Le squadre degli effetti visivi
(VFX) che lavorano per i Marvel Studios hanno votato per il
sindacalizzarsi. Un comunicato stampa rivela che “la stragrande
maggioranza della squadra di oltre 50 lavoratori della Marvel ha firmato dei documenti che
indicano che desiderano essere rappresentate
dalla International Alliance of Theatrical Stage Employees
(IATSE)”.
“Per quasi mezzo secolo, ai
lavoratori dell’industria degli effetti visivi sono state negate le
stesse protezioni e benefici su cui i loro colleghi e compagni di
troupe hanno fatto affidamento dall’inizio dell’industria
cinematografica di Hollywood”, ha dichiarato Mark
Patch, organizzatore VFX per IATSE, in una dichiarazione.
annunciando il deposito. “Questo è un primo passo storico per i
lavoratori VFX che si uniscono con una voce collettiva che chiede
rispetto per il lavoro che facciamo”.
Lo sforzo di sindacalizzazione segna
la prima volta che i professionisti di VFX si sono uniti in questo
modo, poiché questo segmento del settore è rimasto in gran parte
non sindacale. IATSE rappresenta più di 168.000 tecnici e artigiani
che lavorano nel cinema e in TV, ma mentre “posizioni come
scenografi/direttori artistici, operatori di ripresa, audio,
montatori, parrucchieri e truccatori, costumi/guardaroba,
supervisori di sceneggiature, prese, luci, oggetti di scena e
vernice, tra gli altri, sono stati storicamente rappresentati da
IATSE”, spiega il comunicato, “i lavoratori nelle
classificazioni VFX storicamente no.”
Gli artisti dei VFX Marvel Studios hanno votato per la
sindacalizzazione
La coordinatrice degli effetti
visivi Bella Huffman ha aggiunto: “I tempi di
consegna non si applicano a noi, le ore protette non si applicano a
noi e l’equità salariale non si applica a noi. Gli effetti visivi
devono diventare un reparto sostenibile e sicuro per tutti coloro
che hanno sofferto troppo a lungo e per tutti i nuovi arrivati che
hanno bisogno di sapere che non saranno sfruttati”.
La decisione degli artisti
VFX arriva anche nel mezzo di una più ampia ondata di
attività sindacali quest’estate, mentre sceneggiatori e attori
continuano a marciare sui picchetti in uno storico doppio
sciopero.
“Stiamo assistendo a un’ondata
di solidarietà senza precedenti che sta abbattendo vecchie barriere
nel settore e dimostrando che siamo tutti insieme in questa lotta.
Ciò non accade nel vuoto”, ha detto il presidente
internazionale IATSE Matthew D. Loeb riguardo ai
tempi del voto. “I lavoratori dello spettacolo di tutto il
mondo si battono per i reciproci diritti, ecco di cosa tratta il
nostro movimento. Mi congratulo con questi lavoratori per aver
compiuto questo passo importante e aver usato la loro voce
collettiva”.
Il reparto dei VFX Marvel Studios ha fatto
notizia, nell’ultimo anno, per i cattivi risultati consegnati al
pubblico in diverse occasioni, a partire dalla serie Disney+She-Hulk:
Attorney at Law, fino a
Ant-Man and the Wasp: Quantumania e Thor:
Love and Thunder. Già lo scorso anno sono venute fuori
le prime informazioni relative ai ritmi di lavoro complessi e
insostenibili, e questa azione collettiva dovrebbe regolamentare e
tutelare un lavoro che nel cinema contemporaneo è ormai
indispensabile.
Se
l’Arconia esistesse davvero, sarebbe il caso di
starne alla larga, dato che l’edificio è teatro di sanguinosi
omicidi alla base di Only Murders in the Building,
la serie Hulu, disponibile su Disney+ in Italia che dall’8
agosto si arricchirà di un terzo ciclo di episodi e di un terzo
omicidio da risolvere per Charles, Oliver e Mabel (interpretati da
Steve Martin, Martin Short e
Selena Gomez).
Il trio, in questa
terza stagione di Only Murders in the Building
deve indagare sull’omicidio, avvenuto appunto all’Arconia, di un
attore cinematografico, famoso per i suoi film d’azione, che ha
tentato la scalata a Broadway proprio alla vigilia della sua
misteriosa morte.
Only Murders in the Building, le strade si
separano
Le serie di successo si distinguono da quelle che invece giocano
sempre sul sicuro quando, pur rimanendo se stesse, hanno il
coraggio di cambiare le carte in tavola, mescolando gli elementi
vincenti e osando piccoli cambiamenti per rinfrescare la formula. È
quello che cerca di fare, con discreti risultati, la terza stagione
dello show ideato da Steve
Martin e John
Hoffman
che separa per la prima volta l’irresistibile trio protagonista e
mette in scena dei conflitti trai protagonisti i quali, per la
prima volta da quando li conosciamo, sembrano avere degli scopi
differenti. Charles, Oliver e Mabel non sembrano
più tanto interessati, allo stesso modo, a risolvere il mistero,
quanto a realizzarsi personalmente, desiderio che mette in
discussione l’armonia del terzetto fino a questo momento
sperimentata.
C’è ancora l’elemento del
Podcast, che nelle altre stagioni era il collante del terzetto, ma
arriva molto dopo l’inizio delle indagini e questa volta sembra
essere un motivo di rottura piuttosto che un elemento di coesione.
Mabel, Charles e Oliver sembrano intenzionati, questa volta, a dare
priorità alle loro vite piuttosto che alla risoluzione del caso, e
questa scelta narrativa dà un movimento inedito alla serie, pur
senza tradirne lo spirito.
Un mix di toni
familiare
La terza stagione di
Only Murders in the Building propone dunque sempre
lo stesso tono dei cicli precedenti, un mix perfetto tra comedy e
mistery, con diverse situazioni ai limiti del reale, che
corteggiano insistentemente la commedia dell’assurdo per poi
rimanere sempre all’interno di un contesto di verosimiglianza che
poi è l’elemento che più fidelizza il pubblico.
La scelta di separare,
per un certo periodo, i percorsi dei tre protagonisti è sicuramente
dettata dal bisogno di rinnovamento, ma toglie per tutta la prima
parte allo show il suo aspetto più riuscito: l’alchimia tra Short,
Martin e Gomez insieme in scena, che per fortuna, una volta
ripristinata, fa veleggiare la storia verso un finale a sorpresa
(che chi scrive non ha ancora visto, dal momento che gli episodi a
disposizione della stampa erano solo i primo 8 di 10).
Uno schema ricorrente che non perde smalto
Per il suo terzo omicidio
da risolvere, Only Murders in the Building sembra
seguire lo schema preciso già visto nelle stagioni precedenti, in
cui di nuovo i nostri eroi sono al centro delle indagini, cosa che
li rende in qualche modo dei sospettati o che li mette molto vicini
ai veri colpevoli, in un gioco di equivoci e di illuminazioni che
non perde smalto, nonostante sia stato ormai svelato il
meccanismo.
Attesissimi i nuovi
personaggi di questa stagione, che dato il calibro degli interpreti
non possono certo essere relegati a semplici comparse collaterali.
Attenzione quindi a Loretta (Meryl
Streep), l’aspirante attrice che non abbandona mai il
suo sogno di Broadway, e Ben (Paul Rudd), il divo
del cinema action che dà un po’ troppo per scontato la sua fama,
entrambi al centro degli intrighi, ed entrambi fuoriclasse che
impreziosiscono un prodotto che si conferma una delle più grandi
benedizioni di cui il genere comedy ha goduto negli ultimi anni di
saturazione da piattaforme.
Dato che Ritorno al
futuro è una delle trilogie più amate di tutti i
tempi, per troppo si è vociferato di un quarto capitolo dedicato al
franchise. Il film originale ha fatto conoscere al mondo Marty
McFly (Michael
J. Fox) e la DeLorean che viaggiava nel tempo e che lo
riportava nel 1955 dove lui e Doc Brown (Christopher
Lloyd) dovevano salvare il futuro di Marty.
Il grande successo ha portato a due
sequel prima che la storia di Marty McFly e Doc Brown si
concludesse in modo apparentemente soddisfacente. Un possibile
ritorno dei protagonisti suscita sentimenti contrastanti tra i fan
che sono preoccupati dell’eredità che il franchise rappresenta. Ci
sono anche notizie contrastanti che non danno per certo
Ritorno al futuro 4, ma che neanche lo
accantonano del tutto.
Ritorno al futuro 4, le
ultime notizie
Le ultime notizie su
Ritorno al futuro 4 arrivano dal
co-sceneggiatore della serie, Bob Gale, al quale è stato chiesto nel corso
degli anni se ci fossero aggiornamenti su un possibile quarto film.
La risposta è stata dare una risposta schietta e cioè che vogliono
tornare al franchise. Gale ha sottolineato che le persone che
chiedono di Ritorno al futuro 4 in realtà
chiedono soprattutto un ritorno alle emozioni che il film ha
suscitato. Per questo ha fornito un’idea forte su come riportare il
sul grande schermo. Non si tratterebbe di un sequel o un remake
dell’originale, ma si potrebbe realizzare un adattamento
cinematografico dell’acclamato musical teatrale
che consentirebbe al pubblico di rivisitare la storia che ama in un
modo nuovo.
Ritorno al futuro 4, il
cast
Un ritorno sul grande schermo del
film implicherebbe anche il ritorno dei personaggi principali. È
difficile immaginare una storia che non abbia Michael J. Fox e Christopher Lloyd come protagonisti, ma vista
l’età e le condizioni di salute è un’idea alla quale i fan devono
aprirsi. Fox si è ufficialmente ritirato dalla recitazione nel 2021
a causa della sua battaglia contro il Parkinson. Lloyd, invece,
recita ancora e di recente è apparso nella terza stagione di
The Mandalorian. Entrambi gli attori
poi hanno dichiarato di non ritenere necessario un
Ritorno al futuro 4, poiché i primi tre
film hanno raccontato la storia che doveva essere raccontata. Un
quarto film potrebbe coinvolgere nuovi attori, magari più giovani.
Un rifacimento di Ritorno al futuro con
Tom Holland e Robert Downey Jr. ha suscitato un certo
scalpore online anni fa.
La trama
Non sono mai stati condivisi
dettagli sulla storia di Ritorno al futuro
4 nel corso degli anni, quindi la direzione che
potrebbe prendere il film è puramente speculativa.
Ritorno al futuro parte III si è concluso
in modo soddisfacente per Marty e Doc Brown, che hanno preso strade
diverse: Marty è tornato nel presente e Doc si è fatto una nuova
famiglia nel passato. Dopo tutti questi anni, è possibile che i due
si incrocino di nuovo, soprattutto perché Doc Brown ora ha un treno
che viaggia nel tempo, ma il ritiro di Michael J. Fox rende improbabile che Marty
abbia un ruolo importante in qualsiasi continuazione. Si potrebbe
prendere in considerazione la trama del musical che racconta in
modo divertente la storia del film e potrebbe essere una nuova
strada per riportare in auge il franchise di Ritorno al
futuro.
Si farà?
Mentre le notizie su
Ritorno al futuro 4 si susseguono da
anni, il film non è mai stato confermato. Anche se l’idea non è
stata scartata dal regista Robert Zemeckis, non sembra che si sia mai
avvicinata alla realtà. Zemeckis ha rivelato che il vero motivo per
cui il film non è stato realizzato è che non aveva un’idea
originale. Ha ammesso che “se avessi avuto un’idea che avrei
potuto proporre a Bob [Gale] con una faccia seria, l’avremmo
realizzata“. Anche se questo non suggerisce che
Ritorno al futuro 4 sia attivamente in
lavorazione, Zemeckis sembra quantomeno aperto all’idea.
Il regista William
Friedkin, meglio conosciuto per il suo premio Oscar
Il braccio violento della legge e per il
blockbuster L’Esorcista, è morto lunedì a Los
Angeles. Aveva 87 anni. La sua dipartita è stata
confermata dal preside della Chapman University Stephen
Galloway, un amico della moglie di Friedkin,
Sherry Lansing. Il suo ultimo film, The
Caine Mutiny Court-Martial, con Kiefer
Sutherland, sarà presentato in anteprima al
Festival di Venezia.
Insieme a Peter
Bogdanovich, Francis Ford Coppola e
Hal Ashby, Friedkin è arrivato al successo negli
anni ’70, parte di una nuova generazione di registi vivaci e
audaci. Combinando la sua esperienza in televisione, in particolare
nei documentari, con uno stile di montaggio all’avanguardia,
Friedkin ha dato nuova vitalità ai generi horror e thriller
poliziesco.
Dopo il trionfo critico di
Il braccio violento della legge, che gli valse
l’Oscar alla regia, è arrivato L’Esorcista del
1973, che ha incassato l’incredibile cifra di 500 milioni di
dollari in tutto il mondo e, insieme a Il Padrino,
ha dato inizio all’era dei successi cinematografici. Adattato dal
romanzo di William Peter Blatty sulla possessione demoniaca di una
ragazzina, L’Esorcista era un thriller fortemente
stilizzato, che ha influenzato tanto il genere horror quanto il
film precedente ha fatto con il genere poliziesco.
