Kiersey Clemons,
che ha interpretato Iris West in una scena tagliata dalla versione
cinematografica di Justice
League, tornerà nei panni del personaggio per l’atteso
The
Flash, andando così ad affiancare Ezra Miller nei panni di Barry Allen e
Michael Keaton e Ben Affleck in quelli delle rispettive
iterazioni di Batman.
Anche se finora non è stato rivelato
molto in merito alla trama del film, pare che la storia sarà
fortemente ispirata alla famose serie a fumetti “Flashpoint”. Se
ciò dovesse essere confermato, nel film vedremo Barry Allen saltare
da una linea temporale all’altra e, probabilmente, sarà in questo
modo che avrà l’opportunità di incontrare il Batman di Keaton.
Tuttavia, non è chiaro ad oggi come il film possa spianare la
strada ad eventuali progetti futuri legati al DCEU, come ad esempio
il sequel di Aquaman.
Ora, secondo quanto riportato da The
Hollywood Reporter, l’attrice Kiersey Clemons
tornerà in The Flash per interpretare Iris West.
Nonostante sia una figura importante nei fumetti di Flash, nonché
il principale interesse amoroso di Barry Allen, Iris è stata
tagliata dalla versione cinematografica di Justice
League. Tuttavia, la ritroveremo nell’attesissima
Snyder Cut, che arriverà su in America e in Italia il
prossimo 18 marzo. Tuttavia, sarà il cinecomic di
Andy Muschietti a segnare il debutto ufficiale del personaggio
sul grande schermo e, di conseguenza, nel DCEU.
Confermata anche la presenza
di Michael
Keaton e Ben
Affleck, che torneranno entrambi a vestire i panni di
Batman. Nel cast ci saranno anche Billy Crudup,
che sarà di nuovo Henry Allen (il padre di Barry, già visto in
Justice
League) e la new entry Sasha Calle(Febbre d’amore) che interpreterà Supergirl. Il film
dovrebbe essere ispirato alla serie a fumetti “Flashpoint” del
2011, scritta da Geoff Johns e disegnata da Andy Kubert.
Ryan Coogler, regista di Black Panther, uno dei cinecomic di maggior
successo del MCU, tornerà dietro la macchina da
presa per l’attesissimo sequel che arriverà già nel 2022 e che,
purtroppo, sarà orfano del suo incredibile protagonista, Chadwick Boseman, scomparso tragicamente ad
agosto dello scorso anno.
Ospite del podcast “Unbothered”
di Jemele Hill, il regista ha parlato proprio delle difficoltà che
sta riscontrando durante la pre-produzione di Black
Panther 2, proprio a causa della dipartita di Boseman.
Il regista ha spiegato di aver iniziato a lavorare allo script del
sequel da prima della scomparsa dell’attore, e che in seguito al
tragico avvenimento ha dovuto lavorare sodo per far convivere il
suo dolore con la responsabilità di tracciare un nuovo percorso
narrativo per il film. A detta del regista, si è trattato di un
processo incredibilmente difficile.
“Una cosa che ho imparato da
quando sono su questa Terra è che, al di là di come la si guardi, è
difficile riuscire ad avere un’idea su qualcosa mentre la stai
vivendo. Si tratta di uno dei dolori più profondi che abbia mai
dovuto affrontare nella mia vita: dover portare avanti un progetto
senza una persona in particolare. Questa persona era il collante
che teneva insieme tutto”, ha dichiarato Coogler.
“Ognuno di noi ha una vita
privata e una vita professionale. Quando ami il tuo lavoro, le due
cose si fondono. E così la tua vita diventa il tuo lavoro per la
maggior parte del tempo”, ha aggiunto. “Sto cercando di
fare proprio questo. Trovare un equilibrio tra lavoro e vita
privata. Sto lavorando per costruire due cose che possano stare in
piedi da sole. Ma non ci sono ancora riuscito. Questa è senza
dubbio la cosa più difficile che abbia mai dovuto fare nella mia
vita professionale.”
Black Panther 2 e l’eredità di Chadwick Boseman
Nel corso dell’intervista, Ryan Coogler ha anche spiegato quanto sia
stato strano passare circa un anno a scrivere dialoghi per Chadwick Boseman che, alla fine, l’attore non
avrebbe mai potuto interpretare. La sua morte ha avuto un forte
impatto su milioni di persone in tutto il mondo, e coloro che hanno
lavorato con lui e si preparavano a tornare sul set insieme, senza
dubbio si sono ritrovati in una posizione a dir poco straziante.
Certamente, il compito di Coogler non è dei più semplici, dal
momento che oltre a portare avanti la storia di T’Challa e di
Wakanda, dovrà anche trovare un modo per omaggiare l’eredità di
Boseman.
Black
Panther 2 arriverà nelle sale l’8 luglio
2022. Il presidente dei Marvel Studios, Kevin Feige, ha confermato che
T’Challa, il personaggio interpretato al compianto Chadwick
Boseman nel primo film, non verrà interpretato da un
altro attore, né tantomeno ricreato in CGI. Il sequel si
concentrerà sulle parti inesplorate di Wakanda e sugli altri
personaggi precedentemente introdotti nei fumetti Marvel.
Letitia Wright (Shuri), Angela
Bassett (Ramonda), Lupita
Nyong’o (Nakia), Danai
Gurira (Okoye), Winston
Duke (M’Baku) e Martin
Freeman (Everett Ross) torneranno nei panni dei
rispettivi personaggi interpretati già nel primo film.
L’attore Tenoch Huerta è in trattative
con i Marvel Studios per interpretare il
villain principale del sequel.
Preceduta da quattro incontri in
streaming arriva a Roma, direttamente da New York, in
esclusiva europea, la mostra Women in Comics
curata da Kim Munson e dalla leggendaria Trina
Robbins. La straordinaria collettiva di 22 artiste statunitensi
che “hanno fatto la Storia del fumettonordamericano”, in programma dal 1° giugno 2021 a
Palazzo Merulana, è promossa dall’Ambasciata degli Stati
Uniti in Italia e co-prodotta da ARF! Festival e
Comicon.
WOMEN IN COMICS:GLI INCONTRI.
Con la curatela della fumettista e
illustratrice Rita Petruccioli (Bao Publishing, Il Castoro,
Mondadori) e della giornalista Francesca Torre (StayNerd.it,
Inside Art) i quattro incontri in streaming metteranno alcune delle
migliori autrici di Women in Comics – in diretta
dagli Stati Uniti – a confronto con cinque tra le più
rappresentative colleghe italiane, su tematiche di grande rilevanza
socio-culturale e attualità legate ai movimenti femministi e l’arte
militante, al corpo femminile e la sua rappresentazione nel
disegno, all’antirazzismo, il transfemminismo e
l’intersezionalità, alla violenza e il rapporto tra generi e
identità nel fumetto.
Questo il calendario degli incontri
che si svolgeranno tutti alle ore 18:
Giovedì 18 marzo 2021:
“Fumetto e femminismi: e noi dove eravamo?”Trina Robbins (dagli USA) incontra Silvia
Ziche (dall’Italia), moderate dalla scrittrice Susanna
Raule.
Giovedì 15 aprile 2021:
“Corpi rivoluzionari e donne che li disegnano”.
Emil Ferris e Coleen Doran (dagli USA)
incontrano Sara Pichelli (dall’Italia), moderate dal
giornalista RAI Riccardo Corbò.
Giovedì 13 maggio 2021:
“Balloon intersezionali”. Alitha
Martinez e Ebony Flowers (dagli USA) incontrano
Fumettibrutti ed Elisa Macellari (dall’Italia), con
la moderazione a cura Bande de Femmes.
Giovedì 10 giugno 2021:
“Drawing Power: raccontare la violenza a
fumetti”. Trininad Escobar (dagli USA) incontra
Rita Petruccioli (dall’Italia), con la moderazione a cura
della Casa delle donne Lucha Y Siesta.
WOMEN IN COMICS: LA
MOSTRA.
Arriva a Roma l’esposizione
originale che è stata allestita una sola volta nel 2020 alla
Galleria della prestigiosa Society of Illustrators di New
York, l’Associazione professionale fondata da Henry S. Fleming nel 1901 (oggi diretta
da Anelle Miller) che, oltre alle mostre, dal 1959 ogni
anno, produce e pubblica Illustrators Annual,
considerato uno dei più importanti cataloghi di illustrazione del
mondo.
Composta da 90 opere originali la
mostra Women in Comics, che aprirà il 1° giugno
a Palazzo Merulana, propone una storia di
autodeterminazione dei comics nordamericani grazie alle
sue 22 protagoniste che, dal fumetto vintage degli
anni ’50 al graphic novel più autoriale, esplorando temi come
amore, sessualità, creatività, discriminazione, indipendenza,
attraversa la psichedelia degli anni ’70 e del
fumetto underground, fino alla scena contemporanea mainstream
di Marvele DC
Comics.
“Questa mostra” – sottolinea
la curatrice Kim Munson – “è una rappresentazione
dell’ampia gamma e diversità delle donne che operano nei fumetti e
dei tanti generi in cui stanno lavorando, siano esse memorie
personali, storie per bambini, di supereroi, di genere
epico/fantasy, o ancora nel graphic journalism e nella grafica
editoriale.”
Accanto alle tavole di
Trina Robbins, vera e propria icona
“militante” del
fumetto underground e dell’attivismo femminista che nel
1986 è stata la prima fumettista della storia a disegnare
Wonder Woman per una major come la DC
Comics, saranno presenti opere originali di Afua
Richardson e Alitha Martinez (entrambe
autrici afroamericane e attiviste, vincitrici dell’Eisner Award per
il loro lavoro su World of Wakanda della
Marvel, serie spin-off del già
“politico” Black Panther di Ta-Nehisi
Coates), di Colleen Doran (che ha disegnato sui
testi di sceneggiatori del calibro di Neil
Gaiman e Alan
Moore) e di Emil Ferris, il cui graphic
novel La mia cosa preferita sono i
mostri (pubblicato in Italia da Bao Publishing) è
diventato un vero successo editoriale di critica e pubblico,
premiato anche con il Fauve d’Or al Festival Internazionale di
Angoulême come “Miglior fumetto dell’anno” del
2018.
E ancora: Ebony Flowers
(autrice di Hot Comb, considerato da Guardian, Washington
Post e Believer uno dei migliori libri del 2019), Trinidad
Escobar (fumettista e poetessa filippina di San Francisco, dove
insegna al California College of the Arts), Tillie Walden
(Su un raggio di sole, Bao), Jen Wang (Il Principe
e la sarta, Bao), Joyce Farmer (Special Exits,
Eris Edizioni) e tante altre.
WOMEN IN COMICS: IL
DOCUFILM.
Completerà il
programma la proiezione di She Makes Comics della
regista Marisa Stotter (Respect Films, 2014), un
film/documentario – “la storia mai raccontata delle donne
nell’industria dei fumetti” – che verrà
proiettato per la prima volta in Italia a ciclo continuo
nella sala espositiva di Palazzo Merulana e sarà collegato ad un
progetto didattico che coinvolgerà le scuole italiane.
Volge al termine il Noir in
Festival, che cala il sipario sulla 30ma edizione con
tanti imperdibili incontri nella giornata conclusiva di venerdì 12
marzo.
Protagonista indiscusso sarà l’irlandese John
Banville, maestro del genere premiato dal Noir con il
Raymond Chandler Award alla carriera, che si
racconterà in uno speciale incontro in streaming intervistato dal
CEO di Film London Adrian Wootton (ore 12.00, su
Facebook e YouTube). John Banville, nelle librerie italiane dal 15
aprile con il suo ultimo Delitto d’inverno (Guanda),
ripercorrerà le tappe della sua carriera di scrittore, giornalista
e sceneggiatore, e saluterà il pubblico del Noir in Festival anche
nel corso della cerimonia di premiazione (in diretta su MYmovies a
partire dalle ore 19.30).
Accanto ad un maestro come John Banville, l’ospite d’onore della
serata sarà Diabolik, attraverso le
immagini inedite del backstage dell’ultimo attesissimo film dei
Manetti Bros.dedicato al Re del terrore. Durante
la serata di chiusura, che sarà trasmessa esclusivamente su
MYmovies, i fratelli Manetti saranno protagonisti di un incontro
sulla loro carriera, che ha mosso i primi passi proprio al Noir
durante gli anni a Courmayeur con l’episodio De
Generazione e il premiato Piano 17, fino ad arrivare
all’ultimo Diabolik di cui i registi mostreranno
in anteprima un inedito backstage, grazie alla
collaborazione con Rai Cinema e 01 Distribution.
La cerimonia di premiazione incoronerà il vincitore del Premio
Giorgio Scerbanenco, Tullio Avoledo, premiato
dalla giuria letteraria per il suo Nero come la notte
(Marsilio), e culminerà con l’assegnazione del Premio Caligari per
il miglior noir italiano dell’anno e del Black Panther Award per il
miglior film.
Nel corso della giornata sarà inoltre assegnato per la prima
volta il Premio Speciale Caligari per la
creatività produttiva a cavallo tra i generi nel cinema italiano di
oggi ad Andrea Paris, Matteo
Rovere e Sydney Sibilia, menti delle
factories produttive Ascent Film e Groenlandia (ore 16.00, su
MYmovies, Facebook e YouTube).
Il programma di venerdì 12 propone ancora un ricco palinsesto di
incontri: da Charlotte Link (ore 11.00, su
Facebook e YouTube), autrice tedesca contemporanea di maggior
successo che in dialogo con Alessandra Casella racconterà la nuova
indagine della sua Kate Linville in Senza Colpa
(Corbaccio), a Gianrico Carofiglio (ore 18.00, su
Facebook e YouTube) con il suo ultimo emozionante giallo La
disciplina di Penelope (Mondadori), che durante la
conversazione con John Vignola racconterà la sua nuova
protagonista, l’ex pubblico ministero Penelope Spada. Seguirà la
conversazione con Paolo Roversi: il vincitore del
Premio del Pubblico – Noir in festival per il romanzo noir italiano
più votato dai lettori tra i semi finalisti del Premio Scerbanenco
con Psychokiller (Sem), presenterà con Luca Crovi Il
pregiudizio della sopravvivenza (Marsilio), ottava avventura
del giornalista hacker Enrico Radeschi.
Il programma del 30° Noir in Festival si chiude con l’anteprima
di Les Apparences, il nuovo lavoro di
Marc Fitoussi, che il regista presenterà in
diretta in conclusione alla cerimonia di premiazione; il film,
tratto dal romanzo Betrayal della svedese Karin Alvtegen,
sotto la maschera della commedia cela un sofisticato thriller
psicologico (ore 21.00, MYmovies). Ultimo appuntamento per la
retrospettiva dedicata a Lucio Fulci con Le porte del
silenzio(ore 22.00, MYmovies).
Il Noir in Festival si svolge in streaming gratuito su tutto il
territorio nazionale sulla piattaforma MYmovies.it e sui canali social del festival
(Facebook, YouTube, Instagram). Tutti i film saranno disponibili
per 24 ore dalla data di prima programmazione, previa
prenotazione.
Natalie Portman è
stata avvistata sul set di Thor: Love and Thunder, film
in cui tornerà ad essere la Dottoressa Jane
Foster, ma questa volta con qualche aggiornamento in più.
