Ecco il trailer di
Un film fatto per Bene, il nuovo film di
Franco Maresco che sarà presentato in Concorso
alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di
Venezia 2025.
Scrive Maresco in merito al film:
“Da tempo mi sono accorto che ogni mio film non è stato altro
che una trappola in cui mi andavo a infilare con impietoso
autolesionismo. Stavolta però, per la prima volta, ho paura che non
ne uscirò bene, diciamo tutto d’un pezzo. Avrei dovuto dare ascolto
ai consigli della signorina Filomena, la vecchia maestra che mi
faceva il doposcuola alle elementari, la quale mi ripeteva sempre
la storiella della gatta e del lardo, ma ormai è tardi per
pentirsi. Tra l’altro nel frattempo il lardo è pure
finito.”
La trama di Un film fatto per
Bene
Le riprese del film di Franco
Maresco su Carmelo Bene vengono bruscamente interrotte dopo
l’ennesimo incidente sul set. A staccare la spina è il produttore
Andrea Occhipinti, esasperato dai ciak infiniti e dai ripetuti
ritardi. Dal canto suo, il regista di Belluscone e La mafia non è
più quella di una volta accusa la produzione di “filmicidio”,
facendo poi perdere le sue tracce. A cercare di ricucire lo strappo
è un amico di Maresco, Umberto Cantone, che chiama a testimoni
tutti coloro che hanno partecipato all’impresa, in un’indagine che
è l’occasione per ripercorrere la personalità e le idee dell’autore
più corrosivo e apocalittico del cinema italiano. E se intanto,
lontano da tutto e da tutti, Maresco stesse ultimando il suo film,
diventato “il solo modo per dare forma alla rabbia e all’orrore che
provo per questo mondo di merda”?
UN FILM FATTO PER BENE è un film di
FRANCO MARESCO, con UMBERTO CANTONE, FRANCO MARESCO, FRANCESCO
CONTICELLI, MARCO ALESSI, BERNARDO GRECO, FRANCESCO PUMA, SAVERIO
D’AMICO, TOTI MANCUSO, GIUSEPPE LO PICCOLO, RICCARDO EGGSHELL,
ERNESTO TOMASINI, AURORA FALCONE, MATTEO CAPOGNA, ANTONINO LO
GELFO, ANTONINO LO VERSO, LUISA VIGLIETTI, LORENZO CARACAUSI,
ELISEO VERSO, CICCIO MIRA con GINO CARISTA, MELINO IMPARATO e con
ANTONIO REZZA. soggetto FRANCO MARESCO, CLAUDIA UZZO sceneggiatura
FRANCO MARESCO, CLAUDIA UZZO con UMBERTO CANTONE , FRANCESCO
GUTTUSO fotografia ALESSANDRO ABATE costumi LUISA VIGLIETTI
scenografia CESARE INZERILLO, NICOLA SFERRUZZA montaggio PAOLA
FREDDI, FRANCESCO GUTTUSO suono LUCA BERTOLIN, RICCARDO SPAGNOL,
CARLO PURPURA musiche SALVATORE BONAFEDE riprese backstage MARTA
TAGLIAVIA, CLAUDIA UZZO, GABRIELE RAMIREZ delegati Lumpen FRANCESCO
GUTTUSO, UGO POLIZZI produttori delegati Lucky Red MANUELA CASA,
STEFANO MASSENZI executive producer Dugong Films MICHELE SARAGONI
executive producer Eolo Film Productions LUCA BRADAMANTE prodotto
da ANDREA OCCHIPINTI, MARCO ALESSI con la collaborazione di
BEATRICE BULGARI. una produzione LUCKY RED, DUGONG FILMS, con EOLO
FILM PRODUCTIONS con il supporto di MiC – MINISTERO DELLA CULTURA
DG CINEMA, SICILIA FILM COMMISSION, APULIA FILM COMMISSION
Si vocifera che Sydney Sweeney si sia unita al cast de
Il diavolo veste Prada 2 dopo essere
stata avvistata sul set! L’attrice ventisettenne, coinvolta nella
controversia sulla sua pubblicità per American
Eagle, ha mantenuto un basso profilo mentre lasciava la
sua roulotte sul set giovedì (7 agosto) a New York. È stato
riferito che anche Emily Blunt era sul set quel pomeriggio per la
scena.
Sydney Sweeney è stata vista con una felpa con
cappuccio azzurra e pantaloni della tuta blu navy. Portava un
ombrello per proteggersi il viso, ma le sue unghie erano le stesse
di pochi giorni prima durante un’apparizione sul red carpet.
(foto di Just Jared)
Le riprese di
Il diavolo veste Prada 2 sono attualmente in corso e
molti membri del cast stanno tornando, insieme a diverse nuove
entusiasmanti star che si uniranno al cast.
Cosa sappiamo su Il diavolo veste prada
2?
Il
film originale del 2006, un cult classico per la sua satira
tagliente sul mondo spietato della moda, si concludeva con Andy che
lasciava Runway per un lavoro in un giornale di New York. Ora, i
fan potranno finalmente vedere cosa stanno facendo Miranda e Andy
in un panorama mediatico profondamente cambiato. Nel sequel,
Miranda, interpretata dalla Streep, si ritrova coinvolta in una
competizione ad alto rischio per ottenere importanti introiti
pubblicitari, trovandosi sorprendentemente a dover affrontare la
sua ex assistente dalla lingua tagliente Emily Charlton (Emily
Blunt), che ora è una potente dirigente nel settore
della moda.
David Frankel, che
ha diretto il primo film, è tornato alla regia di
Il diavolo veste Prada 2, lavorando su una
sceneggiatura di Aline Brosh McKenna, che ha
scritto anche l’originale. Le produttrici Wendy
Finerman e Karen Rosenfelt sono a bordo,
con la 20th Century Studios che ha in programma di distribuire il
film il 1° maggio 2026. Oltre a Meryl Streep, Anne Hathaway e Emily Blunt, nel cast si ritrovano anche
Stanley Tucci, che riprende il ruolo del
sempre solidale Nigel Kipling, insieme a Simone
Ashley, Pauline Chalamet e Helen
J. Shen. Tracie Thoms e Tibor
Feldman tornano sul set, mentre diversi volti nuovi si
uniscono al cast, tra cui Kenneth Branagh, che interpreterà il marito di
Miranda, insieme a Lucy Liu, Justin Theroux, B.J. Novak,
Pauline Chalamet, Rachel Bloom e
Patrick Brammall.
Sony ha diffuso il
video ufficiale del primo giorno sul set di
Spider-Man: Brand New Day, con Tom Holland che commenta il suo ritorno
nell’iconico costume, accennando al fatto che per la prima volta il
film ha ammesso i fan e gli spettatori sul set. Ecco di seguito il
filmato:
Ad oggi, una sinossi generica di
Spider-Man: Brand New Day è emersa all’inizio di
quest’anno, anche se non è chiaro quanto sia accurata.
Dopo gli eventi di Doomsday,
Peter Parker è determinato a condurre una vita normale e a
concentrarsi sul college, allontanandosi dalle sue responsabilità
di Spider-Man. Tuttavia, la pace è di breve durata quando emerge
una nuova minaccia mortale, che mette in pericolo i suoi amici e
costringe Peter a riconsiderare la sua promessa. Con la posta in
gioco più alta che mai, Peter torna a malincuore alla sua identità
di Spider-Man e si ritrova a dover collaborare con un improbabile
alleato per proteggere coloro che ama.
L’improbabile alleato potrebbe
dunque essere il The Punisher di Jon Bernthal –
recentemente annunciato come parte del film – in una situazione
già vista in precedenti film Marvel dove gli eroi si vedono
inizialmente come antagonisti l’uno dell’altro salvo poi allearsi
contro la vera minaccia di turno.
Di certo c’è che il film condivide
il titolo con un’epoca narrativa controversa, che ha visto la
Marvel Comics dare all’arrampicamuri un nuovo
inizio, ponendo però fine al suo matrimonio con Mary Jane Watson e
rendendo di nuovo segreta la sua identità. In quel periodo ha
dovuto affrontare molti nuovi sinistri nemici ed era circondato da
un cast di supporto rinnovato, tra cui un resuscitato Harry
Osborn.
Il film è stato recentemente
posticipato di una settimana dal 24 luglio 2026 al 31 luglio 2026.
Destin Daniel Cretton, regista di
Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli,
dirigerà il film da una sceneggiatura di Chris McKenna ed Erik
Sommers. Tom Holland guida un cast che include
anche Zendaya, Mark Ruffalo, Sadie Sink e Liza Colón-Zayas
e Jon Bernthal. Michael Mando è
stato confermato mentre per ora è solo un rumors il coinvolgimento
di
Charlie Cox.
SIAE – Società Italiana
degli Autori e Editori, main partner della 22ª edizione
delle Giornate degli Autori, torna a sostenere e a promuovere la
creatività del cinema made in Italy.
Quest’anno conferisce a Dario Argento, Maestro italiano del cinema di
suspence, il Premio alla Carriera intitolato dal 2023 ad Andrea
Purgatori, consegnato lo scorso anno ad Alice
Rohrwacher e negli anni precedenti ad autori come
Luca Guadagnino, Mario Martone e
Paolo Sorrentino, ai quali il premio è stato
conferito nel corso delle precedenti edizioni delle Giornate degli
Autori.
Dario Argento non ha bisogno di
presentazioni: instancabile innovatore del cinema di genere,
artigiano della tensione e plasmatore di incubi, ha firmato alcuni
dei film horror più amati della storia della settima arte,
da Il gatto a nove code(1971)
a Suspiria (1977),
da Inferno (1980)
a Phenomena (1985), passando per Due
occhi diabolici (1990) firmato con George A. Romero e la
sua opera più conosciuta, Profondo
rosso (1975). Sempre animato da una libertà creativa
intima e rivoluzionaria, è stato pioniere di un nuovo modo di
rappresentare la tensione, terrorizzando generazioni di spettatori
e ispirando schiere di cineasti italiani e internazionali tra cui
John Carpenter, Guillermo del Toro e Quentin Tarantino.
Salvatore Nastasi,
Presidente della SIAE, ha annunciato il riconoscimento con la
seguente motivazione: “SIAE è orgogliosa di rendere
omaggio a un Maestro del nostro cinema, che ha fatto della
creatività e della libertà espressiva la sua firma. Dario Argento
ha rivoluzionato l’immaginario cinematografico con uno stile unico,
che ha attraversato i confini del genere fondendo scrittura, regia
e visione in un linguaggio iconico e dimostrando che l’ombra e il
mistero possono essere raccontati con ritmo e profondità”.
Il premio verrà consegnato
lunedì 1° settembre alle ore 17:00, presso la Sala
Perla del Palazzo del Casinò, dal Presidente della SIAE
Salvatore Nastasi.
Lo stesso giorno Dario Argento sarà
in Sala Laguna (via Pietro Buratti 1), alle ore 15.00, per
salutare gli appassionati e visitare la mostra Sandro
Symeoni. Dipingere il Cinema curata da Luca Siano e
organizzata dall’Archivio Sandro Simeoni, in collaborazione con
Giornate degli Autori, Isola Edipo e Ferrara La Città del Cinema.
Tra i tanti manifesti originali esposti firmati dall’illustratore
ferrarese sarà presente anche quello del capolavoro di Dario
Argento, Profondo Rosso, di cui
proprio quest’anno ricorrono i 50 anni dalla prima uscita in
sala.
La Writers Guild of America ha
annunciato venerdì di aver espulso due membri, Park
Chan-wook e Don McKellar, per aver
scritto la miniserie per la HBO “The
Sympathizer” durante lo sciopero del 2023.
Park e McKellar hanno co-creato la
serie di sette episodi, con Hoa Xuande e
Robert Downey Jr., basata sull’omonimo romanzo del
2015 dello scrittore Viet Thanh Nguyen. La serie è
andata in onda nel 2024. Secondo la Writers Guild, Park
Chan-wook e Don McKellar non hanno
presentato ricorso contro le loro espulsioni.
La WGA ha inoltre annunciato che
Anthony Cipriano è stato sospeso fino al 1° maggio
2026 per aver scritto “The Last Breath“,
precedentemente noto come “Untitled True Story
Haunting—Thriller Project“. Cipriano ha ricevuto anche una
censura pubblica e l’interdizione a vita dal ruolo di capitano
dello sciopero.
Park Chan-wook, 61
anni, è uno sceneggiatore, regista e produttore sudcoreano noto per
film come “Oldboy” (2003) e “The
Handmaiden” (2016). Il suo prossimo lungometraggio, una
produzione coreana intitolata “No Other Choice“,
sarà presentato in concorso alla
Mostra del Cinema di Venezia alla fine di agosto. McKellar è un
attore e regista canadese che ha scritto, diretto e interpretato
“Last Night” (1998). Ha una sceneggiatura per
“No Other Choice“, che condivide con Park, Lee
Kyoung-mi e Lee Ja-hye.
La WGA aveva precedentemente
annunciato di aver sanzionato sette sceneggiatori per varie
presunte violazioni durante lo sciopero del 2023. Quattro di questi
scrittori sono stati identificati pubblicamente quando hanno scelto
di presentare ricorso, ma gli altri tre sono rimasti anonimi fino a
venerdì. In una nota ai soci, i dirigenti della WGA hanno affermato
che il consiglio direttivo aveva “deciso che le sanzioni
disciplinari dovessero essere rese pubbliche”.
La WGA non ha fornito dettagli sulle
violazioni dello sciopero commesse da Park, McKellar e Cipriano.
Nella nota, la gilda ha ringraziato i volontari che hanno prestato
servizio nel Comitato per il rispetto delle regole dello sciopero.
“Hanno indagato su decine di accuse di violazioni e hanno
stabilito se ci fossero prove sufficienti per inviare i casi al
Consiglio direttivo per ulteriori azioni”, ha dichiarato la
dirigenza.
Il consiglio e i funzionari hanno
inoltre ringraziato i membri delle varie commissioni processuali,
che hanno ascoltato le testimonianze e hanno fornito
raccomandazioni disciplinari al consiglio.
“Tutti questi membri hanno
offerto volontariamente il loro tempo per il delicato ma necessario
compito di responsabilizzare gli scrittori affinché adempiano ai
propri obblighi nei confronti dei colleghi, ai sensi delle Norme
sullo Sciopero, delle Norme di Lavoro e dello Statuto della
WGAW”, ha affermato la WGA.
Donald Trump ha
chiesto a Emma Thompson di uscire, l’attrice premio
Oscar lo ha rivelato al Festival di Locarno. “Ha squillato un
telefono nella mia roulotte, ed era Donald Trump. Ho pensato fosse
uno scherzo. ‘Ciao, sono Donald Trump'”, ha rivelato la
Thompson. “Ho detto: ‘Come posso aiutarla?’. Pensavo avesse
bisogno di indicazioni. Lui ha risposto: ‘Mi piacerebbe molto che
alloggiassi in uno dei miei bellissimi posti, e magari potremmo
cenare insieme'”, ha rivelato durante una masterclass a
Locarno, ricordando di aver lavorato alla satira politica di
Mike Nichols “Primary Colors“.
“Mi sono resa conto che proprio
quel giorno il mio divorzio era finalmente arrivato. Scommetto che
lui stava cercando dappertutto persone adatte da portare fuori,
tutte queste brave divorziate – voglio dire, ha trovato il numero
della mia roulotte! Questo sì che è stalking! Quindi sì, avrei
potuto uscire con Donald Trump. Avrei potuto cambiare il corso
della storia americana!”
Thompson, che ha iniziato come
comica, non ha mai evitato l’umorismo politico. “Facevo battute
su Margaret Thatcher e l’herpes, sai? È la cosa più semplice che si
possa ottenere dal sesso non protetto. Dicevo che Thatcher e
l’herpes erano entrambi molto difficili da curare. È una cosa che
vale ancora oggi”, ha detto, riflettendo sui suoi inizi.
“In seguito, ho scritto una
serie di sketch comici e uno di questi parlava di una donna
vittoriana che andava a trovare sua madre. Suo marito sembra avere
una ‘piccola creatura’ attaccata al suo corpo. Sta parlando del suo
pene, ovviamente, e parla di ignoranza sessuale, ma è divertente.
Il produttore di ‘Ragione e sentimento’ l’ha visto e ha pensato:
‘Questa donna può adattare Jane Austen!’ È così strano.”
