Il primo Guardiani
della Galassia è stato fortemente acclamato dalla critica,
che ne ha elogiato il perfetto equilibrio tra azione e umorismo,
oltre naturalmente ai personaggi e all’incredibile colonna sonora.
Il film ha incassato più di 770 milioni di dollari al box office e
ha spinto la Marvel a mettere subito in cantiere
un sequel, dando così il via ad un vero e proprio franchise. Un
terzo capitolo è ora atteso nelle sale per il 2023.
Spielberg è uno dei più grandi
registi viventi, nonché uno dei registi che con i suoi film ha
incassato di più nella storia del cinema, anche grazie alla sua
incredibile capacità di spaziare tra i generi più disparati, pur
essendo maggiormente riconosciuto per le sue storie in grado di
mescolare avventura e fantascienza. Ricevere una tale
manifestazione di stima è perciò un qualcosa dal valore
inestimabile per un cineasta di talento ma con meno anni di
esperienza alle spalle come James Gunn. Con i suoi lavori, Spielberg ha
influenzato un’intera generazione di registi, e Gunn rientra
sicuramente tra questi.
Warner Bros., DC Entertainment e
James Wan hanno trovato il co-protagonista di
Aquaman 2, che si
affiancherà al già confermato Jason Momoa.
Deadline riferisce che Pilou Asbaek, meglio
conosciuto per il ruolo del malvagio Euron Greyjoy in Game of
Thrones, è in trattative per unirsi al cast del prossimo
blockbuster Warner DC. La Warner Bros. non ha commentato la
notizia.
Tutto quello che c’è da sapere su
Aquaman 2
Vi ricordiamo che Jason
Momoa è atteso di nuovo nei panni dell’eroe nel
sequel di Aquaman,
film che ha rilanciato in positivo le sorti dell’universo
cinematografico DC. Diverse fonti fanno sapere che gli studios
vorrebbero riportare James
Wan dietro la macchina da presa
per Aquaman
2 ad una condizione: che sia lui a scegliere il
gruppo di sceneggiatori e a seguire da vicino il processo di
sviluppo.
David Leslie
Johnson-McGoldrick, collaboratore ricorrente
di James
Wan(The Orphan, The Conjuring 2, The
Conjuring 3), scriverà la sceneggiatura del film insieme
a Will Beal, mentre il regista e Peter Safran saranno
co-produttori.
È disponibile un nuovo contenuto
video della serie Marvel StudiosThe Falcon and The Winter Soldier che
mostra il ritorno nel Marvel Cinematic Universe di Ayo e
le Dora Milaje. Nel video,
Anthony Mackie, Sebastian Stan, la regista Kari Skogland,
Florence Kasumba e Wyatt Russell condividono i loro pensieri sui
guerrieri in azione. Il penultimo episodio della serie sarà
disponibile in streaming da domani, venerdì 16 aprile, su Disney+.
Diretta da Kari Skogland con
Malcolm Spellman come capo sceneggiatore, la serie composta da 6
episodi vede protagonisti Anthony Mackie, Sebastian Stan, Daniel
Brühl, Emily VanCamp, Wyatt Russell, Erin Kellyman, Adepero Oduye,
Amy Aquino e Danny Ramirez. The Falcon and The Winter
Soldier è disponibile in streaming su
Disney+.
The Falcon And The Winter Soldier,
la serie tv
The Falcon and The Winter Soldier è la
serie di prossima uscita nel quale
Anthony Mackie e Sebastian Stan riprenderanno i loro
ruoli nei panni del titolo Falcon (alias Sam Wilson) e The Winter
Soldier (alias Bucky Barnes) che sarà diretta da Kari Skogland.
Vi ricordiamo che nel cast di
The Falcon and The Winter Soldier è
previsto anche il ritorno di due volti noti dell’universo
cinematografico, ovvero Emily VanCamp, Sharon Carter in Captain America: The Winter Soldier e
Civil War e Daniel Bruhl, nei panni del Barone Zemo. Per
quanto concerne la serie di The Falcon and The Winter
Soldier, il lancio è fissato in autunno 2020 e
Kari Skogland (The Handmaid’s Tale, Penny
Dreadful, Boardwalk Empire, The Killing, The Walking
Dead, Fear the Walking Dead, Under the Dome, Vikings, The
Americans, House of Cards e The Punisher) dirigerà tutti i sei
episodi.
Probabile, visti gli esiti di
Avengers:
Endgame, che lo show si concentrerà sulla
dinamica del rapporto tra le due figure più vicine a Captain
America (nonché suoi eredi) e sulle imprese dei supereroi per
garantire la sicurezza mondiale.
La malattia è un tema
particolarmente ricorrente nella storia del cinema. Sono infatti
molti i film che la affrontano per spogliarla di ogni paura e
misteriosità. Da Beautiful Mind a Still Alice, questi film
permettono di entrare a contatto con realtà difficili, alle quali
si può però reagire in modi sorprendenti e imparare molto sulla
vita in generale. Tra i film più toccanti degli ultimi anni su
simili tematiche vi è La musica che non ti ho
detto, diretto nel 2011 da Jim
Kohlberg qui alla sua prima regia cinematografica. Scritto
da Gwyn Lurie e Gary Marks,
questo è un toccante racconto tra padre e figlio pronti a
riscoprirsi.
Il film è basato sul saggio The
Last Hippie, presente nella raccolta scientifica An
Anthropologist on Mars: Seven Paradoxical Tales, scritta nel
1995 da Oliver Sacks. All’interno di questa si
raccontano sette casi medici molto particolari, il più dei quali
coinvolge condizioni neurologiche di vario tipo. All’interno di
The Last Hippie si descrive infatti il caso di un uomo
affetto da un tumore cerebrale, che a causa di questo si è
ritrovato privo di una buona parte della propria memoria. Proprio
da qui parte il film di Kohlberg, coniugando memoria, malattia e
intenso rapporto famigliare, per costruire una storia toccante ma
non smielata, capace di emozionare sinceramente.
Sentimentale al punto giusto,
La musica che non ti ho detto è passato in sordina al
momento della sua uscita, ma grazie alla presenza di alcuni celebri
attori, tra cui un premio Oscar, questo è stato negli anni
riscoperto. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà
certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità
relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti
possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama e al cast di attori.
Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
La musica che non ti ho detto: la trama del film
La storia si svolge quasi 20 anni
dopo che il diciottenne Gabriel Sawyer ha lasciato
la casa dei suoi genitori in preda alla rabbia. A spingerlo verso
questa fuga è stato principalmente il sentimento di incomprensione
che avvertiva nei suoi confronti. Per i genitori
Henry e Helen Sawyer la
scomparsa improvvisa del figlio è un duro colpo da affrontare, che
non hanno mai del tutto superato. Contro ogni loro previsione,
vengono un giorno convocati in un ospedale dove scoprono che il
loro unico figlio è brutte condizioni dopo la rimozione di un
tumore benigno al cervello. Gran parte della memoria di Gabriel è
scomparsa. Il ragazzo soffre anche di depressione e a malapena
riesce a muoversi.
Ancora amareggiato dal suo
allontanamento, Henry non vuole però rassegnarsi, e decide di
trovare un modo per aiutare suo figlio. Non potendo fare
affidamento sui ricordi del ragazzo, né su particolari capacità
comunicative, decide allora di rivolgersi alla musicoterapia, una
forma innovativa di trattamento. Con l’aiuto di una terapista
premurosa di nome Dianne Daley e della musica che
Gabriel amava, il genitore spera di sbloccare la memoria di suo
figlio e quindi di riportarlo in vita. Il processo sarà lungo e
faticoso, ma non ci sarà nulla che il padre non sarà disposto a
fare per suo figlio.
La musica che non ti ho detto: il cast del film
Ad interpretare Henry Sawyer, padre
del ragazzo malato, vi è l’attore premio Oscar J. K. Simmons.
All’epoca di girare il figlio egli non aveva ancora ottenuto la
consacrazione conosciuta con Whiplash, ma era comunque
noto per una serie di ruoli da caratterista in film come
Spider-Man o Juno. Dopo aver letto la
sceneggiatura di La musica che non ti ho detto, Simmons si
è dichiarato entusiasta di poter interpretare un ruolo da
protagonista tanto intenso, rimanendo particolarmente emozionato da
ciò che il suo personaggio compie in aiuto del figlio. Accanto a
lui, nei panni di sua moglie Helen vi è invece l’attrice
Cara Seymour, celebre per i suoi ruoli in film
come Il ladro di orchidee, American Psycho e
Hotel Rwanda.
Ad interpretare il figlio privo di
memoria, Gabriel Sawyer, vi è invece l’attore Lou Taylor
Pucci. Oggi noto per alcuni titoli horror come La
casa o la serie American Horror Story, per lui questo
fu uno dei primi ruoli importanti della sua carriera. Egli riuscì a
convincere i produttori ad affidargli la parte, nonostante avesse
dieci anni in meno rispetto all’età del personaggio. Nel film sono
poi presenti Scott Adsit nei panni del dottor
Biscow e James Urbaniak in quelli di Mike Tappin.
Julia Ormond, celebre per serie come Le
streghe dell’East End, Mad Men e The Walking Dead: World
Beyond, è invece presente nei panni della terapista Dianne
Daley.
La musica che non ti ho detto: il
trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire del film grazie
alla sua presenza su una delle più popolari piattaforme streaming
presenti oggi in rete. La musica che non ti ho detto è
infatti disponibile nel catalogo di Infinity. Per
vederlo, basterà sottoscrivere un abbonamento generale alla
piattaforma in questione o noleggiare il singolo film. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. In alternativa, il film è inoltre presente nel palinsesto
televisivo di giovedì 15 aprile alle ore
21:10 sul canale La 5.
La stagione Sky Original
si arricchisce,
a partire dal 23 aprile, di Anna, la nuova
miniserie diretta da Niccolò Ammaniti e da lui
scritta a quattro mani con Francesca Minieri, che
si basa sull’omonimo romanzo di Ammaniti del 2015 ed è il frutto
dello sforzo produttivo di Mario Gianani e
Lorenzo Mieli con Lorenzo
Gangarossa per Wildside, società del
gruppo Fremantle, in coproduzione con ARTE France, The New Life
Company e Kwaï.
Sembra importante
precisare che, sebbene la serie sia ambientata in un mondo
post-pandemico, l’ispirazione non viene dalla contemporaneità, per
quanto la coincidenza di temi risulti comunque inquietante. No, la
pandemia di COVID-19 in corso non ha niente a che vedere con la
storia che Ammaniti ha pubblicato sei anni fa e che è stata dettata
dalla volontà di raccontare di bambini alle prese con l’eredità
degli adulti, lasciati da soli in un mondo che ora è il loro.
Anna è infatti la
protagonista di una storia post-apocalittica in cui tutti gli
adulti sono morti a causa della Rossa, un virus letale che attacca
solo gli adulti, e di cui i bambini sono portatori sani, almeno
fino alla pubertà. La ragazzina vive sola con il fratellino Astor,
in quella che era la casa della madre, racconta storie di mostri e
fantasmi al piccolo, per evitare che si allontani dal perimetro
sicuro della casa e ogni giorni esce in cerca di cibo. In una delle
sue incursioni nel mondo di fuori incontra Pietro, un coetaneo con
cui nasce un’amicizia che permetterà ai due di aiutarsi. Quando
Astor viene rapito, sarà lui ad aiutare Anna a cercare di ritrovare
vivo e vegeto il bambino.
Anna è
una survival story, ci riporta echi di The Walking Dead, per attingere ad un
immaginario comune condiviso recente, ma allo stesso tempo è una
storia di formazione, di passaggio, che vede la protagonista
affrontare le difficoltà metaforiche di un adolescente, qui rese
concrete dal mondo post-apocalittico in cui vive, una Sicilia in
cui la natura si è ripresa i propri spazi, selvaggia e silenziosa,
ma comunque bellissima, sfondo inedito di un’avventura
emozionante.
Ammaniti si cimenta
nella regia di una storia che aveva già concluso e pubblicato, ma
che in qualche modo sentiva la necessità di espandere, regalando ad
ogni personaggio di carta una storia più approfondita, un passato e
un futuro.
Un racconto di formazione
Anna, Astor, Pietro e
tutti gli altri bambini protagonisti della storia si trovano ad
avere a che fare con una vita sicuramente difficile ma per molti
versi anche stimolante, senza nessun controllo da parte di adulti,
eppure con la loro guida costante. In particolare, Anna e Astor
sono guidati dal “libro delle cose importanti”, un quaderno scritto
a mano dalla loro mamma, mentre, già malata di Rossa, aspettava la
morte e cercava di tramandare ai figli alcune regole importanti per
sopravvivere al mondo che sarebbe venuto: leggere sempre le date di
scadenza sui barattoli, annusare o bollire il cibo per assicurarsi
che sia buono da mangiare. Ma non solo, la donna lascia alla
figlia, in particolare, un’eredità molto importante per orientarsi
in questo mondo nuovo, la memoria e il racconto. Le chiede di
insegnare a leggere al fratellino, le chiede lei stessa di leggere
e raccontare storie, così che il loro grande valore universale non
venga mai perso, nonostante la fine del mondo.
