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Pensive: il film horror è ispirato ad una storia vera?

Pensive: il film horror è ispirato ad una storia vera?

Pensive (noto anche come Rupintojelis) è un film horror lituano del 2020 che rappresenta un’interessante incursione del cinema baltico in un genere che raramente trova spazio nella produzione locale. Diretto da Jonas Trukanas, il film ha saputo attirare l’attenzione degli appassionati per il modo in cui coniuga le classiche atmosfere da slasher americano con un contesto culturale e sociale tipicamente lituano. Pensive si distingue però non solo per l’ambientazione insolita – le foreste e i paesaggi rurali della Lituania – ma anche per la capacità di esplorare tematiche legate alla memoria collettiva, al senso di colpa e alla violenza sommersa di una generazione giovane e apparentemente spensierata.

Uno degli elementi che rendono Pensive peculiare nel panorama cinematografico lituano è proprio la scelta di calare una storia di vendetta e sangue all’interno di un rito sociale tipico come quello della celebrazione di fine anno scolastico. Il film segue infatti un gruppo di studenti che, per festeggiare il diploma, si rifugia in una casa isolata, dando così il via a una notte che si trasforma ben presto in incubo. Trukanas adotta un linguaggio visivo moderno e teso, che strizza l’occhio ai codici del cinema horror internazionale pur mantenendo un’identità locale attraverso riferimenti alla tradizione lituana e simbolismi legati al passato del Paese.

Nel prosieguo dell’articolo ci soffermeremo su un aspetto che ha incuriosito molti spettatori e critici: Pensive è un film completamente frutto di fantasia o trae ispirazione da eventi reali, leggende o cronache oscure della Lituania? Analizzeremo quindi i possibili legami tra la storia raccontata da Trukanas e le vicende o simboli che potrebbero averne ispirato la trama, offrendo uno sguardo più ampio sul significato e sul sottotesto di questo originale slasher baltico.

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Pensive cast attori

La trama e il cast di Pensive

Come anticipato, il film ha per protagonisti un gruppo di liceali che si preparano a organizzare un’epica e scatenata festa per il loro diploma. Per tal fine si fa avanti Marius (Šarūnas Rapolas Meiliešius), proponendo di organizzare il party in una baita che sua madre, agente immobiliare, sta cercando di vendere invano da anni e di cui lui ha le chiavi. Marius, il ragazzo meno popolare della classe, spera così di ingraziarsi i suoi compagni ma soprattutto di attirare l’attenzione della bella Brigita (Gabija Bargailaitė), della quale è segretamente innamorato, nonostante lei sia fidanzata con Rimas (Kipras Mašidlauskas), il ragazzo più popolare della scuola.

Arrivati nella tenuta isolata nel bosco, i giovani danno il via ai festeggiamenti. Il party sembra andare per il meglio, tra bevute, musica e balli sfrenati, finché i ragazzi hanno la malaugurata idea di spaccare con l’ascia delle statue di legno trovate sul posto e usarle per fare un falò.  Si tratta di opere d’arte del folklore lituano realizzate da un certo Algis (Marius Repšys), uno scultore che abitava in quella casa vent’anni prima e che si dice abbia sterminato la sua famiglia. Ben presto i ragazzi capiranno che la sinistra storia di quel luogo si sta ripetendo e di essere diventati l’oggetto di una terribile e sanguinaria vendetta.

La storia vera dietro il film

Come spesso accade per questo tipo di film, dietro di essi non c’è propriamente una storia vera riproposta fedelmente, bensì una serie di suggestioni che portano al concepimento del racconto. È questo il caso di Pensive, di cui il regista Jonas Trukanas ha affermato che: “Avevo diciotto anni e guidavo la mia prima macchina, diretto in piena notte verso una festa nei boschi lituani. Mentre viaggiavo pressoché nel nulla, una scultura in legno a grandezza naturale di un Cristo pensante mi si parò davanti. Mi bloccai letteralmente in mezzo alla strada e sentii che in qualche modo mi stava giudicando per il fatto che fossi lì, in quel luogo, diretto a festa. Quell’immagine è rimasta con me fino a oggi”.

Le sculture in legno del Cristo pensante si trovano infatti ovunque negli stati baltici; in un certo senso uniscono in un’unica entità le tradizioni popolari e quelle cristiane. Sebbene il film abbia poco a che fare con la religione, la paura di essere giudicato in quel momento è diventata il punto di partenza della storia“, ha aggunto Trukanas. Quelle a cui il regista fa riferimento sono le sculture Rupintojelis (in inglese Pensive Christ, ovvero Cristo Pensieroso), che danno il titolo originale al film. Risalgono alla fine del XIV secolo e raffigurano Gesù seduto su una pietra, piegato in avanti, che sorregge il capo – caratterizzato da un’espressione di stanchezza e dolore – con una mano mentre appoggia l’altra sul ginocchio.

Pensive spiegazione finale

Al di là di questo elemento, non esistono prove o cronache di un vero serial killer o di un assassino mascherato che abbia colpito gruppi di giovani nella foresta lituana durante celebrazioni di fine anno scolastico, come avviene nel film. Tuttavia, nella memoria collettiva e nelle cronache locali, non mancano episodi di violenza legati a feste in luoghi isolati, dove talvolta l’abuso di alcol, i dissidi personali e l’assenza di controlli hanno portato a tragedie. Questi episodi, pur non avendo le caratteristiche di una strage sistematica come quella mostrata in Pensive, contribuiscono a creare quel senso di insicurezza e inquietudine che alimenta l’immaginario collettivo e può ispirare storie di finzione.

Un altro aspetto che ha probabilmente influito sulla creazione del film è il rapporto, spesso complesso, che la società lituana ha con la memoria storica e con i luoghi legati al passato rurale o sovietico. Le foreste, i villaggi abbandonati e le strade deserte rappresentano spazi che evocano solitudine e paura, luoghi in cui realtà e leggenda si confondono. Sebbene Pensive non sia ispirato a un evento specifico, il regista ha dunque saputo attingere a questo patrimonio culturale e simbolico per costruire una storia che gioca sulle paure più profonde legate all’isolamento e al giudizio, rafforzate dall’immagine del Cristo pensieroso che osserva e ammonisce.

Infine, è interessante notare come Trukanas abbia dichiarato di essersi ispirato anche alla sensazione universale di colpa e vulnerabilità che si prova in certe fasi della vita, come l’adolescenza. La storia vera dietro Pensive non è dunque fatta di cronaca nera o di un assassino realmente esistito, ma di paure ancestrali, simboli culturali e memorie personali che si intrecciano per dar vita a un racconto di finzione capace di parlare a un pubblico ampio, oltre i confini della Lituania. Il film riflette così un mix di leggende, contesti sociali e sensazioni vissute, più che un reale fatto di sangue documentato.

Mad Max – Interceptor: la spiegazione del finale del film

Mad Max – Interceptor: la spiegazione del finale del film

Mad Max – Interceptor, uscito nel 1979 e diretto da George Miller, rappresenta una vera e propria rivoluzione all’interno del genere action e post-apocalittico. Realizzato con un budget ridottissimo, il film ha saputo unire l’estetica cruda e violenta del cinema d’exploitation con un’inedita attenzione per le sequenze d’azione dinamiche e le spettacolari corse automobilistiche. La pellicola ha così imposto un nuovo standard nella rappresentazione della violenza e del caos stradale. L’ambientazione in un’Australia prossima al collasso sociale e morale ha contribuito a creare un’atmosfera cupa e disperata, capace di catturare l’immaginario collettivo di un’epoca segnata da crisi energetiche e timori per un futuro incerto.

Il film ha inoltre dato vita a uno dei franchise più iconici e longevi della storia del cinema. A partire da Mad Max – Interceptor, infatti, sono nati sequel sempre più ambiziosi come Interceptor – Il guerriero della stradaMad Max oltre la sfera del tuono, fino al sequel/reboot Mad Max: Fury Road, capaci di rinnovare e ampliare l’universo creato da Miller senza mai tradirne lo spirito originario. La figura del protagonista Max Rockatansky, interpretato da un giovane Mel Gibson, è diventata simbolo di un eroe tragico e solitario, costretto a sopravvivere in un mondo dove la legge e la civiltà hanno lasciato spazio alla barbarie.

Il successo del film, oltre a consacrare il regista e l’attore, ha contribuito a rafforzare l’influenza del cinema australiano sulla scena internazionale. Nel corso di questo approfondimento ci soffermeremo in particolare sul finale di Mad Max – Interceptor, un epilogo tanto crudo quanto emblematico, che segna la trasformazione definitiva del protagonista e pone le basi per gli sviluppi narrativi futuri. Analizzeremo le scelte di Max, il senso morale (o amorale) delle sue azioni e come queste siano diventate parte integrante del mito che circonda la saga.

Mel Gibson in Mad Max - Interceptor

La trama di Mad Max – Interceptor

La vicenda del film si svolge in un’Australia distopica di un futuro non troppo lontano. Le riserve di energia scarseggiano ormai da tempo, portando l’intero paese a vivere in un contesto di semi anarchia, con bande di criminali intenti ad aggredire quanti vengono trovati indifesi lungo le deserte strade. Per contrastare ciò, vengono istituite delle speciali task force della polizia federale, al fine di mantenere la legge e l’ordine. Tra gli incaricati di ciò vi è anche il poliziotto Max Rockatansky. Egli rimane però particolarmente scioccato nel momento in cui il suo collega Jim “Goose” Rains viene brutalmente ucciso dalla banda dello spietato Toecutter.

Nel tentativo di prendersi una pausa dal lavoro, Max decide allora di intraprendere una vacanza con la moglie Jessie e il loro figlio infante. La loro fuga di pace verrà però tragicamente interrotta dall’intromissione di Toecutter e i suoi uomini, i quali porteranno via per sempre la famiglia di Max. Accecato dall’odio e assetato di vendetta, egli decide dunque di rimettersi la divisa da poliziotto, con l’obiettivo di trovare e uccidere i responsabili della morte della moglie e del figlio. Nonostante i tentativi di fermarlo, Toecutter comprenderà ben presto di trovarsi di fronte ad una forza inarrestabile.

La spiegazione del finale

Nel terzo atto di Mad Max – Interceptor, la spirale di violenza raggiunge il culmine quando Max Rockatansky, ormai devastato dal dolore e dalla sete di vendetta, si lancia in una missione solitaria contro la gang responsabile dell’uccisione della sua famiglia. Dopo aver perso la moglie Jessie e il figlioletto Sprog sotto le ruote impietose dei motociclisti guidati da Toecutter, Max abbandona dunque ogni legame con la legge e la morale che un tempo aveva difeso come agente della Main Force Patrol. Armato della sua iconica Ford Falcon XB GT e di un arsenale letale, si mette sulle tracce dei membri della banda, eliminandoli uno ad uno in una serie di agguati brutali ed efficaci.

Mad Max - Interceptor cast

L’ultimo confronto vede Max inseguire Toecutter fino a un drammatico schianto contro un camion, che segna la fine del leader della gang. Il film si chiude  poicon una sequenza particolarmente emblematica: Max cattura Johnny the Boy, uno degli ultimi membri della banda, e lo lascia legato a un’auto incidentata destinata a esplodere, dandogli una scelta impossibile — amputarsi la caviglia con una sega o morire nell’esplosione imminente. Mentre Max si allontana nell’oscurità, lasciando Johnny al suo destino, la macchina esplode alle sue spalle. Questo atto finale segna il punto di non ritorno per il protagonista: un tempo simbolo della giustizia, ora trasformato in un angelo della vendetta che non fa più distinzione tra legge e punizione sommaria.

Il significato di questo finale è dunque strettamente legato alla discesa psicologica di Max nell’abisso della disperazione e della disumanizzazione. La perdita della famiglia rappresenta il crollo definitivo delle sue ultime connessioni affettive e morali, trasformandolo da difensore della società in una figura solitaria e implacabile. Il mondo di Mad Max è ormai un luogo dove la legge non esiste più e l’unica regola è la sopravvivenza a qualsiasi costo. Il gesto di lasciare Johnny the Boy a una morte crudele non è quindi solo un atto di vendetta, ma l’emblema della metamorfosi di Max: da uomo a mito della strada, spogliato di ogni pietà e umanità.

Questo finale prepara idealmente il terreno per i film successivi, in particolare Interceptor – Il guerriero della strada, dove troviamo un Max ancora più isolato, divenuto ormai una leggenda vagante in un mondo post-apocalittico. La sua trasformazione in simbolo del caos e della sopravvivenza è avviata proprio in questo epilogo, che chiude il primo capitolo con una nota amara e disperata, ma al tempo stesso apre un universo narrativo in cui la lotta per la vita e la giustizia si gioca su un terreno sempre più arido e privo di regole. Il finale di Mad Max – Interceptor è quindi la nascita del mito di Mad Max, un uomo che ha perso tutto e che diventa l’incarnazione della resistenza individuale in un mondo al collasso.

Blade: i Marvel Studios hanno rifiutato l’offerta di David Goyer di scrivere il reboot

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David Goyer non tornerà a occuparsi di Blade. Lo sceneggiatore della trilogia originale con Wesley Snipes nei panni del cacciatore di vampiri aveva infatti in precedenza affermato di aver preso in considerazione l’idea di aiutare la Marvel Studios della Disney a rilanciare il franchise, che è rimasto in fase di sviluppo dal momento in cui Kevin Feige ha annunciato il progetto al San Diego Comic-Con nel 2019.

È così divertente, circa otto mesi fa – quando, non l’ultimo intoppo, ma quello precedente – avevo così tante persone che mi dicevano: ‘Amico, ti metteresti a lavorare su Blade? Ti metteresti a lavorarci?’”, ha detto Goyer a Variety. “Che fossero amici, fan o persone sui social media”. Goyer ha poi continuato dicendo che ha contattato la Marvel per offrire i suoi servizi per aiutare a scrivere il nuovo film Blade, che ha cambiato più volte proprietario e ha visto avvicendarsi diversi sceneggiatori e registi.

Non ci stavo nemmeno pensando, ma poi ho chiesto al mio agente di chiamare la Marvel e dire: ‘Avete bisogno di aiuto?’”, ha ricordato Goyer. “E loro hanno risposto: ‘ Ti adoriamo, ma pensiamo di aver risolto il problema e di essere a buon punto’. E poi sono successe le ultime cose. Quindi no, non mi hanno contattato“. Sembra dunque che le intenzioni di Ayer fossero serie, ma la Marvel sembra invece stia silenziosamente andando avanti con questo progetto, per il quale si attendono però annunci ufficiali.

Cosa sappiamo del film Blade del MCU?

A ottobre, la Disney ha ritirato il reboot di Blade dal suo calendario delle uscite, fissando al suo posto Badlands della 20th Century per il 7 novembre 2025, lasciando il film Marvel senza regista e senza data di uscita. In precedenza, la Marvel aveva ingaggiato Stacy Osei-Kuffour (Watchmen della HBO, The Bear della FX) per scrivere la sceneggiatura e Bassam Tariq (Mogul Mowgli) per la regia; Beau DeMayo (X-Men ’97) è stato poi assunto per riscrivere la sceneggiatura, con Michael Starburry (When They See Us), Nic Pizzolatto (True Detective), Michael Green (Logan) ed Eric Pearson (Thunderbolts*) che hanno dato il loro contributo alla sceneggiatura.

Yann Demange (White Boy Rick) era entrato a far parte del progetto come regista, ma lo ha abbandonato lo scorso giugno, apparentemente per contrasti con il protagonista Mahershala Ali. Di certo, ad oggi, rimane dunque il coinvolgimento dell’atore. Feige nel 2019 ha annunciato che il due volte vincitore dell’Oscar interpreterà il cacciatore di vampiri, affermando poi di Blade che: “Negli ultimi anni, mentre cercavamo di realizzare questo film, la cosa più importante per noi era non affrettare i tempi e assicurarci di realizzare il film giusto su Blade. Perché anni fa sono stati realizzati alcuni film fantastici su Blade”.

La trilogia di Blade della New Line, classificata R, ha incassato complessivamente 417 milioni di dollari al botteghino mondiale tra il 1998 e il 2004. Il film Blade del 1998, diretto da Stephen Norrington, è stato il primo film Marvel distribuito nelle sale dal 1986, dopo Howard the Duck, e ha contribuito a inaugurare l’era moderna degli adattamenti Marvel come X-Men del 2000 e Spider-Man del 2002, blockbuster che hanno aperto la strada al Marvel Cinematic Universe. Data la grande popolarità del personaggio, si attendono dunque novità riguardo il progetto.

Yara: le differenze tra il film e la storia vera

Yara: le differenze tra il film e la storia vera

Diretto da Marco Tullio GiordanaYara (qui la recensione) rappresenta un ulteriore tassello nella filmografia di un regista che ha sempre dimostrato una particolare sensibilità nel raccontare storie ispirate alla realtà e al dolore collettivo. Giordana, già noto per opere come I cento passi e La meglio gioventù, torna a confrontarsi con un fatto di cronaca nera che ha scosso profondamente l’opinione pubblica italiana: l’omicidio della giovane Yara Gambirasio. Il regista affronta il caso con il suo consueto approccio sobrio e rigoroso, senza indugiare nel sensazionalismo, concentrandosi invece sulle indagini e sul contesto umano e sociale che hanno circondato la tragica vicenda.

La scelta di realizzare un film su Yara nasce dall’esigenza di ripercorrere un caso giudiziario complesso e delicato, che ha tenuto il Paese con il fiato sospeso per anni. La pellicola si sofferma in particolare sulla determinazione e il lavoro instancabile di coloro che hanno cercato la verità, come la PM Letizia Ruggeri, interpretata da Isabella Ragonese. Con Yara, Giordana si propone di offrire un omaggio rispettoso alla vittima e alla sua famiglia, dando voce al dolore e alla speranza di giustizia, e allo stesso tempo riflettendo sui meccanismi della giustizia italiana e sull’impatto che un simile dramma ha su una comunità intera.

Il film, distribuito da Netflix, è stato però naturalmente accolto con reazioni miste: da una parte apprezzato per il tono sobrio e per la delicatezza con cui tratta il caso, dall’altra criticato da chi ha visto nel progetto il rischio di spettacolarizzazione di un dramma privato, un po’ come avvenuto di recente con la serie Avetrana – Qui non è Hollywood. Nel corso dell’articolo, ci soffermeremo proprio su un aspetto particolarmente discusso: le differenze tra il film e la vicenda reale, cercando di capire come e perché Giordana abbia scelto di raccontare alcuni passaggi con un linguaggio narrativo diverso rispetto ai fatti di cronaca.

Chiara Bono in Yara
Chiara Bono in Yara. Foto cortesia di Netflix

La trama del film

Il film è incentrato sul caso di Yara Gambirasio (Chiara Bono), la tredicenne di Bembrate di Sopra, nel Bergamasco, misteriosamente scomparsa nel 2010, dopo aver terminato una lezione di ginnastica ritmica presso il centro sportivo del suo paesino. Quella fredda sera del 26 novembre, Yara non fa ritorno a casa, lasciando la famiglia immersa nell’angoscia. Iniziano così per i suoi genitori mesi di inferno, nei quali si chiedono se la giovane sia ancora viva, mentre le ricerche coinvolgono forze dell’ordine, volontari, giornalisti e inquirenti come il pubblico ministero Letizia Ruggeri (Isabella Ragonese), il colonnello Vitale (Alessio Boni) e il maresciallo Garro (Thomas Trabacchi), impegnati senza sosta nel ricostruire i fatti.