All’inizio, non voleva affatto fare
l’attrice, ha ammesso. “Sembrava un lavoro precario. Una volta
venne nella nostra scuola una direttrice di ospedale e pensai che
fosse un bel lavoro”, ha detto. “Soprattutto perché aveva
delle belle scarpe.” Ma seguirono ruoli acclamati in
“Casa Howard” e “Quel che resta del
giorno“. Per quest’ultimo, si è ispirata a sua nonna e al
“trauma intergenerazionale“.
“Entrò a servizio a 13 anni. Fu
violentata dal suo datore di lavoro, rimase incinta, tenne il
bambino e scoprì, come accadde a molte altre giovani domestiche,
che si trattava di una maternità surrogata forzata.” La sua
esperienza influenzò la sua interpretazione di Miss Kenton.
“Mia nonna non è mai stata veramente felice e
realizzata.”
In seguito, anche Hollywood se ne
accorse, con “Primary Colors” che rispecchiava
l’attuale turbolenza politica. “Se ricordate lo scandalo di
Monica Lewinsky, povera Monica, che accadde mentre giravamo quel
film. Ci sedemmo e pensammo: ‘Cosa faremo?’. Stiamo girando un film
su qualcosa che sta accadendo nello stesso momento.” Aggiunse:
“Sembra passato tanto tempo. Oh, se solo potessimo avere un
bello scandalo sessuale e niente di tutto questo, per
favore.”
Sebbene la saga di “Harry
Potter” non sia stata esattamente una sfida artistica –
“Non vorrei essere scortese, ma sono arrivata, ho fatto la
parte con occhiali e capelli e me ne sono andata” –
“Tata Matilda“, che ha anche scritto, è stata più
soddisfacente.
“Non l’ho scritto per i bambini,
l’ho scritto per tutti. Parla di dolore e ho perso mio padre quando
ero molto piccola”, ha detto. “Penso che sia stata lei a
cui mi sono rivolta per trovare conforto. È così importante per me
e mi connette a tutte le generazioni”.
Celebrata anche per
“Love Actually – L’amore davvero“, Thompson non si
aspettava che diventasse un classico amato. “Ricordo che Hugh
Grant venne da me chiedendomi: ‘È la cosa più psicotica che abbiamo
mai fatto?’ Poi la gente ha iniziato ad avvicinarsi a me sui mezzi
pubblici, piangendo”, ha ammesso.
“Credo di aver toccato un nervo
scoperto perché noi donne, quando abbiamo un cuore spezzato, a
volte dobbiamo nasconderlo. Ciò che ti commuove non è il suo
pianto, ma il suo nasconderlo, scendere le scale ed essere allegra.
È una fonte costante di stupore per me [il film è diventato così
iconico]. È un po’ strano!”
Thompson, che ha ricevuto il
Leopard Club Award al festival, ha recentemente
recitato in “Dead of Winter” di Brian Kirk.
“Ho quasi avuto un aneurisma: ero così sbalordita e così
felice”, ha detto, ricordando una proiezione del film
particolarmente affollata. “La maggior parte delle donne che
conosco sono incredibilmente eroiche. E il fatto che [questo
personaggio] fosse vecchio e in lutto, non l’avevo mai visto prima.
Non aveva mai visto un personaggio come quello che ha interpretato
in “Il piacere è tutto mio”: una donna che decide di provare
finalmente un orgasmo in tarda età con l’aiuto di un
prostituto.Ho amato la sua paura, ho amato il fatto che
sapesse che le mancava qualcosa di importante. Ha fatto tutte le
cose giuste [nella vita] e quando la incontriamo, è solo depressa e
confusa”, ha osservato.
“Le conversazioni che ho avuto
su questo film sono state incredibili, con donne più giovani che mi
hanno detto di non averlo mai sperimentato, o uomini gay più grandi
che dicevano che li aiutava con la loro immagine corporea. Ma per
lei era molto importante provare questo orgasmo sul suo
corpo”.
Ha anche parlato della scena in cui
si trovava nuda davanti allo specchio “non ben illuminato”.
“Era semplicemente… lì. Tutto”, ha detto. “Sono andata in
molte gallerie d’arte e ho guardato le immagini di Adamo ed Eva.
Erano tutti in una posizione molto rilassata, con un ginocchio
piegato, senza pensarci. Ho cercato di canalizzarlo. Si trattava di
qualcuno che aveva questa accettazione neutrale. E Dio sa quanto è
difficile.”
One
Piece Stagione 2 è pronta a salpare:
l’adattamento live-action dell’amata serie manga e anime di
Netflix è stato rinnovato anticipatamente per una
terza stagione.
La notizia è arrivata durante
l’annuale One Piece Day a Tokyo, dove è stato
anche rivelato che Ian Stokes si unirà a
Joe Tracz come co-showrunner della terza stagione.
Stokes è stato in precedenza co-produttore esecutivo della prima
stagione. La produzione della terza stagione inizierà entro la fine
dell’anno a Città del Capo, in Sudafrica.
One
Piece Stagione 2 non ha ancora una data di
debutto, ma è prevista per il 2026 su
Netflix. Ufficialmente intitolata “One Piece:
Into the Grand Line”, la descrizione ufficiale della seconda
stagione recita:
“L’epica avventura piratesca di
Netflix, ‘One Piece’, torna per la seconda stagione, scatenando
avversari ancora più feroci e le missioni più pericolose di sempre.
Rufy e la ciurma di Cappello di Paglia salpano per la straordinaria
Grand Line, un leggendario tratto di mare dove pericolo e
meraviglia li attendono a ogni angolo. Nel loro viaggio attraverso
questo regno imprevedibile alla ricerca del tesoro più grande del
mondo, incontreranno isole bizzarre e una schiera di nuovi,
formidabili nemici.”
Iñaki Godoy
interpreta Rufy. Il cast include anche Mackenyu
nel ruolo di Roronoa Zoro, Emily Rudd in quello di
Nami, Jacob Romero in quello di Usopp e
Taz Skylar in quello di Sanji.
Altri membri del cast di One
Piece – Stagione 2 includono: Charithra
Chandran nel ruolo di Miss Wednesday, Joe
Manganiello nel ruolo di Mr. 0, Katey
Sagal nel ruolo di Dr. Kureha, Lera Abova
nel ruolo di Miss All Sunday, Mark Harelik nel
ruolo di Dr. Hiriluk, Sophia Anne Caruso nel ruolo
di Miss Goldenweek, Yonda Thomas nel ruolo di
Igaram, Sendhil Ramamurthy nel ruolo di Nefertari
Cobra, Brendan Sean Murray nel ruolo di Brogy,
Callum Kerr nel ruolo di Smoker, Camrus
Johnson nel ruolo di Mr. 5, Clive Russell
nel ruolo di Crocus, Daniel Lasker nel ruolo di
Mr. 9, David Dastmalchian nel ruolo di Mr. 3,
Jazzara Jaslyn nel ruolo di Miss Valentine,
Julia Rehwald nel ruolo di Tashigi, Rob
Colletti nel ruolo di Wapol, Ty Keogh nel
ruolo di Dalton, Werner Coetser nel ruolo di
Dorry, Rigo Sanchez nel ruolo di Dragon,
James HiroyukiLiao nel ruolo di
Ipponmatsu, Mark Penwill nel ruolo di Chess,
Anton Jeftha nel ruolo di K.M.
I produttori esecutivi di
“One Piece” includono gli sceneggiatori e
co-showrunner Matt Owens e Joe
Tracz, oltre a Oda,Marty
Adelstein e Becky Clements di Tomorrow
Studios, Tetsu Fujimura, Chris
Symes e l’ex co-showrunner Steven Maeda.
La serie è realizzata in collaborazione con lo studio di animazione
di “One Piece” Shueisha e prodotta da Tomorrow
Studios (partner di ITV Studios) e Netflix.
Il prossimo film del regista di
Barbarian Zach Cregger, Weapons,
sta diventando uno dei film horror più chiacchierati del 2025, e
sembra che il regista di Get Out, Jordan Peele, volesse
davvero produrlo. Weapons, in uscita nel 2025, presenta una storia
originale su una città in cui 17 bambini della stessa classe
lasciano le loro case e scompaiono nel cuore della notte, lasciando
i loro genitori e la loro insegnante (interpretata da Julia Garner)
spaventati e confusi.
Una settimana prima della sua
uscita, prevista per l’8 agosto, Weapons di Zach Cregger ha
ricevuto un punteggio perfetto del 100% dai primi 12 critici
su Rotten
Tomatoes, annunciandolo come uno dei più grandi successi
horror dell’anno. Sembrava una grande vittoria per la casa di
produzione del film, la New Line Cinema.
Tuttavia, Weapons è stato quasi
prodotto da Peele, che all’inizio del 2023 ha cercato di
acquistarne i diritti insieme alla Universal in una guerra di
offerte ad alto rischio. Da allora, si è ipotizzato che la perdita
dell’opportunità di produrre l’acclamato film di Cregger da parte
di Peele possa essere costata a due talent manager di Hollywood uno
dei loro clienti più importanti.
Jordan Peele ha perso i diritti
di Weapons a favore della New Line Cinema
Julia Garner in Weapons
Un’intensa guerra di offerte è
culminata con l’acquisto di Weapons per 38 milioni di
dollari
Secondo quanto riferito, la New
Line Cinema della Warner Bros. ha acquistato i diritti per produrre
Weapons, basato sulla sceneggiatura di Cregger, in una
guerra di offerte per la cifra record di 38 milioni di dollari (via
Deadline). Secondo quanto riferito, l’offerta è stata
presentata dalla New Line Cinema e dalla Universal, con la società
di Peele, la Monkeypaw Productions, che mirava a produrre il film
per quest’ultima.
Sebbene l’offerta della
Universal fosse inferiore di 7 milioni di dollari rispetto a quella
della New Line, Peele era presumibilmente pronto a contribuire
con il suo backend contrattuale per acquistare il film, dimostrando
di volerlo realizzare a tutti i costi.
Secondo lo stesso articolo di
Deadline, ci sono diverse versioni di ciò che è successo
dopo. In una versione, Peele era arrabbiato per aver perso
Weapons. Nell’altra, a Peele era stato detto che avrebbe
ottenuto i diritti di Weapons se avesse eguagliato l’offerta
della New Line, ma lui e la Universal non erano sicuri del
successo del film con un budget così elevato e hanno
rinunciato.
Jordan Peele ha rotto con due
manager dopo aver perso i diritti su “The Weapons Rights”
Julia Garner e Josh Brolin in Weapons
Potrebbe essere stata questa
guerra di offerte il motivo?
Alla fine, Peele ha rotto con i
suoi manager della Artists First, Joel Zadak e Peter Principato,
qualche tempo dopo l’asta. Nonostante le speculazioni, non è stato
confermato il motivo per cui Peele abbia concluso questo rapporto
professionale. Quello che si sa, tuttavia, è che sia Peele che
Cregger erano rappresentati da Principato. Principato e Zadak
avevano messo sotto contratto Peele quando era un comico
improvvisato come Cregger.
Nell’aprile 2025, Cregger ha
parlato con EW dei suoi sentimenti contrastanti dopo la guerra
d’aste per Weapons:
“È stato stressante.
Dall’esterno, la gente potrebbe pensare che stessi lanciando
banconote in aria, chiamando i miei nemici e dicendo loro ‘F— you’.
La verità è che era una situazione molto stressante, le persone
erano arrabbiate ed era stressante. Non sono riuscito a rilassarmi
e ad apprezzare ciò che era successo fino a una settimana dopo,
quando la polvere si è posata e l’adrenalina è scesa.“
È possibile che, data la loro lunga
collaborazione e il legame con Cregger, Peele fosse deluso dal
fatto che i suoi manager non fossero riusciti ad assicurargli i
diritti di Weapons, forse perché riteneva che avessero dato
la priorità agli interessi dell’altro cliente in questa trattativa.
Tuttavia, vale la pena notare che Peele non ha interrotto i
rapporti con l’altra sua agenzia, la CAA, che rappresenta anche
Cregger.
A meno che qualcuno dei diretti
interessati non commenti la situazione, probabilmente non sapremo
mai perché Peele ha lasciato Artists First. Allo stesso modo, i
suoi sentimenti sulla guerra di offerte potrebbero non essere così
accesi come alcuni credono. Ma dato l’inizio molto promettente del
film, perdere l’opportunità di produrre
Weapons potrebbe pesare un po’ di più nelle
prossime settimane.
Ci sono film che ti entrano nel
cuore e ci restano, film che anche dopo decenni continuano a fare
emozionare gli spettatori, occupando il loro meritato posto d’onore
nella storia del cinema. Uno tra questi è il film Le Ali della
Libertà che, oltre a fregiarsi del titolo di
capolavoro, è legato alla storia di un’amicizia lunga una vita
intera. Il film è infatti dedicato alla memoria di Allen
Greene, un personaggio di cui quasi nessuno conosce la
storia.
Ma prima di arrivare a parlare di
Allen Greene, facciamo un piccolo passo indietro e cominciamo il
nostro viaggio dal 1994, anno d’uscita del celebre film Le Ali della
Libertà.
Tratto dal racconto del genio
letterario di Stephen
King, dal titolo Rita Hayworth e la
redenzione di Shawshank – pubblicato nella raccolta
Stagioni Diverse -, Le Ali della
Libertà (titolo originale The Shawshank
Redemption) è un film drammatico diretto da Frank
Darabont. Definito dalla rivista Empire come uno
dei “cinquecento migliori film della storia”, Shawshank Redemption
racconta la storia di un uomo innocente finito in carcere per
sbaglio.
Cosa succede in Le Ali della
Libertà: il dramma di Shawshank
La storia è ambientata nella
Portland del 1947 e ha come protagonista Andy Dufresne (Tim
Robbins), il vice-direttore di una banca. Accusato
dell’omicidio di sua moglie e del suo amante – un famoso giocatore
di golf -, Andy viene condannato a ben due ergastoli da scontare
nel terribile carcere di Shawshank. Nonostante l’uomo gridi a gran
voce la sua innocenza, la sentenza viene emessa e Andy viene
condotto in galera.
Si sentono tante storie sul carcere
di Shawshank ma nessuna sembra rispecchiare perfettamente la
realtà. La struttura sembra essere sotto il controllo dello
spietato direttore Norton (Bob Gunton) e delle sue
terribili guardie che impongono leggi e severe punizioni. Andy è il
nuovo arrivato e come tale deve piegarsi allo status quo per
cercare di sopravvivere.
dal film Le Ali della Libertà – da sinistra: Morgan Freeman e Tim Robbins
Per i primi tempi l’uomo cerca di
tenersi in disparte per non creare problemi con gli altri detenuti
ma purtroppo la sua presenza non passa inosservata. Per i primi due
anni, quindi, Andy è costretto a subire i violenti atti di bullismo
da alcuni dei detenuti più pericolosi di Shawshank. Punizioni
corporali, violenze fisiche, sessuali e psicologiche porteranno
Andy alla disperazione e poi alla silenziosa rassegnazione.
Durante i suoi giorni di prigionia,
Andy cerca di aggrapparsi a ogni spiraglio di luce in quel luogo di
tenebra. Grazie al suo buon carattere e a un pizzico di furbizia,
il prigioniero Dufresne riesce a sopravvivere e, incredibilmente, a
farsi dei nuovi amici. Primo fra tutti c’è Ellis Boyd Redding
(Morgan
Freeman), detto Red, che controlla il contrabbando di
oggetti di ogni tipo all’interno del carcere.
Tra i due nasce una bella e sincera
amicizia, rapporto che permetterà a entrambi di sopravvivere ai
lunghi anni di reclusione e alla vita da uomini liberi.
Allen Greene in Shawshank
Redemption
Il meraviglioso e toccante dramma
di Stephen
King, diretto da Frank Darabont, ha
commosso intere generazioni. Negli anni i cinefili più accaniti si
sono divertiti a scoprire tutti i segreti e i retroscena più
curiosi de Le Ali della Libertà. Ma c’è un
dettaglio del film che ancora oggi sembra essere per molti un
mistero. Alla fine del film, poco prima dei titoli di coda, appare
un messaggio, un dedica che per parecchio tempo ha sollevato molte
domande.
“In memory of Allen Greene” [In
memoria di Allen Greene]
dal film Le Ali della Libertà – Credits: Castle Rock
Entertainment
Chi è costui? E come mai
The Shawshank Redemption è stato dedicato proprio
a lui? La domanda è legittima e la risposta è molto meno complessa
di quello che ci si aspetti. Greene è stato per anni l’agente del
regista Frank Darabont, nonché uno dei suoi più cari amici. A loro
collaborazione, cominciata all’inizio degli anni ottanta, si è
trasformata in una bellissima amicizia, interrotta bruscamente
dalla morte di Greene.