È un mondo a orologeria,
quello di Anna, in cui si vive solo fino a 14 anni, e poi basta,
perché la pubertà porta con sé l’attivazione del virus e quindi la
morte. Ma lei non si arrende e osa sognare un futuro, diverso da
quello a cui è destinata, osa sperare, nutrita dall’eredità del
racconto e dalla potenza delle storie che la tengono in vita, in un
mondo post pandemico rigoglioso e selvaggio.
Credits:
Greta De Lazzaris, Sky Italia
I luoghi e i suoni di
Anna
I luoghi della Sicilia
(ma anche alcuni luoghi della Toscana) scelti come scenografie
naturali per la storia ci mostrano davvero un paesaggio mai visto,
una rivincita della natura, in cui per l’essere umano non c’è
spazio, salvo che nella sua forma bambina. Un ambiente affascinante
che si avvale anche di suggestioni musicali importanti, sia per
quanto riguarda i componimenti originali di Rauelsson, sia per gli
inserti di brani molto famosi, dagli Alphaville,
ai Mercury Rev, fino ai classici della canzone
italiana Bertè, Martini, Vanoni.
Tra giovanissimi
esordienti e volti noti del cinema e della tv italiana, Anna si
rivela un vero e proprio tesoro di talenti ed energia. E a guidare
questo giovane cast c’è proprio lei, la newcomer Giulia
Dragotto, palermitana, che è stata scelta tra centinaia di
volti per dare corpo alla protagonista di Ammaniti. Con lei citiamo
anche Alessandro Pecorella nei panni del piccolo e
tenero Astor, Pietro, il compagno di viaggio, una specie di
famiglia acquisita per Anna e Astor, è invece interpretato da
Giovanni Mavilla, mentre la cattivissima Angelica
ha il volto diafano di Clara Tramontano.
Roberta Mattei (la Picciridduna) e Elena
Lietti (la madre di Astor e Anna) si aggiungono come numi
tutelari, figure uguali e contrarie, al cast di ragazzini che ha
regalato alla serie il suo fuoco.
Una volta superato
l’iniziale disorientamento di fronte ad un racconto che sembra
proporci una evoluzione terrificante della contemporaneità che
viviamo, Anna è un’avventura di formazione intensa
e affascinante, condita con una buona dose di azione ed emozione,
in un paesaggio naturale selvaggio e suggestivo. Anna non permette
al passato, alla memoria di scomparire, ma allo stesso tempo non
permette al destino di scegliere per lei, e osa sognare un
futuro.
In seguito alla notizia che
Phoebe Waller-Bridge
sarà la protagonista femminile di Indiana
Jones 5, arriva la conferma che un altro attore di
Serie A si unisce al cast del film Lucafilm: si tratta di Mads Mikkelsen. I dettagli sul personaggio
sono però ancora molto scarsi, così come quelli sulla storia che il
film racconterà.
James Mangold sarà
il regista del film al posto di Steven Spielberg, che invece aveva
diretto tutti gli altri capitoli precedenti della saga. A bordo del
progetto torna invece John Williams, già compositore dell’iconica
colonna sonora che accompagna il personaggio da 40 anni.
“Sono davvero emozionato di
iniziare questa nuova avventura, e collaborare con una squadra dei
sogni formata da grandi filmmaker – ha dichiarato Mangold
– Steven, Harrison, Kathy, Frank e John sono i miei eroi
artistici, quando ci aggiungi anche Phoebe, un’attrice abbagliante,
una voce creativa brillante e la chimica che lei porterà al
progetto senza ombra di dubbio, non posso fare a meno di sentirmi
felice come lo stesso Indiana Jones.”
Ricordiamo che le riprese di
Indiana
Jones 5dovrebbero partire in
primavera. Prima dell’ingaggio di Mangold, la sceneggiatura era
stata affidata a David Koepp, he ha poi lasciato il progetto insieme
a Spielberg. Prima di Koepp, ancheJonathan Kasdan (figlio dello sceneggiatore
de I predatori
dell’arca perduta,Lawrence
Kasdan) aveva messo le mani sullo script. L’uscita nelle sale del
filmè già stata
posticipata diverse volte: inizialmente previsto per il 19 Luglio
2019, il film è stato rinviato prima al 10 Luglio 2020, poi al 9
Luglio 2021 e infine al 29 Luglio 2022.
Indiana Jones è una saga cinematografica
basata sulle avventure dell’immaginario archeologo ideato
da George
Lucas. La saga, con Harrison
Ford nel ruolo di Indiana Jones, è iniziata nel
1981 con la distribuzione del film I predatori dell’arca
perduta. Un prequel intitolato Indiana
Jones e il tempio maledetto è uscito nel 1984, mentre
il sequel Indiana Jones e l’ultima crociata nel
1989. Un quarto film, Indiana Jones e il regno del teschio
di cristallo, è uscito nei cinema nel 2008. I film sono
stati tutti diretti da Steven
Spielberg.
Zooey Deschanel è
ormai un volto noto della TV e del cinema, grazie ad alcuni ruoli
che l’hanno resa celebre raggiungendo un ampio pubblico. Negli anni
si è affermata per la semplicità della sua recitazione e per i suoi
grandi ed espressivi occhi blu, e grazie all’aver partecipato a
progetti di diverso genere ha potuto dimostrare di non essere solo
un’attrice di passaggio.
Ecco 10 cose che non sai di
Zooey Deschanel.
Zooey Deschanel carriera
1. I film.
L’attrice debuta al cinema nel 2000 nel film Quasi famosi,
per poi prendere parte a lungometraggi quali Big Trouble – Una
valigia piena di guai (2002), Elf – Un elfo di nome
Buddy (2003), e Guida galattica per autostoppisti
(2005), grazie al quale ottiene una prima notorietà.
Successivamente è tra i protagonisti di Un ponte per
Terabithia (2007), L’assassinio di Jesse James per mano
del codardo Robert Ford (2007), E venne il giorno (2008), Yes
Man (2008), dove recita al fianco di Jim Carrey, (500) giorni
insieme (2009), che ne consacra definitivamente la
carriera, e Rock the Kasbah (2015). Nel 2020 ha prestato
la sua voce al personaggio di Bridgt in Trolls World Tour
2 ed è apparsa nel video Katy Perry: Not the End of the World
nei panni di Wrong Katy Perry.
2. Le serie TV.
Celebre anche per i suoi ruoli televisivi, l’attrice partecipa a
serie come Weeds (2006-2007), Ritorno al mondo di
Oz (2007) e Bones (2009), prima di trovare ulteriore
fortuna grazie alla serie New Girl,
dove dal 2011 al 2018 ricopre il ruolo della protagonista Jess
Day.
3 Il doppiaggio.
L’attrice è nota anche come doppiatrice, e in particolare è
possibile ascoltare la sua voce nei film d’animazione Surf’s Up
– I re delle onde (2007) e Trolls (2016). Ha inoltre
partecipato al doppiaggio di alcuni episodi della serie animata
I Simpson (2008-2013)
Zooey Deschanel Instagram
4. Ha un proprio account
personale. L’attrice è presente sul social network
Instagram con un proprio profilo verificato, seguito da 5,4 milioni
di persone. All’interno di questo l’attrice è solita condividere
fotografie scattate in momenti di svago, ma non mancano anche foto
promozionali dei progetti a cui prende parte o foto scattate sui
set frequentati.
Zooey Deschanel vita privata
5. E’ sposata.
Dall’agosto del 2014 l’attrice è sentimentalmente legata al
produttore cinematografico Jacob Pechenik. I due si sono in seguito
sposati nel giugno del 2015, e il mese successivo è nata la loro
primogenita. L’attrice, che si era sempre definita agnostica, ha
poi annunciato di essersi convertita all’ebraismo per amore verso
il marito, di religione ebraica, e non per una particolare
vocazione. Nel 2017 nasce il loro secondogenito.
Zooey Deschanel (500) giorni
insieme
6. Indossa sempre qualcosa
di blu. D’accordo con il costumista e lo scenografo del
film, l’attrice ha suggerito di donare al film continui toni di
blu, in modo da poter accentuare il blu dei suoi occhi. In questo
modo si avrebbe avuto ancor di più la sensazione che l’intero mondo
del protagonista interpretato da Joseph Gordon-Levitt fosse un continuo
richiamo alla ragazza.
Zooey Deschanel New Girl
7. Ha girato in anticipo
alcune scene. Verso la fine delle riprese della quarta
stagione l’attrice rimase incinta. Per evitare problemi in seguito,
i produttori decisero di anticipare alcune riprese della quinta
stagione, permettendo così all’attrice di liberarsi per tempo di
eventuali inconvenienti.
8. Aveva una grande sintonia
con Jake Johnson. L’attrice ha dichiarato di aver sempre
trovato facile recitare con il collega Jake
Johnson, tanto che era difficile tenerli separati. I
produttori inizialmente non volevano che tra i due personaggi
nascesse qualcosa, ma dopo aver visto l’ottima risposta di pubblico
a riguardo si convinsero a sfruttare la chimica presente tra i due
attori.
Zooey Deschanel musica
9. Fa parte di un
duo. Nel 2007 l’attrice fonda il duo She & Him insieme al
cantante M. Ward. I due iniziano l’attività componendo alcuni brani
per i film interpretati dall’attrice, e nel 2008 pubblicano il
primo album intitolato Volume One. Oltre a cantare, Zooey suona il
pianoforte e l’ukulele, ed è una grande appassionata di jazz.
Zooey Deschanel età e altezza
10. Zoeey Deschanel è nata a
Los Angeles, in California, Stati Uniti, il 17 gennaio
1980. L’altezza complessiva dell’attrice è di 165 centimetri.
Su Paramount
Network (sul 27 del digitale terrestre, sul canale
27 di Tivùsat anche in HD e sul 158 di Sky in HD), il
brand di ViacomCBS Networks Italia dedicato agli amanti delle
storie e casa delle grandi stelle, in arrivo le nuove puntate della
prima stagione di Yellowstone,
la celebre serie western con la straordinaria partecipazione di
Kevin Costner in prima tv free to air. Venerdì
16 aprile alle 21.10, in onda gli ultimi due episodi della
prima stagione, disponibili anche on-demand su
www.paramountnetwork.it.
Yellowstone
è la serie prodotta da Paramount, scritta a quattro mani dallo
sceneggiatore candidato all’Oscar Taylor Sheridan (Sicario,
Hell or High Water, I Segreti di Wind River) insieme a
John Linson. Oltre a
Kevin Costner, attore, regista e produttore con alle
spalle tantissimi riconoscimenti tra cui premi Oscar, Golden Globe
ed Emmy Award, la serie vanta un cast d’élite tra cui: Luke
Grimes (American Sniper, 50 sfumature di grigio),
Kelly Reilly (L’appartamento spagnolo, Bambole
Russe, Orgoglio e Pregiudizio, Sherlock Holmes), Wes
Bentley(Interstellar), Cole Hauser, Kelsey Asbille,
Brecken Merril, Jefferson White e Gil Birmingham.
John Dutton,
il protagonista interpretato da
Kevin Costner, è il proprietario inarrestabile e
seducente di Yellowstone,
uno dei più importanti ranch americani. John deve difenderlo da
innumerevoli pericoli e nemici: attacchi dei nativi americani e da
impresari edili e politici corrotti. Per farlo, si circonda di
uomini fedeli che per lui darebbero la vita. Una serie dai
molteplici intrecci, che affonda le radici nella storia americana
più profonda e nella sua identità, diventando così un racconto
senza confini. Non solo violenza quindi, la serie acquista tinte
neo-western e thriller per approfondire valori come la
conservazione della memoria, vicende familiari e segreti antichi. E
per dare corpo a questa profondità, anche i personaggi femminili
dimostrano grinta e intelligenza, delle vere e proprie
guerriere.
Negli ultimi due episodi (ottavo e
nono) rispettivamente La disfatta – prima e seconda parte,
Monica non vuole più stare con Kayce. Sarah si finge stagista di
Jamie per scrivere una storia su suo padre, ma Christina sospetta
di lei. Thomas e Dan cercano un accordo per la costruzione di un
casinò che metterà in difficoltà John, il quale incolpa lo sceriffo
per aver incastrato Rip e di conseguenza lui. Successivamente John
nomina suo esecutore testamentario Beth e la incarica di escludere
Jamie. Nel frattempo, Sarah rivela la sua vera identità a Jamie e
vuole scrivere un articolo su John.
Anche quest’anno Sky Cinema è la
casa degli Oscar e in occasione della 93ª edizione degli
Academy Awards, dedica un intero canale
ai film premiati con l’ambita statuetta. Per due settimane,
da sabato 17 a venerdì 30 aprile, Sky
Cinema Collection (canale 303) diventa
Sky Cinema Oscar. Una programmazione speciale con
oltre 100 film – disponibili anche on
demand su Sky e NOW in una collezione dedicata – farà da
cornice all’attesissima Notte degli Oscar 2021,
trasmessa in diretta la notte tra domenica
25 e lunedì 26 aprile, a partire dalle
00:15 fino all’alba su Sky Cinema
Oscar e in streaming su NOW.
