L’annuncio dei Marvel Studios in
merito al cast ufficiale dei Fantastici
Quattro sta raccogliendo generali consensi, e si è
rivelato coincidente con i rumors che si sono susseguiti nelle
ultime settimane. Come detto in precedenza, del film al momento non
si sa molto: conosciamo i protagonisti, il cast tecnico e poco
altro, ma un dettaglio nell’immagine che lo studio ha scelto per
annunciare il cast potrebbe darci qualche indicazione in più.
Nell’immagine è il giorno di San
Valentino, ma di quale anno? Vediamo Sue e Reed insieme, che
scherzano innamorati, poi al centro Johnny che sorride e guarda
Ben, che legge una rivista. Ecco, se si aguzza la vista, si capisce
che Ben Grimm sta leggendo il Time.
A ben vedere, si tratta del numero
del Time uscito il 13 dicembre del 1963, con il presidente
Lyndon B. Johnson in copertina. Questo:
A meno che Ben non stia leggendo una
rivista vintage e mettiamo pure il caso che gli artisti della
Marvel abbiano disegnato una cover
a caso (cosa davvero improbabile per dei geni della comunicazione
come loro), il poster ritrae una scena di famiglia ambientata il 14
febbraio (giorno di San Valentino) del 1964. Ora, anche se ci
muoviamo nell’ambito delle congetture, potrebbe essere plausibile
che il film dei Fantastici Quattro possa essere
ambientato negli anni ’60, nel 1964.
L’immagine dell’annuncio mostra
anche H.E.R.B.I.E., il robot che nella serie animata del 1978
intervenne a sostituire il personaggio di Johnny Storm, considerato
troppo estremo per una serie animata per bambini. Si temeva infatti
che i piccoli spettatori potessero emulare la fiamma o il volo del
personaggio. Nel 1979 H.E.R.B.I.E. venne introdotto anche nei
fumetti, come omaggio alla serie.
I Fantastici Quattro, cosa sappiamo
Matt Shakman
(“WandaVision”, “Monarch: Legacy of Monsters”)
dirigerà I Fantastici Quattro, da una
sceneggiatura di Josh Friedman, Jeff
Kaplan e Ian Springer. La notizia del
casting di Pascal era già trapelata a novembre, mentre anche gli
altri nomi erano usciti da recenti indiscrezioni. Nel cast del film
ci sono Pedro Pascal, Vanessa Kirby, Joseph Quinn e
Ebon Moss-Bachrach.
Pedro Pascal è noto al mondo per le sue
interpretazioni in The Mandalorian, The Last of Us e prima ancora in
Game of Thrones. Vanessa Kirby ha fatto parte del franchise di
Mission Impossible e di Fast and
Furious, mentre Joseph
Quinnè diventato il beniamino dei
più giovani per la sua interpretazione di Eddie in Stranger Things 4. Ebon
Moss-Bachrach sta vivendo un momento d’oro grazie al
suo ruolo del cugino Ritchie in The Bear.
Il segno distintivo di Harry
Potter, lo sappiamo, è quella piccola cicatrice a
forma di saetta sulla fronte che nel corso dei romanzi ha assunto
un significato centrale; per ciò che rappresenta, per il legame con
il passato e un personaggio in particolare (Lord
Voldemort), per le ripercussioni che questo “segno” ha
avuto sulla vita del maghetto.
Eppure esistono segreti sulla
cicatrice che non tutti conoscono, tranne forse i veri
potteriani, alcuni svelati dalla stessa J.K.Rowling negli ultimi anni. Ecco
allora di seguito 15 cose sulla cicatrice di Harry
che soltanto i fan ricorderanno:
Perché
la cicatrice di
Harry
ha la forma di una saetta? Se ve lo state chiedendo, una ragione
esiste: è stato spiegato su
Pottermore
che il movimento della bacchetta usata per lanciare la
maledizione
Avada Kedavra
corrisponde esattamente alla forma del fulmine che segna la fronte
del bambino.
Ne deriva il fatto
che, sebbene l’incantesimo sia rimbalzato su Voldemort, la ferita
rimasta su Harry rispecchi esattamente il movimento usato dal
Signore Oscuro per invocare la sua magia.
Cosa simboleggia?
Se
avete letto i libri della saga, saprete ovviamente che la cicatrice
per
Harry
è il ricordo vivido e costante del suo passato doloroso, tuttavia
simboleggia anche più di questo.
Le dichiarazioni di
J.K. Rowling hanno lasciato intendere che la
cicatrice sta a significare tutto il dolore interiore del ragazzo
scaturito dal perdere i propri genitori in tenera età, essere
affidati a parenti non proprio amorevoli, e ad una profonda
angoscia emotiva.
Dunque la cicatrice
diventa un segno superficiale di questa sofferenza, e un modo per
l’autrice di ricordare al lettore le battaglie continue e non dette
del nostro eroe.
Da cosa è causato il dolore?
Nel
corso degli anni abbiamo visto Harry provare un forte dolore
scatenato proprio nel punto in cui si trova la cicatrice, e questo
è motivato dalla connessione tra Harry eLord Voldemort.
Quando il Signore
Oscuro ha trasformato involontariamente Harry in un frammento della
sua anima, un “Horcrux“,
il legame fra i due si è stabilito e di fatto il maghetto
riesce a percepire gli stati d’animo di Voldemort e a leggere i suoi pensieri.
Di conseguenza, mentre Voldemort è in una condizione di rabbia
violenta, il dolore si fa insopportabile perché è come se quella
particella provasse lo stesso e volesse ricondursi al suo padrone
originale.
Non si trova al centro della fronte di Harry
Tutti
sanno che la cicatrice di
Harry
si trova sulla sua fronte, ma la sua posizione esatta è diventato
motivo di discussione fra i fan. Questo problema deriva dalla
differenza notata da alcuni negli adattamenti cinematografici,
diversi ovviamente per certi aspetti dai romanzi, tuttavia la
Rowling ha riconosciuto come i film si siano avvicinati più di ogni
cosa alla sua visione del personaggio rispetto ai libri.
Solitamente nei
romanzi si dice che la cicatrice sia al centro della fronte, come
illustrato nelle copertine di Mary GrandPré, mentre nei film
Daniel Radcliffe ha il segno sopra l’occhio
destro. Ma perché? Semplice: è lì che la Rowling ha detto ai
registi che doveva essere!
Il soprannome dato da Draco Malfoy
Il
bambino che è sopravvissuto, il Prescelto, l’indesiderabile numero
uno, sono diversi i soprannomi dati a Harry nel corso della
narrazione, tuttavia uno di questi fa riferimento proprio alla
cicatrice.
Ne
La Camera dei Segreti, il suo acerrimo nemico Draco Malfoy lo chiama “sfregiato”
(in inglese “scarhead“) durante una partita di Quiddich.
Un dettaglio forse sfuggito a molti che risulta comunque
interessante.
Il dolore è tornato dopo la morte di Voldemort
L’epilogo de I Doni della morte chiariva che la
cicatrice di Harry non gli aveva più fatto male nei ventuno anni
successivi alla battaglia di Hogwarts, tuttavia nella
piéce
teatrale
La maledizione dell’erede
(scritta anche dalla Rowling) vediamo il
mago
combattere di nuovo con il dolore. Potere della magia oscura o
semplice tentativo di stuzzicare la curiosità dei fan?
Non è la sua unica cicatrice
La
cicatrice a forma di saetta non è l’unico segno visibile sul corpo
di
Harry Potter:
lo sanno bene gli assidui lettori della saga, poiché nel quinto
capitolo (L’ordine
della fenice)
il mago viene obbligato dalla professoressa
Umbridge
a scrivere la frase “Non
devo dire bugie”
più volte con una penna “speciale”.
Per ogni frase
scritta, una cicatrice con le parole della suddetta compare sulla
mano destra del mago. E non finisce qui: i numerosi scontri durante
gli anni di scuola, uniti a quelli dei suoi tempi come Auror, possono aver scalfito sulla sua pelle
altre cicatrici.
È il primo indizio per capire la sua connessione con
Voldemort
Ne
L’ordine della fenice,Albus Silente
rivela ad Harry che nel momento esatto in cui ha visto la sua
cicatrice, ha immediatamente supposto che potesse simboleggiare una
connessione tra il ragazzo e Voldemort.
Anni dopo l’ipotesi
di
Silente si è effettivamente realizzata: grazie alla
cicatrice, il
mago sapeva che il temperamento instabile di Harry – almeno in
parte – indicava la manipolazione mentale del Signore
Oscuro.
Nessun incantesimo può rimuoverla
Non tutte
le cicatrici possono essere rimosse grazie alla magia e nemmeno le
cure dell’ospedale di San Mungo per le malattie e le lesioni
magiche avrebbero potuto rimediare al segno sulla fronte di
Harry Potter.
Il mistero viene
risolto all’inizio di Harry Potter e la Pietra Filosofale, con il
professor
Silente che spiega come la cicatrice del mago non possa essere
tolta, nemmeno con potentissimi incantesimi.
È l’unica ferita mai lasciata dall’Avada Kedavra
Nei
libri e nei film di
Harry Potter
si ricorda spesso come la maledizione dell’Avada
Kedavra
possa uccidere le sue vittime senza lasciare alcun segno. Tranne
una, ovviamente.
Inoltre sappiamo
che grazie al “Priori Incantatem” ci si può
difendere dall’attacco della maledizione: si tratta di un vero e
proprio annullamento degli incantesimi quando due bacchette con la
stessa anima vengono usate l’una contro l’altra.
Harry
Potter è l’unico sopravvissuto diretto di questa
maledizione, e il segno della saetta sulla sua fronte ne è la
testimonianza eterna.
Doveva essere l’ultima parola dei romanzi
Molte
decisioni di J.K.Rowling per i romanzi di
Harry Potter sono cambiate nel corso degli anni,
ma nel complesso tutto è andato come l’autrice aveva
originariamente pensato.
Ad esempio,
sappiamo che all’inizio l’ultimo romanzo Harry Potter e i Doni della Morte avrebbe
dovuto avere concludersi con la parola “cicatrice”, tuttavia non è
andata così.
Nel corso dei film ha cambiato “posizione”
Come
abbiamo già spiegato sopra, i film di
Harry Potter
hanno spesso cambiato la posizione della cicatrice sulla fronte di
Harry; ma nonostante gli sforzi dei truccatori di mantenere
la
continuity
durante gli otto capitoli cinematografici, è del tutto
comprensibile che ci sia stata qualche distrazione.
Non svanirà mai
Sebbene
nella vita reale la maggior parte delle cicatrici svanisca con il
tempo, sappiamo che nel mondo magico questo non succede sempre.
Come nel caso della cicatrice sulla fronte di
Harry, segno indelebile che gli rimarrà addosso
senza mai svanire.
Nonostante la
connessione tra Harry e Voldemort si sia interrotta dopo I Doni della morte, la cicatrice di Harry è
ancora chiaramente definita. Forse il mago è destinato a portare
con sé il suo caratteristico “segno” per sempre…
È l’unica cosa che il piccolo Harry amava di se stesso
Quando
cresci in un sottoscala e vieni allevato dai tuoi zii perfidi, la
tua autostima potrebbe non essere alle stelle. Questo è
probabilmente il motivo per cui il giovaneHarry
Potter –
prima di scoprire la sua eredità magica in occasione del suo
undicesimo compleanno – viene spesso tormentato dagli altri e anche
da se stesso.
Tuttavia l’unica
caratteristica fisica di cui il piccolo Harry si vanta è la
cicatrice a forma di fulmine che ha in fronte, perché è come se gli
ricordasse quanto sia speciale e lo mettesse in collegamento con i
suoi genitori.
Per celebrare la terza
stagione di Bridgerton,
Netflix
e Shondaland hanno ospitato un evento per i fan ricco di
rivelazioni sui prossimi episodi, che saranno disponibili in due
parti, la prima metà il 16 maggio 2024, la seconda il 13 giugno
2024. Il panel ha coinvolto la produttrice esecutiva,
Shonda Rhimes, la showrunner della terza stagione,
Jess Brownell, l’autrice dei romanzi originali di
Bridgerton, Julia Quinn, e i
seguenti membri del cast: Nicola Coughlan, Luke Newton,
Golda Rosheuvel, Adjoa Andoh, Claudia Jessie, Luke
Thompson e Martins Imhangbe. Durante il
panel sono stati svelati i titoli degli episodi, le foto esclusive
dei personaggi, la conferma degli adattamenti dal libro agli
episodi, un annuncio a sorpresa del matrimonio tra due fan e
un’anteprima esclusiva della terza stagione.
Il panel è iniziato con
una conversazione tra Shonda Rhimes e Jess Brownell su ciò che i
fan possono aspettarsi da questa stagione, insieme ad un
approfondimento dell’autrice Julia Quinn sul processo di
adattamento del materiale originale. È stato confermato che nella
terza stagione sarà incluso il momento preferito dai fan nel
romanzo Un uomo da conquistare, in cui Penelope Featherington
(Nicola Coughlan) avvolge la mano di Colin
Bridgerton (Luke Newton) dopo che lui si è
tagliato accidentalmente. Jess Brownell ha poi svelato i titoli
degli episodi che anticipano l’arco narrativo della stagione, che
sono disponibili in lingua originale di seguito:
Successivamente, Rhimes,
Brownell e Quinn sono state raggiunte dal cast per anticipare gli
archi narrativi dei personaggi in questa stagione e introdurre un
nuovo corteggiatore di Penelope: Lord Debling (Sam Phillips). I fan
hanno inoltre potuto vedere foto esclusive dei loro personaggi
preferiti, tra cui Eloise Bridgerton (Claudia Jessie), Benedict
Bridgerton (Luke Thompson), la Regina Carlotta (Golda Rosheuvel),
Lady Danbury (Adjoa Andoh), Cressida Cowper (Jessica Madsen), Will
Mondrich (Martins Imhangbe), Alice Mondrich (Emma Naomi) e le
sorelle Prudence Featherington (Bessie Carter) e Philippa
Featherington (Harriet Cains).
Adjoa Andoh e Golda
Rosheuvel hanno poi rivelato che Netflix celebrerà l’amore premiando una coppia di
super fan con un matrimonio a tema Bridgerton, consolidando
ulteriormente il legame tra la serie e la sua devota fanbase.
Per concludere l’evento,
Netflix ha mostrato una clip in lingua inglese di un minuto della
prossima stagione, offrendo ai partecipanti un primo sguardo sugli
episodi e un assaggio di ciò che accadrà.
Bridgerton 3, la trama
Penelope Featherington (Nicola Coughlan) ha finalmente rinunciato
alla sua cotta di lunga data per Colin Bridgerton (Luke Newton)
dopo aver sentito i suoi commenti denigratori su di lei nella
scorsa stagione. Tuttavia, ha deciso che è ora di trovare un
marito, preferibilmente qualcuno che le dia abbastanza indipendenza
per continuare la sua doppia vita come Lady Whistledown, lontano da
sua madre e dalle sue sorelle. Ma, a causa della sua mancanza di
fiducia in se stessa, i tentativi di Penelope di trovare un marito
falliscono clamorosamente. Nel frattempo, Colin è tornato dai suoi
viaggi estivi con un nuovo look e una sfacciata spavalderia. Ma è
scoraggiato nel rendersi conto che Penelope, l’unica persona che lo
ha sempre apprezzato così com’era, lo tratta con freddezza.