Allen Greene è
purtroppo deceduto nel 1989 quando aveva appena 36
anni, a causa di complicazioni dovute all’AIDS.
Greene, malato da tempo, non ha mai smesso di lavorare e pare sia
stato proprio lui a spingere affinché Le Ali della Libertà vedesse
la luce. Nel 1987, Allen fu il primo a capire le potenzialità del
racconto di Stephen King e a sottoporre il
progetto alla Castle Rock Entertainment. Inoltre,
fu lo stesso Greene a proporre l’amico Frank Darabont come regista
e sceneggiatore del film.
Gli sforzi di Greene sono stati
abbondantemente ripagati. Le Ali della Libertà è
stato un successo nel 1994 – anno della sua uscita
al cinema – e il film nel tempo è diventato un vero e proprio
capolavoro del cinema. A causa della sua prematura scomparsa,
Greene non si è potuto godere i frutti del suo duro lavoro. Per
questo motivo Darabont ha deciso di rendere omaggio alla memoria
del suo caro amico, dedicandogli il film per cui insieme hanno
tanto lottato. Una dedica inaspettata, sobria ma molto toccante,
associata a un
finale catartico che celebra la libertà e l’importanza
dell’amicizia.
Le Ali della Libertà in streaming:
ecco dove vederlo
Il film diretto da
Frank Darabont e dedicato ad Allen
Greene, è disponibile in acquisto o noleggio a pagamento
su Amazon Prime
Video, Youtube, Google Play
Film. Le Ali della Libertà in
streaming è disponibile sulle seguenti piattaforme:
Come annunciato
dalle immagini del trailer ufficiale, esordirà fra pochissime
settimane Mountainhead, il primo lungometraggio
scritto e diretto da Jesse Armstrong, il creatore
di Succession,
con
Steve Carell, Jason Schwartzman, Cory
Michael Smith e Ramy Youssef, che in
Italia debutterà in esclusiva su Sky Cinema e in streaming
solo suNOW il 12
settembre.
La trama di
Mountainhead
Mountainhead, film
targato HBO e candidato ai prossimi
Emmy Awards nella categoria Miglior
film per la televisione, racconta la vicenda un gruppo di
miliardari presidenti della tecnologia che si riuniscono sullo
sfondo di una crisi internazionale in costante evoluzione. Legati
da un’amicizia nata anni prima all’interno della stessa fucina
tecnologica, Randall (Steve Carell),
Hugo (Jason Schwartzman),
Venis (Cory Michael Smith) e
Jeff (Ramy Youssef) sono amici di lunga data,
rivali e…tra gli uomini più ricchi del pianeta.
Quando Hugo accoglie “i Brewsters”
nella sua lussuosa tenuta per un fine settimana tra uomini
altamente selezionati, il loro idillio esclusivo viene interrotto
da notizie di violenti disordini in tutto il mondo – causati
proprio dai nuovi strumenti di intelligenza artificiale generativa
sviluppati da Venis.
Con le nazioni sull’orlo del collasso
politico ed economico, questi titani iniziano a pianificare la
gestione della crisi a proprio vantaggio – con in gioco una posta
sempre più alta che metterà a rischio non solo le loro fortune e
amicizie, ma anche il futuro stesso dell’umanità.
Uscito nel 1989, Indiana
Jones e l’ultima crociata rappresenta il terzo capitolo
della leggendaria saga ideata da George Lucas e
diretta da Steven Spielberg, dopo I predatori dell’arca perduta (1981) e Indiana Jones e il tempio maledetto (1984). In un
momento in cui la coppia Lucas–Spielberg era ormai sinonimo di
intrattenimento di altissimo livello, il film arrivò come un
ritorno alle atmosfere più avventurose e “classiche” del primo
episodio, abbandonando in parte i toni cupi e talvolta inquietanti
del secondo. Spielberg stesso ha più volte dichiarato di
considerare Il tempio maledetto il capitolo più distante
dalle sue corde, e con L’ultima crociata ritrovò un
equilibrio perfetto tra azione, humour e un tocco di
introspezione.
La novità più evidente fu
l’introduzione del personaggio di Henry Jones Sr.,
interpretato da Sean Connery, padre del celebre archeologo.
Questa scelta aggiunse una dimensione familiare e ironica alla
saga, esplorando il rapporto conflittuale e affettuoso tra i due
protagonisti. Il film si distingue anche per un maggiore respiro
narrativo, che alterna sequenze spettacolari – come l’inseguimento
in motoscafo a Venezia o la fuga dal dirigibile – a momenti più
intimi, in cui emerge il lato umano e vulnerabile di Indiana.
Tematicamente, l’avventura si lega alla ricerca del Santo Graal, un
oggetto mitico che introduce riflessioni sulla fede, l’immortalità
e il senso della vita, andando oltre la semplice caccia al
tesoro.
Il successo fu immediato:
Indiana Jones e l’ultima crociata incassò oltre
470 milioni di dollari in tutto il mondo, consolidando il mito
dell’archeologo con il cappello e la frusta. La critica accolse con
entusiasmo la combinazione di azione, umorismo e cuore, lodando in
particolare la chimica irresistibile tra Harrison Ford e Sean Connery.
Nel resto di questo articolo analizzeremo più nel dettaglio il
significato e la costruzione del finale del film, svelando come
Spielberg abbia saputo concludere (almeno all’epoca) la saga con
una nota di grande intensità emotiva.
Ambientato nel 1938, in un mondo
ormai prossimo allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, il terzo
film della saga vede Indiana Jones incaricato di
recuperare, insieme al suo amico Marcus Brody, il
Santo Graal. Questo, qualora finisse nelle mani dei nazisti,
potrebbe rivelarsi una pericolosissima arma a loro vantaggio nella
conquista del mondo. Tuttavia, Jones rifiuta la missione, non
credendo nell’esistenza dell’oggetto. Cambia però idea nel momento
in cui scopre che l’incarico era stato inizialmente offerto a suo
padre, Henry Jones Sr., ora scomparso nel
nulla.
Indiana si reca così a Venezia, per
riprendere le ricerche lì dove quelle di suo padre si sono
interrotte. Ad aiutarlo, vi è la dottoressa Elsa
Schneider, la quale si rivelerà però essere alleata dei
nazisti. L’archeologo comprende così che suo padre è stato
catturato da loro, con lo scopo di richiamarlo all’azione e
aiutarli nel ritrovamento del Graal. Pur di salvare il padre, Jones
accetterà malvolentieri l’incarico, cercando però di escogitare un
piano per uscire da quella situazione e impedire ai nazisti di
impossessarsi dell’oggetto.
La spiegazione del finale del
film
Nel terzo atto di Indiana
Jones e l’ultima crociata, l’avventura raggiunge il suo
apice quando Indiana, suo padre Henry, Marcus e Sallah giungono al
tempio che custodisce il Santo Graal. Qui assistono al fallimentare
tentativo dei nazisti di superare le micidiali trappole che
proteggono la reliquia. Per costringere Indiana a collaborare,
Donovan spara a Henry, sapendo che solo l’acqua del Graal potrà
salvarlo. Con l’aiuto del diario paterno, Indy riesce a decifrare
gli enigmi e a superare ogni ostacolo, fino a raggiungere la sala
finale, dove un antico cavaliere vigila sui numerosi calici
disposti davanti a lui.
A quel punto, Donovan e Elsa li
raggiungono. Fingendo di aiutarlo, Elsa offre a Donovan un calice
sbagliato, portandolo a bere e condannandolo a una morte
istantanea. Indiana, invece, riconosce il vero Graal – semplice e
privo di ornamenti – e lo utilizza per guarire il padre,
salvandogli la vita. Ma l’avidità di Elsa provoca il disastro: nel
tentativo di portare via il calice, fa crollare il tempio.
Trascinata nel vuoto, muore davanti agli occhi di Indiana, che a
sua volta rischia di cadere nell’abisso. Solo l’intervento del
padre, che lo invita a “lasciar andare” il Graal, lo salva. La
reliquia scompare per sempre tra le macerie, mentre i protagonisti
fuggono verso la libertà, cavalcando nel tramonto.
Perché Elsa prende il calice sbagliato?
Il perché la dottoressa Elsa
Schneider abbia scelto intenzionalmente il calice sbagliato in
Indiana Jones e l’ultima crociata è un argomento
molto dibattuto all’interno della celebre saga d’avventura.
L’indizio più importante del suo tradimento arriva poco dopo aver
consegnato il calice a Donovan. Sebbene resti sullo sfondo, Elsa
getta un’occhiata a Indy mentre Donovan solleva il calice in aria.
In quell’istante, accenna un brevissimo e leggero movimento della
testa, come a confermare a Indy che il suo piano è uccidere Donovan
con il calice sbagliato. Da quel momento fino a quando Donovan
beve, l’espressione di Elsa tradisce a fatica l’impazienza di
vedere il sabotaggio compiere il suo effetto.
Appare comunque strano che Elsa
desideri eliminare Donovan. Dopotutto, si era unita di sua volontà
ai nazisti e aveva tradito i Jones. Il suo legame con Donovan e con
i nazisti sembrava evidente, essendo rimasta al loro fianco
dall’Italia all’Austria, dalla Germania fino a Hatay. Il
comportamento di Elsa in Indiana Jones e l’ultima
crociata la descrive dunque come una donna scaltra e
manipolatrice, ma il tempo trascorso con Indy e suo padre sembra
averla toccata in un modo in cui l’ideologia nazista non era
riuscita. Come dice a Indy durante il raduno nazista a Berlino:
«Io credo nel Graal, non nella svastica».
Indy respinge giustamente questa
affermazione, data la sua disponibilità a schierarsi con il nemico.
Quello è l’ultimo scambio tra i due fino all’incontro con il Graal
e alla morte di Donovan. Questo significa che Elsa ha avuto tempo
per riflettere sulle proprie azioni. Aver visto la spietatezza di
Donovan in più occasioni probabilmente ha contribuito a farle
cambiare allineamento e, quando si presenta l’opportunità di
liberarsene, Elsa la coglie. Il cenno che rivolge a Indy lo
conferma, anche se, alla fine, il suo irrefrenabile desiderio di
possedere il Graal — indipendentemente dal fatto di volerlo
condividere o meno con i Jones — ha contribuito alla sua stessa
fine.
Cosa ci lascia il finale
di Indiana Jones e l’ultima crociata
Il finale assume dunque un
significato profondo se letto alla luce dei temi centrali del film.
Il vero cuore della storia non è la conquista del Graal, ma la
riconciliazione tra padre e figlio. L’intero viaggio diventa un
percorso di riavvicinamento, in cui Indiana impara a guardare oltre
la sua ossessione per le reliquie, mentre Henry comprende
l’importanza di essere presente nella vita del figlio. Il momento
in cui Henry gli dice “lascia andare” non riguarda solo il calice,
ma anche il peso delle incomprensioni e delle distanze accumulate
negli anni.
Il Graal, oggetto mitico e simbolo
di immortalità, si rivela un’illusione pericolosa quando diventa
fine a sé stessa. Spielberg ne fa il fulcro di una parabola sulla
scelta tra l’avidità e il valore della vita. Elsa e Donovan,
accecati dal desiderio di possederlo, trovano la morte; Indiana e
Henry, invece, lo abbandonano per salvare ciò che conta davvero: le
persone. L’immagine conclusiva dei protagonisti che cavalcano verso
il tramonto suggella questa lezione, dando al film una chiusura
epica ma anche profondamente umana.
Un figlio ad ogni
costo, diretto da Ryan Dewar, è un
thriller drammatico che esplora i limiti della disperazione umana e
le conseguenze di scelte estreme. Il film si colloca perfettamente
nel filone dei drammi familiari con venature investigative, dove il
mistero si intreccia con tematiche di natura morale e psicologica.
La tensione cresce grazie a una sceneggiatura che mette in scena
dinamiche familiari complesse e verità nascoste, restituendo
un’esperienza cinematografica intensa e coinvolgente, adatta a un
pubblico che apprezza storie di forte impatto emotivo e riflessioni
sul senso di responsabilità personale.
I temi principali di Un
figlio ad ogni costo ruotano dunque attorno alla
genitorialità, alla menzogna e al prezzo che si è disposti a pagare
per proteggere i propri cari. Il film affronta anche la fragile
linea tra giustizia e vendetta, sollevando domande profonde sulle
motivazioni che spingono un individuo a compiere azioni estreme
sotto pressione. L’opera di Dewar ricorda per atmosfera e tematiche
altri titoli come Prisoners
di Denis Villeneuve o Gone Baby Gone di
Ben Affleck, dove la ricerca della verità si
mescola a dilemmi morali che scuotono la coscienza dello
spettatore. Questa affinità con film del genere thriller-drammatico
psicologico rende Un figlio ad ogni costo un’opera
da tenere d’occhio per chi ama storie dense di tensione emotiva e
ambiguità etica.
Nel corso dell’articolo
approfondiremo il finale del film, offrendo una spiegazione
dettagliata che chiarirà i passaggi più criptici della trama,
svelando il significato più profondo del racconto. Il finale,
infatti, rappresenta il cuore del racconto e merita un’analisi
attenta per comprenderne pienamente le implicazioni. Continuate a
leggere per scoprire come le scelte dei personaggi e le rivelazioni
finali influenzino la lettura complessiva del film e ne accentuino
la potenza narrativa.
Lauren Buglioli e Brooke Burfitt in Un figlio ad ogni
costo
La trama di Un figlio
ad ogni costo
Il film racconta la storia di
Hailey (Brooke Burfitt), una
giovane donna al nono mese di gravidanza che, poco prima della
nascita del primo figlio, sceglie di partorire a casa, in un
ambiente che considera più protetto e familiare. Per affrontare il
delicato momento con il giusto supporto emotivo e pratico, decide
insieme al marito Joe (Jason
Burkey) di assumere Bea (Poppy
George), un’assistente al parto dal comportamento affabile
ma sfuggente, scelta con cura dopo aver valutato diverse opzioni.
All’inizio, tutto sembra procedere per il meglio. Bea si dimostra
disponibile, professionale e premurosa, capace di instaurare un
rapporto rassicurante. Ma piccoli segnali iniziano a incrinare la
fiducia di Hailey.
Durante un corso di yoga prenatale,
Hailey stringe poi amicizia con Jade
(Lauren Buglioli), un’altra futura mamma che, sin
da subito, manifesta forti perplessità nei confronti di Bea. Le
rivela infatti che la donna è sterile da anni, e potrebbe avere
motivazioni più oscure e personali per essere così vicina a una
gravidanza altrui, forse spinta da un trauma irrisolto. I sospetti
prendono corpo quando Lisa (Gina
Hiraizumi), la migliore amica di Hailey, viene trovata
morta in circostanze misteriose. Da quel momento, il mondo di
Hailey comincia a crollare tra bugie che emergono dal passato,
inspiegabili incendi domestici, e una crescente sensazione di
essere spiata da qualcuno di molto vicino.
La spiegazione del finale del
film
Prima di procedere con la
spiegazione del finale di Un figlio ad ogni costo,
è importante ricordare che il film inizia con l’omicidio di una
donna in una vasca da bagno. In seguito, nel corso del film, si
scopre che la donna uccisa era l’ostetrica che ha formato Bea. Un
altro colpo di scena è rappresentato dal fatto
che Caleb, il padre biologico del figlio di
Jade, è in realtà il marito di Lisa, amica di
Hailey. L’uomo non vuole però saperne nulla del bambino, ritenendo
quella con Jade solo un’avventura da una notte.
Quando però Lisa lo scopre, invia un
messaggio falso a Jade fingendosi Caleb e organizza un incontro.
Lisa incontra così Jade al parco e si arrabbia così tanto da
spingere la donna incinta a terra, scoprendo che il pancione è
finto. Prima che Lisa possa raccontare tutto a qualcuno, Jade le
spacca la testa con una pietra. A questo punto, Hailey
comincia a mettere insieme i pezzi, rendendosi conto che Jade sa
sempre le cose prima che lei gliele dica, e che le capita sempre di
“incontrare” Jade. Non ha però molto tempo per approfondire perché
va in travaglio e chiama Bea e Joe perché vengano ad aiutarla.
