Prossimamente al cinema con Povere
Creature!, nuovo film di Yorgos
LanthimosLeone D’Oro a Venezia
80 (qui la nostra recensione), Willem Dafoe racconta la genesi del suo
personaggio, Godwin, un moderno Frankenstein che si lascia
trascinare dai sentimenti. Il suo viaggio nel mondo del cinema
inizia negli anni Ottanta e dopo oltre quarant’anni ottiene
finalmente la sua stella sulla Walk of Fame.
Questo riconoscimento tanto ambito lo ha condiviso con amici e
colleghi che sono stati al suo fianco durante la cerimonia:
“È stato un bel momento pieno di
amici e di persone con cui ho lavorato che sono venuti per me.
Pedro Pascal, con il quale avevo lavorato come attore, e Patricia
Arquette hanno tenuto discorsi meravigliosi, mi sono sentito parte
di una comunità. Il fatto di avere una stella è una cosa
universalmente riconosciuta, è difficile pensare che quella
mattonella vivrà più di me“.
Il lavoro con Povere
Creature!
Povere
Creature! sarà al cinema dal 25 gennaio. Willem Dafoe interpreta una versione moderna
di Frankenstein che si discosta moltissimo però dall’idea di orrore
e repulsione. Il merito è ovviamente del regista Yorgos
Lanthimos e di Emma Stone, protagonista indiscussa della
scena: “Lanthimos è veramente un regista che ha la capacità di
creare fantistici mondi. Il teso era molto forto e noi attori
entravamo in scena senza una guida poi era lui a guardarci e dare
tutte le indicazioni e gli aggiustamenti. Emma [Stone] è
fantastica, il film è incentrato su di lei, e noi eravamo lì per
darle supporto. Ho visto il bellissimo rapporto che ha con Yorgos.
È stato un set molto felice“.
I personaggi che interpretato negli
anni hanno sempre una cosa in comune: quello di trasformare Dafoe
in un uomo completamente nuovo. Che sia il Goblin in
Spider-Man o Godwin di Povere
Creature! passare il tempo nella sala trucco non è un
problema: “L’ho fatto in passato e probabilmente lo farò
ancora, è un fantastico mezzo perché hai la possibilità di lavorare
con una maschera. Puoi guardarti allo specchio e ti vedi scomparire
ma allo stesso tempo vedi apparire altro. È uno strumento
meraviglioso dove scopri che puoi provare altri tipi di sentimenti.
Non è comodo ma ne vale la pena“.
Nel film si parla tanto di libertà
soprattutto dal punto di vista femminile: “La rappresentazione
degli uomini in questo film è che sono oppressivi nei confronti
delle donne, però nel film viene mostrato anche che le donne hanno
una grande forma di libertà. Ma siamo ora in un momento dove c’è un
cambio di posizione delle donne rispetto al rapporto con gli uomini
nel passato. Questo film esprime una liberazione attiva ed è un
qualcosa che vediamo attraverso gli occhi di una donna“.
Il futuro di Willem Dafoe
Dopo la stella sulla Walk of
Fame e il tour promozionale per Povere
Creature! ci si chiede se Willem Dafoe abbia ancora sogni nel cassetto,
ruoli che vorrebbe interpretare: “Non ho una risposta a questa
domanda. Ho sempre progetti o ruoli che mi piacerebbe interpretare
che sono legati a proposte o persone. Ma allo stesso tempo do il
meglio di me quando ci sono personaggi da creare. il processo di
creazione che faccio con i personaggi che interpreto è la parte del
lavoro che conta di più per me”.
Lungo la sua carriera ha lavorato
con ogni genere di autori e registi che hanno contribuito a formare
il suo punto di vista cinematografico: “I registi sono sempre
stati importanti per me. Perché come attore è fondamentale
concedersi alla persona che ha una visione così forte di un film.
Quello che mi piace molto è avere a che fare con una persona che ha
una visione molto chiara e te la spiega, tu poi fai il resto:
cerchi in tutti i modi di abitare quella sensazione di farla tua.
Non deve essere qualcosa che capisco immediatamente ma qualcosa che
mi viene presentato e che poi posso trasformare a dare vita
all’idea del personaggio“.
Appuntamento a Land’s
End di
Gillies MacKinnon è il tipico film inglese.
Ovvero, quello che possiede in genere una storia piuttosto
semplice, piena di momenti toccanti e anche
bizzarri e non prevede sequenze d’azione ma si basa e si vanta su
una solida recitazione. Questo lungometraggio
racconta di un anziano che intraprende un viaggio in
autobus, attraverso la Gran Bretagna dalla Scozia
alla Cornovaglia, per mantenere una promessa fatta alla
moglie defunta. Non è esattamente un’idea che può attirare a prima
vista, ma grazie al suo protagonista, invecchiato per il ruolo e
interpretato dall’attore britannico
Timothy Spall, questo titolo possiede i suoi momenti che
emozioneranno chiunque lo vedrà.
La trama di Appuntamento a Land’s
End
Tom Harper è da
poco vedovo, è un uomo di ben 90
anni, ex soldato che ha combattuto la Seconda Guerra
Mondiale e che ha deciso d’intrapprendere forse il suo ultimo
viaggio. Questo signore che ha passato la vita lavorando come
meccanico, decide quindi di lasciare la sua casa,
quella degli ultimi 50 anni in cui ha vissuto con il suo amore
Mary, situata in una zona remota di una piccola
città nel Nord della Scozia, pianificando un
intero viaggio in autobus locali. Portando con se il minimo
disponsabile, una valigetta che contiene i suoi
affetti, tra cui anche le ceneri della moglie custodite in una
scatola e la sua tessera abbonamento per viaggiare
gratis sui bus parte per il luogo in cui è nato.
L’anziano è consapevole che questo
percorso non sarà di certo una passeggiata ma con lo spirito che da
sempre lo distingue come la costanza, la fedeltà e la serietà parte
e per fortuna incontrerà, soprattutto, gente che l’aiuterà nella
sua impresa. Inizia così questo viaggio di ben 1348
km fatto di splendidi paesaggi di natura incontaminata
della Scozia e quelli più metropolitani inglesi. Tom Harper durante
il film mostrerà anche tutto il suo carattere pieno di forza, del
tutto in contrasto con la sua vecchiaia, come quando difenderà una
ragazza musulmana molestata da un giovane
razzista. Un aspetto che sarà notato e poi postato su
instagram da alcuni ragazzi, tanto da far
diventare virale questo indomito vecchietto in
missione.
I primi che soccoreranno in
Appuntamento a Land’s End il vecchio Tom saranno
una giovane coppia di ritorno da una serata a teatro, che ospiterà
l’uomo a casa loro, durante la sua prima notte di viaggio, dopo
averlo trovato stanco e confuso in strada e alla ricerca del Bed
and Breakfast che aveva prenotato. La mattina dopo ovviamente
l’uomo lascia l’appartamento dei suoi gentili salvatori e ripartirà
alla via d’altre lunghe giornate in autobus. Dopo un brutto
episodio, in cui un controllore inglese
butterà giù da un pulmam il protagonista perchè il suo abbonamento
gratuito vale solo in Scozia, ovviamente la sua storia inizierà a
girare sui social, ancora di più, arrivando pure sulle frequenze di
una radio e nessuno più ostacolerà il suo viaggio.
Il signor Harper arriverà quindi a
Land’s End in Cornovaglia, il punto più
occidentale della terraferma d’Inghilterra, dove dopo aver visitato
da solo la tomba del figlia morta di un anno
Margaret, il protagonista viene accolto dagli
applausi della gente corsa ad accoglierlo. Per Tom però c’è un
ultimo passo da fare per concludere la sua
promessa, quella di distribuire le ceneri di Mary nel mare e anche
questa missione la concluderà al molo con l’aiuto di un bastone e
della sua forza d’animo che da sempre possiede.
Timothy Spall come non
l’aspetti
Timothy Spall è un volto noto del cinema, a lui sono sempre
riservati quei ruoli da caratterista o spalla del
cattivo di turno in saghe fantasy celebri come per citarne una
quella di Harry Potter. Quest’attore britannico però è molto di più
e in questo ruolo da protagonista ne conferma ancora una volta il
suo talento, premiato a Cannes nel 2014 con Il Prix
d’interprétation masculine per sua interpretazione del pittore
Turner.
Appuntamentoa Land’s End è molte cose, ma soprattutto è una
commovente meditazione sulla vita, sull’amore e sugli impegni che
prendiamo nei confronti delle persone a noi più care. È anche un
bellissimo viaggio della memoria quella di Tom fatta di flashback
ben gestiti dei momenti chiave con Mary, gli alti e bassi di un
grande amore, che hanno definito il loro matrimonio. Sono
incorniciati come ricordi riportati alla mente di Tom durante le
diverse tappe del suo pellegrinaggio meticolosamente pianificato
per onorare una promessa alla sua amata moglie.
“L’unico uomo di cui
abbia mai avuto paura è stata una donna, chiamata Griselda
Blanco”. Si apre con questa eloquente frase, attribuita a
Pablo Escobar, la serie Netflix in sei
episodi, disponibile dal 25 gennaio sulla piattaforma. Protagonista
assoluta è Sofía Vergara, in una inedita veste
drammatica, chiamata a dare corpo e anima alla Madrina del
narcotraffico colombiano che negli anni ’70 e ’80 era in totale
possesso dello spaccio in tutta Miami.
Griselda: l’Impero nato dalla fuga
Un impero, quello di
Griselda, nato dalla fuga e dalla paura. Non c’è
grande approfondimento nei fatti che la riguardano avvenuti a
Medellín, ma la storia prende le mosse da quando la donna trova il
modo di ribellarsi e scappare da suo marito Alberto,
narcotrafficante leader nel settore, che controllava i flussi dal
centro colombiano fino a New York. Intuiamo che l’infanzia e la
prima giovinezza di Griselda sono state dure, è
stata picchiata, forse violentata e costretta a prostituirsi, ma in
qualche modo è sopravvissuta e, quando il marito le ha chiesto
l’indicibile, lei ha trovato il coraggio di scappare, non senza
regalargli un colpo quasi letale, prima.
La troviamo in fuga a
Miami, sola, con un chilo chi cocaina purissima e tre figli. Quel
panetto è la chiave per la sua libertà, il primo mattone di un
impero che lei già immagina, e disegna nell’aria con la punta della
sua sigaretta, un gesto quasi rituale che l’accompagnerà fino alla
fine dei suoi giorni: tratteggiare i suoi possedimenti, che siano
esse case, persone, cose desiderate e che arriveranno.
Da questo punto in poi,
Griselda mette in atto il suo piano che la porterà
a governare letteralmente la città di Miami, mentre con pungo di
ferro, ferocia e determinazione costruisce il suo impero e la sua
ricchezza, facendosi strada, sola, in un mondo di uomini.
Un tentativo di empatizzare con un
mostro
Creata da Eric
Newman, Doug Miro, Ingrid Escajeda e Carlo
Bernard, la serie sembra porsi l’obbiettivo di raccontare
un personaggio sicuramente affascinante ma anche controverso e
oggettivamente malvagio, crudele. Tuttavia, forse perché si fatica
ancora a raccontare le donne con la stessa onestà con cui si
raccontano gli uomini, la scrittura e la regia tentano
costantemente di innalzare in qualche modo la figura di
Griselda.
Non è solo un’aspirante
narcotrafficante, è anche una donna in fuga, vittima di violenza,
non è solo una crudele mandante di omicidi efferati, è una donna
che combatte per il suo posto nel mondo, non è la Madrina della
droga di tutta Miami, è anche colei che tiene alla cura e alla
protezione di chi lavora per lei. E se da una parte è vero che
uomini e donne nelle stesso posizioni di potere possono avere
priorità e atteggiamenti differenti, è altrettanto vero che
raccontare una figura femminile così efferata e terribile, sembra
mentalmente ancora difficile, perché la donna è prima di tutto
“cura e rifugio” nel sentire comune. E quindi gli sceneggiatori
decidono di far leva sulla maternità di Griselda,
l’elemento che la tiene ancorata all’umanità, che dovrebbe creare
empatia con il pubblico e essere la chiave per la sua
comprensione.
Griselda Madre e
Madrina
Proprio su questo
elemento si fonda il punto di svolta nella trama della serie:
quando un bambino molto piccolo muore, vittima involontaria di
omicidi da lei ordinati, Griselda sembra avere una
crisi di identità e tutto quel valore che lei per prima attribuiva
al suo essere non solo madre amorevole per i suoi figli, ma anche
madrina protettrice per chi dipende da lei, sembra ritorcersi
contro di lei. Paranoia, insicurezza, mancanza di fiducia in se
stessa deflagrano nell’intimità del personaggio che si lascia
cadere in una spirale di autodistruzione che, ancora una volta,
trova la giustificazione in un trauma. Di nuovo, per essere “così
cattiva” una donna criminale ha bisogno di una causa scatenante
indotta. Sembra che sia ancora impossibile raccontare figure
femminili genuinamente cattive e negative (cosa che nessuno trova
difficile nei confronti invece di un uomo). Le conseguenze dello
stilnovismo, si potrebbe dire!
Due donne: una contro l’altra e
l’altra contro il mondo
Parallelamente alla vita
della protagonista, la serie ci racconta anche un’altra storia,
quella di June Hawkins (interpretata da Juliana Aidén
Martinez), detective della polizia di Miami che ha fatto
della caccia a Griselda la sua ragione di vita. Sarebbe improprio
però dire che le due donne sono l’una contro l’altra, perché non
hanno le stesse priorità né condividono gli stessi obbiettivi, pur
se lo loro storie partono dallo stesso presupposto: se da una parte
le accomuna la fatica di dover emergere in un mondo che non le vede
capaci di fare il loro lavoro, le allontana il fatto che la
poliziotta dedica la sua vita alla caccia della criminale, mentre
quest’ultima è sola contro il mondo, e June, per lei, rappresenta
solo un’altra difficoltà, l’ennesima.
La contrapposizione con
il personaggio di June concede a Sofía Vergara la possibilità di lavorare anche
per contrasto con una figura così inquadrata e equilibrata, decisa
e focalizzata sul suo obbiettivo. Griselda alterna invece momenti
di estrema lucidità e capacità di calcolo, con eccessi di ferocia e
disordine, permettendo all’attrice, che tutti amiamo nei panni di
Gloria Pritchett, di offrire una gamma di
emozioni molto intense, spesso esagerate, ma efficaci a restituire
questo personaggio così complesso.
Il regista Andrés
Baiz e il suo team hanno chiaramente lavorato con grande
affinità con Vergara che si è immedesimata nel ruolo anche grazie a
un lavoro di mimesi e costruzione del personaggio, dal trucco e
parrucco, alle movenze, al guardaroba fino alle sottilissime
sopracciglia e alle sigarette che Griselda fumava di continuo. Per
non parlare poi del contesto storico: Vergara stessa ha raccontato
che essendo cresciuta nel mondo della Colombia degli anni ’70-’80
conosce in prima persona il mondo di Griselda, e non le è stato
troppo difficile doverlo immaginare.
Pur essendo una potente
esplorazione della vita di uno dei personaggi più significativi
della storia del narcotraffico sudamericano,
Griselda denuncia il fatto che i narratori
contemporanei faticano ancora ad attribuire caratteristiche
completamente negative a un personaggio femminile protagonista. La
storia è solida, il ruolo offre mille sfide, i riferimenti reali
ricchi di possibilità, eppure il mondo non è ancora pronto per un
villain donna, anche se è passata alla storia come l’unica
ad aver mai intimorito Pablo Escobar.
