipotizzato che The Hunt for Gollum seguirà la
trama originale di J.R.R. Tolkien contenuta nelle appendici de Il
Signore degli Anelli, in cui Aragorn ha il compito di catturare
Gollum dopo la festa di compleanno di Bilbo ne La compagnia
dell’anello, la tempistica della storia ha sollevato molte domande
sul casting.
Dato che saranno passati 24 anni
dalla conclusione della trilogia originale Il Signore degli Anelli
di Peter Jackson quando The Hunt for Gollum uscirà, è naturale
pensare che il nuovo spin-off dovrà ricoprire i ruoli chiave con
nuovi attori o affidarsi in larga misura alla tecnologia di
ringiovanimento digitale per riportare in scena gli attori
originali.
Se Serkis decidesse di ricoprire i
ruoli chiave del franchise, Bloom non sarebbe l’unico a rimanere
deluso. Con molti fan inizialmente riluttanti ad accettare i
nuovi attori nei ruoli di Galadriel ed Elrond in Il Signore degli
Anelli: Gli Anelli del Potere di Prime Video, una mossa del genere potrebbe essere
potenzialmente dannosa per i piani della Warner Bros. di rilanciare
il franchise.
Sydney Sweeney racconta come si è procurata un
occhio nero durante le riprese di Christy. Dal suo debutto al Toronto International Film
Festival, le recensioni di Christy sono state contrastanti, anche
se Sweeney è stata elogiata per la sua interpretazione coinvolgente
della pugile professionista Christy Martin.
Molto prima dell’uscita del film,
c’era già grande fermento intorno al progetto e si ipotizzava che
questo potesse essere il miglior film di Sydney Sweeney fino ad oggi.
Nonostante un punteggio iniziale del 64% su Rotten Tomatoes, le
lodi per la performance di Sweeney fanno ben sperare per le sue
possibilità di vincere un Oscar, anche se dietro le quinte è stato
un percorso straziante.
Durante un’intervista con Variety al Toronto International Film
Festival Sweeney racconta in dettaglio come “venivo
picchiata” durante le riprese delle scene del film drammatico
sulla boxe. Ha anche raccontato che le sequenze di boxe sono state
girate “una dopo l’altra” nel corso di una sola settimana,
durante la quale ha dovuto anche allenarsi nel tempo libero.
Una scena particolarmente
estenuante, in cui ricrea l’iconico incontro tra Martin e Laila
Ali, ha provocato a Sweeney “un occhio nero pazzesco”. Ecco
alcuni suoi commenti aggiuntivi:
Mi
mettevano impacchi di ghiaccio sul viso tra una ripresa e l’altra.
Mi stavano mettendo al tappeto. Dopo mi sono ritrovata con dei
lividi piuttosto brutti. Finivo le riprese dopo 12 ore e poi andavo
ad allenarmi per altre due ore. È stata una settimana
estenuante.
Cosa significa questo per
Christy
La prova fisica che Sweeney ha
dovuto affrontare per dare vita alla storia di Christy potrebbe
aumentare le sue possibilità di ricevere una nomination all’Oscar.
Molte interpretazioni candidate all’Oscar e vincitrici dell’Oscar
sono accompagnate da racconti strazianti dietro le quinte, e
Sweeney ha questo con il suo occhio nero.
Un racconto del genere contribuirà
probabilmente a promuovere il film prima della sua uscita nelle
sale il 7 novembre e a sottolineare gli sforzi compiuti da Sweeney
per immergersi completamente in un ruolo così impegnativo dal punto
di vista fisico.
Sebbene non si possa negare
l’impegno di Sweeney in questa interpretazione, altri fattori
potrebbero ostacolare una nomination all’Oscar.
The
Conjuring – Il rito finale (The Conjuring: Last Rites)
è destinato a battere il record della serie. Il film, interpretato
da Patrick Wilson e Vera Farmiga nei panni delle versioni
romanzate dei demonologi reali Ed e Lorraine Warren, è il nono
capitolo della serie Conjuring Universe, che comprende anche
gli spin-off Annabelle e The Nun.