Da non perdere la maratona di
domenica 25 aprile, con sei film premiati
nell’edizione 2020. Si comincia alle 10:20 con JUDY, il film biografico su Judy Garland,
interpretata da Renée Zellweger che grazie a questo ruolo ottiene
il suo secondo Oscar. Alle 12:25
PARASITE di Bong Joon-ho, il trionfatore dell’ultima
edizione con quattro Oscar, miglior film, miglior regista, migliore
sceneggiatura originale, miglior film straniero. A seguire, alle
14:40 la rilettura di un classico diretto da Greta Gerwig, PICCOLE DONNE, premiato con l’Oscar per i
costumi e interpretato da Saoirse Ronan, Emma Watson, Laura Dern e
Meryl Streep. Alle 17:00 è la volta della favola nera di Taika
Waititi con Scarlett Johansson e Sam Rockwell JOJO RABBIT, Oscar alla sceneggiatura. Alle
18:55 arriva LE MANS ‘66 – LA GRANDE SFIDA, il
biopic con Christian Bale e Matt Damon, vincitore di due Oscar
(montaggio e montaggio sonoro). E alle 21:30 è il turno di C’ERA UNA VOLTA A… HOLLYWOOD il film campione
d’incassi di Quentin Tarantino, premiato con due Oscar®, per la
miglior scenografia e per il miglior attore non protagonista a Brad
Pitt, che recita al fianco di Leonardo DiCaprio e Margot
Robbie.
A seguire, l’appuntamento più
atteso del canale: la diretta dellaNotte
degli Oscar 2021suSky Cinema
Oscar. Ad accompagnare gli spettatori sarà
Francesco Castelnuovo che dalle 00:15, dagli studi
Sky, commenterà i momenti salienti del red carpet e della Cerimonia
insieme al “Cinemaniaco” Gianni Canova, alla
giornalista di Sky TG24Denise
Negri e altri ospiti.
Tra le altre pellicole premiate
segnaliamo successi recenti come il commovente racconto di
formazione MOONLIGHT – TRE STORIE DI UNA VITA (3
Oscar®); i due film firmati da Damien Chazelle
WHIPLASH (3 Oscar®) e LA LA LAND
(6 Oscar®) con Ryan Gosling e Emma Stone; 12 ANNI
SCHIAVO (3 Oscar®); il miglior film straniero agli Oscar®
2014 LA GRANDE BELLEZZA (versione integrale)
diretto da Paolo Sorrentino e interpretato da Toni Servillo;
THE IRON LADY (2 Oscar®). Tra i grandi classici e
i film che ormai sono entrati nella storia del cinema,
FORREST GUMP (6 Oscar®); BALLA COI
LUPI (7 Oscar®), SCHINDLER’S LIST (7
Oscar®) CASABLANCA (3 Oscar®), TUTTI GLI
UOMINI DEL PRESIDENTE (4 Oscar®) e la commedia a episodi
con Marcello Mastroianni e Sophia Loren IERI, OGGI,
DOMANI (Oscar® per il miglior film straniero).
Nei fumetti Marvel, due personaggi hanno
assunto l’identità di Barone Zemo. Il primo è
stato Heinrich Zemo, un cattivo che Captain America ha affrontato
durante la Seconda Guerra Mondiale. Dopo la sua morte, è entrato in
scena suo figlio, Helmut Zemo, che ha assunto il ruolo ed è
diventato il nemico di Cap per una nuova generazione di
appassionati lettori. Nel MCU, la versione impiegata è
quella, appunto, di Helmut.
Daniel Bruhl ha interpretato per la prima
volta Barone Zemo in Captain
America: Civil War ed è stato responsabile della
trasformazione di Bucky nel Soldato d’Inverno. Si tratta di un
grande cambiamento rispetto ai fumetti (in quel caso, il
responsabile era un russo di nome Aleksander Lukin), ma ha comunque
permesso a Zemo di svolgere un ruolo importante nel MCU. Ma è davvero un villain
“perfetto”?
Screen Rant ha raccolto 5 motivi per cui Barone Zemo è davvero
la quintessenza dell’antagonista e altri 5 per cui non lo è:
I recenti conflitti del Soldato d’Inverno
Nel MCU è stato il Barone Zemo a
trasformare Bucky Barnes in un assassino privo di emozioni agli
occhi del pubblico. Inoltre, è stato sempre Zemo ad incastrare
Bucky per l’assassinio del padre di Black Panther.
Dopo l’attacco alle Nazioni Unite,
alla fine Zemo è stato arrestato e tenuto prigioniero dal governo
degli Stati Uniti. Ha fatto davvero tante cose cattive a Bucky.
Tuttavia, il Soldato d’Inverno non ha mai avuto la sua vendetta
personale.
Un ruolo non così memorabile
Il Barone Zemo è stato
responsabile di tutti i problemi al centro di Captain
America: Civil War. Ha devastato Wakanda
provocando la morte del suo re. È stato lui a tirare le fila del
Winter Soldier per così tanto tempo e ha quasi spinto Iron Man a
commettere un omicidio. Inoltre, ha quasi distrutto i
Vendicatori.
Eppure, alla fine, è stato il
personaggio meno memorabile dell’intero film dedicato alla Guerra
Civile. Per un cattivo iconico qual è il Barone Zemo nei fumetti,
il MCU non gli ha reso giustizia nella
sua prima (e ad oggi unica) apparizione cinematografica. Alla fine,
molti potrebbero anche non ricordarsi di lui…
Il tipico cattivo dei fumetti
Il Barone Zemo è in
circolazione da molto tempo nei fumetti Marvel e The Falcon and the Winter Soldier ci ha mostrato il
personaggio per la prima volta con la famigerata maschera.
L’originale Heinrich Zemo è apparso per la prima volta nel 1964 in
“Avengers #4” di Stan Lee e Jack Kirby.
Questo è stato anche lo stesso
fumetto in cui Captain America ha fatto la sua prima apparizione
Marvel. Helmet Zemo, invece, ha
fatto la sua prima apparizione in “Captain America #168” del 1973
di Roy Thomas, Tony Isabella e Sal Buscema. Con una tale storia,
merita di ottenere il suo grande momento nel MCU.
Un governo pericoloso
Con il coinvolgimento del
Barone Zemo e l’introduzione di Madripoor, The Falcon and the Winter Soldier ha gettato
molto benzina sul fuoco, al di là della storyline relativa a Sam
Wilson e al suo conflitto in merito all’eredità dello scudo di
Cap.
Visto che all’inizio della serie Sam
lavora con il governo e visto il governo stesso ha scelto il nuovo
Cap, sembra proprio che gli accordi di Sokovia siano ancora in
vigore. Ciò significa che, nonostante abbia salvato l’intero
pianeta da Thanos, il governo vuole ancora il controllo sui propri
eroi. Se Thaddeus Ross fosse ancora in carica, questo sarebbe di
sicuro un governo di cui le persone non potrebbero fidarsi. A
livello narrativo, sarebbe una svolta decisamente interessante, più
della rivelazione che dietro
Power Broker potrebbe nascondersi lo stesso Zemo.
L’infiltrazione dell’Hydra
Anche se il governo degli
Stati Uniti sta pianificando di rendere le cose problematiche per
Sam Wilson e Bucky Barnes, la verità è che il MCU ha già dimostrato che non ci si
può fidare dell’Hydra, dal momento che si è infiltrata
nell’organizzazione dello SHIELD. Inoltre, è chiaro da WandaVision che neanche lo SWORD è un’organizzazione
dagli intenti nobili.
C’erano persino agenti dell’Hydra
alla Casa Bianca. Il Barone Zemo è il volto dell’Hydra nei fumetti
Marvel, e riportarlo nella mischia
ha ricordato a tutti che l’Hydra era al comando una volta e che
potrebbe ancora avere uomini che agiscono nell’ombra.
La battaglia per lo scudo
La battaglia per lo scudo è
chiaramente la parte più importante, il vero cuore pulsante di
The Falcon and the Winter Soldier. La vera battaglia nella
serie è tra John Walker e Sam Wilson: chi merita di assumere il
ruolo di nuovo Captain America? Inevitabilmente, quesrto
sacrificherà il ruolo del Barone Zemo nella serie.
È un peccato, poiché si tratta di un
grande nome nei fumetti che non dovrebbe essere impiegato come
semplice aggiunta a sostegno della storyline principale. Vedremo
cosa accadrà negli ultimi due episodi…
Un boss di medio livello
Anche se il Barone Zemo ha causato molti problemi nei fumetti
Marvel ed è stato in giro per quasi
50 anni, la sua prima apparizione in Captain
America: Civil War non lo ha reso in realtà il
personaggio importante qual è.
L’iconica maschera viola apparsa nella serie è stato un grande
momento per tutti i fan dei fumetti. Tuttavia, il MCU dovrà fare molto di più per
renderlo degno del suo titolo nei fumetti. Ad ogni modo, il ruolo
da boss di medio livello che il personaggio ha nelle serie (almeno
fino ad ora) forse potrà essere deludente per chi ha letto i
fumetti, ma ha senso per coloro che invece hanno solo visto i
film.
I Flag-Smashers
La presenza dei
Flag-Smashers all’interno di
The Falcon and the Winter Soldier ha contribuito a rendere
ancora più vivido l’aspetto politico della serie. Si tratta di
un’aggiunta perfetta alla storia di Zemo, con Madripoor in costante
stato di agitazione a causa delle discussioni politiche che hanno
rovinato amicizie e famiglie.
Tuttavia, polarizzare metà del
pubblico trattando argomenti del genere potrebbe essere
controproducente. Vedremo quali risvolti ci saranno a livello
narrativo negli ultimi due episodi della serie…
L’ascesa dei Thunderbolts
C’è una possibilità che il
ritorno del Barone Zemo possa portare a qualcosa di molto più
grande. I Thunderbolts sono un gruppo di supereoi composto
da ex supercriminali. Il team originale ha sempre lavorato per il
Barone Zemo. Se il ritorno di Zemo in
The Falcon and the Winter Soldier porterà davvero
all’introduzione dei Thunderbolts nel MCU, allora ne sarà valsa davvero
la pena.
Un’attesa troppo lunga
Daniel Bruhl è un grande
attore e si merita una possibilità di brillare nei panni del Barone
Zemo. Il problema è che Captain
America: Civil War è uscito cinque anni fa.
Non si tratta di un periodo eccessivamente lungo, ma è anche vero
che da allora sono stati distribuiti altri 10 film del MCU, incluso il dittico dedicato
allo scontro con il temibile Thanos.
La domanda sorge dunque spontanea: a
qualcuno importa davvero del ritorno di Zemo in
The Falcon and the Winter Soldier? La risposta è
sì, ma è anche vero che la maggior parte dei fan si aspetta che il
suo coinvolgimento porterà a qualcosa di molto più grande.
È stato attribuito al regista,
attore e sceneggiatore Roberto Benigni il Leone
d’oro alla carriera della 78. Mostra Internazionale d’Arte
Cinematografica di Venezia (1 settembre – 11 settembre 2021). La
decisione è stata presa dal Cda della Biennale di Venezia, che ha
fatto propria la proposta del Direttore della Mostra Alberto
Barbera.
Roberto Benigni, nell’accettare la proposta dichiara: “Il
mio cuore è colmo di gioia e gratitudine. È un onore immenso
ricevere un così alto riconoscimento verso il mio lavoro dalla
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia”.
A proposito di questo riconoscimento, il Direttore Alberto
Barbera dichiara: “Sin dai suoi esordi, avvenuti all’insegna di
una ventata innovatrice e irrispettosa di regole e tradizioni,
Roberto Benigni si è imposto nel panorama dello spettacolo italiano
come una figura di riferimento, senza precedenti e senza eguali.
Alternando le sue apparizioni su palcoscenici teatrali, set
cinematografici e studi televisivi con risultati di volta in
volta sorprendenti, si è imposto in tutti in virtù della sua
esuberanza e irruenza, della generosità con cui si concede al
pubblico e della gioiosità appassionata che costituisce la cifra
forse più originale delle sue creazioni. Con ammirevole eclettismo,
senza mai rinunciare a essere se stesso, è passato dal vestire i
panni dell’attore comico tra i più straordinari della pur ricca
galleria di interpreti italiani, a quelli di regista memorabile in
grado di realizzare film di enorme impatto popolare, per
trasformarsi da ultimo nel più apprezzato interprete e divulgatore
della ‘Divina Commedia’ dantesca. Pochi artisti hanno saputo come
lui fondere la sua comicità esplosiva, spesso accompagnata da una
satira dissacrante, a mirabili doti d’interprete – al servizio di
grandi registi come Federico Fellini, Matteo Garrone e Jim Jarmusch
– nonché di avvincente e raffinato esegeta letterario”.