Brooke Burfitt in Un figlio ad ogni costo
Jade, però, si presenta al lavoro di
Joe e lo stordisce con una bevanda drogata. Il suo piano è quello
di rubare il figlio di Hailey per sé e per Caleb. Nel frattempo,
Hailey partorisce una bambina e quando si è ripresa Bea le comunica
che suo marito è inospedale, dove decidono di recarsi. Ignorano
però che Jade le sta osservando dalla finestra. È a quel punto che
Jade attacca Bea mentre prepara il seggiolino e si intrufola in
casa per rubare la neonata. Dopo averla presa, la porta da Caleb,
che si dice disposto ad accettare la figlia. Intanto, però, Hailey
ha scoperto il rapimento e riesce a localizzare la figlia grazie
alla posizione del cellulare.
Intanto, Caleb scopre che Lisa è
morta e a quel punto urla contro Jade e la accusa di aver ucciso
sua moglie. La donna riesco però a stordirlo con una lampada mentre
Hailey si intrufola in casa con un martello. Jade e Hailey
litigano per la bambina. Alla fine, quest’ultima ha la meglio e
mette ko la rivale. Jade viene arrestata e Hailey può finalmente
andare in ospedale dal marito Joe per fargli conoscere loro figlia.
Il film si conclude però con Jade che, un anno dopo, invia un
biglietto di compleanno alla bambina dal carcere, come sentendosi
ancora sua madre.
Il finale si collega dunque
profondamente ai temi di menzogna, inganno e protezione materna che
attraversano tutto il film. Jade incarna l’ossessione e il
risentimento, che la portano a commettere atti terribili pur di
ottenere ciò che vuole, mentre Hailey rappresenta la forza
resiliente della madre disposta a tutto per difendere la propria
figlia. La presenza di Bea, inizialmente sospetta ma alla fine
protettiva, mette in luce il tema della fiducia e dell’inganno in
un ambiente apparentemente sicuro come la nascita a domicilio. Il
finale, quindi, non solo chiude la trama ma rafforza la riflessione
sulla complessità dei rapporti umani e sulle ombre che possono
celarsi dietro le apparenze familiari.
Cosa ci lascia il finale
di Un figlio ad ogni costo
Un figlio ad ogni
costo offre una riflessione intensa sul significato di
maternità e protezione in un mondo spesso segnato da inganni e
pericoli nascosti. Il film ci ricorda quanto la forza e la
determinazione possano emergere nei momenti più bui, ma anche
quanto la fiducia sia fragile e preziosa. Attraverso una trama
avvincente e personaggi complessi, ci invita a guardare oltre le
apparenze, mettendo in luce le ombre che si nascondono dietro
relazioni apparentemente normali. Alla fine, resta il messaggio che
l’amore vero richiede coraggio e sacrificio, ma anche
consapevolezza e vigilanza.
Scopri anche il finale di film simili ad Un figlio
ad ogni costo
Ida Red è un crime
thriller del 2021 diretto da John Swab che si
inserisce nel filone delle storie criminali dal tono cupo e
realistico, incentrate su famiglie segnate dal crimine. Ambientato
in un’America di provincia segnata dal degrado e dalla violenza, il
film mescola azione, tensione drammatica e riflessioni sulla lealtà
familiare, dando vita a un racconto che alterna momenti di forte
intensità emotiva a sequenze di puro intrattenimento noir. La regia
di Swab, asciutta e priva di fronzoli, ricorda per certi versi
l’approccio diretto e crudo di film come Hell or High Water o A History of Violence, dove il contesto rurale diventa
un personaggio esso stesso, influenzando le scelte e i destini dei
protagonisti.
Il cast contribuisce in modo
determinante alla riuscita del film. Melissa Leo interpreta Ida “Red” Walker,
matriarca criminale dal carisma ambiguo e dalla determinazione
implacabile, mentre Josh Hartnett veste i panni di suo figlio
Wyatt, diviso tra il desiderio di proteggere la famiglia e la
necessità di sopravvivere in un mondo spietato. Ad affiancarli,
troviamo Frank Grillo come il violento zio Dallas e
William Forsythe in un ruolo che aggiunge
ulteriore peso drammatico alla vicenda. Le performance sono intense
e radicate, capaci di rendere credibili personaggi che oscillano
tra il fascino del legame familiare e la crudeltà delle loro
azioni, inserendosi perfettamente nella tradizione dei racconti
crime americani contemporanei.
I temi principali di Ida
Red ruotano attorno alla famiglia, al peso delle eredità
morali e all’impossibilità di sfuggire a un destino segnato dalle
proprie radici. Come in altri film criminali a sfondo familiare, da
Il padrino a Animal Kingdom, il legame
di sangue diventa sia un’ancora di salvezza che una condanna,
generando conflitti interiori e scelte al limite. Nel resto
dell’articolo, ci concentreremo sulla spiegazione del finale del
film, analizzando come John Swab abbia deciso di chiudere la
storia, quale sia il destino dei personaggi principali e come il
messaggio finale si colleghi ai temi di lealtà, sacrificio e
autodistruzione che permeano l’intera opera.
Frank Grillo e Josh Hartnett in Ida Red
La trama di Ida
Red
Il film racconta la storia di
Wyatt Walker (Josh
Hartnett), figlio della boss Ida “Red”
Walker (Melissa
Leo), incarcerata per rapina a mano armata. Quando il
ragazzo va a far visita alla madre in prigione, questa gli affida
un ultimo colpo. La donna è gravemente malata e Wyatt è la sua
unica possibilità per compiere l’ultima rapina e uscire di
prigione. Durante la sua assenza, suo fratello
Dallas (Frank
Grillo) ha assunto la guida della famiglia criminale.
Il ragazzo, però, è continuamente controllato dall’FBI, pronta a
fermarlo al primo passo falso, e dovrà quindi decidere se rimanere
libero e incensurato o scegliere la famiglia.
La spiegazione del finale del film
Ida Red è dunque un
film che parla di famiglia. Ci introduce alla famiglia Walker e ai
suoi membri, tutti accomunati da un tratto distintivo: sono ribelli
e finiscono sempre nei guai. Conosciamo per primi Dallas e Wyatt,
fratelli e allo stesso tempo criminali e ladri. Li vediamo rubare
pillole da un camion, uccidendo l’autista e una guardia nel
processo. Il tutto avviene in modo caotico: nonostante
l’esperienza, non sono affatto professionali. Questi eventi
segneranno l’inizio della fine per la famiglia così come la
conosciamo.
Wyatt è
affascinante, gestisce un’officina che in realtà è solo una
copertura. Dallas invece è molto più brutale,
pronto a uccidere in qualsiasi momento. Swab sembra ammiccare a
Tombstone e alla leggenda di Wyatt
Earp con questi due personaggi, ribaltando il concetto da
uomini di legge a criminali. I due hanno una sorella,
Jeanie, madre di un’adolescente di nome
Darla. L’ultimo membro della famiglia è
Ida Red stessa, che si trova però in prigione.
Wyatt racconta a Darla che il padre, tornato dalla guerra, era
stato accolto solo con povertà e disprezzo, spingendolo a cercare
altre fonti di reddito.
Per Wyatt, rubare e delinquere è nel
loro sangue, e i fatti sembrano dargli ragione. Jeanie è l’unica a
desiderare una vita normale, ma persino Darla inizia a comportarsi
in modo sempre più sconsiderato. Scopriamo che il camion rubato
all’inizio era un veicolo governativo, rendendo il caso federale:
l’FBI arriva in città. I fratelli Walker non hanno mai affrontato
un nemico tanto pericoloso, e presto si renderanno conto di non
essere all’altezza. L’indagine sarà la loro rovina. Continuano a
commettere crimini, avvicinandosi sempre di più alla cattura,
nonostante tutti sappiano già che sono responsabili.
Sofia Hublitz in Ida Red
La trama si divide a questo punto su
due fronti: da un lato i fratelli Walker e il loro rapporto con Ida
in carcere, dall’altro Darla che cerca il proprio posto nella
famiglia. Ida è stata la leader, sia in senso familiare che
criminale, e ha cresciuto i figli per diventare come lei,
allontanando Jeanie, che infatti si è sposata con un poliziotto,
l’opposto di ciò che rappresentava la sua famiglia. Ora Ida è
malata e i figli vogliono liberarla prima che muoia, convinti che
non debba trascorrere gli ultimi giorni in una cella. Nel concitato
finale di Ida Red, Wyatt e Dallas riescono a
portare a termine la rapina, ma la loro fuga è subito compromessa
dall’intervento della polizia guidata dall’agente Lawrence
Twilley e dal detective Bodie
Collier.
Consapevole di non poter sfuggire
insieme al fratello, Dallas sceglie di sacrificarsi, ingaggiando un
feroce scontro a fuoco in cui abbatte diversi agenti prima di
cadere sotto i colpi di Twilley. Questo gesto disperato permette a
Wyatt di guadagnare tempo e di allontanarsi con il bottino, anche
se la sua libertà è destinata a durare poco: Bodie riesce infatti a
rintracciarlo, ma Wyatt, ancora una volta, riesce a sfuggire.
Deciso a esaudire l’ultimo desiderio della madre, Wyatt si mette in
contatto con l’avvocato di Ida per ottenere la sua scarcerazione.
La polizia accetta, ma a una condizione: lo scambio della libertà
della matriarca con la cattura del figlio.
L’accordo va in porto e madre e
figlio si riuniscono, ma la gioia dura poco. Durante il viaggio in
auto, Ida muore serenamente, sapendo di essere libera e accanto a
Wyatt. Subito dopo, gli agenti Twilley e Collier arrestano il
giovane Walker. Prima della scarcerazione di Ida, però, Darla
scopre da quest’ultima che è lei la sua vera madre e coloro che
credeva essere madre e zii sono in realtà fratelli. Due anni più
tardi la morte di Ida e l’arresto di Walker, Darla rende quindi
omaggio alle tombe dei suoi cari e visita il fratello in prigione,
suggellando un finale amaro, in cui il sangue e il legame familiare
restano l’unico filo che tiene unita la dinastia Walker, anche
dietro le sbarre.
Cosa ci lascia il
film Ida Red
Ida Red ci lascia
dunque con l’immagine di una famiglia che, pur segnata dal crimine,
resta unita fino all’ultimo respiro. Il film mostra come il legame
di sangue possa essere al tempo stesso rifugio e condanna, un
vincolo che spinge a compiere sacrifici estremi e che, anche di
fronte alla morte o alla prigione, non si spezza. La storia dei
Walker è una parabola di lealtà assoluta, ma anche di
autodistruzione inevitabile, in cui ogni scelta è condizionata da
un’eredità criminale impossibile da rinnegare. Alla fine, ciò che
resta non è la vittoria, ma la consapevolezza che la famiglia è
tutto, anche nell’oscurità, anche quando si trova dall’altra parte
della legge.
Gli sceneggiatori
Jon ed Erich Hoeber hanno venduto
a Netflix il progetto di The Leading
Man, una commedia d’azione basata sulla serie di fumetti
di Jeremy Haun e B. Clay Moore,
che vedrà come protagonisti e produttori Kevin Hart e John Cena. Il progetto riporta gli Hoeber su
Netflix dopo la vendita della loro sceneggiatura originale Fast
& Loose, un film d’azione con Will Smith, attualmente in fase di
pre-produzione e
alla ricerca di un nuovo regista dopo l’abbandono di Michael
Bay.
In fase di sviluppo iniziale, la
sinossi di The Leading Man è la seguente:
“quando una star del cinema egocentrica (Cena) scopre che il
suo coprotagonista/uomo sulla sedia (Hart) è un vero agente, è
costretto a mettere da parte il suo orgoglio e ad accettare che le
star dei film d’azione non sono realmente degli eroi… mentre cerca
di salvare il mondo.
Hart sarà il produttore insieme a
Luke Kelly-Clyne e Bryan Smiley per Hartbeat, nell’ambito
dell’accordo multi-film della società con Netflix, insieme a Joe
Roth e Jeff Kirschenbaum per RK Films, Eric Gitter e Peter Schwerin
per Ignition Productions, John
Cena e Dan Baime. Tra i produttori esecutivi figurano Zak Roth
per RK Films, Jon ed Erich Hoeber e Jeremy Haun per Ignition.
La notizia del coinvolgimento di
Kevin Hart in The Leading Man arriva
mentre sta lavorando a 72 Hours, una commedia Netflix
diretta da Tim Story, dove reciterà al fianco di
Marcello Hernández e Mason
Gooding. Tra i suoi precedenti lavori per la piattaforma
streaming figurano i film Fatherhood, Me Time,
The Man from Toronto e Lift, oltre alla serie
limitata True Story.
Recentemente al lavoro su Little
Brother, una commedia Netflix in cui reciterà al fianco di
Eric André, John Cena è invece
reduce da Capi di Stato in fuga (Heads of State), una commedia
d’azione Amazon MGM con Idris Elba, che ha guadagnato oltre 75 milioni
di spettatori in tutto il mondo dal suo lancio il 2 luglio su
Prime Video, rendendolo il quarto film Amazon MGM
più visto di tutti i tempi sul servizio OTT di Amazon. Tra i suoi
prossimi progetti ci sono anche Coyote vs. Acme, il film
live-action Matchbox di Apple, Mattel Studios e Skydance,
e la stagione 2 di Peacemaker
su HBO Max.
Il Capitolo 1 della DCU, intitolato “Gods
and Monsters”, è ufficialmente iniziato con l’uscita del
film Superman
di James Gunn, mentre HBO Max si prepara a
lanciare la seconda stagione di Peacemaker
alla fine di questo mese. Uno dei principali eroi della Justice League che verrà riproposto per il DCU
è Batman, con il film
The Brave and The Bold attualmente in fase di
sviluppo.
Tuttavia, questo sembra non essere
l’unico progetto legato a Gotham City che i fan potranno vedere
dalla DC Studios (non considerando il The
Batman – Parte 2 di Matt Reeves, appartenente
all’Elseworld). The Hollywood Reporter ha
infatti rivelato che il regista di Weapons,
Zach Cregger, avrebbe scritto una sceneggiatura
per un film legato a Batman ambientato nella DCU, intitolato
Henchmen.
Il film, stando a quanto riportato,
“è incentrato su un tirapiedi di basso livello nel mondo
criminale di Gotham che acquista notorietà dopo essere riuscito a
mettere fuori combattimento Batman grazie a un colpo di
fortuna”. Sebbene Batman possa potenzialmente apparire nel
film, il rapporto rivela che Harley Quinn e
Joker fanno parte della sceneggiatura di
Henchmen. Si dice che la DC Studios sia a
conoscenza del progetto ma la proposta non è stata ancora
formalmente presentata a James
Gunn e Peter Safran.
Cosa significa la notizia sul film spin-off di
Batman
Sebbene Henchmen
non sia dunque ancora stato proposto, la notizia è stata diffusa lo
stesso giorno in cui THR ha pubblicato una nuova intervista con il
regista. Anche se non ha confermato che si tratti di questo
progetto, parlando dei suoi prossimi lavori il regista di
Weapons ha affermato: “Ho Resident Evil, e poi ho un
film di fantascienza subito dopo che è originale. Ho poi
un altro copione finito che vorrei realizzare. In realtà è
ambientato nell’universo DC, ma è totalmente originale e non è un
film di supereroi”.
THR ha anche sottolineato nel suo
articolo su Henchmen che, sebbene la DCU non abbia ancora scelto un
nuovo attore per interpretare Joker, Margot Robbie potrebbe teoricamente essere
chiamata a riprendere il ruolo di Harley Quinn, dopo la sua
partecipazione alla timeline dei film DCEU. Tuttavia, solo il tempo
dirà come andrà a finire il casting, dato che
Henchmen deve prima ottenere il via libera dalla
DC Studios.
Dopo aver collaborato
per Gli addestratori (2024), il
regista Andrea
Jublin e Lillo tornano a
lavorare insieme per Tutta
colpa del rock, commedia musicale dove l’attore –
recentemente visto anche in Cortina
Express e Elf Me –
ha modo di cimentarsi con una delle sue grandi passioni: la musica.
Il film, da Lillo anche scritto insieme a Matteo
Menduni e Tommaso Renzoni, si offre
infatti agli spettatori come una rocambolesca avventura guidata
dalle note rock il protagonista tenta in tutti i modi di rendere
parte della sua vita, anche a costo di guai continui.