Solo il ritrovamento del corpo della ginnasta, in un campo isolato a Chignolo d’Isola e dopo tre mesi di attesa straziante, permetterà di ottenere un primo indizio, un DNA sconosciuto, rilevato sugli indumenti della ragazza, che consentirà, dopo una lunga e complessa indagine forense, accertamenti incrociati e un grande aiuto da parte di tutta la popolazione di Bembrate, d’individuare un sospettato, un uomo, Massimo Bossetti (Roberto Zibetti), fino a quel momento per nulla preso in considerazione, muratore incensurato la cui traccia genetica era compatibile con quella isolata nella zona colpita da arma da taglio. L’arresto arriva dopo anni di lavoro investigativo, proprio quando l’inchiesta sembrava vicina all’archiviazione definitiva.

Le principali differenze tra il film e la storia vera

Pur cercando di attenersi quanto più possibile ai reali risvolti della storia di Yara, il film presenta delle naturali differenze rispetto alla realtà. Ad esempio, si enfatizza la figura della PM Letizia Ruggeri come protagonista, mentre la vittima, Yara Gambirasio, appare principalmente nei primissimi minuti. Questa scelta narrativa è stata criticata: molti osservatori, tra cui il magazine Framed e il Giornale, sottolineano che il titolo risulta fuorviante, perché la ragazza resta sullo sfondo, intorno alla figura forte e combattiva della PM. Comprensibilmente, però, Giordana ha voluto raccontare non tanto il caso criminale in sé, quanto la determinazione e gli ostacoli di una donna di legge in un ambiente tradizionalmente maschile.

Nel film vengono poi trascurate alcune fasi reali dell’indagine, come il DNA presente sul giubbetto dell’istruttrice Silvia Brena, estratto il 2 aprile 2011. Anche il blitz su Mohamed Fikri, arrestato per errore, viene raffigurato, ma senza approfondire l’impatto emotivo della comunità e le implicazioni giudiziarie reali. Le omissioni suggeriscono una volontà di privilegiare un racconto lineare e centrato sulla PM, piuttosto che una ricostruzione fedele e complessa di tutte le ipotesi investigative, le quali avrebbero inevitabilmente reso più complicato e lungo il racconto. 

Isabella Ragonese in Yara
Isabella Ragonese in Yara. Foto cortesia di Netflix

Nel film si attribuisce poi al cellulare di Bossetti una precisione di posizionamento “alla via”, grazie alle celle telefoniche, il che è tecnicamente impossibile. Anche il GPS viene presentato come non ancora usato. Un’altra differenza, seppur di minor importanza all’interno del film, è l’accento di Yara che appare forzatamente “romano”, anziché bergamasco, come sottolineato dal quotidiano Il Giorno. Tali rappresentazioni appaiono infatti più funzionali alla tensione narrativa che a un ritratto realistico delle tecnologie investigative dell’epoca.

Riguardo al film si sono poi espressi sia i genitori di Yara sia i legali di Bossetti, i quali hanno dichiarato di non essere stati consultati: “Nessuno ha sentito la nostra voce”, ha affermato Claudio Salvagni, avvocato della difesa. L’assenza delle loro testimonianze rende il film un racconto con un unico punto di vista: quello della PM Ruggeri. Questa scelta, se da una parte limita la pluralità narrativa e impedisce uno sguardo più comprensivo su questioni delicate come la difesa del diritto, la complessità del processo e il trauma delle famiglie coinvolte, dall’altra permette al film di poter seguire un unico personaggio ed evitare maggiore confusione.  

Infine, le riprese non sono state effettuate a Brembate o Chignolo d’Isola, ma in location come Fiano e San Vito Romano. Giordana ha motivato la decisione per questioni logistiche legate al Covid e per non gravare ulteriormente sulla comunità bergamasca. In generale, il regista dichiara di aver voluto raccontare un “caso che è stato specchio dell’Italia“, facendosi portavoce di una realtà simbolica piuttosto che di un adattamento cronachistico pedissequo. Questo ha naturalmente portato alla ricostruzione di un contesto piuttosto diverso rispetto a quello dove si sono realmente svolte le vicende.

le differenze tra film e realtà, dunque, sono molte: dalla centralità della PM Letizia Ruggeri alla marginalizzazione di Yara, dalle omissioni investigative a scelte tecniche di vario tipo e al mancato coinvolgimento delle famiglie. Queste strategie rispecchiano però una visione autoriale che privilegia una narrazione drammaturgica lineare e un focus tematico piuttosto che una cronaca puntuale, propria più di un documentario. Giordana, infatti, ha voluto realizzare non una docufiction, ma un affresco simbolico del sistema giudiziario, delle dinamiche di genere e del peso dell’inchiesta di massa in un Paese scosso dalla cronaca nera.

LEGGI ANCHE: Il caso Yara: la recensione della docuserie crime di Netflix

Ti è piaciuto 28 anni dopo? Buone notizie, il sequel arriverà tra soli 7 mesi

28 anni dopo è l’ultimo capitolo dell’acclamata saga di zombie di Danny Boyle, che riprende quasi trent’anni dopo lo scoppio dell’epidemia del virus della rabbia in 28 giorni dopo. Il sequel amplia notevolmente il panorama infetto, offrendo molti spunti interessanti su come il mondo si è evoluto in questi anni post-apocalittici. Fortunatamente, il pubblico non dovrà aspettare molto per scoprire cosa riserva il futuro a questi nuovi personaggi, dato che il prossimo film è ormai alle porte.

28 anni dopo include diverse rivelazioni importanti su questo mondo desolato, e gran parte del film sembra una sottile esposizione dei prossimi capitoli di questa serie horror. Boyle e lo sceneggiatore Alex Garland fanno un ottimo lavoro nel garantire che non sembri solo una preparazione, concentrandosi sui viaggi dei nuovi personaggi in modo audace e significativo, ma non si può evitare di notare quanto palesemente il finale di 28 Years Later anticipi la trama del prossimo film. Fortunatamente, non ci vorrà molto prima che questi indizi sulla trama vengano risolti.

Il sequel di 28 anni dopo, The Bone Temple, uscirà nel gennaio 2026

Il film uscirà tra soli sette mesi

28 Years Later è il primo capitolo di una trilogia di film horror che continuerà nel gennaio 2026 con The Bone Temple. Sebbene siano stati rivelati pochi dettagli sulla trama di The Bone Temple, è lecito supporre che il film riprenderà esattamente da dove finisce 28 Years Later: con Spike (Alfie Williams) che viaggia attraverso il continente insieme alla Jimmies Gang mentre suo padre Jamie (Aaron Taylor-Johnson) lo cerca.

Sebbene Boyle non dirigerà The Bone Temple (l’onore è stato passato a Nia DaCosta, regista di Candyman), la sceneggiatura è stata scritta ancora una volta da Garland. Nel frattempo, gran parte del cast di 28 Years Later riprenderà i propri ruoli in The Bone Temple; Alfie Williams, Aaron Taylor-Johnson, Ralph Fiennes e Jack O’Connell hanno tutti confermato la loro partecipazione al sequel. Cillian Murphy tornerà anche lui nel ruolo di Jim, il protagonista dell’originale 28 Days Later.

Come mai 28 Years Later: The Bone Temple uscirà così presto

Fortunatamente, gennaio 2026 è solo a sette mesi di distanza, il che significa che il pubblico non dovrà aspettare molto per scoprire cosa succede dopo il lo scioccante finale. Il motivo di questa rapida inversione di rotta è che sia 28 Years Later che The Bone Temple sono stati girati contemporaneamente, con Boyle che ha immediatamente passato il testimone a DaCosta e utilizzando gli stessi attori e le stesse location mentre erano disponibili.

Secondo quanto riferito, i due film sono stati girati intorno al maggio 2024, con le riprese principali che si sono svolte nel Northumberland, nel nord-est dell’Inghilterra. Le riprese di 28 Years Later sono durate oltre due mesi e quelle di The Bone Temple sono iniziate meno di un mese dopo.

28 Years Later suggerisce che il sequel sarà molto diverso

Il finale del film anticipa un sequel molto diverso

Il finale di 28 anni dopo introduce la Jimmies Gang, un gruppo di violenti fuorilegge apparentemente ispirati al famigerato predatore di celebrità Jimmy Savile. Il loro arrivo segna un enorme cambiamento di tono per il film, che supera il trauma emotivo causato dalla morte di Isla (Jodie Comer) e dall’abbandono dell’isola da parte di Spike con una sequenza d’azione audace e brutale accompagnata da musica rock pesante.

Questo finale sconcertante suggerisce che The Bone Temple sarà molto diverso dal primo capitolo di questa trilogia sequel, forse utilizzando la Jimmies Gang come fonte di sollievo comico e abbandonando il tono cupo e crudo del primo film. Non è chiaro se il personaggio di Jack O’Connell sarà amico o nemico di Spike, ma avrà sicuramente un ruolo importante. Garland ha fatto un ottimo lavoro nel stuzzicare sottilmente i Jimmies in 28 Years Later, e non passerà molto tempo prima che il pubblico scopra la verità in The Bone Temple.

28 anni dopo: spiegazione delle nuove varianti infette 

28 anni dopo: spiegazione delle nuove varianti infette 

Ambientato quasi trent’anni dopo gli eventi di 28 giorni dopo, l’attesissimo sequel 28 anni dopo di Danny Boyle e Alex Garland introduce nuove versioni degli infetti che si sono evoluti dopo la prima epidemia. Come nel caso del primo sequel della serie, 28 Weeks Later, 28 anni dopo segue un gruppo di personaggi completamente nuovi e include un cast stellare con Aaron Taylor-Johnson, Jodie Comer e Ralph Fiennes. Il nuovo film segue una piccola famiglia che vive in una comunità protetta al largo delle coste delle Isole Britanniche in quarantena e le loro pericolose e terrificanti avventure sulla terraferma.

28 Anni Dopo ha già un sequel confermato, ma nonostante tutti gli spunti per il prossimo capitolo, rimane una storia a sé stante. Alla fine di 28 Anni Dopo, la nuova realtà derivante dalla diffusione e dall’adattamento del virus della rabbia è ormai pienamente realizzata. Uno dei cambiamenti più significativi rispetto al film originale è la natura stessa del virus e, di conseguenza, la natura degli infetti. Il film introduce diverse varianti degli infetti nervosi e veloci, anche se viene rivelato molto poco sulle loro origini, il che significa che potrebbero richiedere qualche spiegazione.

28 anni dopo introduce l’Alpha degli infetti

Le varianti forti, veloci e massicce comandano gli altri

Il cambiamento più grande (in senso letterale e metaforico) nella natura degli infetti in 28 anni dopo è l’ascesa dell’Alpha, una variante ultraveloce e ultraforte del tipico infetto. Ci sono diversi Alfa sulla terraferma, ma tutti condividono le stesse caratteristiche fisiche. Gli Alfa sembrano in grado di controllare, o almeno di guidare, le intenzioni degli Infetti nervosi e veloci dei film originali, che a loro volta sembrano aver sviluppato un controllo maggiore rispetto a quanto visto in precedenza nella serie. Gli Alfa sono estremamente resistenti e in grado di sopportare attacchi che ucciderebbero gli Infetti meno potenti.

Forse la cosa più importante è che gli Alfa sembrano avere molto più intelletto e autocontrollo rispetto alla variante più comune. Dirigono la caccia degli Infetti e sembrano persino prendere trofei dalle vittime sotto forma di teste strappate con le spine ancora attaccate. Anche se non è mai stato detto esplicitamente, sembra probabile che, come in un branco di animali, l’Alfa sia responsabile della maggior parte della riproduzione che avviene nella popolazione degli Infetti. Per essere chiari, sono comunque feroci, ma hanno semplicemente più controllo e intelligenza che completano la loro enorme stazza e forza.

Spiegazione dei nuovi e più grandi infetti di 28 anni dopo

Il virus della rabbia ha prodotto alcune varianti raccapriccianti

Le altre varianti principali degli infetti introdotte in 28 anni dopo sono chiamate “Slow Lows” in riferimento al loro modo di muoversi. Gli Slow Lows sono creature pallide e obese che si muovono principalmente strisciando sul terreno, sopravvivendo di vermi, insetti e altre prede basse e facili da catturare. Appare anche una versione infantile degli Slow Lows, il che indica che sono in grado di riprodursi o che la trasformazione in Slow Low avviene dopo la nascita di un infetto. La loro natura lenta li rende più facili da uccidere, ma sono comunque pericolosi se in gran numero.

28 anni dopo: The Bone Temple uscirà nelle sale il 26 gennaio 2026.

28 anni dopo  introduce gli Slow Low, gli Alpha e gli Infetti veloci, familiari ma più coordinati, come nuova realtà delle isole britanniche, ma, cosa piuttosto sorprendente, non fornisce una spiegazione per la loro esistenza. È chiaro che il virus della rabbia ha subito una mutazione nei 28 anni trascorsi da quando è stato diffuso per la prima volta e ora ha effetti diversi sugli individui. Jamie osserva che sugli Alfa il virus della rabbia ha agito “come uno steroide”, rendendoli incredibilmente forti e giganteschi. La risposta vera è probabilmente di natura scientifica e medica, anche se è possibile che non ne conosceremo mai i dettagli.

28 anni dopo include anche una donna incinta infetta

Una delle evoluzioni più significative degli infetti è la capacità non solo di rimanere incinte, ma anche di rimanere incinte di un bambino che non ha il virus della rabbia. Come spiega il dottor Kelson a Spike e Isla, il bambino era protetto dalla placenta della madre, che non ha permesso al virus della rabbia di infettarlo nell’utero. Il bambino riportato a Holy Island non sembra mostrare alcun sintomo del virus della rabbia, in particolare gli occhi rossi rivelatori, ma resta da vedere se il virus sia ancora presente nel suo corpo.

Il fatto che un infetto sia stato in grado di rimanere incinta è un’indicazione del livello di controllo che almeno gli Alfa hanno su se stessi. Affinché un bambino non solo venga concepito, ma anche che la madre riceva nutrimento sufficiente per sostenere la gravidanza, sembra che gli Alfa dispongano di un’intelligenza tale da garantire che le infette incinte vengano accudite. Spike, Isla ed Erik la scoprono mentre partorisce rinchiusa in un vagone ferroviario sorvegliato dagli Alfa, quindi la gravidanza sembra essere intenzionale, o almeno ben accolta.

Come gli infetti di 28 anni dopo si confrontano con i film precedenti

Gli infetti veloci e nervosi non sono l’unica minaccia

Gli infetti di 28 giorni dopo e 28 settimane dopo sono estremamente pericolosi data la loro velocità e la rapidità con cui l’infezione può diffondersi. La morte immediata è certamente possibile a seguito di un attacco da parte di un infetto, ma una trasformazione dovuta al contagio è l’esito più probabile sulla base di quanto visto nei film. Gli infetti veloci di 28 anni dopo non sembrano essere poi così diversi nell’aspetto o nel comportamento, ma sono chiaramente più organizzati grazie alla supervisione degli Alfa che li guidano.

Per quanto le varianti veloci siano pericolose dal punto di vista dello sciame, gli Alfa hanno completamente cambiato la natura della minaccia degli infetti sulla terraferma. Gli Alfa sono capaci di pianificare, di essere pazienti e di riprodursi intenzionalmente, quindi rappresentano una minaccia molto più significativa rispetto alle loro controparti più semplici e violente di decenni prima. Potrebbe essere troppo azzardato credere che gli Alfa siano in grado di sferrare un attacco coordinato a Holy Island, ma non abbiamo idea di quanto possano essere intelligenti, e questa è la cosa più spaventosa di tutte.

L’isola in cui è ambientato 28 anni dopo è un’isola reale situata al largo della costa del Northumberland, in Inghilterra, chiamata Lindisfarne, conosciuta anche come Holy Island (come nel film).

Oltre al loro livello di minaccia, il livello di intelligenza delle nuove varianti degli Infetti li rende più simpatici. È abbastanza chiaro, basandosi sul finale di 28 anni dopo, che il confine tra gli Infetti che fanno a pezzi le persone a mani nude e gli scagnozzi di Jimmy Crystal che fanno a pezzi gli Infetti con le armi sta diventando sempre più labile. Jamie fa notare a Spike che gli Infetti non hanno mente grazie al virus della rabbia e quindi non hanno anima. Ora è incredibilmente chiaro quanto sia sbagliata questa valutazione, e la riconciliazione di Spike con questo fatto avrà un ruolo importante nel prossimo film.

28 Anni Dopo: The Bone Temple – conferma, data di uscita e tutto quello che sappiamo

28 Anni Dopo: The Bone Temple è l’attesissimo sequel di 28 Years Later del 2025, ed ecco tutto ciò che sappiamo sul film in uscita, compreso il cast, la trama, la data di uscita e altro ancora. I fan di 28 Days Later e 28 Weeks Later hanno dovuto aspettare anni per un altro sequel, dato che il franchise era inattivo dal 2007. Tuttavia, quando finalmente è arrivata la notizia di un sequel, è stato un grande evento. 28 Years Later del 2025 è in realtà l’inizio di una nuova trilogia, con 28 Years Later: The Bone Temple che sarà il secondo capitolo di questa nuova saga.

28 Anni Dopo: The Bone Temple colmerà il divario tra 28 Years Later e il terzo film, ancora senza titolo. Poiché 28 Years Later è uscito solo nel giugno 2025, al momento della stesura di questo articolo si sa ancora molto poco sul sequel. Tuttavia, il regista Danny Boyle, lo sceneggiatore Alex Garland e altri membri del team della nuova trilogia hanno già fornito alcuni indizi sulla produzione del film. Ecco quindi tutto quello che c’è da sapere su 28 Anni Dopo: The Bone Temple e il futuro del franchise 28 Days Later.

Le ultime notizie su 28 Anni Dopo: The Bone Temple

Cillian Murphy 2024
Cillian Murphy arriva alla 76ª edizione dei Directors Guild Of America (DGA) Awards. Foto di Image Press Agency via Depositphotos.com

Cillian Murphy tornerà ufficialmente nei panni di Jim

Il regista di 28 Years Later, Danny Boyle, ha recentemente rivelato una notizia importante: Cillian Murphy apparirà in 28 Years Later: The Bone Temple. Cillian Murphy ha interpretato Jim, il protagonista di 28 Days Later, anche se il destino ambiguo del personaggio e la sua assenza in 28 Weeks Later hanno lasciato in dubbio la possibilità di un suo ritorno. Fortunatamente, Danny Boyle ha già rivelato che Jim apparirà in qualche momento del secondo film, sperando che la partecipazione di Cillian Murphy al terzo film di 28 Years Later aiuti a finanziarlo.