Nato a Chicago, Friedkin ha
frequentato la Senn High School, dove non era uno studente modello,
ma ha cercato di sviluppare la sua abilità nel basket a livello
professionale. Dal momento che non è mai cresciuto più di un metro
e ottanta, tuttavia, ha cambiato il suo percorso professionale in
giornalismo.
Il regista che aveva passato anni a
lavorare nella forma del documentario è apparso in molti di essi su
film e registi nel corso degli anni. E’ stato sposato con la
giornalista Kelly Lange e le attrici
Lesley-Anne Down e Jeanne Moreau.
Lascia la quarta moglie Lansing e due figli.
La
Sirenetta, la rivisitazione in chiave live-action del
classico d’animazione vincitore dell’Oscar®, che ha debuttato nelle
sale lo scorso maggio incassando più di 542 milioni di dollari al
botteghino mondiale, arriverà su Disney+ il 6 settembre 2023.
La
Sirenetta racconta l’amata storia di Ariel, una
bellissima e vivace giovane sirena in cerca di avventura. Ariel, la
figlia più giovane di Re Tritone e la più ribelle, desidera
scoprire di più sul mondo al di là del mare e, mentre esplora la
superficie, si innamora dell’affascinante principe Eric. Alle
sirene è vietato interagire con gli umani, ma Ariel deve seguire il
suo cuore e stringe un patto con la malvagia strega del mare,
Ursula, che le offre la possibilità di sperimentare la vita sulla
terraferma, mettendo però in pericolo la sua vita e la corona di
suo padre.
Il film è interpretato dalla
cantante e attrice Halle Bailey (grown-ish) nel ruolo di
Ariel; Jonah Hauer-King (Un viaggio a quattro zampe) nel
ruolo del principe Eric; Noma Dumezweni (Il Ritorno di Mary
Poppins) nel ruolo della Regina; Art Malik (Homeland –
Caccia alla spia) nel ruolo di Sir Grimsby; con il vincitore
del premio Oscar® Javier Bardem (Non è un paese per
vecchi) nel ruolo di Re Tritone; e con la due volte candidata
all’Academy Award® Melissa McCarthy (Copia originale,
Le amiche della sposa) nel ruolo di Ursula.
Nella versione italiana del film, la
cantante Yana_C e la doppiatrice Sara Labidi prestano le proprie
voci, rispettivamente nelle canzoni e nei dialoghi, alla bellissima
e vivace giovane sirena Ariel; mentre l’attrice, cantante,
doppiatrice e docente di doppiaggio Simona Patitucci, che aveva
doppiato la protagonista nel classico d’animazione, è la voce della
malvagia strega del mare Ursula. Tra le voci italiane del film
anche l’autore e cantante stimato nella scena italiana e
internazionale Mahmood, nel ruolo dell’iconico personaggio di
Sebastian.
La
Sirenetta è diretto dal candidato all’Oscar® Rob Marshall
(Chicago, Il Ritorno di Mary Poppins), con una
sceneggiatura del due volte candidato all’Oscar David Magee
(Vita di Pi, Neverland – Un sogno per la vita).
Le musiche delle canzoni sono composte dal pluripremiato agli
Academy Award® Alan Menken (La Bella e la Bestia,
Aladdin), con i testi di Howard Ashman e i nuovi testi del
tre volte vincitore del Tony Award® Lin-Manuel Miranda
(Hamilton, In the Heights). Il film è prodotto
dal due volte vincitore dell’Emmy® Marc Platt (Jesus Christ
Superstar Live in Concert, Grease: Live!), da
Lin-Manuel Miranda, dal due volte vincitore dell’Emmy John DeLuca
(Tony Bennett: An American Classic) e da Rob Marshall,
mentre Jeffrey Silver (Il Re Leone) è il produttore
esecutivo.
Disney+ ha annunciato che cinque nuovi corti di I
Am Groot debutteranno sulla piattaforma streaming a
partire dal 6 settembre. Sono stati diffusi anche il trailer, la
key art e le immagini.
L’alberello dispettoso torna a
combinare guai nella
seconda stagione di I Am Groot.
Questa volta, Baby Groot, a bordo delle astronavi dei Guardiani, si
ritrova a esplorare l’universo e oltre, trovandosi faccia a faccia
– o naso a naso – con nuove e colorate creature e ambienti.
Vin Diesel torna a dare la voce a Groot, nella
versione originale, in cinque nuovissimi cortometraggi.
Kirsten Lepore,
sceneggiatrice/regista della prima stagione, ritorna nella stessa
veste per la seconda. Il supervising producer è Danielle
Costa; i produttori sono Craig Rittenbaum
e Alex Scharf; i produttori esecutivi sono
Brad Winderbaum, Kevin Feige, Louis D’Esposito, Victoria
Alonso e Kirsten Lepore. Dana
Vasquez-Eberhardt è co-produttrice esecutiva.
Alla terza settimana dalla sua
uscita nei cinema italiani,
Barbie continua ad attirare il grande pubblico nelle
sale. La commedia femminista con
Margot Robbie e
Ryan Gosling nei panni dei due protagonisti Barbie e Ken continua a registrare grandi incassi: nel
solo fine settimana ha incassato €724.882 a fronte di un totale che
si avvicina ad i 25 milioni di euro.
Al secondo posto ritroviamo invece
una nuova uscita di questa settimana: Shark 2:
l’abisso. Al suo primo week end in sala la
pellicola ottiene un ottimo risultato, pur marcatamente inferiore
rispetto a Barbie: l’incasso è di 545.305 su un totale che ha
superato già i 2 milioni di euro.
Si continua a mantenere alto in
classifica
Mission Impossible: dead reckoning parte uno, a quasi
un mese dalla sua uscita nelle sale. Questo settimo capitolo della
serie cinematografica d’azione con
Tom Cruise guadagna nel fine settimana €108.262 a
fronte di un totale di più di 2 milioni e mezzo di euro.
Box office: il resto della
classifica
Al quarto e quinto posto si trovano
rispettivamente
Elemental, nei cinema dal 21 giugno, e
Indiana Jones e il quadrante del destino, nelle sale
italiane dal 28 giugno. Elemental, cartone animato Disney, ha
incassato €76.183, mentre il quinto capitolo di Indiana Jones ha
raggiunto un guadagno di €47.533 ed entrambi hanno raggiunto un
incasso totale di 6 milioni di euro.
Al sesto e settimo posto si
stabiliscono Papà scatenato, nei cinema dal 27
luglio, e
Ruby Gillman la ragazza con i tentacoli, nelle sale
dal 5 luglio. Papà scatenato, commedia con
Robert De Niro, ha incassato nel fine settimana
€24.972, mentre Ruby Gillman, pellicola animata, raggiunge un
incasso di €17.386.
Incassi molto più bassi vengono
raggiunti dagli ultimi tre film nel box office di questo week end:
Insidious- la porta rossa, quinto ed ultimo capitolo
della saga horror, incassa €7.216, guadagnandosi
l’ottavo posto in classifica. Penultimo classificato è
La maledizione della queen Mary, guadagnando
€6.840, mentre in fondo alla classifica troviamo Hai mai
avuto paura?, il quale incassa €6.054.
Hollywood ha tratto
ispirazione dai cinecomic e dai fumetti fin
dai primi serial della Golden Age. Da allora, film
supereroistici da solisti o franchise del genere hanno dominato il
cinema con le loro interessanti rappresentazioni dei supereroi.
Questi progetti sono generalmente popolari tra il pubblico
mainstream e molti dei film di maggior successo della storia
appartengono a questo genere: non sorprende che molti di essi si
siano guadagnati senza sforzo dei sequel, e alcuni siano arrivati
addirittura più in là di un terzo capitolo. Molti di questi sequel
hanno superato i loro originali, sia perché la qualità dei film
precedenti era discutibile, sia perché il sequel ha elevato buone
idee a grandi livelli: scopriamo insieme di quali di questi stiamo
parlando!
X-Men: Giorni di un futuro
passato
X-Men: Giorni di un futuro passato è stato il secondo
film del reboot/prequel degli X-Men che ha seguito
la formazione originale della squadra di Xavier.
Il film ha colmato il divario tra la trilogia originale e i
prequel, con Logan che viene mandato indietro dal
futuro per salvare i mutanti dalle Sentinelle, robot progettati per
uccidere i mutanti.
Giorni di un futuro passato è senza dubbio uno dei tre
migliori film sugli X-Men e ha onorato una delle
migliori storie dei fumetti Marvel. First
Class è stato un buon film, ma la posta in gioco più alta,
il legame con il passato e lo sviluppo più interessante dei
personaggi sono stati di gran lunga migliori nel secondo film: per
non parlare della nostalgia di vedere tornare gli attori della
prima trilogia!
Thor: Ragnarok
Thor:
Ragnarok ha fatto seguito alla delusione di Thor: The Dark World e ha migliorato tutto,
dal tono comico fino ai villain del cinecomic. Il film ha seguito
le vicende di Thor alle prese con l’arrivo della
malvagia sorella Hela, che mira a dominare
Asgard. Thor: Ragnarok ha superato anche il primo
film, grazie soprattutto all’introduzione di nuovi personaggi come
Korg e Valchiria, che sono
diventati una parte fondamentale della storia di Thor. Anche se la
battaglia finale del film è stata grandiosa, ad attirare
particolarmente l’attenzione è stata la messa in scena di un
combattimento tra Thor e
Hulk.
X-Men 2
X-Men
2 ha il merito di essere considerato il migliore della
trilogia originale degli X-Men. Insieme al
popolare primo e al comunemente detestato terzo film, la trama del
cinecomic segue gli X-Men nella lotta contro William
Stryker, che ha condotto un assalto alla villa e ha rapito
alcuni dei mutanti. X-Men 2 ha presentato ai fan una squadra
allargata di eroi e ha beneficiato del fatto di essere in
grado di sciogliere i nodi del primo film e di offrire alcune delle
migliori sequenze d’azione della serie, in particolare l’attacco di
Nightcrawler alla Casa Bianca.
Spider-Man: Far from Home
Spider-Man:
Far From Home ha ripreso la storia di Peter
Parker del MCU all’indomani di Captain America: Civil War. Peter e i suoi
amici vengono portati in Europa per una gita scolastica. Lì, Peter
viene introdotto a Mysterio, una figura che
sostiene di essere un supereroe proveniente dal futuro. In Far From Home Peter e MJ si
riuniscono quando il primo si rende conto che le intenzioni di
Mysterio non sono affatto nobili. Il film culmina in uno dei
momenti più importanti del MCU, quando l’identità di
Spider-Man viene rivelata al mondo dopo un’incredibile lotta con
Mysterio.
The Suicide Squad
Il cinecomic Suicide
Squad del 2016 ha deluso molti fan, non solo perché è
stato un film d’azione pessimo, ma anche perché ha sprecato alcuni
dei migliori attori del DCEU. Con caratterizzazioni troppo
spigolose e una trama scadente, è stato uno dei colpi bassi del
cosiddetto “SnyderVerse”. Nel 2021, James
Gunn ha realizzato Suicide Squad, che ha saputo cogliere molte
delle note mancanti al film del 2016, come un umorismo migliore e
personaggi più interessanti. Ha contribuito a stabilire il nuovo
tono per un DCEU più spensierato in futuro, oltre a dare ai fan lo
spin-off di Peacemaker.
Captain America 2: The Winter
Soldier
Captain
America 2: The Winter Soldier ha ripreso la storia di
Steve Rogers dopo gli eventi del primo film degli
Avengers. Ora Cap è un agente dello SHIELD a tutti
gli effetti e deve combattere contro il suo vecchio amico,
Bucky Barnes, che è riemerso come assassino
sottoposto a lavaggio del cervello, il Soldato
d’Inverno. Captain America 2 combinava
l’azione dei supereroi con un thriller in stile Guerra
Fredda che vedeva Cap e Vedova
Nera sfuggire ai moderni agenti dell’HYDRA. Il primo
Captain America era un film fantastico, quindi il
fatto che The Winter Soldier lo abbia eclissato la dice
lunga.
Il cavaliere oscuro
La
trilogia del Cavaliere Oscuro
di Christopher Nolan è probabilmente la rielaborazione di una
figura supereroistica più riconosciuta di sempre, in gran parte
grazie al successo del secondo film. Il modo in cui
Nolan ha trattato il mito di
Batman ha dato vita a un thriller concreto, in cui
i cattivi rappresentavano ciascuno una minaccia unica per
Gotham e la sua psiche. Il Cavaliere Oscuro si distingue come il
miglior film della trilogia, con Batman che
combatte contro Joker nella sua missione di
distruggere lo spirito di Gotham. L’intensa interpretazione di
Heath Ledger in quella che è ancora la
migliore rappresentazione di Joker, unita a una
storia fenomenale, ha dato vita al miglior film di Batman di
sempre.
Spider-Man 2
Spider-Man
2 è ancora considerato il miglior film dell’Uomo
Ragno, nonché probabilmente il miglior film della Marvel, grazie alla sua natura
emotiva e commovente. Il cinecomic segue la lotta di Peter
Parker mentre cerca di bilanciare i suoi poteri con la
vita normale, complicata dall’emergere del Dottor
Octopus, che si propone di rubare denaro per finanziare i
suoi esperimenti scientifici. Spider-Man 2 ha regalato ai fan uno degli
archi di supercriminalità più avvincenti del genere e ha fatto leva
sulle corde del cuore dei fan più volte. Ha dato ai fan più della
storia di Peter/MJ, ha esplorato il conflitto di
Spider-Man alle prese con i suoi poteri e ha messo
in scena il suo arco con la maggior posta in gioco.