L’uscita di The Conjuring – Il rito
finale è avvenuta il 5 settembre, rendendolo il primo grande film
in uscita a settembre. In precedenza, ha incassato 8,5 milioni
di dollari al botteghino nazionale durante le anteprime del giovedì
sera, battendo i record per il miglior giorno di apertura della
serie e la migliore serata di anteprima per un film horror del 2025
fino ad oggi.
Secondo Deadline, sabato
mattina, The Conjuring – Il rito finale dovrebbe incassare
circa 75 milioni di dollari nel weekend di apertura di 3 giorni al
botteghino nazionale, debuttando al primo posto. Questo segnerà
il miglior weekend di apertura dell’intero franchise,
battendo il precedente detentore del record, che era The Nun
del 2018 (53,8 milioni di dollari), con un margine sostanziale.
Questo weekend di apertura prolunga
anche la serie record della Warner Bros. di weekend di apertura con
incassi superiori ai 40 milioni di dollari. Sebbene la loro serie
di sei successi consecutivi (A Minecraft Movie,
Sinners, Final Destination Bloodlines, F1 The
Movie, Superman e Weapons)
fosse già senza precedenti per una singola casa di produzione,
The Conjuring porta ora il numero a sette.
Cosa significa questo per The
Conjuring – Il rito finale
Sebbene Il rito
finale dovrebbe superare di gran lunga gli incassi del weekend
di apertura dei precedenti film di Conjuring (il precedente detentore del record
prima di
The Nun era il film originale del 2013, che ha debuttato
con 41,8 milioni di dollari), resta ancora da vedere se potrà
diventare il film di maggior incasso della serie entro la fine
della sua programmazione.
I film horror tendono ad avere un
successo immediato, con cali sostanziali del 50% o più nel secondo
weekend, quindi sarà probabilmente il secondo weekend a
determinare il successo o il fallimento di The Conjuring –
Il rito finale piuttosto che il weekend di apertura.
Ciò è confermato dal fatto che,
mentre The Nun è il film di maggior incasso della serie con
366 milioni di dollari incassati in tutto il mondo, TheConjuring è solo il terzo con 316,1 milioni di dollari.
Sebbene The Conjuring 2 del 2016 abbia avuto un weekend di
apertura inferiore (40,4 milioni di dollari), alla fine è salito
al secondo posto con un incasso mondiale di 321,4 milioni di
dollari.
Un altro fattore che potrebbe
potenzialmente limitare il rendimento del nuovo capitolo è il fatto
che The Conjuring – Il rito finale ha ottenuto un
punteggio Rotten del 55%, il più basso dei quattro film di punta
della serie Conjuring. Anche il suo B CinemaScore è il più
basso dei film di punta, quindi potrebbe non generare lo stesso
livello di passaparola.
Lastar
Corey Hawkins di Odissea (The
Odyssey) ha lasciato intendere che l’adattamento
cinematografico della saga greca antica realizzato da
Christopher Nolan sarà un’opera
epica molto diversa dalle altre. Tratto dal poema epico di Omero,
uno dei testi più antichi della letteratura, il film di Nolan
seguirà le vicende di Matt
Damon nei panni di Ulisse, re di Itaca, che
intraprende un pericoloso viaggio di ritorno a casa dopo la guerra
di Troia.
Parlando con ScreenRant al Toronto International Film Festival di
quest’anno per il suo nuovo thriller, The Man in My
Basement, Hawkins ha espresso la sua opinione sull’approccio
unico di Nolan a The Odyssey.Confrontando il lavoro di
Nolan con un film indipendente con un budget molto più elevato,
Hawkins ha elogiato l’attenzione del regista ai dettagli. Ecco i
suoi commenti:
È
interessante notare che Chris Nolan è molto simile, direi, a un
regista indipendente con un budget molto diverso, ma in realtà ci
sono molte somiglianze. Solo l’efficienza con cui lavora. È un
maestro dei dettagli e non vedo l’ora che la gente veda questo
film.
Hawkins ha anche suggerito che
Odissea (The Odyssey) offrirà al pubblico un
tipo di film epico molto diverso, anche se ha avuto cura di non
rivelare alcun dettaglio. Leggete i suoi commenti finali qui
sotto:
È davvero…
Sarà epico in un modo diverso. Si impara così tanto da lui. Sto
cercando di non dire tutte le cose che non dovrei dire
[ride].