Ma è tra una nota e un’altra, tra
una battuta e una gag, che in Tutta colpa del
rock si inseriscono anche una serie di elementi che
vanno dalla difficoltà di essere un genitore all’altezza delle
aspettative dei figli fino all’importanza delle seconde
possibilità. Soprattutto per coloro che, abbandonati dalla società
e trattati con sufficienza, cercano solo un modo per sentirsi
ancora utili e poter sognare. Un film, dunque, che portando la
musica nel carcere suggerisce in modo sottile la necessità di un
ripensamento di questi ambienti.
La trama di Tutta colpa del
rock
Bruno
(Lillo) è un ex chitarrista rock in caduta libera:
bugiardo, narcisista, padre assente. Finisce in carcere dopo una
lunga serie di scelte sbagliate. Quando tutto sembra perduto,
un’occasione inaspettata si presenta: formare una band con altri
detenuti per partecipare al Roma Rock Contest. In palio, i soldi
necessari per mantenere la promessa fatta alla figlia Tina:
portarla in America per un leggendario “Rock Tour”.
Valerio Aprea, Maurizio Lastrico, Lillo, Elio e Massimo Cagnina in
Tutta colpa del rock
Al suo fianco, una “formazione”
tanto improbabile quanto irresistibile: Roberto
(Maurizio Lastrico), coinquilino di cella; il
Professore (Elio), cinico e
silenzioso; Eva (Agnese Claisse),
una batterista dal carattere esplosivo; Osso
(Massimo Cagnina), un gigante dal cuore fragile; e
K-Bone (Naska), ex trapper con
un’anima da poeta. Tra momenti comici, scontri e legami
inaspettati, la musica diventa un’occasione di rinascita, amicizia
e riscatto.
Quando la musica accende la speranza
“Io servo la società facendo
rock. Sono in prima linea per liberare le persone con la mia
musica. Fare rock non è una passeggiata, signora“, diceva
Jack Black in School of Rock, la
celebre commedia musicale divenuta negli anni un vero e proprio
cult. Guardando Tutta colpa del
rock viene facile pensare proprio a quel film e non
sorprende dunque scoprire che proprio quel titolo è stato una delle
principali fonti di ispirazione per questa nuova commedia
capeggiata da Lillo, il quale assume il ruolo dello sfegatato fan
del rock che riesce a dar vita ad una band anche dove sembrerebbe
impossibile che si formi.
Se nel film con Black questo luogo
era una rigorosa scuola, nel film di Jublin è invece un carcere
italiano. Un luogo che permette di assegnare con maggior
vigore alla musica il suo ruolo di arte capace di far sentire
liberi, di poter viaggiare sul potere delle note verso luoghi e
mondi lontani. Una musica che diventa simbolo di speranza
all’interno di un ambiente in cui troppo spesso è facile che questa
si spenga. L’intento del film non è quello di mostrare la durezza
delle carceri italiane o le difficoltà da cui sono afflitte, ma
come anche questo luogo possa trasformarsi in qualcosa di
umanamente più utile se ne viene concessa l’opportunità.
Valerio Aprea, Agnese Claisse, Maurizio Lastrico, Lillo, Elio e
Massimo Cagnina in Tutta colpa del rock
Tutti quanti voglion fare il rock!
È una riflessione, quella appena
riportata, che arriva probabilmente solo in un secondo momento
rispetto alla comicità del film, al suo ritmo e anche ai suoi
momenti più toccanti, ma ne è un valore aggiunto non indifferente.
Nella sua semplicità il racconto si fa infatti carico di quella
giusta dose di grinta che il rock – e la musica in generale – sa
infondere, ma anche della sensibilità che Lillo sa trasmettere nei
panni di un padre disposto a tutto per sua figlia, anche quando
sembra distratto dai propri interessi.
Accanto a lui, si ritrovano una
serie di comprimari ognuno con il suo momento di gloria,
da Maurizio
Lastrico ad Elio da
Massimo Cagnina ad Agnese
Claisse. Ma sono da citare anche il cantautore
Naska, Valerio
Apreanel ruolo di una delle guardie del carcere
e Carolina
Crescentini in quello della sua direttrice. I loro
personaggi aggiungono colore e vivacità al film, con momenti e
tempi comici riusciti che Jublin riesce a catturare in modo
spontaneo e riportare sullo schermo.
Il divertimento è dunque assicurato,
all’interno di una commedia che – va ribadito – ha però più delle
semplici risate da offrire. Si dimostra infatti un’opera ben
congegnata al momento della scrittura, cosa che le permette di
ambire a maggiori attenzioni. Tutta colpa del
rock si dimostra così l’ennesimo progetto riuscito di
Lillo, che insieme a Menduni, Renzoni e a Jublin
intercettano una serie di tematiche e trovano il modo più
coinvolgente per portarle sullo schermo, con un film che fa
decisamente venir voglia di fare del rock.
Guarda la nostra intervista a Lillo, il regista Andrea Jublin e
Naska
Dopo il successo record di
Final Destination: Bloodlines, uscito a maggio, la
co-sceneggiatrice Lori Evans Taylor ha
firmato per scrivere il settimo capitolo della serie di film horror
soprannaturali
lanciata nel 2000. Scritto in collaborazione con Guy
Busick da una storia di Jon Watts e diretto da
Zach Lipovsky e Adam Stein,
Final Destination: Bloodlines ha registrato un
incasso di 51 milioni di dollari al suo debutto, il migliore della
serie, superando infine i 285 milioni di dollari al botteghino
mondiale.
Con un incasso complessivo di 983
milioni di dollari, la serie è ad oggi la terza serie horror di
maggior successo della New Line dopo The Conjuring e
It. Non sorprende dunque che lo studio di produzione, la
New Line Cinema, voglia realizzare ulteriori capitoli. Come
riportato da Deadline, Craig
Perry, Sheila Hanahan Taylor, Jon
Watts, Dianne McGunigle e Toby
Emmerich tornano alla produzione del prossimo film con
Warren Zide come produttore esecutivo. Al momento
non ci sono però altri dettagli su questo settimo capitolo.
Come Final Destination:
Bloodlines rilancia il futuro della saga
Ogni film della serie Final
Destination inizia con qualcuno che predice un evento che
causerà numerose vittime, salvando un gruppo di sfortunati, che
però finiranno per morire in altri modi orribili. Final
Destination: Bloodlines, il primo sequel della serie in 14
anni, funge da prequel parziale, richiamando un incidente avvenuto
nel 1969.
Craig Perry, che ha prodotto tutti i
film della serie, ha spiegato in precedenza a Deadline come questo
sesto capitolo apra la serie a nuove possibilità. “Questa è una
delle cose che Jon Watts, introducendo l’idea di iniziare negli
anni ’60 e fare un salto in avanti di 50 anni, credo ci abbia
liberato creativamente, permettendoci di andare in molti luoghi
diversi nel tempo e di creare connessioni che altrimenti non
avremmo potuto realizzare”, ha detto. “E penso che questa
espansione, questa sorta di visione satellitare del progetto, ci
darà l’opportunità in futuro di creare morti ancora più
interessanti e creative per il divertimento dei fan”.
Perry ha aggiunto: “Ecco perché
questo franchise è stranamente intramontabile, perché non abbiamo
necessariamente personaggi ricorrenti, quindi è possibile saltare
da un’epoca all’altra. E il punto è che è facile immedesimarsi,
perché i personaggi si trovano in ambienti e situazioni in cui
potresti trovarti anche tu”.
Scopri come finiscono gli altri capitoli della saga
di Final Destination:
In seguito al rumor recente emerso, James Gunn è tempestivamente intervenuto su
Threads per smentire la notizia
secondo cui Robin sarebbe apparso in The Batman – Parte
2, condividendo quanto segue: “Ragazzi, smettetela di
credere a queste sciocchezze. Credo che sei di noi abbiano letto la
sceneggiatura. Nessuno sa nulla di Batman 2”. Si attendeva un
possibile commento di Gunn in merito, che già in precedenza ha
smentito rumor riguardanti il prossimo film di Matt
Reeves. Commento che è dunque effettivamente arrivato,
mettendo a tacere anche questo nuovo rumor.
Tutto quello che sappiamo su
The Batman – Parte II
The
Batman – Parte II è uno dei film più attesi del nuovo
panorama DC, ma il suo percorso produttivo non è stato privo di
ostacoli. Inizialmente previsto per ottobre 2025, il sequel diretto
da Matt Reeves è stato rinviato al 1°
ottobre 2027. I ritardi sono stati giustificati da
esigenze legate alla scrittura della sceneggiatura e al calendario
riorganizzato della DC sotto la nuova guida di James Gunn e Peter Safran,
che stanno ristrutturando l’intero universo narrativo. Nonostante
ciò, Reeves ha confermato che
le riprese inizieranno nella primavera
2026 e Gunn ha recentemente letto la
sceneggiatura, definendola “grandiosa”, un segnale incoraggiante
per i fan.
Sul fronte del cast, è confermato il
ritorno di Robert Pattinson nei panni di Bruce
Wayne/Batman, all’interno dell’universo narrativo alternativo noto
come “Elseworlds”, separato dal DCU principale. Dovrebbero tornare anche Jeffrey Wright come il commissario Gordon e
Andy Serkis nel ruolo di Alfred. I rumor più
insistenti ruotano attorno alla possibile introduzione di
Harvey Dent/Due Facce e Clayface (che avrà inoltre un film tutto suo)
come villain principali, anche se nulla è stato ancora
ufficializzato. C’è chi ipotizza un ampliamento del focus sulla
corruzione sistemica di Gotham, riprendendo i toni noir e
investigativi del primo capitolo, con Batman sempre più immerso in
un mondo in cui la linea tra giustizia e vendetta si fa
sottile.
Per quanto riguarda la
trama, le indiscrezioni suggeriscono un’evoluzione
psicologica per Bruce Wayne, alle prese con le conseguenze delle
sue azioni e un Gotham sempre più caotica, anche dopo gli eventi
della serie spin-off The Penguin con Colin Farrell (anche lui probabile membro del
cast). Alcune fonti parlano di un possibile scontro morale con
Harvey Dent, figura ambigua per eccellenza, o di un Batman
costretto a confrontarsi con i limiti del suo metodo. Al momento,
tutto è però ancora avvolto nel riserbo, ma la conferma della
sceneggiatura completa e approvata lascia ben sperare per l’inizio
delle riprese entro l’autunno e per un sequel che promette di
essere ancora più cupo, ambizioso e introspettivo.
Reeves spera naturalmente che il suo
prossimo film su Batman abbia lo stesso successo del primo.
The Batman del 2022 ha avuto un’ottima performance
al botteghino, incassando oltre 772 milioni di dollari in tutto il
mondo e ottenendo un ampio consenso da parte della critica. Queste
recensioni entusiastiche sono state portate avanti nella stagione
dei premi, visto che il film ha ottenuto quattro nomination agli
Oscar. Nel frattempo, Reeves ha espanso la serie DC
Elseworld con la già citata serie spin-off di Batman,
The Penguin, disponibile su Sky e NOW, per
l’Italia.
Il reboot di Buffy
l’ammazzavampiri, che secondo quanto riferito ha come
titolo provvisorio “New Sunnydale”, ha visto iniziare le
riprese a Los Angeles. Con esso arriva quella che sembra essere un
primo sguardo a Ryan Kiera Armstrong, star di
Star
Wars: Skeleton Crew, nel ruolo della nuova protagonista
della serie. Ci sono state alcune lamentele sul fatto che la
quindicenne Armstrong sia un po’ troppo giovane per questo ruolo, e
in effetti qui sembra proprio una liceale. Tuttavia, vale la pena
notare che nella serie originale anche Buffy Summers doveva avere
solo 16 anni, anche se all’epoca Gellar ne aveva 20. Ad ogni modo,
a questo link si può vedere il video
in questione.
Cosa aspettarsi dal reboot
di Buffy l’Ammazzavampiri
L’originale serie
di Buffy l’ammazzavampiri, ideata da Joss
Whedon, mescola horror, azione, dramma e commedia con sorprendenti
sfumature metaforiche. Ambientata nella cittadina immaginaria di
Sunnydale, la storia segue Buffy Summers, una liceale
apparentemente normale che è però la “Prescelta”, l’unica ragazza
della sua generazione destinata a combattere vampiri, demoni e
forze oscure. Affiancata dai suoi amici – la “Scooby gang” – e dal
suo mentore Rupert Giles, Buffy affronta battaglie sovrannaturali
che spesso riflettono le paure e le sfide della crescita,
dell’identità e della responsabilità personale. La serie è
considerata un simbolo del girl power anni ’90.
Una recente sinossi del reboot di
Buffy l’ammazzavampiri ha rivelato che “Nova,
una sedicenne appassionata di libri, scopre di essere
un’ammazzavampiri nella ricostruita Sunnydale, divisa tra la
grintosa Old Sunnydale e l’esclusiva New Sunnydale. Durante il
Vampire Weekend, un festival che celebra il passato oscuro della
città, i vampiri Jack e Shirley emergono da un cantiere edile,
uccidono un adolescente e pianificano un rituale per creare un
esercito di vampiri al Cursed Circle”, conclude la
sinossi.
Nora Zuckerman e
Lila Zuckerman sono ora state incaricate di
scrivere, dirigere e produrre la serie reboot di Buffy
l’ammazzavampiri. La premio Oscar Chloé
Zhao sarà la regista e la produttrice esecutiva sotto la
sua casa di produzione Book of Shadows. Gellar è invece produttrice
esecutiva insieme a Gail Berman. Fran
Kuzui e Kaz Kuzui saranno produttori
esecutivi tramite Suite B, mentre Dolly Parton
sarà produttrice esecutiva tramite Sandollar. La produzione sarà
affidata a 20th Television e Searchlight Television. Berman, i
Kuzui e Parton sono stati tutti produttori esecutivi della serie
originale.
Protagonista sarà dunque
Ryan Kiera Armstrong, apparsa di recente nella
serie Disney+ “Star
Wars: Skeleton Crew”. Tra gli altri suoi crediti
televisivi figurano “Anne with an E” su Netflix, “American Horror Story” e la
prossima serie FX “The Lowdown”. Ad affiancare Armstrong e
Sarah Michelle Gellar nuovamente nei panni di
Buffy ci sono Faly Rakotohavana
(“Unprisoned”, “Secret Society of Second Born
Royals”) nel ruolo di Hugo, Ava Jean (“A
Week Away”, “Law & Order: SVU”) nel ruolo di Larkin,
Sarah Bock (“Severance”) nel ruolo di
Gracie, Daniel di Tomasso (“Witches of East
End”, “Major Crimes”) nel ruolo di Abe e Jack
Cutmore-Scott (“Oppenheimer“, “Frasier”) nel ruolo
del signor Burke.
Al momento non è noto chi del cast
originale – che includeva Nicholas Brendon, Alyson
Hannigan, Carpenter, Anthony Stewart Head, David Boreanaz, Seth
Green e James Marsters – potrebbe
tornare per la nuova serie.
Il film The Help
(qui la recensione) è basato su
una storia vera? Uscito nelle sale nell’autunno del 2011, il
lungometraggiio è stato adattato per il grande schermo dal romanzo
best seller omonimo scritto da Kathryn Stockett.
Dopo il successo del libro pubblicato nel 2009, The
Help è infatti stato rapidamente trasformato in un film
diretto da Tate Taylor con un cast corale che
include Viola Davis, Octavia Spencer, Emma Stone, Bryce Dallas Howard e Jessica Chastain. La trama principale di
The Help si concentra su un trio di personaggi
principali nella Jackson degli anni ’60, nel Mississippi.
Davis e Spencer interpretano
Aibileen Clark e Minny Jackson,
due domestiche di colore che lavorano per famiglie bianche, mentre
Stone interpreta Eugenia “Skeeter” Phelan, una
giovane aspirante scrittrice. Dopo che Skeeter torna nella sua
città natale, Jackson, si interessa a raccontare le storie delle
“domestiche” per mostrare agli altri bianchi com’è la loro
esperienza. Il film è stato un grande successo, incassando oltre
200 milioni di dollari in tutto il mondo e ottenendo quattro
nomination agli Oscar, con Spencer che ha vinto quello come
migliore attrice non protagonista.
Il film ha poi goduto di rinnovata
popolarità nel contesto delle proteste del movimento Black
Lives Matter, e molti potrebbero chiedersi se la storia
raccontata sia basata sulla vita reale. Tuttavia, non è facile
rispondere a questa domanda. Di base, come nel romanzo di Stockett,
la storia nel suo complesso è di fantasia. The
Help non è ispirato alla storia vera di una scrittrice
degli anni ’60 che pubblica un libro contenente diverse storie di
vita di domestiche di colore. Sebbene la narrazione sia fittizia,
un personaggio del libro – e, di conseguenza, del film – è però
ispirato a una persona reale.