Logan
Logan
rappresenta la conclusione definitiva della storia di
Wolverine. Nel viaggio di 17 anni del personaggio
dal suo debutto sullo schermo in
X-Men del 2000, Hugh Jackman ha offerto una delle migliori
interpretazioni della sua carriera. Il film ha rappresentato la
storia perfetta di una figura paterna che protegge il figlio dai
nemici che lo inseguono, una trama che non manca mai di conquistare
i fan. Seguiamo Logan mentre conduce il suo clone femminile, Laura,
in Canada, in modo che possa trovare rifugio dagli inseguitori dei
Reevers. Dopo il disastro di X-Men Origins: Wolverine e il discreto
risultato di The
Wolverine del 2014, Logan è il
miglior cinecomic degli X-Men di tutti i tempi e il migliore dei
film solisti dell’eroe.
Superman II
Spesso definito il più
grande cinecomic di tutti i tempi, Superman II di Richard Donner
è la quintessenza del viaggio dell’eroe dall’inizio alla fine.
Mostrando il processo e la successiva fuga di Zod
e dei suoi compagni traditori, Superman deve
combattere i suoi compagni kryptoniani per impedire la loro
tirannia sulla Terra. Il tutto con lo sfondo di Clark
Kent che diventa umano per poter vivere una vita normale
con Lois Lane. Il primo film di Superman è stato
incredibilmente popolare, ma è innegabile che il sequel abbia
spiazzato tutti con una storia molto più profonda che mostrava un
Clark Kent vulnerabile senza i suoi poteri.
Inoltre, ha mostrato l’Uomo d’Acciaio usare il suo
ingegno invece di dipendere dai suoi muscoli.
La Biennale di Venezia e Cartier
annunciano che è stato attribuito al regista, sceneggiatore e
produttore statunitense Wes Anderson
(The
French Dispatch,
Grand Budapest Hotel, I Tenenbaum) il premio
Cartier Glory to the Filmmaker dell’80. Mostra
Internazionale d’Arte Cinematografica (30 agosto – 9 settembre
2023), dedicato a una personalità che abbia segnato in modo
particolarmente originale il cinema contemporaneo.
La consegna del premio
Cartier Glory to the Filmmaker a Wes
Anderson avrà luogo venerdì 1 settembre in Sala Grande
(Palazzo del Cinema) alle ore 14.30, prima della proiezione Fuori
Concorso del suo nuovo lavoro, The Wonderful Story of Henry Sugar
(Usa, 40′) con Ralph Fiennes, Benedict Cumberbatch, Dev Patel, Ben
Kingsley e Richard Ayoade.
A proposito di questo
riconoscimento, il Direttore della Mostra Alberto Barbera afferma:
“Wes Anderson è tra i pochi registi per i quali basta un solo
fotogramma per riconoscerne immediatamente lo stile unico e
inconfondibile. Il suo universo formale rimanda a un’estetica
fanciullesca e visionaria, dominata da colori pastello, dalla cura
maniacale delle inquadrature rigorosamente simmetriche e popolato
da personaggi di sognatori disadattati, inguaribilmente romantici e
sorridenti. Dalle memorabili e commoventi colonne sonore (spesso
ispirate agli anni Sessanta), ai costumi stravaganti che riflettono
la psicologia dei personaggi, ogni dettaglio e composizione
all’interno delle singole inquadrature è minuziosamente concepito e
magistralmente realizzato. I mondi creati dal regista sono
plausibili e tuttavia del tutto immaginari e fittizi, sorretti da
un umorismo surreale e da un gusto straniante per vicende di
famiglie disadattate, padri assenti e madri imperturbabili. Un
cinema eccentrico, personalissimo e sempre perfettamente divertente
e godibile”.
“Wes Anderson ha creato uno stile
unico e riconoscibile”, ha dichiarato Cyrille Vigneron, Presidente
e CEO di Cartier International. “Anche se le sue storie ci portano
in India, in New England, in un’Ungheria immaginaria, a Parigi o in
qualsiasi altro luogo, Wes Anderson ci trasporta innanzitutto nel
suo mondo immaginario, poetico e realmente umano. Tutto nel suo
cinema è fittizio, bizzarro, esilarante, eppure i suoi personaggi e
i suoi eroi scaldano i nostri cuori. Le sue scenografie, i costumi
e le immagini sono caratterizzati da un’incredibile precisione dove
ci immergiamo totalmente e incondizionatamente. La comunità di Wes
Anderson include alcuni tra gli attori e le attrici più famosi e
affermati nel mondo, che nelle sue creazioni si trasformano in
incredibili personaggi, eroi e antagonisti. I suoi film sono opere
d’arte formali nella loro composizione. Attraverso questa
creatività senza fine Anderson condivide continuamente con noi una
visione realmente umanista. Più il mondo reale diventa pericoloso e
folle, più quello di Wes Anderson appare come un luogo sicuro dove
vivere e al quale anelare. Siamo molto felici e onorati di
celebrare Wes Anderson con il premio Cartier Glory to the
Filmmaker”.
Diretto da Wes Anderson, The
Wonderful Story of Henry Sugar è prodotto da Indian Paintbrush
Productions e American Empirical Pictures. Distribuzione
internazionale: Netflix. In The Wonderful Story of Henry
Sugar, un uomo ricco viene a conoscenza di un guru che può
vedere senza usare i suoi occhi. Decide di apprendere questa
abilità per barare al gioco d’azzardo. Adattato in modo
estremamente fedele da un racconto lungo di Roald Dahl.
L’80. Mostra Internazionale d’Arte
Cinematografica della Biennale di Venezia si terrà al Lido dal 30
agosto al 9 settembre 2023, diretta da Alberto
Barbera.
Dilemmi morali e
questioni etiche, speranza e dolore, solidarietà e crudeltà, vita e
morte sono solo alcuni dei temi al centro di Unwanted –
Ostaggi del mare, la nuova serie Sky Original in
esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW da novembre che si
mostra oggi nelle prime, drammatiche immagini del teaser trailer.
La serie sarà prossimamente disponibile in tutti i Paesi in cui Sky
opera in Europa.
Unwanted – Ostaggi del mare è liberamente
tratta da “Bilal”, il libro inchiesta del giornalista sotto
copertura Fabrizio Gatti sul viaggio da lui intrapreso lungo le
rotte del Sahara, popolate non solo dai migranti che si spostano
dall’Africa per raggiungere l’Europa ma anche da quanti fanno
affari lucrando sulla loro disperazione.
In otto episodi, la
serie è prodotta da Sky Studios insieme a Pantaleon Films e
Indiana Production ed è creata da Stefano
Bises, che l’ha scritta in collaborazione
conAlessandro Valenti, Bernardo
Pellegrini e Michela Straniero.
Alla regia
Oliver Hirschbiegel, premiato regista tedesco
divenuto celebre in tutto il mondo grazie a titoli come La
caduta – Gli ultimi giorni di Hitler, Diana e il film
vincitore del Sundance Film Festival nel 2009 L’ombra della
vendetta – Five Minutes of Heaven.
Unwanted – Ostaggi del mare racconta cosa
accade quando una nave da crociera, la Orizzonte, piena di turisti
occidentali, trae in salvo un gruppo di migranti a seguito del
naufragio della loro imbarcazione. Le storie dell’equipaggio e dei
passeggeri della crociera si intrecceranno con quelle dei nuovi
ospiti della nave. La situazione precipiterà quando alcuni dei
migranti, scoperto che la crociera si muove verso la Libia, dalla
quale sono partiti, per la disperazione decidono di prendere in
ostaggio la nave.
Girata in inglese,
italiano, tedesco, francese e diversi dialetti africani, la serie è
interpretata da un numerosissimo cast multiculturale capitanato da
Marco Bocci e Jessica Schwarz, e
che comprende Dada Bozela, Hassan
Najib, Jonathan Berlin, Jason
Derek Prempeh, Cecilia Dazzi,
Francesco Acquaroli, Barbara
Auer, Sylvester Groth, Marco
Palvetti, Denise Capezza, Nuala
Peberdy, Samuel Kalambay, Amadou
Mbow, Edward Asante Apeagyei,
Reshny Massaka, Onyinye Odokoro,
Massimo De Lorenzo, Scot
Williams.
Creata da Stefano
Bises, Unwanted – Ostaggi del mare è
scritta da Stefano Bises con la collaborazione di Alessandro
Valenti, Bernardo Pellegrini e Michela Straniero. La serie è
prodotta per Pantaleon da Dan Maag, Marco Beckmann, Patrick Zorer,
Stephanie Schettler-Koehler e dal produttore Sascha Rosemann che
per primo ha avuto l’idea di adattare il libro di Fabrizio Gatti;
per Indiana è prodotta da Fabrizio Donvito, Benedetto Habib, Daniel
Campos Pavoncelli e Marco Cohen. Produttori esecutivi per Sky
Studios sono Nils Hartmann e Sonia Rovai. NBCUniversal Global
Distribution è il distributore internazionale della serie per conto
di Sky Studios.
Unwanted – Ostaggi del mare, la
trama
La Orizzonte è una
gigantesca nave da crociera. Cinquemila persone a bordo tra
passeggeri ed equipaggio, quindici ristoranti, un teatro,
nightclub, negozi, piscine, una sontuosa SPA. Una città sull’acqua,
che naviga nel Mediterraneo al servizio dello svago dei suoi ospiti
europei, che per sette giorni non devono far altro che mangiare,
bere e divertirsi. Ma la vita vera, che avrebbe dovuto restare a
terra, irrompe sulla nave durante la prima notte in mare aperto:
dal mare vengono infatti salvati ventotto migranti africani
sopravvissuti al naufragio dell’imbarcazione sulla quale cercavano
di raggiungere l’Italia, mentre più di cento di loro non ce l’hanno
fatta. Per quelle persone in fuga da fame, guerre, schiavitù e
persecuzioni l’Orizzonte rappresenta la salvezza e il primo,
incredibile, passo nel mondo che hanno sognato. Per i passeggeri,
l’incontro con i migranti, proprio all’inizio di una vacanza
spensierata, è un bagno di realtà di cui avrebbero probabilmente
fatto a meno. Perché la scoperta da parte dei migranti che la nave
è diretta in Nord Africa, da dove fuggono, sconvolge la crociera e
trasforma la Orizzonte nel ground zero della crisi
mondiale delle migrazioni, della tratta di esseri umani e del mondo
occidentale che fa di tutto per tenere fuori i “clandestini”.
Pregiudizi e preconcetti intrappolano la mente di passeggeri,
rifugiati ed equipaggio, esattamente come i confini che dividono le
nazioni del mondo. Qui, a bordo della Orizzonte, l’umanità e la
crudeltà, la tolleranza e il razzismo, la speranza e il dolore, la
vita e, infine, la morte, arriveranno a un inevitabile scontro…
Non capita spesso di distruggere una
città in un film e ricevere il benvenuto di un eroe, ma questo è lo
scenario in cui si è ritrovato Christopher
McQuarrie quando si è presentato a Roma, per la
prima mondiale dell’ultimo capitolo del franchise d’azione più
elettrizzante di sempre, Mission: Impossible.
Parlando con Steve
Weintraub di Collider alla premiere di
Mission:
Impossible – Dead Reckoning Part One a Roma,
Christopher McQuarrie ha ammesso la sua leggera
sorpresa per essere stato autorizzato a tornare in città – e, in
effetti, nel paese – dopo il caos causata da Tom
Cruise, Hayley Atwell e una piccola Fiat
500 gialla di nome Trixie.
Detto questo, il regista sperava che
la scena d’azione permettesse anche agli stranieri di vedere la
bellezza della città, anche se ripresa sullo sfondo. Quando gli è
stato chiesto se era sorpreso che lo abbiano lasciato tornare a
Roma, Christopher McQuarrie ha detto: “Solo un
po’, sì. Le cose sono andate un po’ fuori controllo, ma siamo
sempre molto, molto attenti, e siamo sempre qui per celebrare la
cultura e per celebrare i luoghi che visitiamo, e penso che gli
spettatori italiani l’abbiano inteso con lo stesso nostro spirito –
spero!”
Ha poi continuato: “Sapevo di
voler espandere il cast e sapevo di voler dare a ciascuno di quei
personaggi più cose da fare, quindi sapevo che il film sarebbe
stato più grande e più lungo di Fallout (…) E a quel punto ho detto: ‘Perché stiamo
combattendo questa tendenza? Perché incastrare tutta questa storia
in due ore? Dividiamolo a metà e facciamolo in due film.’ Questa
era davvero la logica alla base del fatto che fosse un film in due
parti. Non era solo che la storia fosse più grande, ma che volevamo
più emozione nel film”, ha continuato.
Fortunatamente per McQuarrie e
compagni, alla Paramount Pictures erano fin troppo disposti a
produrre due film di un franchise così redditizio, anche se ciò
significava riprese molto lunghe, durante una pandemia globale, con
giorni difficili e un attore protagonista che non ha mai lasciato
che il suo regista dimenticasse di chi era la colpa quando il i
giorni si trascinavano! “A quel tempo, lo studio era davvero
sinceramente entusiasta”, ha detto McQuarrie. “E, sai,
penso che anche noi ne fossimo entusiasti. E poi ci sono stati
momenti in cui eravamo sul set, e Tom mi guardava e diceva: ‘Questa
è stata una tua idea.”