Cosa significano i commenti
di Corey Hawkins per Odissea (The Odyssey)
Con L’Odissea e L’Iliade di Omero che rappresentano i
due testi più importanti e influenti dell’antica Grecia, Nolan ha
sicuramente puntato su un progetto ambizioso. Dato che L’Odissea ha
continuato a ispirare studiosi, artisti e scrittori per migliaia di
anni, il regista avrà il compito enorme di tradurla sullo
schermo.
Tuttavia, l’elogio di Hawkins per
l’approccio cinematografico di Nolan e la sua meticolosa attenzione
ai dettagli gli saranno probabilmente utili nel dare vita a
L’Odissea. Data la quantità di temi mitologici e di eventi
leggendari citati nel testo originale di Omero e le innumerevoli
rielaborazioni che ne sono seguite, Nolan avrà bisogno di tutta
la sua notevole abilità per rendere giustizia alla storia.
David Harbour, star di Stranger
Things, ha anticipato che la quinta stagione della
serie fantascientifica di grande successo includerà un finale
rivoluzionario per Jim Hopper. Harbour interpreta il capo della
polizia alcolizzato di una piccola città sin dalla prima stagione
di Stranger Things, trasmessa su
Netflix nel luglio 2016, e ha ricevuto due
nomination ai Primetime Emmy per il suo ruolo.
La quinta stagione di Stranger Things uscirà su Netflix il
26 novembre 2025 e fornirà una conclusione epica alla serie di
grande successo di Netflix. Molti archi narrativi dei personaggi e
trame dovranno essere risolti nell’epica battaglia contro Vecna, e
il destino di Hopper è stato oggetto di un’intensa attenzione.
Harbour ha anticipato un finale rivoluzionario.
Durante il panel dedicato a David
Harbour al Rose City Comic Con, condotto da ScreenRant,
Harbour ha parlato del finale rivoluzionario della quinta stagione
di Hopper. Pur evitando di rivelare alcun dettaglio, Harbour ha
anticipato che si tratta della “cosa più importante che gli
succede nella serie”. Ecco i commenti di Harbour:
SR:Quanto è stato difficile per te dire addio al
personaggio l’ultimo giorno sul set?
DH:Beh, è così surreale… per me le reazioni sono
sempre ritardate. Quasi non riuscivo a elaborarlo.
Beh, non
posso dirti com’è stato il nostro ultimo giorno sul set, perché
sarebbe un enorme spoiler, ma è stato un momento culminante molto
importante… e non riuscivo a credere che fosse il nostro ultimo
giorno. Ho pensato: “Oh mio Dio. Hanno davvero calcolato i tempi in
modo che il momento più importante della serie per lui, in un certo
senso, fosse proprio questo”. Quindi mi sono concentrato al massimo
per interpretare al meglio quel momento. E poi è successo e tutto è
finito.
Conosco i
Duffer Brothers da 10 anni, abbiamo passato così tante cose
insieme, e quel cast e quella troupe… è davvero difficile da
elaborare. Mi ci sono voluti altri sei mesi per capire davvero come
mi sentivo, ad essere sincero. È passato tutto così in fretta. È
stato molto, molto surreale.
Cosa significa questo per il
destino di Hopper in Stranger Things
Ci sono molte strade diverse che la
serie potrebbe prendere, e molti personaggi di Stranger Things sono
in grave pericolo nell’affrontare la stagione culminante. Non c’è
dubbio che Hopper sia uno dei personaggi il cui destino è precario,
e ci saranno grandi cambiamenti per il suo personaggio nella
stagione finale, soprattutto come figura paterna per i bambini, in
particolare Eleven.
La quinta stagione di Stranger
Things uscirà in tre parti tra il 26 novembre e il 31 dicembre.
Harbour non approfondisce se il
finale rivoluzionario di Hopper sarà positivo o negativo, ma parla
di quanto sia stato emozionante. Menzionando la natura surreale
della conclusione della serie a cui ha lavorato per 10 anni,
afferma che il finale di Hopper è sembrato un culmine, il che
potrebbe far luce su come sarà.
