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One Piece 2: lo Showrunner conferma che vorrebbe Jamie Lee Curtis!

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Dopo che Jamie Lee Curtis ha espresso le sue speranze di interpretare la dottoressa Kureha in One Piece 2, la seconda stagione della serie live-action One Piece di Netflix, il co-showrunner dell’adattamento ha commentato la possibilità.

In un’intervista con Deadline, al co-showrunner di One Piece Matt Owens è stato chiesto di aggiungere Jamie Lee Curtis al cast per interpretare il ruolo della dottoressa Kureha, una figura materna e mentore del dottor Tony Chopper dei Pirati di Cappello di Paglia. L’attrice aveva già parlato di come le piacerebbe interpretare il ruolo, dato che è già una grande fan di One Piece.

Il team di Netflix One Piece sta cercando di portare Jamie Lee Curtis nello show?

Owens ha spiegato che lo staff sta “cercando di manifestarlo alla produzione” e che una volta concluso lo sciopero SAG-AFTRA in corso, inizieranno ad avere “conversazioni reali” con Jamie Lee Curtis, sottolineando che lo staff della serie sta “scrivendo per lei” in questo momento. Abbiamo l’opportunità di scegliere alcuni ruoli, alcune regole che sono molto importanti, ed è venuto fuori che Jamie Lee Curtis è un fan di One Piece“, ha dichiarato Owens. “Non appena l’ha detto, abbiamo pensato, okay, dobbiamo provare a coinvolgerla nello show. Cosa possiamo fare? E il Dottor Kureha, per fortuna, è un personaggio che apparirà nella nostra storia, ed è perfetto per Jamie Lee Curtis. Quindi abbiamo provato a iniziare a manifestare questo nostro sogno. Dopo aver vinto l’Oscar, la sala degli scrittori le ha inviato una figura del Dottor Kureha con una bella nota che diceva:

“Congratulazioni per la tua statua, eccone un’altra da mettere accanto ad essa”. Spero di parlarti presto.‘ “Quando l’ha ripubblicato, ha suscitato molto interesse da parte dei fan e l’ho commentato. Stiamo cercando di manifestarlo. Sì, al momento il SAG è ancora in sciopero, quindi non ci sono state vere e proprie conversazioni. Ma appena potrà esserci, sono pronto. La porterò fuori a cena, ne parleremo. Faremo tutto perché a questo punto stiamo scrivendo per lei – vogliamo davvero, davvero che venga a suonare con noi nella seconda stagione”.

One Piece 2, quando uscirà?

Considerato il rinnova confermato poco dopo l’uscita, la seconda stagione di One Piece potrebbe debuttare nel 2025! Al momento però non c’è una dichiarazione ufficiale in merito all’uscita di One Piece 2!

Dal lancio dello show il 31 agosto, One Piece è stato il numero 1 nella Top 10 interna di Netflix. Tratta dalla serie manga più venduta della storia del Giappone e scritta da Eiichiro Oda, One Piece è un’impareggiabile avventura leggendaria ambientata in alto mare. Monkey D. Luffy è un giovane avventuriero da sempre alla ricerca di una vita libera. Luffy abbandona il suo villaggio per intraprendere un viaggio pericoloso alla ricerca del leggendario tesoro ONE PIECE e diventare il re dei Pirati! Tuttavia, per trovare l’inestimabile premio Luffy dovrà assoldare la ciurma dei suoi sogni, trovare una nave, scandagliare in lungo e in largo il vasto mare azzurro, seminare i Marine e farla in barba a temibili rivali.

Iñaki Godoy (Monkey D. Luffy), Mackenyu (Roronoa Zoro), Emily Rudd (Nami), Jacob Romero (Usopp) e Taz Skylar (Sanji) interpretano l’avventura piratesca live action ONE PIECE, ideata in collaborazione con Shueisha e prodotta da Tomorrow Studios con Netflix. Matt Owens e Steven Maeda ricoprono il ruolo di sceneggiatori, produttori esecutivi e showrunner. Anche Eiichiro Oda, Marty Adelstein e Becky Clements si occupano della produzione esecutiva. Il cast confermato in precedenza include Vincent Regan, Ilia Isorelýs Paulino, Morgan Davies, Aidan Scott, Langley Kirkwood, Jeff Ward, Celeste Loots, Alexander Maniatis, McKinley Belcher III, Craig Fairbrass, Steven Ward e Chioma Umeala.

La serie è stata creata da Matt Owens e Steven Maeda, vede nel cast anche Mackenyu nei panni di Roronoa Zoro, Emily Rudd nei panni di Nami, Jacob Romero Gibson nei panni di Usopp e Taz Skylar nei panni di Sanji. La serie manga è stata pubblicata per la prima volta nel 1997 e ha venduto più di 460 milioni di copie in tutto il mondo. È stato anche adattato in una serie anime, videogiochi e una serie di lungometraggi in Giappone.

Fargo 5: nuova clip, Joe Keery nel ruolo del figlio di Jon Hamm

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Fargo 5: nuova clip, Joe Keery nel ruolo del figlio di Jon Hamm

Una nuova clip della quinta stagione di Fargo si concentra sulla star di Stranger Things Joe Keery, che interpreta il figlio del simpatico cowboy di Jon Hamm. “Ambientato nel Minnesota e nel Nord Dakota, nel 2019, dopo che una serie inaspettata di eventi che mettono Dorothy ‘Dot’ Lyon (Juno Temple) nei guai con le autorità, questa apparentemente tipica casalinga del Midwest viene improvvisamente ripiombata in una vita che pensava di aver abbandonato”, si legge nella sinossi ufficiale. “Lo sceriffo del North Dakota Roy Tillman (Hamm) è alla ricerca di Dot da molto tempo.”

Quando debutterà la quinta stagione di Fargo?

La quinta stagione di Fargo, composta da dieci episodi, debutterà negli USA il 21 novembre su FX. Gli episodi saranno disponibili anche su Hulu. In Italia la serie sarà programmata su, STAR, canale per adulti di Disney+. La sinossi della quinta stagione di Fargo recita in parte: “Dopo una serie inaspettata di eventi che mettono Dorothy ‘Dot’ Lyon (Temple) nei guai con le autorità, questa apparentemente tipica casalinga del Midwest viene improvvisamente ripiombata in una vita che pensava di aver abbandonato”. Il cast della quinta stagione di Fargo anche Jon Hamm, Jennifer Jason Leigh, Joe Keery, Richa Moorjani, Lamorne Morris, Dave Foley, David Rysdahl, Sam Spruell, Jessica Pohly e Nick Gomez.

Fargo è prodotto da Hawley, che funge da showrunner, scrittore e regista, e dalla sua società di produzione 26 Keys, dal produttore esecutivo Warren Littlefield e dalla sua società di produzione The Littlefield Company.  I produttori esecutivi sono Steve Stark, Kim Todd, Joel ed Ethan Coen. La serie è prodotta da MGM Television e FX Productions, con MGM Television che funge da studio principale. È distribuito a livello internazionale da Amazon e MGM Studios Distribution.

Deadpool 3: una fan art immagina Taylor Swift nei panni di Dazzler

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Negli ultimi giorni si sono intensificati i rumor secondo cui la celebre cantante Taylor Swift potrebbe avere un cameo nell’atteso film del MCU Deadpool 3. Il tutto ha avuto inizio in seguito all’avvistamento di Swift in compagnia di Ryan Reynolds durante l’ultimo match di NFL al MetLife Stadium nel New Jersey. Assieme a loro erano presenti anche Hugh Jackman, che nel film riprenderà il ruolo di Wolverine, e il regista Shawn Levy. Da subito sono dunque partite le teorie su quale personaggio Swift potrebbe interpretare nel film qualora fosse confermata la sua presenza.

Il nome più gettonato è quello di Dazzler, apparsa per la prima volta in Uncanny X-Men n. 130 nel 1980, con la capacità di convertire le vibrazioni sonore in raggi di luce ed energia. Sviluppata come creazione multimediale e promozionale incrociata tra Casablanca Records e Marvel Comics, è stata creata da un comitato di staff Marvel, principalmente lo scrittore/montatore Tom DeFalco e l’illustratore John Romita Jr. Dazzler è inoltre stata descritta come una delle eroine femminili più importanti e potenti della Marvel ed è spesso etichettata come un’icona LGBT.

La teoria sulla sua partecipazione non è poi così insensata, considerando che la cantante non è estranea alla recitazione, essendo apparsa in film come Amsterdam e Cats, e d’altronde già nel 2015 per X-Men: Dark Phoenix si ipotizzava che potesse comparire nel film proprio nei panni di Dazzler. Nell’attesa di scoprire se tale cameo diventerà realtà o rimarrà solo una fantasia dei fan, grazie a @bosslogic, possiamo avere un’idea di come potrebbe apparire Swift se vestisse davvero i panni dell’iconico personaggio Marvel Comics nel prossimo trequel. Qui di seguito, ecco il post dove si può dunque vedere tale fan art:

Deadpool 3: quello che sappiamo sul film

Sebbene i dettagli ufficiali della storia di Deadpool 3, con protagonista Ryan Reynolds, non siano infatti ancora stati rivelati, si presume che la trama riguarderà il Multiverso. Il modo più semplice per i Marvel Studios di unire la serie di film di Deadpool – l’unica parte del franchise degli X-Men sopravvissuta all’acquisizione della Fox da parte della Disney – è stabilire che i film di Reynolds si siano svolti in un universo diverso. Ciò preserva i film degli X-Men della Fox nel loro universo, consentendo al contempo a Deadpool e Wolverine, di nuovo interpretato da Hugh Jackman, viaggiare nell’universo principale dell’MCU.

Nel film saranno poi presenti anche personaggi presenti nei primi due film di Deadpool, come Colossus e Testata Mutante Negasonica. Da tempo, però, si vocifera che anche altri X-Men possano fare la loro comparsa nel film, come anche alcuni altri supereroi della Marvel comparsi sul grande schermo nei primi anni Duemila, in particolare il Daredevil di Ben Affleck. L’attrice Jennifer Garner sarà presente nel film con il ruolo di Elektra, che riprende dunque a quasi vent’anni di distanza dal film a lei dedicato.

In attesa di ulteriori conferme, sappiamo che Shawn Levy dirigerà Deadpool 3, mentre Rhett Reese e Paul Wernick, che hanno già firmato i primi due film sul Mercenario Chiacchierone, scriveranno la sceneggiatura basandosi sui fumetti creati da Rob Liefeld, confermandosi nella squadra creativa del progetto. Il presidente dei Marvel StudiosKevin Feige, aveva precedentemente assicurato ai fan che rimarrà un film con rating R, proprio come i primi due film, il che lo renderebbe il primo film dello studio con tale classificazione matura.

Alita 2: Robert Rodriguez fornisce un promettente aggiornamento

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Alita 2: Robert Rodriguez fornisce un promettente aggiornamento

Da molti atteso, il sequel di Alita: Angelo della Battaglia è negli ultimi mesi tornato ad essere al centro delle discussioni, con i produttori del primo film, Jon LandauJames Cameron, che hanno confermato la volontà di realizzare un seguito e di aver già intrapreso il suo sviluppo. A fornire un nuovo aggiornamento sul progetto ci pensa ora Robert Rodriguez, regista del lungometraggio del 2019, il quale ha affermato che ora potrebbe essere più facile girare un Alita 2, dal momento che i 20th Century Studios hanno ripreso la produzione dopo l’acquisizione da parte della Disney.

Jim e io parliamo sempre di quanto ci piacerebbe fare un altro Alita“, ha dichiarato Rodriguez in un’intervista a The Wrap. “Quello studio [20th Century] è stato acquistato da un altro studio [Disney]. Stanno iniziando a fare film solo adesso. Ma per un po’ 20th Century non ha realizzato nessuno dei loro film in programma.” Il commento del regista conferma dunque un precedente rapporto secondo cui James Cameron ha effettivamente in programma uno o più sequel per il film live-action.

L’aggiornamento di Rodriguez è dunque una gradita notizia per i fan, che da tempo chiedono a gran voce film successivi al primo Alita: Angelo della Battaglia. Uscito nel 2019, Alita: Angelo della Battaglia aveva infatti ottenuto un buon successo di pubblico, ma non abbastanza da far subito confermare un suo sequel. Il successo di Avatar – La via dell’acqua sembra però aver ora favorito il riprendere dei lavori su tale sequel. Come sempre, non resta ora che attendere nuovi aggiornamenti, che forniscano maggiori dettagli sui progressi nello sviluppo del film.

Alita 2, leggi anche:

Serie Marvel: la migliore e la peggiore secondo Rotten Tomatoes

Serie Marvel: la migliore e la peggiore secondo Rotten Tomatoes

Mentre cresce l’attesa per vedere sul piccolo schermo la prossima serie Marvel, oggi vi segnaliamo che ci sono stati importanti cambiamenti su Rotten Tomatoes. Infatti Agents of SHIELD ha ufficialmente superato Luke Cage come serie più apprezzata sul noto sito americano Rotten Tomatoes. Agents of SHIELD  attualmente ha una valutazione di gradimento pari al 95% da parte di critici accreditati sulla piattaforma mentre Luke Cage è al secondo posto al 93%.

Ma vediamo la top ten delle serie tv in ordine crescente.

The Punisher

The PunisherThe Punisher è al decimo posto con un gradimento positivo pari al 62 % dei giudizi. La serie trasmessa da Netflix ha debuttato quest’anno. Jon Bernthal è apparso per la prima volta come The Punisher nella seconda stagione della serie tv Daredevil, ciclo che ha consacrato lo show Marvel/Netflix come una delle migliori serie tv dell’anno.

The Punisher farà parte del Marvel Universe targato Netflix e Marvel Television.

The Gifted

The Gifted 1x07The Gifted è stata l’atteso secondo progetto seriale sugli X-Men targati FOX e Marvel Television dopo Legion. Lo show ha fatto il suo debutto questo autunno per concludersi nella prima parte del 2018. La seconda stagione di The Gifted è stata confermate e il primo teaser promo è stato diffuso alla fine della prima stagione. La prima stagione ha ricevuto un gradimento positivo pari al 70% dei giudizi.

The Defenders

The DefendersThe Defenders è stata l’attesa serie che ha riunito tutti gli eroi Marvel su Netflix. Il progetto molto atteso però non ha conquistato proprio tutti. Infatti la serie ha ricevuto un gradimento positivo pari al 74 % dei giudizi.

La serie tv co-prodotta dalla piattaforma insieme alla Marvel ha messo insieme i quattro eroi che ci sono stati presentati nel corso degli ultimi anni: Daredevil, Jessica Jones, Luke Cage e Iron Fist.

Runaways

RunawaysLa serie tv Runaways ha debuttato su Hulu anche quest’anno e come le altre è prodotta sempre da Marvel Television con Hulu. E’ uno dei quattro nuovi show con nuovi personaggi che hanno fatto il suo debutto quest’anno. Runaways ha raccolto un gradimento positivo pari al 82% dei giudizi.

Daredevil

DaredevilDaredevil è il primo show targato Marvel e Netflix ed è una delle serie tv più apprezzate dai fan, oltre che dalla critica. Infatti lo show che vede Charlie Cox nei panni del protagonista la cui terza stagione è stata confermata ha raccolto un gradimento positivo pari al 86% dei giudizi.

Agent Carter

Agent CarterAgent Carter a sorprese è in quinta posizione. Lo show prodotto in collaborazione con la ABC Television nonostante sia stato chiuso dopo appena due stagione è risultato il quinto più apprezzato dalla critica con un gradimento positivo pari all’88% dei giudizi. La serie ha come protagonista Hayley Atwell nei panni di Peggy Carter, personaggi apparso per la prima volta in Captain America Il primo Vendicatore.

Legion

Legion Al quarto posto troviamo Legion, la serie Marvel Television prodotta con FOX con un un gradimento positivo pari al 90 % dei giudizi.

Jessica Jones

Jessica JonesLa serie su Jessica Jones si è posizionata al terzo posto con un gradimento positivo pari al 92 % dei giudizi  Krysten Ritter (Jessica Jones) è affiancata da un fantastico cast di attori, che comprende David Tennant (Kilgrave), Mike Colter (Luke Cage), Rachael Taylor (Trish Walker), Carrie-Anne Moss, Eka Darville, Erin Moriarty, e Wil Traval, insieme a molti altri. Vi ricordiamo che la seconda stagione è in fase di lavorazione e presto debutterà su Netflix, mentre le prime foto sono state già rese note.

Luke Cage

Serie MarvelAl secondo posto a sorpresa si piazza Luke Cage con un gradimento positivo pari al 93 % dei giudizi.

Agents of SHIELD

Serie Marvel

La serie più apprezzata su è Agents of SHIELD, che ha totalizzato un gradimento positivo pari al 95 % dei giudizi dei critici su Rotten Tomatoes. La quinta stagione della serie ha debuttato da poco sulla ABC.

15 cose da sapere su Rhaegar Targaryen e Lyanna Stark

15 cose da sapere su Rhaegar Targaryen e Lyanna Stark

Con la sesta e settima stagione di Il trono di spade (Game of Thrones) molte cose su Rhaegar Targaryen e Lyanna Stark sono state svelate ma ce ne sono molte altre che, per chi non legge i libri (o non ha posto la giusta attenzione alla serie), rimangono ancora poco chiare. In attesa del gran finale della settima stagione di Game of Thrones (e in attesa dell’ottava stagione) ve ne sveliamo ben quindici.

Lyanna una volta ha salvato Howland Reed da un gruppo di scudieri

Howland ReedLyanna Stark era la sola figlia di Lord Rickard Stark, Lord protettore del Nord e Capo famiglia degli Stark, una delle più grandi Case dei Sette Regni. Uuna persona importante negli eventi che seguiranno il suo incontro con il principe Rhaegar Targaryen, fu Howland Reed. Infatti durante un torneo a Harrenhal, Lyanna salvò Howland Reed da un gruppo di scudieri. Tre scudieri che erano molto più grandi di Reed cominciarono a maledirlo come “mangiatore di rane” e cominciarono a pestarlo finché Lyanna non si avvicinò in sua difesa. Dopo il salvataggio di Reed, Lyanna lo portò in una tenda per incontrare i suoi fratelli.