Dal 26 gennaio al 15
marzo 2024
torna il Sudestival, il festival della Città di Monopoli,
progetto dell’Associazione Culturale Sguardi, fondato e diretto da
Michele Suma. Il festival è espressione dell’Apulia
Cinefestival Network, afferisce all’AFIC ed è componente della Rete
dei Festival dell’Adriatico.
Giunto alla sua
24esima edizione, il Sudestival è il punto di riferimento del
cinema italiano di qualità in Puglia, grande schermo delle
opere prime del cinema italiano, della recente produzione di DOC e
di cortometraggi italiani, nella splendida cornice della città di
Monopoli. Il tema
dell’imprevisto, del caso, dell’instabilità della vita sarà il
fil rouge dell’edizione, che vedrà il fulcro come sempre nel
concorso dei lungometraggi, con due anteprime nazionali, a
cui si affiancherà il concorso dei documentari – a cura di
Maurizio Di Rienzo -, la sezione Gli Imprescindibili,
le Masterclass, Corta è la notte – selezione di
cortometraggi a cura de La Rete dei festival dell’Adriatico – e il
cinema per i più piccoli con la sezione Kids – a cura di
Marino Guarnieri. A chiudere il ricco programma l’Omaggio
a Carlo Delle Piane e l’Omaggio a Walter Chiari nel
centenario della sua nascita.
Primo e unico festival di
cinema italiano a svolgersi lungo un inverno, il Sudestival
inaugura la sua 24esima edizione sabato 27 gennaio con la
tradizionale Sezione “L’attore/attrice dietro la macchina da
presa”. Due gli appuntamenti: la sera del 27 gennaio con
Alessandro Roja, ospite in sala, e la sua opera prima,
Con la grazia di un Dio, che vede protagonisti Tommaso Ragno
e Maya Sansa; la sera del 28 gennaio con Kasia Smutniak,
ospite in sala con il suo Mur, debutto dietro alla macchina
da presa dell’attrice sulle tragiche conseguenze sociali, culturali
e politiche del muro tra Polonia e Bielorussia.
Il ricco weekend
d’apertura sarà impreziosito dall’evento speciale, in occasione
della Giornata della Memoria, che vede protagonista Marco
Belpoliti e la sua lectio magistralis su “Leggere Se
questo è un uomo di Primo Levi”, a cui seguirà la
proiezione de La strada di Levi di Davide Ferrario, che
celebra l’appena trascorso sessantennale della pubblicazione de
La tregua di Primo Levi, testimoniando la consueta
attenzione del festival anche alla storia, alla letteratura e alla
formazione.
Si entra nel vivo del
concorso lungometraggi il 2 febbraio con Come pecore in mezzo ai
lupi, proiettato alla presenza della regista Lyda
Patitucci. A seguire, il 9 febbraio sarà la volta di
Castelrotto di Damiano Giacomelli – presentato in
anteprima, e la settimana successiva di Doppio Passo
di Lorenzo Borghini. Il 23 febbraio il quarto film
in concorso, Gli ospiti, diretto da Svevo Moltrasio e
il 1° marzo, seconda anteprima della sestina, Roma
Blues di Gianluca Manzetti. Ultimo titolo in concorso,
l’8 marzo, Denti da squalo di Davide Gentile.
Ad affiancare il concorso
dei lunghi, l’immancabile sezione DOC, che porta per la prima volta
in Puglia alcuni dei titoli più interessanti nello scenario dei
documentari italiani. La sezione concorsuale, curata da Maurizio
Di Rienzo, si apre il 1° febbraio con Adesso vinco io di
Herbert Simone Paragnani e Paolo Geremei
(anteprima), e prosegue l’8 febbraio con
Roma Santa e dannata di Daniele Ciprì;
il 15 febbraio con Semidei di Fabio Mollo e
Alessandra Cataleta (anteprima), Mimmo Lumano di
Vincenzo Caricari il 22 febbraio (anteprima), Profondo
Argento di Giancarlo Rolandi e Steve Della Casa il 29
febbraio e, infine, il 7 marzo Posso entrare? An ode to
Naples, di Trudie Styler.
Primo in Italia, alla
luce della recente scomparsa, il Sudestival dedica la propria
tradizionale retrospettiva “Gli imprescindibili” a Giuliano
Montaldo, regista e attore pietra miliare della storia del
cinema italiano. Si parte domenica 28 gennaio con Sacco e
Vanzetti, accompagnato dalla presenza del regista Inti
Carboni (nipote di Montaldo), che inaugurerà lo sguardo
retrospettivo della sezione. La retrospettiva proporrà Giordano
Bruno il 3 febbraio, il 10 febbraio L’Agnese va a
morire, il 17 febbraio I demoni di San Pietroburgo e,
infine, L’industriale il 24 febbraio.
Unico festival di cinema
in Italia che ha come cuore pulsante un gruppo di docenti di
istituti superiori, il Sudestival dedica grande attenzione ed
energie alle Masterclass, sezione che coinvolge con grande
entusiasmo centinaia di giovani studenti del territorio. È un
momento di arricchimento e di confronto del “cinema che ti parla”,
che anche quest’anno vedrà protagonisti nomi di fama internazionale
interloquire con i giovani delle scuole superiori. Ad aprire la
sezione, fiore all’occhiello del Festival, il direttore della
fotografia Luca Bigazzi sul tema “Il ruolo strategico della
luce nell’opera filmica: Amusia” insieme al regista
Marescotti Ruspoli. Un ritorno al Sudestival per Fabio
Mollo, che presentò la sua opera prima nel lontano 7 marzo
2014. L’autore terrà l’incontro, il 27 gennaio, intitolato “Dalla
pagina allo schermo: la regia di Nata per te”. Il 2 febbraio
Pippo Mezzapesa e Antonella Gaeta proporranno
il tema “Regia e scrittura cinematografica tra finzione e
realtà: Ti mangio il cuore”. Il 23 febbraio Ciro
D’Emilio, altro esordio del Sudestival, sarà protagonista de
“La regia tra narrazione e visione”. L’ultimo weekend del Festival
vedrà il 14 marzo il montatore Marco Spoletini con “Le
strategie di montaggio in Io capitano” e il 15 marzo lo
sceneggiatore Salvatore De Mola che illustrerà “La scrittura
della storia in Fango e Gloria”.
Insieme alle masterclass
pensate per i più giovani, la sezione Kids è invece dedicata
ai giovanissimi, ai bambini delle scuole primarie della città, con
la direzione artistica di Marino Guarnieri, regista e
illustratore, già presidente di ASIFA Italia, e i laboratori curati
da Jacopo Selicati, dell’Allegra Brigata di Monopoli.
Si parte il 9 febbraio con il laboratorio didattico a cura di
Marino Guarnieri, incentrato sul linguaggio del cinema
d’animazione e sulle tecniche di lavorazione adoperate nei film in
concorso.
In occasione del
centenario della nascita, il Sudestival dedicata un omaggio a
Walter Chiari, con la presentazione in anteprima al Sud di
100% Walter. Biografia di un genio irregolare (Baldini e
Castoldi) di Simone Annichiarico e Michele Sancisi,
entrambi ospiti in sala. Ad affiancare il libro anche la proiezione
del doc Meglio esser chiari di Cecilia Formenti, con
Simone Annichiarico, e del famoso Walter e i suoi cugini di
Marino Girolami. Il 26 gennaio sarà inoltre presentato in
anteprima regionale il libro Carlo Delle Piane, l’uomo che ho
amato (Martin Eden) a cura di Anna Crispino Delle Piane,
scrittrice e moglie dell’attore, ospite in sala.
Il festival vivrà anche
la propria dimensione internazionale grazie al gemellaggio con il
Golden Apricot International Film Festival di Jerevan (Armenia),
dedicando la giornata del 14 marzo alla proiezione di due opere
armene selezionate dal GAIFF: Luka di Jessika Woodworth e
Tonratun di Inna Sahakyan. Chiuderà la giornata l’Omaggio a
Charles Aznavour, in occasione del centenario della nascita, con la
proiezione di Tirate sul pianista di Francois Truffaut.
Ben 10 sono i premi che
saranno assegnati in questa edizione: il Faro d’Autore della Città
di Monopoli e il Premio “Masseria Santa Teresa Resort” al miglior
lungometraggio indicato dalla Giuria Nazionale Lungometraggi,
composta da Claudio Cupellini, Michela Andreozzi,
Alessandro Aronadio, Anne Ritta Ciccone e presieduta
da Giorgio Diritti; il Premio “900 – Albea”, assegnato dalla
Giuria del Pubblico al miglior lungometraggio; la Giuria Giovani Sudestival
School assegnerà il Premio “Monholiday” al miglior lungometraggio;
confermati anche quest’anno il CD d’argento per il Premio “Gianni
Lenoci” alla Miglior Colonna Sonora – la cui Giuria presieduta da
Francesco Conversano si compone di Gianpaolo Schiavo,
Paolo Vivaldi, Paolo Carlomè e Daniela Nasti; il
Premio Apulia Film Commission “Carlo Delle Piane” alla Miglior
Sceneggiatura, assegnato dalla Giuria composta da Antonella W.
Gaeta, Salvatore De Mola e Anna Crispino Delle
Piane, presidente. Il Premio “Albergo Diffuso”, sarà attribuito
dalla Giuria Nazionale DOC, composta da Viviana Del Bianco
(presidente) con Michele Sancisi e Alessandro Boschi,
al miglior documentario, a cui si affiancherà il Premio Giuria
Giovani al miglior DOC; il Premio “Rete dei Festival
dell’Adriatico” sarà assegnato al miglior cortometraggio. Infine,
la Giuria KIDS Sudestival School assegnerà il Premio al Miglior
Film di Animazione e l’ospite d’onore della Serata delle
Premiazioni del 15 marzo riceverà il Premio “Eccellenti Visioni”,
che sarà aperta dalla proiezione di Ballatoio n. 5 di
Chiara De Angelis, Premio “Raffaella Carrà” del Pop Corn –
Festival del Corto di Porto Santo Stefano.
LE SEZIONI
MASTERCLASS
26 gennaio – Luca Bigazzi: “Il ruolo
strategico della luce nell’opera filmica: Amusia “
27 gennaio – Fabio Mollo: “Dalla pagina allo
schermo: la regia di Nata per te”
2 febbraio – Pippo Mezzapesa e Antonella
Gaeta: “Regia e scrittura cinematografica tra finzione e
realtà: Ti mangio il cuore”
23 febbraio – Ciro d’Emilio: “La regia tra
narrazione e visione: Un giorno all’improvviso”
14 marzo – Marco Spoletini: “Le strategie di
montaggio in Io capitano”
15 marzo – Salvatore De Mola: “Le scelte di
sceneggiatura di Fango e Gloria”
GLI IMPRESCINDIBILI_ LA RETROSPETTIVA DEDICATA A
GIULIANO MONTALDO
28 gennaio – Sacco e Vanzetti (1971)
3 febbraio – Giordano Bruno (1973)
10 febbraio – L’Agnese va a morire
(1976)
17 febbraio – I demoni di San Pietroburgo
(2008)
24 febbraio – L’industriale (2011)
CONCORSO LUNGOMETRAGGIO
2 febbraio – Come pecore in mezzo ai lupi,
di Lyda Patitucci
9 febbraio – Castelrotto, di Giuliano
Giacomelli (ANTEPRIMA)
16 febbraio – Doppio passo, di Lorenzo
Borghini
23 febbraio – Gli ospiti, di Svevo
Moltrasio
1 marzo – Roma Blues, di Gianluca
Manzetti (ANTEPRIMA)
8 marzo – Denti da squalo, di Davide
Gentile
CONCORSO DOC
1 febbraio – Adesso vinco io, di Herbert
Simone Paragnani e Paolo Geremei
8 febbraio – Roma santa e dannata, di
Daniele Ciprì
15 febbraio – Semidei, di Fabio Mollo e
Alessandra Cataleta
22 febbraio – Mimmo Lumano, di Vincenzo
Caricari (ANTEPRIMA)
29 febbraio – Profondo Argento, di
Giancarlo Rolandi e Steve della Casa
7 marzo – Posso entrare? An ode to Naples,
di Trudie Styler
CORTA È LA NOTTE – 2 MARZO
Un bacio di troppo, di Vincenzo
Lamagna
Due battiti, di Marino Guarnieri
Beati i puri di cuore, di Matteo
Giampetruzzi
La nocchiera, di Martina Briglia
Happy New Year, di Andrea
Gatopoulos
Mariposa, di Maurizio Forcella
Stanza 5, di Rosario Capozzolo
Tu Quoque, di Luca Fattori
Giombi
SUDESTIVAL KIDS
9 febbraio – Laboratorio a cura di Marino
Guarnieri
16 febbraio – Mary e lo spirito di
mezzanotte, di Enzo d’Alò
1 marzo – Manodopera, di Alain
Ughetto
8 marzo – Argonuts missione Olimpo, di
David Alaux
Ridley Scott ha
appena concluso le riprese del suo prossimo film, il molto atteso
Il gladiatore
2. Il regista, che ha raggiunto uno status di maestro
dell’arte della regia sul campo, ha impiegato uno stile molto
particolare per le riprese di questo film, tecniche di ripresa che,
secondo lui, contribuiscono enormemente all’esperienza
cinematografica dei suoi film, oltre a dargli più scelta e varietà
nel processo di montaggio. Un aspetto notevole del suo approccio è
l’uso di più macchine da presa durante le riprese.
Scott utilizza spesso più camere,
fino a otto, contemporaneamente per catturare vari angoli e
prospettive, migliorando la narrazione visiva. Questa tecnica
consente una maggiore copertura di una scena, fornendo una ricca
gamma di inquadrature tra cui scegliere durante il montaggio, e
contribuisce alla qualità dinamica e coinvolgente dei suoi film.
Questo approccio è stato utilizzato ne Il gladiatore 2.
Uno degli attori del film,
Fred Hechinger, ha parlato della recitazione per
Scott e della sua esperienza complessiva in Il Gladiatore
2 durante un’intervista con Steve Weintraub
di Collider, durante il percorso promozionale per
il suo nuovo progetto, Thelma, insieme a
June Squibb e Clark Gregg. Mentre
parlava alla première del film al Sundance, Hechinger ha descritto
il processo di Scott associandolo a quello teatrale:
“È fantastico. Voglio dire, le
otto camere mi hanno ricordato il teatro perché hai un intero
ambiente creato nella macchina da presa. Ma devo dire che ciò che è
sorprendente è anche che quando qualcosa sembra vivo, sembra vivo
in modi unici ma connettivi. Quindi, si crea qualcosa di veramente
speciale, quello che stai facendo in quel momento e inizi a trovare
un ritmo… se sei fortunato, ti senti connesso a quella sensazione
di quando hai iniziato a fare teatro. Dai il nome che preferisci a
questa sensazione strana, ma ne avrai solo un’idea.”
Chi c’è nel cast de Il gladiatore 2?
Il gladiatore 2 è
diretto da Ridley Scott e
si basa su una sceneggiatura scritta da David Scarpa. A guidare
l’atteso sequel è Paul Mescal nel
ruolo di Lucio, il figlio di Lucilla e nipote dell’imperatore
Commodo del primo capitolo. A Paul Mescal si
aggiungono i membri del cast Connie Nielsen nel ruolo di Lucilla e
Derek Jacobi in quello di Gracco. Nel cast ci
saranno anche
Denzel Washington,
Pedro Pascal, Joseph Quinn, Fred Hechinger, May Calamawy, Lior
Raz e altri ancora.