La crisi umanitaria di
Gaza è stata la protagonista nei discorsi di
ringraziamento dei vincitori, nel corso della cerimonia di chiusura
dell’82° edizione della Mostra Internazionale d’Arte
Cinematografica della Biennale di Venezia. La regista
tunisina Kaouther Ben Hania, che ha vinto Leone
d’Argento, Gran Premio della Giuria per The Voice of
Hind Rajab, ha offerto (c’era da aspettarselo) il
discorso più schietto e lucido in merito.
Il film sull’uccisione di Hind
Rajab, una bambina di sei anni, che si trovava in auto con i
familiari e che è stata colpita dalle forze israeliane mentre
cercavano di fuggire da Gaza City all’inizio del 2024, ha scosso il
festival all’inizio della settimana, ricevendo un’ovazione record
di 23 minuti e 40 secondi in occasione della premiere in Sala
Grande.
“Dedico questo mondo alla
Mezzaluna Rossa Palestinese e a tutti coloro che hanno rischiato
tutto per salvare vite umane a Gaza. Sono dei veri eroi. La voce di
Hind è la voce di Gaza stessa, un grido di soccorso che il mondo
intero ha potuto sentire, ma a cui nessuno ha risposto”, ha
detto Ben Hania.
“La sua voce continuerà a
risuonare finché non ci sarà una vera responsabilità, finché non
sarà fatta giustizia. Crediamo tutti nella forza del cinema. È ciò
che ci riunisce qui stasera e ciò che ci dà il coraggio di
raccontare storie che altrimenti potrebbero essere sepolte. Il
cinema non può riportare in vita Hind. Né può cancellare l’atrocità
commessa contro di lei. Niente potrà mai restituire ciò che le è
stato tolto”, ha continuato. “Ma il cinema può preservare
la sua voce, farla risuonare oltre i confini, perché la sua storia
non è solo sua. È tragicamente la storia di un intero popolo che
subisce un genocidio inflitto da un regime criminale israeliano che
agisce impunemente”, ha aggiunto. Una storia che parla
non solo di memoria, ma di urgenza.
Diversi altri vincitori hanno
lanciato appelli simili durante la serata, tra cui il nostro
Toni Servillo, che ha vinto il premio
come miglior attore per la sua interpretazione in La
Grazia; la co-protagonista di Silent
Friend Luna Wedler, che ha vinto il Premio Marcello
Mastroianni come miglior giovane attore emergente, e la regista
marocchina Maryam Touzani, che ha vinto il Premio
del Pubblico per Calle Malaga.
“La gioia che provo è profonda,
ma lo è anche il dolore che provo nel ricevere questo premio
oggi”, ha detto Touzani. “Provo dolore perché, come molti
altri, non riesco a dimenticare l’orrore inflitto con tanta
impunità, ogni secondo, al popolo di Gaza e al popolo
palestinese.”
Il Lido è stato anche testimone
della
manifestazione di domenica scorsa, quando migliaia di persone,
tra politico, attivisti e anche accreditati al festival, hanno
partecipato a una protesta pacifica per denunciare il genocidio
israeliano a Gaza.
La
82ª
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia si è
conclusa con un red carpet che ha riunito i protagonisti
dell’edizione. A sfilare sul tappeto rosso della serata finale sono
stati i vincitori dei premi
ufficiali, celebrati dal pubblico e dagli obiettivi
dei fotografi, insieme al cast di Chien 51, film scelto per chiudere questa intensa
edizione del Festival.
Il
red carpet di chiusura ha rappresentato il momento culminante di
undici giorni di cinema, incontri e grandi emozioni. Tra applausi e
flash, i premiati hanno condiviso l’entusiasmo di un riconoscimento
conquistato in una delle vetrine più prestigiose al mondo, mentre
il cast di Chien 51 ha
salutato il pubblico veneziano con eleganza e orgoglio.