Desideroso di riconquistare la sua amicizia, in questa stagione
Colin si offre di fare da mentore a Penelope per aiutarla a trovare
un marito. Ma quando le sue lezioni iniziano a funzionare un po’
troppo bene, Colin deve capire se i suoi sentimenti per Penelope
sono davvero soltanto di amicizia. A complicare le cose per
Penelope si aggiunge il suo allontanamento da Eloise (Claudia
Jessie), che ha trovato una nuova amicizia in un posto molto
improbabile, mentre la sempre più assidua presenza di Penelope
nell’alta società londinese rende ancora più difficile mantenere
segreto il suo alter ego di Lady Whistledown.
Informazioni su Bridgerton 3:
Numero episodi: 8
Location delle riprese: Londra, UK
Showrunner / Produttore esecutivo: Jess Brownell
Produttori esecutivi: Shonda Rhimes, Betsy Beers, Tom
Verica, Chris Van Dusen
Dopo la presentazione in anteprima
al Sundance Film Festival 2023 e il passaggio in
altri Festival internazionali, Past Lives di
Celine Song approda sul suolo
italiano alla Festa del
Cinema di Roma 2023. Il debutto nel lungometraggio
di Song, coreana di nascita ma residente a New York dall’età di 20
anni, è una preziosa meditazione sullo sradicamento, il destino,
l’amore, il sacrificio e le decisioni importanti della vita.
Il suo esordio alla regia –
celebrato con grande clamore dalla critica statunitense al Sundance
– è molto personale: la sua protagonista, Nora
Moon (Greta Lee) è arrivata a Manhattan
da Seoul, è una drammaturga e sta vivendo quello che la cineasta –
come ha confessato – è stato il punto di partenza del suo primo
lungometraggio: il ricongiungimento con il suo primo amore, un
amico speciale dell’infanzia, un quarto di secolo dopo, di fronte a
suo marito, newyorkese purosangue.
Past Lives, la trama
Narrato in tre parentesi temporali
distinte, il racconto di Past Lives parte 24 anni
fa, quando Nora e Hae Sung sono dodicenni che, oltre a competere
per essere i migliori studenti della loro scuola di Seoul, sono
anche amici inseparabili. Almeno fino a quando i genitori di lei
decidono di trasferirsi a New York, mentre quelli di lui restano in
Corea. C’è una prima reunion quando entrambi hanno 24 anni, ma
quella che il film racconta in modo approfondito avviene nel
presente, quando ne hanno entrambi 36 anni.
Nora (una
magnetica Greta Lee) ha sposato un americano di
nome Arthur (John Magaro) ed
entrambi si dedicano alla scrittura (soprattutto teatrale). Ma
quando Hae Sung (Teo Yoo) decide
di andarla a trovare per qualche giorno nella Grande Mela, tutto
comincia a incrinarsi, sorgono dubbi, contraddizioni, affetto e
qualcosa di più, perché la tensione romantica tra i due è
innegabile.
Come affrontare questo passato e
questo presente? Come affrontare con tante difficoltà da adulti
qualcosa che da bambini era pura innocenza e un’amicizia condivisa
in modo così naturale? È disposta a tradire il suo comprensivo
marito? È disposto a invadere l’apparente felicità di questa
coppia? Sono dilemmi che Celine Song e i suoi
notevoli interpreti affronteranno in questo film parlato più in
coreano che in inglese – girato in 35 mm con una certa impronta del
cinema di Richard Linklater.
Un’immagine parlante
Tutto inizia con un’immagine. Ci
sono tre persone in un bar che parlano. Qualcuno che non vediamo
chiede a un altro – allo spettatore, indirettamente – quale pensa
sia il rapporto tra loro tre. C’è una donna asiatica (coreana,
scopriremo poi) seduta accanto a un uomo “bianco” mentre parla con
un altro uomo, anch’egli asiatico, leggermente più distante da
loro. Che storia racconta questa immagine? Tutti noi ci siamo posti
questa domanda più di una volta quando abbiamo osservato delle
persone che camminavano o erano riunite da qualche parte: chi sono,
cosa stanno facendo, qual è il loro rapporto con gli altri? Qui, la
risposta è più complicata di quanto sembri.
Film romantico che ricorda alla lontana la Before Trilogy di Richard Linklater, ma con una forte enfasi
sulla distanza legata alle migrazioni, ai cambiamenti culturali e
linguistici, Past Lives riesce a parlare dello
scorrere del tempo ma anche del distacco e di ciò che rimane nel
nostro presente di quelle “vite passate” che anche noi abbiamo
avuto.
La fantasia di ricongiungersi con
quel fidanzato o quella fidanzata dell’adolescenza che si è smesso
di vedere e di cui si sono perse le tracce, il dolore di rendersi
conto (o meno) che l’occasione è passata e non si può recuperare,
l’angoscia nel chiedersi se vale la pena farlo. Temi che hanno
popolato la mente di molti quando sono apparsi social network come
Facebook e tutti sembravano voler (e poter) riallacciare i contatti
con amici e conoscenti che avevano perso di vista. Alcuni lo hanno
fatto. Questo è uno di questi casi, ispirato a un’esperienza reale
della regista.
L’In-yun tra crescita e
divisione
Parlato in inglese e coreano, il
film gioca con il concetto di in-yun, un’idea simile a
quella delle “anime gemelle” che sostiene che le persone sono
destinate a stare insieme se le loro anime si sono incrociate
alcune volte in passato. Nora pensa che si tratti di una pura
bufala (“cose che i coreani dicono per sedurre“), ma in
qualche modo questo concetto metafisico sembra prevedere qualcosa
di più “reale“, come algoritmi e dati incrociati online
che effettivamente fanno incontrare persone che, in un modo o
nell’altro, possono essersi incrociate o aver avuto cose in comune
in precedenza. E questa rara somiglianza tra qualcosa di cosmico e
qualcosa di digitale si combinano in questo dramma romantico che
non sempre procede lungo i percorsi più prevedibili.
C’è un altro asse che altera il
classico motivo della possibilità o meno di riprendere una vecchia
storia d’amore (che si sia realizzata o meno), ed è la migrazione.
Nora non è più quella che era, la sua vita è diversa, il suo
passato in Corea è un ricordo sempre più sfocato e Hae
Sung in qualche modo si connette con lei da lì e solo da
lì, mentre Arthur, dal canto suo, è ignaro di
questa parte della storia e la conosce solo con questa nuova
identità, che è la stessa ma non è la stessa. Questa dualità che il
personaggio sperimenta rispetto a chi è influenza anche il modo in
cui agisce e pensa a se stessa. E non solo nei confronti degli
uomini che la circondano.
Il contributo forse più
intelligente di Past Lives a questo tipo di storie
– melodrammatiche o meno – di ragazze o ragazzi divisi tra due
possibili relazioni è che qui non c’è una scelta chiara o ovvia. Il
film evita di dipingere in maniera semplicistica
Arthur come un cattivo o un impedimento nella vita
di Nora. Lo stesso vale per Hae
Sung, che chiaramente vuole molto bene al suo amore
d’infanzia, ma capisce anche che la sua vita ora è diversa e che
non è più la stessa persona. Ponendo il conflitto su questo
terreno, Song supera i confini del “film
d’amore” e riesce a mettere insieme un ritratto realistico e
credibile della vita, o meglio delle vite, di una persona.
L’attesa è finalmente terminata e
mentre
su Raiplay sono disponibili già i primi sei episodi della serie
Rai, la recensione degli episodi 1 e 2 di Mare
Fuori 4 ci accompagna in un inizio di stagione che
promette non solo grande azione e svolte narrative imprevedibili,
ma anche alcuni cambiamenti formali e tecnici allo show che ha
rubato il cuore di tantissimi spettatori, che non vedono l’ora di
tornare all’IPM di Napoli per seguire le avventure di
Carmine,
Rosa, Pino, Edoardo, Kubra, Micciarella, Cucciolo,
Cardiotrap e tutti
gli ospiti della struttura che mostra a tutti i detenuti il
“mare fuori” dalle sbarre delle loro celle.
Mare Fuori 4, da dove parte la storia
A inizio episodio 1 scopriamo
finalmente a chi era destinato lo sparo che ha chiuso, con un
finale aperto potentissimo, la stagione
3. Questa scena ha ovviamente le sue conseguenze nelle prime
sequenze della nuova stagione e genererà un fortissimo senso di
colpa, ma renderà anche immediata la necessità di trovare una
strada alternativa all’odio che scorre copioso e famelico tra le
famiglie Ricci e Di Salvo. Come fossero novelli Montecchi e
Capuleti, le due famiglie si trovano a gestire questo improbabile
ma ormai assodato amore trai loro due giovani eredi, un amore che
potrebbe virtualmente portare la pace ma che nel mondo della
camorra, dove sono cresciuti Rosa e Carmine, potrebbe invece
generare solo altro odio. Intanto, sebbene gli amanti sfortunati
siano l’ossatura della quarta stagione, si sviluppano anche le
altre trame.
C’è attenzione per la sorte del
giovane Edoardo, che ha grandi aspirazioni ma non il cognome giusto
e spera in una “adozione”; ma ci sono anche i fratelli Cucciolo e
Micciarella che dovranno imparare a gestire il loro rapporto; c’è
Pino e il suo amore totale ma goffo e maldestro per Kubra; ci sono
gli adulti e soprattutto il Comandante Massimo Valenti che tiene
salda la sua convinzione che questi ragazzi siano principalmente da
recuperare e da aiutare, dando voce a quello che dovrebbe essere
poi il senso di strutture detenitive e riabilitative come quella
che fa da sfondo a Mare Fuori 4.
“Nel nome
dell’amore” e “Il
vecchio leone e il giovane Leone” aprono questo nuovo
ciclo di 12 episodi e sin dal titolo sembrano sufficientemente
eloquenti da non necessitare nessun approfondimento di trama.
Sembra invece interessante notare come la serie, con Mare Fuori 4,
subisca un nuovo cambiamento nella forma del racconto.
Una virata romantica
Se il terzo ciclo, con l’entrata in
scena del regista Ivan Silvestrini, aveva dato più spazio alle
relazioni interpersonali, principalmente quelle romantiche, trai
vari giovani protagonisti, Mare Fuori 4 ritorna su
questo aspetto ampliandolo, ma differenziando anche moltissimo i
toni in base a quello che viene messo in scena.
La serie sembra quindi adottare
diversi linguaggi visivi in base alla trama che segue, di sequenza
in sequenza. E se l’afflato tragico della relazione tra
Carmine e
Rosa si traduce in enfasi, frasi poetiche al limite della
teatralità e anche una ricerca fotografica che indugia su toni
caldi e avvolgenti, in altre situazioni la serie si rifà alle sue
origini, con un linguaggio meno scritto e più autentico e parlato,
più fresco e diretto. Si perde quindi un po’ dell’immediatezza
delle prime stagioni ma la serie si arricchisce di registri più
specifici per ognuno dei personaggi che racconta.
Il doppio episodio come
unità narrativa
Gli episodi 1 e 2 di Mare
Fuori 4 sembrano pre-annunciare che la serie userà come
unità narrativa il doppio episodio, dal momento che i mini archi
narrativi dei personaggi sembrano esaurirsi, o comunque arrivare a
una svolta, nel corso di due episodi e, in questo caso (vedremo in
seguito), si sceglie di chiudere il secondo episodio con un grande
colpo di scena che dovrà poi essere metabolizzato nell’episodio
successivo. Un colpo di coda che tiene lo spettatore agganciato
alle sorti dei personaggi.
Per quello che riguarda l’aspetto
tecnico, Mare Fuori 4 risente del grande successo
della serie. La macchina produttiva è diventata poderosa e la cura
della messa in scena e in particolare la qualità fotografica della
serie ha tratto un grande giovamento da questi comprensibili
investimenti. Ivan Silvestrini si è messo davvero molto
comodo e sembra aver trovato il modo, in base alle carte che ha
avuto (personaggi, trame, attori), di raccontare sempre più storie,
arricchendo la serie di toni e stili. Viene sacrificato per questo
un po’ della leggerezza e dell’autenticità che rappresentavano
l’aspetto più interessante della prima stagione, tuttavia
crescendo, è normale per un tale progetto perdere sincerità per
guadagnare capacità espressiva.
I Marvel Studios hanno annunciato i nuovi
Fantastici
Quattro. Il quartetto di supereroi – i primi
personaggi creati per Marvel Comics da Stan Lee e
Jack Kirby – sarà interpretato da Pedro Pascal nei panni di Reed Richards (alias
Mr. Fantastic), Vanessa Kirby nei panni di Sue Storm (alias la
Donna Invisibile), Joseph Quinn nei panni di
Johnny Storm (alias la Torcia Umana) ed Ebon
Moss-Bachrach nel ruolo di Ben Grimm (alias la Cosa).
All’interno dell’annuncio del
casting, la Disney ha anche scambiato le date di uscita di
I Fantastici
Quattro (ora fissata per il 25 luglio 2025) e Thunderbolts
(ora fissata per il 2 maggio 2025). Questi sono due dei quattro
blockbuster Marvel attualmente destinati a
uscire nel 2025, insieme a Captain America: Brave New World a febbraio e
Blade
a novembre. Anche per il 2026 sono previsti quattro film Marvel. Un deciso aumento rispetto
al 2024 in cui uscirà solo Deadpool &
Wolverine.
Come al solito con la Marvel, i dettagli della storia
rimangono segreti. Ma nei fumetti, i Fantastici
Quattro sono astronauti che vengono trasformati in
supereroi dopo essere stati esposti ai raggi cosmici nello spazio.
Reed acquisisce la capacità di allungare il suo corpo fino a
raggiungere lunghezze sorprendenti. Sue, la fidanzata di Reed (e
futura moglie), può manipolare la luce per diventare invisibile e
lanciare potenti campi di forza. Johnny, il fratello di Sue, può
trasformare il suo corpo in fuoco che gli dà la capacità di volare.
E Ben, il migliore amico di Reed, è completamente trasformato in,
beh, una Cosa, con dei giganteschi massi arancioni al posto del
corpo, che gli conferiscono una super forza – e un perpetuo cuore
pesante per il suo aspetto apparentemente mostruoso.
Matt Shakman
(“WandaVision”, “Monarch: Legacy of Monsters”)
dirigerà I Fantastici Quattro, da una
sceneggiatura di Josh Friedman, Jeff
Kaplan e Ian Springer. La notizia del
casting di Pascal era già trapelata a novembre, mentre anche gli
altri nomi erano usciti da recenti indiscrezioni.
Pedro Pascal è noto al mondo per le sue
interpretazioni in The Mandalorian, The Last of Us e prima ancora in
Game of Thrones. Vanessa Kirby ha fatto parte del franchise di
Mission Impossible e di Fast and Furious, mentre Joseph
Quinnè diventato il beniamino dei
più giovani per la sua interpretazione di Eddie in Stranger Things 4. Ebon
Moss-Bachrach sta vivendo un momento d’oro grazie al
suo ruolo del cugino Ritchie in The Bear.
Apple TV+
ha annunciato oggi Prime Target, una nuova serie
thriller di otto episodi della durata di un’ora ciascuno
interpretata dal vincitore del SAG Award
Leo Woodall (“The White Lotus”, “One Day“) e da
Quintessa Swindell (“Black Adam”, “In Treatment”).
Creata dal pluripremiato scrittore Steve Thompson (“Sherlock”,
“Vienna Blood”), che è anche produttore esecutivo, la nuova fiction
è prodotta per Apple
TV+ da New Regency con Scott Free di Ridley Scott. Lo
scrittore e regista Brady Hood (“Top Boy”, “Great Expectations”) ha
diretto tutti gli otto episodi ed è anche produttore esecutivo.
