Un amor,
titolo dato al nuovo film della spagnola Isabel Coixet, potrebbe a primo
impatto portarci fuori binario. La storia, in Concorso alla
18esima edizione della Festa del
Cinema di Roma nella sezione Progressive Cinema, prima
di essere un racconto d’amore non ordinario, come si potrebbe
pensare dalle immagini ufficiali o dalla sua breve sinossi, è un
inno al raggiungimento della libertà interiore (e sociale), quella
ottenuta in seguito a una forte resistenza ma anche resilienza. La
regista, le cui donne che si devono confrontare con i problemi
della vita sono colonna portante della sua filmografia, per il suo
nuovo lavoro affida a Natalie, protagonista di Un
amor, il compito di parlarci di quanto questo possa
essere complicato e distruttivo se non decidiamo di agire – e
reagire – agli eventi che ci sovrastano.
A fare da sfondo a un racconto in
cui è ancora una volta l’empowerment femminile a dominare, una
campagna rurale spagnola dominata da misoginia, pregiudizi e a
volte chiusura mentale. Sono proprio questi, però, che a forza di
dare a Natalie tutti i giorni uno schiaffo in faccia non proprio
piacevole, le daranno la giusta carica per ribellarsi e poter, alla
fine, farsi valere. Un amor è tratto dall’omonimo romanzo
best seller di Sara Mesa, e ha come interpreti
principali Laia Costa nel ruolo di
Natalie e Hovik Keuchkerian in
quello di Andreas.
La trama di Un amor
Natalie (Laia
Costa) faceva la traduttrice simultanea per i rifugiati,
prima di decidere di trasferirsi a La Escapa, un paese rurale della
Spagna. Il dolore provocato dal suo precedente lavoro era diventato
insostenibile per lei, tanto da provocarle incubi. Ma la scelta di
andare ad abitare in una remota campagna si rivela non essere
quella adatta. Sin dal suo arrivo, la donna si trova a dover
affrontare una serie di situazioni spiacevoli, prima fra queste una
casa che sta crollando a pezzi, fatiscente, ma il cui burbero
proprietario non vuole riparare. Anzi, la tratta con disprezzo, le
inveisce contro senza il minimo scrupolo. Anche il vicinato non è
molto trasparente: c’è chi è sospettoso, c’è chi invece mostra
bontà ma non riesce a nascondere una fin troppo palese malizia.
Per Natalie le cose peggiorano
quando l’abitazione in cui vive inizia ad avere problemi di
infiltrazioni, fino a quando a causa delle piogge non si allaga
tutta, costringendola a mettere dei secchi per arginare il
problema. Una sera arriva alla sua porta Andreas (Hovik
Keuchkerian), un uomo la cui età potrebbe essere superiore
alla quarantina, e il cui aspetto fisico non è proprio dei migliori
e affascinanti. Egli si offre di darle una mano in cambio di
qualcosa di molto specifico: entrare in lei. Dopo un primo rifiuto,
la donna capirà di non avere alternative e alla fine accetterà. Da
quel momento instaurerà con lui una relazione quasi ossessiva,
oltre che malsana. Questo, però, la porterà paradossalmente a una
rinascita.
Una protagonista inaspettata
Isabel Coixet per
il suo Un amor decide di utilizzare il
4:3; una scelta che se all’inizio è quasi incomprensibile,
soprattutto per i panorami rurali e montuosi filmati il cui skyline
perde di maestosità a causa del formato, comprendiamo solo in
seguito essere lo strumento adatto per poterci restituire i
sentimenti – e la condizione – di Natalie. Grazie infatti a queste
inquadrature ristrette, il campo si concentra tutto sulla
protagonista. La macchina da presa aderisce a lei, e in quello
spazio chiuso – dove non riusciamo a vedere molto altro – possiamo
percepire la sofferenza di una donna che si sente stretta in una
morsa dalla quale non riesce a liberarsi. Ha cambiato vita per
allontanarsi da un lavoro che le provocava incubi per quanto
emotivamente stancante, ma il suo trasferimento si è trasformato in
un altro brutto sogno in cui il proprietario di casa è un
maschilista arrogante, gli uomini quasi tutti maliziosi e i vicini
di casa sospettosi e analizzatori. In un ambiente per certi versi
così ostile e ambiguo, Natalie trova riparo in una relazione
amorosa (o dovremmo dire sessuale) con Andreas, ma nella quale
niente è sano se non il suo bisogno di stare bene.
Crede di aver trovato qualcuno con
cui vivere la sua vita solitaria, che però a stento conversa con
lei. L’amore, dunque, diventa solo pretesto per farle
risolvere i suoi dubbi esistenziali. È l’escamotage
narrativo perfetto, non il viaggio. È l’inizio, non la fine. Tanto
che questo singolare legame – in cui c’è comunque una necessità da
parte della regista di sovvertire gli stereotipi di età – nasce
verso il secondo atto e si consuma anche molto brevemente. Quello
che resta, che impregna e bagna ogni sequenza, la ravviva e la
colora, è solo Natalie, che da tutte queste esperienze e
vicissitudini rinasce, nelle ultime battute, come una fenice dalle
proprie ceneri. Il finale di Un amor è
fra gli inserti più belli e puri; è catartico, potremmo dire quasi
sublime: è equilibrato ma impattante, semplice ma significativo. Di
cui difficilmente potremo dimenticarci. E applausi a Laia
Costa.
Presentato fuori concorso al Festival
di Cannes, l’attesissimo Killers of the Flower
Moon è il nuovo film di
Martin Scorsese che arriverà nei cinema italiani il
prossimo autunno, prima di approdare su Apple TV+. Il regista ne ha
anche curato la sceneggiatura insieme a Eric Roth,
basata sull’omonimo libro del 2017 di David Grann.
La trama è incentrata su una serie di omicidi avvenuti in Oklahoma
ai danni Nazione Osage durante gli anni Venti, commessi dopo che è
stato scoperto il petrolio nella loro tribù. Il film è interpretato
da Leonardo DiCaprio, qui anche nelle vesti di
produttore esecutivo, insieme a Robert De Niro, Lily
Gladstone, Jesse Plemons, Brendan Fraser e John
Lithgow. Si tratta della settima collaborazione tra
Scorsese e DiCaprio e dell’undicesima tra Scorsese e De Niro.
Killers of the flower moon, dal
libro al film
Basato sul best-seller di
David Grann del 2017 Killers of the Flower
Moon: The Osage Murders and the Birth of the FBI, il film targato Apple Studios racconta la
storia di come una serie di omicidi di nativi americani della
nazione Osage – per le riserve di petrolio sulla terra degli Osage
– sia coincisa con la nascita dell’FBI. In questo caso, è
Jesse Plemmons a interpretare Tom
White, un Texas Ranger trasformato in agente dell’FBI
inviato in Oklahoma da J. Edgar Hoover per
indagare sui crescenti omicidi dei membri della Nazione Osage,
allora molto ricchi. Inizialmente, DiCaprio avrebbe dovuto interpretare il
personaggio di White, punto di vista centrale del libro ma, assieme
a Scorsese e De Niro, si decise di riorganizzare la trama
del film attorno al sospettato Ernest Burkhart,
nel tentativo di evitare una narrazione incentrata sul “salvatore
bianco”.
Killers of the Flower
Moon è ambientato negli anni ’20 a Fairfax, un’area
dell’Oklahoma nord-orientale che, come sottolinea
Scorsese nell’ottimo prologo del film (una sorta di
mockumentary in bianco e nero), deteneva all’epoca il più alto
reddito pro capite, con gli indiani della Osage Nation come
principali beneficiari. In mezzo alla profusione di pozzi
petroliferi, ricevevano generose royalties ed è per questo che li
vediamo indossare gioielli ostentati e girare in auto lussuose con
autisti bianchi.
Nel bel mezzo di questa corsa
all’oro (nero), Ernest Burkhart (Leonardo
DiCaprio), un veterano della Prima Guerra mondiale (in
realtà era un cuoco della Fanteria) arriva sulla scena insieme a
migliaia di altri lavoratori per unirsi all’azienda gestita da suo
zio William “The King” Hale
(epiteto che spiega da se la sua influenza nella gestione del
potere nella contea). Proprio su suggerimento di Hale, Ernest sposa
Mollie, membro di una delle tante famiglie
autoctone benestanti; in questo senso, una delle domande su cui
Scorsese si soffermerà nel corso della narrazione è se ci sia un
vero amore alla base della relazione tra Ernest e Mollie o se
Ernest abbia optato per un matrimonio di interesse che gli potesse
far acquisire progressivamente un reddito importante. Quel che è
certo è che si scatena un costante e crescente massacro genocida:
la terra e le rendite sono troppo allettanti per gli uomini bianchi
e gli Osange vengono spogliati dei loro averi con ogni tipo di
trucco, inganno o vero e proprio omicidio a sangue freddo.
Robert De Niro e Leonardo DiCaprio in una scena di Killers Of The
Flower Moon
Lupi in Oklahoma
“Riesci a vedere i lupi in
questa foto?“: ad Osage County, i lupi sono nascosti ovunque.
Al contrario dei gufi, presagio di morte per gli indiani e che
appaiono nelle visioni di qualche personaggio, in Killers
of the Flower Moon i lupi non vengono mai rappresentati
nella loro forma animalesca. Devono essere scovati e forse
qualcuno, all’interno della contea, lo ha già fatto. Sono gli
assassini di una terra promessa e perduta, che hanno manipolato un
intero popolo e le sue risorse. Tuttavia, più che come carnefici e
fautori di un vero e proprio genocidio – secondo il Ministero della
Giustizia, quello di Osage fu “il capitolo più sanguinoso della
storia del crimine americano” –
Scorsese inquadra questi lupi con il suo solito
taglio. Sono criminali, truffatori, gangster e ai loro loschi
movimenti è rivolta gran parte dell’attenzione del regista, molto
più di quella dedicata alle vere vittime, gli Osage.
La principale linea narrativa di
Killers of the Flower Moon permette, tramite uno
sguardo incessante sulle figure maschili, un’attenta analisi su
questi nuovi “bravi ragazzi”. Lo scontro tra Ernest e William è,
letteralmente, all’ultimo sangue e non c’è modo per distogliere il
focus registico da questo duello. Una mimica facciale piuttosto
accentuata distingue questi personaggi animaleschi, che ricalcano
effettivamente le sembianze dei lupi con le smorfie che mantengono
per tutta la durata del film. I fan di
Martin Scorsese gioiranno nel partecipare a questo
testa a testa di bravura recitativa tra due attori feticcio del
regista e, soprattutto per quanto riguarda DiCaprio, rimarranno sicuramente colpiti dal
personaggio poco autorevole e debole di spirito che gli è stato
costruito addosso, un qualcosa di sicuramente inedito rispetto ad
altri suoi precedenti ruoli.
Punti di vista secondari
Dall’altro lato, il modo in cui
Scorsese decide di adattare il saggio di partenza, non
permette alla grandissima Lily Gladstone di
brillare nel secondo e terzo atto del film quanto accade nella
prima parte. In questa, la sua Mollie è infatti
spesso sulla scena mentre sta imparando a conoscere
Ernest per poi, come dicevamo, essere tirata fuori
dai giochi assieme agli altri Osage, un po’ perchè la partita
sulla loro vita si gioca altrove, negli spazi in cui ha accesso
l’uomo bianco, un po’ perchè ciò che interessa a Scorsese è
sradicare la falsità che domina i rapporti tra questi criminali,
passando dall’epopea western a quasi il gangster movie.
Anche l’FBI, il punto di vista
fondamentale del libro, che conduce l’indagine e smaschera i lupi,
è poco presente nel film di
Scorsese. Tutto è funzionale alla messa in scena del
rapporto tra zio e nipote – o sarebbe meglio dire servo e padrone –
e che dovrebbe incapsulare il senso metaforico della prevaricazioni
sociale da parte dei bianchi in Oklahoma. Circoscrivere la vicenda
al microcosmo tematico prediletto da Scorsese funziona a tratti:
con un montaggio non sempre puntuale, soprattutto per quanto
riguarda le sequenze degli omicidi degli Osage, la riflessione
sull’act of killing, il vero e proprio genocidio che è
stato commesso, sembra venire meno rispetto alla ferocia con cui si
ritraggono i rapporti tra bianchi. Nonostante ciò, nel ritrarre
questo scontro tra Lupi, Scorsese fa Scorsese, una scelta che
convincerà sicuramente i fan di lunga data del regista, pur aprendo
la porta a quella scelta creativa sicuramente inedita, soprattutto
per quanto riguarda un inaspettato inserto finale.
Loki Stagione 2, Episodio
3 dal titolo 1893 è stata una puntata
molto emozionante, con molti riferimenti e Easter Egg al mondo
Marvel e a quello di Loki stesso,
in particolare. La serie ha finalmente introdotto Victor Timely,
una variante di Kang che abbiamo visto per la prima volta nella
scena post-credits di Ant-Man and the Wasp: Quantumania.
Interpretato ancora una volta da
Jonathan Majors, Victor Timely si preannuncia come
un’importante aggiunta ai personaggi, soprattutto per quello che
accade nel finale dell’episodio.
Dai riferimenti più ampi allo stato del multiverso del MCU ai suggerimenti e alle
anticipazioni su altre varianti di Kang, la serie ha continuato a
fornire una miriade di connessioni più ampie con altri elementi del
vasto universo dei Marvel Studios. Ed ecco di seguito ogni
riferimento, Easter Egg e collegamento ad altre proprietà Marvel trovate in Loki
Stagione 2, Episodio 3:1893.
Nuovo tema musicale d’apertura dei
Marvel Studios
Loki Stagione 2, Episodio
3 prosegue la tradizione Marvel delle variazioni del logo di
apertura. Anche se la grafica, questa volta, non ha
presentato variazioni, la fanfara che l’accompagna è stata
cambiata. Piuttosto che il normale ed eroico tema composto da
Michael Giacchino, la musica riprodotta sul logo
dei Marvel Studios ricordava invece una
orchestrina vecchio stile. La versione della fanfara è stata
utilizzata per riflettere il periodo di tempo in cui è stato
ambientato l’episodio, impostando il tono dell’episodio.
Il dialogo di Loki e Mobius
prefigura Victor Timely
Dopo essere usciti dalla
TVA ed essere entrati nella Chicago del 1868, Loki e Mobius
discutono del motivo per cui Ravonna Renslayer avrebbe scelto
quell’ora e quel luogo specifici da visitare. Durante questo
discorso, Loki chiede “C’è qualche figura importante nella
Storia che è nata in questo momento?” Questa domanda viene
posta mentre Loki e Möbius stanno sotto la finestra aperta della
casa di Victor Timely, prefigurando la sua apparizione
nell’episodio e il fatto che sia una variante molto importante
nella storia.
Loki fa riferimento alla scena del
Chinese Theatre di Iron Man 3
Durante Loki Stagione 2, Episodio 3, Loki e Mobius
esplorano l’Esposizione Mondiale di Chicago. Ad un certo punto, il
duo viene mostrato mentre esce da un set del Chinese Theatre,
sinonimo di Los Angeles, dopo aver tentato senza successo di
trovare Ravonna Renslayer. Sebbene il Chinese Theatre sia un famoso
punto di riferimento del mondo reale, il luogo è stato presentato
anche in Iron Man 3. Durante il film, Happy Hogan viene
ferito da un soldato Extremis proprio vicino al Chinese
Theatre.
Il riferimento a un Dio nordico dimenticato
Sempre nella scena di
introduzione alla Esposizione Mondiale di Chicago c’è un momento in
cui si fa chiaramente riferimento alla mitologia norrena. Loki e
Mobius vedono alle sculture di Thor, Odino e di un terzo dio
chiamato Balder. Nella mitologia norrena, Balder era tipicamente
raffigurato come il fratello di Thor e figlio di Odino. Solo nelle
iterazioni e nelle storie popolari moderne il personaggio di Loki è
stato modificato per essere il fratello di Thor, e questa scena si
riferisce proprio al fatto che il MCU ha sostituito il dimenticato
Balder con Loki, tanto che, commentando la scelta delle divinità da
raffigurare, il
Dio dell’Inganno dice: “Perché?” includono Balder? Nessuno ne
ha nemmeno sentito parlare.”
La sequenza è anche un riferimento
al personaggio dimenticato della Marvel Comics, Balder il Coraggioso. Nei
fumetti, Balder era il fratellastro di Loki e Thor. Sebbene la
battuta di Loki sia un divertente riferimento alla mitologia
norrena originale, è allo stesso tempo un riferimento a un
personaggio Marvel non presente nel MCU.
1893 fa riferimento alla storia
della famiglia di Ant-Man
Mentre Loki e Mobius
guardano il programma degli artisti sul palco della Fiera Mondiale
di Chicago, notano le Meraviglie Temporali di Victor Timely.
Sebbene questo sia di per sé un riferimento importante, sopra alla
scritta che riporta di Timely, è possibile individuare un altro
riferimento. Un altro artista alla fiera si chiama Ferdinand Lang,
che è senza dubbio un riferimento a Scott Lang dell’MCU. Dato che Ant-Man and the Wasp:
Quantumania ha fatto debuttare per la prima volta sia
Kang il Conquistatore che la prima occhiata alla seconda stagione
di Loki nella scena post-credits, è difficile immaginare che il
nome Lang sia una coincidenza.