McQuarrie ha persino confessato di
non avere ancora un finale per Dead Reckoning Parte
Due: “Sì, è enorme, ed è stato complicato dal fatto
che alcune cose nella seconda parte richiedevano l’arresto della
prima parte per girarle, che fosse a causa del tempo o della
disponibilità degli attori. E così, con tutte le altre sfide che
questo film doveva affrontare mentre lo stavamo realizzando, c’era
la sfida di fermarci nel mezzo, senza nemmeno sapere cosa fosse il
film completo, e cercare di prevedere cosa sarebbe successo nel
secondo film. È una testimonianza di quanto sia grande questa
squadra e di quanto sia paziente questo il cast. È davvero qualcosa
di straordinario.”
All’indomani del traguardo di
un miliardo al box office mondiale, Barbie
continua a far parlare di sé, e giustamente, diremmo, dal momento
che il blockbuster indie, come è stato definito, scritto e diretto
da Greta
Gerwig ha portato al cinema le persone e in rete le
conversazioni e le discussioni sul cinema che da tanto tempo
mancavano.
Nel cast del film c’è anche
Simu Liu, che interpreta il Ken rivale di
Ryan Gosling. L’attore,
che ha da sempre dimostrato grande entusiasmo per il film, ha anche
raccontato a Collider come sarebbe la sua personale Mojo
Dojo Casa House, ovvero la dimora perfetta che nel film
vediamo arredata in stile western dal Ken di Gosling.
In un’intervista con Perri
Nemiroff di Collider precedente allo
sciopero SAG-AFTRA, Liu ha iniziato a immaginare come sarebbe stata
la storia del film se il suo Ken si fosse avventurato nel mondo
reale e che tipo di BarbieLand avrebbe potuto creare. Liu ha detto
a Nemiroff che non solo il suo Ken ha una visione completamente
diversa da quella del Ken di Gosling, ma anche che avrebbe cercato
esperienze diverse e avrebbe riportato a Barbie Land qualcosa che ha trovato davvero
eccitante:
“Penso che il mio Ken
probabilmente si imbatterebbe in Korea Town, probabilmente
scoprirebbe il boba per la prima volta o il barbecue coreano, e ne
diventerebbe davvero ossessionato. Quindi ci sarebbero un sacco di
grigliate, ci sarebbero molti barbecue, un sacco di barbecue in
giardino. Cos’altro? Cos’altro porterebbe il mio Ken dal mondo
reale? Breakdance. Tutti i Ken sanno ballare, ma penso che se il
mio Ken dovesse imbattersi in una breakdance nel mondo reale, penso
che gli farebbe pensare qualcosa del tipo “Devo riportarlo
indietro. È la cosa più bella di sempre!” È esattamente come mi
sono sentito quando ho visto la breakdance per la prima
volta”.
Barbie, tutto quello che c’è da sapere sul
film
Dalla sceneggiatrice/regista
candidata all’Oscar Greta
Gerwig (Piccole donne, Lady Bird) arriva
Barbie
con protagonisti i candidati all’Oscar Margot Robbie
(Bombshell – La voce dello scandalo, Tonya) e
Ryan Gosling (La La
Land, Drive) nei panni di Barbie
e Ken. Insieme a loro nel cast anche America Ferrera
(End of Watch – Tolleranza zero, i film Dragon
Trainer), Kate McKinnon
(Bombshell – La voce dello scandalo, Yesterday),
Michael Cera (Scott Pilgrim vs. the World,
Juno), Ariana Greenblatt (Avengers: Infinity War, 65 – Fuga
dalla Terra), Issa Rae (The Photograph –
Gli scatti di mia madre, Insecure), Rhea
Perlman (Nei miei sogni, Matilda 6 Mitica) e
Will Ferrell
(Anchorman, Ricky Bobby – La storia di un uomo che sapeva
contare fino a uno).
Fanno parte del cast del film anche
Ana Cruz Kayne (Piccole donne),
Emma Mackey (Emily,
Sex Education), Hari Nef (Assassination
Nation, Transparent), Alexandra Shipp (i film X-Men),
Kingsley Ben-Adir (Quella notte a Miami, Peaky
Blinders), Simu Liu (Shang-Chi e la leggenda
dei dieci anelli), Ncuti Gatwa (Sex
Education), Scott Evans (la serie TV
Grace e Frankie), Jamie Demetriou
(Crudelia), Connor Swindells (Sex
Education, Emma.), Sharon Rooney
(Dumbo, Jerk), Nicola Coughlan
(Bridgerton, Derry Girls), Ritu
Arya (The Umbrella Academy) e il premio
Oscar Helen Mirren
(The Queen – La Regina). Il film è al cinema dal
20 luglio.
Con 33 film, nove programmi TV e due
speciali distribuiti finora, il Marvel Cinematic Universe
ha preso centinaia di personaggi dalle pagine dei fumetti e li ha
portati in vita, mettendo in piedi una ricchissima e intricata
trama unica per tutte le avventure.
Oltre a tutti gli eroi e i cattivi
che popolano l’MCU, l’universo condiviso di Kevin
Feige si è anche speso, nel corso degli anni, a costruire un rete
meno evidente di connessioni e cenni ai fumetti, per i fan più
attenti. Trai tanti personaggi ben riusciti del MCU, i Guardiani della Galassia
hanno avuto una specie di trattamento di favore, dal momento che la
loro trilogia è stata pensata completamente da James Gunn, e questo ha dato alla storia una
coerenza che nessun altro personaggio Marvel al cinema ha avuto. Tuttavia
nonostante questo, anche i Guardiani hanno avuto delle piccole
retcon che hanno comportato delle contraddizioni tra un
capitolo e l’altro.
Con un universo così vasto da
esplorare e così tanti dettagli da ricordare, è impossibile per
l’MCU evitare alcune contraddizioni.
È il caso di quanto accaduto con Guardiani della Galassia Vol.
3. In Guardiani della Galassia, Rocket Raccoon (doppiato da Bradley Cooper) viene arrestato mentre cerca
di catturare Peter Quill (Chris Pratt). Insieme a
Gamora (Zoe Saldaña) e Groot (doppiato da
Vin Diesel), Peter e Rocket vengono inviati a The
Kyln, una struttura ad alta sicurezza dove Nova Corps scarica i
criminali più pericolosi della galassia. Non appena arrivano a The
Klyn, ogni prigioniero viene scansionato e, in un momento da non
perdere, i fan vengono sottoposti a numerosissime informazioni sul
passato di ogni personaggio. Ad esempio, la scansione di Rocket
mostra che ha un secondo socio oltre a Groot, di nome Lylla.
I lettori di fumetti hanno
identificato all’epoca Lylla come la lontra antropomorfa con cui
Rocket ha un’intensa storia d’amore nei fumetti Marvel. Creata da Bill
Mantlo e Sal Buscema per Incredible Hulk
#271 del 1982, Lylla è uno degli animali parlanti originari di
Halfworld, il pianeta natale di Rocket. Mentre l’MCU non ha esplorato il passato di
Rocket fino a Guardiani della Galassia
Vol. 3, la sua scheda della prigione è stata un
cenno intelligente alla storia dei fumetti dell’eroe perché lo
stesso ologramma rivela che Rocket è effettivamente arrivato da
Halfworld anche nel film di Gunn.
Tuttavia, alla luce dei fatti
raccontati in Guardiani della Galassia
Vol. 3, è impossibile che Lylla sia stata
compagna di avventure di Rocket, visto che nel film perde la vita
proprio quando il procione tenta di fuggire dalla sua prigione.
Alla luce degli eventi del terzo film, quell’Easter Egg, per quanto
divertente e acuto, non ha più senso!
L’artista dello storyboard
Jay Oliva ha rivelato alcuni dettagli
sul film
Batman da solista cancellato che avrebbe dovuto vedere
Ben Affleck coinvolto sia come interprete che come
regista. Secondo quanto rivelato il film sarebbe potuto un
condensato di 80anni di mito dietro al personaggio, prima che il
progetto venisse demolito da Affleck stesso dopo essersi dimesso da
star e regista dall’incarico.
Cosa ha detto Jay Oliva del film
Batman di Ben Affleck?
Parlando con Inverse, Oliva ha
affermato che il film di Batman di
Ben Affleck sarebbe stato “costruito sulla base
delle trame del mito di Batman negli ultimi 80 anni“, anche se
avrebbe avuto un nuovo tipo di prospettiva. “Da quanto ho
capito, c’erano un paio di bozze“, ha dichiarato
Oliva. “Quando sono stato assunto, non so se fosse la
seconda bozza o qualcosa del genere, ma era quello che mi avevano
mostrato Geoff Johns e Ben[Affleck]… La
storia di Ben avrebbe coperto qualcosa che non era mai stato
veramente trattato dai fumetti, ma stava costruendo le trame del
mito di Batman negli ultimi 80 anni e affrontandolo da un nuovo
tipo di prospettiva.
Dopo 17 giorni di programmazione,
Barbie
di Greta
Gerwig entra nel club dei film miliardari. La colorata
satira firmata dall’autrice a quattro mani con Noah
Baumbach ha raggiunto e superato la soglia del miliardo di
incasso mondiale a soli 17 giorni dall’uscita in sala, con 459
milioni in Nord America e 572 milioni a livello
internazionale. È il primo film diretto esclusivamente da una
donna a incassare più di 1 miliardo di dollari.
Barbie, tutto quello che c’è da sapere sul
film
Dalla sceneggiatrice/regista
candidata all’Oscar Greta
Gerwig (Piccole donne, Lady Bird) arriva
Barbie
con protagonisti i candidati all’Oscar Margot Robbie
(Bombshell – La voce dello scandalo, Tonya) e
Ryan Gosling (La La
Land, Drive) nei panni di Barbie
e Ken. Insieme a loro nel cast anche America Ferrera
(End of Watch – Tolleranza zero, i film Dragon
Trainer), Kate McKinnon
(Bombshell – La voce dello scandalo, Yesterday),
Michael Cera (Scott Pilgrim vs. the World,
Juno), Ariana Greenblatt (Avengers: Infinity War, 65 – Fuga
dalla Terra), Issa Rae (The Photograph –
Gli scatti di mia madre, Insecure), Rhea
Perlman (Nei miei sogni, Matilda 6 Mitica) e
Will Ferrell
(Anchorman, Ricky Bobby – La storia di un uomo che sapeva
contare fino a uno).
Fanno parte del cast del film anche
Ana Cruz Kayne (Piccole donne),
Emma Mackey (Emily,
Sex Education), Hari Nef (Assassination
Nation, Transparent), Alexandra Shipp (i film X-Men),
Kingsley Ben-Adir (Quella notte a Miami, Peaky
Blinders), Simu Liu (Shang-Chi e la leggenda
dei dieci anelli), Ncuti Gatwa (Sex
Education), Scott Evans (la serie TV
Grace e Frankie), Jamie Demetriou
(Crudelia), Connor Swindells (Sex
Education, Emma.), Sharon Rooney
(Dumbo, Jerk), Nicola Coughlan
(Bridgerton, Derry Girls), Ritu
Arya (The Umbrella Academy) e il premio
Oscar Helen Mirren
(The Queen – La Regina). Il film è al cinema dal
20 luglio.
Il sapore della felicità è il secondo
lungometraggio di Slony Sow – titolo originale,
Umami. Arriva dopo una serie di corti e la buona
accoglienza ricevuta nel 2015 dal precedente film,
Parisiennes. Di questo nuovo lavoro Sow cura la regia, la
sceneggiatura, il montaggio e la produzione. Sceglie poi di
affidarsi a una coppia di attori coi quali ha già lavorato.
Gérard Depardieu ed Eriko Takeda
erano infatti stati protagonisti nel 2011 del corto Genouille
d’Hiver. L’attrice ha interpretato anche
Parisiennes.
La trama de Il sapore della
felicità
Gabriel Carvin, Gérard
Depardieu, è un famosissimo chef francese, che ha appena
ricevuto la sua terza stella. Il riconoscimento dovrebbe renderlo
felicissimo, ma lui non riesce ad esserlo. Alle soglie della
pensione, sente che alla sua esistenza manca più di qualcosa.
Amante dei piaceri della vita e del suo lavoro, ha sempre dato il
massimo in cucina. La salute, il matrimonio e i rapporti familiari
ne hanno risentito. Sua moglie, Sandrine Bonnaire,
frequenta un altro uomo. Il suo rapporto coi figli è quasi
inesistente. Jean, Bastien Bouillon, lavora al
ristorante con il padre, ma i rapporti tra i due sono tesi. Il
figlio minore, Nino, Rod
Paradot, non ha ancora deciso cosa fare del suo
futuro. Quando Gabriel rischia la morte, decide di rimettere ordine
nella sua vita. Così, inizia a cercare l’origine del suo malessere.
Sembra trovarla in un concorso culinario in cui, tanti anni prima,
un cuoco giapponese gli soffiò il podio con una zuppa di noodles
dal gusto inconfondibile quanto misterioso. Alla ricerca di questo
sapore, Gabriel viaggia verso il Giappone. Lì lo attendono incontri
e scoperte umane e culinarie che lasceranno il segno.