Il cast comprende anche il candidato all’Oscar e vincitore del
BAFTA Stephen Rea (“La moglie del soldato”), il
candidato al BAFTA David Morrissey (“Sherwood”,
“The Walking Dead”), la vincitrice dell’Emmy Martha
Plimpton (“The Regime”), la vincitrice del BAFTA e
dell’Emmy Sidse Babbett Knudsen (“Borgen”), Il
candidato al SAG Award Jason Flemyng (“Il curioso
caso di Benjamin Button”), il candidato al BAFTA Award
Harry Lloyd (“Il Trono di
Spade”), Ali Suliman (“Tom Clancy’s Jack
Ryan”, “Paradise Now”), Fra Fee (“Rebel
Moon”, “Hawkeye”) e Joseph Mydell (“The
Eternal Daughter”).
Prime Target segue Edward Brooks, un giovane e
brillante laureato in matematica , interpretato da Leo Woodall, sul
punto di fare una grande scoperta. Se riuscirà a trovare uno schema
di numeri primi, avrà in mano la chiave di tutti i computer del
mondo. Ben presto inizia a rendersi conto che un nemico invisibile
sta cercando di sabotare la sua idea prima ancora che nasca, per
questo entra nell’orbita di Taylah Sanders, interpretata da
Quintessa Swindell, un’agente dell’NSA che è stata incaricata di
osservare e riferire sul comportamento dei matematici. Insieme
iniziano a mettere insieme i pezzi della pericolosa cospirazione in
cui Edward è al centro.
Ed Rubin è produttore esecutivo per conto della New Regency
insieme a Beth Pattinson, Emma Broughton, Yariv Milchan, Arnon
Milchan e Michael Schaefer. Marina Brackenbury è produttore
esecutivo per Scott Free insieme a David W. Zucker e Ridley Scott.
Laura Hastings-Smith è la produttrice della serie.
Gli anni d’oro di Cinecittà pieni
di brio e curiosità verso il dietro le quinte delle grandi
produzioni cinematografiche, Finalmente l’alba di
Saverio Costanzo fa questo e sconvolge allo
stesso tempo quella magia che solo la Settima Arte sa trasmettere.
Ma il film metacinematografico che è stato presentato a
Venezia 80 in Concorso è anche un racconto di
formazione attraverso gli occhi di Mimosa.
Tra Midnight in Paris di Woody Allen e Babylon di Damien Chazelle, la notte della giovane Mimosa
in questa Roma degli anni Cinquanta si trasforma in un cammino
introspettivo che la porterà a diventare una donna. Il film
italiano uscirà nelle sale dal 14 febbraio distribuito da 01
Distribution.
Finalmente l’alba, la trama
C’è Roma negli anni Cinquanta, c’è
Cinecittà, c’è il cinema. Così preponderante nella vita degli
italiani dopo la Seconda Guerra Mondiale raccontava di un’Italia a
pezzi e distrutta. In Finalmente l’alba si pone l’accento
soprattutto sulla società di quel tempo, sugli sfarzi e
sull’esuberanza dei suoi protagonisti. In questa storia
Josephine Esperanto (interpretata da Lily James) è la star di Hollywood, la diva,
accompagnata da Sean Lockwood (interpretato da
Joe
Keery). I due protagonisti fanno parte di una grande
produzione cinematografica che sta girando a Cinecittà che cerca
comparse. La parte mondana del film si mescola alla quotidianità
romana delle sorelle Iris (interpretata da
Sofia Panizzi) e Mimosa
(interpretata da Rebecca Antonaci) che insieme
alla mamma condividono la passione per il grande schermo.
La sorella maggiore, Iris, attira
l’attenzione di un saltimbanco che vuole attirare l’attenzione a
Cinecittà. Attratte dalla grande produzione che si
sta svolgendo negli studios romani, le due ragazze si presentano
alle audizioni per fare le comparse. Il grande sogno di Iris viene
infranto quando per una serie di fortunate circostanze vede che la
sorella ha ottenuto un ruolo di rilievo all’interno del film.
Mimosa, al contrario di Iris, non
ha mai sognato così in grande. La sua vita è stata predisposta già
da piccola: un uomo per bene da sposare, che la rispetta e con una
ottima posizione lavorativa. Tutto però nella vita di Mimosa sta
per cambiare perché mentre Cinecittà inizia il suo
declino, Mimosa prende in mano le redini del suo destino
cambiandone le sorti.
Foto Credit Eduardo Castaldo
La magia decadente di
Cinecittà
Il film meta cinematografico di
Saverio Costanzo incontra le personalità più
estroverse del mondo del cinema. Così come a Babylon è centrare il ruolo dei divi
della Settima Arte e in Finalmente l’alba viene tratteggiato il
contorno di questa borghesia che organizza feste private dove
succede di tutto. Basta, infatti, una notta a Mimosa per capire a
360° come funziona l’industria cinematografica.
Mimosa è un foglio bianco, su cui ognuno dei
personaggi in cui s’imbatte scrive la sua storia, senza paura di
essere giudicato.
Nello sguardo intenso della giovane
protagonista Rebecca Antonaci ci si imbatte
Josephina. È proprio lei il motore scatenante del
processo di crescita di Mimosa: la trova con lo
sguardo e la invidia perché sa di non poter avere una vita normale,
fuori dai riflettori. Il personaggio di
Lily James ne rimane affascinato e la porta con sé
iniziando un viaggio notturno alla
Midnight in Paris.
Ci muoviamo tra le vie di una Roma
deserta a bordo di questa macchina guidata da Willem Dafoe che fa da interprete tra i
protagonisti. Sì, perché Finalmente l’alba è un
film di
poche parole, basato su una incomunicabilità linguistica data dal
fatto che i protagonisti parlano lingue diverse. Il personaggio di
Mimosa vive nell’incomprensione, di lunghi silenzi anche
angoscianti e di una caratterizzazione lenta. Un film fatto di
ascolti e di sguardi e non di parole e quello che potrebbe essere a
tratti un punto chiave del film diventa anche la sua debolezza più
grande.
Foto Credit Eduardo Castaldo
Un film fatto di sguardi
L’intensità dello sguardo di
Mimosa colpisce tutti i protagonisti. In questa
notte così folle che vive insieme a Josephine e Sean, la ragazza
incontra le personalità più in voga della borghesia romana. Tra
produttori, attori e pittori Mimosa verrà
presentata come “una giovane poetessa svedese” da Josephine stessa
che userà questo stratagemma contro di lei. Complice il personaggio
di Sean, succube della diva, Mimosa verrà tratta
in inganno in gioco più grande di lei e verrà punita dal
personaggio di Lily James così vendicativa da non poter
sopportare la gelosia. La messa in scena si trasforma in un’arma
che però Mimosa riesce a ribaltare. Un’intera sequenza sul suo
sguardo, fisso nel vuoto e riempito di lacrime: una vera e propria
performace che agli occhi dei ciechi e vili borghesi verrà
elogiata.
A fare da sfondo alla storia
l’omicidio di Wilma Montesi, una giovanissima
comparsa di Cinecittà morta in circostanze misteriose.
Finalmente l’alba non si concentra sugli
aspetti fondamentali di quel caso di cronaca ma utilizza il
personaggio di Mimosa per ribaltare la situazione. Il personaggio
di Mimosa è un personaggio ricco di contrasti: scappa da un
produttore che vuole approfittare di lei, ma perde la verginità con
il suo attore preferito che le ha fa avance.
Questi controsensi però non fanno
che parte del personaggio che vive un periodo di forte cambiamento
e che trova la realizzazione e anche un po’ di malizia alla fine
del film quando il suo percorso di crescita si compie e arriva
Finalmente l’alba di un nuovo giorno.
L’autore americano Bret
Easton Ellis è pronto a fare il suo debutto alla regia con
Relapse, un film horror di alto profilo da lui
scritto con protagonista il giovane Joseph Quinn visto nella quarta stagione di
Stranger Things.
La SND con sede a Parigi si è unita
al progetto come produttore, insieme a Nostromo di Adrian
Guerra e Kiss & Kill di Simon Wallon. SND
gestirà le vendite mondiali di Relapse, così come
la distribuzione francese, e annuncerà il titolo all’EFM con un
esclusivo sizzle reel.
Quinn, che vedremo prossimamente in
A
Quiet Place: Giorno 1 (guarda
il trailer) e nel sequel Il
Gladiatore, reciterà in Relapse nei
panni di Matt Cullen, che entra in riabilitazione dopo aver
assistito a una morte orribile durante una festa sotto l’effetto di
droghe. Tre mesi dopo, è pronto a rimettere insieme la sua vita,
soggiornando nella villa dei suoi genitori sulle colline di Los
Angeles. Ma le cose intorno a Matt sono cambiate e tutto sembra
sbilanciato.
“Alimentata dalla sua
personalità instabile e dal potere invasore dei social media, la
paranoia di Matt cresce, mettendo a rischio il suo programma di
riabilitazione. Quando ricomincia a usarli, una presenza misteriosa
inizia a crescere attorno a Matt e si rivela un mostro che lo
perseguita fin da quando era adolescente. Il suo terapista cerca di
aiutarlo, convinto che il mostro sia effettivamente nella testa di
Matt”, si legge nella sinossi.
Bret Easton
Ellis flirta con il mondo del cinema da decenni,
poiché molti dei suoi libri iconici, da “American Psycho”
a “Le regole dell’attrazione”, sono stati adattati per il
grande schermo. Il suo ultimo libro, “Le Schegge”, un
romanzo semi-autobiografico sui serial killer, è stato scelto dalla
HBO per una miniserie. Ellis ha anche scritto quattro film, tra cui
“The Canyons” del 2013 e “Smiley Face Killers” del 2020.
“Sono cresciuto guardando gli
iconici film horror degli anni ’70”, ha detto Ellis. “Ho
scritto ‘Lunar Park’, un romanzo horror, come omaggio a Stephen
King. Mi sembra appropriato che il mio primo lungometraggio sia un
film horror. C’è una semplicità in “Relapse” che sembra la forma
perfetta per il mio debutto alla regia: qualcosa di diretto e di
grande impatto”.
Ellis ha detto che “non ha mai
visto un film di mostri nel tipo di ambientazione di lusso di Los
Angeles di cui ho scritto e che conosco”. L’autore / regista,
che parla della cultura pop nel “The Bret Easton Ellis Podcast”, ha
descritto “Relapse” come un “film di mostri con i (suoi)
personaggi caratteristici – giovani, belli, ricchi – al
centro”. Ha anche detto che era “un film personale”.
“Avrà le mie caratteristiche: sesso, droga e paranoia. Sarà
anche un film divertente, entusiasmante e commerciale che piacerà a
molte persone”, ha continuato.
Ramy Nahas, responsabile delle
vendite internazionali di SND, ha affermato che “Relapse
combina l’aspetto e l’atmosfera del genere horror con la
prospettiva unica di Bret Easton Ellis”. “È il mix perfetto dei
temi per cui Bret è famoso all’interno di un film mostruoso. Un
autore di culto, un attore emergente e una sceneggiatura
accattivante”, ha aggiunto Nahas.
Nel 1947, l’iconico stilista
francese Christian Dior segnò la storia della moda
con il lancio della sua rivoluzionaria prima collezione
intitolata “New Look”. È da questo leggendario evento che
prende ispirazione il nome della
dramedy storica e biograficaThe New Look
(leggi
la recensione), creata da Todd A. Kessler
(The Sopranos, Damages, Bloodline) e
disponibile dal 14 febbraio sulla piattaforma
streaming Apple
Tv.
Ambientata a Parigi durante gli
orrori dell’occupazione tedesca e nel primo dopoguerra, la serie
racconta la sconvolgente e vera storia dell’ascesa alla
fama di Dior e di altre grandi personalità della moda a
lui contemporanee e antagoniste, come Coco Chanel, Pierre Balmain e
Cristóbal Balenciaga.
Ben Mendelsohn nel ruolo di
Christian Dior
The New Look | In foto l’attore Ben Mendelsohn
Christian Dior è
considerato il pioniere dell’alta moda francese del dopoguerra. Nel
1946, Dior fonda il brand Christian Dior SE, più
comunemente noto come DIOR, una delle case di moda
più importanti e influenti al mondo. Scompare
improvvisamente a Montecatini nel 1957, dopo aver creato un
vero e proprio impero in soli 10 anni. A Dior viene
riconosciuto il merito di aver rivoluzionato l’abbigliamento
femminile e di aver ristabilito Parigi come centro del
mondo della moda dopo la seconda guerra mondiale.
A interpretare l’indimenticabile
Dior in The New Look è l’attore australiano
Ben Mendelsohn. Classe ’69, coltiva la sua passione
per la recitazione fin da ragazzino dedicandosi al teatro. Dopo il
debutto sul grande schermo nel film The Still Point (1986)
di Barbara Boyd-Anderson, ha il suo primo ruolo da protagonista nel
1987 in The Year My Voice Broke, un dramma australiano
scritto e diretto da John Duigan. Sebbene nei primi anni duemila
lavori accanto ad alcune star hollywoodiane (come, per esempio, nei
film Australia con Nicole Kidman e Segnali dal
futuro con Nicolas Cage), solo nel 2010 Mendelsohn inizia ad
attirare l’attenzione internazionale grazie al film poliziesco
Animal Kingdom di David Michôd. Da allora, Mendelsohn ha
conquistato ruoli in film di successo – come Rogue One (2016), L’ora più buia (2017), Captain Marvel (2019) – e nelle serie The
Outsider (2020) e Secret
Invasion (2023).
Juliette Binoche nel ruolo
di Coco Chanel
The New Look – In foto l’attrice Juliette Binoche.
In The New Look, Juliette Binoche interpreta la celebre
rivale di Christian Dior, la stilista francese Coco
Chanel (pseudonimo di Gabrielle Bonheur Chanel). Nel 1910
apre una boutique di cappelli a Parigi con l’insegna Chanel
Modes, fondando così il suo brand oltre 35 anni prima di Dior.
Come stilista e imprenditrice, Chanel diviene presto nota
per l’inconfondibile logo con la Doppia C, l’abito e la
borsa Chanel, il tubino nero e l’indimenticabile profumo Chanel
n.5.
Figlia di artisti, Juliette Binoche
è un’attrice e ex modella francese che, dopo aver debuttato nel
1983 in film di lingua francese e inglese, inizia a conquistare
fama grazie alla collaborazione con importanti registi francesi,
tra cui
Jean-Luc Godard, Jacques Doillon e André Téchiné. A soli 24
anni, nel 1988, viene selezionata dal regista statunitense Philip
Kaufman per il ruolo di Tereza nell’adattamento cinematografico del
celebre L’insostenibile leggerezza dell’essere di Milan
Kundera. Durante la sua carriera Binoche ha ricevuto numerosi premi
e nomination, tra cui l’Oscar come migliore attrice non
protagonista per Il paziente inglese di Anthony Minghella del 1996.
Maisie Williams nel ruolo
di Catherine Dior
The New Look – In foto l’attrice Maisie Williams.
Maisie Williams veste i panni di Catherine,
anche conosciuta come Miss Dior, sorella minore di
Christian Dior. Nel 1941, durante l’occupazione nazista
della Francia, Catherine si unisce alla Resistenza finché, pochi
anni dopo, è arrestata e torturata dalla Gestapo e deportata nel
campo di concentramento di Ravensbrück. Dopo essere stata liberata
nel 1945, le furono assegnate diverse medaglie d’onore.