Il gladiatore 2
è prodotto da Ridley Scott,
Michael Pruss, Douglas Wick e Lucy Fisher. Il film
è considerato una produzione in joint-venture tra
Paramount, Universal Pictures, Scott Free Productions e
Parkes/MacDonald Productions. Ricordiamo che Russell Crowe non è
coinvolto in alcun modo nel progetto, specialmente alla luce
del fatto che il suo Massimo muore, appunto, al termine del primo
film. La produzione de Il gladiatore 2 è
ripresa
all’inizio del mese dopo la fine degli scioperi a Hollywood.
Attualmente il film dovrebbe arrivare nelle sale il 22 novembre
2024.
Da quando gli Academy
Awards sono stati accusati di ignorare le registe donne e
non bianche in ogni cerimonia, la reazione e il cambiamento è
emerso, lentamente, ma ogni anno con maggiore forza e con sempre
nuovi record infranti: gli Oscar 2024 non fanno eccezione.
Anatomia di una caduta, Past
Lives e Barbie sono
tre dei dieci film nominati per il miglior lungometraggio: è la
prima volta che tre autrici vengono nominate contemporaneamente
nella categoria.
La denominazione “autore” sta a
indicare registi hanno anche scritto o co-scritto i propri film, il
che suggerisce che avevano un maggiore controllo creativo sul
materiale. Anatomia di una caduta è diretto dalla
regista francese Justine Triet, Past
Lives è diretto da Celine Song (al
suo debutto cinematografico) e Barbie da
Greta Gerwig. E, per fortuna, questa non è l’unica
categoria in cui gli Academy Awards celebrano il lavoro delle tre
donne.
Con altre sette nomination, Barbie è
diventato uno dei film più nominati agli Oscar quest’anno. Ha
ricevuto nomination nella categoria Miglior sceneggiatura non
originale, nonché Miglior attore e attrice non protagonista –
per Ryan Gosling e America
Ferrera – Miglior scenografia, Costumi e due
nomination per la canzone originale: ballata di successo “I’m Just
Ken” e “Per cosa sono stata creata” di Billie
Eilish.
Anche se i film usciti all’inizio
dell’anno faticano a essere ricordati dagli elettori durante le
nomination agli Academy Awards, Past
Lives è riuscito a ottenere due nomination:
Miglior Film e Miglior Sceneggiatura Originale, e questo è
certamente successo perché del film si è parlato molto in generale.
Tuttavia, i fan del lavoro di Song sono già furiosi per l’affronto
nei confronti della protagonista Greta Lee e per
l’assenza di Celine Song nella categoria Miglior
regia.
Ultimo ma non meno importante,
Anatomia di una caduta ha rivendicato una
volta per tutte il titolo di uno dei migliori film usciti nel 2023
e questo si è tradotto in cinque nomination: oltre a quello per il
miglior film, ha ottenuto nomination per la migliore regia per
Triet, e anche per la migliore sceneggiatura originale per lei e il
suo partner di sceneggiatura Arthur Harari,
miglior montaggio e migliore attrice protagonista per
Sandra Hüller.
Continua la spola tra Stati Uniti e
Europa per la stagione dei premi in corso con l’annuncio delle
nomination ai César Awards 2024. Dopo i
SAG negli USA, i
BAFTA nel Regno Unito, ieri gli
Oscar da Los Angeles, si torna nel Vecchio Continente con i
riconoscimenti al cinema francese che quest’anno è protagonista
anche della scena internazionale con Anatomia di una caduta,
che ha ricevuto ben 5
candidature agli Oscar 2024. In patria viene però battuto dal
dramma fantasy di
Thomas Cailley,
The Animal Kingdom,
che è in cima alle nomination per i
César Awards 2024,
annunciati nelle ultime ore a Parigi. Il dramma ha ottenuto 13
nomination, tra cui quella per miglior regista, film e
sceneggiatura originale.
Il film candidato all’Oscar di Justine Triet è
arrivato secondo con “sole” 12 nomination, seguito da All
Your Faces di Jeanne Herry, con nove, e
The Goldman Case, con otto.
Come annunciato in precedenza, Christopher
Nolan e la regista francese Agnès Jaoui
riceveranno quest’anno i Césars onorari.
Ecco tutte le nomination ai César Awards 2024
Miglior film
Anatomia di una caduta, prodotto da Marie-Ange
Luciani, David Thion, diretto da Justine Triet
Chien de la casse, prodotto da Anais Bertrand, diretto
da Jean-Baptiste Durand
Je verrai toujours vos visages, prodotto da Hugo
Selignac, Alain Attal, diretto da Jeanne Herry
Le Procès Goldman, prodotto da Benjamin Elalouf,
diretto da Cédric Kahn
The Animal Kingdom, prodotto da Pierre Guyard, diretto
da Thomas Cailley
Miglior regista
Justine Triet per Anatomia di una caduta
Catherine Breillat per L’Été Dernier
Jeanne Herry per Je verrai toujours vos
visages
Cédric Khan per Le Procès Goldman
Thomas Cailley per The Animal Kingdom
Miglior attrice
Marion Cotillard per Little Girl Blue
Léa Drucker per L’Été Dernier
Virginie Efira per Il coraggio di Blanche
Hafsia Herzi per The Rapture
Sandra Hüller per Anatomia di una caduta
Miglior attore
Romain Duris per The Animal Kingdom
Benjamin Lavernhe per L’Abbé Pierre – Une vie de
combats
Melvil Poupaud per Il coraggio di Blanche
Raphaël Quenard per Yannick – La rivincita dello
spettatore
Arieh Worthalter per Le Procès Goldman
Miglior attrice non protagonista
Leïla Bekhti per Je verrai toujours vos
visages
Galatea Bellugi per Chien de la casse
Élodie Bouchez per Je verrai toujours vos
visages
Adèle Exarchopoulos per Je verrai toujours vos
visages
Miou Miou per Je verrai toujours vos visages
Miglior attore non protagonista
Swann Arlaud per Anatomia di una caduta
Anthony Bajon per Chien de la casse
Arthur Harari per Le Procès Goldman
Pio Marmaï per Yannick – La rivincita dello
spettatore
Antoine Reinartz per Anatomia di una caduta
Miglior attrice esordiente
Céleste Brunnquell per La fille de son père
Kim Higelin per Le Consentementement
Suzanne Jouannet per La Voie Royale
Rebecca Marder per Grand Expectations
Ella Rumpf per Le Théorème de Marguerite
Miglior attore esordiente
Julien Frison in Le Théorème de Marguerite
Paul Kircher per The Animal Kingdom
Samuel Kircher per L’Été Dernier
Ivilo Machado-Graner per Anatomia di una
caduta
Raphaël Quenard per Chien de la casse
Miglior sceneggiatura originale
Justine Triet, Arthur Harari per Anatomia di una
caduta
Jean-Baptiste Durand per Chien de la casse
Jeanne Herry per Je verrai toujours vos
visages
Nathalie Hertzberg, Cédric Kahn per Le Procès
Goldman
Thomas Cailley, Pauline Munier per The Animal
Kingdom
Miglior sceneggiatura non originale
Valerie Donzelli, Audrey Diwan per Il coraggio di
Blanche
Vanessa Filho per Le Consentement
Catherine Breillat per L’Été Dernier
Miglior colonna sonora originale
Gabriel Yared per Il coraggio di Blanche
Delphine Malaussena per Chien de la casse
Vitalic per Disco Boy
Andrea Laszlo de Simone per The Animal
Kingdom
Guillaume Roussel per I tre moschettieri (Parte 1:
D’Artagnan / Parte 2: Milady)
Miglior sonoro
Julien Sicart, Fanny Martin, Jeanne Delplancq, Olivier Goinard
per Anatomia di una caduta
Remi Daru, Guadalupe Cassius, Loic Prian, Marc Doisne
per Je verrai toujours vos visages
Erwan Kerzanet, Sylvian Malbrant, Olivier Guillaume
per Le Procès Goldman
Fabrice Osinkski, Raphael Sohier, Matthieu Fichet, Niels
Barletta per The Animal Kingdom
David Rit, Gwennole le Borgne, Oliver Touche, Cyril Holtz,
Niels Barletta per I tre moschettieri (Parte 1: D’Artagnan
/ Parte 2: Milady)
Miglior fotografia
Slivion Beaufils per Anatomia di una caduta
Jonathan Ricquebourg per La passion de Dodin
Bouffant
Patrick Ghiringhelli per Le Procès Goldman
Davio Cailley per The Animal Kingdom
Nicolas Bolduc per I tre moschettieri (Parte 1:
D’Artagnan / Parte 2: Milady)
Miglior montaggio
Laurent Sénéchal per Anatomia di una caduta
Francis Vesin per Je verrai toujours vos
visages
Valérie Loiseleux per Little Girl Blue
Yann Dedet per Le Procès Goldman
Lilian Corbeille per The Animal Kingdom
Migliori costumi
Jürgen Doering per Jeanne Du Barry – La Favorita del
Re
Pascaline Chavanne per Mon Crime – La colpevole sono
io
Tran Nu Yên Khê per La passion de Dodin
Bouffant
Ariane Daurat per The Animal Kingdom
Thierry Delettre per I tre moschettieri (Parte 1:
D’Artagnan / Parte 2: Milady)
Miglior scenografia
Emmanuelle Ouplay per Anatomia di una caduta
Angelo Zamparutti per Jeanne Du Barry – La Favorita
del Re
Toma Baquéni per La passion de Dodin
Bouffant
Julia Lemaire per The Animal Kingdom
Stéphane Taillasson per I tre moschettieri (Parte 1:
D’Artagnan / Parte 2: Milady)
Miglior effetti visivi
Thomas Duval per Acide
Lise Fischer, Cédric Fayolle per La Montagne
Cyrille Bonjean, Bruno Sommier, Jean-Louis Autret
per The Animal Kingdom
Olivier Cauwet per I tre moschettieri (Parte 1:
D’Artagnan / Parte 2: Milady)
Léo Ewald per Vermines
Miglior cortometraggio
L’Attente, diretto da Alice Douard, prodotto da Marie
Boitard, Alice Douaro
Bolero, diretto da Nans Laborde-Jourdaa, prodotto da
Margaux Lorier
Rapide, diretto da Paul Rigoux, prodotto da Anne
Luthaud
Les Silencieux diretto da Basile Vuillemin,
prodotto da Thomas Guent Ch
Miglior film d’animazione
Manodopera diretto da Alain Ughetto, prodotto da
Alexandre Cornu, Jean-François Le Corre, Mathieu Courtois
Linda e il pollo, diretto da Chiara Malta, Sébastien
Laudenbach, prodotto da Marc Irmer, Emmanuel-Alain Raynal, Pierre
Baussaron
Mars Express diretto da Jérémie Périn, prodotto
da Didier Creste
Miglior documentario
Atlantic Bar diretto da Fanny Molins, prodotto da
Chloé Servel, Nicolas Tiry
Les Filles d’Olfa diretto da Kaouther Ben Hania,
prodotto da Nadim Cheikhrouha
Little Girl Blue diretto da Mona Achache,
prodotto da Laetitia Gonzalez, Yaël Fogiel
Notre corps diretto da Claire Simon, prodotto da
Kristina Larsen
Sur l’Adamant diretto da Nicolas Philibert,
prodotto da Miléna Poylo, Gilles Sacuto, Céline Loiseau
Miglior opera prima
Bernadette diretto da Léa Domenach, prodotto da
Antoine Rein, Fabrice Goldstein
Chien de la casse diretto da Jean-Baptiste
Ourand, prodotto da Anaïs Bertrand
The Rapture diretto da Iris Kaltenbäck, prodotto
da Alice Bloch, Thierry de Clermont-Tonnerre
Vermines diretto da Sébastien Vanicek, prodotto
da Harry Tordjman
Vincent doit mourir diretto da Stephan Casting,
prodotto da Thierry Lounas, Claire Bonnefoy
Anche se
Thanos è morto in Avengers:
Endgame, in molti si chiedono se tornerà mai nel
MCU, visto che nei fumetti nessuno
muore davvero (a parte Iron Man…) e che il
personaggio è trai più amati dell’universo condiviso.
La grande popolarità del personaggio
potrebbe infatti spingere i Marvel Studios a ritirare fuori
Thanos per un film spin-off o magari una serie incentrata
tutta su di lui. Ma avrebbe davvero senso un racconto unico su un
villain che, pur avendo una statura tragica e delle ragioni dalla
sua, è pur sempre considerato un cattivo che difficilmente può
essere trasformato in anti-eroe, come sempre succede ai cattivi
raccontati come protagonisti?
Ma dove potrebbe mai rispuntare
Thanos? Una possibilità è rappresentata da un eventuale sequel di
Eternals,
visto che il Titano Pazzo ha già un legame stabilito con la squadra
tramite suo fratello Eros, alias Starfox. Forse il personaggio
interpretato da Josh Brolin potrebbe tornare in quel film
tramite un cameo o un flashback se il film decidesse di esplorare
il retroscena di Eros.
Tuttavia, la risposta più ovvia
sarebbe senza dubbio Avengers:
Secret Wars poiché si dice che quel film conterrà
praticamente tutti i personaggi Marvel (eroi e villain) che sono
apparsi in progetti sia ambientati all’interno che all’esterno del
MCU.
Ricordiamo anche una cosa
fondamentale: se è vero che Thanos è morto nella linea temporale
principale del MCU, potrebbe essere vivo nel
multiverso. Già What
If…? lo ha riportato in scena, e le possibilità di
modi paralleli sono infinite e tutte plausibili! (Almeno) Un cameo
di
Thanos, nel futuro del MCU, è più che probabile.
Il cast di Argylle
ha annunciato che il thriller di spionaggio di Matthew Vaughn è
“folle” e “sconvolgente” in una nuova featurette.
Condivisa sulla pagina YouTube della
Universal Pictures, la featurette di Argylle vede
Bryce Dallas Howard
Henry Cavill,
Sam Rockwell,
Bryan Cranstone Dua Lipa e altre
star del film discutere su come i fan di Vaughn dovrebbero
prepararsi a un thriller “senza sosta” e “leggermente
folle“.
“Nel film, Elly Conway è
un’autrice solitaria di una serie di romanzi di spionaggio
best-seller, la cui idea di felicità è una notte a casa con il suo
computer e il suo gatto, Alfie.” si legge sulla sinossi.
“Ma quando le trame dei libri di fantasia di Elly, incentrati
sull’agente segreto Argylle e sulla sua missione di svelare un
sindacato di spionaggio globale, iniziano a rispecchiare le azioni
segrete di un’organizzazione di spionaggio nella vita reale, le
serate tranquille a casa diventano un ricordo del passato.
Accompagnata da Aiden (Rockwell), una spia allergica ai gatti,
Elly (portando Alfie nel suo zaino) corre attraverso il mondo per
stare un passo avanti agli assassini mentre il confine tra il mondo
immaginario di Elly e quello reale inizia a confondersi.
Oltre al cast già citato,
Argylle – La super
spia è interpretato da Sam Rockwell, John
Cena, Ariana DeBose, Catherine O’Hara, Sofia Boutella e Samuel L.
Jackson. Il gatto Alfie è invece interpretato da Chip, il
felino realmente esistito che appartiene alla top model
Claudia Vaughn.
