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Chris Evans commenta il possibile futuro di Captain Carter nel MCU

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Durante un’intervista con MTV News, a Chris Evans è stato chiesto la sua opinione su Captain Carter di Hayley Atwell vista in Doctor Strange nel Multiverso della Follia. Evans ammette di non aver visto il film di Sam Raimi, ma si è speso in grandi elogi per la collega, con cui ha lavorato diverse volte nel corso della sua presenza nel MCU.

“Non ho ancora visto [Doctor Strange nel Multiverso della Follia], ma l’ho sentito, ho sentito che c’è anche lei. Voglio dire, è perfetta per questo… È davvero una delle migliori attrici con cui abbia mai lavorato e uno degli esseri umani più adorabili. Quindi, non potrei essere più felice per lei.”

Ricordiamo che il personaggio ha esordito nel primo episodio di What If…? per poi palesarsi in carne e ossa, anche se solo per una breve scena, in Doctor Strange nel Multiverso della FolliaSperiamo che il suo futuro le consenta di riportare, al cinema o in tv, sia il Capitano che l’Agente Carter.

Doctor Strange nel Multiverso della Follia: recensione del film con Benedict Cumberbatch

Doctor Strange nel Multiverso della Follia vedrà Benedict Cumberbatch tornare nel ruolo di Stephen Strange. Diretto da Sam Raimi, il sequel vedrà anche Wanda Maximoff/Scarlet Witch (Elizabeth Olsen) assumere un ruolo da co-protagonista dopo WandaVision.

La sceneggiatura del film porterà la firma di Jade Bartlett e Michael Waldron. Oltre a Cumberbatch e Olsen, nel sequel ci saranno anche Benedict Wong (Wong), Rachel McAdams (Christine Palmer), Chiwetel Ejiofor (Karl Mordo) e Xochitl Gomez (che interpreterà la new entry America Chavez). Nel cast è stato confermato anche Patrick Stewart nel ruolo di Charles Xavier. Doctor Strange nel Multiverso della Follia è al cinema dal 4 maggio 2022. Le riprese sono partite a Londra a novembre 2020 e avranno luogo anche a New York, Los Angeles e Vancouver. Nel sequel dovrebbe apparire in un cameo anche Bruce Campbell, attore feticcio di Sam Raimi. Al momento, però, non esiste alcuna conferma in merito.

Black Phone: recensione dell’horror con Ethan Hawke

Black Phone: recensione dell’horror con Ethan Hawke

Un’ambientazione vintage e decadente, un gruppo di ragazzini disturbati e un paio di adulti troppo violenti. Balck Phone è il nuovo film horror del regista Scott Derrickson (Ultimatum alla Terra, Liberaci dal male), disponibile nelle sale dal 23 giungo.

Dopo aver preso una pausa dal mondo dell’orrore con Doctor Strange (2016), Derrickson torna nella sua comfort zone con un lungometraggio intrigante e angoscioso. Collaborando nuovamente con Ethan Hawke (Sinister), il regista mette in piedi una storia che fa tremare ma che è anche in grado di coinvolgere chi non ha troppa confidenza con il mondo dell’orrore.

Black Phone: la trama del film horror

L’ordinarietà all’inizio di Black Phone è di per sé già uno scenario spaventoso, ma il film scende ancora più in basso. Finney Shaw è un timido ragazzino di 13 anni. Vive con il padre violento e la sorellina minore Gwen nella provincia americana. La loro cittadina, apparentemente tranquilla, è in realtà lo scenario in cui si muove un misterioso rapitore di ragazzini: The Grabber (Ethan Hawke). Dopo la scomparsa di un paio di compagni di scuola, anche Finney resta vittima del serial killer. Rapito in pieno giorno, Finney viene rinchiuso in un seminterrato semivuoto: una piccola finestra, un materasso e un telefono disconnesso sono tutto ciò che The Grabber ha lasciato nella stanza. Sorprendentemente, il telefono inizia a suonare: attraverso esso, Finney riesce ad avere conversazioni ultraterrene con le precedenti vittime dell’assassino.

I suggerimenti ricevuti attraverso il telefono e i sogni mistici della sorellina di Finney sembrano essere le uniche strade percorribili per tentare il disperato salvataggio del ragazzo prima che The Grabber scateni la sua ira…

Il sovrannaturale come unica opzione

Black Phone mostra una corsa paranormale contro il tempo. Inizialmente, i collegamenti con l’ultraterreno di Finney e Gwen vengono sminuiti dagli adulti, soprattutto dal loro padre alcolizzato e violento (Jeremy Davies). Gradualmente però, la polizia si rende conto che la razionalità utilizzata nell’indagine non riesce a comprendere l’assurdità dei rapimenti di The Grabber. Sono proprio le forze dell’ordine a chiedere aiuto a Gwen e a fare appello ai suoi sogni paranormali. Per quanto assurda, la strada percorsa dai due fratellini diventa minuto dopo minuto l’unica realmente utile alle indagini.

Angoscia e paura, ma non solo

Black Phone recensione filmDi base, il film ha una trama sostanziosa. Tratto dal racconto The Black Phone di Joe Hill (il figlio del celebre scrittore Stephen King), il lungometraggio non è il classico jump stare movie privo di senso e costruito solo su scene ”da brividi”. Ci sono in Black Phone una serie di momenti spaventosi che gli amanti dell’horror apprezzeranno, ma in sostanza il film è un thriller intrigante e coinvolgente. L’angoscia dilagante è generata principalmente dalla storia di base e gli attimi terrificanti sono delle aggiunte centellinate e ben dosate. Per questo motivo, il film può essere apprezzato da un pubblico ampio e variegato.

La recitazione eccellente del cast di Black Phone

Un complimento al cast del film è necessario. Ethan Hawke (Rapina a Stoccolma, Moon Knight), per la maggior parte del tempo nascosto dietro ad una maschera, è perfetto nella parte dello psicopatico killer bipolare. Non potendo usare il proprio volto, Hawke si serve della voce e del corpo per generare angoscia nelle sue vittime come nello spettatore. Muovendosi nell’ombra e sussurrando con voce falsamente accomodante, l’attore riesce benissimo a creare un’atmosfera tesa. Finney e il pubblico sanno che la bestia dentro di lui potrebbe esplodere da un momento all’altro e, proprio per questo, hanno una paura folle.Black Phone recensione filmOltre al grande nome dietro al carnefice al centro del film, i due giovani interpreti non sono da meno. Mason Thames (Finney) riesce bene nella parte del ragazzino timido e insicuro, sensibile e per questo bullizzato. Vedere la trasformazione del personaggio in una situazione ai limiti della sopravvivenza è davvero avvincente. Non è da meno Madeleine McGraw, la giovane attrice che interpreta Gwen Shaw: il suo personaggio è forse quello più stratificato, alle prese con un padre violento, dei sogni ingombranti e un fratello scomparso. Su di lei gravano tutte le pressioni degli adulti attorno. L’emotività della ragazzina viene resa perfettamente dall’attrice, in grado di passare dal riso al pianto senza mai sembrare forzata. In generale, gli interpreti più giovani sono la nota di vanto del film.

Un’ambientazione retrò

Black Phone è un film piacevole da vedere anche a livello di estetica. C’è uno stile riconoscibile all’interno delle varie scene. Il direttore della fotografia Brett Jutkiewicz sceglie un’ambientazione vintage dalle tinte ocra e grigie che si dimostra lo scenario ideale per una storia di paura. Sicuramente, la collaborazione con Blumhouse, noto marchio del genere horror, ha dato la spinta giusta in termini di immagini ben costruite. Niente sembra troppo finto o assurdo.

In conclusione, Black Phone è un film horror che si distingue nel panorama attuale. Staccandosi dallo stereotipo del film a basso budget, costruito su carneficine e grida, il regista riesce a generare angoscia in modo autentico: attraverso una storia da brividi che, per molti aspetti, risulta plausibile e reale. La paura scaturisce dalle scene senza essere forzata. Fin dai titoli di testa, Derrickson rende perfettamente l’idea alla base del film: anche nell’ordinarietà quotidiana, possono nascere situazioni da panico.

Amuka: recensione del docu-film sul Congo

Amuka: recensione del docu-film sul Congo

Amuka, il documentario diretto da Antonio Spanò, mostra uno spaccato della vita quotidiana dei contadini congolesi. Il film, presentato al Festival Cinema e Ambiente di Avezzano, porta luce sulla contraddittorietà di un paese rigoglioso e povero.

Amuka – Il Risveglio dei Contadini Congolesi

Il Congo potrebbe nutrire 3 miliardi di persone ogni anno. Oggi 13 milioni di congolesi soffrono la fame.
Amuka segue la vita di alcuni contadini e allevatori congolesi: ad ogni soggetto e ad ogni storia viene dedicato un capitolo. Ci sono produttrici di olio di palma, allevatori di bovini, chi possiede piantagioni di caffè. Tutti i protagonisti del documentario vivono in un paradosso: hanno a disposizione le materie prime, ma non dispongono dei mezzi e degli acquirenti necessari per sfruttarle fino in fondo. Molte delle industrie occidentali presenti nel paese fino a qualche anno fa, hanno abbandonato la produzione in Congo a causa delle continue crisi di governo. Al momento infatti, buona parte della popolazione vive ai limiti della povertà e, per quanto disposta a reinventarsi a e lavorare, sembra avere poche possibilità per migliorare le proprie condizioni di vita.

Uno spaccato amaro e diretto del Congo

Antonio Spanò propone un ritratto della situazione economica e politica attuale del Congo. In Amuka, fa parlare la popolazione locale: prende i casi singoli e, attraverso i loro nomi e le loro storie, parla di una condizione generale che opprime l’intero paese. Le immagini illustrano la vita quotidiana dei contadini e degli allevatori. Uomini e donne di tutte le età, lavoratori del presente e del passato, tutti prendono parola e contribuiscono al film.

Immagini vere e riprese sporche

Il racconto che viene fatto è estremamente sincero. I dialoghi originali e spontanei tra i contadini – Spanò evita di inquadrare l’intervistatore – danno l’impressione di catapultarsi all’interno di una quotidianità non costruita. Inoltre, i colori dominano il documentario: dagli abiti ai paesaggi, c’è la sensazione di immergersi in un mondo che può offrire tanto. La rigogliosità delle immagini è in contrasto con la povertà che si scaturisce dalle scene e che si sente nei dialoghi: i prezzi bassissimi dei prodotti, le discussioni sui costi della forza lavoro, le difficoltà per trovare un acquirente fanno riflettere sulla stasi economica del paese.

In conclusione, Amuka è un documentario ben fatto che non vuole mostrare in modo acritico la vita esotica di un popolo a noi lontano. Al contrario, sceglie di veicolare una protesta sulla condizione dei contadini congolesi attraverso immagini potenti. Le storie singole si uniscono alla storia del paese, il paesaggio si mescola ai luoghi abitati, portando sulla scena le diverse sfumature di un paese che, se ben sfruttato, potrebbe offrire tanto.