Nella tenda, Reed incontrò Eddard, Brandon e Benjen Stark, che diventeranno incredibilmente importanti per Reed. Due anni più tardi, Reed avrebbe salvato la vita di Eddard (Sean Bean) alla Torre della Gioia, rendendolo parte integrante della Ribellione di Robert e degli eventi che hanno portato alla caduta del Targaryen dalla dominazione Westeros.

Rhaegar Targaryen compie un gesto romantico ad un torneo mettendo in imbarazzo la sua promessa

Rhaegar TargaryenAl famosissimo Torneo di Harrenhal nel 281 AC, anno della falsa primavera, Rhaegar  fu campione del torneo, battendo in finale Barristan Selmy. Come è l’usanza di Westeros, il campione del torneo nomina di sua volontà una donna fortunata che sarà proclamata “Regina dell’Amore e della Bellezza”. Mentre tutti gli occhi andavano verso la moglie di Raeghar, Elia Martell, il principe proclamò invece Lyanna Stark, gesto che provocò un imbarazzo tale che non fu mai percepito in tutte le famiglia reale di Westeros nei secoli. Rhaegar mise una corona di rose d’inverno sopra la testa di Lyanna, causando indignazione. Quando Ned Stark ripensava a questo evento, lo chiamò il giorno in cui “tutti i sorrisi morirono” perché quelli che seguirono saranno i due anni di conflitti conosciuti come “la RIbellione di Robert”. Non ci sono molte informazioni relativa alla relazione tra Rhaegar e Lyanna prima di questo fatto.

Lyanna Stark era colei che si celava dietro Il Cavaliere “dell’Albero che Ride”

The-Knight-of-the-Laughing-Tree-paintingIl cavaliere dell’albero che ride era un cavaliere misterioso che ha partecipato al Tourney di Harrenhal per sconfiggere i tre cavalieri i cui scudieri avevano percosso Howland Reed. Sullo scudo del cavaliere si trova un albero del cuore sorridente, da cui deriva il suo nome. Nessuno conoscevano la vera identità di questa persona, ma molti credono che dietro all’armatura ci fosse Lyanna Stark. Il cavaliere è stato descritto come “basso di statura” e indossava un’armatura non corrispondenti alla sua taglia.

Il cavaliere conquistò persino le attenzioni del Re Folle, tanto da spingerlo a volerne la testa. Si dice che fu Rhaegar a scoprire in Lyanna Stark la vera identità del cavaliere, e forse è stata questa scoperta che ha portato i due a innamorarsi, anche se questo non è confermato. Al momento non si hanno conferme in merito ma sappiamo con certezza che il cavaliere era uno Stark del Nord dato che portava un Albero Diga incastonato sullo scudo.

Rhaegar Targaryen era incredibilmente popolare in tutti i Sette Regni

Rhaegar TargaryenIl principe Rhaegar Targaryen era il figlio maggiore di Re Aerys II Targaryen (il Re folle), conosciuto come il Principe di Dragonstone. Rhaegar era il fratello maggiore di Daenerys e Viserys, che divenne noto come Re Mendicante (stesso titolo venne attribuito alla sorella). Tywin Lannister offrì la mano di Cersei, sua unica figlia, al figlio maggiore del re Aerys, ma fu rifiutata. Questo rifiuto offese i Lannister che in seguito divennero nemici dei Targaryen.

Nonostante questo disonore arrecato ai Lannister, l’opinione generale di Rhaegar era che fosse un uomo intelligente che amava leggere ed era una persona compassionevole, a dispetto del padre, il RE FOLLE. Ha ripreso la spada più volte nella vita, ma “Rhaegar non amava mai uccidere”, e secondo Barristan Selmy, “amava cantare”. Rhaegar è stato considerato un uomo molto carismatico e bello, dettaglio che l’ha portato poi alla sua caduta, come vedremo in seguito.

Lyanna Stark era conosciuta come La Lupa

House-Stark-BannerPer quanto riguarda le donne della famiglia Stark, sembra che ci siano due tipologie distinte. Al momento abbiamo Arya e Sansa (Maisie Williams e Sophie Turner), due donne che non potrebbero essere più dissimili. Sansa è una signora che ha attraversato l’inferno ma è venuta fuori con la sua dignità e governa il Nord, mentre Jon è assente. Arya è andata a allenarsi con gli uomini senza faccia ed è diventata un assassino letale. È brutale e astuta, e apparentemente è lei che somiglia più alla sua zia Lyanna.

Lyanna è stata descritta come un Lupo perché era coraggiosa, testarda e una donna feroce che difendeva il proprio onore se era necessario. Molto di quello che sappiamo di Lyanna Stark è raccontato solo da altri personaggi che la ricordano affettuosamente. Ditocorto racconta la storia di come è stata rapita e portata a sud da Rhaegar, ma la storia non ha molto senso quando si scopre poi che tipo era Lyanna. Non era il tipo di donna che subisce in questo modo, dettaglio che ha messo in dubbio da subito il racconto di Ditocorto, considerando anche che il personaggio non è noto per essere un uomo onesto e di alta tempra morale.  Probabilmente gli eventi che hanno portato alla ribellione di Robert sono altri.

L’amore di Robert Baratheon per Lyanna ha avvelenato il suo matrimonio con Cersei

Shrine-of-Lyanna-Stark-in-Winterfells-CryptDopo gli eventi della ribellione Robert Baratheon, è diventato il re sul Il trono di spade (Game of Thrones) e sposa Cersei Lannister (Lena Headey). Questo era in parte dovuto all’alleanza con i Lannister durante la ribellione e l’assassinio da parte di Jamie del Re Folle. Durante la prima stagione in una conversazione con sua moglie, Robert Baratheon rivela che non l’ha mai amata, anche se Cersei, almeno una volta, ha provato sentimenti per lui. Rimase così scioccato dalla scomparsa di Lyanna, che non è mai riuscito a riempire il vuoto lasciato dopo la sua morte. Robert ha vissuto la sua vita continuando a rivivere il momento in cui Rhaegar è morto per “ciò che ha fatto alla sua amata”, anche se non ha mai veramente capito cosa è successo tra i due.

Purtroppo, Robert non riusciva nemmeno a ricordare come fosse il volto di Lyanna. La mancanza di amore tra lui e Cersei ha infine condotto la Regina al rapporto incestuoso con suo fratello, alla nascita dei suoi tre bastardi e alla morte di Robert attraverso le sue macchinazioni.

Rhaegar Targaryen e Lyanna Stark erano entrambi sposati e/o promessi sposi

Wedding-RingsCome abbiamo appena detto, Rhaegar era sposato al momento del Torneo di Harrenhal quando proclamò Lyanna la Regina d’Amore e di Bellezza invece di sua moglie Elia, della casa Martell. Elia era la sorella di Doran Martell, Principe di Dorne e Oberyn Martell, la vipera rossa. Il legame tra il Re e Dorne assunse in seguito un ruolo fondamentale negli eventi che portarono alla guerra dei Cinque Re e ad altri conflitti che avvennero successivamente.

Lyanna non era ancora sposata, ma era fidanzata e promessa a Robert Baratheon, che sarebbe diventato il re dei sette regni dopo l’assassinio di Aerys II, il Re Folle per mano di Jamie Lannister.  Elia era fedele a suo marito, e lei gli ha dato due figli, Rhaenys e Aegon, entrambi uccisi a seguito della ribellione per mano della Montagna, Ser Gregor Clegane. Clegane ha poi ucciso e violentato Elia. Quanto a Robert e Lyanna, è chiaro che Robert amava con tutto il cuore la Stark, ma sembra sempre più probabile che il suo amore non fosse ricambiato.

La morte di Rhaegar per mano di Robert l’ha portato ad aumentare la sua popolarità come nuovo RE

La morte di Rhaegar-TargaryenQuando Robert iniziò la sua ribellione contro il Re FOLLE, questi lo mise subito contro il figlio Rhaegar come nessun altro. La sua rabbia per il rapimento della sua amata lo ha portato a incontrare Rhaegar sul campo di battaglia del Tridente. In seguito quel tratto di fiume venne chiamato il Guado dei Rubini perché i rubini sull’armatura di Rhaegar caddero e si dispersero nelle acque sotto la furia di Robert, che lo sconfisse con un colpo dal suo potente martello, uccidendolo all’istante.

La battaglia del Tridente ha portato Tywin a spostare il suo esercito ad Approdo del Re prima delle forze ribelli. Il capofamiglia dei Lannister finse di arrivare in città a sostegno del Re Folle, ma quando conobbe del destino di Rhaegar, comprese che la sorte dei Targaryen era segnata.  La morte di Rhaegar spinse Tywin a tradire il re e dare sostegno ai ribelli perché sapeva che presto sarebbero diventato i padalini di Westeros. È possibile che, se Rhaegar non fosse morto subito, Tywin avrebbe potuto supportare il Re e respingere l’esercito ribelle, ma questa è una verità che non sapremo mai. Successivamente qualcuno raccontò che l’uccisione di Rhaegar era il gesto di cui Robert aveva bisogno per diventare Re.

Lyanna non è mai stata rapita

Lyanna non è mai stata rapitaÈ stato per lungo tempo creduto che Rhaegar abbia rapito Lyanna poco dopo che i due si incontrarono, con l’aiuto di due dei suoi più affidabili cavalieri, Arthur Dayne e Sers Oswell Whent. Dopo il rapimento, il suo fratello maggiore, Brandon Stark, andò ad Approdo del Re per chiedere un confronto con Rhaegar. Brandon e i suoi alleati furono imprigionati dal re Folle per tradimento.

Successivamente il re chiese a Lord Stark di raggiungere la capitale, dove però Lord Rickard Stark fu bruciato vivo mentre Brandon morì soffocato cercando di salvare suo padre. Successivamente il Re Folle chiese la testa di Robert Baratheon (fidanzato di Lyanna) e Eddard Stark, ma Lord Arryn, primo cavaliere del re, rifiutò e Robert iniziò così la sua ribellione. Tutto questo è iniziato a causa del rapimento di Lyanna, ma nel quarto episodio della settima stagione è stato rivelato che non è mai stata rapita ma andò di sua spontanea volontà con il suo amante.

Rhaegar credeva che il suo erede avrebbe compiuto un’importante profezia

 Rhaegar TargaryenC’è una profezia molto importante nei libri e nelle serie televisive che ha ispirato molte delle speculazioni che circondano il Trono di Spade. La profezia è conosciuta come “Il principe (o la principessa) che fu promesso” e viene narrata dai seguaci del Signore della Luce da oltre cinquemila anni. La profezia afferma che un principe (o principessa) è stato promesso: “Quando la stella rossa sanguinerà e l’oscurità si raccoglierà, (lui / lei) nascerà di nuovo in mezzo al sale e al fumo”.

Dopo aver letto la profezia in un rotolo, Rhaegar cambiò il suo destino e decise di diventare un cavaliere, dicendo: “Mi si chiede una spada e un’armatura. Sembra che dovrò essere un guerriero”. Più tardi, Rhaegar credeva fortemente che il figlio Aemon fosse il principe promesso. Nel cielo fu avvistata una cometa sulla Capitale quando nacque suo figlio (la stella rossa della profezia). Ci sono altri aspetti alla profezia che invocavano un ritorno dei draghi, dettaglio che realizza Daenerys e che “il drago deve avere tre teste”, che spiega il ritorno di tre draghi.

Rhaegar sarebbe ancora vivo se non avesse mandato i suoi uomini a proteggere Lyanna

Morte di Rhaegar TargaryenDi tutte le persone coinvolte nelle guerre che seguirono dopo il presunto sequestro di Lyanna, il più grande combattente di tutti era Arthur Dayne, conosciuto come la Spada del Alba e probabilmente avrebbe aiutato e difeso Rhaegar alla battaglia di Tridente, se non fosse stato mandato a proteggendo Lyanna alla Torre della Gioia dove Ned era andato per recuperare la sorella. Dayne era noto come un grande combattente e le possibilità che Robert potesse uccidere questo temuto avversario in battaglia sarebbero state poche. Successivamente, come si è scoperto nel flashback, colui che attaccò la Torre della Gioia fu priprio Ned Stark, e sua sorella non era in pericolo in alcun modo.

Poiché Dayne fu sconfitto (senza onore, come risulta), è possibile che neppure lui avrebbe potuto tenere testa alla rabbia di Robert e mantenere in vita Rhaegar ma la decisione di Rhaegar di mandare i suoi migliori spadaccini a proteggere Lyanna ha certamente fatto precipitare le sue possibilità di sopravvivenza.

R + L = J

RLJPer anni, i fan hanno parlato dell’equazione sopra menzionata, che si traduce in Rhaegar e Lyanna come veri genitori di Jon Snow. Quando fu introdotto per la prima volta, John era il figlio bastardo di Eddard (Ned) Stark ma questo era in contraddizione con i valori morali del personaggio. Allora, da dove proveniva Jon? Questo segreto infine è stato svelato nell’ultimo episodio della sesta stagione di Game of Thrones quando Bran vede gli eventi passati che dimostrano che Jon è figlio di Lyanna Stark e  (supponiamo) Rhaegar Targaryen.

Mentre Lyanna stava morendo, confessa a Ned dicendo: “Il suo nome è […] Se Robert lo scopre, lo ucciderà. Sai che lo farà. Devi proteggerlo. Promettimi, Ned. Promettimi.” Ned promise alla sorella di proteggere suo figlio mentre stava morendo per il parto, per questo ha portato il ragazzo come suo. Se il mondo avesse saputo che Jon era di sangue Targaryen, Robert avrebbe probabilmente ordinato la sua esecuzione come ha fatto con tutti gli eredi della linea di sangue dei Targaryen dopo essere diventato Re.

Jon non è un bastardo

Jon non è un bastardoQuesta è probabilmente la più grande rivelazione circa il rapporto tra Rhaegar e Lyanna fino ad oggi. Nel quarto episodio della settima stagione della serie, Gilly legge da un libro mentre Sam sta ascoltando a malapena. Chiede a Sam, “Che significa l’annullamento?” Dopo aver appreso la spiegazione da Sam, continua a leggere che l’Alto Septon Maynard ha segnato un annullamento che ha eseguito per un “Principe Ragger“, e che contemporaneamente si unì in matrimonio con un’altra donna con una cerimonia segreta a Dorne.

Che cosa significa tutto questo? Jon Snow è il figlio di Lyanna e Rhaegar, ma è soprattuto il figlio LEGITTIMO dei due. Non è affatto un bastardo, e poiché suo padre era il successore del Trono di SPADE, finché rimarrà vivo Jon (Targaryen) Snow è il vero e legittimo governatore dei Sette Regni e ha persino una pretesa superiore a quella di sua zia Daenerys. Questa rivelazione cambia assolutamente tutto.

La morte di Lyanna potrebbe essere stata profetizzata

Lyanna Stark mortePoiché Jon “Targaryen”, come possiamo chiamarlo oggi, è nato da una madre che è morta nel parto, si crede che la sua morte e la sua nascita fossero parte della stessa profezia. La profezia racconta di un principe o una principessa che nascerà da fuoco e ghiaccio, dunque si ritiene che il parto debba necessariamente comportare la morte della madre. Questa teoria ha anche legato i destini di Daenerys e persino alla nascita di Tyrion, in quanto entrambe le loro madri sono morte di parto. Mentre per gli altri si tratta di speculazioni, la profezia su Lyanna si basa su varie dichiarazioni fatte in tutta la serie e nei libri.

Se la morte di Lyanna fosse parte della profezia che ha portato alla nascita di Jon, contribuirebbe significativamente ad arrivare alla conclusione che Jon sia il principe promesso.

La vera discendenza di Jon è conosciuta solo da quattro persone

Corvo a tre occhiAl momento ci sono solo quattro persone che conoscono la verità sulle vere origini di Jon, e l’unico che conosciamo è il suo cugino Brandon Stark. Le uniche persone che in passato sapevano erano la Guardia del Re, Ned Stark, Howland Reed e due serve che erano presenti alla nascita. Reed è ancora vivo da qualche parte, nel suo regno paludoso nell’Incollatura, mentre non si sa molto sul destino delle due donne, ma tutti gli altri sono morti. Bran ha appreso a verità insieme a noi telespettatori, attraverso un viaggio nel passato nel suo ruolo come il nuovo Corvo a tre occhi.

Bran è stato in grado di viaggiare nel passato in modo tale da poter testimoniare e rivelare la verità alla base della della lotta alla Torre della Gioia e la successiva nascita di Jon. Questa rivelazione si è verificata alla conclusione della sesta stagione della serie televisiva e senza sapere cosa è successo agli altri ancora vivi, Bran rimane l’unica persona che conosce la verità

Serie televisive adolescenziali: ecco le migliori dieci!

Serie televisive adolescenziali: ecco le migliori dieci!

Il fenomeno delle serie televisive si sta facendo sempre più dilagante negli ultimi anni e non solo tra gli adulti, ma anche tra i teenager. Sono molte, infatti, le serie televisive adolescenziali che cercano di mostrare le problematiche e gli ostacoli con cui gli adolescenti di adesso si trovano a combattere, alla ricerca di se stessi e di un mondo che possa accoglierli.

Ecco, allora, le dieci serie televisive adolescenziali da vedere!

Stranger Things

Serie televise adolescenziali

Stranger Things è una di quelle serie che negli ultimi anni è stata protagonista di un successo portentoso, con un pubblico abbastanza variegato e composto soprattutto da teenager, e che a breve tornerà con la sua terza stagione.

