Arriva dal
The Hollywood Reporter la notizia che The Mandalorian 3 ha appena
scelto un altro attore di alto profilo per rimpolpare il cast della
terza stagione, poiché Christopher Lloyd, noto
soprattutto per il ruolo di Doc Brown nella serie
Ritorno al futuro, si è unito allo show di
Star
Wars.
L’Hollywood Reporter
ha riportato la
notizia, affermando che l’attore è nel call sheet per la serie, che
sta attualmente girando nel sud della California dopo una
interruzione segnalata relativa al COVID-19. Non si sa
esattamente che ruolo interpreterà Christopher
Lloyd, ma è stato riferito al THR come una “guest star “.
Dato che Dave Filoni e la compagnia sembrano avere un debole
per riportare in vita i personaggi degli spettacoli
animati di Star Wars, il suo potrebbe essere
un personaggio che potrebbe provenire da The Clone
Wars o Rebels.
Potrebbe volerci del tempo prima
che queste informazioni vengano annunciate ufficialmente,
poiché The Mandalorian 3 non ha ancora
una data di uscita. Dopotutto, la Disney si sta ancora
concentrando sull’attesissima serie Obi-Wan Kenobi, che sarà presentato in
anteprima su Disney+ il 25 maggio.
The Mandalorian
3
The Mandalorian 3
è la terza stagione della serie tv live action
The
Mandalorian basata sull’universo di Star
Wars prodotta dalla LucasFilm per la piattaforma
streaming Disney+.
Ambientata nell’universo di Guerre
stellari dopo le vicende de Il
ritorno dello Jedi e prima di Star
Wars: Il risveglio della Forza, racconta le avventure
di un pistolero mandaloriano oltre i confini della Nuova
Repubblica. Dopo la caduta dell’Impero, nella galassia si è diffusa
l’illegalità. Un guerriero solitario vaga per i lontani confini
dello spazio, guadagnandosi da vivere come cacciatore di taglie.
Ambientata dopo la caduta dell’Impero e prima della comparsa del
Primo Ordine, The
Mandalorian racconta le difficoltà di un
pistolero solitario che opera nell’orlo esterno della galassia,
lontano dall’autorità della Nuova Repubblica. La serie ha come
protagonista Pedro Pascal nei panni del Mandaloriano.
La
serie è prodotta e scritta da Jon
Favreau (già produttore de Il Re
Leone e delle saghe
di Avengers e Iron Man). Nel
cast Carl Weathers (Apollo Creed nella
saga di Rocky), Nick
Nolte (Cape Fear, Il Principe delle
maree), Emily
Swallow (Supernatural, Le regole
del delitto perfetto), Taika
Waititi (premio Oscar 2019 per JoJo
Rabbit), Giancarlo
Esposito (Fa’ la cosa
giusta, Breaking Bad) e Omid
Abtahi (24, Homeland, Star
Wars: The Clone Wars).
The
Mandalorian, prodotta in esclusiva per Disney+ da Lucasfilm, è
la prima serie live-action di Star Wars e, nei suoi 8 episodi,
racconta vicende ambientate dopo la caduta dell’Impero, quando
nella galassia si è diffusa l’illegalità. Protagonista è un
guerriero solitario che vaga per i lontani confini dello spazio,
guadagnandosi da vivere come cacciatore di taglie. A
interpretarlo Pedro
Pascal (Game of
Thrones, Narcos).
Per Alberto
Barbera, direttore della
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia,
Full Time – Al cento per cento è il ”film rivelazione
dell’anno”. Il lungometraggio diretto da Eric
Gravel e con protagonista Laure Calamy è un ritratto realistico della
società francese odierna: mostra la vita quotidiana, tutt’altro che
semplice, di una madre single che vive in periferia e non guadagna
abbastanza.
La trama di Full Time
Julie è divorziata, ha due
figli e vive nella periferie parigina. Lavora come governante in un
hotel a cinque stelle di Parigi: ogni giorno si sveglia all’alba,
prepara i suoi bambini, li consegna alla baby sitter e prende il
treno per la città. Julie è laureata, lavorava nell’ambito
della ricerca sociale ma, dopo essere stata licenziata, non ha
trovato nulla di meglio del lavoro nell’hotel. Un po’ per necessità
– l’ex-marito non contribuisce con gli alimenti come dovrebbe, un
po’ per ambizione, Julie continua a fare colloqui per
tornare a lavorare nel suo settore.
Riesce finalmente ad ottenere un
appuntamento per ”il lavoro perfetto”, ma il tempismo non sembra
aiutarla. Nella stessa settimana, Julie deve fronteggiare
il colloquio per il nuovo impiego, gli scioperi e le manifestazioni
che bloccano la circolazione a Parigi, il capo del personale
dell’hotel che la mette sotto pressione, il compleanno del figlio e
le lamentele dell’anziana baby-sitter. Riuscirà la protagonista a
gestire tutto o verrà sopraffatta?
Una vita ”Full Time”
Il titolo di Full
Time parla da sé: Julie non solo ha un
impiego a tempo pieno, ma vive ogni attimo della sua vita come un
lavoro, un dovere dopo l’altro. Come uno schema, si sveglia, veste
i figli, prende il treno, lavora, mangia, lavora, riprende il
treno, lava e mette a letto i figli. E di nuovo da capo. L’unico
attimo di pace potrebbe essere il bagno a fine giornata, ma il
boiler dell’acqua calda rotto e i capricci dei bambini guastano
anche questo momento.
Il regista sceglie di raccontare la
vita di questa mamma single senza troppi fronzoli: fa una
ricostruzione quasi documentaristica della settimana di
Julie, giorno dopo giorno. Non si vedono in Full
Time scene melodrammatiche, scene finte ”da film”. Non ci
sono commenti o narrazioni che esagerano le situazioni vissute
dalla protagonista. Tutto è estremamente reale e per questo
d’effetto.
Un racconto ansiogeno per il suo
realismo
Full Time è un
crescendo di tensione, un climax che, scena dopo scena, problema
dopo problema, arriva al suo culmine poco prima della fine. Per
come è costruito, il film genera un senso di angoscia tangibile.
Guardando il lungometraggio ci si immerge in una storia che
potrebbe essere vera. Quello di Full Time è un
mondo che barcolla e perde pezzi su tutti i fronti: la vita
privata, la società attorno, il lavoro, la comunità, tutto arranca
e niente sembra stabile.
In tutto ciò, Julie è sola:
non ha il sostegno dell’ex-marito, la baby-sitter la mette alle
strette, le colleghe sono spietate e in mezzo ci si mettono anche
gli scioperi. È impossibile non empatizzare con lei e non
immedesimarsi. L’ansia arriva addirittura a far temere il peggio:
lo spettatore diventa più coinvolto – e più pessimista – della
protagonista. Il lavoro dell’attrice contribuisce all’ottima resa
del film: Laure Calamy è un volto di pietra,
paralizzato dalle preoccupazioni. Si percepisce la tensione sotto
la maschera di una madre, una collega, un’amica che cerca di andare
avanti senza dare a vedere le sue angosce.
Non a caso, Calamy
è un attrice coinvolta nei temi sociali. Ha già recitato in film e
serie che criticano il mondo dei lavoro: tra tutti ricordiamo lo
show francese Chiami il mio agente!, serie sulla
professione dell’attore.
Inoltre, Calamy è membro del Collettivo
50/50, organizzazione che ha l’obiettivo di promuovere la parità
tra donne e uomini nel settore cinematografico e televisivo.
Un film già premiato dalla
critica
Full Time è già
stato amato dai critici: presentato a Venezia, ha vinto il Premio Orizzonti Miglior Attrice (Laure
Calamy) e il Premio Orizzonti Miglior Regia
(Eric Gravel). Originale, documentaristico e
abilmente costruito a livello di suspence, speriamo che il film
possa conquistare anche il pubblico in sala.
Nella giornata del 16
marzo 2021, l’Università
IULM di Milano ha tenuto un convegno
su C’era una volta in America, il
capolavoro del regista Sergio
Leone. L’incontro, aperto agli studenti e a tutta
la cittadinanza, ha visto la partecipazione di tante personalità
legate al regista e al lungometraggio: tra gli altri, la figlia del
maestro, Raffaella Leone, lo sceneggiatore
Franco Ferrini, l’attore del giovane
NoodleScott Schutzman. Vediamo nel
dettaglio gli argomenti più interessanti che sono stati trattati
durante l’evento!
Perché parlare oggi di C’era una
volta in America?
È il terzo capitolo della ”trilogia
del tempo”. Dopo C’era una volta il West (1968) e Giù la testa (1971), Sergio Leone
dedica per dieci anni anima e corpo alla creazione di un’opera
mastodontica che, nella sua testa, sarebbe dovuta durare 5 o 6 ore.
Il pioniere degli spaghetti-western, accantona il genere che l’ha reso
celebre al grande pubblico per creare un
gangster movie ambientato a New York.
Partendo dal romanzo The
Hoods di Harry Grey, Leone
mette in scena la storia della vita di David ”Noodles”
Aaronson, un ebreo povero dei quartieri bassi di Manhattan che
diventa fin da piccolo un criminale per necessità. Il film percorre
quarant’anni di vita (e di storia), passando dal proibizionismo
degli anni Venti al clima del tardo dopo-guerra degli anni
Sessanta.
C’era una volta in America: la
trama
Il film parla di amicizia, di
disperazione e, soprattutto, di tempo. I tempi del film sono tre e
– nella versione distribuita fuori dagli Stati Uniti – vengono
continuamente mescolati. Nel 1920 Noodles (Scott
Schutzman) è un adolescente, già membro di una baby-gang
con i suoi quattro amici: Max, Patsy,
Cockeye e Dominic. Noodles
è piccolo, ma vive già emozioni forti come l’amore, l’odio e
il lutto. Negli anni Trenta Noodles (Robert
De Niro) è un giovane criminale che, dopo aver perso i
suoi amici nell’ennesima lotta di quartiere, fugge da New York per
cambiare vita. Nel 1968 Noodles è ormai
ultrasessantenne. Torna a New York perché è stato invitato dal
rabbino locale: deve trasferire le salme degli amici morti
trent’anni prima.
Quando arriva in città,
Noodles scopre che in realtà l’azione è già stata compiuta
da un ignoto benefattore. Il fatto viene interpretato dal
protagonista come il richiamo da parte di un vecchio nemico: non
può far altro che accettare la sfida e scoprire chi (e perché) lo
sta cercando…
Un oggetto di culto
Ad aprire il convegno è il critico
cinematografico e rettore dell’Università IULM Gianni
Canova.Per prima cosa, spiega quanto il film
sia un oggetto di culto, soprattutto per la sua
generazione. Ricorda il ruolo di C’era una volta in America anche per la
rivista di cinema Duel, in cui Canova stesso si è formato
e da cui sono uscite importanti personalità dell’odierna critica
cinematografica: ”Il numero uno del 1993 aveva in copertina un
volto molto leoniano, Clint Eastwood, il titolo
era Duel, anch’esso molto leoniano, e l’esergo
dell’editoriale del primo numero era: cosa avete fatto in
tutti questi anni? Siamo andati a letto
presto”. Canova spiega poi come il
film di Sergio Leone sia
un’opera-mondo, un’opera che non solo costruisce
un mondo ma che ci aiuta anche a vivere meglio nel nostro
mondo.
”Cosa hai fatto in tutti questi
anni?” ”Sono andato a letto presto”
La famosa frase che Noodles
dice a Fat Moe quando torna a New York è solo una degli
elementi iconici di C’era una volta in America. Il
film ha segnato la storia del cinema, in particolare il genere dei
gangster movies. Le vicissitudini legate alla produzione,
le interpretazioni della pellicola, le leggende e le verità che
circolano attorno all’ultimo grande film di Sergio
Leone continuano ad affascinare: ecco perché si è scelto
di fare un convegno interamente dedicato al lungometraggio.
Il tempo costruito
Fuori e dentro la pellicola,
C’era una volta in America è un film che ha a che
fare con il tempo. Noodles, tornando a New York dopo 35
anni, si trova a fare i conti con il suo passato: i ricordi
d’infanzia, l’amicizia, i dolori. Attorno al personaggio degli anni
Sessanta il tempo si sgretola. Come dice anche Deborah,
suo amore giovanile: ”Siamo due vecchi, Noodles: l’unica cosa
che ci resta è qualche ricordo”.
La pellicola, nella versione
originale gioca tantissimo con il tempo, lo sfrutta ai fini
drammatici. Lo sceneggiatore Franco Ferrini spiega
il senso del tempo, in particolare nella scena in cui Fat
Moe e Noodles si rincontrano: De
Niro arriva nel bar e porta un oggetto in particolare, la
chiave del vecchio pendolo. È come se il tempo, dopo la partenza di
Noodles, non fosse mai passato: riparte nel momento del
ritorno. A decadere non è solo il tempo del protagonista, ma anche
il tempo storico: quello di C’era una volta in
America è un mondo che, cadendo dopo la seconda guerra
mondiale, vuole portare tutto e tutti con sé.
Il tempo distrutto
Anche a livello di produzione, la
”questione tempo” è rilevante. Ci sono voluti dieci anni per
realizzare il film e, alla fine, ne sono uscite più versioni. Per
questioni commerciali, in America la pellicola è uscita mutilata:
139 minuti di un film riorganizzato in ordine cronologico. A
raccontare della produzione – e di come è stata vissuta da Sergio – c’è Raffaella Leone,
figlia del grande regista e aiuto costumista sul set del film.
”Io dico sempre che C’era una volta in America
è stato per dieci anni il nostro quarto fratello.” Per
Sergio Leone la versione americana non è mai
esistita: ”Mio padre ha tolto il nome, non ha mai voluto
vederlo, è stato per lui una ferita, un’amputazione.”
Raffaella Leone
svela anche alcuni dettagli su Sergio: ”Mio
padre per dieci anni ha inseguito questo sogno, per dieci anni non
ha lavorato a nessun film. Per me vederlo sul set è stata una
doppia rivelazione: di lui come regista e di lui come persona. Ho
scoperto lati di papà che nella vita erano difficili da
individuare. Se nella vita mio padre era un uomo pigro, come i suoi
film, sul set era un’altra persona, molto attivo”.
E aggiunge, con nostalgia: ”Sul
set mio padre era felice, come un bambino in un negozio di
caramelle, si accendeva. Era il momento in cui riusciva a esprimere
ciò che aveva sognato e immaginato.”
Le tre versioni
Totalmente spersonalizzato e privo
di senso, il lavoro di Leone non ottiene successo
negli Stati Uniti. Fortunatamente, fuori dagli
States C’era una volta in America ha avuto la
gloria meritata. In ambito internazionale, il film è uscito in una
versione da 219 minuti che rispetta il plot pensato dal regista e
dagli sceneggiatori.
Dopo un primo montaggio,
Leone aveva considerato anche l’ipotesi di
pubblicare una versione da 6 ore, divisa in due parti: anche nel
film internazionale quindi, mancano numerose scene. Le
sequenze tagliate non sono state distrutte, ma sono state
conservate in modo piuttosto scarno, non doppiate e non montate,
fino al 2011. Con l’acquisto dei diritti del film per l’Italia da
parte dei figli del regista, C’era una volta in
America trova nuova vita: viene fatto restaurare dalla
Cineteca di Bologna e, grazie al restauro, vengono recuperati anche
26 minuti di girato presenti nel primissimo montaggio. Nel 2012
viene quindi presentato a Cannes l’extended
diector’s cut, un film lungo 246 minuti.
Le scene inedite
Al convegno tenuto in IULM si è parlato anche di queste scene
tagliate (e poi ricucite). Piero Neri Scaglione,
autore del libro Che fine hai fatto in questi anni, ha
presentato insieme a Massimo Rota,
giornalista critico cinematografico, sei sequenze inedite del film,
tratte dalla versione estesa. Tra queste, c’è l’incredibile scena
all’interno della cripta del cimitero, essenziale per capire il
senso del film. La sequenza permette infatti a Noodles di
scoprire che i corpi dei suoi amici sono stati spostati da qualcuno
a suo nome, una persona che conosce la sua identità.
Scaglione e
Rota fanno quindi luce sull’impresa del regista,
sulla maestosità del progetto e sull’enorme quantità di girato: si
è parlato, ironicamente, di 22 mila metri di pellicola.
”Leone diceva di avere parti della pellicola
anche sotto il suo letto”.