Nata nell’aprile del ’97 in
Inghilterra, Maisie Williams (nome completo Margaret Constance
Williams) debutta sul piccolo schermo, a soli 12 anni, nel ruolo di
Arya Stark in uno dei più grandi programmi
televisivi degli ultimi quindici anni, Game of Thrones. Conclusa la serie (dopo ben 8
stagioni), nel 2019 lancia Daisie, un’applicazione social
creata per entrare in contatto con i creativi di tutto il mondo,
così da aiutare i giovani artisti e creatori a lanciare la propria
carriera.
John Malkovich nel ruolo di
Lucien Lelong
The New Look – In foto l’attore John Malkovich.
Lucien Lelong è
un’importante figura della moda francese dagli anni ’20 agli anni
’40. Pur non essendo uno stilista, Lelong apre la propria casa di
moda impiegando altri designer, tra cui Christian Dior, che lavorò
per Lelong dal 1941 al 1946 insieme a Pierre Balmain. Nell’agosto
del 1948 si ritira dal mondo della moda per dedicarsi
esclusivamente alla sua attività di profumeria.
Lucien Lelong è interpretato
dall’attore statunitense John Malkovich. Nel 1984 debutta al cinema con
la pellicola Le stagioni del cuore di Robert Benton.
Durante la sua lunga carriera, Lelong partecipa a numerosi film,
tra cui: Morte di un commesso viaggiatore (1985) di Volker
Schlöndorff, Le relazioni pericolose (1988) di Stephen
Frears, Il tè nel deserto (1990) di Bernardo Bertolucci,
Changeling (2008) di
Clint Eastwood. Nel 2002 crea Mrs.
Mudd, il suo brand di moda per cui disegna lui stesso
gli abiti.
The New Look – In foto Ben Mendelsohn, David Kammenos, Thomas
Poitevin e John Malkovich.
The New Look: cast e
personaggi minori
Il ruolo di Hans Von
Dincklage/Spatz, spia tedesca e nazista che uscì con Coco
Chanel durante la seconda guerra mondiale, è affidato all’attore e
musicista danese Claes Bang, meglio conosciuto per
The Square, film
vincitore della Palma d’oro al Festival
di Cannes 2017.
André Palasse, il
nipote di Coco Chanel che quest’ultima ha contribuito a crescere
dopo la morte di sua sorella, è interpretato dall’attore
trentaduenne Joseph Olivennes, figlio dell’attrice
britannica Dame Kristin Scott Thomas. È apparso in precedenza in
Versailles (2015), The Poisoning Angel (2016) e
Deep Fear (2022).
In The New Look il celebre
stilista spagnolo Cristóbal Balenciaga, fondatore
del marchio di abbigliamento Balenciaga, è l’attore e DJ portoghese
Nuno Lopes, conosciuto a livello internazionale
per Saint George, candidato come miglior film straniero ai
90th Academy Awards.
L’attore francese Thomas
Poitevin, apparso in pochi progetti prima di The New
Look, interpreta Pierre Balmain, lo stilista
francese che ha lavorato accanto a Christian Dior e Lelong prima di
fondare la propria casa nel 1945.
L’attrice britannica Emily
Mortimer veste i panni di Elsa Lombardi,
una socialite e amica di Coco Chanel che ha ispirato il
suo “look inglese” e ha poi denunciato Chanel per aver collaborato
con i nazisti. Mortimer è nota per i suoi ruoli in Lovely &
Amazing (2001), The Newsroom (2012-14) e The
Pursuit of Love (2021).
Zabou Breitman –
attrice e regista francese, figlia dello scrittore Jean-Claude
Deret – interpreta Madame Raymonde Zehnacker, la
direttrice dello studio di design di Dior e il suo braccio destro.
Breitman è conosciuta per progetti come Il ricordo di belle
cose (2002) e Le rondini di Kabul (2019).
In The New Look il ruolo
di Carmel Snow, caporedattore dell’edizione
americana di Harper’s Bazaar dal 1934 al 1958, è affidato a
Glenn Close. Considerata una delle più grandi
attrici americane viventi (otto nomination agli Oscar, tre Tony
Awards, tre Emmy Awards e tre Golden Globe), Close deve la sua fama
ai celebri film Attrazione fatale (1987), La carica
dei 101 (1996), Elegia americana (2020).
The New
Look, la
nuova serie targataApple TV+ che vede
protagoniste due figure leggendarie della moda come
Christian Dior e Coco Chanel
possiede la contraddittoria singolarità di essere uno show
costruito in maniera ammirevole e al tempo stesso un’occasione
tristemente mancata.
The New Look, la trama
Partiamo dalla storia di
The New Look, la quale dopo un prologo settato
qualche anno dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale immerge
invece la narrazione principale nella Parigi ancora occupata dai
nazisti. Mentre un ancora relativamente non affermato Christian
Dior (Ben
Mendelsohn) lavora per Lucien Lelong (John
Malkovich) il quale continua a confezionare abiti per
il Reich, Coco Chanel (Juliette
Binoche) ha invece scelto di chiudere la propria
boutique per evitare ogni coinvolgimento. Ma le cose stanno
esattamente in questo modo? Mentre Dior continua a fabbricare alta
moda soprattutto per sovvenzionare la sorella Catherine (Maisie
Williams) che fa parte della Resistenza, la Chanel al
contrario inizia a intrattenere relazioni con la spia tedesca Hans
Von Dincklage (Claes Bang) al fine di ottenere
favori economici e incolumità. Il destino delle due icone della
moda non potrà che incrociarsi nella maniera più imprevista e
drammatica.
Creata da Todd A.
Kessler (Bloodline per Netflix),
The New Look si presenta come una serie in costume
la cui forma soffoca sorprendentemente il contenuto: l’attenzione
dedicata alla ricostruzione dell’ambiente prestigioso in cui le
figure principali vivono e si muovono diventa paradossalmente una
cornice talmente preziosa a livello estetico che paradossalmente
quasi stride con la drammaticità dei temi trattati e del momento
storico raccontato.
La forma soffoca il
contenuto
Di fronte alla bellezza
dei costumi e delle scenografie, di fronte alla magnificenza
decadente degli interni parigini, l’orrore dell’occupazione nazista
e la guerra per la liberazione dell’Europa vengono messe in scena
quasi come un compendio fastidioso, una seccatura a cui i
protagonisti devono badare attenzione per continuare a sviluppare
(o salvaguardare) la propria arte. The New Look
soffre di una disconnessione piuttosto evidente tra la bellezza
della visione e la portata del periodo raccontato.
Non che la Guerra debba
necessariamente essere sempre messa in scena col realismo di
Salvate il soldato Ryan, tanto per citare un
esempio “alto”, ma restituirne comunque la follia e la violenza
sembra a nostro avviso un atto dovuto a prescindere dalla forma
scelta, e questa serie manca proprio di tale intensità. E il lato
peggiore è che il cast di attori sembra in qualche modo percepire
questo vuoto di densità emotiva, e si adagia su un tono di
recitazione che non diventa mai veramente drammatico, anche nelle
scene che in teoria dovrebbero essere volte maggiormente verso tale
effetto. Ben Mendelsohn e Juliette Binoche sembrano più concentrati a
restituire lo status iconico di Dior e Chanel che a interpretare
due personaggi a tutto tondo, con le loro contraddizioni e mancanza
umane. Sprecare il talento di questi due interpreti di valore
assoluto risulta l’errore difficilmente perdonabile a The New Look.
Non molto meglio riescono a fare Maisie Williams, John Malkovich, Claes Bang e
la solitamente efficace Emily Mortimer che invece
in questo caso si ritaglia una figura di contorno praticamente
inutile, stereotipata, se non addirittura dannosa alla credibilità
della storia.
Un’idea di partenza
affascinante
L’idea alla partenza di
The New Look era oggettivamente affascinante:
raccontare come la creazione della moda contemporanea da parte di
due suoi pilastri imprescindibili sia passata per scelte,
situazioni e compromessi alla fine impossibili da giudicare per chi
non li ha realmente vissuti. Tale spunto di partenza potenzialmente
ipnotico si risolve però in uno show che quasi suo malgrado mira
troppo in alto, o meglio eleva le figure principali troppo in alto
rispetto al mondo rovesciato e sanguinoso in cui hanno vissuto.
Alla lunga questa mancanza di spessore emotivo informa anche la
narrazione, la quale in alcuni momenti si rende sfilacciata o
peggio ancora artefatta, come nella esile sottotrama che lega la
quarta puntata al suo (ipotetico) compimento poetico. Certo, rimane
difficile non ammirare la bellezza delle tappezzerie nei magnifici
interni parigini, i fantastici candelabri o i tavoli intragliati.
Ma far risultare credibile l’idea che fuori da quelle mura si stava
combattendo una guerra atroce ed estenuante è tutt’altro
discorso.
The New
Look, e vale la pena riscriverlo, vuole chiaramente farsi
ammirare nell’intento di mostrare la grandezza di Christian
Dior, Coco Chanel e dell’haute couture di quegli
anni. E questo diventa a conti fatti il suo problema
insormontabile.
Il giovane attore Leo
Woodall ha ad oggi giusto una manciata di titoli nella sua
filmografia, ma gli sono stati sufficienti a raggiungere una buona
popolarità e a dimostrare di sapersi dividere tra dramma e
commedia. Ora che grazie a dei primi ruoli da protagonista ha
raggiunto una più consisente fama, è pronta per diventare un degli
attori del momento.
Leo Woodall: i suoi film e le serie TV
1. È noto per diverse serie
TV. Woodall ha iniziato la propria carriera recitando in
un episodio della serie Holby City (2019), per poi
prendere parte a VampireAcademy (2022). A
renderlo particolarmente popolare è però la serie The White Lotus (2022), con protagoniste
Jennifer Coolidge, Sabrina Impacciatore e Aubrey Plaza, dove ricopre il ruolo di Jack
nella seconda stagione. Successivamente interpreta Duke nella serie
Citadel (2023), con
Priyanka Chopra e Richard Madden. Nel 2024 è invece protagonista
della miniserie NetflixOne Day
accanto a Ambika Mod.
2. Ha recitato in un
film. Ad oggi, Woodall ha recitato solamente in un film,
il drammatico Cherry – Innocenza
perduta, con protagonista Tom Holland. Qui l’attore interpreta il ruolo
di Rodgers. Prossimamente, però, sarà nell’ancora misterioso
Nomad e nel dramma storico Nuremberg, dove
reciterà accanto a Russell Crowe, Michael Shannon e Richard E.
Grant.
Leo Woodall in The White Lotus
3. Ritiene un segno del
destino l’aver partecipato alla serie. L’attore ha
raccontato che dopo aver visto la prima stagione di The White
Lotus è rimasto estremamente entusiasta della serie, a cui
avrebbe tanto voluto partecipare. Poco dopo si accorse di aver
ricevuto un’email dove gli veniva offerta l’opportunità di un ruolo
nella seconda stagione. Quando poi scoprì che questa sarebbe stata
ambientata in Italia, in Sicilia, lo ha ritenuto un ulteriore segno
del destino, in quanto sin fa piccolo egli è solito passare le
estati nella casa di sua nonna in Umbria.
4.Non
condivide nulla del suo personaggio. Nella seconda
stagione di The White
Lotus l’attore ha interpretato Jack, un giovane
carismatico dell’Essex, che Quentin presenta come il suo
“nipote impertinente“. Il personaggio è infatti
caratterizzato da una personalità piuttosto particolare e Woodall
ha affermato di non aver trovato nulla in comune tra sé e Jack.
L’attore ha infatti dichiarato di non convidere il pensiero di Jack
sul mondo di oggi, ma ha comunque cercato di calarsi nei suoi panni
senza giudicarlo troppo.
Leo Woodall in One Day
5. Non conosceva la storia
di One Day. A differenza della sua
co-protagonista di One
Day, Ambika
Mod, Woodall ha dichiarato di non aver avuto
familiarità con il
romanzo omonimo prima di entrare a far parte del progetto.
Dopo aver ottenuto il ruolo di Dexter, protagonista maschile, ha però guardato il
film del 2011 con Anne Hathaway e Jim Sturgess per poi passare all’ascolto
dell’audiolibro di One Day,
così da acquisire la giusta familiarità con il racconto e i suoi
personaggi.
6. Ha quasi perso il ruolo
per un finto tatuaggio. Leo Woodall ha rivelato che i
finti tatuaggi sul collo e sul petto che aveva in The White
Lotus gli hanno quasi fatto perdere il ruolo del
protagonista maschile nella serie drammatica di Netflix One Day.
I produttori di questa, infatti, volevano affidargli il ruolo di
Dexter ma erano restii a farlo per via di quei tatuaggi. L’attore
ha però potuto dimostrare che si trattava di finti tatuaggi
applicati unicamente per la serie, riuscendo così ad ottenere la
parte in One
Day.
Leo Woodall ha dei tatuaggi?
7. Non ha
tatuaggi. Nella realtà, dunque, Woodall non possiede
tatuaggi sul proprio corpo. Ciò si può riscontrare anche dal suo
profilo Instagram, dove dimostra quantomeno di non possederne sulle
braccia. Se l’attore dovesse avere dei tatuaggi in altre parti del
corpo, ciò al momento non è noto.
Leo Woodall e la sua fidanzata Meghann Fahy
8. Ha conosciuto l’amore
sul set. Dopo mesi di speculazioni sulla loro potenziale
storia d’amore nata sul set della seconda stagione di The White
Lotus, Woodall e l’attrice Meghann
Fahy sono usciti allo scoperto facendosi immortalare
mentre a New York si scambiavano un bacio sotto l’ombrello in una
giornata piovosa. La relazione dei due continua ancora oggi, con
loro foto che di tanto in tanto emergono in rete.
Leo Woodall è su Instagram
9. Ha un profilo sul social
network. L’attore è naturalmente presente sul social
network Instagram, con un profilo seguito attualmente da 317 mila
persone. Su tale piattaforma egli ha ad oggi pubblicato appena
circa quaranta post, tutti relativi alle sue attività come attore o
modello. Si possono infatti ritrovare diverse immagini relative a
momenti trascorsi sul set ma anche foto promozionali dei suoi
progetti. Seguendolo si può dunque rimanere aggiornati sulle sue
attività.
Leo Woodall: età e altezza dell’attore
10. Leo Woodall è nato il
14 settembre 1996 a
Hammersmith, Londra, Regno Unito.L’attore è alto complessivamente 1,81
metri.
Durante il Super Bowl di domenica
scorsa, i Marvel Studios hanno rubato la scena a
Taylor Swift (e ai Kansas City
Chiefs) pubblicando il primo trailer di Deadpool e
Wolverine. Da allora, il trailer ha
battuto i record di spettatori ed è probabile che diventerà
anche il primo film dell’MCU da
Spider-Man: No Way Home a superare il miliardo di
dollari quando uscirà, quest’estate.
Oggi è San Valentino, però, e il
film ha proposto un nuovo divertente poster per celebrare
l’occasione! Non rivela molto ma è un design divertente e che
continua a stuzzicare il rapporto di amore/odio che Wade Wilson e
Logan avranno quando condivideranno lo schermo.
Il trailer ha deliberatamente
giocato in modo cauto con il ruolo di Wolverine in questo trequel,
probabilmente come leva per aumentare l’eccitazione. Il prossimo
trailer del film potrebbe spostare l’attenzione sul mutante
artigliato di Hugh Jackman, gettando nuova luce su ciò che
racconterà questa storia.
“Ci sono due grandi star del
cinema insieme in un film, in cui interpretano i loro ruoli più
iconici: questo è il paradiso dei registi”, ha detto il
regista Shawn Levy l’anno scorso. “Quindi la
storia, il tono, il film stesso si appoggia sul dono di avere
Deadpool e Wolverine come co-protagonisti in un film per la prima
volta. Quindi, sicuramente non stiamo scappando da
questo.”