Paul Haggis arrestato, l’accusa è di violenza sessuale

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Paul Haggis arrestato, l’accusa è di violenza sessuale

Lo sceneggiatore e regista canadese premio Oscar Paul Haggis è stato arrestato a Ostuni, con l’accusa di violenza sessuale e lesioni personali aggravate presumibilmente inflitte a una donna ancora non identificata che ha sporto denuncia.

Secondo numerosi resoconti e una nota della Procura di Brindisi, Haggis è accusato di aver costretto una giovane donna straniera ad avere rapporti sessuali nel corso di due giorni ad Ostuni, mentre doveva tenere diverse masterclass all’Allora Fest, che si terrà a Ostuni dal 21 giugno al 26 giugno.

Silvia Bizio, organizzatrice dell’evento, ha confermato a Variety che Paul Haggis è in arresto. In una dichiarazione di Allora Fest ha affermato di aver “appreso con sgomento e shock la notizia che Paul Haggis è in custodia per presunte violenze”.

I direttori del festival “hanno immediatamente provveduto a rimuovere qualsiasi partecipazione del regista dall’evento” e “allo stesso tempo, esprimono piena solidarietà alla donna coinvolta”, hanno aggiunto. “I temi scelti per il festival sono, tra gli altri, quelli dell’uguaglianza, dell’uguaglianza di genere e della solidarietà. In quanto professionisti e donne, sono costernate e sperano che il festival contribuisca a promuovere maggiori informazioni e consapevolezza su una questione così attuale e sempre più urgente”, ha proseguito la nota.

Secondo un rapporto della polizia, la presunta vittima, dopo essere stata aggredita, è stata portata da Paul Haggis all’aeroporto di Brindisi e lì è partita domenica mattina alle prime luci dell’alba, nonostante le sue “precarie condizioni fisiche e psicologiche”.

In aeroporto la donna, che versava in uno “stato di confusione” è stata assistita dal personale aeroportuale e dalla polizia di frontiera che, dopo averle prestato i primi soccorsi, l’ha accompagnata negli uffici della squadra mobile di polizia. Gli agenti di polizia hanno poi portato la donna all’ospedale A. Perrino di Brindisi, dove è stato messo in atto il cosiddetto “protocollo rosa” per le vittime di stupro. Successivamente, la donna ha sporto formale denuncia contro Haggis.

Paul Haggis è stato citato in giudizio nel 2018 dalla pubblicista Haleigh Breest, che ha affermato di essere stata violentemente violentata dopo una prima nel 2013. La causa ha spinto altre tre donne a farsi avanti con le proprie accuse di cattiva condotta sessuale contro Haggis, che ha negato con veemenza le affermazioni. Il processo è ancora pendente, a causa dei ritardi dovuti al COVID.

Hancock: trama, cast e curiosità sul film con Will Smith

Hancock: trama, cast e curiosità sul film con Will Smith

Chi l’ha detto che i supereroi devono essere personalità senza macchia e dotati di sole virtù come Captain America o Superman? Se oggi il lato negativo e umano dei supereroi è stato ampiamente esplorato grazie a film come Glass, Watchmen o con serie come The Boys e Jupiter’s Legacy, un vero e proprio precursore a riguardo, uscendo in sala nel 2008 (stesso anno di distribuzione di Iron Man, primo film del MCU), è Hancock, lungometraggio scritto da Vy Vincent Ngo e Vince Gilligan (ideatore di Breaking Bad) e diretto da Peter Berg (regista noto per gli action Lone Survivor e Boston – Caccia all’uomo).

Questo presenta infatti un supereroe che non si riconosce come tale, con problemi legati all’alcol e un’esistenza condotta come fosse un senzatetto. Ma come noto, da grandi poteri derivano grandi responsabilità, e anche tale controverso personaggio è infine chiamato a fare la sua parte. La storia, scritta nel 1996, è per anni stata in cerca del via libera alla sua realizzazione. Diversi registi e produttori si sono avvicendati al suo comando, tra cui anche l’italiano Gabriele Muccino. Trovata infine la squadra giusta, Hancock si concretizzò con un budget di 150 milioni di dollari, rappresentando il primo film con effetti speciali per Berg.

Data la natura comica e controversa del protagonista, il film si affermò come un autentico successo, guadagnando circa 630 milioni di dollari a livello globale. Ancora oggi è uno dei film di supereroi dal maggior incasso di sempre, ed è ricordato con entusiasmo dai fan di questa particolare tipologia di supereroi. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e al suo sequel. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Hancock: la trama del film

Protagonista del film è Hancock, un supereroe irritabile e detestato da tutti, con evidenti problemi di alcolismo. Anche quando cerca di fermare il crime che imperversa per le strade di Los Angeles, i suoi modi di fare poco ortodossi e del tutto disorganizzati non mancano di generare una serie di ulteriori problemi. Per questo motivo, per i cittadini egli è visto più come una minaccia che non come una fonte di sicurezza. Hancock, tuttavia, non dimostra nessun interesse per l’opinione altrui, anzi, manifesta uno sprezzante disinteresse anche per le numerose convocazioni in tribunale, a cui non si presenta mai. Le cose per lui, sono però pronte a cambiare radicalmente.

Un giorno egli si trova infatti a salvare Ray Embrey, il quale era rimasto bloccato con la propria auto sulle rotaie di un treno in arrivo. L’uomo, che lavora nel settore pubblicitario, si offre di curare l’immagine del supereroe, cercando così di riabilitare la sua presenza agli occhi della città. Hancock non è però minimamente interessato alla cosa, ma dopo una lunga riflessione decide di accettare l’aiuto. A spingerlo in tale direzione è soprattutto l’incontro con Mary, la moglie di Ray, la quale sembra avere qualcosa da nascondere. Hancock, infatti, soffre di una profonda amnesia, che non gli permette di ricordare molta della sua vita. La presenza di Mary potrebbe rappresentare la soluzione a riguardo.

Hancock cast

Hancock: il cast del film

Nonostante diversi attori siano stati considerati per il ruolo di Hancock, la prima ed unica scelta possibile per i gli autori era l’attore Will Smith. Attratto dalla natura dissacrante del personaggio, questi accettò da subito di interpretarlo. Grande appassionato di wrestling, l’attore ha descritto Hancock come il celebre lottatore Steve Austin ma con i supereroi. Per il ruolo, inoltre, egli si è sottoposto ad un duro allenamento fisico, che lo ha portato ad acquisire la massa muscolare necessaria a poter interpretare molte delle scene più complesse. Per dare un aspetto realistico al suo volo, Smith venne spesso sospeso tramite fili a 18 metri dal suolo e spinto a circa 70 chilometri orari.

Nei panni di Ray Embrey, invece, si ritrova l’attore Jason Bateman, noto per i film Juno e Tre le nuvole. L’attore ha interpretato il personaggio rendendolo un uomo comune capace di vedere sempre il lato positivo delle cose. Per il ruolo di sua moglie Mary, Smith aveva inizialmente richiesto l’attrice Aishwarya Rai Bachchan, ma a causa di altri impegni questa non poté prendere parte al film. Al suo posto è subentrata l’attrice Charlize Theron, la quale si è dichiarata entusiasta di interpretare un ruolo tanto diverso e dinamico rispetto ai suoi precedenti. L’attore Eddie Marsan, infine, è Kenneth “Red” Parker Jr., rapinatore di banche e villain del film. Provenendo da film dal piccolo budget, Marsan dichiarò di essere rimasto sconvolto dal set di Hancock.

Hancock: il sequel, il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

Precedentemente all’uscita del film, il regista del film affermò che se Hancock si fosse rivelato un buon successo sarebbe stato certamente realizzato un suo sequel. Il successo poi arrivò, ma del promesso seguito non vi è ad oggi ancora traccia. Nel corso degli anni gli sceneggiatori hanno rivelato di star lavorando ad una nuova storia, mentre gli attori protagonisti si sono dichiarati disponibili a riprendere i rispettivi ruoli e approfondire le storie dei loro personaggi. Ad oggi, però, sono molte poche le notizie rilasciate, che non lasciano speranze all’idea di vedere nuovamente Hancock protagonista al cinema. Nel 2020, la Theron ha infatti affermato che non vi erano stati progressi significativi a riguardo.

Nella speranza di poter un giorno vedere il suo sequel, è intanto possibile fruire del film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Hancock è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes, Netflix, Tim Vision e Amazon Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di sabato 18 maggio alle ore 21:15 sul canale TV8.

Fonte: IMDb

 

Nastri d’Argento 2022: il premio cameo dell’anno a Drusille Foer

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Nastri d’Argento 2022: il premio cameo dell’anno a Drusille Foer

È di Drusilla Foer, nel film Sempre più bello il ‘cameo dell’anno’ ai Nastri d’Argento che concludono lunedì sera a Roma, al MAXXI la 76.ma edizione. Una nonna decisamente originale e irresistibile nel suo stile ormai familiare al grande pubblico: “anaffettiva, difficoltosa, inaridita dalla propria vita”, come proprio lei l’aveva definita in occasione del lancio del film. In un cameo aggiunge il nome di Drusilla, ormai popolarissima ma decisamente inedita tra i protagonisti del cinema, ad un palmarès che ha premiato nel tempo personaggi come Adriano Panatta per La profezia dell’armadillo di Emanuele Scaringi, Barbara Alberti per La dea Fortuna di Ferzan Özpetek e un anno fa, nel cast dei Moschettieri di Giovanni Veronesi, la voce dei Negramaro, Giuliano Sangiorgi.

Mai come quest’anno grande attenzione dei Giornalisti Cinematografici per i giovani attori – scelti dal Direttivo Nazionale che ha selezionato le candidature – che saranno premiati lunedì sera insieme ai vincitori decretati dal voto di circa 100 giornalisti specializzati. Sono con i Premi Guglielmo Biraghi per gli esordienti Filippo Scotti, protagonista del film scritto e diretto da Paolo Sorrentino È stata la mano di Dio e la rivelazione di Una femmina (soggetto di Lirio Abbate e Edoardo De Angelis e presentato alla Berlinale nella sezione Panorama), opera prima di Francesco Costabile tra le più interessanti dell’anno, Lina Siciliano.

Nastri d’Argento 2022: tutti i nominati

A loro si aggiunge il premio a Giulia di Ciro De Caro che è il film più coraggiosamente indipendente e a basso costo dell’intera selezione 2021-2022, riconoscimento collettivo condiviso con la Fondazione Claudio Nobis per i giovani.

Il premio alla più giovane di tutti va a Swamy Rotolo, la protagonista del film di Jonas Carpignano A Chiara che riceverà lunedì sera il riconoscimento intitolato a Graziella Bonacchi. È il premio che segnala ogni anno, insieme ai Nastri d’Argento, una ‘scoperta’ particolarmente interessante, scelta insieme ai giornalisti proprio dagli esordienti di ieri, lanciati da Graziella, straordinaria agente di un’intera generazione di talenti tra i più affermati di oggi che il Premio ricorda così da quando ci ha lasciato troppo presto.

Don’t Make Me Go, il trailer del nuovo film Prime Video

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Don’t Make Me Go, il trailer del nuovo film Prime Video

Ecco il trailer di Don’t Make Me Go, il nuovo film Prime Video disponibile sul servizio di streaming a partire dal 15 luglio.