Le meraviglie temporali di Victor
Timely
Attraverso il personaggio
di Victor Timely, Loki Stagione 2, Episodio 3 si diverte
molto con gli Easter Eggs. Uno di questi include il nome della
mostra di Timely alla Fiera Mondiale di Chicago. La dimostrazione
di Timely si chiama “Victor Timely’s Temporal Marvels”. Sebbene
questo sia un riferimento al Telaio Temporale della TVA e al tema
generale del tempo in Loki, l’uso della parola “Marvels” è un cenno
neanche tanto sottile al franchise a cui Loki appartiene. Si
sarebbe potuta usare qualsiasi altra parola per descrivere qualcosa
di meraviglioso, eppure lo sceneggiatore di Loki, Eric
Martin, ha scelto di fare un omaggio allo studio per cui
lavora.
La soundtrack di Loki viene suonata diegeticamente
Mentre Loki e Mobius
vengono mostrati mentre aspettano l’inizio della dimostrazione di
Timely, si può vedere una band suonare sul palco. La musica suonata
dalla band è una versione vecchio stile di “Green Theme” di Loki,
uno dei brani più riconoscibili della colonna sonora della prima
stagione scritta da Natalie Holt. Questo è un
riferimento per la musica dello spettacolo in quanto cattura
l’atmosfera di Loki fornendo allo stesso tempo un dettaglio
aggiuntivo per l’ambientazione nel 1893.
La Fiera Mondiale di Chicago fa
riferimento a Rama-Tut
Una delle varianti Kang più
famose della Marvel Comics è Rama-Tut, una versione di
Nathaniel Richards che viaggiò indietro nel tempo
per diventare un faraone egiziano. Rama-Tut è apparso anche nella
scena dei titoli di coda di Ant-Man and the Wasp: Quantumania.
Loki Stagione 2, Episodio 3 fa riferimento
alla variante egiziana di Kang. Mentre Victor Timely viene
inseguito per la fiera, si nasconde in un antico reperto egiziano.
Questo è un sottile riferimento alla variante egiziana di Kang che
Majors ha rappresentato in passato e prefigura efficacemente, in
modo subliminale, altre versioni più potenti di Kang.
Il laboratorio di Victor Timely è
decorato con simboli asiatici
Una scena della puntata si
svolge nel laboratorio di Victor alla Fiera di Chicago con Miss
Minutes e Ravonna. Su due oggetti diversi nel laboratorio, si
possono vedere simboli asiatici. Sebbene non sia chiaro quale
linguaggio specifico rappresentino questi simboli, potrebbero
fungere da collegamento con il mondo di
Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli. C’è una
teoria di lunga data che vorrebbe gli Anelli di Shang-Chi legati in
qualche modo al potere di Kang e questa scelta apparentemente solo
decorativa potrebbe essere un elemento di approfondimento di questo
tema.
Loki Stagione 2, Episodio 3 fa un riferimento
alla regista della prima stagione
Verso la fine di
Loki Stagione 2, Episodio 3, Ravonna e
Victor Timely salgono a bordo di una nave che li porta al
laboratorio vero e proprio di Timely. La nave si chiama SS Herron,
un riferimento a una figura importante della prima stagione di
Loki. Ogni singolo episodio della prima stagione di Loki è stato
diretto da Kate Herron. Sebbene non sia coinvolta
nella produzione della seconda stagione, l’SS Herron è un modo
sottile per il team di Loki di rendere omaggio a
qualcuno che è stato parte integrante del linguaggio visivo, dello
stile e del tono della serie.
Loki Stagione 2, Episodio
3 si conclude con un’importante scena finale, che fa porre
nuove domande sul quello che sarà il futuro della TVA e di Ravonna
Rensayer (Gugu Mbatha-Raw). Nell’episodio viene
rivelato che Ravonna è stata inviata su una linea temporale
ramificata, insieme all’IA senziente Miss Minutes (Tara
Strong) della Time Variance Authority, per creare un nuovo
Colui che Rimane. Tuttavia, sembra esserci una
verità nascosta sulla TVA riguardante sia il passato che il futuro
di Ravonna.
Come visto in Loki Stagione
2, Episodio 3, la nuova variante di Colui che Rimane denominata Victor Timely
(Jonathan
Majors) fa il suo debutto ufficiale nel MCU, dopo la sua scena post credits
di Ant-Man and the Wasp: Quantumania. Posizionato
in una linea temporale ramificata nel 1893, Timely è un inventore a
cui da bambino è stata regalata una guida TVA. Questo grazie a
Ravonna e Miss Minutes che apparentemente stanno seguendo gli
ordini postumi dello stesso Colui che Rimane.
Tuttavia, il loro piani vengono
fatti saltare dall’intervento di Loki (Tom
Hiddleston) e Mobius (Owen
Wilson) che hanno bisogno di Timely per salvare
l’attuale TVA mentre Sylvie (Sophia
Di Martino) vuole semplicemente ucciderlo. L’episodio
si conclude con un sorprendente cliffhanger, in particolare per
quanto riguarda Ravonna.
Quale grande segreto di Renslayer
conosce Miss Minutes?
Come visto alla fine di
Loki Stagione 2, Episodio 3, Miss Minutes voleva
che Timely le costruisse un vero corpo in modo che potesse essere
la sua compagna. Apparentemente, ha sempre voluto stare con
l’originale Colui che Rimane il quale però la
considerava solo come un animale domestico, un oggetto, nonostante
le avesse dato piena sensibilità e quasi completa autonomia.
Tuttavia, l’inventore rifiuta il suo amore, cosa che apparentemente
metterà Minutes contro di lui in futuro.
Miss Minutes ritorna da Ravonna
Renslayer proprio alla fine dell’episodio, confermando che conosce
molti dei suoi segreti e suggerendo che non è stato saggio da parte
di Timely averla resa una sua nemica. Nel finale si accenna anche
al fatto che Miss Minutes conosce un grande segreto sulla stessa
Ravonna che “la farà davvero arrabbiare“. È ovvio che Miss
Minutes rivelerà di più sul passato nascosto di Ravonna, ma dovremo
aspettare la puntata 4.
Come ha fatto Sylvie ha inviare
Renslayer alla fine dei tempi
Alla fine di Loki
Stagione 2, Episodio 3, Sylvie usa il dispositivo
temporale che ha preso da Colui che Rimane per
inviare Ravonna Renslayer alla Cittadella alla Fine dei Tempi.
Questo dispositivo sembra essere una versione più avanzata dei
TemPad standard utilizzati dagli agenti TVA. Di conseguenza, questo
spiega perché Sylvie è ancora in grado di muoversi attraverso la
linea temporale sacra e in realtà ramificate nonostante il suo odio
per Colui che Rimane e per la TVA da lui
creata. Nonostante la TVA sia pericolo, Sylvie ha ancora i mezzi
per viaggiare nel tempo in modo indipendente e attraversare il
multiverso mentre si gode la sua nuova libertà.
Detto questo, Loki probabilmente ha
ragione nel credere che senza la TVA, il multiverso cadrebbe a
pezzi. Ciò includerebbe qualsiasi realtà che Sylvie ha trovato per
vivere il resto della sua nuova vita. Come già anticipato in questo
nuovo episodio, Sylvie probabilmente unirà le forze con Loki per
salvare la TVA nei prossimi episodi, nonostante tutto quello che
l’organizzazione le ha tolto sin da quando era bambina.
Indipendentemente da ciò, ha comunque ottenuto una piccola vendetta
bandendo Ravonna alla Fine dei Tempi, anche se è probabile che
Renslayer riuscirà a scappare con l’aiuto di Miss Minutes.
In che modo l’episodio prefigura la
verità su Renslayer
Nella premiere della seconda
stagione di Loki, il protagonista ha trovato una registrazione
audio nella TVA in cui ha sentito Colui che Rimane
ringraziare Ravonna per il suo servizio. Ciò suggerisce un ciclo
temporale di origini ciclico, in cui Ravonna era presente proprio
agli inizi della TVA. Tuttavia, ne consegue che non ricorda il suo
ruolo nella creazione della TVA dopo che Colui che Rimane le ha
cancellato la memoria. Questa è molto probabilmente la verità su
Renslayer che Miss Minutes rivelerà nei prossimi episodi, il che
naturalmente la farebbe piuttosto arrabbiare.
Cosa sta succedendo alla fine dei
tempi?
Bandita nella Cittadella
alla Fine dei Tempi, sembra che Ravonna si trovi adesso in un
palazzo in rovina. La Cittadella si sta autodistruggendo. Stando a
quanto accaduto nel finale della prima stagione, forse
Colui che Rimane era l’unica cosa che manteneva
tutto insieme in questo spazio temporale piuttosto instabile noto
come il Vuoto, sebbene potesse anche essere collegato al multiverso
in espansione. In ogni caso, sembra che Ravonna sia rimasta
intrappolata qui come intendeva Sylvie, anche se Miss Minutes ha
dimostrato di avere una certa familiarità con la Cittadella.
Miss Minutes
probabilmente sa come liberare Ravonna e aiutarla a sfuggire dalla
Fine dei Tempi. Quindi, le due probabilmente pianificheranno le
prossime mosse che potrebbero comportare la rimozione di
Victor Timely e della TVA nella situazione
attuale. Forse proveranno anche a trovare una nuova variante a cui
affidare il ruolo di Colui che Rimane. Allo stato attuale, è
difficile valutare le loro esatte motivazioni e pianificare cosa
accadrà.
Quanto tempo è passato alla fine
dei tempi
Considerando la
decomposizione del corpo di Colui che Rimane,
sembra proprio che sia passato molto tempo da quando è stato ucciso
da Sylvie nel finale della stagione 1 di Loki. Tuttavia, il tempo
funziona in modo diverso sia nella TVA che alla Fine dei Tempi,
quindi il passaggio effettivo di detto tempo è naturalmente
relativo e difficile da quantificare esattamente.
Indipendentemente da ciò, è
chiaramente passato abbastanza tempo perché la Cittadella cadesse a
pezzi e una moltitudine di nuove linee temporali crescesse con un
multiverso in continua espansione. Allo stesso modo, nuove varianti
di Colui che Rimane hanno iniziato ad apparire in
tutto il MCU, come si è già visto in altri
prodotti MCU (il Consiglio dei Kang alla
fine di Ant-Man and the Wasp: Quantumania).
Chiaramente, gli effetti della morte di Colui che
Rimane si fanno sentire in larga misura.
La prima volta che incontriamo
Lisa, la protagonista di One Day All
This Will Be Yours, è nella sua vasca da bagno, in
cerca di riparo dalla sua vita confusionaria e frenetica. Un riparo
che però non trova, reimmergendosi ben presto nei tentativi di
trovare un titolo al suo primo libro e nei complessi rapporti con
il suo editore. Andreas Öhman – regista
svedese fattosi notare nel 2010 con il suo esordio Simple
Simon – ci presenta dunque sin da subito una protagonista
totalmente fuori controllo e proprio la ricerca di esso come anche
del proprio posto nel mondo saranno alla base di questo
racconto.
Un racconto, affrontando il quale
Öhman, anche sceneggiatore del film, sceglie di mettersi per primo
totalmente a nudo, rielaborando vicende personali ma anche la
dolorosa scomparsa della sorella quando era solo un bambino. Così
facendo permette a One Day All This Will Be Yours
– Presentato nella sezione Progressive
Cinema della Festa del Cinema di
Roma, di acquisire una spontaneità seducente e una
vitalità contagiosa, infondendogli inoltre il giusto equilibrio per
raccontarci una volta di più di quanto le persone possano essere
imperfette, complicate, fragili e proprio per questo amabili.
La trama di One Day All This
Will Be Yours
Come già detto, protagonista di
One Day All This Will Be Yours è Lisa (Karin Franz
Körlof), una fumettista trentenne che proprio mentre sta
lavorando per terminare in tempo il suo nuovo libro, viene
convocata insieme alla sorella e al fratello nella fattoria di
famiglia nel nord della Svezia. I due anziani genitori, infatti,
devono fare loro un importante annuncio riguardante la foresta che
la famiglia possiede da generazioni. Questo ritorno a casa
costringe però Lisa ad affrontare i problematici rapporti che
l’hanno allontanata dai suoi parenti, come anche un trauma del
passato mai realmente risolto.
La strada verso casa
Si è soliti dire che tutta la vita
non è altro che un lungo e continuo viaggio di ritorno a casa,
qualunque essa sia e ovunque possa trovarsi. La Lisa che
incontriamo all’inizio del film sembra rispondere perfettamente a
questo modo di dire, poiché pur avendo fatto della propria passione
il suo mestiere, sembra continuamente non appartenere al mondo che
si è costruita intorno. E se anche lei non vuole ammetterlo, ce lo
suggerisce il regista con la sua tremolante macchina a mano,
evidenziando così quel tremore che la protagonista cerca di
camuffare.
Ma anche quando tornerà a casa dai
suoi genitori, a Lisa verrà in più occasioni detto che non
appartiene a quel posto. Ma allora dov’è la casa di Lisa? Qual è il
suo posto nel mondo? È quello che lei cerca di scoprire, dapprima
riluttante poi sempre più determinata. Lentamente inizia allora a
rifuggire da quel mondo di fantasia che si è costruita negli anni –
e che le permette di vedere oggetti inanimati prendere vita, come
la schiuma, gli alberi o perfino le lattine di birra che beve
continuamente – per abbracciare sempre di più la natura e la
rinnovata serenità che essa sembra conferirle.
Quando ciò avviene, anche se non è
immersa dal verde della foresta, Lisa avrà sempre qualche elemento
di questo colore accanto a sé, indicandoci che il suo pensiero o il
suo animo continua ad andare in quella direzione. Ma Lisa non è il
tipo di persona che si abbandona facilmente e incondizionatamente
agli istinti del proprio cuore. Sboccata, cinica e aggressiva, si è
costruita nel tempo una corazza – o corteccia, per rimanere in tema
natura – difficile da scalfire e che prontamente indossa quando le
cose sembrano complicarsi troppo a livello emotivo.
Karin Franz Körlof in una scena di One Day All This Will Be
Yours.
La bellezza dei personaggi imperfetti
Risulta allora difficile prevedere
le sue azioni e reazioni, anche se il racconto che Öhman costruisce
rimane saldamente ancorato (a volte forse troppo) a determinati
binari tipici di questo genere di racconti. Ma il regista riesce a
non far pesare questa aderenza, che anzi sembra servirgli per
potersi concentrare totalmente sulla sua protagonista, un
personaggio che ci ricorda quanto siano belli i personaggi così
imperfetti e umani, specialmente quando scritti in modo accurato,
con le giuste caratterizzazioni e interpretati da attori
all’altezza.
Karin Franz Körlof
si dimostra essere anche di più, una vera e propria forza della
natura capace di accentuare quanto da Öhman scritto per Lisa,
rendendola un personaggio impossibile da non amare. La si segue
allora con grande attenzione nel corso del suo viaggio e nel suo
ricercare il coraggio di affrontare il passato e dunque crescere.
Un viaggio nel quale si può sperimentare un umorismo amaro, i
drammi dell’esistenza e dei rapporti umani, ma anche le
innumerevoli sfumature colorate che la vita può assumere e svelare
nei momenti più impensabili.
Öhman, attraverso Lisa, riesce a
cogliere tutto ciò e a racchiuderlo in un feel-good
movie dotato di grande sincerità, che nel momento in cui porta
a compimento il viaggio della sua protagonista riesce a far
strabordare dallo schermo emozioni che investono lo spettatore
lasciandogli addosso sensazioni particolarmente positive. Un
risultato che non sempre riesce a questa tipologia di film,
talvolta così concentrati nel ricercare l’emozione a tutti i costi
da non riuscire a farla propria. One Day All This Will Be
Yours non perde invece di vista la sua protagonista e le sue
vicende, ed è proprio lì che trova infine il proprio posto, il
proprio cuore e le emozioni che lo renderanno memorabile.
Nella sera più paurosa dell’anno
arriva in prima tv su Sky Halloween
Ends (recensione),
ultimo capitolo dell’acclamata saga horror che ha appassionato il
mondo, martedì 31 ottobrealle 21.15 su
Sky Cinema Halloween, in streaming su NOW e disponibile on
demand. Su Sky il film sarà disponibile on demand
anche in 4K.
Diretto da David Gordon
Green, Halloween
Ends vede il ritorno dell’icona Jamie Lee Curtis nei panni di Laurie Strode,
per affrontare per l’ultima volta, dopo 44 anni dalla nascita del
franchise, l’incarnazione del male Michael Myers. Con lei anche
Andi Matichak, nel ruolo della nipote Allison, e
Rohan Campbell, che interpreta CoreyCunningham.
Halloween Ends vede anche il ritorno dei protagonisti Will
Patton nei panni dell’agente Frank Hawkins, Kyle
Richards nei panni di Lindsey Wallace e James Jude
Courtney nei panni di Michael Myers. Il film è scritto da
Paul Brad Logan, Chris Bernier,
Danny McBride e David Gordon
Green ed è basato sui personaggi creati da John
Carpenter e Debra Hill.
La trama del
film
Il franchise horror più acclamato e
venerato della storia del cinema raggiunge la sua epica e
terrificante conclusione quando Laurie Strode (Jamie Lee Curtis)
affronta per l’ultima volta l’incarnazione del male, Michael Myers.