Deadpool e
Wolverine uscirà nei cinema il 26 luglio e segna
l’introduzione del Mercenario Chiacchierone di Ryan Reynolds nell’universo cinematografico
Marvel (con un rating decisamente
diverso rispetto ai primi due capitoli). Soprannominandosi
“Marvel Jesus”,
Deadpool arriva nel MCU dopo essere stato rapito dalla
Time Variance Authority, i manager del multiverso
visti l’ultima volta in Loki, e si ritrova nello
stesso mondo dei Vendicatori.
Sebbene il suo volto non si veda nel
trailer, anche Wolverine di Hugh Jackman passa dall’universo di
X-Men al MCU. Diretto da Shawn
Levy, il film comprende anche Emma Corrin,
Morena Baccarin, Rob Delaney,
Leslie Uggams, Karan Soni e Matthew Macfadyen.
Samuel L. Jackson ha rubato la scena nella
trilogia prequel di Star
Wars nei panni del Maestro Jedi Mace Windu,
che è stato responsabile della decapitazione di Jango Fett e della
trasformazione del Cancelliere Palpatine nel mostruoso Imperatore
durante il loro scontro.
Quella lotta si conclude con uno
scontro di Anakin Skywalker che taglia il braccio di Windu prima di
lanciarlo verso una caduta che plausibilmente porta alla sua morte.
Jackson ha detto in innumerevoli occasioni che gli sarebbe piaciuto
tornare nel mondo di Star Wars. Parlando con
Empire Online (tramite SFFGazette.com) Samuel
L. Jackson ha dichiarato che almeno per lui, la porta è
molto aperta riguardo al riprendere il ruolo in un futuro non
troppo lontano.
Alla domanda del sito su cosa abbia
da dire sulla scena della morte di Windu, l’iconico attore ha
risposto: “Non è morto!” E così i giornalisti hanno
cercato di ottenere di più da lui – ad esempio se gli sarebbe
piaciuto recitare in un film spin-off o in una serie TV Disney+ – e, a questo, Jackson ha
semplicemente detto: “Tutto, sì!”. Chiaramente, la
prospettiva di interpretare nuovamente il Maestro
Jedi lo eccita moltissimo!
Per quanto improbabile possa
sembrare, c’è speranza che Jackson ritorni, qualcosa che è evidente
dai rispettivi ritorni di Ewan McGregor e
Hayden Christensen a Star Wars
negli ultimi anni.
Mentre Zack Snyder
sperava di includere John Stewart nella
Snyder Cut di Justice League, sembra che il
personaggio non sarebbe comunque apparso fino a uno dei sequel
pianificati dal regista. Il concept artist Jerad S. Marantz ha utilizzato
Instagram per rivelare di aver lavorato su Hal Jordan con
il costumista Michael Wilkinson, suggerendo che ci
fossero piani provvisori per includere Lanterna
Verde nel film del 2017.
C’erano stati rumors in merito a
questa inclusione in una scena post-crediti con Hal che si
schiantava sulla Terra per avvertire la Lega della pianificata
invasione della Terra da parte di Darkseid. “Mi sono
divertito moltissimo lavorando su Justice League”, afferma Marantz. “È
passato tanto tempo, ma rimane ancora uno dei lavori artisticamente
più appaganti della mia carriera. Era un grande team di artisti che
lavoravano sia negli Stati Uniti che nel Regno Unito.”
“Lavorare con il costumista
Michael Wilkinson è stato meraviglioso. È sicuramente uno dei
migliori del settore. Ecco alcuni dei primi concept per il costume
di Lanterna Verde. È stato un vero onore affrontare uno dei miei
rami preferiti dell’Universo DC.”
Snyder ha precedentemente rivelato
di aver almeno preso in considerazione l’idea di arruolare
Ryan Reynolds per riprendere il ruolo di Hal in
Lanterna Verde del 2011. “Beh, la verità è che
non ho davvero capito… [Ryan Reynolds e io] non abbiamo mai
veramente parlato”, ha ammesso il regista. “Quindi, la mia
idea era che ci sarebbe stata, se possibile, una Lanterna Verde nel
film. Abbiamo iniziato a girare intorno a questa idea, tipo, forse
se avessimo portato Ryan ci sarebbero potute essere due Lanterne
Verdi nel film. Avremmo potuto suggerire qualcosa in più sul
concetto del Corpo [delle Lanterne Verdi]. Quindi questa è la
realtà”, ha continuato Snyder.
“È stato un gioco divertente da
giocare con Ryan perché è sveglio. Penso solo che sia un grande
sportivo e non è stato altro che… mi piace il fatto che abbia
sostenuto la causa [della Snyder Cut] per molto tempo.” La
Warner Bros. non avrebbe permesso a Snyder di includere John
Stewart nel montaggio per Max di Justice League, spingendolo a
sostituire l’eroe con Martian Manhunter poi
presente nel film.
Il regista si è appoggiato alle
popolari teorie e speculazioni dei fan per molte delle nuove scene
che ha aggiunto, quindi probabilmente non sapremo mai cosa aveva
originariamente pianificato per Hal e John.
Esce oggi al cinema Madame
Web (leggi
la recensione), il film SONY che vede
Dakota Johnson nei panni dell’eroina del titolo,
personaggio dello Spider-Verse a fumetti che però,
al cinema, non avrà niente a che fare con gli Spider-man di Tom
Holland. Parlando con Josh Horowitz ha dichiarato:
“Sarebbe così divertente fare di
più. Non so cosa succederà in futuro”, ha detto. “Ammiro
così tanti attori che interpretano i supereroi, ma ovviamente
sarebbe bello lavorare con Spider-Man. [Madame Web non è in]
Spider-Verse, è il suo mondo, quindi non so che tipo di crossover
ci sarebbe.”
Tuttavia,
Dakota Johnson non sembra in grado di ricordare i
titoli dei tre Spider-Man recenti. L’attrice si inventa di sana
pianta i titoli dei film quando Horowitz le chiede di
recitarli:
Madame
Web è la storia delle origini di una delle eroine
più enigmatiche dei fumetti Marvel. Dakota Johnson interpreta la
protagonista, Cassandra Webb, un paramedico di Manhattan con poteri
di chiaroveggenza. Costretta a confrontarsi con alcune rivelazioni
del suo passato, stringe un legame con tre giovani donne destinate
a un futuro straordinario ma che dovranno sopravvivere a un
presente pieno di minacce.
Madame
Web è basato su un personaggio del mondo dei
fumetti Marvel creato da
Dennis O’Neil e John Romita Jr.
Il film è diretto da S. J. Clarkson
(Orange Is the New Black, Jessica
Jones, Anatomy of a Scandal) da una
sceneggiatura di Claire Parker e S. J.
Clarkson e interpretato da Dakota Johnson, nel ruolo di protagonista,
insieme a
Sydney Sweeney, Celeste O’Connor, Isabela
Merced, Tahar Rahim, Mike Epps,
Emma Roberts e Adam Scott. Madame
Web sarà nelle sale italiane dal 14 febbraio 2024
prodotto da Sony Pictures e distribuito da Eagle Pictures.
Grazie ai Social è emerso uno
sguardo più ravvicinato al costume di un personaggio degli
X-Men che esordisce nel Marvel Cinematic Universe
in Deadpool e
Wolverine, ma che faceva già parte della famiglia
di Deadpool alla Fox.
Febbraio 2024 ha finalmente fornito
ulteriori indizi sulla storia di Deadpool e
Wolverine, mentre Wade Wilson di Ryan Reynolds si prepara a entrare nel
MCU, diventando anche una ideale
conclusione del vecchio universo cinematografico degli
X-Men.
Dopo l’uscita del trailer di
Deadpool
e Wolverine, abbiamo visto che nel film torneranno
numerosi personaggi dei precedenti film di
Deadpool. Uno dei membri del cast di Deadpool e
Wolverine che tornerà è Lewis Tan nei panni di Shatterstar, che ha
utilizzato Instagram per condividere di più
sul suo ritorno.
Deadpool e
Wolverine uscirà nei cinema il 26 luglio e segna
l’introduzione del Mercenario Chiacchierone di Ryan Reynolds nell’universo cinematografico
Marvel (con un rating decisamente
diverso rispetto ai primi due capitoli). Soprannominandosi
“Marvel Jesus”,
Deadpool arriva nel MCU dopo essere stato rapito dalla
Time Variance Authority, i manager del multiverso
visti l’ultima volta in Loki, e si ritrova nello
stesso mondo dei Vendicatori.
Sebbene il suo volto non si veda nel
trailer, anche Wolverine di Hugh Jackman passa dall’universo di
X-Men al MCU. Diretto da Shawn
Levy, il film comprende anche Emma Corrin,
Morena Baccarin, Rob Delaney,
Leslie Uggams, Karan Soni e Matthew Macfadyen.
Cillian Murphy spiega perché Red
Eye è uno dei suoi film preferito dai fan, anche se non
“pensa che sia un bel film“. Diretto da Wes
Craven, il thriller psicologico segue la direttrice di un
albergo che viene rapita da un affascinante terrorista a bordo di
un volo notturno e, minacciata del potenziale omicidio di suo
padre, viene intrappolata in un tentativo di omicidio politico.
Oltre a Murphy nei panni del terrorista, il cast è guidato anche da
Rachel McAdams e Brian Cox (Succession) nei panni del padre del suo
personaggio.
In un profilo di GQ, a Murphy è stato chiesto
quale fosse il suo film preferito dai fan, e lui ha spiegato che si
tratta di Red Eye probabilmente per la “dualità”
del suo personaggio, mentre McAdams ha anche spiegato cosa rende
Murphy un cattivo così grande. Anche se ha amato lavorare con
McAdams e “si è divertito a realizzarlo”, Murphy non pensa che
Red Eye sia “un buon film”.
Murphy:Oh, lo
so, è pazzesco! Penso che sia la sua dualità. È per questo che
volevo giocare su quei due toni. Il bravo ragazzo e il cattivo
ragazzo in uno. L’unica ragione per cui mi attirava è che potevi
fare quella svolta, sai?
McAdams:Dicono
che le persone più gentili a volte sono i cattivi migliori.
Ascoltavamo musica e chiacchieravamo mentre facevamo il cruciverba,
che lui portava ogni giorno e mi permetteva gentilmente di
intervenire… Penso che la domanda numero uno che ricevetti su
Cillian allora fosse se indossasse o meno lenti a
contatto.
Murphy:Adoro
Rachel McAdams e ci siamo divertiti a realizzarlo. Ma non penso che
sia un bel film. È un buon film di serie B.
Per quanto fosse inaspettato e
vagamente respingente, a quanto pare l’Imperatore Palpatine ha
fatto sesso, in un passato relativamente lontano. L’attore che lo
interpreta, Ian McDiarmid, ha infatti parlato
“dell’elefante nella stanza” che nessuno aveva mai trovato
il coraggio di commentare.
La risposta di
McDiarmid è stata esilarante. Come visto nel film
finale di L’Ascesa di Skywalker, è stato rivelato che
Rey era un discendente dello stesso Palpatine, la nipote
dell’Imperatore che era rimasta nascosta su Jakku per molti anni.
Tuttavia, questo ha anche aperto le porte a un concetto riguardante
il passato di Palaptine a cui moltitudini di fan preferirebbero non
pensare mai.
In un’intervista con Empire per celebrare i 25 anni
dei prequel di Star
Wars, l’attore che interpreta Palpatine Ian
Mcdiarmid ha espresso la sua opinione sull’Imperatore e su
come sia riuscito ad avere non solo una nipote ma anche
(ovviamente) un figlio, il padre di Rey. Ecco la dichiarazione
rilasciata a Empire: “Basta,
prendere l’esistenza di Rey di Daisy Ridley, che si rivela essere
la nipote di Palpatine in L’Ascesa di Skywalker, come prova che
all’Imperatore piaceva… beh… farlo. Ma sì, [fa sesso]. È un’idea
orribile pensare che Palpatine faccia sesso in qualsiasi
forma”.
Per quanto riguarda invece il
ritorno di Palpatine, Ian McDiarmid ha
commentato con entusiasmo la decisione della produzione di
riportare l’Imperatore in scena, valutando il fatto che
effettivamente una creatura così potente doveva avere un piano di
riserva:
“Avevo la sensazione che
Palpatine avesse da sempre un piano B – probabilmente anche un
piano C, D, E ed F… Ed era un esperto nella clonazione… La cosa che
mi fa più piacere, e sai, solo questa è giunto al culmine quando mi
hanno chiesto di tornare per L’Ascesa di Skywalker, è che ogni
singolo atto malvagio in tutto il franchise di Star Wars è
direttamente o indirettamente dovuto a quel personaggio… Lui è il
male totale, e questo è stranamente soddisfacente come arco
narrativo.”
La giovane attrice Ambika
Mod ha ad oggi giusto una manciata di titoli nella sua
filmografia, ma le sono stati sufficienti a raggiungere una buona
popolarità e a dimostrare di sapersi dividere tra dramma e
commedia. Ora che grazie a dei primi ruoli da protagonista ha
raggiunto una più consisente fama, è pronta per diventare una delle
attrici del momento.
Ambika Mod: i suoi film e le serie TV
1. Ha recitato in diverse
serie. Ad oggi l’attrice si è distinta grazie ad alcune
serie tv, in cui ha recitato in modo più o meno esteso. Ha infatti
iniziato prendendo parte ad alcuni episodi di The Mash
Report (2019), The B@it (2020) e Tryng
(2021), con Imelda Staunton, per poi recitare in This Is Going to Hurt (2022), accanto a Ben Whishaw, e in I Hate Suzie
(2022). Nel 2024 è invece protagonista della serie NetflixOne Day
(qui
la recensione),
tratto dall’omonimo romanzo, dove recita accanto a Leo
Woodall. Prossimamente, sarà nella miniserie
Playdate.
2. Non ha ancora debuttato
in un film. Ad oggi, l’attrice non ha ancora avuto modo di
recitare in un lungometraggio e al momento non è previsto un
progetto di questo tipo per lei. Con la popolarità ottenuta
nell’ultimo anno, però, è molto probabile che arrivi presto per lei
l’occasione di recitare in un film, compiendo così tale
debutto.
3. Ha vinto diversi
premi. Pur ancora con pochi titoli nella sua
filmografia, l’attrice ha già ottenuto alcuni importanti
riconoscimenti. Nel 2022 è infatti stata nominata presso l’Edinburg
Television Festival come Miglior talento emergente, mentre nel 2023
ha vinto il premio come Miglior attrice ai Broadcasting Press Guild
Awards e come Miglior attrice non protagonista ai Royal Television
Society Programme Awards per il suo ruolo in This Is Going to
Hurt.
Ambika Mod in One Day con Leo Woodall
4. Non si è sentita
spaventata dalla complessità della serie.One Day
racconta la storia di Emma e Dexter nell’arco di vent’anni ma cogliendoli sempre in
un preciso giorno. Si tratta dunque di una storia che attraversa
due decenni ed ha come terzo protagonista il Tempo e il suo
inesorabile scorrere. Mod ha però dichiarato di non essersi sentita
spaventata da questo, in quanto data la precisione della
sceneggiatura nel raccontare tutto ciò e grazie anche ai costumi e
al trucco, ha saputo come calarsi al meglio nella situazione
richiesta.