Le musiche di Ennio Morricone:
scheletro di C’era una volta in America
Non si può parlare del
film senza citare l’incredibile colonna sonora di Ennio Morricone. A raccontare della musica è
il compositore Alessandro De Rosa, autore del
libro Ennio Morricone. Inseguendo quel sogno.”Se
penso a C’era una volta in America penso
all’amicizia, al tradimento, all’amore, alla morte, alle memorie,
allo sgretorarsi come statue di sale”.
Il film, spiega De
Rosa, è costituito principalmente da temi musicali duali,
che creano conflitto dentro e fuori dal film. Un gioco di
dimensioni in cui le musiche esprimono ed esaltano concetti,
legittimando la storia. ”Anche tutti i personaggi sono animati
da una forza duale: sono poca cosa nel presente, ma stanno puntando
a qualcosa di più alto e più grande.”
I temi musicali del film
I temi che guidano C’era una
vita in America sono tre e sono temi musicali quanto
narrativi. Il tema dell’amicizia, che è quello
principale, il tema poverty, della povertà, e il
tema di Deborah, la musa, la donna irraggiungibile
per Noodles. Questi temi, nella lunga durata del film,
s’incastrano e mescolano tra loro, per dare senso e intensità.
Dice De
Rosa: ”La musica si sostituisce al dialogo. Entra
ed esce dal film, passa dalla dimensione dietetica a quella
extradiegetica.” Si passa dal flauto di pan suonato da
Cockeye, all’orchestra extradiegetica, alle note scordate
di un pianoforte. Tutto è estremamente evocativo. Il ricordo,
l’amicizia, la povertà e l’amore sono le emozioni che dominano il
film e la musica ne è la cassa di risonanza. La musica,
specialmente quella di Morricone, ha
potere ”La musica può guidare le azioni di un gruppo, può
coordinare i movimenti di camera, … è tra le persone che lavorano
al film.”
Tutti gli ospiti della
giornata
La cittadinanza e gli studenti hanno
potuto quindi interfacciassi con tante personalità legate a
C’era una volta in America: oltre ai personaggi
già nominati, sono intervenuti Steve Della Casa,
critico cinematografico e direttore del Torino Film
Festival, la costumista del film Gabriella
Pescucci, Scott Schutzman, l’interprete
del giovane Noodles e lo scrittore Paolo
Cognetti.
Il dialogo è stato ricco di passione
e senza dubbio arricchente per tutti i presenti. Gli aneddoti
curiosi e le nozioni più tecniche si sono susseguiti nel corso
della giornata, fornendo tanti spunti di riflessione per i cinefili
e generando curiosità per chi ancora non avesse visto il film.
Eventi come questo organizzato dall’Università
IULM permettono anche ai più giovani di scoprire e
riscoprire i capolavori del secolo scorso: speriamo che, per una
sera, qualche Noodles di oggi scelga di ”non andare a
letto presto” per guardare C’era una volta in
America.
Moon
Knight vede protagonisti Oscar Isaac, Ethan Hawke e May Calamawy.
Mohamed Diab e il team di Justin Benson &
Aaron Moorhead hanno diretto gli episodi. Jeremy
Slater è il capo sceneggiatore, mentre Kevin
Feige, Louis D’Esposito, Victoria Alonso, Brad
Winderbaum, Mohamed Diab, Jeremy Slater e Oscar
Isaac sono gli executive producer. Grant Curtis,
Trevor Waterson e Rebecca Kirsch sono i
co-executive producer.
Marvel Studios Moon
Knight, è la nuova serie serie originale live-action
Marvel Studios che
debutterà dal 30 marzo in esclusiva su Disney+.
La serie segue Steven Grant, un tranquillo impiegato di un negozio
di souvenir, che viene colpito da vuoti di memoria e ricordi
provenienti da un’altra vita. Steven scopre di avere un disturbo
dissociativo dell’identità e di condividere il suo corpo con il
mercenario Marc Spector. Mentre i nemici di Steven/Marc si
avvicinano, i due devono indagare sulle loro identità complesse
mentre si spingono in un mistero mortale tra i potenti dei
dell’Egitto.
Moon
Knight vede protagonisti Oscar Isaac, Ethan Hawke e May Calamawy.
Mohamed Diab e il team di Justin Benson &
Aaron Moorhead hanno diretto gli episodi. Jeremy
Slater è il capo sceneggiatore, mentre Kevin
Feige, Louis D’Esposito, Victoria Alonso, Brad
Winderbaum, Mohamed Diab, Jeremy Slater e Oscar
Isaac sono gli executive producer. Grant Curtis,
Trevor Waterson e Rebecca Kirsch sono i
co-executive producer.
Dopo La mossa del pinguino (2013) e Il
permesso – 48 ore fuori, Claudio Amendola torna alla regia con I cassamortari. Amendola
mette in scena una black comedy
troppo assurda anche per far ridere. Il film vede come protagonisti
grandi volti della risata italiana – Lucia Ocone,
Massimo Ghini, Antonello Fassari
– e una guest star. Chi è al centro della vicenda? Un
cantante rock, interpretato da Piero Pelù, morto e
riesumato innumerevoli volte.
I cassamortari: l’agenzia funebre
dei fratelli Pasti
Giuseppe Pasti (Edoardo
Leo) è il direttore di un’agenzia di pompe funebri.
Alla sua morte, il business resta nelle mani dei quattro figli:
Giovanni (Massimo Ghini), avaro e
affabulatore, Maria (Lucia
Ocone), vera amante dei vedovi, Marco
(Gian Marco Tognazzi), tanatoesteta che non parla
coi vivi ma dialoga coi morti e il giovane Matteo
(Alessandro Sperduti), pessimo social media
manager dell’agenzia.
Il padre, tanto stimato ed elogiato,
ha in realtà lasciato ai figli non solo la sua attività, ma anche
un grosso debito con lo stato. Nel momento di crisi nera
dell’impresa, arriva ”in soccorso” la morte di una nota rockstar:
Gabriele Arcangelo (Piero Pelù). Il
cantante, amato dal pubblico per le sue campagne di
sensibilizzazione sulla droga e su altri problemi sociali, è in
realtà una persona orribile: drogato, ubriacone e scorbutico. Dalla
sua morte quindi, l’amante (Sonia Bergamasco) e la
figlia Celeste decidono di ottenere quanti più soldi
possibili: affidandosi ai Pasti, vogliono sfruttare la
fama del defunto. Per un funerale pubblico prima, per un
evento sui social poi, la salma di Gabriele viene più
volte riesumata. Ciò porta i ”cassamortari” a vivere un conflitto
interiore: meglio salvare l’azienda o rispettare il defunto?
Una trama fin troppo ricca e
aggrovigliata per una commedia
La trama de
I Cassamortari vuole includere di tutto e di
più. C’è la famiglia Pasti, fatta da cinque persone,
protagonista che domina la scena per metà film. C’è il cantante
Gabriele Arcangelo con la compagna/agente e la figlia
Celeste. Ci sono i clienti delle pompe funebri e i fan di
Arcangelo. Non si sa bene in quale modo, l’assurda storia
della famiglia di pompe funebri si incastra con quella di una
rockstar. I singoli episodi legati ai clienti dei Pasti,
storie strambe di vedovi santoni, funerali per cani e bare di
lusso, sono coloriti e occupano la prima parte del film. Fanno
sorridere per la stranezza ma, essendo marginali rispetto alla
storia dei Pasti, funzionano.
La vicenda di Gabriele
Arcangelo invece fa dire ”è veramente troppo”: tutto perde
di credibilità. L’esagerazione non fa nemmeno più ridere. Il morto
più volte truccato e usato come un bamboccio, la figlia
cattivissima e arrogante che sembra assetata di vendetta
post-mortem nei confronti del padre. Forse lasciare perdere qualche
dettaglio tragi-comico e puntare su una trama meglio strutturata
sarebbe stata una buona idea.
Tinte gotiche che diventano
kitsch
La scelta di
Amendola di ambientare un film seguendo il
leitmotiv della morte e dell’agenzia funebre è originale e ha del
potenziale, ma non sembra venire sfruttato nel migliore dei modi.
Gli stratagemmi adottati per rallegrare l’agenzia, per alleggerire
il tema creano un setting estremamente pacchiano: la sede
dell’impresa di pompe funebri non ha nulla di diverso da un grande
studio di avvocati e porta la storia dei Pasti sullo
stesso piano di quella di altre famiglie imprenditoriali italiane
in crisi, motivo preso e ripreso in tantissimi film e serie
italiane.
Tutte le peripezie legate a
Gabriele Arcangelo non fanno che aggiungere toni kitsch e
finti alla storia: la casa piena di oggetti appariscenti e animali
imbalsamati, il funerale pubblico a Cinecittà, il corpo
del morto messo in piedi come un bamboccio. In questo modo,
I cassamortari sdrammatizza sul tema della morte,
ma non risulta più credibile: si poteva far ridere – forse anche di
più – senza esasperare tutto così tanto.
Grandi attori e personaggi
macchiette per I Cassamortari
Il cast de I
Cassamortari non è indifferente: accanto a Piero
Pelù – che in realtà recita per poche scene ma che cura le
musiche del film, ci sono attori comici come Lucia
Ocone, Massimo Ghini, Gian Marco
Tognazzi. Si aggiungono anche Edoardo Leo e la sempre brava Sonia
Bergamasco. Con una parure di attori simili,
si potrebbero fare grandi cose, ma non è questo il caso. La maggior
parte dei personaggi del film sono stilizzati, hanno tratti forti
che non prevedono grandi variazioni nel corso dello
svolgimento.
Il conclusione, I
Cassamortari è un film leggero ma non troppo, divertente
ma non troppo e decisamente troppo kitsch.
Paolo Strippoli e
Francesco Russo, co-regista e protagonista di
A Classic Horror Story, sono trai vincitori di
Meno di Trenta
edizione 2022, rispettivamente con un premio speciale e con il
riconoscimento al miglior attore protagonista nella categoria
cinema. In occasione della premiazione nell’ambito del
Festival di Spello, ecco cosa hanno raccontato
della loro esperienza sul set del film Netflix.
A Classic Horror Story, una classica storia
dell’orrore, come suggerisce il titolo, un omaggio alla tradizione
di genere italiana che, partendo da riferimenti classici, arriva a
creare qualcosa di completamente nuovo. Il nuovo film Netflix,
prodotto da Colorado Film, sarà presentato in Concorso alla 67esima
edizione del Taormina Film Fest 2021, che si terrà dal 27 giugno al
3 luglio 2021. Il film sarà poi disponibile dal 14 luglio 2021 solo
su Netflix.
A Classic Horror Story è diretto da Roberto De
Feo e Paolo Strippoli, da una sceneggiatura di Lucio Besana,
Roberto De Feo, Paolo Strippoli, Milo Tissone, David Bellini, e
vede come protagonisti principali Matilda Lutz, Francesco Russo,
Peppino Mazzotta, Yulia Sobol, Will Merrick, Alida Baldari Calabria
e Cristina Donadio. Il film è stato girato interamente in Puglia e
a Roma, per 5 settimane di riprese.
Arriva in prima tv
lunedì 21 marzo alle 21.15 su Sky Cinema Uno e Sky Cinema
4K, in streaming su NOW e disponibile on
demand anche in qualità 4K, Coda – I segni
del cuore.
Vincitore del Gran Premio della
Giuria, Premio del Pubblico, Premio Speciale per il cast e Premio
per la miglior regia nella sezione drama al Sundance 2021, in gara
agli Oscar 2022 con tre nomination tra cui quella per il miglior
film (le altre sono quelle per il miglior attore non protagonista
per Troy Kotsur e la migliore sceneggiatura non originale),
Coda – I
segni del cuore è il remake del pluripremiato film
francese La Famiglia Belier. Emozionante ed ironico,
irriverente e al contempo edificante, il film è scritto e diretto
da Sian Heder (Tallulah, Little America), e vede nel cast
attori sordi e udenti, tra cui il premio Oscar Marlee Matlin
(Figli di un dio minore), Emilia Jones, Eugenio Derbez,
Troy Kotsur, Daniel Durant.
Coda – I segni del
cuore è uno dei cinque titoli in concorso
quest’anno agli Oscar che nel mese di marzo
arriveranno in prima tv sui canali Sky Cinema, in
attesa della cerimonia di premiazione della 94ª edizione
degli Academy Awards , che dalle 00.15 della notte
tra domenica 27 e lunedì 28 marzo sarà in diretta su
Sky e in streaming su NOW.
In Coda – I segni
del cuore la giovane protagonista Ruby (Emilia
Jones) è l’unica persona udente nella sua famiglia (L’acronimo CODA
sta per Child of Deaf Adults, ovvero bambino in una famiglia di non
udenti). La diciasettenne, prima di entrare a scuola, nelle prime
ore del mattino, lavora sulla barca di famiglia per aiutare suo
fratello (Daniel Durrant) e i suoi genitori (Marlee Matlin e Troy
Kotsur) nell’attività di pesca sulla costa del Massachusetts. Da
quando la giovane ragazza è entrata a far parte del coro della
scuola, scopre di avere una smodata passione per il canto. Il suo
maestro Bernardo (Eugenio Derbez) crede ci sia qualcosa di speciale
nella giovane adolescente e la spinge a considerare una prestigiosa
scuola di musica per il suo futuro. Ruby si troverà davanti a un
bivio: abbandonare i suoi adorati genitori per seguire il suo più
grande sogno o continuare ad aiutare la sua famiglia.
A partire dal 12 aprile
arriva in Home Video Spider-Man:
No Way Home di Jon Watts, il
cinecomic più atteso dell’anno e campione d’incassi ai botteghini
di tutto il mondo. Considerato uno dei film Marvel migliori di sempre, l’ultimo
capitolo con protagonista l’Uomo Ragno sarà disponibile nei formati
DVD, Blu-Ray, 4K Ultra HD (con doppio disco 4K+Blu-ray) e una
Steelbook da collezione sempre con doppio disco 4K+Blu-ray. Tutte
le edizioni conterranno come gadget esclusivo una calamita da
collezione, mentre quelle Blu-ray, 4K e Steelbook saranno
arricchite anche da oltre 80 minuti di contenuti extra, tra cui
easter egg, errori sul set e tantissime curiosità sullo
spider-verse.
In questo nuovo capitolo
la star Tom
Holland torna nei panni dell’amichevole Supereroe di
quartiere dell’Universo Cinematografico Marvel in una super produzione che
riunisce oltre vent’anni di storie, insieme alla magnetica
Zendaya nel ruolo di Michelle “MJ” Jones-Watson e
l’iconico Benedict Cumberbatch in quelli dello stregone
supremo Doctor Strange. Il regista Jon
Watts, già dietro la macchina da presa di Spider-Man: Homecoming e
Spider-Man: Far From Home,
dopo le incursioni nelle capitali europee del film precedente
sposta l’azione nel Multiverso.
Per la prima volta nella
storia cinematografica viene rivelata l’identità dell’Uomo Ragno,
portando le sue responsabilità di Supereroe in conflitto con la sua
vita normale e mettendo a rischio le persone a cui tiene di più.
Quando chiede l’aiuto del Doctor Strange per ripristinare il suo
segreto, l’incantesimo squarcia un buco nel loro mondo, liberando i
cattivi più potenti che l’Uomo Ragno abbia mai dovuto combattere in
qualsiasi universo. Ora Peter Parker dovrà superare la sua più
grande sfida, che non solo altererà per sempre il suo futuro, ma
anche il futuro del Multiverso.
Si è appena conclusa nella
suggestiva cornice di Monopoli la ventiduesima edizione del
Sudestival, il festival lungo un inverno, progetto
dell’Associazione Culturale Sguardi, fondato e diretto da
Michele Suma. Il festival, afferente all’Apulia Cinefestival
Network e all’AFIC, viene realizzato con il sostegno e il
patrocinio della Regione Puglia – Dipartimento Turismo, Economia
della cultura e valorizzazione del territorio, del MIC e della
Città di Monopoli, e col patrocinio dell’UNIBA, del Conservatorio
“Nino Rota” di Monopoli e del Polo liceale “Galilei-Curie” di
Monopoli.
Il primo e unico festival di cinema
italiano in Puglia a svolgersi in inverno, divenuto in ben ventidue
edizioni il punto di riferimento per le opere prime e seconde della
produzione nazionale di qualità, ha contato 15 giorni di
festival, 39 proiezioni, 5 sezioni, 7 premi e 34 ospiti con una
grande affluenza di pubblico e di giovani, protagonisti indiscussi
della kermesse dedicata alla settima arte.