Argylle – La super
spia è stato scritto da Jason Fuchs, che produce il
film insieme a Vaughn e David Reid. Tra i produttori esecutivi
figurano Adam Fishbach, Zygi Kamasa, Carlos Peres e Claudia
Vaughn.
Argylle – La super
spia uscirà in Italia l’01 febbraio 2024,
mentre nelle sale statunitensi il 2 febbraio 2024,
distribuito da Universal Pictures e Apple Original Films. Verrà
presentato in anteprima su Apple
TV+ in un secondo momento.
Il co-CEO dei DC Studios,
James
Gunn, ha parlato dei direttori del casting e ha
rivelato una delle sue grandi sorprese sul casting di Guardiani della Galassia.
Su Threads, a Gunn è stato
chiesto se c’è mai stato un momento in cui, durante il casting, era
sicuro che un attore non sarebbe stato adatto a un ruolo, solo per
rimanerne stupefatto al punto da dargli il ruolo. Il regista ha
rivelato che inizialmente si sentiva così nei confronti di
Chris Pratt quando stava cercando l’attore per
interpretare Star-Lord.
Gunn ha anche approfondito il modo
in cui i direttori del casting svolgono il proprio lavoro, stilando
lunghi elenchi di attori che potrebbero essere adatti per i ruoli e
rimanendo aggiornati sui nuovi e talentuosi attori emergenti.
“I direttori di casting – ha scritto -vJames Gunn –
spesso cominciano creando lunghe liste di attori che potrebbero
interpretare un ruolo. Queste liste includono attori di serie A che
generalmente non fanno il provino e passano direttamente alla fase
di offerta, e attori meno noti che potrebbero essere buoni per il
ruolo e che attraversano il processo di audizioni (un bravo casting
director ha familiarità con il maggior numero di attori è possibile
nell’industria – ed è sempre alla ricerca di nuovi talenti). I
produttori e io aggiungeremo poi altri suggerimenti e idee a quella
lista, e io faccio una classifica di quelli che
preferisco.”
La collaborazione più recente tra
James Gunn e Chris Pratt è stata
Guardiani della Galassia Vol. 3, ancora una
volta scritto e diretto da James Gunn. I veterani
dell’MCU
Chris Pratt,
Zoe Saldana,
Dave Bautista, Sean Gunn,
Karen Gillan,
Pom Klementieff,
Bradley Coopere
Vin Diesel sono tornati per riprendere i
rispettivi ruoli di Star-Lord, Gamora, Drax, Kraglin, Nebula,
Mantis, Rocket e Groot, mentre Maria Bakalova è
tornata nei panni di Cosmo the Spacedog. Il sequel ha visto anche
l’introduzione dei nuovi arrivati in franchising Will
Poulter e Chukwudi Iwuji, che
interpretano i ruoli di Adam Warlock e l’Alto Evoluzionario.
Guarda due nuove clip tratte dal
terzo e quarto episodio della serie tvI
Fantastici 5prodotta da Lux Vide, società del
gruppo Fremantle, in collaborazione con RTI, che
andrà in onda oggi, mercoledì 24 gennaio, in prima serata
su Canale 5.
Nel cast
Raoul Bova, Gianluca Gobbi, Francesca Cavallin, Gaia
Messerklinger, Chiara Bordi, Vittorio Magazzù, Fiorenza D’Antonio,
Enea Barozzi, Rachele Luschi e Giulia
Patrignani. La regia è affidata ad Alexis
Sweet e Laszlo Barbo.
https://youtu.be/eR8bA2fd4zo
https://www.youtube.com/watch?v=JdEP6EzEtD8
I Fantastici 5: la trama del terzo
episodio
Proprio prima dei campionati
italiani, Riccardo sembra aver trovato un po’ di fiducia dai suoi
atleti, ma un nuovo problema sembra subito scalfire la loro
serenità: Marzia non si presenta agli allenamenti. Trovarla sarà
una corsa contro il tempo, mentre capire cosa c’è dietro alla sua
fuga racconterà aspetti nascosti del suo passato. Nel frattempo,
mentre Laura cerca di integrarsi nel gruppo e Christian si accorge
di alcuni comportamenti strani di Isabella, Riccardo esce per la
prima volta con Alessandra. Che tra i due stia per nascere
qualcosa?
I Fantastici 5: la trama del
quarto episodio
La squadra è ormai pronta per le
gare che potrebbero garantire la qualificazione agli Europei e la
tensione è alle stelle. Ma le prestazioni sportive di Christian e
Laura sono in calo: problemi sentimentali e questioni legali li
distraggono dalla pista. Nel frattempo, Anna cerca conferme nella
sua relazione con Elia, che sembra però allontanarsi da lei e
avvicinarsi sempre di più a Giorgia, con cui ha una chiara
sintonia. Le due sorelle, il cui legame corre così su un filo
sempre più sottile, scopriranno però qualcosa che potrebbe
sconvolgere il rapporto con il padre.
“Era già dalle prove di trucco e
parrucco, che giriamo in Imax e in bianco e nero“, ha detto
Nolan. “Si inizia a vedere l’attore che dà vita a un’icona,
mettendosi il cappello, la sigaretta all’angolo della bocca. Si
inizia a vedere come si muove. È un momento emozionante. Lo è in
ogni film. Vedere Cillian mettere insieme questa iconografia mi ha
ricordato le mie prove di trucco e parrucco con
Heath Ledger per il Joker“.
Come ha reagito Cillian
Murphy alla nomination agli Oscar per Oppenheimer di
Christopher Nolan?
Cillian Murphy, nel frattempo, ha detto che si
trovava a casa sua in Irlanda quando ha saputo di aver ricevuto una
nomination all’Oscar
per il suo ruolo, affidatogli da Christopher Nolan, di Oppenheimer.
“Le parole non rendono
giustizia“, ha detto Murphy a proposito della sua
nomination. “Credo che i superlativi non bastino a questo
punto. Sono davvero onorato e un po’ sopraffatto. Ma soprattutto
orgoglioso del film e del fatto che abbia ottenuto così tanto. Ha
superato tutte le nostre aspettative, di tutti coloro che hanno
partecipato alla realizzazione di questo film. Mi capita sempre che
la gente venga da me per strada e mi dica: “Ho visto il film cinque
volte. E poi si tratta di persone anziane, giovani e
ragazzi e ragazze. È pazzesco. E poi essere riconosciuti
dall’Academy come lo siamo stati noi, è semplicemente
sbalorditivo”.
Cillian Murphy ha detto di aver festeggiato la
nomination, di cui è venuto a conoscenza mentre si trovava a casa
sua in Irlanda, con una tazza di tè e una fetta di torta. “È
stato molto bello“, ha aggiunto. “Mia madre ha fatto un
pan di Spagna. Era molto gustoso“.
Gli altri candidati all’Oscar 2024
come attore protagonista sono Bradley Cooper per
Maestro, Colman Domingo per Rustin, Paul
Giamatti per The Holdovers e Jeffrey
Wright per American Fiction.
Oppenheimer,
invece, è stato nominato anche per Miglior film, Attore non
protagonista, Attrice non protagonista, Fotografia, Costumi, Regia,
Montaggio, Trucco e acconciature, Musica (colonna sonora
originale), Scenografia, Suono e Scrittura (sceneggiatura non
originale). I vincitori saranno annunciati domenica 10 marzo
2024.
Bethel è apparso nella terza
stagione della serie DaredevilNetflix nei panni di Poindexter, e il finale
suggeriva che in futuro sarebbe diventato l’iconico cattivo dei
fumetti. La fonte sottolinea che che non è chiaro quanto sarà ampio
il suo ruolo, ma Bullseye avrà una parte nella prossima avventura
televisiva del Diavolo di Hell’s Kitchen.
Entrambi i personaggi sono già
apparsi anche nel MCU: Daredevil è apparso in
She-Hulk: Attorney at Law e brevemente in
Echo,
mentre Fisk è tornato in Hawkeye
e in un ruolo importante sempre in Echo.
Ricordiamo che non è la prima volta
che vediamo una incarnazione di Bullseye. Colin
Farrell ha portato sul grande schermo il personaggio nel
Daredevil con Ben Affleck.
America Ferrera ha dichiarato di essere “un po’ sotto
shock”, nel bene e nel male, in merito alle nomination agli Oscar
2024. L’aspetto che la rende felice è sicuramente la sua prima
nomination personale, come Migliore attrice non protagonista, per
Barbie,
che lei definisce “surreale e incredibile”; il lato negativo è il
fatto che Greta
Gerwig e Margot Robbie, le visionarie dietro
l’innovativo blockbuster, sono state snobbate, rispettivamente
nelle categorie Regia e Miglior Attrice. Il suo disappunto segue
delle
dichiarazioni simili di
Ryan Gosling.
“Sono le mie ragazze e voglio
vedere celebrato il loro incredibile, straordinario lavoro. Hanno
fatto la storia, hanno fissato un nuovo standard”, ha detto
Ferrera a Deadline. “Non solo hanno
battuto i record al botteghino, ma hanno realizzato qualcosa che ha
avuto risonanza in tutto il mondo, e l’impatto di ciò che hanno
realizzato è e continuerà a farsi sentire nella nostra cultura.
Penso di unirmi a molte persone nel volerle vedere riconosciute per
questo.”
Per America
Ferrera, ciò che ha reso Barbie un progetto così unico è stato quanto
fosse inaspettato, a partire dalla decisione della star produttrice
Margot Robbie di rivolgersi a Greta
Gerwig come co-sceneggiatrice e regista. “Penso che da
quel momento la gente si sia interessata a ciò che la mente di
Greta come regista avrebbe fatto con Barbie, e lei ha messo insieme
artisti incredibili, davanti alla macchina da presa e dietro, per
dare vita alla sua visione” ha detto l’attrice. “La
sceneggiatura era così divertente, sovversiva e irriverente, ma
osava anche avere un cuore e un messaggio.”
“È un viaggio davvero
incredibile, incredibilmente divertente e sorprendente da
intraprendere, per tornare indietro e rendersi conto che il film
parlava sempre di noi, della bellezza della vita e della vita che
vale la pena vivere. Sento che è così che mi fanno sentire i grandi
film”, ha detto Ferrera. “Quando ho visto un film
fantastico, mi sento più entusiasta non solo di ciò che è possibile
nella narrazione, ma anche di ciò che è possibile nella vita, e
sento che questo è ciò che Greta è riuscita a realizzare con questo
film.”
La cerimonia degli Oscar 2024 si
terrà domenica 10 marzo alle 16:00. PT al Dolby Theatre
dell’Ovation Hollywood di Los Angeles. Jimmy
Kimmel torna come presentatore per il secondo anno
consecutivo e per la quarta volta complessiva.
Il cinema è fatto di
sguardi. Occhi che si posano su immagini impresse su un
telaio bianco, le cui forme e colori disegnano un mondo con una
lingua tutta propria, in cui perdersi è inevitabile, e a volte
persino necessario. Perché la settima arte è la
dimensione fittizia perfetta per evadere da una realtà in cui
sentirsi scomodi o ingombranti non è evento raro. Allora si cerca
altrove, in uno spazio fatto di luci e ombre, dove il solo guardare
diventa piacere viscerale, desiderio, bramosia, anche ossessione.
Essere spettatori delle vite altrui e trarne godimento è
un’esperienza che si può vivere con l’arte cinematografica, lì dove
il pubblico diventa voyeur eccitato, e si abbandona dentro
la cornice di un’inquadratura in cui ci si appropria di personaggi,
luoghi e situazioni. Un concetto che dagli albori del cinema ha
visto la sua massima rappresentazione in La finestra
sul cortile di Alfred
Hitchcock, film-manuale in technicolor datato 1954 che
quest’anno compie settant’anni, e che non sembra invecchiato di un
giorno.
La finestra sul cortile, la “regia pura”
Un lungometraggio fondato
su un concetto di regia puro, un vero e proprio manuale
per i filmmaker. Un thriller costruito ad hoc, come lo sono in
fondo anche gli altri della filmografia del maestro del
brivido, in cui le architetture scenografiche, esaltate
dal gioco visivo di inquadrature studiate, esprimono chiaramente
quale sia il significato del cinema stesso, esaltandolo, e come noi
dall’altra parte ne assorbiamo l’essenza. Un inno, perciò, a ciò
che è il linguaggio filmico, ma in particolare a chi ne fruisce,
diventandone a sua volta protagonista.
Pur essendo una storia di detection,La finestra sul cortile
si impianta su una trama lineare visivamente stratificata: Jeff,
interpretato da un meraviglioso
James Stewart
(che aveva già lavorato con Hitchcock in
Nodo alla gola),
è un fotoreporter costretto su una sedia a rotelle a causa di un
infortunio, che passa le sue giornate a guardare il vicinato dalla
finestra, entrando nelle quotidianità degli inquilini dei palazzi
di fronte. Man mano che il suo sguardo penetra nelle abitazioni,
invadendo la loro privacy, Jeff inizia a familiarizzare con la loro
routine, fino a quando un giorno non ipotizza l’assassinio della
signora Thorwald, perpetrato dal marito. Convinto di quanto crede
di aver visto, Jeff inizia a indagare con il solo uso dello
sguardo, finché la sua fidanzata, Lisa, un’incredibile e
elegantissima
Grace Kelly,
non decide di aiutarlo.
Jeff: spettatore e regista
Truffaut aveva
spiegato bene, in un’intervista, la natura di La
finestra sul cortile: “In questo film abbiamo un
uomo immobile che guarda fuori, poi ciò che vede e poi la sua
reazione. Ciò rappresenta la più pura idea cinematografica”.
Dove per idea cinematografica si intende quel meccanismo proprio
del cinema per cui osservazione e reazione sono strettamente
legate. È il cosiddetto Effetto Kuleshov, per il
quale ogni inquadratura acquisisce di senso grazie a quella che la
segue e la precede. Un principio su cui si fonda il film di
Hitchock, per dimostrare quanto siano potenti non solo gli
strumenti del cinema, ma anche la visione spettatoriale che ne
deriva. Con Jeff, il cineasta fa un’esericizio di tecnica –
magistrale – per raccontarci due figure
chiave della settima arte: il regista con la
sua macchina da presa, e il pubblico.
Per quanto riguarda il regista,
attraverso una meticolosa scelta di inquadrature, sembra che il
fotoreporter operi allo stesso modo di un cineasta: modella la sua
storia in base a ciò che capta al di là della sua finestra, dunque
sceglie cosa osservare, e soprattutto chi, a quale porzione di
spazio dare rilievo e cosa far essere importante e incisivo.
Taglia, cuce, seleziona delle immagini per dare forma a un racconto
che nel frattempo si concretizza. Allo stesso tempo, però, nella
sua immobilità, Jeff diventa lo spettatore, che
esaminando l’altro si immedesima, ipotizza e si fa coinvolgere a
tal punto da farsi delle idee, senza però poter agire. Proprio come
chi è in sala, seduto sulla poltrona, che subisce gli eventi senza
poter intervenire. Un’analogia che si riscontra anche nella
funzione dello sguardo, l’unica che il protagonista può esercitare:
fra Jeff e ciò che accade c’è una distanza che non si può colmare o
accorciare, e così per lo spettatore. Nessuno dei due può
influenzare ciò che avviene, non può intervenire.