A giudicare dalle braccia muscolose sfoggiate in queste immagini,
sembra che l’attrice abbia preso molto sul serio la prossima
evoluzione del suo personaggio, che, come sappiamo dalla storia dei
fumetti, diventerà il nuovo Thor.
Ecco le foto che stanno spopolando
su Twitter:
Some more pictures of Natalie Portman as
Jane Foster on the set of Thor: Love and Thunder from the other
day
Thor: Love and
Thunder è il titolo ufficiale del quarto capitolo
sulle avventure del Dio del Tuono nel MCU, ma ad impugnare il Mjolnir
stavolta sarà Jane Foster, interpretata di nuovo
daNatalie
Portman, come confermato sabato durante il
panel dei Marvel Studios al Comic-Con. L’uscita nelle
sale è fissata invece al 11 febbraio 2022.
Taika Waitititornerà alla regia di un film dei
Marvel Studios
dopo Thor:
Ragnarok, così come Chris
HemswortheTessa
Thompson riprenderanno i rispettivi ruoli di Thor
e Valchiria dopo l’ultima apparizione in Avengers:
Endgame. L’ispirazione del progetto arriva dal
fumetto “The Mighty Thor”, descritto da Waititi come “la
perfetta combinazione di emozioni, amore, tuono e storie
appassionanti con la prima Thor femmina dell’universo“.
In concorso alla XXX edizione del Noir in Festival,
Wildland è il primo lungometraggio della
regista danese Jeanette Nordahl, già assistente
alla regia nella fortunata serie tv Borgen – Il
potere, oltre che di film danesi come
Carl Mørk – 87 minuti per non morire e il
successivo The absent one – Battuta di
caccia. In quest’edizione del Festival,
Nordahl è tra le più attese della nutrita pattuglia al
femminile. Ci si aspetta molto da questo giovane talento, classe
1985. Il suo film, ultimato nel 2019, infatti ha già convinto alla
Berlinale 2020, dove è entrato a far parte della
sezione Panorama.
Wildland, la trama
La diciassettenne Ida,
Sandra Guldberg Kampp, perde la madre in un
incidente d’auto. Viene così affidata alla zia materna, Bodil,
Sidse Babett Knudsen, che la accoglie a casa sua,
dove vive con i figli Jonas, Joachim Fjelstrup, e
Mads, Besir Zeciri, la moglie di Jonas, Marie,
Sofie Torp, e la nipotina. Poco dopo si unisce a
loro anche il terzo figlio di Bodil, David, Elliot Crosset
Hove, con la sua ragazza Anna, Carla Philip
Røder. Ida li osserva, non sa cosa aspettarsi da loro.
Presto si rende conto che Bodil ha un legame morboso con i figli. I
tre fanno tutto ciò che dice la madre, che dirige letteralmente le
loro vite. In più, la famiglia ha dei loschi affari e mentre Bodil
si occupa della parte “amministrativa”, i tre figli fanno il lavoro
sporco. Presto anche Ida viene coinvolta, come nuovo membro della
famiglia e sperimenta su di sé quanto sia complicato svincolarsi da
quel legame malato. Quando la situazione si complica ulteriormente,
Ida è costretta a una scelta difficile.
La famiglia è una terra selvaggia e
pericolosa
A prima vista il titolo del
film, Wildland, “terra selvaggia”,
sembrerebbe in aperto contrasto con l’immagine che lo accompagna:
una famiglia apparentemente normalissima seduta su un divano. Non
vi è infatti nessun segno di catastrofi, di minacce incombenti
legate al mondo della natura, una natura che si riveli un pericolo
per l’uomo e lo metta a dura prova. È proprio questo che la regista
vuole mostrare: come una famiglia, che dovrebbe essere il luogo più
sicuro, in cui ci si sente più protetti, possa essere invece quello
in cui si è più in pericolo, peggio di una giungla. Soprattutto se,
come nel caso dei protagonisti, si tratta di una famiglia
disfunzionale, dedita ad attività criminali. Jeanette
Nordahl dunque si mostra ben più interessata ai meccanismi
emotivi, relazionali e psicologici che possono innescare una
situazione di tensione, di suspense e di pericolo, piuttosto che a
indagare pericoli esterni.
Wildland
entra a pieno nella contraddizione e ne esplora i paradossi, grazie
anche a un gruppo di buoni attori che riescono a incarnarne le
varie sfumature. Tra questi spicca, nel ruolo della matriarca
Bodil, Sidse Babett – già protagonista della
serie tvBorgen – il
Potere, ha lavorato con Susan Bier,
Emmanuelle Bercot e con RonHoward per Inferno.
La giovane Ida, timida e
indecifrabile, è invece interpretata da Sandra Guldberg
Kampp, con la sua fresca grazia. Ella si pone inizialmente
come outsider che osserva questo gruppo e le sue dinamiche, ma ne
viene presto risucchiata, proprio a causa della natura perversa dei
legami in gioco. Se da una parte la ragazza percepisce come assurdo
il funzionamento di questa famiglia e vorrebbe staccarsene,
dall’altra ne trae un senso di protezione e appartenenza e si
fa lusingare dalle attenzioni di una madre ossessivamente
protettiva, a suo modo perfino amorevole, che non si rende conto di
danneggiare i figli proprio mentre cerca di proteggerli, essendo al
tempo stesso manipolatrice. Una splendida Sidse
Babett sa abilmente incarnare entrambi gli aspetti
di questa sorta di mostro a due teste che è Bodil. I tre
figli maschi rappresentano in vario modo le tre declinazioni
dell’essere succubi: Jonas sembra il più responsabile, ma è un
burattino nelle mani della madre, David è il più fragile, vorrebbe
ribellarsi ma non ne ha la forza e così annulla sé stesso nella
dipendenza, Mads è un bambinone. Ma i veri punti di forza del film
sono le figure femminili. Sono le giovani donne quelle che
potrebbero in qualche modo sovvertire questo ordine malato. Non
tanto Marie, quanto la stessa Ida ed anche Anna, la compagna di
David. Sembrano quelle più forti e più in grado di
autodeterminarsi, ma qui la regista delude in parte le aspettative,
non dando a queste tre figure lo slancio che sembravano promettere.
Forse una su tre prenderà una strada diversa. Lasciamo allo
spettatore scoprire chi sarà.
Ad ogni modo,
l’ambiguità, l’ambivalenza dei legami morbosi al centro del film
avvince lo spettatore, alimenta la sua curiosità, insieme a un
sentimento di angoscia crescente, dovuto all’aggravarsi della
situazione, man mano che una vera e propria trappola si stringe
attorno all’ultima arrivata, Ida. Dunque, il film funziona, pur con
qualche sbavatura in scrittura: qualche traccia narrativa accennata
e poi abbandonata, dunque prescindibile. Il film è scritto da
Ingeborg Topsøe e basato su un’idea della regista
assieme alla stessa Topsøe. Un evento tragico nel sottofinale e il
finale aperto lasciano sul piatto più di un interrogativo, e se
quest’indeterminatezza può non piacere a tutti, si tratta di una
scelta d’impatto, che spinge lo spettatore ad immaginare un
possibile futuro.
Wildland
conferma quindi in Jeanette Nordahl un talento da
seguire.
Ci sono poche cose pericolose come
le ossessioni generate dall’amore, e proprio intorno a tale
sentimento si costruisce il nuovo film del regista francese
Pascal Bonitzer, dal titolo
The Spellbound. Noto per aver
precedentemente realizzato titoli come Encore e
Piccoli tradimenti, egli si affida ora per il suo nuovo
lungometraggio ad un racconto dello scrittore Henry
James, intitolato The Way it Came. Nasce da qui
una storia che fa del proprio mistero continuo il suo punto di
forza, gettando lo spettatore nel vortice di una vicenda più
complessa di quello che potrebbe sembrare. Tra inganni e piccoli ma
decisivi dettagli, l’amore diventa il teatro ideale tanto per la
vita quanto per la morte.
Presentato in concorso alla 30°
edizione del Noir in Festival, il film ha per
protagonista la disincantata Coline (Sara
Giraudeau). In cerca di un’occupazione stabile, questa
inizia a scrivere per una rubrica mensile intitolata “La storia
del mese”. Per il suo primo articolo le viene affidato il caso
di Simon (Nicolas Duvauchelle). L’uomo, che
abita in una remota baita sui Pirenei, racconta infatti di aver
visto il fantasma di sua madre al momento del trapasso di questa.
Scettica circa la realisticità dell’evento, Coline si mette in
marcia per incontrare Simon. Parlando con questi, la donna si
ritrova coinvolta in un gioco di seduzione quantomai insolito,
scoprendo a sue spese che i fantasmi possono essere più reali di
quanto si creda.
Un noir tra amore e incanto
The Spellbound è
traducibile in italiano come “Gli incantati“, e descrive
perfettamente i due protagonisti della storia. Coline appare essere
una donna senza grandi certezze nella vita, alla ricerca di
qualcosa di vero a cui potersi aggrappare. Simon, in modo simile,
sembra aver perso ogni contatto con la realtà, ritirandosi ad una
vera e propria vita da eremita. Per loro sembra non poterci essere
più magia, eppure, come sempre accade, questa si presenta nel
momento più inaspettato. Prima di vedere ciò, però, Bonitzer
sceglie di mostrarci i personaggi per come saranno alla fine del
viaggio.
La scena d’apertura del film,
infatti, si svolge a tre anni di distanza dagli eventi poi narrati.
Ha così inizio un viaggio a ritroso, che permette tanto di
confrontare il dopo con il prima, quanto di entrare nel cuore delle
tematiche del film. Quella che apparentemente sembra essere una
classica storia d’amore, possessione e ossessione, svela in realtà
significati più nascosti e affascinanti. L’intera opera si muove
infatti su un costante equilibrio tra la vita e la morte, e al
centro di questi due valori si trova naturalmente l’amore.
Bonitzer si sbilancia ora verso il
primo ora verso il secondo in base a chi tra Coline e Simon assume
maggior rilevanza. Se la prima è alla disperata ricerca di qualcosa
di vivo, altrettanto non si può dire dell’uomo. Con il progredire
della storia, il confine tra vita e morte diverrà sempre più
labile, lasciando ai personaggi il compito di scegliere da quale
parte stare. L’amore, che può ferire o uccidere, diventa allora il
pretesto per raccontare tale eterno conflitto, attraverso il quale
si cerca di indagare l’animo umano e il suo rapporto con tali
sentimenti.
The Spellbound: la recensione
Rarefatto come l’aria delle montagne
dove si svolge buona parte della storia, The Spellbound
ricorda per atmosfera un’opera come Personal Shopper. Anche
in questa, infatti, vi è l’elemento metafisico del fantasma, e
anche in questo si cercavano risposte all’elaborazione del lutto.
Meno compiuto del film di Assayas, questo di Bonitzer pecca forse
di uno svolgimento non sempre all’altezza del materiale di
partenza. Alcuni passaggi narrativi sembrano infatti rallentati da
un gioco ad inizi poco evidente, che se da un lato può stimolare la
visione di alcuni spettatori, dall’altro rischia di spazientire chi
è meno disposto a concedere il proprio tempo.
Se c’è un elemento di forza evidente
nel film, oltre al suo mistero generale, è però senza dubbio la
presenza dell’attrice protagonista. Sara
Giraudeau, con i suoi grandi occhi blu, incarna
perfettamente l’incanto del titolo, riuscendo infine a far
sviluppare un certo trasporto nei suoi confronti. Grazie a lei,
Bonitzer ha modo di condurre fino alla fine il gioco del suo film,
che seppur imperfetto presenta ugualmente elementi su cui poter
riflettere. Ancora una volta, a chi vorrà lasciarsi possedere, sarà
possibile accedere a chiavi di lettura di non immediata
comprensione.
Debutterà Lunedì 15
Marzo in onda su Rai3 Hangry Butterflies – la rinascita
delle farfalle, iil documentario diretto e scritto
da Maruska Albertazzi.
Fotografia
Francesco Andreoli, Montaggio Pietro
Morana. Musiche di Giulia Ananìa e
Marta Venturini. Con le canzoni di Giulia
Ananìa Una produzione BLINDSPOT STUDIOS
con RAI CINEMA. Prodotto da Francesco
Romeres e Alessandro D’Amario.
La trama
Dietro
l’hashtag #larinascitadellefarfalle c’è una
community di migliaia di ragazze, spesso giovanissime, che grazie
alla loro forza diventano ogni giorno più consapevoli e unite.
Un gruppo di guerriere che, attraverso i propri profili social,
sono riuscite a creare una rete vera, fisica, reale a cui
aggrapparsi nei momenti
più difficili. Hangry Butterflies racconta del
primo incontro dal vivo tra un gruppo di queste ragazze: hanno tra
i 14 e i 22 anni e stanno guarendo dal disturbo del comportamento
alimentare. Storie che si intrecciano, che si toccano, che
scivolano l’una nell’altra come in un gioco di scatole cinesi.
Perché queste ragazze sono una la
sponsor dell’altra. Sono oltre 3 milioni in Italia le
persone che convivono con disturbi del comportamento alimentare.
Tra queste 2,3 milioni sono
adolescenti. “Hangry” è un neologismo nato unendo
“hungry” – affamato – e “angry” – arrabbiato” –
e descrive quella sensazione di nervosismo, rabbia e
inquietudine che ci prende quando siamo affamati e non possiamo
mangiare. Milioni di donne, in questo momento, sono
“hangry” e non perché non hanno accesso al cibo.
Perché se lo negano. All’anoressia, alla bulimia e
agli altri disturbi dell’alimentazione è dedicato il 15 Marzo, la
Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla. Il Fiocchetto Lilla
è il Simbolo della lotta contro i Disturbi del Comportamento
Alimentare (DCA), ed è il simbolo di una lotta per il diritto alla
cura contro un’epidemia che sta prendendo dimensioni sempre più
preoccupanti, alla quale non vengono ancora destinati fondi
sufficienti e specifici.
In questo periodo il
sistema sanitario nazionale è rallentato dalla pandemia in corso:
negli ultimi 4 mesi del 2020 c’è stato un incremento del 30%
rispetto al 2019 delle richieste di presa in carico presso le asl
per i DCA.E solo nei primi 6 mesi del
2020 sono state registrate 230.458 prese in
carico di DCA, soprattutto tra i più
giovani.
La Snyder
Cut di Justice
League in arrivo il prossimo 18 marzo sarà un
film molto diverso rispetto a quello arrivato nelle sale nel 2017,
ma che piaccia o meno, le decisioni creative messe in atto da
Joss Whedon, alla fine, hanno avuto un impatto
su ciò che abbiamo visto in Aquaman e
Shazam!.
Naturalmente, adesso sarebbe
impossibile rendere “canonica” la storia raccontata nella
Snyder
Cut, qualcosa di cui sembra essere assolutamente
consapevole perfino Zack Snyder. Ospite all’interno del podcast
DC Cinematic, al regista è stato proprio chiesto in che modo il
suo taglio del cinecomic si inserirà all’interno del più ampio
DCEU, con lo stesso che ha ammesso che la sua versione non potrà
mai essere considerata realmente “canonica”.