Nella serata conclusiva di domenica
20 marzo, presso il Teatro Radar, si sono svolte le premiazioni
delle diverse sezioni a cura delle Giurie presenti. La Giuria
Cinema Nazionale, presieduta da Maurizio Sciarra e composta
da Stefano Amadio, direttore cinemaitaliano.info, Franco
Dassisti, critico cinematografico “Radio24”, Viviana Del
Bianco, direttrice N.I.C.E., Gabriella Genisi,
scrittrice, Cristiana Paternò, presidente SNCCI – Sindacato
Nazionale Critici Cinematografici Italiani e Anastasia
Plazzotta, produttrice, ha assegnato il prestigioso FARO
D’AUTORE della Città di Monopoli al miglior lungometraggio a Una
femmina diFrancesco Costabile. La
menzione speciale della Giuria è andata a Il legionario
diHleb Papou. A premiare il miglior
documentario, con il PREMIO SUDESTIVAL DOC, la Giuria
Nazionale Doc presieduta da Chiara Valenti Omero, direttrice
ShorTS di Trieste, con Maurizio Di Rienzo, critico
cinematografico e Michele Sancisi, scrittore, autore e
giornalista SKY, che ha decretato vincitore Viaggio nel
crepuscolodiAugusto Contentoe
assegnato la menzione speciale a Ndoto ya Samira –
il sogno di Samira diNino
Tropiano.
Il PREMIO GIURIA GIOVANI al
miglior lungometraggio, composta da ben 300 ragazzi, di età
compresa tra i 14 e i 19 anni, tutti provenienti dal Polo Liceale
“Galilei-Curie”, dagli Istituti Tecnici “Vito Sante Longo” e, IISS
“Luigi Russo”, è stato assegnato a I nostri fantasmi
diAlessandro Capitani.Il PREMIO DEL
PUBBLICO è andato a Una femmina diFrancesco
Costabile e, sempre Una femminasi è
aggiudicato il PREMIO “GIANNI LENOCI” alla Miglior Colonna
Sonora, grazie alla Giuria composta dal regista documentarista
Francesco Conversano (presidente), dal M° Giampaolo
Schiavo, direttore del Conservatorio “Nino Rota” di Monopoli, e
dai maestri Francesco Angiuli, compositore, Riccardo
Panfili, compositore, Giovanni Boccuzzi,
compositore.
La Giuria PREMIO APULIA FILM
COMMISSION “CARLO DELLE PIANE” alla miglior sceneggiatura, composta
dalla Presidente Anna Crispino Delle Piane e dagli
sceneggiatori Antonella Gaeta, Salvatore De Mola e
Alessandro Valenti, hanno assegnato il premio ad
Alessia Leporeper Il mio corpo vi
seppellirà diGiovanni La Parola.
Infine, ma non da ultimo, Renato
Casaro, il grande illustratore di tutti i tempi del cinema
italiano e internazionale, che ha donato al festival
l’illustrazione dell’edizione appena conclusa, ha ricevuto il
prestigioso Premio Sudestival alla Carriera.
Don’t Look Up e
CODA hanno conquistato i WGA Awards
2022 rispettivamente nelle categorie per la sceneggiatura
originale e per la sceneggiatura non originale. La gilda degli
sceneggiatori assegna premi in moltissime categorie. Eccole tutte
di seguito:
Feature Film Awards
Original Screenplay
“Being the Ricardos” (Amazon Studios) – Screenplay by Aaron
Sorkin
WINNER: “Don’t Look Up” (Netflix) – Screenplay by Adam McKay, Story by David
Sirota
“The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun”
(Searchlight Pictures) – Screenplay by Wes Anderson, Story by Wes
Anderson & Roman Coppola & Hugo Guinness & Jason Schwartzman
“King Richard” (Warner Bros) – Screenplay by Zach Baylin
“Licorice Pizza” (MGM/United Artists Releasing) – Screenplay by
Paul Thomas Anderson
Adapted Screenplay
WINNER:“CODA” (Apple Original
Films) – Siân Heder
“Dune”
(Warner Bros) – Jon Spaihts, Denis Villeneuve, Eric Roth
“Nightmare Alley” (Searchlight Pictures) – Guillermo del Toro,
Kim Morgan
“Tick, Tick … Boom!” (Netflix) – Steven Levenson
“West Side Story” (20th Century Studios) – Screenplay by Tony
Kushner
Documentary Screenplay
“Becoming Cousteau” (National Geographic)
– Written by Mark Monroe & Pax Wasserman;
National Geographic
WINNER: “Exposing Muybridge”
(Inside Out Media) – Written by Marc Shaffer; Inside Out
Media
“Like a Rolling Stone: The Life & Times of
Ben Fong-Torres” (StudioLA.TV) – Written by Suzanne Joe Kai;
StudioLA.TV
Television Awards
Drama Series
“The Handmaid’s Tale,” written by Yahlin Chang, Nina Fiore,
Dorothy Fortenberry, Jacey Heldrich, John Herrera, Bruce Miller,
Aly Monroe, Kira Snyder, Eric Tuchman; Hulu
“Loki,” written by Bisha K. Ali, Elissa Karasik, Eric Martin,
Michael Waldron; Disney Plus
“The Morning Show,” written by Jeff Augustin, Brian
Chamberlayne, Kerry Ehrin, Kristen Layden, Erica Lipez, Justin
Matthews, Adam Milch, Stacy Osei-Kuffour, Torrey Speer, Scott Troy,
Ali Vingiano; Apple TV Plus
WINNER: “Succession,” written by Jesse Armstrong, Jon
Brown, Jamie Carragher, Ted Cohen, Francesca Gardiner, Lucy
Prebble, Georgia Pritchett, Tony Roche, Susan Soon He Stanton, Will
Tracy; HBO
“Yellowjackets,” written by Cameron Brent
Johnson, Katherine Kearns, Jonathan Lisco, Ashley Lyle, Bart
Nickerson, Liz Phang, Ameni Rozsa, Sarah L. Thompson, Chantelle M.
Wells; Showtime
Comedy Series
“Curb Your Enthusiasm,” written by Larry David, Steve Leff,
Carol Leifer, Jeff Schaffer, Nathaniel Stein; HBO
WINNER: “Hacks,” written by Lucia Aniello, Joanna Calo,
Jessica Chaffin, Paul W. Downs, Cole Escola, Janis E. Hirsch, Ariel
Karlin, Katherine Kearns, Andrew Law, Joe Mande, Pat Regan,
Samantha Riley, Michael Schur, Jen Statsky; HBO Max
“Only Murders in the Building,” written by Thembi Banks, Matteo
Borghese, Rachel Burger, Kirker Butler, Madeleine George, John
Hoffman, Stephen Markley, Steve Martin, Kristin Newman, Ben
Philippe, Kim Rosenstock, Ben Smith, Rob Turbovsky; Hulu
“Ted Lasso,” written by Jane Becker, Ashley Nicole Black, Leann
Bowen, Sasha Garron, Brett Goldstein, Brendan Hunt, Joe Kelly, Bill
Lawrence, Jamie Lee, Michael Orton-Toliver, Jason Sudeikis, Phoebe
Walsh, Bill Wrubel; Apple TV Plus
“What We Do in the Shadows,” written by Jake Bender, Jemaine
Clement, Zach Dunn, Shana Gohd, Sam Johnson, Chris Marcil, William
Meny, Sarah Naftalis, Stefani Robinson, Marika Sawyer, Paul Simms,
Lauren Wells; FX Networks
New Series
WINNER: “Hacks,” written by Lucia Aniello, Joanna Calo,
Jessica Chaffin, Paul W. Downs, Cole Escola, Janis E. Hirsch, Ariel
Karlin, Katherine Kearns, Andrew Law, Joe Mande, Pat Regan,
Samantha Riley, Michael H. Schur, Jen Statsky; HBO
Max
“Loki,” written by Bisha K. Ali, Elissa Karasik, Eric Martin,
Michael Waldron; Disney Plus
“Only Murders in the Building,” written by Thembi Banks, Matteo
Borghese, Rachel Burger, Kirker Butler, Madeleine George, John
Hoffman, Stephen Markley, Steve Martin, Kristin Newman, Ben
Philippe, Kim Rosenstock, Ben Smith, Rob Turbovsky; Hulu
“Reservation Dogs,” written by Tazbah Rose Chavez, Sydney
Freeland, Sterlin Harjo, Migizi Pensoneau, Tommy Pico, Taika
Waititi, Bobby Wilson; FX Networks
“Yellowjackets,” written by Cameron Brent Johnson, Katherine
Kearns, Jonathan Lisco, Ashley Lyle, Bart Nickerson, Liz Phang,
Ameni Rozsa, Sarah L. Thompson, Chantelle M. Wells; Showtime
Original Long Form
“American Horror Story: Double Feature,” written by Brad
Falchuk, Manny Coto, Ryan Murphy, Kristen Reidel, Reilly Smith; FX
Networks
WINNER: “Mare of Easttown,” written by Brad Ingelsby;
HBO
“Midnight Mass,” written by James Flanagan, Mike Flanagan, Elan
Gale, Jeff Howard, Dani Parker; Netflix
“Them: Covenant,” written by Christina Ham, Little Marvin,
David Matthews, Dominic Orlando, Seth Zvi Rosenfeld, Francine
Volpe; Prime Video
“Halston,” written by Ian Brennan, Ted Malawer, Ryan Murphy,
Tim Pinckney, Sharr White, Kristina Woo, Based on the book Simply
Halston by Steven Gaines; Netflix
“Impeachment: American Crime Story,” written by Flora Birnbaum,
Sarah Burgess, Halley Feiffer, Daniel Pearle, Based on the book A
Vast Conspiracy by Jeffrey Toobin; FX Networks
WINNER: “Maid,” written by Bekah Brunstetter, Marcus
Gardley, Michelle Denise Jackson, Colin McKenna, Molly Smith
Metzler, Inspired by the book by Stephanie Land;
Netflix
“The Underground Railroad,” written by Jihan Crowther, Allison
Davis, Jacqueline Hoyt, Barry Jenkins, Nathan C. Parker, Adrienne
Rush, Based on the novel by Colson Whitehead; Prime Video
“WandaVision,” written by Peter Cameron, Mackenzie
Dohr, Laura Donney, Bobak Esfarjani, Chuck Hayward, Megan
McDonnell, Jac Schaeffer, Cameron Squires, Based on the Marvel Comics; Disney Plus
Adapted Short Form New Media
“Calls,” written by Fede Alvarez, Nick Cuse, Aidan Fitzgerald,
Noah Gardner, Rodo Sayagues; Apple TV Plus
WINNER: “Debunking Borat,” written by Robyn Adams, Paul
Hogan, Jack Youngelson; Prime Video
“The Expanse: One Ship,” written by Wes Chatham, Julianna
Damewood, Mark Fergus, Hawk Ostby, Glenton Richards; Prime
Video
Animation
“An Incon-Wheelie-ent Truth” (Bob’s Burgers), written by Dan
Fybel; Fox
“Loft in Bedslation” (Bob’s Burgers), written by Jameel Saleem,
Fox
“Must Love Dogs” (Family Guy), written by Daniel Peck; Fox
WINNER: “Planteau” (Tuca &
Bertie), written by Lisa Hanawalt; Cartoon Network
“Portrait of a Lackey on Fire” (The Simpsons), written by Rob
LaZebnik & Johnny LaZebnik; Fox
“The Star of the Backstage” (The Simpsons), written by
Elisabeth Kiernen Averick; Fox
Episodic Drama
“1883” (1883), written by Taylor Sheridan; Paramount Plus
“Birth Mother” (This Is Us), written by Eboni Freeman & Kay
Oyegun; NBC
“La Amara Vita” (The Morning Show), written by Kerry Ehrin &
Scott Troy; Apple TV Plus
“The New Normal” (New Amsterdam), written by David Schulner;
NBC
WINNER:“Retired Janitors of
Idaho” (Succession), written by Tony Roche & Susan Soon He Stanton;
HBO
“Testimony” (The Handmaid’s Tale), written by Kira Snyder;
Hulu
Episodic Comedy
“All Sales Final” (Superstore), teleplay by Jonathan Green &
Gabe Miller, story by Justin Spitzer; NBC
WINNER: “Alone At Last” (The Great), written by Tony
McNamara; Hulu
“Enlightened Dave” (Dave), written by Luvh Rakhe & Lee Sung
Jin; FX Networks
“Episode One: True Crime” (Only Murders in the Building),
written by Steve Martin & John Hoffman; Hulu
“F*ckin’ Rez Dogs” (Pilot) (Reservation Dogs), written by
Sterlin Harjo & Taika Waititi; FX Networks
“Pilot” (The Wonder Years), written by Saladin K. Patterson;
ABC
Comedy/Variety Talk Series
WINNER: “Conan,” Head Writer: Matt O’Brien; Writers:
Jose Arroyo, Glenn Boozan, Daniel Cronin, Andres du Bouchet, Jessie
Gaskell, Skyler Higley, Brian Kiley, Laurie Kilmartin, Todd Levin,
Levi MacDougall, Conan O’Brien, Andy Richter, Frank Smiley, Mike
Sweeney; TBS
“Desus & Mero,” Writers: Daniel “Desus Nice” Baker, Josh
Gondelman, Robert Kornhauser, Joel “The Kid Mero” Martinez, Robert
A. McRae, Heben Nigatu, Mike Pielocik, Julia Young; Showtime
“Last Week Tonight with John Oliver,” Writers: Johnathan Appel,
Ali Barthwell, Tim Carvell, Liz Hynes, Greg Iwinski, Mark Kramer,
Daniel O’Brien, John Oliver, Owen Parsons, Charlie Redd, Joanna
Rothkopf, Chrissy Shackelford, Ben Silva, Seena Vali; HBO
“The Problem with Jon Stewart,” Head Writer: Chelsea Devantez;
Writers: Kristen Acimovic, Henrik Blix, Rob Christensen, Jay
Jurden, Alexa Loftus, Tocarra Mallard, Robby Slowik, Jon Stewart,
Kasaun Wilson; Apple TV Plus
Comedy/Variety Sketch Series
“How To with John Wilson,” written by: Alice Gregory, Michael
Koman, Conner O’Malley, Susan Orlean, John Wilson; HBO
WINNER: “I Think You Should Leave with Tim Robinson,”
Writers: Zach Kanin, Tim Robinson, John Solomon;
Netflix
“Pause with Sam Jay,” Writers: Emmy Blotnick, Ryan Donahue,
Zack Fox, Megan Gailey, Robin M. Henry, Sam Jay, Langston Kerman,
Jak Knight; HBO
“Saturday Night Live,” Head Writer: Michael Che, Anna Drezen,
Colin Jost, Kent Sublette; Senior Writer: Bryan Tucker; Weekend
Update Head Writer: Pete Schultz; Weekend Update Writers: Megan
Callahan-Shah, Dennis McNicholas, Josh Patten, Mark Steinbach;
Supervising Writers: Alison Gates, Fran Gillespie, Sudi Green,
Streeter Seidell; Writers: James Anderson, Dan Bulla, Steven
Castillo, Mike DiCenzo, Billy Domineau, Alex English, John Higgins,
Steve Higgins, Martin Herlihy, Vannessa Jackson, Sam Jay, Erik
Kenward, Tesha Kondrat, Dan Licata, Lorne Michaels, Ben Marshall,
Jake Nordwind, Jasmine Pierce, Gary Richardson, Ben Silva, Emily
Spivey, Will Stephen, Celeste Yim; NBC
“That Damn Michael Che,” Head Writer: Michael Che; Writing
Supervised by: Gary Richardson; Writers: Rosebud Baker, Reggie
Conquest, Godfrey Danchimah Jr., Calise Hawkins, Kevin Iso, Sam
Jay, Matt Richards, Wil Sylvince; HBO Max
Comedy/Variety Specials
“43rd Annual Kennedy Center Honors,” written by Dave Boone;
CBS
“Drew Michael: Red Blue Green,” written by Drew Michael;
HBO
WINNER: “Full Frontal Wants to Take Your Guns,” Head
Writers: Kristen Bartlett, Mike Drucker; Writers: Samantha Bee, Pat
Cassels, Sean Crespo, Mike Drucker, Miles Kahn, Chris Thompson,
Holly Walker, Alison Zeidman; Writing Supervised by Joe Grossman,
Sahar Rizvi Special Material by Michael Rhoa; TBS
“The Tony Awards Presents: Broadway’s Back!,” written by Dave
Boone; Special Material by Amber Ruffin, Marc Shaiman, Daniel J.