Giappone – Francia, andata e
ritorno
Se Parisiennes raccontava
il viaggio dal Giappone alla Francia di una giovane scrittrice, si
può dire che Il sapore della felicità
rappresenti in un certo senso un ritorno dalla Francia verso il
Giappone. Mentre il tema della scoperta di sé è una costante di
entrambi i lavori. Sow si trova dunque particolarmente a suo agio
nel muoversi tra questi due mondi, apparentemente così diversi,
distanti non solo geograficamente. Eppure, sembra dire il regista,
l’umanità è tale a tutte le latitudini, e pertanto mostra
inaspettate affinità. Visivamente. il Giappone del film non è certo
quello inatteso e nascosto. Corrisponde piuttosto a un immaginario
occidentale. Umanamente, però, si cerca di fare un lavoro che vada
oltre i cliché e approfondisca il lato umano. Il che riesce al
regista. Occorre dunque riconoscere a Sow la capacità di creare un
efficace mix Francia – Giappone. Il montaggio da lui curato, li
alterna senza confondere lo spettatore. Altrettanto ben orchestrato
l’intreccio tra le vicende della famiglia francese e di quella
giapponese. Tutto si compone agilmente.
Umami
La metafora portante del film è
quella dell’umami. Gabriel cerca il segreto di questo cosiddetto
quinto gusto, presente nella cucina giapponese, che rende alcuni
piatti particolarmente appetitosi. Capendo in cosa consista
veramente e facendo un viaggio anche umano, il protagonista verrà
illuminato sulla propria vita e su quale sia l’ingrediente che le
manca per essere davvero soddisfacente. Senza dubbio eccentrica e
originale, la metafora inizialmente può sembrare poco calzante, ma
al contrario si rivela efficace.
Depardieu e il cast
Immaginare come protagonista di un
film uno chef stellato francese bisbetico non è forse di grande
originalità e può rientrare in uno stereotipo, ma quando lo si fa
interpretare a un attore come Gérard Depardieu,
nulla è scontato. Depardieu è perfetto per il ruolo di Gabriel, un
uomo che ha bisogno di ritrovare sé stesso dopo aver rischiato di
morire. Il protagonista si accorge di ciò che ha trascurato e di
quanto non ha realizzato. Al di fuori del lavoro, Gabriel non ha
soddisfazioni, a parte il cibo e l’alcol. È un uomo disfatto.
Depardieu lo interpreta con maestria, non senza un’intelligente
tocco autoironico. L’attore francese si esprime al meglio anche
solo con gli strani versi che spesso produce a commento di ciò che
gli accade. Il suo mugugnare è più espressivo di tante parole.
Bravi anche gli altri interpreti del cast: da Kyozo
Nagatsuka, il rivale giapponese di Gabriel, a sua nipote,
interpretata da Eriko Takeda, a Rod
Paradot, nei panni di Nino, fino a Pierre
Richard, il migliore amico di Gabriel. Da notare poi
alcune caratterizzazioni particolari, all’interno del cast
giapponese.
Non solo commedia culinaria
Il sapore della
felicità è una commedia di intrattenimento godibile,
con metafora culinaria la si potrebbe definire gustosa. Adatta,
certo, per chi ama i film ambientati nel mondo della ristorazione.
Tuttavia, affronta anche temi seri, come revenge porn e
depressione. Vi è una critica all’eccessivo peso che oggi si dà
alla rete e ai social nella vita quotidiana, al ruolo degli
influencer, che acquisiscono sempre più spazio ed importanza. Ha un
finale a sorpresa, che non piacerà a tutti e potrà lasciare con
l’amaro in bocca, soprattutto i più romantici. Distribuito da
Wanted Cinema, Il sapore della felicità arriverà
nelle sale italiane dal 31 agosto.
Heartstopper
2 è il
teen drama di Netflix che, giunto alla seconda stagione,
regala ancora emozioni e intrattenimento. Il dolce dramma sugli
adolescenti queer ha riscosso davvero tanto successo dopo il lancio
portando quindi la piattaforma alla realizzazione di una seconda
stagione. Il risultato è ancora più intenso rispetto a quello della
prima stagione dove l’argomento principale degli otto episodi che
componevano la stagione era la prima fase dell’innamoramento tra
Nick (Kit
Connor) e Charlie (Joe
Locke). Superato dunque il momento iniziale, la
giovane coppia cerca di vivere la relazione alla luce del sole.
Non sempre le cose per Nick e
Charlie si mettono bene, anzi. Heartstopper
2 cerca di dare uno sguardo casto sull’amore
giovanile, incentrato più sull’inclusione e sulla diversità che su
qualsiasi tentativo di eccedere in qualsiasi forma di eccesso. Ci
sono dei momenti di forte tensione sessuale ma del tutto privo di
mordente. La seconda stagione così come la prima esplora il mondo
queer ma lo ponendo l’accento su un punto di vista diverso.
Heartstopper 2, la
trama
La prima stagione di
Heartstopper è stata un successo.
Adattata dai popolari romanzi per giovani adulti di Alice
Oseman, ha saputo avvicinare anche gli adulti alle
tematiche delle questioni di genere trattando il tema con dolcezza.
Molti adulti LGBTQ+ si sono commossi di fronte al ritratto
dell’adolescenza queer, descrivendolo come quello che avrebbero
voluto vivere loro stessi. Per questo Heartstopper
2 si è caricata di grosse aspettative in parte
rispondendo bene alle esigenze dei fan, altre invece perdendo
attrattiva. Gran parte della prima stagione ha raccontato il tira e
molla tra il popolare giocatore di rugby Nick (Kit
Connor) e il nerd Charlie (Joe Locke),
vittima di bullismo dopo che i suoi compagni di classe hanno
scoperto che era gay.
Alla fine della prima stagione la
giovane coppia inizia a frequentarsi regalando a
Charlie la relazione che ha sempre sognato. È il
periodo degli esami di fine anno ed entrambi i ragazzi sono
distratti l’uno dall’altro. Proprio in questo contesto compaiono
per la prima volta i genitori, gli adulti, che nella prima stagione
erano stati assenti. Il punto di vista della famiglia si mescola a
quello dei ragazzi e il risultato ovviamente porta dei conflitti.
Nick può fare affidamento solo sulla madre
(interpretata da Olivia Colman) e Charlie sembra aver raggiunto
un accorto con entrambi i genitori. Il risultato è una cena di
coppia dove le famiglie si riuniscono per la prima volta, Nick farà
coming out al padre che lo ha sempre ignorato.
Inno alla diversità
Nonostante qualche momento
imbarazzante e narrativamente possibile solo all’interno del
piccolo schermo, Heartstopper 2 descrive
la fluidità di una generazione che non si circoscrive in un genere,
non mette paletti, non giudica e non vuole essere giudicata. Quei
piccoli conflitti che si creano si risolvono abbastanza rapidamente
dando ai protagonisti motivo di crescita e riflessione. Lo stessi
taciturno Charlie che nella prima stagione avrebbe fatto prendere a
Nick le sue difese a sua volta diventa colui che difende. Ma questa
troppa morbidezza rende il racconto talvolta troppo idealizzato. Il
coming out di Nick ha molti strati, a seconda di chi e quando
decide di raccontarlo ma di fatto è un coming out accolto senza
drammi da parte delle persone. Ma non tutti i coming out o presunti
tali sono così fiabeschi.
Heartstopper
2 però non si concentra solo sulla risoluzione della
storia d’amore centrale ma allarga il suo cast che diventa corale.
La trama concede spazio a più protagonisti permettendo loro di
sviluppare nuovi legami. Elle e
Tao capiscono di essere molto più che amici e
valutano questa ipotesi, anche se la distanza potrebbe dividersi.
Isaac, sempre con il naso sui libri, ha una toccante scoperta di
sé. Tara e Darcy imparano a
conoscere meglio i limiti della loro relazione e, da migliore
amiche a fidanzate, capiscono che in realtà ci sono altri aspetti
che l’amicizia non comprende. Da questo punto di vista, la prossima
stagione potrebbe concentrarsi sul coming out di Darcy alla sua famiglia che da
quel poco che abbiamo visto in Heartstopper 2 è
molto tradizionalista.
Charlie
Il personaggio di Joe
Locke dimostra ancora una volta prova di grande maturità.
L’ultimo confronto con Ben non lo lascia indifferente, e anche
Nick inizia a rendersi conto che qualcosa con va.
Il continuo minimizzare su tutti gli atteggiamenti aggressivi degli
altri, pone un campanello di allarme al rugbista. Anche se sembra
affrontare tutto con una grinta e una consapevolezza diversa, ci
sono ancora dei demoni da sconfiggere per Charlie. I numerosi
riferimenti al cibo pongono anche la base per un tema che potrebbe
essere affrontato nella prossima stagione, quello dei disturbi
alimentari. Una conseguenza di un forte trauma che lo stesso
Charlie ha finalmente raccontato a
Nick nella riservatezza del loro rifugio.
Heartstopper abbraccia davvero un
pubblico di teenager vasto ma cerca di parlare a tutti in modo
dolce, talvolta sdolcinato. Basandosi su dei romanzi la trama
potrebbe continuare per altre stagioni, aggiungendo altri elementi
di crescita e formazione per tematiche davvero così delicate. La
storia di Nick e Charlie seppur
romanzata mette in evidenza quello che di buono può arrivare quando
decidi di essere semplicemente te stesso, fregartene degli altri, e
mettere a tacere i bulli.
The Memories Film
Fest, il primo festival internazionale made in Calabria,
dedicato al riuso creativo delle immagini d’archivio, si svolgerà a
Bocchigliero, tra le montagne della Sila
Greca, da mercoledì 9 a venerdì 11 agosto.
Ideato dall’associazione culturale no-profit Archivio Cineteca
della Calabria, in collaborazione con l’Archivio Audiovisivo
Lastcam e con il sostegno della Calabria Film Commission, la
kermesse, sotto la direzione artistica di Caterina
Iannelli, ha l’obiettivo di sensibilizzare e promuovere il
recupero, la digitalizzazione e il restauro dei film
in nitrato di cellulosa che raccontano la Calabria di
cento anni fa, recuperando un pezzo di storia che ci appartiene e
puntando alla valorizzazione delle aree interne.
Tutto parte dalla storia di un
ritrovamento eccezionale. L’Estate Silana, un film
datato 1927, conservato nella soffitta della famiglia
Smurra di Corigliano-Rossano insieme ad altre pellicole in 35
mm.
Ospite d’onore della serata
inaugurale del festival Luciano Tovoli, uno
dei più grandi autori della cinematografica italiana, vincitore di
due Nastri d’argento, un David di Donatello con il “Viaggio di
Capitan Fracassa” di Ettore Scola, direttore della fotografia
di Suspiria, Il deserto dei Tartari, Professione
reporter, Tenebre, Bianco rosso e Verdone, Pane e
cioccolata e di altri 60 film che hanno scandito le tappe di
una carriera straordinaria. Verrà premiato dal commissario della
Film Commision Calabria, Anton Giulio Grande. Ad essere premiato
sarà anche Augusto Pelliccia, uno dei più importanti imprenditori
del cinema italiano, fondatore de l’Agustus Color di Roma.
Il 9
agosto si inizierà dalla mattina, alle 10.30, e
insieme a Francesco Madeo sarà possibile seguire un seminario dal
titolo “Come nasce un’idea, le basi della sceneggiatura”. Nel
pomeriggio, alle 17.30, si terrà un incontro per discutere del
ritrovamento, dell’importanza e della storia del Fondo Smurra. Nel
corso del festival sarà possibile vedere i fotogrammi delle
pellicole ritrovate in quella che un tempo era l’Home Cinema di
Tiberio Smurra, e guardare gli altri film custoditi dall’Archivio
Audiovisivo Lastcam, come “I Trampolieri della Sila” del
1927.
Il 10 agosto arriverà a
Bocchigliero il media artist giapponese e docente della Musashino
Art University di Tokyo, Akinori
Goto. Per la sua prima volta in Italia, l’artista
conosciuto in tutto il mondo per le sue affascinanti installazioni,
ha scelto la Calabria come sua prima meta. Accompagnato dalle note
della pianista Stefania Ricca, nel corso della seconda serata del
festival, presenterà una delle sue opere più rappresentative,
“Crossing #03”. Con le sue creazioni dà forma al movimento, al
tempo e le rende visibili attraverso la luce. Insieme a lui ci
saranno due studentesse della Musashino Art University, Rei Yajima
e Miyu Ohashi, che allieteranno il pubblico con una performance di
calligrafia tradizionale giapponese.
La sera del 10 agosto non mancherà
uno spazio dedicato al cinema d’archivio e alla musica, con un
omaggio a Moira Shearer e a Mario Palopoli, originario di Campana,
fu titolare della Torino Film e regista, produsse documentari ed
opere inedite girate in diversi formati tra gli anni Sessanta e il
2022. Verrà proiettato il cortometraggio “Palmi 1965”, con
l’accompagnamento musicale di Luigi Spataro e l’interpretazione di
Francesco Viola: nel documentario Palopoli incontra Leonida Repaci
nella sua villa di Palmi e ne racconta le abitudini.