5. Aveva rifiutato il ruolo
di Emma. Quando le è stato proposto di interpretare Emma
in One
Day, l’attrice ha affermato di aver inizialmente rifiutato
in quanto non si vedeva interpretare un personaggio del genere.
“Onestamente non mi vedevo interpretare un ruolo romantico. Non
si vedono molte donne di colore sullo schermo come protagoniste
romantiche. Non si vedono mai donne così in quella posizione. Ci è
voluto molto durante il processo e le riprese per farmi dire, ‘Oh
sì, sono io questo personaggio”. Alla fine, fortunatamente, ha
deciso di accettare il ruolo.
Ambika Mod in This Is Going to Hurt
6. È la protagonista
femminile della serie. Uno dei titoli per cui l’attrice è
maggiormente noti è la serie This Is Goingo to Hurt,
incentrata sulla vita di un gruppo di medici in formazione che
lavorano in un reparto di ostetricia e ginecologia di un ospedale
del Servizio Sanitario Nazionale, offrendo così un profilo della
loro vita professionale e personale ed esplorando gli effetti
emotivi del lavoro in un ambiente stressante. Nella serie Mod
interpreta Shruti Acharya, una dei medici in fase di formazione,
nonché protagonista femminile della serie.
7. La serie l’ha provata
emotivamente. Proprio come richiesto per il suo
personaggio, anche l’attrice si è sentita molto provata
emotivamente dopo aver completato le riprese di This Is Going
to Hurt. Quanto vissuto dalla sua Shruti si è inevitabilmente
riversato anche su di lei, che si è inoltre trovata a dover anche
gestire l’improvvisa popolarità conferitale dalla serie. Per
l’attrice si è dunque trattato di un momento molto delicato della
sua carriera.
Ambika Mod: le sue origini
8. Ha origini
indiane. L’attrice, molto riservata circa la propria vita
privata, ha di tanto in tanto fornito qualche dettaglio in più su
di sé e la propria storia. Ha ad esempio svelato di essere figlia
di immigrati indiani e di avere dunque origini di questo tipo. La
madre, come raccontato da Mod, è arrivata nel Regno Unito da
bambina, mentre il padre si è trasferito lì da ventenne.
Conosciutisi, i due sono diventati poi una coppia, dando poi vita
alla futura attrice.
Ambika Mod è su Instagram
9.È
presente sul social network. L’attrice è presente sul
social network Instagram, con un proprio profilo verificato seguito
da oltre 69 mila persone e dove attualmente si possono ritrovare
solo una ventina di post. Questi sono principalmente immagini
relative a suoi lavori da attrice e da modella, inerenti il dietro
le quinte di tali progetti o promozionali nei loro confronti. Ma
non mancano anche curiosità, momenti di svago, eventi a cui ha
preso parte e altre situazioni ancora. Seguendola, si può dunque
rimanere aggiornati su tutte le sue novità.
Ambika Mod: età e altezza dell’attrice
10. Ambika Mod è nata il 2
ottobre del 1995 a Hatfield, nel Regno Unito. L’attrice è
alta complessivamente 1.70 metri.
La star di Alien:
Romulus, Isabela Merced, anticipa una scena disgustosa
del prossimo capitolo della serie di fantascienza, al punto tale
che la troupe si è “allontanata” dal set. Dopo una serie di sequel
e prequel, l’ultimo dei quali è stato Alien: Covenant di Ridley
Scott nel 2017, il nuovo film del regista Fede
Álvarez servirà come una sorta di reset, raccontando una
storia ambientata tra gli eventi di Alien e
Aliens. Il film, che racconterà una vicenda a sé
stante, segue un gruppo di giovani provenienti da un pianeta
lontano mentre incontrano uno Xenomorfo per la prima volta.
Con l’avvicinarsi della data di
uscita di Alien: Romulus, Isabela Merced anticipa in un’intervista con
THR quello che il pubblico può aspettarsi dal nuovo film. Sebbene
l’attrice non condivida alcun dettaglio specifico della storia,
racconta che ha girato una scena che i suoi colleghi del cast hanno
fatto fatica a guardare.
“Finisce per essere un po’
complicato, ovviamente, come tutti i film di Alien, tuttavia, sì,
ci vedrete insieme a volte. Mentre stavamo effettuando le riprese,
Fede Álvarez mi ha dato l’iPad su cui guarda il girato e ha tirato
fuori il film. Allora gli ho detto che volevo vederne alcune parti
e lui me le ha mostrate. Ero io a tenere l’iPad e c’erano dieci
persone intorno a me che lo guardavano.
C’è una scena in cui ci sono io
e tutti si sono allontanati. Nessuno è rimasto a guardare
quell’iPad perché era così disgustoso. E lo stavo guardando così…
(Merced finge di tenere in mano un iPad con uno sguardo ipnotizzato
sul viso.) Ero così emozionato. (Ride.)
Adoro la fantascienza, davvero.
Fede mi ha lasciato guardare metà del film sull’iPad. Ho detto: “Se
l’iPad è pesante, te lo porto io”. Posso trattenerlo.’ (Ride.)
Quindi sono davvero, davvero emozionata per l’uscita. Ancora una
volta, ho la fortuna di far parte di questi progetti con il meglio
del meglio. Non posso crederci. Sono così sotto shock e non so
quando mi sveglierò.”
Alien: Romulus, tutto quello che sappiamo sul
film
Durante una chiacchierata con
Variety sul red carpet dei Gotham Awards dello scorso anno, la
Spaeny ha rivelato che Romulus si svolge tra gli eventi
dell’Alien
originale di Ridley Scott e il sequel di James Cameron, Aliens – Scontro finale. “Dovrebbe inserirsi tra
il primo e il secondo film“, ha detto Spaeny. “Hanno
portato lo stesso team di ‘Aliens’, il film di James Cameron. Le
stesse persone che hanno costruito quegli xenomorfi sono venute a
costruire i nostri. Quindi vedere il progetto originale con le
persone originali che hanno lavorato a questi film per più di 45
anni e che hanno fatto parte della loro vita è stato davvero
incredibile“.
A produrre il film c’è naturalmente
anche la Scott Free, la società del regista originale di Alien,
Ridley Scott,
che è produttore esecutivo. Con il titolo Alien:
Romulus, non è dunque ancora stato rivelato molto riguardo
all’ambientazione, alla collocazione temporale o alla trama del
film. Ad aprile, Álvarez aveva rilasciato un’immagine dietro le
quinte di un facehugger che stringe il ciak del film a bordo di una
stazione spaziale. La presenza del facehugger conferma che il film
si svolgerà dopo gli eventi di Prometheus
e Alien:
Covenant, che hanno rappresentato le origini degli
Xenomorfi così come li si conosce.
L’esperienza di Álvarez con i film
La casa e Man in
the Dark potrebbe però anche suggerire che lo
sceneggiatore-regista riporterà il franchise alle sue origini, con
un thriller dove il cast è braccato dagli alieni all’interno dei
confini della stazione spaziale. Con l’imminente film di
Alien che ha finalmente ricevuto una data di uscita,
il 16 agosto, il pubblico può ora aspettarsi
che vengano nei prossimi mesi rivelati ulteriori dettagli sulla
trama.
Il cinema dei supereroi
sembra aver raggiunto il suo punto di saturazione, tanto che, ogni
film di questo genere che si approssima alla sala, deve fare i
conti con una offerta vastissima e con delle aspettative miste a
scetticismo dello spettatore medio, ormai sazio. È lo scenario che
si presenta davanti a Madame Web, nuovo capitolo
di un universo in continua espansione, parte della famiglia dei
fratelli minori Marvel, di casa alla Sony e che
hanno come famoso e inarrivabile capostipite
Spider-Man. Il film, diretto da S. J.
Clarkson, prova a dare una lettura insolita alla classica
origin story di un personaggio dei fumetti. Il risultato è
modesto, ma non privo di elementi d’interesse.
Madame Web, la
trama
Il film racconta di
Cassandra Webb, interpretata con energia e un
certo grado di credibilità da
Dakota Johnson, che si ritrova a scoprire di avere
delle doti premonitorie che non sa controllare. Questo dono la
porta sulla strada di tre adolescenti, che lei vede morire per mano
di uno sconosciuto e che prontamente salva, non senza le proteste
delle ignare ragazze. Le quattro intraprenderanno un’avventura
insieme, diventando una piccola famiglia, non prima di scoprire che
lo sconosciuto omicida viene direttamente dal passato di
Cassandra.
Non proprio una
delusione
Sarebbe improprio
parlare di delusione, mentre ci si accinge a scrivere la
recensione di Madame Web, dal momento che le aspettative
degli spettatori, in generale, non erano altissime. C’era però
tanta curiosità, dal momento che il film si preannunciava insolito
anche per il genere cinefumettistico che ormai vanta una grande
varietà di declinazioni. E in effetti il film prende una strada mai
battuta prima, raccontando la storia di una giovane veggente che
intraprende un viaggio personale alla scoperta di sé, mentre trova
lungo il suo cammino una serie di figure che la completeranno,
formando con lei una sorellanza di reiette che trovano il loro
senso di esistere nella comunione reciproca.
Nel materiale originale,
Cassandra Webb è una figura anziana, cieca e
paraplegica, misteriosa, con poteri psichici impressionanti. Niente
di più diverso dalla atletica e giovane Johnson. È
chiaro che la scelta di un’attrice tanto amata e seguita sia stata
fatta per andare incontro al pubblico, tuttavia l’ex eroina della
saga di 50 Sfumature coglie l’occasione e riesce,
nonostante una scrittura traballante, a dare vita a un personaggio
ironico e a divertirsi genuinamente mentre fa da baby-sitter ai
personaggi di
Sydney Sweeney, Celeste O’Connor e
Isabela Merced, tutte estremamente sacrificate
nel film, con personaggi bidimensionali e vagamente stereotipati,
ma comunque capaci di dare una bella energia alla storia nel suo
complesso.
Il ritorno all’origine
del cinecomic
Nonostante delle
protagoniste accattivanti, Madame Web si arena
nelle scelte stilistiche e narrative che trasformano lo rendono
“vecchio”, il film abbraccia infatti un’estetica da cinecomic di
inizio anni 2000, che appare decisamente goffa e fuori tempo
massimo. Se la scelta di riprodurre un preciso stile narrativo e
estetico è volutamente stata fatta perché il film è ambientato
(senza una vera e propria ragione drammaturgica) nel 2003, allora
si potrebbe anche comprenderne una utilità o quantomeno un senso.
Tuttavia il fatto che il film parli una lingua cinematografica che
non esiste più sembra piuttosto dipendere da una mancanza di idee e
di un punto di vista brillante che possa effettivamente
ri-raccontare la storia di queste icone dei cinecomic in maniera
contemporanea a un pubblico di oggi.
Dakota Johnson, Sydney Sweeney, Celeste O’Connor e Isabela
Merced.
Un’eroina senza
azione
La Madame
Web di
Dakota Johnson è una giovane donna sarcastica che non
sembra molto a suo agio nelle scene d’azione, e questo non perché
l’attrice non sia capace di sostenerle ma perché queste scene
vengono costruite con poca precisione, come se non fossero
importanti. Certo, la ricerca del proprio posto nel mondo,
l’autodeterminazione e la consapevolezza di sé sono elementi molto
più centrali delle “botte”, per Cassandra, ma anche nella sua
battaglia contro il perfido Ezekiel (uno sprecassimo Tahar
Rahim), le sequenze di azione non sono di certo
ispirate.
Prendere in giro i fan
con convinzione
Madame
Web prende in giro i proprio fan, racconta una storia di
origini in definitiva molto classica, mescolando un po’ le carte in
tavola e traendo in inganno lo spettatore che si aspetta
decisamente un tipo di racconto diverso, un team-up al femminile,
come avevano già fatto Birds of Prey o The
Marvels. Questo però non impedisce alle attrici di
fare la loro parte, compatibilmente con la sceneggiatura troppo
spesso pretestuosa e confusa, e con uno stile di racconto che
sforzandosi di trovare un punto di vista originale e modalità nuove
per raccontare (soprattutto le scene delle premonizioni), finisce
per fare un gran pasticcio. Siamo dalle parti dello sfortunato
Morbius con Jared Leto,
per intenderci, ma almeno questa volta le protagoniste si prendono
meno sul serio. Il film sembra consapevole dei suoi limiti, ma con
sfrontatezza li espone tutti dal primo momento, cercando così di
farsi perdonare le sue mancanze. Se poi ci riesce, lo deciderà lo
spettatore.
Dopo la presentazione all’ultimo
Festival
di Cannes, nella sezione Un Certain Regard, anche nei cinema
italiani arriva la canadese Monia Chokri. Un gradito ritorno
quello dell’attrice di
Xavier Dolan (Les
amours imaginaires, Laurence Anyways), che si conferma regista da non
trascurare con il nuovo La natura
dell’amore, dal 14 febbraio in sala distribuito da
Wanted Cinema in collaborazione con Tinder, che lo
presenta come “la commedia sentimentale dell’anno“. Un
colpo di fulmine, un amore apparentemente impossibile tra due
persone diverse e lontanissime tra loro, sono l’innesco di una
sorta di celebrazione dell’amore, ma non solo, alla quale danno
vita Magalie Lépine-Blondeau e Pierre-Yves
Cardinal – con Francis-William Rhéaume e
la stessa Chokri – e che potrebbe regalarvi un retrogusto amaro,
oltre che stuzzicarvi e divertirvi, se cercate un San Valentino
diverso dal solito.
La trama di La natura
dell’amore
Sophia
(Lépine-Blondeau), 40 anni, è docente di filosofia all’Università
di Montreal, dove da dieci anni vive una consolidata e monotona
relazione con Xavier (Rhéaume), anche lui
professore. Una vita convenzionale basata su agio, stabilità e
intesa, soprattutto intellettuale, ormai, visto che la passione tra
i due sembra essersi assopita. A rompere una routine fatta di
vernissage e interminabili cene tra amici, però, interviene
Sylvain (Cardinal), il falegname tuttofare
incaricato di ristrutturare la casa di campagna della coppia… e la
vita di Sophia cambia all’improvviso. Di famiglia colta e
benestante lei, figlio di una rumorosa tribù proletaria e
“semplice” (come da titolo originale, Simple comme
Sylvain) lui, i due non potrebbero essere più
diversi, ma anche dimostrare a tutti che gli opposti si attraggono.
O no?
La stagione dell’amore viene e va
Non manca un pizzico di cinismo nel
racconto della regista canadese, che partendo dal presupposto
secondo il quale “due individui possano amarsi a prescindere dalle
loro differenze” mette in scena una sciarada ricca di implicazioni
sociali e culturali. Una sfida che vogliamo immaginare divertita,
nel suo ammiccare tra l’omaggio e la parodia a tanto cinema
francese di genere, romantico, erotico, intellettuale. Soprattutto
intellettuale. Cerebrale persino. Elementi che il film tiene a
sottolineare sin dalle diverse scene nelle quali Sophia e Xavier
discettano di filosofia e massimi sistemi con amici colti come
loro, convivi che danno la misura dell’ambiente d’origine della
donna, e non fanno che scavare ancor più profondamente il solco che
la divide dal suo inatteso amante.
E se di sfida si deve parlare – ché
così la definisce la Chokri – quella dei due amanti e del loro
amore ‘in salita’ è forse meno ardua di quella vissuta dalla
regista, attenta a tenere in equilibrio ironia e sensibilità, il
racconto dell’incontro-scontro e il rischio di scadere nel
classismo. O nel cliché della moglie annoiata e insoddisfatta,
sensibile al fascino passionale e trasgressivo, divertita dalla
possibilità di essere dominata, posseduta, oggettivata, salvo poi
spaventarsi della prospettiva di perdere il controllo del gioco o
di esser costretta a viverlo ogni giorno.