Quando, all’apice della sua
carriera come attrice, Brigitte Bardot, star internazionale del
cinema e bellezza ammirata globalmente, decise di abbandonare tutto
per dedicarsi alla causa animalista rimasero tutti sotto shock. La
Bardot, sempre una personalità controversa, per la prima volta
racconta con una sua inedita ed esclusiva testimonianza tracciando
con i suoi ricordi e immagini d’archivio un ritratto intimo:
Brigitte Bardon, Eterna Ribelle, è il documentario
in prima visione il 16 aprile alle 21.15 su
Sky Arte (canali 120 e 400 di Sky) e in
streaming su NOW, dove si ripercorrono l’abbandono di fama
e carriera in favore di un impegno profondo e di una dedizione
infinita per la protezione degli animali.
Brigitte Bardon, Eterna Ribelle, la trama
Nel 1973, a 39 anni, Brigitte
Bardot si trova sul set, quando dichiara che quello sarà il suo
ultimo lavoro come attrice, ha capito che quello non è un mestiere
che vuole continuare e che vuole dedicare tutto il suo tempo a una
causa che le sta più a cuore. Questa notizia sconvolse l’opinione
pubblica poiché nessuno sospettava che gli animali fossero il suo
più grande amore. La Bardot era la bellezza simbolo degli anni
della rivoluzione sessuale: un grande spirito libero, provocante ma
con occhi da cerbiatto capaci di stregare chiunque. Nata in una
famiglia benestante parigina la sua vita privata è stata tutt’altro
che convenzionale: si è sposata molteplici volte, ha avuto
chiacchierate avventure con i più famosi playboy dell’epoca, era
una figura talmente conturbante che chiunque la conobbe se ne
innamorò subito. Era l’incarnazione femminile dello spirito di quel
tempo.
Amante sincera di ogni specie
diventa tra le prime attiviste donne al sostegno di associazioni
animaliste. Il documentario racconta questo percorso, dalla
creazione della sua fondazione, al riconoscimento di questa da
parte dello Stato francese, sino ai giorni d’oggi. È la stessa
Brigitte Bardot che spiega, al pubblico che si è lasciata alle
spalle, le sue motivazioni, le sue aspirazioni e il suo impegno
costante per gli animali, in un’intervista sincera e diretta che
rivela l’intimo viaggio di una donna che è riuscita a diventare
simbolo del movimento ed è stata un pioniere della protezione
animali.
La WB ha pubblicato in esclusiva sul
canale youtube i primi dieci minuti di Locked
Down, il film diretto da Doug Liman
(The Bourne Identity, Mr. And Mrs. Smith) con protagonisti
Anne
Hathaway(Les Misérables,
Il Diavolo veste Prada, Le Streghe) e
Chiwetel Ejiofor,(12 anni
Schiavo, Doctor Strange), arriva in Italia
in esclusiva digitale da venerdì 16 aprile,
disponibile per l’acquisto e il noleggio premium
su Apple Tv app, Amazon Prime Video, Youtube, Google Play,
TIMVISION, Chili, Rakuten TV, PlayStation Store, Microsoft Film &
TV e per il noleggio premium su Sky Primafila e
Infinity.
In occasione dell’arrivo in Italia
della pellicola, diretta da Doug Liman (The Bourne
Identity, Mr. And Mrs. Smith), sul canale Youtube ufficiale di
Warner Bros. Italia sono già disponibili 10 minuti in anteprima
del film
In Locked
Down Proprio quando decidono di separarsi, Linda (Anne
Hathaway) e Paxton (Chiwetel Ejiofor) si ritrovano nel bel mezzo
della pandemia Covid-19, costretti a vivere insieme nella loro casa
londinese, a causa del lockdown obbligatorio. Sorprendentemente,
anche se non riescono ad andare d’accordo su nulla, i due trovano
una tregua quando Paxton viene assunto dall’azienda di Linda per
consegnare delle pietre preziose. In isolamento domestico a causa
del lockdown in tutto il Paese, dovendo quindi affrontare emozioni
e interazioni che avrebbero preferito evitare, vivendo le proprie
vite fuori casa, le cose raggiungono un crescendo che culminerà in
una rapina epocale da Harrods.
Uno dei pochi film ad essere stato
concepito, scritto, girato, finito e distribuito durante la
pandemia, Locked
Down è una commedia romantica con una “svolta”.
La dualità del titolo stesso gioca con la situazione in cui molti
di noi si trovano in questo momento: rinchiusi fisicamente in
un’abitazione con partner, familiari, coinquilini, ma anche
emotivamente e mentalmente bloccati in situazioni che ora siamo
costretti ad affrontare in modi che non avremmo mai immaginato. C’è
chi ha iniziato a cuocere il pane, chi si dedica al proprio lavoro,
mentre altri fanno entrambe le cose – e pianificano una rapina di
gioielli.
Scritto da Steven Knight e prodotto
da P.J. van Sandwijk, p.g.a, Alison Winter, p.g.a, Michael Lesslie,
il cast del film vede Anne Hathaway e Chiwetel Ejiofor, affiancati
da Stephen Merchant, Mindy Kaling, Lucy Boynton, Dule Hill, Jazmyn
Simon, con Ben Stiller e Ben Kingsley.
Mortal
Kombat uscirà nelle sale americane e su HBO Max alla
fine di questo mese, ma la stampa internazionale ha già avuto modo
di vedere l’attesissimo riavvio cinematografico del celebre
videogioco: di conseguenza, è arrivata online la prima ondata di
recensioni.
Dalla maggior parte dei critici il
film è stato accolto in maniera positiva: a ricevere il maggior
numero di elogi sono state le sequenze di combattimento, gli
effetti speciali e la dedizione che il team ha riservato nel
portare la brutale violenza e le sferzate di sangue tipiche del
gioco originale sul grande schermo.
Tuttavia, la storia in generale e lo
sviluppo narrativo di alcuni personaggi sono stati oggetti di
alcuni pareri contrastanti, ma in generale pare che i fan di MK
resteranno molto soddisfatti da questo nuovo adattamento. Di
seguito una serie di estratti da alcune delle recensioni emerse
online raccolti da
Screen Rant:
Mufaddal Fakhruddin su IGN Middle East
scrive: “Se sei un fan di Mortal Kombat, ti divertirai un mondo
poiché riuscirai a colmare le lacune grazie alla tua conoscenza
della serie videoludica e ti godrai la violenza. Ma per lo
spettatore medio, ci saranno poche ragioni per preoccuparsi della
posta in gioco. In definitiva, questo è ciò a cui si riduce il
Mortal Kombat del 2021: un solido adattamento di videogiochi pieno
di fan service per i gamer (aspettatevi un accenno al sequel nel
finale) e un decente film d’azione per tutti gli altri.”
Kervyn Cloete, Critical Hit:
“Sono uscito dal cinema completamente intrattenuto, ma anche
curioso nei confronti del prossimo capitolo, che viene
preannunciato nei momenti finale. Con un budget di soli 50 milioni
di dollari, il film non avrà problemi ad andare in pareggio. Un
sequel è quindi garantito. Speriamo che il franchise non sia
vittima di nessuna fatalità.”
James Marsh, South China Morning
Post: “Un adattamento da videogiochi allegramente violento.
Di sicuro non si tratta di un dramma con personaggi complessi o
sfaccettati. Mortal Kombat non è un film per palati fini o
esigenti. Per chi invece saprà apprezzare… è il film che fa al caso
vostro!”
A’bidah Zaid, Geek Culture: “Essendo
un film basato su un videogioco molto popolare, Mortal Kombat porta
sullo schermo con una certa efficacia l’universo originale. C’è
cura e attenzione ai dettagli. La caratterizzazione dei personaggi
è molto fedele a quella presente nei giochi. I costumi e gli stili
di combattimento sono molto vicini all’originale. Le immagini, il
sonoro, l’azione, la violenza… il film è tutto ciò che i fan
aspettano di vedere dall’adattamento del 1995.”
Sergio Pereira, Fortress: “Ci
sono alcuni problemi di ritmo e manca un vero sviluppo dei
personaggi. Il montaggio è strano, di sicuro non è stata un’impresa
facile. Eppure, il film riesce nel suo intento e alla fine vince. A
volte abbiamo semplicemente bisogno di un film in cui c’è un
personaggio che congela il sangue del suo nemico e lo usa per
pugnalarlo.”
Husain Rizvi, Khaleej Times:
“La trama principale tende ad indebolirsi durante il corso del
film. Tuttavia, le fatality, l’interpretazione di Lawson e l’inizio
di una nuova promettente era per il franchise rendeono l’esperienza
Mortal Kombat degna di essere vissuta.”
Bryan Tan, Yahoo! News
Singapore: “I fan saranno felici di sapere che si tratta di
un aggiornamento molto significativo rispetto al film del 1997, che
forse ha fatto ricorso a Word Art di Microsoft Word per le
grafiche. Dai personaggi del film, i fan potranno aspettarsi le
battute e le mosse iconiche presenti anche nel
videogame.”
La sinossi ufficiale di Mortal Kombat
In Mortal
Kombat, il campione di MMA Cole Young, abituato a
farsi picchiare per soldi, è ignaro della sua eredità—e anche del
perché l’Imperatore dell’Outworld Shang Tsung abbia mandato il suo
guerriero migliore, Sub-Zero, e altri Cryomancer ultraterreni, per
dargli la caccia. Preoccupato per la sicurezza della sua
famiglia, Cole parte alla ricerca di Sonya Blade responsabile della
Jax, Maggiore delle Forze Speciali che porta anche lei sulla pelle
lo stesso marchio del drago con cui Cole è nato. Molto
presto, si ritrova nel tempio di Lord Raiden, Antico Dio e
Protettore di Earthrealm, che assicura riparo a tutti coloro che
portano un marchio come il suo.
Qui, Cole si allena con guerrieri
esperti come Liu Kang, Kung Lao e l’implacabile mercenario Kano,
preparandosi a combattere con i più grandi campioni della Terra,
contro i nemici dell’Outworld, in una battaglia in cui è in gioco
il destino dell’universo. Riuscirà Cole ad essere abbastanza
motivato da scatenare il suo arcana—l’immenso potere
custodito nella sua anima—in tempo non solo per salvare la sua
famiglia, ma anche per sconfiggere Outworld una volta per
tutte?
Disponibile su Netflix,
Thunder Force è una commedia supereroistica con
Melissa McCarthy e Octavia Spencer protagoniste, quinta
collaborazione tra Ben Falcone, regista e
sceneggiatore del film, e la moglie McCarthy. Il film parte da
premesse interessanti, che avrebbero potuto far svettare il film in
chiave di regia, purtroppo non sviluppate però adeguatamente:
commedia, action e fantascienza tentano di compenetrarsi, in una
pellicola che non risulta altro che un pastiche di stilemi e
stereotipi di genere mischiati confusamente, in cui alcuni momenti
ben riusciti non riescono a sopperire al poco slancio del
prodotto.
Thunder Force: la trama
Nel 1983 un raggio cosmico colpisce
la Terra, mutando il dna di alcuni soggetti predisposti alla
sociopatia, i Miscredenti, donandogli alcune capacità
straordinarie. I genitori di EmilyStanton (Octavia
Spencer), genetisti di Chicago specializzati nella
ricerca sulla mutazione, vengono uccisi e così la giovane ambiziosa
e determinata decide di impegnarsi nello studio e nella ricerca con
un solo obiettivo: riuscire a sconfiggere i Miscredenti. A scuola
fa la conoscenza di Lydia (Melissa
McCarthy), con cui stringe una profonda amicizia. Il
legame tra le due cresce sempre di più fino al momento in cui
dovranno prendere decisioni importanti una volta divenute grandi,
motivo per cui si allontaneranno. Gli anni passano e Lydia,
sentendo la mancanza del legame più solido e autentico della sua
vita, decide di mettersi di nuovo sulle tracce di Emily, ormai
donna in carriera, ancora impegnata nella ricerca di un metodo per
poter sconfiggere i Miscredenti. In circostanze divertenti
inaspettate, finirà nel laboratorio di Emily, dove le verrà
iniettato involontariamente il siero della super forza, a cui
l’amica stava lavorando da tempo. A quel punto Emily prende la
seconda formula, quella dell’invisibilità, e insieme decidono di
formare le Thunder Force, un team privato contro i criminali della
città.
Thunder Force: ritmi comici non
gestiti in maniera ottimale
Il film si configura come una
commedia legata al filone dei supereroi, con la differenza che al
timone della narrazione abbiamo un duo tutto al femminile,
impegnate in prima linea nello studio, allenamento e messa in atto
dei loro poteri. La scelta di incentrare la storia su un eccentrico
duo di eroine è un aspetto positivo della sceneggiatura di Falcone,
oltretutto se aggiunto al fatto che le protagoniste sono lontane
dallo stereotipo femminile di donna impeccabile e ineccepibile.
Emily è determinata, ambiziosa , e si affermerà come una donna in
carriera, lottando per raggiungere i propri obiettivi. Lydia è più
schietta, a tratti burbera, ma piuttosto divertente e dal carattere
esuberante. Le due personalità ci vengono quindi rappresentate
pressochè agli antipodi, peccato che questa interessante dinamica
vada quasi totalmente a spegnersi nelle situazioni comiche, non
sposandosi appieno col messaggio che Ben Falcone avrebbe potuto
rendere centrale nella narrazione.