“È interessante… in un certo
senso, all’interno del DCEU, o qualunque cosa sia diventato, quella
trilogia (L’uomo d’acciaio, Batman v Superman, Justice League) è come se fosse diventata
qualcosa di isolato, una cosa a sé stante. La mia versione di
Justice League non è ‘canonica’. Per la Warner Bros. lo è la
versione di Joss Whedon.”
“Nella loro mente, quella fa
parte del canone”, ha aggiunto Snyder. “Quello che ho
fatto io, invece, non lo è. Nella sua totalità. Ma alla fine mi sta
bene così, per sento che non avrei mai potuto realizzare il mio
film, in totale autonomia, sapendo che sarebbe stato canonico. Alla
fine, la Warner Bros. sta percorrendo tutta un’altra strada. E non
c’è nulla che io possa fare al riguardo. È una decisione che non
spetta a me.”
Zack
Snyder’s Justice League uscirà in
streaming uscirà il 18 marzo 2021 in
esclusiva digitale, disponibile per l’acquisto su
Amazon Prime Video, Apple Tv, Youtube, Google
Play, TIMVISION, Chili, Rakuten TV, PlayStation Store, Microsoft
Film & TV.
Il MCU è pieno di personaggi ambigui che fingono
di essere chi in realtà non sono. Al di là dei cattivi in piena
regola, però, ci sono moltissimi personaggi che si muovono lungo
una linea davvero sottile, a metà strada fra luce e oscurità,
agendo spesso in modo amorale, senza però mai esagerare. Proprio
per questo, i tradimenti più inaspettati e dolorosi sono spesso
arrivati da coloro che nessuno avrebbe mai additato come una vera
minaccia.
Screen Rant ha raccolto i 10 più grandi tradimenti visti nel
Marvel Cinematic Universe:
Clint volta le spalle ai Vendicatori
Il dolore può spingere le
persone a compiere gesti totalmente folli. Ognuno ha il suo modo di
elaborarlo, con alcuni che decido di intraprendere un percorso
spesso oscuro per liberarsi da rabbia e frustrazione. Dopo la
scomparsa della sua famiglia in seguito allo Snap, Clint
intraprende un percorso accecato dalla rabbia e dalla vendetta,
assumendo l’identità di Ronin e diventando a tutti gli effetti un
serial killer.
Certo, uccide solo i cattivi, ma la
verità è che la rabbia di Ronin non è altro che una proiezione di
uno stato di autodistruzione. Clint rincorre la morte, scegliendo
missioni sempre più violente e spericolate. Sceglie di abbandonare
tutti i suoi precedenti legami con i Vendicatori, in un momento in
cui avrebbe dovuto essere lì per loro.
Ultron sfrutta Wanda e Pietro
Quando i
gemelli Wanda e Pietro Maximoff si incontrano con Ultron, si
uniscono al suo piano per distruggere i Vendicatori. Nutrendo un
forte rancore nei confronti di Tony Stark, i gemelli aiutano
l’intelligenza artificiale a manipolare la squadra, colpendoli nei
loro punti deboli. I Maximoff credono che Ultron voglia
semplicemente eliminare i Vendicatori, ma la verità è molto più
oscura.
In realtà, il robot
vuole eliminare il mondo intero, giustificando le sue azioni
affidandosi a ad un vecchio tropo secondo cui è giusto, per un
cattivo, distruggere prima e creare dopo. Ultron sfrutta la perdita
e il dolore dei gemelli per usare i loro poteri contro i
Vendicatori. Tuttavia, una volta che se ne rendono conto, si
uniscono alla battaglia contro di lui.
Obadiah vuole uccidere Tony
All’inizio del suo viaggio
nel MCU, Tony vede Obadiah Stane come
un amico e un collega, ma soprattutto come un mentore e una figura
paterna. In realtà Stane, il secondo in comando alla Stark
Industries, vuole rilevare la compagnia e trama il rapimento e
l’eventuale assassinio di Tony. Il suo piano fallisce quando Tony
costruisce la tuta di Iron Man e sfugge al pericolo mortale.
Il ruolo di Obadiah in qualità di
cattivo non è stato sorprendente per il pubblico. Tuttavia, lo è
stato per Tony: vedere una delle persone più importanti della sua
vita rivoltarsi contro di lui è stato sicuramente un duro colpo per
il “genio, miliardario, playboy, filantropo”.
L’Antico usa il potere della Dimensione Oscura
Mistico,
prepotente e quasi etereo, l’Antico è un mentore per ogni studente
di Kamar-Taj. È saggio ma misterioso, accessibile ma distante. A
causa della sua vasta conoscenza, è un enigma per quasi tutti
quelli che lo circondano.
L’Antico è uno dei
personaggi più complessi del MCU. Sa cosa deve fare e comprende
che a volte le regole devono essere infrante o piegate per vincere
la guerra. Tuttavia, il suo uso del potere della Dimensione Oscura
per sostenere la sua lunga vita è stato visto come un grande
tradimento, con Mordo che rimane disilluso da lui e dalla
stregoneria in generale.
Lo SHIELD utilizza il Tesseract per costruire armi
Uno dei punti principali
della trama del primo film degli Avengers è la natura ambigua dello
S.H.I.E.L.D. Dopo la visita di Thor sulla Terra, le autorità
decidono che la Terra ha bisogno di un sistema di difesa più
elevato per combattere gli Dei e i mostri che si stanno generando
rapidamente.
L’uso del Tesseract da parte dello
S.H.I.E.L.D. per creare armi di distruzione di massa è un piano
sorprendentemente fuorviante. Come dice Thor, è solo un segno che
la Terra è pronta per una forma di guerra superiore. Il fatto che
lo S.H.I.E.L.D. riconduca tutto alla guerra è un chiaro segnale che
non tutto è come sembra all’interno dell’organizzazione.
Ave,
Hydra!
E parlando
dello S.H.I.E.L.D., Captain America: The Winter Soldier rivela quanto sia
veramente corrotta l’organizzazione. Alexander Pierce, segretario
del Consiglio di sicurezza mondiale, è in realtà un agente
dell’Hydra responsabile del caos in tutto il mondo: il suo
obiettivo è che le persone cedano volontariamente la loro libertà
in cambio della sicurezza.
Pierce riesce quasi
a far raggiungere all’Hydra il suo obiettivo. Riesce a ingannare il
mondo intero, vivendo una vita lunga, piena di criminalità e caos.
Pierce e l’Hydra si dimostrano incredibilmente astuti e spietati,
facendo sembrare tutti intorno a loro, incluso Nick Fury, dei
dilettanti.
N’Jobu si schiera
con Klaue
Il fratello
minore del re T’Chaka, N’Jobu, è una spia wakandiana a Oakland, in
California. A causa della sua esposizione nei confronti del mondo
esterno, N’Jobu si radicalizza. Arriva a vedere l’isolamento di
Wakanda come un errore e vuole usare il vibranio per avviare una
rivoluzione globale per le persone di origine africana.
Le opinioni
estremiste di N’Jobu lo portano a schierarsi con Ulysses Klaue,
rivelandogli l’esistenza di Wakanda e aiutandolo a rubare una
scorta di vibranio. L’attacco provoca la morte di diversi cittadini
wakandiani, che a sua volta porta alla caduta in disgrazia di
N’Jobu e alla sua morte.
Quasi tutto quello che ha fatto Loki
Se c’è un personaggio nel
MCU che è sinonimo di tradimento,
quello è certamente Loki. Dopotutto, è il Dio dell’Inganno, ed è
più che all’altezza del suo titolo. Di volta in volta, Loki
tradisce suo fratello maggiore, riuscendo a ingannare il Dio del
Tuono nove volte su dieci.
Loki non è necessariamente malvagio:
è solo un misantropo narcisista che vuole essere il re ad ogni
costo. Loki ha un lato anche morbido che viene alla luce di tanto
in tanto. Tuttavia, considerando che comunque è un pluriomicida, la
redenzione è probabilmente qualcosa che non avrebbe mai potuto
ottenere in una sola vita.
Nebula “tradisce” i Vendicatori
Non è
esattamente giusto dire che Nebula tradisce i Vendicatori, perché
in realtà non è la “vera” Nebula a farlo. È il suo sé del passato,
quello ancora ciecamente fedele a Thanos, che volta le spalle agli
eroi più potenti della Terra e porta il Titano Pazzo e il suo
esercito nel futuro.
La Nebula del
presente non può fare altro che guardare mentre la sua sé del
passato rovina il viaggio nel tempo con alcune delle sue attività
disoneste. Il tradimento complica le cose per i Vendicatori e
provoca quasi un secondo, ancora più letale Snap. Alla fine le cose
si risolvono quando i Vendicatori finalmente si
riuniscono.
Steve mente per proteggere Bucky
La
relazione di Steve con Bucky Barnes è parecchio complicata. Più che
un’amicizia, Steve e Bucky condividono un legame che nessun altro,
nemmeno il pubblico, può comprendere appieno. In un certo senso,
sono l’uno l’amore della vita dell’altro. Che sia di natura
romantica o meno, è un’altra questione, ma il punto è che sono
entrambi disposti a morire per l’altro.
Una volta scoperta
la verità sul coinvolgimento di Bucky nella morte dei genitori di
Tony, Steve continua a mantenere il segreto, condannando alla fine
anche sé stesso. Il suo errore provoca una gigantesca frattura nei
Vendicatori, che può essere risolta solo una volta che la minaccia
del Titano Pazzo diventa imminente. Non è solo un gigantesco
tradimento nei confronti della fiducia di Tony, ma è anche la cosa
più codarda che abbia mai fatto.
Svelato il cast di A
casa tutti bene – la serie, il primo progetto per la
TV firmato da Gabriele Muccino, reboot
dell’omonimo film campione di incassi del 2018 del regista
vincitore del David di Donatello. Le riprese della serie
prodotta da Sky e Marco Belardi per Lotus
Production – società di Leone Film Group, inizieranno il
15 marzo a Roma, dove continueranno fino all’estate, per un
debutto su Sky e NOW TV previstonel
2021.
Per la serie, un familydrama in otto episodi girati da Gabriele Muccino e da lui
scritti insieme a Barbara Petronio, Andrea Nobile, Gabriele Galli,
Camilla Buizza, un grande cast corale a interpretare i membri della
numerosa famiglia – nei suoi due rami – al centro della storia.
A casa tutti bene – La Serie quando esce e dove vederla in
streaming
A casa tutti bene – La Serie uscirà a novembre 2021 su SKY. A
casa tutti bene – La Serie in streaming sarà disponibile su
NOW.
Il cast di A casa tutti bene – la
serie tv
Laura Morante (Lacci,
Ciliegine, Ricordati di me) e Francesco
Acquaroli (Fargo, Suburra – la serie, Alfredino – Una
storia italiana) guidano il cast nei ruoli di Alba e Pietro
Ristuccia, proprietari del ristorante La Villetta, a Roma, e
genitori di Carlo, Sara e Paolo interpretati rispettivamente da
Francesco Scianna (Baarìa, La mafia
uccide solo d’estate, Latin Lover), Silvia
D’Amico (The Place, Hotel Gagarin,
Christian) e Simone Liberati
(Petra, La profezia dell’armadillo,
Suburra).
Euridice Axen
(Gli Infedeli, Loro, Il Processo) è
Elettra, ex moglie di Carlo, mentre l’esordiente Sveva
Mariani interpreta Luna, la figlia della coppia, legata a
Manuel, il cuoco del ristorante La Villetta interpretato da
Francesco Martino (L’oro di Scampia,
Catturandi – Nel nome del padre). Nei panni di Ginevra,
attuale compagna di Carlo, Laura Adriani
(Tutta colpa di Freud, Non c’è più
religione).Antonio Folletto (Gomorra – la
serie, Capri-Revolution, I bastardi di Pizzofalcone) è invece
il compagno di Sara, Diego.
Quindi i Mariani: Paola
Sotgiu (Suburra – la serie) interpreta Maria
Ristuccia (in Mariani), sorella di Pietro e madre di Sandro e
Riccardo Mariani, nei cui panni figureranno Valerio
Aprea (Boris, Figli, Smetto quando
voglio) e Alessio Moneta (1992,
Baciami ancora). Emma Marrone (Gli
anni più belli) interpreta la compagna di Riccardo, Luana,
mentre Milena Mancini sarà Beatrice, la compagna
di Sandro.
Nel cast anche il giovanissimo
Federico Ielapi (Pinocchio, Quo vado?, Tutti
per 1 – 1 per tutti), Maria Chiara Centorami
(Come saltano i pesci, Universitari – Molto più che
amici) e Mariana Falace (Gli anni più
belli, Si vive una volta sola).
La trama di A casa tutti
bene – la serie tv
Un segreto legato a una dolorosa
vicenda del passato torna all’improvviso nelle vite dei Ristuccia,
proprietari del ristorante La Villetta, da quarant’anni uno dei più
rinomanti locali della Capitale. Siamo nel cuore del rione
Trastevere, a Roma. Carlo, la nuova compagna Ginevra e la sorella
Sara sono sempre lì, tutti i giorni, ad aiutare i genitori Pietro e
Alba nella gestione dell’attività. Unico assente Paolo, il fratello
artista, che nessuno sa dove sia. Un giorno, però, un evento
inaspettato sconvolge gli equilibri familiari. I Mariani, un altro
ramo della famiglia, reclamano un posto all’interno dell’attività,
minacciando di far riemergere un terribile segreto dal passato dei
Ristuccia che ancora oggi ha delle profonde conseguenze nelle vite
dei protagonisti.
A CASA TUTTI BENE – LA
SERIE | Su Sky e NOW TV nel 2021
Kevin Feige ha
spiegato che Anthony Mackie e Sebastian Stan hanno contribuito alla scena
finale di Avengers:
Endgame, in cui i rispettivi personaggi (Sam Wilson e
Bucky Barnes) hanno detto addio al loro caro amico Steve Rogers
(Chris
Evans). Quest’ultimo, infatti, grazie alla scoperta
del viaggio nel tempo da parte dei Vendicatori, ha deciso di
tornare nel passato e vivere finalmente la sua vita insieme a Peggy
Carter (Hayley
Atwell).
Secondo quanto raccontato da Feige a
Variety, parte di ciò che abbiamo visto sullo schermo nel
finale di Avengers:
Endgame non era nella sceneggiatura. Il boss dei
Marvel Studios ha spiegato che, in realtà,
sono stati proprio Mackie e Stan a suggerire la scena sulla
panchina. Inizialmente, Sam doveva essere l’unico dei due ad
avvicinare a Steve, ma sono stati proprio gli attori a far sì che
la scena prendesse una direzione diversa.
“In realtà, sono stati Anthony e
Sebastian a inventare il blocco per la scena della panchina alla
fine di Endgame. Si avvicinano a Steve Rogers insieme. Nella
sceneggiatura, soltanto Sam notava questo signore anziano seduto su
una panchina. Hanno avuto quest’idea che iniziavamo a camminare
insieme, e poi Sam si faceva avanti. Anche l’idea di lui che tiene
lo scudo ed esclama: ‘Sembra che appartenga a qualcuno altro’, è
stata loro.”