La storia vera dietro il film The
Help
La Stockett ha in più occasioni
affermato che The Help è una storia di fantasia,
ma nel 2011, alcuni mesi prima dell’uscita del film, è stata citata
in giudizio da una domestica di colore di nome Ablene
Cooper, la quale sosteneva che la sua vita fosse stata
fonte d’ispirazione per la storia di Aibileen Clark. Ablene era
stata domestica del fratello della Stockett e aveva fatto da
babysitter a sua figlia una volta. Ha citato in giudizio la
Stockett per appropriazione indebita del suo nome e della sua
immagine. Oltre ad avere un nome simile, la storia di Aibileen
rispecchia quella di Ablene, poiché suo figlio morì poco prima
della nascita del primo figlio di Stockett.
Parlando al Daily Mail al momento
della causa, Cooper ha dichiarato: “Kathryn ha scritto male il
mio nome, ma nel libro e nel film lo pronunciano esattamente allo
stesso modo. Quando ho incontrato Kathryn per la prima volta a casa
di suo fratello, mi sono presentata così: ‘Aib-e-leen’. Kathryn fa
insegnare ad Aibileen alla bambina dei bianchi a chiamarla
‘Aib-ee’. È così che ho insegnato ai nipoti di Kathryn a chiamarmi,
perché non riuscivano a pronunciare Abilene“. Una questione
più importante per Cooper, tuttavia, era il fatto che Aibileen in
The Help soffre di una tragica perdita che
sembrava presa dalla vita stessa di Cooper.
“Ho pianto e pianto dopo aver
letto le prime pagine. Nel libro, Aibileen ha accettato il lavoro
cinque mesi dopo che suo figlio è morto in un incidente. Mio figlio
Willie aveva la leucemia ed è morto a 18 anni, nel luglio 1998, tre
mesi prima che iniziassi a lavorare per gli Stockett. Ho rivissuto
tutte le emozioni che avevo provato allora. Kathryn ha copiato
parti della mia vita e le ha usate senza nemmeno chiedermelo“.
Nonostante le affermazioni sulle somiglianze tra la vita di Ablene
Cooper e la storia di Aibileen Clark, il tentativo di Ablene di
citare in giudizio la Stockett non ha avuto successo.
Ha citato in giudizio la Stockett
per 75.000 dollari, ma il caso è stato archiviato alla fine del
2011 in base a un termine di prescrizione di un anno. Ciò è
avvenuto perché Ablene era in possesso del libro The
Help da più di un anno prima che fosse intentata la causa
contro la Stockett. Finora non ci sono prove legali che la storia
di Aibileen nel romanzo e nel film sia basata sulla vita reale di
questa donna, ma le somiglianze sono effettivamente difficili da
ignorare, anche se la trama generale del libro e del film sono
opere di finzione.
L’accuratezza del contesto storico di The
Help
Il contesto storico descritto in
The Help – ambientato nella Jackson, Mississippi,
degli anni ’60 – ripropone dunque quel periodo di segregazione
razziale e tensioni per i diritti civili. Il film racconta con una
certa accuratezza l’atmosfera sociale dell’epoca, mostrando le
rigide divisioni tra bianchi e neri, sia nei luoghi pubblici che
nelle case private. Le domestiche afroamericane, pur lavorando
intimamente all’interno delle famiglie bianche, sono trattate con
freddezza, diffidenza e inferiorità, una realtà che riflette
fedelmente il razzismo sistemico del Sud degli Stati Uniti in
quegli anni. Il film fa anche riferimento a eventi storici reali,
come l’assassinio di Medgar Evers, attivista dei
diritti civili, avvenuto proprio a Jackson nel 1963.
Tuttavia, sebbene il contesto
storico sia rappresentato con cura nei suoi tratti generali, alcune
critiche hanno sottolineato come il film tenda a semplificare la
complessità delle dinamiche razziali. Alcuni studiosi e attivisti
hanno notato che The Help racconta la storia
principalmente attraverso la lente bianca di Skeeter, minimizzando
la profondità dell’esperienza nera. Inoltre, alcuni aspetti della
vita delle domestiche sono romanzati o addolciti, rendendo più
digeribile per il pubblico una realtà che, nella vita vera, fu
molto più brutale. Nonostante ciò, il film resta un’introduzione
efficace e accessibile a un momento cruciale della storia
americana.
Il nuovo film thriller con Tom Cruise, Deeper,
potrebbe essere in difficoltà maggiori rispetto a quanto
inizialmente riportato, poiché il progetto sarebbe stato bloccato
non solo a causa di una serie di divergenze sul budget (come
già emerso a luglio) ma anche per il possibile abbandono del
regista Doug Liman. Il film, descritto come
un’avventura sottomarina e che vedrebbe Cruise recitare accanto a
Ana de Armas, dovrebbe infatti riunire l’attore con il
regista per la terza volta dopo Edge
of TomorroweBarry
Seal – Una storia americana.
Da quando però a luglio erano emerse
notizie secondo cui la Warner Bros. era riluttante a impegnarsi per
il budget di 275 milioni di dollari del film – con lo studio che
cercava di realizzarlo per non più di 230 milioni di dollari –
sembrerebbe che ora si sia aggiunto anche il problema
dell’abbandono di Liman. Sempre Puck riferisce infatti di
divergenze creative che avrebbero portato il regista a
disinteressarsi del progetto. Al momento non ci sono conferme
ufficiali in merito, ma se ciò fosse vero renderebbe più complesso
il destino di Deeper.
Al momento si ritiene che la
Universal possa essere una possibile nuova casa per il film, se
l’accordo con la WB dovesse fallire, ma secondo quanto riferito la
società non ha ancora ricevuto alcuna nuova proposta. Probabilmente
Liman potrebbe aver avuto da ridire sulla necessità di ridurre il
budget, che obbliga a ripensare buona parte del film. Conoscendo
Tom Cruise e considerando anche l’incredibile
sequenza sottomarina vista nel recente Mission:
Impossible – The Final Reckoningè
molto probabile che l’attore non voglia realizzare nulla che sia
meno epico di quanto fatto in quell’occasione.
Considerando le premesse del nuovo
film, sembra improbabile che Cruise sia disposto a fare marcia
indietro quando si tratta del budget. Pertanto, a meno che la
Warner Bros. non ceda, sembra che il film avrà bisogno di un’altra
casa di produzione se vuole essere realizzato e, a questo punto,
anche di un nuovo regista. Non resta a questo punto che
attendere maggiori novità sul progetto.
Nel 2010 Johnny Depp e Angelina Jolie erano all’apice della loro
carriera. Stavano girando alcuni dei film più importanti di
Hollywood e la loro fama andava ben oltre il loro lavoro sullo
schermo. Erano delle vere celebrità, con persone che seguivano ogni
loro mossa. Con chi uscivano o chi sposavano, dove andavano in
vacanza, con chi parlavano per i loro prossimi progetti e così via.
Quindi, non è stata una sorpresa quando la Sony Pictures li ha
presi entrambi e li ha messi insieme in un film. Il veicolo per
tale unione di star del cinema era una sceneggiatura del regista
tedesco Florian Henckel von Donnersmarck,
intitolata The Tourist (qui
la recensione)
Il film, girato a Venezia e
avvalsosi della partecipazione di diversi attori italiani, ha avuto
un buon successo al botteghino, ma per quanto riguarda la critica e
il pubblico, il film non ha avuto il successo che lo studio aveva
previsto. Tuttavia, il film non era pensato per essere un’opera
d’arte. Il film era solo l’occasione per vedere recitare insieme i
due noti attori e ha fatto il suo lavoro essendo semplicemente un
intrattenimento divertente e spensierato, grazie a una storia con
molti colpi di scena e attori carismatici sullo schermo. In
particolare, il finale ha piuttosto spiazzato gli spettatori e in
questo approfondimento andiamo a fornire una sua spiegazione.
Il riepilogo della trama di
The Tourist
Una cosa davvero interessante di The
Tourist è che il film non si prende mai troppo sul serio. Quindi la
maggior parte dei colpi di scena hanno un tono umoristico.
All’inizio del film, ci viene presentata Elise,
interpretata da Angelina Jolie. Elise è la classica femme
fatale, estremamente bella ma inaffidabile. Elise si trova a Parigi
e, a sua insaputa, è seguita dalla polizia, per la precisione da
Scotland Yard. Elise è infatti la fidanzata di un criminale
scomparso, e la polizia la sta seguendo, aspettandosi che il
criminale la contatti. L’uomo in questione si chiama
Alexander Pearce, una specie di truffatore.
Egli è inseguito perché deve più di
700 milioni di sterline al governo in tasse. Per sfuggire a questo
debito, si dice che Pearce abbia fatto ricorso alla chirurgia
plastica così da nascondere la sua identità. Da quando ha iniziato
a circolare questa voce nessuno l’ha visto e, se davvero si è
sottoposto a un intervento di chirurgia plastica, nessuno sa che
aspetto abbia. Pearce è però anche seguito da un gangster di nome
Shaw, al quale ha rubato più di 2 miliardi di
sterline. Tutti vogliono dunque mettere le mani su di lui e per
farlo seguono Elise nella speranza che si faccia vivo.
Mentre è a Parigi, Elise riceve
effettivamente un messaggio da Pearce. Il messaggio è una serie di
istruzioni che le dicono di prendere un treno e andare a Venezia,
in Italia. Durante il viaggio, deve anche prendere un uomo e farlo
sembrare Pearce, al fine di distrarre la polizia e Shaw. Elise sale
sul treno e prende con sé un uomo di nome Frank
(interpretato da Johnny Depp). Questi è solo un insegnante di
matematica in vacanza in Europa, ma quando la bella Elise gli
chiede di accompagnarla, lui non può rifiutare l’invito.
Arrivanocosì a Venezia ed
Elise fa il check-in all’hotel indicato nelle istruzioni. Lì riceve
nuove istruzioni da Shaw: deve partecipare a una festa. Elise è
chiaramente attratta da Frank, e lui è ovviamente attratto da lei,
ma non possono stare insieme, perché Elise ha occhi solo per Pearce
e vuole riunirsi a lui. Decide così di abbandonare Frank, che viene
a quel punto inseguito dagli uomini di Shaw, i quali lo credono
Pearce, ma fortunatamente riesce a sfuggire alla loro caccia.
La spiegazione del finale di The
Tourist
Elise e Frank si incontrano poi di
nuovo e questa volta iniziano a passare del tempo insieme, facendo
nascere una relazione romantica. Vengono quindi inseguiti dalla
polizia e dagli uomini di Shaw attraverso i canali, ma riescono
sempre a fuggire. Elise non vuole che accada nulla di male a Frank,
quindi lo lascia all’aeroporto e gli dice di tornare a casa. Più
tardi, al ballo, Elise riceve però un altro messaggio da Pearce che
la indirizza verso una vecchia casa. Lei ci va, anche se sa di
essere seguita dalla polizia.
Quando Elise entra, viene presa in
ostaggio da Shaw. Lui minaccia di ucciderla se lei non gli dà i
soldi che Pearce gli ha rubato. All’interno della casa c’è infatti
una cassaforte e lui ha bisogno della password. Nel frattempo,
Frank ha deciso di non ripartire e di seguire Elise, perché si è
davvero innamorato di lei. Quando arriva a sua volta alla casa,
viene anche lui catturato da Shaw. A quel punto, Frank fa una
rivelazione scioccante: afferma che in realtà è lui Pearce e giura
di dare a Shaw i soldi se lui lascerà andare Elise.
Mentre Frank si avvicina quindi alla
cassaforte, sembra che tutto fosse solo un bluff e che in realtà
non conosca la password, che si sia finto Pearce solo per cercare
di calmare il criminale. Tuttavia, poiché la polizia li stava
seguendo, fuori dalla casa ci sono dei cecchini pronti a sparare.
Il capo della polizia dà a quel punto l’ordine e i cecchini
sparano, uccidendo Shaw e tutti i suoi uomini. Elise e Frank
vengono così salvati. Nelle vicinanze, intanto, gli agenti
individuano e catturano il presunto Pearce, che si rivela invece
essere un turista inglese pagato da Alexander solo per spostarsi
seguendo determinate indicazioni e consegnando, di volta in volta,
dei messaggi a Elise.
Nel frattempo Frank apre a questo
punto davanti a Elise la cassaforte, rivelandosi proprio lui il
vero Pearce, che per tutto quel tempo le è quindi stato accanto. I
due fuggono con il contenuto, lasciando all’ispettore capo Jones un
assegno per la somma dovuta da Pearce al governo inglese: 744
milioni di sterline. Ciò comporta la fine della caccia all’uomo
poiché l’unico reato rimasto da espiare sarebbe quello di aver
rubato dei soldi a un gangster ormai morto. L’ispettore Acheson,
amareggiato dal suo fallimento, vede quindi Elise e Frank
allontanarsi romanticamente in laguna e salpare insieme verso il
tramonto.
Cosa ci lascia il film The Tourist?
The Tourist è
dunque un film che, pur non avendo ambizioni di profondità
tematica, finisce comunque per suggerire qualcosa sul concetto di
identità e sulla possibilità di reinventarsi. Dietro l’apparenza
leggera di una commedia romantica travestita da thriller
internazionale, si cela infatti una riflessione sul desiderio di
evasione dalle etichette sociali. Frank non è solo un insegnante
impacciato e gentile: è anche un uomo che ha scelto di scomparire
per sfuggire a un passato scomodo e costruirsi una nuova vita, fino
a quando non è pronto a rivelare chi è davvero. Il film ci dice
che, a volte, serve perdersi – anche fisicamente, in una città come
Venezia – per ritrovarsi, e che cambiare volto può diventare un
modo per trovare il coraggio di vivere secondo ciò che si è
davvero.
Ma The Tourist
lascia anche un messaggio più sottile e romantico: quello
dell’amore come forza trasformatrice e come spinta a rimettere in
gioco sé stessi. Elise è inizialmente una donna sospesa tra fedeltà
e nostalgia, ma grazie alla relazione con Frank (che è anche
Alexander, cioè l’uomo che ama), riesce a liberarsi da una storia
tenuta in vita solo dal mistero. Il film ci mostra che l’amore,
quando è sincero, può sopravvivere anche a travestimenti, bugie e
fughe, e che a volte vale la pena rischiare tutto per ricominciare,
magari su una barca in laguna, finalmente liberi.
Sia che si tratti di
Chucky, Annabelle
o M3GAN,
le bambole sono figure piuttosto significative nei
film horror. Anche Separation le utilizza, con
l’obiettivo però di rappresentare la separazione tra una bambina e
sua madre. Quando la prima non riesce ad affrontare l’assenza del
genitore e il padre non riesce ad essere sempre presente, lei si
rivolge alle sue bambole in cerca di conforto. Ma sembra che la sua
nuova amicizia con le bambole sia troppo stretta per essere
rassicurante, poiché non sembrano interessate all’amicizia, ma a
qualcos’altro del tutto. Di cosa si tratta? Scopriamolo in questo
approfondimento sul finale del film.
La trama di
Separation
Sono passati 3 anni dall’ultima
pubblicazione dei fumetti Grisly Kin di
Jeff. Attualmente è disoccupato e sta affrontando
un divorzio con sua moglie Maggie. La donna, che
ha un lavoro ben retribuito, ha deciso di trasferirsi in un’altra
città con la loro figlia Jenny. Purtroppo, prima
che possa spostarsi muore in un incidente d’auto. In seguito, il
padre di Maggie cerca di fare comunque ciò che lei voleva per
Jenny, ovvero portarla via da Jeff. Lui però prova a lavorare
presso la casa editrice di fumetti di un vecchio amico e non è
disposto a lasciare che sua figlia venga portata via. Assume anche
una tata, Samantha, per Jenny.
In mezzo a tutto questo caos, Jenny
si rifugia dunque nelle sue bambole, che sono i personaggi dei
fumetti Grisly Kin del padre. Parla con loro e condivide
con loro i suoi sentimenti. Pian piano, inizia a vederne versioni
più grandi, così come accade anche a Jeff. Quando lui le chiede di
loro, lei gli dice che è la sua mamma. Anche se Jeff fatica a
crederle, le entità si avvicinano sempre di più a Jenny. Cosa sono
veramente queste entità? È Maggie o qualcos’altro che cerca di
portare via Jenny da Jeff? Cosa l’ha attirata lì in primo luogo? È
il risultato della separazione di Jenny da sua madre?