Hitchcock usa lo spazio scenico per restituire questo concetto,
avvalendosi di soli due ambienti: quello esterno, che è primario,
focalizzato sui palazzi che si vedono dalla postazione del
protagonista, dove si svolge l’omicidio e si costruisce il tono
thriller, e quello interno, la casa in cui Jeff è bloccato, il
controcampo del primo ambiente.
Per ognuno di essi riserva
un tipo di inquadratura, scegliendo le
soggettive – la ripresa favorita e primaria del
film – quando Jeff è nell’atto dell’osservare, con zoom e
raccordi sull’asse nel momento in cui ricorre alla macchina
fotografica e imposta alcuni teleobiettivi. È in quell’istante che
noi spettatori siamo Jeff a tutti gli effetti. Diventiamo una sola
cosa con il protagonista perché ci riconosciamo: guardiamo come lui
guarda, ragioniamo come lui ragiona. Maciniamo pensieri, giusti o
sbagliati che siano, e abbiamo un’opinione come Jeff. Il culmine di
tale processo è quando l’assassino – Thorwald – si rende conto di
essere guardato e guarda a sua volta, ma direttamente in camera. I
suoi occhi incrociano quelli di Jeff, ma sembrano volgersi verso
noi spettatori, che nel frattempo ci siamo identificati con lui –
l’obbiettivo primario di Hitchcock – e veniamo trascinati
totalmente nella narrazione. Ci sentiamo in trappola, colti alla
sprovvista e spaventati. Ecco che qui Hitchcock ci mostra la prima
grande abilità del cinema: inghiottirci in un racconto fittizio in
cui però il processo di elaborazione, percezione e sentimenti sono
tutto, fuorché fasulli.
Il cinema come evasione dalla
realtà
Nella costruzione del suo discorso
narrativo e del suo protagonista Jeff, Hitchcock tiene a
sottolineare il valore del cinema come sfera dentro la quale
entrare per alienarsi dalla realtà vissuta, se la condizione in cui
si è non è confortevole. Il cinema, i film, sono
l’opportunità da una parte per estraniarsi, dall’altra per
riflettere su se stessi mentre guardiamo l’altro, che può
anche diventare il nostro doppio. Come se fosse in una sala
cinematografica, in cui la finestra diventa lo schermo dove si
svolge lo spettacolo, Jeff si stacca dalla sua realtà domestica,
nella quale sente il peso della responsabilità che ha nei confronti
della sua amata Lisa, per proiettare la sua attenzione sui
condomini che gli si palesano di fronte. La ragazza, molto più
giovane di lui, nel fargli visita ogni giorno, sfrutta l’occasione
per ricordare a Jeff del loro matrimonio, e di quanto sia
necessario iniziare i preparativi per le nozze. Il fotoreporter
però non è disposto a legarsi ufficialmente a lei poiché reputa i
loro stili di vita incompatibili, e vorrebbe che la loro relazione
rimanesse così per timore che, una volta sposati, si distrugga un
equilibrio che crede intoccabile.
Per evadere da quello che è
il suo contesto quotidiano, Jeff direziona il suo
impegno mentale sulle coppie degli appartamenti di fronte a
sé, proiettando sugli altri i suoi timori per la sua
relazione e trovando, specie i coniugi Thorwald, la conferma alle
sue paure, rispetto alle varie sfumature – anche negative – che può
avere un rapporto d’amore, e a come si può trasformare in un
rapporto tanto conflittuale che può portare all’omicidio. Lo
spettatore, similmente, opera allo stesso modo. Nel racconto che si
modella sullo schermo, Jeff trova una via di fuga che lo distoglie
dalle sue dinamiche personali, ma anche uno spunto che lo spinge a
riflettere ancora di più su quello che lo affligge. Come se,
rintracciando delle affinità con quelle persone, vedesse una
rappresentazione di sé e di un suo possibile futuro. È qui, dunque,
che Hitchcock dimostra quanto la macchina del cinema ha una doppia
funzione e svolge due compiti che si intrecciano l’uno all’altro,
facendoci capire quanto, pur non accorgendocene in maniera conscia,
la materia narrativa, ma soprattutto le immagini filmiche, possano
influenzare il nostro privato e essere rivelatrici.
Rendendoci, di conseguenza, parte integrante della
storia.
Il piacere del guardare
La tematica più centrale messa in
campo da Hitchcock in La finestra sul
cortile, che si lega a doppio filo al concetto di
spettatore, è il piacere del guardare, il
voyeurismo, su cui il maestro del brivido fa una
disamina quasi filosofica. Se il cinema è evasione e universo
parallelo attraverso cui ragionare su alcuni aspetti della propria
vita (come abbiamo detto poc’anzi), è anche dimostrazione di quanto
l’essere umano sia attratto dalle esistenze altrui e provi assoluto
godimento nel guardarle. Jeff è, infatti, rapito da ciò che può
vedere dalla finestra del suo appartamento, pezzi di vita
quotidiana che gli si dipanano davanti agli occhi e di cui non
riesce a fare a meno. Il fotoreporter rappresenta un’altra
caratteristica dello spettatore al cinema, interessato ai
personaggi che si muovono sullo schermo, desideroso di fare
ingresso – pur tacitamente – nel loro intimo quotidiano e così
interpretarlo. È un’attrazione la sua, una pulsione viva, un potere
che solo lui possiede, lo stesso che accomuna il protagonista
hitchcockniano al pubblico in sala, e a cui non riesce a sottrarsi,
tanto che Stella – l’infermiera che si prende cura di Jeff – a un
certo punto gli dirà “siamo diventati una razza di
guardoni”, dichiarando la sua, ma anche la nostra, posizione
voyeuristica (e spettatoriale).
Ecco perché quando nel film Lisa si
intrufola nella casa di Thorwald, diventando oggetto di visione e
soggetto attivo della diegesi, cresce in Jeff l’interesse per lei
che prima, quando gli era accanto, non provava. La ragazza è
entrata di diritto nella narrazione, è protagonista del racconto da
lui “fruito”, e riesce a guadagnarsi la sua attenzione totale, fino
a che il suo gesto da eroina non distenderà il loro rapporto (Jeff
si renderà conto di quanto tiene a lei) e risolverà, in ultimo, la
crisi.
La finestra sul
cortile è dunque un manifesto sul cinema e lo
spettatore e, come scrive Paolo Bertetto in
L’interpretazione dei film, è “un processo che insieme
esibisce e analizza non solo l’orizzonte tecnico del cinema, ma
anche quello comunicativo, e che progressivamente ci fa vedere come
funziona la macchina cinema, come si realizza il rapporto
spettatoriale, come si costruisce la visione filmica, come si
sviluppa la narrazione e la messa in scena cinematografica.”
In definitiva, uno dei capolavori indiscussi del
cinema, da vedere, studiare, ricordare in eterno.
Star
Wars ha finalmente confermato un importante cambiamento nel Din
Djarin di Pedro Pascal all’indomani della stagione
3 di The Mandalorian, qualcosa che offre
all’amato personaggio un futuro promettente nel franchise.
Mentre la stagione 3 di The
Mandalorian è stata accolta con recensioni contrastanti,
in particolare in termini di cambiamento e per come viene messo da
parte l’arco narrativo del personaggio di Din Djarin, la sua
eredità ha infine aperto la strada al prossimo film di The
Mandalorian & Grogu. Il finale della stagione
3 definisce ancora magnificamente il futuro di Din, con Star
Wars che ora ha confermato un importante cambiamento nel suo
personaggio.
In un comunicato stampa di Hasbro,
una nuova figura di Din Djarin – modellata sulla sua apparizione
nella stagione 3 di The Mandalorian, episodio 2
“Capitolo 18: Le miniere di Mandalore” – è stata fornita una
descrizione che definisce il suo futuro di Star
Wars. Hasbro scrive che Din Djarin era “una volta un
cacciatore di taglie solitario” prima di riunirsi con Grogu e
adottarlo come suo, confermando che Din non è più un cacciatore di
taglie. Questa è la prima volta che Star Wars parla veramente di
questo cambiamento chiave del personaggio, dopo che la stessa
stagione 3 di The Mandalorian ha anticipato il suo
nuovo ruolo nella Nuova Repubblica nel finale.
Anche la descrizione di Hasbro della
loro nuova figura di Grogu enfatizza questo nuovo ruolo di Din, dal
momento che vi si può leggere che il duo “prenderà posizione
contro i residui imperiali”. Si tratta di qualcosa che è stato
parzialmente visto nella stagione 3 di The
Mandalorian, ma sarà senza dubbio al centro del film
The
Mandalorian & Grogu, così come di una potenziale
stagione 4.
Abbiamo
già segnalato quanto sia importante e storica la nomination di
Lily Gladstone agli Oscar 2024. L’attrice è
infatti la prima donna nativa americana a entrare in categoria per
la sua performance in
Killers of the Flower Moon. Dopo mesi di successo di
critica, il film ha ottenuto diverse nomination agli Oscar, tra cui
Miglior film, Miglior regista e Miglior attrice per Gladstone.
Parlando con Entertainment Weekly, Gladstone
ha espresso una risposta emotiva a questa storica nomination
all’Oscar. L’attrice ha iniziato la sua dichiarazione rendendo
omaggio alle fantastiche attrici indigene che l’hanno preceduta,
tra cui Sheila Tousey di Cuore di
tuono e Keisha Castle-Hughes di
La ragazza delle balene, che è stata “la più
giovane e la prima candidata indigena nella categoria”. Ecco la
dichiarazione completa:
“È incredibile e gran parte di
me vuole solo dire che non avrei dovuto essere io. Questo sarebbe
dovuto accadere molto tempo fa. Ho condiviso lo schermo in questo
film con Tantoo Cardinal, che viene dal Canada, un
confine che ha attraversato molti di noi. Sono cresciuta guardando
le esibizioni di Sheila Tousey, con cui ho avuto
la fortuna di condividere il palco ad un certo punto della mia
carriera. Il suo lavoro in Cuore di tuono, lo
sento, sarebbe dovuto essere nominato in ogni cosa. Non esiste
attrice viva che superi il talento di Sheila. È una delle vere
grandi.
È incredibile che ciò sia
accaduto, e ci è voluto un po’ di tempo. Ricordo quando Keisha
Castle-Hughes fu nominata per La ragazza delle
balene, e ricordo come mi sentii quando guardai questa
incredibile attrice, la più giovane e la prima candidata indigena
nella categoria, raccontare questa storia. Sembrava così universale
e così vicino alla mia educazione, al mio rapporto con la mia
terra, con la mia famiglia, con mio padre, con la mia lingua, tutto
questo. È stato incredibile vedere la sua rappresentazione, e
sembra che sia un vero onore.
Lo dico sempre, non è del tutto
mio (questo traguardo). Appartiene a così tante persone: la nazione
Osage, la nazione dei piedi Neri, la nazione Nez Perce, ogni attore
indigeno sulle cui spalle sto. È circostanziale che io sia la prima
e ne sono molto grato. So solo che non sarò l’ultima, neanche
lontanamente.”
Netflix ha confermato che la seconda stagione di
Squid Game arriverà entro la fine del 2024.
Nell’annuncio in merito al secondo ciclo della serie in lingua
coreana del creatore Hwang Dong-hyuk, la
piattaforma ha dichiarato:
“Guardando al futuro, nonostante
gli scioperi dello scorso anno abbiano ritardato il lancio di
alcuni titoli, abbiamo un programma ampio e audace per il 2024. Il
pubblico potrà scegliere tra serie drammatiche di grande successo
come ‘The Diplomat’ S2, ‘Bridgerton’ S3, ‘Squid
Game’ S2 e ‘L’Imperatrice’ S2; serie senza sceneggiatura come
“Tour de France: Unchained” S2, “Love is Blind” S6, “F1: Drive to
Survive” S6 e “Full Swing” S2; e nuovissimi programmi come ‘3 Body
Problem’ (basato sul romanzo più venduto e dagli showrunner di
‘Il Trono di
Spade’), ‘Griselda’ (con Sofia Vegara, in anteprima questa
settimana), ‘The Gentlemen’ (di Guy Ritchie ), ‘Eric’ (con Benedict
Cumberbach), ‘Avatar: The Last Airbender’, ‘Cien Años de Soledad’,
dalla Colombia basato sul romanzo di Gabriel García Márquez e Senna
dal Brasile.”
I dirigenti di Netflix hanno
confermato che anche la quarta stagione di “Emily in Paris” verrà lanciata entro la fine
dell’anno.
La prima stagione di nove episodi di
Squid Game di Dong-hyuk è stata lanciata nel 2021.
Il dramma su una gara mortale tra poveri concorrenti per vincere
45,6 miliardi di ₩ si è rivelato un grande successo per Netflix ed
è stato nominato per 14 Emmy, inclusa la categoria riservata alla
migliore serie drammatica (la prima per una serie non in lingua
inglese), vincendo sei riconoscimenti.
Squid Game ha fatto
la storia anche agli Screen Actors Guild Awards
2022, diventando la prima serie in lingua non inglese e la
prima serie coreana a ottenere nomination per il cast di una serie
drammatica, l’attore in una serie drammatica (Lee
Jung-jae), attrice in una serie drammatica (Jung
Ho-yeon) e in un ensemble di stunt. Lee
Jung-jae e Ho-yeon hanno vinto i premi.
Squid Game ha vinto anche tre Golden Globe,
tra cui quello per la migliore serie drammatica.
Dopo mesi di speculazioni
sull’opportunità o meno per lo show di avere una seconda stagione,
Netflix ha confermato nel gennaio 2022 che la serie sarebbe stata
rinnovata. Il CEO di Netflix, Ted Sarandos, ha
dichiarato durante una call con gli analisti: “Assolutamente.
L’universo di ‘Squid Game’ è appena iniziato.” Da allora
l’universo di Squid Game è stato ampliato con una serie unscripted,
Squid Game: La Sfida, e un videogioco di
prossima uscita.
“Non c’è Ken senza Barbie“,
così ha detto
Ryan Gosling in una dichiarazione, dopo
l’annuncio delle
nomination agli Oscar 2024. Il protagonista maschile di
Barbie, che ha ricevuto una nomination come miglior
attore non protagonista, si è espressa contro l’Academy per aver
ignorato il lavoro di attrice di Margot Robbie e quello di regista di Greta
Gerwig.
“Sono estremamente onorato di
essere nominato dai miei colleghi insieme ad artisti così
straordinari in un anno di così tanti grandi film. E non avrei mai
pensato di dirlo, ma sono anche incredibilmente onorato e
orgoglioso che sia per aver interpretato una bambola di plastica di
nome Ken”, inizia la dichiarazione di Gosling. “Ma non
esiste Ken senza Barbie, e non esiste il film ‘Barbie’ senza Greta
Gerwig e Margot Robbie, le due persone maggiormente responsabili di
questo film storico e celebrato in tutto il mondo”.
Gerwig e Robbie erano due nomi che
si davano per scontati alla vigilia di queste nomination, tanto che
qualcuno pensava che Robbie avrebbe anche potuto ambire alla
vittoria. Entrambe hanno avuto la loro nomination, Margot Robbie
per il miglior film, essendo produttrice con la sua LuckyChap, e
Greta Gerwig come sceneggiatrice, nella categoria riservata agli
script adattati. Tuttavia si immaginavano per loro delle doppie
nomination che non sono arrivate, generando lo scontento, tra gli
altri, di Ryan Gosling.