Un altro dettaglio importante sul film in uscita è che 28 Years Later – The Bone Temple è già stato girato. Il sequel e il suo predecessore sono stati girati uno dopo l’altro, con le riprese di 28 Years Later – The Bone Temple iniziate il 19 agosto 2024. Pertanto, i fan non dovranno aspettare molto dopo l’uscita di 28 Years Later per vedere il suo successore arrivare nei cinema.

28 Years Later: The Bone Temple – Conferma

28 Years Later: The Bone Temple è stato confermato già da tempo, dato che il regista Danny Boyle e lo sceneggiatore Alex Garland parlavano della trilogia 28 Years Later già prima dell’uscita del film del 2025. Ora che le riprese di 28 Years Later: The Bone Temple sono terminate, il film è molto probabilmente in fase di post-produzione. Trattandosi di un film di zombie di grande successo, ci sarà probabilmente molto lavoro di montaggio e di effetti speciali da fare per dare vita al mondo della Zona di Isolamento Incondizionato.

È interessante notare che Danny Boyle non sarà il regista di 28 Years Later: The Bone Temple. Al suo posto, Candyman e The Marvels la regista Nia DaCosta prenderà le redini da Boyle per il secondo film, dirigendo 28 Years Later: The Bone Temple.

Sebbene non sia stato rivelato il motivo per cui Danny Boyle non dirigerà il secondo film, alcuni hanno ipotizzato che la causa potrebbe essere la ripresa di due film consecutivi o la sua concentrazione sul terzo film di 28 Years Later. Alex Garland è tornato a scrivere 28 Years Later: The Bone Temple, mentre Danny Boyle produrrà il sequel.

Data di uscita di 28 Anni Dopo: The Bone Temple

Il film uscirà meno di un anno dopo 28 Years Later

Sony Pictures Releasing ha attualmente in programma l’uscita di 28 Anni Dopo: The Bone Temple per il 16 gennaio 2026. Ciò significa che ci sarà meno di un anno tra l’uscita di 28 Years Later e il suo successore. Questo rapido turnaround è senza dubbio una notizia entusiasmante per i fan, poiché la fine di 28 Years Later li lascerà sicuramente con la voglia di vedere ancora. Le date di ripresa consecutive sono un fattore chiave che ha permesso a 28 Years Later: The Bone Temple di uscire così presto, poiché il sequel non deve aspettare la risposta al primo film né riunire nuovamente il cast.

Purtroppo, non è stata ancora comunicata la data di uscita del terzo film della serie 28 Years Later. Le riprese di questo sequel non sono ancora iniziate, essendo ancora nelle prime fasi di sviluppo. Le dichiarazioni di Danny Boyle sul contributo di Cillian Murphy al finanziamento del film fanno pensare che il successo dei primi due film della serie 28 Years Later potrebbe influire sull’uscita del terzo film della trilogia.

Dettagli sul cast di 28 anni dopo: The Bone Temple

Sono già stati annunciati diversi membri del cast di 28 anni dopo: The Bone Temple. Aaron Taylor-Johnson nel ruolo di Jamie, Jack O’Connell nel ruolo di Sir Jimmy Crystal ed Emma Laird nel ruolo di Jimmima hanno tutti confermato il loro ritorno. Anche Cillian Murphy riprenderà il ruolo di Jim da 28 Days Later, mentre Maura Bird si unirà al cast nel ruolo di Jimmy Jones. È possibile che altri membri del cast di 28 Years Later: The Bone Temple vengano rivelati col passare del tempo, poiché potrebbero essere potenziali spoiler per 28 Years Later.

28 Years Later sarà diretto da Nia DaCosta e scritto da Alex Garland, che torna dopo il primo film. Danny Boyle, Alex Garland, Andrew Macdonald, Peter Rice e Bernie Bellew sono tutti indicati come produttori del film. Il direttore della fotografia Sean Bobbitt, che ha già lavorato con Nia DaCosta in The Marvels, è il direttore della fotografia di 28 Years Later: The Bone Temple. Hildur Guðnadóttir, che ha composto la colonna sonora di 28 Years Later, tornerà a comporre la colonna sonora del sequel.

Dettagli sulla trama di 28 anni dopo: The Bone Temple

È la parte centrale di una trilogia

Sono stati rivelati pochissimi dettagli sulla trama di 28 Years Later: The Bone Temple. La trama del sequel dipenderà senza dubbio dal finale di 28 anni dopo, e ulteriori dettagli saranno probabilmente rivelati solo dopo l’uscita del primo film. Tuttavia, Danny Boyle ha già parlato della trama generale della trilogia. Ecco i suoi commenti:

Alla fine si tratta di tre film, ognuno dei quali sarà indipendente. Ma ci sarà una storia più grande da raccontare, basata su una famiglia, e questi due [indicando Aaron e Jodie] saranno all’origine della famiglia. Quindi è indipendente dal primo film, ma è sempre la stessa apocalisse di 28 anni dopo quella vissuta da Cillian Murphy nel primo film e da Naomie Harris. Ma sono passati 28 anni e non sappiamo cosa sia successo a loro [Jim e Selena]. Non posso dirvelo, ma questi due sono dei sostituti più che degni.

Quindi, è chiaro che la storia di 28 anni dopo: The Bone Temple continuerà a seguire la famiglia protagonista di 28 Years Later. La trama del sequel sarà in qualche modo collegata a 28 Days Later, spiegando il ritorno di Cillian Murphy nei panni di Jim. Ci sono molte speculazioni su questa storia misteriosa e molti fan sono entusiasti di vedere il seguito della saga del virus della rabbia in 28 anni dopo: The Bone Temple.

Ralph Fiennes rompe il silenzio sul sostituire Donald Sutherland in Hunger Games: L’alba sulla mietitura

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Ralph Fiennes non è nuovo ai ruoli di cattivi iconici – è senza dubbio famoso soprattutto per aver interpretato Voldemort nei film di Harry Potter – ma finalmente ha rotto il silenzio sul suo prossimo ruolo da antagonista. Fiennes è infatti stato scelto per interpretare il presidente Snow in Hunger Games: L’alba sulla mietitura, le cui riprese inizieranno il mese prossimo e che uscirà il 20 novembre 2026.

Nel film prenderà il posto del compianto Donald Sutherland, che ha interpretato il personaggio in tutti e quattro i film con Jennifer Lawrence prima della sua scomparsa lo scorso anno. Naturalmente, trattandosi di un film prequel, era previsto che il ruolo sarebbe stato interpretato da un diverso attore. Si tratta però in ogni caso di un’eredità importante da assumere. Fiennes ha ora incontrato The Hollywood Reporter sul tappeto rosso per il suo nuovo film, 28 anni dopo.

In questa occasione gli è stato chiesto come si senta a sostituire Sutherland, universalmente acclamato come uno dei migliori interpreti dei film di Hunger Games: “Sono un fan di Donald Sutherland. Non cercherò di essere Donald Sutherland, perché nessuno può essere lu. Ma penso che il personaggio che ha creato sia molto complesso… La complessità di quella psicologia, spero di poterla riprodurre in qualche modo”.

Cosa sappiamo su Hunger Games: L’alba sulla mietitura, con Ralph Fiennes nel ruolo del presidente Snow

Basato sul romanzo bestseller di Suzanne Collins, l’ultimo capitolo del franchise distopico per ragazzi Hunger Games rivisita il mondo di Panem 24 anni prima degli eventi della trilogia principale, a partire dalla mattina della mietitura dei 50esimi Hunger Games, noti anche come Seconda Edizione della Memoria. La storia è incentrata sul sedicenne Haymitch (Joseph Zada), un ragazzo intelligente e intraprendente del Distretto 12, scelto inaspettatamente per questa edizione dei giochi, che per l’edizione speciale prevedono un colpo di scena mortale: il doppio dei tributi, 48 bambini mandati nell’arena a combattere per la propria vita.

Oltre a Zada, il cast precedentemente annunciato include Whitney Peak nel ruolo di Lenore Dove Baird, Mckenna Grace nel ruolo di Maysilee Donner, Billy Porter nel ruolo di Magno Stift, Jesse Plemons nel ruolo di Plutarch Heavensbee, Kelvin Harrison Jr. nel ruolo di Beetee, Lili Taylor nel ruolo di Mags, Elle Fanning nel ruolo di Effie Trinket, Ralph Fiennes nel ruolo del Presidente Snow, Glenn Close nel ruolo di Drusilla Sickle, Kieran Culkin nel ruolo di Caesar Flickerman, Ben Wang nel ruolo di Wyatt Callow, Maya Hawke nel ruolo di Wiress, Whitney Peak nel ruolo di Lenore Dove Baird, Molly McCann nel ruolo di Louella McCoy e Iona Bell nel ruolo di Lou Lou.

Francis Lawrence (i film del franchise di Hunger Games, La ragazza di fuoco, Il canto della rivolta – Parte 1 e 2 e La ballata degli uccelli canterini e dei serpenti) dirigerà il film da una sceneggiatura di Billy Ray (Hunger Games, Terminator: Destino oscuro). Nina Jacobson e Brad Simpson produrranno per Color Force, con Cameron MacConomy come produttore esecutivo. Meredith Wieck e Scott O’Brien supervisioneranno il progetto per Lionsgate.

Weapons: il secondo trailer del film!

Weapons: il secondo trailer del film!

È stato diffuso il secondo trailer ufficiale di Weapons, nuovo film di Zach Cregger, la mente dietro “Barbarian”.

La sinossi recita: quando tutti i bambini di una stessa classe, tranne uno, scompaiono misteriosamente nella stessa notte esattamente alla stessa ora, l’intera comunità si ritrova a interrogarsi su chi – o cosa – sia responsabile della loro sparizione. Il film è interpretato da Josh Brolin, Julia Garner, Alden Ehrenreich, Austin Abrams, Cary Christopher, con Benedict Wong e Amy Madigan.

Cregger firma la regia del film da una sua sceneggiatura originale. Egli stesso è anche produttore del film insieme a Roy Lee, Miri Yoon, J.D. Lifshitz e Raphael Margules. Michelle Morrissey e Josh Brolin sono i produttori esecutivi. Il team creativo dietro la macchina da presa include il direttore della fotografia Larkin Seiple, lo scenografo Tom Hammock, il montatore Joe Murphy e la costumista Trish Sommerville. Le musiche sono di Ryan Holladay, Hays Holladay e Zach Cregger. New Line Cinema presenta una produzione Subconscious/Vertigo Entertainment/BoulderLight Pictures, un film di Zach Cregger, “Weapons”.

Distribuito da Warner Bros. Pictures, Weapons arriverà nelle sale italiane il 6 agosto.

James Gunn commenta finalmente il casting di Jason Momoa come Lobo

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Di recente, il capo dei DC Studios, James Gunn, ha spiegato come e perché la star del DC Extended Universe Jason Momoa sia tornata per il nuovo DC Universe post-reboot, in un ruolo diverso. Invece di riprendere il ruolo di Aquaman, Momoa aveva in mente un altro personaggio: Lobo.

Secondo Gunn, l’attore si è presentato come l’iconico antagonista DC e alla fine ha ottenuto il ruolo per Supergirl, la cui uscita è prevista per il 2026. Basato sull’omonimo fumetto, il film vede la partecipazione anche di Milly Alcock, Matthias Schoenaerts, Eve Ridley, David Krumholtz ed Emily Beecham.

In un’apparizione al podcast DC Studios Showcase, James Gunn ha raccontato come Momoa lo abbia contattato. Ha spiegato: “Quando è stato annunciato che avevo ottenuto il lavoro, […] ho ricevuto subito un messaggio. Era Jason Momoa che mi scriveva… tutto maiuscolo, ‘Lobo, tesoro'”. Un miliardo di punti esclamativi.”

James Gunn 2023
Il regista statunitense James Gunn arriva alla premiere di Los Angeles della Warner Bros. ‘The Flash’ tenutasi al TCL Chinese Theatre IMAX il 12 giugno 2023 a Hollywood, Los Angeles, California, Stati Uniti. — Foto di imagepressagency – DepositPhotos

Secondo Gunn, Momoa non è stata l’unica celebrità ad averci contattato, ma è stato l’unico attore ad essere reclutato con successo nel DCU. Il regista ha dichiarato: “Poi il [testo] successivo è stato Ryan Reynolds. E lui ha detto tipo […] ‘Congratulazioni, amico! È fantastico’, qualsiasi cosa… E io ho detto, ‘Vuoi tornare a essere Lanterna Verde?’ E lui ha risposto tipo, ‘Vaffanculo’.” Ciononostante, Momoa era più che disposto a unirsi al DCU.

È interessante notare che Gunn ha parlato della collaborazione con lo scrittore DC Comics Tom King per il film Supergirl: Woman of Tomorrow e della reintroduzione di Lobo nella trama dopo che non era stato scelto per la graphic novel. Riguardo alla scelta di usare Lobo, ha detto: “Adoro Lobo. Ho sempre pensato che fosse un personaggio fantastico da adattare. Penso che sia forse, per certi versi, il più grande personaggio dei fumetti che non sia mai apparso in un film. Quindi penso che sia stata una cosa carina da fare.”

Jack Champion di Avatar commenta i rumors sul suo futuro come Ciclope degli X-Men

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Jack Champion, trai protagonisti di Avatar: La via dell’acqua e che tornerà nei sequel dei film di James Cameron, risponde alle voci secondo cui sarebbe stato preso in considerazione per uno dei principali personaggi degli X-Men nel prossimo reboot del Marvel Cinematic Universe. I Marvel Studios si stanno finalmente avvicinando all’inserimento degli X-Men nell’MCU a tempo pieno. Dato che il regista di Thunderbolts*, Jake Schreier, dovrebbe dirigere il film sugli X-Men, circolano già voci sul casting di chi potrebbe essere scelto per interpretare gli iconici mutanti Marvel.

In una nuova intervista con Comic Book Movie, a Jack Champion è stato recentemente chiesto se potesse rispondere alle voci dell’MCU secondo cui sarebbe stato preso in considerazione per il ruolo di Scott Summers, alias Ciclope, nel film sugli X-Men dell’MCU. Tuttavia, mentre a lui piacerebbe l’idea di interpretare il personaggio, ha dichiarato quanto segue riguardo alle voci sugli X-Men: “È, ehm, decisamente una novità per me. Voglio dire, non… spero che si avveri, sai. Mi piacerebbe molto interpretare quel personaggio, ma… sono voci [scrolla le spalle].”

È fondamentale ricordare che al momento non si sa quando i Marvel Studios intendano distribuire il film sugli X-Men, dato che stanno arrivando alla fine della Saga del Multiverso con i restanti progetti della Fase 6. Sebbene il presidente dei Marvel Studios Kevin Feige abbia enormi progetti sugli X-Men per l’MCU, non c’è una data di uscita per il reboot. Questo rende altamente improbabile che abbiano già iniziato il casting per il progetto, soprattutto se il reboot degli X-Men uscirà tra qualche anno.

Dato che Jack Champion afferma di non aver sentito le voci su Ciclope, è possibile che, come minimo, sia qualcuno che i Marvel Studios stanno tenendo d’occhio, ma che in realtà non gli abbiano fatto offerte formali, dato che il processo di casting non è ancora iniziato. Se Champion fosse effettivamente in trattativa con i Marvel Studios per recitare in X-Men nel ruolo di Ciclope, dovrebbe comunque negarlo, soprattutto se non è ancora stato firmato un accordo.

MOBLAND: Paramount+ rinnova la serie per la seconda stagione

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MOBLAND: Paramount+ rinnova la serie per la seconda stagione

Dopo aver raggiunto oltre 26 milioni di spettatori in tutto il mondo, MobLand, serie originale Paramount+ e seconda serie più vista di sempre sulla piattaforma, è stata ufficialmente rinnovata per una seconda stagione. La serie è prodotta da Guy Ritchie – al suo debutto televisivo per Paramount+ – in veste di produttore esecutivo.

MobLand è creata e scritta da Ronan Bennett (Top Boy, The Day of the Jackal) insieme a Jez Butterworth (Le Mans ’66 – La grande sfida, Spectre). David C. Glasser (101 Studios) è produttore esecutivo. La serie è il secondo grande successo televisivo di Butterworth, dopo The Agency: Central Intelligence, anch’essa disponibile su Paramount+. Entrambe le produzioni rientrano nell’accordo esclusivo che Chris McCarthy, Co-CEO di Paramount e Presidente e CEO di SHOWTIME/MTV Entertainment Studios, ha firmato con Butterworth per Paramount+ e SHOWTIME.

Con oltre 26 milioni di spettatori e in continua crescita, MOBLAND si è rivelato un successo straordinario, frutto del genio creativo di Guy, Jez, Ronan e David C. Glasser, e delle interpretazioni potenti di Tom, Pierce e Helen” – ha dichiarato Chris McCarthy, Co-CEO di Paramount e Presidente di SHOWTIME/MTV Entertainment – “Siamo entusiasti di confermare una seconda stagione per questo fenomeno globale, che ha conquistato le classifiche sia negli Stati Uniti che a livello internazionale, arrivando al primo posto nel Regno Unito.”

“MOBLAND è nato da un’intuizione di Chris McCarthy, che ci ha sfidati a creare la nuova grande serie sul mondo del crimine organizzato. Dopo un lungo viaggio nelle campagne britanniche alla ricerca di Guy Ritchie, abbiamo capito di avere tra le mani la formula perfetta. Grazie al talento straordinario di Guy, Ronan, Jez e al nostro cast eccezionale, abbiamo trasformato quella visione in realtà” – ha aggiunto David C. Glasser, CEO di 101 Studios.

“La televisione era un territorio nuovo per me e inizialmente ero restio ad accettare un accordo in esclusiva. Ma Chris, David e i team di Paramount e 101 Studios mi hanno fatto cambiare idea con la loro visione creativa audace e una strategia tanto nitida quanto efficace” – ha dichiarato Jez Butterworth, sceneggiatore e produttore esecutivo. “Collaborare con Chris, David, Guy e il nostro incredibile cast è stato fonte di ispirazione. Non vedo l’ora di iniziare la seconda stagione di MOBLAND.”

Dopo il debutto negli Stati Uniti, Canada, Regno Unito e Australia, la serie crime è arrivata il 30 maggio in esclusiva su Paramount+ in Italia, oltre che in Brasile, Francia, Germania.

MOBLAND vede protagonisti Tom Hardy (Venom: The Last Dance), Pierce Brosnan (La morte può attendere) e Helen Mirren (The Queen), in una storia che racconta lo scontro tra due famiglie mafiose, una guerra che minaccia di distruggere imperi e vite. Il cast stellare comprende anche Paddy Considine (House of the Dragon), Joanne Froggatt (Downton Abbey), Lara Pulver (Da Vinci’s Demons), Anson Boon (Pistol), Mandeep Dhillon (CSI: Vegas), Jasmine Jobson (Top Boy), Geoff Bell (Top Boy), Daniel Betts (Fate: The Winx Saga), Lisa Dwan (Blackshore) e Emily Barber (Industry).

La serie è commissionata da Paramount+, prodotta in collaborazione con MTV Entertainment Studios e 101 Studios, e distribuita da Paramount Global Content Distribution.