Gli scambi di dialogo, con svariati
riferimenti alla pop culture, offrono momenti esilaranti e
irriverenti, ma sono pochi quelli ben riusciti. La storia si
sviluppa in maniera piuttosto lineare e si avverte la mancanza di
colpi di scena che avrebbero potuto aggiungere un tocco di
imprevedibilità alla narrazione e aumentare il livello di tensione
associato alla posta in gioco dei personaggi.
Per quanto riguarda le dinamiche
che si instaurano tra le protagoniste, Falcone sembra intraprendere
un percorso battuto più e più volte, che si basa sulla
contrapposizione tra persona ordinaria e supereroe. Lo stereotipo
di genere sarebbe riuscito ad ergersi a prodotto originale e
umoristico, se i tempi comici fossero stati gestiti diversamente.
La chimica fra le due attrici non è incendiaria quanto il titolo
del film vorrebbe sottolineare: Octavia Spencer è costretta in un ruolo quasi
di secondo piano e alla McCarthy spetta il compito di reggere sulle
proprie spalle l’intero spalle, ma non è abbastanza. Le sequenze
con Jason Bateman sono forse le uniche esilaranti,
piene di verve e dell’intesa vincente per poter divertire lo
spettatore. Nonostante ciò, i personaggi risultano essere piuttosto
bidimensionali, senza alcuna incisiva profondità o ambiguità morale
che possa sollevare riflessioni o quesiti nello spettatore, creando
una vera e propria opposizione.
Thunder Force non riesce ad essere
più che una visione d’intrattenimento
Visivamente la pellicola cattura lo
spettatore, con alcuni effetti speciali discretamente resi sullo
schermo, pur senza una notevole originalità in sede di regia.
Thunder Force è l’ideale per una visione in
famiglia, ma non riesce a spingersi più in là di mero prodotto di
intrattenimento targato Netflix. Non c’è sinergia tra gli elementi tecnici e
narrativi alla base del film, nessun punto fermo che faccia sì che
questa alleanza tutta al femminile si distingua per coinvolgimento
e incisività. Quello che ci rimane a fine visione sono le troppe
gag comiche, che cercano di ritmare il racconto, ma risultano
ridondanti, difficili da gestire. La MacCarthy si distingue
senz’altro come attrice comica, eppure i suoi momenti comici
risultano a volte quasi di troppo, nel loro voler sfociare quasi
continuamente nell’assurdo.
Thunder Force
avrebbe avuto tutte le premesse per essere classificato come buon
film, sia da un punto di vista narrativo che di casting e
performance attoriali, eppure inciampa nella rete degli stereotipi
ancorati al genere delle narrazioni a tema supereroi; l’idea della
coppia di eroine inaspettate e indipendenti viene ridicolizzata,
scegliendo di ridurre il focus all’elemento puramente comico. Siamo
quindi di fronte a un film che deve essere considerata una commedia
leggera e godibile senza troppe pretese, leggera senza pretese, che
lascia però un po’ di disappunto rispetto alle potenzialità che il
film presenta e che non sono state sfruttate a dovere.
La serie drammatica Warrior arriverà
su HBO
Max per la sua terza stagione, ad annunciarlo è stato
Casey Bloys, Chief Content Officer, HBO e HBO Max.
Warrior 3 arriverà su HBO Max
negli USA.
Warrior 3 è stato creato ed è
prodotto da Jonathan Tropper (“Banshee”) per Tropper Ink
Productions, prodotto da Justin Lin (regista di “Star Trek Beyond”
e “Fast & Furious 9”) per Perfect Storm Entertainment, e produttore
esecutivo di Shannon Lee per Bruce Lee Entertainment.
Warrior 3: quando esce e dove
vederla in streaming
Warrior 3 uscirà nel 2022 negli USA
su HBO
Max. In Italia Warrior 3 andrà in onda su SKY. Warrior
3 in streaming sarà disponibile su NOW.
Warrior 3: la trama e il cast
Warrior
è un dramma poliziesco crudo e pieno d’azione ambientato durante le
brutali Tong Wars nella Chinatown di San Francisco alla fine del
XIX secolo e basato sugli scritti della leggenda delle arti
marziali Bruce Lee, le prime due stagioni, presentate in anteprima
su Cinemax, sono ora streaming su HBO Max tramite piattaforme
HBO.
In Warrior 3
ritorneranno Andrew Koji, Kieran Bew, Celine Buckens,
Olivia Cheng, Dianne Doan, Dean Jagger, Langley Kirkwood,
Maria-Elena Laas, Hoon Lee, Christian McKay, Dustin Nguyen (ha
anche diretto l’episodio 6), Miranda Raison, Chen Tang, Joe Taslim,
Jason Tobin, Joanna Vanderham, Tom Weston-Jones e Perry
Yung.
Casey Bloys, Chief Content Officer,
HBO e HBO Max citano: Warrior
ha introdotto gli spettatori in un mondo distinto del passato,
interpretato con azione dinamica e narrazione pertinente, con un
cast brillante guidato da Andrew Koji. Non vediamo l’ora di vedere
cosa porteranno Jonathan, Justin e Shannon nel prossimo capitolo di
questa serie su HBO Max “.
Shannon Lee, produttore esecutivo,
citazione di Bruce Lee Entertainment: “Justin, Jonathan e io siamo
rimasti entusiasti quando Warrior è stato messo su piattaforme HBO
per essere scoperto da una nuova legione di fan. Ora siamo
entusiasti e grati per l’opportunità di fare un’altra stagione, e
plaudiamo a HBO Max per aver compreso l’importanza di raccontare
questa storia e per continuare a supportare questo livello di
rappresentanza nel nostro settore. So solo che mio padre sta
sorridendo in questo momento nel vedere questo spettacolo che ha
sognato tanto tempo fa, continuando a battere le
probabilità. Abbiamo tutte le intenzioni di offrire lo stesso
alto livello di narrazione significativa e azione di Gung Fu nella
stagione 3! “
La serie è tornata per la sua
seconda
stagione di dieci episodi il 2 ottobre 2020 su
Cinemax. Salutata come “la serie d’azione più sottovalutata
del secolo” da Inverse, Vanity Fair l’ha definita una “cavalcata
affascinante e adrenalinica” che “infonde vita vivida agli aspetti
del passato americano” e The Ringer l’ha evidenziata come una
“corsa suprema “Serie con” sequenze di combattimento coreografate
in modo impressionante “.
Crediti: la seconda
stagione di Warrior è
stata prodotta per Cinemax da Perfect Storm Entertainment, Tropper
Ink Productions e Bruce Lee Entertainment; creato e prodotto
da Jonathan Tropper. Justin Lin, Danielle Woodrow e Andrew
Schneider sono stati i produttori esecutivi per conto di Perfect
Storm Entertainment. Shannon Lee è stato produttore esecutivo
di Bruce Lee Entertainment. Prodotto esecutivo da Brad Kane e
Richard Sharkey. Co-produttore esecutivo di Kenneth Lin, Evan
Endicott e Josh Stoddard.
Nella giornata di ieri è arrivato il
nuovo trailer ufficiale di Fast
and Furious 9, l’atteso nuovo capitolo della celebre
saga adrenalinica con protagonista Vin
Diesel, che arriverà nelle sale americane a giugno e
in quelle italiane quest’estate (una data ufficiale non è stata
ancora confermata).
Il nono capitolo sarà diretto da
Justin Lin, veterano del franchise che in passato
aveva già diretto numerosi episodi della saga. Il trailer diffuso
ieri ha confermato che alcuni membri dell’equipaggio di Dom Toretto
– nel trailer vediamo Tej (Ludacris) e Roman
(Tyrese Gibson) – riusciranno a volare grazie a
delle macchine concepite come veri e propri veicoli spaziali. In
una recente intervista con
THR, è stato proprio Lin a spiegare di essersi rivolto a dei
veri scienziati quando ha avuto l’idea di inserire nel film le
macchine volanti.
“Sono andato a trovare Vin, ci
siamo guardati negli occhi e abbiamo detto: ‘Va bene, è arrivato il
momento, ce lo siamo guadagnati’.”, ha spiegato il regista.
“Una volta che ci siamo presi l’impegno, ho telefonato ad un
sacco di scienziati missilistici che erano parecchio confuso dalla
nostra idea. Abbiamo dato vita ad una serie di conversazioni molto
divertenti.”
Poi ha aggiunto: “Ho parlato con
diversi scienziati per imparare a conoscere il carburante e la
fisica. Dall’altra parte continuavano a dire: ‘Aspetta, cosa? È
questo ciò che vorresti davvero fare? Lo adoro!’. Ad ogni modo, non
pensate di aver già visto tutto. Nonostante i primi due trailer
diffusi ad oggi siamo molto lunghi, ci sono ancora tante cose che
non abbiamo condiviso con voi.”
Il cast di Fast and Furious 9 e il capitolo finale della
saga
L’attrice Yvette Nicole
Brown ha rivelato che non sapeva di essere in Avengers:
Endgame, il cinecomic campione d’incassi dei Marvel Studios, diretto da Anthony e
Joe Russo uscito nel 2019.
Prima di entrare a far parte della
grande famiglia Marvel, i fratelli Russo erano
conosciuti per aver lavorato a celebri serie tv quali Arrested
Development e Community. I Russo non hanno mai
dimenticato le loro radici, e spesso hanno coinvolto nei loro
progetti Marvel numerosi attori del piccolo
schermo con i quali avevano lavorato in passato.
È il caso di Yvette Nicole
Brown, che proprio nella serie Community aveva il
ruolo di Shirley Bennett. L’attrice statunitense è apparsa
brevemente in Avengers:
Endgame interpretando una dipendente dello SHIELD
durante gli anni ’70 che scopre Steve Rogers (Chris
Evans) e Tony Stark (Robert
Downey Jr.) sotto copertura.
Ora, in una recente intervista con
ComicBook, è stata proprio Brown ha rivelare di non essersi mai
resa conto di aver preso effettivamente parte al cinecomic dei
Russo. L’attrice ha spiegato che durante le riprese credeva che la
scena sarebbe finita in Avengers:
Infinity War: soltanto dopo aver
visto Endgame ha
realizzato per quale film aveva in realtà girato il suo cameo.
“Non avrei dovuto dire a nessuno del
mio cameo, quindi ho mantenuto il segreto per circa due anni”, ha
spiegato Yvette Nicole Brown. “Abbiamo girato
la scena nel 2017, ma il film è uscito soltanto nel 2019. Stavano
girando Infinity War e Endgame contemporaneamente. Quando ho girato
la mia scena, sapevo che erano in corso le riprese del primo,
quindi ho pensato che sarei finita in Infinity War. Infatti, quando
è uscito il film e ho visto che non c’ero, ho pensato che era stata
comunque una bellissima esperienza e che avevo avuto modo di
lavorare con Chris e Robert. Ho pensato: ‘Non ha funzionato, ma va
bene lo stesso’. Quando poi ho visto Endgame insieme ai miei amici,
è arrivata la mia scena e ho pensato: ‘Ci sono!’. Era visibilmente
scioccata, come tutti gli altri. Abbiamo urlato.”
Avengers:
Endgame è arrivato nelle nostre sale il 24 aprile
2019, diventando il maggior incasso nella storia del cinema. Nel
cast del film – tra gli altri – figurano Robert
Downey Jr., Chris
Evans, Mark
Ruffalo, Chris
Hemsworth e Scarlett
Johansson. Dopo gli eventi devastanti di Avengers:
Infinity War, l’universo è in rovina a causa
degli sforzi del Titano Pazzo, Thanos. Con l’aiuto degli alleati
rimasti in vita dopo lo schiocco, i Vendicatori dovranno riunirsi
ancora una volta per annullare le azioni del villain e ripristinare
l’ordine nell’universo una volta per tutte, indipendentemente dalle
conseguenze che potrebbero esserci.
Akiva Goldsman, il
produttore de La torre
nera, ha confessato di aver numerosi rimpianti in
merito all’adattamento cinematografico dell’omonima serie di
romanzi ad opera di Stephen King, interpretato da Idris Elba al fianco del premio Oscar Matthew McConaughey.
Il film diretto da Nikolaj
Arcel e prodotto da Ron Howard avrebbe dovuto dare vita ad un
nuovo franchise cinematografico, ma a causa delle critiche
negative, alla fine Sony Pictures ha deciso di rivedere i suoi
piani. Nonostante abbia incassato 113 milioni di dollari al box
office mondiale, a fronte di un budget di soli 66 milioni, La torre
nera è stato ampiamente criticato per aver cercato di
comprimere il complesso universo creato da King nella saga
letteraria (composta da 8 romanzi) in un unico film.
Ora, in una recente intervista con
THR, il produttore e sceneggiatore Akiva
Goldsman (premio Oscar per
A Beautiful Mind) ha ammesso di essersi pentito per come
sono andate a finire le cose con La torre
nera. Goldsman avrebbe dovuto supervisionare il
progetto iniziale che prevedeva la realizzazione di un universo
formato da film e serie tv collegati tra loro. Tuttavia, questi
piani sono stati scartati a favore di un riavvio destinato al
piccolo schermo che non avrà alcun tipo di legame con il film del
2017.