Michael non si vede da quattro anni dopo gli eventi di Halloween
Kills. Laurie vive con sua nipote Allyson (Andi Matichak) e ha
scelto di liberarsi dalla paura e dalla rabbia e abbracciare la
vita. Quando un giovane viene accusato di aver ucciso il ragazzo a
cui faceva da babysitter, si innesca una cascata di violenza e
terrore con uno scontro finale tra Laurie e Michael diverso da
qualsiasi altro mai mostrato sullo schermo. Solo uno di loro
sopravviverà.
SKY CINEMA
HALLOWEEN
HALLOWEEN ENDS fa
parte dei titoli proposti da SKY CINEMA HALLOWEEN,
che da sabato 21 a martedì 31 ottobre, sul
canale 303 di Sky e su NOW, proporràoltre 70
titoli “da paura” che spaziano nei generi: avventure a
tinte dark, titoli per tutta la famiglia e horror.
Sul canale saranno proposte altre
due prime visioni: si tratta del fanta-horror tratto dalla celebre
serie a fumetti italiana della Sergio Bonelli Editore DAMPYR
(sabato 21 ottobre alle 21.15 su Sky Cinema Uno e alle 21.45 su Sky
Cinema Halloween), e dell’horror-thriller di M. Night Shyamalan con
Dave Bautista, tratto da un romanzo di Paul Tremblay, BUSSANO ALLA PORTA (lunedì 30 ottobre alle
21.15 su Sky Cinema Uno e alle 21.45 su Sky Cinema Halloween).
Inoltre, tra i titoli che
animeranno il canale, anche il sesto capitolo della saga horror
SCREAM VI con Melissa Barrera, Jenna Ortega e
Courteney Cox; il fanta-thriller rivelazione sull’intelligenza
artificiale M3GAN; il cult degli anni 90 che ha
consegnato alla leggenda Brandon Lee, IL CORVO – THE
CROW; e il film sulle origini del vampiro più famoso, fra
storia e leggenda, DRACULA UNTOLD.
E ancor i film cult per tutta la
famiglia, come GHOSTBUSTERS – ACCHIAPPAFANTASMI
con Bill Murray, Dan Aykroyd e Harold Ramis; l’avventura da brivido
nel primo capito della saga LA MUMMIA con il
premio Oscar 2023 Brendan Fraser; la commedia fantastica su un
tenero spettro, CASPER con Christina Ricci e Bill
Pulman; e la divertente avventura PICCOLI BRIVIDI
con Jack Black nei panni dello scrittore fantasy Robert L.
Stine.
I Marvel Studios hanno rilasciato un nuovo promo
per il prossimo sequel di Captain
Marvel di Nia DaCosta, The
Marvels, e il nuovo contributo contiene un bel
po’ di nuovi filmati nei suoi 30 secondi.
Lo spot mira a mostrare che i tre eroi sono “proprio come noi”
quando non stanno salvando il mondo, con Carol Danvers che ascolta
musica, Kamala Khan che disegna il suo idolo e Monica Rambeau che
sta per festeggiare con un aperitivo. Quindi, dopo vediamo il team
in azione mentre usano i loro poteri per eliminare alcuni degli
scagnozzi Kree di Dar-Benn, e proprio alla fine, Nick Fury dice a
Capitan Marvel che potrebbe essere una
buona idea “mostrarne alcuni con moderazione.” Danvers risponde che
“non è proprio il suo genere”.
The
Marvels, il sequel del cinecomic Captain Marvel con
protagonista il premio Oscar Brie
Larson che ha incassato 1 miliardo di dollari al
box office mondiale, sarà sceneggiato da Megan McDonnell,
sceneggiatrice dell’acclamata serie WandaVision.
Sfortunatamente, Anna
Boden e Ryan Fleck, registi del
primo film, non torneranno dietro la macchina da presa: il sequel,
infatti, sarà diretto da Nia DaCosta, regista
di Candyman.
Nel cast ci saranno
anche Iman Vellani(Ms.
Marvel, che vedremo
anche nell’omonima serie tv in arrivo su Disney+)
e Teyonah Parris (Monica Rambeau, già
apparsa in WandaVision). L’attrice Zawe
Ashton, invece, interpreterà il villain principale, del
quale però non è ancora stata rivelata l’identità. Il film, salvo
modifiche, arriverà in sala il 8 novembre
2023.
I primi due episodi della
seconda stagione di
Loki presentavano un paio di scatti
che molti fan hanno percepito come Easter Eggs sugliX-Men, che
potrebbero aver suggerito l’imminente arrivo degli iconici eroi
mutanti nell’MCU.La premiere della
serie includeva quello che sembrava un cenno piuttosto palese alla
“Porta di Cerebro” che era un appuntamento fisso dei
film X-Mendella 20th Century Fox.
Quindi, in “Breaking Brad”,
Loki e Mobius viaggiano in una linea temporale in cui Hunter B-5 è
diventato un ladro e sta vivendo la sua vita migliore come attore
di nome Brad Wolfe. Quando il dio
dell’inganno raggiunge “Zaniac”, sul muro si possono intravedere
alcuni graffiti che recitano: “Tutti gli M sono
fratelli”.
Questi potrebbero essere
stati aggiunti Easter Eggs sugli X-Men, ma secondo il regista Dan
DeLeeuw, non erano qualcosa che aveva pianificato di includere come
un modo per suggerire l’arrivo della super squadra.
“Questo è il
dipartimento artistico, Kasra [Farahani, che ha anche diretto
l’episodio 3], il nostro scenografo, è un genio con tutti i
set”, ha spiegato il regista
a Screen
Rant. “Con i
poster nella TVA puoi vedere che se lasci che il dipartimento
artistico si occupi di qualcosa, verranno fuori con idee
straordinarie che hanno una storia dietro di
loro.”
“Ma è qualcosa che
non ti saresti mai aspettato di trovare sul set. Non era davvero
pianificato.”DeLeeuw ha poi ricordato come
il suo tutor di materie umanistiche all’università spesso diceva
alla classe: “Beh, se è lì, è lì“, se aveva un’idea o una
prospettiva diversa su un libro che stavano
studiando. “È come, ‘Okay, non penso che
fosse questa l’intenzione, ma, se volevano che fosse lì,
certo.'”
Tom Hiddleston è tornato nel ruolo del dio del
male nella seconda stagione di Loki,
insieme alle star della prima stagione come
Owen Wilson, Gugu Mbatha-Raw, Sophia Di Martino, Tara Strong e
la nuova aggiunta Ke Huy Quan.
Eric Martin è il capo sceneggiatore e
produttore esecutivo della seconda stagione. Hiddleston è anche
produttore esecutivo insieme al capo dei Marvel Studios Kevin Feige e Stephen
Broussard, Louis D’Esposito, Victoria Alonso, Brad Winderbaum,
Kevin R. Wright, Justin Benson e Aaron Moorhead e Michael
Waldron. Trevor Waterson è co-produttore
esecutivo. Benson & Moorhead, Dan Deleeuw e Kasra Farahani
sono stati i registi della stagione. I nuovi episodi di Loki
debuttano giovedì alle 21:00 ET/18:00 PT su Disney+.
Nel primo film di Aquaman, Arthur
Curry (Jason
Momoa) si è scontrato con il suo malvagio
fratellastro, Orm (Patrick
Wilson), ma nel prossimo sequel questi personaggi
avranno una dinamica molto diversa.Il recente
trailer di Aquaman
2 ha confermato che Aquaman unirà le forze con un Ocean Master
imprigionato per combattere la minaccia comune di Black
Manta, e sembra che la loro collaborazione sarà
l’obiettivo principale del Aquaman e il
Regno Perduto.
“Fin dall’inizio, ho
pensato che il primo film sarebbe stato un film in stile Romancing
The Stone – una commedia romantica di azione e avventura – mentre
il secondo sarebbe stato una vera e propria commedia tra amici”,
dice il regista James Wan a
Empire . “Volevo
fare Tango & Cash!”
“Jason interpreta
Arthur in modo straordinario; Patrick interpreta l’uomo
etero”, continua
Wan. “Non è diverso da quello che hanno
fatto Will Smith e Tommy Lee Jones in Men In Black: come Tommy,
Patrick interpreta il tutto in modo asciutto, ma molto
divertente.”
Non essendo riuscito a
sconfiggere Aquaman la prima volta, Black Manta, ancora spinto dal
bisogno di vendicare la morte di suo padre, non si fermerà davanti
a nulla pur di sconfiggere Aquaman una volta per tutte. Questa
volta Black Manta è più formidabile che mai, poiché brandisce il
potere del mitico Tridente Nero, che scatena una forza antica e
malvagia. Per sconfiggerlo, Aquaman si rivolgerà al fratello Orm,
l’ex re di Atlantide e imprigionato alla fine del primo film, per
stringere un’improbabile alleanza. Insieme, dovranno mettere da
parte le loro differenze per proteggere il loro regno e salvare la
famiglia di Aquaman e il mondo dalla distruzione
irreversibile.
Jason Momoa è atteso di
nuovo nei panni dell’eroe in Aquaman e il
Regno Perduto, sequel del film che ha rilanciato in
positivo le sorti dell’universo cinematografico DC. In questo
seguito, diretto ancora una volta da James
Wan(Insidious, The Conjuring),
torneranno anche Patrick
Wilson nei panni di Ocean Master, Amber
Heard, nei panni di Mera, Dolph Lundgren che sarà ancora una volta
Re Nereus, il padre di Mera, e ancora Yahya
Abdul-Mateen II nei panni di Black Manta,
che abbiamo visto riapparire nella scena post-credit del primo
film.David Leslie Johnson-McGoldrick,
collaboratore ricorrente di Wan, scriverà la
sceneggiatura del film, mentre il regista e Peter
Safran saranno co-produttori. Il film arriverà al cinema
il 20 dicembre.
Widow Clicquot, il nuovo film di Thomas Napper, ci porta a Champagne dove
Barbe-Nicole Clicquot, rimasta vedova deve affrontare un mondo
governato da soli uomini, ereditando l’azienda di famiglia del
marito. Purtroppo, in un periodo storico dove anche le leggi sono a
suo sfavore, Barbe-Nicole (interpretata da Haley Bennett, che è anche produttrice del
film) dimostrerà grande determinazione e spirito di innovazione che
la faranno contraddistinguere ancora oggi per le sue importanti
scoperte. La protagonista ha raccontato il suo personaggio
definendolo un incontro, “come se ci si innamorasse” paragonando
questa esperienza ai suoi precedenti ruoli e sentendosi arricchita
di qualcosa di più di una semplice interpretazione.
“Il ruolo di Barbe è un ruolo
particolare perché non si parla solo di femminismo ma anche di
lutto. Ci sono pochi ruoli che cercano di raccontare questo tipo di
esperienza femminile e pochi uomini che hanno il coraggio e si
prendono le responsabilità di raccontarla. Nel personaggio c’è
tutta me stessa, ma è quello che cerco di fare con tutti i miei
personaggi. Io amo recitare ma amo ancora di più preparare e in un
certo senso innamorarmi dei ruoli che vado a fare perché quando
prepari un personaggi instauri una relazione con esso”, ha
detto Haley Bennett per poi continuare: “Ho conosciuto
la storia della vedova Clicquot mentre stavo girando un altro film.
Ero in Sicilia per le riprese di Cyrano e una mia amica, che lavora
come sommelier, mi ha dato un libro che raccontava la storia dei
Clicquot e di Barbe-Nicole. L’ho letto e sono rimasta incantata
dalla storia di questa donna che, rimasta vedova, ha preso in mano
l’azienda del marito e l’ha resa la più grande”.
Thomas Napper: “Ci sono diversi riferimenti artistici”
Quali sono i riferimenti a
cui ti sei ispirato per il film?
Thomas Napper: “Vengo da una
famiglia di pittori. La mia casa ha sempre profumato di questo
particolare aroma di pittura ad olio. Un dipinto che invece mi ha è
stato d’ispirazione è la Danza della vita di Edvard Munch. Al
centro una giovane coppia danza. Sembrano essersi fusi insieme. Il
vestito rosso della donna si avvolge intorno alla gamba dell’uomo.
Ai lati della coppia c’è una donna. Da sinistra viene verso di noi
una giovane donna vestita di bianco, luminosa e felice. A destra si
trova una donna vestita di nero, rigida e seria. Che sono le due
anime che descrivono Barbe-Nicole all’interno del film. Mi piaceva
che il film fosse “massimalista”, al contrario nella mia famiglia
sono minimalisti.”
“Mi piace che ci siano libri e
oggetti vari ma quello che abbiamo che abbiamo cercato di fare
durante le riprese del film è effettivamente togliere tutti gli
oggetti che non fossero necessari. Un’altra cosa che abbiamo voluto
portare nel film è proprio il cambiamento nella vita di
Barbe-Nicole. Inizia tutto in questa casa borghese e andando avanti
tutto assume un’estetica ben precisa, sempre più asciutta. Mi sono
accorto che più toglievo, più il personaggio risaltava. Anche il
fatto che il film si riduca a una sola ambientazione, dice molto
sul personaggio, perché volevo che tutti fossero vicini alla casa e
all’azienda, che si percepisse il legame con il
territorio”.
Tom Sturridge interpreta Francois in Widow Clicquot, un
personaggio vittima della perfezione
Dopo la prima stagione di
Sandman torni a
interpretare un personaggio complicato. Da Morfeo, il dio dei
sogni, a Francois che invece ha un sogno e cerca la perfezione.
Quali credi che siano le connessioni tra questi due
personaggi.
Tom Sturridge: “Sono entrambi connessi ai
sogni. Francois è un sognatore e ha una forte connessione con la
sua fantasia che lo disconnette dal reale che è quello che lo rende
un personaggio meraviglioso ma che, come vediamo, alle volte può
essere frustante. Diciamo che entrambi sono i custodi dei loro
sogni.”
Il ruolo di Edward Norton in L’incredibile
Hulk del 2008 è stato accolto con
recensioni contrastanti. Secondo uno stuntman che ha lavorato
al film, era difficile lavorare con l’attore. Parlando con
Joanna Robinson per il suo libro appena uscito
MCU: The Reign of Marvel Studios, lo stuntman Terry
Notary ha parlato del tempo trascorso durante le riprese
del film del 2008.
Secondo Notary, Edward Norton non ha dedicato molto in termini
di impegno quando si è trattato di realizzare il lavoro di motion
capture per Hulk. Questo, a sua volta, ha reso il
lavoro del team VFX un po’ più difficile.“[Norton] non era veramente impegnato, per quanto
riguarda Hulk, a meno che non si stesse trasformando da se stesso
in Hulk“, ha detto Notary. “Non è stato molto
presente durante tutta la faccenda.”
Terry Notary ha
elogiato Tim Roth per la sua professionalità nel film
Keith Roberts, che è stato
direttore dell’animazione di L’incredibile Hulk,
concorda con i commenti di Notary nel confermare che “Hulk non
ha le espressioni di Edward Norton, ma i due sono stranamente
simili nei tempi facciali“.
Terry Notary
ha poi elogiato Tim Roth, che nel film interpretava Emil
Blonsky/Abominio. Secondo Notary,
Roth era un “attore per eccellenza” e voleva essere coinvolto
in molte cose. “[Roth è] uno di quegli attori
per eccellenza a cui piace essere coinvolto, vuole assicurarsi che
avrà un bell’aspetto e che il suo personaggio abbia un
bell’aspetto“, ha detto Notary.
L’incredibile Hulk (The Incredible
Hulk) è il film del 2008 diretto da Louis Leterrier e reboot del
precedente Hulk del 2003 di Ang Lee e secondo film del
Marvel Cinematic Universe.
Il protagonista è interpretato da Edward Norton,
il quale contribuì anche alla stesura della sceneggiatura insieme a
Zak Penn. il supereroe è incentrato principalmente sulla versione
Ultimate dove Banner si sottopone all’esperimento di proposito, e
non viene investito dai raggi gamma nel tentativo di salvare Rick
Jones come nell’universo Marvel tradizionale.
“Con Robert siamo cresciuti
insieme, ci conosciamo fin da quando eravamo adolescenti”.
dice Martin Scorsese a Cinefilos.it – “È
l’unico attore che sa veramente da dove vengo, che tipo di persone
frequentavo. Gli anni ‘70 per il nostro rapporto sono stati un
grande banco di prova, abbiamo sperimentato tutto il possibile e
abbiamo scoperto di poterci fidare l’uno dell’altro. In quel
periodo Robert come star possedeva un potere
enorme e avrebbe potuto facilmente prendere il controllo dei nostri
film. Non ho mai avuto paura di questo. Lavoravamo in libertà,
desiderosi di sperimentare, senza alcuna paura. Anni dopo mi disse
che in un film intitolato Voglia di ricominciare
aveva recitato con un ragazzo, un certo
Leonardo DiCaprio, e mi consigliò di lavorarci un
giorno. Lo disse in maniera quasi casuale, ma non lo era
affatto”.
“Non era da Bob, uno che non dà
mai questo tipo di suggerimenti”. A continuato
Scorsese– “Così anni dopo Leo rese
possibile la realizzazione di Gangs of New York,
visto che dopo Titanic era una star mondiale. Il nostro
rapporto si è consolidato con The Aviator, ho
capito grazie a quel film che eravamo sulla stessa lunghezza
d’onda. La svolta è arrivata con The Departed, un thriller che Bill
Monahan riscriveva continuamente per stare dietro
all’interpretazione febbrile di Leo. Quello è stato il progetto che
mi ha fatto capire quanto, anche se abbiamo età diverse, possediamo
moltissime cose in comune, un’affinità umana e intellettuale. Per
The Wolf of Wall Street mi sono fidato completamente
di lui, e durante le riprese mi ha regalato momenti
incredibili”.