Ideata da Matt e Ross Duffer, la serie è ambientata nella cittadina fittizia di Hawkins degli anni ’80, e si basa sugli eventi che si scatenano da quando il dodicenne Will Byers, facente parte di uno stretto gruppo di amici, sparisce in maniera poco chiara e, allo stesso tempo, appare una ragazzina, dal nome Undici, che sembra non ricordare niente del proprio passato e che possiede degli strani poteri.

Quello che emerge dai varie indagini, è che esiste un mondo chiamato Sottosopra, che contiene delle creature particolari e saranno tutte queste vicende a far avvicinare sempre più i ragazzini protagonisti, consci che solo la loro temerarietà riuscita ad affrontare quel mondo oscuro e a rendere giustizia.

Sex Education

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Sex Education è una delle serie rivelazione di Netflix che dall’11 gennaio 2019 è stata protagonista di un indubbio successo. Ideata da Laurie Nunn e diretta da Ben Taylor e Kate Herron, la serie ha per protagonisti Gillian Anderson (X-Files) e Asa Butterfield (Hugo Cabret), veri e propri rappresentanti e porta voce di quella che viene definita Generazione Z.

Sex Education racconta la storia di Otis (Asa Butterfield), un liceale vergine che vive con la madre Jean (Gillian Anderson), una terapeuta sessuale. Al liceo, il giovane Otis non è per nulla popolare e la sua vita scolastica dà modo allo spettatore di andare alla scoperta di quelli che saranno gli altri personaggi della serie, come il bullo Adam, il popolare Jackson e la ragazzaccia Maeve. Sarà grazie all’iniziativa di quest’ultima che lei e Otis daranno vita ad un’attività clandestina per aiutare i compagni di scuola a superare dubbi e ostacoli circa la propria esperienza sessuale.

Tredici

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Tredici è una serie originale Netflix che due anni fa ha goduto di un successo inimmaginabile, diventando una delle serie di riferimento per gli adolescenti. Prodotta da Selena Gomez e Tom McCarthy, la serie con Katherine Langford e Dylan Minnette è tratta dai bestseller di Jay Asher e racconta la storia di Clay Jensen (Dylan Minnette), un ragazzo che trova sulle porta di casa, mentre torna da scuola, una misteriosa scatola con scritto il suo nome sopra.

All’interno, il giovane scopre delle cassette registrate da Hannah Baker, una sua compagna di classe per la quale aveva una cotta e che si è suicidata nelle due settimana precedenti. In queste registrazioni, Hannah spiega quali siano le tredici ragioni che l’hanno spinta a compiere il tragico gesto.

The End of F***ing World

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Netflix si è rivelata essere un’autentica fucina in quando a produzioni originali dedicate maggiormente agli adolescenti, confermando il trend grazie alla serie The End of F***ing World.

Creata da Jonathan Entwistle e con Alex Lawther e Jessica Barden nelle vesti dei protagonisti, la serie si basa sul fumetto The End of Fucking World di Charles Forsman. In questa serie, i protagonisti sono due ragazzi diciassettenni, James, che è quasi sicuro di essere uno psicopatico, e Alyssa, una ragazza insoddisfatta della sua vita e molto lunatica. I due decidono insieme di scappare, andando ad intraprendere un viaggio che gli consenta di sfuggire dagli schemi delle loro vite.

Le terrificanti avventure di Sabrina

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Giunge sempre da Netflix una delle serie dedicate al mondo dell’adolescenza e questa volta si parla di Le terrificanti avventure di Sabrina, che è già arrivata alla sua seconda stagione. Tra riti satanici latini e incantesimi che decretano lo show come quasi un horror, la serie è un prodotto totalmente nuovo che trae origine dalla saga a fumetti omonima, realizzata nel 2014 da Roberto Aguirre-Sacasa (anche creatore della serie).

Sabrina è per metà umana e per metà strega e il suo obiettivo è quello di far conciliare questi due lati di sé, cercando di vivere una vita familiare, personale e sociale in maniera serena, trovandosi a combattere le tradizioni e un destino che sembra già scritto.

Baby

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Baby è una serie originale Netflix di produzione italiana che, dal 30 novembre e per i suoi sei episodi, si ispira liberamente ad una storia vera, seguendo le vicende di un gruppo di adolescenti del quartiere Pariodi di Roma che sfidano la società, andando a ricerca della propria identità e anche dell’indipendenza. Sullo sfondo, vi sono pressioni familiari, amori proibiti e segreti condivisi.

Baby  è una serie realizzata dai GRAMS, un collettivo di autori, sceneggiatori e storytellers fondato all’inizio del 2017 a Roma e composto da cinque giovani autori tutti ventenni che hanno provato a raccontare la storia di giovani ragazzi che sono alla ricerca di un amore disperato all’interno di un universo in cui l’amore vero non esiste.

Riverdale

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La serie Riverdale, che proviene anch’essa dal mondo di Roberto Aguirre-Sacasa, capo creativo degli Archie Comics, eadattata per The CW, racconta la vita di Archie Andrews nella piccola città che dà il nome alla serie, esplorando l’oscurità nascosta dietro quella che sembra un’immagine apparentemente perfetta. I personaggi sono diversi e la trama è suddivisa proprio per cercare di coinvolgerli tutti, mostrando le relazioni che esistono tra loro.

In tutte le tre stagioni della serie vi è un mistero da risolvere, mentre il corso degli eventi lo racconta un narratore onnisciente che coincide con il personaggio di Jughead Jones. Tra i protagonisti, vi sono gli attori KJ Apa, Lili Reinhart e Cole Sprouse.

Teen Wolf

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Dal 2011 al 2017 è andata in onda su MTV la serie Teen Wolf, durata ben sei stagioni e in grado di conquistare gli adolescenti di tutto il mondo. La trama è molto semplice: Scott McCall è un tranquillo studente di un liceo della città di Beacon Hills e la sua vita cambia come viene morso da un lupo mannaro.

A sua volta, Scott lo diventa e si trova nella problematica condizione di trovare equilibrio tra quella che è la sua vita di normale adolescente e quella di pericoloso lupo mannaro. Allo stesso tempo, il ragazzo farà la conoscenza delle tante persone che vivono in questo suo nuovo mondo, dividendosi tra amici e nemici. Ideata da Jeff Davis, la serie ha visto tra i protagonisti gli attori Tyler Posey, Crystal Reed, Dylan O’Brien e Colton Haynes.

Braccialetti Rossi

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Se c’è una serie italiana che è riuscita a fare breccia nel cuore di migliaia di adolescenti, quella serie è certamente Braccialetti Rossi. Adattamento della serie spagnola Polseres Vermelles, Braccialetti Rossi è stata protagonista di un successo unico, trattando tematiche non molto usuali nell’ambiente teen, e regalando armonia, sensibilità e facendo comprendere quali siano i valori importanti che contano: la vita e l’amicizia.

I personaggi di questa serie hanno generato un affetto immediato nel pubblico nel corso delle tre stagioni che l’hanno vista protagonista dei palinsesti Rai dal 2014, raccontando la storia di giovani ragazzi che si trovano ricoverati in ospedale per diversi motivi e stringono amicizie profonde, dando vita al gruppo dei Braccialetti Rossi.

Veronica Mars

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Veronica Mars è di quelle serie d’annata dedicata al mondo teen che si appresta a tornare con l’attesa quarta stagione.La serie, che arriverà su HULU il prossimo venerdì 26 Giugno, ruota attorno a Veronica Mars (Kristen Bell), studentessa del liceo di Neptune, una cittadina fittizia che si trova sulla costa della California, caratterizzata dall’atmosfera particolarmente classista.Figlia del rispettato sceriffo Keith Mars, quando la sua migliore amica Lilly Kare, sorella del suo fidanzato Duncan, viene uccisa, la vita di Veronica cambia drasticamente. Suo padre viene messo a capo delle indagini, che verranno interrotte quando un uomo, Abel Koontz, si costituisce dichiarandosi colpevole.

Keith Mars viene obbligato a dimettersi dalla sua carica, soprattutto per aver accusato di omicidio il padre della vittima, un milionario e presidente della Kane Software, mentre Veronica si trova costretta a scegliere tra il padre ed i suoi amici, finendo per essere emarginata dai suoi compagni di scuola. Nonostante la madre di Veronica decida di andarsene, poichè non riesce a reggere la tensione dettata dagli eventi, la ragazza e il padre aprono un’agenzia investigativa.

Batman: 12 attori che hanno “quasi” interpretato il crociato di Gotham

Come annunciato nelle scorse settimane, Robert Pattinson è il nuovo volto del crociato di Gotham e vestirà i panni del personaggio nel riavvio delle avventure di Batman affidato a Matt Reeves e ora in produzione. Ma quali sono stati, prima di lui e nel corso degli ultimi vent’anni, tutti gli attori associati a questo ambito e pericoloso ruolo?

Ecco i12 attori che hanno “quasi” interpretato Batman sul grande schermo!

Heath Ledger

Heath LedgerNon tutti sanno che prima di entrare nei panni di Joker Heath Ledger sostenne il provino per il personaggio di Batman al posto di Christian Bale, poi scelto all’alba delle riprese di Batman Begins. Quel rifiuto gli ha permesso di esercitare ancora più talento e genio in una delle performance più memorabili della storia del cinema e di conquistare un oscar postumo.

Daniel Day Lewis

Daniel Day-Lewis

Il suo nome compare nella galleria di attori più importanti di Hollywood insieme a Marlon Brando e Robert De Niro, ma stupisce che negli anni Novanta Daniel Day-Lewis venne considerato per il ruolo di Bruce Wayne sostituendo Michael Keaton nel 1995 in Batman Forever. A quanto pare Lewis rifiutò permettendo l’ingresso di Val Kilmer.

Tom Hanks

Tom HanksTom Hanks
Tom Hanks al Festival di Cannes – Foto di Luigi De Pompeis © Cinefilos.it

Tutti considerano Tom Hanks una persona dolce, pacate e spensierata, ma che ci crediate o no, il due volte vincitore del premio oscar è stato uno dei nomi associati al personaggio di Batman per l’adattamento di Tim Burton (ruolo poi andato a Michael Keaton).

Henry Cavill

Henry Cavill film

Henry Cavill è stato Superman nell’universo cinematografico DC, ma non tutti sanno che l’attore britannico ha sostenuto anche il provino per interpretare il cavaliere oscuro in Batman Begins di Christopher Nolan.

Pochi anni dopo Cavill fu scelto dalla Warner come nuovo volto di Clark Kent in Man of Steel, Batman v Superman: Dawn of Justice e Justice League.

Pierce Brosnan

Pierce Brosnan film

Nel 198 Pierce Brosnan fu ad un passo dall’accettare la proposta dello studio diventando il nuovo Batman cinematografico (e il primo irlandese della storia). L’attore rifiurò pensando che si trattasse di un’occasione fin troppo banale e soltanto dopo confessò i suoi rimpianti.

Harrison Ford

Harrison Ford
Harrison Ford al Festival di Cannes – Foto di Luigi De Pompeis © Cinefilos.it

È stato Indiana Jones, Han Solo e Rick Deckard, ma Harrison Ford poteva dimostrare di essere davvero l’eroe più amato dal pubblico interpretando il Cavaliere Oscuro prima della firma di Michael Keaton nel 1989. Non sarebbe stata una scelta fantastica?

Armie Hammer

Justice League Mortal passerà alla storia come uno dei cinecomic con il più alto potenziale mai realizzati: ricordate quando nel 2009 era tutto pronto in casa Warner Bros. per l’avvio della produzione del film, con George Miller alla regia e il cast di attori selezionato per interpretare Batman, Superman, Flash e Wonder Woman? Tra questi figurava anche Armie Hammer, che avrebbe dovuto entrane nei panni di Bruce Wayne.

Proprio Hammer ha di recente svelato in un’intervista che il suo Cavaliere Oscuro sarebbe stato ancora più dark delle altre versioni viste sul grande schermo.

Bill Murray

Bill Murray film

Riuscite a immaginare un attore come Bill Murray nei panni di Batman? Difficile vista la carriera intrapresa dal comico, eppure dieci anni prima dell’arrivo di Tim Burton, il regista di Ghostbusters Ivan Reitman venne scelto per dare al personaggio una nuova vita sul grande schermo con il suo amico di lunga data Murray. Ovviamente il progetto non è stato mai realizzato.

Josh Brolin

Josh Brolin
Foto di Luigi de Pompeis © Cinefilos.it

Nel 2013, dopo l’annuncio ufficiale di Batman v Superman: Dawn of Justice e del casting di Ben Affleck, fu proprio Josh Brolin a rivelare che Zack Snyder aveva discusso del ruolo con lui.

Ne abbiamo parlato, ma non ci sono state delle trattative. Era solo un’idea di Zack e sono felice per Ben“, aveva raccontato l’attore in un’intervista.

Keanu Reeves

Keanu Reeves

Keanu Reeves è l’eroe action per eccellenza e l’ha dimostrato nel franchise di John Wick e nei tre capitoli di Matrix. E a quanto pare, prima del casting di Ben Affleck l’attore aveva espresso pubblicamente l’interesse di vestire i panni di Wayne in Batman v Superman: Dawn of Justice.

Johnny Depp

Johnny Depp
Foto di Luigi De Pompeis © Cinefilos.it

Fu Tim Burton, amico e collaboratore di lunga data, a proporre Johnny Depp al regista di Batman Forever, Joel Schumacher, ma la notizia si rivelò soltanto un rumor non ufficiale. Chissà che versione del personaggio avrebbe offerto l’eclettica star americana…

Jake Gyllenhaal

Jake Gyllenhaal
Foto di Luigi de Pompeis © Cinefilos.it

Più di un anno fa, dopo aver appreso che Ben Affleck non sarebbe tornato nei panni di Bruce Wayne nel nuovo adattamento di Matt Reeves, il sito Revenge of the fans, aveva ipotizzato il nome di Jake Gyllenhaal come possibile sostituto. Nei mesi successivi a questa speculazione, era stato Gyllenhaal stesso a smentire qualsiasi voce su un suo presunto coinvolgimento: “È una domanda molto difficile, ma la risposta è no“, ha risposto velocemente l’attore a CNA Lifestyle.

Fonte: Cinemablend

Sick of Myself: recensione del film di Kristoff Borgli

Sick of Myself: recensione del film di Kristoff Borgli

Nessuno ci aveva preparato alla vittimizzazione come mezzo per costruire una nuova identità di successo. Tuttavia, basta un rapido sguardo a Instagram o TikTok per convincerci della certezza di questo assioma. Questo è il tema di fondo di Sick of Myself, film horror tanto esilarante all’esterno quanto putrido al suo interno, che arriva oggi nelle sale italiane dopo il passaggio nella sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes 2022.

Sick of Myself, la trama: horror vacui

L’opera prima di Kristoffer Borgli ci presenta Signe (Kristine Kujath Thorp, in un ruolo accessibile a pochissime attrici), una giovane donna che ha bisogno di essere al centro dell’attenzione. Questa peculiarità convive malamente con la ritrovata fama del suo ragazzo nel settore dell’arte contemporanea, un mondo che Borgli dipinge in modo spietato e divertente come la bolla speculativa e vacua che, ci lascia intendere, appare nella maggior parte dei casi. Signe desidera l’attenzione che lui riceve e, in maniera piuttosto distorta o “malata”, riprendendo il termine del titolo, si convince che il modo migliore per ottenerla sia sfigurarsi il viso – in un inquietante parallelismo con un incidente vissuto al bar dove lavora.

Sebbene la premessa ci faccia sprofondare nell’orrore corporeo e Sick of Myself sia in gran parte incentrato sulla repulsione di guardare un volto in decomposizione, Borgli è attento a controbilanciare questo azzardo con una regia e un montaggio estremamente eleganti, musica classica e una Oslo squisitamente fotografata che collega il film a una delle grandi sorprese norvegesi recenti, La persona peggiore del mondo – titolo che, tra l’altro – si adatta perfettamente a Signe.

La nuova persona peggiore del mondo

La fama, nell’era dei social media, di Internet e degli influencer disperati, dura sempre meno. L’arte, che un tempo poteva durare decenni, oggi è solo un altro effimero prodotto di consumo. Vediamo ogni giorno fino a che punto le persone possono sacrificare la propria intimità in cambio di fama e, per così dire, di potere: è una prigione di autostima in cui viviamo tutti rinchiusi. E Sick of myself riesce a racchiudere un sentimento unico del XXI secolo, tra filtri di Instagram e il fare di tutto per raggiungere il successo.

È curioso che Julie si considerasse la persona peggiore del mondo nell’omonimo film, perché dalla Norvegia arriva anche qualcuno disposto a lottare per il titolo. Solo senza essere consapevole del proprio labirinto emotivo. Signe è una donna che vive con il suo fidanzato, un artista che usa solo materiale rubato per le sue opere, e vuole solo che qualcuno si accorga di lei. In qualsiasi modo. E se non ci riesce inventando malattie o disturbi, dovrà crearli artificialmente.

Sick of Myself è una commedia nera come la notte che coglie anche l’occasione per riflettere sul mondo di oggi grazie a una protagonista che deve essere l’eterno centro dell’attenzione, anche a costo di fingere allergie, malattie o raccontare storie incredibili che non sono mai accadute: è affascinante come una persona con una bussola morale così compromessa possa essere così prepotentemente vicina a noi. Ma il film di Kristoffer Borgli è anche incorniciato da un accurato stile visivo che delinea perfettamente un universo a sé stante tra il kitsch, l’ostentazione della falsa upper class e la discesa negli inferi della moda del XXI secolo, in cui dobbiamo essere disposti a vedere le miserie che ci circondano.

Sick of Mysel (2023)

Signe: puro solipsismo

Signe non vi piacerà. Non è pensata per essere una protagonista carismatica ed empatica con cui tenersi per mano per 95 minuti. Per di più, racchiude in sé tutti i mali (e, in parte, gli aneliti) del mondo contemporaneo con un atteggiamento assolutamente indecoroso e privo di qualsiasi moralità. È puro narcisismo travestito da miseria. Tanto che, quando arriva il momento di provare compassione per lei, diventa impossibile.