Diretto da:  Hannah Marks
Scritto da: Vera Herbert
Prodotto da: Donald De Line, Leah Holzer, Peter Saraf
Con: John Cho, Mia Isaac, Mitchell Hope, Jemaine Clement, Stefania LaVie Owen, Kaya Scodelario

Don’t Make Me Go, la trama

Quando Max (John Cho), padre single, scopre di avere una malattia terminale, nel tempo che gli resta decide di provare a fare il pieno di tutti quegli anni di amore e supporto che non potrà vivere con la figlia adolescente Wally (Mia Isaac). Con la promessa di fare le lezioni di guida tanto attese, convince Wally ad accompagnarlo in un viaggio dalla California a New Orleans per la rimpatriata dei vent’anni dalla laurea con gli ex compagni di college, dove spera segretamente di farla ricongiungere alla madre, che molto tempo prima li ha abbandonati. In un viaggio originale ed emozionante, ricco di coraggio e ironia, Don’t Make Me Go esplora il legame indissolubile ed eterno tra un padre e una figlia, raccontato dal punto di vista di due generazioni.

Hill of Vision, recensione del film di Roberto Faenza

Hill of Vision, recensione del film di Roberto Faenza

Il nuovo film di Roberto Faenza esce in sala il 16 giugno. Si tratta di Hill of Vision, la storia pazzesca di un bimbo italiano analfabeta e scampato alle bombe della Seconda Guerra Mondiale che diventa un genetista e nel 2007 riceve il premio Nobel per la medicina.

Il regista, che è anche sceneggiatore e insegnante, ha una carriera cinematografica che affonda le sue radici nei suoi primi vent’anni di vita, e che gli ha fatto aggiudicare riconoscimenti di ogni sorta, tra cui diversi David di Donatello, Nastri d’argento e Globo d’oro.

Lo sguardo verso i più giovani, specialmente per le storie che partono dalle situazioni più drammatiche, lo hanno interessato più di una volta (Jona che visse nella balena, Un giorno questo dolore ti sarà utile), per quanto, a onor del vero, la varietà di tematiche e di tipologie di racconti affrontati da Roberto Faenza, siano decisamente eclettici.

Hill of Vision, la storia di Mario Capecchi

La storia di Hill of Vision nasce per caso. Un giorno, la produttrice Elda Ferri legge una notizia riguardante lo scienziato Mario Capecchi: avrebbe donato a un museo di Kyoto il suo amato cappello. Cosa significava un cappello per un uomo tanto famoso, colto e geniale? La decisione di approfondire il fatto e di intervistare il premio Nobel vengono da sé.

Così nasce il film sull’infanzia di Mario Capecchi diviso in due parti, in cui nella prima si racconta come è sopravvissuto ai bombardamenti in Italia, dove ad interpretare il piccolo protagonista è Lorenzo Ciamei, con Francesco Montanari che fa il papà Luciano Capecchi e Rosa Diletta Rossi nei panni di Anna, sua compagna. La seconda parte inizia quando incredibilmente sua madre (Laura Haddock), sopravvissuta ai campi di concentramento, lo viene a prendere in orfanotrofio per portarlo negli Stati Uniti e stare lì insieme agli zii (Edward Holcroft ed Elisa Lasowski) che vivono in una comunità di quaccheri.

Una fiaba assurda, per molti aspetti, quella di Mario Capecchi, che Roberto Faenza riporta per immagini con slancio e un sacco di ammirazione, costruendo scenari, ambientazioni e il susseguirsi degli eventi con affettuosa cura e parecchia ingenuità. La storia è sufficiente di per sé a destare le coscienze e soprattutto le speranze, ma il modo in cui viene riprodotta la indebolisce e, a tratti, banalizza.

Nella seconda metà del film ci trasferiamo negli Stati Uniti, Mario è cresciutello ed è il giovane Jake Donald-Crookes a calarsi nel ruolo. Un senso di avventura e di voglia di scoperta dà un po’ di colore alla narrazione, ma resta sempre tutto ben posizionato come in una dolce cartolina anni ’50 ed è necessario uno sforzo in più per focalizzarsi sulla parte importante: i sensazionali fatti storici nella vita di questo preadolescente. Tutti gli attori, durante tutta la durata della pellicola, si spostano come piccole marionette tirate da dei fili (con le sole eccezioni dei genitori di Capecchi, Haddock e Montanari, e Rossi, l’amante del padre) e, purtroppo, la stessa scrittura di alcune scene pare non tenere conto dell’atmosfera e la profondità che sarebbe fondamentale trasmettere.

Un’importante eredità pedagogica

Al netto, dunque, di una scarsa consistenza di carattere di tutto il film, resta l’eredità pedagogica della storia di questo ragazzo, e l’ennesima conferma di quanto sia in grado di fare un giovane quando gli viene trasmesso che è in gamba a prescindere da tutto. Oltre al fatto che, quando nessuno ti capisce, devi trovare qualcuno che finalmente riesca a farlo, e farti guidare da questi nei meandri delle strategie su come stare al mondo.

La cosa bellissima della storia di Mario Capecchi – ed è ammirevole che il regista lo voglia trasmettere nelle scuole – è quanto semplicemente faccia vedere che genio non nasce nessuno, anzi. Ma, a piccoli passi, e anche con la possibilità di cadere più volte, lo si può diventare eccome.

One Earth – Tutto è connesso, recensione del documentario di Francesco De Augustinis

Dalla Cina, il nuovo gigante dell’economia e della produzione agroalimentare, ai laboratori della “food silicon valley” in Olanda, passando per le terre contese delle popolazioni indigene in Brasile, alle minacce globali per la salute umana e alle questioni etiche che stanno alla base del nostro rapporto con la natura: One Earth -Tutto è connesso racconta storie apparentemente distanti tra loro, rivelando paradossalmente come, in questo immenso sistema che poggia su un fragile equilibrio, ogni specifico fenomeno possa avere ripercussioni anche in altre parti della Terra.

Gli allevamenti intensivi di Guangzhou

Il viaggio di Francesco De Augustinis parte dalla conformazione dicotomica di ogni città della Cina, altissimi grattaciali simbolo del pieno boom economico in cui il Paese si ritrova, contrapposti a quartieri squallidi, nelle cui viuzze si tengono mercati in cui è possibile trovare ogni cosa, soprattutto animali domestici e selvatici di ogni genere, che vengono esposti e venduti. La genesi di One Earth comincia proprio qui, tra i mercati nascosti di Wuhan, dove il corona-virus sta facendo un salto di specie: sta passando da un animale all’uomo, il primo contagio della specie umana di Covid-19 che avrebbe causato oltre 1 milione e mezzo di vittime.

La troupe di Francesco di Augustinis sta facendo un breve scalo a Wuhan, diretti a Guangzhou, storicamente una delle capitali commerciali della Cina meridionale, per condurre un’inchiesta sul cibo, in uno degli allevamenti intensivi più tecnologici al mondo. La vera scoperta di questo viaggio documentaristico avrà a che fare con una consapevolezza rinnovata, di come le diverse attività industriali condotte in una megalopoli possano innescare un meccanismo di effetti a catena in tutto il mondo, portando un piccolo e impercettibile avvenimento del mercato di Wuhan a farci soffermare ulteriormente sul tema dell’aumento esponenziale del consumo di carne e di come la crescita degli allevamenti intensivi stia condannando noi e la Terra in maniera irreversibile.

One Earth allevamenti intensivi

Le conseguenze globali della produzione zootecnica

Viste dall’esterno, non sembrano nemmeno fattorie: sono blocchi di cemento, alti diversi piani, nascosti in una sottospecie di grotta al centro di una montagna nel cuore remoto della Cina. All’interno dei palazzoni di Yangxiang si trova una produzione suina iperintensiva, destinata a soddisfare la crescente domanda di carne del popolo cinese. E’ intorno a questa struttura ipertecnologica, simbolo del progresso umano, che si sviluppa una storia che abbraccia i quattro continenti del pianeta e mostra come il sistema alimentare mondiale stia compromettendo in modo irreversibile il fragile equilibrio del pianeta e contribuendo alle attuali crisi mondiali, come il cambio climatico, le epidemie e il crollo della biodiversità.

L’obiettivo di One Earth – Tutto è connesso e del team di Augustinis è quello di mostrare l’urgenza di una ristrutturazione sistemica e totale, che vada a contrastare i fenomeni dell’iperproduzione e dell’iperconsumo, che attualmente esercitano un effetto cruciale sull’equilibrio del pianeta. Le scelte individuali sono in questo senso molto importanti, vuole suggerirci il documentario, ed è certamente necessario educare le nuove generazioni al riguardo. Qualora aumentasse esponenzialmente la fascia di persone disposte a fare quotidianamente scelte biologiche, prima o poi le aziende dovranno adeguarsi e l’opinione pubblica ne sarà influenzata, sostiene Augustinis.

La suddivisione del film in capitoli contribuisce a legittimare la denuncia di One Earth che, in maniera molto intelligente, decide di basarsi sull’espressione dello stesso concetto da prospettive contrastante, per fare emergere le diverse sfaccettature di un tema oggi così delicato. E’ così che la deforestazione, l’aumento delle epidemie e la perdita di accesso al cibo per svariate fasce della popolazione mondiale convergono in un unico documentario, capace di avvicinare a tematiche così attuali anche i più giovani, grazie a una regia asciutta e che predilige la veridicità dei fatti, piuttosto che un insensato sensazionalismo.

Oggi più che mai siamo consapevoli di vivere su un piccolo pianeta, dove ciò che accade in una foresta dall’altra parte del mondo prima o poi ha ripercussioni anche sulla nostra vita quotidiana. One Earth si prefigge di raccontare proprio queste connessioni e, allo stesso tempo, denunciare le tante forme di violenza alla base del modo insostenibile della nostra specie di abitare la nostra unica casa.

Chris Evans e il suo “debito” nei confronti di Robert Downey Jr.

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Chris Evans e il suo “debito” nei confronti di Robert Downey Jr.

In una recente intervista con BuzzFeednell’ambito della promozione di Lightyear – La vera storia di Buzz, Chris Evans ha dichiarato che il suo debito più grande come attore lo deve a Robert Downey Jr., con cui ha condiviso tante volte il set all’interno del Marvel Cinematic Universe.

Interpellato in merito a quale fosse il collega dal quale ha imparato di più, Chris Evans non ha esitato a dire che si tratta proprio di RDJ: “Probabilmente Downey. Sai, lui ha visto un sacco di cose, ne ha passate tante, e ha un talento enorme, saresti un folle a non ascoltare cosa ha da dire!”

Chris Evans: intervista alla nuova voce di Buzz Lightyear

Lightyear – La vera storia di Buzz, il lungometraggio originale Disney e Pixar che segue il leggendario Space Ranger in un’avventura intergalattica, arriverà il 15 giugno nelle sale italiane. La nuova avventura d’azione racconta le origini di Buzz Lightyear, l’eroe che ha ispirato il giocattolo di Toy Story.