Tra i produttori esecutivi figurano Keith Cox, Nina L. Diaz, Guy Ritchie, David C. Glasser, Jez Butterworth, Ronan Bennett, Kris Thykier, Ivan Atkinson, Tom Hardy, Dean Baker, Anthony Byrne, Ron Burkle, David Hutkin e Bob Yari.

Hellboy – L’uomo deforme: trailer del nuovo film dal 06 agosto al cinema

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Eagle Pictures ha finalmente rilasciato il trailer ufficiale di Hellboy – L’uomo deforme, reboot cinematografico diretto da Brian Taylor e basato sulla celebre saga di Mike Mignola. La pellicola, con Jack Kesy nei panni del demone rosso, approderà nelle sale italiane il 6 agosto 2025.

Cosa succede in Hellboy – L’uomo deforme

Ambientato negli anni ’50 negli oscure foreste degli Appalachi, Hellboy – L’uomo deforme riprende il celebre fumetto “L’uomo deforme” e si presenta come un horror-folk intenso e caratterizzato da un’atmosfera cupa. Dopo una campagna promozionale passata quasi sotto silenzio, il nuovo trailer offre finalmente uno sguardo nitido su effetti visivi, creature soprannaturali e l’approccio horror del regista, confermando un tono più oscuro rispetto alle versioni precedenti.

I Fantastici Quattro: Gli Inizi, una nuova clip annuncia l’arrivo del trailer finale

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Marvel Studios ha annunciato che il trailer finale di I Fantastici Quattro: Gli Inizi sarà disponibile entro la fine della settimana, con una breve nuova clip con Johnny Storm e la Cosa. Marvel Studios ha annunciato che il trailer finale di I Fantastici Quattro: Gli Inizi sarà pubblicato online questo mercoledì, e abbiamo una nuova clip (molto) breve con Johnny Storm (Joseph Quinn) e la Cosa (Ebon Moss-Bachrach).

In quello che presumiamo essere un filmato di pochi secondi del prossimo trailer, vediamo Johnny chiedere al suo scontroso compagno di squadra che ore sono. Ben risponde con un brusco “è ora di cena“.

Finora non abbiamo visto molta interazione tra i due, ma questo è un buon segno che la dinamica spesso conflittuale tra fratello maggiore e fratello minore (almeno Johnny sembra divertirsi a prendere in giro Ben) verrà ripresa dai fumetti.

Guarda qui la breve clip che annuncia il trailer finale

I Fantastici Quattro: Gli Inizi

Il film Marvel Studios I Fantastici Quattro: Gli Inizi introduce la prima famiglia Marvel composta da Reed Richards/Mister Fantastic (Pedro Pascal), Sue Storm/Donna Invisibile (Vanessa Kirby), Johnny Storm/Torcia Umana (Joseph Quinn) e Ben Grimm/la Cosa (Ebon Moss-Bachrach) alle prese con la sfida più difficile mai affrontata. Costretti a bilanciare il loro ruolo di eroi con la forza del loro legame familiare, i protagonisti devono difendere la Terra da una vorace divinità spaziale chiamata Galactus (Ralph Ineson) e dal suo enigmatico Araldo, Silver Surfer (Julia Garner). E se il piano di Galactus di divorare l’intero pianeta e tutti i suoi abitanti non fosse già abbastanza terribile, la situazione diventa all’improvviso una questione molto personale.

Il film è interpretato anche da Paul Walter Hauser, John Malkovich, Natasha Lyonne e Sarah Niles. I Fantastici Quattro: Gli Inizi è diretto da Matt Shakman e prodotto da Kevin Feige, mentre Louis D’Esposito, Grant Curtis e Tim Lewis sono gli executive producer.

Superman: uno spot tv evidenzia i cambiamenti alla “famosa” scena di volo

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Uno spot televisivo di Superman appena pubblicato sembra rivelare la modifica apportata dal regista James Gunn a una sequenza chiave che mostra l’Uomo di Domani in volo. In precedenza era stata criticata dai fan. Quando è stato pubblicato il primo spot televisivo di 30 secondi di Superman, i fan più pignoli non hanno tardato a concentrarsi su un momento in particolare.

Si trattava di un frammento dell’Uomo d’Acciaio di David Corenswet in volo. Non si può negare che ci fosse qualcosa di strano nella sequenza, ma ciononostante è sembrato strano mettere in risalto quella che, inizialmente, sembrava un’inquadratura piuttosto innocua. Comprensibilmente, però, ha sollevato preoccupazioni riguardo alla fase degli effetti visivi di Superman.

Poco dopo che il regista James Gunn ha confermato di aver utilizzato una ripresa diversa per quella scena (una decisione che molti sono convinti derivi dal fatto che abbia trascorso così tanto tempo sui social media a leggere le lamentele dei fan), ora sembra che abbiamo la versione aggiornata.

Come si nota, è un’inquadratura di Superman molto migliorata, anche se probabilmente continuerà a dividere le opinioni, dato quello che sembra essere un modo estremamente unico di girare le sequenze di volo da parte di Gunn.

Era uno spot televisivo e non una ripresa con effetti visivi completa“, ha recentemente dichiarato il regista di Superman in merito alle reazioni negative. “Quindi la parte in cui volava, era una fotografia del suo volto e di lui che volava. Era una fotografia di un drone che volava davanti a uno sfondo reale. Quindi tutti i pezzi erano reali, ma è stata incorporata in un modo un po’ bizzarro.”

“Non mi è piaciuta molto quella scena, quindi non è nemmeno quella che c’è nel film. A volte sono piuttosto severo quando guardo un trailer e guardo ogni singola scena, ma a volte, con le pubblicità, mi dimentico di guardarla attentamente”, ha aggiunto Gunn. “Quindi quella mi è sfuggita.”

Qualche settimana fa, abbiamo sentito che Superman era stato rimontato, ed è difficile non chiedersi quanto Gunn stia cercando di rendere felici i fan online del film. Anche il color grading, ad esempio, sembra essere stato modificato dopo essere stato un grande argomento di discussione in precedenza.

Potete guardare questo nuovo spot televisivo di Superman a questo link.

Il cast di Superman

Superman è il primo film dei DC Studios scritto e diretto da James Gunn, con David Corenswet nei panni di Superman/Clark Kent.

Nel cast anche Rachel Brosnahan, Nicholas Hoult, Edi Gathegi, Anthony Carrigan, Nathan Fillion, Isabela Merced, Skyler Gisondo, Sara Sampaio, María Gabriela de Faría, Wendell Pierce, Alan Tudyk, Pruitt Taylor Vince e Neva Howell. Il film sarà al cinema dal 9 luglio distribuito da Warner Bros. Pictures.

Superman”, il primo film dei DC Studios in arrivo sul grande schermo, è pronto a volare nei cinema di tutto il mondo quest’estate, distribuito da Warner Bros. Pictures. Con il suo stile inconfondibile, James Gunn trasporta il supereroe originale nel nuovo universo DC reinventato, con una miscela unica di racconto epico, azione, ironia e sentimenti, consegnandoci un Superman guidato dalla compassione e da una profonda fiducia nella bontà del genere umano.

Produttori esecutivi di “Superman” sono Nikolas Korda, Chantal Nong Vo e Lars Winther. Dietro la macchina da presa, Gunn si è avvalso del lavoro di suoi collaboratori fidati, tra cui il direttore della fotografia Henry Braham, la scenografa Beth Mickle, la costumista Judianna Makovsky e il compositore John Murphy, oltre al compositore David Fleming (“The Last of Us”), ai montatori William Hoy (“The Batman”) e Craig Alpert (“Deadpool 2”, “Blue Beetle”).

Lamezia International Film Fest 2025: annunciato il programma

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Lamezia International Film Fest 2025: annunciato il programma

È stato annunciato questa mattina il programma della dodicesima edizione del LIFF – Lamezia International Film Fest, che si terrà a Lamezia Terme dal 14 al 19 luglio 2025, durante una conferenza stampa presso la Biblioteca Oreste Borrello, a Lamezia Terme.

LIFF arriva alla sua dodicesima edizione e conferma tutte le sezioni, a partire dal concorso internazionale Colpo d’Occhio, per i cortometraggi e i feature film inediti in sala.

Quest’anno la sezione Monoscopio omaggia uno dei più amati attori, registi e sceneggiatori italiani: Michele Placido, che sarà anche il gradito ospite d’onore del festival e che riceverà il Premio Ligeia durante una serata a lui dedicata.

Novità di quest’anno è la sezione LIFFfuori, pensata e organizzata per un festival più diffuso, in grado di coinvolgere il territorio e le istituzioni locali.

“Ogni anno è una nuova partenza”, dichiara il direttore GianLorenzo Franzì, che annuncia una felicissima collaborazione. “Il LIFF12 inizia con tante novità, prima fra tutte la collaborazione con il Romics che ci rende particolarmente fieri: sarà infatti grazie alla partnership con una delle fiere più importanti d’Italia che siamo onorati di organizzare una mostra dedicata a uno dei fumetti cult italiani. Un evento speciale di cui riveleremo a brevissimo tutti i dettagli”.

Fra le tante partnership, non poteva mancare quella con chi, sul territorio, si prodiga per la diffusione, la conservazione e la divulgazione di opere cinematografiche e audiovisive. Continua Franzì: “Sarà con noi quest’anno anche la Cineteca della Calabria, a sancire una collaborazione preziosa, quella con il Reggio Calabria Film Festival e l’Asti Film Festival: questo perché stiamo tessendo una vera rete virtuosa di realtà dell’audiovisivo (e non solo) per fare in modo che il LIFF e i festival ad esso collegati diventino centro nevralgico per la diffusione della cultura dell’immagine”.

“Ovviamente, un grazie va sempre alla Calabria Film Commission, perché  il progetto del LIFF12 viene organizzato a valere sull’Avviso Pubblico per il Sostegno alla Realizzazione di Festival e Rassegne cinematografiche e audiovisive in Calabria 2025”.

La locandina del LIFF12 è stata affidata ancora una volta all’artista Pasquale De Sensi. Quest’anno l’immagine principale del festival è dedicata a David Lynch e al suo The Elephant Man.

In un mondo sempre meno propenso all’empatia, in un presente di conflitti e di disumanizzazione in favore dei freddi numeri, il LIFF12 – Lamezia International Film Fest sceglie “I am a human being” come claim ufficiale. Un grido che, nel preciso momento storico internazionale che stiamo attraversando, si fa sempre più universale e necessario.

Saturnia Film Festival 2025: annunciato il programma

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Saturnia Film Festival 2025: annunciato il programma

L’ottava edizione del Saturnia Film Festival scalda i motori: dal 30 luglio al 3 agosto 2025, l’appuntamento cinematografico itinerante tornerà a far vivere alcuni dei borghi più suggestivi della Maremma con proiezioni, incontri e racconti d’autore.

Promosso dall’associazione culturale ARADIA PRODUCTIONS, con la presidenza di Antonella Santarelli e la direzione artistica del regista Alessandro Grande, il festival conferma la sua vocazione nel valorizzare il nuovo cinema di qualità, offrendo spazio e visibilità a talenti emergenti attraverso due sezioni competitive dedicate a lungometraggi e cortometraggi. Anche quest’anno, le proiezioni dei concorsi saranno arricchite da incontri con ospiti di rilievo.

In apertura di festival sarà infatti Lillo Petrolo l’ospite d’eccezione della serata a Saturnia. Artista poliedrico e amatissimo dal pubblico, Lillo, volto iconico tra cinema, teatro, televisione, radio, oltre che doppiatore e autore, sarà ospite del Saturnia Film Festival, forte di una carriera trasversale che coniuga comicità, talento creativo e una sorprendente versatilità espressiva.

Familia Film 2024 Francesco Costabile
Familia Film 2024 Francesco Costabile – Screenshot dal trailer di Youtube

Il concorso lungometraggi sarà l’occasione per scoprire opere capaci di raccontare la complessità del presente con sguardi innovativi e autentici. A presentare i film selezionati saranno: Francesco Costabile con Familia, storia di violenza domestica tratta dal romanzo “Non sarà sempre così” di Luigi Celeste e magistralmente interpretata da Barbara Ronchi, Francesco Gheghi (miglior attore nella sezione Orizzonti a Venezia 2024) e Francesco Di Leva (miglior attore ai David di Donatello); Christian Filippi con la sua opera prima Il mio compleanno, racconto di una generazione a cui non è concessa la libertà di sbagliare; Stefano Lorenzi con Afrodite, una storia d’amore coraggiosa e ricca di intensità con due straordinarie protagoniste come Ambra Angiolini e Giulia Michelini.

Ricchissima anche la selezione del concorso cortometraggi. Tra i titoli internazionali: I’m not a robot di Victoria Warmerdam, premio Oscar 2025 per il cortometraggio, in cui la protagonista scopre una verità sconvolgente nel tentativo di superare dei test CAPTCHA; La compañía di José María Flores, che segue una coppia nella sua serata libera che si ritrova tra una folla radunatasi intorno a qualcosa; The boy with the white skin di Simon Panay, storia di un ragazzo albino in un villaggio africano, alle prese con il peso della discriminazione e la ricerca della propria identità in un mondo che lo guarda con diffidenza. Per il concorso Italia: Marcello, diretto da Maurizio Lombardi e interpretato da Francesco Gheghi, film vincitore del Nastro d’Argento per il cortometraggio è una dichiarazione d’amore al cinema attraverso la storia di due ragazzi della periferia romana che distruggono il bar del boss del quartiere e si ritrovano alla fuga; Francesco Gheghi è inoltre regista di La buona condotta, sorprendente esordio dietro la macchina da presa per un racconto girato tutto in una notte in cui una famiglia si ritrova a fronteggiare una rivelazione sconvolgente; Majoneze, in cui la regista Giulia Grandinetti firma un atto di ribellione femminista con questi 23 minuti raccontati con movimenti di macchina nervosi, ritmo serrato e scelte stilistiche audaci che sfidano ogni convenzione; Superbi di Nikola Brunelli, in cui il protagonista forte del prestigio del suo storico negozio di olive ascolane ignora che l’arrivo del giovane Ismail e delle sue olive fritte metterà in discussione non solo il suo mestiere, ma anche l’eredità che credeva intoccabile; Billi il cowboy di Fede Gianni, storia di autodeterminazione con protagonista una bambina che si sta per lasciare alle spalle l’infanzia.

Tornano anche i film d’animazione con: Playing God di Matteo Burani, storia del legame tra una Creatura d’argilla e il suo Creatore, un racconto sul contrasto inconsapevole tra creazione e distruzione, scelta e destino, amore e ossessione; Portrait Not Landscape di Erik Howell, una gara d’arte che porta a un’interpretazione severa delle regole; Cafunè di Carlos F. De Vigo e Lorena Ares, commovente racconto su una bambina rifugiata che rivive il trauma del naufragio di cui è l’unica sopravvissuta.

Quest’anno il Saturnia Film Festival in collaborazione con le associazioni Olympia de Gouges e Mujeres nel Cinema ospita inoltre la sezione “Sguardi di donne”, che si fa portavoce di prospettive femminili forti e originali, raccogliendo storie di ribellione, intimità, memoria e lotta interiore. Dai paesaggi del Sud Italia alle tensioni familiari contemporanee, dai silenzi del Mediterraneo ai ricordi che riaffiorano, i cinque film selezionati – Amarena di Sabrina Iannucci, La Femmina di Nuanda Sheridan, No name di Silvia Estella Ondina Sanna, In the box di Francesca Staasch e Il presente di Francesca Romana Zanni – tracciano un percorso potente e sensibile attraverso lo sguardo femminile sul mondo. Nella sezione verrà presentato anche il trailer de  La Villa di Alvaro Raul Diamanti.

Completa il programma del festival la sezione Art Short School, diretta da David Pompili, con i video degli studenti dell’Istituto Gandhi di Narni che resteranno visibili al Polo Culturale Le Clarisse di Grosseto per tutte le giornate del festival oltre che al Polo Culturale Pietro Aldi di Saturnia.

Copycat – Omicidi in serie: la spiegazione del finale del film

Copycat – Omicidi in serie: la spiegazione del finale del film

Mentre la trama del film Copycat – Omicidi in serie diretto da Jon Amiel giunge alla sua conclusione, la dottoressa Helen Hudson si trova ad affrontare una minaccia reale da parte del killer imitatore e dei demoni della sua mente, mentre lui si avvicina sempre più a compiere il suo piano contro di lei. La detective Mary Jane Monahan corre invece contro il tempo per evitare una tragedia all’università. Il killer di questa storia intende completare l’ultimo pezzo del puzzle nel suo grandioso e violento tributo agli assassini del passato che idolatra. La psicologa criminale e la detective devono quindi usare più del loro ingegno se vogliono sopravvivere alla prova e raggiungere la salvezza e la libertà.

La trama di Copycat – Omicidi in serie

La dottoressa Helen Hudson (Sigourney Weaver) è una ricercata psicologa criminale specializzata nella profilazione dei serial killer. Dopo aver tenuto un’interessante lezione sulla sua area di competenza all’università, sopravvive a un tentativo di strangolamento da parte di un uomo psicotico di nome Daryll Lee Cullum. L’aggressore voleva torturarla lentamente prima di ucciderla. Tredici mesi dopo l’incidente, vive una vita appartata a San Francisco. Tormentata da un grave caso di disturbo da stress post-traumatico e agorafobia associati all’incidente, trovando impossibile uscire dal suo appartamento. Mentre la psicologa si adatta alla sua nuova realtà, con solo il suo amico Andy ad assisterla, le cose prendono una brutta piega quando una donna viene trovata assassinata in una vasca da bagno e un killer entra in azione in città.

La detective della omicidi Mary Jane Monahan (Holly Hunter) chiede quindi l’aiuto della dottoressa Hudson per arrestare l’aggressore. Monahan, insieme al suo partner Ruben Goetz, collabora con Helen per trovare indizi che possano condurli al criminale prima che colpisca di nuovo. Le speculazioni dei media sui delitti alimentano il panico in città, creando un senso di disperazione nel dipartimento di polizia, che vuole risolvere rapidamente il caso. La profiler criminale, attraverso l’osservazione dei fatti, conclude che si tratta di un caso di omicidi seriali. Mentre continua a lavorare con gli agenti di polizia, diventa chiaro che qualcuno sta perseguitando la psicologa nonostante lei non esca dal suo appartamento.

Lo spazio personale di Helen viene invaso a sua insaputa e la sua ansia peggiora, data questa violazione della sua sicurezza. Sulla base di ulteriori prove raccolte dopo altri omicidi, la psicologa nota che l’assassino sta cercando di copiare i modelli di altri serial killer noti nei suoi omicidi e, in modo folle, rende loro omaggio. Quello che segue è un gioco al gatto e al topo tra l’assassino e la squadra che lo insegue, che porta a più sangue, brutalità e panico nella città. Mentre la squadra fa progressi significativi nel capire l’identità del criminale, viene rivelato che Helen stessa è il suo obiettivo principale. Deve dunque superare grandi difficoltà per uscire viva da questa situazione.

Copycat film
Sigourney Weaver in Copycat – Omicidi in serie

La spiegazione del finale: chi stava davvero cercando di uccidere Helen e perché?