I segmenti di finzione che Signe immagina nella sua testa, nel più puro stile “Scrubs” ma con una componente aggiuntiva di derealizzazione, sono il modo in cui il film cerca di farci capire che nessuna delle sue azioni deriva dalla cattiveria, ma dal bisogno di essere compresa anche dal suo stesso ragazzo. Una coppia tanto infelice quanto impossibile in cui nulla può finire bene. Fin dall’inizio, gli eroi di questa storia sono i cattivi stessi, che scoprono troppo tardi che le azioni hanno delle conseguenze e che forse la fama non valeva poi così tanto.

Signe è un personaggio problematico e una protagonista insopportabile, ma già solo questo la rende ancora più interessante; l’interpretazione di Kristine Kujath Thorp (“Ninjababy“) è impeccabile e restituisce allo stesso tempo la finzione e la veridicità di Signe, estremamente confuse ma molto umane; tutti noi abbiamo avuto momenti in cui abbiamo sperimentato un impulso corrotto a essere riconosciuti anche se non lo meritiamo pienamente, soprattutto se abbiamo subito continue delusioni.

Forse, la consapevolezza più cruda a cui arriviamo guardando Sick of Myself è che, in fondo, la distanza tra la storia di Signe e la maggior parte di noi non è molta. L’estremismo con cui la protagonista compie le sue azioni non è forse dovuto al bisogno di riconoscimento, ma alla costante approvazione e frustrazione che il continuo rifiuto porta con se. L’autodistruzione riuscita lascia la sua eroina scioccata al suo destino nel tumulto di un fermo immagine campeggiante, mentre si trova con i suoi sprezzanti colleghi a una seduta di “terapia alternativa“. Mostruosamente euforica e ancora una volta beatamente autocelebrativa, come se avesse appena coniato il felice concetto della sindrome da Sick of Myself. O forse l’avevamo già creata e Signe è una semplice infetta?

The Outsider: le differenze tra la serie e il romanzo di Stephen King

La serie HBO The Outsider è uno dei titoli del momento, grazie all’ottima ricezione critica e al grande riscontro di pubblico. Con protagonisti gli attori Ben Mendelsohn e Jason Bateman, la storia ruota intorno ad un misterioso omicidio, che sembra coinvolgere eventi paranormali.  Basata sull’omonimo romanzo di Stephen King, la serie ripropone piuttosto fedelmente molti degli elementi di successo del libro, ma nell’adattare quasi 600 pagine in soli dieci episodi qualcosa viene naturalmente ad essere tagliato per il bene della narrazione. Ecco dunque le principali differenze tra la serie e il romanzo The Outsider.

The Outsider: le differenze tra la serie e il romanzo

La serie è ambientata in un contesto differente

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Mentre nel libro le vicende si svolgono nella fittizia cittadina di Flint City, collocata nello stato dell’Oklahoma, nella serie il tutto è invece stato spostato in Georgia.

Secondo molti tale scelta è stata dettata dalla volontà di dare alla serie quella tipica ambientazione del Sud che ha decretato il successo anche di un’altra celebre serie crime: True Detective.

Sono stati apportati cambiamenti alla vita personale del protagonista

The Outsider

Il detective Ralph Anderson, nella serie interpretato da Ben Mendelsohn, è il protagonista della vicenda. Stando a quanto viene raccontato nella serie, suo figlio è deceduto anni prima per via di un cancro. Nel romanzo di Stephen King, invece, il ragazzo si troverebbe ad un campo estivo. Questo permetteva di costruire una maggior paura nel personaggio protagonista, che teme per l’incolumità del figlio. Una tensione mentale che invece nella serie viene a decadere.

The Outsider: i personaggi della serie

Nella serie viene ampliata una determinata storyline

All’interno del romanzo di Stephen King, il detective Anderson intrattiene delle brevi conversazioni con un terapista, ma questo non risulta essere un dettaglio fondamentale.

Nella serie, invece, è un escamotage particolarmente presente, attraverso il quale lo spettatore può venire a conoscenza di una serie di eventi legati al passato del personaggio altrimenti difficili da mostrare.

È stata cambiata l’etnia di un personaggio

L’investigatrice privata Holly Gibney viene descritta nel libro come una donna dalla carnagione particolarmente pallida e un’acconciatura di capelli grigi che lo forma una caratteristica frangetta sulla fronte.

Nella serie il personaggio ha tuttavia subito dei drastici cambiamenti, venendo interpretato dall’attrice Cynthia Erivo, recentemente nominata ai premi Oscar.

Il personaggio di Holly ha delle peculiarità in più.

Rispetto al romanzo, nella serie viene accentuata una forma di autismo posseduta dal personaggio di Holly. Questi sembra infatti a conoscenza di uno sterminato numero di dettagli, così come dimostra di avere la capacità di indicare dettagli ad altri difficilmente accessibili.

Nella sua scena introduttiva viene infatti mostrata mentre elenca a memoria i modelli di auto che le passano davanti. Nel romanzo, invece, la sua unica ossessione è la vastissima collezione di DVD posseduta.

The Outsider: l’elemento soprannaturale

Un’altra grande differenza tra il romanzo e la serie è l’elemento soprannaturale che aleggia sulla storia. Nelle pagine di Stephen King, questo viene allo scoperto soltanto verso la fine della storia.

Al contrario, nella serie, sin da subito viene posto all’attenzione dello spettatore tale elemento. L’obiettivo era infatti quello di far capire che non si trattava di un’altra qualunque storia crime, ma che in gioco ci sono forze molto più oscure di quello che si pensi.

L’introduzione della creatura.

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Alla base dell’elemento soprannaturale della serie vi è El Cuco, una creatura dai misteriosi poteri che diventerà l’elemento centrale del caso per omicidio. Mentre nel libro la mitologia del personaggio viene raccontata per primo al detective Anderson, nella serie è Holly a farne la conoscenza da una detenuta della prigione.

Attraverso una più intricata rete di crimini, il personaggio inizia infatti a diventare una presenza costante nei discorsi dei detenuti.

The Outsider: il personaggio di Andy

Il personaggio è stato scritto appositamente per la serie.

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Ulteriore elemento di differenza tra il romanzo e la serie è il personaggio di Andy. Questi è totalmente assente dal libro, mentre nelle puntate mandate in onda in televisione diventa ulteriore elemento di supporto per il caso principale, nonché elemento utile ad una storyline sentimentale con l’investigatrice Holly.

The Outsider: il cambio dei nomi

Alcuni nomi sono stati modificati per la serie.

The Outsider

Benché i nomi dei personaggi principali, come il detective Ralph Anderson e l’accusato Terry siano rimasti uguali nella trasposizione dal libro alla serie, altri sono invece stati modificati. Tra questi si annoverano la moglie di Terry, nel romanzo chiamata Marcy e divenuta Glory nella serie; o ancora l’avvocato Howie Gold, che è stato trasformato in Howie Saloman.

Ci sono differenze riguardo la morte del personaggio.

Il principale accusato dell’omicidio intorno a cui ruota la vicenda è Terry, interpretato dall’attore Jason Bateman. Sia nella serie che nel romanzo, il personaggio viene ferito mortalmente con un colpo di pistola al collo.

Qui arriva tuttavia la differenza: nel libro, il detective Anderson, lì presente con Terry, lo incalza affinché confessi un’ultima volta la propria innocenza o la propria colpevolezza. Nella serie, invece, Anderson non dice nulla, è lo stesso Terry a precisare la sua estraneità ai fatti.

Fonte: Men’s Health

Manuel Zicarelli: intervista al protagonista di La Fortuna è in un altro Biscotto

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“Là dove c’è una bella storia da raccontare, per me vale sempre la pena di raccontarla” esordisce Manuel Zicarelli, il protagonista di La Fortuna è in un altro Biscotto, esordio al cinema di Marco Placanica, che porta sul grande schermo, dal 5 ottobre grazie a Ahora! Film, una dark comedy insolita e dai toni sfuggenti.

“Il personaggio di Leo, che interpreto, è il medium del racconto, la storia principale parte da lui, ma è anche il punto di incontro delle storie secondarie. Per me era importante interpretare un personaggio così complesso, che indossasse una maschera per quasi tutto il film, una maschera che utilizza per sopravvivere – spiega Zicarelli – Leo è rinchiuso dentro al negozio che gli ha lasciato il padre, che diventa per lui quasi una prigione, tuttavia lui vuole a tutti i costi che l’esercizio sopravviva e quindi indossa questa maschera che lo aiuta a essere la persona giusta che può gestire il negozio. Per me è stato questo il punto di partenza con il personaggio di Leo e con l’intera storia di La Fortuna è in un altro Biscotto“.

“Leo si porta addosso il fardello di un’eredità che gli è stata tramandata dal padre. Questa eredità lo schiaccia e diventa il simbolo di tutto quelli che vorrebbero diventare dei padri, ma sono schiacciati a loro volta dai loro stessi padri e restano figli. Si tratta di una dinamica che tocca tutti e il fulcro del personaggio di Leo è proprio questo: diventare lui un padre, nel senso più ampio del termine.” 

Sulla definizione del film come dark-comedy, Manuel Zicarelli ha un punto di vista molto chiaro: La Fortuna è in un altro Biscotto è definita una dark comedy, ma noi che abbiamo fatto il film siamo consapevoli che la vita non è bianca o nera, la vita è piena di momenti drammaticamente ironici o viceversa, e questo è quello che abbiamoc ercato di raccontare. In particolare, quando Marco Placanica, il regista, ha approcciato la sceneggiatura, aveva già in mano un testo che era per molti versi tragicomico, ma lui ha dato un tono molto drak a tutta la storia.”

Ma dove si sente più a casa sua Manuel Zicarelli, che, dopo l’esordio a teatro da giovanissimo, ha spaziato tra cinema e tv? “Mi trovo altrettanto bene sulle tavole del palcoscenico come davanti alla macchina da presa. Per me cambia solo il mezzo, perché quello che conta è raccontare delle storie attraverso i caratteri e i personaggi e i pensieri di altre persone. Negli ultimi anni però mi sto concentrando di più sul cinema.”

Il diario di Bridget Jones: tutto quello che c’è da sapere sul film

Uscito nel 2001 al cinema, il film Il diario di Bridget Jones si è imposto come una delle commedie romantiche più apprezzate e iconiche del nuovo millennio. Il suo merito sta non solo nell’essere un brillante adattamento dell’omonimo libro di Helen Fielding, ma anche nell’aver proposto una protagonista fuori dai canoni e proprio per questo capace di risultare più vera presso il grande pubblico, che ha potuto facilmente immedesimarsi in lei e nelle sue avventure e disavventure lavorative e romantiche. Diretto da Sharon Maguire, il film è dunque stato un grandissimo successo sia al box office che tra la critica.

Si tratta dunque di un grande classico di questo genere, caratterizzato non solo da divertenti situazioni tipiche di questa tipologia di film ma anche da interpretazioni di alto livello. Per tutti i fan di questo genere, Il diario di Bridget Jones è dunque un titolo da non perdere. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi al libro, alla trama, al cast di attori e ai sequel. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Il diario di Bridget Jones: il libro di Helen Fielding

Il diario di Bridget Jones nasce ufficialmente il 28 febbraio del 1995 come rubrica curata dalla giornalista Helen Fielding sul quotidiano britannico The Independent. In essa, si descrive ogni settimana il punto di vista di una donna di trent’anni, single, in cerca di amore e stabilità. Il successo straordinario di tale rubrica ha poi spinto la Fielding a rielaborare quanto scritto in un romanzo omonimo, pubblicato nel 1996. Anche questo si è poi affermato come un grandissimo successo letterario, con oltre 10 milioni di copie vendute nei primi sette anni. La calorosa accoglienza del romanzo ne ha decretato la strada verso il grande schermo.

Ciò che ha reso Il diario di Bridget Jones un fenomeno culturale mondiale è in particolare il suo proporre un personaggio che dialoga in modo realistico con i problemi e le aspirazioni delle donne del tardo XX Secolo. Sono infatti rappresentate molte delle ansie che colpirono i trentenni, sia donna che uomini, negli anni Novanta. Il fatto che Bridget Jones sia un personaggio tanto poco conforme agli standard, tra i suoi vizi e le sue manie, la rende adatta anche ad un pubblico maschile. Il libro, inoltre, è anche considerato come uno dei principali fondatori del cosiddetto Chick Lit, ovvero quel genere letterario rappresentato da scrittrici che si rivolgono prevalentemente ad un pubblico di donne giovani, single e in carriera.

Infine, non si può sottolineare il fatto che la Fielding, in fase di scrittura, abbia avuto come modello da cui trarre ispirazione il classico della letteratura Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen, a cui Il diario di Bridget Jones è ispirato. L’adattamento cinematografico ha presentato alcune sfide tecniche. Il pensiero di Bridget, onnipresente nel libro che è infatti strutturato come un diario, è difficilmente comunicabile in un film. La Fielding e lo sceneggiatore Andrew Davies si sono dunque occupati in particolare di tradurre le preoccupazioni di Bridget Jones in uno stile cinematografico, che potesse dunque rendere visibile ciò che nel libro è espresso attraverso i pensieri.

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Il diario di Bridget Jones: la trama e il cast del film

Protagonista del film è dunque Bridget Jones, una trentenne insoddisfatta della propria vita e della propria forma fisica, con una profonda cotta per il suo capo Daniel Cleaver. Quando è chiamata a partecipare all’annuale cena di Capodanno a casa di sua madre, Bridget incontra qui l’ammaliante e introverso avvocato Mark Darcy, dal quale rimane profondamente colpita. Decisa a migliorarsi, la donna inizia dunque a tenere un proprio diario dove annotare quanto le accade e gli impegni fatti per dare una sistemata alla sua vita. Allo stesso tempo, Bridget si ritrova inaspettatamente al centro delle attenzioni sia di Daniel che di Mark, i quali erano un tempo grandi amici. Fare una scelta tra i due pretendenti sarà per lei però molto difficile.

Per interpretare Bridget Jones furono prese in considerazione attrici come Kate Winslet e Helena Bonham Carter, ma ad ottenere il ruolo fu l’americana Renee Zellwegger. La cosa suscitò parecchie lamentele, in quanto veniva tradita la natura profondamente inglese del personaggio. La Zellwegger però studiò a lungo per dar vita ad un convincente accento inglese, lavorò presso una casa editrice e mise su circa 12 chili, dando dunque vita ad una perfetta versione di Bridget Jones. Il suo impegno e la sua interpretazione furono poi lodati ampiamente la Zellwegger ottenne anche una nomination come miglior attrice ai premi Oscar.

Accanto a lei, nel ruolo di Daniel Cleaver vi è invece l’attore Hugh Grant, lieto per una volta di poter abbandonaree il ruolo dell’eroe romantico e rivelare un lato più cinico e deprecabile. Colin Firth, invece, è l’affascinante avvocato Mark Darcy. Tale personaggio era stato scritto dalla Fielding proprio ispirandosi al signor Darcy di Orgoglio e pregiudizio, interpretato dallo stesso Firth nell’omonima serie televisiva del 1995. Nel film recitano poi gli attori Jim Broadbent e Gemma Jones nei panni del padre e della madre di Bridget, mentre Shirley Henderson, James Callis e Sally Phillips sono Jude, Tom e Shazzer, amici di Bridget.

Il diario di Bridget Jones: i sequel, il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

Dato il grande successo del film, nel 2004 è stato realizzato un sequel dal titolo Che pasticcio, Bridget Jones!, interpretato ovviamente sempre dalla Zellwegger, da Firth e da Grant. Si portano così avanti le vicende dell’amata protagonista, divisa tra il lavoro e una sfera sentimentale quantomai complicata. Pur incassando sensibilmente meno, anche questo dimostrò il grande interesse del pubblico nel personaggio e nel modo in cui questo affronta il suo genere di riferimento. Dopo 12 anni di attesa, nel 2016 è infine stato distribuito Bridget Jones’s Baby, dove la protagonista si ritrova alle prese con una maternità senza sapere esattamente di chi sia il figlio.

In attesa di vedere tali sequel, è possibile fruire di Il diario di Bridget Jones grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Google Play, Apple iTunes, Now, Paramount+ e Netflix. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di mercoledì 4 ottobre alle ore 21:10 sul canale La 5.

Fonte: IMDb

Julia Ormond fa causa a Harvey Weinstein e Disney per aggressione sessuale

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Julia Ormond, l’attrice inglese meglio conosciuta per i suoi ruoli in film degli anni ’90 come Vento di passioni, Il primo cavalier” e Il senso di Smilla per la neve, ha fatto causa a Harvey Weinstein per aggressione sessuale. Ormond ha inoltre citato in giudizio CAA, The Walt Disney Company e Miramax. Sebbene Weinstein sia stato nominato imputato in numerose cause legali per violenza sessuale da quando gli articoli pubblicati nel 2017 sul New York Times e sul New Yorker hanno scoperto i suoi presunti modelli di cattiva condotta nei confronti di dozzine di donne nel settore dell’intrattenimento, è raro che i partner commerciali che hanno tratto profitto dal lavoro di Weinstein siano stati imputato per aver presumibilmente consentito il suo comportamento.

In una causa intentata mercoledì mattina alla Corte Suprema di New York, come appreso da da Variety, Ormond ha sostenuto che Weinstein l’ha aggredita sessualmente nel 1995 dopo una cena di lavoro, quando l’ha convinta a fargli un massaggio, le è salito sopra, si è masturbato e l’ha costretta a fargli del sesso orale. Dopo la presunta aggressione, Ormond ha informato i suoi agenti Bryan Lourd e Kevin Huvane di cosa era successo con Weinstein, secondo la causa, in cui si afferma che gli agenti della CAA l’hanno avvertita nel parlare apertamente e non l’hanno protetta. (Lourd e Huvane, che oggi sono co-presidenti della CAA, non sono nominati come imputati, ma sono spesso menzionati nella causa di Ormond come suoi rappresentanti all’epoca.)