Sam Wilson e Bucky Barnes sono stati
entrambi una parte fondamentale dell’arco narrativo di Steve Rogers
nel MCU. Nel finale di Endgame,
Steve ha ufficialmente lasciato in eredità a Sam lo scudo di
Captain America, spianando così la strada agli eventi
dell’attesissima serie The Falcon and the Winter Soldier, che
debutterà su Disney+ il prossimo 19 marzo.
Avengers:
Endgame è arrivato nelle nostre sale il 24 aprile
2019, diventando il maggior incasso nella storia del cinema. Nel
cast del film – tra gli altri – figurano
Robert Downey Jr., Chris
Evans, Mark
Ruffalo, Chris
Hemsworth e Scarlett
Johansson. Dopo gli eventi devastanti di Avengers:
Infinity War, l’universo è in rovina a causa
degli sforzi del Titano Pazzo, Thanos. Con l’aiuto degli alleati
rimasti in vita dopo lo schiocco, i Vendicatori dovranno riunirsi
ancora una volta per annullare le azioni del villain e ripristinare
l’ordine nell’universo una volta per tutte, indipendentemente dalle
conseguenze che potrebbero esserci.
Dal 22 marzo, dopo
il successo di “Mad
Max: Fury Road”, “Blade
Runner – The Final Cut” e “Wonder Woman”, torna “Titans of
Cult” – la prestigiosa collana di Steelbook in
Edizione Limitata che omaggia i grandi cult del cinema –
con la special edition di
“Batman”.
Jack Nicholson è Joker, che dopo un orribile
incidente si è trasformato in un folle criminale.
Michael Keaton è Batman, che in seguito ad un trauma
infantile è diventato un vigilante mascherato.
Kim Basinger è Vicki Vale, la fotoreporter di talento
desiderata da entrambi. In questa sua nuova speciale edizione,
“Batman”, l’incredibile spettacolo diretto da
Tim Burton, con le canzoni di Prince e la colonna sonora di
Danny Elfman, sarà disponibile in edizione Steelbook a 2
dischi, con il film disponibile in 4K Ultra HD e in
Blu-Ray, la Joker Card e un’esclusiva
spilletta in metallo.
In arrivo dal 12
marzo anche “Wonder
Woman 1984”, la “Titans of Cult” Steelbook
Limited Edition di “Pacific
Rim”, oltre ai cult sci-fi “Il Pianeta
Proibito” di Fred M. Wilcox (che festeggia quest’anno
il suo 65esimo anniversario) e “L’uomo che fuggì dal
futuro” (primo lungometraggio di George Lucas, al suo
50esimo anniversario), disponibili per la prima volta in una
speciale edizione Steelbook Blu-Ray, che conterrà anche il poster
originale delle pellicole.
WONDER WOMAN
1984:d al 12 marzo in DVD, Blu-Ray, 4K e Steelbook
4K
“Wonder Woman 1984”, l’attesissimo
film diretto da Patty Jenkins con protagonista
Gal Gadot, arriva in DVD, Blu-Ray, 4K e
Steelbook 4K da venerdì 12 marzo.
Dalla regista Patty Jenkins e con
protagonista Gal Gadot nel ruolo che dà il titolo al film, “Wonder
Woman 1984” fa un balzo in avanti fino agli anni ’80, dove l’ultima
avventura di Wonder Woman la vede cavalcare fulmini nel cielo,
indossare ali dorate e inseguire un suo sogno mentre è alla caccia
di due nuovi e formidabili nemici: Max Lord e Cheetah.
In “Wonder Woman 1984”, il destino
del mondo è nuovamente in pericolo, e solo l’intervento di Wonder
Woman riuscirà a salvarlo. Questo nuovo capitolo della storia di
Wonder Woman, vede Diana Prince vivere tranquillamente in mezzo ai
mortali nei vibranti e scintillanti anni ‘80—un’epoca di eccessi
spinta dal bisogno di possedere tutto. Nonostante sia ancora
in possesso di tutti i suoi poteri, mantiene un basso profilo,
occupandosi di antichi manufatti e agendo come supereroina
solo in incognito. Ma adesso, Diana dovrà uscire allo scoperto e
fare appello alla sua saggezza, alla sua forza e al suo coraggio
per salvare il genere umano da un mondo in pericolo di vita. Nel
film sono protagonisti anche Chris Pine nel ruolo di Steve Trevor,
Kristen Wiig in quello di Cheetah, Pedro Pascal è Max Lord, Robin
Wright è Antiope e Connie Nielsen come Hippolyta.
Nelle versioni Blu-Ray e
4K sono inclusi i contenuti extra del
film, tra cui spiccano gli speciali “Scene
Studies”, “The Making Of Wonder Woman 1984” e
“Gal & Kristen”. Tutte le versioni DVD, Blu-Ray,
4K e Steelbook 4K sono già disponibili per il
pre-order su Amazon.
PACIFIC RIM:
dal 12 marzo ‘Titans of Cult’ Steelbook Limited
Edition
Quando una legione di mostruose
creature aliene emerge dagli oceani, una guerra mortale ha inizio.
Per combatterle, gli umani creano un’arma speciale: enormi robot,
chiamati Jaeger. Ma anche i Jaeger sembrano impotenti di fronte
alla ferocia delle creature. Sull’orlo della sconfitta, il genere
umano non ha altra scelta che rivolgersi a due improbabili eroi
chiamati a pilotare un obsoleto Jaeger come ultima speranza prima
dell’apocalisse.
L’edizione Steelbook a 2 dischi
(disponibile con il prezzo suggerito al pubblico di €34,99)
include:
Il film Pacific Rim in 4K Ultra HD e in Blu-Ray
Un’esclusiva spilletta smaltata
Un poster da collezione
IL PIANETA PROIBITO:
dal 12 marzo in Steelbook Blu-Ray
“Il Pianeta Proibito” è il
precursore dei film di fantascienza moderni, un’opera
all’avanguardia che è stata fonte inesauribile di ispirazione per
infinite avventure spaziali cinematografiche degli anni successivi.
Leslie Nielsen interpreta un comandante che con il suo incrociatore
spaziale atterra sul pianeta Altair-4, dove vivono il professor
Morbius (Walter Pidgeon), sua figlia (Anne Francis), un diligente
robot Robby… e una terribile forza misteriosa. Realizzato con
straordinarie scenografie in scala e con la prima colonna sonora
interamente elettronica della storia del cinema, “Il Pianeta
Proibito” è un film che appartiene a una galassia cinematografica
tutta sua.
Di seguito i contenuti speciali
della Steelbook Limited Edition che conterrà anche il
poster originale del film:
Scene Eliminate e Filmati di Repertorio
2 Sequel con protagonista Robby il robot:
Film “Il Robot e lo Sputnik”
“Robot Client”, un episodio originale della Serie Tv “L’Uomo
Ombra”
Documentario Originale TCM Watch: “Science Fiction, the 1950s
and Us”
2 Featurette:
Amazing! Exploring the Far Reaches of Forbidden
Planet
Robby the Robot: Engineering a Sci-Fi Icon
Estratti dalla Serie TV The MGM Parade
Trailer Cinematografici de “Il Pianeta Proibito” e “Il Robot e
lo Sputnik”
L’UOMO CHE FUGGI DAL
FUTURO:dal 12 marzo in Steelbook
Blu-Ray
La prima visionaria pellicola di
George Lucas ora in versione Director’s Cut. Un’agghiacciante
esplorazione del futuro che può diventare un’avvincente valutazione
del presente. “L’Uomo che Fuggì dal Futuro”, prima opera del grande
regista George Lucas, ci propone un’indimenticabile interpretazione
di Robert Duvall, nella parte di THX 1138. Il prigioniero THX, il
cui corpo e la cui mente sono controllati da un sofisticato sistema
computerizzato, tenterà l’impossibile fuga da un mondo in cui non
esiste la parola libertà e l’amore è il peggiore crimine.
“L’elemento più entusiasmante de L’Uomo che Fuggì dal Futuro
non è tanto il messaggio quanto il mezzo – l’uso del film non per
raccontare una storia ma per comunicare un messaggio. Sbalorditivo…
affascinante… agghiacciante e incredibilmente potente”.
(Charles Champlin, Los Angeles Times).
Di seguito i contenuti speciali
della Steelbook Limited Edition che conterrà anche il
poster originale del film:
Commento di George Lucas e Walter Murch
Cinema del suono: solo traccia audio degli effetti
speciali
Master Sessions: Galleria Fotografica sul Lavoro
Pioneristico di Walter Murch
2 Documentari: A Legacy of Filmmakers: The Early Years of
American Zoetrope e Artifact from the Future: The Making
of THX 1138
Electronic Labyrinth THX 1138 4EB: il Cortometraggio
Originale di George Lucas
Jennifer Garner, che ha interpretato il
personaggio di Elektra nell’omonimo film del 2005
e in Daredevil
al fianco di Ben Affleck, ha ammesso di essere dispiaciuta che quei
film non siano stati realizzati dopo l’esplosione del MCU. Il film con Affleck e lo
spin-off con Garner sono stati entrambi un fallimento, tant’è che
il franchise dedicato all’Uomo Senza Paura non è stato più
esplorato fino all’arrivo della serie Netflix con Charlie Cox, trasmessa dal 2015 al 2018.
In una recente intervista con
The
Hollywood Reporter in occasione della promozione della commedia
Yes Day (disponibile da domani su Netflix), Jennifer Garner ha ricordato la sua esperienza
nei panni di Elektra, ammettendo che è un
“peccato” che abbia perso l’opportunità di entrare a far parte del
MCU. L’attrice ha quindi elogiato
il lavoro fatto nel corso degli anni da Kevin Feige, che ha saputo
“elevare” ogni tipo di componente dei film tratti dai fumetti,
dalla regia alle sceneggiature, fino al tono del film (che spesso
abbraccia quello tipico della commedia).
“Onestamente, è stato un vero
peccato”, ha dichiarato Garner. “Una volta che Kevin Feige
ha preso in mano la situazione, è riuscito a elevare tutto: dalla
scrittura alla regia… ha anche inserito quel tocco da commedia
nelle storie che voleva raccontare. Io non ho avuto
quell’esperienza quando ho realizzato i miei film.”
Al momento non sappiamo se rivedremo
mai i personaggi di Daredevil ed Elektra sul grande schermo. A
lungo si è parlato di un possibile ritorno di Charlie Cox nei panni di Matt Murdock in
Spider-Man: No Way Home, ma ad oggi non esiste ancora
una conferma ufficiale. Di recente, invece, Zack Snyder, regista di Batman v Superman e Justice
League, ha ammesso che si unirebbe volentieri alla grande
famiglia Marvel per realizzare un film
dedicato ad Elektra.
Doctor
Strange in the Multiverse of Madness è uno dei titoli
della Fase 4 del MCU più attesi di sempre, non solo
perché nel sequel ritroveremo Elizabeth Olsen nei panni di Scarlet Witch (il
film sarà collegato alla serie WandaVision), ma anche
perché rivedremo finalmente
Benedict Cumberbatch nei panni di Stephen Strange
(anche se è stato confermato che prima dell’arrivo del sequel il
personaggio apparirà in Spider-Man: No Way
Home).
Le riprese di Doctor Strange
2 sono attualmente in corso a Londra. Il film sarà
diretto da Sam Raimi, che tornerà ad occuparsi di
supereroi dopo la sua trilogia di Spider-Man conclusasi ufficialmente nel 2007. Raimi è
subentrato a Scott Derrickson, regista del primo
Doctor
Strange, che ha abbandonato il progetto a causa di alcune
“divergenze creative” con i Marvel Studios, ma che sarà comunque coinvolto
in qualità di produttore esecutivo.
Al momento i dettagli sulla trama
del film non sono ancora stati resi noti: sappiamo, però, che
Strange si ritroverà ad affrontare un “amico diventato nemico” che,
accidentalmente, ha scatenato un male di proporzioni epiche. Come
la maggior parte degli attori che firmano un contratto con la
Marvel, anche
Benedict Cumberbatch ha giurato di mantenere il
più stretto riserbo sulla trama del sequel. Tuttavia, in una
recente intervista con
Collider, l’attore britannico ha avuto la possibilità di
parlare della produzione e del lavoro con Sam
Raimi.
Benedict Cumberbatch e il set
“collaborativo” di Doctor Strange 2
“Sam è fantastico”, ha
spiegato Cumberbatch. “È incredibilmente collaborativo. È
arrivato da noi strascinandosi dietro il suo bagaglio da icona a
tutti gli effetti. È una forza incredibile, specialmente quando si
tratta di cinecomic. Al tempo stesso, però, è umile, gentile,
riconoscente. Vuoi davvero metterti al suo servizio. Quando è
felice, allora sai che hai fatto le cose nel modo giusto. Ti sa
indirizzare, riesce a farti raggiungere l’obiettivo. Lavorare a
questo film si è rivelato un processo molto, molto collaborativo.
Certo, c’era molta eredità con la quale confrontarsi… ma Sam è la
persona giusta. All’inizio sembra che stesse semplicemente facendo
del suo meglio in base a ciò che era già stato fatto. A mano a
mano, invece, è diventato sempre più creativo. Talmente tanto, che
a volte mi faceva paura.”
La sceneggiatura del film porterà la
firma di Jade Bartlett e Michael
Waldron. Oltre a Cumberbatch e Olsen, nel sequel ci
saranno anche Benedict Wong (Wong), Rachel
McAdams(Christine
Palmer), Chiwetel
Ejiofor (Karl Mordo) e Xochitl Gomez
(che interpreterà la new entry America Chavez).
Doctor Strange in the Multiverse
of Madness arriverà al cinema il 25 marzo 2022. Le
riprese sono partite a Londra a novembre 2020 e avranno luogo anche
a New York, Los Angeles e Vancouver. Nel sequel dovrebbe apparire
in un cameo anche Bruce Campbell, attore feticcio di Sam
Raimi. Al momento, però, non esiste alcuna conferma in
merito.
La notte è il momento della giornata
dove tutto può succedere, anche l’impensabile. Al cinema questa è
più volte stata assimilata alla sospensione del possibile, e il
film Non uccidere, opera seconda di
David Victori, non fa eccezione.
Appassionato di storie adrenaliniche e ricche di emozioni, il
regista spagnolo dà qui vita ad un percorso lungo una notte,
durante la quale prende forma un vero e proprio incubo. Se da un
punto di vista narrativo questo è un territorio piuttosto battuto,
il regista tenta di allontanarsi dai suoi predecessori attraverso
una serie di ambizioni e capacità estetiche che conferiscono al
film un ritmo a dir poco forsennato.
Presentato in concorso al
Noir in Festival, il film ha per protagonista Dani
(Mario Casas). Questi è un bravo ragazzo, che
negli ultimi anni si è dedicato esclusivamente al padre malato.
Dopo la morte del genitore, questi decide di riprendere in mano la
sua vita. Proprio quando ha in mente un lungo viaggio che la
sorella ha deciso di regalargli, incontra Mila
(MilenaSmit), una ragazza tanto
sensuale quanto instabile, che trasformerà la notte in un vero
incubo. Le conseguenze dell’incontro porteranno Dani a compiere
cose che non avrebbe mai immaginato di poter fare.