Watts, Scott Wittman; Opening Number by Amber Ruffin, Marc Shaiman,
Scott Wittman; CBS
“Yearly Departed,” Head Writer: Bess Kalb; Writers: Karen Chee,
Akilah Green, Franchesca Ramsey, Jocelyn Richard; Prime Video
“Capital One College Bowl,” Head Writer: Scott Saltzburg;
Writers: Rosemarie DiSalvo, Ryan Hopak, Jon Macks, Karissa Noel,
Todd Sachs, Doug Shaffer, Grant Taylor, Bennett Webber; NBC
“The Chase,” Head Writer: David Levinson Wilk; Writers: Erik
Agard, Eliza Bayne, Kyle Beakley, Megan Broussard, Robert King, Amy
Ozols, Bobby Patton, Ellen Teitel, Ari Yolkut; ABC
“Jeopardy!,” Writers: Michael Davies, John Duarte, Mark
Gaberman, Debbie Griffin, Michele Loud, Robert McClenaghan, Jim
Rhine, Mike Richards, Billy Wisse; Syndicated
Daytime Drama
“General Hospital,” Head Writers: Chris Van Etten, Dan
O’Connor; Associate Head Writer: Anna T. Cascio; Writers: Barbara
Bloom, Suzanne Flynn, Charlotte Gibson, Lucky Gold, Kate Hall,
Elizabeth Korte, Shannon Peace, David Rupel, Lisa Seidman, Scott
Sickles; ABC
“The Young and the Restless,” Head Writer: Amanda L. Beall;
Writers: Susan Banks, Jeff Beldner, Sara A. Bibel, Brent Boyd,
Susan Dansby, Christopher Dunn, Sara Endsley, Janice Ferri Esser,
Marin Gazzaniga, Lynn Martin, Natalie Minardi Slater, Teresa
Zimmerman; CBS
WINNER: “Days of Our Lives,” Head Writer: Ron
Carlivati; Writers: Lorraine Broderick, Joanna Cohen, Carolyn
Culliton, Richard Culliton, Jamey Giddens, David Kreizman, Rebecca
McCarty, Ryan Quan, Dave Ryan, Katherine D. Schock, Elizabeth
Snyder; NBC
Children’s Episodic, Long Form and
Specials
“A Big Favor for Grampy/A Fair Way to Bounce” (Donkey Hodie),
written by Adam Rudman & David Rudman, Joey Mazzarino; PBS
KIDS/pbskids.org
“Park Ranger Percy / Lizard Lizzy” (Helpsters) written by
Annabeth Bondor-Stone, Connor White, Liz Hara; Apple TV Plus
“Rice” (Waffles + Mochi), written by Lyric Lewis; Netflix
WINNER: “The Tale of the Midnight Magic” (Are You
Afraid of the Dark?), written by JT Billings, Alex Ebel;
Nickelodeon
“Which Witch?” (Just Beyond), written by Mitali Jahagirdar;
Disney Plus
Documentary
Documentary Script — Current Events
WINNER: “The Healthcare Divide” (Frontline), written by
Rick Young; PBS
“The Jihadist” (Frontline), written by Martin Smith & Marcela
Gaviria; PBS
Documentary Script — Other Than Current
Events
“A Writer” (Hemingway), Written by Geoffrey C. Ward; PBS
“Citizen” (Amend: The Fight for America), written by Sasha
Stewart and Robe Imbriano; Netflix
WINNER: “Citizen Hearst, Part One” (American
Experience), written by Gene Tempest; PBS
“Round One” (Muhammad Ali), written by David McMahon & Sarah
Burns; PBS
News
News Script — Regularly Scheduled, Bulletin, or
Breaking Report
“Against All Enemies” (60 Minutes), written by Katie Kerbstat
Jacobson, Scott Pelley, Nicole Young; CBS News
“Democracy Lost” (60 Minutes), written by Oriana Zill de
Granados, Sharyn Alfonsi; CBS News
WINNER: “The Unequal Recession” (60 Minutes), written
by Katie Kerbstat Jacobson, Scott Pelley, Nicole Young; CBS
News
News Script – Analysis, Feature or
Commentary
“The Fall of Kandahar” (Vice News Tonight), written by Amel
Guettatfi, Ben C. Solomon; Vice News
WINNER: “Handcuffed to the Truth” (60 Minutes) Written
by Katie Kerbstat Jacobson, Scott Pelley, Nicole Young; CBS
News
“Unpacking How Child Welfare and Foster Care Fails Black
Children” (Unpack That), written by Joel Kahn, Felice León; The
Root
“The Unstudied Link Between the COVID Vaccine and Periods”
(Vice News Tonight), written by Caitlin Bladt; Vice News
“Woman in Motion: Star Trek’s Nichelle Nichols and The
Transformation of NASA” (CBS Sunday Morning), written by Daniel
Elias, Michelle Miller; CBS
Digital News
“An Oral History of the Longest-Ever Broadway Shutdown,”
written by Madeline Ducharme; Slate.com
“Knives Out: Why ‘Hacks’ Works,” Written by Katie Baker;
TheRinger.com
WINNER: “Men’s Rights Asians” Think This Is Their
Moment,” written by Aaron Mak; Slate.com
“We Get to Hear Them Training to Kill Us,” written by Christina
Cauterucci; Slate.com
“What if the Unorthodox Arizona Audit Declares Trump Won?”
written by Jeremy Stahl; Slate.com
Radio
Radio/Audio Documentary
WINNER: “One Year: 1977 ‘The Miracle Cure’” written by
Evan Chung; Slate Podcast
“Our Year” (What Next), written by Mary Harris; Slate
Podcast
“That Seattle Muzak Sound” (Decoder Ring), written by Benjamin
Frisch; Slate Podcast
“Who Killed the Segway?” (Decoder Ring), written by Dan Kois,
Slate Podcast
Radio/Audio News Script — Regularly Scheduled,
Bulletin or Breaking Report
“Silence the Mics: Tributes to Some Famous Broadcasters,”
written by Gail Lee; CBS Radio
WINNER: “Surfside Condo Collapse” (CBS World News
Roundup Late Edition), written by Kathleen M. Biggins; CBS News
Radio
“World News This Week – Week of August 16, 2021,” written by
Robert Hawley; ABC Audio
“World News This Week – Week of January 8, 2021,” written by
Joy Piazza; ABC Audio
“World News This Week – Week of September 3, 2021,” written by
Joan B. Harris; ABC Audio
Radio/Audio News Script — Analysis, Feature or
Commentary
WINNER: “The Tasmanian Devil Tattoo” (Decoder Ring),
written by Benjamin Frisch; Slate Podcast
“When the Culture War Comes for Your Job” (What Next), written
by Mary Harris; Slate Podcast
Promotional Writing
On-Air Promotion
WINNER: “Celebrating Powerful Female Leads: Trailers
for The Equalizer & Why Women Kill,” Written by Molly Neylan;
CBS
“CSI: Vegas Trailers,” written by Erial Tompkins; CBS
L’associazione Americana dei
Direttori della Fotografia si è espressa, appartiene a Dune
la migliore fotografia cinematografica dell’anno, e Greig
Fraser ha infatti conquistato i ASC Awards 2022. A
premiarlo Erik Messerschmidt, vincitore dello
scorso anno per Mank.
Ecco di seguito tutti i vincitori dei ASC Awards 2022
Feature Film
Greig Fraser, ASC, ACS for “Dune”
-category sponsored by KESLOW CAMERA
Spotlight
Pat Scola for “Pig” -category sponsored by PANAVISION
Documentary
Jessica Beshir for “Faya Dayi” -category sponsored SONY
Motion Picture, Limited Series, or Pilot Made for
Television
James Laxton, ASC for “The Underground Railroad” – Episode:
“Chapter 9: Indiana Winter” -category sponsored by ARRI
Episode of a One-Hour Television Series –
Non-Commercial
Jon Joffin, ASC for “Titans” – Episode: “Souls” -category
sponsored by PANAVISION
Episode of a One-Hour Television Series –
Commercial
Tommy Maddox-Upshaw, ASC for “Snowfall” – Episode: “Weight”
-category sponsored by RED DIGITAL CINEMA
Episode of a Half-Hour Television Series
Michael Berlucchi and Marc Carter for “Mythic Quest” – Episode:
“Backstory!” -category sponsored by PICTURE SHOP
CODA ha portato a casa il premio principale nel corso
dei PGA Awards 2022, i premi della gilda dei
produttori che spesso offrono una proiezione abbastanza fedele di
quello che accadrà agli Oscar nella categoria Miglior Film.
Nella categoria riservata
all’animazione, invece, Walt Disney Animation vince con
Encanto, mentre per la serialità spiccano
Omicidio a Easttown, per la migliore serialità
breve, e Ted Lasso per la serie comedy. Ecco tutti
i vincitori:
Darryl F. Zanuck Award for Outstanding Producer of Theatrical
Motion Pictures
“Being the Ricardos” (Amazon Studios)
Producer: Todd Black, p.g.a.
“Belfast” (Focus Features)
Producers: Laura Berwick, Kenneth Branagh, Becca Kovacik, Tamar
Thomas
“CODA” (Apple Original Films) *WINNER Producers: Philippe Rousselet, p.g.a., Fabrice Gianfermi,
p.g.a., Patrick Wachsberger, p.g.a.
“Don’t Look Up” (Netflix)
Producers: Adam McKay, p.g.a., Kevin Messick, p.g.a.
“Dune”
(Warner Bros)
Producers: Mary Parent, p.g.a., Cale Boyter, p.g.a., Denis
Villeneuve, p.g.a.
“King Richard” (Warner Bros)
Producers: Tim White, p.g.a., Trevor White, p.g.a., Will Smith,
p.g.a.
“Licorice Pizza” (MGM/United Artists Releasing)
Producers: Sara Murphy, Paul Thomas Anderson, Adam Somner
“The Power of the Dog” (Netflix)
Producers: Jane Campion, p.g.a., Tanya Seghatchian, p.g.a., Emile
Sherman, p.g.a. & Iain Canning, p.g.a., Roger Frappier, p.g.a.
Danny Thomas Award for Outstanding Producer of Episodic
Television – Comedy
“Cobra Kai” (Netflix) – Seasons 3 and 4
“Curb Your Enthusiasm” (HBO) – Season 11
“Hacks” (HBO Max) – Season 1
Producers: Jen Statsky, Paul W. Downs, Lucia Aniello, Michael
Schur, David Miner, Morgan Sackett, Joanna Calo, Andrew Law, David
Hyman, Joe Mande, Jessica Chaffin
“Only Murders in the Building” (Hulu) – Season 1
“Ted Lasso” (Apple TV Plus) – Season 2
*WINNER
David L. Wolper Award for Outstanding Producer of Limited or
Anthology Series Television
Luigi Lo Cascio è
uno di quegli attori che ha fatto la storia del cinema italiano e
tutto ciò è stato reso possibile grazie alle sua incredibili
interpretazioni. L’attore ha iniziato la sua attività dal teatro,
amore che non ha mai abbandonato, costruendosi una carriera
cinematografica di tutto rispetto e ancora ben attiva.
Ecco dieci cose da sapere su
Luigi Lo Cascio.
Luigi Lo Cascio: i suoi film
1. I film e la
carriera. La carriera dell’attore palermitano inizia nel
2000, dopo anni di teatro, grazie al film I cento passi.
In seguito, lavora in Luce dei miei occhi (2001), Il
più bel giorno della mia vita (2002), La meglio
gioventù (2003) e Buongiorno, notte (2003). La sua
carriera cinematografica continua con La vita che vorrei
(2004), La bestia nel cuore (2005), Mare nero
(2006), Sanguepazzo (2008), Miracolo a
Sant’Anna (2008) e Gli amici del bar Margherita
(2009). Tra i suoi ultimi lavori, vi sono Baarìa (2009), Noi credevamo (2010),
Romanzo di una strage
(2012), La città ideale (2012),
Salvo (2013), Marina (2013), Il capitale umano
(2014), I nostri ragazzi (2014), Il nome del figlio
(2015), Smetto quando voglio –
Masterclass (2017), Smetto quando voglio – Ad
honorem (2017), Il traditore (2019) e
Lacci (2020).
2. Ha lavorato anche per il
piccolo schermo ed è anche regista. Nel corso della sua
carriera, l’attore non ha lavorato solo per il grande schermo, ma
si è prestato anche per altri progetti. Infatti, ha partecipato
alla miniserie Il sogno del maratoneta (2012) e al film tv
Il bambino cattivo (2013). Inoltre, ha sperimentato altri
ambiti del panorama cinematografico, debuttando come regista, nel
2012, con La città ideale.
Luigi Lo Cascio: la moglie e i
figli
3. È sposato da diversi
anni. Nel luglio del 2006, l’attore si è sposato con la
montatrice italiana Desideria Rayner, dalla quale
ha avuto i figli Tommaso Isidoro e Arturo
Tito. Inoltre, i due hanno lavorato insieme alla
realizzazione del primo film dell’attore in veste di regista,
La città ideale.
Luigi Lo Cascio non Instagram
4. Non ha un profilo
ufficiale. Luigi Lo Cascio non ha nessun account ufficiale
personale su nessun social media. I motivi non sono chiari, anche
se ovviamente la sua assenza dai vari canali social è sintomo di
assoluta riservatezza. Tuttavia, ha diverse pagine ufficiali
gestite da uno staff, come quella di Twitter.
Luigi Lo Cascio in La città
ideale
5. Ha girato il film a
Siena. Lo Cascio, anche regista del film La città
ideale, ha dichiarato di aver voluto girare il film a Siena
perché “C’è la sensazione di tornare in una città a misura
d’uomo, che si può percorrere tutta a piedi e che è divisa in
contrade […], ha tutta una serie di aspetti, di forme, di archetipi
che anche in momenti di difficoltà non vengono
cancellati”.
Luigi Lo Cascio in La meglio gioventù
6. È stato voluto nel film
da suo zio. Uno dei primi e più importanti film
dell’attore è I cento passi, incentrato sulla vita del
celebre Peppino Impastato, attivista impegnato nella lotta a Cosa
nostra nella sua terra, la Sicilia. Lo Cascio interpreta proprio
Peppino Impastato, mentre nel ruolo del padre Luigi vi è l’attore
Luigi Maria Burruano, zio di Lo Cascio. Fu proprio
Burruano a consigliare al regista, Marco Tullio
Giordana, di affidare la parte del protagonista al nipote,
poi rivelatosi perfetto per la parte.
Luigi Lo Cascio in Smetto
quando voglio
7. È stato voluto dal
regista. Per la realizzazione del secondo e terzo capitolo
di Smetto quando voglio, Lo Cascio è stato fortemente
voluto dal regista, Sydney Sibilia, nel cast.
Tuttavia, l’attore non sapeva che era stato scelto per interpretare
il ruolo del cattivo. Dopo aver discusso della natura di questo
personaggio, ha infine accettato con grande entusiasmo la
parte.
8. Era rimasto impressionato
dal primo film. L’attore ha ammesso di essere rimasto
particolarmente colpito dalla visione del primo Smetto quando
voglio, soprattutto per il fatto di essere un film
intelligente e divertente, con un’ottima regia e attori magnifici.
L’ottima considerazione che aveva di questo, ha spinto Lo Cascio ad
accettare di partecipare ai due sequel a qualsiasi costo.
Luigi Lo Cascio: i premi vinti
9. Ha vinto diversi
premi. Nel corso della sua carriera, l’attore ha vinto
diversi premi: nel 2001 si è aggiudicato il David di Donatello al
Miglior attore protagonista per I cento passi, oltre che
il Globo d’oro. Se nel 2004 ha vinto il Nastro d’Argento al Miglior
attore protagonista e il Ciak D’oro nella stessa categoria per
La meglio gioventù, nel 2019 ha vinto un altro Nastro,
come Miglior attore non protagonista – insieme a Fabrizio Ferracane
– per Il traditore. Per questo stesso fil ha anche
vinto il David di Donatello. Inoltre, l’attore ha anche vinto, nel
2001, la Coppa Volpi maschile per Luce dei miei occhi.
Luigi Lo Cascio: età e altezza
10. Luigi Lo Cascio è nato
il 20 ottobre del 1967a
Palermo,Italia. La sua altezza
complessiva corrisponde a 170 centimetri.
Arriva dall’account ufficiale della
20th Century Fox una nuova foto ufficiale di Avatar
2, l’attesissimo sequel del film campione
d’incassi di James Cameron Avatar. La
pellicola che arriverà al cinema il prossimo anno come molto di voi
sapranno darà io via ad una trilogia sull’affascinante mondo di
Pandora.