Le immagini raccontano l’atmosfera festosa della serata, con
interpreti, registi e membri delle troupe che hanno trasformato il
tappeto rosso in una passerella di talento e glamour. Un evento che
ha chiuso idealmente il cerchio di un’edizione caratterizzata da
opere di grande forza espressiva, autori affermati e nuove voci
pronte a imporsi sulla scena internazionale.
Sfoglia la nostra gallery per rivivere i momenti più belli del red
carpet di chiusura di Venezia 82 con i premiati e il cast di
Chien 51.
Dopo 12 giorni di Festival, film,
file, prenotazioni, proiezioni e applausi, arriva il momento della
premiazione per l’82° edizione della Mostra Internazionale
d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia.
In un anno in cui il Concorso
avrebbe offerto delle opzioni importanti per dare un segnale forte
rispetto alla situazione geo-politica mondiale, la giuria di
Alexander Payne ha deciso di assegnare i premi a
sua disposizione nella maniera più cauta e indolore possibile,
condannando (come era accaduto l’anno scorso) il Leone
d’Oro della Mostra all’oblio. Perché, per quanto
Father Mother Sister Brother sia la summa
dell’eleganza e del linguaggio di Jim Jarmusch, si
inserisce a pieno titoli nella lista dei suoi film minori.
Tutt’altra storia invece il
Gran Premio della Giuria, assegnato a The Voice of
Hind Rajab, di Kaouther Ben Hania, il
film più importante presentato alla Mostra e senza dubbio uno dei
film più importanti realizzati. Premio forse doveroso ma non
scontato e che potrebbe sostenere ulteriormente un film che è un
atto di denuncia urgente di un genocidio tutt’ora in atto.
“Niente può restituire quello che è stato preso ma il cinema
può conservare la sua memoria e portare avanti il suo
messaggio” ha dichiarato Hania in sede di premiazione.
Benny Safdie ha
invece portato a casa il Leone d’Argento per la Regia, per il suo
lavoro in The Smashing Machine, lavoro solido ma
ordinario, soprattutto se consideriamo la presenza in gara di
Kathryn Bigelow e Park Chan-Wook.
E mentre Valerie Donzelli si porta a casa il
premio alla sceneggiatura per il suo At Work, in
cui racconta un mondo di precarietà che forse non ha mai
conosciuto, Xin Zhilei e Toni Servillo si portano a casa le
Coppe Volpi, Gianfranco Rosi, a sorpresa,
conquista oltre ogni previsione il Premio della Giuria.
Un risultato impensabile alla luce
delle proiezioni e dei minuti di applausi che i singoli film hanno
registrato nel corso delle tante proiezioni di una Mostra mai come
quest’anno affollata di giovani, appassionati e professionisti.
All’interno della filmografia di Michael Mann,
Blackhat (qui
la recensione) rappresenta un capitolo peculiare e controverso.
Uscito nel 2015, il film porta la poetica visiva e narrativa del
regista – già consolidata in opere come Heat – La sfida o
Collateral – dentro un
contesto globale e tecnologico. Se nei suoi titoli precedenti Mann
aveva esplorato il rapporto tra individuo e sistema attraverso
criminalità organizzata, banche e multinazionali, qui lo fa
affrontando la minaccia invisibile del cybercrimine. È un passaggio
coerente con la sua ricerca sul contemporaneo, ma meno immediato
nel coinvolgere il grande pubblico.
L’idea di Blackhat nasce dall’interesse di Mann
per le nuove forme di criminalità informatica e per
l’interconnessione tra politica, economia e tecnologia. La
sceneggiatura di Morgan Davis Foehl si ispira a casi reali di
hackeraggio avvenuti negli anni precedenti, mostrando come un
singolo attacco informatico possa mettere in ginocchio intere
nazioni. Mann, affascinato dalla dimensione quasi astratta e
immateriale di questa minaccia, decide di affrontarla con il suo
stile iperrealista: una regia nervosa, digitale, che immerge lo
spettatore nel cuore delle infrastrutture elettroniche e nei codici
che governano la società contemporanea.