“Nessun riconoscimento sarebbe
possibile per qualcuno che ha partecipato al film senza il loro
talento, la loro grinta e il loro genio. Dire che sono deluso dal
fatto che non siano state nominate nelle rispettive categorie
sarebbe un eufemismo”, continua Gosling. “Contro ogni
previsione, con nient’altro che un paio di bambole senz’anima, poco
vestite e, per fortuna, senza genitali, ci hanno fatto ridere, ci
hanno spezzato il cuore, hanno smosso la cultura e hanno fatto la
storia. Il loro lavoro dovrebbe essere riconosciuto insieme agli
altri candidati molto meritevoli. Detto questo, sono così felice
per America Ferrera e gli altri incredibili artisti che hanno
contribuito con il loro talento a realizzare questo film così
innovativo”.
Gosling nomina Ferrera, che ha
ottenuto una nomination come migliore attrice non protagonista per
la sua interpretazione in Barbie.
La commedia ha ottenuto otto nomination in totale, tra cui costumi,
scenografia e due canzoni originali (“I’m Just Ken” e “What Was I
Made For?”). Per Ryan Gosling è la terza candidatura all’Oscar per
l’attore, dopo due precedenti candidature per “Half Nelson” (2006)
e “La La Land” (2016).
Il cinema di Maria Sole
Tognazzi è donna. La regista, che ha all’attivo cinque
lungometraggi, un documentario e un corto, ama posare gli occhi – e
la macchina da presa – su sguardi, tormenti e gioie femminili, per
affrescarne un dipinto elegante, delicato e dettagliato. Da
Viaggio da sola a
Io e lei,fino
all’ultimoDieci minuti, Tognazzi
mette al centro della sua poetica le donne, figure che, come lei
stessa dice quando era agli inizi della sua carriera, non hanno mai
ricoperto un ruolo centrale e privilegiato, ma si sono spesso
dovute accontentare di essere un supporto, comprimarie secondarie,
“costrette” a rimanere un passo indietro e mai nel cono di luce che
meritavano.
I tempi, però, stanno cambiando, non
solo nel tessuto sociale ma anche in quello cinematografico, e lo
dimostrano i recenti prodotti audiovisivi in cui non solo ci sono
più protagoniste da raccontare, ma anche più registe che esprimono
la loro unica e attenta visione. E così la cineasta si inserisce in
quella categoria di artiste che sente l’esigenza di far emergere, o
per meglio dire irrompere, voci e presenze femminili sullo schermo,
partendo da un testo di riferimento scritto da una donna,
Chiara Gamberale, e avvalendosi di una
co-sceneggiatrice, Francesca
Archibugi (La
Storia), che la aiutasse a modellare la storia di Bianca,
nel romanzo Chiara. Dieci minuti è una
produzione Indiana Production e Vision Distribution, in
collaborazione con Netflix e Sky,
ed è nelle sale dal 25 gennaio, giorno in cui –
coincidenza – debutterà un altro film che si cuce addosso a una
donna e porta sulle spalle il suo percorso di crescita e scoperta:
il Leone d’Oro Povere
Creature!
Dieci minuti, la trama
Bianca è nel periodo peggiore della
sua vita. Il marito Niccolò l’ha lasciata all’improvviso e lei non
si capacita del perché: in fondo, secondo la sua distorta visione,
andava tutto bene. Eppure lui è risentito: non si sente ascoltato e
supportato, gira tutto intorno alla moglie. Non è riuscita nemmeno
ad accorgersi che ha un’altra. Sul fronte del lavoro, le cose
procedono allo stesso modo: sul treno verso casa, Bianca viene
chiamata dal suo responsabile e licenziata in tronco. In più, in un
gioco di flashback, pare che la donna sia segnata anche da un
incidente, avvenuto poco dopo la separazione, che l’ha fatta
smettere di guidare. Tutti questi eventi l’hanno destabilizzata,
rendendola assente e inerme davanti a tutto e tutti. Non riesce a
fare molto, Bianca, se non andare dalla dottoressa Brabanti,
psicanalista che le propone una sfida per scuoterla dal suo torpore
quotidiano: tutti i giorni, una volta al giorno, Bianca deve fare
qualcosa di completamente nuovo, che fuoriesca dalla sua normalità.
Qualcosa che magari non farebbe mai. Grazie a questa terapia,
Bianca farà nuovi incontri, scoprirà legami speciali e inizierà ad
ascoltare chi le ha sempre voluto bene. Tentando di affrontare la
sua crisi.
Oltre le barriere della mente
Il quasi omonimo romanzo di Chiara
Gamberale, Per dieci minuti, è un racconto intimo e
autobiografico di una donna nel pieno della sua
(ri)fioritura. Un percorso, ma anche un processo, di ardua
rinascita che si riscontra nel film liberamente ispirato di
Tognazzi, in cui a essere messa in luce è la paura dell’abbandono e
come questa lavori sulla psiche umana tanto da disintegrarla.
Bianca è piena di fragilità, spesso immobile e cieca davanti a una
vita che le scorre e in cui c’è un crocevia di persone a cui lei
non riesce a dare la dovuta attenzione. Neppure al marito. Crede di
essere partecipe delle esistenze degli altri, ma in realtà non
ascolta, non si connette con il resto del mondo e nel frattempo,
senza accorgersene, viene risucchiata in una solitudine che, se
prima era solo prigione mentale, diventa poi fisica con la
separazione da Niccolò.
Si intersecano in lei emozioni
contrastanti, ma è l’essere inerme a dominarla nel quotidiano e a
farla sprofondare nel buio. È spenta ed egoriferita la Bianca di
una quanto più umana e tenera Barbara Ronchi, consumata dalle sue
stesse paranoie e dal timore di conoscere verità che sarebbe meglio
sigillare in un cassetto faendo finta che non esistano. Perché
spesso è più semplice crearsi una realtà immaginaria, piuttosto che
fare i conti con quella vera, più dura e complessa. Occhi smarriti,
sguardo basso e cupo, labbra spesso arricciate: rimanendo fissa sul
suo volto sofferente, la regista intercetta tutte le
sfumature di un animo travagliato, compiendo un
viaggio nelle emozioni e nei turbamenti di una donna in piena crisi
esistenziale, che tenta alla fine di tornare a galla e
rinascere dalle sue ceneri. Dandosi la possibilità di riscoprirsi e
forse proprio di conoscersi nel profondo.
Un cast ben assortito
Come dicevamo all’inizio di questa
recensione, Maria Sole Tognazzi si dedica anima corpo e cuore alle
sue protagoniste, le accarezza dolcemente, ecco perché le donne del
film, e in particolare la sua Bianca, hanno una posizione di
assoluto rilievo. Ronchi ha due comprimarie di tutto rispetto, una
più che credibile Margherita Buy nelle vesti della psicanalista,
il cui ruolo le calza a pennello, e Fotinì Peluso,
il cui personaggio è stato scritto per il film, che interpreta
Jasmine, la sorella di Bianca, una ragazza da un lato esuberante,
dall’altro bisognosa di trovare un posto (che non è un luogo bensì
una persona) da chiamare casa. Nonostante Dieci
minuti sia una storia che favorisce il punto di vista
e la solidarietà femminile, la figura maschile – in questo caso
Niccolò in primis – non è mai posta sotto la lente del
giudizio.
La regista non è intenta a fare la
morale e non vuole trasformare un racconto prevalentemente
drammatico – con deliziosi inserti divertenti – in una narrazione
femminista, tanto che empatizzare e comprendere il personaggio di
Alessandro Tedeschi è pressoché naturale. Resta sì sullo sfondo, ma
è bilanciato e ben caratterizzato e considerato, non diventando mai
oggetto di critiche. Al netto di quanto scritto, ciò che invece
sembra mancare un po’ è la completezza del gioco dei “dieci
minuti”: seppur si riesca a mostrare come una soluzione divertente
e funzionale per far uscire Bianca dall’impasse in cui si trova,
sembra che non ci si sia voluti sbilanciare troppo sui vari momenti
in cui si dedica a fare quell’altro che le fa paura, schifo o la
entusiasmi. Sarebbe stato interessante esplorare meglio questo
aspetto, e vedere fin dove la fantasia delle creatrici potesse
spingersi. Ciononostante, Dieci minuti è
un film godibile, buono, che si lascia amare nel suo essere
delicato e calibrato, e dimostra quanto Maria Sole Tognazzi si
prenda cura delle sue antieroine, facendole brillare di luce
propria nonostante le ferite che si portano addosso.
Nel 2021 il regista e sceneggiatore
Yann
Gozlan, regista anche di Un homme idéal, Burn
Out e Visions porta al cinema un film che
da tempo desiderava realizzare: Black Box – La scatola
nera. Appassionato di aviazione civile, Gozlan si è
infatti sempre detto interessato a dar vita ad una storia su questo
tema, concentrandosi però sugli aspetti più cupi e drammatici
legati all’aviazione, ovvero quello dell’incidente aereo e di
quanto ne segue. “Questo universo, incredibilmente
cinematografico dal mio punto di vista, con una posta in gioco
finanziaria colossale, in cui coesistono interessi divergenti, mi
sembrava un’ambientazione originale ed emozionante per un
film“, ha dichiarato.
Gozlan, insieme ai tre
co-sceneggiatori Jérémie Guez, Simon
Moutaïrou e Nicolas Bouvet-Levrard dà
dunque vita ad un thriller ricco di colpi di scena, sospetti,
verità celate e la ricerca ossessiva per portarle alla luce. Ma
Black Box – La scatola nera è anche un film che vuole
riflettere sulla facilità con cui gli uomini o le aziende di potere
possano manipolare la realtà a loro piacere, scampando così alle
conseguenze dei problemi di cui sono più o meno direttamente
artefici. Offrendo tutto ciò, il film si è affermato come un grande
successo in Francia, ottenendo riscontri di pubblico e critica
particolarmente positivi.
Il film si è poi distinto per il suo
lavoro sul sonoro e il montaggio, che contribuiscono ad
un’esperienza visiva particolarmente accattivante. Per chi ha
apprezzato film simili come
Flight o Sully, Black Box – La scatola nera è dunque
un film da non perdere. Prima di intraprendere una visione del
film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle
principali curiosità relative ad esso. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama e al cast di
attori e riguardo la spiegazione del
finale. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
La trama e il cast di Black Box – La scatola nera
Quando il volo Dubai-Parigi con 300
passeggeri a bordo si schianta con una dinamica misteriosa, il
giovane Mathieu Vasseur, tecnico della BEA,
(l’autorità responsabile delle inchieste sulla sicurezza
nell’aviazione civile), viene chiamato ad occuparsi del caso.
Rinvenuta la scatola nera, questa non sembra riportare nulla di
anomalo e il caso viene chiuso in fretta. Tuttavia, Vasseur, poco
convinto dell’esito, continua le sue indagini personali. Le tracce
audio rivelano dei dettagli che gli fanno pensare a una
manomissione del contenuto della scatola nera. La sua ipotesi è
quella di attentato. Contravvenendo agli ordini del suo capo
Philippe Rénier, inizia una coraggiosa ricerca di
prove in grado di confermare la sua tesi.
Ad interpretare Mathieu Vasseur vi è
l’attore Pierre Niney, noto per i film
Yves Saint Laurent, Masquerade – Ladri
d’amore e Il
libro delle soluzioni. Per prepararsi al ruolo, Pierre
Niney ha trascorso diverse settimane lavorando a fianco degli
agenti del BEA. Per la sua interpretazione in questo film, Niney è
stato candidato al premio Cesar come Miglior attore. Accanto a lui,
nel ruolo di sua moglie Noémie vi è l’attrice Lou de
Laâge, recentemente vista anche in Un colpo di
fortuna – Coup de Chance. Recitano poi nel film gli attori
André Dussollier nel ruolo di Philippe
Rénier, capo di Mathieu, e Sébastien
Pouderoux in quelli di Xavier Renaud, capo
dell’azienda Pegase Security. Olivier
Rabourdin è infine Victor Pollock, superiore di
Mathieu.
La spiegazione del finale di
Black Box – La scatola nera
Tutto il film è dunque costruito sul
sospetto di una realtà diversa da quella che si cerca di portare
avanti. Le ricerche di Mathieu, infine, confermeranno questo
sospetto portando alla luce come le aziende operanti nel campo
della sicurezza – in questo caso in quello dell’aviazione – non
possano permettersi che avvengano incidenti che ne macchino la
reputazione. Quando questi però si verificano, l’unica soluzione
sembra essere quella di occultare le prove. Ecco allora che verso
il finale Mathieu scopre che proprio il suo superiore Victor
Pollock ha alterato le registrazioni audio dell’incidente aereo.
Arriva a tale scoperta dopo aver riascoltato le registrazioni audio
di un precedente incidente di elicottero.
In tale registrazione rileva dei
numeri che rappresentano delle coordinate GPS che conducono ad uno
stagno sul fondo del quale trova la vera registrazione della
scatola nera dell’aereo. Insieme ad essa c’è dunque un video di
Pollock che racconta di aver lavorato in segreto con Xavier Renaud,
per anni, il quale l’ha costretto a falsificare le scatole nere.
Nonostante Mathie rimanga poi ucciso in un incidente d’auto,
causato da coloro che lo tenevano d’occhio, la sua scoperta viene
comunque alla luce e durante una presentazione pubblica per la sua
azienda, Xavier viene infine arrestato per gli atti da lui commessi
contro la verità.
Black Box – La scatola nera è tratto da una storia
vera?
Il film Black Box – La scatola
nera non è ispirato ad una storia vera in particolare, ma
riprende in modo evidente elementi presenti nella realtà e propri
del mondo dell’aviazione. Il primo di questi è proprio la scatola
nera, il noto dispositivo elettronico di registrazione dei dati
installati in un aeromobile o una imbarcazione con lo scopo di
facilitare le indagini dopo un incidente. Questi apparati sono
generalmente progettati per resistere alle condizioni che si
possono creare in un incidente grave, preservando le registrazioni.
In numerosi noti casi di incidenti aerei, la scatola nera si è
infatti rivelata decisiva per stabilire cosa ha causato
l’incidente. Il film però costruisce da zero il complotto alla base
del film, non prendendo spunto in questo dalla realtà.
Il trailer di Black Box – La
scatola nera e dove vedere il film in streaming e in TV
Sfortunatamente il film non è
presente su nessuna delle piattaforme streaming attualmente attive
in Italia. È però presente presente nel palinsesto televisivo di
martedì 23 gennaio alle ore 21:20
sul canale Rai 4. Di conseguenza, per un limitato
periodo di tempo sarà presente anche sulla piattaforma Rai
Play, dove quindi lo si potrà vedere anche oltre il
momento della sua messa in onda. Basterà accedere alla piattaforma,
completamente gratuita, per trovare il film e far partire la
visione.
Dinamico film d’azione con l’attrice
Charlize
Theron, Atomica
Bionda è stato distribuito nelle sale nel 2017,
ottenendo un buon riscontro di critica e pubblico. In particolare
sono divenute memorabili l’interpretazione della protagonista, le
numerose sequenze d’azione e la regia, tutti elementi che hanno
aggiunto spessore ad una storia intrisa di toni thriller,
incentrata in contesto di spionaggio nella Berlino del 1989.
Ecco 10 cose che forse non
sai su Atomica Bionda.