Il killer imitatore, Peter Foley, insegue senza sosta la dottoressa Helen Hudson per tutta la trama. I suoi sforzi culminano nell’intrappolarla nello stesso bagno dell’università dove lei era sopravvissuta all’inizio. Il climax del film porta così a una rivelazione sconvolgente con conseguenze disastrose. In una scena terrificante ambientata all’interno di una cella di prigione, si scopre che Daryll Lee Cullum era la mente dietro tutti gli omicidi seriali commessi a San Francisco da Peter Foley, e che intendeva completare il suo capolavoro convincendo il suo discepolo e seguace, Peter, a uccidere la psicologa criminale.

All’inizio del film, Daryll Lee Cullum appare come un uomo molto violento con un’estrema propensione all’omicidio, che non solo uccide le persone, ma ne gode anche. In una scena a metà della trama, Daryll invia a Helen una copia del suo libro “My Life With A Knife”, in cui ha scritto delle sue avventure omicide all’interno di una cella di prigione. Contattato da Helen e Monahan tramite una videochiamata, che intendono saperne di più sul killer emulatore, Daryll rivela di conoscere il colpevole, ma accetta di parlarne solo se la psicologa gli manderà un paio di suoi indumenti intimi. A questo punto, viene dato agli spettatori un sottile indizio che Daryll potrebbe sapere più di quanto lasci trasparire. La sua presenza squilibrata dimostra che ha il controllo della situazione.

Daryll, nella sua copia del libro, scrive una nota molto allusiva a Helen, mostrando la sua ossessione sessuale per lei. Non riesce proprio a liberarsi della sua ossessione tossica; l’unico modo in cui pensa di poter porre fine a tutto questo è vederla violentata e uccisa. Sebbene non sia esplicito, si può dedurre che abbia fatto il lavaggio del cervello a Peter per fargli eseguire i suoi ordini e gli abbia anche suggerito di seguire uno schema di omicidi, copiando i metodi di famosi serial killer nell’ordine esatto menzionato dalla psicologa nel suo discorso all’università. Il piano contorto di Daryll alla fine fallisce, ma questo non lo disturba, poiché la sua ossessione per la psicologa criminale continua, diventando ancora più tossica.

Copycat cast
Holly Hunter e Dermot Mulroney in Copycat – Omicidi in serie

Qual è il significato del messaggio di Cullum?

Nella scena finale agghiacciante, Daryll Lee Cullum scrive un messaggio a un altro discepolo, un uomo sconosciuto di nome Conrad. Dopo il fallimento di Peter Foley nel portare a termine l’ultimo omicidio, Cullum prende provvedimenti per garantire che il suo obiettivo rimanga vivo. È diventato essenzialmente un leader di una setta mentre era seduto nella sua cella di prigione. Intende quindi ispirare altri uomini a diventare serial killer e a trovare un senso alla loro vita. L’idea della solitudine maschile e della mancanza di direzione nella vita dei giovani uomini è stata brillantemente catturata nella narrazione del film.

Dalla sua lettera a Conrad, si può dedurre che Daryll si considera una figura religiosa all’interno del suo pantheon di seguaci. Vuole riconoscere e onorare coloro che ritiene degni. Con inquietanti sfumature religiose, cerca di stabilire un nuovo ordine di uomini zelanti disposti a uccidere per ottenere ciò che meritano nella vita. Finché i suoi discepoli non lo deludono, possono ricevere buoni doni, che in questo caso sono un paio di indumenti intimi appartenenti a Helen. È un trofeo che i suoi seguaci possono custodire e che riconosce la sua leadership.

Daryll, in una parte specifica della lettera, dice: “Peter si è allontanato dal sentiero e il Signore lo ha punito severamente. Quindi mantieni le cose semplici. Allora la gloria sarà vostra… e “la vendetta è mia”, come dice il Vangelo. So che capirai cosa intendo. Buona caccia, socio“. È chiaro che Daryll è deluso dal fatto che Peter non abbia raggiunto l’obiettivo finale, ma ne attribuisce il merito al Signore e crede che il Signore stia tenendo in vita Hudson per un motivo. Il suo obiettivo finale è ottenere la salvezza attraverso la vendetta contro Helen, e non si fermerà finché non avrà raggiunto questo obiettivo.

Harry Connick Jr. in Copycat - Omicidi in serie
Harry Connick Jr. in Copycat – Omicidi in serie

La dottoressa Hudson cura la sua agorafobia

Alla fine del film, Helen Hudson è di nuovo intrappolata nel bagno dell’università. Peter Foley la lega e intende finire ciò che Daryll ha iniziato. Grazie all’intervento di Monahan e a un abile diversivo, lei scappa dal bagno e corre per salvarsi la vita. Possiamo supporre che questo sia il punto in cui la sua agorafobia ha raggiunto un livello estremo. Peter la insegue sul tetto dell’università. Lei affronta di nuovo le sue peggiori paure, proprio come all’inizio della trama. Questa volta è pronta ad affrontare la morte, chiedendo persino a Peter di farlo. È finalmente pronta a liberarsi dalla sua paura e ad accettare la realtà. Tuttavia, viene salvata all’ultimo momento da Monahan, che è sopravvissuta ai colpi di pistola di Peter grazie al suo giubbotto antiproiettile.

Quello che succede qui è un caso involontario di terapia dell’esposizione, utilizzata dagli psicologi per curare le fobie nei pazienti. A causa della sua esperienza del peggiore scenario possibile nel bagno e sul tetto, Helen è stata esposta agli estremi della sua agorafobia. Essendo lei stessa una psicologa, possiamo supporre che ne trarrà beneficio, dato che sopravvive nonostante le probabilità siano contro di lei. L’intervento tempestivo di Monahan le dimostra anche che non è sola nella sua lotta. Grazie alla combinazione dell’esposizione alla paura e alla sopravvivenza con l’aiuto di un amico, è logico supporre che superi la sua agorafobia e inizi a vivere una vita migliore. Monahan sarà invece probabilmente promossa a una posizione più alta all’interno del suo dipartimento di polizia e continuerà a combattere il crimine a San Francisco.

Gran Turismo, la storia vera del film

Gran Turismo, la storia vera del film

La storia vera di Gran Turismo è unica tra gli adattamenti da videogiochi, poiché la trama non è tratta propriamente dal gioco da cui prende il nome ma ruota attorno al giocatore di Gran Turismo nella vita reale, Jann Mardenborough, le cui abilità nel gioco di corse lo portano a partecipare a una serie di competizioni videoludiche sponsorizzate da Nissan. Le abilità di Mardenborough in Gran Turismo gli permettono di passare dal gioco alla guida di una vera auto da corsa e di iniziare una carriera da pilota.

Gran Turismo è diretto da Neill Blomkamp e sceneggiato da Jason Hall di American Sniper e Zach Baylin di King Richard. Gran Turismo fa parte dell’impegno congiunto di PlayStation Productions per adattare i suoi titoli di gioco più popolari in progetti live-action. Tuttavia, mentre altri adattamenti di videogiochi traggono la loro narrazione dai giochi, il film di Gran Turismo del 2023 è basato su eventi reali. Jann Mardenborough non è un personaggio, ma una persona reale, ed è il suo incredibile viaggio alla base della storia vera su cui è basato il film.

La vera storia del gioco Gran Turismo

Dal debutto del 1997 all’avvento di GT Academy

Per oltre 25 anni, Gran Turismo è stato uno dei videogiochi di corse di maggior successo nella storia dei videogiochi per console. Il primo gioco è uscito nel 1997, offrendo qualcosa di incredibilmente diverso da ciò a cui i giocatori erano abituati. All’epoca, la maggior parte dei giochi di corse erano in stile arcade, per lo più giochi di velocità esagerati con curve spericolate e prestazioni irrealistiche. Gran Turismo cambiò tutto. Il gioco introdusse prestazioni di guida realistiche su strade reali a bordo di auto reali che i giocatori potevano potenziare nel tempo.

Il primo gioco con licenza di veicoli che nessun altro gioco aveva mai tentato e creò un’esperienza divertente tanto per i giocatori quanto per gli appassionati di motori e auto. Grazie alla potenza della prima PlayStation, i giocatori non avevano mai visto nulla di simile sulle loro console televisive. Quando il sequel uscì due anni dopo, tutto era più grande e migliore, con più auto e nuovi eventi rally. Anche Need for Speed ​​III aveva auto con licenza, ma non eguagliò mai l’esperienza di guida realistica di Gran Turismo.

Gran Turismo 4 alzò ulteriormente la posta in gioco. Ora c’erano oltre 700 auto diverse tra cui scegliere e c’erano anche diversi tracciati reali. Ciò significava che i giocatori gareggiavano con auto vere, utilizzando tecniche di guida reali, su veri circuiti da corsa su cui gareggiavano i professionisti. Era chiaro il motivo per cui era iniziato l’allenamento per Gran Turismo nel mondo reale: non esisteva una simulazione migliore per questi difficili tracciati, e tutti erano disponibili sulla console PlayStation. Fu con Gran Turismo 5 che Polyphony lanciò la GT Academy.

Chi è il vero Jann Mardenborough?

Spiegazione del personaggio di Archie Madekwe in Gran Turismo

Il vero Jann Mardenborough è la base della vera storia di Gran Turismo, ed è ancora oggi un pilota automobilistico attivo. Mardenborough è nato a Darlington, nella contea di Durham, in Inghilterra, nel 1991. È figlio di Steve Mardenborough, un ex calciatore professionista che ha collezionato più di 300 presenze nella Football League nel corso della sua carriera.

La vera storia di Gran Turismo è stata leggermente modificata per il film, ma a grandi linee si attiene all’incredibile ascesa di Jann Mardenborough da giocatore di Gran Turismo a pilota professionista di auto da corsa. Crescendo, Mardenborough era un appassionato giocatore della serie di giochi di corse Gran Turismo per PlayStation. La sua abilità come giocatore di Gran Turismo lo ha poi portato a una carriera da pilota professionista di auto da corsa, entrando nella GT Academy.

Nel film Gran Turismo, Jann Mardenborough è interpretato da Archie Madekwe, attore britannico noto per il suo ruolo nella serie di Apple TV See. Il padre di Mardenborough è interpretato da Djimon Hounsou, noto per il suo ruolo di Juba ne Il Gladiatore. Sua madre, Lesley Mardenborough, è interpretata da Geri Halliwell, meglio conosciuta come “Ginger Spice” delle Spice Girls.

Jann Mardenborough ha vinto la GT Academy nel 2011

La storia di Mardenborough nel film Gran Turismo è quasi fedele alla realtà

La storia di Gran Turismo è iniziata con la fondazione della GT Academy, nota anche come Nissan PlayStation GT Academy. Come si vede nel film, l’iniziativa si proponeva di offrire ai migliori giocatori di Gran Turismo l’opportunità di mettere alla prova le proprie abilità di guida nei videogiochi su un circuito reale, con l’obiettivo di avviare una carriera da pilota professionista. L’accademia è stata finanziata da Nissan e Sony Interactive Entertainment dal 2008 al 2016.

Come si vede nel film, i giocatori di Gran Turismo che vincevano una serie di competizioni videoludiche per dimostrare il proprio valore venivano ammessi all’accademia per imparare a guidare una vera auto da corsa, con la possibilità di guadagnarsi un posto nella scuderia Nissan. Dopo aver vinto una serie di competizioni con le sue abilità di gioco in Gran Turismo, il vero Jann Mardenborough si è guadagnato un posto nella GT Academy. Nel 2011, Mardenborough ha battuto altri 90.000 partecipanti, diventando il terzo e più giovane vincitore della GT Academy.

Questa vittoria gli ha permesso di guidare per Nissan alla 24 Ore di Dubai. Prima di entrare nella GT Academy all’età di 19 anni, il vero Jann Mardenborough non aveva alcuna esperienza di corse né alcun interesse serio per le auto da corsa reali al di fuori dei videogiochi di Gran Turismo. Questo rende la sua storia una rarità nel mondo degli sport motoristici e una base unica per un film biografico sportivo.

Darren Cox ha fondato la GT Academy

Anche il personaggio di Orlando Bloom è stato una parte fondamentale della vera storia di Gran Turismo

Un altro modo in cui il film rispecchia da vicino la vera storia di Gran Turismo è attraverso il personaggio di Orlando Bloom, Danny Moore, basato su Darren Cox. La GT Academy è stata ideata da Cox, un uomo d’affari britannico e dirigente marketing del motorsport che ha iniziato la sua carriera in Renault 10 anni prima di passare a Nissan. Due anni dopo, è passato a Nissan Europe (tramite Autosport).

L’idea della GT Academy venne concepita da Cox per la prima volta nel 2005, quando era direttore generale di Nissan Europe (secondo il New York Times), ma non venne concretizzata fino alla partnership tra Sony e Nissan per la creazione della Nissan GT Academy nel 2008. Dei 23 diplomati dell’accademia di Cox, sia Jann Mardenborough che Lucas Ordóñez salirono sul podio alla 24 Ore di Le Mans.

Il ruolo di Cox nella fondazione della GT Academy e nel lancio della carriera di Mardenborough è trattato nel film Gran Turismo. Tuttavia, mentre nel film Mardenborough mantiene il suo vero nome, la caratterizzazione di Darren Cox in Gran Turismo è sufficientemente romanzata da spingere gli sceneggiatori a cambiargli il nome in Danny Moore.

Durante il suo mandato in Nissan, in seguito al successo della GT Academy, Darren Cox ha anche guidato la Nissan Deltawing, la Nissan ZEOD elettrica per il record di Le Mans, il prototipo Juke R, i programmi motore LMP2 e LMP3 e il programma Nissan LMP1. Nel 2016, dopo aver lasciato Nissan, Cox è rimasto nel mondo dei gamer diventati piloti e ha fondato il primo team di corse e-sport professionistico, eSPORTS+CARS (tramite AutoHebdo).

Leah o gli altri piloti della GT Academy sono persone reali?

I rivali di Mardenborough sono tutti immaginari

Gran Turismo - La storia di un sogno impossibileSebbene gran parte del film sia radicato nella storia vera di Gran Turismo, sono stati aggiunti diversi personaggi non reali. Leah Vega, ad esempio, non è una vera pilota di GT Academy. Si vocifera, tuttavia, che il personaggio sia vagamente ispirato al pilota di GT Academy, Lucas Ordóñez.

Nel film di Gran Turismo, Mardenborough è visto in rivalità con Matty Davis, interpretato da Darren Barnet di Non ho mai. Davis non è una persona reale, ma secondo Slashfilm, il personaggio potrebbe essere basato sul collega pilota di Mardenborough, Bryan Heitkotter. Anche il personaggio di Josha Stradowski, Nicholas Capa, non è una persona reale e non è stato segnalato che sia basato su nessuno.

Jack Salter di Gran Turismo non è una persona reale

Il personaggio di David Harbour non fa parte della storia vera di Gran Turismo

Oltre ai colleghi piloti di Mardenborough in Gran Turismo, anche Jack Salter di David Harbour non è una persona reale. Il personaggio è probabilmente basato su Gavin Gough, un esperto di PNL e ipnosi sportiva che Mardenborough ha incontrato all’accademia. Mardenborough ha parlato apertamente dell’impatto che Gough ha avuto sul suo percorso agonistico, affermando persino in un tweet che una conversazione con lui ha creato un effetto domino che ha portato a un’impennata delle sue prestazioni.

Mardenborough ha continuato ad avere una prolifica carriera agonistica

La carriera del pilota è continuata a lungo dopo la conclusione degli eventi di Gran Turismo

Dopo essersi diplomato alla GT Academy ed essere entrato nel mondo reale degli sport motoristici con un posto nel team Nissan alla 24 Ore di Dubai, il vero Jann Mardenborough ha continuato a godere di una prolifica carriera agonistica (tramite Driver Database). Ha partecipato a competizioni come il Campionato Europeo di Formula 3, la GP3 Series e la GP2 Series, e ha persino partecipato alla leggendaria 24 Ore di Le Mans, una gara endurance.

Quando fece il suo debutto a Le Mans nel 2013, Mardenborough arrivò terzo nella Classe LMP2. Nel 2012, ha vinto una gara, tre podi e una pole position guidando per RJN Motorsport nell’Avon Tyres British GT Championship. Nel 2014, Mardenborough ha vinto tre gare, sette podi, una pole position e due giri più veloci guidando per Giles Motorsport nella Toyota Racing Series New Zealand, e ha anche vinto una gara, due podi e due giri più veloci guidando per Arden International nella GP3 Series.

La vera carriera di Jann Mardenborough, tuttavia, non si è fermata qui. Nel 2016, ha vinto una gara, due podi e due giri più veloci correndo per NDDP Racing nel Super GT Japan, e ha anche vinto quattro gare, 12 podi, sei pole position e sei giri più veloci correndo per il B-MAX Racing Team con NDDP nel campionato giapponese di Formula 3. Tutto sommato, Jann Madenborough ha un curriculum di corse impressionante per un pilota che ha iniziato come giocatore di Gran Turismo.

In che modo Gran Turismo cambia la vera storia di Jann Mardenborough

Sono state apportate diverse modifiche per rendere la narrazione più avvincente

Come la maggior parte dei film biografici, Gran Turismo si è preso qualche libertà creativa nell’adattare la storia al grande schermo. Ci sono diversi modi in cui Gran Turismo ha finito per modificare la storia di Jann Mardenborough, ma alla fine il film è riuscito a mantenerne l’essenza. Un elemento importante che è stato modificato rispetto alla vera storia di Gran Turismo è stato il fatto che Mardenborough fosse il primo vincitore di GT Academy, quando in realtà era il terzo.

La scioccante scena dell’incidente era molto realistica rispetto a ciò che accadde a Jann nella vita reale, ma i tempi sono stati modificati nel film. Nella vita reale, l’incidente è avvenuto nel 2015, a quattro anni dall’inizio della carriera di Jann. Il film lo ha fatto sembrare molto prima, per renderlo un momento più stimolante per il pubblico.

Anche il momento cruciale di Le Mans è stato modificato per rendere la storia più avvincente. Gran Turismo mostra Mardenborough battere il record sul giro di Le Mans durante la sua ultima tappa di gara, con un tempo inferiore a 3 minuti e 15 secondi. Questo è di oltre tre secondi inferiore al record stabilito quando Jann gareggiava nella vita reale.

Gran Turismo, la spiegazione del finale del film con David Harbour

Gran Turismo è l’incredibile storia vera del percorso di Jann Mardenborough, da giocatore a pilota professionista di sport motoristici, ed ecco tutto ciò che c’è da sapere sul finale del film. La storia inizia con Danny Moore, interpretato da Orlando Bloom, responsabile marketing della Nissan, che propone un’idea ai vertici dell’azienda. L’idea di Moore era quella di rinvigorire l’amore per la guida e le corse nel grande pubblico, rivolgendosi a un pubblico inesplorato con un potenziale di successo: il mondo dei videogiocatori.