Julia Ormond ha citato in giudizio la CAA per negligenza e violazione del dovere fiduciario. Miramax, la società che Weinstein ha co-fondato con suo fratello Bob, e The Walt Disney Company, che possedeva Miramax negli anni ’90, sono state citate in giudizio per negligenza nella supervisione e nella conservazione. (Numerosi ex dirigenti della Miramax e della Disney sono citati nella causa, tra cui Michael Eisner, che all’epoca era amministratore delegato della Disney, e Jeffrey Katzenberg, che era presidente della Disney, sebbene non siano imputati. I dirigenti della Disney menzionati nella causa non lavoro più in azienda.)

Gli uomini della CAA che rappresentavano Ormond sapevano di Weinstein. Lo stesso hanno fatto i datori di lavoro di Weinstein alla Miramax e alla Disney”, si legge nella causa. “Sfacciatamente, nessuna di queste importanti aziende ha avvertito Ormond che Weinstein aveva una storia di aggressioni alle donne perché era troppo importante, troppo potente e faceva loro troppi soldi.” Weinstein, CAA, Disney e Miramax non hanno risposto immediatamente alla richiesta di commento di Variety .

The Beekper: trailer del film diretto da David Ayer con Jason Statham

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01 Distribution e Leone Film Group hanno diffuso il trailer The Beekper, il nuovo film diretto da David Ayer (Suicide Squad e Fury) con Jason Statham protagonista! Nel film The Beekper la spietata vendetta di un uomo si trasforma in una minaccia nazionale quando emerge il suo passato come membro di una potente organizzazione segreta chiamata i “Beekepers”. Protagonisti nel film oltre a Jason Statham, anche Emmy Raver-Lampman, Josh Hutcherson, Bobby Naderi, Minnie Driver, con Phylicia Rashad e Jeremy Irons.

Amazon MGM Studios presenta una presentazione Miramax Una produzione Miramax / Cedar Park / Punch Palace Productions Diretto da: David Ayer, Scritto da: Kurt Wimmer. Prodotto da Bill Block, Jason Statham, David Ayer, Chris Long, p.g.a., Kurt Wimmer. Produttori esecutivi: Andrew Golov, Thom Zadra, Mark Birmingham Colonna sonora composta da: David Sardy e Jared Michael Fry

La moglie di Tchaikovsky: recensione del film

La moglie di Tchaikovsky: recensione del film

C’era anche La moglie di Tchaikovsky di Kirill Serebrennikov nell’edizione 2022 del Festival di Cannes, quella che ha visto assegnare la Palma d’Oro a Ruben Ostlund con Ttriangle of sadness. Il lavoro con cui il regista russo torna nelle sale italiane dal 5 ottobre non indaga la vita del più famoso compositore russo utilizzando lui stesso come punto focale – come aveva fatto L’altra faccia dell’amore di Ken Russell, con Richard Chamberlain e Glenda Jackson, del 1970. Adotta invece il punto di vista della moglie, Antonina Miljukova, preda di un’ossessione d’amore che vuole imporre sé stessa. Ossessione, seppur religiosa, era d’altronde anche quella del protagonista di Parola di Dio, film diretto da Serebrennicov nel 2016.

La storia di Antonina Miljukova

Russia, 1893. Il grande compositore russo Pyotr Tchaikovsky, Odin Lund Biron, è morto. Sua moglie, Antonina Miljukova, Alyona Mikhailova, si reca alla veglia funebre. La sua mente ritorna agli inizi della loro storia, vent’anni prima, quando, giovane aspirante musicista, aveva conosciuto il già noto Tchaicovsky, uomo schivo e scostante, e se ne era innamorata a prima vista. I due si erano poi sposati. Lui per convenienza, per coprire con un matrimonio di facciata la sua omosessualità e mettere a tacere i pettegolezzi in un paese tradizionalista e bigotto. Lei, preda di una infatuazione che si sarebbe presto trasformata in ossessione, ma anche desiderosa di sottrarsi al giogo materno e migliorare la sua condizione sociale. La relazione sarebbe stata sempre turbolenta, l’unione sfortunata. Antonina non avrebbe mai accettato l’omosessualità del marito, decisa a imporgli il suo amore, in virtù della sua posizione di moglie legittima, ma Tchaikovsky e tutto il suo entourage l’avrebbero sempre considerata solo una minaccia per l’integrità fisica e psicologica del musicista.

Viaggio psicologico in un rapporto tormentato

La moglie di Tchaikovsky è un viaggio nel profondo di una mente di donna, di un rapporto complesso e problematico. Un registro che mescola il realismo con l’elemento onirico e surreale è la chiave scelta per rendere lo scivolamento della protagonista verso l’ossessione e la follia – Antonina muore in manicomio nel 1917. Il regista è molto abile nel costruire l’universo psichico di una donna intelligente e ambiziosa – ma anche fragile – che non si accontenta del posto riservato alle donne nella società del suo tempo. Questo è ciò che Serebrennikov sa fare meglio. Diverse le scene che colpiscono lo spettatore, non solo per l’intensità delle interpretazioni, ma anche per la costruzione scenica, il senso dello spazio. Le mani della protagonista, affusolate e nervose, spesso inquadrate, ne rispecchiano l’ossessione febbrile. Serebrennicov sa far emergere le pulsioni frustrate che la protagonista tiene a freno, ma che poi lascia libere. Un plauso va certo all’interprete Alyona Mikhailova, intensa e convincente, e a Odin Lund Biron, Tchaicovsky – attore americano che ha preso parte alla serie tv Interns. L’eros e le pulsioni contrastanti e insopprimibili di entrambi i protagonisti, sono il perno del film, l’elemento attorno al quale ruota anche il conflitto insanabile tra i due.

Il cast de La moglie di Tchaicovsky

Anche il resto del cast offre buone prove: dalla sorella di Antonina, interpretata da Ekaterina Ermishina, ai fratelli di Tchaicovsky, Modest, Filipp Avdeev, e Sasha, Varvara Shmykova, fino all’avvocato Shlykov, amante di Antonina, interpretato da Vladimir Mishukov. Gli interpreti sanno stare al fianco dei protagonisti, arricchendo la pellicola.

La componente visiva

Il lavoro si distingue per la sua forte componente visiva e per un’estetica ben delineata. L’elemento onirico, infatti, ben si accorda con le atmosfere fumose della Mosca ottocentesca e di San Pietroburgo. La pioggia è spesso presente, il grigio plumbeo è dominante, i colori sono spenti, desaturati. Su questi, spicca il rosso dell’abito di Antonina. La fotografia è curata da Vladislav Opeliants.

La moglie di Tchaikovsky

La condizione femminile ne La moglie di Tchaicovsky

Una serie di altre questioni ruotano attorno all’approfondimento psicologico dei personaggi principali. Insieme, compongono un mosaico ricco, senza mai offuscare il fulcro del film. Una scrittura efficace, curata dallo stesso regista, rende La moglie di Tchaicovsky un’opera coesa. Il ritmo è forse a tratti lento, ma nonostante superi le due ore di durata, il lavoro riesce a tenere, nell’insieme, lo spettatore attento. Tra i temi che arricchiscono il film, rendendolo accessibile a diverse letture, la condizione femminile. La protagonista de La moglie di Tchaicovsky è una donna determinata, che non si accontenta di essere relegata a un ruolo di secondo piano. Se non si può parlare di femminismo – anche perchè Antonina non lotta per la collettività delle donne, ma per sé – certo è evidente un desiderio di affermare la propria libertà e il proprio valore. La condizione di sudditanza rispetto all’uomo nella società ottocentesca russa è evidente e sottolineata dal regista. Antonina si prende, poi, la sua rivincita, usando a sua volta un uomo, l’avvocato Shlykov. Lo degnerà della stessa scarsa considerazione che lei riceve dal marito.

La questione sociale e i diritti civili

La moglie di Tchaicovsky è anche una critica alla “madre Russia”, da parte di uno dei suoi figli, che oggi vive all’estero e di cui è nota la posizione contraria al conflitto russo-ucraino. Serebrennikov non manca di sottolineare la fame e l’indigenza nella Russia dell’Ottocento. Poveri e mendicanti all’entrata di una chiesa sono spesso l’ogetto dello sguardo del regista. La protagonista avrebbe forse rischiato di essere una di loro, se non avesse sposato Tchaikovsky. Anche nella sua famiglia, pur di nobili origini, regna la miseria. La questione sociale sta dunque a cuore al regista, che sembra sottolineare come il paese sia da un lato patria di grandi geni, come Tchaicovsky, ma non sappia prendersi cura dei suoi figli più bisognosi. Così come non è in grado di accettare l’omosessualità del compositore, spinto a un matrimonio di facciata in un paese preda di una religiosità bigotta, lo si percepisce chiaramente nel film. Tema, quello delle discriminazioni e perfino del contrasto all’omosessualità, che è purtroppo ancora attuale in Russia.

L’uomo nel mirino: trama, cast e curiosità sul film di Clint Eastwood

Regista premio Oscar, Clint Eastwood ha nel corso dei decenni dato non solo prova di grande prolificità ma anche di versatilità. In particolare, però, la sua carriera si è edificata sui generi del western e del poliziesco, da lui poi rielaborati in più modi nel corso degli anni. Dopo aver diretto Lo straniero senza nome, appartenente al primo dei due generi, nel 1977 ha invece realizzato L’uomo nel mirino, che si configura come una fusione di entrambi. Si tratta infatti di un film con le caratteristiche del poliziesco, con complotti e misteri da risolvere, collocato però in terre desolate e con sparatorie tipiche del western.

Scritto da Dennis Shryack e Michal Butler, il film sembrò da subito perfetto per Eastwood, che conosceva profondamente quel tipo di storie e personaggi. Il suo ingresso nel progetto permise infatti di fargli acquisire una serie di caratteristiche ulteriori, che hanno poi fatto la fortuna del film. Notoriamente celere nelle riprese e rispettoso del budget concesso, Eastwood riuscì a gestire tutto ciò dando vita a sequenze d’azione di grande impatto, come anche ad un curioso record. L’uomo nel mirino è infatti entrato nel Guinnes dei primati come il film in cui vengono sparate il maggior numero di cartucce, attestate intorno alle 10 mila.

Costato 5 milioni e mezzo di dollari, e girato nel deserto tra l’Arizona e il Nevada, il film è ancora oggi uno dei titoli più apprezzati della filmografia del reigsta e attore, vera e propria garanzia sin dai suoi primi lavori dietro la macchina da presa. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

L’uomo nel mirino: la trama del film

Protagonista del film è il detective Ben Shockley, dal carattere burbero e dipendente dall’alcol. L’uomo, da sempre piuttosto sprovveduto nel suo lavoro, si ritrova coinvolto in una missione inaspettata e apparentemente semplice. Il suo capo, il commissario Blakelock gli affida infatti la custodia della giovane Gus Mally, la quale da Phoenix deve essere portata a Las Vegas per fare da testimone ad un delicato processo. Inizialmente riluttante all’idea di dover viaggiare, Ben si ritrova costretto ad accettare l’incarico, nella speranza che questo si risolva nel minor tempo possibile. Durante il viaggio, però, Ben scopre che Gus è in realtà una prostituta tanto intelligente quanto aggressiva.

Quello a cui lei dovrà testimoniare, inoltre, non è un processo qualunque, bensì quello contro un potente gangster della zona. Sono dunque in pochi ad avere interesse affinché la ragazza arrivi sana e salva a Las Vegas e ben presto lei e Ben si ritroveranno inseguiti dalla mafia. Per loro ha così inizio una vera e propria fuga con il disperato tentativo di rimanere vivi. Nel richiedere rinforzi, inoltre, Ben capirà di come anche quelli che sembravano essere dalla sua parte sono invece pedine di un gioco di potere molto più grande e pericoloso. Arrivare sani e salvi al tribunale, allora, sarà il loro unico modo per ottenere giustizia.

L'uomo nel mirino cast

L’uomo nel mirino: il cast del film

Per quanto L’uomo nel mirino sembri essere un film perfettamente nelle corde di Eastwood, questo era inizialmente stato scritto per gli attori Marlon Brando e Barbra Streisand, che avrebbero dovuto interpretare i due protagonisti. Tuttavia, Brando finì con il tirarsi fuori dal progetto, venendo sostituito con l’attore Steve McQueen. Questi però non riusciva ad andare d’accordo con la Straisand ed entrambi finirono con il rinunciare alla rispettiva parte. Fu a quel punto che Clint Eastwood venne scelto per il ruolo di Ben Shockley. Desiderando ricoprire anche il ruolo di regista, questi firmò così il suo primo poliziesco. Negli anni sarebbero poi stati seguiti anche da Debito di sangue, La recluta e Coraggio… fatti ammazzare.

Accanto a lui, nel ruolo della testimone Gus Mally vi è l’attrice Sandra Locke. Questa ed Eastwood erano inoltre in una relazione sentimentale già da due anni, e questo era il loro secondo di sei film insieme. Nei panni del commissario Blakelock, si ritrova l’attore William Prince, principalmente noto per i suoi ruoli televisivi in diverse soap opera. L’attore Pat Hingle, celebre per aver interpretato il commissario Jim Gordon nella serie di film di Batman tra il 1989 e il 1997, interpreta qui Maynard Josephson, vecchio amico di Ben e l’unico di cui il protagonista potrà fidarsi. Sono poi presenti Bill McKinney, noto collaboratore di Eastwood, nei panni di Constable, Michael Cavanaugh in quelli del procuratore Feyderspiel e Carole Cook in quelli di una cameriera.

L’uomo nel mirino: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire del film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. L’uomo nel mirino è infatti disponibile nei cataloghi di Google Play, Apple iTunes e Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di mercoledì 4 ottobre alle ore 21:00 sul canale Iris.

Fonte: IMDb

10 attori famosi di Hollywood che sono stati scoperti per caso

10 attori famosi di Hollywood che sono stati scoperti per caso

Negli anni ’50, una ancora molto giovane Oriana Fallaci si reca a Hollywood per incontrare Marilyn Monroe. Non riuscendo però ad ottenere un’intervista con la celebre diva, la giornalista inizia allora ad esplorare il mondo variegato del cinema americano, fatto di stelle nascenti e divi indiscussi. Come sottolinea nel suo libro I sette peccati di Hollywood, diventare attori era il sogno di molti. Alcuni venivano scoperti per caso e, come accadde ad esempio Kim Novak, venivano poi ingaggiati per ruoli anche importanti. Altri invece dovevano faticare molto per arrivare a ottenere una qualunque parte. Questa, in fondo, non è mai stata una carriera facile, eppure molti abiscono a essere delle star. Ma come scriveva Fallaci, ci sono attori che hanno lavorato duramente (e continuano a farlo) per essere chi sono ora, ce ne sono altri che invece hanno avuto la fortuna di essere notati da qualcuno che poi li ha lanciati, decretandone il successo. Attualmente, ci sono diversi attori e attrici di fama mondiale che hanno avuto la loro occasione davvero solo per puro caso o semplice fortuna. Ma quali sono?

Sarah Michelle Gellar

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Quando pensiamo a Sarah Michelle Gellar, la prima cosa che ci viene in mente è: Buffy. La biondissima Gellar, diventata molto famosa nel ruolo dell’ammazzavampiri, fu scoperta quando era davvero molto piccola, tanto che iniziò a recitare all’età di quattro anni (un inizio simile a quello di Judy Garland, potremmo quasi dire). Secondo quanto riporta il New York Times, si trovava a cena con la sua famiglia quando un agente le si avvicinò e incoraggiò loro a scritturarla. Passò davvero poco tempo quando la chiamarono per comunicarle che avrebbe recitato in un film dal titolo Invasione della privacy. Prima di ottenre il ruolo da protagonista nell’oramai famosa serie Buffy l’ammazzavapiri, Gellar recitò anche in alcuni spot pubblicitari.

Mel Gibson

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Nel cuore di Mel Gibson c’è sempre stata la recitazione, sin da quando era molto giovane. Quando aveva solo 12 anni, dopo un trasferimento con la sua famiglia in Australia, l’attore si iscrisse subito al National Institute of Dramatic Art di Sydney, prendendo parte a diversi spettacoli teatrali. L’occasione della vita però gli arrivò solo a 20 anni, quando accompagnò un amico a fare un’audizione per una parte. Il film per cui stavano facendo i casting era proprio Mad Max, una delle pellicole che inizialmente contribuì a renderlo noto. Ciò che catturò l’attenzione del team casting fu il suo viso, che aveva alcuni lividi a causa di una rissa avvenuta nei giorni precedenti: dopo avergli scattato alcune foto gli chiesero di ritornare lì una volta guarito. Il provino andò molto bene e alla fine Gibson ottenne il ruolo da attore protagonista.

Ellen Pompeo

Ellen Pompeo

Ellen Pompeo è una vera star nel mondo delle serie tv, grazie principalmente al suo ruolo di Meredith Grey nella fortunata serie di Shonda Rhimes, Grey’s Anatomy. Tra l’altro, rispetto ad altri attori, almeno nel campo della serialità l’attrice ha potuto contare sul suo personaggio per lunghi anni. Ma come fu scoperta? Prima di cavalcare l’onda della recitazione, Pompeo era una barista che, come in alcune migliori comedy, sognava proprio di diventare un’attrice. Il problema, però, e che non sapeva come introdursi nel settore, fino a quando un agente un giorno non l’avvicinò e iniziò a metterla in contatto con diversi casting. Quando si dice: a volte è questione di fortuna!