Attraverso le emozioni del
protagonista
La sequenza d’apertura del film è
già di per sé una chiara dichiarazione d’intenti. Il regista
sceglie di riprendere il protagonista sempre di spalle, seguendolo
attraverso un piano-sequenza in una serie di attività. Questo
pedinamento permette dunque di comprendere come l’intero film sarà
per lo spettatore un viaggio quanto più ravvicinato possibile a
Dani. Si avrà letteralmente la possibilità di essere accanto a lui
e seguirlo nelle sue peripezie. Come dichiarato dallo stesso
regista, il suo intento primario è proprio quello di permettere a
chi guarda il film di avere a che fare con un viaggio sensoriale
che lo porti a provare il disagio e le emozioni che il protagonista
vive.
Nel momento in cui la notte da
incubo di Dani ha inizio, ciò diventa ancor più evidente. La
macchina da presa diventa l’occhio dello spettatore, ma allo stesso
tempo è il mezzo attraverso cui si esterna lo stato d’animo del
personaggio. Capiterà infatti di imbattersi in una serie di lunghi
piani-sequenza che nella loro instabilità sottolineano lo
smarrimento e la paura del protagonista. Allo stesso modo, una
serie di movimenti virtuosistici che portano lo spettatore a vivere
quel malessere che determinate situazioni suscitano. Tale ricerca
stilistica potrebbe per certi aspetti risultare una forzatura o una
manipolazione di ciò che si dovrebbe provare, ma è innegabile il
suo conferire al tutto un’attrattiva particolarmente
entusiasmante.
Non uccidere: la recensione
Tra i titoli più famosi che in una
notte portano i loro protagonisti a vivere incubi dell’assurdo è
impossibile non citare Fuori
orari e Good Time. Seguendo una struttura
simile, Non uccidere non brilla certo per originalità, ma
consapevole di ciò Victori punta tutto sull’elemento visivo, sulla
capacità di comunicare emozioni e stati d’animo attraverso questo.
Allo stesso tempo, come il titolo lascia ben intendere, riesce a
dar vita ad una riflessione morale sempre più attuale. Il
protagonista, presentato come un classico bravo ragazzo senza
macchie, sembra essere la cavia di un esperimento. Il tema di
questo potrebbe essere sintetizzato in “Cosa saresti disposto a
fare persopravvivere?”.
Victori unisce dunque grande
intrattenimento a tematiche etiche, portando lo spettatore a dover
rispondere in prima persona alle domande poste. È facile dire al
protagonista come dovrebbe comportarsi, risulta frustrante quanto
sceglie di agire in tutt’altro modo. Il tentativo di annullare la
distanza tra personaggio e spettatore sembra dunque servire anche a
portare quest’ultimo a giungere a proprie personali riflessioni,
che potrebbero in fin dei conti non differire troppo da quelle
fatte da Dani. Nel suo finale, anche fin troppo esplicito, tutto
ciò risulta ancor più evidente. Per queste sue caratteristiche
estetiche e tematiche, Non uccidere conferma il talento
del suo regista. Victori, scoperto tramite un cortometraggio dal
celebre Ridley Scott,
potrebbe infatti diventare uno dei nomi di punta del nuovo cinema
spagnolo.
Sono state annunciate le nomination
per gli ASC Awards 2021, i premi del sindacato dei
direttori della fotografia a Hollywood che premiano le eccellenze
di settore. Ecco di seguito tutti i candidati:
Motion Picture, Miniseries, or Pilot Made for
Television
Martin Ahlgren, ASC for The Plot Against
America“Part 6”
Anette Haellmigk for The Great “The
Great”
Pete Konczal for Fargo “The
Birthplace of Civilization”
Steven Meizler for The Queen’s
Gambit “End Game”
Gregory Middleton, ASC, CSC
for Watchmen “This Extraordinary Being”
Episode of a One-Hour Television Series –
Non-Commercial
David Franco for Perry
Mason “Chapter 2”
Ken Glassing for Lucifer “It Never
Ends Well for the Chicken”
Adriano Goldman, ASC, ABC, BSC for The
Crown“Fairytale”
David Greene, ASC, CSC
for Impulse “The Moroi”
M. David Mullen, ASC for The Marvelous Mrs.
Maisel “It’s Comedy or Cabbage”
Fabian Wagner, ASC, BSC for The
Crown “Imbroglio”
Episode of a One-Hour Television Series – Commercial
Dopo mesi di rumor parecchio
insistenti, arriva da
Deadline la conferma ufficiale che Michael B. Jordan dirigerà Creed 3,
firmando così il suo debutto dietro la macchina da presa. La MGM ha
inoltre annunciato che il film arriverà nelle sale americane il 23
novembre 2022. Le riprese dovrebbero partire entro la fine del
2021.
Naturalmente Jordan (che vedremo
prossimamente nell’attesissimo Senza
rimorso di Stefano Sollima, basato sul romanzo di Tom
Clancy) tornerà a vestire anche i panni di Adonis “Donnie” Johnson,
mentre Tessa Thompson (attualmente impegnata sul set
di Thor: Love and
Thunder) sarà ancora una volta Bianca Taylor. Per quanto
riguarda Sylvester Stallone, più volte in passato il
leggendario attore ha specificato che non sarebbe tornato nei panni
di Rocky Balboa. Nel terzo episodio rivedremo anche
Phylicia Rashad, che in Creed II
aveva interpretato Mary Anne Creed.
Creed 3,
il terzo episodio di Creed
è stato ufficializzato a febbraio del 2020. All’epoca venne
soltanto confermato che ad occuparsi della sceneggiatura sarebbe
stato Zach Baylin, noto per aver curato lo script
di King Richard, un biopic
incentrato sulla vita del padre delle campionesse di tennis Serena
e Venus Williams, che avrà come protagonista Will
Smith e che debutterà nelle sale e su HBO Max il prossimo 19
novembre. Alla sceneggiatura collaborerà anche Keenan
Coogler.
Il primo Creed,
uscito nel 2015 (e noto in Italia col titolo Creed
– Nato per combattere), è stato diretto da Ryan Coogler, regista di Black
Panther, ed è stato un enorme successo sia di critica che
di pubblico. Il sequel, Creed II, è
uscito nelle sale nel 2018 ed è incassato 215 milioni di dollari a
fronte di un budget di soli 50 milioni. Il sequel è stato diretto
da Steven Caple Jr., mentre Coogler è tornato in
qualità di produttore esecutivo.
Il primo Deadpool,
uscito nelle sale nel 2016, ha sicuramente ridefinito alcune
concezioni alla base della realizzazione di un film di supereroi di
successo. Il cinecomic con Ryan Reynolds, infatti, è passato alla storia
per aver battuto numerosi record nonostante il budget ridotto, e
ora è stato l’interprete di Wade Wilson a riflettere sulla
questione, spiegando quanto sia stato proprio quel budget ad
aiutare il film a lungo termine.
Il personaggio di Deadpool era
sempre stato considerato dalla Fox degno di essere esplorato sul
grande schermo, ma a causa del flop di
Lanterna Verde del 2011 (sempre con Reynolds
protagonista), lo studio era parecchio titubante. Secondo alcune
voci, proprio per questo motivo Fox – solo 48 ore prima che
Deadpool
ricevesse ufficialmente il via libera – arrivò a tagliare il budget
di circa 8 milioni, lasciando a Reynolds e soci solo 58 milioni con
cui realizzare il loro film. Alla fine, Deadpool
conquistò circa 800 milioni di dollari al box office mondiale,
diventando il progetto ideale di ogni studio cinematografico
(budget ridotto e incassi al di sopra delle aspettative).
Naturalmente, Ryan Reynolds è molto orgoglioso dei risultati
che sono stati raggiunti dal film. In una recente intervista con
Entrepreneur, l’attore canadese ha spiegato che, proprio grazie al
successo di Deadpool,
oggi più che mai ritiene che un budget ridotto possa effettivamente
rappresentare un vantaggio. “Ogni volta che lo studio sottraeva
denaro al nostro buget, sostituivamo qualsiasi situazione che
perdevamo con un personaggio”, ha spiegato. “Alla fine
questo è diventato il segno distintivo del progetto, la
caratteristica distintiva di quella proprietà. Le persone non
ricordano tutte quelle sciocchezze legate al dover salvare il
mondo, ecc… Ricordano quello che il personaggio dice o come
reagisce in un determinato momento. Per me, quella lezione vale
oro. Perché significa che puoi penetrare lo zeitgeist e fare colpo
senza spendere un sacco di soldi e rovinare la banca.”
Il futuro di Deadpool al cinema
Dopo l’uscita di Deadpool
2 e l’acquisizione di Fox da parte di Disney, il futuro di
Deadpool
è stato per lungo tempo appeso al filo dell’incertezza. Tuttavia,
lo scorso gennaio è stato confermato che Deadpool 3 si farà e che sarà ufficialmente
collegato al MCU. Al momento le uniche
informazioni sul film riguardano gli sceneggiatori: la Marvel, infatti, ha affidato a
Wendy Molyneux e Lizzie
Molyneux-Logelin (che andranno a sostituire i veterani
Rhett Reese e Paul Wernick) il compito di scrivere il nuovo
film.
Sembra che Yellowstone 5 si farà, lo show con Kevin
Costner è stato tranquillamente rinnovato per una quinta stagione.
Le riprese per la quinta stagione di Yellowstone
inizieranno a luglio 2021. La terza stagione di Yellowstone –
creata da Taylor Sheridan (già sceneggiatore di
Hell or High Water, Sicario e Soldado) è andata in onda su SKY Atlantic e si è
conclusa da poco, mentre cresce l’attesa per la quarta stagion,
oggi arriva la conferma della quinta stagione.
In Yellowstone
5 ritornano John Dutton (Kevin
Costner), capofamiglia e proprietario del ranch,
entrato in conflitto con l’imprenditore edile Dan Jenkins
(Danny Huston), e con il presidente della riserva
indiana di Broken Rock, Thomas Rainwater (Gil
Birmingham), coinvolgerà nuovamente i quattro figli Kayce
(Luke Grimes), Jamie (Wes
Bentley) e Beth (Kelly
Reilly) nella sua personale guerra contro i poteri
forti.
Scritta e diretta da
Taylor Sheridan, candidato all’Oscar per la
sceneggiatura diHell
or High Watere già dietro al successo
diSicarioe Soldado,
Yellowstone
è un avvincente dramma familiare che ha conquistato il pubblico e
la critica italiani e internazionali mettendo in scena un’America
inedita. Protagonista ancora una volta il premio Oscar Kevin Costner nei panni del cowboy John
Dutton.
La Universal Pictures ha diffuso il
trailer di TINA, il documentario realizzato dai registi vincitori
dell’Oscar Dan Lindsay e T.J. Martin e con
interviste aTINA TURNER,OPRAH WINFREY, ANGELA BASSETT,KATORI HALL, CARL ARRINGTON, ANN BEHRINGER,
TERRY BRITTEN, ROGER DAVIES, RHONDA GRAAM, KURT LODER, LE’JEUNE
RICHARDSON, JIMMY THOMASe ERWIN
BACH
E’ stato presentato, con grande
successo di critica, il nuovo trailer del documentario TINA.
Realizzato dai registi vincitori dell’Oscar® Dan Lindsay, T.J.
Martin (Undefeated), TINA è uno sguardo rivelatore e intimo
sulla vita e la carriera dell’icona musicale Tina Turner,
che racconta il suo difficile cammino, fino al successo e alla
fama, le sue battaglie, nella vita privata e nell’ambito
professionale, le sue rivincite, la sua stupefacente
trasformazione in un fenomeno globale negli anni ’80.
Filmati, nastri audio e foto personali mai visti prima, raccontano,
in tutta la sua complessità, la vita avvincente della regina del
rock ‘n’ roll. TINA uscirà nei cinema quest’estate.
TINA, la trama
TINA “celebra” il valore di una donna e di una
superstar globale e il ritratto intimo di una donna che ha superato
incredibili avversità per percorrere la sua carriera, per definire
una sua identità in totale autonomia.Dagli inizi della sua
carriera come regina dell’R&B ai suoi tour da record nelle
arene degli anni ’80, Tina Turner apre il sipario per invitarci nel
suo mondo privato in un modo che non ha mai fatto prima. Rivelando
i suoi conflitti, le sue lotte e condividendo alcuni dei suoi
momenti più personali. TINA è il documentario che traccia il
ritratto di una delle più grandi figure della musica
moderna.
Lightbox
Production presenta TINA, prodotto dal premio Oscar® Simon Chinn e
dal produttore vincitore di un Emmy® Jonathan Chinn, insieme alla
produttrice nominata agli Emmy® Diane Becker; e dai produttori
esecutivi Erwin Bach, Tali Pelman, Will Clarke, Andy Mayson, Mike
Runagall, David Gilbery e Charles Dorfman.
Il Deathstroke di
Joe Manganiello avrà finalmente la possibilità
di apparire sul grande schermo ed avere un certo minutaggio a
disposizione (anche se non sappiamo effettivamente quale sarà il
suo ruolo nella storia) grazie all’attesissima
Snyder Cut di Justice
League, in arrivo il prossimo 18 marzo sia in America
che in Italia.
Inizialmente il personaggio, apparso
per la prima volta nella seconda scena post-credits della versione
cinematografica di Justice
League (scena che, nei fatti, non si è poi collegata a
nessun progetto concreto), sarebbe dovuto apparire nel nuovo
standalone dedicato a Batman, quando il film era ancora nelle mani
di Ben Affleck e non era ancora passato a
Matt Reeves, che l’avrebbe poi trasformato nel
The
Batman che arriverà al cinema nel 2022.
Da allora, Manganiello ha più volte
parlato dei piani originali per il personaggio di Deathstroke,
ribadendo più e più volte che oltre al film di Affleck, la Warner
Bros. aveva in cantiere anche uno standalone dedicato a Slade
Wilson. In occasione di una recente ospitata all’interno del
podcast
Happy Sad Confused, l’attore statunitense ha spiegato che la
visione di Affleck era stata fortemente influenzata dal videogioco
“Batman: Arkham Origins” per quanto riguarda
l’approccio all’azione, spiegando che lui e Affleck avevano
guardato il video promozionale dedicato allo scontro tra i due
personaggi per capire come orchestrare al meglio le sequenze
d’azione.
Sempre nel corso della medesima
intervista, Manganiello ha rivelato che inizialmente il personaggio
di Deathstroke sarebbe dovuto apparire anche nel sequel di Suicide
Squad (la pellicola uscita nel 2016 e non il film
diretto da
James Gunn). “C’erano quattro o forse cinque versioni
differenti di Suicide Squad 2 che includevano anche il mio
personaggio”, ha spiegato. “Alla fine non è stato
realizzato nessun film. C’era una sceneggiatura di Zak Penn, c’era
la versione di Gavin O’Connor. C’era una versione con Will Smith,
un’altra senza Will Smith, una in cui c’eravamo solo io e Will
Smith. Siamo andati avanti così per molto tempo.”
Come già avvenuto in passato,
Manganiello ha fatto ancora una volta riferimento al futuro di
Deathstroke dopo l’uscita della Snyder
Cut. L’attore ha spiegato che i fan resteranno estasiati
da ciò che Zack Snyder ha fatto con il personaggio nella
sua versione del cinecomic, lasciando intendere che potrebbe
davvero esserci un futuro per il personaggio sul grande schermo,
indipendentemente da chi verrà chiamato ad occuparsene: “Penso
che ci sarà molto eccitazione nel continuare quello che Zack ha
fatto nel suo film”, ha dichiarato.