Atomica Bionda: la trama del
film
1. È ambientato in un anno
cruciale. Nel 1989, alla vigilia del crollo del muro di
Berlino e del cambiamento nelle alleanze tra superpotenze, Lorraine
Broughton, una spia del massimo livello dell’MI6, viene inviata a
Berlino per recuperare una lista contenente i nomi di tutti gli
agenti occidentali in azione e i loro affari. La donna riceve
l’ordine di cooperare col direttore della sede di Berlino, David
Percival. I due formano un’incerta alleanza, scatenando tutto il
loro arsenale di abilità nel perseguire una minaccia che mette a
rischio l’intero mondo delle operazioni di spionaggio dei paesi
occidentali.
Atomica Bionda: il cast del
film
2. Ha una premio Oscar per
protagonista. Al centro del film vi è l’attrice premio
Oscar Charlize Theron, nel ruolo di Lorraine
Broughton. Accanto a lei è possibile ritrovare gli attori James
McAvoy, nel ruolo di David Percival, gli attori
John Goodman, Bill Skarsgård e EddieMarsan.
3. Charlize Theron si è
allenata duramente per il ruolo. Per essere in forma
smagliante e poter interpretare al meglio le dinamiche scene del
film, l’attrice si è allenata con otto personale trainer, che
l’hanno aiutata ad implementare le sue capacità fisiche. L’attrice
si è inoltre allenata insieme all’attore Keanu
Reeves, che stava invece lavorando al film
John Wick – Capitolo 2.
4. James McAvoy ha recitato
con una mano rotta. McAvoy si ruppe la mano sul set del
film Split, girato prima di Atomica
Bionda, e fu costretto a recitare le sue scene con la mano
ancora infortunata, cosa che si è fatta notevolmente sentire
specialmente nelle diverse sequenze d’azione.
Atomica Bionda è tratto da un
fumetto
5. Il film è la
trasposizione di un fumetto. La pellicola è l’adattamento
cinematografico della graphic novel del 2012 intitolata The
Coldest City, scritta da Antony Johnston e
illustrata da Sam Hart. La Theron, fan di tale
opera, ha speso ben 5 anni per riuscire a portare al cinema questa
storia.
Atomica Bionda: la colonna sonora
del film
6. Ha una colonna sonora
molto dinamica. Per accompagnare al meglio le sequenze più
spettacolari del film è stata scelta una colonna sonora composta da
brani di celebri artisti e musiche dai toni electro-pop. Tra i
pezzi più celebri della colonna sonora figurano Cat People
(Putting out fire) di David Bowie, 99
Luftballons dei Nena, Der Kommissar
dei After the Fire e London Calling del
gruppo The Clash.
Atomica Bionda è in streaming
7. È possibile rivedere il
film in streaming. Per gli amanti del film, è possibile
riguardare il film comodamente in streaming, grazie alla presenza
della pellicola su piattaforme come Rakuten TV,
Google Play, Apple iTunes e
Prime Video. Per vedere il film sarà
sufficiente noleggiarlo o sottoscrivere un abbonamento alla
piattaforma di riferimento.
Atomica Bionda: il finale del
film
8. Il finale ha generato
molteplici domande. Il finale del film si è rivelato
esplosivo tanto quanto il lungometraggio in sé. Esplicitamente
aperto ad un sequel, la conclusione lascia aperte numerose porte
per il futuro, introducendo nuovi elementi per un nuovo capitolo
della storia del personaggio. Molti spettatori sono rimasti confusi
dal modo in cui termina la pellicola, e gli interrogativi sollevati
potrebbero trovare risposta in futuro.
Atomica Bionda 2: il sequel è
ufficiale
9. È stato annunciato il
sequel del film. Dato l’enorme successo riportato al box
office, la Theron ha annunciato ufficialmente un sequel del film,
affermando che lo sceneggiatore del primo capitolo è già al lavoro
sulla nuova sceneggiatura. Si prevede inoltre una storia che si
svilupperà e completerà nel corso di tre film. Per anni, tuttavia,
sembrava che il progetto non dovesse concretizzarsi. Nel dicembre
del 2023, però, Theron ha confermato che Atomica Bionda 2
è in fase di sviluppo e
Colin Firth sarà il protagonista della
prossima serie originale di Sky e Peacock
“Lockerbie“, che racconta il disastro aereo del
1988 in cui persero la vita 259 passeggeri e membri
dell’equipaggio.
Il 21 dicembre 1988, il volo Pan Am
103 esplose sopra Lockerbie, in Scozia, 38 minuti dopo il decollo.
Oltre alle 259 vittime a bordo del volo, altri 11 residenti
morirono quando l’aereo cadde sopra la tranquilla cittadina.
L’attore premio Oscar Colin Firth interpreterà il dottor Jim
Swire, che ha tragicamente perso la figlia Flora in
quell’evento e che da allora lavora con la moglie Jane per cercare
di ottenere giustizia per le famiglie delle vittime.
“Sulla scia del disastro e
della morte di sua figlia Flora, il dottor Jim Swire (Firth) è
nominato portavoce delle famiglie delle vittime del Regno Unito,
che si sono unite per chiedere verità e giustizia“, si legge
nella descrizione ufficiale dello show. “Viaggiando attraverso
i continenti e le divisioni politiche, Jim intraprende un viaggio
implacabile che non solo mette a repentaglio la sua stabilità, la
sua famiglia e la sua vita, ma che ribalta completamente la sua
fiducia nel sistema giudiziario. Mentre la verità si sposta sotto i
piedi di Jim, la sua visione del mondo viene lasciata per sempre
sporca. Esplorando gli eventi del disastro e le sue conseguenze,
Lockerbie fornisce un resoconto intimo di un uomo, un marito e un
padre che rischia tutto in memoria di sua figlia e nella ricerca
incessante della verità e della giustizia.”
Basata sul libro di Swire e Peter
Biddulph “The Lockerbie Bombing: A Father’s Search for
Justice“, la serie limitata Lockerbie in cinque parti è una
coproduzione tra i produttori di “Downton Abbey”
Carnival Films, che fa parte degli Universal
International Studios, e Sky Studios. Il drammaturgo scozzese
David Harrower (“Blackbird”, “Knives in Hens”)
sarà lo scrittore principale, mentre Maryam Hamidi
(“Vigil”) sarà la scrittrice ospite di un episodio. Otto
Bathurst, regista di “Peaky
Blinders“, sarà il regista principale, mentre Jim Loach (“Save
Me”) dirigerà un episodio.
La produzione di
“Lockerbie” inizierà all’inizio dell’anno. Tra i
produttori esecutivi figurano Gareth Neame e Nigel
Marchant per Carnival Films, Sam Hoyle
per Sky Studios e David Harrower, Liz Trubridge, Jim
Sheridan, Kirsten Sheridan e Oskar Slingerland. Hamidi è
produttore associato e Brian Kaczynski è produttore.
Lockerbie sarà
disponibile su Sky e sul servizio di streaming NOW
nel Regno Unito, in Irlanda, Italia, Germania, Svizzera e Austria,
e su Peacock negli Stati Uniti. NBCUniversal Global TV Distribution
si occupa delle vendite internazionali.
Netflix
ha battuto la rivale Apple
nella corsa al maggior numero di
nomination agli Oscar, ottenendo 18
nomination, tra cui quella per il miglior film per Maestro.
Questo totale ha superato Apple, che
ha ottenuto 13 nomination.
In effetti, il bottino di Netflix
è stato rafforzato soprattutto dal film biografico su Leonard
Bernstein diretto da Bradley Cooper, che ha ottenuto sette
nomination, tra cui quella per il miglior film. Apple è
riuscita a conquistare il titolo con una serie di nomination per
“Killers
of the Flower Moon” e “Napoleon“.
Complessivamente, la Walt Disney Company ha ottenuto 20 nomination
attraverso i suoi vari marchi e piattaforme di contenuti che
rappresentano 20th Century Studios, Disney+, Hulu, Lucasfilm Ltd., Marvel Studios, National Geographic
Documentary Films, Pixar Animation Studios e Searchlight,
ma bisogna contare ogni etichetta separatamente.
Il grande giorno di
Netflix
e Apple ha
coronato un anno di spese stravaganti per la stagione dei premi da
parte di tutti gli studios, con alcuni film che si sono dati da
fare con budget a otto cifre. Gli scioperi della WGA e della
SAG-AFTRA dello scorso anno hanno costretto gli studios a tagliare
molte campagne di marketing, dato che i talenti non potevano
promuovere i film. Questo ha lasciato sul tavolo denaro extra da
destinare alle spese della stagione dei premi, tra cui proiezioni e
tavole rotonde. “Barbie“,
“Killers
of the Flower Moon“, “Maestro”
e “Oppenheimer”
sono stati tra i film che hanno speso di più e tutti hanno ottenuto
importanti riconoscimenti questa mattina, in particolare “Oppenheimer”
della Universal, che ha guidato il gruppo con 13 candidature e si è
assicurato le categorie principali di miglior film e regia per
Christopher Nolan.
Una volta terminato lo sciopero
della SAG-AFTRA a novembre, le star hanno recuperato il tempo
perduto con la campagna di candidature.
Cooper è stato particolarmente visibile con “Maestro“,
più di quanto non lo sia stato quando ha promosso il suo film
drammatico del 2018 “A Star Is
Born” per la Warner Bros. L’attore, notoriamente riservato, ha
sollevato delle perplessità quando ha portato la figlia Lea de
Seine, di 6 anni, alla proiezione di “Maestro”
all’Academy Museum a dicembre.
L’impressionante mattinata di Netflix si è rivelata un momento agrodolce per il
responsabile del settore cinematografico Scott
Stuber, che ieri ha annunciato di voler lasciare lo
studio. Ma le nomination agli Oscar saranno probabilmente un
argomento di conversazione quando Netflix
terrà la consueta conferenza con gli azionisti.
La candidatura di Lily Gladstonearriva
quattro anni dopo che Yalitza Aparicio, indigena
messicana, ha ricevuto una nomination come miglior attrice agli
Oscar 2019. Aparicio
ha recitato nel film “Roma”
di Alfonso Cuarón del 2018 nel ruolo della
governante Cleodegaria “Cleo” Gutiérrez. Oltre ad
Aparicio, altre due donne indigene – Merle Oberon
per “L’angelo nero” del 1933, che si ritiene abbia origini
māori oltre che sud-asiatiche, e Keisha
Castle-Hughes per “Whale Rider” del 2003 – sono state
nominate per il premio di miglior attrice nella storia degli
Oscar. Oberon è
inglese, mentre Castle-Hughes è kiwi.
Killers of the Flower Moon si è assicurato anche
diverse altre nomination agli Oscar, tra cui quelle per il miglior
film, la regia e l’attore non protagonista per Robert De Niro. In precedenza era stato
candidato per il miglior trucco e acconciatura, il miglior suono,
la miglior musica – colonna sonora originale e la miglior musica –
canzone originale per “Wazhazhe (A Song for My People)”
La Gladstone ha
recentemente vinto il premio come miglior attrice in un film
drammatico ai Golden Globes. È la prima donna indigena a
vincere il premio. Durante il suo discorso ai Globes, ha
sottolineato l’importanza del momento, dicendo: “Questa è una
vittoria storica. Non appartiene solo a me. La sto tenendo in mano
in questo momento. Lo sto tenendo con tutte le mie bellissime
sorelle del film al tavolo laggiù, e con mia madre, in piedi sulle
vostre spalle“.
“Questo è per ogni piccolo
ragazzo rez, ogni piccolo ragazzo urbano, ogni piccolo ragazzo
nativo là fuori che ha un sogno e si vede rappresentato nelle
nostre storie raccontate da noi stessi, con le nostre parole, con
enormi alleati e un’enorme fiducia dall’interno, gli uni dagli
altri“, ha continuato.
Sebbene
Killers of the Flower Moon sia stato candidato a
sette premi ai Globes, Gladstone ha ricevuto
l’unico riconoscimento del film. L’attrice di
Killers of the Flower Moon ha avuto molto
successo in questa stagione dei premi, nonostante sia stata
recentemente snobbata ai BAFTA. Oltre ai Globes,
la Gladstone è stata nominata nelle categorie di miglior attrice
per premi come i Critics’ Choice Awards e gli Screen Actors Guild
Awards.
Basato sull’amata serie animata di
Nickelodeon,
Avatar – La leggenda di Aang (Avatar: The Last
Airbender) è stato ideato da Albert Kim di
Sleepy Hollow, che ne è showrunner, sceneggiatore e produttore
esecutivo. La serie sarà guidata dall’attore filippino-canadese
Gordon Cormier nel ruolo di Aang,
Kiawentiio in quello di Katara, Ian
Ousley in quello di Sokka e Dallas Liu in
quello di Zuko. A loro si aggiungono Daniel Dae
Kim nel ruolo del Signore del Fuoco Ozai, Paul
Sun-Hyung Lee nel ruolo dello zio Iroh, Lim Kay
Siu nel ruolo di Gyatso e Ken Leung nel
ruolo del Comandante Zhao.
Il cast aggiuntivo comprende
Elizabeth Yu nel ruolo della Principessa Azula,
Maria Zhang nel ruolo della guerriera Kyoshi Suki,
C.S. Lee nel ruolo dell’Avatar Roku, Amber
Midthunder nel ruolo della Principessa Yue, A
Martinez nel ruolo di Pakku, Yvonne
Chapman nel ruolo dell’Avatar Kyoshi, Tamlyn
Tomita nel ruolo di Yukari e Casey Camp-Horinek nel ruolo
di Gran Gran.
Di cosa parla Avatar: The Last
Airbender?
Acqua. Terra. Fuoco. Aria. Una
volta le quattro nazioni vivevano in armonia e l’Avatar, il
dominatore di tutti e quattro gli elementi, manteneva la pace tra
loro. Ma tutto è cambiato quando la Nazione del Fuoco ha attaccato
i Nomadi dell’Aria annientandoli e compiendo così il primo passo
verso la conquista del mondo. L’attuale incarnazione dell’Avatar
non è ancora emersa e il mondo ha perso la speranza.
Ma come un bagliore nell’oscurità,
la speranza si riaccende quando Aang (Gordon Cormier), un giovane
Nomade dell’Aria nonché l’ultimo della sua specie, si risveglia per
assumere il ruolo che gli spetta come prossimo Avatar. Insieme ai
suoi nuovi amici Sokka (Ian Ousley) e Katara (Kiawentiio), fratelli
e membri della Tribù dell’Acqua del Sud, Aang intraprende una
missione fantastica e ricca di azione per salvare il mondo e
contrastare il temibile assalto del Signore del Fuoco Ozai (Daniel
Dae Kim). Ma non sarà un compito facile, dal momento che il
principe ereditario Zuko (Dallas Liu) è determinato a catturarli.
Avranno infatti bisogno dell’aiuto dei numerosi alleati e dei
pittoreschi personaggi che incontreranno lungo il cammino.
Recentemente abbiamo appreso che
Godzilla
e Kong – Il nuovo Impero arriverà nelle sale due
settimane prima di quanto precedentemente annunciato, il 29 marzo,
e la Legendary ha ora rilasciato un trailer cinesi per l’ultimo
film del MonsterVerse.
Il promo riutilizza alcune immagini
del primo teaser, ma contiene anche una nuova fantastica
inquadratura di Kong che brandisce la sua nuova
arma simile a un guanto.
Non abbiamo ancora idea di come
l’abbia ottenuta, ma si ipotizza che si tratti di una sorta di
tutore di cui Kong è dotato dopo essersi fatto rompere il braccio
dal Re Skar in un incontro precedente.