Lightyear – La vera storia di Buzz è diretto da Angus MacLane, regista vincitore dell’Annie Award e animatore veterano di Pixar che ha co-diretto Alla Ricerca di Dory del 2016, ed è prodotto da Galyn Susman (il corto Toy Story: Tutto un altro mondo).

Il premiato compositore Michael Giacchino, che ha firmato le musiche di The Batman e Spider-Man: No Way Home, comporrà la colonna sonora di Lightyear – La vera storia di Buzz. Giacchino ha un rapporto di lunga data con Pixar: ha vinto un Oscar, un Golden Globe e un GRAMMY per la colonna sonora originale di Up. Inoltre, la sua filmografia Pixar include, tra gli altri, Gli Incredibili – Una “normale” famiglia di supereroi, Ratatouille, Cars 2, Inside Out, Coco e Gli Incredibili 2.

Thor: Love and Thunder, per Taika Waititi “sarebbe uno spreco non mostrare Chris nudo”

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Il regista Taika Waititi ha rivelato il motivo esilarante della scena di Thor nudo in Thor: Love and Thunder. Durante le sue apparizioni nel MCU, Chris Hemsworth ha continuato a perfezionare il suo fisico, in modo simile a Hugh Jackman quando interpretava Wolverine nel franchise Fox. Tuttavia, dopo gli eventi di Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame, Thor ha preso una brutta piega e il suo fisico muscoloso è stato sostituito con una struttura più robusta, dall’aspetto decisamente diverso. I trailer di Thor: Love and Thunder hanno rivelato che Thor ha perso il suo peso post-Endgame e ora sembra più grande e più forte di prima.

Durante l’attività stampa per Lightyear – la vera storia di Buzz (tramite ComicBook.com), Waititi ha rivelato la ragione esilarante per cui ha scelto di mostrare Thor nudo nel suo prossimo film.

“Sapevamo tutti che volevamo farlo fin dall’inizio. In realtà era nella prima bozza della sceneggiatura e anche Chris era d’accordo. Sai, penso che se tu avessi un corpo come Chris… lo capisce anche lui. Sarebbe solo, sarebbe uno spreco non mostrarlo. Sarebbe un crimine contro l’umanità. Quindi, sai, devi provvedere alle masse.”

Thor: Love and Thunder, il nuovo trailer in italiano

Thor: Love and Thunder è il quarto capitolo sulle avventure del Dio del Tuono nel MCU, ma ad impugnare il Mjolnir stavolta sarà Jane Foster, interpretata di nuovo da Natalie Portman, come confermato sabato durante il panel dei Marvel Studios al Comic-Con. L’uscita nelle sale è fissata invece al 6 Luglio 2022.

Il film segue Thor (Chris Hemsworth) in un viaggio diverso da quelli affrontati fino ad ora, alla ricerca della pace interiore. Ma il suo riposo è interrotto da un killer galattico conosciuto come Gorr il Macellatore di Dei (Christian Bale), che cerca l’estinzione degli dei. Per combattere la minaccia, Thor si affida all’aiuto di Valchiria (Tessa Thompson), Korg (Taika Waititi) e dell’ex fidanzata Jane Foster (Natalie Portman) che, con stupore di Thor, brandisce inspiegabilmente il suo martello magico, Mjolnir, come Mighty Thor. Insieme, intraprendono una sconvolgente avventura cosmica per scoprire il mistero della vendetta di Gorr il macellatore di dei e fermarlo prima che sia troppo tardi.

Taika Waititi tornerà alla regia di Thor: Love and Thunder, un film dei Marvel Studios dopo Thor: Ragnarok, così come Chris Hemsworth e Tessa Thompson riprenderanno i rispettivi ruoli di Thor e Valchiria dopo l’ultima apparizione in Avengers: Endgame. Nel cast anche Christian Bale nei panni del villain Gorr il Macellatore di Dei, e Russell Crowe in quelli di Zeus. L’ispirazione del progetto arriva dal fumetto “The Mighty Thor”, descritto da Waititi come “la perfetta combinazione di emozioni, amore, tuono e storie appassionanti con la prima Thor femmina dell’universo“.

Ezra Miller fuori dal DCEU dopo The Flash

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Ezra Miller fuori dal DCEU dopo The Flash

Secondo quanto riferito da Deadline, i piani futuri della Warner Bros. per il DCEU non coinvolgono la star di The Flash, Ezra Miller. Dopo numerosi ritardi e sconvolgimenti creativi, The Flash arriverà finalmente nelle sale il 23 giugno 2023. Il film vede Ezra Miller riprendere il ruolo di Barry Allen da Justice League e sarà affiancato da Sasha Callie nei panni di Supergirl e Michael Keaton nel suo grande ritorno nei panni di Batman, 31 anni dopo la sua ultima apparizione in Batman Il Ritorno.

Tuttavia, nelle ultime settimane Miller è stato al centro di una serie di avvenimenti preoccupanti. È stato arrestato due volte alle Hawaii nel 2022 con l’accusa di aggressione di secondo grado. Da allora sono emersi altri capi d’accusa, prima quando i genitori di un diciottenne hanno presentato pratiche burocratiche chiedendo a un giudice di emettere un ordine di protezione contro l’attore per conto della loro figlia. Poi quando è giunta la notizia che a una famiglia del Massacuttes è stato concesso un ordine restrittivo temporaneo contro Miller per aver minacciato la famiglia e aver agito in modo inappropriato nei confronti del bambino non binario.

Sebbene manchi ancora un anno all’uscita di The Flash, secondo quanto riferito da Deadline, la WB ha già iniziato a discutere del futuro del franchise che prevederà l’esclusione di Ezra Miller. In un recente report di Deadline, gli addetti ai lavori affermano che lo studio ha cercato di ottenere aiuto per Miller, ma poiché i casi e le accuse continuano ad accumularsi, sembra che Miller non si adatti ai piani del CEO di Warner Bros. Discovery David Zaslav per il DCEU. Indipendentemente da come si evolverà la situazione attuale con Miller, sembra che l’attore non abbia futuro nel DCEU.

Tutto quello che c’è da sapere su The Flash con Ezra Miller

Ricordiamo che The Flash arriverà al cinema il 23 giugno 2023. Il film sarà diretto da Andy Muschietti, regista di IT e IT – Capitolo Due. Ezra Miller tornerà a vestire i panni del Velocista Scarlatto dopo essere apparso in un cameo in Batman v Superman: Dawn of Justice e in Justice League.

Confermata anche la presenza di Michael Keaton e Ben Affleck, che torneranno entrambi a vestire i panni di Batman. Kiersey Clemons tornerà nei panni di Irish West dopo essere apparsa in Zack Snyder’s Justice League (il personaggio era stato tagliato dalla versione theatrical). Nel cast ci saranno anche l’attrice spagnola Maribel Verdú (Il labirinto del fauno), che interpreterà Nora Allen (la madre di Barry) e l’attrice statunitense Sasha Calle (Febbre d’amore) che interpreterà Supergirl.

Hercules: Guy Ritchie dirigerà il live action della Disney

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Hercules: Guy Ritchie dirigerà il live action della Disney

Dopo essersi reso conto che il suo primo film a superare il miliardo di incasso è stato il live action di Aladdin targato Disney, Guy Ritchie si è fatto convincere, immaginiamo con facilità, a dirigere anche il live action dedicato a Hercules.

Il film sarà prodotto da AGBO, la società di produzione gestita dai registi di Avengers: Endgame Joe e Anthony Russo. Lo studio sta assumendo sceneggiatori dopo che Dave Callaham ha scritto una prima bozza.

Ritchie ha recentemente girato un thriller d’azione senza titolo con Jake Gyllenhaal interpretato da STX che ha venduto a MGM e Amazon. Sta ultimando il lavoro a Operation Fortune: Ruse de guerre, che ha scritto, diretto e prodotto esecutivamente, con Jason Statham nel ruolo di protagonista per STX. Statham e Ritchie hanno iniziato la loro ascesa insieme con Lock, Stock e Two Smoking Barrels, seguiti da Snatch, Revolver e Wrath of Man.

Sul live action di Hercules non ci sono ancora dettagli.

Driven – Il caso DeLorean: tutte le curiosità e la storia vera dietro il film

Il racconto di vere vicende ispirate all’ambito dell’automobilismo è stato oggetto di numerosi film nel corso della storia del cinema. Due tra i titoli più recenti sono Rush, dedicato alla rivalità tra Niki Lauda e James Hunt, e Le Mans ’66 – La grande sfida, incentrato invece sugli ingegneri della Ford alle prese con la realizzazione di un’auto in grado di battere la temuta Ferrari. Proprio su Enzo Ferrari il regista Michael Mann sta ora realizzando un biopic, ma in attesa di poterlo vedere, un altro film appartenente a questo filone da recuperare è Driven – Il caso DeLorean (qui la recensione).

Film di chiusura del Festival di Venezia nel 2018, questo lungometraggio diretto da Nick Hamm (regista del thriller The Hole e dell’horror Godsend – Il male è rinato) va a raccontare la vita di John DeLorean, l’imprenditore fondatore della nota casa automobilistica. L’obiettivo era quello di entrare dentro gli eventi che portarono alla realizzazione della celebre automobile, consacratasi nell’immaginario collettivo grazie al suo ruolo nella trilogia di Ritorno al futuro. Nonostante sia ispirato ad una storia vera, però, il film è noto per essersi preso diverse libertà nel raccontare tale vicenda.

Ciò non toglie che il film sia particolarmente godibile, mescolando commedia, dramma ed elementi thriller. Per gli appassionati di questo ambito, dunque, è un film da recuperare per sapere qualcosa di più sulla storia dietro la celebre automobile. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e la vera storia dietro al film. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il titolo nel proprio catalogo.

Driven – Il caso DeLorean: la trama e il cast del film

Protagonisti del film sono Jim Hoffman, ex pilota di aerei, narcotrafficante e ora informatore dell’FBI, e John DeLorean, il folle e geniale inventore dell’omonima casa automobilistica. Quando i due uomini, dalle vite e abitudini profondamente diverse, si incontrano, DeLorean è in procinto di rilasciare il primo e unico modello della sua società, ovvero la celebre DMC-12. Divenuti amici, l’imprenditore decide di coinvolgere Hoffman nei suoi affari, senza sapere però che questi ha ricevuto l’incarico dall’FBI di tenerlo d’occhio, in quanto sospettato di essere coinvolto in un traffico di cocaina. Ben presto, i rapporti tra i due diverranno così stretti da rendere le rispettive operazioni estremamente complesse.

Ad interpretare John DeLorean si ritrova l’attore Lee Pace, celebre per aver interpretato il Re degli Elfi Thranduil nella trilogia di Lo Hobbit e Ronan l’Accusatore nel Marvel Cinematic Universe. Nei panni di Jim Hoffman, invece, vi è l’attore Jason Sudeikis, oggi noto per la serie Ted Lasso. Nel cast si ritrovano poi anche Judy Greer nei panni di Ellen, la moglie di Jim, e Corey Stoll, in quelli dell’agente FBI Benedict J. Tisa. Gli attori Michael Cudlitz, noto per essere stato Abraham in The Walking Dead, ed Erin Moriarty, Stargirl nella serie The Boys, interpretano invece il narcotrafficante Morgan Hetrick e la sua ragazza Katy Connors.