Tra esperimento sociale e di
stile
Ma senza voler bruciare le tappe e
suggerire troppo, sarà bene affidarsi alla scansione temporale
pensata dalla regista, interessata a osservare i suoi personaggi a
distanza, come in “un documentario sugli animali“.
Definizione nella quale è facile vedere la conferma della poca
empatia nei confronti dei due esemplari “sul punto di
accoppiarsi” e della sostanziale scelta del punto di vista
femminile – comprensibile e non una novità nel suo cinema – nel
racconto di qualcosa di più di un amore, di un colpo di fulmine, di
una passione. Anche la scelta di una fotografia ispirata a
Robert Altman e ai film romantici degli anni ’70,
alla Love Story, o a certa patinatura alla David
Hamilton, come anche a una estetica e certe scelte
registiche quasi da B-movie o da horror, denunciano un grande
lavoro preparatorio e impreziosiscono il gioco, davanti e dietro la
macchina da presa, che rischia di incatenare tanto i burattini
quanto la burattinaia
Come nasce un amore? Cosa ci attrae
nell’altro? Quanto contano differenze e somiglianze? E quanto è
giusto cercare di migliorare l’altro, di cambiarlo? Interrogativi
che rendono universale la storia, nella sua classicità. E che per
questo ha bisogno di una serie di personaggi di contorno ben
scritti come l’amica di Sophie – interpretata dalla stessa Chokri –
che la sostiene e conforta, a differenza della madre, che forse
conosce la figlia meglio di quanto lei stessa sappia, o il padre di
Xavier, malato di Alzheimer e tifoso della vita, per il quale tutto
va vissuto prima che sia troppo tardi. L’affresco va componendosi
in maniera attraente, ed è facile farsi trascinare dal turbine
iniziale, ma sono diversi gli agguati che la regista ha in serbo
per il pubblico, e sono quelli la forza di La natura
dell’amore. Nel quale sarà forse fin troppo facile empatizzare
ora con questa ora con quello o reagire come ci si aspetta davanti
a scene anche disturbanti, imbarazzanti, persino terrificanti a
modo loro, ma che difficilmente lascerà impassibili. E magari potrà
far riflettere sui propri bisogni e sulle scelte future.
Spider-Man è sempre stato solo nella sua lotta
al crimine, a eccezione di qualche partner e collaboratore
occasionale, tra cui spiccano le Spider-Woman.
Sebbene ogni Donna Ragno abbia le sue personalissime qualità,
alcune si distinguono come più significative e distintive
all’interno della grande storia della Marvel. Con due di loro
che faranno il loro debutto in live action in Madame
Web, è allora giunto il momento di districare la
complicata storia di Spider-Woman e scoprire chi effettivamente
sono questi personaggi.
Il personaggio di Jessica Drew è
la Donna Ragno originale
Creata da Archie
Goodwin e Marie Severin, la Donna Ragno
originale, a cui è stato poi dato il nome civile di Jessica
Drew, è apparsa per la prima volta in
Marvel Spotlight #32 nel 1977, prima di essere
protagonista di una serie tutta sua. Goodwin ritrasse Jessica come
un ragno evolutosi in un essere umano, ma Marv Wolfman, che fu lo
scrittore iniziale del fumetto solista di Spider-Woman, ritrattò
questa origin story. La versione di Wolfman dell’origine
di Jessica la presenta come una ragazza umana che si ammala a causa
dell’esposizione all’uranio. Suo padre, uno scienziato associato
all’Alto
Evoluzionario, la curò con un siero derivato dal
sangue di un ragno radioattivo, che le diede anche capacità
sovrumane.
In seguito, Jessica è stata rapita
e sottoposta a un lavaggio del cervello da parte
dell’HYDRA per diventare un’assassina dotata di
superpoteri. Le manipolazioni mentali dell’HYDRA le hanno permesso
di ricordare di essere un ragno evoluto per spiegare l’origine di
Goodwin. La sua storia è stata riscritta quando il personaggio è
tornato in auge grazie all’uso che Brian Michael
Bendis ne ha fatto nel franchise dei Vendicatori. Bendis
ha collaborato alla stesura della miniserie Spider-Woman:
Origin, che stabilisce che i poteri di Jessica derivano dal
fatto che sua madre è stata colpita da un laser specializzato a cui
lei e il padre di Jessica stavano lavorando mentre era incinta.
Origin ha anche semplificato il legame di Jessica con
l’HYDRA, facendo lavorare i suoi genitori direttamente per
l’organizzazione.
Spider-Woman ha portato a Jessica
Jones
Dopo essersi liberata
dall’influenza dell’HYDRA, Jessica mantiene l’identità di Donna
Ragno, ma la usa per combattere il crimine. Ha spesso lavorato come
investigatrice privata. Per questo motivo, Bendis aveva
inizialmente pensato di utilizzare Jessica come protagonista della
sua serie a fumetti Alias, che raccontava storie
poliziesche noir nell’Universo Marvel, prima di creare il
personaggio di Jessica Jones. Tuttavia, Jessica Drew è stata
una guest star in Alias, incontrando Jones. Sebbene abbia
combattuto al suo fianco in varie occasioni, Jessica non era
strettamente legata a Peter Parker/Spider-Man fino a quando non
sono stati entrambi reclutati nel roster iniziale dei Nuovi
Vendicatori.
L’evento Secret Invasion rivelò che, a partire da
qualche tempo prima della formazione della squadra, Jessica era
stata sostituita da un’impostora, Veranke, regina degli alieni
mutaforma Skrull. Dopo che gli eroi della Terra hanno respinto
l’invasione Skrull, la vera Jessica, che era stata tenuta
prigioniera, è stata ritrovata insieme ad altri rapiti. In seguito
ha mantenuto il posto di Veranke nei Nuovi Vendicatori, ma ha
dovuto affrontare i sospetti di vari membri della comunità dei
supereroi.
Julia Carpenter è stata la prima
donna ragno a unirsi agli Avengers
La seconda grande Donna Ragno,
Julia Carpenter (interpretata da Sydney Sweeney in Madame Web), è stata creata da
Jim Shooter e Mike Zeck ed è
apparsa per la prima volta in Marvel Superheroes Secret Wars
#6 nel 1984. Era coinvolta nel conflitto tra eserciti di
supereroi e supercattivi organizzato dal Beyonder su
Battleworld. Le apparizioni successive hanno
rivelato la storia delle origini del personaggio. Julia fu
ingannata dalla sua compagna di università Valerie “Val”
Cooper, che lavorava come agente governativo, affinché
partecipasse a un esperimento volto a creare un super-soldato. Dopo
essere stata iniettata di veleno di ragno e di estratti di diverse
piante esotiche, Julia acquisì poteri sovrumani simili a quelli
dell’Uomo Ragno.
All’inizio della sua carriera di
supereroe, si unisce alla Freedom Force, una squadra sponsorizzata
dal governo e supervisionata da Val, che spesso agisce come rivale
degli X-Men.
Lavorare al fianco dei suoi compagni di squadra, la maggior parte
dei quali erano membri riformati della squadra di supercriminali
nota come Confraternita dei Mutanti Malvagi, porta Julia a mettere
in discussione la sua decisione e, dopo che la Freedom Force entra
in conflitto con i Vendicatori, aiuta quest’ultima squadra, anche
se ciò la rende una fuggitiva dal governo. Il personaggio ha
occasionalmente assunto altre identità in costume, in particolare
sostituendo Cassandra Webb (interpretata da
Dakota Johnson in Madame Web) come Madame
Web per un certo periodo.
Mattie Franklin ottiene i poteri
di Madame Web
Creata da John Byrne e Rafael
Kayanan, la terza eroica Donna Ragno, Mattie
Franklin (interpretata da Celeste
O’Connor in Madame
Web), ha avuto una storia piuttosto oscura. Quando è
adolescente, Mattie sente che suo padre Jerry sta progettando di
partecipare al Raduno dei Cinque, un rituale di culto i cui
partecipanti, tra cui Norman Osborn, sperano di
ottenere misteriosi poteri. Mattie si sostituisce al padre nel
rituale e ottiene capacità fisiche sovrumane e il potere del volo.
Durante un periodo in cui Peter Parker si era ritirato dalla carica
di Uomo Ragno, Mattie, grande fan dell’eroe, indossa un costume
simile al suo e lo sostituisce.
Quando Peter torna
a essere l’Uomo Ragno, Mattie assume l’identità di Donna Ragno.
Durante un conflitto con Charlotte Witter, una supercriminale che
usa anch’essa il nome di Spider-Woman, Mattie perde temporaneamente
i suoi poteri. Quando li riacquista, riceve anche le abilità
combinate di Witter, delle due precedenti Donne Ragno e di
Madame Web. Frustrata dal rapporto con il padre,
Mattie si trasferisce dalla zia Marla, sposata con l’editore del
Daily Bugle J. Jonah Jameson.
Spider-Gwen è un’attuale beniamina
dei fan della Marvel
Una delle più recenti aggiunte alle
Donne Ragno è arrivata a rivaleggiare, se non addirittura a
superare Jessica come versione più riconoscibile e popolare del
personaggio. Creata da Jason Latour e Robbi Rodriguez,
Spider-Gwen è stata introdotta nel 2014 durante
l’evento fumettistico Spider-Verse. È una variante
di Gwen Stacy, il famoso interesse amoroso di
Peter Parker, proveniente da Terra-65, che è stata morsa da un
ragno radioattivo come il Peter dell’universo principale. Sebbene i
fan la chiamino più spesso “Spider-Gwen”, nel mondo della storia
Gwen è conosciuta come la Donna Ragno del suo universo, anche se ha
usato il nome in codice “Ghost-Spider”. Sentendosi impotente dopo
una vita di bullismo, il Peter di Terra-65 ha usato le sue
conoscenze scientifiche per fare esperimenti su se stesso,
trasformandosi in una versione del supercriminale Lizard.
Nella loro battaglia finale, Gwen,
che non sapeva ancora che il suo amico Peter fosse Lizard, è
costretta a ucciderlo per proteggere i civili. Alla sua morte,
Peter ritorna alla sua forma umana e il padre di Gwen, il capitano
di polizia George Stacy, inizia a dare la caccia a
Spider-Woman, sperando di arrestarla per omicidio. Ma dopo che Gwen
gli rivela la sua identità, i due iniziano a ricucire il loro
rapporto. Il successo commerciale e di critica dei film dello
Spider-Verse ha portato a una popolarità ancora maggiore per
Spider-Gwen, e molti fan sperano che Hailee
Steinfeld, che le dà voce nei film Un
nuovo universo e
Across the Spider-Verse, o Emma Stone, che ha interpretato una Gwen senza
poteri nei film di The Amazing Spider-Man, possano portare il personaggio
in live action.
Spider-Woman ha un’eredità
impressionante
Oltre a Witter e alle quattro
eroiche donne ragno elencate, nella storia della Marvel sono state realizzate
numerose versioni più oscure del personaggio. L’universo Ultimate
Marvel ha infatti la sua
Jessica Drew, un clone femminile di Peter Parker,
e alcune varianti di Mary Jane Watson hanno poi indossato il
costume di Spider-Woman in diversi universi alternativi, solo per
citare alcuni esempi.
Tuttavia, con i film dello
Spider-Verse e Madame Web che hanno fatto crescere i
profili di Jessica, Gwen, Julia e
Mattie, è probabile che queste quattro iterazioni
rimarranno le più importanti per un po’ di tempo.
Ormai ne parla da tempo
come della sua musa, del suo alter-ego, dopo Leonardo
Pieraccioni e quel Francesco Nuti cui
dedica questo suo
nuovo film (oltre ai ringraziamenti all’amica Asia
Argento, presente in un cameo), ma effettivamente senza
Pilar Fogliati non ci sarebbe il Romeo è
Giulietta di Giovanni Veronesi. Uno che
rifiuta la definizione di romantico – e che già promette un film
per il 2 novembre per compensare questo, in sala proprio dal 14
febbraio, San Valentino, distribuito da Vision
Distribution – ma che dopo la doppietta Moschettieri del re – La penultima
missione (2018) e Tutti per 1 – 1 per tutti (2020) sembra
aver trovato nuova linfa proprio nel tema della ricerca
dell’identità intorno al quale ruota tutta la vicenda. Che vede
coinvolti, a vario titolo, insieme alla protagonista,
Sergio Castellitto, Geppi Cucciari, Maurizio
Lombardi, Serena De Ferrari, Domenico Diele,
Margherita Buy e Alessandro
Haber.
Romeo è Giulietta, la trama
Il grande regista
teatrale Federico Landi Porrini (Castellitto) è
alla ricerca dei suoi Romeo e Giulietta per l’opera che dovrebbe
consacrare definitivamente il suo prestigio e concludere la sua
carriera sul palco del Festival dei Due Mondi di Spoleto. Tra le
tante deludenti candidate – provinate insieme al compagno Lori
(Lombardi) e al produttore Festa
(Haber) – spicca Vittoria, che viene però esclusa
a causa di un’ombra sul suo passato. Perso il ruolo di Giulietta,
andato alla tiktoker Gemma (De Ferrari), e
determinata a ottenere comunque un ruolo nello spettacolo e con la
complicità della sua amica truccatrice (Cucciari),
la giovane attrice decide di ritentare sotto falsa identità, per
dimostrare tutto il suo talento e prendersi una rivincita. È così
che si trasforma, e con il nome di Otto Novembre si propone per il
ruolo di Romeo, ottenendo la parte. Interpretare qualcun altro non
sembra poi così complicato, sia sul palco sia dietro le quinte,
neanche quando il suo fidanzato (Diele) viene scelto per
interpretare il ruolo di Mercuzio. Vestire però i panni di un uomo
le consentirà di scoprire molte cose su sé stessa, ma soprattutto
sulle persone che la circondano.
Una
nuova sfida per la Fregoli Fogliati
È innegabile la cura,
soprattutto formale, messa nell’operazione nata dalla nuova
collaborazione della coppia di Romantiche, che qui comprensibilmente
punta a mettere ulteriormente alla prova le ormai note capacità di
trasformismo di
Pilar Fogliati. Dopo l’aristocratica, la pariolina, la
borgatara e l’aspirante sceneggiatrice lasciano il campo, in
Romeo è Giulietta, a una promettente attrice pronta a
tutto per non rinunciare al suo sogno, anche a diventare uomo.
Ovviamente sul palco di un teatro, in questo caso, dove si svolge
gran parte del film e dove le trame e i piani dei vari protagonisti
vengono messi alla prova.
Serena De Ferrari e Pilar Fogliati@Enrico De Luigi
Uno spazio ristretto,
spesso cupo, che pur con le sue suggestioni e l’attenzione
dichiarata da Veronesi stesso alle riprese in interni, non risulta
l’arma in più che il regista si augurava fosse né offre occasioni
in più ad attori e personaggi per esprimersi o aggiungere
drammaturgia e tensione alla commedia. Che pure non delude e regala
buoni momenti, scambi convincenti e riesce a rendere credibile
l’intreccio, anche nei suoi passaggi più obbligati. E che, a
prescindere dalla lunga premessa dedicata ai provini e alla voluta
fissità (soprattutto degli esterni, per quanto in molti casi
inusuali, con Ponte Tazio, Villa Torlonia e la via Elpide di
Trionfale sfruttate più del fin troppo turistico laghetto di Villa
Borghese), per troppo tempo non sembra procedere, involuto tra
dubbi e tormenti poco originali e sentiti.