Joe Manganiello sullo standalone di
Deathstroke mai realizzato
In un’altra intervista con
The Hollywood Reporter, invece, l’attore ha parlato dello
standalone di Deathstroke, spiegando che il progetto è stato
sospeso tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018 a causa dei
cambiamenti esecutivi avvenuti all’interno della Warner Bros.
Manganiello aveva scritto un trattamento ed era stato lui a
convincere il regista Gareth Evans(The Raid –
Redenzione) ad occuparsi della regia, nonostante questi non
fosse particolarmente convinto. Tuttavia, come spiegato
dall’attore, la Warner Bros. era riluttante a dare il via libera ad
un film basato su un supercriminale: “Quando le cose si sono
calmate, non è stata vista come una priorità fare un film da 40
milioni di dollari sulle origini di un cattivo.”
Presentato nella
selezione ufficiale in concorso del Noir in Festival XXX,
Gatecrash tradisce la sua origine teatrale
nell’impianto basato sulla totale unità di tempo e spazio. Il film,
diretto da Lawrence Gough, si basa infatti su una
piece teatrale di Terry Hughes e mette in scena
una mascolinità tossica che si conclude in un violento
epilogo.
Questo dramma da camera,
compresso in spazi angusti, ruota attorno a un incidente
automobilistico che non ci viene mai mostrato, ma solo raccontato.
L’evento causa dei conflitti tra una manciata di personaggi che
costituiscono il punto fermo di un ritmo della narrazione
crescente, nonostante non ci sia grande movimento, né dei
personaggi, né del montaggio stesso del film.
Nicole (Olivia
Bonamy) e Steve (Ben Cura), una coppia
che chiaramente vive di abusi, tornano a casa, una graziosa ma
isolata villetta di campagna, una casa che nei colori e negli
arredi, prugna, tortora e grigi, ricorda i lividi che Nicole porta
sul volto, dopo che, sulla via del ritorno, Steve ha investito
qualcosa o qualcuno con la macchina.
Gatecrash, un noir che non è all’altezza della
fonte
Non ci viene mostrato
niente, ma dai discorsi della coppia, capiamo che era lui a
guidare, quando hanno investito un misterioso passante, ma che dà
la colpa a lei, perché dice di essere stato distratto dalla sua
conversazione. Mentre questo dispiegamento di mascolinità tossica
si avvicina al suo momento più alto, la conversazione trai due
viene interrotta da qualcuno che arriva alla porta: un poliziotto
(Samuel West) che con fare fintamente disinvolto chiede alla coppia
se hanno visto qualcosa di strano nei dintorni. Da questo momento
in poi, la situazione degenera.
A questo punto del film
cominciano a verificarsi diverse cose strane, che mirano
probabilmente a confondere e sedurre lo spettatore, ma che
purtroppo conferiscono al film, nel suo svolgimento, un andamento
caotico, fuori controllo. Monti dialoghi si ripetono, pronunciati
da personaggi diversi, nessuno dei protagonisti ha motivazioni
chiare e i toni cominciano ad oscillare dal fantasy macabro al
thriller senza però trovare una loro dimensione vera e
propria.
A questa dinamica già
confusa, si aggiunge un altro elemento dissonante, ovvero
l’apparizione, apparentemente senza motivazione alcuna, di un altro
personaggio, l’anziano Sid, interpretato da Anton
Lesser (meglio conosciuto in TV per Game of
Thrones in cui interpreta l’infido Qyburn). Il personaggio
risulta il più risolto e strutturato di tutti, e sembra quindi che
sia stato l’attore stesso a dargli spessore, visto che da
sceneggiatura, firmata da Lawrence Gough e Alan Pattinson, nessuno
degli altri sembra avere lo stesso approfondimento.
Se dalle recensioni degli
specialisti di teatro, la storia aveva un suo interesse e la piece
in sé è stata accolta con grande favore, la versione
cinematografica di Gatecrash non possiede né lo
stesso appeal, né l’allure lynchiano che ha fatto la fortuna del
testo originale.
‘Partecipa anche tu,
se hai il coraggio’ è il motto del Festival irriverente e mai
scontato di Santarcangelo, che festeggia il cinquantenario dalla
sua nascita con un’opera in suo onore. Un lavoro minuzioso ed
evocativo, plasmato dalle menti dei registi Alessandro Rossi
e Michele Mellara e presentato alla diciassettesima
edizione delle Giornate degli Autori, nella sezione “Notti
Veneziane – l’Isola degli autori” (Venezia
2020).
50 Santarcangelo
Festival è la storia di un Festival che ospita l’espressione e
l’evoluzione del teatro in un contesto politico e sociale in
fermento, che ne arricchisce forme e colori.
Il duo di registi, già
assiduo frequentatore del Festival di Santarcangelo ha attinto, su
commissione, dagli archivi video accumulati negli anni e ne ha
tratto una congerie saporita di sensazioni ed immagini. Corpi in
azione e voci in asincrono riflettono scontri e miscugli di un
festival che è stato ed è unico nel suo genere.
50 Santarcangelo
Festival sbircia su un mondo altro, incantato e chiassoso,
sconosciuto a molti e piccolo gioiello per chi vi ha preso parte,
raccontato attraverso gli occhi dei molteplici direttori che si
sono succeduti alla sua guida, ognuno dei quali si è sempre
dimostrato alla ricerca instancabile di integrazione ed
innovazione: ‘Se rimani uguale a te stesso muori, ma se vuoi
rimanere te stesso devi cambiare’ (Antonio Attisani –
Direttore del Festival, 1981).
Il tutto nasce
dall’incontro fortuito tra il sindaco di Santarcangelo Romagnola,
Romeo Donati ed il registra di teatro, allora in turnée,
Piero Patino, dei quali l’intento è quello di proporre
‘spettacoli che abbraccino le attività di palcoscenico, senza
riferimenti’ alla politica (Romeo Donati).
La recensione di 50 Santarcangelo Festival
Perché è questo che è il
teatro: politica, performance, arti sceniche, teatro d’attore,
musica ed infine incontro di tutte queste forme in una sola.
Ciò che si nota guardando
la pellicola è quanto il festival sia orientato alla condivisione e
insieme all’apprendimento: è una fucina di talenti, una
‘Woodstock del teatro, un grande laboratorio di strada’,
come tiene a sottolineare Roberto Dacci, Direttore
illuminato di svariate edizioni del Festival.
Nelle edizioni che si
susseguiranno, si esibiranno compagnie teatrali tra le più
importanti e all’avanguardia dello scenario italiano ed europeo,
rinvigorendo ogni volta la manifestazione con energie nuove e
dirompenti.
Alessandro Rossi e
Michele Mellara non sono nuovi al genere del
documentario ed in particolare a tematiche delicate quali
ambiente e diritti umani ed hanno reso con eleganza la storia di un
Festival che ha rappresentato il luogo di incontro di tradizioni
teatrali lontane geograficamente e concettualmente, che ha permesso
scambi culturali altrimenti impensabili e, cosa più importante, è
stato e rimane un punto di riferimento per il teatro e gli artisti
che lo praticano.
Il lavoro è un tripudio
di immagini, forme e corpi in fiore, raccontati dai testimoni di
allora e di oggi. Un’opera che è riuscita nella difficile impresa
di rendere il teatro tramite il cinema, che ha saputo cogliere la
scintilla nelle performance, i momenti di stupore ed attonimento.
Ha restituito con compiutezza sensazioni ed emozioni di un passato
che ha forgiato attori e compagnie del presente, raccontandone
l’evoluzione tra bisbigli e sospiri e talvolta urla, rivelando e
nascondendosi, ma mai annoiando.
Il 15 e il 26 marzo i registi ALEX
INFASCELLI e FRANCESCO BRUNI saranno i protagonisti di due
importanti incontri virtuali, nell’ambito del progetto ArtMedia
Cinema e Scuola – Immagini personaggi storie. Percorsi di cinema
per studenti, ideato e curato da Loredana Commonara e rivolto agli
studenti dei licei di tutta Italia.
I due incontri saranno preceduti
rispettivamente dalle proiezioni, programmate per i ragazzi delle
scuole secondarie di secondo grado, di Mi chiamo Francesco Totti,
per la regia di Alex Infascelli (dall’8 all’ 11 marzo) e di Cosa
sarà? di Francesco Bruni (dal 22 al 25 marzo). Dopo il primo evento
dello scorso 19 febbraio, moderato da Mario Sesti e con la
partecipazione di
Sara Serraiocco per il film Non
odiare di Mauro Mancini, l’iniziativa prosegue così il suo viaggio
nel cinema contemporaneo con nuovi appuntamenti, destinati a
stimolare la curiosità dei ragazzi e consegnare loro strumenti
utili per avviare un’analisi critica su una realtà sempre più
confusa. «Siamo riusciti a trovare il modo più efficace per poter
mettere in opera la seconda edizione del progetto ‘ArtMedia Cinema
e Scuola’» dichiara Loredana Commonara. «Mai come quest’anno, vista
la situazione dell’istruzione, del comparto della cultura in
generale e del cinema in particolare, un progetto del genere
diventa necessario. Lo vediamo dalla risposta delle scuole, degli
insegnanti e soprattutto degli studenti».
Il progetto nasce con l’obiettivo di creare una vera e propria
palestra per l’audiovisivo, in grado di fornire gli strumenti per
leggere un’opera cinematografica e di ridurre la distanza tra
pubblico e specialisti attraverso proiezioni e occasioni di
confronto con attori, registi, sceneggiatori e compositori,
veicolato dai maggiori esponenti della critica e del
giornalismo.
L’origine del progetto è da rintracciare nel concorso nazionale
OPEN FRONTIERS YOUNG, che si tiene ogni anno nell’ambito del
VENTOTENE FILM FESTIVAL. Dedicato ai cortometraggi interamente
realizzati da studenti italiani (dall’ideazione al soggetto, dalla
recitazione alla produzione), da molti anni il concorso ha
l’obiettivo primario di avvicinare i giovani a quegli ideali di
unità e condivisione con cui l’Unione Europea è nata e che, non a
caso, affondano le proprie radici nella storia dell’isola di
Ventotene.
In un momento a dir poco drammatico
per il settore culturale come quello che stiamo attraversando, il
percorso di educazione e approfondimento portato avanti da ArtMedia
– Cinema e Scuola gioca così un ruolo ancora più fondamentale nel
diversificare l’offerta formativa delle scuole e degli studenti,
colpiti dagli effetti della pandemia, fornendo ai ragazzi nuove
occasioni di dialogo e, allo stesso tempo, avvicinandoli al mondo
del lavoro creativo attraverso la sperimentazione in campo.
Conclusione naturale del progetto e degli incontri di quest’anno
sarà, infatti, la produzione di un cortometraggio che vedrà la
partecipazione attiva dei ragazzi.
Tra i tantissimi protagonisti che,
nella precedente edizione, hanno accompagnato gli studenti in
questo importante viaggio di educazione e di approfondimento nel
cinema d’autore contemporaneo, ricordiamo: Emir Kusturica, Monica
Guerritore, Luca Zingaretti, Roberto Saviano e Claudio Giovannesi,
Daniele Lucchetti, Alessandro Borghi, Riccardo Milani, Paola
Cortellesi, Francesco Piccolo ed Elena Sofia Ricci.
L’iniziativa è realizzata
nell’ambito di CIPS – Cinema e Immagini per la Scuola – Piano
nazionale di educazione visiva per le scuole promosso dal Ministero
dell’Istruzione e dal Ministero della Cultura, con il patrocinio
del Comune di Roma Assessorato alla Crescita culturale.
Il progetto ArtMedia – Cinema e
Scuola vede il coinvolgimento dei licei di tre diverse regioni:
Istituto Comprensivo Pisacane di Ponza e Isiss Pacifici e De
Magistris di Sezze (Latina), IIS G. De Sanctis e IMS Margherita di
Savoia di Roma, Liceo classico musicale statale Domenico Cirillo di
Aversa (Napoli), Istituto Isabella D’este Caracciolo di Napoli, ISI
di Barga (Lucca).
Protagonista dal fisico e dalle
abilità eccezionali di Arrow, Stephen
Amell è in circolazione da un bel po’. Ha recitato in
The Vampire Diaries, Beautiful People, Heartland, CSI e
NCIS, 90210, Hung – Ragazzo Squillo, New
Girl, Private Practice, The Flash,
Legends
of Tomorrow, e molto altro. Cosa non sapete su di lui?
Ecco dieci curiosità su Stephen Amell.
Stephen Amell in The Vampire
Diaries
1. Stephen Amell ha mancato
due ruoli in The Vampire Diaries. Inizialmente, aveva
fatto l’audizione per il ruolo di Mason Lockwood, e poi per quello
di Elijah. Entrambe le volte, fu preso in considerazione, per poi
essere però scartato. Ma riuscì ad entrare nel cast del telefilm,
quando fu scelto per il ruolo del lupo mannaro Brady nella seconda
stagione.
Stephen Amell: fisico
2. Stephen Amell: il fisico e il
body-shaming. Stephen Amell è famoso per il proprio fisico, per
la propria forza, e per la capacità di sottoporsi costantemente ad
allenamenti intensissimi per mantenere una forma smagliante,
soprattutto per Arrow. Ad un certo
punto, però, una fan dell’attore ha commentato una fotografia nella
quale l’attore sembra avere un po’ di “pancetta”, e in modo
offensivo: “Questo non è il mio Oliver Queen, lui non è così
grasso. Rimettiti in forma”. Ovviamente, Stephen Amell, su Twitter,
si è difeso dicendo: “Quindi, mi prendo due mesi di pausa dopo aver
lavorato senza sosta dal luglio 2014 fino all’aprilo 2017… Una
fotografia compare su internet… E le persone mi scrivono sulla
timeline per prendere in giro la mia pancia in una foto a distanza.
A chi pensate di stare scrivendo?”
3. Stephen Amell ha interpretato
un prostituto. Se pensate che, in Arrow, Stephen
appaia molto spesso senza maglietta, sappiate che non è niente in
confronto a Hung, lo show televisivo nel quale Stephen Amell
ha sfoggiato il proprio fisico parecchie volte nel corso di dieci
puntate. Ovviamente, le scene di sesso facevano parte del
contratto: già dal primo giorno sul set.
4. Stephen e i social media.
Su Twitter, lo trovate come @StephenAmell, e ha 2.35 milioni di
follower. Anche l’account certificato di Stephen Amell su Instagram
si chiama @stephenamell. Qui, l’attore ha al momento 5.2 milioni di
follower. Sul profilo, vediamo tante (tantissime) foto
dell’allenamento di Stephen Amell (più o meno quotidiano, nonché
tante di momenti passati con gli amici e scatti adorabili con la
figlia.
Stephen Amell: Facebook e la causa
LGBT
5. Stephen Amell su Facebook e il
Pride. Nel 2017, Stephen Amella a Vancouver quando l’annuale
Pride ebbe luogo: lui non mancò di partecipare insieme alla moglie
Cassandra e postò tantissime fotografie su Facebook. Ma i commenti
negativi e assurdi cominciarono ad arrivare. Lui, però, ha risposto
con un post a parte, dicendo di essere sorpreso dalla quantità di
messaggi negativi e di odio. E ha chiesto agli autori di andare a
“stare dalla parte sbagliata della storia” da un’altra parte.