Rosario Dawson

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Protagonista dell’attuale serie di successo, Ahsoka, Rosario Dawson è un’altra attrice che ad Hollywood non può lamentare di avere una carriera poco proficua o insoddisfacente. Tutto cominciò quando aveva quindici anni ed era una semplice cittadina di New York. Un bel giorno, da quanto riporta Biography, fu notata proprio dal regista Larry Clark quando era fuori dalla porta di casa sua, il quale le disse che sarebbe stata perfetta per un ruolo nel suo prossimo film. Fu perciò scritturata per Kids e da lì decollò, fino ad arrivare ora a ricoprire ruoli molto importanti.

Danny Trejo

Danny Trejo

Un volto duro appartenente al mondo del cinema è quello di Danny Trejo. L’attore, di origini messicane ma nato a Echo Park, nei pressi di Los Angeles, non può vantare una vita rosea e semplice. Trejo in passato è stato più volte in prigione a causa di droga e criminalità e, dopo questa serie di accadimenti, secondo quanto riporta Today, decise di diventare uno sponsor di tossicodipendenti in difficoltà. Alla fine, venne chiamato da uno di loro affinché lo aiutasse a non ricadere nella droga mentre era su un set di un film di Hollywood. Fu allora che gli chiesero se voleva fare una comparsa interpretando proprio un detenuto. Trejo accettò e iniziò così la sua carriera da attore. Fra i suoi ruoli più importanti ricordiamo Machete e Dal tramonto all’alba.

Jennifer Lawrence

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Una delle stelle sempre più promettenti del nostro cinema contemporaneo è senza ombra di dubbio Jennifer Lawrence, vista di recente in Fidanzata in affitto, commedia irreverente dai toni comici. L’attrice ha spiccato il volo grazie soprattutto a Hunger Games, franchise nel quale ha vestito i panni dell’audace Katniss Everdeen. Nonostante il suo enorme successo, secondo quanto riporta MTV, Lawrence ha intrapreso questa carriera davvero per caso. Era in vacanza a New York quando incontrò casualmente un talent scout, che le si avvicinò per chiederle il numero di telefono mentre era a Union Square in compagnia della madre. Iniziò come modella, fino a quando non fu scritturata per spot pubblicitari e ruoli televisivi.

Harrison Ford

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Harrison Ford è, prima di ogni cosa, l’Indiana Jones e l’Han Solo di tutti. Un viso scultoreo riconoscibile e una carriera invidiabile, che però l’attore ha faticato a ottenere. Ford voleva entrare nel mondo del cinema e riusciva a ottenere anche piccoli ruoli, che però non gli permettevano di decollare come lui desiderava, soprattutto perché a livello economico non era in grado di mantenere moglie e figli. Così, decise di iniziare a lavorare come carpentiere a Hollywood, nella speranza che alla fine avrebbe ottenuto una parte più importante. Dopo qualche anno, la fortuna girò dalla sua parte poiché ad un certo punto trovò sostegno nel direttore del casting Fred Roos, che lo assunse per lavori di falegnameria il più spesso possibile, nel tentativo di collocarlo con le persone giuste che potessero notarlo. E così, nel 1976, l’attore arrivò per caso su un set dove c’era George Lucas che stava effettuando il casting per un ruolo in Star Wars. Ford aveva già lavorato con il regista per American Graffiti e Lucas non voleva riutilizzare quegli attori per il suo nuovo film, così decise di assumerlo solo per leggere le battute dei provini. Ma alla fine, incoraggiato da Fred Roos, si convinse che era l’uomo giusto per interpretare Han Solo. Il resto, come ben sappiamo, è storia.

Shelley Duvall

Shelley-Duvall

Pensando a Shelley Duvall non possiamo fare a meno di avvertire un brivido lungo la schiena. Questo perché, fra le altre cose, l’attrice ci fa tornare alla mente il personaggio di Wendy Torrance nel cult Shining. Sicuramente ad aiutarla a ottenere ruoli importanti fu il suo aspetto molto particolare e caratteristico, che difficilmente si può dimenticare. Ma come divenne famosa? Secondo quanto riporta Biography, quando era giovane, l’attrice andò a un party di findanzamento dove fortuna volle che venisse notata da una coppia di location scout, i quali lavoravano per Robert Altman. Questi, attratto dal suo look, decise di ingaggiarla per un ruolo da protagonista in Anche gli uccelli uccidono.

Johnny Depp

Johnny Depp

Capitan Jack Sparrow… o dovremmo dire Johnny Depp: l’attuale divo di Hollywood ha avuto (e continua ad avere) una carriera davvero stellare nel mondo del cinema. Affascinante, a volte misterioso, dallo sguardo seducente: Depp si è costruito nel tempo dei ruoli che, oltre a cucirsi perfettamente addosso a lui, hanno contribuito a renderlo una delle star contemporanee più famose a livello internazionale. La sua carriera come attore, però, non era davvero programmata. Trasferitosi a Los Angeles, Depp sognava di essere un musicista, tanto che ad un certo punto ebbe proprio una band con la quale lavorò per diverso tempo. Quando però si resero conto che nessuno voleva firmare con loro alcun contratto discografico, il gruppo decise di sciogliersi. Ma a Depp i soldi continuavano comunque a servigli per pagarsi l’affitto: subentrò così Nicolas Cage, all’epoca suo amico, il quale gli suggerì di provare con la recitazione, dicendogli che lo avrebbe messo in contatto con il suo agente. Il primo ruolo in un film fu Nightmare – Dal profondo della notte, con la regia di Wes Craven. Fino a quando l’incontro con Tim Burton non gli cambiò radicalmente la vita.

Charlize Theron

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Charlize Theron è una vera e propria diva del cinema internazionale e di Hollywood, ma l’opportunità arrivò anche a lei proprio quando non se lo aspettava. Aveva 18 anni quando decise che si voleva buttare nella recitazione. Si trasferì dunque a Los Angeles e, dopo essere riuscita a trovare qualche lavoro come modella, si accorse che le sue finanze nonostante tutto erano scarse e neppure la situazione in cui si trovava era idilliaca. Secondo quanto riporta Vogue, mentre cercava di incassare un assegno da un lavoro a New York, la ragazza scoprì che la banca non era in grado di processare assegni fuori dallo Stato e finì per supplicare il cassiere di aiutarla. Ad accorrere in suo aiuto fu però un uomo di nome John Crosby, il quale alla fine le offrì, uscita dalla banca, il suo biglietto da visita. L’uomo altri non era l’agente di alcuni clienti famosi, e si propose di rappresentare anche lei. Da allora, la sua carriera, iniziò ufficialmente.

Fair Play: intervista alla regista del film Chloe Domont

Fair Play: intervista alla regista del film Chloe Domont

Dopo essere stato accolto con enorme successo allo scorso Sundance Film Festival sbarca su Netflix Fair Play, esordio al cinema della regista Chloe Domont (Billions, Ballers per la TV). Al centro della vicenda si trovano Emily e Luke, una coppia che per continuare a lavorare in un ambiente altamente competitivo come quello della finanza newyorkese deve mantenere segreta la propria relazione. Ma cosa succede quando gli equilibri tra uomo e donna vengono alterati da un’improvvisa promozione? Destinato a far discutere per il ritratto fortemente veritiero che il film offre delle difficoltà di una relazione nel mondo contemporaneo, Fair Play ci è stato raccontato proprio dalla regista con il massimo della sincerità possibile.

Da dove nasce la voglia di raccontare la vicenda di Emily e Luke?

Sono stata per anni alla ricerca di una storia che mi colpisse veramente, tutto quello che scrivevo non arrivava in profondità o non al momento giusto. Così ho iniziato a lavorare per la televisione, girando episodi di svariate serie. Ma intanto la vita andava avanti, ho iniziato a vivere esperienze che sono diventate nutrimento per questo film. Quando la mia carriera ha cominciato a decollare, troppo spesso l’ho vissuta come una sconfitta invece che un successo a causa della relazione che stavo vivendo. Frequentavo un uomo che mi adorava per la mia ambizione, per il mio talento ma allo stesso tempo c’era questo sentimento silenzioso che lo faceva sentire inferiore. Così ho cominciato a placare il mio entusiasmo per le opportunità che mi si aprivano,rendendomi conto sulla mia pelle di quanto queste dinamiche di potere fossero ancora potenti in una relazione tra uomo e donna apparentemente sana. Si tratta di un problema di cui è molto difficile parlare, entrambi i membri di una coppia spesso non vogliono prendere coscienza di cosa sta succedendo. Io non volevo ammetterlo, pensavo fosse colpa mia, riflettesse le mie scelte sentimentali sbagliate. Allo stesso un uomo non riesce ad ammettere di avere questo tipo di sentimenti. Ho sentito la necessità di scrivere una storia su questo, e non limitarmi nell’essere aperta e coraggiosa.

Il suo film riesce ad essere imparziale, mostra senza giudicare. Come ha raggiunto questo equilibrio?

Non mi interessa raccontare storie e personaggi che posseggono una visione precisa, dove tutto è bianco o nero e ci sono eroi integerrimi. Emily decisamente non è un’eroina ma un semplice essere umano, può essere incasinata e cattiva. Ma ancora più importante per me era non giudicare la figura di Luke, per me rappresenta quella generazione incastrata nel mezzo, cresciuta in una società con un’idea tradizionale di mascolinità. Questo non lo rende un uomo cattivo, questi sentimenti non sono colpa sua, volevo rendere esplicito il dolore di questo sforzo che fa per sopprimere la sua frustrazione. Luke vive una dualità, vuole supportare Emily ma sente che sarebbe dovuto arrivare per primo.

fair play recensione
Fair Play. Alden Ehrenreich come Luke e Phoebe Dynevor come Emily in Fair Play. Cr. Sergej Radovic / Courtesy of Netflix

Come è riuscita a sviluppare l’atmosfera sempre più soffocante in cui si dipana la crisi di coppia tra i due?

Abbiamo ricostruito la casa e gli uffici in studio perché volevo avere la libertà di cercare le angolazioni che volevo, non essere limitata da ambienti veri. Fair Play in pratica è interamente ambientato in questi due luoghi, volevo costruire un senso progressivo di claustrofobia, costruire questa bola tossica da cui Emily e Luke non possono fuggire. Per quanto riguarda il loro appartamento, andando avanti nelle riprese abbiamo iniziato a stringere i muri ogni scena del 10%, un qualcosa che il pubblico non nota ma subisce a livello inconscio. Per l’ufficio invece ho pensato a un acquario senza barriere, pieno di riflessi dove specchiarsi ma nessun posto dove nasconderti.

La scelta di Phoebe Dynevor e Alden Ehrenreich come protagonisti ha pagato. Come è arrivata a loro?

Il personaggio di Emily è una stella nascente della finanza, stavo cercando un’attrice nella stessa situazione, mi hanno fatto il nome di Phoebe così ho guardato Bridgerton. L’ho trovata incredibilmente magnetica, forte ma allo stesso tempo versatile. Vi ho visto una forza e una fierezza che speravo avrebbe scatenato nel ruolo di Emily, e così è successo. Sono una fan di Alden da quando l’ho visto in Hail, Caesar! dei fratelli Coen, sono stata felicissima quando mi ha detto di essere interessato alla sceneggiatura. È un attore che può addentrarsi dentro i luoghi più oscuri del proprio ruolo pur partendo da una condizione del tutto diversa, perché avevo bisogno che Luke all’inizio fosse un uomo amabile e socievole. Sapevo di dovermi appoggiare su un attore sicuro di sé per interpretare una psicologia così problematica, ed Alden essendo avendo un background teatrale ha costruito pezzo per pezzo la figura di Luke.

C’è un genere in cui le piacerebbe catalogare il suo film?

Ho sentito dire ad alcuni spettatori di averlo vissuto come un thriller, altri addirittura un horror. Ho sentito il pubblico iniziare a ridere soltanto per esternare l’ansia e il disagio provati. L’ho percepita come la prova che avevo colpito nel segno. Immaginavo che le donne avrebbero abbracciato Fair Play, non mi aspettavo invece di vedere così tanti uomini parlarne e rimanerne colpiti. Il mio non è tanto un film sull’emancipazione della donna quanto sulla fragilità dell’uomo. Penso sia difficile affrancare un’etichetta a Fair Play, io sapevo di voler raccontare i problemi che il senso di inferiorità maschile può causare in una relazione, certamente volevo esporre il lato drammatico di questo disequilibrio nel rapporto di coppia.

New York ha una parte fondamentale in Fair Play. Sarebbe stato lo stesso film se lo avesse ambientato altrove?

Ho vissuto a New York per otto anni, vi ho studiato. È la città migliore quando ti senti sul tetto del mondo, continua a infonderti energia. Allo stesso tempo diventa il posto peggiore quando invece inizi a sentire la pressione, lo stress. È come un animale che può annusare la tua paura, la tua debolezza, e ti attacca per sbranarti. È come un istinto di conservazione che New York possiede: ci sono troppe persone qui, i deboli devono essere eliminati. Volevo mostrare la metropoli come un altro nemico di Luke ed Emily, ho adoperato soprattutto il sonoro per costruire questo senso di avversione: i suoni della metropolitana sono ad esempio quasi dolorosi, ti assalgono.

The Buccaneers: trailer della serie ispirata all’ultimo romanzo del premio Pulitzer Edith Wharton

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Apple TV+ ha presentato il trailer di The Buccaneers, la nuova serie composta da otto episodi e ispirata all’omonimo romanzo incompiuto della scrittrice premio Pulitzer Edith Wharton e dalla creatrice Katherine Jakeways.  

Il trailer è accompagnato dalla hit “all-american bitch” di Olivia Rodrigo e dal nuovo singolo di Miya Folick “What We Wanna”. The Buccaneers è una dramedy musicale che fonde l’aristocrazia inglese del 1870 con una colonna sonora moderna prodotta da Stella Mozgawa (membro della band Warpaint) e ricca di canzoni delle migliori interpreti femminili di oggi, tra cui Taylor Swift, boygenius, Maggie Rogers, Bikini Kill, Yeah Yeah Yeahs, Angel Olsen, Brandi Carlile e altre ancora, oltre a musiche originali di Folick, Lucius, Alison Mosshart, Warpaint, Gracie Abrams, Sharon Van Etten, Bully, Danielle Ponder e altre ancora, nonché delle AVAWAVES, compositrici della serie.

https://youtu.be/tl1AceOhFYs?si=kpJQiuhNH3vzn706

 

The Buccaneers: quando esce in streaming

The Buccaneers in streaming farà il suo debutto su Apple TV+ il prossimo 8 novembre con i primi tre episodi, seguiti da nuovi episodi settimanali ogni mercoledì, fino al 13 dicembre.

La trama della serie tv The Buccaneers

Ragazze con i soldi, uomini con il potere. Nuovo denaro, vecchi segreti. Un gruppo di giovani ragazze americane amanti del divertimento fa esplodere la Londra strizzata nel corsetto degli anni ’70 dell’Ottocento, dando il via a uno scontro culturale anglo-americano con la conservatrice Inghilterra attraversata da un’aria nuova che guarda con disprezzo a secoli di tradizione. Inviate dall’America per assicurarsi mariti e titoli, queste giovani donne puntano molto più in alto, e dire “lo voglio” è solo l’inizio…

The Buccaneers è interpretato da Kristine Frøseth, nel ruolo di Nan St. George, Alisha Boe nel ruolo di Conchita Closson, la candidata al Critics Choice Award Josie Totah nel ruolo di Mabel Elmsworth, Aubri Ibrag nel ruolo di Lizzy Elmsworth, Imogen Waterhouse nel ruolo di Jinny St. George e Mia Threapleton nel ruolo di Honoria Marable; accanto a loro completano il cast Josh Dylan nel ruolo di Lord Richard Marable, Guy Remmers nel ruolo di Theo, Duca di Tintagel, Matthew Broome nel ruolo di Guy Thwarte e Barney Fishwick nel ruolo di Lord James Seadown.

Guidata da un team creativo tutto al femminile, The Buccaneers è scritta dalla creatrice della serie Katherine Jakeways e diretta dalla vincitrice del BAFTA Award Susanna White, che ricoprono anche il ruolo di produttrici esecutive, insieme alla candidata al BAFTA Award Beth Willis. La serie è prodotta per Apple TV+ da The Forge Entertainment.

L’imprevedibile viaggio di Harold Fry: recensione del film con Jim Broadbent

Quanto ci vuole per fare pace con se stessi, per riscoprirsi uomini e donne diversi, per trovare il buono nel mondo che ci circonda? Più o meno quanto serve per percorrere – a piedi – gli 800 chilometri che dividono Kingsbridge nel Devon dalla lontana Berwick-upon-Twed. Questi gli estremi dell’incredibile “pellegrinaggio” affrontato da Jim Broadbent in L’imprevedibile viaggio di Harold Fry di Hettie Macdonald, che BiM Distribuzione porta al cinema a partire dal 5 ottobre. Un’adattamento del bestseller di Rachel Joyce, qui anche sceneggiatrice, nel quale troviamo anche la Penelope Wilton di Downton Abbey.

Chi è Harold Fry, la sua storia

Harold Fry (Jim Broadbent) è un normale cittadino britannico, un uomo qualunque che ha sempre vissuto senza prendere iniziative e oggi passa le sue giornate nella casa al 13 Fossebridge Road di Kingsbridge, South Hams, Devon. Con lui la moglie, Maureen (Penelope Wilton), casalinga silenziosa dedita alle pulizie e alle parole crociate. Una routine consolidata la loro, fino a che un giorno arriva una lettera di Queenie Hennessy (Linda Bassett), una vecchia amica e collega di Harold, molto malata, che dall’hospice nel quale è ricoverata scrive per dirgli addio. È il passato che ritorna e Harold stavolta decide di agire, e di andarla a trovare attraversando a piedi l’Inghilterra, convinto che il suo gesto la terrà in vita.