Avatar 2, il film
Avatar 2 debutterà il 16 dicembre
2022, seguito dal terzo capitolo il 20 dicembre
2024. Per il quarto e quinto capitolo, invece, si dovrà
attendere ancora qualche anno: 18 dicembre 2026 e
22 dicembre 2028.
Il cast della serie di film è
formato da
Kate Winslet, Edie Falco,
Michelle Yeoh,
Vin Diesel, insieme ad un gruppo di attori che
interpretano le nuove generazioni di Na’vi. Nei film torneranno
anche i protagonisti del primo film, ossia
Sam Worthington,
Zoe Saldana,
Stephen Lang,
Sigourney Weaver, Joel David Moore,
Dileep Rao e Matt Gerald.
Diane Lane è una di
quelle attrici che ha fatto la storia del cinema moderno grazie
alle sue incredibili performance attoriali. L’attrice, che ha
cominciato a praticare questa attività sin da giovanissima, è
riuscita ad entrare nel cuore degli spettatori nel corso degli
anni, diventando una delle più apprezzate in tutto il mondo.
Ecco dieci cose da sapere su
Diane Lane.
Diane Lane: i suoi film
1. Ha recitato in celebri
film. La carriera dell’attrice è iniziata nel 1979 con
Una piccola storia d’amore. Ha poi recitato in film come
Branco selvaggio (1980), I ragazzi della 56°
strada (1982), Rusty il selvaggio (1983), Cotton
Club (1984), Scacco mortale (1992), Charlot
(1992) e Dredd – La legge sono io (1995). In seguito,
prende parte a film come Jack (1996), Il mio cane
Skip (2000), La tempesta perfetta
(2000), Hardball (2001), L’amore infedele –
Unfaithful (2002), Sotto il sole della Toscana (2003)
e Gioventù violata (2005). Tra i suoi ultimi film vi sono
Hollywoodland (2006), Nella rete del serial
killer (2008), Come un uragano (2008),
Killshot (2008), L’uomo d’acciaio
(2013), L’ultima parola – La vera storia
di Dalton Trumbo (2015), Batman v Superman: Dawn of
Justice (2016), The Silent Man (2017), Justice League (2017),
Tully (2018) e Serenity – L’isola
dell’inganno (2019). Inoltre ha prestato la propria voce
per il doppiaggio del film Inside Out (2015).
2. Ha lavorato anche per il
piccolo schermo. Nel corso della sua carriera l’attrice
non si è prestata solo al cinema, ma anche al mondo seriale.
infatti, è apparsa in serie come Great Performances
(1981), Colomba solitaria (1989), Fallen Angels
(1993), Oldest Living Confederate Widow Tells All (1994),
The Romanoffs (2018), House of Cards – Gli intrighi
del potere (2018) e Y: L’ultimo uomo (2021).
Inoltre, ha lavorato anche nei film tv Child Bride of Short
Creek (1981), Miss All-American Beauty (1982),
Discesa pericolosa (1990), A Streetcar Named
Desire (1995), Amiche per sempre (1998), Il
Virginiano (2000) e Cinema Verite (2011).
Diane Lane non è su Instagram
3. Non ha nessun profilo
personale. L’attrice ha ammesso di non aver nessun account
sui social media per il semplice fatto che non vuole vedere la vita
degli altri o i luoghi che le altre persone visitano, ma provare le
esperienze della vita sulla propria pelle. Inoltre, pare che la
pigrizia giochi un ruolo importante, tanto che si definirebbe poco
costante nelle pubblicazioni.
Diane Lane e Christopher
Lambert
4. Si è sposata con un
collega di set. Mentre stava girando il film Love
Dream (1988), l’attrice ha conosciuto sul set il collega
Christopher Lambert. Da quella che era una
semplice conoscenza è nata una vera e propria storia, culminata con
il matrimonio nel 1988 e la nascita della figlia Eleanor
Jasmine, nata nel settembre del 1993. Tuttavia, dopo sei
anni di matrimonio, la coppia si è separata nel 1994.
5. È stata sposata con Josh
Brolin. Nell’agosto del 2004, dieci anni dopo il divorzio
dal primo marito, l’attrice ha sposato il collega Josh Brolin.
Tuttavia, la loro è sempre stata una relazione turbolenta, tanto
che sempre nel 2004 il marito venne arrestato per violenza
domestica, anche se poi l’attrice ha parlato di fraintendimento con
le forze dell’ordine. In seguito, la coppia ha divorziato verso la
fine del 2013.
Diane Lane in Sotto il sole
della Toscana
6. È stata nominata al
Golden Globe per il suo ruolo nel film. Nel 2003 l’attrice
ha recitato nel film Sotto il sole della Toscana, dove
interpreta Frances, una scrittrice di San Francisco, in crisi e
depressa dopo una recente separazione. In vacanza in Toscana, la
donna deciderà di cambiare vita e compra una villa abbandonata,
Villa Bramasole, a Cortona. Per la sua interpretazione in questo
film l’attrice ha poi ricevuto una nomination come miglior attrice
in un film commedia o musicale ai Golden Globe.
Diane Lane e Richard Gere in L’amore infedele
7. Non è la prima volta che
interpreta lo stesso ruolo. In L’amore infedele –Unfaithful l’attrice ricopre il ruolo di una donna
insoddisfatta dal rapporto con il marito, interpretato da
Richard Gere. Questo è il secondo film in cui
l’attrice interpreta una moglie scontenta della propria famiglia.
Infatti, aveva già interpretato un ruolo simile in A Walk on
the Moon – Complice la luna (1999).
8. Ha ricevuto una
nomination agli Oscar. Grazie alla sua interpretazione in
L’amore infedele – Unfaithful, l’attrice ha ricevuto una
candidatura agli Academy Award per la Miglior attrice protagonista.
Tuttavia, non è riuscita ad aggiudicarsi l’ambita statuetta, andata
a Nicole Kidman
per The Hours.
Diane Lane in The Silent
Man
9. Parte della sua
performance è stata eliminata. Per rientrare in certi
limiti di tempo, è stato necessario tagliere alcune parti della
performance della Lane nel film. Gli stessi Peter
Landesman (regista del film) e Liam Neeson,
co-protagonista, si sono detti devastati da questo fatto che si era
reso, purtroppo, necessario.
Diane Lane: età e altezza
10. Diane Lane è nata il 22
gennaio del 1965a New York City, New
York. La sua altezza complessiva corrisponde a 170
centimetri.
Considerata una delle icone
femminili degli anni Ottanta, l’attrice Kelly
McGillis ha in quel periodo partecipato a numerosi film
entrati nell’immaginario comune. Spaziando tra generi diversi si è
affermata come un’interprete di grande talento, che ha però negli
anni diradato sempre di più le sue attività. Allontanatasi dal
mondo di Hollywood e dai suoi riflettori, la McGillis è oggi
un’attrice da riscoprire e apprezzare ancora e ancora.
Ecco 10 cose che non sai di Kelly McGillis.
Kelly McGillis: i suoi film e le serie TV
1. Ha recitato in celebri
film. L’attrice ha debuttato al cinema nel 1983 nel film
Reuben, Reuben, per poi ottenere grande notorietà già con
il suo secondo film, Witness – Iltestimone (1985), dove recita accanto ad Harrison Ford.
L’anno seguente ottiene un altro ruolo di rilievo in Top Gun (1986), con
Tom Cruise.
Ormai popolare recita poi in film come Terra di conquista
(1987), Accadde in Paradiso (1987), Labirinto
mortale (1988), Sotto accusa (1988), Gente del
Nord (1989), Oltre ogni rischio (1989), L’isola
dell’amore (1991), The Babe – La leggenda (1992),
Genitori cercasi (1994), A prima vista (1999),
La maschera di scimmia (2000) e Nessuno può
sentirti (2001). Da quel momento dirada molto le sue
apparizioni, recitando in pochi film quali Stake Land
(2010), The Innkeepers (2011), We Are What We Are
(2013) e Grand Street (2014).
2. Ha recitato anche per la
televisione. Pur se con meno successo rispetto al cinema,
la McGillis ha avuto modo di recitare anche in alcuni film o serie
televisive. Tra i primi si annoverano titoli come Sweet
Revenge (1984), La casa delle ombre (1995),
La stanza dei giurati (1996), Il terzo gemello
(1997), Black Widower (2006), Innamorarsi a
Sugarcreek (2014) e Segreti materni (2018). Ha invece
partecipato ad alcuni episodi di serie come Oltre i
limiti (2000), The L Word (2008), Z Nation
(2014) e Dirty John (2020).
3. Ha prodotto un
film. In una sola occasione l’attrice ha svolto anche il
ruolo di produttrice per un film da lei interpretato. Si tratta del
titolo del 1991 L’isola dell’amore, dove la McGillis è
Edna Pontellier, una donna della fine dell’Ottocento insofferente
al casto perbenismo del suo tempo, la quale riscoprirà passioni
credute spente da tempo grazie ad un affascinante uomo. Il film è
un adattamento del romanzo femminista The Awakening, di
Kate Chopin, pubblicato per la prima volta nel
1899.
Kelly McGillis: oggi
4. È una persona
profondamente diversa. Con il passare degli anni la
McGillis si è vista sempre più allontanata dal mondo di Hollywood,
che ormai non sembrava più considerarla per ruoli e film di
rilievo. Di conseguenza lei stessa si è volontariamente distaccata
da quell’ambiente, intraprendendo una vita più riservata. Oggi la
McGillis non è più la donna che si era soliti ricordare, né
esteticamente né caratterialmente, ma non manca di sfoggiare un suo
carisma e fascino. Di tanto in tanto, inoltre, la si può vedere in
qualche nuovo ruolo.
Kelly McGillis è in TopGun, ma non sarà in Top Gun: Maverick
5. Non aveva un buon
rapporto con Tom Cruise. L’attrice Kelly
McGillis, divenuta estremamente popolare grazie a questo
film, interpreta la bella Charlotte Blackwood, la donna di cui
Maverick si innamora. Per lei il film si rivelò un esperienza
particolarmente complessa, avendo dichiarato di non aver avuto un
buon rapporto con Cruise durante le riprese. Essendo più alta di
questi, inoltre, la McGillis dovette fare in modo di non mettere in
evidenza tale differenza con il protagonista.
6. Non è stata richiamata
per il sequel. Come noto, di Top Gun è ora stato
realizzato un sequel dal titolo Top Gun: Maverick. Questo
riprenderà gli stessi personaggi del primo film ormai cresciuti e
cambiati profondamente. C’è però chi tra i membri del cast
originale non sarà presente e quel qualcuno è proprio la McGillis.
L’attrice, uscita dai radar di Hollywood, ha infatti affermato di
non essere stata ricontattata per questo sequel, forse perché
giudicata negativamente per il suo invecchiamento. La sua sarà
un’assenza particolarmente dolorosa per i fan del primo film e che
sarà particolarmente difficile da rimpiazzare.
Kelly McGillis in Witness – Il testimone
7. Ha vissuto per un periodo
in una comunità amish. Nel celebre thriller Witness –
Il testimone, l’attrice interpretava la parte di Rachel Lapp,
la madre di Samuel, il bambino testimone del titolo. È questo un
ruolo per il quale vennero condotti numerosi e infruttuosi provini,
fino a quando non comparve la McGillis, all’epoca poco più che
esordiente. Per prepararsi al suo personaggio, questa si trasferì a
vivere in una comunità amish, dove imparò a svolgere le principali
attività. Ebbe inoltre modo di perfezionare il suo accento, così da
renderlo più simile a quello dei locali.
Kelly McGillis a I migliori
anni
8. Ha partecipato ad una
puntata del noto show televisivo. Il 19 maggio del 2017
l’attrice è stata ospite speciale dello show di Rai 1 I
migliori anni, condotto da Carlo Conti.
All’interno di questo, come noto, si ripercorrono eventi e periodi
passati particolarmente memorabili, riscoprendone curiosità
culturali, sociali e politiche. L’attrice è stata invitata in
quanto icona degli anni Ottanta, ancora oggi celebre grazie al film
Top Gun. In molti sono rimasti stupiti nel vedere una
donna profondamente diversa rispetto a quella di un tempo, ma
nessuno ha negato il carisma che la McGillis ancora oggi vanta.
Kelly McGillis: la vita privata e la malattia
9. Ha avuto una vita
turbolenta. La vita privata dell’attrice non è mai stata
facile. Come da sua ammissione, la McGillis fu vittima di uno
stupro in gioventù. Nonostante quell’evento, trovò la forza di
rialzarsi ed avere ugualmente una fiducia nei rapporti umani. Ebbe
due matrimoni, il primo con Boyd Black dal 1979 al
1981 e il secondo con Fred Tillman dal 1989 al
2002. Con quest’ultimo ha anche avuto due figlie. In molti hanno
creduto che l’invecchiamento dell’attrice fosse dovuto ad una
malattia, ma l’attrice ha smentito. Nel 2009, invece, l’attrice ha
pubblicamente rivelato durante un’intervista la propria
omosessualità.
Kelly McGillis: età e altezza dell’attrice
10. Kelly McGillis è nata il
9 luglio del 1957 a Newport Beach, in California, Stati
Uniti. L’attrice è alta complessivamente 1.78 metri.
All’inizio del film, ci sono una
serie di notizie che commentano l’identità segreta di Spider-Man e
l’attacco di Mysterio a Londra, per il quale è stato accusato Peter
Parker. Uno di questi report include un telegiornale che discute
dell’insediamento asgardiano di New Asgard; “I disordini
politici continuano a New Asgard dal momento in cui Z…” si
legge, e poi il messaggio viene tagliato prima che si possa leggere
altro. È ragionevole presumere che si tratti di un riferimento allo
Zeus di Russell Crowe, che sarà introdotto in Thor: Love and
Thunder.
Diretto e co-sceneggiato dalla regista di Lady Bird
Greta Gerwig, il film live-action sarà incentrato sui
giocattoli per bambini Mattel, con Robbie nei panni di Barbie e
Gosling nei panni di Ken. L’adattamento cinematografico
live-action dell’amata bambola è in lavorazione da diversi anni,
con star come Amy Schumer e Anne
Hathaway che sono state considerate brevemente per il
ruolo della protagonista.
Margot Robbie seguirà il film anche come
produttrice, con la sua LuckyChap Entertainment, che è reduce dal
grande successo agli Oscar dello scorso anno per Una donna
promettente. I produttori di Barbie includono anche Tom Ackerley e
Josey McNamara di LuckyChap; Robbie Brenner e Ynon Kreiz di Mattel;
e David Heyman. Fanno parte del cast di Barbie Margot Robbie, Ryan Gosling,
America Ferrera,
Kate McKinnon e
Alexandra Shipp.
I piani per adattare la storia di
Barbie per
il grande schermo hanno subìto alcune battute d’arresto negli
ultimi anni, ma quando Robbie, Gerwig e Baumbach si sono imbarcati
nel progetto rispettivamente nel 2018 e nel 2019, le cose sono
andate a gonfie vele. Secondo quanto riportato da Variety, Barbie
avrebbe dovuto iniziare la produzione all’inizio del 2022 presso i
Leavesden Studios di WB a Londra, con un’uscita nelle sale prevista
per il 2023.
La recensione di Un’altra scatenata dozzina non può non
considerare l’originale del 2003 con un trascinante Steve
Martin come capofamiglia. A raccogliere il suo testimone è
stato chiamato Zach Braff che in compagnia di
Gabrielle Union, anche executive
Producer.
Un’altra scatenata dozzina, la trama
La storia racconta della
famiglia Baker, due genitori con entrambi alle spalle un divorzio e
due figli (+1 adottivo per lui), seguiti da due parti gemellari, ai
quali si aggiunge un nipote turbolento. Basta fare un po’ i conti e
si arriva facilmente alla dozzina, scatenata a dir poco, del
titolo. Paul e Zoey gestiscono un locale in cui si prepara solo la
colazione, è un grande momento per l’attività di famiglia, perché i
due stanno pensando di ingrandirsi e Paul, il più sognatore dei
due, insegue l’ambizione di avere un franchise. Questa sua
iniziativa si scontra però con la ritrosia di Zoey, che, più
realista, si rende conto che questo grande passo per la famiglia
significa anche sradicare tutta la loro ciurma di figli in un’altra
casa, un altro contesto, una nuova vita per tutti. Ma l’entusiasmo
di questa nuova avventura è contagioso, e alla fine tutti si
convincono a imbarcarsi in questa avventura. Riusciranno i Baker a
sopravvivere a questi cambiamenti epocali nella loro vita?