Come Kong, il Re Scar è un’altra
scimmia gigante proveniente dalla Terra Cava, ma avevamo sentito
voci che anche Godzilla avrebbe avuto una controparte
malvagia con cui confrontarsi, e alcuni recenti gadget lo hanno
reso ufficiale.
Queste nuove action figure non solo
ci hanno dato la nostra migliore visione del Re Cicatrice, ma hanno
anche rivelato una creatura albina, apparentemente basata sul gelo,
nota come Shimo, che potete vedere qui sotto insieme al
trailer.
Shimo feels like its gonna be squarly in the
category “the base design is decent, but there is a fan design
that’s slightly different but 10× better” https://t.co/W53ZBtjVZs
Godzilla
e Kong – Il nuovo Impero approfondisce ulteriormente
le storie e le origini di questi due Titani, nonché i misteri di
Skull Island, tra gli altri, svelando la mitica battaglia che ha
contribuito a forgiare questi esseri straordinari e li ha legati
per sempre all’umanità. Adam Wingard torna a dirigere il film,
interpretato da
Rebecca Hall (“Godzilla vs. Kong”, The Night
House – la casa oscura”), Brian Tyree Henry
(“Godzilla vs. Kong”, “Bullet Train”), Dan Stevens
(la serie TV “Gaslit”, “Legion”, “La Bella e la Bestia”), Kaylee
Hottle (“Godzilla vs. Kong”), Alex Ferns
(“The
Batman”, “La furia di un uomo – Wrath of Man”, “Chernobyl”) e
Fala Chen (“Irma Vep”, “Shang Chi e la leggenda
dei Dieci Anelli”).
La sceneggiatura di Godzilla
e Kong – Il nuovo Impero è di Terry Rossio
(“Godzilla vs. Kong”, la serie “Pirati dei Caraibi”), Simon
Barrett (“You’re Next”) e Jeremy Slater
(“Moon
Knight”), da una storia di Rossio, Wingard e Barrett, basato
sul personaggio “Godzilla” di proprietà e creato da TOHO Co.,
Ltd..
Il film è prodotto da Mary
Parent, Alex Garcia, Eric Mcleod, Thomas Tull, Jon Jashni e Brian
Rogers, mentre i produttori esecutivi sono Wingard, Jen
Conroy, Jay Ashenfelter, Yoshimitsu Banno, Kenji Okuhira. Wingard
torna a collaborare con il direttore della fotografia Ben Seresin
(“Godzilla vs. Kong”, “World War Z”), lo scenografo Tom Hammock
(“Godzilla vs. Kong”, “X: A Sexy Horror Story”, “The Guest”), il
montatore Josh Schaeffer (“Godzilla vs. Kong”, “Molly’s Game”), la
costumista Emily Seresin (“L’uomo invisibile”, “Top of the Lake –
Il mistero del lago”). Le musiche del film sono opera dei
compositori Tom Holkenborg (“Godzilla vs. Kong”, “Mad Max: Fury
Road”) e Antonio Di Iorio (musica aggiuntiva su “Godzilla vs.
Kong”, i film “Sonic”). Warner Bros. Pictures e Legendary Pictures
presentano una produzione Legendary Pictures, un film di Adam
Wingard: “Godzilla e Kong – Il nuovo Impero”.
Mortal
Kombat è uscito contemporaneamente nelle sale e su
Max nel 2021, ed è stato l’anno successivo che
abbiamo appreso per la prima volta dei piani per un sequel del film
Mortal
Kombat 2.
Dopo i ritardi causati dagli
scioperi SAG-AFTRA dello scorso anno, i lavori per il seguito sono
ripresi di recente e il produttore del franchise Todd Garner e la
star Lewis Tan hanno confermato che le riprese sono terminate.
Anche Max Huang, che interpreta Kung Lao, ha condiviso su Instagram
una foto della festa di fine riprese.
Questo significa che Mortal
Kombat 2 può finalmente iniziare la
post-produzione in vista di un’uscita nelle sale prevista per il
2025. “Per me Mortal Kombat è finito“, dice Garner nel
video qui sotto. “È stato un viaggio incredibile, incredibile.
Non vedo l’ora che tutti voi vediate quello che abbiamo fatto. Ci
vorrà un po’ di tempo, abbiamo molto lavoro da fare“.
“So che inizierò a ricevere un
sacco di messaggi del tipo: ‘Quando c’è il trailer? Quando c’è il
trailer?”. Ci vorrà un po’ di tempo”, ammette. “Lavoreremo sodo, lo
porteremo a termine. Penso che abbiamo creato qualcosa di speciale.
Spero che voi siate d’accordo“.
Questo arriva solo pochi giorni
dopo che Garner è andato su X per stuzzicare ancora una volta il
Johnny Cage di Karl Urban (che potete vedere anche qui
sotto).
“[La Warner Bros. Discovery] è
molto soddisfatta del film, che ovviamente è andato molto bene”,
aveva detto Tan a proposito dei piani di sequel un paio di anni fa.
“È uno dei film più visti del loro Warner Bros. Slate, anche se è
uscito nel peggior momento possibile. Ma no, andiamo avanti a tutta
forza. E ora abbiamo con noi anche Ed Boon, quindi abbiamo il
timbro di approvazione della leggenda in persona. Il secondo sarà
assolutamente folle. Molto più grande“.
Mortal Kombat
2 è diretto da Simon
McQuoid da una sceneggiatura scritta
dallo sceneggiatore di Moon
KnightJeremy Slater. Il sequel vedrà il
ritorno di Lewis Tan come Cole Young,
Jessica McNamee come Sonya Blade, Josh
Lawson come Kano, Tadanobu Asano come
Lord Raiden, Mehcad Brooks come Jax, Ludi
Lin come Liu Kang, Chin Han come Shang
Tsung, Joe Taslim come Bi-Han e Sub-Zero,
Hiroyuki Sanada nei panni di Hanzo Hasashi e
Scorpion e Max Huang nei panni di Kung Lao.
Il sequel d’azione introdurrà anche
una serie di nuovi personaggi oltre Johnny Cage, ovvero
Adeline Rudolph (Resident Evil) nei panni
di Kitana, Tati Gabrielle (You) nei panni
di Jade, Martyn Ford (F9) nei panni
dell’imperatore Shao Kahn, Damon Herriman di
Mindhunter nei panni del demone di Netherrealm Quan Chi,
Desmond Chiam (The
Falcon and the Winter Soldier) nei panni del Re Edeniano
Jerrod e Ana Thu Nguyen (Get Free) nei
panni della Regina Sindel. Ulteriori dettagli sulla trama sono
ancora tenuti nascosti. Il film è prodotto da James Wan,
Michael Clear, Todd Garner e E. Bennet Walsh.
Paramount+
e Levante annunciano oggi l’uscita di “Levante Ventitré –
Anni di voli pindarici”, il racconto su e giù dal
palco di un anno straordinario. Saranno le parole e le immagini,
istantanee del 2023 appena concluso, al centro del racconto che la
cantautrice e scrittrice Levante porterà in esclusiva sul
servizio di streaming in Italia dal 23 febbraio.
Ad accompagnare
l’uscita di “Levante Ventitré – Anni di voli pindarici”
sarà “Mi Manchi” in versione live dall’Arena di Verona
(in uscita il 26 gennaio), uno dei brani più importanti del suo
ultimo album “Opera Futura”, un brano che ha segnato
uno sliding doors nell’ultimo anno dell’artista.
Attraverso documenti
inediti, foto, video, stralci di momenti intimi e preziosi
strappati dal dietro le quinte che raccontano riflessioni,
retroscena, riti scaramantici, momenti di gioia ma anche momenti di
smarrimento, il pubblico potrà ripercorrere gli ultimi 12 mesi
della vita di Levante, un anno che ha segnato in modo indelebile
questa straordinaria artista della parola.
Sarà un viaggio tra
gli stati d’animo che hanno guidato le parole della cantautrice che
si racconterà in una lunga intervista scavando dentro di sé e
raccontando per la prima volta la profonda trasformazione,
esteriore e interiore, che l’ha attraversata, portandola a un nuovo
modo di concepire il futuro, che oggi Levante guarda con occhi
curiosi in attesa di altri traguardi da raggiungere.
Durante la
lavorazione di questo racconto per immagini Levante si è resa conto
di come il numero 23 sia stato così straordinariamente ricorrente
non solo nella sua vita in generale ma soprattutto nell’ultimo
anno.
23 è il giorno
del compleanno di Claudia Lagona. 23 sono i suoi anni di
carriera, dalla prima apparizione pubblica ancora adolescente ad
oggi. L’anno appena concluso, il 2023 è stato un anno di
grandi soddisfazioni, ma anche di terremoti e di nuove
ricostruzioni: ha compreso il significato di essere madre dopo un
inizio avvolto nel buio dopo la nascita di sua figlia Alma Futura,
ha pubblicato un album necessario e complesso che guarda al futuro
(“Opera futura”), ha partecipato per la seconda volta al
Festival di Sanremo arrivando alla posizione n. 23 con un
brano che è stato un rischio ma anche una grande opportunità
(quella “VIVO” che è stata giudicata a volte più
dall’aspetto e dal “nuovo look” della sua autrice, più che dal
brano in sé) è salita per la prima volta sul palco dell’Arena di
Verona per chiudere un cerchio, un decennale importante (segnato da
un altro 23 ossia quello del suo primo Forum di Assago), e
aprire un nuovo capitolo che la porterà questa primavera a calcare
i palchi di 23 teatri italiani. Ma non è tutto: il 23
tornerà in alcuni dei momenti più complessi della vita di Levante
che l’artista siciliana troverà la forza di raccontare in
“Levante Ventitré – Anni di voli
pindarici”.
In questo racconto
non saranno solo le parole al centro ma ci sarà soprattutto la
musica di LEVANTE che, aldilà di quello che sceglie di mostrare
ogni giorno attraverso i suoi social network, aprirà per la prima
volta al pubblico le porte dell’Arena di Verona per raccontare le
paure, le emozioni che hanno avvolto il suo ritorno live
accompagnata da una band che è stata nel tempo una famiglia da
proteggere e una “carovana gipsy” che la accompagna sin dai suoi
esordi, in quella Torino in cui Claudia serviva cappuccini e
caffè per pagarsi la musica, tempi lontani da guardare oggi con un
misto di orgoglio e tenerezza perché la Levante di oggi è il frutto
di quei sacrifici, di quelle serate in studio a comporre e suonare,
di quei sogni in cui credere e a cui aggrapparsi nelle
difficoltà.
Su e giù dal palco
Levante accoglierà il pubblico a braccia aperte camminando insieme
ai suoi fan sulle note di canzoni che sono entrate ormai nel cuore
della gente come “Invincibile”, “Vivo, “Alfonso”, “Alma Futura”
e “Magmamemoria”.
I 4 atti dello
show dell’Arena di Verona (Autunno, inverno, primavera ed estate)
saranno per il pubblico anche l’occasione per rivivere quella
indimenticabile serata e scoprire una Levante nuova, una donna
capace di ridere di sé stessa, guardare con maggiore leggerezza e
spontaneità alla vita e abbracciare l’amore per la sua famiglia in
un modo nuovo, più consapevole.
Levante
Ventitré – Anni di voli pindarici è l’istantanea di un
momento di serenità non intaccato dalla nostalgia, uno degli stati
d’animo che da sempre accompagna Claudia. Alla fine del racconto
che si sviluppa in questi 60 minuti di video, troveremo una
Levante per la prima volta completamente proiettata in avanti,
concentrata sul futuro, senza avere più lo sguardo ancorato al
passato. Un passato che è memoria da non dimenticare ma che non è
più catena che la lega.
Se Levante Ventitré – Anni di
voli pindarici da una parte racconta LEVANTE, dall’altra è
Claudia a farsi strada fino a fare capolino tra le parole, gli
sguardi e le risate.
Claudia è una donna e un artista
volitiva e autodeterminata, consapevole oggi del suo ruolo pubblico
(di cui ha studiato e testato sulla sua pelle le dinamiche e le
gabbie social) e privato, una donna capace di riflettere sui temi
della contemporaneità e sulle sue emozioni, convinta che la musica
debba “emozionare e non impressionare”, un principio che è
alla base anche del suo modo di vivere e di pensare ogni sua
esibizione live. Levante è una cantautrice che ha sicuramente
qualcosa da dire che ha Claudia a guardarle le spalle, a
contagiarla con una risata e una carica di energia positiva fuori
dal comune.
Levante
Ventitré – Anni di voli pindarici è una produzione
VIVO Concerti, in collaborazione con Metatron, TAIGA e Warner Music
Italy; in collaborazione con Paramount+;
la regia e il montaggio sono di Giacomo Triglia; la scrittura è di
Katamashi; la produzione esecutiva è di deAntartica.
Levante
Ventitré – Anni di voli pindarici chiude un cerchio e lascia
spazio ad un nuovo capitolo:il 10 marzo, infatti, sarà il
momento di tornare sul palco con “OPERA FUTURA LIVE NEI TEATRI”, il
tour (prodotto e distribuito da Vivo Concerti) che la porterà nei
principali teatri italiani.
Dal regista Tim Burton (Nightmare
Before Christmas;Beetlejuice – Spiritello porcello) e dai creatori
Alfred Gough e Miles Millar
(“Smallville“), il 28 marzo 2024 arriva in DVD la
stravagante e spettrale prima stagione di Mercoledì,
la serie TV di successo basata sul personaggio di Mercoledì
Addams dell’iconica Famiglia Addams. La serie è trasmessa in
streaming su Netflix e
prodotta da MGM Television, una divisione di Amazon MGM Studios. La
prima stagione di Mercoledì sarà
acquistabile presso i principali rivenditori, online sui maggiori
siti di e-commerce ed è già disponbile per il pre-order.
La serie vede tra i protagonisti
Jenna Ortega nel ruolo di Mercoledì, Gwendoline Christie che interpreta la preside
Larissa Weems, Jamie McShane nel ruolo dello
sceriffo Donovan Galpin, Hunter Doohan è Tyler
Galpin, Percy Hynes White nel ruolo di Xavier
Thorpe, Emma Myers intepreta Enid Sinclair e
Joy Sunday nel ruolo di Bianca Barclay. Nel cast
anche Catherine Zeta-Jones che interpreta Morticia
Addams, Luis Guzmán nel ruolo di Gomez Addams,
Isaac Ordonez è Pugsley Addams e Fred
Armisen interpreta lo Zio Fester.
La serie Mercoledì,
acclamata da critica e pubblico, ha ricevuto ben 12 nomination agli
Emmy nel 2023 tra cui Miglior Serie Comica, Miglior Regia in una
serie comedy per Tim Burton e Miglior attrice protagonista in una
serie comedy per Jenna Ortega – rendendola la seconda più giovane
interprete femminile ad essere nominata nella categoria nonché la
terza attrice latina dopo Rita Moreno e America Ferrera. Mercoledì
ha registrato risultati sensazionali e conquistato numerosi record
a livello globale e rimane ad oggi la serie televisiva inglese più
popolare di tutti i tempi.
Mercoledì è
una commedia horror di tipo investigativo e soprannaturale che
esplora gli anni di Mercoledì Addams come studentessa della
Nevermore Academy. Mercoledì tenta di dominare le sue emergenti
abilità psichiche, di indagare su una mostruosa serie di omicidi
che sta terrorizzando la città, e di risolvere il mistero
soprannaturale che ha coinvolto i suoi genitori 25 anni prima, il
tutto mentre si trova a gestire le sue nuove e intricate relazioni
alla Nevermore Academy.