Akiva Goldsman e i rimpianti
sull’adattamento de La torre nera
“Ho molti rimpianti per le parti
del film che non hanno funzionato”, ha spiegato Goldsman.
“La nostra migliore versione del film esisteva molto prima che
i crossover tra cinema e tv e lo streaming diventassero una realtà.
Sono molto legato ai libri originali che non sono finiti nella
nostra versione del 2017. Ron Howard aveva un’idea in merito a cosa
si potrebbe fare attraverso le varie piattaforme. Non riguardava il
film, ma a volte, come spesso accade, le cose semplicemente non
vanno in porto.”
Poi ha aggiunto: “Ci sono cose
del film del 2017 che mi piacciono ancora oggi, e Idris Elba ha
dato vita ad un Roland veramente incredibile. Penso che ci fossero
troppi punti di vista diversi, incluso il mio, quando si è trattato
di capire come raccontare una storia convincente sul grande
schermo. Avremmo potuto fare di meglio.”
Uno dei momenti più scioccanti della
storia del MCU è sicuramente la morte
definitiva di Loki (Tom
Hiddleston) per mano di Thanos (Josh
Brolin) durante la sequenza d’apertura di
Avengers:
Infinity War. Tuttavia, in Endgame
la sua controparte del 2012 è riuscita a sfuggire al suo destino,
insieme al Tesseract, creando una ramificazione nella linea
temporale (sarà questa versione del Dio dell’Inganno ad essere al
centro della serie
Loki, in arrivo a giungo su Disney+).
Durante una recente intervista con
Digital Spy proprio in occasione della promozione della nuova
serie dei Marvel Studios,
Tom Hiddleston ha spiegato come gli è stato
comunicato che il suo personaggio sarebbe morto all’inizio del film
di Anthony e Joe Russo. “Era
la primissima scena a cui i Russo avevano pensato”, ha
spiegato l’attore. “Me ne hanno parlato di persona, durante uno
degli incontri con Kevin Feige, che mi stava mostrando alcuni dei
primi bozzetti della storia di Thor: Ragnarok. Era maggio del
2016.”
“Quindi, prima di iniziare a
girare Ragnarok, sapevo già quale sarebbe stato il mio destino.
Nessun gioco di parole”, ha continuato Hiddleston. “Poi è
arrivato il momento. Tre giorni di riprese nel 2017, in primavera.
Sono andato ad Atlanta e tutti sul set sono stati davvero generosi
con me. Alcuni li conoscevo sin dai primissimi giorni.”
L’attore ha poi elogiato Josh Brolin, interprete di Thanos – “Non
avrebbe potuto essere più dolce” – e ha ricordato il loro
primo incontro: “In realtà, ci siamo incontrati quando sono
atterrato, prima dell’inizio delle riprese. Mi ha semplicemente
abbracciato e mi ha detto: ‘Mi dispiace, amico’. È stato un grande
giorno e un grande momento.”
In un viaggio cinematografico
decennale senza precedenti, Avengers:
Infinity War abbraccia l’intero Universo Cinematografico
Marvel e porta sul grande schermo la più grande e
fatale resa dei conti di tutti i tempi. Gli Avengers e i loro
alleati dovranno essere pronti a sacrificare tutto nel tentativo di
sconfiggere il potente Thanos prima che il suo impeto di
devastazione e rovina porti alla fine dell’universo.
Bryan Hirota,
supervisore agli effetti visivi della
Snyder Cut di Justice
League, ha confermato che nel taglio di Zack Snyder è presente un riferimento a
Watchmen, il film diretto da Snyder nel 2009 e
basato sull’omonima miniserie a fumetti di Alan
Moore e Dave Gibbons.
L’easter egg in questione riguarda
la morte di Silas Stone in Justice
League e il personaggio di Jon Osterman/Dottor
Manhattan in
Watchmen. Nella versione theatrical di Justice
League, la maggior parte delle scene di Victor
Stone, alias Cyborg (Ray
Fisher), sono state rimosse. Uno dei momenti chiave
dell’arco narrativo del personaggio è senza dubbio la morte di suo
padre, Silas Stone (Joe Morton), che si sacrifica surriscaldando
una Scatola Madre in modo che suo figlio possa rintracciare
Steppenwolf. Questa scena, presente invece nella Snyder
Cut, evoca la trasformazione di Jon Osterman (Billy
Crudup) nel Dottor Manhattan in
Watchmen.
In un’intervista con
Screen Rant, Bryan Hirota, il supervisore agli
effetti visivi di Justice
League, ha parlato della
Snyder Cut e ha confermato che la somiglianza tra la morte
di Silas e quella di Jon non è una semplice coincidenza, spiegando
che Snyder e John Desjardin (il supervisore agli effetti speciali
di Watchmen) volevano che il sacrificio del padre
di Victor ricordasse vagamente la scena della nascita del Dottor
Manhattan.
“Zack e DJ pensavano che quella
scena potesse ricordare la nascita del Dr. Manhattan, quindi quella
scena è stata sicuramente usata come termine di paragone. Era
sicuramente una delle cose a cui stavamo pensando quando abbiamo
avuto l’idea. Penso che una delle poche differenze sia il fatto che
nella scena di Silas vediamo la sua pelle bollire come all’interno
di un forno a microonde, con piccoli pezzi dei suoi capelli che
prendono fuoco e cose del genere. La morte di Silas è un po’ più
disgustosa rispetto a quella di Watchmen, ma ci sono tantissime
sfumature nel mezzo.”
Zack
Snyder’s Justice Leagueè uscito in streaming il
18 marzo 2021 su HBO Max in America e, in contemporanea, su Sky
e TV in Italia. Il film ha una durata 242 minuti (quattro ore
circa) ed è diviso in sei capitoli e un epilogo.
Hunger Ward
è il nuovo lavoro di Skye Fitzgerald, regista e produttore
che da tempo si dedica ai documentari, mettendo al centro questioni
umanitarie. Questo suo nuovo film è un appassionato cortometraggio
sulla guerra civile in Yemen, colpito duramente dal conflitto,
dalla carestia e dalla fame. A soffrirne sono soprattutto i più
piccoli. Il documentario è candidato agli Oscar ed è disponibile in
prima visione assoluta, in esclusiva nazionale, dal 15 aprile su
IWonderfull, piattaforma streaming video di I Wonder
Puctures.
Storie di bambini
inHunger Ward
La Dott.ssa Aida
Aisadeeq e l’infermiera Mekkia Mahdi lavorano nei
reparti specializzati per la nutrizione artificiale di due
grandi ospedali yemeniti e ogni giorno affrontano la dura realtà di
una guerra che dura da sei anni e vede opposti l’Arabia Saudita e i
ribelli sciiti huthi, sostenuti dall’Iran. Alcune forze
occidentali, soprattutto Usa e Regno Unito, foraggiano l’Arabia
Saudita, responsabile di bombardamenti, con armi, intelligence e
supporto operativo. Gli Emirati Arabi sono alleati dei sauditi. Gli
huthi hanno progressivamente preso il controllo del paese. L’Europa
semplicemente non sembra interessarsi del conflitto. In questo
panorama, il nemico contro cui lottano quotidianamente Aida e
Mekkia, si chiama fame, malnutrizione. Ne soffrono i bambini e le
bambine che vengono portati da loro in ospedale ogni giorno,
affinché possano avere una speranza di sopravvivere. Omeima
e Abeer sono due di loro. Hanno 10 e 6 anni e sono
malnutrite. La dottoressa e l’infermiera se ne prendono cura, ma vi
sono anche tanti altri bambini, accompagnati da genitori e nonne.
Ogni bambino ha la sua storia, tutti sono accomunati dalla
malnutrizione in un paese fiaccato dal conflitto e dal pesante
embargo dell’Arabia Saudita, che impedisce l’arrivo di cibo e
medicinali. Se le due bambine ce la faranno, Aida e Mekkia non
possono dirlo, ma fanno ogni giorno del loro meglio, mentre il
paese affronta la peggiore carestia degli ultimi cento
anni.
Il cinema umanitario
di Skye Fitzgerald
Il regista Skye
Fitzgerald è
qui al terzo lavoro della sua Refugee Trilogy – trilogia dei
rifugiati – dopo50 Feet from Syria, sull’impatto civile del conflitto
in Siria, e Lifeboat, sul tema dei rifugiati e dei
migranti, anch’esso nomianto all’Oscar, per la
colonna sonora di William Campbell – Fitzgerald lo ha scelto
anche per questo nuovo lavoro. Il regista afferma di aver voluto
iniziare questa trilogia e intraprendere la strada di quello che
chiama “Cinema Umanitario” perchè, nonostante una lunga
carriera nel documentario, sia come regista che come produttore, si
è reso conto che i suoi lavori precedenti “non raggiungevano
un’audience abastanza ampia, né mettevano in moto un cambiamento
sufficiente. Così ho cambiato il mio approccio per concentrarmi su
un singolo principio fondamentale: l’empatia”. Poiché
l’empatia, prosegue, fa sì che diventi “difficile creare
barriere”. Così si arriva a Hunger
Ward.
Hunger Wardè
spietato ma urgente
Dal punto di vista dei
contenuti, Hunger Ward può essere considerato un
parente dei reportage dalla Libia di Francesca Mannocchi o
dei documenti visivi sul lavoro di organizzazioni umanitarie come
Emergency o Medici Senza Frontiere. C’è lo stesso approccio
realistico, anche crudo, la stessa urgenza e una simile capacità di
creare quell’empatia così fondamentale perchè lo
spettatore senta vicino a sé ciò che, almeno geograficamente, è
spesso molto lontano. Li accomuna la violontà di accendere i
riflettori su realtà dimenticate o rimosse dalla coscienza
dell’Occidente.
Visivamente, invece,
siamo in pieno cinema. Al netto dell’eloquenza intrinseca delle
immagini, il regista riesce a cogliere i dettagli più
significativi, quelli che dicono tutto, e li mette in risalto
grazie al lavoro d’equipe con il fotografo Jeffrey Ball e il
montatore Dan Sadowsky. Accade ad esempio, con i disegni dei
bambini sulla terrazza dell’ospedale, visibili dall’alto, che
riassumono perfettamente la loro lotta per vivere, oltre a
ricordare allo spettatore ciò che si perde, se si perde una di
quelle vite. Non solo, come dice l’infermiera, “è come perdere
un membro della famiglia”, ma si perde il futuro, la capacità
di immaginare un mondo migliore. È questo, viene da dire guardando
quei disegni, tutto ciò che dovrebbero fare quei bambini: giocare,
andare a scuola. Invece si trovano a combattere per vivere. Così
accade anche per la bilancia rudimentale che li pesa al loro
arrivo: un grosso catino appeso a una corda. Da qui arriva un
verdetto temuto, che dice quanto è grave il problema e quante
speranze di sopravvivenza ci sono. Ci sono poi gli edifici
distrutti dalle bombe, le macerie dopo un bombardamento a un
funerale. Dei presenti restano solo scarpe ammassate in un immagine
della quale è difficile trovare eguali nella memoria, a meno che
non si torni alle montagne di scarpe nei campi di concentramento
nazisti. Il grigiore del cemento domina l’ambiente.
Colpisce poi lo sguardo
delle due bambine: sembra quello rassegnato degli anziani. Sembrano
già vecchie. Abeer non sorride, non gioca. Non è retorica ma
un’associazione spontanea di idee quella con i bambinelli di molte
natività, che non sorridono mai. Hanno lo sguardo mesto e grave da
adulti anzitempo, perchè già prefigurano il proprio destino, la
morte precoce.
Di fronte alla morte,
specie quando tocca dei bambini, ci si può chiedere se sia giusto o
meno mostrarla, proporre immagini così forti. Se non possa apparire
ricattatorio nei confronti dello spettatore.
Tuttavia, i 40 minuti
duri, spietati di Hunger Ward sono da vedere per
ricordare in che contesto si vive e capire chi si vuole essere.
L’urgenza che muove il regista chiama lo spettatore alla stessa
urgenza nel decidere come porsi di fronte a un conflitto
dimenticato e a una delle peggiori crisi umanitarie del
pianeta.
Jacob Tremblay è stato scelto per recitare,
al fianco di Peter Dinklage, in Toxic
Avenger, che sarà prodotto da Legendary. Macon
Blair
è stato scelto in veste di regista del film. Sarà una
rivisitazione contemporanea della commedia d’azione a basso budget
di successo prodotta da Troma Entertainment del 1984.
The Toxic Avenger
sarà una storia che, dietro la maschera di commedia irriverente,
sul genere di Deadpool, porterà con sé contenuti
importanti, come temi ambientali, sovvertendo i canoni del genere
supereroistico hollywoodiano.
Quando un uomo qualunque in
difficoltà viene spinto in una vasca di rifiuti tossici, viene
trasformato in un mostro mutante che da emarginato, evitato dalla
gente, diventa un eroe sfortunato, mentre lotta per salvare suo
figlio, i suoi amici e la sua comunità dalle forze della corruzione
e dell’avidità. Lloyd Kaufman e Michael Herz della
Troma ricopriranno il ruolo die produttori.