Oltre a dirigere, Martin Scorsese ha scritto la sceneggiatura
con Eric Roth, co-sceneggiatore di Dune e A
Star is Born. Leonardo
DiCaprio interpreta Ernest Burkhart, il nipote di un
potente allevatore locale interpretato da Robert De Niro, mentre Lily
Gladstone interpreta la moglie Osage Mollie e
Jesse Plemons è Tom White, l’agente dell’FBI
incaricato di indagare sugli omicidi. Il cast include anche
Brendan Fraser e John Lithgow.
Killers
of the Flower Moon riunisce ancora una volta Martin Scorsese con i collaboratori di lunga
data Leonardo DiCaprioe
Robert De Niro. Insieme a loro ci sono l’attore premio
Oscar
Brendan Fraser, Jesse Plemons, Lily Gladstone,
Tantoo Cardinal, Jason Isbell, Sturgill Simpson, Louis Cancelmi,
William Belleau, Tatanka Means, Michael Abbott Jr., Pat Healy,
Scott Shepherd e molti altri. La pellicola è
diretto e prodotto da Martin Scorsese. Il film è una produzione
di Apple Studios, Imperative Entertainment e Appian Way
Productions, con Dan Friedkin e Bradley Thomas come produttori.
Il fondatore di Blumhouse, Jason Blum ha
affermato che il prossimo reboot di Spawn , che
sarà interpretato da Jamie Foxx, si distinguerà dagli altri
film di supereroi.
“Sì, porterò il tocco Blumhouse
[nel film Spawn]”, ha detto Blum durante il Comic Con di New
York della scorsa settimana (tramite Bleeding Cool
News). “Sarà innovativo e originale rispetto ad altri
film di supereroi. Sembrerà sicuramente la versione Blumhouse
di un film di supereroi.“
Cosa sappiamo del
riavvio di Spawn?
Creato dal co-fondatore della Image
Comics Todd McFarlane, Spawn ha debuttato nel
1992. Un adattamento cinematografico con Michael Jai
White nel ruolo omonimo è uscito nei cinema nel 1997. Dopo
che le voci su un sequel si sono rivelate infondate, McFarlane ha
iniziato a sviluppare un riavvio nel 2007. Il progetto ha
attraversato numerose iterazioni prima di trovare casa alla
Blumhouse nel 2017. Jamie Foxx ha firmato per interpretare Spawn
nel 2018. Jeremy Renner era stato scelto per
interpretare Twitch Williams a un certo punto, anche se non è
chiaro se l’attore di
Occhio di Falco sia ancora coinvolto nel film.
Inizialmente si prevedeva che
McFarlane dirigesse personalmente il nuovo film di Spawn, anche se
alla fine si è dimesso dalla sedia da regista. Ha anche
scritto la prima bozza della sceneggiatura, che da allora è stata
sottoposta a numerose riscritture, le più recenti da parte
di Scott Silver, Malcolm Spellman e
Matthew Mixon. All’inizio di questo mese, Blum ha confermato
che il riavvio a lunga gestazione sarebbe finalmente uscito
nel 2025. “Il 2025 è il momento in cui Spawn uscirà“,
ha detto il produttore mentre promuoveva L’esorcista – Il
credente. “Lo sostengo. Lo sostengo.”
Un gruppo di 55 eminenti artisti e
sostenitori dell’industria dell’intrattenimento hanno firmato una
lettera aperta al presidente Joe Biden,
sollecitando un appello per un cessate il fuoco a Gaza e in
Israele.Tra i firmatari figurano nomi come
Joaquin Phoenix,
Cate Blanchett, Jon Stewart,
Kristen Stewart,
Susan Sarandon,
Mahershala Ali,
Riz Ahmed, Ramy Youssef e Quinta Brunson.
“Esortiamo la vostra
amministrazione e tutti i leader mondiali a onorare tutte le vite
in Terra Santa e a chiedere e facilitare un cessate il fuoco senza
indugio, la fine dei bombardamenti su Gaza e il rilascio sicuro
degli ostaggi“, si legge nella lettera.
La dichiarazione, distribuita
dall’organizzazione Artists 4 Ceasefire, include anche un commento
del portavoce dell’UNICEF James Elder, che sottolinea la
devastazione inflitta alla popolazione di Gaza dai continui
attacchi aerei israeliani e dai blocchi di acqua ed
elettricità.
“I bambini e le famiglie di Gaza
sono praticamente rimasti senza cibo, acqua, elettricità, medicine
e accesso sicuro agli ospedali, in seguito a giorni di attacchi
aerei e tagli a tutte le vie di rifornimento“, si legge nella
dichiarazione di Elder. “L’unica centrale elettrica di
Gaza è rimasta senza carburante mercoledì pomeriggio, interrompendo
l’elettricità, l’acqua e il trattamento delle acque reflue. La
maggior parte dei residenti non può più ottenere acqua potabile dai
fornitori di servizi o acqua domestica attraverso le
condutture…. La situazione umanitaria ha raggiunto livelli
letali, eppure tutti i rapporti indicano ulteriori
attacchi. La compassione – e il diritto internazionale –
devono prevalere”.
All’inizio di questa settimana,
un’altra lettera che chiedeva un cessate il fuoco a Gaza e
l’apertura agli aiuti umanitari nella regione ha attirato numerosi
firmatari significativi. La dichiarazione,
di Artists for Palestine UK, è
stata firmata da personaggi come
Tilda Swinton, Charles Dance, Steve Coogan, Miriam Margolyes,
Michael Winterbottom, Mike Leigh e Asif Kapadia. La
lettera accusava il governo britannico di “non solo tollerare i
crimini di guerra ma anche di aiutarli e favorirli”.
Il 7 ottobre, il gruppo militante
palestinese Hamas ha lanciato un attacco senza precedenti contro
Israele, uccidendo più di 1.400 persone e prendendo più di 200
ostaggi. Il governo israeliano ha risposto lanciando un
“assedio completo” su Gaza, come descritto dal ministro della
Difesa israeliano Yoav Gallant. Secondo il Ministero della
Sanità palestinese, più di 3.800 palestinesi sono stati uccisi nel
conflitto.
Austin Butlerpensava che Tom Hardysarebbe sempre stato
serio mentre girava il loro prossimo film drammatico
The
Bikeriders, ma ha poi scoperto che Hardy
ha l’impressionante capacità di accendere e spegnere la sua intensa
emotiva. I due attori sono protagonisti del dramma di Jeff Nichols
insieme a
Jodie Comer. Il film, ispirato al libro di Danny Lyon,
segue l’ascesa e la caduta di un immaginario club motociclistico
degli anni ’60 nel Midwest. Tom Hardy interpreta una pericolosa figura che
fa da mentore al personaggio di
Austin Butler.
“Dopo lo spettacolo di ‘Elvis‘ e ‘Dune‘, e questi
personaggi che erano molto diversi da me, poter andare in qualcosa
in cui c’è un’intima sensibilità per ‘The Bikeriders'”, ha
detto recentemente Butler a Josh Brolin durante un chat per la
rivista Interview . “Sono i motori
rombanti e l’odore di grasso che dobbiamo avere intorno. È
stato bello andare in qualcosa che sembrasse più indipendente e
suonare in quello spazio per un po’. Ma una delle cose a cui
stavo pensando prima, quando parlavi di quel relax sul set, era che
Tom Hardy mi aveva sorpreso. Lo immaginavo
come un orso grizzly, sempre serio. E davvero, è una delle
persone più divertenti che abbia mai incontrato. Scherzava
finché non veniva chiamata l’azione e poi diventava il ragazzo più
intenso che avessi mai visto”.
“Mi ricorda le storie che ho
sentito di [Marlon] Brando, che parla con l’operatore della
macchina da presa fino al momento in cui viene chiamata
l’azione“, ha detto Josh Brolin.“Ho imparato
molto da Tom“, ha aggiunto
Austin Butler. “Mi ricorda te, dove puoi essere in
quel luogo rilassato in cui sei ricettivo al tuo ambiente, e poi
quando arriva il momento, puoi fare clic su ciò che la scena
richiede. Anche quello è stato fantastico perché avevo un paio
di settimane libere da “Dune”. Sono tornato e ho iniziato ad allenarmi
sulle moto ogni giorno.
Disney e 20th Century Studios
avrebbero dovuto lanciare “The
Bikeriders” nelle sale il 1 dicembre, ma per ora è
stato tolto dal calendario a causa dello sciopero
del SAG-AFTRA. Il film è stato presentato in
anteprima mondiale con ottime recensioni al Telluride Film
Festival. Michael Shannon, Mike Faist e
Norman Reedus completano il cast. Il film Segue
l’ascesa di un club motociclistico del Midwest attraverso le vite
dei suoi membri.
La disfunzionale famiglia Bardelli,
a 360° gradi, è protagonista del racconto di Adrián Saba che nel corso di due notti ci
mostra i demoni di ogni membro che si confronta con la perdita
della moglie e madre. Il vedovo Toribio (Gustavo Bueno) e i figli Sara
(Gisela Ponce de Leon), Silvestre (Rodrigo
Sánchez Patiño) e Luz (Michele Abascal)
raccolgono l’eredità di questi due genitori navigando nelle acque
torbide dell’incertezza. Una pellicola che racconta il lutto e la
reazione di una famiglia che affronta la perdita ma anche la
disperazione di una esistenza ricca di dubbi. Nel corso di due
notti, Toribio si confronta con la propria mortalità incombente,
affronta i suoi figli allontanati, che sono alla ricerca della
propria identità dopo la perdita della madre.
La trama di The Erection of Toribio Bardelli
La telecamera di Adrián Saba non si
muove, ma fissa i personaggi e ne limita i movimenti. Questo rende
la famiglia Bardelli immutabile nella sua forma, travolta da un
lutto e dalla perdita e in piena crisi. Ogni personaggio affronta
un dolore personale e questo quadro viene pienamente descritto da
Saba che inquadra sempre i personaggi al lato della scena, come se
non fossero ben centrati con la realtà. Ed effettivamente, la
famiglia Bardelli naviga un po’ in questa disfunzione, tema che non
solo fa da sfondo al titolo del film – The Erection of Toribio
Bardelli – ma che è anche una disfunzione di sentimenti.
Partiamo da Toribio, il capostipite della famiglia.
Un uomo tormentato dal peso dell’età
che avanza che cerca di nascondere in molti modi: dal mancato
rinnovo della patente allo spirito di ribellione, figlio di
un’altra epoca. Con l’età che avanza e con essa la disperata
ricerca di appagamento sessuale, la disfunzione di Toribio è quella
dell’impotenza. Dopo aver finalmente scoperto che la moglie gli era
stata infedele, Toribio perde definitivamente la bussola che
oscilla tra la mancanza e la disperazione di non potersi sentire
uomo ancora una volta. Il suo disagio si ripercuote in tutta la
famiglia anch’essa vittima di una disfunzionalità, ma più emotiva.
Non sappiamo nulla di questa famiglia, fin dall’inizio ci viene
mostrata alla luce del sole. Per la figlia Sara, cieca e
disoccupata, il dramma del lutto per la madre passa trasversalmente
per la morte del suo cane guida al quale cerca in tutti i modi di
dare un funerale dignitoso.
In modo diverso, invece, reagisce la
figlia minore, Luz. Aspirante scrittrice che finge lucidità sul
posto di lavoro quando vive travolta dai suoi stessi sentimenti per
il direttore della rivista per cui lavora. La donna che aspira alla
perfezione, nella speranza di rendere orgogliosa la madre, trova
conforto nella registrazione di queste cassette surrogato di
conversazioni che non avrà mai con la figura materna. Infine, il
fratello maggiore, Silvester, alcolizzato e attore non riconosciuto
nel suo campo. Il suo dolore, fisico ed emotivo, per la perdita
della madre si trasforma in una ricerca disperata di un’altra
madre: quella del donatore del cuore che gli ha dato una seconda
possibilità di vita. Il suo disperato tentativo di trovare pace
interiore alla fine si concretizza e una volta trovato il nido
materno, caldo e accogliente, decide che è il momento di andare
avanti.
La reazione di Toribio
Bardelli
In The Erection of Toribio
bardelli, nonostante la famiglia protagonista provi a superare
le sue disfunzionalità queste hanno comunque modo di ripresentarsi,
con gli interessi. Lo sa bene lo stesso Toribio che fa della sua
reazione all’impotenza l’ultimo atto della sua vita. Dopo essere
stato vinto anche dalla sua focosa amante, Toribio compie l’ultimo
gesto disperato per raggiungere quella erezione, che è una metafora
per la sua reazione alla vita e all’età che avanza. Dopo questo
ultimo atto, sa bene che non ci sarà il viaggio di ritorno. Per i
figli, invece, questa possibilità si concretizza ancora una volta
in modi diversi. Anche se ognuno riuscirà a superare il momento di
difficoltà, la pellicola di Saba ci ricorda quanta fragilità può
contenere un essere umano capace di ridere anche nei momenti di
difficoltà.
Sarà il palcoscenico di
Lucca Comics & Games a
vedere “atterrare” in prima assoluta i protagonisti di
Noi Siamo Leggenda, il nuovo teen drama a tinte
fantasy che racconta le storie di un gruppo di adolescenti che
scoprono improvvisamente di essere dotati di superpoteri. Il primo
dei sei episodi della serie – in onda da mercoledì 15 novembre in
prima serata su Rai 2 e Rai Play – sarà proiettato domenica
5 novembre alle 16.30 al Teatro del Giglio di Lucca, con
la partecipazione di alcuni dei protagonisti.
“Noi Siamo Leggenda” – diretta da
Carmine Elia (“Mare
Fuori”, “Sopravvissuti”), da un’idea di Valerio
D’Annunzio e Michelangelo La Neve – è una coproduzione Rai Fiction
e Fabula Pictures, prodotta da Nicola e Marco De Angelis, in
collaborazione con Prime Video, mentre Federation International si
occupa della distribuzione internazionale.
Nel cast principale, tra gli altri,
Emanuele Di Stefano, Nicolas
Maupas, Giacomo Giorgio, Beatrice
Vendramin, Giulio Pranno,
Valentina Romani, Milo Roussel,
Sofya Gershevich, Margherita
Aresti, Giulia Lin, Claudia
Pandolfi, Antonia Liskova e
Lino Guanciale.
La storia della serie è quella di
cinque ragazzi – e del loro mondo – con cinque poteri straordinari
che affondano le radici nelle loro paure e nei loro desideri più
profondi, capaci di stravolgere le loro vite. Un coming of
age che unisce dramma, azione e ironia in una narrazione
originale, capace di rinnovare e riscrivere i canoni del racconto
young adult di supereroi. Niente missioni iperboliche,
nessun universo da salvare o supercattivi da combattere. Un
racconto di formazione in cui i superpoteri si fanno metafora delle
difficoltà che gli adolescenti sono chiamati ad affrontare. Un
affresco commovente, forte, divertente e spiazzante di una società
– la nostra – e di una parentesi della vita – l’adolescenza – in
cui tutti, almeno una volta, hanno sognato di avere i superpoteri.
Per combattere le ingiustizie che li circondano. Vincere la propria
insicurezza. Accettarsi. Fare la cosa giusta. Senza immaginare che
qualcuno, nell’ombra, è consapevole della vera origine degli
improvvisi poteri.
I supereroi saranno presenti a Lucca Comic &
Gamesil 5 novembre, a partire dalle ore 16 sul
Community Carpetin piazza del
Giglio
In occasione dell’anteprima, saranno a Lucca dieci dei
protagonisti, per svelare i propri personaggi:
MASSIMO(Emanuele di Stefano) – Massimo è molto
intelligente, il classico ragazzo che riesce ad andare bene a
scuola senza studiare. Chiuso in sé e timido, ha tutte le
caratteristiche per essere un “figo”, ma non ne è consapevole.
MARCO (Giulio Pranno)
– Amico fidato, con Andrea e Massimo forma un trittico
indissolubile. Simpatico, capace di sdrammatizzare ogni cosa, sarà
l’unico del gruppo a non sviluppare poteri.
VIOLA (Margherita Aresti)
– Tanto bella quanto tagliente e spigolosa, Viola è la
gemella di Marco, nonché il sogno erotico di mezza scuola, Massimo
compreso.
ANDREA(Milo Roussel) – È nato con una
malformazione cardiaca che lo obbliga a stare sempre sotto
controllo e a evitare qualunque emozione troppo forte o
stravizio.
GRETA (Sofya
Gershevich) – Greta è di madrelingua tedesca, figlia
dell’ambasciatrice in Vaticano. Apparentemente snob, frivola e
sarcastica, nasconde dietro la sua durezza il suo più grande
dolore: suo fratello, infatti, è in coma irreversibile da più di un
anno, in seguito a un incidente del quale lei si dà la colpa.
JEAN (Nicolas Maupas)
– Jean è francese. La sua famiglia è venuta nel Belpaese
per seguire meglio l’azienda di alta moda del quale il padre,
Giuseppe, è CEO e titolare. Nonostante sia alto e corpulento, Jean
è terribilmente fragile e timoroso e questo, unito alla sua
timidezza, lo rende bersaglio ideale delle vessazioni da parte dei
suoi coetanei, ma anche di suo padre.
LARA (Valentina Romani)
– Lara, originaria dell’Est Europa, è nata e cresciuta nel
quartiere. Cazzuta, intelligente, spiritosa ma in modo mai pungente
e poco incline a seguire le mode del momento, Lara è bella, di una
bellezza peculiare e poco appariscente.