Driven - Il caso DeLorean storia vera

Driven – Il caso DeLorean: la vera storia dietro al film

La vita di John DeLorean è ricca di peripezie e guai imprevedibili, i quali non hanno però mai del tutto scalfito le grandi ambizioni e i grandi sogni posseduti dall’imprenditore. Emigrato dalla Romania agli Stati Uniti all’età di vent’anni, DeLorean svolse da prima un master alla Chrysler, per poi ricoprire ruoli di rilievo alla General Motors e alla Chevrolet. Con l’esperienza accumulata, egli diede vita nel 1975 alla DeLorean Motor Company, la quale però riuscì a produrre un solo modello, la celebre DMC-12, divenuta famosa grazie al film del 1985 Ritorno al futuro, dove è utilizzata come macchina del tempo. La realizzazione dell’auto segnò però per DeLorean l’inizio di tanti problemi.

Dei ritardi nella produzione fecero sì che l’auto non arrivasse sul mercato prima del 1981, in un momento in cui questo era caratterizzato da una certa crisi. Le tiepide recensioni ottenute dall’auto portarono a scarse vendite, mettendo in difficoltà l’azienda e impedendo a DeLorean di recuperare i 175 milioni di dollari investiti nella realizzazione della vettura. Maggiori guai ebbero però inizio quando, nell’ottobre del 1982, DeLorean venne accusato di traffico di cocaina dall’informatore dell’FBI James Hoffman. Questi, un ex vicino di casa di DeLorean, ha riferito ai suoi superiori dell’FBI che l’imprenditore si era avvicinato a lui per chiedergli di organizzare un affare di cocaina. In verità, Hoffman aveva chiamato DeLorean e suggerito l’accordo, a cui DeLorean ha abboccato.

Hoffman ha poi anche affermato di essere stato a conoscenza dei problemi finanziari di DeLorean prima di contattarlo e di averlo sentito ammettere che aveva urgente bisogno di 17 milioni di dollari per prevenire l’imminente insolvenza di DMC. Proprio per via di tale elemento, nel 1984 DeLorean fu ritenuto non colpevole, in quanto ingiustamente posto in una trappola. A quel punto, però, la DMC aveva già dichiarato bancarotta e la reputazione di DeLorean era irrevocabilmente compromessa. Abbandonato il settore automobilistico, DeLorean morì nel 2005 per via di un ictus, con la consapevolezza però che quella sua unica auto realizzata sarebbe rimasta nella storia.

Driven – Il caso DeLorean: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire di Driven – Il caso DeLorean grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Chili Cinema e Apple iTunes. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di venerdì 17 giugno alle ore 21:30 sul canale Rai 3.

Fonte: IMDb, YahooMovies

Nastri d’Argento 2022 – a Laura Morante un Nastro d’Argento Speciale

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Nastri d’Argento 2022 – Un Nastro d’Argento Speciale a Laura Morante, omaggio al talento di un’attrice internazionale a dieci anni del suo esordio alla regia con Ciliegine, di cui la Morante è stata anche protagonista e sceneggiatrice, e a poco più di quaranta dal primo incontro con il cinema, con Giuseppe Bertolucci in Oggetti smarriti e subito dopo con Bernardo ne La tragedia di un uomo ridicolo accanto a Ugo Tognazzi, premiato a Cannes con la Palma d’Oro per il miglior attore.

Un’opera prima, scritta con Daniele Costantini, in cui l’artista ha saputo mostrare uno sguardo lucido e implacabile sui sentimenti, le relazioni, le nevrosi del nostro tempo.

Il Nastro speciale verrà consegnato Lunedì 20 giugno nel corso della cerimonia di premiazione dei Nastri d’Argento 2022 che si svolgerà al Maxxi Museo nazionale delle arti del XXI secolo a Roma.

“Laura Morante, spesso candidata ai Nastri d’Argento e già premiata dai Giornalisti Cinematografici con il Nastro europeo – spiega a nome del Direttivo Nazionale SNGCI Laura Delli Colli, Presidente – è tra le attrici italiane più amate non solo dal cinema d’autore, dalla commedia italiana e ora anche nella serialità ma, per esempio, dai grandi autori internazionali”. Un buon motivo per assegnare il prestigioso riconoscimento proprio al suo talento, con il cuore tra Italia e Francia, dove, anche in veste di regista ha mostrato una particolare sensibilità nell’esplorare tutte le sfumature del femminile”.

Laura Morante

Una carriera soprattutto cinematografica ma anche un percorso in tv e in teatro dove ha esordito giovanissima con Carmelo Bene prima di debuttare nel 1980 al cinema con Giuseppe Bertolucci in “Oggetti smarriti” e di essere diretta da Bernardo Bertolucci in “La tragedia di un uomo ridicolo” al fianco di Ugo Tognazzi. Indimenticabili le sue interpretazioni in film che sono entrati nell’immaginario collettivo, come “Bianca” e più tardi “La stanza del figlio” di Nanni Moretti – per cui vince un David di Donatello, “Turné” di Gabriele Salvatores, “Ferie d’agosto” di Paolo Virzì, per citarne solo alcuni. È stata Sibilla Aleramo in “Un viaggio chiamato amore” di Michele Placido, Giulia – moglie tradita e attrice velleitaria – in “Ricordati di me” di Gabriele Muccino, Agrippina nella miniserie “Nerone” di Pau Marcus, ha prestato la voce a Helen Parr/Elastigirl ne “Gli Incredibili – Una “normale” famiglia di supereroi”, titolo di animazione di grande successo. Ha lavorato con grandi maestri italiani da Monicelli a Gianni Amelio, Pupi Avati, Marco Tullio Giordana, Carlo Verdone ma anche con John Malkovic, con Vincente Aranda, Alain Tanner, Chris Nahon, Joao Cesar Monteiro e Nicolas Bedos. Fra i suoi ultimi impegni “Una storia senza nome” di Roberto Andò e “Lacci” di Daniele Luchetti dal romanzo di Domenico Starnone oltre alla serie di Gabriele Muccino “A casa tutti bene” da pochi giorni di nuovo sul set per la seconda edizione.

Nel corso della sua carriera ha ottenuto numerosi riconoscimenti: oltre i Nastri d’Argento, un David di Donatello, un Globo d’oro e un Ciak d’oro. Nel 2016 ha diretto il suo secondo film “Assolo” di cui è stata regista, sceneggiatrice e interprete.

Jean-Louis Trintignant, addio all’attore francese, aveva 91 anni

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Jean-Louis Trintignant, addio all’attore francese, aveva 91 anni

È morto all’età di 91 anni l’attore francese Jean-Louis Trintignant, esponente di spicco del cinema e del teatro d’Oltralpe. A darne notizia è la moglie, Mariane Hoepfner Trintignant.

Nato l’11 dicembre 1930 a Point Saint Exprit de Gard, in Provenza, Jean-Louis Trintignant deve la sua fama principalmente a tre grandi successi, che ne hanno segnato la carriera e sancito il successo: Il sorpasso, di Dino Risi, accanto a Vittorio Gassmann, Un uomo, una donna di Claude Lelouch, in cui recitava al fianco di Anouk Aimée, e Il Conformista, di Bernardo Bertolucci

Ha lavorato tantissimo a teatro, suo primo amore, e ha girato tantissimi film in Italia, lavorando con i più grandi, non solo Bertolucci e Risi, ma anche Zurlini e Amelio, ma anche tantissimi registi internazionali. Fino a uno dei suoi più grandi ruoli nel magnifico Amour di Michel Haneke, collaborazione che ha ripetuto nel 2017 con Happy End.

Furiosa: nuove foto dal set rivelano il ritorno delle location di Mad Max

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Ma mentre alcune cose nei film di Mad Max sono cambiate, altre rimangono le stesse. Infatti per Furiosa, il regista George Miller è tornato in una precedente location del franchise, girando scene vicino a Sydney nell’ex sito di estrazione del sale a Kernell, dove sono stati girati alcuni momenti famosi di Beyond Thunderdome, comprese le scene di un 747 precipitato nel deserto.

Il ritorno in Australia dà sicuramente a Furiosa un’atmosfera da Mad Max vecchia scuola, come si può vedere nelle foto dal set del film appena trapelate, pubblicate dal South Coast Register. Le immagini sono visibili cliccando sul link sottostante:

GUARDA LE FOTO DAL SET DI FURIOSA

Tutto quello che sappiamo su Furiosa

Nonostante il grande successo di Mad Max: Fury Road, un nuovo film del franchise è stato bloccato per anni a causa di una disputa legale tra Miller e la Warner Bros. Tuttavia, lo scorso ottobre il progetto è stato confermato ufficialmente attraverso la notizia del casting di Anya Taylor-Joy, la star di The New Mutants e La regina degli scacchi, che interpreterà una versione più giovane del personaggio di Furiosa. Oltre a lei, nel cast ci saranno anche Chris Hemsworth (Thor: Ragnarok) e Tom Burke, anche se al momento i loro ruoli non sono stati ancora svelati.

George Miller dirigerà, co-scriverà e produrrà Furiosa insieme al suo partner di produzione di lunga data Doug Mitchell. Il film sarà prodotto dal marchio australiano Kennedy Miller Mitchell di Miller, insieme al partner di Fury Road, la Warner Bros. Pictures.

Chris Hemsworth ebbe una reazione buffa nel sapere che avrebbe interpretato Thor

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Nell’ultimo episodio della serie Iconic Characters di GQ, Chris Hemsworth ha riflettuto sulla sua esperienza come Thor del MCU. L’attore australiano ricorda la sua reazione quando ha saputo che era stato scelto per il ruolo, ricordando scherzosamente la sua mancanza di altre opzioni in quel momento e ciò che gli richiedeva.

“Quando ho ricevuto il ruolo per il film, c’erano un certo numero di cose che mi passavano per la testa. In primo luogo ho pensato che era fantastico essere stati assunti, che la mia visa sarebbe stata estesa, che avrei fatto parte di qualcosa che sembrava grande ed eccitante, è anche vero che non avevo molti dettagli oltre al fatto che avrei interpretato Thor. È stato un atto di fede da un lato per quanto riguarda ciò che veniva inaugurato, ma è stato un salto abbastanza facile perché non avevo molte altre opzioni. [Ride]”

L’accettare quel ruolo ha fatto di Chris Hemsworth una delle star più riconoscibili in tutto il mondo e ha regalato al cinema la vera e propria incarnazione di un’icona dei fumetti. Ora, aspettiamo Chris Hemsworth in Thor: Love and Thunder, che rappresenta non solo il quarto film per il figlio di Odino, ma l’ottava volta che l’attore australiano interpreta il personaggio.

La ragazza ha volato: recensione del film scritto dai fratelli D’Innocenzo

Presentato a Venezia nella sezione Orizzonti Extra, il film di Wilma Labate La ragazza ha volato il 23 giugno arriva in sala anche per il grande pubblico. Trieste, un’adolescente solitaria violata e una serie di carenze affettive sono i protagonisti della sceneggiatura scritta da Labate insieme ai fratelli d’Innocenzo.