Jacob Tremblay ha ricevuto una nomination ai
SAG per la sua straordinaria interpretazione in Room del 2015, al fianco della vincitrice
dell’Oscar Brie Larson, e nel 2017 ha recitato in
Wonder, film di grande successo di critica e pubblico.
È stato il protagonista della commedia di successo della Universal,
Good Boys, nel 2019.
Prossimamente,
Tremblay presterà la voce a Flounder, il
pesciolino amico di Ariel, nell’imminente adattamento live-action
della Disney de La
Sirenetta, nonché il personaggio principale del
prossimo film Disney e Pixar Luca.
Il regista John
McTiernan è celebre per i suoi film di azione con note
thriller, titoli entrati di diritto nella storia del cinema. Si
parla di opere come Predator, Trappola di cristallo, Caccia a Ottobre Rosso e
Last Action Hero. Attualmente, il suo ultimo
film, Basic, è una nuova escursione
nel genere, che va ad esplorare un misterioso caso di agente
scomparsi in una missione particolarmente pericolosa. Girato nel
2003, il film si è avvalso dunque di un regista esperto della
materia e di alcuni grandi interpreti di Hollywood. Nomi
particolarmente noti che hanno portato la pellicola ad assumere il
fascino che ancora oggi la contraddistingue.
Basic è stato scritto da
James Vanderbilt, noto anche per le sceneggiature
di film come Il tesoro dell’Amazzonia,
Zodiac, The Amazing Spider-Man e
Independence Day – Rigenerazione. Nel dar vita al
progetto, Vanderbilt rivelò l’intenzione di trarre spunto dal film
giapponese Rashomon per raccontare una complessa storia
ambientata nel mondo del narcotraffico, con punti di vista diversi
e spesso contraddittori tra loro. La storia sembrò da subito quella
giusta per McTiernan, che si interessò dunque a portare al cinema
quanto scritto dallo sceneggiatore. Con un budget di 50 milioni di
dollari, il film mancò però di affermarsi come sperato al momento
della sua uscita.
Questo arrivò infatti a guadagnare
appena 40 milioni di dollari, e anche la ricezione critica non fu
delle migliori. Basic passò così quasi inosservato,
venendo però piano piano riscoperto. Gli appassionati del genere
troveranno infatti in questo un buon racconto, con tutte le
caratteristiche del suo genere. Prima di intraprendere una visione
del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle
principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama e al cast di
attori. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
Basic: la trama del film
Protagonista del film è l’agente
Tom Hardy, membro della sezione narcotici noto per
le sue capacità persuasive. Uomo di grande esperienza e ingegno,
egli è chiamato ad indagare sulla scomparsa di un gruppo di uomini
durante una spedizione molto speciale. Questa era guidata dal
sergente Nathan West, di cui non si ha più
traccia. Del gruppo vengono ritrovati solo due superstiti,
Raymond Dunbar e Levi Kendall,
quest’ultimo gravemente ferito e figlio di un capo di stato
maggiore. Nessuno dei due, però, sembra disposto a collaborare con
le indagini, rifiutandosi di rivelare cosa realmente sia successo
durante la missione a Panama.
Ad accompagnare Hardy nella sua
investigazione vi è anche il capitano Julia
Osborne, la quale però sembra non apprezzare i metodi del
suo nuovo partner di lavoro. Nonostante ciò, i due dovranno
necessariamente unire le loro forze per poter sperare di risolvere
il caso. Ben presto, Hardy arriverà ad individuare una serie di
contraddizioni in quanto dichiarato dai due superstiti. Scoprire
cosa ci facesse West e il suo team nella giungla, durante un
uragano, e cosa sia realmente accaduto, diventerà una vera e
propria ossessione. Il sentimento di avvicinarsi ad un’orribile
verità, inoltre, si fa sempre più forte.
Basic: il cast del film
Ad interpretare l’agente Tom Hardy
vi è l’attore John Travolta.
Questi, che negli ultimi anni ha recitato in diversi thriller di
buon successo, ha accettato subito il ruolo con grande entusiasmo.
Ad affascinarlo, in particolare, vi erano tutte quelle
caratteristiche psicologiche e comportamentali che rendono Hardy
una personalità controversa tra bene e male. Per prepararsi al
ruolo, inoltre, l’attore ha avuto modo di seguire la routine di
alcuni agenti speciali, cercando poi di riproporre a suo modo
quanto appreso. Accanto a lui, nei panni del capitano Julia
Osborne, vi è l’attrice Connie Nielsen, celebre
per essere la regina Ippolita in Wonder Woman. Questa accettò la parte lieta
di poter dar vita ad un personaggio femminile di particolare
spessore.
Ad interpretare lo scomparso
sergente Nathan West vi è invece il celebre Samuel L.Jackson, il quale torna qui a lavorare insieme
a Travolta dopo il film Pulp Fiction. Il look
del suo personaggio è stato ispirato al regista Sergio Leone e
all’attore fu permesso di avere grande margine di improvvisazione
nelle sue battute. Ad interpretare i due sopravvissuti Raymond
Dunbar e Levi Kendal vi sono invece gli attori Brian Van
Holt e Giovanni Ribisi. Quest’ultimo,
seguendo un suo metodo recitativo, rimase sempre nella mentalità
del suo personaggio, anche durante le pause. Timothy
Daly è il colonnello Bill Styles, mentre Taye
Diggs è il misterioso Pike. L’attrice Roselyn Sanchez
è invece Nunez.
Basic: il trailer e dove vedere il
film in streaming e in TV
È possibile fruire del film grazie
alla sua presenza su una delle più popolari piattaforme streaming
presenti oggi in rete. Basic è infatti disponibile nel
catalogo di Amazon Prime Video. Per vederlo, basterà
sottoscrivere un abbonamento generale alla piattaforma in
questione. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al
meglio della qualità video. In alternativa, il film è inoltre
presente nel palinsesto televisivo di mercoledì 14
aprile alle ore 21:10 sul canale
Paramount Channel.
L’invasione aliena suscita da sempre
grande timore e fascino negli spettatori di tutto il mondo. Nel
corso della storia del cinema, innumerevoli sono i film che
affrontano tale evento con punti di vista sempre diversi. Tra i
titoli più celebri dal Duemila ad oggi si annoverano La guerra dei mondi e
Ultimatum alla Terra,
mentre meno noto è L’ora
nera, diretto nel 2011 da Chris
Gorak, qui alla sua opera seconda dopo aver realizzato
Right at Your Door, a sua volta un film di genere
catastrofico. Con questo suo nuovo film il regista ha così modo di
affrontare un evento tanto celebre quanto continuamente
rinnovabile.
A produrre L’ora nera vi è
inoltre Timur Bekmambetov, regista noto in
particolare per aver diretto La leggenda del cacciatore di
vampiri. La presenza di questi, kazako naturalizzato
russo, permise di spostare il punto di vista dal classico Stati
Uniti alla Russia. Un cambio di ambientazione non da poco, che
permette al film di guadagnare una serie di elementi di originalità
di particolare fascino. Anche questo aspetto ha infatti contribuito
al successo economico del film, capace di incassare oltre 60
milioni di dollari a livello globale, a fronte di un budget di 34.
Considerato che il film è stato distribuito direttamente per il
mercato home video in molti Paesi, tra cui l’Italia, si
tratta di un risultato che conferma l’interesse nei confronti del
titolo.
Per chi non avesse ancora avuto modo
di vederlo, si tratta dunque di un film da non perdere, nonostante
i suoi difetti, i quali azi gli donano un atmosfera ancor più
insolita e accattivante. Prima di intraprendere una visione del
film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle
principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama e al cast di
attori. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
L’ora nera: la trama del film
Il film ha per protagonisti cinque
giovani, i quali si ritrovano ad arrivare nella capitale russa
Mosca in un momento particolarmente sfavorevole. Una tempesta
luminosa accoglie infatti Sean e
Ben, giovani imprenditori in cerca di successo
economico, come anche Natalie e
Anne, dirette in realtà verso il Nepal ma
costrette ad uno scalo imprevisto. Le due coppie di amici finiscono
così con l’incontrarsi nei locali notturni della città, dove si
imbatteranno anche in Skylar, l’uomo d’affari
svedese che ha precedentemente imbrogliato Sean e Ben. La frenetica
serata sembra essere il modo per dimenticare ogni problema e
affanno, mettendo da parte rancori e delusioni.
Eppure, ben presto questa si rivela
essere teatro per pericoli maggiori. Un improvvisa invasione aliena
ha infatti luogo quella stessa notte, portando la città al collasso
in tempi rapidi. Quello che fino a poco prima era il teatro di
divertimenti e spensieratezza, è ora divenuto luogo di morte e
paura. Composti da un’energia elettromagnetica, gli alieni uccidono
brutalmente le forme di vita terrestri facendole a pezzi, grazie al
fatto di risultare sostanzialmente invisibili agli esseri umani,
anche se gli oggetti elettrici rivelano la loro presenza. I cinque
ragazzi dovranno allora cercare di uscire vivi da quella
situazione, spostandosi di notte e cercando di arrivare in una zona
più sicura.
L’ora nera: il cast del film
Come anticipato, protagonisti del
film sono cinque ragazzi molto diversi tra loro. Il primo di questi
è Sean, interpretato dall’attore Emile Hirsch,
celebre in particolare per il film Into the Wild –
Nelle terre selvagge. Il suo compare Ben è invece
interpretato da Max Minghella, noto per la serie
The Handmaid’s Tale e regista del
film Teen Spirit – A un passo dal
sogno. Graziea a questo film, i due attori sono diventati
grandi amici. Nel ruolo di Natalie si ritrova invece Olivia
Thirlby, vista anche nelle serie Goliath e
The L Word: Generation Q. La sua amica, Anne, ha il volto
di RachelTaylor, celebre come
coprotagonista della serie NetflixJessica Jones. Infine, Joel Kinnaman,
noto per film come RoboCop, Suicide Squad e The Informer,
interpreta l’uomo d’affare Skyler.
L’ora nera: le location, il trailer
e dove vedere il film in streaming e in TV
Il film è stato realmente girato a
Mosca, dove Berkamambetov possiede una casa di produzione
cinematografica. Ciò ha permesso così di far acquisire al film
un’atmosfera sconosciuta a molti dei film di questo genere. Nella
capitale russa si sono così svolte riprese tanto nei luoghi più
noti e caratteristici, quanto in ambienti meno conosciuti o
accessibili ma altrettanto utili al film. La produzione è inoltre
andata incontro ad una sospensione di tre settimane a causa dei
forti incendi che hanno colpito la Russia nell’estate del 2010.
Questi hanno infatti generato una nube di fumo che ha impedito di
dar luogo alle riprese del film. Queste sono riprese soltanto nel
mese di settembre, costringendo ad alcuni cambiamenti nelle
location.
È possibile fruire del film
grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. L’ora nera è infatti
disponibile nei cataloghi di Chili Cinema, Google Play,
Apple iTunes, Amazon Prime Video e Tim Vision. Per
vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà
noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale.
Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della
qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà
soltanto un dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
mercoledì 14 aprile alle ore
21:20 sul canale Rai 4.
A partire da lunedì 12 aprile,
Prime Video ha reso disponibile in streaming
gratuito in tutto il mondo, anche senza abbonamento Prime, il
documentario Amazon Original nominato agli Oscar Time della regista Garrett
Bradley. Per una settimana, l’intenso e potente film sarà
disponibile in streaming su Prime Video senza abbonamento Prime e
su YouTube. Se Time dovesse vincere l’Oscar, entrerebbe
nella storia: per la prima volta una regista nera vincerebbe un
Academy Award per il Miglior Documentario.
Time è il documentario più premiato dell’anno, a
partire dal debutto al Sundance Film Festival nel 2020, dove
Garrett Bradley ha vinto il Best Director award for US Documentary
Competition. Da allora, sia la regista che il film hanno continuato
a ricevere importanti riconoscimenti tra cui il Gotham Award, il
National Board of Review, il National Society of Film Critics, il
New York Film Critics Circle, Los Angeles Film Critics Association,
il Black Film Critics Circle, oltre ai premi per la regia a Doc NYC
e agli IDA Awards.
Fox Rich è una donna combattiva. Imprenditrice e madre di sei
figli maschi, ha trascorso gli ultimi vent’anni della sua vita a
battersi per ottenere il rilascio del marito, Rob G. Rich, che sta
scontando una condanna a sessant’anni di prigione per una rapina
che, in un momento di disperazione, commisero insieme agli inizi
degli anni novanta. Alternando i video-diari che Fox ha registrato
per Rob nel corso degli anni a scorci intimi della vita quotidiana
della donna, la regista Garrett Bradley tratteggia un ritratto
ipnotico della resilienza e dell’amore instancabile, elementi
necessari per riuscire a prevalere sulle infinite separazioni
imposte dal sistema carcerario degli Stati Uniti.