LIN(Giulia Lin) – Lin, cinese di seconda generazione,
figlia di emigrati giunti in Italia vent’anni fa, non spicca certo
per la sua bellezza. Il suo più grande desiderio è essere accettata
e crede di doversi uniformare a modelli estetici occidentali per
riuscirci.
NICOLA(Giacomo Giorgio) – Nicola, fratello di Andrea, è
il bello del gruppo. Egocentrico e vanitoso, è fissato con il suo
fisico che modella con ore di palestra e allentamenti. Nonostante
tutto, però, riesce ad essere anche simpatico, perché in fondo è
tutto tranne che cattivo.
SARA(Beatrice Vendramin) – Sara è bella, di una
bellezza palese, sfrontata, che la rende la più popolare della
scuola. Fidanzata con Nicola, Sara non ha mai avuto paura di usare
quello che madre natura le ha dato per ottenere ciò che vuole,
anche se questo significa calpestare qualcuno.
Il nostro pianeta si sta ribellando.
Basta volgere lo sguardo verso il cielo oppure al termostato. O
anche ai telegiornali, che ogni giorno annunciano notizie riguardo
catastrofi ambientali. Terremoti, alluvioni, aridità. Le
coltivazioni soffrono, i mari sono pieni di plastica. Qualcosa sta
cambiando, ma quand è che abbiamo iniziato ad esserne così
indifferenti? O peggio ancora, a non accorgercene? È una domanda
che sorge spontanea a tutti, ma in particolare a Ginevra Elkann, che alla sua seconda
esperienza dietro la macchina da presa, Te l’avevo
detto, quattro anni dopo Magari,
decide quasi di fare una denuncia sociale. Lo fa attraverso uno
degli strumenti migliori, fra i più accessibili e leggibili a
tutti: il cinema. Perché così, utilizzando un medium largamente
fruito, si può arrivare a quante più persone possibili e forse,
potremmo dire, si può provare a fare la differenza. A dare una
mano, a sensibilizzare.
È anche questo lo scopo del cinema,
in fondo. Parlare, approfondire, consigliare, ragguardare. Ma
anche… rivelare. Te l’avevo detto, fra i
titoli di spicco nella sezione Grand Public della
18esima
edizione della Festa del Cinema di Roma, è una
commedia nera che sembra quasi un presagio. Qualcosa che non è
molto lontano da una possibile realtà, se non invertiamo la rotta
di marcia. Elkann, per la sua nuova opera, chiama a rapporto i suoi
fidati Alba Rohrwacher e Riccardo
Scamarcio, già presenti nel suo esordio registico, ma
questa volta si impegna a costruire un cast molto più femminile. Ad
accompagnarli ci sono infatti anche Valeria Golino, Valeria
Bruni Tedeschi e Sofia Panizzi, a ognuna
delle quali viene affidato un personaggio incisivo. Te
l’avevo detto sarà distribuito da
Fandango.
Te l’avevo detto, la
trama
Gennaio. Roma è ancora addobbata a
festa, il Natale in fondo è da poco passato. Il problema, però, è
che il periodo invernale non coincide con le temperature segnate
sul termoregolatore, che aumentano quattro o cinque gradi in più di
giorno in giorno. L’asfalto brucia, il sole non riscalda ma cuoce.
Un’anomalia preoccupante, che però non sembra toccare Gianna
(Valeria
Bruni Tedeschi), una fanatica religiosa ossessionata
dalla sua amica Pupa (Valeria
Golino), la quale a sua volta pensa solo a risollevare
la sua carriera di pornostar giunta al capolinea da diversi anni.
Ma non sono le uniche: anche a Caterina (Alba
Rohrwacher) non interessa, troppo presa dall’alcol a
cui non riesce proprio a rinunciare. Men che meno a padre Bill
(Danny Huston), ex eroinomane impegnato a capire
dove seppellire le ceneri di sua madre. Ognuno di loro ha altro a
cui pensare; ha vizi e fisime che non riesce a controllare. Nessuno
si rende conto che il clima è cambiato, e che lentamente sta
danneggiando tutto. Perché pensando troppo a se stessi, non si ha
il tempo e la voglia di guardare realmente fuori, o ascoltare
davvero una radio impazzita che ci avvisa di… stare attenti.
Una Roma mai stata così calda
Fa caldo in Te l’avevo
detto. Un caldo che si percepisce sin dalle prime
inquadrature, quando entriamo nell’afa di una Roma che piano piano
si scioglie sotto un sole anomalo e cocente. Un senso di
oppressione, mancanza di respiro, un nodo alla gola: ci sentiamo
soffocare. Tutte sensazioni che la regista non vuole esitare a
farci provare subito, perché forse solo sentendole, come se le
vivessimo in prima persona, possiamo capire la storia che ci vuole
raccontare. Per farlo Ginevra Elkann si affida
completamente alla fotografia gialloarancio e nebbiosa di Vladan
Radovic che, mentre il film progredisce, accende sempre di
più quei colori caldi, di pari passo con le emozioni dei suoi
protagonisti, fino a farli esplodere – anche qui come loro – nelle
sequenze ultime.
In Te l’avevo
detto è tutto parossistico: lo è l’atmosfera densa e
spessa che avvolge la Capitale, lo sono i protagonisti con i loro
vizi e ossessioni e le loro situazioni grottesche, spesso folli. Se
dobbiamo dare un primo merito alla regista, è proprio questo: aver
saputo costruire un racconto in cui cambiamento climatico,
vulnerabilità e perversioni umane hanno lo stesso crescendo
narrativo ed emotivo, intrecciandosi e diventando quasi una
metafora l’uno dell’altro. Perché come si vedrà nel finale, sia la
condizione del pianeta che di noi stessi può solo che peggiorare se
né dell’uno né dell’altro ci prendiamo cura. È l’inevitabilità
delle cose, che si deteriorano a causa dell’indifferenza e della
superficialità con cui vengono trattate.
Una fotografia della società
Te l’avevo
detto traccia dunque due percorsi: il primo è, come
abbiamo detto, il problema climatico; l’anomalia che la regista ci
mostra potrebbe avverarsi in un futuro non troppo lontano, su cui
lei stessa ha ragionato in un’estate in cui “tutto intorno a sé si
stava sciogliendo”. E la sola idea che quello a cui assistiamo, in
fondo, potrebbe tramutarsi in realtà, scuote nel profondo. Il
secondo, invece, riguarda la nostra società. Elkann sembra
volercene fare una fotografia amara attraverso i suoi personaggi
sui generis, pur essendo questi inclini allo stereotipo.
Focalizzandosi sulle loro turbolenze emotive, sfaccettature
caratteriali e torbide sfumature, la regista insieme a
Chiara Barzini e Ilaria Bernardini – con le quali scrive
la sceneggiatura – riflette su un’umanità che ad oggi tende a
essere sempre più egoista, autoreferenziale e vana, che non si
accorge di ciò che le accade attorno perché troppo concentrara su
se stessa e sulle proprie necessità. Ognuno con il proprio bagaglio
nocivo sulle spalle, ognuno con la bramosia di voler soddisfare le
proprie esigenze senza mai mettersi in discussione.
Ed è così che Te l’avevo
detto innesca due tipi di riflessioni tanto diverse
quanto simili, che non lasciano di sicuro indifferenti. Forse
l’unico errore della regista, che grava un po’ sull’economia
generale di un film che comunque nel suo insieme funziona, è aver
veicolato questo tipo di messaggi attraverso più storie che non
riescono a reggerne il peso equamente. Inevitabilmente alcune di
loro si perdono nel discorso e non sboccano da nessuna parte, come
ad esempio l’arco narrativo di Riccardo e Caterina, o ancora di
Bill, appesantendone la fluidità poiché non aventi davvero il
giusto spazio di evolvere. Altre invece convincono a pieno e
prorompono, come quelle di Pupa e Gianna, caricate con le belle e
forti interpretazioni di Valeria Golino e Valeria Bruni Tedeschi.
Te l’avevo detto diventa così uno dei
film italiani per cui vale la pena condersi del tempo. Perché
lascia un segno. E ci ricorda che il cinema è potente, ma
soprattutto non è solo finzione: può essere specchio di una realtà
che a volte fatichiamo a vedere, se solo si presta davvero
attenzione a ciò che si guarda.
Prime Video ha diffuso il trailer
italiano ufficiale di Saltburn,
il nuovo film di Emerald Fennell che arriverà prossimamente
sulla piattaforma.
La regista e sceneggiatrice premio
Oscar Emerald Fennell (Una
donna promettente) ci regala una storia di privilegio
e desiderio splendidamente perfida. Mentre tenta faticosamente di
trovare il suo posto all’Università di Oxford, lo studente Oliver
Quick (Barry
Keoghan) viene attratto nel mondo dell’affascinante e
aristocratico Felix Catton (Jacob
Elordi), che lo invita a Saltburn,
l’eccentrica tenuta di famiglia, per un’estate indimenticabile.
Scritto e diretto
da Emerald Fennell Prodotto
da Emerald Fennell, Margot Robbie, Josey McNamara
conBarry Keoghan, Jacob Elordi,
Rosamund Pike, Richard E. Grant, Alison Oliver, Archie
Madekwe e Carey Mulligan.
Quando ha deciso di
trasporre in immagini la storia dei nativi Osage e del loro
genocidio?
Mentre mi accingevo
a completare The Irishman mi hanno portato il libro di
Grann proponendomi di realizzarne un film. In principio non pensavo
di essere il regista giusto per farlo, devo ammettere che da
giovane non sapevo nulla o quasi della questione dei nativi
americani e di come fossero stati trattati. Gli anni ‘70 sono stati
il decennio in cui l’opinione pubblica ha iniziato a scoprire
veramente la verità su una condizione che purtroppo ancora oggi
sussiste. Prima c’era una sorta di idealizzazione agiografica, una
specie di mito del “buon selvaggio” alla maniera di Rousseau. Ho
subito messo in chiaro che se avessi deciso di girare
Killers of the Flower Moon avrei tentato di
rappresentare il mondo degli Osage in maniera realistica, anche
nelle scene in cui la loro cultura contempla la possibilità di
visioni o sogni. Quello che vediamo nel film è reale tanto quanto
il mondo dei bianchi.
Come ha lavorato con
la comunità del luogo per ricostruire eventi e
ambientazioni?
All’inizio la tribù
Osage era scettica riguardo al progetto, ho fatto del mio meglio
per rassicurare i membri che saremmo stati il più possibile
veritieri, accurati nella rappresentazione della cultura e dei loro
rituali. Siamo stati estremamente scrupolosi nel prestare
attenzione a particolari come il nome dei bambini, le coperte, gli
indumenti e ovviamente il linguaggio. Lily, Leonardo e Robert
l’hanno imparato con entusiasmo, tentando di scoprire quanto più
possibile di questa civiltà antica. Si tratta di una questione
delicata, i discendenti delle vittime di tali crimini vivono ancora
in quei luoghi e non parlano molto di ciò che è avvenuto ai loro
avi. Tutte le licenze che ci siamo presi in fase di riprese sono
state approvate dalla comunità Osage.
Vi sono differenze
sostanziali tra il testo di partenza e quello che il suo film
racconta?
Siamo passati
attraverso molte riscritture della sceneggiatura, cambiando spesso
prospettiva.
Il libro di David Grann si concentra in gran parte sul lavoro
dell’FBI, la
prima vera grossa indagine che rese celebre l’agenzia e gli conferì
potere. Con Eric Roth abbiamo lavorato a questo
aspetto della trama per quasi due anni, ci siamo spinti fin dove
potevamo. Pian piano però abbiamo compreso che il cuore della
storia era il rapporto tra Mollie e Ernest, la loro storia d’amore.
Quello è stato il momento in cui Leonardo DiCaprio
è entrato nel film come protagonista, mentre all’inizio doveva
interpretare l’agente dell’FBI Tom White, la parte
che poi è andata a Jesse
Plemons. Da quel momento la sceneggiatura ha iniziato
a cambiare, è diventata una storia raccontata dall’interno, ha
lasciato venire in superficie il peccato e l’omissione, la
complicità. La storia d’amore tra i due presuppone fiducia, e da
qui si determina il tradimento.
Cortesia di 01 Distribution & RaiCinema
Lei è un cineasta
principalmente “urbano”, come si è trovato a realizzare un film
nelle praterie specifiche del western?
È vero, io sono un
uomo di città, cresciuto nel Lower East Side di New York, ci ho
messo una vita a capire cosa volesse dire che il sole tramonta a
Ovest tanto per fare un esempio. La prima volta che sono andato in
Oklahoma per vedere alcune possibili coibentazioni è stato nel
2019, durante la lunghissima post-produzione di The
Irishman, prima che scoppiasse la pandemia. Quando mi
sono trovato di fronte quegli scenari naturali ne sono rimasto
scosso, possono aprirti veramente il cuore e la mente. Specialmente
quando guidi in quelle strade dritte per miglia e miglia e puoi
ammirare bisonti o cavalli selvaggi. Allo stesso tempo ho iniziato
anche a percepire quanto tali luoghi possano essere sinistri:
quando non hai nessuno intorno per miglia, tutto può succedere,
specialmente cento anni fa quando avvennero i fatti che racconto
nel film.
Killers of the Flower Moon adopera
la colonna sonora di Robbie Robertson in maniera audace, quasi
innovativa. Che idea c’è alla base di questa scelta?
Molti miei film
possiedono una loro musicalità interna. Per le scene di pugilato in
Toro scatenato ad esempio mi sono ispirato ai
balletti di Scarpette rosse: tutto è visto dall’interno del ring,
nella testa del combattente, allo stesso modo in cui nell’altro
film vediamo ogni cosa con gli occhi di Moira Shearer. Sul set di
Quei bravi ragazzi invece facevo sentire Layla
durante le riprese con movimenti di macchina elaborati. Qualcuno mi
ha fatto notare a ragione che Killers of the Flower
Moon possiede la cadenza di un bolero, che parte lento per
poi acquistare ritmo e potenza fino all’esplosione finale. In
questo mi aiuta moltissimo lavorare con Thelma Schoonmaker in sala
di montaggio, non potrei avere collaboratore migliore per capire i
miei film. Il giro di basso di Robbie Robertson che adopero per
quasi tutto il film è sexy, pericoloso e carnale.
Cosa l’ha portata a
scegliere Lily Gladstone per il ruolo di Mollie?
La casting director,
Ellen Lewis, mi ha fatto vedere Certain Women di
Kelly Reichardt e sono rimasto colpito dalla sua bravura. Durante
la pandemia abbiamo iniziato a collaborare via Zoom e la presenza,
la calma e l’emozione che il suo volto lasciava trasparire mi hanno
conquistato. Puoi capire che la sua mente è costantemente a lavoro
dietro quello sguardo così pacato. La prima scena che abbiamo
girato insieme è quella della cena tra Mollie ed Ernest, dove lei
lo interroga. Lily è stata magnifica nel far capire che Mollie sa
perfettamente che tipo di uomo é Ernest, in cosa si sta cacciando
quando decide di sposarlo. L’alchimia con Leonardo è stata
incredibile fin dall’inizio, hanno avuto libertà di improvvisazione
e spesso abbiamo riscritto delle scene proprio grazie al loro
supporto. Un’altra qualità di attrice di Lily che vorrei
sottolineare sta nel fatto che il suo impegno, il suo attivismo
nella vita reale non sono mai andati a sovrastare il personaggio
che stava interpretando. Questo è segno di grande competenza
professionale. Per me lavorare con lei è stata una boccata d’aria
fresca: ormai la mattina faccio fatica sul set, non ho più le
energie di un tempo. Quindi avere intorno attori più giovani ed
entusiasti come Leo, Jonah Hill, Margot Robbie o Lily Gladstone mi
aiuta notevolmente a iniziare il lavoro.
E invece cosa vuole
aggiungere riguardo il suo rapporto con Robert De Niro e Leonardo
DiCaprio?
Con Robert siamo
cresciuti insieme, ci conosciamo fin da quando eravamo adolescenti.
È l’unico attore che sa veramente da dove vengo, che tipo di
persone frequentavo. Gli anni ‘70 per il nostro rapporto sono stati
un grande banco di prova, abbiamo sperimentato tutto il possibile e
abbiamo scoperto di poterci fidare l’uno dell’altro. In quel
periodo Robert come star possedeva un potere enorme e avrebbe
potuto facilmente prendere il controllo dei nostri film. Non ho mai
avuto paura di questo. Lavoravamo in libertà, desiderosi di
sperimentare, senza alcuna paura. Anni dopo mi disse che in un film
intitolato Voglia di ricominciare aveva
recitato con un ragazzo, un certo Leonardo
DiCaprio, e mi consigliò di lavorarci un giorno. Lo disse
in maniera quasi casuale, ma non lo era affatto. Non era da Bob,
uno che non dà mai questo tipo di suggerimenti. Così anni dopo Leo
rese possibile la realizzazione di Gangs of New
York, visto che dopo Titanic era una star
mondiale. Il nostro rapporto si è consolidato con The
Aviator, ho capito grazie a quel film che eravamo sulla
stessa lunghezza d’onda. La svolta è arrivata con The
Departed, un thriller che Bill Monahan
riscriveva continuamente per stare dietro all’interpretazione
febbrile di Leo. Quello è stato il progetto che mi ha fatto capire
quanto, anche se abbiamo età diverse, possediamo moltissime cose in
comune, un’affinità umana e intellettuale. Per The Wolf of Wall Street mi
sono fidato completamente di lui, e durante le riprese mi ha
regalato momenti incredibili.