Citando con eleganza l’omonimo
romanzo di Victor Hugo, nel suo lungometraggio
d’esordio I
miserabili (qui la recensione) il regista
Ladj Ly realizza un affresco sincero e autentico
delle periferie parigine e dei miserabili del nuovo millennio. Il
risultato è un dramma dal ritmo avvincente e adrenalinico, che non
si abbandona a facili condanne e non cade nelle trappole della
faziosità o del vittimismo, dove il confine tra bene e male si fa
assolutamente labile, mentre tutti i personaggi diventano vittime
alla ricerca di un personale riscatto o, più semplicemente, di
sopravvivenza.
Ispirato alle sommosse di Parigi del
2005, il film ha vinto il Premio della Giuria al Festival
di Cannes, il Premio Miglior Rivelazione agli European Film
Awards ed è poi stato candidato al Premio Oscar per la Francia come
Miglior Film Internazionale. Ha poi fatto incetta di candidature e
premi ai César (gli Oscar francesi), dove ha trionfato come miglior
film. Il percorso di I miserabili è dunque costellato di
onori e vittorie, riconoscimenti meritati per un film che ha saputo
unire disagi sociali ad un’idea di cinema particolarmente
coinvolgente e ricca di pathos, dando vita ad un’opera di rara
bellezza.
Girato con uno stile
documentaristico, vicino alla realtà dei reali quartieri dove si
svolge la vicenda, I miserabili è dunque uno dei film
europei recenti da non perdere assolutamente, che offre
intrattenimento e profonde riflessioni, dimostrando come gli sconti
mostrati nel film siano senza tempo. Prima di intraprendere una
visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune
delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama e al cast di
attori. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
I miserabili: la trama del
film
Il film segue la storia di
Stéphane, un agente di polizia che si trasferisce
dal comune francese Cherourg a Montfermeil, nella periferia di
Parigi. Egli si integra facilmente nella comunità del piccolo
centro e viene inserito nella squadra anti-crimine al fianco dei
colleghi Chris e Gwada, due
poliziotti esperti e dai metodi decisamente non convenzionali. Ben
presto, Stéphane capirà quanto la situazione tra le gang del
quartiere sia tesa e fragile, una vera e propria bomba ad
orologeria pronta ad esplodere. La goccia che fa traboccare
il vaso è il furto di un leoncino che viene rapito da un circo,
alla cui ricerca vengono chiamati proprio i tre poliziotti.
Stéphane si troverà da qui in poi
costretto a sporcarsi le mani e gli occhi, invischiato in prima
persona nelle miserie dei bassifondi, polveriera di violenza e
criminalità, e comprenderà le difficoltà della polizia nel
mantenere la pace e l’ordine seguendo il sentiero della legalità.
Mentre le ricerche e gli scontri vanno avanti, un drone filma ogni
azione della polizia, divenendo un pericoloso strumento di
denuncia. Sbarazzarsi anche di questo sarà dunque un obiettivo in
più, ma ben presto i tre poliziotti si troveranno letteralmente a
dover fare i conti con i ragazzi del quartiere, giovani disperati
senza più nulla da perdere.
I miserabili: il cast del film
Il cast di I miserabili è
composto quasi interamente da attori non professionisti. L’unico
attore con precedenti esperienze in tale ambito è Damien
Bonnard, già visto in titoli come Dunkirk, Quello che non so di
lei e Wolf Call – Minaccia in alto
mare. Egli interpreta qui il poliziotto Stéphane, nel cui
sguardo lo spettatore può identificarsi. Egli è infatti un
personaggio inizialmente esterno al contesto nel quale si ritrova
catapultato. Qui assiste per la prima volta, come lo spettatore, a
dinamiche e scontri che evidenziano il forte disagio di quartieri
abbandonati a loro stessi. Per la sua interpretazione, Bonnard è
poi stato candidato come miglior attore ai premi César.
Accanto a lui, nei panni dei
colleghi poliziotti Gwada e Chris vi sono gli attori
Djibril Zonga e Alexis Manenti.
Quest’ultimo ha poi vinto il premio come miglior promessa maschile
ai premi César. Categoria in cui era candidato anche Zonga. Fanno
poi parte del cast anche Issa Perica nel ruolo di
Issa, Al-Hassan nei panni di Buzz e Almamy
Kanouté in quelli di Salah. Steve
Tientcheu interpreta il sindaco, mentre Nizar Ben
Fatma è il personaggio noto come lo spilorcio.
Raymond Lopez è Zorro, mentre
Luciano e Jaihson Lopez
interpretano rispettivamente Luciano e Jaihson. Infine, l’attrice
Jeanne Balibar compare nei panni della commissaria
di polizia.
I miserabili: il trailer e
dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di I
miserabili grazie alla sua presenza su alcune delle
più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è
infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili
Cinema, Google Play, Apple iTunes e Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di sabato
5 agosto alle ore 21:20 sul canale
Rai 4.
Prime
Video ha annunciato la terza stagione in 10 episodi
della serie di successo globale L’estate nei tuoi
occhi. Basata sulla trilogia di best-seller firmata
da Jenny Han, il drama targato Prime Video ha avuto un incredibile successo,
performando particolarmente bene tra le giovani spettatrici donne.
La seconda stagione de L’estate nei tuoi occhi è tra le 10
serie più seguite di sempre sul servizio. Quest’ultima ha debuttato
il 14 luglio, e nei primi tre giorni dal lancio ha più che
raddoppiato l’audience della prima stagione.
La terza stagione
della serie Original sarà disponibile in esclusiva su Prime Video
in oltre 240 Paesi e territori nel mondo. “Siamo stati
felici di vedere la passione con cui i fan hanno accolto L’estate
nei tuoi occhi, rendendo i venerdì d’estate un fenomeno di
intrattenimento“, dice Vernon Sanders, Head of television,
Amazon ed MGM Studios. “Questa serie affascinante e
profondamente coinvolgente ha mostrato l’ampiezza della nostra base
di clienti, attraendo i più giovani e diversificando così gli
spettatori. Jenny Han è una narratrice di talento, ed i suoi fan
hanno chiesto a gran voce il terzo capitolo di questa storia. Siamo
entusiasti oggi di condividere questa notizia, aspetteranno
l’Estate con ancora più attesa. Grazie a Jenny, Sarah Kucserka, e
Karen Rosenfelt e ai nostri amici di wiip per il loro notevole
lavoro e collaborazione”.
A questa terza
stagione è stato dato il via libera ufficiale prima degli
scioperi WGA e SAG-AFTRA. La produzione della terza stagione non
inizierà fino a quando le trattative con i sindacati non saranno
state risolte. Al timone della terza stagione
de L’estate nei tuoi occhi troviamo le showrunner
Jenny Han e Sarah Kucserka. Han, Kucserka e Karen
Rosenfelt sono anche executive producer, insieme a Hope
Hartman, Mads Hansen e Paul Lee per wiip. La serie è una
co-produzione Amazon Studios e wiip.
L’estate nei tuoi occhi è un dramma
multigenerazionale che si basa su un triangolo amoroso tra una
ragazza e due fratelli, il rapporto in continua evoluzione tra le
madri e i loro figli e il potere duraturo di una forte amicizia
femminile. È una storia di formazione sul primo amore, sui primi
drammi sentimentali e sulla magia di un’estate perfetta.
La
seconda stagione de L’estate nei tuoi occhi è
disponibile su Prime Video con nuovi episodi ogni settimana fino al
finale di stagione venerdì 18 agosto.
L’estate nei
tuoi occhi:
Un tempo Belly era
solita contare i giorni che la separavano dal ritorno a Cousins
Beach, ma con Conrad e Jeremiah che continuano a litigare per il
suo amore e il ritorno del cancro di Susannah, non è sicura
che l’estate sarà più la stessa. Quando un visitatore
inaspettato minaccia il futuro dell’amata casa di Susannah, Belly
dovrà riunire la banda e decidere una volta per tutte dove andrà il
suo cuore.
Dwayne Johnson ha riflettuto su quello che è andato
storto nella realizzazione e nella distribuzione di Black
Adam, commentandone lo scarso successo di pubblico e
critica. Johnson ha fatto il suo tanto atteso debutto come antieroe
DC nel film del 2022, in cui vengono raccontate le origini del
personaggio. Dopo quasi un decennio in fase di sviluppo, Black
Adam è arrivato nei cinema con recensioni negative da
parte della critica e non ha raggiunto il risultato sperato al
botteghino, senza nemmeno andare in pareggio.
Durante una recente apparizione al
talk show Hart to Heart di Kevin Hart, a
Dwayne Johnson è stato chiesto del fallimento di
Black Adam al botteghino e del suo futuro come
personaggio. L’attore/produttore ha confermato che il suo tempo nei
panni dell’antieroe DC è terminato.
“Penso che Black Adam sia rimasto intrappolato in un vortice di
nuova leadership. E in quel momento, mentre stavamo creando Black
Adam, sviluppandolo, girando Black Adam, siamo stati un po’
abbattuti a causa di COVID e delle chiusure, ci siamo rialzati. Ci
sono stati così tanti cambiamenti nella leadership. E come sai,
ogni volta che hai un’azienda, ma soprattutto quella dimensione e
grandezza, una società quotata in borsa, e hai tutti quei
cambiamenti nella leadership, hai persone che intervengono
continuamente sull’aspetto creativo prendendo decisioni con le
quali puoi non essere d’accordo. Per me sarà sempre una grande
incognita. Ho avuto il grande personaggio in carriera, una grande
uscita, anche se con la Cina si sarebbero potuti guadagnare forse
100 o 200 milioni di dollari in più.
Hai la responsabilità di un supereroe e vuoi far crescere il
franchise. Riporti al cinema il Superman di Henry Cavill, cosa che
ha fatto impazzire il mondo. E abbiamo creato un portfolio
diversificato di supereroi. Quindi penso che Black Adam sia stato
uno di quei film che sono rimasti intrappolati in quella rete di
nuova leadership. Ma alla fine è come se un nuovo proprietario
acquistasse una squadra della lega dicendo che non gli importa
quanti campionati hai vinto, lui metterà in piedi una sua nuova
squadra.”
Black Adam vede
protagonista
Dwayne Johnson nei panni del cattivissimo anti-eroe
della DC Comic, creato da Otto Binder e C. C. Beck nel 1945.
Black Adam, il cui vero nome è Teth-Adam o Theo
Adam, è l’arcinemico di Shazam.
Ognuno di noi conserva tra i propri
ricordi quei film che hanno scosso in qualche modo la propria vita.
Ci sono pellicole che hanno segnato ogni generazione e i
Millennials sono quelli cresciuti con i
Classici Disney, sono quelli che sognavano un Genio come
Aladdin ma
soprattutto sono quelli traumatizzati dalla morte di Mufasa del
film d’animazione Il re leone.
I nati tra gli anni Ottanta e la
metà degli anni Novanta, nominati anche come Generazione
Y, sono anche coloro che sono stati fortunati per essere
cresciuti con due delle più famose saghe cinematografiche fantasy
più epiche di sempre come quella del maghetto inglese
Harry Potter o quella della compagnia degli Hobbit della
Terra di Mezzo. Vediamo insieme i film che hanno
definito più di tutti la Generazione Millennials.
Twilight (2008)
È stata la trasposizione
cinematografica che ha spalancato le porte al cinema del genere
Young Adult.
Twilight è anche anche la ribalta dei vampiri sulla
scia del debutto su HBO, ma indirizzato per un pubblico adulto, con
la serie
True Blood. Alla fine tutte volevano essere Bella,
interpretata dalla neo diciottenne ai tempi Kristen
Stewart, anche perchè si innamorava di Edward Cullen,
interpretato già dal bellissimo britannico
Robert Pattinson. Questo film diretto da
Catherine Hardwicke è il primo di una saga dove poi,
dal secondo lungometraggio, arrivano anche i
licantropi. Ma la domanda base era una sola: Team
Edward o Team Jacob ?
The Blair Witch Project (1999)
The
Blair Witch Project ha creato un modo completamente nuovo di
fare marketing cinematografico. Se sei un Millennials ti ricordi
l’uscita in sala di questo horror e probabilmente hai
visto anche l’omaggio fatto nel settimo episodio della terza
stagione di
Dawson’s Creek. È stato difficile sfuggire dal trailer
quando è stato commercializzato come una “storia vera” anche perchè
è uno dei film più spaventosi mai realizzati.
Ragazze a Beverly Hills (1995)
Prima di
Mean Girls, c’era Clueless
(da noi Ragazze a Beverly Hills), in italiano
tradotto in Ragazze a Beverly Hills, questo film segna il confine
tra la Gen Y e quelli della precedente Gen X. Questo lungometraggio
non è altro che la trasposizione e rivisitazione del romanzo
Emma di Jane Austen. La voce
narrante è quella di Cher Horowitz,
decisamente una giovane bella, ricca, viziata e abituata a vivere
nel suo mondo perfetto dove va sempre tutto bene. Dopo il successo
del film è stata tratta anche una serie televisiva, andata in onda
dal 1996 al 1999.
Easy Girl (2010)
Questo è stato il primo
ruolo iconico di
Emma Stone che qualsiasi Millennials riconoscerebbe,
dove interpreta la liceale americana Olive Penderghast. Easy
Girl descrive le esperienze di Olive dopo che i pettegolezzi
sulla perdita della sua verginità, in realtà una bugia, si sono
diffusi a macchia d’olio e le hanno dato una nuova reputazione.