Un linguaggio divertente e
universale
Un’altra scatenata
dozzina è divertente. Non ci sono altre parole per definirlo: la
scrittura e le interpretazioni costruiscono un quadro gustosamente
gioioso, vario, inclusivo, colorato. Il film cattura lo spirito
della contemporaneità e mostra come, miracolosamente, le cose
possano funzionare anche in un contesto così caotico. Inoltre,
parlando di questioni legate agli equilibri famigliari, parla un
linguaggio universale, accessibile e moderno.
Il film è interpretato da
Gabrielle Union, Zach Braff, Erika Christensen, Timon Kyle
Durrett, Journee Brown, Kylie Rogers, Andre Robinson, Caylee
Blosenski, Aryan Simhadri, Leo Abelo Perry, Mykal-Michelle Harris,
Christian Cote, Sebastian Cote e Luke
Prael.
Un’altra scatenata dozzina è diretto da
Gail Lerner, con una sceneggiatura di
Kenya Barris & Jenifer Rice-Genzuk Henry basata
sul romanzo di Frank Bunker Gilbreth, Jr. e
Ernestine Gilbreth Carey. Kenya
Barris è il produttore, mentre Shawn
Levy, Gabrielle Union, Brian
Dobbins e Donald J. Lee, Jr. sono gli
executive producer.
Dai creator
Stephen Merchant (The Office) e
Elgin James (Mayans
M.C.) arriva su Amazon Prime Video la miniserie in sei
puntate prodotta in collaborazione con BBC. Lo spunto di partenza
di The Outlaws ricorda neppure troppo da lontano
quello di un prodotto di culto realizzato qualche anno fa, ovvero
The Misfits: come nell’altro show anche questo
gruppo di protagonisti viene infatti costretto a lavorare l’uno a
fianco dell’altro nei servizi sociali dopo aver infranto la legge.
Personaggi radicalmente differenti tra loro per età, razza,
esperienze di vita ed estrazione sociale si troveranno a
condividere un destino comune legato a una valigia piena di denaro
che scotta, la quale provocherà ovviamente un mare di guai e
pericoli.
The Outlaws, la trama della serie
In The
Outlaws si può riconoscere fin dalle prime scene del pilot
il tocco di un autore comico a tratti geniale quale è
Stephen Merchant: attraverso molte situazioni e
soprattutto le dinamiche che regolano le relazioni tra le figure in
scena possiamo infatti scorgere la critica sociale dell’autore
all’Inghilterra governata da Boris Johnson, soavemente vanesia e
fortemente bigotta. L’ambientazione principale di una Bristol che
si presenta come una “working class city” fornisce il setting
perfetto con la sua architettura industriale, i quartieri più
poveri e le piccole industrie che tentano di sopravvivere
all’outsourcing. Dentro tale contesto si muovono personaggi che
rappresentano con arguzia il presente dell’Inghilterra, le sue
divisioni e i contrasti sociali.
Attenzione alla contemporaneità
Pur non risparmiando
bordate anche feroci all’attuale condizione del Paese, Merchant e
James non dimenticano comunque che la necessità principale di
The Outlaws è l’intrattenimento, anche se nel
corso delle puntate l’efficacia della trama e il tono si fanno
maggiormente ondivaghi. Dopo i primi due episodi davvero frizzanti
e velenosi lo show inizia a risentire di una certa stanchezza
narrativa, dovuta probabilmente al fatto di dover “allungare” in
sei parti da un’ora ciascuna una trama tutto sommato piuttosto
semplice. Nelle puntate centrali sono le caratterizzazioni dei
personaggi più che la storia a garantire divertimento e situazioni
spiritose, ma questo non nasconde il fatto che la narrazione
risulti in più di un’occasione piuttosto tirata per le lunghe. Per
fortuna della serie la caratterizzazione di almeno un paio di
figure di contorno è davvero riuscita, e questo consente agli
sceneggiatori di riempire molti momenti morti con trovate comiche
di sicuro impatto. Quando poi si hanno attori consumati come lo
stesso Merchant – capace di adoperare la sua fisicità dinoccolata e
goffa con la solita maestria – e il grande veterano
Christopher Walken, ecco che anche ogni piccolo
sketch può diventare fonte di intrattenimento leggero. In episodi
differenti figurano poi guest star di lusso come Claes Bang e
soprattutto il grande istrione Richard E. Grant, i quali recitano
cammei che di certo non guastano.
The Outlaws è già stata rinnovata
Già confermato per una
seconda stagione che probabilmente porterà a chiusura alcune
sottotrame lasciate volutamente aperte dalla prima, The
Outlaws è una miniserie che garantisce il giusto
divertimento grazie soprattutto a un’ambientazione originale e a
personaggi bizzarri in grado di far sorridere. Sul piano narrativo
lo show non funziona sempre quando deve mantenere alta la tensione
legata al plot criminale, mentre dal punto di vista della satira
sociale i risultati sono innegabilmente migliori: anche se
rappresentati attraverso la lente deformante della commedia, a
tratti anche grottesca, i personaggi rappresentano poco del meglio
e molto del peggio dell’Inghilterra di oggi. Alla fine si vuol bene
a questi poveri, squinternati piccoli delinquenti. Dietro le loro
rispettive maschere possiamo infatti intravedere abbastanza verità
da riconoscere una parvenza di noi stessi in loro. E questo è al
tempo stesso edificante e inquietante…
Con un film che riesce ad arrivare
alla
sezione Panorama del Festival di Berlino 2022, Chiara
Bellosi dirige un cast scarno di personaggi ma fatto da
grandi personalità. Calcinculo
è un dramma intimista e profondo, costruito sui silenzi, sulle
musiche e sui due protagonisti: Benedetta (Gaia Di
Pietro) e Amanda (Andrea
Carpenzano). Con la sua seconda opera, Chiara
Bellosi scende in profondità e raccontan onestamente il
disagio adolescenziale più profondo e la crisi esistenziale vissuta
dai personaggi principali.
Calcinculo la trama del film
Benedetta (Gaia Di
Pietro) ha 15 anni. Vive in un costante senso di
inadeguatezza e disagio: a scuola passa il tempo con un’unica
amica, a casa rimane in disparte, oscurata dalle discussioni tra i
genitori e dall’effervescenza delle due sorelle minori. L’unico
sfogo di Benedetta sembra essere il cibo: mangiare di
nascosto è il suo illusorio conforto. Nella noia
quotidiana della periferia di Roma in cui vive
Benedetta, l’arrivo delle giostre porta una ventata d’aria
fresca: tra i giostrai c’è Amanda (Andrea
Carpenzano), un ragazzo che ha adottato un nome femminile.
Amanda si mostra subito curiosa e amorevole nei confronti
di Benedetta, generando in lei una serie di emozioni mai
provate prima.
Tra i due si instaura così un
rapporto strambo fatto di contrasti, cattive influenze, sentimenti
sbilanciati. Per quanto sbagliato, tutto ciò fa sentire
Benedetta finalmente viva, libera e sé stessa.
Alla ricerca della leggerezza
Benedetta e Amanda
sono una l’opposto dell’altra: la prima è timida e silenziosa, la
seconda è appariscente e parla costantemente. La prima è ingenua,
la seconda è fin troppo maliziosa, la prima è in carne, la seconda
è pelle e ossa. Nonostante tutte le differenze, entrambe sono in
cerca di leggerezza: leggiadria per l’anima e per il corpo.
L’intero film gioca sul tema della
leggerezza: le farfalle di tulle create da Amanda, il tema
della danza, ma anche la giostra del ”calcinculo” evocano la
spensieratezza. Tutti questi elementi stridono con
Benedetta: la pesantezza che adombra la sua anima è ben
espressa dal corpo della ragazza. Il modo in cui la regista sceglie
di mostrare il disagio psicologico della protagonista, per metafore
e contrasti, è efficace e potente.
Il cibo come estremo rifugio
Alla leggerezza si lega anche il
discorso dei problemi con il cibo di Benedetta. Il tema
dei disturbi alimentari è affrontato, ma non è il centro di
Calcinculo. Si parla di abbuffate, di diete, di
commenti sgraditi, ma anche e soprattutto di cosa spinge
Benedetta a cercare rifugio nel cibo.
Il rapporto con la madre,
interpretata da Barbara Chichiarelli, è uno dei
filoni principali del film. Benedetta cerca costantemente
l’affetto e l’accettazione da parte della mamma, una donna che, tra
la frustrazione e le preoccupazioni quotidiane, fatica ad esprimere
l’amore per la figlia. Chichiarelli è un
personaggio potente ed efficace, una mamma realistica della
provincia romana. E, come ogni genitore di fronte al figlio
adolescente, tenta di aiutare la figlia, ma sbaglia sempre.
Calcinculo è un racconto muto di
parole, ma non afono
Calcinculo è un
racconto estremamente descrittivo. I personaggi parlano poco,
mentre la potenza drammatica è espressa dalle immagini didascaliche
che mostrano la quotidianità di Benedetta e la stravaganza
della vita di Amanda. Entrambi gli attori interpretano il
proprio personaggio più con il corpo che con la voce: dai movimenti
semplici, all’abbigliamento, dalle acconciature fino ai balli più
sfrenati.
La cinepresa gira con delicatezza
attorno agli attori, mostra tutto, ma da un punto di vista sempre
discreto. Chiara Bellosi, con l’ausilio di
Gaia Di Pietro, attrice esordiente, e
Andrea Carpenzano, ribadisce come si possa fare
cinema senza dover dire tutto a parole. La sceneggiatura, un lavoro
a quattro mani di Maria Teresa Venditti e
Luca De Bei, per quanto poco densa è ben fatta ed
è ricca di frasi potenti che colpiscono come frecce i personaggi a
cui vengono rivolte (e lo spettatore). Nel film grande rilievo
viene dato all’espressività della musica che fa danzare le scene e,
letteralmente, gli interpreti. Anche nelle note, c’è tutta la
ricerca di leggerezza di Calcinculo.
La femminilità: scoperta e
cercata
Calcinculo parla di
femminilità. Benedetta è un’adolescente che scopre il suo
corpo. Inizialmente se ne vergogna, si nasconde ma, grazie a
Amanda, impara a vedere in sé stessa la bellezza. Come
spesso accade per chi soffre di disturbi alimentari,
Benedetta è in disperato bisogno di amore, ha un vuoto
dentro che va nutrito, e non per forza con il cibo.
Amanda sembra in grado di
dare a Benedetta questo amore, ma anch’essa ne è in cerca.
Il nome che ha adottato significa proprio questo: ”colei che deve
essere amata”. Amanda vuole essere accettata come donna,
grida al mondo la sua femminilità con i vestiti e con gli
atteggiamenti. Calcinculo è quindi la storia di
due anime spezzate, una storia ”d’amore” che non può realmente
esistere perché assurda e pericolosa: un film vero e, come la vita,
a tratti spensierato, a tratti straziante.
In poco più di 90 secondi, la nuova
featurette di Moon Knight ha portato l’entusiasmo dei fan
alle stelle: introducendo il tono oscuro e la struttura
stratificata del progetto, nuove location ed epiche sequenze
d’azione, sembra proprio che con questa serie il MCU
aprirà un nuovo capitolo.
Il cast principale e la troupe ci
hanno offerto un primo sguardo a questo inedito progetto,
caratterizzato da personaggi caratterialmente complessi, di cui
verrà analizzata nel dettaglio la profondità psicologica. Per
quanto riguarda il comparto tecnico della serie, si partirà
sicuramente dalle caratteristiche chiave del MCU,
ma tanto altro ci attenderà con il debutto su Disney+ di
Moon Knight, stabilito per il 30 marzo.
Il co-protagonista Ethan Hawke
definisce Moon Knight “Un nuovo supereroe in un nuovo mondo”
Questa affermazione di
Ethan
Hawke che, in Moon Knight, interpreta il villain principale
(Arthur Harrow), può avere molteplici significati,
soprattutto considerando che è ormai imperante nel MCU
l’idea di multiverso. In primo luogo, riferirsi a
Moon
Knight come “nuovo supereroe” è qualcosa di abbastanza
scontato, dato che questa sarà la prima serie in streaming della
Marvel a concentrarsi su un eroe
non presente nelle prime fasi del MCU.
La dicitura “nuovo universo”,
potrebbe in parte riferirsi all’ambientazione della serie, ovvero
l’Egitto, sicuramente una location inesplorata dal MCU,
ma potrebbe anche suggerire che la storyline di Moon Knight si svolgerà in una dimensione
completamente distaccata dal resto del MCU. Considerando che le avventure
multiversali stanno diventando sempre più un aspetto chiave della
Fase Quattro del MCU,
siamo ansiosi di capire dove ci porterà Moon Knight.
“È un vero e autentico studio del
personaggio” – La star della serie Oscar Isaac
Uno studio del personaggio
è una tipologia di narrazione focalizzata sulla caratterizzazione
del protagonista principale, le prove che deve affrontare, le sue
speranze e i suoi sogni. Non si tratta di una novità assoluta per
il MCU:
dal punto di vista narrativo, infatti, anche una serie come
Wandavision
propende per lo studio del personaggio, e molti dei film da solisti
degli eroi Marvel si soffermano maggiormente
sull’arco dei protagonisti piuttosto che sull’avanzare della trama,
soprattutto per quanto riguarda le loro origin story.
Tuttavia, questa è la prima volta
che il materiale promozionale ha confermato tale struttura per un
progetto prima della sua uscita, permettendo al pubblico
di prepararsi ad una serie trainata dai caratteri dei personaggi,
piuttosto che da colpi di scena. Questo non significa che la trama
di Moon Knight non sarà coinvolgente, ma piuttosto
che lo show si concentrerà sulle lotte interne, i punti di forza e
le debolezze del nostro protagonista, mentre cerca di gestire la
sua condizione di salute mentale e i suoi nuovi superpoteri.
Moon Knight si discosterà dal MCU
come il pubblico lo conosce
Una critica comunemente
rivolta ai film del MCU
è che tendono a seguire una certa routine produttiva, anche se
commercialmente di successo. Questo è un procedimento abbastanza
tipico per gli studios di Hollywood, ma il presidente dei
Marvel Studios Kevin Feige sottolinea
in questa featurette che la serie sarà in controtendenza
rispetto agli altri progetti Marvel.
Feige ha definito
il design e l’estetica di Moon Knight “incredibilmente unico”,
affermazione che è stata confermata anche da Oscar Isaac, Ethan
Hawke e May Calamawy nella
featurette. Considerando che gran parte della Fase
Quattro si è già significativamente discostata dal
MCU
come lo conoscevamo prima, l’enfasi del cast e del presidente dello
studio sulla natura distintiva di Moon Knight implica un cambiamento ancora
più grande rispetto a ciò che abbiamo visto prima.
“Il nostro compito era quello di…
Trattare il tema della salute mentale molto seriamente”. – Oscar
Isaac
Una delle tematiche
approfondita nella Fase Quattro del MCU
è stata sicuramente quello della salute mentale degli eroi
protagonisti: dall’elaborazione del lutto di
Wanda, le tendenze narcisistiche di
Loki, fino al PTSD e al senso di colpa
sperimentato da Bucky Barnes e Clint
Barton (AKA Hawkeye), i Marvel Studios si sono
impegnati a confezionare ritratti empatici di vari livelli e forme
di salute mentale senza modificare totalmente la visione delle
storyline dei fumetti.
Ciò che rende l’affermazione di
Isaac così significativa è che si tratta di una
chiara dichiarazione di intenti su come lo show gestirà il tema
della condizione di salute mentale del protagonista, condizione che
è parte integrante del concetto e identità di Moon Knight, e quindi non poteva essere
esclusa dalla trama principale. Non ci resta che vedere come i
Marvel Studios ci
presenteranno il disturbo dissociativo dell’identità di Moon Knight, sperando in un ritratto efficace
e, soprattutto, fondamentalmente umano.
“Impariamo a conoscere Steven e poi
impariamo a conoscere Marc… E sono la stessa persona”. – Il regista
Mohamed Diab
I
fan dei fumetti di Moon Knight sanno che il supereroe ha
identità multiple ma, prima che questa featurette uscisse,
non sapevamo effettivamente come questa particolare caratteristica
del supereroe sarebbe stata rimodellata nella serie.
Sappiamo che almeno due di esse
verranno approfondite: la serie inizierà focalizzandosi sulla vita
mondana del docile Steven Grant e, man mano che la
trama andrà sviluppandosi, faremo la conoscenza dello spavaldo
Marc Spector, in un connubio inscindibile di
suspense e sequenze d’azione. Il tono e ritmo dello show dovrebbe
dunque rispecchiare lo schema delle diverse identità del
personaggio che si scontrano e alla fine coesistono.