Rupert Friend e Violet McGraw in Separation
Le Bambole
Il concetto di “condotto” ha
attirato molta attenzione dal rilascio di L’evocazione
– The Conjuring. Gli spiriti demoniaci usano le bambole
come mezzo per avvicinarsi ai loro ospiti così da poterli
possedere. Ma per farlo, hanno bisogno di un ospite
psicologicamente vulnerabile, che in questo caso è Jenny. Secondo
lei, è sua madre che è tornata a prenderla, ma secondo un collega
di Jeff, si tratta di uno spirito bloccato nella bambola. Ad
esempio, se l’ultima cosa che Maggie voleva da viva era portare via
Jenny, la sua anima cercherebbe di fare la stessa cosa.
Ha senso pensare che lo spirito di
Maggie sia “bloccato” e voglia portare via Jenny, anche se non
sappiamo se intenda portarla via fisicamente o ucciderla e poi
portarne l’anima nell’altro piano dell’esistenza. Maggie potrebbe
usare le bambole perché è l’unico modo per raggiungere sua figlia
senza spaventarla (anche se non funziona molto bene). D’altra
parte, è anche possibile che uno spirito disumano abbia trovato una
crepa nell’anima di Jenny causata dalla separazione dalla madre e
stia cercando di possederla.
Questo giustificherebbe la bambola
che cerca di tirare Jenny giù dalla balaustra verso la fine del
film. La cosa l’avrebbe uccisa e il demone avrebbe avuto la sua
anima. Ma Jenny riesce a risalire e a rientrare. Tuttavia, Jenny
continua a credere che sia sua madre e la chiama “mamma”. Non è
chiaro perché lo spirito reagisca a essere chiamato “mamma”
(considerando che non c’è certezza che sia davvero la madre di
Jenny). Forse ha bisogno che l’ospite si arrenda e non può
costringerlo a fare ciò che vuole. Per questo, l’anima usa le
bambole come condotto.
La spiegazione del finale di
Separation
Anche se può sembrare logico pensare
che lo spirito volesse portare via Jenny, il finale dimostra che
non si tratta di uno spirito demoniaco ma è effettivamente quello
di Maggie. Verso la fine del film, si scopre che è stata la tata
Samantha a investire Maggie, solo per poter stare con Jeff. Anche
se questo elemento non ha molta rilevanza per la trama, spiega
perché, dopo la reazione allergica di Jenny, Samantha venga colpita
alla testa da un lampadario. Lo spirito di Maggie sapeva che
Samantha stava cercando di uccidere Jenny per avere Jeff tutto per
sé (Samantha ammette persino a Jeff di voler mandare Jenny da sua
madre, cioè ucciderla).
Una scena di Separation
Lo spirito cercò anche di ucciderla,
o almeno spaventarla, mentre dormiva, così da farla andare via. Ma
lei non se ne andò. Samantha venne però infine uccisa dallo
spirito. Poi, mentre Jeff e l’incarnazione della bambola, ovvero lo
spirito di Maggie, si fissano negli occhi, Jeff le dice che non può
portare via Jenny. Jenny interviene, dicendo che non vuole più che
si litighi, che vuole solo la sua mamma e il suo papà. Negli ultimi
istanti del film, lo spirito salva allora Jenny e Jeff da una
caduta mortale. Forse lo spirito di Maggie ha capito che non può
portare via Jenny con la forza e che l’unica persona che può
prendersi cura di lei era Jeff.
Con questa nuova consapevolezza, lo
spirito trova pace e – apparentemente – se ne va. C’è però una
scena nei titoli di coda che mostra una delle bambole avvicinarsi a
Jenny mentre dorme. Potrebbe essere Maggie, tornata solo per
controllare sua figlia, nonostante ciò appaia inquietante. Oppure,
potrebbe essere che, sebbene lo spirito di Maggie se ne sia andato,
un altro spirito demoniaco abbia trovato il modo di entrare nel
piano terrestre e cercherà di possedere la bambina attraverso le
sue bambole.
Separation è dunque
una rappresentazione di come una madre cerchi di raggiungere sua
figlia, anche dopo la morte. Il film non parla tanto della bambina
e di suo padre, quanto piuttosto del legame tra lei e sua madre.
Possiamo interpretarlo come vogliamo, ma dobbiamo ammettere che è
stato l’amore a riportare Maggie da Jenny, perché voleva essere
certa che fosse al sicuro. Per quanto surreale possa sembrare,
possiamo dire che l’amore è qualcosa che possiamo solo sentire ma
mai comprendere davvero, un po’ come gli spiriti. E forse è una
cosa positiva.
Scopri il finale di altri film simili
a Separation
Dopo un 2025 ricco di impegni,
caratterizzato anche da una nomination agli Emmy e un film della
Marvel Studios, Pedro Pascal non sembra avere intenzione di
rallentare il ritmo, dato che è in trattative per recitare nel film
della Searchlight Pictures Behemoth! dello
sceneggiatore e regista Tony Gilroy. La
Searchlight ha recentemente aderito al progetto che Gilroy scriverà
e dirigerà. Anche se l’accordo non è ancora stato concluso, fonti
dicono che Pascal vuole farlo e che le cose stanno andando nella
giusta direzione.
I dettagli della trama sono ancora
vaghi, ma Gilroy ha dichiarato in alcune interviste che il film
ruota attorno a un violoncellista. Gilroy sarà anche produttore
insieme a Sanne Wohlenberg. Le riprese del film inizieranno questo
autunno a Los Angeles, mentre la data di uscita sarà annunciata in
un secondo momento. Considerando ciò, non bisognerà attendere molto
prima di avere una conferma riguardo all’affettiva partecipazione
di Pedro Pascal al progetto.
Dove abbiamo visto di
recente Pedro Pascal?
Pascal sta vivendo un’estate di
grande successo, con Material
Love di Celine Song (in Italia al cinema dal 4 settembre),
Eddington
di Ari Aster (in Italia al cinema dal 17 ottobre) e I Fantastici
Quattro: Gli Inizidella Marvel attualmente al
cinema. Tutti e tre i progetti hanno ricevuto un’accoglienza
entusiastica da parte della critica, con il film di Song che è
stato il terzo film di A24 con il maggior incasso di sempre e il
film Marvel che è stato il film della Marvel con il maggior incasso
del 2025. Pascal ha poi di recente recitato anche
in Il gladiatore
IIe nella serie The Last
of Us, mentre prossimamente riprenderà il ruolo di Din
Djarin in The
Mandalorian & Grogu.
Una nuova esclusiva di TheInSneider suggerisce che
Matt Reeves aggiungerà un nuovo personaggio,
decisamente importante, in The
Batman – Parte II. La sceneggiatura del sequel, a
lungo rimandato, dovrebbe infatti introdurre nientemeno che
Robin, la celebre spalla di Batman. Le fonti
descrivono la sceneggiatura come una “grande svolta” che
“varrà l’attesa”.
Se Reeves sta davvero introducendo
Robin nella sua versione realistica e thriller di Gotham, sarà
senza dubbio una scommessa azzardata. Il curriculum cinematografico
di Robin è sorprendentemente scarso, data la sua importanza nella
tradizione DC. Chris O’Donnell ha indossato la
maschera in “Batman
Forever” di Joel Schumacher e nel tanto
criticato “Batman & Robin”. Joseph
Gordon-Levitt ha poi interpretato una sorta di versione di
Robin in “Il
cavaliere oscuro – Il ritorno” di Nolan.
Nel frattempo, la DCU di James
Gunn sta preparando la sua avventura di Batman e Robin
con “The Brave and the Bold”, con
la regia di Andy Muschietti, anche se il cast
rimane segreto e la sceneggiatura è ancora in fase di scrittura.
Quel progetto non avrebbe comunque nulla a che fare con l’universo
creato da Reeves, anche se sarebbe strano vedere due Batman e due
Robin sullo grande schermo quasi in concomitanza. Non resta allora
che attendere per scoprire se questa notizia verrà confermata o
meno.
Tutto quello che sappiamo su The Batman – Parte
II
The
Batman – Parte II è uno dei film più attesi del nuovo
panorama DC, ma il suo percorso produttivo non è stato privo di
ostacoli. Inizialmente previsto per ottobre 2025, il sequel diretto
da Matt Reeves è stato rinviato al 1°
ottobre 2027. I ritardi sono stati giustificati da
esigenze legate alla scrittura della sceneggiatura e al calendario
riorganizzato della DC sotto la nuova guida di James Gunn e Peter Safran,
che stanno ristrutturando l’intero universo narrativo. Nonostante
ciò, Reeves ha confermato che
le riprese inizieranno nella primavera
2026 e Gunn ha recentemente letto la
sceneggiatura, definendola “grandiosa”, un segnale incoraggiante
per i fan.
Sul fronte del cast, è confermato il
ritorno di Robert Pattinson nei panni di Bruce
Wayne/Batman, all’interno dell’universo narrativo alternativo noto
come “Elseworlds”, separato dal DCU principale. Dovrebbero tornare
anche Jeffrey Wright come il commissario Gordon e
Andy Serkis nel ruolo di Alfred. I rumor più
insistenti ruotano attorno alla possibile introduzione di
Harvey Dent/Due Facce e Clayface (che avrà inoltre un film tutto suo)
come villain principali, anche se nulla è stato ancora
ufficializzato. C’è chi ipotizza un ampliamento del focus sulla
corruzione sistemica di Gotham, riprendendo i toni noir e
investigativi del primo capitolo, con Batman sempre più immerso in
un mondo in cui la linea tra giustizia e vendetta si fa
sottile.
Per quanto riguarda la
trama, le indiscrezioni suggeriscono un’evoluzione
psicologica per Bruce Wayne, alle prese con le conseguenze delle
sue azioni e un Gotham sempre più caotica, anche dopo gli eventi
della serie spin-off The Penguin con Colin Farrell (anche lui probabile membro del
cast). Alcune fonti parlano di un possibile scontro morale con
Harvey Dent, figura ambigua per eccellenza, o di un Batman
costretto a confrontarsi con i limiti del suo metodo. Al momento,
tutto è però ancora avvolto nel riserbo, ma la conferma della
sceneggiatura completa e approvata lascia ben sperare per l’inizio
delle riprese entro l’autunno e per un sequel che promette di
essere ancora più cupo, ambizioso e introspettivo.
Reeves spera naturalmente che il suo
prossimo film su Batman abbia lo stesso successo del primo.
The Batman del 2022 ha avuto un’ottima performance
al botteghino, incassando oltre 772 milioni di dollari in tutto il
mondo e ottenendo un ampio consenso da parte della critica. Queste
recensioni entusiastiche sono state portate avanti nella stagione
dei premi, visto che il film ha ottenuto quattro nomination agli
Oscar. Nel frattempo, Reeves ha espanso la serie DC
Elseworld con la già citata serie spin-off di Batman,
The Penguin, disponibile su Sky e NOW, per
l’Italia.
Netflix non sta perdendo tempo nel portare
sullo schermo The Boy in the Iron Box di
Guillermo del Toro e Chuck Hogan.
Opzionato per la prima volta nel maggio 2025, l’adattamento
cinematografico della novella horror in sei parti, di cui si
vociferava da tempo, sembra stia ora procedendo a pieno ritmo, con
la produzione che dovrebbe iniziare questo ottobre, secondo
What’s on Netflix.
I dettagli rimangono per ora
segreti, ma le fonti del sito indicano che il progetto assumerà la
forma di un lungometraggio, non di una serie, un punto su cui si
era speculato quando i diritti sono stati acquisiti. La
collaborazione in corso tra Del Toro e Netflix si è rivelata
fruttuosa nel corso degli anni. Dal suo “Pinocchio”
in stop-motion, vincitore di un Oscar, a “Frankenstein”,
in uscita in autunno.
Che cos’è The Boy in the
IronBox?
The Boy in the Iron
Box è una raccolta serializzata composta da sei storie
interconnesse: “Falling Down”, “The Pit and the
Box”, “The Hunted”, “Risen”,
“Siege” e “Encounter“. Ci sono state
indiscrezioni secondo cui del Toro non solo produrrà, ma dirigerà
anche il film. Questa ultima collaborazione riunisce del Toro con
il co-sceneggiatore Chuck Hogan, con cui ha già scritto i romanzi
di “The Strain” e “The Hollow Ones”.
Il cast del
Frankenstein di Guillermo del Toro
Guillermo del Toro scrive, dirige e
produce Frankenstein insieme a J. Miles Dale,
che è stato produttore di Guillermo del Toro’s Cabinet Of
Curiosities per Netflix. Il romanzo classico di
Mary Shelly segue la storia di Victor
Frankenstein, uno scienziato brillante ma egoista che dà vita a una
creatura in un mostruoso esperimento che alla fine porta alla
distruzione sia del creatore che della sua tragica creazione. Del
Toro sta sviluppando il progetto Frankenstein da diverso
tempo e da tempo desiderava realizzare un film incentrato
sull’iconica storia di Shelley, ma non si sa ancora quale sarà il
suo punto di vista sul racconto classico.
Nel film Oscar
Isaac interpreterà Victor
Frankenstein, mentre Mia Goth sarà
la protagonista femminile, ma il suo ruolo effettivo è ancora
sconosciuto. Così come è sconosciuto il ruolo che avranno Christoph Waltz e Charles Dance. Andrew
Garfield era inizialmente stato scelto per
interpretare la Creatura, ma ha dovuto rinunciare al film per via
di altri impegni, venendo sostituito da Jacob Elordi. Le riprese del film dovrebbero
svolgersi nel corso dei prossimi mesi, con una distribuizione
prevista su Netflix per il 2025.
Ana de Armas si è affermata come una vera e
propria star dei film d’azione, con una performance di rilievo
nell’ultimo (ad oggi) film della saga di James
Bond, No Time to Die prima di diventare la protagonista
assoluta dello spin-off di John Wick, Ballerina.
In passato si era già parlato della possibilità che la star – nota
anche per i filmCena
con delitto e Blonde –
potesse ottenere un ruolo nell’MCU, e ora lo scooper Daniel Richtman torna a
riferire che “Ana
de Armas è stata presa in considerazione per un ruolo
importante nella Marvel”.
Non ha fornito ulteriori dettagli
sul personaggio che potrebbe interpretare o sul progetto in
questione, anche se lo scorso dicembre era stata menzionata la
possibilità che l’attrice si unisse al cast di Avengers:
Doomsday. Ci saranno sicuramente dei nuovi personaggi
in quel film. Potrebbe però anche prendere parte ad un altro
progetto del MCU, idealmente anche dopo il reset a
cui Avengers:
Secret Warsdarà vita. Al momento, si tratta però
solamente di ipotesi.
Armas viene spesso suggerita anche
per il ruolo di Wonder Woman nel DCU, anche se la probabilità che ciò avvenga
dipende da ciò che James Gunn sta cercando per la sua Diana
Prince. I Marvel Studios hanno accesso a molti nuovi personaggi
grazie ai franchise degli X-Men e dei Fantastici Quattro, quindi
solo il tempo dirà chi potrebbe interpretare nel MCU. Il Multiverso
in gioco, d’altronde, apre anche le porte a molte possibilità.
Dove abbiamo visto di recente Ana de
Armas
Negli ultimi anni, Ana de Armas ha consolidato il suo status di
star internazionale partecipando a progetti di grande rilievo. Dopo
il successo di Blonde (2022),
in cui ha interpretato una versione intensa e controversa di
Marilyn Monroe, l’attrice cubana ha preso parte al film d’azione
Ghosted
(2023) accanto a Chris Evans, dove ha mostrato un lato più
ironico e dinamico. Ha poi recitato nel film Eden e nel
thriller psicologico Ballerina,
spin-off dell’universo di John Wick, dove interpreta una
letale assassina in cerca di vendetta. Con questi ruoli, Ana de
Armas continua a dimostrare la sua versatilità e il suo carisma
sullo schermo.
Per anni si è parlato di
Sicario 3, e ora Josh Brolin ha fornito un aggiornamento
entusiasmante sul terzo capitolo, rivelando anche se Denis
Villeneuve tornerà alla regia. La serie Sicario,
come noto, è stata lanciata nel 2015 con il thriller teso e
acclamato dalla critica di Villeneuve che esplora la guerra alla
droga degli Stati Uniti al confine meridionale, con Emily Blunt, Benicio del Toro e Brolin.