Primo
Video ha diffuso il primo trailer di Il
migliore dei mondi, il nuovo film che vede protagonista
Maccio Capatonda, Martina
Gatti e Pietro Sermonti, per la regia di
Danilo Carlani, Alessio Dogana, Marcello
Macchia.
All’interno del film sarà
presente il brano originale di M¥SS KETA, dal
titolo “CONDANNATA A DANZARE”, ispirato dal film e creato per
accompagnare il protagonista nella sua evoluzione all’interno de
‘IL MIGLIORE DEI MONDI’.
Il migliore dei mondi la trama
Immaginiamo un uomo comune del
millennio digitale catapultato in un inaspettato viaggio analogico.
È quello che succede a Ennio Storto, il nostro protagonista, che si
ritrova improvvisamente in un 2023 alternativo dove la tecnologia
si è fermata per sempre agli anni ’90. Ma quello che nasce come un
disastroso imprevisto può evolvere in un’avventura straordinaria,
in cui Ennio scoprirà un nuovo lato di sé.
Al via le riprese in
Brasile per Senna, la nuova
miniserie di Netflix
sull’emozionante storia di uno dei più grandi eroi del Brasile,
Ayrton Senna. Nel cast Alice Wegmann, Camila Márdila,
Christian Malheiros, Gabriel Louchard, Hugo Bonemer, Julia Foti,
Marco Ricca, Pâmela Tomé e Susana Ribeiro che si uniscono
a Gabriel Leone, nei panni di Ayrton Senna. Oltre
agli attori brasiliani, anche Kaya Scodelario, già annunciata
precedentemente, insieme a Matt Mella, Arnaud Viard, Joe
Hurst, Johannes Heinrichs, Keisuke Hoashi, Leon Ockenden, Patrick
Kennedy, Richard Clothier, Steven Mackintosh e Tom Mannion
prendono parte al progetto.
La produzione e una parte
degli attori sono appena arrivati in Brasile, dove le riprese si
terranno a San Paolo e Angra dos Reis nello stato di Rio de
Janeiro. Alcune scene della miniserie, che è una delle produzioni
più ambiziose e innovative di Netflix Brasile ed è prodotta da Gullane, sono già
state girate in Argentina e Uruguay. Dopo aver completato le
riprese in Brasile, si sposteranno nel Regno Unito.
Nel corso di sei episodi,
Senna descriverà, per la prima volta, il percorso
di superamento di ostacoli, alti e bassi, gioie e dolori di Ayrton,
esplorando la sua personalità e le sue relazioni personali. Il
punto di partenza sarà l’inizio della carriera agonistica del tre
volte campione di Formula 1, quando si trasferì in Inghilterra per
gareggiare nella Formula Ford, fino al tragico incidente di Imola,
in Italia, durante il Gran Premio di San Marino.
Con la direzione generale
di Vicente Amorim, che è anche showrunner e regista, e la regia di
Julia Rezende, Senna è prodotto da Gullane in collaborazione con
Senna Brands e la famiglia del pilota.
«Eravamo di fronte a uno
scontro tra il bene e il male… e quest’ultimo aveva scelto
il Connecticut». È con questa frase cupa e gelida che si apre
The Devil on Trial – Processo al diavolo,
il nuovo docufilm horror di Netflix,
disponibile dal 17 ottobre 2023, che riporta alla
luce uno dei casi più inquietanti e controversi di omicidio e
possessione demoniaca degli Stati Uniti.
Scritto e diretto dal quattro volte
candidato ai BAFTA Chris Holt, il documentario di
circa 85 minuti ripropone – tra ricostruzioni cinematografiche,
testimonianze dirette, registrazioni ed immagini d’archivio –
l’orribile ed agghiacciante fatto di cronaca che
solo pochi anni fa ha ispirato il terzo capitolo del celebre
franchise di
The Conjuring Universe.
La storia vera della famiglia Glatzel e Arne
Johnson
Il piccolo David Glatzel conduceva
una vita normale e tranquilla insieme ai suoi due fratelli, Carl e
Alan, sua sorella Debbie e ai suoi genitori. I Glatzel erano
una famiglia americana come tante altre… finchéqualcosa di spaventoso ed indicibile bussò alla loro
porta.
Il 2 luglio del
1980, Debbie trovò casa a Newton, dove si trasferì con
il suo fidanzato Arne Johnson. I tre fratelli e i
genitori si offrirono, dunque, di aiutare la giovane coppia con il
trasloco. Ed è proprio in questa casa che, dopo poche ore, il
piccolo David sentì per la prima volta una strana
presenza: iniziò così quel terrificante incubo che
travolse e consumò le vite della famiglia Glatzel. Da quel momento,
l’undicenne David non fu più lo stesso: grida,
visioni terrificanti, insulti, voci oscure e notti insonni. Esausti
e turbati, i Glatzel decisero dunque di affidarsi a degli
specialisti del paranormale, i celebri demonologi Ed e
Lorraine Warren.
Era il 2 settembre 1980
quando la Chiesa Cattolica autorizzò a praticare un
esorcismo sul piccolo David. Ma anche quest’ultimo
tentativo non si rivelò la soluzione ai mali che affliggevano
questa famiglia: durante il rito, infatti, Arne – straziato nel
vedere il bambino soggiogato dal demone – chiese a
quest’ultimo di lasciare il giovane e prendere sé al suo posto. Nei
giorni che seguirono l’esorcismo, i Glatzel parvero ritornare alla
vita spensierata di prima. Una pace che durò solo qualche mese,
fino a quando Arne – la tragica sera del 16 febbraio 1981 –
uccise a coltellate il suo padrone di casa, Alan
Bono.
Il caso “DEVIL MADE ME DO
IT”
Con ben quattro
coltellate, Arne Cheyenne Johnson uccise Alan Bono davanti
agli occhi increduli delle sorelle Johnson e di Debbie. Nonostante
questo, tutti affermarono che Arne era innocente e che
quella sera era stato posseduto dal maligno, unico
colpevole dell’omicidio. Il processo di Johnson divenne fin da
subito un fatto mediatico di grande eco e tutt’oggi è ricordato
come il caso “Devil made me do it” (cioè,
“il diavolo me l’ha fatto fare”), primo e unico caso di
omicidio volontario negli Stati Uniti in cui la difesa si avvalse
della possessione demoniaca come causa del reato, professando
l’innocenza dell’imputato. La giuria però non credette a questa
storia e il 24 novembre del 1981 il diciannovenne Arne
Johnson fu condannato a vent’anni di carcere.
THE DEVIL ON TRIAL: Possessione demoniaca o rabbia
omicida e cospirazione umana?
Con The Devil on Trial,Chris Holt costruisce un cupo e
inquietante castello di carte che verso l’epilogo è poi smontato, a
poco a poco, con scetticismo e spettacolarizzazione.
L’intento di Holt è chiaro: se nella prima parte cerca di far
empatizzare lo spettatore con i protagonisti al punto da proporre
la tesi di possessione demoniaca come unica verità plausibile;
nella seconda parte stende allusivamente un grande velo di
dubbi e perplessità. Davvero il piccolo David è stato
tormentato dal demonio? È sicuro che non ci siano moventi per la
rabbia omicida di Arne? E se dietro uno dei casi paranormali più
celebri degli ultimi anni ci fosse una crudele cospirazione
umana?
In questo ha un ruolo chiave
Carl, l’unico della famiglia Glatzel che decide di
indagare su una verità più personale e profonda,
che si dissocia totalmente dalla versione paranormale promossa
dagli adulti coinvolti a quel tempo. Carl si espone, quindi,
raccontando dei retroscena familiari con i quali poco hanno
a che fare demoni e possessioni: «Morti i miei
genitori, ho riordinato le loro cose con mia moglie. Mia madre si
appuntava tutto, era ossessivo-compulsiva. Usava pezzi di carta,
calendari… scriveva ovunque. Trovammo allora questa annotazione:
“Stasera tutti hanno preso la medicina ed è andato tutto
bene”». Ogni sera, in casa Glatzel, la madre –
rivela Carl con sguardo disilluso e deluso – metteva di nascosto un
forte antistaminico nel loro cibo.
«Sperava che il Sominex
la aiutasse a mantenere meglio il controllo su di noi e su
mio padre. Provare sonnolenza, sentirci stanchi ci avrebbe fatto
stare buoni e non le avremmo dato problemi. Ma il Sominex alla
lunga può avere effetti collaterali come sbalzi d’umore,
aumento di peso e… allucinazioni».
Nonostante le ricostruzioni
cinematografiche a tratti un po’ troppo forzate e drammatizzate,
The Devil on Trial si inserisce nel catalogo Netflix come
un documentario semplice e godibile che non
intende limitarsi a porre ancora una volta sotto i riflettori una
storia tanto assurda quanto inquietante, ma che chiede
indirettamente al pubblico di riflettere e interrogarsi su
temi come il fanatismo religioso e, soprattutto, su come la
mente umana sia, il più delle volte, la vera
origine del male.
Da lunedì 23
ottobre arriva nelle sale italiane la nuova versione
restaurata di Ghost Dog – Il codice del
Samurai di Jim Jarmusch, con il
premio Oscar Forest Whitaker e la colonna sonora hip-hop di
RZA. Il cult movie scritto e diretto da
Jarmusch – autore di opere indimenticabili
come “Daunbailo”, “Dead Man”, “Taxisti di notte”, “Coffee &
Cigarettes”, “Broken Flowers”. “Solo gli amanti sopravvivono” – è
distribuito in sala da CG Entertainment in
collaborazione con Cinema Beltrade – Barz and
Hippo.
IL NUOVO RESTAURO 4K
(2023)
I materiali di GHOST DOG –
IL CODICE DEL SAMURAI sono stati resi disponibili nel 2023
da STUDIOCANAL: il nuovo restauro è stato curato da Jim Jarmusch.
CG Entertainment oltre all’uscita nelle sale italiane pubblicherà
il film in edizione 4K UHD per il mercato home video italiano,
grazie alla campagna di crowdfunding START UP!
Ghost Dog è un killer
afroamericano che vive seguendo le regole di un antico codice
samurai e lavora come sicario a servizio di Louie, un mafioso che
anni prima lo salvò dall’aggressione di un gruppo di fanatici. Per
una serie di disguidi, un incarico non arriva a termine e Ghost Dog
diventa il bersaglio in una caccia all’uomo ordinata dal boss
Vargo, con obiettivo finale forse lo stesso Louie. In ossequio al
codice, per Ghost Dog salvare Louie diventa il primo
dovere.
Jarmusch, padre
indiscusso della rinascita del cinema indipendente americano,
guarda al “Frank Costello faccia d’angelo” (“Le samurai”) di
Jean-Pierre Melville del 1967, cita “Rashomon” e riesce a far
incontrare e coesistere nel suo film più generi: il thriller, il
noir, il western e la commedia. Con Ghost Dog Jarmusch regala al
pubblico uno dei personaggi-iconici più amati del cinema
contemporaneo: il solitario e fedele killer/samurai, interpretato
da un superbo Forest Whitaker (seguiranno il
Golden Globe e l’Oscar per “L’ultimo re di Scozia”). Presentato nel
1999 in concorso al 52° Festival
di Cannes GHOST DOG – IL CODICE DEL SAMURAI è
diventato negli anni un film di culto, grazie anche
all’indimenticabile colonna sonora hip hop a firma di
RZA, leader newyorkese del Wu-Tang Clan.
Con GHOST DOG – IL CODICE DEL
SAMURAI prosegue il progetto di CG Entertainment
nel recupero e nella distribuzione in sala e in home video di film
cult dei più importanti maestri del cinema internazionale: dal
sci-fi “Battle Royale” di Kinji Fukasaku con Takeshi Kitano alla
rassegna ALMODÓVAR – LA FORMA DEL DESIDERIO che ha visto il ritorno
sul grande schermo di cinque film degli anni ’80 dell’amato regista
spagnolo in versione restaurata, fino alla recente acquisizione dei
diritti per l’Italia della prestigiosa library di Wim Wenders (“Il
cielo sopra Berlino” in versione restaurata nelle sale dal 2
ottobre distribuito da Cineteca di Bologna, con il suo progetto per
la distribuzione dei classici restaurati Il Cinema Ritrovato).
Hulk è conosciuto come supereroe dalla forza
sovraumana, ma i fumetti descrivono anche una serie di suoi poteri
che il Marvel
Cinematic Universe non ha ancora analizzato in nessun modo.
L’alter ego verde di Bruce Banner ha dunque ancora
qualche asso nella manica che sarebbe interessante vedere nei
prossimi film della Marvel. Come tutti i personaggi
adattati dal MCU,
l’Hulk del MCU
presenta molte differenze fondamentali rispetto alle sue iterazioni
nei fumetti.
Per quanto Bruce
Banner sia stato in grado di assicurarsi lo schermo come
membro fondatore dei Vendicatori e di apparire come personaggio
secondario in una vasta gamma di altre proprietà, i problemi legali
intorno al personaggio di Hulk, che hanno vincolato i Marvel Studios nel rilasciare il secondo film
da solista, hanno ostacolato lo sviluppo più profondo del
personaggio. Nei fumetti, dunque, Hulk ha molti altri poteri, oltre
alla semplice forza fisica, che si adatterebbero al MCU
con vari gradi di successo, e passare più tempo con il personaggio
sullo schermo sarebbe un’ottima occasione per esplorarli.
La capacità di vedere i
fantasmi
La padronanza delle arti
mistiche non è di solito la prima cosa che il pubblico collega a
Hulk. Tuttavia, essendo la magia una debolezza
fondamentale per un personaggio così fisicamente invulnerabile,
Hulk ha avuto molti incontri soprannaturali nel corso degli anni.
Nei fumetti, Hulk ha dimostrato la capacità di vedere fantasmi e
proiezioni astrali. Questo include la consapevolezza della forma
spiritica del Doctor Strange, cosa che nessun uomo
mortale dovrebbe essere in grado di fare.
La spiegazione della capacità di
Hulk di vedere nel regno dell’aldilà deriva dal padre violento e
defunto di Bruce Banner; la paura di Hulk di
incontrare il fantasma del padre è abbastanza forte da manifestare
questa capacità. Nel MCU,
la cosa più vicina all’esplorazione di questa capacità è l’incontro
del Professor Hulk con l’Antico, che separa senza
sforzo lo spirito di Bruce Banner dalla sua forma corporea. Sarebbe
stato un potere interessante da includere nel primo incontro di
Hulk con Stephen Strange o con altri utenti della
magia, ma sfortunatamente la finestra privilegiata per mostrare
questa abilità sembra essere già passata.
Una connessione psichica con il
suo luogo di nascita
Nei film Marvel, l’origine di Hulk differisce in modo significativo dal
materiale di partenza. Nei fumetti, Hulk nasce quando Bruce
Banner si trova nel campo di prova di una bomba gamma
sperimentale, che bombarda il suo corpo con una sana dose di
radiazioni gamma, creando Hulk. Nel MCU,
Bruce Banner viene invece reclutato in uno dei tanti tentativi
dell’universo di replicare il siero del supersoldato di
Capitan America, utilizzando intenzionalmente le
radiazioni gamma su se stesso come agente di attivazione.
Hulk è spesso
raffigurato come se avesse un’innata connessione mentale con il
luogo del test della bomba in cui la creatura è nata anni prima. Il
legame mistico tra la sua mente e il luogo è il risultato della
morte di una versione futura di Bruce Banner, nota come
Maestro, che ha guidato Hulk verso il luogo come
rifugio dopo aver subito un grave trauma. Nel MCU,
questo non avrebbe senso e il laboratorio da quattro soldi in cui
sono stati creati i poteri di Bruce Banner è un
luogo meno drammatico in cui tornare rispetto a un cratere
infestato nel deserto del New Mexico.
L’Hulk
del MCU
è uno dei Vendicatori più potenti, ma la sua forza
e la sua resistenza hanno dei limiti. In Avengers: Age Of Ultron, vediamo
Black Widow approfittare del suo stato
di stanchezza dopo un’incursione in una base dell’HYDRA,
utilizzando una ninna nanna che fa “addormentare” il personaggio
per restituire lentamente il controllo a Bruce Banner. Si stanca
anche nello scontro con Thanos, perdendo per la prima volta e
soffrendo di conseguenza di una crisi esistenziale.
Al contrario, l’Hulk dei fumetti
Marvel è un maestro di resistenza,
in grado di combattere per giorni interi, soprattutto quando è
veramente infuriato. La trama di World War Hulk mette alla
prova questo aspetto del potere di Hulk fino al suo limite, poiché
il temibile bruto conduce una guerra contro il pianeta come un
esercito di un solo uomo. Nel MCU,
Hulk deve essere bilanciato con i livelli di
potenza relativamente più bassi dei personaggi dell’universo, il
che lo rende ancora incredibilmente potente, ma limitato nella
resistenza.
La memoria separata di Hulk
La separazione tra
Bruce Banner e Hulk come due personaggi individuali
intrappolati nella lotta per il controllo dello stesso corpo è un
aspetto chiave del personaggio sia nei film che nei fumetti. Di
solito, questo eterno braccio di ferro è enfatizzato come una lotta
per Bruce Banner, i due sono costantemente in conflitto l’uno con
l’altro. Non è chiaro esattamente “dove” Hulk o Bruce Banner vadano
quando l’altro ha il controllo, ma non essere presenti nel mondo
cosciente può avere dei vantaggi sorprendenti.