6. Stephen Amell fa tantissima
beneficienza. Supporta attivamente diverse cause e diverse
associaizoni, tra cui F**k Cancer. è qui che va a finire la maggior
parte del ricavato della sua azienda vinicola. Non solo: Stephen a
prestato la propria faccia per realizzare delle magliette, poi
vendute con lo scopo di raccogliere fondi per l’organizzazione. Ha
lanciato, poi, una campagna per le due associazioni Stand For
Silence e Paws&Stripes. insieme ad una nuova parola:
“sinceriously” (“sinceriamente”), e significa “la capacità di
parlare apertamente, in materia aperta e onestamente, di qualsiasi
cosa”. A detta sua: cosa c’è di maglio per far parlare le persone
di una parola nuova?
Stephen Amell: Arrow
7. Stephen Amell inArrow: il tic di Oliver.
Amell ha dato molto al ruolo di Oliver Queen in Arrow,
soprattutto per quanto riguarda le differenze tra i due. Uno dei
modi nei quali l’attore ha sottolineato la duplicità del
personaggio, è stato attraverso un tic delle mani. È un movimento
che arriva all’improvviso, uno scatto con il quale le mani si
muovono come per allungarsi a prendere una freccia. Amell ha
confermato che questo tratto appartiene solamente ad Oliver, ed è
stato una sua idea: quando il personaggio è stressato o non a suo
agio, l’azione ha l’effetto di calmarlo, sottolineando quanto sia a
proprio agio nei panni di Arrow piuttosto che in quelli di Oliver
Queen.
8. Stephen Amell e Arrow:
i supereroi sono di famiglia. Se avete visto The
Flash, avrete notato che c’è un tizio che assomiglia molto
a Stephen Amell: ecco, è proprio lui. E l’altro tizio che
assomiglia a lui chi è? È suo cugino Robbie, che nello show
interpreta Ronnie/Firestorm. A quanto pare, i due sono cresciuti
insieme, erano molto vicini, e dei campioni di beer pong.
Allenamento di Stephen Amell
9. L’allenamento di Stephen Amell
in Arrow è reale. L’attore si è preparato come si deve
per il rule di Oliver Queen, e molte delle sequenza d’allenamento
fatte da Stephen Amell sono reali (inclusa la routine di esercizio
che vediamo nel primo episodio”. “È uno dei momenti più discussi
del pilot”, ha raccontato Guggenheim all’Huffington Post.
Stephen Amell è diventato un tale fenomeno dell’esercizio chiamato
“salmon ladder”, da partecipare ad America Ninja Warrior,
completando il difficilissimo percorso senza problemi.
10. A proposito di allenamento,
Stephen Amell è istruttore di spinning. Stephen Amell ha un
fisico incredibile, ma non solamente grazie ad Arrow.
All’inizio della carriera, infatti, per guadagnarsi da vivere
l’attore faceva anche l’istruttore di spinning. Ora che è famoso,
riceve parecchi messaggi sui social media da parte di vecchi
allievi. Ed è stato istruttore anche sullo schermo, per la serie
del 2004 Queer As Folk.
Mi chiamo Francesco Tottidi
Alex Infascelli è il Nastro d’Argento 2021 per il Cinema del
reale, The Rossellinis di Alessandro Rossellini, ritratto di
una famiglia allargata decisamente speciale, il miglior
documentario sul cinema. Oggi l’annuncio dei Giornalisti
Cinematografici che hanno assegnato il Premio per la docufiction a
Il caso Braibanti di Carmen Giardina e
Massimiliano Palmese segnalando anche con una menzione speciale
La verità su La dolce vita di Giuseppe
Pedersoli.
Significativi i premi con i quali il
Direttivo Nazionale del Sngci, che assegna i Nastri, ha deciso di
sottolineare l’importanza del ‘cinema del reale’ in un’edizione
dedicata quest’anno alla memoria di Cecilia Mangini, per cui parla
ancora una volta il suo straordinario lavoro nell’ ultimo
documentario – in ‘cinquina’ – realizzato con Paolo Pisanelli. Il
Direttivo del Sindacato ha voluto inoltre sottolineare la qualità e
l’importanza di due titoli, fuori selezione, nati per lo schermo
televisivo: SanPa – Luci e tenebre di San
Patrignano di Cosima Spender, serie originale
Netflix realizzata da un gruppo produttivo e creativo
composto, con la regista, da Gianluca Neri, Valerio Bonelli, Andrea
Romeo, Nicola Allieta, Christine Reinhold, Carlo Gabardini, Paolo
Bernardelli e Edizione Straordinaria di
Walter Veltroni, proposto da Rai Cultura con il materiale di Rai
Teche. Due opere che rappresentano un valore aggiunto al miglior
giornalismo d’inchiesta come a quello televisivo: percorsi della
memoria con cui si può rileggere – nel racconto di una stagione
controversa come nelle ‘aperture’ sulla grande cronaca nazionale –
la Storia del Paese. Il Sngci lancia, inoltre, da quest’anno,
segnalando Punta Sacra di Francesca
Mazzoleni – viaggio d’autore alla foce del Tevere dove ancora è
vivo il ricordo di Pier Paolo Pasolini – la prima edizione del
Premio Valentina Pedicini che nasce per
valorizzare sempre di più nel cinema del reale, lo sguardo di una
nuova generazione di autrici e autori, in collaborazione con la
Sede di Palermo dedicata al Documentario del Centro Sperimentale di
Cinematografia diretta da Costanza Quatriglio.
Tornando ai vincitori dei Nastri
Mi chiamo Francesco Totti di Alex
Infascelli è prodotto da The Apartment e Wildside, entrambe del
gruppo Fremantle, con Capri Entertainment e Fremantle, con Vision
Distribution e Rai Cinema in collaborazione con Sky e Amazon Prime Video. Distribuito in Italia da
Vision e all’estero da Vision e NBC Universal, il film riceve nel
palmarès dei Nastri anche il Premio per il
protagonista dell’anno, ovviamente Francesco
Totti che ha messo in campo, oltre il pallone, la sua
immagine, la sua vicenda umana e professionale e le sue emozioni
più intime.
Entra invece nella storia di un vero
e proprio ‘clan’ familiare che non si è mai raccontato con tanta
sincerità, The Rossellinis diretto da
Alessandro Rossellini che del grande regista è nipote (prodotto da
B&B Film e VFS Films con Rai Cinema, in associazione con Luce
Cinecittà con il sostegno del Mibact e altre collaborazioni anche
internazionali). I protagonisti, insieme ad Alessandro sono – con
le loro confidenze inedite – Isabella, Renzo, Robin, Ingrid, Gil,
Nur, ovviamente il grande Roberto. Alessandro, che ha avuto al suo
fianco come co-regista Lorenzo D’amico De Carvalho, presenta il
film come il racconto e “l’iperbole di una famiglia affascinante,
appassionata ed anche bugiarda” E dice: ”L’arte di narrarsi al
meglio è forse l’unico pezzetto di genio creativo che abbiamo
ereditato da nonno Roberto”. Ecco perché The Rossellinis è
il suo personale tentativo di restituire “un’immagine sincera di
una grande, amata e complicata famiglia”.
Il caso
Braibanti, che i Nastri premiano per la docufiction
è, infine, un film importante e necessario perché attraverso il
lavoro di ricostruzione tra molte testimonianze – da Piergiorgio
Bellocchio a Dacia Maraini, da Lou Castel a Maria Monti nonché
quella del nipote di Braibanti – offre l’occasione di ripercorrere
una vicenda processuale che, per un reato codificato dal
Codice Rocco dell’era fascista (poi cancellato dalla Corte
Costituzionale nel 1981) fu di fatto un processo
all’omosessualità.
Nel complesso un palmarès,
quest’anno, particolarmente ricco di temi, storie e personaggi che
non ha dimenticato l’attualità in un’annata difficile, siglata da
interessanti testimonianze sul lockdown come dalla musica
(gli Extraliscio di Elisabetta Sgarbi), dall’arte (Pino,
su Pascali, di Walter Fasano) o dalla memoria anche privata di
Molecole, che ha inaugurato l’ultima Mostra di Venezia. E
anche un’incursione nella vita e nei pensieri più intimi che
riguardano il corpo o l’esperienza della malattia vissuta nel
lockdown (come testimoniano gli italiani che racconta Gabriele
Salvatores e svela con coraggio Elisa Fuksas nel suo
iSola) ma anche il vissuto nelle tragedie italiane dei
terremoti (con un esordio alla regia di Alessandro Preziosi). I
Nastri ricordano che tra i titoli finalisti è stata ancora una
volta grande protagonista la memoria del cinema con il fascino di
Alida Valli (Alida di cent’anni in questi giorni, e
l’immenso patrimonio felliniano, nel centenario della nascita, con
l’originalissimo Fellini degli spiriti di Anselma
Dell’Olio. Tra le storie che ha raccontato la selezione delle
Docufiction finaliste anche il viaggio di Nella Condorelli
ne La storia vergognosa, racconto di lotta contro antiche
vessazioni nella memoria della Sicilia contadina. Dalla Storia alla
politica, infine, il ritratto, mai tanto attuale, di una donna
speciale come Nilde Iotti, attraverso un film siglato anche da un
reading dei suoi discorsi affidato alla voce e
all’immagine di Paola Cortellesi.
Il Direttivo dei Nastri
d’Argento ha già annunciato i Premi speciali dei Nastri 75 per il
Documentario a Notturno di Gianfranco Rosi e Salvatore
– Shoemaker of Dreams di Luca Guadagnino assegnati
dai Giornalisti Cinematografici. I premi sono stati scelti in una
Selezione di 60 titoli tra i 170 usciti nel 2020 e visionati dalla
Giuria del Direttivo Nazionale: la short list selezionata per il
voto da Maurizio Di Rienzo con il Direttivo Nazionale (composto da
Laura Delli Colli con Fulvia Caprara, Oscar Cosulich, Paolo
Sommaruga e Stefania Ulivi) riguarda, per regolamento, film
proposti nell’anno solare (2020) da Festival e rassegne anche su
piattaforme e reti tv. Di seguito, la lista dei vincitori e le
‘cinquine’ finaliste
I vincitori e le
‘cinquine’ finaliste
I PREMINastri d’Argento Documentari 2021
CINEMA DEL
REALE
MI CHIAMO FRANCESCO TOTTI di Alex
INFASCELLI
Protagonista dell’anno
Francesco TOTTI
Premio Valentina Pedicini
2021
PUNTA SACRA di Francesca
MAZZOLENI
CINEMA SPETTACOLO
CULTURA
THE ROSSELLINIS di Alessandro
ROSSELLINI
DOCUFICTION
IL CASO BRAIBANTI di Carmen GIARDINA
e Massimiliano PALMESE
Menzione speciale a LA VERITA’ SU LA
DOLCE VITA di Giuseppe PEDERSOLI
Premi speciali (fuori
selezione)
SANPA – Luci e tenebre di San
Patrignano di Cosima SPENDER
EDIZIONE STRAORDINARIA di Walter
VELTRONI
———————————————————————————-
I vincitori sono stati
scelti tra queste ‘cinquine finaliste’
CINEMA DEL
REALE
DUE SCATOLE DIMENTICATE – UN VIAGGIO
IN VIETNAM di Cecilia MANGINI e Paolo PISANELLI
FUORI ERA PRIMAVERA – Viaggio
nell’Italia del lockdown di Gabriele SALVATORES
iSOLA di Elisa FUKSAS
MI CHIAMO FRANCESCO TOTTI di Alex
INFASCELLI
MOLECOLE di Andrea SEGRE
CINEMA SPETTACOLO CULTURA
ALIDA di Mimmo VERDESCA
EXTRALISCIO–PUNK DA BALERA di Elisabetta SGARBI
FELLINI DEGLI SPIRITI di Anselma DELL’OLIO
PINO di Walter FASANO
THE ROSSELLINIS di Alessandro ROSSELLINI
DOCUFICTION
IL CASO BRAIBANTI di Carmen GIARDINA e Massimiliano PALMESE
LA LEGGE DEL TERREMOTO di Alessandro PREZIOSI
LA STORIA VERGOGNOSA di Nella CONDORELLI
LA VERITA’ SU LA DOLCE VITA di Giuseppe PEDERSOLI
NILDE IOTTI, IL TEMPO DELLE DONNE di Peter MARCIAS
Inizia con un dialogo a due voci tra
uno dei più acclamati autori della narrativa italiana contemporanea
e una giovane ma già affermata scrittrice e sceneggiatrice il
programma di giovedì 11 marzo
del Noir in Festival, che vedrà Nicola
Lagioia e Antonella Lattanzi
protagonisti di un incontro incentrato sul
tema “Maschile / Femminile al
nero” (ore
11.00, su Facebook e YouTube). Durante la
conversazione, moderata da Mazzino Montinari, i due autori si
confronteranno sul tema a partire dai loro ultimi
romanzi: La città dei vivi di
Nicola Lagioia (Einaudi) e Questo giorno che
incombe di Antonella Lattanzi (HarperCollins).
Si passa poi dalla realtà
contingente alla fantascienza con la masterclass “La
cosmogonia di Star
Wars”, a cura del regista e saggista
Federico Greco, condotta da Giorgio Gosetti con la
partecipazione di Elisabetta Sgarbi: un viaggio attraverso la
storia della saga cinematografica più amata di tutti i tempi (ore
12.00, su Facebook e YouTube). Altro imperdibile viaggio attraverso
universi fantastici sarà l’incontro, moderato dal critico Roberto
Silvestri, con Brian Yuzna, regista culto del
genere fanta-horror tra gli anni ’80 e ’90 cui il festival rende
omaggio con il Premio Luca Svizzeretto come
maverick dell’anno (ore 17.00, su MYmovies, Facebook e
YouTube).
Tra i grandi ospiti internazionali
di questa edizione, che proprio nella giornata di venerdì
incontreranno (virtualmente) il pubblico del festival, due autori
che non hanno bisogno di presentazioni: Alicia
Giménez-Bartlett – creatrice di una delle detective
“seriali” più amate, Petra Delicado – che racconterà il suo iconico
personaggio attraverso l’Autobiografia recentemente
pubblicata da Sellerio in dialogo con Alessandra Casella e Marina
Fabbri (ore 18.00, su Facebook e YouTube); e poi, ancora, il
“padre” di Alex Rider, lo scrittore e sceneggiatore Anthony
Horowitz (ore 19.00 su Facebook e YouTube), bestseller in
patria da centinaia di migliaia di copie che al Noir presenta il
suo ultimo romanzo, I delitti della gazza ladra
(Rizzoli).