Questa è anche la trasposizione ma ambientata tra i banchi di
scuola di un classico della letteratura statunitense come
La lettera scarlatta.
Mean Girls (2004)
Inutile che mentite tanto
tutte abbiamo seguito la regola di vestirci di rosa, prima ancora
del fim Barbie, al mercoledì come Regina, Karen, Gretchen e la
nuova arrivata Cady.
Mean Girls si può ritenere il film femminile più generazionale
delle Millenians, perchè abbiamo vissuto sulla nostra pelle o visto
con i nostri occhi tutto quello che si vede in questo teen movie.
Tra la sceneggiatura stellare di
Tina Fey è anche una delle migliori interpretazioni di
Lindsay Lohan e la svolta di
Rachel McAdams nei panni della Queen Bee Regina George. Questo
iconico film è anche la perfetta combinazione di angoscia
adolescenziale, realismo e commedia.
La mia vita a Garden State
(2004)
La
mia vita a Garden State è una delle pellicole più significative
che rappresentano il cinema indie dei primi anni 2000. Zach
Braff conosciuto da tutti per il ruolo di John Dorian
nella serie televisiva Scrubs – Medici ai primi
ferri, nel suo debutto alla regia, raggiunge con questo
questa commedia romantica lo status di culto tra i Millennians. La
trama racconta di Andrew, interpretato da Braff, che torna nella
sua piccola città natale per partecipare al funerale della madre.
Mentre è lì si trova di fronte a vari aspetti di una vita che
pensava di aver dimenticato. La pellicola vede nel suo cast volti
molti noti come
Natalie Portman,
Jim Parsons, Peter Sarsgaard, Ian Holm e Jean Smart.
Su×bad – Tre menti sopra il pelo
(2007)
Su×bad – Tre menti sopra
il pelo (Superbad)
è il film più “imbarazzante” per eccellenza per i ragazzi al liceo
di quei anni ed è interpretato già dai talentuosi
Jonah Hill e
Michael Cera nei panni due protagonisti Seth ed Evan. Questa
pellicola è un esilarante film di formazione incentrato sulle
esperienze degli studenti mentre giurano di perdere la verginità
prima del diploma di scuola superiore. Tutto ciò si rivelerà ben
presto una vera sfida. Riflette l’esperienze liceali senza ancora
le moderne pressioni dei social network e trasporta i Millennians
indietro nel tempo in cui sentivano di dover affrontare i difficili
problemi cioè la terrificante adolescenza e le prime
esperienze.
(500) giorni insieme (2009)
500
giorni insieme è una commedia romantica con Joseph
Gordon-Levitt nei panni di Tom Hansen, che ripensa la sua
relazione fallita con Sole Finn, l’attrice
Zooey Deschanel. Tom è un giovane scrittore che crede ancora
nel colpo di fulmine e si innamora perdutamente di Sole, la
bellissima nuova segretaria del capo, che invece non crede nel
rapporto duraturo. Attraverso una struttura non lineare, il film
descrive il legame romantico che si instaura e poi svanisce tra i
due protagonisti.
I segreti di Brokeback Mountain
(2005)
I
segreti di Brokeback Mountain di
Ang Lee è stato uno dei primi film a fare breccia nel cinema
mainstream LGBTQ+. È stato anche uno dei film nei primi Duemila
apertamente queer ad essere nominato per più Academy Awards. La
trama iniziale è ambientata durante l’estate del 1963, dove due
cowboy, Ennis e Jack, si incontrano in un ranch nel Wyoming e
devono nascondere la loro relazione amorosa a tutti. Dopo un lungo
casting la scelta ricadde per i due protagonisti su
Heath Ledger e
Jake Gyllenhaal, nel cast anche
Michelle Williams e
Anne Hathaway.
The social network (2010)
Mark Zuckerberg
con Facebook ha cambiato per tutti il modo di
connettersi con i notri amici. Questo è esattamente il motivo per
cui il regista
David Fincher ha adattato la storia di Zuckerberg in
The Social Network che definisce la generazione che ha usato
prima di tutti il primo social esistente. Questo film è stato
sceneggiato da
Aaron Sorkin e racconta i problemi dietro le quinte del suo
creatore, interpretato da
Jesse Eisenberg, che ha attraversato durante la produzione
della sua innovativa e nuova idea. Il cast è composto da attori che
negli anni sono poi diventati volti celebri del cinema d’oggi come
Andrew Garfield,Rooney
Mara e
Dakota Johnson.
Titanic (1997)
Titanic
è stato il film che ha cambiato la vita per molti Millennians e con
cui molti avrebberò scoperto poi di voler lavorare nel mondo del
cinema.
James Cameron ha creato una delle epopee marine, lunga ben tre
ore, tra le più costose e magistrali di sempre ed è stato anche
ilfilm con il maggior incasso di tutti i tempi per decenni. Questa
pellicola si può ritenere anche quella che ha fatto conoscere a
chiunque
Kate Winslet e
Leonardo di Caprio. Indimenticabile la canzone “My Heart Will
Go On” di Celine Dion e l’amore contro ogni
regola delle classi sociali dei tempi di Jack e Rose.
Donnie Darko (2001)
L’incontro del protagonista
Donnie Darko con il coniglio inquietante Frank, è un dei
momenti decisivi nella vita di molti Millennians. Questo film di
Richard Kelly è uscito nel periodo della rinascita del goth
e ha contribuito a inaugurare una generazione infatuata di tutto
ciò che è oscuro e cupo prima ancora dell’apparazione degli Emo. Un
dark fantasy che segue un adolescente di nome
Donnie che mentre una notte cammina fuori casa vede un coniglio
dall’aspetto demoniaco. Frank gli dice che il mondo finirà tra 28
giorni e da qui iniziano ad accadere cose strane. In america si è
rivelato un vero caso e in Italia in sala è arrivato in ritardo
solo nel 2004.
La serie di Harry Potter (2001 –
2011)
La Gen Y probabilmente
racconta ancora com’era mettersi in fila nel cinema multisala con
entusiasmo per ogni nuovo film di
Harry Potter. Guardare i principali protagonisti, come
Harry, Ron e Hermione, crescere insieme al pubblico è un fenomeno
raro che non potrà mai più essere replicato. Dire che il maghetto
uscito dalla penna di JKR è diventato un fenomeno
culturale sembra quasi un eufemismo, dato che avrà sempre da
insegnare qualcosa anche alle nuove e future generazioni di
sognatori.
Toy Story (1995)
Il franchise di
Toy Story non ha bisogno di presentazioni. La leggendaria serie
di film Pixar ha affascinato i giovani spettatori con il suo
primo film del 1995 dove ha svelato al mondo che i giocattoli
possono prendere vita.
Toy Story 3 sarà per sempre però tra i film preferiti dai
Millennians, poiché è il perfetto finale straziante dell’arco
narrativo di Andy e Woody che la serie aveva costruito nel corso
degli anni. Questo addio strappalacrime funge anche da toccante
addio della Gen Y alla loro infanzia in tutti i sensi.
Matrix (1999)
Matrix
è un film di fantascienza in stile cyberpunk
scritto e diretto dalle sorelle Andy e Larry Wachowski. Questa
pellicola racconta la storia di Neo, un uomo contattato da una
donna misteriosa che lo conduce in un mondo sotterraneo dove
l’esistenza non è ciò che sembra. Dopo questo primo film sono
usciti poi nell’arco del 2003 Matrix Reloadede Matrix
Revolutions e nel 2021
Matrix Resurrections sempre con per protagonista l’attore
Keanu Reeves.
Il Cavaliere Oscuro (2008)
Il ritratto del Joker
di Heath
Ledger nel secondo film di Batman
di
Christopher Nolan rimarrà per sempre nella storia del cinema.
Il cavaliere oscuro ha destato una particolare attenzione nei
mass media dopo la morte di Ledger, avvenuta il 22 gennaio 2008,
poco dopo il termine delle riprese. Il film è diventato un punto
fermo nella cinematografia mondiale ed è il primo che eleva il
genere cinecomic fino ad arrivare alle ben otto
candidature agli Oscar 2009. Nel 2012 esce poi
Il cavaliere oscuro – Il ritorno che chiude la trilogia di
Batman con la firma di Nolan.
La trilogia “Il Signore degli
Anelli” (2001 – 2003)
Al primo posto di questa
lunga classifica troviamo l’universo fantastico di JRR
Tolkien arrivato sul grande schermo attraverso la
trilogia diIl
Signore degli Anelli del regista, sceneggiatore e produttore
cinematografico neozelandese
Peter Jackson. Questi tre epici film, di tre ore e passa l’uno,
hanno utilizzato effetti visivi rivoluzionari e archi narrativi
impeccabili da coinvolgere gli spettatori anno dopo anno. Per i
Millennials che non avevano mai visto nulla di
simile prima d’ora, confronteranno tutte le trasposizioni fantasy,
arrivate poi, con questa e insuperabile trilogia cinematografica
che ha fatto la storia del cinema.
Per celebrare il compleanno della
regista di BarbieGreta
Gerwig, Ryan Gosling, che nel film interpreta il Ken
“principale”, ha organizzato un flash mob che ha
letteralmente inviato alla regista.
Barbie segue la storia dell’omonima bambola
(interpretata da Margot Robbie) e Ken
mentre scoprono il mondo reale al di fuori di
Barbieland e mentre lei cerca il significato della
vita. Il film si sta avvicinando al miliardo di dollari al
botteghino e si è guadagnato l’amore della critica e del
pubblico.
Nel film, c’è una scena che vede
Gosling protagonista, in cui il suo Ken è in conflitto con se
stesso per i suoi sentimenti verso Barbie e per il suo posto in Barbieland. Nella
scena, Ken canta “I’m Just Ken”, che è proprio il brano
scelto da Gosling come sottofondo del flash mob messo in piedi per
festeggiare i 40 anni di Greta
Gerwig. L’account Instagram
del film ha condiviso il video:
Dalla sceneggiatrice/regista
candidata all’Oscar Greta
Gerwig (Piccole donne, Lady Bird) arriva
Barbie
con protagonisti i candidati all’Oscar Margot Robbie
(Bombshell – La voce dello scandalo, Tonya) e
Ryan Gosling (La La
Land, Drive) nei panni di Barbie
e Ken. Insieme a loro nel cast anche America Ferrera
(End of Watch – Tolleranza zero, i film Dragon
Trainer), Kate McKinnon
(Bombshell – La voce dello scandalo, Yesterday),
Michael Cera (Scott Pilgrim vs. the World,
Juno), Ariana Greenblatt (Avengers: Infinity War, 65 – Fuga
dalla Terra), Issa Rae (The Photograph –
Gli scatti di mia madre, Insecure), Rhea
Perlman (Nei miei sogni, Matilda 6 Mitica) e
Will Ferrell
(Anchorman, Ricky Bobby – La storia di un uomo che sapeva
contare fino a uno).
Fanno parte del cast del film anche
Ana Cruz Kayne (Piccole donne),
Emma Mackey (Emily,
Sex Education), Hari Nef (Assassination
Nation, Transparent), Alexandra Shipp (i film X-Men),
Kingsley Ben-Adir (Quella notte a Miami, Peaky
Blinders), Simu Liu (Shang-Chi e la leggenda
dei dieci anelli), Ncuti Gatwa (Sex
Education), Scott Evans (la serie TV
Grace e Frankie), Jamie Demetriou
(Crudelia), Connor Swindells (Sex
Education, Emma.), Sharon Rooney
(Dumbo, Jerk), Nicola Coughlan
(Bridgerton, Derry Girls), Ritu
Arya (The Umbrella Academy) e il premio
Oscar Helen Mirren
(The Queen – La Regina). Il film è al cinema dal
20 luglio.
Anche se il panorama del
MCU è cambiato molto dalla
Fase 1, ci sono alcune lezioni chiave che i
prossimi film possono imparare da The Avengers del 2012. A partire da
Iron Man del 2008, i film del
MCU sono stati creati per
costituire il tessuto di uno degli universi condivisi più
impressionanti del cinema. Dopo aver introdotto diversi eroi in
film standalone, questi si sono riuniti in The Avengers, formando una versione
dell’iconica squadra di supereroi sul grande schermo in un momento
che da allora ha probabilmente definito il MCU. Il film del 2012
costituisce ancora il modello di base per un perfetto film di
squadra di supereroi, e le prossime pellicole farebbero bene a
seguirne le orme.
Più tensione tra gli eroi
Un punto chiave della trama di
The
Avengers è la difficoltà degli eroi a fare
squadra. Anche se gran parte di questa difficoltà si rivela essere
frutto delle manipolazioni di Loki, ha comunque creato un’atmosfera
interessante evidenziando la naturale tensione tra eroi abituati a
lavorare da soli, The Avengers ha dato un tocco di
realismo alla chimica del suo cast. La tensione aiuta a dimostrare
che, pur essendo supereroi, sono anche persone con idee e ideali
contrastanti, e questo è un aspetto da cui Avengers
5 potrebbe trarre grande beneficio.
Fissare obiettivi personali
Gli eroi si uniscono solo per
fermare i cattivi che minacciano il mondo o l’universo su larga
scala, ma questo non nega la necessità di una posta in gioco. In
The Avengers, la squadra forma
un’unità coesa solo dopo la morte di Phil Coulson, evidenziando che la posta in
gioco personale è altrettanto importante per gli eroi del
MCU quanto la potenziale
distruzione o sottomissione della Terra. Dare alla storia dei
Vendicatori una nota più personale ed emotiva per i suoi eroi è un
modo perfetto per fondare anche la narrazione più stravagante, come
dimostra il fatto che è stato uno dei momenti più potenti di
The Avengers, nonostante l’inclusione
di una minaccia di livello vendicativo.