La sinossi di La ragazza ha volato

Nadia (Alma Noce) è una sedicenne di Trieste che studia all’istituto alberghiero. È una ragazza solitaria e, durante uno dei suoi vagabondaggi pomeridiani in giro per Trieste, incontra un ragazzo più grande che la invita a fare una passeggiata fino alla casa dello zio. Il giovane, apparentemente gentile, si rivela presto tutt’altra persona e l’incontro tra i due sfocia presto in uno stupro. Le conseguenze del rapporto violento subito da Nadia le stravolgeranno la vita, offrendole però anche una via d’uscita dalla sua solitudine.

La protagonista ipnotica di La ragazza ha volato

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Alma Noce è un’attrice eccezionale. Oltre alla bellezza della ragazza, l’intensità delle espressioni del volto sono ciò che dà carattere al personaggio di Nadia. Dopo averla vista interpretare la controparte adolescente di Micaela Ramazzotti ne Gli anni più belli (Gabriele Muccino), Alma Noce ha ottenuto un meritatissimo ruolo da protagonista ne La ragazza ha volato. Gli occhi di Nadia dicono molto di più delle sue poche battute e, potentemente, esprimono alla perfezione gli stati d’animo della ragazza.

Nadia infatti parla poco, ”tiene tutto dentro” come dice sua madre. La solitudine della ragazza però non è infrangibile: come spesso accade agli adolescenti,  l’atteggiamento a tratti scorbutico di Nadia nasconde in realtà una necessità profonda di affetto e di considerazione, sentimenti che le vengono costantemente negati. A peggiorare la situazione arriva l’incontro con il ragazzo violento: l’unico a darle attenzioni lo fa nel modo peggiore possibile.

Una rappresentazione senza filtrila ragazza ha volato recensione film

La violenza subita da Nadia viene mostrata senza troppe censure e filtri. Wilma Labate sceglie di seguire passo a passo l’esperienza traumatica che vive la protagonista di La ragazza ha volato. La scelta è consapevole e lecita. Non solo la narrazione permette di empatizzare con il personaggio protagonista, ma contiene anche una critica ad un tema trattato ancora troppo poco in Italia. Quanto viene mostrato è realistico, purtroppo: Nadia rappresenta un’adolescente come tante che vive un’esperienza traumatica e non trova negli altri l’empatia necessaria per rendersene conto fino in fondo.

La cinepresa – nella scena cruciale come in tutto il film – è abbastanza acritica e distaccata. L’intensità drammatica del lungometraggio scaturisce dai fatti che si manifestano davanti all’inquadratura. L’utilizzo dei campi lunghi e di punti di vista laterali dona realismo e rende bene la solitudine del piccolo – in termini di età come di spazio occupato nelle immagini – personaggio protagonista de La ragazza ha volato.

Lo zampino dei fratelli D’Innocenzo

Si coglie chiaramente la presenza dei fratelli D’Innocenzo ne La ragazza ha volato. Gli autori della sceneggiatura, registi di America Latina Favolacce, portano al film di Wilma Labate quelle tinte grigie e sciatte della periferia a loro ben familiari. Questa volta non siamo a Roma ma a Trieste, una città tanto pulita e ordinata quanto algida.  E, questo contesto, riflette l’atteggiamento dei personaggi.

La ragazza ha volato è un film che racconta una storia forte e vera, fatta di volti autentici, contesti semplici e esperienze tragiche. È un dramma realistico perché mostra tutte le fasi legate ad un trauma: la vita prima, lo shock subito dopo e la ripresa nel lungo termine. In questo senso, il lungometraggio è anche un racconto di formazione che vuole offrire, come si può intuire dal titolo, una speranza per la realtà periferica e per gli adolescenti.

Dirty Dancing 2 ha ufficializzato una data d’uscita

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Dirty Dancing 2 ha ufficializzato una data d’uscita

Dirty Dancing 2 ha ufficializzato una data di uscita nel 2024. Distribuito nel 1987, Dirty Dancing è interpretato da Jennifer Grey nei panni di Frances “Baby” Houseman, una giovane donna che trascorre controvoglia l’estate in un resort di Catskills con la sua famiglia. Baby si innamora dell’istruttore di ballo del campo, Johnny Castle (Patrick Swayze), e l’improbabile coppia si innamora mentre impara a eseguire il ballo più importante dell’estate.

Nel 2020, è stato annunciato che Dirty Dancing 2 era in lavorazione con Gray che riprendeva il ruolo di Baby. Di recente, è stato dichiarato che il film sarà diretto dal regista di Warm Bodies, Jonathan Levine.

Ora, il film ha un altro importante aggiornamento. Per Deadline, Dirty Dancing 2 uscirà nelle sale il 9 febbraio 2024. Scritto da Elizabeth Chomko e Levine, Dirty Dancing 2 è incentrato sul ritorno di Baby al Kellerman’s Resort, e la sua storia con il luogo si intreccia con una nuova giovane coppia al resort come affrontano il romanticismo e la danza. Al momento, Dirty Dancing 2 deve ancora annunciare chi si unirà a Jennifer Grey nel cast.

Chris Hemsworth aggiorna sul biopic dedicato a Hulk Hogan

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Chris Hemsworth aggiorna sul biopic dedicato a Hulk Hogan

Dopo molti mesi di silenzio rispetto al progetto, Chris Hemsworth ha aggiornato il pubblico su quelle che sono le sorti del biopic su Hulk Hogan in cui interpreterà il wrestler. Nonostante ci sia grande curiosità e impazienza intorno al progetto, sembra che i fan dovrebbero frenare la loro eccitazione verso Hemsworth che interpreta Hulk Hogan.

Chris Hemsworth ha infatti offerto un aggiornamento sul biopic dedicato a Hulk Hogan e ha indicato che le cose al momento non sono in movimento per il progetto. Ha detto (tramite CBR):

“Todd Phillips è impegnato a girare Joker 2, credo, e io ho girato altri film. È tutto in fase di conversazione e sviluppo e, come spesso capita, molte cose devono combaciare perché accada. E poi non ho pitoni da 24 pollici… ancora.conclude scherzando e citato la famosa dichiarazione di Hogan.

Chris Hemsworth si allena per diventare Thor – video

In un’intervista a Total Film (via ComicBook), la star di Thor ha parlato di quanto questo ruolo presenterà nuove sfide per lui e il suo fisico, spiegando: “Questo film sarà un progetto davvero divertente. Come puoi immaginare, la preparazione per il ruolo sarà follemente fisica. Dovrò mettere su più dimensioni di quanto abbia mai fatto prima, anche più di quanto abbia messo su per Thor. C’è l’accento del personaggio da costruire, ma anche la fisicità e l’atteggiamento. Dovrò anche fare un tuffo profondo nella tana del coniglio, ovvero il mondo del wrestling, che non vedo davvero l’ora di fare!”.

Oltre ai muscoli, Hogan ha anche un aspetto molto distinto, compresi i baffi a manubrio e un taglio di capelli caratteristico, oltre ad un colore specifico. Il film biografico, annunciato più di un anno fa, sarà diretto da Todd Phillips. Mentre è principalmente noto come regista di commedie, i suoi ultimi due film, War Dogs e Joker, sono più orientati verso temi più impegnativi.

Venom 3: Tom Hardy mostra la sceneggiatura

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Venom 3: Tom Hardy mostra la sceneggiatura

Tom Hardy ha fornito la prima anticipazione dello sviluppo di Venom 3. Dopo la conferma ad aprile scorso che la SONY aveva dato il via libera per il completamento della trilogia dedicata al simbionte, non c’erano stati altri sviluppi.

Ora, in un nuovo post su Instagram, la star del franchise ha condiviso una foto della parte anteriore della sceneggiatura di Venom 3. Hardy ha scritto la sceneggiatura insieme a Kelly Marcel, che torna nel franchise dopo aver sviluppato la storia di Venom: La Furia di Carnage. Ha lavorato anche come sceneggiatore in entrambi i film precedenti.

Notiamo che nella foto, Tom Hardy ha avuto l’accortezza di oscurare il titolo ufficiale di Venom 3, disegnandoci sopra la testa del simbionte, con l’iconica lingua lunga a formare un “3” alla fine.

https://www.instagram.com/p/Ce3bvgWseUK/

Thor: Love and Thunder sarà PG-13 (anche) per una ragione sorprendente!

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Manca pochissimo all’uscita di Thor: Love and Thunder e le ultime informazioni in merito al film stanno diventando pubbliche, come la durata e il rating del film. Come tutti i film Marvel Studios, anche questo Thor 4 sarà PG-13, ma questa volta per una ragione inedita e sorprendente.

L’elenco ufficiale su FilmRatings spiega perché Thor: Love and Thunder è stato classificato PG-13. L’elenco dei motivi di questa valutazione dell’MPA dichiara che il film contiene “intense sequenze di violenza e azione di fantascienza, linguaggio, materiale suggestivo e nudità parziale“. Sebbene ogni film dell’MCU sia stato classificato PG-13, questo è il primo film nei 14 anni di storia del franchise che ha contenuto “nudità parziale“. Ci si riferirà probabilmente alla scena vista nel trailer? Oppure dobbiamo aspettarci altro?

Thor: Love and Thunder, il nuovo trailer in italiano

Thor: Love and Thunder è il quarto capitolo sulle avventure del Dio del Tuono nel MCU, ma ad impugnare il Mjolnir stavolta sarà Jane Foster, interpretata di nuovo da Natalie Portman, come confermato sabato durante il panel dei Marvel Studios al Comic-Con. L’uscita nelle sale è fissata invece al 6 Luglio 2022.

Il film segue Thor (Chris Hemsworth) in un viaggio diverso da quelli affrontati fino ad ora, alla ricerca della pace interiore. Ma il suo riposo è interrotto da un killer galattico conosciuto come Gorr il Macellatore di Dei (Christian Bale), che cerca l’estinzione degli dei. Per combattere la minaccia, Thor si affida all’aiuto di Valchiria (Tessa Thompson), Korg (Taika Waititi) e dell’ex fidanzata Jane Foster (Natalie Portman) che, con stupore di Thor, brandisce inspiegabilmente il suo martello magico, Mjolnir, come Mighty Thor. Insieme, intraprendono una sconvolgente avventura cosmica per scoprire il mistero della vendetta di Gorr il macellatore di dei e fermarlo prima che sia troppo tardi.

Taika Waititi tornerà alla regia di Thor: Love and Thunder, un film dei Marvel Studios dopo Thor: Ragnarok, così come Chris Hemsworth e Tessa Thompson riprenderanno i rispettivi ruoli di Thor e Valchiria dopo l’ultima apparizione in Avengers: Endgame. Nel cast anche Christian Bale nei panni del villain Gorr il Macellatore di Dei, e Russell Crowe in quelli di Zeus. L’ispirazione del progetto arriva dal fumetto “The Mighty Thor”, descritto da Waititi come “la perfetta combinazione di emozioni, amore, tuono e storie appassionanti con la prima Thor femmina dell’universo“.