“Il tono è quello di un Fight Club
che incontra Indiana Jones”. – La co-star della serie May
Calamawy
Anche la co-protagonista
May Calamawy, che in Moon Knight interpreta Layla,
la socia di Marc Spector, definisce la trama di
Moon Knight “ampia e sovrannaturale”, lasciando
intendere che alcuni elementi della serie richiameranno
un’atmosfera alla Fight Club e Indiana
Jones.
Similmente all’operazione di
bilanciamento tra le molteplici identità del nostro protagonista,
il tono generale di Moon Knight probabilmente camminerà sulla
linea di confine tra gli ormai iconici tropi di queste due
fantastiche pellicole.
“Ogni aspetto di questo show ha una
dualità”. – Ethan Hawke
La dualità è parte
integrante della storyline di Moon Knight, e di qualsiasi narrazione
supereroistica incentrata su un protagonista “umano” che si
destreggia tra una vita mondana e un alter-ego potenziato. Più
recentemente questo conflitto è stato messo in luce in Spiderman: No Way Home il che ha portato, come
sappiamo, a conseguenze multiversali.
I fan Marvel sanno già che Oscar
Isaac dovrà destreggiarsi in una duplice performance
attoriale, presentando ogni variazione caratteriale che il
passaggio di identità tra Steven Grant e
Marc Spector comporta. Eppure, la dichiarazione di
Hawke apre la possibilità che tali duplici
conflitti riguardino anche altre questioni inaspettate:
dai cattivi all’ambientazione della serie, per culminare con la
forza soprannaturale di Khonshue, i fan si
aspettano qualsiasi cosa da una storia ricca di sfumature e
potenziali sorprese come quella di Moon
Knight.
Il celebre regista britannico
Ken Loach ha dedicato tutta la sua attività
cinematografica alla descrizione delle condizioni di vita dei ceti
meno abbienti, schierandosi sempre dalla parte dei lavori e della
difesa dei loro diritti. Vincitore in due occasioni della Palma
d’oro a Cannes (di cui l’ultima arrivata nel 2016 grazie a Io, Daniel Blake, altro
titolo particolarmente politico), Loach ha presentato nel 2019,
proprio al prestigioso festival francese, il suo ultimo film:
Sorry We Missed You (qui la recensione). È questo uno
struggente racconto votato al proporre un ritratto realistico della
difficile attività dei corrieri freelance e sull’impatto che tale
lavoro ha sulle famiglie di queste persone.
Loach e lo sceneggiatore
Paul Laverty hanno raccontato di essersi
interessati a questo argomento durante le riprese di Io, Daniel
Blake. Interessatisi alla gig economy, hanno deciso di andare
alla scoperta del complesso mondo dei corrieri, esplorando la
realtà del loro lavoro e le conseguenze che questo ha in modi più o
meno evidenti su tutta la loro vita. Disgustato dal modo in cui le
multinazionali si arricchiscono sulle spalle dei loro dipendenti,
Loach ha così deciso di dar vita ad un nuovo film di denuncia,
asciutto e realistico a tal punto da instillare nello spettatore un
senso di colpa non indifferente, che spinge a rivalutare la propria
attività di consumatore.
Per gli appassionati del regista
Sorry We Missed You è dunque un nuovo imperdibile tassello
nella sua poetica degli ultimi, ma si tratta in generale di un film
che tutti dovrebbero vedere per comprendere aspetti nascosti di
realtà ormai fin troppo radicate. Prima di intraprendere una
visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune
delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama e al cast di
attori. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
Sorry We Missed You: la trama del film
Protagonista del film è
Ricky Turner, cittadino di Newcastle, Inghilterra,
felicemente sposato con Abbie. I due hanno due
figli, il sedicenne sebastian e l’undicenne
Liza. Tutti insieme vivono in una modesta ma
accogliente casa, facendo affidamento l’uno sull’altro. La crisi
economica mondiale verificatasi a partire dal 2007 porta però Ricky
a perdere il lavoro. Di conseguenza, egli deve abbandonare il sogno
di acquistare una casa propria e, possibilmente, più spaziosa. Per
rilanciarsi nel mondo del lavoro e potersi assicurare uno stipendio
con cui sostenere la sua famiglia, Ricky si vede dunque costretto a
prendere una difficile scelta.
Venduta l’auto di sua moglie, egli
acquista un furgone con cui poter avviare un’attività di corriere
freelance per conto di una grossa ditta di consegne. Si tratta di
un impiego particolarmente richiesto, che porta però Ricky a
dovervisi dedicare intensamente, finendo con il trascurare sempre
più la sua famiglia. I ritmi frenetici a cui è soggetto tanto lui
quanto anche Abbie, assistente domiciliare per anziani e malati,
inizia ben presto a minare i rapporti famigliari. Il pesante clima
di tensione si ripercuote naturalmente anche sui figli, generando
un malessere dal quale però non sembra esserci via di uscita.
Fermarsi dal fare le consegne, significa per Ricky perdere il
lavoro e tutto ciò che ne consegue.
Sorry We Missed You: il
cast del film e la storia vera
Come alcuni altri film di Ken Loach,
anche il cast di Sorry We Missed You è composto da
attori non professioni o comunque poco conosciuti. L’assenza di
personalità riconoscibili rende infatti più facile per il pubblico
credere che i personaggi siano persone comuni con problemi reali
nei quali ci si può identificare. Ad interpretare Ricky Turner, il
capofamiglia protagonista del film, vi è dunque un attore di nome
Kris Hitchen. Per dar vita al suo personaggio,
egli si è ispirato al sé stesso di quando lavorava come idraulico
prima di riuscire ad affermarsi nel mondo della recitazione.
L’attrice Debbie Honeywood interpreta la moglie
Abbie, mentre Rhys Stone e Katie
Proctor hanno i ruoli di Sebastian e Liza.
La storia del film, come raccontato
dallo stesso Loach, prende in parte ispirazione dalle esperienze di
Don Lane. Questi era un corriere per DPD, morto
nel gennaio 2018 dopo aver lavorato da malatto durante il periodo
delle consegne di Natale. Egli aveva saltato diversi appuntamenti
in ospedale per curare il suo diabete di tipo 1 perché gli erano
state addebitate 150 sterline da DPD in seguito all’aver saltato le
consegne per partecipare a un appuntamento. Temendo ulteriori
addebiti, Lane ha dunque dovuto preferire il lavoro alla salute,
rimettendoci la vita. La vicenda colpì molto Loach, che ebbe anche
modo di incontrare diversi altri corrieri per farsi raccontare la
loro esperienza e poterne dare un ritratto realistico nel film.
Sorry We Missed You: il
trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di
Sorry We Missed You grazie alla sua
presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming
presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi
di Rakuten TV, Chili Cinema e Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
venerdì 18 marzo alle ore 21:20
sul canale Rai 3.
Katherine Waterston
è una di quelle attrici versatili e brillanti, talmente brava da
rendere migliore ogni ruolo che interpreta. Sebbene abbia iniziato
l’attività non da giovanissima, l’attrice ha subito recuperato fama
e stima, grazie alla sua capacità di scegliere i ruoli migliori e
in grado di farsi valere senza fare accomodarsi al cognome famoso
che porta.
2. Ha lavorato per il
piccolo schermo ed è anche doppiatrice e produttrice. Nel
corso della sua carriera, l’attrice non si è dedicata solo al
grande schermo, ma ha preso parte anche a produzioni seriali.
Infatti, ha recitato nelle serie Boardwalk Empire
(2012-2013), The Third Day (2020) e in un episodio di
Perry Mason (2022). Inoltre, in quanto doppiatrice ha
prestato la propria voce per il videogioco Lego Dimensions
(2015), mentre come produttrice ha partecipato alla realizzazione
del film And It Was Good (2015).
Katherine Waterston: chi è il suo
fidanzato
3. Ha avuto un lungo
fidanzamento. L’attrice è stata fidanzata a lungo, per
circa sei anni, con il drammaturgo e regista americano Adam
Rapp. Tuttavia, non ci sono notizie precise riguardo la
loro rottura o altre frequentazioni, anche perché l’attrice ha
sempre mantenuto la sua vita privata come tale. Durante la premiere
londinese di Animali fantastici – I crimini di
Grindelwald, l’attrice ha rivelato al mondo di essere in dolce
attesa. Il figlio è poi nato nel 2019, ma non è noto chi sia il
padre.
Katherine Waterston è su Instagram
4. Ha un profilo sul celebre
social. L’attrice ha aperto da alcuni anni un proprio
account Instagram che è seguito da circa 72,7 mila persona di
persone. La Waterston non è in realtà molto attiva sul social ma la
sua bacheca, con attualmente 54 post, raccoglie post relativi a
momenti di svago, cause benefiche da lei sostenute e, naturalmente,
alle sue attività lavorative, che siano per set cinematografici o
per altro. Seguendola, si può dunque rimanere aggiornati su tutte
le sue novità dentro e fuori dal set.
Katherine Waterston in
Alien
5. Si è ispirata alla
capigliatura di un suo collega. Nel periodo in cui
era impegnata sul set di Animali fantastici e dove
trovarli, l’attrice ha avuto la possibilità di sostenere
una video audizione per il ruolo da protagonista in Alien: Covenant. In
preparazione per questa, l’attrice ha pensato che la parrucca
indossata dal collega Ezra Miller,
interprete di Credence nella saga fantasy, sarebbe stata molto
cool se indossata da lei nel video. Ciò ha contribuito, infatti, ha
farle ottenere il ruolo in Alien.
6. Non è stata la prima
scelta. Prima che le venisse assegnato il ruolo di
Daniels, l’attrice ha dovuto “scontrarsi” con una belle
concorrenza, tra cui spicca il nome di Rebecca
Ferguson. Tuttavia, quest’ultima ha poi declinato
l’offerta per poter partecipare alle riprese di Life e la
Waterston ha convinto tutti sull’assegnare a lei la parte. Grazie a
quel ruolo ha poi ottenuto ancor più popolarità nel mondo di
Hollywood e presso il grande pubblico.
Katherine Waterston in Animali
fantastici
7. Non è stata l’unica ad
essere considerata per il ruolo di Tina. Tra i ruoli per
cui l’attrice è maggiormente celebre vi è quello di Porpentina
Goldstein in Animali fantastici e dove
trovarli. Anche in questo caso, prima di poter ottenere la
parte la Waterston si è dovuta “scontrare” con altre attrici
particolarmente celebri. Per quel personaggio i produttori avevano
infatti considerato anche Kate Upton ed
Elizabeth Debicki. Alla
fine fu però la Waterston ad ottenere il ruolo, rivelandosi
l’interprete adatta per esso.
8. Non si è mai paragonata
ad Hermione. In quanto protagonista femminile del film, in
molti hanno paragonato Porpentina ad Hermione. L’attrice, tuttavia,
ha dichiarato di non essersi mai sentita in competizione con
Hermione e di ritenere il celebre personaggio interpretato
da Emma Watson e
il suo completamente differenti, tanto non essere mai stata
preoccupata da questo tipo di confronto.
9. Reciterà anche nel terzo
capitolo della saga. Nonostante i ritardi che hanno
portato il nuovo capitolo della saga, Animali fantastici – I segreti
di Silente, ad uscire ben quattro anni dopo Animali
fantastici – I crimini di Grindelwald, l’attrice ha confermato
che tornerà a vestire il ruolo di Porpentina anche in questo
capitolo. Non è ancora noto a cosa andrà incontro il suo
personaggio in questo terzo film della saga, ma la Waterston ha
promesso grandi cose.
Katherine Waterston: età e
altezza
10. Katherine Waterston è
nata il 3 marzo del 1980a Westminster,
Londra. La sua altezza complessiva corrisponde a 182
centimetri.
Iconico attore e stuntman italiano,
Giuliano Gemma ha avuto una lunghissima carriera,
composta da film per il cinema e prodotti per la televisione.
Distintosi come uomo prestante ed energico, con un passato di
trapezista circense, anche quando divenne attore affermato girò molte
scene pericolose e acrobatiche di persona, senza ricorrere mai a
una controfigura. Passando con naturalezza da pellicole commerciali
ad altre più impegnate, egli si affermò presso il grande pubblico,
che ancora oggi lo ricorda con grande affetto.
Ecco 10 cose che forse non sai di Giuliano
Gemma.
Giuliano Gemma: i suoi film e le serie TV
1. Ha recitato in celebri
film. La carriera cinematografica di Gemma ha inizio con
piccoli ruoi in film come Venezia, la luna e tu (1958) e
Ben-Hur (1959). Successivamente ottiene sempre più
popolarità recitando in pellicole come Arrivano i titani
(1962), Il giorno più corto (1963), Il Gattopardo (1963),
Angelica (1964), Vivi o
preferibilmente morti (1969), Anche gli angeli mangiano
fagioli (1973), L’arciere di fuoco (1971),
Delitto d’amore (1974), Il deserto dei tartari
(1976), Il prefetto di ferro (1977), Corleone
(1978), Un uomo in ginocchio (1979), Tenebre
(1982) e Claretta (1984). Tra i suoi ultimi film per il
cinema si annoverano Tex e il signore degli abissi (1985),
Speriamo che sia femmina (1986), Qualcuno pagherà
(1988), Un bel dì vedremo (1996), Un uomo perbene
(1999), La donna del delitto (2000) e To Rome with Love
(2012).
2. Ha lavorato molto anche
in televisione. Verso gli ultimi anni della sua carriera
l’attore si è dedicato prevalentemente alla televisione, recitando
in serie come Caccia al ladro d’autore (1985), I
promessi sposi (1990), Deserto di fuoco (1997),
Angelo il custode (2011), Giovanni Paolo II
(2005), Pompei (2007), Il capitano (2005-2007),
Butta la luna (2009) e Capri 3 (2010). Ha poi
recitato anche in film TV come Non aprite all’uomo nero
(1990), Jewels (1990), Una storia italiana
(1993) e L’uomo che piaceva alle donne – Bel Ami
(2001).
3. Ha ricevuto prestigiosi
riconoscimenti. Nel corso della sua lunga carriera Gemma
ha ricevuto diversi premi di grande prestigio. Nel 1977 ha ad
esempio vinto un David di Donatello speciale per Il deserto dei
tartari, mentre nel 1979 è stato riconosciuto con un Grolla
d’oro per il suo ruolo in Un uomo in ginocchio e
Corleone. Ha poi vinto due volte il Premio Vittorio De
Sica, nel 1983 e nel 2008, e ha ricevuto sempre nel 2008 il Nastro
d’argento e il Globo d’oro alla carriera.
Giuliano Gemma: le relazioni e la figlia Vera
4. Si è sposato due
volte. L’attore è stato sposato due volte, la prima con
Natalia Roberti, dalla quale ha avuto le figlie
Vera e Giuliana. La Roberti
tuttavia scomparve prematuramente nel 1995, lasciando un vuoto
nella vita dell’attore. Egli riuscì a colmarlo sposando in seconde
nozze nel 1997 la giornalista Daniela “Baba”
Richerme. I due non ebbero figli, ma vissero profondamente
legati fino alla scomparsa di lui.
5. Sua figlia è
un’attrice. La figlia Vera, nata nel 1970, ha seguito le
orme paterne divenendo un’attrice cinematografica e televisiva.
Cresciuta tra Roma e i set cinematografici del padre, da bambina ha
avuto modo di recitare accanto a lui nel film Il grande
attacco. Nel corso della sua carriera ha poi avuto modo di
recitare in film come La sindrome di Stendhal, Il cartaio
e Scarlet Diva. Negli ultimi anni ha invece partecipato
come concorrente a diversi programmi televisivi.
Giuliano Gemma aveva una cicatrice
6. Aveva una cicatrice sul
volto. Non tutti sono a conoscenza del particolare
aneddoto che vi è dietro la cicatrice che l’attore aveva sul volto.
Da bambino nel periodo in cui viveva nelle campagna presso i suoi
nonni in Reggio Emilia, l’attore rimase vittima dell’espulsione di
un ordigno bellico. Questo sembra fosse rimasto in un campo, non
visibile, e in seguito alla sua detonazione Giuliano rimase ferito
da una scheggia, che lo colpì alla guancia. Di quell’incidente,
all’attore rimase dunque una cicatrice che ha rappresentato per
lui, negli anni, un ulteriore simbolo di fascino e di
identificazione.