Una
commedia pronta per il remake
Ma non tutti i film
possono essere Tootsie o
Shakespeare in Love, o devono esserlo per
funzionare, visto e considerato che proprio l’appartenenza a quel
rango potrebbe accreditare le speranze della produzione di vendere
i diritti per un remake di questo Romeo è
Giulietta su scala internazionale (come accaduto già
per Perfetti sconosciuti e altri). Versioni
alternative che – oltre a soddisfare la curiosità di quale sarebbe
all’estero il fidanzato della influencer invece del romanista
Lukaku (caparbiamente difeso a scapito della possibilità di
scegliere il contendente interista) – permetterebbero di assistere
a altre interessanti declinazioni del tema della ricerca
dell’identità, non solo di genere, e del conflitto con sé stessi, i
propri principi e obiettivi, che restano lo spunto più interessante
di questa commedia.
Più dell’apprezzabile per
quanto autocelebrativo monologo iniziale di Castellitto, di una
delle definizioni più sintetiche ed esilaranti del personaggio di
Giulietta, della ormai stereotipata rappresentazione dell’attore
costretto a fare il rider (per lo meno stavolta non era il
cameriere) e dell’insistenza della Fogliati personaggio sul fatto
di essere più di una attrice comica (convinzione che immaginiamo
abbia la stessa Pilar, che attendiamo volentieri alla prova). Pro e
contro, come si diceva, tra i quali vanno sicuramente ascritti il
purtroppo debole finale e il surreale ballo al ristorante Alfredo –
tra i secondi – e gli incredibili titoli di testa e di coda
cantati, affidati alle incredibili doti di Alessandra Tumolillo,
che apre i giochi con la sua versione della “Si t’o sapesse
dicere” di Eduardo De Filippo, e di
Simona Molinari, un lusso che Veronesi si è
concesso e un regalo del quale lo ringraziamo.
Il primo trailer di Deadpool e
Wolverine, che ha debuttato domenica durante il Super
Bowl, ha battuto il record di trailer cinematografico più visto in
24 ore con l’incredibile cifra di 365 milioni di visualizzazioni
totali. Il precedente detentore del record era il trailer del film
Marvel
Spider-Man: No Way Home, che aveva 355,5 milioni di
visualizzazioni nelle prime 24 ore nel 2021.
Il trailer di Deadpool e
Wolverine ha avuto anche un aiuto dal Super Bowl di
quest’anno, che si è rivelato la trasmissione televisiva più vista
di tutti i tempi negli USA e ha raggiunto 123,7 milioni di
spettatori.
Deadpool e
Wolverine uscirà nei cinema il 26 luglio e segna
l’introduzione del Mercenario Chiacchierone di Ryan Reynolds nell’universo cinematografico
Marvel (con un rating decisamente
diverso rispetto ai primi due capitoli). Soprannominandosi
“Marvel Jesus”,
Deadpool arriva nel MCU dopo essere stato rapito dalla
Time Variance Authority, i manager del multiverso
visti l’ultima volta in Loki, e si ritrova nello
stesso mondo dei Vendicatori.
Sebbene il suo volto non si veda nel
trailer, anche Wolverine di Hugh Jackman passa dall’universo di
X-Men al MCU. Diretto da Shawn
Levy, il film comprende anche Emma Corrin,
Morena Baccarin, Rob Delaney,
Leslie Uggams, Karan Soni e Matthew Macfadyen.
Ewan McGregor ha firmato per recitare al
fianco di Anne Hathaway nel nuovo film della Warner Bros
Motion Picture Group, attualmente senza titolo, di David
Robert Mitchell, il regista dietro titoli come It
Follows e Under the Silver Lake.
Il logline del film è ancora tenuto
nascosto, anche se in precedenza è stato descritto come un “viaggio
da brivido” da girare in Imax. Mitchell dirigerà il film basandosi
su una sua sceneggiatura originale e produrrà insieme a
J.J. Abrams e Hannah Minghella
per Bad Robot e Matt Jackson di
Jackson Pictures. Jake Weiner e
Chris Bender di Good FearContent fungeranno da produttori esecutivi.
Sheila Walcott e Zach Hamby
stanno supervisionando il progetto per WBMPG.
Recentemente, dopo aver ripreso il
suo ruolo di Obi-Wan Kenobi nell’omonima serie di
Disney+ nominata agli Emmy,
Ewan McGregor ha vinto un Emmy per il suo
ruolo da protagonista in Halston di
Netflix, apparendo anche in film come
Birds of Prey, Doctor Sleep e Ritorno al bosco dei 100
acri. Lo vedremo presto nella miniserie della
Showtime e della Paramount Global A Gentleman in
Mosca, di cui è anche produttore esecutivo. Gli altri suoi
film in uscita includono la commedia drammatica TIFF di Niclas
Larsson Mother Couch, in cui recita al fianco di
Rhys Ifans, Taylor Russell ed Ellen
Burstyn; e Bleeding Love, il film
drammatico presentato in anteprima al SXSW da lui prodotto e nel
quale recita accanto alla figlia Clara
McGregor.
Stephen Amell sarà il protagonista della serie
spin-off di Suits della NBC, Suits:
LA, nel ruolo di Ted Black, “una carismatica forza
della natura che mette i propri bisogni al di sopra degli
altri”.
Prodotto da UCP,
Suits è andato in onda su USA Network dal 2011 al
2019, per nove stagioni. La serie, interpretata da Patrick
J. Adams, Gabriel Macht, Rick Hoffman, Meghan Markle, Gina
Torres e Sarah Rafferty, è ritornata alla
ribalta nel 2023 quando è arrivata in streaming su Netflix, finendo in cima alle classifiche per diverse
settimane. Ha superato i 45 miliardi di minuti trasmessi in
streaming su Netflix e Peacock messi insieme.
All’inizio di questo mese, lo
spin-off ha ottenuto un ordine pilota alla NBC, con l’inizio della
produzione a marzo a Vancouver. La nuova serie, creata dal creatore
originale Aaron Korsch, seguirà un nuovo gruppo guidato da Ted
Black, un ex procuratore di New York che ha creato uno studio
legale a Los Angeles specializzato in diritto penale e
dell’intrattenimento.
Secondo il logline ufficiale,
“La sua azienda è a un punto di crisi e per sopravvivere deve
abbracciare un ruolo che ha ricoperto con disprezzo per tutta la
sua carriera. Ted è circondato da un gruppo stellare di personaggi
che mettono alla prova la loro lealtà sia verso Ted che verso gli
altri mentre non possono fare a meno di mescolare le loro vite
personali e professionali. Tutto questo sta accadendo mentre si
svelano lentamente eventi accaduti anni fa che hanno portato Ted a
lasciarsi alle spalle tutto e tutti quelli che amava.”
David Bartis, Doug Liman,
Gene Klein e Victoria Mahoney sono i
produttori esecutivi. Mahoney dirigerà il pilot. Beatrice
Springborn, presidente degli Universal International
Studios e dell’UCP, aveva precedentemente rivelato che lo
spettacolo è ambientato nello stesso universo dell’originale, con
“la stessa energia e le stesse belle persone
dell’originale”.
Questa mattina
vi abbiamo riportato una carrellata di recensioni di
Madame
Web e, nel caso in cui qualcuno di noi abbi
il dubbio che abbia letto male, ci sarà molto più chiaro scoprire
che ahimé la reazione al film della Sony non è affatto
positiva.
Anche se sembra che ci siano
elementi del film che funzionano, la maggioranza sembra concordare
sul fatto che questo è un altro film Marvel della Sony
Pictures che sembra “superato” e un passo indietro
rispetto ad un genere che sta già combattendo alcune accuse da
“stanchezza da supereroi”.
Iniziare il 2024 con un adattamento
dei fumetti che probabilmente sarà un altro disastro di critica e
incassi non farà bene né alla Marvel né alla DC, e anche se è
ancora troppo presto per parlare di incassi, ma su Rotten Tomatoes
è stato generato un punteggio davvero molto basso.
Con un totale di 31 recensioni
contate, Madame
Web ha attualmente un punteggio Rotten del 23%.
Nei prossimi giorni ne verranno contate altre decine, ma a questo
punto ci vorrà un miracolo per ribaltare la situazione.
Venom ha ricevuto il 30% nel 2018, mentre il
sequel –
Venom: La furia di Carnage – ha migliorato la
situazione con un 57% scarso. Quanto a
Morbius, è molto indietro con il 15%.
Madame
Web vorrà evitare un numero così negativo, ma
qualsiasi cifra intorno ai 20 anni non è buona e pone questo ultimo
film della Sony/Marvel nello stesso campo di
battaglia di alcuni dei peggiori sforzi che abbiamo visto nelle
sale. Per qualche motivo, lo studio non riesce a catturare con
questi progetti live-action la stessa magia che abbiamo visto nei
film animati dello Spider-Verse.
Madame
Web è la storia delle origini di una delle eroine
più enigmatiche dei fumetti Marvel. Dakota Johnson interpreta la
protagonista, Cassandra Webb, un paramedico di Manhattan con poteri
di chiaroveggenza. Costretta a confrontarsi con alcune rivelazioni
del suo passato, stringe un legame con tre giovani donne destinate
a un futuro straordinario ma che dovranno sopravvivere a un
presente pieno di minacce.
Madame
Web è basato su un personaggio del mondo dei
fumetti Marvel creato da
Dennis O’Neil e John Romita Jr.
Il film è diretto da S. J. Clarkson
(Orange Is the New Black, Jessica
Jones, Anatomy of a Scandal) da una
sceneggiatura di Claire Parker e S. J.
Clarkson e interpretato da Dakota Johnson, nel ruolo di protagonista,
insieme a
Sydney Sweeney, Celeste O’Connor, Isabela
Merced, Tahar Rahim, Mike Epps,
Emma Roberts e Adam Scott. Madame
Web sarà nelle sale italiane dal 14 febbraio 2024
prodotto da Sony Pictures e distribuito da Eagle Pictures.
Considerato uno dei più grandi
maestri dei generi thriller ed horror, John Carpenter ha nel
corso della sua carriera realizzato alcuni grandi capolavori del
cinema. Tra questi si annoverano Halloween, La cosa, 1997: Fuga da New York, Essi
vivono e Il seme della follia. Uno dei suoi
lungometraggi meno citati e più insoliti è però
Starman (qui
la recensione), realizzato nel 1984. Questo si discosta
fortemente dal genere di opere per cui Carpenter è conosciuto,
offrendo piuttosto una leggera storia di fantascienza con elementi
da film sentimentale. Carpenter, però, dopo tanto orrore, si era
detto intenzionato a mostrare il lato migliore degli Stati
Uniti.
Oltre a tale motivazione, il suo
aver accettato la regia di questo progetto si spiegava anche con la
volontà di realizzare un film che fosse tonalmente l’opposto a La
cosa, nel tentativo di dimostrare di potersi occupare anche di film
più graditi agli occhi di Hollywood. Certo, Starman era
all’epoca ritenuto un progetto molto rischioso in quanto molto
simile in quanto a racconto a E.T. – L’extraterrestre,
uscito solo due anni prima, ma Carprenter volle privilegiare non
gli effetti speciali bensì il rapporto che si sviluppa tra i due
protagonisti, come avviene nei titoli da lui citati come fonte di
ispirazione: Accadde una notte (1934),Il
club dei 39 (1935) e La parete di fango
(1958).
Per i fan del regista,
Starman rimane dunque un’opera insolita ma meritevole di
essere riscoperta, che dimostra la capacità di Carpenter di saper
adattare la propria idea di cinema a racconti e temi sempre
diversi. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà
certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità
relative ad esso. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti
possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama, al cast di attori e
ad altro ancora. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
La trama di Starman
Protagonista del film è
Jenny Hayden, rimasta vedova e senza figli, che
una notte viene svegliata da uno strano splendore nel soggiorno
della sua casetta. Un fenomeno assurdo e terrorizzante si produce
sotto i suoi occhi: in pochi minuti, il corpo di un neonato si
trasforma e Jenny lo vede diventare bambino, adolescente ed uomo
fatto. Ma la cosa più incredibile è che l’uomo in questione è
identico al defunto marito, Scott Hayden. Lo
sconosciuto, che sembra conoscere solo alcune parole, fa salire la
donna sulla di lei macchina e la prega di condurlo subito in una
località dell’Arizona. È lontano, ma “loro” lo aspettano là e, se
non arriverà sul posto entro tre giorni, sarà destinato a
morire.
Il cast di Starman
Ad interpretare lo Starman del
titolo vi è l’attore Jeff Bridges. Per prepararsi a questo ruolo da
alieno con sembianze umane, Bridges ha studiato l’ornitologia e il
comportamento degli uccelli. Per il suo personaggio di Starman,
Bridges ha infatti utilizzato in particolare i movimenti improvvisi
e a scatti della testa, oltre ad altre sfumature e manierismi,
degli uccelli. Bridges pensava che l’alieno non avrebbe avuto
caratteristiche umane e, essendo racchiuso in un corpo umano,
avrebbe agito con istinti animali primitivi di base. Per la sua
interpretazione, Bridges fu poi nominato come Miglior attore agli
Oscar e questa è l’unica candidatura a tale premio mai ricevuta da
un film di Carpenter.
Per il ruolo del protagonista, in
realtà, erano stati considerati anche gli attori Kevin Bacon e Tom Cruise. Carpenter rimase colpito da
quest’ultimo, ma per via di altri impegni non poté prendere parte
al film. Nel ruolo di Jenny Hayden, ruolo per il quale ha dovuto
fare affidamento a tutta la propria immaginazione, vi è invece
l’attrice Karen Allen, meglio nota per aver
interpretato Marion Ravenwood nella
saga di Indiana Jones. Nel cast figurano poi anche
Charles Martin Smith nel ruolo di Mark
Shermin, Richard Jaeckel in quello di George Fox e
Robert Phalen in quello del Maggiore Bell.
Tony Edwards è il Sergente Lemon, mentre
Ted White è il cacciatore di cervi.
Starman, ci sarà un sequel?
Il successo del film portò alla
realizzazione di una serie sequel, che presenta però personaggi
completamente diversi. Realizzata nel 1986 e composta da 22
episodi, questa propone un racconto che si svolge circa 15 anni
dopo gli eventi del film. L’alieno torna sulla Terra nel corpo di
un fotoreporter di nome Paul Forrester che ha un figlio
adolescente, Scott Hayden Jr. e che si ritrova alle prese con un
agente del governo degli Stati Uniti. Ogni episodio è dunque il
racconto della fuga dei due da un posto all’altro degli Stati
Uniti. Lo scarso successo portò però alla cancellazione della serie
dopo la prima stagione.
Nell’aprile 2016, invece, era stato
riferito che il regista Shawn Levy (Una notte
al museo, Deadpool &
Wolverine) avrebbe diretto e prodotto un remake di
Starman. Nel 2021, però, Levy aveva dichiarato che il
remake era improbabile, poiché non era riuscito a trovare una buona
bozza della sceneggiatura che fosse degna di essere adattata. Nel
2018 è stato lo stesso Bridges a dirsi perplesso del remake,
dichiarando di essere invece disposto a tornare per un sequel, ma a
quella sua dichiarazione non è stato fatto seguito in alcun modo.
Ad oggi, dunque, il film di Carpenter sembra destinato a rimanere
un’opera a sé.
Il trailer di Starman e
dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di
Starman grazie alla sua presenza su
alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in
rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten
TV, Google Play, Apple TV e Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
martedì 13 febbraio alle ore
21:10 sul canale Rai Movie.