Sicario è stato un successo
immediato, dando vita al sequel del 2018, Sicario: Day of
the Soldado di Stefano Sollima, che ha
spostato l’attenzione sui personaggi di Brolin e del Toro. Anche se
mancavano Villeneuve come regista e il personaggio di Blunt, il
film ha comunque ampliato il mondo della serie e si è concluso con
un finale che anticipava un altro capitolo, lasciando molti a
chiedersi se ci sarebbe stato un Sicario 3.
Durante una recente apparizione al
podcast Happy Sad Confused, Brolin, che
per i film ha interpretato Matt Graver, ha ammesso che, sebbene un tempo pensasse che un
terzo film di Sicario fosse improbabile, ora “ha appena
sentito che è molto, molto reale”. Quando il conduttore Josh
Horowitz ha chiesto se Villeneuve sarebbe tornato alla regia,
Brolin ha dichiarato: “Onestamente non lo so”.
Cosa significa l’aggiornamento di
Josh Brolin per Sicario 3
I commenti di Brolin sono il segno
più concreto finora che Sicario 3 sta finalmente
andando avanti. In precedenza, come già detto, l’attore aveva dato
un aggiornamento deludente su Sicario 3, che
suggeriva che il progetto fosse piuttosto improbabile. Tuttavia,
l’attore ha ora confermato che il film è addirittura “molto,
molto reale”, suscitando entusiasmo per un franchise che è
stato silenziosamente in fase di sviluppo per anni.
L’assenza di un regista confermato
lascia comunque qualche incertezza. Villeneuve è attualmente uno
dei registi più impegnati di Hollywood, soprattutto con Dune –
Parte Tre e poi con il
prossimo James Bond, quindi sembra improbabile che torni alla
regia. Se dovesse farlo, ciò significherebbe che per vedere il film
potrebbe volerci ancora molto. Tuttavia, se Brolin e del Toro
tornassero, e secondo quanto riferito anche Blunt fosse coinvolta,
Sicario 3 potrebbe comunque offrire una fantastica
conclusione alla trilogia.
Dopo aver costruito un avvincente
mistero horror per gran parte della sua durata, il finale di
Weapons porta le cose a una conclusione intensa,
inquietante e oscuramente esilarante. Il secondo lungometraggio da
solista dello sceneggiatore e regista Zach Cregger
ruota attorno alla scomparsa inspiegabile di (quasi) un’intera
classe di bambini di terza elementare, che sono scappati dalle loro
case di periferia nella stessa notte, esattamente alle 2:17 del
mattino.
Il film è diviso in sezioni che
seguono personaggi specifici, saltando avanti e indietro nel tempo
per coglierli nei momenti chiave del loro coinvolgimento nel caso.
Alla fine, man mano che i pezzi del puzzle vanno lentamente al loro
posto, diventa chiaro che tutte le stranezze della loro città sono
riconducibili a una donna: Gladys, una strega e
autoproclamata zia di Alex, l’unico bambino della
classe di Justine Grady a non essere
scomparso.
Nel momento culminante del film,
quasi tutti i personaggi principali (tranne il povero
Andrew Marcus, il preside la cui testa è stata
schiacciata poco prima quel giorno) si ritrovano nella casa di
Alex, dove sono tenuti prigionieri i bambini scomparsi.
Justine e Archer, un genitore di
un bambino scomparso, cadono però nella trappola di Gladys;
Paul, l’ex fidanzato poliziotto di Justine, e
James, il tossicodipendente che ha scoperto per
caso i bambini scomparsi, sono la trappola. Ne segue un livello di
violenza quasi caricaturale.
Josh Brolin in Weapons
Cosa succede nel finale di
Weapons
Gladys, rendendosi conto che il
gioco è finito e dicendo ad Alex di prepararsi a lasciare la città,
ha preparato Paul e James per una versione alternativa
dell’incantesimo d’attacco che aveva usato in precedenza. Invece di
prendere di mira incessantemente una persona specifica, sono
impostati per attivarsi se qualcuno attraversa le linee di sale
lasciate sul pavimento, cosa che Justine fa inconsapevolmente. Paul
le si avventa quindi contro, mentre James si scaglia su Archer.
Sebbene continui a sferrare colpi devastanti al volto di James,
Archer non riesce a tenerlo a terra a lungo.
Justine, traumatizzata, dopo che un
pelapatate si rivela inefficace, riesce a uccidere Paul con la
pistola del poliziotto. Poi la punta contro James e salva Archer,
che si dirige verso il seminterrato e trova i bambini scomparsi.
Tuttavia, mentre cerca suo figlio Matthew, trova
invece Gladys. Nel frattempo, Alex, che ha osservato Gladys
compiere i suoi orrori, calpesta il sale che i suoi genitori hanno
sparso intenzionalmente. Usa le stanze comunicanti per aggirarli e
si fa strada nella stanza di Gladys, che stavano sorvegliando.
Afferra uno dei rami spinosi che lei
usa per i suoi incantesimi, uno già in uso, e si rintana nel bagno
per ripetere i passaggi che l’ha vista eseguire. Gladys ha a quel
punto scagliato Archer contro Justine e lo sta guardando mentre la
strangola quando Alex, dopo aver avvolto una ciocca di capelli di
Gladys attorno al ramo, lo spezza. Capendo cosa è successo, lei
fugge dalla casa urlando, solo per essere inseguita dalla folla di
bambini che aveva rapito con la magia. Quando la raggiungono, la
fanno a pezzi, rompendo gli incantesimi.
Julia Garner in Weapons
La spegazione del perché Gladys ha
rapito i bambini
Nel capitolo su Alex in
Weapons, vediamo Gladys accolta nella casa
perfettamente normale della sua famiglia, apparentemente perché è
malata e non ha altro posto dove andare. Dalle conversazioni che
Alex ascolta di nascosto e dalla breve occhiata che le dà, sembra
che sia già in fin di vita. Tuttavia, non passa molto tempo prima
che i genitori del ragazzo siano praticamente catatonici e Gladys
sia di nuovo in piedi. Dopo un po’ di tempo, una notte confessa ad
Alex che la sua malattia, qualunque essa sia, è reale. Anche se
spiega le cose come si farebbe con un bambino, è chiaro che Gladys
ha in qualche modo rubato la forza vitale dei genitori del
ragazzo.
Questo spiega il suo improvviso
cambiamento fisico. Pensava che sarebbe stato sufficiente, ma sta
già ricominciando a perdere energia. Così, punta gli occhi sui
compagni di classe di Alex. Dopo essersi procurata un oggetto
appartenente a ciascuno di loro, lancia l’incantesimo che li
convoca da lei alle 2:17 del mattino, spiegando perché tutti hanno
lasciato le loro case esattamente a quell’ora. Li tiene rinchiusi
nel seminterrato, dove rimangono immobili, proprio come i genitori
di Alex; lui deve dar loro da mangiare della zuppa per mantenerli
in vita. In questo modo, lei prosciuga le loro vite per sostenere
la propria.
Dopo la sua morte, apprendiamo solo
frammenti sulla guarigione delle sue vittime dal narratore bambino
di Weapons, che ci parla a due anni
dall’incidente. I genitori, a quanto pare, sono rimasti in uno
stato relativamente vegetativo: vengono descritti come bisognosi di
essere nutriti con la zuppa altrove, il che indica che sono ancora
ricoverati in ospedale dopo tutto questo tempo. I bambini stavano
invece abbastanza bene da tornare alla loro vita quotidiana, anche
se il narratore riferisce che solo alcuni di loro hanno
ricominciato a parlare.
È chiaro che qualsiasi danno abbia
causato la magia di Gladys è permanente. Oltre ad essere più
anziani, i genitori di Alex sono stati sotto il controllo della
strega più a lungo e sono stati la sua unica fonte di energia per
un po’, il che spiegherebbe perché siano in condizioni peggiori. I
bambini hanno invece maggiori possibilità di guarire completamente.
Ma mentre guardiamo negli occhi di Matthew durante l’ultima scena
di Weapons, ci viene da chiederci se Archer abbia
davvero riavuto suo figlio.
Cary Christopher in Weapons
La vera identità di zia Gladys
Il cattivo di
Weapons probabilmente non è chi sembra essere
all’inizio. Dopo essere apparsa brevemente nei capitoli di Justine,
Archer e James, principalmente per spaventare i presenti, Gladys fa
la sua comparsa effettiva nell’ufficio di Marcus. Si presenta come
la zia di Alex (più precisamente, la sorella della nonna di Alex),
che si prendeva cura del ragazzo mentre i suoi genitori si stavano
riprendendo da gravi malattie. La seconda parte di questa
affermazione viene rapidamente e brutalmente smascherata come una
bugia, ma la prima parte si complica con il passare del tempo.
Nel capitolo di Alex, prima del suo
arrivo, Gladys viene descritta come la zia di sua madre, la sorella
della nonna di Alex. In una sorta di litigio ascoltato per caso, i
suoi genitori ricordano di averla incontrata almeno una volta, anni
fa, ma sono certi che non abbia partecipato al loro matrimonio. La
madre di Alex, tuttavia, sembra sicura che sia una parente. E
potrebbe esserlo, ma probabilmente è ancora più anziana. Gladys
dice a Marcus che il padre di Alex ha “un tocco di tisi”, un
termine che risale all’antichità ma che alla fine è diventato
sinonimo di tubercolosi, sostituendola.
La malattia batterica è stata
formalmente identificata nel 1882 e, sebbene il termine tisi fosse
ancora in uso all’inizio del XX secolo, alla fine è diventato
materia di letteratura classica e libri di storia. Marcus è colpito
dall’anacronismo. Non riesce a capire (né potrebbe farlo uno
spettatore che vede Weapons per la prima volta a
questo punto) come Gladys stia facendo una battuta macabra
sull’uomo di cui ha consumato l’energia. Ma, se associato alla sua
confessione ad Alex di essere malata da molto tempo, questo
potrebbe indicare che Gladys è almeno una o due generazioni più
anziana di quanto creda la sua famiglia.
Benedict Wong e Julia Garner in Weapons
Il vero significato del finale di
Weapons
Weapons è un film complesso e, anche
se otteniamo una spiegazione definitiva della violenta stranezza
che ha colpito questa città, probabilmente si rivelerà un terreno
fertile per molteplici interpretazioni tematiche. Ma ci sono alcuni
dettagli chiave che indicano determinate interpretazioni. Il primo
e più importante è la struttura. La narrazione frammentata di
Cregger rende la storia avvincente, fornendoci informazioni poco
alla volta, ma ci incoraggia anche a prestare attenzione a come le
vite dei singoli personaggi si scontrano tra loro. Justine, Archer,
Paul e James agiscono tutti sulla base di vari impulsi egoistici,
spesso distruttivi, senza preoccuparsi realmente delle loro
conseguenze.
In Weapons ci sono
diversi casi di persone che fanno pressione su altre affinché
facciano qualcosa che non vogliono fare (Justine e Paul che bevono;
Archer che guarda il video dei Bailey) molto prima che Gladys venga
introdotta. Ci sono anche casi di indifferenza quasi comica, ad
esempio il proprietario di un minimarket che urla a Justine di
uscire mentre Marcus, dall’aspetto orribile e omicida, la insegue.
Questi dettagli creano un inquietante parallelismo con Gladys e la
sua magia. La strega è una versione esagerata degli adulti di
questo film, un essere di puro egoismo e indifferenza.
È, come un motivo ricorrente
sottolinea, un parassita, che priva le persone della loro autonomia
per il proprio tornaconto. Ma lei è semplicemente la versione
horror di qualcosa che ci viene mostrato come abbastanza normale.
Tra gli adulti, solo Marcus sembra motivato dalla preoccupazione
per il benessere degli altri, e l’universo lo punisce in modo
brutale per questo. Alex è reso vulnerabile per lo stesso motivo. È
degno di nota il fatto che Gladys abbia cercato di controllarlo non
minacciando la sua sicurezza, ma quella dei suoi genitori.
Julia Garner e Josh Brolin in Weapons
Questa divisione tra bambini e
adulti è fondamentale anche in Weapons, ed è
integrata in modo simile nella sua struttura. Il film è narrato da
una ragazzina, che ci racconta questa storia come qualcosa di vero
ma soppresso, conferendole l’aria di una leggenda metropolitana.
Gli adulti di questo mondo non sono riusciti a gestire la rottura
con la normalità e l’hanno seppellita; i bambini la mantengono viva
nei sussurri. In questa ottica, la narrazione del film diventa un
avvertimento trasmesso da bambino a bambino sui mali che gli adulti
sono capaci di infliggere loro, così come gli uni agli altri.
Questa domanda aleggia sull’ultima
scena, insieme al dubbio se Matthew riuscirà mai a riprendersi:
dato ciò che abbiamo visto di Archer, è davvero fuori pericolo? Lo
sono tutti loro? Con il suo finale cruento,
Weapons è anche un promemoria di ciò che i bambini
sono capaci di fare in cambio. Se il film dovesse essere
sintetizzato in un’unica idea, sarebbe che i traumi che cerchiamo
di reprimere hanno il potere di ferire chi ci circonda, e il dolore
che riversiamo nel mondo ha il potere di tornare indietro verso di
noi. Chiunque può diventare un’arma se non sta attento.
Cosa ci lascia il film Weapons
Weapons ci lascia
dunque con una riflessione amara e potente: il vero orrore non sta
nella magia, ma nelle dinamiche quotidiane di egoismo, indifferenza
e abuso che gli adulti infliggono ai più giovani. Gladys è solo la
manifestazione sovrannaturale di un male già radicato nella
comunità, fatto di pressioni, manipolazioni e traumi silenziosi. La
sua fine, per mano dei bambini, non è una vittoria liberatoria ma
un grido di dolore restituito. Il film ci dice che il male, se
ignorato o represso, si trasforma e si riproduce. E che chiunque,
se ferito a sufficienza, può diventare un’arma. Anche un
bambino.
Una nuova foto (la si può vedere qui) dal set
londinese del film sembra infatti rivelare che Peter abbia trovato
lavoro al Delmar’s Deli. Il locale che serve i
“migliori panini del Queens” è apparso in tutti i film precedenti e
sarà interessante vedere come il protagonista riuscirà a sbarcare
il lunario lavorando per qualcuno che ormai non lo ricorda più come
cliente affezionato. Se ciò venisse confermato, metterebbe a tacere
il rumor secondo cui Peter avrebbe potuto assumere il ruolo di
fotografo per il Daily Bugle.
Ad oggi, una sinossi generica di
Spider-Man: Brand New Day è emersa all’inizio di
quest’anno, anche se non è chiaro quanto sia accurata.
Dopo gli eventi di Doomsday,
Peter Parker è determinato a condurre una vita normale e a
concentrarsi sul college, allontanandosi dalle sue responsabilità
di Spider-Man. Tuttavia, la pace è di breve durata quando emerge
una nuova minaccia mortale, che mette in pericolo i suoi amici e
costringe Peter a riconsiderare la sua promessa. Con la posta in
gioco più alta che mai, Peter torna a malincuore alla sua identità
di Spider-Man e si ritrova a dover collaborare con un improbabile
alleato per proteggere coloro che ama.
L’improbabile alleato potrebbe
dunque essere il The Punisher di Jon Bernthal –
recentemente annunciato come parte del film – in una situazione
già vista in precedenti film Marvel dove gli eroi si vedono
inizialmente come antagonisti l’uno dell’altro salvo poi allearsi
contro la vera minaccia di turno.
Di certo c’è che il film condivide
il titolo con un’epoca narrativa controversa, che ha visto la
Marvel Comics dare all’arrampicamuri un nuovo
inizio, ponendo però fine al suo matrimonio con Mary Jane Watson e
rendendo di nuovo segreta la sua identità. In quel periodo ha
dovuto affrontare molti nuovi sinistri nemici ed era circondato da
un cast di supporto rinnovato, tra cui un resuscitato Harry
Osborn.
Il film è stato recentemente
posticipato di una settimana dal 24 luglio 2026 al 31 luglio 2026.
Destin Daniel Cretton, regista di
Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli,
dirigerà il film da una sceneggiatura di Chris McKenna ed Erik
Sommers. Tom Holland guida un cast che include
anche Zendaya, Mark Ruffalo, Sadie Sink e Liza Colón-Zayas
e Jon Bernthal. Michael Mando è
stato confermato mentre per ora è solo un rumors il coinvolgimento
di
Charlie Cox.