Chris Evans commenta l’abbandono del MCU e di Captain America

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Chris Evans commenta l’abbandono del MCU e di Captain America

Parlando con Kevin Polowy nel corso delle conferenze stampa per Lightyear – La vera storia di Buzz, Chris Evans, che presta la voce allo space-ranger nella versione originale del film, ha parlato del processo di abbandono del ruolo di Capitan America e del MCU in generale.

L’attore ha ricordato come era stata la sua vita nel decennio in cui era stato coinvolto nei Marvel Studios. Evans ha detto che, anche se a volte può essere noioso, ci sono cose che gli mancano del franchise, a causa del suo profondo investimento in Captain America e del suo amore per le altre star del MCU.

“Sai, è diverso. È diverso. Per dieci anni, hai sempre un film dietro l’angolo. Per dieci anni, è stato sempre che ne finivi uno e poi la tua vita era programmata da: ‘Ok, sei mesi, abbiamo la stampa. Altri sei mesi, iniziamo il prossimo film”. E poi amo quelle persone e, saranno i migliori dieci anni della mia vita professionale per sempre, senza dovermi mai porre domande”.

Ha poi continuato parlando di quanto Anthony Mackie sia la persona giusta per ereditare il suo scudo e di quanto sia buffo, ora che la sua forma fisica è più asciutta, vedere le persone che gli si avvicinano e gli chiedono se stia bene o meno.

The Pogmentary: la recensione della serie documentario su Paul Pogba

Il sodalizio tra il calcio e il cinema ha di recente visto approdare sul grande schermo importanti successi come il documentario Mi chiamo Francesco Totti e Zlatan, permettendo così ai fan dei calciatori oggetto di queste opere di scoprire di più dei loro beniamini, conoscendone sogni, paure e rimpianti. Un’operazione molto simile, ma in forma di serie televisiva, ha ora per protagonista Paul Pogba, il centrocampista del Manchester United nonché uno dei calciatori più talentuosi della sua generazione. A lui sono dedicati i cinque episodi di The Pogmentary, una crasi tra Pogba e documentary che sottolinea l’influenza che possiede oggi il calciatore.

Disponibile su Prime Video dal 17 giugno, la serie ha molto in comune con il documentario dedicato a Totti. Entrambi i giocatori protagonisti di queste due opere guardano al proprio passato ricco di successi e tanta dedizione, ripercorrendo le tappe più importanti del loro percorso. Se nel suo documentario Totti viene però immortalato nel momento in cui la sua carriera calcistica finiva, per Pogba quel momento sembra ancora lontano. Nella serie, infatti, il giocatore è sì ad un nuovo vincolo, ma la scelta non è se continuare o meno, bensì con chi continuare. Una decisione, come dice lo stesso calciatore nel corso del primo episodio, da prendere con estrema attenzione.

L’uomo dietro il calciatore

Cinque episodi per una scelta cruciale. Si potrebbe sintetizzare così The Pogmentary, una serie che potrebbe deludere chi si aspetta un prodotto prevalentemente incentrato sull’attività calcistica di Pogba. Benché questa sia ovviamente presente, almeno nei suoi momenti più importanti, come la vittoria ai mondiali del 2018, il cuore del racconto si trova altrove. Da una parte si segue il Pogba padre di famiglia, ripreso in compagnia dei figli e della moglie. “Un giorno cesserò di essere un calciatore, – afferma nella serie – ma sarò per sempre un padre. Emergono dunque da qui gli aspetti più umani del centrocampista, il quale fuori dal campo di gioco conduce una vita il più “normale” possibile.

Dall’altro lato, la serie si concentra sui confronti con il suo manager in merito alle scelte da compiere sul suo futuro calcistico. Pogba ha oggi 29 anni e molto ancora da poter compiere come calciatore. Per chi muore dalla voglia di sapere se egli firmerà nuovamente con il Manchester United o se tornerà nuovamente alla Juventus, di cui ha fatto parte dal 2012 al 2016, allora questa può configurarsi come la serie che svela i retroscena di quella scelta. In generale, dunque, l’obiettivo sembra quello di far conoscere Pogba come uomo, piuttosto che come calciatore. Un aspetto di lui che probabilmente gli appassionati conoscono già molto bene.

Pogba tra documentario e animazione

Alla luce di questi due macro aspetti della serie, nel corso degli episodi si ritrovano interviste alle principali personalità intorno a Pogba, dal suo avvocato Rafaela Pimenta al suo agente, il celebre Mino Raiola. Attraverso le loro parole si può conoscere dunque in modo più approfondito e da punti di vista diversi ciò che c’è da sapere sul calciatore. Una parte importante della serie è però dedicata anche al passato di Pogba, al suo aver lasciato la famiglia in Francia per inseguire i suoi sogni in Inghilterra, intraprendendo il suo percorso di formazione. Tutta questa parte ci viene raccontata attraverso l’uso di animazioni, che sono probabilmente l’elemento che arricchisce la serie di una propria unicità.

Vive dunque di tutti questi elementi combinati insieme The Pogmentary, un prodotto probabilmente non emozionante come lo era il documentario su Francesco Totti (anche se è giusto dire che in quel caso subentravano diverse dinamiche, dall’affetto alla malinconia per il suo ritiro), ma ugualmente valido per fornire il ritratto di uno dei talenti del calcio contemporaneo. Probabilmente la serie troverà maggiori apprezzamenti presso un pubblico di appassionati di questo sport, ma per le modalità del racconto, le tecniche impiegate e le intenzioni espresse, The Pogmentary potrebbe suscitare anche l’interesse di spettatori meno avvezzi a tale sport.

Sherlock Holmes 3: il regista dà un aggiornamento incoraggiante

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Sherlock Holmes 3: il regista dà un aggiornamento incoraggiante

In un’intervista con Collider, Dexter Fletcher ha detto che ha ancora speranze per la realizzazione di Sherlock Holmes 3. Il regista ha ammesso che, sebbene non abbia scadenze fisse o aggiornamenti sullo stato del film, è consapevole che il pubblico è impaziente. Fletcher attribuisce la produzione a una questione di “tutte le persone giuste al posto giusto, al momento giusto” e spera che il momento debba ancora venire.

“La pandemia l’ha fatto deragliare. Penso che verrà realizzato. Penso che debba essere realizzato. Non so quale sia la sequenza temporale, sfortunatamente, ma credo che dovrebbe essere fatto. È fantastico. Penso che si tratti di tutte le persone giuste, al posto giusto, al momento giusto. Penso che sia quello. È uno di quei crudeli colpi di scena del destino, in cui la pandemia ha colpito e ha disperso le persone in tutto il mondo. Ma so che c’è un’enorme voglia di vedere questo film, e sono sicuro che ci sono anche altre persone molto consapevoli di questo. Ma credo che dovrebbe essere fatto perché è brillante. Lo spero vivamente”.

Sherlock Holmes 3: nuovi aggiornamenti sul film, in arrivo due serie spin-off

I fan del franchise di Sherlock Holmes stanno aspettando da oltre dieci anni il terzo film e il recente annuncio degli spettacoli spin-off ha sollevato più domande che risposte. Il ritardo indefinito di Sherlock Holmes 3 alla fine del 2020 a causa della pandemia è comprensibile ma ora, mentre le cose stanno tornando alla normalità per l’industria cinematografica, molti fan probabilmente si chiederanno se il film andrà presto avanti o morirà definitivamente. Tuttavia non c’è da esser troppo cinici, questa notizia conferma l’attenzione e l’interesse sempre vivo dello studios sul franchise. Con Robert Downey Jr e Jude Law che hanno precedentemente espresso interesse a riprendere i loro ruoli e con il franchise che si è dimostrato redditizio per la Warner Bros., non è irragionevole presumere che Sherlock Holmes 3 alla fine si realizzerà: ma sembra che i fan dovranno aspettare ancora un po’.

ELVIS: dal 22 Giugno al cinema il film con Baz Luhrmann

ELVIS: dal 22 Giugno al cinema il film con Baz Luhrmann

Dalla Warner Bros. Pictures e dal visionario regista candidato all’Oscar Baz Luhrmann, arriva sul grande schermo ELVIS, uno spettacolo epico che esplora la vita e la musica di Elvis Presley. Protagonisti del film, Austin Butler e il premio Oscar Tom Hanks.

Rivisitata in chiave cinematografica, la storia di Elvis (Austin Butler) è vista attraverso il prisma della complicata relazione con l’enigmatico manager, il colonnello Tom Parker (Tom Hanks). Il film, come raccontato da Parker, approfondisce le complesse dinamiche tra i due nell’arco temporale di 20 anni dagli esordi alla fama di Presley, che raggiunse un livello di celebrità senza precedenti sullo sfondo di un panorama culturale in evoluzione che segna la perdita dell’innocenza in America. Al centro di questo viaggio, una delle persone più significative e influenti nella vita di Elvis, Priscilla Presley (Olivia DeJonge).

Recitano al fianco di Butler e Hanks, la pluripremiata attrice teatrale Helen Thomson (“Top of the Lake: China Girl”, “Rake”) nei panni della madre di Elvis, Gladys, Richard Roxburgh (“Moulin Rouge!” “Breath”, ” La battaglia di Hacksaw Ridge”) in quelli del padre di Elvis, Vernon, mentre Olivia DeJonge (“The Visit”, “Stray Dolls”) interpreta Priscilla. Luke Bracey (“La battaglia di Hacksaw Ridge”, “Point Break”) interpreta Jerry Schilling; Natasha Bassett (“Ave, Cesare!”) interpreta Dixie Locke; David Wenham (“Il Signore degli Anelli” la trilogia, “Lion– la strada verso casa”, “300” ) è Hank Snow; Kelvin Harrison Jr. (“Il processo ai Chicago 7”, “L’assistente della star”) interpreta B.B. King; Xavier Samuel (“Two Mothers”, “Amore e inganni”, “The Twilight Saga: Eclipse”) interpreta Scotty Moore, e Kodi Smit-McPhee (“Il potere del cane”) interpreta Jimmie Rodgers Snow.

Completano il cast Dacre Montgomery (“Stranger Things”, “La galleria dei cuori  infranti”) nei panni del regista televisivo Steve Binder, al fianco degli attori australiani Leon Ford (“Gallipoli”, “The Pacific”) nei panni di Tom Diskin, Kate Mulvany (“Il grande Gatsby”, “Hunters”) in quelli di Marion Keisker; Gareth Davies (“Peter Rabbit,” “Hunters”) come Bones Howe, Charles Grounds (“Crazy & Rich”, “Camp”) come Billy Smith, Josh McConville (“Fantasy Island”) è Sam Phillips, e Adam Dunn (“Home and away”) nei panni di Bill Black.

Per ritrarre le altre icone della musica del film, Baz Luhrmann ha scelto la cantautrice Yola come Sister Rosetta Tharpe; il modello Alton Mason come Little Richard; il texano di Austin Gary Clark Jr., come Arthur Crudup, e l’artista Shonka Dukureh come Willie Mae “Big Mama” Thornton.