L’idea di Moore era quella di riunire i migliori giocatori di Gran Turismo al mondo e trasformarli in piloti professionisti, un’iniziativa che inizia con l’aiuto dell’ex pilota Jack Salter, interpretato da David Harbour, un altro membro di spicco del fantastico cast di Gran Turismo. Uno dei partecipanti al torneo è Jann Mardenborough, interpretato da Archie Madekew, che in Gran Turismo racconta il suo percorso da giocatore di Gran Turismo alla corsa nella gara più prestigiosa del mondo: la 24 Ore di Le Mans. Il film si conclude con la gara di Jann a Le Mans, in un vero e proprio film sportivo e commovente del regista Neill Blomkamp.

Spiegazione della gara di Le Mans in Gran Turismo e del piazzamento di Jann

La trama di Gran Turismo si sviluppa fino alla 24 Ore di Le Mans, uno degli eventi più prestigiosi del motorsport. La gara di Le Mans è diversa dagli altri eventi motoristici in quanto il posizionamento si basa sulla distanza percorsa da ciascuna vettura. Ogni vettura ha tre piloti che devono ruotare nell’arco di 24 ore, e a nessun pilota è consentito correre per più di 14 ore; il team la cui auto percorre la distanza maggiore dopo 24 ore viene incoronato vincitore. Insieme al Gran Premio di Monaco e alla 500 Miglia di Indianapolis, la gara di Le Mans costituisce la Tripla Corona del Motorsport, a dimostrazione delle difficoltà che Jann ha dovuto superare per partecipare all’evento.

Poiché la 24 Ore di Le Mans rappresenta il culmine di Gran Turismo, gran parte dell’attenzione è incentrata sul posizionamento di Jann. Prima della gara viene rivelato che Jann e il suo team di altri piloti della GT Academy devono piazzarsi tra i primi tre per essere classificati come “veri” piloti dagli altri team che hanno presentato una petizione per rimuoverli dallo sport. Il posizionamento di Le Mans è interessante, in quanto i team competono all’interno della propria classe, ovvero contro un gruppo prestabilito di altre auto con specifiche uguali o simili, e contemporaneamente competono con tutte le altre auto al di fuori della propria classe.

Alla fine di Gran Turismo, Jann e il suo team sono riusciti ad aggiudicarsi il terzo posto, conquistando un podio e dimostrando che tutti gli scettici sul progetto GT Academy si sbagliavano. Ciò che Gran Turismo non rivela è che Jann e il suo team si sono classificati noni in classifica generale, eppure il terzo posto è stato nella loro categoria, il che spiega i festeggiamenti sul podio. Detto questo, un podio di qualsiasi tipo era tutto ciò di cui Jann e le sue altre gare avevano bisogno per dimostrare il successo dell’idea di Moore per la GT Academy.

Perché gli altri piloti della GT Academy corrono nel team di Jann a Le Mans

Un elemento interessante della vera storia di Gran Turismo, che viene in qualche modo modificato nel finale del film, sono gli altri due membri del team di Jann a Le Mans, composti da altri piloti della GT Academy. Il motivo di ciò deriva dal progetto non convenzionale della GT Academy, con le altre scuderie del motorsport che presentano petizioni contro Jann a causa del suo ingresso nello sport. A Moore viene quindi dato un ultimatum: Jann e altri due piloti della GT Academy devono correre a Le Mans e assicurarsi un podio. Se ci riescono, il resto del mondo del motorsport riconoscerà i piloti della GT Academy come veri piloti.

Confronto tra la gara di Le Mans di Gran Turismo e la vita reale

La vera storia di Gran Turismo modifica in qualche modo la gara di Le Mans, in quanto entrambi gli altri piloti, oltre a Jann, sono piloti della GT Academy. Nella vera gara di Le Mans 2013 su cui si basa il film, Jann Mardenborough ha gareggiato al fianco di Michael Krumm e Lucas Ordóñez. Il primo era un pilota professionista che si era avvicinato allo sport con mezzi convenzionali prima di correre a Le Mans 2013, mentre il secondo aveva un background simile a quello di Jann. Per drammatizzare gli eventi del finale di Gran Turismo, si è deciso di trasformare entrambi gli altri piloti in piloti della GT Academy insieme a Jann.

In termini di risultati, Gran Turismo descrive fedelmente il podio di Jann insieme al suo team. Sebbene il film tralasci di approfondire tutti i dettagli relativi al posizionamento a Le Mans, come la competizione simultanea tra le classi e tra tutte le altre auto, Gran Turismo semplifica le cose per il grande pubblico affermando semplicemente che Jann deve arrivare terzo e lo mostra mentre raggiunge questo risultato. A quanto pare, l’accenno al nono posto nella classifica generale della squadra di Jann non è necessario, poiché un terzo posto nella loro classe è stato sufficiente per garantirsi un futuro nel motorsport.

Gran Turismo - La storia di un sogno impossibileJann ha davvero battuto un record sul giro a Le Mans?

Nel finale di Gran Turismo, Jann viene mostrato come ultimo pilota ad intervallo per la 24 Ore di Le Mans. Dopo qualche intoppo, Jann viene rimandato in gara per cercare di assicurarsi un podio. Jann sfrutta la sua conoscenza del circuito di Le Mans, acquisita nel videogioco che dà il titolo al film, per gareggiare in modo alquanto insolito, recuperando terreno sulle auto davanti a lui e finendo terzo. Questa corsa non convenzionale è messa in risalto nel film dal record sul giro di Le Mans stabilito da Jann, il che solleva la questione se ciò sia accaduto nella vita reale.

La vera storia del film, che sembra riscuotere un grande successo tra il pubblico, come dimostrato dal punteggio di Rotten Tomatoes di Gran Turismo, è leggermente diversa. Sembra che non ci siano prove che Jann Mardenborough abbia battuto un record sul giro a Le Mans. In realtà, a Mardenborough viene attribuito il merito di aver stabilito un record sul giro un anno dopo la Le Mans del 2013, all’Hockenheimring, con i registi di Gran Turismo che hanno modificato il nome in Le Mans per un effetto drammatico durante il finale del film.

The Nun – La vocazione del male: la spiegazione del finale del film

Il finale di The Nun – La vocazione del male (qui la recensione) è uno dei più scioccanti della serie The Conjuring, sorprendendo con una retcon del film originale per rivelare un legame oscuro e di lunga data. È diventata una tradizione per gli spin-off del franchise collegarsi direttamente ai film precedenti della serie: Annabelle ha spostato la bambola nella direzione di Ed e Lorraine Warren (Patrick Wilson e Vera Farmiga), mentre il prequel Annabelle: Creation ha portato direttamente alla scena iniziale del primo film. Ma questo film fa di meglio, collegandosi direttamente alla serie principale di The Conjuring e rendendo Valak il vero grande cattivo di essa.

La forza malvagia e demoniaca conosciuta come Valak è stata introdotta per la prima volta in The Conjuring – Il caso Endfield, dove appare più comunemente sulla Terra sotto forma di una suora spettrale. Nel sequel del 2016 di James Wan, ha complottato per uccidere Ed Warren come mezzo per pacificare la sensitiva Lorraine e possedere una ragazza adolescente come parte della vera storia di Enfield. Fortunatamente, i Warren scoprirono il complotto e, pronunciandone finalmente il nome, Lorraine riuscì a bandire Valak all’inferno. Annabelle: Creation ha poi stabilito che la suora proveniva da un convento in Romania, con una scena post-crediti che anticipava il suo spin-off completo.

Il film esplora infatti le origini di Valak e della sua forma spettrale. Diretto da Corin Hardy, The Nun – La vocazione del male segue padre Burke e suor Irene, due inviati del Vaticano che indagano sul suicidio di una suora in Romania. Ben presto diventa evidente che nell’abbazia sta accadendo qualcosa di misterioso e i due iniziano a indagare. Naturalmente, il pubblico sa esattamente cosa sta succedendo grazie alle precedenti esperienze con Valak. Ciò che nemmeno i fan più accaniti di Conjuring potrebbero aspettarsi, tuttavia, è dove ci porta il finale del film.

The Nun - La vocazione del male cast

La spiegazione dell’origine di Valak e il travestimento della suora

Tutto ciò che The Conjuring – Il caso Endfield ha rivelato su Valak è che si trattava di un demone dell’inferno il cui nome completo – Valak, il Profanatore, il Marchesato dei Serpenti, lo avrebbe bandito. Questo ha lasciato a The Nun – La vocazione del male ampio spazio per spiegare le sue origini e le sue motivazioni, e il film non delude. Come rivelato da suor Oana (o, meglio, da un suo fantasma ricreato da Valak), nel Medioevo un duca di St Cartha tentò di usare l’abbazia per aprire un varco verso l’inferno e scatenare un male indicibile sulla Terra. Quel male era Valak, che quasi riuscì a sfondare la barriera prima che la Chiesa cattolica uccidesse il duca e sigillasse il portale usando il sangue vero di Cristo (con qualcosa di simile al Santo Graal).

Durante questa sequenza del film, intravediamo nuovamente la vera forma di Valak dopo un flash in The Conjuring – Il caso Endfield, mostrata anche nei libri studiati da padre Burke: è una figura demoniaca nera, non dissimile dal demone della serie Annabelle. Naturalmente, questa non è la sua forma conosciuta: Valak assume le sembianze di una suora inquietante nel tentativo di mimetizzarsi nel convento. Questo non spiega del tutto perché mantenga quell’aspetto quando si avventura nel mondo esterno, anche se una spiegazione potrebbe essere che la paura che suscita vale le illogicità.

Sappiamo infatti da The Conjuring – Il caso Endfield che le creature si nutrono delle paure, per cui tale forma sarebbe derivata dalla paura di una commistione tra sacro e maledetto. Valak è stato liberato solo durante la seconda guerra mondiale, quando le bombe hanno danneggiato l’abbazia e rotto il sigillo fisico che lo tratteneva. Da allora, le suore hanno pregato senza sosta per tenere a bada il male. Alla fine, però, la loro veglia è stata interrotta, Valak è stato liberato e tutte le suore sono state uccise… portando così agli eventi di The Nun – La vocazione del male.

The Nun - La vocazione del male Valak

Come suor Irene e le altre “sconfiggono” Valak

La maggior parte della trama di The Nun – La vocazione del male riguarda dunque Burke e Irene (con l’aiuto del franco-canadese Frenchie) che indagano sul convento per scoprire cosa è successo. Alla fine, scoprono la verità: nonostante trovino un convento semi-attivo, il luogo è deserto, con solo Valak lì a giocare con loro. Deducono anche che il demone sta cercando un nuovo ospite, quindi, una volta completata la missione di confermare ciò che è successo per la chiesa, decidono di sconfiggere la suora una volta per tutte. Il metodo è piuttosto semplice, con il terzo atto del film che consiste principalmente in una serie di brevi scene horror piuttosto che in un intricato schema.

Irene ottiene la fiala del sangue di Cristo usando le sue premonizioni divine e, dopo una lotta con Valak, sputa sangue sulla creatura (un richiamo al disgusto dei paesani per la creatura), apparentemente bandendola. Tuttavia, questo è un film della serie Conjuring, e uccidere il male non è mai così semplice. Una volta creduto sconfitto Valak, il trio seppellisce le suore nella terra tornata sacra che circonda il convento. Tuttavia, mentre se ne vanno, la telecamera rivela che Frenchie – il cui vero nome è Maurice, che ora sta progettando di diventare un coltivatore di pomodori – ha una croce capovolta sulla nuca.

Valak è dunque sopravvissuto, prendendolo come nuovo ospite per liberarsi finalmente dai confini dell’abbazia rumena per la prima volta! Sebbene questo colpo di scena sia piuttosto sorprendente – l’ultima volta lo abbiamo visto salvare Irene e diventare timido mentre le praticava la respirazione bocca a bocca – in realtà ha perfettamente senso in base a ciò che The Nun – La vocazione del male ci ha mostrato. Irene viene catturata in un pentagramma e presa da Valak. Viene liberata quando Maurice le spruzza del sangue addosso, con lo spirito che va verso il franco-canadese e chiude fuori la suora.

Quello che segue non viene mostrato – Valak emerge, seguito più tardi da Frenchie – ma evidentemente, a questo punto, era posseduto. Sembra che sia stato preso immediatamente, il che spiega perché Valak giochi con Irene – si diverte a ucciderla, sapendo che l’obiettivo principale è già stato raggiunto – e significa che lo spruzzo di sangue era superfluo (anche se sappiamo già da The Conjuring – Il caso Endfield che la vera debolezza di Valak è sentire il suo nome). In seguito, non vediamo cosa succede a Burke e Irene, anche se la risoluzione delle loro vicende vede la loro fede ricompensata.

The Nun - La vocazione del male storia vera

Valak era presente fin dall’inizio in The Conjuring

L’epilogo di The Nun – La vocazione del male fa poi un salto in avanti al 1971. Vediamo i Warren tenere la loro presentazione sulla possessione (alla presenza della futura vittima Carolyn Perron), sottolineando i danni causati da Valak a Maurice, ora identificato come un contadino franco-canadese. Questa è l’apertura di L’evocazione – The Conjuring, il primo film della serie del 2013, con alcune scene rimontate in modo che l’attore Jonas Bloquet appaia come vittima. Il film continua, mostrando lui che attacca Lorraine Warren, dandole una visione di Valak (qualcosa che in precedenza si vedeva solo nei flashback).

Questa scena collega apparentemente l’intera serie Nun/Conjuring, portandola dall’abbazia rumena ai Warren e avviandoli sul percorso verso The Conjuring – Il caso Endfield. Qui entrano in contatto per la prima volta con Valak, con l’attacco di Maurice che dà a Lorraine la prima di una serie di visioni che preannunciano la morte di Ed. Il demone è rimasto una presenza minore nelle loro vite – al momento della presentazione non sono a conoscenza della sua vera storia – fino agli eventi ambientati nel 1976 di The Conjuring – Il caso Endfield, quando ha mostrato nuovamente a Lorraine una premonizione importante.

Il futuro di Valak nella saga

Naturalmente, sappiamo già dove finisce Valak: dopo aver preso di mira una famiglia a Enfield, Londra, Lorraine riesce a rispedire il demone all’inferno, questa volta presumibilmente senza alcun legame con la Terra. Tuttavia, dato che The Nun – La vocazione del male identifica Valak come grande nemico del franchise, si prevedeva già un suo ritorno per renderlo tale. Nel 2019 è infatti stato annunciato che un sequel con il titolo The Nun 2, poi distribuito nelle sale nel settembre 2023. Taissa Farmiga riprende il ruolo di Suor Irene in un racconto ambientato quattro anni dopo il primo film e che la vede nuovamente scontrarsi con il demone Valak.

Questo sequel si svolge ad ogni modo circa venti anni prima di The Conjuring – Il caso Endfield, per cui ci sarebbe ancora spazio per raccontare altre manifestazioni di Valak. Al momento, però, il momento più in avanti nella storia in cui compare è proprio quello del secondo film della saga principale. Non è però escluso che possa rivelarsi una delle minacce principali del prossimo The Conjuring – Il rito finale, che concluderà la serie principale del franchise. Ambientato nel 1986, il film arriverà al cinema a partire dal 4 settembre 2025.

Olympo, la spiegazione del caotico finale della serie Netflix

Olympo, la spiegazione del caotico finale della serie Netflix

Olympo, la nuova serie di Netflix, è un’esperienza ricca di colpi di scena. Prodotta dagli stessi produttori di Elite, lo show segue un gruppo di giovani che si allenano al Pirineros High Performance Center in Spagna, con il sogno di titoli di Coppa del Mondo e ori olimpici. Un cast di tutto rispetto, in competizione non solo per la gloria, ma anche per la sponsorizzazione del marchio di abbigliamento Olympo, che sceglie solo gli atleti più promettenti per rappresentarli, offrendo un riconoscimento fondamentale che li porta al livello successivo.

Nessuno arriva alle Olimpiadi senza sponsorizzazioni“, come dicono i giovani atleti. Tra loro c’è la protagonista, Amaia (Clara Galle), che si allena senza sosta per diventare la migliore nuotatrice sincronizzata di tutta la Spagna e, alla fine della stagione, ha scoperto alcune informazioni chiave sui suoi compagni.

La scoperta del farmaco

Il penultimo episodio di Olympo conferma uno dei sospetti di Amaia: a diversi atleti del Pirineros sono stati somministrati farmaci per migliorare le prestazioni. L’HPC non è l’unico coinvolto; stanno lavorando con Olympo per testare il farmaco sui migliori prospetti. Il farmaco è impercettibile, un fatto che minaccia di distruggere per sempre lo sport agonistico. E alla fine dell’episodio, Charly (Martí Cordero) si rivolge a parole al vetriolo e omofobe al suo compagno di squadra di rugby, Roque (Agustin Della Corte), dichiaratamente gay. Roque (a cui erano stati somministrati i farmaci per curare la mano fratturata) reagisce violentemente, quasi picchiando a morte Charly e rimanendo con un grosso pezzo di vetro conficcato nel braccio. L’episodio si conclude con Charly e Roque sdraiati a terra, sanguinanti.

Il finale vede gli atleti prepararsi per i rispettivi eventi che decideranno chi parteciperà ai campionati mondiali. Amaia sta ancora cercando di smascherare la scuola e l’organizzazione sportiva Olympo per aver dopato gli atleti, avvisando la direzione antidoping e convincendola a sottoporre gli atleti a esami del sangue.

Durante la convalescenza, Roque si sveglia e scopre di non sentire più la mano. Implora Hugo di fargli annullare tutto quello che gli hanno fatto, ma Hugo (Sergio Álvarez), ex campione di rugby e giocatore di punta dell’Olympo, lo minaccia, dicendogli che la sua carriera rugbistica è finita per sempre se continua a lamentarsi. I medici convincono Hugo che non ha nulla di cui preoccuparsi, anche se lo avvertono che potrebbero essere trovate tracce del farmaco se lo cercano. Ma gli esami del sangue alla fine risultano negativi, il che significa che Nuria (Maria Romanillos) e gli altri atleti che hanno assunto il farmaco possono partecipare.

OLYMPO. Maria Romanillos è Nuria Borges nell’ episode 01 di OLYMPO. Cr. Matías Uris/Netflix © 2024

Gli eventi sportivi sono in corso e Zoe (Nira Oshaia) vince la sua gara, ritrovando nuova energia dopo che la sua amica Renata (Andy Duato) si è infortunata. La vita di Amaia viene sconvolta dall’arrivo di sua madre, ex campionessa olimpica, che la costringe a tornare a gareggiare. Cerca di ricorrere a misure estreme per non gareggiare, come l’assunzione di lassativi, ma viene trovata da Fátima (Najwa Khliwa), che la ferma. Mentre Fátima se ne va, cade dalle scale e si intuisce che sia stata Amaia a spingerla. Fátima ha preso il suo posto in sincronia e, eliminandola, Amaia è tornata in gara, avvicinandosi di un passo al suo sogno di una vita: l’oro olimpico.

Solo che Nuria, la migliore amica di Amaia, le si è rivoltata contro. Sceglie la collega nuotatrice Peque (Laura Ubach) al suo posto. È una mossa che devasta Amaia, ma si scopre che non è stata una scelta di Nuria. È stata costretta a prendere questa decisione dalla collega dirigente di Olympo, Jana (Melina Matthews), che sta lavorando con Hugo per espellere gli studenti che cercano di denunciare l’uso improprio di droghe nella scuola. Tra questi studenti c’è Zoe, che perde la sua sponsorizzazione da Olympo nonostante abbia vinto la gara, perché si è rifiutata di prendere la droga.