Il
film si muove nel genere del techno-thriller, con elementi
d’azione e di indagine investigativa, e affronta temi centrali
del presente: la vulnerabilità delle infrastrutture globali, il
confine sempre più sfumato tra sicurezza e libertà individuale, e
il rapporto tra tecnologia e potere. Nonostante le critiche
contrastanti e l’accoglienza tiepida al botteghino,
Blackhat resta un tassello importante per
comprendere l’evoluzione della poetica del regista. Nel resto
dell’articolo proporremo una spiegazione dettagliata del finale,
analizzando come Mann lo utilizzi per ribadire la sua visione del
rapporto tra uomo, tecnologia e destino.
La trama di
Blackhat
Protagonista del film è
Nicholas Hathaway, un abile e spregiudicato hacker
che si ritrova a scontare una condanna per alcuni reati di
pirateria informatica. Una svolta per lui arriva nel momento in cui
l’agente FBI Chen Dawai decide di avvalersi della
sua esperienza per una missione altamente complicata. I servizi
segreti si trovano infatti a dover fronteggiare una RAT, ovvero un
malware in grado di controllare un sistema da remoto scavalcando le
autorizzazioni previste. Così facendo, gli anonimi criminali
informatici hanno preso il controllo di una centrale nucleare di
Hong Kong e del Chicago Mercantile Exange. A patto di un
annullamento della pena, Nicholas decide di accettare
l’offerta.
Seguendo le direttive dell’agente
Carol Barrett, Nicholas inizia dunque ad indagare
sul misterioso hacker, cercando di scoprirne l’identità prima che
questi possa spezzare i delicati equilibri tra la Cina e gli Stati
Uniti. Incentivato dalla possibilità di ottenere la sua libertà,
come anche dal sentimento che sviluppa per Lien
Chen, Nicholas farà di tutto pur di conquistarsi una nuova
vita. Per riuscirci, però, si troverà a dover fare i conti con il
caso più complesso in cui si sia mai imbattuto. Il peso della pace
internazionale grava interamente sulle sue spalle e più passa il
tempo più Nicholas rischia di rimanerne schiacciato in modo
irrimediabile.
La spiegazione del finale del
film
Nel
terzo atto di Blackhat, l’indagine di Nicholas
Hathaway si sposta definitivamente a Jakarta, dove il protagonista
intuisce il vero piano del misterioso hacker Sadak. Le precedenti
incursioni informatiche, compreso l’attacco alla centrale nucleare,
non erano che una prova generale per un colpo più grande: sabotare
una diga in Malesia e allagare diverse miniere di stagno, così da
manipolare il mercato delle materie prime e arricchirsi. Per
contrastare questa minaccia, Hathaway decide di spostare la partita
sul piano finanziario, svuotando i conti del criminale e
costringendolo a un faccia a faccia. È una mossa rischiosa, che lo
espone a una trappola tanto prevedibile quanto inevitabile.
L’incontro avviene in un parco, durante una processione religiosa
affollata, ma Sadak e il suo braccio destro Kassar non rispettano i
patti e arrivano scortati da diversi uomini armati. Hathaway,
preparatosi con un’improvvisata armatura e armi artigianali,
dimostra di non aver mai smesso di pensare come un sopravvissuto.
Dopo essere stato perquisito da Kassar, riesce a sorprenderlo e
ucciderlo in uno scontro ravvicinato. Da lì la sequenza esplode in
una scarica di violenza improvvisa: Hathaway viene ferito più
volte, ma resiste, affrontando i sicari di Sadak in una lotta
disperata che culmina nell’eliminazione dello stesso hacker,
pugnalato a morte in un corpo a corpo tanto fisico quanto
simbolico. Ferito ma vivo, Hathaway riesce a ricongiungersi con
Lien, e i due lasciano l’Indonesia insieme.
Il
finale, pur essendo adrenalinico e costruito come un classico
showdown “manniano”, lascia trasparire più di una semplice
conclusione action. Il corpo martoriato di Hathaway diventa il
segno tangibile di quanto sia costato affrontare una minaccia che
non ha volto, se non quello che assume nel momento dello scontro
diretto. Mann sembra dirci che dietro l’astrazione del cybercrime
esiste sempre una mano, un corpo, una volontà che deve essere
smascherata e affrontata, anche a costo di passare attraverso il
dolore e la violenza. La lotta fisica, in questo senso, è un
ritorno al primitivo, un modo per restituire concretezza a un
conflitto che fino ad allora si era giocato nell’invisibile mondo
dei codici e dei flussi digitali.