Hulk sembra essere in grado di ricordare cose
che non dovrebbe essere in grado di ricordare, sfidando le leggi
della scienza e della magia. Nel fumetto Spider-Man: One More
Day, l’intero universo Marvel dimentica magicamente che
Peter Parker è l’Uomo Ragno, ma Hulk è in grado di riconoscere
Peter in costume e di chiamarlo con il suo vero nome, affermando
minacciosamente: “Banner ha dimenticato. Ma io non lo dimentico”.
Dal momento che il finale di Spider-Man: No Way Home cancella anche la
conoscenza di Peter Parker da parte del MCU,
la serie di film ha una grande opportunità di includere questo
potere, ma la personalità fusa di Hulk nel MCU
e la mancanza di precedenti interazioni tra i due eroi lo rendono
improbabile.
Resistenza telepatica
La personalità enigmatica
di Hulk è una frequente fonte di frustrazione sia
per Bruce Banner che per i suoi alleati. Il
pericoloso pozzo di gamma che il personaggio alimenta provoca
alcuni intensi combattimenti sia nei fumetti che nei film della
Marvel, quando gli altri eroi
devono sottomettere la sua personalità irascibile. Tuttavia, la
psiche fratturata di Banner e i suoi problemi di gestione della
rabbia si sono rivelati utili quando si tratta di resistere agli
attacchi psichici.
I telepatici, come Charles
Xavier degli X-Men, prendono di mira la
mente degli avversari piuttosto che il loro corpo. Ma la mente
frammentata di Hulk e l’intensa rabbia repressa rendono il
controllo dei suoi pensieri un compito impossibile, come dimostrano
i potenti telepati dei fumetti che hanno provato e fallito, come il
Professor X, la Strega Scarlatta
e persino la potente Sentinella. La resistenza
telepatica di Hulk entrerà probabilmente in gioco nel futuro del
MCU,
quando la serie si preparerà a introdurre gli X-Men del MCU.
Il personaggio di Mr Fixit
Oltre a Hulk, Bruce Banner ha
ospitato anche una serie di altre personalità meno conosciute,
caratterizzate da trasformazioni uniche, tra cui una trasformazione
di Hulk che potrebbe ridisegnare il MCU.
Ma una delle personalità alternative più bizzarre e conosciute di
Banner è quella di Joe Fixit, noto anche come Hulk
Grigio. Ricordando la carnagione originale di Hulk nella sua prima
apparizione, Mr. Fixit non è forte come l’Hulk
normale, ma compensa con un’intelligenza astuta e una morale un po’
meno rigida di quella che Banner o Hulk generalmente
possiedono.
Quando Joe Fixit
prende il sopravvento, riesce a scacciare completamente Banner,
conquistando per un certo periodo il controllo del suo corpo. Da
lì, si reca a Las Vegas e diventa un esecutore della mafia,
tramando per denaro e potere nella città del peccato. Anche se Mr.
Fixit potrebbe essere troppo strano per il MCU,
sarebbe una delizia da includere per i membri del pubblico più
esperti come cameo, o da inserire nella serie spin-off What if?
come episodio a sé stante.
Mutazioni adattabili
Come
Wolverine, Hulk è noto per il suo fattore di
guarigione potenziato. Nei fumetti, il fattore di guarigione di
Hulk è abbastanza forte da permettergli di rigenerarsi dopo essere
stato fatto a pezzi. Anche nei film questo aspetto dei suoi poteri
è presente, anche se attenuato, ma la biologia unica di Hulk va ben
oltre la semplice guarigione.
Nei fumetti, il corpo di Hulk è in grado di mutare al volo per
adattarsi a qualsiasi ambiente in cui si trovi. Sorprendentemente,
questo gli ha permesso di sopravvivere sott’acqua per lunghi
periodi di tempo e persino nello spazio, con le sue cellule che
formano rapidamente un tessuto unico all’interno dei polmoni che
gli permette di respirare in ambienti così ostili. La capacità
della biologia di Hulk di evolversi per adattarsi a
qualsiasi pericolo potrebbe essere un po’ troppo per il
Marvel Cinematic Universe,
in quanto stabilire un potere di tale impatto a questo punto del
gioco farebbe probabilmente venire un colpo di frusta al
pubblico.
Immortalità
Il fattore di guarigione
di Hulk è spesso rappresentato come
abbastanza potente da annullare persino gli effetti
dell’invecchiamento. Per quanto l’immortalità possa sembrare un
potere, nel caso di Bruce Banner si è spesso
rivelata una maledizione più che una benedizione. Maestro, una
versione di Hulk sopravvissuta in un futuro oscuro, lo dimostra.
Essendo sopravvissuto ai suoi amici, ai suoi cari e ai suoi nemici,
Maestro è diventato un signore della guerra freddo
e spietato, perdendo nel frattempo la sua umanità.
Oltre a Maestro, questo potere
viene utilizzato in modo significativo anche nella famosa storia di
Wolverine Old Man Logan, in cui Hulk è l’unico in
grado di tenere il passo dell’anziano X-man in un futuro lontano.
Poiché il MCU
entra nella Saga del Multiverso, non è escluso che si
possa visitare una linea temporale in cui gli eventi di Old Man
Logan o la creazione di Maestro si siano verificati. L’immortalità
di Hulk potrebbe comparire nel MCU
più che altro come ammonimento, poiché è improbabile che il
Bruce Banner della linea temporale principale, che
il pubblico ha imparato a conoscere e amare, sia sottoposto a un
destino così crudele.
Creazione della “BannerTech”
Bruce
Banner ha spesso dimostrato di essere utile non solo come
“babysitter” di Hulk nel MCU.
In possesso di 7 dottorati scientifici, l’intelletto di Banner gli
ha permesso di essere coinvolto nel progetto di ricreazione del
super siero del Generale Ross, il che significa
che Hulk è stato creato solo grazie alle azioni di Banner. Nei
fumetti, Bruce Banner è stimato da Norman Osborn
come la quarta persona più intelligente del pianeta. Bruce lo ha
dimostrato più volte con la sua tecnologia, la
BannerTech, che è in grado di competere con
Tony Stark in termini di innovazione.
Bruce ha dato sfogo alla sua mente
scientifica con alcune invenzioni meravigliose nel corso degli anni
di Hulk. Alcuni dei punti salienti del catalogo
BannerTech includono un teletrasporto personale, un potente campo
di forza difensivo e persino un buco nero localizzato contenuto in
un borsone. Anche se la BannerTech non è mai apparsa, il Bruce
Banner del MCU
non è certo un incapace nel settore ingegneristico, in grado di
assistere Tony Stark nella creazione di
Ultron e Visione, per non parlare
dell’abilità nel pilotare l’armatura Hulkbuster. È molto probabile
che il pubblico possa vedere ancora di più l’abilità tecnologica di
Banner nel corso dei prossimi film.
Una forza senza limiti
La forza di Hulk è la sua caratteristica principale e
di solito viene definito uno degli esseri fisicamente più forti del
pianeta, se non il più forte. Ma il segreto del vero potere di Hulk
è la sua terrificante mancanza di limiti, che non è ancora stata
accennata nel MCU.
Il segreto della sua forza si nasconde in bella vista nella
classica battuta di Hulk dei fumetti: “Più Hulk si
arrabbia, più Hulk diventa forte!“.
L’Incredibile Hulk dei fumetti non
ha un vero limite alla sua forza, in quanto è in grado di generare
quantità di forza quasi insondabili e persino di sferrare pugni
così forti da fargli raggiungere nuove dimensioni. Questo perché la
sua forza è direttamente proporzionale ai suoi livelli di rabbia, e
sembra che sia sempre più arrabbiato. L’Hulk del MCU
non è nemmeno il personaggio più forte dell’universo, dato che sono
stati imposti limiti alla sua forza. Purtroppo, questo aspetto
iconico di Hulk è andato perduto nel Marvel Cinematic
Universe, insieme a molti altri suoi poteri.
Sarà il palcoscenico di
Lucca Comics & Games a
vedere “atterrare” in prima assoluta i protagonisti di “Noi
Siamo Leggenda”, il nuovo teen drama a tinte fantasy che
racconta le storie di un gruppo di adolescenti che scoprono
improvvisamente di essere dotati di superpoteri. Il primo dei sei
episodi della serie – in onda da mercoledì 15 novembre in prima
serata su Rai 2 e Rai Play – sarà proiettato domenica 5
novembre alle 16.30 al Teatro del Giglio di Lucca, con la
partecipazione di alcuni dei protagonisti.
“Noi
Siamo Leggenda” – diretta da Carmine Elia
(“Mare
Fuori”, “Sopravvissuti”), da un’idea di Valerio
D’Annunzio e Michelangelo La Neve – è una coproduzione Rai Fiction
e Fabula Pictures, prodotta da Nicola e Marco De Angelis, in
collaborazione con Prime Video, mentre Federation International si
occupa della distribuzione internazionale.
Nel cast principale, tra gli altri,
Emanuele Di Stefano, Nicolas Maupas, Giacomo Giorgio, Beatrice
Vendramin, Giulio Pranno,
Valentina Romani, Milo Roussel,
Sofya Gershevich, Margherita
Aresti, Giulia Lin, Claudia
Pandolfi, Antonia Liskova e Lino
Guanciale.
Noi Siamo Leggenda racconta la storia di cinque ragazzi –
e del loro mondo – con cinque poteri straordinari che affondano le
radici nelle loro paure e nei loro desideri più profondi, capaci di
stravolgere le loro vite. Un coming of age che unisce
dramma, azione e ironia in una narrazione originale, capace di
rinnovare e riscrivere i canoni del racconto young adult
di supereroi. Niente missioni iperboliche, nessun universo da
salvare o supercattivi da combattere. Un racconto di formazione in
cui i superpoteri si fanno metafora delle difficoltà che gli
adolescenti sono chiamati ad affrontare. Un affresco commovente,
forte, divertente e spiazzante di una società – la nostra – e di
una parentesi della vita – l’adolescenza – in cui tutti, almeno una
volta, hanno sognato di avere i superpoteri. Per combattere le
ingiustizie che li circondano. Vincere la propria insicurezza.
Accettarsi. Fare la cosa giusta. Senza immaginare che qualcuno,
nell’ombra, è consapevole della vera origine degli improvvisi
poteri.
I supereroi che saranno presenti a
Lucca Comic & Games il 5 novembre, a partire dalle 16.00 sul
Community Carpet in piazza del Giglio. In occasione dell’anteprima,
saranno a Lucca dieci dei protagonisti di
Noi Siamo Leggenda, per svelare i propri personaggi:
MASSIMO(Emanuele di Stefano) Massimo è molto
intelligente, il classico ragazzo che riesce ad andare bene a
scuola senza studiare. Chiuso in sé e timido, ha tutte le
caratteristiche per essere un “figo”, ma non ne è consapevole.
MARCO (Giulio
Pranno) Amico fidato, con Andrea e Massimo forma un
trittico indissolubile. Simpatico, capace di sdrammatizzare ogni
cosa, sarà l’unico del gruppo a non sviluppare poteri.
VIOLA (Margherita Aresti) Tanto bella quanto tagliente e
spigolosa, Viola è la gemella di Marco, nonché il sogno erotico di
mezza scuola, Massimo compreso.
ANDREA
(Milo Roussel) È nato con una malformazione cardiaca che
lo obbliga a stare sempre sotto controllo e a evitare qualunque
emozione troppo forte o stravizio.
GRETA (Sofya
Gershevich)
Greta è di madrelingua tedesca, figlia dell’ambasciatrice in
Vaticano. Apparentemente snob, frivola e sarcastica, nasconde
dietro la sua durezza il suo più grande dolore: suo fratello,
infatti, è in coma irreversibile da più di un anno, in seguito a un
incidente del quale lei si dà la colpa.
JEAN (Nicolas Maupas) Jean è francese. La sua famiglia è
venuta nel Belpaese per seguire meglio l’azienda di alta moda del
quale il padre, Giuseppe, è CEO e titolare. Nonostante sia alto e
corpulento, Jean è terribilmente fragile e timoroso e questo, unito
alla sua timidezza, lo rende bersaglio ideale delle vessazioni da
parte dei suoi coetanei, ma anche di suo padre.
LARA (Valentina Romani) Lara, originaria dell’Est Europa,
è nata e cresciuta nel quartiere. Cazzuta, intelligente, spiritosa
ma in modo mai pungente e poco incline a seguire le mode del
momento, Lara è bella, di una bellezza peculiare e poco
appariscente.
LIN
(Giulia Lin) Lin, cinese di seconda generazione, figlia di
emigrati giunti in Italia vent’anni fa, non spicca certo per la sua
bellezza. Il suo più grande desiderio è essere accettata e crede di
doversi uniformare a modelli estetici occidentali per
riuscirci.
NICOLA
(Giacomo Giorgio) Nicola, fratello di Andrea, è il bello
del gruppo. Egocentrico e vanitoso, è fissato con il suo fisico che
modella con ore di palestra e allentamenti. Nonostante tutto, però,
riesce ad essere anche simpatico, perché in fondo è tutto tranne
che cattivo.
SARA
(Beatrice Vendramin) Sara è bella, di una bellezza palese,
sfrontata, che la rende la più popolare della scuola. Fidanzata con
Nicola, Sara non ha mai avuto paura di usare quello che madre
natura le ha dato per ottenere ciò che vuole, anche se questo
significa calpestare qualcuno.
I Wonder Pictures e
Unipol Biografilm Collection sono lieti di
presentare il trailer e il poster italiano
del film La Zona d’interesse (The
Zone of Interest) di Jonathan Glazer, in
anteprima nazionale oggi alla Festa del Cinema di Roma.
Il regista
britannico, vincitore del Gran Premio Speciale della Giuria alla
76ma edizione del Festival
di Cannes e candidato agli Oscar® per UK, sarà presente alla
proiezione ufficiale del film e incontrerà il pubblico in occasione
di una masterclass domani 21 ottobre, alle ore
17.00, in Sala Petrassi.
La Zona
d’interesse rappresenta l’opera chiamata a raccogliere in
questo decennio il testimone dei grandi capolavori del cinema che
hanno raccontato la più grande tragedia del Novecento, da
Schindler’s List a Il Pianista, da Train de
Vie a La Vita è bella. Una prospettiva inedita e uno
sguardo nuovo, con stile altissimo, su una delle pagine più buie
della storia.
Liberamente
ispirato all’omonimo romanzo di Martin Amis, La Zona
d’interesse è la storia di una famiglia tedesca
apparentemente normale che vive – in una bucolica casetta con
piscina – una quotidianità fatta di gite in barca, il lavoro
d’ufficio del padre, i tè della moglie con le amiche, le domeniche
passate a pescare al fiume. Peccato che l’uomo in questione sia
Rudolf Höss, comandante di Auschwitz, e la deliziosa villetta
con giardino in cui vive con la sua famiglia in una surreale
serenità è situata proprio al confine con il campo di
concentramento, a due passi dall’orrore, così vicino e così
lontano.
Prodotto da
A24 e
Extreme Emotions, La Zona di Interesse (The
Zone of Interest) uscirà nelle sale italiane il 18
gennaio 2024 distribuito da I Wonder Pictures in
collaborazione con Unipol Biografilm Collection.
Il Marvel Cinematic
Universe ha alcune sfide difficili da superare con le
sue prossime uscite, e alcuni errori del passato rendono il
successo futuro del franchise più difficile del necessario. I
Marvel Studios non sono riusciti a mantenere
lo slancio di Avengers: Endgame, e le ragioni sono varie. La
Fase 5 del MCU
ha avuto un inizio difficile a causa della scarsa accoglienza da
parte della critica di Ant-Man and The Wasp: Quantumania, e anche se
questa parte del canone dei Marvel Studios è ancora in corso,
ha molto da fare e molta buona volontà da riguadagnare con i suoi
prossimi progetti.
Gran parte degli attuali problemi
della Marvel possono essere ricondotti a
passi falsi che hanno ostacolato la serie e i cui effetti si sono
fatti sentire solo quando è passata una discreta quantità di tempo.
Alcune di queste occasioni mancate si sono manifestate già nella
Fase 2, mentre altre sono emerse solo più
recentemente nel colossale catalogo di film del MCU.
Il futuro del MCU
è più incerto che mai e questi passi falsi hanno reso il posto del
franchise nei cuori e nelle menti del pubblico più difficile del
necessario.
Capitan America e Iron Man spazzati
via in una volta sola
Lo Steve
Rogers di Chris Evans e il Tony Stark
di Robert Downey Jr sono stati i pilastri
del MCU.
Essendo due dei primi Vendicatori che hanno iniziato a costruire
l’universo dalle fondamenta, le loro personalità iconiche hanno
fatto la differenza per il franchise nel corso degli anni. Con una
carriera così lunga e ricca di eventi, era solo questione di tempo
prima che i personaggi dovessero essere mandati in pensione, ma la
loro uscita dalla storia avrebbe potuto avere un tempismo
migliore.
Avengers: Endgame ha visto la fine di entrambi
i personaggi: Tony Stark si è sacrificato per
usare le
Gemme dell’Infinito per salvare l’umanità e Steve
Rogers è scomparso nel passato per avere finalmente la
possibilità di avere una vita normale. Questi finali sono stati una
nota perfetta e agrodolce per uscire di scena, ma distanziarli
ulteriormente avrebbe potuto dare al franchise più tempo per
stabilire nuovi personaggi di punta. Le lotte del MCU per
rimpiazzare una delle due personalità non sono state né facili né
rapide, e dedicare più tempo alla fine di due dei personaggi più
importanti e amati della serie avrebbe potuto contribuire ad
aumentare l’impatto delle loro uscite di scena individuali.