Roque, che vuole anche far fuori Olympo per il trattamento che gli hanno riservato, sia in quanto atleta gay che per avergli somministrato i farmaci. Roque ritiene che Olympo stia commettendo un pinkwashing, riducendolo alla sua omosessualità e usandola per nascondere la realtà del loro programma antidroga. Riesce a lasciare la struttura, trovando il suo compagno di squadra e fidanzato Sebas (Juan Perales) e Zoe in una baita lì vicino, dove gli atleti spesso si rifugiano per divertirsi. Non sono soli nel loro desiderio di far fuori Olympo, e sono raggiunti dal collega sponsor di Olympo, Cristian (Nuno Gallego). Zoe rivela il loro piano per eliminare Olympo: si è procurata un campione del farmaco che hanno usato per dare ai loro atleti un vantaggio sleale.

OLYMPO. Clara Galle è Amaia Olaberria, Agustin Della Corte è Roque Pérez, Nira Osahia è Zoe Moral nell’ episodio 01 di OLYMPO. Cr. Matías Uris/Netflix © 2024

Cosa succede ad Amaia in Olympo?

È giorno di gara per le nuotatrici sincronizzate e Olympo ci sorprende con un’altra sorpresa: Amaia ha riconquistato il suo posto in gara, esibendosi al fianco di Nuria, cosa che fanno da anni insieme. Durante la loro performance epica, Amaia e Nuria sono impeccabili, perfettamente in sintonia. È uno spettacolo sbalorditivo e alla fine fanno l’impensabile. Eseguono un’acrobazia subacquea incredibilmente difficile da eseguire e ripeterla più e più volte richiede un controllo del respiro disumano.

Nuria è quasi morta nel tentativo di battere il record nel primo episodio, ma qui, sia lei che Amaia lo superano facilmente. Può significare solo una cosa: Amaia si è arresa a Olympo e ha rinunciato a combattere contro di loro, assumendo il farmaco per raggiungere la perfezione. Mentre tutti tributano al duo una standing ovation, Zoe e compagnia sono devastate, conoscendo la verità. Amaia ha assunto il farmaco e si è rivoltata contro di loro nella lotta contro Olympo. Amaia è passata dall’essere una capofila nella lotta per la giustizia a crollare sotto l’immensa pressione esercitata su di lei da lei e da sua madre per raggiungere la grandezza.

Zoe lascia l’arena e trova l’addetta al test dell’associazione antidoping e le dà un campione del farmaco non rintracciabile. Mentre Amaia esce dalla piscina, guarda negli occhi il suo fidanzato Cristian, vedendo la sua devastazione. Ma prima che Amaia possa uscire dalla piscina, inizia ad avere una reazione al farmaco. Perde l’equilibrio e cade in piscina. Mentre affonda sul fondo, la stagione finisce. La lotta contro Olympo potrebbe non essere finita, ma la caduta di Amaia e la prova di Zoe sicuramente riapriranno l’intera lotta nella prossima stagione di Olympo.

The Walking Dead: Dead City – Stagione 2, la spiegazione del finale

Dopo otto episodi emozionanti, la seconda stagione di The Walking Dead: Dead City è finalmente giunta al termine e ci sono molti aspetti da approfondire riguardo all’avventura di Maggie e Negan a Manhattan. Dopo che la Dead City stagione 1 si è conclusa con Maggie che ha liberato Hershel in cambio di Negan, la serie ha accennato al fatto che la loro rivalità sarebbe continuata nella seconda stagione. Maggie aveva ancora dei conti in sospeso con l’assassino di suo marito, e Negan aveva molti motivi per sentirsi offeso dalla donna che lo aveva tradito, ma i loro percorsi sono rimasti separati per gran parte della seconda stagione. Tuttavia, tutto è cambiato con l’episodio finale.

Maggie ha iniziato “If History Were a Conflagration” sotto la custodia della Dama, ma è stata rilasciata dopo aver promesso a Hershel che avrebbe ucciso Negan in modo che potessero finalmente superare il trauma che lui aveva causato. Nel frattempo, Negan si preparava allo scontro con la fazione di Bruegel, mentre il gruppo di criminali era impegnato in una silenziosa lotta di potere con i Burazi per il controllo delle operazioni di estrazione del metano a Manhattan. Con molti altri fattori in gioco, il finale della seconda stagione di Dead City ha affrontato la faida tra Maggie e Negan mettendoli l’uno contro l’altro un’ultima volta, ma il loro scontro non è andato come molti fan si sarebbero aspettati.

Perché Maggie non ha ucciso Negan nel finale della seconda stagione di The Walking Dead: Dead City

Nonostante sia uno dei due personaggi principali dello spin-off, il ruolo di Maggie nella seconda stagione di Dead City è stato piuttosto passivo, dato che inizialmente non voleva recarsi a Manhattan, ma il finale l’ha messa nuovamente contro Negan, che però ha rifiutato di uccidere il suo nemico di lunga data. Considerando l’importanza di Negan per la serie, non è una grande sorpresa che Maggie abbia mostrato pietà, soprattutto perché l’ultimo scontro tra i due non era il primo. Tuttavia, la posta in gioco era senza dubbio più alta che mai e la motivazione di Maggie andava oltre la semplice vendetta.

Il tradimento di Negan era uno dei motivi per cui la Dama era quasi morta, quindi non sorprende che volesse sbarazzarsi dell’ex leader dei Salvatori. Inoltre, Hershel era tormentato da ciò che l’ex cattivo aveva fatto a suo padre, quindi ha chiesto a Maggie di uccidere Negan nel finale della seconda stagione di Dead City. Maggie ha accettato, in parte per chiudere quel difficile capitolo della sua vita e in parte per riaccendere il rapporto con suo figlio. Di conseguenza, si è recata alla base operativa dei Burazi ed è arrivata proprio mentre Negan stava tornando alle sue vecchie abitudini.

Ha costretto Bruegel e Perlie a inginocchiarsi prima di eseguire il suo classico gioco “ambarabà ciccì coccò” per decidere chi uccidere per primo. Nonostante la scelta fosse caduta su Perlie, ha deciso invece di uccidere Bruegel, costringendolo a respirare del metano prima di dargli fuoco alla bocca. È stato un destino brutale che ha suggerito che la personalità malvagia di Negan fosse tornata nello spin-off di The Walking Dead, mentre Maggie assisteva a tutto. Negan aveva intenzione di uccidere anche Perlie, ma il maresciallo è riuscito a fuggire, dando vita a un’intensa sequenza di caccia.

Maggie ha capito perché Negan era ricaduto nella malvagità e ha deciso che risparmiarlo e andare avanti insieme era l’unica strada da seguire.

Prima che potesse uccidere Perlie, che una volta gli aveva salvato la vita, Negan è stato pugnalato da Maggie, che ha poi raccolto la sua mazza da baseball e lo ha inseguito attraverso l’edificio. Negan si è trascinato nelle celle sotterranee dove ha cercato di controllare Ginny, solo per scoprire che era morta e si era trasformata in uno zombie. Con il suo acerrimo nemico debole, vulnerabile e con il cuore spezzato, Maggie ha avuto la possibilità di finirlo, ma ha rifiutato.

Capì perché Negan era ricaduto nella malvagità e decise che risparmiarlo e andare avanti insieme era l’unica strada da seguire.

Se non fosse stato per la morte di Ginny, Maggie avrebbe sicuramente vendicato Negan. Tuttavia, la sua decisione suggerisce che potrebbero finalmente essersi lasciati il passato alle spalle e, anche se non diventeranno mai amici, la loro faida sembra essere finita ora che saranno costretti a lavorare insieme per andare avanti.

Cosa ha causato la morte di Ginny

Dato che la morte di Ginny è stata un punto di svolta importante nel finale, è importante capire cosa ha causato la sua morte, considerando che è avvenuta fuori dallo schermo. Durante la stagione 2, episodio 5, si temeva che Ginny fosse stata morsa da uno zombie, ma in realtà la sua ferita era stata causata da un oggetto con cui era stata trafitta mentre combatteva contro i vaganti. È riuscita a mettersi in salvo, ma ha tenuto segreta la ferita, che ha portato a un’infezione. Dopo aver finalmente affrontato Negan per l’omicidio di suo padre, ha puntato la pistola rubata contro di lui, ma è presto collassata, spingendo Negan a cercare di salvarla.

Nonostante l’odio di Ginny verso Negan, i due avevano ancora un legame quasi familiare, con Negan che la vedeva come una figlia. Di conseguenza, ha rischiato la vita e ha combattuto in un ospedale infestato dagli zombie per trovare le provviste che potevano salvarle la vita nel penultimo episodio della seconda stagione. Dopo averla collegata a una macchina, Negan veglia su di lei fino al momento di affrontare Bruegel e i suoi uomini, quando lascia Ginny da sola. Purtroppo, senza nessuno che la sorvegli e senza cure mediche adeguate, la giovane donna finisce per soccombere alle ferite.

Ginny e Bruegel sono stati gli unici personaggi ricorrenti a morire nel finale della seconda stagione di The Walking Dead: Dead City.

È stata una rivelazione straziante vedere il suo corpo zombificato avvicinarsi alla porta della cella mentre era ancora attaccato alla macchina. Negan l’ha pugnalata alla testa con grande commozione, pieno di rimpianto per averla lasciata sola nei suoi ultimi istanti. Per quanto parte della colpa possa essere attribuita a Negan per averla trascurata mentre combatteva, non c’era nulla che potesse fare per salvarla senza un medico, portando a una delle morti più tragiche di The Walking Dead degli ultimi anni.

Come Negan e i Burazi hanno sconfitto Bruegel

Sebbene Bruegel e la sua fazione fossero arrivati alla chiesa dei Burazi per negoziare, entrambi i gruppi avevano l’unico intento di combattere l’altro. Sfortunatamente per Bruegel, Negan era un passo avanti al cattivo. Come regalo di benvenuto, Negan ha offerto a Bruegel e alla sua gente un buffet con abbondanza di cibo fresco. La scena sembrava riferirsi a una storia raccontata dal croato all’inizio della stagione su come Negan avesse organizzato un banchetto per un gruppo nemico pieno di veleno, ma Bruegel ha gentilmente rifiutato il cibo, dicendo che avrebbe aspettato mentre Negan e i Burazi mangiavano.CorrelatiSimon ha tradito Negan in The Walking Dead stagione 8 – Ora Negan sta facendo lo stesso con un altro cattivoSimon ha tradito Negan in The Walking Dead stagione 8, e ora Negan sta facendo lo stesso con un altro cattivo in The Walking Dead: Dead City stagione 2.

Con grande sorpresa del cattivo, Negan e i suoi uomini si sono gustati il cibo prima di rovesciare il tavolo, rivelando un gruppo di vaganti nascosti sotto. Dopo aver consegnato le armi all’ingresso, la maggior parte dell’esercito di Bruegel è stata sopraffatta quando i Burazi hanno dato fuoco alla chiesa con lanciafiamme e benzina, senza lasciare loro alcuna via di fuga. Tuttavia, Perlie è riuscito a rompere la statua che Bruegel aveva portato in dono e che era piena di armi, dando alla fazione la possibilità di contrattaccare. Ci sono state vittime da entrambe le parti, ma Bruegel ha presto acquisito un lanciafiamme, inseguendo Negan fino alle celle.

Mentre il personaggio di Kim Coates pensava di avere il sopravvento, Perlie lo affrontò, preoccupato che l’antagonista stesse per attaccare Ginny. Prima che potessero risolvere le loro tensioni, i due furono affrontati dai Burazi e, nonostante Bruegel fosse il miglior cattivo di Walking Dead introdotto negli ultimi anni, fu brutalmente ucciso da Negan, ponendo fine al suo regno a New York. Naturalmente, Perlie è poi fuggito e ha avuto un confronto con Negan prima che i due alla fine appianassero le loro divergenze, ma non faceva realmente parte del gruppo di Bruegel, il che suggerisce che la fazione è stata ufficialmente sconfitta per sempre.

Come New Babylon è arrivata a Manhattan e qual è il suo obiettivo

Dopo la morte di Narvaez all’inizio della stagione, sembrava che la Federazione New Babylon di The Walking Dead non fosse più una minaccia importante, ma “If History Were a Conflagration” ha confermato che era ancora molto pericolosa. Durante lo scontro tra i Burazi e la fazione di Bruegel, New Babylon è arrivata a Manhattan con un numero di soldati apparentemente più numeroso che mai. Mentre Narvaez e Perlie avevano precedentemente guidato un gruppo di modeste dimensioni sull’isola, New Babylon sembra aver gettato tutte le sue forze per conquistare Manhattan nel finale della seconda stagione di Dead City, trovando l’occasione perfetta per arrivare.

Le principali fazioni della città si stavano distruggendo a vicenda mentre attraccavano e, anche se non è chiaro se New Babylon fosse a conoscenza della battaglia in corso, sono riusciti a navigare verso Manhattan mentre nessuno guardava. Il loro obiettivo principale rimane lo stesso di prima: impossessarsi dell’operazione metano, e sembra che ci siano già riusciti. Le scene finali dell’episodio 8 hanno mostrato il gruppo che trova il metano e inonda l’isola di soldati, il che significa che conquisteranno sicuramente Manhattan e imporranno le loro leggi ai sopravvissuti, diventando i principali antagonisti della serie.

Cosa succederà a Hershel e alla Dama

Con Maggie che non è riuscita a mantenere la promessa di uccidere Negan, Hershel ha mostrato più risentimento nei confronti della madre, scegliendo di rimanere con la Dama piuttosto che ricucire il loro rapporto. Era una decisione che Maggie sembrava prevedere, dicendo a suo figlio che sarebbe rimasta a Manhattan nel caso Hershel avesse avuto bisogno di lei. Anche se questo è un modo amaro per concludere la loro storia nella seconda stagione di Dead City, solleva interrogativi su quale sarà il nuovo piano di Hershel e della Dama. La Dama non ha più il sostegno dei Burazi, il che rende il duo relativamente impotente a New York.

Tuttavia, continueranno sicuramente a impegnarsi per rimodellare la città a loro immagine, che è stato il loro obiettivo fin dall’inizio della seconda stagione. L’alleanza tra Hershel e la Dama in The Walking Dead sembra nascere da una visione condivisa del futuro, e sebbene sia stata presentata in modo relativamente inquietante, non è ancora chiaro come intendano cambiare la città. Indipendentemente da ciò, probabilmente rimarranno una presenza malvagia a New York e cercheranno di sfruttare chiunque resista a New Babylon, creando potenzialmente una nuova fazione per cercare di riprendere il controllo di Manhattan.

Dov’era il Croato durante il finale della seconda stagione?

Forse uno dei più grandi misteri della seconda stagione di Dead City è stata l’assenza del Croato durante l’episodio 8. È stato visto l’ultima volta con Maggie mentre la aiutava a raggiungere il teatro dove si trovava Hershel, ma dopo di ciò ha preso la sua strada e non è più stato visto. Sembrava inevitabile che avrebbe avuto un ruolo nel finale, ma con mia grande sorpresa è rimasto scomparso. Sebbene sia impossibile sapere con certezza cosa gli sia successo, l’ipotesi più plausibile è che stesse cercando un modo per lasciare Manhattan e tornare a casa in Croazia.

Dopo che il croato ha lasciato i Salvatori in The Walking Dead, ha tentato di tornare nel suo paese natale, ma è finito invece a Manhattan, dove ha incontrato la Dama. Tuttavia, dopo essere stato bandito dai Burazi, è rimasto senza uno scopo e sembrava pronto a morire, finché Maggie non lo ha costretto ad aiutarla. Con il cattivo ormai solo, sembra che la sua ultima possibilità di felicità sia da qualche parte in Croazia, ma potrebbe essere impossibile lasciare l’isola ora che è arrivata New Babylon, il che suggerisce che il croato potrebbe avere un ruolo nella terza stagione, se ci sarà.

Come il finale di The Walking Dead: Dead City – Stagione 2 prepara la terza stagione

Sebbene una terza stagione non sia stata confermata, il finale della seconda stagione di Dead City conferma quasi certamente che ci sarà un altro capitolo, dato che molte trame sono rimaste in sospeso. Innanzitutto, Maggie e Negan sono ancora a New York e, considerando il loro ruolo nella narrazione più ampia di Walking Dead, è impossibile che la loro storia finisca qui. Il finale ha indicato che Maggie e Negan lavoreranno insieme in futuro e, sebbene abbiano già collaborato nella prima stagione, la loro prossima avventura potrebbe porre fine alla loro faida decennale una volta per tutte.

La presenza di Hershel con la Dama prepara anche il terreno per la seconda stagione, poiché Maggie sarà determinata a impedire che suo figlio scivoli nella malvagità e a mostrargli un futuro migliore.

Inoltre, la presenza di Hershel con la Dama getta le basi per la trama della seconda stagione, poiché Maggie sarà determinata a impedire che suo figlio scivoli nella malvagità e a mostrargli un futuro migliore. L’arrivo di New Babylon rende Manhattan un territorio ancora più ostile di prima e conferisce alla fazione più potere, fornendo a Maggie un’ulteriore motivazione per sconfiggerla, dato che ha una forte influenza sulla sua comunità. Il senso di colpa di Negan per la morte di Ginny probabilmente influenzerà il suo percorso futuro, poiché ha molto da redimersi dopo essere ricaduto brevemente nelle vecchie abitudini.

Ha quasi ucciso Perlie, il che suggerisce che trascorrerà la seconda stagione cercando di ottenere il perdono del maresciallo e dimostrando a Maggie che è cambiato. Negan non si è mai riunito con Annie e Joshua nella seconda stagione di Dead City, il che significa che ha ancora un obiettivo generale da raggiungere. Anche se lo spin-off ha dato una conclusione definitiva a nuovi personaggi come Bruegel e Narvaez, ci sono ancora molte storie che necessitano di una conclusione adeguata, il che suggerisce che la conferma della terza stagione di Dead City è solo una questione di tempo.

The Walking Dead: Dead City – Il vero significato della seconda stagione

The Walking Dead: Dead City La seconda stagione è stata ricca di azione, violenza e dramma, ma il suo vero messaggio era quello di andare avanti. Maggie ha trascorso anni della sua vita lottando per superare la morte di Glenn, e il suo risentimento verso Negan l’ha resa più ostile e divisiva, anche agli occhi di suo figlio. Piuttosto che portare avanti quel rancore, Maggie sembrava aver finalmente raggiunto una sorta di chiusura nella sua faida con Negan e, anche se ci vorrà ancora del tempo prima che lei riesca a perdonarlo veramente, il finale ha suggerito che ci arriveranno insieme.

Anche la storia di Negan ha sottolineato l’importanza di lasciarsi il passato alle spalle. Nel tentativo di salvare Ginny, è stato consumato dal suo personaggio di Salvatore, cercando di uccidere tutti quelli che gli ostacolavano il cammino, invece di essere più pragmatico. Le sue visioni di Lucille nell’episodio precedente hanno dimostrato che era ancora aggrappato al suo ricordo come guida, e anche se è comprensibile che lei fungesse da sua bussola morale, è chiaro che la sua morte lo ha guidato per tutto il finale.