L’appuntamento con il cinema di
genere parte alle ore 19.00 su MYmovies con Non
amarmi, film d’esordio di Marco Cercaci
presentato al Noir come evento speciale fuori concorso: il racconto
di una passione morbosa nella cornice della Seconda Guerra
Mondiale, ispirato a fatti realmente accaduti riletti in chiave
noir dal regista. Per il concorso internazionale l’argentino
Karnawal, opera prima di Juan Pablo Fénix
che indaga le dinamiche familiari concentrandosi soprattutto sulla
figura di un padre assente dai trascorsi criminali magistralmente
interpretato da Alfredo Castro (ore 21.00, MYmovies). L’ultimo
appuntamento della giornata è con Non si sevizia un
paperino (ore 22.00, MYmovies), uno dei titoli più
apprezzati della filmografia di Lucio Fulci, cui il Noir in
Festival dedica la retrospettiva di quest’anno.
Il Noir in Festival si svolge in
streaming gratuito su tutto il territorio nazionale sulla
piattaforma MYmovies.it e sui canali social del festival
(Facebook, YouTube, Instagram). Tutti i film saranno disponibili
per 24 ore dalla data di prima programmazione, previa
prenotazione.
Mila Kunis è una delle
attrici più belle di Hollywood, con una delle carriere più longeve,
con una certa vena comica e con un carattere instancabile. Lavora
parecchio, e i fan sono innamorati di lei sin dai tempi di That
70s Schow. Che amiate/odiate Meg Griffin, o che vi siate visti
tutte le sue commedie romantiche, ecco alcune curiosità su di lei.
Cosa non sapete su Mila Kunis? Ecco dieci curiosità.
Mila Kunis: gli inizi
1. Mila Kunis non è nata negli
Stati Uniti. Mila è infatti nata a Kiev, in Ucraina, e aveva
solamente sette anni quando i genitori lasciarono l’Unione
Sovietica. “Mi fu detto che ci saremmo trasferiti in fondo alla
strada”, ha raccontato a riguardo. Quando arrivarono negli Stati
Uniti, lei e i genitori riuscirono ad entrare con un permesso per
rifugiati religiosi.
2. Mila Kunis ha cominciato a
recitare a Los Angeles, e i genitori erano un po’ preoccupati.
Una volta arrivata a Los Angeles, Mila ha cominciato a prendere
lezioni di recitazione ed è apparsa in alcune pubblicità.
Inizialmente, i genitori erano un po’ preoccupati: “Siamo arrivati
in questo Paese senza nulla e, quindi, qualunque livello di
successo per noi è importante” ha raccontato l’attrice, “(I miei
genitori) non hanno mai voluto che io facessi l’attrice, perché è
una professione talmente imprevedibile. Quando sei un immigrato, e
devi lavorare duramente anche solo per sopravvivere, è naturale
preoccuparti di avere un lavoro e delle entrate stabili. Ma penso
che ora si siano più o meno convinti del fatto che stia andando
piuttosto bene”.
Mila Kunis: film
3. Mila Kunis: i film e gli show
degli inizi. Dopo una serie di pubblicità di alto profilo e
dopo essere apparsa in serie come Settimo cielo, la carriera
di Mila ebbe una svolta quando ottenne il ruolo di Jackie in
That ‘70s Show nel 1998. Nel 1999, poi, cominciò a doppiare
Meg Griffin in I Griffin, che interpreta ancora oggi. Per
Mila Kunis, nei film, i ruoli importanti arrivarono circa un
decennio più avanti, con Non mi scaricare (2008) e, da
allora, ha costantemente arricchito la propria filmografia con film
come Max Payne (2008), Codice Genesi (2010), Il
cigno nero (2010), Amici di letto (2011), Ted
(2012), e Il grande e potente Oz (2013).
5. Mila Kunis altezza e
fisico. Mila è alta 1.63 metri, e pesa 52 chilogrammi. Nel
2010, a quanto pare, ha perso parecchio peso per interpretare la
ballerina de Il Cigno Nero. A riguardo, a Glamour UK
Mila ha raccontato: “Non credo avessi mai realizzato (prima di
allora) di cosa sia capace il corpo umano. (…) Amo tantissimo il
cibo. Ma quanto la gente dice ‘Non riesco a perdere peso’, no no,
puoi. Il tuo corpo può fare di tutto, qualunque cosa, se solo lo
vuoi”.
Mila Kunis: occhi di colore
diverso
6. Mila Kunis ha gli occhi di
colore diverso. Per chi non se ne fosse accorto, gli occhi di
Mila Kunis sono di due colori diversi: l’occhio destro è marrone,
mentre l’occhio sinistro è verde. Questa condizione si chiama
eteronomia e, nonostante sia ereditaria, gli occhi dell’attrice
sono diventati così nel tempo.
Mila Kunis: Instagram
7. Mila Kunis non ha
Instagram. Durante un’intervista con Cosmopolitan, Mila
ha spiegato perché non si trova su Instagram, dicendo che, secondo
lei, i social media sono oramai diventati piattaforme
prevalentemente negative. Inoltre, il marito Ashton Kutcher ha
spiegato perché anche i figli non compaiono mai nelle foto di
Instagram: “Abbiamo una rete social privata, nella quale
condividiamo cose con le nostre famiglie, cosicché i nonni possano
vedere i bambini eccetera. Ma non condividiamo pubblicamente alcune
foto dei nostri bambini, perché pensiamo che essere pubblici sia
una scelta personale”.
Mila Kunis e Ashton Kutcher
8. Il matrimonio non era nei
piani di Mila Kunis e
Ashton Kutcher. Mila non aveva in mente di sposarsi e, già
da giovanissima, aveva affermato di non volersi sposare finché il
matrimonio tra persone dello stesso sesso non sarebbe stato legale.
Quando poi ha detto a
Ashton Kutcher della propria intenzione di non
sposarsi, sembra che lui sia stato subito d’accordo: dopo il
difficile divorzio da
Demi Moore, non aveva esattamente intenzione di
sposarsi di nuovo. Ma qualcosa cambiò, e i due decisero di sposarsi
a un anno dall’inizio della loro relazione. A quanto pare, Kutcher
aveva cominciato a pianificare il giorno del matrimonio già da
prima che il divorzio dalla Moore fosse finalizzato, in modo da
poter chiedere a Mila di sposarlo il prima possibile.
Mila Kunis Wyatt Isabelle Kutcher
Le cose sono cambiate in meglio
quando
Ashton Kutcher e Mila hanno avuto Wyatt Isabelle, la
loro prima figlia nata dall’amore, quella che secondo Ashton ha
«cambiato ogni cosa». Infatti l’attore è spesso fotografato in
momenti premurosi mentre l’accompagna all’asilo a West Hollywood,
Los Angeles. Ma Wayatt non è l’unico, Dimitri infatti è il secondo
genito.
9. Mila Kunis e
Ashton Kutcher erano amici di letto. Prima di
sposarci, Mila Kunis e
Ashton Kutcher erano amici. Poi, quando cominciarono a
provare attrazione l’uno per l’altra, decisero semplicemente di
cambiare i “termini” di questa amicizia. Mila ne ha parlato
pubblicamente, e, per sua stessa ammissione, nessuno dei due ha
imparato niente dai propri film (lei, da Amici di letto, e
lui da Amici, amanti, e…). I due hanno sempre trattato la
propria relazione da amici di letto con molta schiettezza. Poi,
però, sono arrivati i sentimenti.
Mila Kunis senza trucco per
Glamour
10. Nel 2016, Mila Kunis senza
trucco era sulla copertina di Glamour. Nonostante sembri
che Photoshop abbia fatto la sua parte, Mila Kunis si è fatta
fotografare senza trucco per la copertina di Glamour. Quando
le è stato chiesto come si è sentita ad essere stata fotografata
struccata, ha risposto: “Bene! Non indosso il trucco. Non mi lavo i
capelli tutti i giorni. Non è qualcosa al quale mi associo”. Non è
contro il makeup, ha poi raccontato: semplicemente, non è da
lei.
Il capolavoro di Tim Burton ha ormai quasi trent’anni, ma gli amanti del
regista di tutto il mondo lo amano ancora con tutto il cuore. Un
film di grande tenerezza, grande umorismo, e anche grande oscurità,
Edward mani di forbice è diventato un classico del cinema
recente.
Cosa non sapete sul film? Ecco
dieci curiosità su Edward mani di forbice.
Edward mani di forbice:
trailer
Edward mani di forbice, film
e curiosità
1. Gli studios volevano Tom
Cruise per il ruolo di Edward. Dopo il successo di
Batman del 1989, la 20th Century Fox
decise di rischiare con la piccola favola suburbana di Edward
mani di forbice, ma volevano che fosse una star di rilievo ad
interpretare il protagonista. In particolare, volevano Tom Cruise, che allora stava godendo di un particolare
periodo di gloria dopo il successo di Rain Man – L’uomo della
pioggia.Tim Burton ebbe una conversazione con Tom Cruise, sul quale disse poi che “era interessante,
ma credo che le cose siano andate per il meglio” dopo aver scelto
Johnny Depp. “Alla fine
dell’incontro mi sentivo così, e credo di averlo detto anche a lui:
‘è bello avere tante domande sul personaggio, ma o lo fai o non lo
fai’”.
2. Gli studios erano preoccupati
per l’aspetto di Edward mani di forbice. Prima dell’uscita del
film, gli studios erano preoccupati del fatto che il potenziale
pubblico avrebbe risposto male all’apparizione di Edward, il cui
aspetto e look erano così diversi da quelli per cui Johnny Depp era conosciuto. Per questo motivo,
cercarono di impedite l’uscita di alcune foto dell’intero cast
prima dell’uscita del film.
3. Il quartiere di Edward
mani di forbice esiste davvero. Mentre è ispirato a
Burbank, California, ovvero la città natale di Tim Burton, il film fu girato in un
luogo reale vicino a Tampa, in Florida. Il designer di produzione,
Bo Welch, preparò le case della cittadina dipingendo ogni casa di
un colore pastello. Durante i lavori, alcuni dei residenti erano
ancora nella loro casa. “Inizialmente la cosa non gli piacque, ma
credo che poi si abituarono. Lo rese un posto più divertente”.
4. Per Johnny Depp,
Edward mani di forbice fu la prima collaborazione con Tim
Burton.
Tim Burton avrebbe preferito un attore sconosciuto per la
parte di Edward, ma decise di fare un compromesso e scegliere
Johnny Depp, il quale al tempo era l’idolo dei
teenager soprattutto grazie ai suoi ruoli televisivi. “Non lo
conoscevo davvero” ha raccontato, “non avevo visto lo show nel
quale aveva recitato (21
Jump Street), ma credo di aver visto una sua foto da
qualche parte”. Il film è stata la prima delle loro tantissime
collaborazioni.
5. Johnny Depp ha ripreso il
ruolo di Edward mani di forbice in un’occasione. Fu per
Seth MacFarlane ne I Griffin, in un episodio del 2012 dal
titolo Crisi di mezza età.
6. C’è un fossile che porta il
nome di Johnny Depp, grazie a Edward mani di forbice.
Nel 2013, un fossile vecchio 505 milioni di anni fu chiamato
Kooteninchela Deppi, proprio in onore di Johnny Depp. Come mai? “Quando vidi per la
prima volta le paia di artigli isolati nei fossili di questa
specie, non fui capace di fare a meno di pensare a Edward mani
di forbice” ha raccontato il paleontologo Dr. David Legg, “In
realtà, sono anche un fan di Johnny Depp, e quindi, quale occasione
migliore per onorarlo che immortalarlo come un’antica creatura che
una volta solcava i mari?”.
Gli attori di Edward mani di
forbice
7. Winona Ryder non si
immedesimava con il proprio personaggio in Edward mani di
forbice. Tra gli attori di Edward mani di forbice
c’è una giovanissima Winona Ryder, che interpreta la bionda cheerleader Kim.
Il personaggio, però, era molto diverso da lei, e dal personaggio
che Winona Ryder aveva interpretato nel precedente film di
Tim Burton, Beetlejuice. E a Tim Burton, questa cosa piaceva: “Pensai che l’idea di
lei nei panni di una cheerleader, con una parrucca bionda, fosse
molto divertente” ha raccontato, “Non si identificava con il
personaggio. (…) A scuola, lei stessa veniva torturata da
persone come quella. Fu così divertente. Ridevo ogni giorno, quando
la vedevo arrivare sul set con questo piccolo costume da
cheerleader e una parrucca bionda da Hayley Mills. Sembrava
Bambi”.
8. Il film esiste in parte
grazie a Dianne West. Se siete tra gli amanti il film, dovete
ringraziare uno degli attori di Edward mani di forbice,
ovvero Dianne West. Infatti, non contribuì al film solamente con la
propria performance meravigliosa, ma fu anche la prima persona a
leggere la sceneggiatura, e una sostenitrice instancabile del film.
Burton ha raccontato: “Lei era così rispettata, che una volta che
lei approvò il film, altri mostrarono interesse immediatamente. In
molti modi, lei è stata il mio angelo custode”.
9. Il film permise a Tim Burton
di lavorare con uno dei suoi eroi. Tra gli attori di Edward
mani di forbice, c’è anche uno degli eroi di sempre di Tim Burton, ovvero Vincent Price. Il re
dell’horror, nel film ha interpretato il creatore/padre di Edward.
Dopo la fine delle riprese del film, Tim Burtoncominciò ad intervistare Price per un
documentario dal titolo Conversations with Vincent, che però
fu interrotto nel 1993 a causa della morte dell’attore.
Il costume di Edward mani di
forbice
10. Stan Winston ha
realizzato le mani del costume di Edward mani di
forbice. Le iconiche mani di Edward furono disegnate da
Stan Winston, il re del trucco e degli effetti speciali famoso per
aver lavorato a Terminator, Jurassic Park e
Alien. Fu Winston a decidere di usare delle vere forbici
per le dita di Edward. Quando Winston mostrò i primi schizzi a
Tim Burton, a quanto pare lui disse: ”Non pensavo che
avrebbe davvero avuto dita di forbice. Pensavo sarebbero stati
solamente lunghi e affilati pezzi di metallo che non erano stati
finiti, ma così è molto meglio!” In seguito, Winston collaborò
ancora con il regista, per
Batman – Il ritorno e Big Fish.
Edward mani di forbice:
frasi
Edward mani di
forbice è un film memorabile non solo per i personaggi, per
l’atmosfera, per l’estetica inconfondibile, ma anche per alcune
frasi memorabili.
Ecco le migliori frasi di
Edward mani di forbice:
Non mi ha finito. (Edward)
“Come fai a sapere che lui è ancora vivo?”
“Non lo so , non ne sono sicura ma io credo che lo sia. Vedi, prima
che lui venisse in questa città la neve non era mai caduta, ma dopo
il suo arrivo è caduta. Se ora lui non fosse lassù, non credo che
nevicherebbe così. A volte può vedermi ancora ballare tra quei
fiocchi”. (Kim)
“Stringimi.”
“Non posso…” (Kim e Edward)
Non lasciare mai che qualcuno ti dica che sei un
handicappato.
Morì, prima di finire l’ uomo da lui creato. (Kim)
“Allora perché lo hai fatto?”
“Perché me lo hai chiesto tu.” (Kim e Edward)
Edward mani di forbice:
streaming
Dove trovare Edward mani di
forbice in streaming in italiano? Edward mani di
forbice è ora in streaming su Disney+, nonché disponibile per il
noleggio e l’acquisto su diverse piattaforme, tra cui Rakuten TV,
Chili Cinema, Prime video e iTunes.