Giuliano Gemma e i film western
7. Ha recitato in molti film
western. Gemma conobbe grandissima popolarità a partire
dagli anni Sessanta, un decennio che gli permise di prendere parte
a molti film appartenenti ad un genere cinematografico molto in
voga in quegli anni nel nostro Paese: il western all’italiana. Tra i
titoli più celebri che lo videro in ruoli di rilievo si annoverano
Una pistola per Ringo, Un dollaro bucato, Il ritorno di Ringo,
Adios gringo, Per pochi dollari ancora, I lunghi giorni della
vendetta, I giorni dell’ira e Il bianco, il giallo, il
nero.
Giuliano Gemma: l’incidente e la morte
8. Ha avuto un incidente
d’auto. Il 1° ottobre del 2013 l’attore fu coinvolto in un
incidente stradale. La Toyota Yaris sulla quale viaggiava si è scontrata
frontalmente con una Bmw con a bordo un uomo e suo figlio.
L’impatto è avvenuto tra via del Sasso a via di Zambra. Gemma è poi
stato trasportato all’ospedale San Paolo di Civitavecchia, ma è
morto per arresto cardiaco quella sera stessa. Ancora oggi le
dinamiche dell’incidente ed eventuali ritardi nel prestare soccorso
ai coinvolti non sono del tutto chiari, nonostante dei tentativi di
ricostruire l’accaduto.
9. È sepolto a
Roma. In seguito alla scomparsa dell’attore, il Comune di
Roma organizzò la camera ardente in Campidoglio, poi i funerali si
tennero nella Chiesa di Santa Maria dei Miracoli in Piazza del
Popolo: in memoria della sua giovanile esperienza, la bara fu
trasportata da una squadra di Vigili del Fuoco. Giuliano Gemma è
stato quindi sepolto nella tomba di famiglia del Cimitero di Prima
Porta, a Roma.
Giuliano Gemma: età e altezza dell’attore
10. Giuliano Gemma è nato il
2 settembre del 1938 a Roma ed è deceduto a Civitavecchia il 1°
ottobre del 2013, all’età di 75 anni. L’attore era alto
complessivamente 1.85 metri.
È disponibile dal 18
marzo su Disney+Un’altra scatenata
dozzina, la versione aggiornata al 2022 del classico per
tutta la famiglia diretto da Shawn Levy con
Steve Martin. In occasione della promozione del
film, abbiamo incontrato Gabrielle Union,
produttrice esecutiva e protagonista nei panni di Zoey, Zach Braff che interpreta suo marito, Paul,
Timon Kyle Durrett che è l’ex marito di Zoey, Dom,
Erika Christensen che invece è la ex di Paul,
Kate, e la regista del film, Gail Lerner.
La storia segue le
avventure della famiglia allargata dei Baker, mentre si
destreggiano tra una vita domestica frenetica e la gestione della
loro attività familiare.
La sfida principale del
film è stata di aggiornare a oggi quello che era il concept del
film originale, e quindi il concetto della famiglia allargata è
stato fondamentale per costruire la storia. Ma la carte vincente
del film secondo Union, è che parlando di famiglia, il film parla a
tutto il mondo, dal momento che ogni essere umano viene da una
famiglia o mira a costruirsene una, quindi “tutti nel mondo
possono relazionarsi con il dramma familiare, il divertimento in
famiglia, la risoluzione dei problemi in casa (…) Ed è sempre più
frequente vedere queste famiglie miste, co-genitori, famiglie
multigenerazionali, tutti sotto lo stesso tetto (…) questo è un
film che coinvolge tutte le famiglie e dice che prima o poi si
trova qualcuno con cui ci si può relazionare. C’è almeno un
pezzetto di questa famiglia per ognuno, un pezzetto che ti
assomiglia.”
Protagonista maschile del
film è Zach Braff: “Conosco tanti genitori che
possono relazionarsi con l’equilibrio tra lavoro ed essere
genitore. E, naturalmente, in UN’Altra Scatenata Dozzina, questo
equilibrio viene portato all’estremo. Ovviamente, è una realtà
aumentata. Anche se si è davvero verificato per questa famiglia che
ha scritto il libro.”
Secondo la regista,
quello che è davvero belo della storia che il film racconta è il
fatto che, da un punto di vista di un bambino, deve essere bello
avere i propri compagni di giochi in casa: “Il mondo può essere
un posto difficile e quella casa è la tua rete di protezione, in
questo film quella casa è resa un posto così divertente in cui
vivere!”
Il film è interpretato da
Gabrielle Union e Zach Braff nei panni dei genitori,
Erika Christensen e Timon Kyle
Durrett nei panni dei co-genitori, Journee Brown,
Kylie Rogers, Andre Robinson, Caylee Blosenski, Aryan Simhadri, Leo
Abelo Perry, Mykal-Michelle Harris, Christian Cote, Sebastian
Cote e Luke Prael che invece interpretano
la ciurma di bambini e ragazzi. Un’altra scatenata dozzina è
diretto da Gail Lerner, con una sceneggiatura di Kenya
Barris & Jenifer Rice-Genzuk Henry basata sul romanzo di
Frank Bunker Gilbreth, Jr. e Ernestine
Gilbreth Carey. Kenya Barris è il
produttore, mentre Shawn Levy, Gabrielle Union, Brian
Dobbins e Donald J. Lee, Jr. sono gli
executive producer.
In Compagnia del Lupo. Il cuore nero
delle fiabe, la nuova stagione della serie di Carlo
Lucarelli che svela i segreti nascosti nei racconti del “C’era una
volta”. A partire da martedì 22 febbraio, alle ore 21:15,
torna ogni settimana su Sky Arte – con una nuova stagione composta
da otto episodi – In Compagnia del Lupo. Il cuore nero
delle fiabe, la produzione Sky Original realizzata da TIWI
e condotta da Carlo Lucarelli che svela i segreti nascosti nei
racconti del “c’era una volta”.
Ancora una volta la serie è accompagnata
dalla pubblicazione di podcast realizzati in collaborazione con
Carlo Lucarelli e ricchi di contenuti originali, disponibili ogni
martedì sul sito di Sky Arte e sulle principali piattaforme
gratuite di streaming. I podcast sono distribuiti daSpreaker, prima
piattaforma in Italia per la creazione, distribuzione e
monetizzazione di podcast.
“C’è un motivo per cui continuiamo a
raccontarci le favole, anche a distanza di secoli – afferma Carlo
Lucarelli – Anzi, ce ne sono tanti. Sono costruzioni narrative
bellissime, piene di emozioni e colpi di scena. Raccontano lo
spirito di un periodo e fatti che ancora ci parlano. Ma
soprattutto, per quanto le racconti e le ripeti, non sono mai le
stesse. E questo è solo uno dei misteri che abbiamo cercato di
svelare con In Compagnia del Lupo. Le storie che raccontiamo nella
nuova stagione sono ancora più sorprendenti, misteriose e
inquietanti. Da non perdere.”
Nella prima stagione di In Compagnia
del Lupo. Il cuore nero delle fiabe, Lucarelli ha
accompagnato il pubblico alla scoperta degli aspetti più insoliti,
spaventosi e avventurosi nascosti nelle storie di Cappuccetto
Rosso, Il Piccolo Principe, Barbablù, La Bella e la Bestia, le bambine delle
fiabe dei Fratelli Grimm, Peter Pan, il Brutto Anatroccolo e Hansel
e Gretel, che sono diventati anche i protagonisti di un omonimo
volume edito da Sky Arte e TIWI, con approfondimenti, illustrazioni
originali e immagini d’archivio disponibile in tutte le
librerie.
La nuova stagione – anticipata lo scorso
dicembre da una puntata speciale dedicata al lato oscuro di Babbo
Natale, ben lontano dall’uomo corpulento con la barba bianca e il
sacco pieno di regali che i bambini tanto amano – prosegue il suo
viaggio all’interno di storie classiche e meno conosciute, ma tutte
dai risvolti sorprendenti, a volte inquietanti, con strette
connessioni a fatti di cronaca realmente accaduti. Gli episodi,
come sempre accompagnati da illustrazioni animate, coinvolgono
numerosi ospiti e location d’eccezione, come il Castello Bonoris di
Montichiari(BS) e BUB – Biblioteca Universitaria di Bologna.
Nel corso del sesto episodio, in onda
martedì 22 marzo alle ore 21.15, Lucarelli – accompagnato dallo
scrittore e architetto Gianni Bondillo – ci racconta la storia
dell’uomo più gentile al mondo: il Gobbo di Notre-Dame.
Nel 2010 nell’archivio della Tate Gallery di
Londra viene ritrovato ed esaminato il diario di uno scalpellino
inglese, Henry Sibson. L’uomo lavora a Parigi durante il periodo
dei primi restauri di Notre-Dame e tra le sue pagine racconta di
aver conosciuto un uomo gentilissimo, a cui gli scalpellini che
lavorano nella Cattedrale hanno dato il soprannome Le Bossu, Il
Gobbo. Nei pressi di Notre-Dame, proprio in quegli anni, vive anche
Victor Hugo, l’autore di Notre-Dame de Paris, il romanzo che ha per
protagonista Quasimodo, il Gobbo di Notre-Dame. È facile pensare
che anche Hugo abbia conosciuto lo stesso uomo e che sia stato
proprio lui ad ispirargli il celebre personaggio. Quello che è più
difficile capire è come un romanzo così tragico possa essere
diventato una delle storie più famose realizzate da Walt Disney. Il
romanzo e il film sono davvero molto diversi tra loro. C’è una
cosa, però, che hanno in comune. Entrambi parlano di cosa
significhi essere un mostro, un reietto, il capro espiatorio a cui
dare la colpa di tutto il male del mondo. Hugo lo fa con la potenza
della sua penna e ci immerge nelle profondità dell’animo umano.
Disney lo fa con delicatezza, addolcendo tutti gli aspetti più
crudeli ed inquietanti della storia originale.
Carlo Lucarelli conduce gli spettatori in un
mondo che credevano di conoscere e, svelando lati poco noti di
tutte quelle storie che hanno accompagnato gli anni della loro
infanzia, li immerge in un’atmosfera magica e inquietante e li
porta a scoprire che c’è qualcosa di più pauroso di ciò che
troviamo nelle fiabe: la realtà. E forse no, il cattivo non è solo
il lupo.
In Compagnia del Lupo. Il cuore nero
delle fiabe è una produzione Sky Original in onda su Sky
Arte realizzata da TIWI con il sostegno della Regione
Emilia-Romagna.
“Volevo salvare
l’anima della compagna, poi ho capito di essere io l’anima della
compagnia…” dice Rebekah Neumann a suo marito
Adam in una delle puntate centrali di WeCrashed,
serie di Apple TV+ dedicata all’ascesa e
caduta dell’impresa WeWork. La donna ha perfettamente ragione: è
lei l’anima di quello che per alcuni anni si è rivelato un piccolo
grande fenomeno sociale, fino a creare un giro d’affari di alcuni
miliardi di dollari.
Lo show in otto puntate
ispirato dal podcast di David Brown mette in scena
con precisione certosina ed elegante senso della commedia
dell’assurdo proprio questo: l’anima della donna e dell’uomo che
hanno creato dal nulla un impero economico. La forza principale del
progetto è però quella di andare controcorrente e mostrare per
intero la vacuità, la meschinità, l’ipocrisia di questi personaggi.
Sotto questo punto di vista WeCrashed è un
qualcosa di sorprendentemente coraggioso, in quanto non concede mai
allo spettatore di
dubitare della superficialità della futilità dei protagonisti.
Fin dall’inizio la loro
è una anti-epopea ottimamente costruita a livello narrativo, che
puntata dopo puntata sa immergere in un vortice di decisioni
dettate puramente da ego smisurato, egoismo, vanità e ipocrisia. In
ogni momento in cui la trama sembra lasciar trasparire un minimo di
umanità nelle figure di Adam o Rebekah, ecco che qualche colpo di
scena oppure un dettaglio dissonante intervengono a ricordarci
quanto entrambi siano fuori dal mondo. Raramente è capitato di
vedere una miniserie in cui nulla viene concesso alla
drammatizzazione di un antieroe, per quanto fallace o ambiguo esso
sia.
In una maniera che, lo
ammettiamo, risulta piuttosto complessa da esprimere con totale
precisione, WeCrashed potrebbe essere una delle
serie più rappresentative di questi anni: attraverso la
rappresentazione del vuoto pneumatico rappresentato da Adam
Neumann e Rebekah Paltrow – cugina di
Gwyneth – la serie riesce a rendere i suoi protagonisti
paradigmatici, emblemi assurdi di una società in trasformazione che
(probabilmente) ancora non riesce a comprendere del tutto la sua
nuova dimensione e cerca punti di riferimento i quali spesso non
hanno lo spessore necessario o anche soltanto l’integrità morale
per esserlo.
Pur indirizzando i
propri strali contro queste due figure ben identificabili
WeCrashed propone un discorso tutt’altro che
conciliatorio anche sull’ambiente che li ha prodotti e lasciati
successivamente proliferare. La New York delle opportunità per
tutti, del flusso di denaro inarrestabile, del politically correct
a ogni costo, del #MeToo e della “Cancel Culture”, dei millennial e
dei social media: quanto tale contesto è (co)responsabile della
folle epopea economica e culturale che risponde al nome di WeWork?
Costruendo lo sviluppo narrativo dello show come un crescendo
rossiniano i creator Lee Eisenberg e Drew Crevello riescono
nell’intento di mettere alla berlina tutto e tutti, non salvando un
solo personaggio dell’entourage di WeWork. Sotto questo punto di
vista la miniserie si fa molto più radicale di altre contemporanee,
pur nascondendolo dietro la confezione della commedia satirica. Da
notare che alla regia dei primi episodi ci sono John Requa e Glenn
Ficarra, registi e sceneggiatori che in passato hanno denotato un
tocco sapido e pungente quando si tratta di ironizzare sul nostro
presente.
Jared Leto e Anne Hathaway
sono i protagonisti
Ultimo tassello del
discorso, ma di certo non meno importante dei precedenti, riguarda
la performance dei due protagonisti Jared Leto e Anne Hathaway, i quali si prestano con sincero
coraggio a impersonare con adesione e puntualità due figure tanto
meschine, probabilmente riuscendo al tempo stesso a ridere di loro
stessi e del loro stato di “star”: se l’attore che interpreta Adam
Neumann è indubbiamente efficace pur lavorando con un trucco che
non lo aiuta più di tanto, la vera mattatrice di
WeCrashed è una Hathaway che sa cambiare tono,
atteggiamento, linguaggio fisico all’interno di una sola scena e
risultare comunque credibile e irritante al tempo stesso.
Il lavoro dell’attrice
sul personaggio si muove costantemente su un equilibrio instabile
tra realismo e caricatura, facendosi puntata dopo puntata sempre
più prezioso. Non temiamo di sbilanciarci affermando che
l’interpretazione di Rebekah è uno dei capolavori personali per la
Hathaway, forse la miglior interpretazione della sua carriera. La
capacità di farsi ammirare eppure detestare significa in questo
caso aver fatto un lavoro enorme sul ruolo.
Sembra che
Netflix stia finalmente cercando un modo per
limitare gli account condivisi in più abitazioni. In merito è
infatti arrivato un importante annuncio da parte della società di
Reed
Hastings, lo scorso 16 marzo 2022, in cui si comunica
la volontà di arginare quello che ormai è un costume consolidato,
ovvero la condivisione dell’account al di fuori
della famiglia, ovvero con persone che vivono in altre case.
Nell’annuncio si legge che la possibilità di condividere gli
schermi di un account ha portato della confusione in merito
all’utilizzo corretto della funzione. Sottolineando che per un
unica sottoscrizione, c’erano più utenti in più case,
Netflix ha registrato anche un danno economico, di
investimento e di produzione di nuovi contenuti.
Contro la condivisione dell’account, il provvedimento
di Netflix
Per questo motivo,
l’azienda della grande N rossa ha deciso di porre
rimedio, continuando a permettere un account condiviso per più
case, ma pagando un sovrapprezzo per gli schermi differenti. I test
sono stati avviati in Cile, Perù e Costa Rica, e
dovranno condurre a risultati soddisfacenti, prima di diventare la
regola in tutti i Paesi dove è attivo il servizio.
Se questo dovesse
accadere, la piattaforma aggiungerà la feature Extra
Member, che permetterà di aggiungere al proprio account
Netflix fino a 2 account satelliti per chi abita
in altre case, con tanto di indirizzo email e di password separata.
In questo modo nessuno dovrà cambiare account ma ci saranno solo
delle piccole modifiche da fare sul proprio.
Per il momento si tratta
solo di prove, per cui, se la cosa dovesse diventare operativa
anche da noi, ci saranno gli opportuni annunci ufficiali.