Dal punto di vista emotivo, il finale non è catartico, ma amaro.
Hathaway sopravvive, ma perde tutti gli alleati lungo il cammino,
da Chen Dawai fino agli agenti che lo avevano supportato. Rimane
soltanto il legame con Lien, che diventa la sua ancora di salvezza
e il punto da cui ricominciare. L’eroismo del protagonista non
porta a un trionfo netto, ma a una fuga silenziosa, quasi
clandestina, segnata dalle cicatrici fisiche e psicologiche. Lo
spettatore resta con l’impressione che, pur avendo sventato la
minaccia immediata, Hathaway sia condannato a vivere sempre in
fuga, portando sulle spalle il peso delle sue scelte.
Cosa ci lascia il finale
di Blackhat
In
ultima analisi, il messaggio che Blackhat lascia è
quello di un mondo in cui il confine tra giustizia e illegalità,
tra lealtà e tradimento, è sempre più sottile. Hathaway è un hacker
che lotta contro un hacker, un uomo che usa gli stessi strumenti
del nemico per fermarlo, muovendosi in una zona grigia che riflette
l’ambiguità del presente. Il film non offre risposte consolatorie:
ci mostra invece la vulnerabilità dei sistemi globali e la
fragilità degli individui che cercano di opporsi a minacce
invisibili. Nel suo epilogo, Mann ribadisce la sua visione di
sempre: in un mondo dominato da forze più grandi di noi, l’unica
cosa che resta è la capacità dell’uomo di resistere, anche quando
tutto sembra perduto.
Colpevole d’innocenza (Double
Jeopardy) è un thriller giudiziario del 1999 con Ashley
Judd e
Tommy Lee Jones. Il trailer presenta
il personaggio interpretato dalla Judd, Libby Parsons, una donna in
prigione per un crimine che non ha commesso: l’inesistente omicidio
di suo marito Nick.
Una delle compagne di cella di
Libby le dà un consiglio legale interessante: se lo Stato sostiene
che Libby abbia già ucciso suo marito, non può condannarla una
seconda volta. Libby è libera di uccidere Nick quando uscirà di
prigione e le autorità non potranno fare nulla al riguardo.
Come viene rappresentata la
clausola del doppio giudizio nel film?
Dopo essere stata
falsamente accusata e ingiustamente condannata per l’omicidio
di Nick, Libby scopre che lui stava solo fingendo la sua morte.
Quando finalmente viene rilasciata sulla parola, decide di cercare
suo figlio e di regolare i conti con Nick. A un certo punto gli
dice: “Potrei spararti in mezzo al Mardi Gras e loro non potrebbero
toccarmi”.
Il doppio giudizio è
reale?
Il divieto di doppio giudizio è
reale. Il governo non può perseguire qualcuno più di una volta per
lo stesso reato. Ma, in questo caso, se Libby uccidesse Nick una
volta uscita di prigione, non sarebbe lo stesso omicidio che l’ha
mandata in prigione in primo luogo. Certo, la vittima è la stessa,
ma i presunti omicidi sarebbero avvenuti in momenti e luoghi
diversi: non si tratta dello stesso reato.
Ci rivolgiamo a Hollywood per la
fantasia, e la premessa giuridica alla base del film Double
Jeopardy è proprio questo: una fantasia.
Si può essere accusati di
omicidio senza un cadavere?
Un’altra questione legale che
alcuni spettatori di Colpevole d’innocenza (Double
Jeopardy) potrebbero porsi è se Libby avrebbe potuto
essere condannata per omicidio in primo luogo se il corpo di Nick
non fosse mai stato ritrovato. E anche se è difficile condannare
qualcuno per omicidio senza un cadavere, è possibile. I pubblici
ministeri utilizzano prove
indiziarie, ad esempio il fatto che la vittima sia scomparsa da
tempo e non abbia mai contattato i propri cari, per dimostrare che
la vittima è morta.