The Walking Dead: Dead City è disponibile in streaming su AMC+.

Imparare a lasciar andare sembra essere l’unico modo per creare un futuro migliore, cosa che sia Maggie che Negan alla fine capiscono nel finale. Di conseguenza, la capacità di perdonarsi a vicenda e andare avanti dal proprio passato sembra essere la migliore possibilità per Maggie e Negan di sconfiggere Dama e New Babylon nella terza stagione di Dead City, motivo per cui questi temi hanno avuto un ruolo così importante nel finale.

J.K. Rowling dice la sua sulle prime sceneggiature della serie tv di Harry Potter

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La creatrice di Harry Potter, J.K. Rowling, ha offerto un primo commento alle sceneggiature del prossimo reboot dell’amata serie, in produzione su HBO, e ha descritto il suo livello di coinvolgimento. La produzione dell’attesissima serie di Harry Potter della HBO dovrebbe iniziare entro la fine dell’estate e l’autrice J.K. Rowling ha espresso il suo entusiasmo per i progressi del progetto.

In un post su X, J.K. Rowling ha rivelato di aver già letto le sceneggiature dei primi due episodi e le ha descritte come “così belle“, esprimendo grande approvazione per la direzione che la serie sta prendendo.

Quando i fan le hanno chiesto se avrebbe scritto personalmente alcuni episodi, Rowling ha confermato che non li avrebbe sceneggiati direttamente, ma ha sottolineato di aver lavorato a stretto contatto con il team di sceneggiatori della serie per garantire che l’adattamento rimanesse fedele allo spirito dei libri.

Cosa sappiamo della serie HBO su Harry Potter

HBO descrive la serie come un “adattamento fedele” della serie di libri della Rowling. “Esplorando ogni angolo del mondo magico, ogni stagione porterà ‘Harry Potter’ e le sue incredibili avventure a un pubblico nuovo ed esistente”, secondo la descrizione ufficiale. Le riprese dovrebbero avere inizio nel corso dell’estate 2025, per una messa in onda prevista per il 2026.

La serie è scritta e prodotta da Francesca Gardiner, che ricopre anche il ruolo di showrunner. Mark Mylod sarà il produttore esecutivo e dirigerà diversi episodi della serie per HBO in collaborazione con Brontë Film and TV e Warner Bros. Television. La serie è prodotta da Rowling, Neil Blair e Ruth Kenley-Letts di Brontë Film and TV, e David Heyman di Heyday Films.

Come già annunciato, Dominic McLaughlin interpreterà Harry, Arabella Stanton sarà Hermione e Alastair Stout sarà Ron. Altri membri del cast includono: John Lithgow nel ruolo di Albus Silente, Janet McTeer nel ruolo di Minerva McGrannitt, Paapa Essiedu nel ruolo di Severus Piton, Nick Frost nel ruolo di Rubeus Hagrid, Luke Thallon nel ruolo di Quirinus Quirrell e Paul Whitehouse nel ruolo di Argus Gazza.

Power Book IV: Force conferma l’uscita della terza e ultima stagione per l’autunno 2025 con un nuovo teaser

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Il trailer di Power Book IV: Force stagione 3 rivela la finestra di lancio dell’ultima stagione della serie. Incentrato sul personaggio di Tommy Egan (Joseph Sikora), lo scorso giugno è stato annunciato che Power Book IV: Force – stagione 3 sarebbe tornato per un’ultima apparizione. Ma anche se lo spin-off di successo di Power sta volgendo al termine, Tommy potrebbe non sparire per troppo tempo.

STARZ ha pubblicato un nuovo teaser per Power Book IV: Force stagione 3, confermando che l’ultima puntata uscirà nell’autunno 2025. Non è stata confermata una data di uscita più precisa, ma il teaser mostra Tommy sorridente e impassibile nonostante le pressioni crescenti e i pericoli sempre più gravi. Guarda il teaser qui sotto:

Cosa c’è da sapere su Power Book IV: Force stagione 3

La nuova stagione riprenderà da dove Power Book IV: Force – stagione 2 si era interrotta, con Tommy che deve affrontare una lista sempre più lunga di nemici. I federali lo stanno seguendo e le gang di strada continuano a cercare di eliminarlo. Questo porta Egan, più che mai, a pianificare strategicamente le sue prossime mosse per proteggere le persone che ama.

Correlati10 cose che Power Book IV: Force deve fare prima che la terza stagione concluda la serieIl prossimo capitolo di Power Book IV: Force concluderà lo spin-off e ci sono diverse cose che la serie deve fare prima che la terza stagione giunga al termine.✕Rimuovi pubblicità

Tommy deve sottrarre clienti alle fazioni rivali, il tutto mentre combatte contro l’influenza e il potere crescenti dei suoi avversari. È una situazione sempre più pericolosa per Tommy, che deve giocare sia in difesa che in attacco. Sikora è affiancato nel cast di Power Book IV: Force da Isaac Keys nel ruolo di Diamond Sampson, Kris D. Lofton nel ruolo di Jenard Sampson e Manuel Eduardo Ramirez nel ruolo di Miguel Garcia, che avrà un ruolo significativo nella prossima puntata.

Gary Lennon è showrunner e produttore esecutivo di Power Book IV: Force, mentre l’universo di Power è prodotto da Courtney A. Kemp, che ha creato la serie originale Power attraverso la sua società di produzione End of Episode, insieme al produttore esecutivo Curtis “50 Cent” Jackson attraverso la G-Unit Film and Television e Mark Canton attraverso la Canton Entertainment. Terri Kopp e Chris Selak sono produttori esecutivi, mentre Lionsgate Television produce la serie per STARZ.

Adrienne Walker interpreta Shanti “Showstopper” Page, insieme a Miriam A. Hyman nel ruolo del procuratore federale Stacy Marks, Anthony Fleming III nel ruolo di JP e Lucien Cambric nel ruolo di D-Mac. Indipendentemente da ciò che accadrà a Tommy, però, potrebbe non essere l’ultima volta che gli spettatori lo vedranno. Recenti indiscrezioni indicano che tornerà con un altro attore che è stato assolutamente cruciale per l’universo di Power.

The Sandman – Stagione 2, ecco a voi gli Eterni!

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The Sandman – Stagione 2, ecco a voi gli Eterni!

La Stagione 2 di The Sandman sarà l’ultima

In seguito alla controversia riguardo le accuse di violenza sessuale e cattiva condotta contro Neil Gaiman, che ha co-sviluppato e prodotto la serie TV basata sui suoi fumetti DC, è stato annunciato a gennaio che la seconda stagione di The Sandman sarebbe stata l’ultima, anche se secondo Netflix era previsto già da prima che emergessero le accuse contro Gaiman che il secondo ciclo di episodi sarebbe stato conclusivo.

La seconda stagione di The Sandman adatta infatti le trame di molti fumetti, tra cui Season of Mists, Brief Lives, The Kindly Ones e The Sandman: Overture, insieme a storie singole come “Tales in the Sand”, “A Midsummer Night’s Dream”, “The Song of Orpheus”, “Thermidor” e “The Tempest”, tra le altre.

The Sandman è interpretato da Tom Sturridge nel ruolo di Sogno, Gwendoline Christie nel ruolo di Lucifero, Vivienne Acheampong nel ruolo di Lucienne, Kirby Howell-Baptiste nel ruolo di Morte, Patton Oswalt nel ruolo di Matthew il Corvo, Jenna Coleman nel ruolo di Johanna Constantine, Mason Alexander Park nel ruolo di Desiderio, Donna Preston nel ruolo di Disperazione e altri ancora.

Gli altri fratelli di Sogno sono: Destino (Adrian Lester), Delirio (Esmé Creed-Miles) e il Prodigo (Barry Sloane), che partecipano a una “cena di famiglia” con il resto degli Endless, Morte (Kirby), Desiderio (Mason Alexander Park) e Disperazione (Donna Preston).

Daredevil: Rinascita – Stagione 2: nuove foto dal set che forse collegano la serie a Spider-Man: Brand New Day

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Le speculazioni sulla trama di Spider-Man: Brand New Day continuano a dilagare, e le ultime foto e filmati dal set di Daredevil: Rinascita – Stagione 2 potrebbero gettare un po’ di luce sullo status quo di New York.

Venerdì abbiamo appreso che Jon Bernthal riprenderà il ruolo di The Punisher in Spider-Man: Brand New Day. L’abbiamo visto l’ultima volta in azione nei panni di Frank Castle in Daredevil: Rinascita, mentre è prevista anche una Presentazione Speciale per il vigilante.

Al momento, Bernthal non è stato ancora annunciato per Daredevil: Rinascita – Stagione 2, il che rende più probabile che la suddetta Presentazione Speciale colmi il divario tra i due progetti MCU.

Ogni foto e video dal set della seconda stagione ha mostrato Matt Murdock e Karen Page in incognito e con la testa bassa, grazie alla Task Force Anti-Vigilante che pattuglia la Grande Mela. Tuttavia, il nostro ultimo sguardo alla serie mostra i due personaggi molto felici e chiaramente non più nascosti.

POTETE VEDERE LE IMMAGINI A QUESTO LINK

La teoria prevalente tra i fan è che questa sia una scena ambientata verso la fine della seconda stagione, il che significa che Fisk è stato sconfitto e la città è libera dal suo regno tirannico. Questo libera Spider-Man: Brand New Day dal dover essere vincolato agli avvenimenti della serie.

Resta da vedere se la terza stagione avrà luogo, anche se il capo della Marvel Television, Brad Winderbaum, ha lasciato intendere che gli piacerebbe esplorare la Mano e la Gilda degli Assassini in futuro.

Bridgerton: annunciate le riprese della quarta stagione in un video dietro le quinte

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Netflix ha celebrato la fine delle riprese della quarta stagione di Bridgerton con un nuovo video dal dietro le quinte, che svela un dettaglio impercettibile sul ruolo che Penelope continuerà a ricoprire nella storia. La quarta stagione di Bridgerton vedrà finalmente il secondo genito Benedict (Luke Thompson) protagonista di una storia d’amore, dopo essersi innamorato di una misteriosa donna mascherata al famoso ballo in maschera organizzato da sua madre. Sebbene Benedict e il suo amore alla Cenerentola, Sophie Baek (Yerin Ha), saranno al centro dell’attenzione di Bridgerton e della prossima stagione londinese, anche il resto del clan Bridgerton avrà un ruolo da svolgere.

Tra questi c’è Penelope, interpretata da Nicola Coughlan, che ha trovato il suo lieto fine con il fratello minore di Benedict, Colin (Luke Newton), nella terza stagione di Bridgerton. Il video del dietro le quinte della quarta stagione di Bridgerton mostra quasi tutti i membri del cast principale della serie, compresi i nuovi arrivati come Yerin Ha, Michelle Mao, Isabella Wei, Katie Leung e Masali Baduza, mentre si cambiano i loro elaborati costumi dell’epoca regency con abiti contemporanei (e infinitamente più comodi). Tuttavia, un piccolo dettaglio ha attirato l’attenzione dei fan più attenti, poiché il trailer di Nicola Coughlan è ora etichettato come “Penelope Bridgerton” invece che “Penelope Featherington”. Potete guardare il video qui sotto:

Cosa significa questo per la quarta stagione di Bridgerton

Dato che Bridgerton è una serie corale, è logico che i protagonisti delle stagioni precedenti tornino per brevi apparizioni nelle stagioni successive. Nonostante la sfortunata assenza di Daphne (Phoebe Dynevor) nella terza stagione (e quella di suo marito dalla prima stagione), sappiamo almeno che Penelope, Colin, Anthony (Jonathan Bailey) e la moglie di Anthony, Kate (Simone Ashley), torneranno nella quarta stagione di Bridgerton. Forse il cambio di nome nel trailer di Penelope non dovrebbe sorprendere più di tanto. Tuttavia, è un gradito promemoria di come la sua storia stia andando avanti ora che ha sposato Colin, ha rivelato la sua doppia identità ed è diventata madre.

Dato il ruolo più ampio di Penelope nella società – si può dire che abbia più influenza dell’intera famiglia Bridgerton messa insieme – ha senso che Coughlan possa avere un ruolo più importante nella quarta stagione di Bridgerton.

Dato il ruolo più ampio di Penelope nella società – si può dire che abbia più influenza dell’intera famiglia Bridgerton messa insieme – è logico che Coughlan possa avere un ruolo più importante nella quarta stagione di Bridgerton. Potrebbe persino essere in grado di aiutare Benedict e Sophie nel lungo periodo; l’opinione di Penelope come Lady Whistledown ha un certo peso, e il background familiare non convenzionale di Sophie causerà senza dubbio scalpore tra i pettegoli più importanti di Londra. Riuscirà ad aiutarli a evitare lo scandalo? Tutto è possibile.

Ultron potrebbe comparire spesso nei prossimi progetti Marvel, dopo Vision

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James Spader riprenderà il ruolo di Ultron nella prossima serie Vision, ma sembra che i Marvel Studios abbiano in mente progetti molto più ambiziosi per il personaggio in futuro. Non vediamo il potente supercriminale noto come Ultron da Avengers: Age of Ultron del 2015, e da allora i fan sperano di vedere la megalomane IA tornare nell’MCU.

Ad agosto, è emersa la notizia che James Spader riprenderà il ruolo nella serie Vision in arrivo su Disney+, descritta come “la terza parte di una trilogia iniziata con WandaVision e proseguita con Agatha Christie”.

Ultron fu creato da Tony Stark e Bruce Banner per far parte di un programma di mantenimento della pace che avrebbe dovuto “mettere uno scudo attorno alla Terra” come difesa contro l’invasione, ma l’IA finì per rivoltarsi contro l’umanità e fu infine distrutta da suo “figlio” Visione verso la fine di Age of Ultron. Resta da vedere come verrà reintrodotto, ma si prevede che Spader interpreterà Ultron in forma umana insieme a diversi altri personaggi IA di ritorno.

Si è ipotizzato che il ritorno di Ultron potrebbe essere un “uno e basta” (beh, tecnicamente sarebbe un due e basta), ma secondo l’indiscreto Daniel Richtman, la Marvel “ha in programma il ritorno di Ultron per diversi progetti dopo Vision Quest”.

Ovviamente resta da vedere come si evolveranno questi progetti, ma non saremmo sorpresi se Ultron venisse preso in considerazione nella serie Young Avengers (che si ritiene si intitolerà The Champions) attualmente in lavorazione.

Vision Quest

La serie Vision

Il progetto Vision, ancora senza titolo ufficiale, che potrebbe o meno essere intitolato Vision Quest, è stato descritto come “la terza parte di una trilogia iniziata con WandaVision e che continua con Agatha All Along“.

Oltre a Paul Bettany, James Spader di Avengers: Age of Ultron riprenderà il ruolo di Ultron (“non è chiaro se Ultron tornerà come robot o in forma umana”). Non c’è stato alcun accenno al potenziale coinvolgimento di Elizabeth Olsen, ma la serie sarà ambientata dopo gli eventi di WandaVision, “mentre il fantasma di Visione presumibilmente esplora il suo nuovo scopo nella vita”. T’Nia Miller è stata confermata per il ruolo di Jocasta. Kerry Condon apparirà nei panni di F.R.I.D.A.Y. in forma umana, mentre Emily Hampshire sarà E.D.I.T.H.

Il finale di WandaVision ha rivelato che la Visione con cui avevamo trascorso del tempo nel corso della stagione era in realtà una delle creature di Wanda, ma la vera “Visione Bianca” è stata ricostruita dalla S.W.O.R.D. e programmata per rintracciare e uccidere Scarlet Witch. Questa versione del personaggio si è allontanata verso luoghi sconosciuti verso la fine dell’episodio, dopo essersi dichiarata la “vera Visione”.

Per quanto riguarda Wanda, l’ultima volta che abbiamo visto la potente strega era mentre devastava gli Illuminati e si faceva crollare una montagna addosso in Doctor Strange in the Multiverse of Madness.

Anche l’attore di Picard, Todd Stashwick, è nel cast, nei panni di “un assassino sulle tracce di un androide e della tecnologia in suo possesso”. Vision – o Vision Quest – debutterà su Disney+ nel 2026.

28 Anni Dopo: ecco a voi il Sir Jimmy Crystal di Jack O’Connell

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28 Anni Dopo: ecco a voi il Sir Jimmy Crystal di Jack O’Connell

Prima dell’uscita di 28 Anni Dopo di Danny Boyle e Alex Garland (qui la nostra recensione), tutto ciò che sapevamo del misterioso personaggio di Jack O’Connell era che si faceva chiamare Sir Jimmy Crystal e che era (molto probabilmente) responsabile dell’incisione di quelle iniziali sull’uomo infetto che Jamie (Aaron Taylor-Johnson) e Spike (Alfie Williams) trovano appeso e in fin di vita durante il loro viaggio sulla terraferma.

Jimmy ha solo un ruolo marginale nel film. Lo incontriamo per la prima volta da bambino nella scena iniziale, quando perde l’intera famiglia in un attacco infetto, e torna negli ultimi momenti del film per salvare Alfie che viene messo alle strette da un gruppo di Ragers. Jimmy adulto e i suoi seguaci – che si fanno chiamare tutti Jimmy – sono vestiti come il famigerato DJ e presentatore televisivo britannico Jimmy Savile, morto nel 2011 dopo una lunga storia di abusi sessuali su minori.

“Ha a che fare tanto con la cultura pop quanto con l’abbigliamento sportivo, con il cricket, con il sistema di onorificenze”, ha detto Boyle a Business Insider a proposito della decisione di far adottare a Crystal e al suo culto il look distintivo di Savile. “È tutto un po’ come un intreccio in questo ricordo parziale, aggrapparsi a cose e poi ricrearle come immagine per i seguaci”. “È un caleidoscopio, vero?” ha aggiunto Garland a proposito del personaggio di O’Connell. “Una specie di caleidoscopio psichedelico, strafatto”. “Il problema del guardare indietro è quanto sia selettiva la memoria”, ha continuato lo scrittore. “Sceglie a caso, soffre di amnesia e, soprattutto, ricorda male. Viviamo in un’epoca dominata da un passato ricordato male“.

Jimmy Crystal (O’Connell) e la sua banda dovrebbero avere un ruolo molto più importante nel sequel di Nia DaCosta, 28 Years Later: The Bone Temple, girato contemporaneamente a questo film e la cui uscita è prevista per il prossimo anno.

Secondo la sinossi ufficiale, “Sono passati quasi tre decenni da quando il virus della rabbia è sfuggito a un laboratorio di armi biologiche e ora, ancora in una quarantena imposta senza pietà, alcuni hanno trovato il modo di sopravvivere tra gli infetti. Uno di questi gruppi di sopravvissuti vive su una piccola isola collegata alla terraferma da un’unica strada rialzata pesantemente difesa. Quando uno del gruppo lascia l’isola per una missione nel cuore oscuro della terraferma, scopre segreti, meraviglie e orrori che hanno mutato non solo gli infetti, ma anche altri sopravvissuti.”