Tra gli ultimi film attesi alla
Mostra del Cinema di Venezia 2022 c’è Blonde,
che sarà presentato in anteprima questa sera, prima che il Leone
d’oro venga assegnato il 10 settembre, data conclusiva del
festival. Girato da Andrew Dominik e con
protagonisti
Ana de Armas,
Adrien Brody, Bobby
Cannavale, Xavier Samuel,
Julianne Nicholson e Lily Fisher,
Blonde riadatta l’omonimo best-seller di
Joyce Carol Oates, che ripercorre audacemente la
vita di una delle icone intramontabili di Hollywood,
Marilyn Monroe. Dalla sua infanzia precaria come
Norma Jeane, fino alla sua ascesa alla fama e agli
intrecci sentimentali, Blonde
confonde i confini tra realtà e finzione per esplorare la
crescente divisione tra il suo io pubblico e quello privato.
Proprio il regista del film
Andrew Dominik e
Ana de Armas assieme al cast di Blonde,
approdato oggi al Lido, ci hanno parlato di questo impegnativo
progetto, a lungo in cantiere e che si propone come una
rielaborazione audace e fittizia di una delle biografie divistiche
più struggenti di sempre.
Ana de Armas ha raccontato il suo viaggio in
Blonde attraverso
le due “facce” della diva, persona e personaggio,
Norma e Marilyn. “Per la
maggior parte del tempo, sono Norma, la storia è innanzitutto sua.
Poi, ovviamente, Marilyn inizia a prendere il sopravvento. Hanno
entrambe bisogno l’una dell’altra, sono complementari. Grazie a
questo progetto ho imparato a mostrare ancora più empatia e
rispetto nei confronti degli attori che si trovano costantemente
sotto i riflettori, ho capito quanto questa situazione possa farci
male, nessuno è preparato a gestire tutta questa pressione, al
fatto che la gente proietti su di te quello che vuole. Ho imparato
anche a proteggermi ancora di più. Lei ha fatto tutto ciò che ha
potuto”.
Adrian Brody, che
nel film interpreta una rielaborazione del dramamturgo
Arthur Miller, ha poi affermato di essersi sentito
onorato di poter prendere parte a questo progetto, che denuncia
“tutto quello che hanno dovuto sopportare le donne per lungo
tempo. Sono molto consapevole della netta divisione tra
l’adulazione del pubblico nei confronti di Marilyn e di ciò che lei
voleva essere veramente, anche dal punto di vista creativo e
attoriale. Tanti artisti si sentono così, in un certo senso. Questo
tormento interiore e i traumi irrisolti del suo passato non l’hanno
mai abbandonata“.
Andrew Dominik ha
spiegato in maniera concisa quali sono stati i punti cruciali di
questo progetto, primo fra tutti la sensazione che
Marilyn fosse fisicamente presente attorno a loro
sul set di Blonde
e che anche la sua aura potesse, in qualche modo, prendere parte a
questa fantasia. “Marilyn era sul set con noi. Abbiamo girato
proprio nella stanza da letto in cui è morta, è stato così
difficile riuscire ad avervi accesso. Quando abbiamo terminato le
riprese, tutti se ne sono andati e io mi sono sdraiato sul suo
letto per dieci minuti. Ho avvertito una disperazione assoluta
nella stanza, riuscivo a sentire sia la persona, Norma, che il
personaggio, Marilyn, tutto unito in una sorta di comunicazione
psichica”.
“Non penso che il mio film sia
originale. La maggior parte del materiale (libri, ecc) che hanno
rielaborato la storia di Marilyn sono sempre fantasie rischiose.
Anche il mio film è una fantasia rischiosa. Marilyn è un
personaggio verso cui proviamo tanti sentimenti, specialmente le
donne: rappresenta la femminilità, ma anche il sentirsi incomprese,
chiamate pazze…c’é un sentimento di sorellanza tra noi e Marilyn.
Era l’Afrodite del 20esimo secolo. Aveva tutto ciò che la società
ci impartisce di desiderare, perciò nella parabola di Marilyn
possiamo capire che in realtà c’è qualcosa di sbagliato in quello
che vorremmo”.
Ma cosa significa
Marilyn per Andrew Dominik?
Perchè il regista ha avuto in mente il progetto di Blonde
da tantissimi anni? “Marilyn rappresenta la mia fantasia, la
donna che porto dentro di me, quella che Freud chiamava anima,
qualcosa di totalmente diverso da quello che lei è effettivamente
stata. Io la amo, amo la vera persona che era. Ma la vera persona è
stata la Marilyn gioiosa, quella preoccupata….una miscela di tutti
questi stati d’animo che mi fa credere, a volte, di
conoscerla”.
L’accento è stato poi posto
sull’utilizzo dei colori e del bianco e nero in base a sequenze
specifiche, proiezioni o meno di ciò che
Norma/Marilyn immagina. “Abbiamo ricreato a
colori specialmente le immagini di lei che abbiamo in mente e che
esistono. La verità è che l’uso del bianco e nero segue un’idea
precisa: il voler creare un’associazione tra ciò che conosciamo di
lei, cambiandone però il significato. Così, un ricordo romantico
che abbiamo di Marilyn, qui può non essere un’immagine romantica.
Il film è sempre dalla sua parte, gli unici sentimenti che gli
interessano sono i suoi”.
Anche il concetto e il rapporto di
Marilyn con la maternità sono parte fondante del
viaggio di Blonde
nella psiche di Marilyn: “Marilyn deve
dialogare con questa maternità mai raggiunta. Il bambino è per lei
vero tanto quanto ogni altra persona nel film, per questo dovevamo
rappresentarlo. Si muovono due forze opposte nei confronti della
maternità: da una parte, vuole rielaborare il trauma della sua
infanzia e infondere amore a una nuova creatura, dall’altro,
l’unica esperienza della maternità che ha conosciuto è stata quella
terribile di sua mamma, quindi, ha paura”.
Andrew Dominik ha
inoltre dichiarato che Blonde
non sarebbe mai potuto esistere senza Brad Pitt,
che figura come produttore del film con la sua casa di produzione
Plan B. “Brad è il migliore amico che un
regista potrebbe desiderare, è una delle ragioni fondamentali per
cui questo film esiste. Ha messo più impegno nella realizzazione di
Blonde, rispetto a tutti i film in cui ha lavorato con
me”.
Blonde
sarà disponibile su Netflix
dal 29 settembre 2022.