Il candidato all’Oscar Baz Luhrmann (“Il Grande Gatsby”, “Moulin Rouge!”) ha diretto il film da una sceneggiatura da lui scritta assieme a Sam Bromell, Craig Pearce e Jeremy Doner, basata su una storia dello stesso Baz Luhrmann e Jeremy Doner. I produttori del film sono Luhrmann, la vincitrice dell’Oscar Catherine Martin (“Il Grande Gatsby”, “Moulin Rouge!”), Gail Berman, Patrick McCormick e Schuyler Weiss, mentre i produttori esecutivi sono Toby Emmerich, Courtenay Valenti e Kevin McCormick.

Il team creativo che ha lavorato dietro le quinte include la direttrice della fotografia Mandy Walker (“Mulan”, “Australia”), la scenografa e costumista premio Oscar Catherine Martin (“Il Grande Gatsby”, “Moulin Rouge!”), la scenografa Karen Murphy (“A Star Is Born”), i montatori Matt Villa (“Il Grande Gatsby”, “Australia”) e Jonathan Redmond (“Il Grande Gatsby”), il supervisore degli effetti visivi nominato all’Oscar Thomas Wood (“Mad Max: Fury Road”), il supervisore musicale Anton Monsted (“Australia”, “Moulin Rouge!”) e il compositore Elliott Wheeler (“The Get Down”).

Le riprese principali di “Elvis” si sono svolte nel Queensland, in Australia, con il sostegno del governo del Queensland, di Screen Queensland e del programma Producer Offset del governo australiano. Warner Bros. Pictures presenta, una produzione Bazmark Production, Jackal Group, un film di Baz Luhrmann: “Elvis” distribuito in tutto il mondo dalla Warner Bros. Pictures. Il film uscirà nelle sale italiane il 22 giugno 2022.

Lightyear, una meravigliosa immagine promozionale mostra Andy al cinema

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La Disney ha realizzato una speciale immagine promozionale per Lightyear – La vera storia di Buzz, in cui vediamo Andy, protagonista di Toy Story, con tutti i suoi giocattoli (escluso Buzz, ovviamente) in sala a vedere il film sullo spece-ranger. Eccola di seguito!

https://twitter.com/DisneyAPromos/status/1537118948692480000?ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Etweetembed%7Ctwterm%5E1537118948692480000%7Ctwgr%5E%7Ctwcon%5Es1_&ref_url=https%3A%2F%2Fscreenrant.com%2Flightyear-movie-toy-story-andy-art-image%2F

Lightyear – La vera storia di Buzz, recensione del film Pixar

Lightyear – La vera storia di Buzz, il lungometraggio originale Disney e Pixar che segue il leggendario Space Ranger in un’avventura intergalattica, arriverà il 15 giugno nelle sale italiane. La nuova avventura d’azione racconta le origini di Buzz Lightyear, l’eroe che ha ispirato il giocattolo di Toy Story.

Lightyear – La vera storia di Buzz è diretto da Angus MacLane, regista vincitore dell’Annie Award e animatore veterano di Pixar che ha co-diretto Alla Ricerca di Dory del 2016, ed è prodotto da Galyn Susman (il corto Toy Story: Tutto un altro mondo).

Il premiato compositore Michael Giacchino, che ha firmato le musiche di The Batman e Spider-Man: No Way Home, comporrà la colonna sonora di Lightyear – La vera storia di Buzz. Giacchino ha un rapporto di lunga data con Pixar: ha vinto un Oscar, un Golden Globe e un GRAMMY per la colonna sonora originale di Up. Inoltre, la sua filmografia Pixar include, tra gli altri, Gli Incredibili – Una “normale” famiglia di supereroi, Ratatouille, Cars 2, Inside Out, Coco e Gli Incredibili 2.

Tom Hanks non accetterebbe mai, oggi, il ruolo di Philadelphia

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Tom Hanks non accetterebbe mai, oggi, il ruolo di Philadelphia

Guardando indietro a Philadelphia quasi 30 anni dopo, Tom Hanks non pensa che lui o qualsiasi altro attore etero sarebbero in grado di interpretare il ruolo di Andrew Beckett oggi, e “per una buona ragione”. Durante un’intervista al New York Times Magazine, Hanks ha parlato del suo personaggio apertamente gay nel cuore di Filadelfia e di come la mentalità sia cambiata a Hollywood nel corso degli anni. L’attore ha detto che il ruolo oggi dovrebbe essere scelto con più “autenticità”.

“Rivolgiamoci a “un uomo etero potrebbe fare quello che ho fatto io a Filadelfia adesso?” No, e per una buona ragione. Il punto centrale di Filadelfia era non aver paura. Uno dei motivi per cui la gente non aveva paura di quel film è che ero io a interpretare un uomo gay. Ora siamo oltre questo, e non credo che la gente accetterebbe l’inautenticità di un ragazzo etero che interpreta un ragazzo gay. Non è un crimine, non è da fischiare, il fatto che si richieda più autenticità nella scelta del protagonista.”

A causa del cambiamento della cultura, è in corso un dibattito sull’opportunità o meno che gli attori non LGBTQ+ debbano interpretare ruoli lesbici, gay, bisessuali, transgender o queer. Negli ultimi anni, sempre più attori LGBTQ+ vengono scelti per interpretare questi ruoli poiché la rappresentazione sullo schermo è aumentata. Molti ritengono che solo gli attori che si identificano con gli omosessuali abbiano l’esperienza vissuta per dare vita ai personaggi di queste comunità in modo autentico. Tuttavia, questa conversazione è in corso all’interno del settore, poiché altri sostengono che la recitazione è intrinsecamente non autentica e finta, e che un attore può interpretare un personaggio in modo convincente, anche se non può necessariamente relazionarsi con la propria esperienza.

MATA, recensione del documentario di Ingrid Fadnes e Fábio Nascimento

Nel corso della sesta edizione del festival Cinema e Ambiente Avazzano è stato presentato il documentario MATA, che vuole incentivare la riflessione su uno degli ostacoli più imponenti che la zona di Bahia, nel sud del Brasile, deve affrontare: l’avanzata delle piantagioni di eucalipto.

Dietro al progetto di MATA vi sono la mente e il cuore di Ingrid Fadnes e Fábio Nascimento. La prima, giornalista, ricercatrice e traduttrice, tra il 2005 e il 2017 ha vissuto in Messico, America Centrale e Brasile, dove ha lavorato a stretto contatto con organizzazioni di contadini e popoli indigeni. Nascimento è invece un fotografo documentarista, regista e compositore brasiliano. Lavora, tra gli altri, per National Geographic, Greenpeace, MSF e The New York Times.

MATA: il nemico può anche essere verde

MATA si presenta come un documentario estremamente attuale sulla perdita di biodiversità e sulla lotta unitaria delle popolazioni indigene e dei contadini contro l’impatto della monocultura sull’ambiente, tentando di salvaguardare il territorio in cui hanno vissuto i loro antenati per centinaia di anni.

Sulla costa orientale del Brasile, nel sud di Bahia, un tempo esisteva una foresta con una diversità di specie superiore a quella dell’Amazzonia. Negli ultimi quattro decenni, il paesaggio è cambiato drasticamente: l’eucalipto cresce a vista d’occhio, fitto ed elevandosi in altezza. I contadini che lavorano nelle vicinanze e gli indigeni che hanno sempre vissuto in queste zone ne notano le conseguenze perfino sul proprio corpo. Dove sono finite le acque sotterranee? Cosa è successo al suolo? Sotto ai terreni che brulicavano di vita, ora sembra non essere rimasto più niente.

In portoghese il significato del verbo “uccidere” e del sostantivo “foresta” vengono entrambi codificati dallo stesso termine: MATA. Quello che ci vuole raccontare il documentario di Fadnes e Nascimento è proprio che una brulicante foresta di eucalipto sta uccidendo la vera, originiaria foresta: quella pluviale. Le problematiche connesse alla coltivazione dell’eucalipto ci vengono illustrate attraverso la storia di un agricoltore, Etevaldo Pereira, che cerca di battersi valorosamente contro un tipo di agricoltura dannosa su larga scala, per preservare la bellezza di un habitat ancestrale. Veniamo poi introdotti anche alla popolazione indigena dei Pataxó, vittime del business del colonialismo, di una piantagione vorticosa dietro a cui non si nasconde altro che lo scopo di lucro delle multinazionali.

La voce di un popolo

I due protagonisti del film sono i rappresentanti della lotta contro lo sfruttamento capitalistico delle risorse naturali della zona. All’età di 63 anni, il contadino Etevaldo ha finalmente ottenuto un appezzamento di terreno dove poter condurre un’attività agricola su piccola scala. Ci è riuscito grazie al Movimento dei Senza Terra, che sta combattendo una dura battaglia per la riforma agraria in Brasile. Il leader indigeno Rodrigo, del popolo Pataxó, appartiene invece a una delle tribù della zona che furono quasi spazzate via quando i portoghesi “scoprirono” il Brasile e oggi lottano per il riconoscimento delle loro aree storiche e tradizionali.

Il sensazionalismo della regia di MATA è affidata soprattutto ai droni, che vogliono sottolineare al meglio le differenze tra la foresta pluviale naturale e la foresta artificiale di eucalipti. Quest’ultima cresce sempre più in alto, fino a quando gli alberi sono abbastanza alti da essere abbattuti; la foresta pluviale, per sua natura e conformazione, cresce invece in ogni direzione possibile. Vuole abbracciare un territorio, e le sue tribù, rivendicare il proprio ecosistema, che sta pian piano venendo soppiantato da una flora e fauna complesse. La piantagione di eucalipto si diffonde come un virus, uccidendo le cellule sane e sostituendole, ondeggiando e seguendo la traiettoria di un rimpiazzo artificiale.

Naturalmente, l’eucalipto non è l’unico problema della zona di Bahia. L’agricoltura, il disboscamento e l’estrazione mineraria non sostenibili sono citati come alcune delle cause della deforestazione, aggravata ulteriormente dall’amministrazione Bolsonaro che ha indebolito l’operato dell’agenzia per l’ambiente applicando, ad esempio, nuove restrizioni alla capacità di distruggere le attrezzature pesanti trovate sulla scena dei crimini ambientali e ridotto le multe ambientali.

La foresta è anche Storia

Il cuore e nucleo tematico di MATA viene esplicitato da una sequenza in particolare: vediamo il leader dei Pataxó inginocchiarsi a terra di fronte ai rappresentanti delle multinanzionali con cui la tribù sta iniziando a negoziare. Implora che ai Pataxó sia permesso di rimanere nella loro terra, di preservarne l’eterogeneità e ricordarne la Storia.  I negoziatori, in tutta risposta, afferrano una manciata di terra e dichiarano che si tratta di un qualcosa di sacro per tutta l’umanità. Non rispondono alle grida di un popolo: si limitano a sedersi su una sedia, con le camicie bianche rimboccate, dopo aver fornito quella che secondo loro è una “valida spiegazione”.

I Pataxó stanno cercando di dirci una cosa: la conoscenza della foresta è a disposizione di tutti noi, se solo siamo disposti a vederla e ascoltarla per davvero. Non dobbiamo nemmeno cercare tutte le risposte da soli; possiamo iniziare ascoltando le storie di coloro conoscono questo spazio, lo onorano vivendoci quotidianamente, chi ha imparato a curarsi dell’altro, del verde che ci accoglie.

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