Troppi personaggi introdotti in un
breve arco di tempo
Con Capitan
America e Iron Man fuori dai giochi, si è
creato un enorme vuoto di potere per i nuovi volti del franchise.
Quando la Saga dell’Infinito si è conclusa, il MCU
si è messo al lavoro per introdurre una serie di nuovi personaggi
in un breve lasso di tempo, con film come Captain
Marvel, Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli ed
Eternals che hanno rapidamente introdotto
nuova linfa nel MCU.
Ma la velocità con cui i Marvel Studios hanno deciso di
arricchire ulteriormente il loro già nutrito roster di personaggi è
andata a suo discapito.
Più volte, la Marvel si è fatta un nome
introducendo un nuovo gruppo di eroi in un arco di tempo
relativamente breve. Sin dalla Fase 1, ogni fase
del MCU
non ha mai fatto riposare sull’alloro i personaggi più popolari,
cercando sempre di introdurre il pubblico a qualcosa di nuovo.
Questa tattica, però, può ritorcersi contro quando i riflettori
vengono spartiti in modo così uniforme e il roster del franchise
può gonfiarsi quando i nuovi personaggi vengono introdotti molto
più velocemente di quelli vecchi che sono stati uccisi o fatti
ritirare.
Troppi personaggi sono stati
introdotti nelle serie tv
Con l’uscita di WandaVision nel 2021, i Marvel Studios hanno iniziato a
cimentarsi nella creazione di serie in streaming per integrare le
uscite cinematografiche. L’esplorazione approfondita di personaggi
che altrimenti avrebbero lottato per lo schermo in un
lungometraggio è stata un’idea eccellente, e la possibilità di
caratterizzare ulteriormente la Strega Scarlatta mentre si
trasformava gradualmente in un cattivo per Doctor Strange nel Multiverso della follia ha
funzionato bene. Ma l’insistenza della Marvel nell’introdurre nuovi
personaggi in ulteriori serie Disney+ di qualità variabile ha fatto
eccessivo affidamento sulla piattaforma di streaming per preparare
altri film.
Con l’uscita di un numero sempre
maggiore di serie limitate in streaming su Disney+, il MCU
ha iniziato a presentare al pubblico personaggi importanti per la
prima volta, tra cui She-Hulk, Moon Knight e Ms. Marvel, tutti personaggi significativi dei
fumetti. Tuttavia, la loro introduzione in lunghe serie consecutive
ha reso difficile la loro ulteriore inclusione nel franchise, con
il rischio di alienare il pubblico che non si era preso il tempo di
guardare un’intera serie nel caso in cui fossero apparsi in una
puntata importante del film. L’introduzione di nuovi personaggi in
serie a sé stanti ha fatto sì che il MCU
sembrasse un po’ come fare i compiti a casa per chi non ha
intenzione di investire così tanto tempo.
Secret Invasion relegata a serie
“di basso livello”
La Marvel Comics fornisce un ricco arazzo di
storie da cui attingere per il MCU,
in quanto lo studio è in grado di scegliere tra alcune delle più
belle serie di fumetti di tutti i tempi. Purtroppo, non sempre sono
in grado di rendere giustizia a queste storie, come nel caso di
Secret Invasion. Prima serie del MCU
con il Nick Fury di Samuel L.
Jackson come protagonista principale, questa serie ha
fatto cilecca quando si è trattato di adattare la leggendaria serie
di fumetti Secret Invasion.
Ancora una volta, lo status di
Secret Invasion come serie Disney+ ha fatto sì che l’epica saga
non ricevesse lo stesso interesse di un lungometraggio, sminuendo
l’importanza della trama nel canone Marvel. Non solo, ma
l’allontanamento dello show dal materiale di partenza è stato così
netto che Ali Selim, regista della serie, è stato esplicitamente
invitato dai dirigenti dello studio a non leggere Secret Invasion.
Il risultato è stato un fallimento della critica che è già stato
dichiarato come una delle peggiori serie televisive del MCU,
che ha perso il potenziale di adattamento del fumetto.
L’introduzione di Kang è stata poco
convincente
Parte del successo di
critica e botteghino della Saga dell’Infinito è stato l’utilizzo del
Thanos di Josh Brolin,
considerato uno dei migliori cattivi del MCU.
Molto prima della sua vera e propria introduzione, Thanos ha
beneficiato di anni di preparazione, apparendo in brevi camei e
scene post-credits prima di fare finalmente la sua grande entrata
in scena. Sfortunatamente, non si può dire lo stesso per la
prossima minaccia dei Marvel Studios, che ha sofferto di
un’introduzione poco convincente.
Il Kang di Johnathan Majors sarà il prossimo cattivo
degno di combattere i Vendicatori, con l’obiettivo di terrorizzare
l’universo con una legione di versioni di se stesso provenienti da
tutto il multiverso in Avengers: The Kang Dynasty. Kang ha già fatto
diverse apparizioni nel MCU
come cattivo principale, grazie al suo status di costante
multiversale. Il fatto che il pubblico abbia già visto una sua
variante sconfitta in Ant-Man and The Wasp:
Quantumania serve solo a diminuire la sua minaccia, e
la sua mancanza di presenza nel MCU
fino a questo momento lo ha già messo in secondo piano nel riempire
i panni di Thanos come villain della serie.
Ultron non è stato così
minaccioso
Il MCU
è famoso per i suoi problemi con i cattivi, spesso dimenticabili
rispetto alle loro controparti eroiche. Gli antagonisti
dell’universo spesso non vengono approfonditi a sufficienza per
giustificare un’esplorazione o vengono uccisi troppo presto prima
che possano diventare interessanti. Purtroppo, questo è stato il
caso del villain principale di Avengers: Age of Ultron, un peccato se si
considera il suo status nei fumetti Marvel Comics come una minaccia di livello per
i Vendicatori.
Nei fumetti, Ultron torna più volte
come minaccia per il mondo, in grado di fronteggiare i Vendicatori
molto più a lungo di quanto il corso del suo film nel MCU
lascerebbe intendere. Nella serie Avengers: Age of Ultron si ispira pesantemente
all’arco fumettistico Ultron Unlimited, egli spazza via un’intera
nazione con la sua ambizione. Purtroppo, l’Ultron dei film sarebbe
stato sconfitto troppo facilmente, perdendo l’opportunità di
eccellere come cattivo ricorrente allo stesso livello di
Loki o Thanos.
La posizione incerta degli eroi di
Netflix
Molto prima che Disney+ avesse un nome, l’universo
cinematografico in miniatura di Netflix correva parallelo al MCU
del grande schermo. Presentando al pubblico i personaggi di
Daredevil,
Iron Fist, Luke Cage e Jessica Jones, la serie di Netflix sulle
avventure degli eroi di strada di New York ha avuto un successo di
critica alterno. La versione di Charlie Cox di
Matt Murdock e quella di Jon
Bernthal di Frank Castle si distinguono
in particolare come eccellenti adattamenti dei loro personaggi.
Non tutte le serie di Netflix sono
state accolte bene, ma la posizione traballante del MCU
sull’incorporazione di questi personaggi ha portato a una maggiore
confusione del pubblico. Charlie Cox è apparso più
volte nei panni di Matt Murdock nel MCU e il Kingpin
di Vincent D’Onofrio è tornato a terrorizzare le
strade di New York in Hawkeye. I commenti evasivi di Kat
Coiro, regista di She-Hulk, riguardo alla collocazione della
serie Netflix nel canone del MCU
non hanno fatto altro che alimentare la confusione, lasciando la
Marvel in difficoltà quando si
tratta di sfruttare personaggi già sviluppati.
La Marvel ha impiegato troppo tempo
per introdurre gli X-Men
Per molti anni, gli
X-Men sono stati un franchise chiave della
Marvel che si trovava fuori dalla
portata del MCU,
con la 20th Century Fox che era l’unica fonte di film sugli X-Men
per il pubblico. Nel 2019, Disney ha acquisito i diritti
dell’iconico franchise dalla Fox, il che significa che l’inclusione
degli iconici personaggi era finalmente possibile. Tuttavia, la
Disney si è trascinata nell’incorporare gli X-Men nel MCU,
e questo ritardo nella serie potrebbe essere un momento troppo
strano per iniziare.
Dato che il processo di sviluppo di
un film Marvel medio è così lungo, è facile
capire perché ci vorrà molto tempo prima che il MCU
lanci un film sugli X-Men. Detto questo, il franchise avrebbe
potuto fare di più per includere prove dell’attività dei mutanti in
tutti i progetti dal 2019, dato che lo status di mutanti degli
X-Men è difficile da introdurre in seguito, dato che il pubblico
avrà bisogno di una spiegazione sul perché li vede solo ora. Anche
se sono stati fatti alcuni passi avanti in questo senso con la
rivelazione di Ms. Marvel come mutante, è facile che
l’apparizione degli X-Men sia troppo confusa per il pubblico
generale quando avverrà.
Il Multiverso è già stato spremuto
abbastanza
Con la conclusione della
Saga dell’Infinito, il Marvel Cinematic
Universe si è trasformato nella Saga del Multiverso, con le varianti alleate
di Kang il Conquistatore come villain principale.
Sfortunatamente, le ambizioni del multiverso del MCU
stanno iniziando a confondersi con la folla delle grandi uscite
recenti e rischiano di diventare insipide man mano che i media del
multiverso saturano la cultura pop. Sebbene la Marvel stessa abbia contribuito
fortemente all’ascesa del concetto in molti franchise negli ultimi
anni, corre il rischio di bruciare il pubblico con una continua
dipendenza da questo tropo.
Negli ultimi anni, si sono diffusi
film e serie tv che analizzano l’idea di diverse versioni
dell’universo. Il MCU
deve competere con altri film di supereroi multiversali, come
The Flash, e con pellicole premiate con
l’Oscar come Everything Everywhere All At Once. Il concetto
di multiverso è stato esplorato a fondo già dalla prima stagione di
Rick and Morty nel 2013, il che significa che la Marvel dovrà impegnarsi a fondo per
giustificare l’uso del sottogenere in film come Avengers: The Kang Dynasty, in uscita nel
2026.
Le storyline del MCU stanno
diventando sempre più scollegate tra loro
La forza più grande e la
caratteristica più rivoluzionaria del MCU
è stata la capacità di far riconoscere al pubblico un universo
condiviso tra più franchise. L’idea dell’universo condiviso è stata
copiata molte volte da altri studios, ma pochi lo hanno fatto con
lo stesso successo dei capostipiti originali dell’universo
cinematografico. Tuttavia, il più grande punto di forza dei
Marvel Studio è stato poco
sfruttato negli ultimi anni, creando un difficile compito di
reintegrazione in vista dei progetti futuri.
L’introduzione di nuovi eroi come
Shang-Chi e Moon Knight
nella Fase 4 ha dato l’impressione di essere
incredibilmente isolata, introducendo nuove importanti location e
mitologie concorrenti al più ampio MCU
che a malapena si inseriscono nella tradizione consolidata. Non
solo, sembra che i Marvel Studios siano disposti a
tenere conto della ricezione quando incorporano le uscite recenti
nell’universo più ampio, visto che gli eventi significativi del
flop Eternals del 2021 rimangono in gran parte non
affrontati nelle uscite future. È chiaro che il MCU
sta diventando più “scollegato” che mai, il che significa che la
Disney ha il suo bel da fare per far sì che il pubblico sia di
nuovo entusiasta del franchise.
Il modo migliore per spaventare gli
studios questo Halloween? Evita di travestirti da personaggi
di serie e film di grande successo.Mentre gli attori
in sciopero entrano in una stagione spaventosa,SAG-AFTRA ha pubblicato delle linee guida
per i membri che desiderano “celebrare Halloween quest’anno
rimanendo allo stesso tempo solidali” con lo
sciopero. Ciò significa che i membri del sindacato possono
appendere al chiodo i loro cappelli porkpie da personaggi di film
come “Oppenheimer” e
mettere via il loro rosa di “Barbie”.
“Scegli costumi ispirati a
personaggi e figure generalizzate (fantasmi, zombie, ragni,
ecc.)”, ha raccomandato mercoledì il
sindacato degli attori in un post sul sito
web. La gilda suggerisce inoltre
agli attori di “non pubblicare sui social media foto di costumi
ispirati a contenuti colpiti“, per non dare agli studi alcuna
pubblicità aggiuntiva. Mentre la SAG-AFTRA lotta per un contratto
migliore con l’AMPTP, agli attori in sciopero è vietato fare
pubblicità per serie e film colpiti.
Il post incoraggia i membri a
“vestirsi come personaggi di contenuti non colpiti, come uno
spettacolo televisivo animato”.Anche i progetti
nell’ambito di un accordo provvisorio con SAG-AFTRA sono
presumibilmente entro i limiti, il che significa che i membri
possono tranquillamente vestirsi come L’eElvis (da
“Priscilla”
a prova di sciopero di A24) ma
non come il re del rock n’ roll di Austin Butler della
Warner Bros. Carmy di “The Bear” è vietato, ma ad esempio: c’è
ancora tempo per fare “dolcetto o scherzetto” nei panni di
Jeremy Allen White del prossimo film di wrestling di A24
“The Iron Claw“.
Dopo che i colloqui tra i negoziatori
della gilda e i capi dello studio si sono interrotti la scorsa
settimana, SAG-AFTRA ha concluso il suo post con un messaggio
motivazionale: “Utilizziamo il nostro potere collettivo per
inviare un messaggio forte e chiaro ai nostri datori di lavoro
colpiti che non promuoveremo i loro contenuti senza un contratto
giusto!”
Il film-concerto campione d’incassi
di Taylor Swift “The Eras
Tour” ha ricevuto un applauso niente meno che
da Christopher
Nolan durante un recente evento della City
University di New York in cui il regista, la sua produttrice e
moglie Emma Thomas sono stati intervistati
dall’autore Kai Bird che ha scritto “American Prometheus” che Nolan ha recentemente adattato in
“Oppenheimer”,
il film biografico con i maggiori incassi nella storia del cinema
con 942 milioni di dollari al botteghino mondiale.
L’incontro con la CUNY ha avuto luogo l’11
ottobre, pochi giorni prima che “The Eras Tour” di
Swift uscisse nei cinema e incassasse 92,8 milioni di dollari in
Nord America e 123,5 milioni di dollari a livello globale, senza
dubbio il più grande debutto di sempre per un film-concerto. È
anche la seconda apertura di ottobre con gli incassi più alti della
storia (dietro solo a “Joker”
con 96 milioni di dollari) e il settimo weekend di apertura più
grande del 2023. L’uscita è stata insolita poiché Swift ha eluso i
principali streamer e studi di Hollywood e ha collaborato
direttamente con AMC Theatres per distribuire il
film. Christopher Nolan ha elogiato Taylor
Swift per la mossa commerciale.
“Taylor Swift sta per superare gli
studios, perché il suo film-concerto non sarà distribuito dagli
studios, sarà distribuito dal proprietario di un cinema, AMC, e
farà un’enorme quantità di denaro“, ha detto Christopher Nolan. “E questo è il punto,
[e le sale lo sono] un formato e un modo di vedere le cose e
condividere storie, o condividere esperienze, che è incredibilmente
prezioso. E se [gli studi] non lo vogliono, lo farà qualcun
altro. Quindi questa è proprio la verità”.
Come riportato da Variety:Taylor Swif ha autoprodotto il film e ha stipulato
un accordo con AMC Theatres in cui porterà a casa
circa il 57% delle vendite dei biglietti, mentre i
cinema manterranno i ricavi rimanenti e AMC
prenderà una piccola commissione di distribuzione. Non è esclusivo
del circuito AMC; è uscito in 3.855 sale negli Stati Uniti e in
Canada e in 4.527 sedi a livello internazionale. Taylor
Swif è riuscirà a guadagnare oltre 60 milioni di
dollari grazie all’accordo con AMC.
Sia Oppenheimer
che The Eras Tour stanno emergendo come blockbuster e dimostrano
che il business delle sale è tutt’altro che morto e si basa su
nuove ed entusiasmanti esperienze per gli spettatori. “Ogni
volta che un film ha successo e non ci si aspettava che lo fosse, è
una cosa incoraggiante per Hollywood ed è incoraggiante per i
cineasti“, ha detto Christopher Nolan. all’evento CUNY quando gli
è stato chiesto dell’enorme incasso di “Oppenheimer”. “C’è una tensione a Hollywood
tra ciò che è familiare e ciò che si prevede faccia soldi, questa è
la base del modo in cui gli studi cinematografici rimangono in
attività, e il desiderio del pubblico per qualcosa di nuovo,
qualcosa di fresco.”
“Ogni volta che un film non dovrebbe
avere successo, e abbiamo ampiamente superato le nostre più alte
aspettative per il progetto, è incoraggiante per gli studi e i
filmmaker“, ha aggiunto Nolan. “Quella tensione,
quella realtà… tra commercio e arte, quella formula non cambia mai
a Hollywood.” Oppenheimer sarà disponibile
sulle piattaforme digitali a partire dal 21 novembre. Guarda
l’apparizione completa di Nolan all’evento CUNY nel video qui
sotto.