La trilogia di Harold Fry di Rachel Joyce

Trent’anni fa, sulla Rai (era Tunnel, di Serena Dandini), Vittorio Gassman conquistava le folle leggendo gli ingredienti dei frollini o l’etichetta di un capo delicato, analogamente qualsiasi testo o personaggio si affidi a un Premio Oscar come Jim Broadbent (per altro scelto per leggere l’audiolibro, in occasione dell’uscita del romanzo) non può che acquisire un notevole valore aggiunto. Figurarsi, poi, nel caso del protagonista della trilogia letteraria firmata dalla sceneggiatrice – in passato atrice, drammaturga radiofonica ed eletta come esordiente dell’anno nel dicembre 2012 – e che a “L’imprevedibile viaggio di Harold Fry” ha poi fatto seguire “The love song of Miss Queenie Hennessy” e “Maureen Fry and the angel of the North“.

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Né Forrest Gump, né David Lynch

Un romanzo – il primo, in questo caso – che ha subito conquistato la regista di Normal People, anche per le “enormi potenzialità di narrazione visiva” che il racconto implicava, visto il road movie attraverso l’Inghilterra che fa da cornice all’esplorazione del personaggio e del suo mondo. E che ha fatto pensare a molti al Forrest Gump di Tom Hanks o all’Alvin Straight di Richard Farnsworth in Una storia vera di David Lynch. Due riferimenti citati anche dalla comunicazione ufficiale che rischiano di portare fuori strada…

Presentata come “celebrazione della vita”, come “ritratto dell’amore universale”, l’Odissea dell’anziano inglese interpretato da Broadbent è sì un “viaggio tenero e miracoloso”, ma molto più tormentato e dolente dell’Inno alla gioia che ci si potrebbe aspettare. Dall’inizio alla fine, ché l’elaborazione del senso di colpa e dei limiti della fede, e quanto spesso se ne faccia una stampella cui appoggiarsi a prescindere, sono la vera spina dorsale di una storia che piano sprigiona una forza di coinvolgimento capace di lasciare un senso di speranza e di ottimismo che il percorso non avrebbe lasciato intuire (per quanto, sì, prevedere).

In fuga dalla solitudine

La morte è onnipresente, ma soprattutto il rifiuto di vivere, di accettare le conseguenze di alcune scelte e di farne un’occasione di crescita. La solitudine è il sentimento dominante, nella vita coniugale passata a nascondersi dietro le tende di casa o nella rinuncia a superare la perdita di persone care, ma anche nel bisogno di tanti di seguire il santone di turno in quello che un pellegrinaggio non è (e forse per una volta la scelta della distribuzione italilana di cambiare il titolo originale non risulta incomprensibile).

Intorno a Harold Fry ruotano molte figure, meno coraggiose o meno disperate di lui (a parte il favoloso cagnolino che lo accompagna), ma sono i propri fantasmi a muoverlo, e a ossessionarlo. Il poetico tentativo di rimediare a un errore che lo spinge ad affrontare il suo folle progetto è meno forte, narrativamente, dei pochi momenti in cui l’impulsività prende il sopravvento. E meno confortante delle riflessioni finali di quella che a tratti prende la forma di una sorta di compilation motivazionale. Con la tanto decantata morale di come le cose possano cambiare e rivelare bellezza anche dove non ce lo si aspetta, se si impara a chiedere aiuto e ad offrirne, sembra infatti di intravedere la presa di coscienza di una sconfitta, di quanto sia ancora lungo il percorso che ci divide dal superamento delle nostre debolezze e delusioni. Un nuovo viaggio, o la prosecuzione di quello appena iniziato, stavolta però da fare insieme, grazie all’epifania che la sofferenza per le scelte del marito ispira alla povera Maureen.

Sick of Myself: intervista alla protagonista Kristine Kujath Thorp

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Ecco l’intervista a Kristine Kujath Thorp, protagonista di Sick of Myself (qui la recensione), dal 5 ottobre al cinema distribuito da Wanted Cinema e diretto da Kristoffer Borgli.

Dopo l’anteprima mondiale nella sezione Un Certain Regard all’ultimo festival di Cannes, SICK OF MYSELF, an unromantic comedy, propone al pubblico italiano una commedia sentimentale particolare, con un concept elegante ed estremo allo stesso tempo. Un film atipico e originale che ha destato interesse di pubblico e critica, completamente girato in 35 mm. La talentuosa protagonista, Kristine Kujath Thorp – nota per film e serie tv come Fanny (2018), Ninja Baby (2021), The North Sea (2021) The Promised Land (2023) – interpreta il personaggio di Signe, un’anonima cameriera che non esita a utilizzare un mezzo molto pericoloso per farsi notare dal mondo.

Sick of myself è una anti-storia d’amore, tossica e disfunzionale, un’illuminante parabola contemporanea permeata di temi senza tempo quali il narcisismo e l’invidia. “Volevo realizzare una storia spiacevole nel modo più bello possibile”, racconta il regista, il tutto si è fortunatamente tradotto in un bellissimo ritratto di cose terribili”.

Sick of myself, la trama

Signe e Thomas vivono una relazione malsana, in costante competizione tra loro. Il tutto si incrina ancora di più quando Thomas inizia ad affermarsi come artista contemporaneo. In tutta risposta, Signe si lancia in un disperato tentativo di attirare l’attenzione su di sé, anche a costo della sua salute.

Loki 2: recensione della serie con Tom Hiddleston

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Loki 2: recensione della serie con Tom Hiddleston

Dopo diversi rimandi e a distanza di due anni dal primo ciclo, la seconda stagione di Loki, disponibile su Disney+ con un episodio a settimana dal 6 ottobre, ha diverse criticità da affrontare. Come il Dio dell’Inganno che si trova a dover fronteggiare una situazione molto complicata (che a breve esamineremo), la serie ideata da Michael Waldron deve gestire innanzitutto l’irrompere del Multiverso nel MCU, poi deve gestire quella che è stata una grande batosta per Kevin Feige e i Marvel Studios, ovvero le turbolente questioni personali che hanno travolto Jonathan Majors, che doveva essere il villain della serie e della Fase 5 del MCU e il cui destino, per quanto per ora immutato, è in bilico.

Oltre allo scossone diegetico (il multiverso) e a quello extra dietetico (i guai legali di Majors), la seconda stagione di Loki deve fare i conti anche con una serie di prodotti ambientati nel MCU che, sebbene non si considerino propriamente dei flop, sono stati dei progetti diversamente di successo, per così dire. Compito di Tom Hiddleston, che torna nel ruolo che ormai incarna da oltre 11 anni, è quello di far ri-affezionare il pubblico al Marvel Cinematic Universe.

Loki seconda stagione, dove eravamo rimasti?

Dopo gli eventi della prima stagione, che hanno portato all’apertura del Multiverso, Loki collabora con Mobius, B-15 e altri agenti della TVA nel combattere una battaglia “per l’anima della TVA”; nel mentre, tutti insieme viaggiano attraverso il multiverso in cerca di Sylvie, Ravonna e Miss Minutes.

La trama della seconda stagione di Loki sintetizza bene quello che la storia effettivamente promette (almeno stando ai primi quattro episodi visti in anteprima) e cioè una continua ricerca in movimento attraverso i piani temporali, tra viaggi nel tempo e realtà alternative in cui il nostro affezionato fratello di Thor cerca da una parte di porre rimedio a ciò che ha contribuito a causare, dall’altra non può fare a meno di continuare a cercare quella variante che, forse per la prima volta in tutta la sua lunga vita, lo ha fatto sentire compreso: Sylvie (Sophia Di Martino). E Hiddleston come al solito ce la mette tutta e riesce sempre a generare simpatia, con le espressioni che il pubblico conosce così bene.

Questo secondo ciclo conferma anche la sua grande alchimia con il Mobius di Owen Wilson: i due danno vita quasi a una buddy comedy, se non fosse che per tutto il tempo la minaccia dell’implosione degli universi su se stessi regala alla serie un tono molto serio e riesce a consegnare allo spettatore una sensazione di urgenza e pericolo incombente. Alla luce di questo mood, ancora più preziosa è l’introduzione di un personaggio nuovo, Ouroboros (chiamato affettuosamente O.B.), interpretato dal neo premio Oscar Ke Huy Quan. Con il suo tono di voce così familiare e il suo spirito di eterno ragazzo, Quan regala alla seconda stagione di Loki un tocco di leggerezza che il protagonista sembra aver perso.

Ke Huy Quan as O.B. in Marvel Studios’ LOKI, Season 2, exclusively on Disney+. Photo by Gareth Gatrell. © 2023 MARVEL.

C’è da ammettere che, nonostante la natura ormai incerta del suo futuro nel MCU Jonathan Majors si conferma un interprete istrionico, divertito dal personaggio che interpreta e dal contesto in cui è calato. Non si può non sottolineare la lungimiranza di Feige che, in un periodo di caccia alle streghe, ha scelto di tutelare il suo attore (chiaramente anche per ragioni commerciali) almeno fino a che questo non sia ufficialmente condannato. Ovviamente, pur schierandoci sempre dalla parte delle vittime, speriamo che l’attore possa avere la possibilità, se dichiarato innocente, di continuare a esplorare un personaggio così ricco come la versione cinematografica di Kang il Conquistatore.

Un “episodio di mezzo” nel viaggio attraverso il Multiverso

Quello che è il maggior punto di interesse della serie, che sarà formata da sei episodi, è però anche il suo più grande difetto. Mai come in questo caso, una serie Marvel/Disney ha avuto il sapore di “episodio di mezzo”, un ponte tra un film e l’altro, tra una grande storia e quella successiva. In questo caso, Loki stagione 2 sembra assumersi il compito di collegare il finale di And-Man and the Wasp: Quantumania, con l’inizio di Avengers: la Dinastia di Kang. Un compito complesso e forse anche estremamente utile, ma che sacrifica l’unità del prodotto, nel quale Tom Hiddleston si conferma l’elemento di maggior valore.

Sophia Di Martino as Sylvie in Marvel Studios’ LOKI, Season 2, exclusively on Disney+. Photo by Gareth Gatrell. © 2023 MARVEL.

Un’estate fa: recensione del primo episodio della serie con Lino Guanciale e Filippo Scotti

Un’estate fa, la storia di noi due//Era un po’ come una favola//Ma l’estate va//E porta via con sé//Anche il meglio delle favole”, cantava Franco Califano nel 1992. Ed è proprio da una stessa estate ma del 1990 che parte la nuova serie tv di Sky, Un’estate fa. Una stagione ricca di mistero ma anche di tristezza, che segna la fine della favola della giovinezza e della spensieratezza per abbracciare, per sempre, l’età adulta. Uno stacco che nella serie tv diretta da Davide Marengo e Marta Savina prende vita dalla scelta della colonna sonora, accuratissima nel primo episodio, e dalla scelta dei colori che trasmettono allo spettatore gli stati d’animo dei protagonisti. Un’estate fa è la nuova serie thriller di Sky dal respiro internazionale, sarà trasmessa dal 6 ottobre in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW.

Un’estate fa, la trama

Le immagini di Italia ’90 alla TV, il campeggio con gli amici, gli amori estivi, i falò in spiaggia. E ancora le cabine telefoniche, le infinite partite a carte, le sfide a calciobalilla… All’improvviso però, una ragazza scompare. E nulla sarà più come prima, anche a distanza di trent’anni da quella indimenticabile estate. La favola cantata da Califano si interrompe e il mistero che avvolge la vicenda intercorre in due linee temporali diversi e con gli occhi di un cast corale supportato da Lino Guanciale e Filippo Scotti (uno nella versione adulta di Elio e l’altro nella versione giovane). Presente e passato si intrecciano mentre la vita di Elio prende una piega inaspettata. Dopo gli eventi del 1990 la sua vita si tinge di azzurro, di toni freddi, dei toni della giurisprudenza – professione che ha scelto per seguire le orme del padre.

La vita perfetta apparentemente macchiata da un solo crimine: la scomparsa di Arianna. Ci troviamo nel presente quando viene ritrovata in un’auto dentro il lago, il corpo di una giovane donna che scopriamo subito essere quello della ragazza scomparsa anni prima. I colori caldi di quell’estate ritornano preponderanti quando sovrastato dagli ultimi eventi Elio ha un incidente d’auto, perde i sensi e al suo risveglio viene catapultato in quell’estate del 1990. Una prova attoriale non da poco anche per Filippo Scotti che si ritrova negli anni ’90 ma con la mente di un adulto, il cinquantenne Elio interpretato da Guanciale. Ritornando a quell’estate, tutto cambia nella sua mente e ancora in stato confusionale rivede i suoi amici di nuovo giovani, di nuovo uniti. E poi vede lei, Arianna ancora viva. Non fa neanche in tempo a parlarle che la sua mente viene catapultata nel presente.

Un'estate fa Claudia Pandolfi

Un viaggio nel passato

Elio è il principale sospettato dell’omicidio di Arianna perché in quella estate del 1990 viene trovato in stato confusionale subito dopo la scomparsa della ragazza e interrogato dalla polizia ammette di non avere più nessun ricordo di cosa è successo. L’espediente narrativo alla Twin Peaks che ha dato il via agli eventi della serie di David Lynch è di ispirazione a Un’estate fa dove il mistero ruota intorno alla morte della ragazza. Quindi: chi ha ucciso Arianna? Sappiamo solo, dal primo episodio, che il personaggio di Lino Guanciale è sospettato dall’ispettore interpretato da Paolo Pierobon. Ma sappiamo anche che sarà proprio Elio, grazie ai suoi continui viaggi temporale, a cercare il colpevole che quell’estate ha messo fine alla vita di Arianna e alla sua giovinezza. Quello che diventa un continuo viaggio nel passato si trasforma anche in un tentativo di salvarla, non ripercorrendo gli stessi passi di quell’estate maledetta.

Ad aiutare Elio, nel passato ma soprattutto nel presente, il personaggio di Costanza, interpretato nella versione adulta da Claudia Pandolfi e in quella giovane da Martina Gatti. Nel primo episodio vediamo subito che le attenzioni di Costanza per Elio vanno oltre una semplice amicizia ma anche lei dopo gli avvenimenti misteriosi legati alla morte di Arianna metterà una pietra sopra al passato. Nel presente però scopriamo varie sfaccettature del suo personaggio. Costanza è cambiata, non ha più lo stesso sguardo spensierato di un tempo e se Elio è diventato l’uomo perfetto, l’uomo di legge, lei ha abbandonato del tutto quel mondo mantenendo però la stessa vitalità. Darà una mano a Elio nel presente cercando in tutti i modi di scagionarlo dalle accuse.

Una tavolozza di colori

La scelta registica di contrapporre due palette di colori per presente e passato rispecchia lo stato d’animo dei personaggi sia da adulti ma anche da ragazzi, le scene nel campeggio sono aperte e colorate. Il giallo del sole, l’arancione della sabbia, il rosso degli omini del calcio balilla. Tutto prende vita nel campeggio. Quando però la prospettiva si ribalta nel presente siamo immersi nei colori freddi: la casa dove vive Elio, minimalista e anonima, lo studio legale dove lavora, austero e perfetto. Solo durante le conversazioni con Costanza questi colori sembrano mischiarsi portando quindi Elio in una posizione di mezzo. La stessa posizione nella quale si trova e dalla quale non sembra poter fuggire.

Nowhere: recensione del nuovo film Netflix

Nowhere: recensione del nuovo film Netflix

In un futuro distopico e violento è ambientato Nowhere: si tratta di un film spagnolo, diretto da Albert Pintó e distribuito da Netflix. La sceneggiatura, scritta da Ernest Riera, Miguel Ruz, Indiana Lista, Seanne Winslow and Teresa Rosendoy, è tratta da un racconto di Indiana Lista. Nowhere si concentra principalmente sulla figura della protagonista Mia, affiancata dal compagno Nico; quindi, il cast effettivo è formato da soli due attori. Anna Castillo, attrice spagnola, interpreta Mia mentre Tamar Novas (The sea inside) è nei panni di Nico: si tratta in entrambi i casi di figure conosciute prevalentemente a livello nazionale spagnolo, ma pluripremiati ai festival cinematografici spagnoli come i premi Goya.

Nowhere: la lotta per la sopravvivenza

In una Spagna futura la crisi alimentare porta il governo a prendere delle decisioni eccessivamente drastiche: eliminare tutta la popolazione non produttiva, quindi donne incinta e bambini. Per paura di subire nuovamente la violenza del regime, Mia, incinta, e Nico decidono di scappare in Irlanda, dove i problemi di scarsità di viveri vengono gestiti in maniera ben diversa. Tutti i profughi clandestini vengono ammassati in dei container: dopo che Nico e Mia vengono divisi, il container viene freddamente ispezionato dalla polizia spagnola. Tutti i passeggeri clandestini vengono uccisi, tranne Mia che riesce a nascondersi. Ha inizio così il viaggio della donna verso l’Irlanda, che sarà nient’altro che facile: Mia dovrà più volte lottare per la sua sopravvivenza e della sua bambina. Saranno Nico, con delle sporadiche telefonate, e la piccola Noa appena nata a darle la forza di andare a vanti e cercare di sopravvivere.

Nowhere storia vera

Un distopico poco convincente

Nowhere basa la propria trama su un presupposto di per sé molto assurdo, perfino per un futuro distopico: l’uccisione di donne incinta e bambini. Lo scopo principale di ogni essere vivente, uomo compreso, è la preservazione della propria specie; difatti le donne ed i bambini vengono sempre preservate in situazioni di emergenza proprio per questo motivo (facendo un esempio cinematografico, pensate a Titanic: le donne ed i bambini hanno precedenza sulle scialuppe). Di conseguenza, uccidere queste categorie di persone per risparmiare viveri e far sopravvivere la comunità sembra essere un controsenso. Un qualunque lettore potrebbe controbattere con un semplice “sì ma è solo un film”: è vero, Nowhere è un solo un film, una pellicola che presenta una realtà distopica, ma non per questo dovrebbe essere poco convincente per il pubblico. Il film deve convincere i propri spettatori della nuova realtà che crea, farli immedesimare.