Time accosta filmati del passato e del presente
incorniciati dalla voce narrante di Fox e dei suoi figli capace di
restituire una prospettiva unica e intima sugli effetti a lungo
termine della reclusione: bambini che crescono senza padri, mentre
le madri sono obbligate a diventare non solo caregiver, ma
anche esperte legali. Rivela anche come le famiglie si sostengano
grazie alla speranza assoluta, una fede quasi, di riuscire un
giorno a prevalere sulla separazione creata dal complesso sistema
carcerario – come un antico retaggio di quello che un tempo era la
schiavitù. Il film con il suo bellissimo bianco e nero e con un
ritmo sinfonico conferisce valore epico alla storia di Fox e Rob –
una storia, non solo di lotta, ma anche di amore profondo e
resiliente.
Come ha fatto notare Bill Gates nelle sue Gates Notes,
http://gatesnot.es/Time-documentary, “Questo è uno dei film più
intimi che abbia mai visto. Tiene traccia di avvenimenti dal carico
emotivo quasi insostenibile. C’è una scena, verso la fine, che non
assomiglia a nient’altro abbia mai visto in un documentario… Se
Time vincesse l’Oscar quest’anno, sarebbe il primo
documentario diretto da una regista nera a ottenerlo. Il talento di
Garrett Bradley la rende sicuramente meritevole di mettere a segno
una simile pietra miliare.”
Time è diretto da Garrett
Bradley (Alone, America) e prodotto da Lauren
Domino (The Earth Is Humming, America), Kellen
Quinn (Midnight Family,Brimstone & Glory), e
Garrett Bradley. Gli executive producer sono Laurene Powell Jobs
(The Price of Free, A Thousand Cuts), Davis
Guggenheim (Waiting for ‘Superman,’ An Inconvenient
Truth – 2014 Academy Award winner for Best Feature
Documentary), Nicole Stott (Searching for Sugar Man,
Restrepo), Rahdi Taylor (Minding the Gap, I
Am Not Your Negro), e Kathleen Lingo (Walk Run Cha
Cha, 4.1 Miles). Mentre i Co-executive producer sono
Jonathan Silberberg (Paradise Lost 3: Purgatory,
“Iconoclasts”) e Shannon Dill (Inheritance,
He Named Me Malala).
Ecco il trailer di Fast and
Furious 9, il nono capitolo della saga a quattro
ruote che segna il ritorno di Dom Toretto.
La regia sarà firmata
da Justin Lin, già regista di numerosi
capitoli del franchise, mentre la release dopo un primo spostamento
all’aprile 2021(inizialmente il film sarebbe
dovuto arrivare al cinema nel 2020), è fissata al 12 luglio 2021,
solo al cinema.
Ricordiamo che il decimo capitolo
della saga è già in pre-produzione. Secondo quanto riferito, il
capitolo numero 10 della saga concluderà definitivamente la serie
principale Fast
and Furious, a seguito degli eventi che vedremo nel
nono capitolo. Questa informazione ci fa pensare che alla fine del
franchise si sia pensato più a un dittico di chiusura che a due
film separati.
Jacqueline Hoyt
(sceneggiatrice, tra le altre, di The Good Wife, The
Leftovers, CSI e di The Underground Railroad, la nuova
serie di Barry Jenkins) firmerà la serie sulla vita di
Audrey Hepburn, tratta da un soggetto scritto dal
figlio di Audrey, Luca Dotti, con Luigi Spinola che Wildside,
società del gruppo Fremantle, sta sviluppando. I produttori
esecutivi sono Mario Gianani, CEO di Wildside, del gruppo
Fremantle; Lorenzo Gangarossa con Ludovica Damiani; Luca Dotti e
Luigi Spinola.
Nello scrivere quello che è stato un
bestseller, Audrey At
Home, Luca e Luigi hanno svelato aspetti
inediti della personalità e della vita della grande attrice andando
oltre l’interprete, madre e filantropa.
Andrea Scrosati, COO di Fremantle ha
dichiarato: “Per Audrey il nostro obiettivo sarà ancora una
volta quello di produrre un contenuto nato a livello locale ma
rivolto a una platea mondiale. Credo che il team creativo riunito
dalla Wildside e il progetto stesso abbiano le caratteristiche
ideali perché questo accada”.
Il presidente dei Marvel StudiosKevin Feige è
senza dubbio uno dei motivi principali per cui il MCU è diventato il franchise di
grande successo che tutti conosciamo. In una recente intervista con
Collider, la star di The Falcon and the Winter SoldierSebastian Stan ha ribadito il ruolo
fondamentale di Feige nei successo dei progetti passati e futuri
del MCU.
L’attore ha spiegato che ha sempre
amato lavorare con Feige, soprattutto per via dell’umiltà che lo
contraddistingue e della passione costante che mette in ogni cosa
che fa. “Penso che una delle cose di lui che sento di aver
sempre amato è quanto sia modesto e quanto sia incredibilmente
grato quando qualcosa funziona”, ha detto Stan su Feige.
“10 anni dopo, o 11… insomma, quanti ne sono passati, sento
come se quell’esuberanza infantile fosse rimasta intatta. Vedi quel
luccichio nei suoi occhi che si illumina quando parli di un
personaggio che ama… Penso che sia innamorato di quello che fa, e
penso che sia una parte importante del motivo per cui c’è una
passione costante da parte sua nel trovare sempre modi interessanti
per raccontare una storia che abbia un senso.”
Stan ha poi continuato a lodare
Feige e la propensione dei Marvel Studios a correre dei rischi
per dare maggiore profondità ai suoi personaggi: “Non lo so, ma
credo che Kevin non abbia il giusto riconoscimento che si merita.
Ho pensato che WandaVision fosse davvero geniale. E sappiamo che
Loki farà la sua stessa cosa. Anche il tono della nostra serie è
molto diverso. Poteva sembra più simile a quello dei film, perché
molto più radicato in quel tipo di narrazione, ma alla fine ciò che
è venuto fuori è questa specie di commedia con al centro questi due
personaggi. C’è un aspetto comico nel personaggio del Soldato
d’Inverno che prima non si era mai visto. Kevin Feige si circonda
delle persone migliori ed è sempre capace di far vincere l’idea
giusta. Non si tratta di ego, e questo è molto
importante”.
Il MCU è pieno di supereroi molto diversi tra
loro, ognuno con i suoi punti di forza e i suoi punti di debolezza.
Ad ogni modo, sono tutti eroi che – nel bene e nel male – cercano
solo di aiutare gli altri e di fare la cose giusta. Ecco le
migliori buone azioni che i principali eroi dell’universo
cinematografico Marvel hanno compiuto fino ad
ora:
Ant-Man: prendersi cura di sua figlia
Ci sono molti modi per
dimostrare di essere una brava persona che fa cose giuste. Non
sempre si tratta di sacrificare la propria vita, sebbene anche
Ant-Man fosse disposto a farlo. Una delle sue qualità più
accattivanti, che inevitabilmente lo rende un personaggio in cui è
facile identificarsi, è il fatto che fa sempre del suo meglio per
essere un buon padre per sua figlia Cassie.
Questo non vuol dire che sia
perfetto, ma la ama molto e cerca di sostenerla e di essere il
miglior padre possibile. Scott Lang è un ottimo esempio che spesso
l’importante è essere soltanto una brava persona. La cosa migliore
che fa Scott è essere, appunto, il papà di Cassie.
Hulk: trasformarsi in Smart Hulk
Più o meno a come accade
per Ant-Man, anche i momenti da eroe di Hulk sono spesso più
tranquilli, ma questo non significa che non siano importanti. Bruce
Banner fatica durante tutto il franchise a sentirsi una brava
persona che vale la pena salvare, a causa del fatto che all’inizio
non sa come controllare Hulk.
Tuttavia, impara sia come avere il
controllo su Hulk in vari modi, sia come accettare di più se stesso
e la sua nuova identità. E, anche se questi potrebbero non rendere
se paragonati ad altri momenti più spettacolri, anche amare sé
stessi è a suo modo qualcosa di eroico. Vedere Hulk trovare
finalmente la pace trasformandosi in Smart Hulk è davvero un grande
momento.
Thor: diventare il re di Asgard
Thor è ovviamente un eroe
che compie molte gesta eroiche usando prima il Mjolnir e poi lo
Stormbreaker. È sempre disposto a combattere e a mostrare il
guerriero che è in lui per proteggere gli altri, ma uno dei suoi
momenti più importanti è quando raduna il resto degli Asgardiani
dopo che Hela ha distrutto la loro terra e ha finalmente assunto il
ruolo di leader.
Sfortunatamente, Avengers:
Endgame ha in un qualche modo rivisitato questo momento,
il che è un vero peccato, dal momento che racchiude davvero il
significo dello sviluppo del personaggio di Thor nella sua intera
trilogia.
Nebula: lasciarsi Thanos alle spalle e perdonare Gamora
Anche se Nebula potrebbe non essere il cuore pulsante dei
Guardiani della Galassia, è comunque
un personaggio importante. Il suo essere cattiva, all’inizio della
storia, deriva da una notevole quantità di traumi che ha subito fin
dall’infanzia e che l’hanno resa arrabbiata e piena di
dolore.
Quando è in grado di lasciarsi alle spalle Thanos e perdonare
Gamora, si tratta di qualcosa di molto importante per lei. È un
atto di eroismo sicuramente più legato alla sfera personale, ma è
piuttosto stimolante in diversi modi. Alla fine, si tratta di
rivendicare l’indipendenza e lasciare andare il
passato.
Black Panther: mostrare compassione per Killmonger
T’Challa ha tutte le caratteristiche tipiche di un grande eroe
in quanto è saggio, compassionevole e capace di adattarsi. Fa del
suo meglio per essere un buon re ed è disposto a provare a cambiare
il modo in cui vengono fatte le cose per aiutare più persone
possibili.
Tuttavia, una delle sue migliori azioni è stata quando ha
avuto compassione per Killmonger, anche dopo che questi aveva
tentato di ucciderlo più volte. Poteva comprendere il dolore che
Killmonger aveva provato e voleva provare a concedergli
misericordia, oltre che giustizia.
Captain Marvel: aiutare gli Skrull
All’inizio del film Carol,
che fa parte della Starforce, crede che gli Skrull siano cattivi.
Tuttavia, alla fine scopre che tutto ciò che ha imparato sulla
guerra era in realtà una bugia.
È in grado di adattarsi a queste
nuove informazioni e decide quindi di lavorare per proteggere gli
Skrull. Questo dimostra che è una persona che è capace di
distinguere il bene dal male e che vuole davvero proteggere le
persone innocenti.
Spider-Man: salvare i suoi compagni di classe
Spider-Man è un eroe in cui è facile identificarsi perché,
semplicemente, non è perfetto. È giovane, compassionevole e
intelligente, ma spesso si ritrova a capire le cose nel momento in
cui ne fa esperienza. Peter Parker ha fatto molte cose eroiche
finora nel MCU, ma una delle migliori è stata
quando ha salvato i suoi compagni di classe e altre persone al
Washington Monument durante Spiderman:
Homecoming.
Anche
se potrebbe non essere sopraffatto o sapere completamente cosa sta
facendo, lavorerà sempre duramente per assicurarsi di salvare vite
e fare la cosa giusta. E questo fa parte di ciò che lo rende uno
dei migliori supereroi.
Captain America: far schiantare l’aereo per
salvare vite
Ci sono molti momenti in cui Steve Rogers ha dimostrato di
essere un vero eroe, anche prima di ricevere il Siero del
supersoldato (come quando si gettò su una finta granata pensando
che sarebbe esplosa).
In effetti, è noto per tratti della sua
personalità come l’essere determinato e leale. Tuttavia, una delle
cose migliori che ha fatto e che definisce davvero il suo
personaggio è quando fa schiantare il Valkyrie nel ghiaccio per
salvare vite umane dal tesseract. Spesso è disposto a sacrificarsi
per salvare gli altri.
Vedova Nera: tenere unita la squadra
Vedova Nera non ha sempre ottenuto quanto meritava nel
MCU, ma è stato comunque un
personaggio altamente eroico. Alla fine, cerca sempre di salvare le
persone a cui tiene e lavora sodo per dimostrare di essere il
migliore supereroe.
Uno
dei suoi momenti più coraggiosi nel MCU è quando si impegna per tenere
unita la squadra dopo lo Snap. Di tutti gli eroi, Nat è quello che
fa andare avanti il loro lavoro e che mantiene in funzione il
complesso dei Vendicatori, così che ci sia un posto in cui tutti
possono tornare. Agisce guidata dal cuore in questo caso ma
continua a combattere, continua a sperare, anche quando molti degli
altri eroi non lo fanno.
Iron Man: salvare l’universo usando il Guanto
dell’Infinito
Questo momento è al primo
posto in questa classifica perché non solo perché è davvero eroico,
ma anche perché è davvero memorabile. Anche se ci sono molti altri
Vendicatori bravi quanto Tony, non si può negare che questo sia
stato concepito per essere un alto momento cinematografico.
Tony ha salvato l’intero universo
sacrificando se stesso, ma ha anche dimostrato di essere disposto a
rinunciare alla sua vita per salvare gli altri nei primi film
dedicati ai Vendicatori. Tuttavia, è in questa scena finale che
Tony Stark mostra il meglio di sé e del suo vero altruismo.