Nowhere risulta essere anche esageratamente straziante: la pellicola racconta praticamente una sola interminabile serie di sfortunatissimi eventi di Mia. Per ogni volta che la protagonista riesce con un fortissimo istinto di sopravvivenza e straordinaria determinazione a superare tutte le avversità, un nuovo terribile problema le si presenta di fronte, appendendo nuovamente la sua vita ad un filo. Questo susseguirsi di alti e bassi crea una tensione ed una suspense continua e quasi estenuante. Considerando che la pellicola narra solamente la lotta per la sopravvivenza della protagonista, sarebbe stata un ottima scelta abbreviare, anche se di poco, il film: in questo modo sarebbe magari risultato al pubblico meno pesante.

Mia è costretta a fare cose terribili per la propria sopravvivenza: alcune di queste scene possono risultare alquanto forti. Un esempio è il momento in cui la protagonista, nella disperazione per la mancanza di cibo, ingerisce la sua stessa placenta. Altri momenti rappresentati in maniera più esplicita sono il parto della donna e il lungo taglio che si inferisce la donna accidentalmente.

I profughi del futuro

L’elemento realmente interessante di Nowhere è la tematica dell’immigrazione. Pur essendo affrontata solamente all’inizio del film, e lasciata di conseguenza in secondo piano, questo tema può incentivare negli spettatori una riflessione riguardo la tematica. L’immigrazione è un fenomeno atemporale, che si ritrova nel presente quanto si ritroverà nel futuro. Come cittadini di un paese di frontiera, Nowhere può aiutare tutti noi italiani a vedere ed a riflettere su ciò che significa essere profughi. In questo momento storico si ritrovano anche altre pellicole che rappresentano in maniera anche più chiara la tematica: un esempio lampante è Io Capitano, presentato al festival del cinema di Venezia e vincitore del leone d’argento alla regia e del premio Mastroianni. Ciononostante, può essere importante sottolineare questo elemento anche qui, dove non è rappresentato in maniera meno concreta e realistica.

Compagni di Viaggio: trailer della serie con Matt Bomer e Jonathan Bailey

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Paramount+ presenta il trailer ufficiale dell’attesissima serie Compagni di Viaggio (FELLOW TRAVELERS),l’epica storia d’amore e thriller politico guidata da Matt Bomer (The Normal Heart, The Boys in the Band) e Jonathan Bailey (Bridgerton). Creata dal candidato all’Oscar Ron Nyswaner (Philadelphia, HOMELAND), la serie in otto episodi debutterà in Italia il 28 ottobre, subito dopo gli Stati Uniti e il Canada, oltre che nel Regno Unito, in Australia, America Latina, Corea del Sud, Italia, Germania, Svizzera e Austria.

Compagni di Viaggio è interpretato anche da Jelani Alladin (The Walking Dead World Beyond), Allison Williams (Get Out, Girls) e Noah J. Ricketts (American Gods). Bomer e Nyswaner sono produttori esecutivi insieme a Robbie Rogers (All American, My Policeman) e Dee Johnson. Daniel Minahan (Halston, American Crime Story: Versace) produce e dirige i primi due episodi COMPAGNI DI VIAGGIO è co-prodotto da Fremantle e SHOWTIME.

La trama di Compagni di Viaggio

Creata da Nyswaner, la serie è basata sul romanzo di Thomas Mallon. Bomer interpreta il carismatico Hawkins Fuller, che mantiene una carriera politica dietro le quinte, finanziariamente gratificante. Hawkins evita le relazioni sentimentali, finché non incontra Tim Laughlin (Bailey), un giovane pieno di idealismo e fede religiosa. I due iniziano una storia d’amore proprio mentre Joseph McCarthy e Roy Cohn dichiarano guerra ai “sovversivi e ai deviati sessuali”, dando inizio a uno dei periodi più bui della storia americana del XX secolo.

Nel corso di quattro decenni, seguiamo i cinque personaggi principali – Hawk, Tim, Marcus (Alladin), Lucy (Williams) e Frankie (Ricketts) – mentre incrociano le loro strade tra le proteste per la guerra del Vietnam degli anni ’60, l’edonismo alimentato dalle droghe degli anni ’70 e la crisi dell’AIDS degli anni ’80, affrontando i propri ostacoli interiori e quelli del mondo circostante.

Joker: Folie à Deux: nuovo foto inedita di Joaquin Phoenix

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Joker: Folie à Deux: nuovo foto inedita di Joaquin Phoenix

Una nuova foto di Joker: Folie à Deux è stata rilasciata dal regista Todd Phillips, che mostra Joaquin Phoenix nel ruolo principale nell’attesissimo sequel del film di enorme successo del 2019 Joker.

Cosa mostra la nuova foto di Joker: Folie à Deux?

Todd Phillips ha rivelato la nuova foto sulla sua pagina Instagram, insieme alla didascalia: “Oct. 4. Grazie per tutti i messaggi. Quattro anni fa abbiamo fatto un bel giro. Ci sono un sacco di bei ricordi. E c’è dell’altro.” La foto mostra Joaquin Phoenix in piedi sotto la pioggia tra quattro ombrelli, ciascuno di un colore diverso, con gli occhi chiusi e la testa inclinata verso l’alto. Mentre Joaquin Phoenix si trova in mezzo a loro, ha un’espressione pacifica. Di seguito il post:

 

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Un post condiviso da Todd Phillips (@toddphillips)

Il sequel di Joker non si svolgerà nel DCU principale, ma sarà conosciuto come un progetto “Elseworlds”, insieme ai film The Batman di Matt Reeves, al film di Superman di J.J. Abrams e Constantine 2 (se il progetto dovesse andare avanti).

Joker: Folie à Deux, il film

Joker: Folie à Deux presenterà il ritorno di Joaquin Phoenix mentre riprende il suo ruolo vincitore dell’Oscar come il cattivo DC JOKER. Il sequel presenterà anche il ritorno di Sophie di Zazie Beetz  insieme ai nuovi arrivati ​​Brendan Gleeson, Catherine Keener, Jacob Lofland e Harry Lawtey. Nel cast c’è Lady Gaga che darà vita a Harley Quinn. I dettagli della trama sono ancora per lo più nascosti, ma sappiamo che la maggior parte del film si svolgerà ad Arkham Asylum e conterrà significativi “elementi musicali”. Rumors recenti inoltre hanno anche suggerito che la versione di Gaga su Harley Quinn avrà un ruolo più importante di quanto originariamente riportato, con la storia che si svolge interamente dal suo punto di vista.

Il film di Todd Phillips del 2019 è stato un successo sia di critica che commerciale con un incasso mondiale di oltre 1 miliardo di dollari al botteghino, rendendolo il film con il maggior incasso di tutti i tempi. Ha ricevuto riconoscimenti da numerosi importanti enti premiati, tra cui due Oscar e due Golden Globe, sia per il miglior attore che per il miglior suono originale.

Studio Ghibli: Hayao Miyazak ha iniziato a lavorare al suo prossimo film

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Il capo dello Studio Ghibli, Toshio Suzuki, ha parlato del rientro dall’annunciato ritiro di Hayao Miyazaki dopo che è stato recentemente confermato che Il ragazzo e l’airone non sarà, dopotutto, l’ultimo film dell’acclamato regista. Parlando con la pubblicazione francese Liberation, Suzuki ha ammesso di non pensare che Miyazaki smetterà mai di lavorare dal momento che fare film “lo delizia”.

Suzuki ha inoltre confermato che Miyazaki ha già iniziato a sviluppare il suo prossimo film d’animazione. “Pensa al prossimo progetto ogni giorno e non riesco a fermarlo, anzi, ci ho rinunciato“, ha detto. “Non cerco più di dissuaderlo, anche se dovesse fare un film fallito. Nella vita è solo il lavoro che lo diverte”.

Ha continuato: “Stavamo parlando di nuovo proprio ora e mi ha detto qualcosa di incredibile. “A proposito, di cosa parlava il mio ultimo film?” Non riesco a ricordare.” E poi ha iniziato a parlare di un nuovo progetto, quindi non lo fermerò. Finché lavorerà, non potrò andare in pensione. Ha 82 anni e penso che andrà avanti fino ai 90. Io andrò con lui”.

Quando arriverà Il ragazzo e l’airone nelle sale americane?

Dopo la sua corsa nelle sale in Giappone partita nel luglio del 2023, Il ragazzo e l’airone (The Boy and the Heron) (originariamente intitolato How Do You Live) farà finalmente il suo debutto nelle sale italiane il 01 gennaio 2024. Durata 125 minuti. Distribuito da Lucky Red.. Prima di questo, il film è stato recentemente presentato in anteprima internazionale al Toronto International Film Festival del 2023, dove ha ricevuto recensioni positive dalla critica. Sarà inoltre presente alla Festa del Cinema di Roma e Alice nella città questo ottobre. 

Il film, prodotto dal leggendario Studio Ghibli e distribuito in Italia da Lucky Red, racconta la storia di Mahito, un ragazzo di 12 anni che, spinto dal desiderio di rivedere sua madre, si avventura in un regno abitato dai vivi e dai morti. Un luogo fantastico dove la morte finisce e la vita trova un nuovo inizio. Una storia sul mistero della vita e la creazione, in omaggio all’amicizia, direttamente dalla mente del maestro Hayao Miyazaki.

Patrick Stewart pensava che la carriera di Tom Hardy sarebbe crollata dopo Star Trek: Nemesis

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Patrick Stewart ha condiviso pensieri schietti su Star Trek: Nemesis del 2002 nel suo nuovo libro di memorie, “Making It So” (via Insider). Il film, il quarto e ultimo lungometraggio di Star Trek con protagonista il cast di The Next Generation, è uno dei capitoli meno memorabili del franchise, e della carriera di Stewart nei panni del Capitano Jean-Luc Picard, almeno secondo l’attore stesso.

“‘Nemesis’, uscito nel 2002, era particolarmente debole”, scrive Stewart. “Non avevo una sola scena emozionante da interpretare, e l’attore che interpretava il cattivo del film, Shinzon, era un giovane londinese strano e solitario. Il suo nome era Tom Hardy.

Hardy non era un nome familiare all’epoca di Star Trek: Nemesis, e Stewart aveva predetto che il suo co-protagonista non lo sarebbe mai diventato a causa di quanto fosse stato isolato dal resto del cast durante la realizzazione del film.

“Tom non si era impegnato con nessuno di noi a livello sociale”, scrive Stewart. “Non diceva mai ‘Buongiorno’, non diceva mai ‘Buonanotte’ e trascorreva le ore in cui non era necessario sul set, nella sua roulotte, con la sua ragazza… Non era affatto ostile: era semplicemente difficile stabilire un rapporto con lui.”

“La sera in cui Tom ha terminato le sue riprese, se ne è andato senza cerimonie o accortezze, semplicemente uscendo dalla porta”, aggiunge Stewart. “Quando si è concluso, ho detto tranquillamente a Brent [Spiner] e Jonathan [Frakes], ‘Ed ecco qualcuno di cui penso non sentiremo mai più parlare.’ Non mi fa altro che piacere che Tom abbia dimostrato che mi sbagliavo così tanto.”

Star Trek: Nemesis è stato il terzo lungometraggio di Tom Hardy che ha continuato ad avere ruoli secondari in film come “Layer Cake” e “Marie Antionette” prima che il suo profilo aumentasse significativamente con progetti come “Bronson” e “Inception”.

Festa del Cinema di Roma 2023: annunciate le giurie, Gael Garcia Bernal Presidente

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Gael Garcia Bernal presiederà la giuria del Concorso Progressive Cinema, la sezione competitiva della Festa del Cinema di Roma. Lo annuncia la Direttrice Artistica Paola Malanga, con Gian Luca Farinelli, Presidente della Fondazione Cinema per Roma, e Francesca Via, Direttrice Generale.

L’attore, regista e produttore, acclamato da pubblico e critica grazie alle sue interpretazioni per registi come Alejandro G. Iñárritu, Alfonso Cuarón, Pablo Larraín, Pedro Almòdovar e Walter Salles, sarà affiancato dalla regista britannica Sarah Gavron, dal regista, sceneggiatore e poeta finlandese Mikko Myllylahti, dall’attore e regista francese Melvil Poupaud e dall’attrice e regista italiana Jasmine Trinca.

La giuria assegnerà ai film del Concorso Progressive Cinema i seguenti riconoscimenti: Miglior Film, Gran Premio della Giuria, Miglior regia, Miglior sceneggiatura, Premio “Monica Vitti” alla Miglior attrice, Premio “Vittorio Gassman” al Miglior attore e il Premio speciale della Giuria, a scelta fra le categorie fotografia, montaggio e colonna sonora originale.

I film che partecipano al Concorso Progressive Cinema sono: Un Amor di Isabel Coixet, Ashil (Achilles) di Farhad Delaram, Avant que les flammes ne s’eteignent (After the Fire) di Mehdi Fikri, Black Box di Asli Özge, C’è ancora domani di Paola Cortellesi, Comme un fils (Like A Son) di Nicolas Boukhrief, En dag kommer allt det här bli ditt (One Day All This Will Be Yours) di Andreas Öhman, La Erección de Toribio Bardelli (The Erection of Toribio Bardelli) di Adrián Saba, Fremont di Babak Jalali, Holiday di Edoardo Gabbriellini, Hypnosen (The Hypnosis) di Ernst De Geer, Mi fanno male i capelli di Roberta Torre, The Monk and the Gun di Pawo Choyning Dorji, Pedágio (Toll) di Carolina Markowicz, Peluri – Kuolema on elävien ongelma (La morte è un problema dei vivi) di Teemu Nikki, Un Silence (A Silence) di Joachim Lafosse, Sweet Sue di Leo Leigh, Urotcite na blaga (Blaga’s Lessons) di Stephan Komandarev.

Particolare attenzione sarà data ai giovani autori con il Premio Miglior Opera Prima BNL BNP Paribas: una giuria presieduta dal cineasta Paolo Virzì, con la produttrice e distributrice francese Adeline Fontan Tessaur e la drammaturga e sceneggiatrice Abi Morgan, assegnerà il riconoscimento a un lungometraggio di finzione in programma nelle sezioni Concorso Progressive Cinema, Freestyle e Grand Public.

I film che concorrono al Premio Miglior Opera Prima BNL BNP Paribas sono: Ashil (Achilles) di Farhad Delaram, Avant que les flammes ne s’eteignent (After the Fire) di Mehdi Fikri, C’è ancora domani di Paola Cortellesi, Cottontail di Patrick Dickinson, Dall’alto di una fredda torre di Francesco Frangipane, Gonzo Girl di Patricia Arquette Hypnosen (The Hypnosis) di Ernst De Geer, Mother, Couch di Niclas Larsson, Palazzina Laf di Michele Riondino, Sweet Sue di Leo Leigh, Troppo azzurro di Filippo Barbagallo, Volare di Margherita Buy.

La Festa del Cinema ospiterà inoltre il Premio “Ugo Tognazzi” alla Miglior commedia che sarà assegnato da una giuria presieduta dall’attrice francese Philippine Leroy-Beaulieu e composta dal regista e sceneggiatore italiano Alessandro Aronadio e la sceneggiatrice italiana Lisa Nur Sultan. L’opera vincitrice sarà scelta fra i titoli in programma nelle sezioni Concorso Progressive Cinema, Freestyle e Grand Public. I film che concorrono al Premio “Ugo Tognazzi” alla Miglior commedia sono: C’è ancora domani di Paola Cortellesi, En dag kommer allt det här bli ditt (One Day All This Will Be Yours) di Andreas Öhman, La Erección de Toribio Bardelli (The Erection of Toribio Bardelli) di Adrián Saba, Et la fête continue! di Robert Guédiguian, Hypnosen (The Hypnosis) di Ernst De Geer, Jules di Mark Turtletaub, Peluri – Kuolema on elävien ongelma (La morte è un problema dei vivi) di Teemu Nikki, The Monk and the Gun di Pawo Choyning Dorji, Mother, Couch di Niclas Larsson, The Persian Version di Maryam Keshavarz, Second Tour di Albert Dupontel, Sweet Sue di Leo Leigh, Troppo azzurro di Filippo Barbagallo, Volare di Margherita Buy.

Elf Me: le prime immagini del nuovo film di Natale Prime Videocon Lillo

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Prime Video ha svelato oggi le prime immagini e clip di Elf Me, il nuovo film diretto da YouNuts! che vede protagonista Lillo Petrolo con Anna FogliettaClaudio Santamaria e Federico Ielapi. Nel cast anche Giorgio Pasotti e Caterina GuzzantiGabriele Mainetti, Giovanni Gualdoni, Leonardo Ortolani, Marcello Cavalli firmano soggetto e sceneggiatura, quest’ ultima scritta anche da  Tommaso Renzoni.

Elf Me, co-prodotto da Lucky Red, Goon Films e Amazon Studios, affiancati da alcuni dei migliori professionisti del settore che hanno contribuito a realizzare un film di grande impatto visivo, sarà il film di Natale disponibile in esclusiva su Prime Video in oltre 240 Paesi e territori nel mondo dal 24 novembre 2023.

https://www.youtube.com/watch?v=HACYjJDpcPs

https://www.youtube.com/watch?v=TvFKPTRpl7M

Lillo Petrolo è Trip, un elfo costruttore anticonvenzionale al servizio di Babbo Natale. I giocattoli a cui dà vita con la magia sono infatti molto particolari e, a volte, un po’ fuori controllo. Un pasticcio più grande del solito lo porta a conoscere Elia (Federico Ielapi), un ragazzino perseguitato dai bulli della scuola e con una madre giocattolaia (Anna Foglietta) i cui affari non vanno per niente bene. L’incontro con Trip cambia le loro vite e grazie a lui il business di giocattoli ha finalmente una svolta positiva. Ma proprio quando le cose sembrano andare per il verso giusto arriva un imprenditore senza scrupoli (Claudio Santamaria) a metter loro i bastoni tra le ruote.

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