Scegliere ambientazioni del mondo
reale
La conclusione di The Avengers è stata la Battaglia di
New York, in cui Loki ha condotto una schiera di Chitauri sulla
Terra nel tentativo di schiavizzare l’umanità. Le ramificazioni
della battaglia si sono fatte sentire per anni nel MCU, con storie che vi fanno
riferimento anche un decennio dopo. Sebbene i film successivi dei
Vendicatori si siano in gran parte allontanati dalle battaglie in
luoghi reali, questo in realtà danneggia sottilmente la storia
complessiva per il pubblico. I luoghi del mondo reale aiutano il
pubblico a entrare in contatto con la storia e implicano
sottilmente la plausibilità, rendendo la semplice questione della
location una parte importante del successo di The Avengers.
L’umorismo deve essere bilanciato
con le emozioni
Uno dei maggiori punti di forza di
The Avengers è il suo delicato
equilibrio tra emotività e leggerezza. Nonostante fosse all’epoca
la storia più seria del franchise, era anche uno dei film più
divertenti del MCU, in grado di
contrastare la profondità della narrazione con frequenti momenti di
comicità. Questo equilibrio si è un po’ affievolito negli ultimi
film del MCU, ma ritrovare la
formula stabilita dal primo film sarebbe perfetto per
Avengers 5.
Iniziare e terminare specifici
archi di eroi non è necessario
The Avengers può aver introdotto la
squadra titolare nel MCU, ma i film successivi
sui Vendicatori hanno introdotto altri eroi segnando la fine degli
archi narrativi di determinati personaggi o una combinazione delle
due cose. Con i loro ranghi che si ingrossano a ogni nuovo ingresso
nel MCU,
Avengers5 deve
ristabilire l’idea che i film di team-up non devono necessariamente
essere storie che cambiano il franchise. The Avengers ha funzionato perché ha
stabilito un’idea semplice – la formazione della squadra – ma non
ha avuto bisogno di introdurre o uccidere alcun eroe importante nel
corso della sua storia.
Nick Fury in un ruolo più
importante nel MCU
In AvengersNick Fury ha riunito i suoi più potenti
alleati e ha formato una squadra dei più potenti eroi della Terra,
ma il personaggio è stato nettamente assente dai successivi film
dei Vendicatori. Il suo ruolo costante nel franchise lo rende uno
dei migliori candidati a guidare una nuova squadra dopo la morte di
Iron Man e il ritiro di Steve
Rogers. Avere Nick Fury alla guida della nuova generazione
di eroi sarebbe il modo più appropriato per continuare la storia
della squadra in Avengers 5, soprattutto
perché l’ex direttore dello SHIELD è stato nettamente assente dalle
storie della squadra dopo The
Avengers.
Bilanciare i poteri degli eroi è
fondamentale
In The Avengers l’affiatamento era
fondamentale, e questo incorpora i poteri dei suoi eroi. La
Battaglia di New York rimane una delle migliori scene di
combattimento del MCU per un motivo
straordinariamente semplice: i suoi eroi usano i loro poteri e le
loro abilità per lavorare davvero come una squadra. Il fatto che
Thor e Iron Man trasportino i Vendicatori in volo in
giro per la città o che Stark usi la tecnologia della sua tuta per
aiutare Occhio di Falco a temporizzare i suoi attacchi contro i
Chitauri sono momenti incredibili, perché dimostrano chiaramente
perché gli eroi sono molto più potenti della somma delle loro
parti.
Pochi eroi, ma buoni
Il primo film dei Vendicatori
comprendeva solo sei eroi. Con ogni team-up successivo, i loro
ranghi sono cresciuti, portando a un roster eccessivo di
protagonisti. Anche se le battaglie su larga scala con il maggior
numero possibile di Avengers rendono le scene
epiche, non è del tutto necessario, come dimostrato nella
Fase 1 da The Avengers. Se Avengers
5 dovesse seguire l’esempio e presentare una rosa di
eroi più ristretta, permetterebbe di definire meglio i ruoli di
ciascuno.
L’attenzione deve rimanere sulla
squadra, non sui singoli
Sebbene l’esame degli eroi come
singoli individui sia fonte di storie eccellenti, questo obiettivo
è meglio raggiunto nei film in solitaria. The Avengers non ha fatto progredire
gli archi di specifici eroi del MCU, ma piuttosto la
squadra nel suo complesso, e questo ha contribuito a mantenere la
trama equilibrata e coesa. Dedicare troppo tempo all’arco di uno o
due eroi specifici può far sembrare un film di squadra decisamente
sbilanciato, quindi mantenere l’attenzione sul loro potenziale
collettivo è un must per Avengers 5.
Fortunatamente, The Avengers ha fornito il modello
perfetto per farlo, anche se è stato quasi dimenticato nei film
successivi sui Vendicatori.
Non tutte le storie dovrebbero
arrivare dai fumetti
Sebbene il franchise sia basato sui
fumetti, il MCU non può utilizzare
tutte le storie, e in realtà non ne ha bisogno. The Avengers non è stato un
adattamento diretto di una storia a fumetti, ma ha preso in
prestito una manciata di idee da diverse storie Marvel, e la sua storia è risultata originale
e fresca, pur portando avanti l’arco narrativo generale del
franchise. Gli altri film dei Vendicatori hanno cercato di
concentrarsi su storie specifiche e, anche se si pensa che
Avengers 5 farà lo stesso, non è del
tutto necessario. Se il sequel prendesse in prestito un’idea da
The Avengers, potrebbe combinare
l’essenza di più storie dei fumetti e allo stesso tempo portare
nuove ed entusiasmanti idee nel MCU.
Warner Bros. Pictures presenta
The Flash, diretto da Andy Muschietti (i film
di “IT”, “La Madre”) e interpretato da Ezra Miller, che torna nei panni di Barry
Allen nel primo stand alone cinematografico del Supereroe DC.
In The
Flash i mondi si incontreranno quando Barry userà
i suoi superpoteri per viaggiare indietro nel tempo e cambiare gli
eventi del passato. Ma quando il tentativo di salvare la sua
famiglia altera inavvertitamente il futuro, Barry rimane
intrappolato in una realtà in cui il generale Zod è tornato,
minacciando distruzione, e senza alcun Supereroe a cui rivolgersi.
L’unica speranza per Barry è riuscire a far uscire dalla pensione
un Batman decisamente diverso per salvare un kryptoniano
imprigionato…. malgrado non sia più colui che sta cercando. In
definitiva, per salvare il mondo in cui si trova e tornare al
futuro che conosce, l’unica speranza per Barry è ‘correre per la
sua vita’. Ma questo estremo sacrificio sarà sufficiente per
resettare l’universo?
Fanno parte del cast di
The
Flash anche l’astro nascente Sasha Calle,
Michael Shannon (“Bullet Train”, “Batman v Superman: Dawn of Justice”),
Ron Livingston (“Loudermilk”, “L’evocazione – The
Conjuring”), Maribel Verdú (“Elite”, “Y tu mamá
también – Anche tua madre”), Kiersey Clemons (“Zack Snyder’s Justice League”,
“Sweetheart”), Antje Traue (“King of Ravens”,
“L’uomo d’acciaio”) e Michael Keaton (“Spider-Man: Homecoming”,
“Batman”).
The Flash è
prodotto da Barbara Muschietti (i film “IT”, “La Madre”) e Michael
Disco (“Rampage – Furia Animale”, “San Andreas”). La sceneggiatura
è di Christina Hodson (“Birds of Prey”, “Bumblebee”), con una
screen story di John Francis Daley e Jonathan Goldstein (“Dungeons
& Dragons: L’onore dei ladri”, “Spider-Man: Homecoming”) e Joby
Harold (“Transformers: Il risveglio”, “Army of the Dead”), basato
sui personaggi dell’Universo DC. I produttori esecutivi sono Toby
Emmerich, Walter Hamada, Galen Vaisman e Marianne Jenkins.
Ad affiancare il regista Muschietti
dietro la macchina da presa è il team composto dal direttore della
fotografia Henry Braham (“Guardiani della Galassia Vol.
3”, “The Suicide Squad”), lo scenografo Paul Denham
Austerberry (“IT Capitolo 2”, “La forma dell’acqua”), i montatori
Jason Ballantine (i film “IT”,“Il grande Gatsby”) e Paul Machliss (“The
Gentlemen”, “Baby Driver – Il genio della fuga”) e la costumista
Alexandra Byrne (“Doctor Strange”, “Guardiani della Galassia”).
La colonna sonora è di Benjamin Wallfisch (“L’uomo invisibile”, i
film “IT”). Warner Bros. Pictures presenta una produzione Double
Dream/ Disco Factory, un film di Andy Muschietti: The Flash ,
è stato distribuito nelle sale italiane da Warner Bros.
Pictures.
Il caratterista Mark
Margolis, meglio conosciuto come volto di Hector Salamanca
in Breaking Bad e Better Call Saul, si è spento all’età di 83
anni. Margolis è morto al Mount Sinai Hospital di New York dopo una
breve malattia, secondo The Hollywood Reporter.
Protégé della famosa insegnante di
recitazione Stella Adler, Margolis ha fatto il suo
debutto sullo schermo con una piccola parte nella commedia erotica
A bocca piena, nel 1976. Dopo piccole parti in
diverse pellicole, tra cui Vestito per uccidere,
il suo primo ruolo importante è arrivato in
Scarface di Brian De Palma, in
cui interpretava Alberto, un gangster che fa una brutta fine nel
corso di una missione omicida insieme a Tony Montana (Al
Pacino).
Sono seguiti poi ruoli più
importanti, tra cui un ruolo ricorrente nella serie degli anni ’80
The Equalizer, l’irascibile padrone di casa di
Jim Carrey nella commedia Ace Ventura:
l’acchiappanimali. Ha anche collaborato frequentemente con
il regista Darren Aronofsky, con un ruolo
importante nel suo debutto alla regia Pi, e
apparizioni nei suoi film successivi Requiem for a
Dream, L’albero della vita, The
Wrestler, Black Swan e
Noah.
Il grande pubblico però lo ricorda
nel ruolo di Hector Salamanca, personaggio fondamentale di Breaking Bad e, poi, di Better Call Saul.
I Wonder
Pictures diffonde il trailer de L’invenzione della
neve, il film diretto da Vittorio Moroni
con Elena Gigliotti, Alessandro Averone, Anna Ferruzzo,
Anna Bellato, Eleonora De Lucae con Carola
Stagnaro in arrivo nelle sale italiane giovedì 14
settembre con I Wonder Pictures in collaborazione con Unipol
Biografilm Collection.
Il film sarà
presentato in anteprima mondiale alla Mostra Internazionale
d’arte cinematografica di Venezia, all’interno delle
Notti Veneziane, sezione realizzata dalle Giornate
degli autori in accordo con Isola Edipo.
L’invenzione della neve è prodotto da
50N in associazione con Crédit
AgricoleItalia (ai sensi delle norme sul
tax credit) e con la collaborazione di Cinnamon Digital
Cinema, con il contributo dell’Assessorato
regionale Turismo, Sport e Spettacolo – Sicilia Film
Commission, realizzato nell’ambito del Programma Sensi
Contemporanei Cinema e con il contributo di Apulia Film
Fund di Apulia Film Commission e
Regione Puglia a valere su risorse del POR
Puglia FESR-FSE 2014/2020, con la sponsorizzazione di
VIS e il supporto di Ala Bianca
Group.
L’invenzione della
neve vede protagonista Carmen – interpretata magistralmente da
Elena Gigliotti – una donna dalla forza ancestrale, eccessiva,
invadente, sbagliata e, forse, pericolosa. Carmen agisce usando
bugie, manipolazioni e seduzione, come ha imparato fin da piccola,
per non perdere sua figlia e l’uomo che dice di amare, Massimo. Una
favola, animata da Gianluigi Toccafondo, fa da
fil rouge alla storia che strega lo spettatore e lo
accompagna nelle vite di Carmen e Massimo, dalle tinte fosche,
spietate e paradossalmente romantiche. “Il film, a suo modo un
noir, un thriller dell’anima” dichiara il regista “cerca di portare
alla luce l’umanità che si cela dietro il loro costante bisogno di
aggredirsi e di amarsi. Nonostante la loro crudeltà, Carmen e
Massimo sono creature giuste, a modo loro, all’interno del modello
che si sono dati, nonché l’unico che conoscono per esistere”.
L’invenzione della neve è stato girato in 18
giorni e le 6 scene principali sono state riprese senza
interruzioni per 30 minuti in media, chiedendo agli attori di
considerare ogni imprevisto come un’opportunità, di abitare la
scena come un documentario, come la vita.
Carmen ama
troppo intensamente, troppo a modo suo e il mondo non glielo
perdona. Lei e Massimo si sono lasciati, ma Carmen continua a
considerarlo l’uomo della sua vita. Adora Giada, la figlia che
hanno avuto insieme e che adesso ha 5 anni. La bambina è stata
affidata al padre, alla madre il permesso di vederla una volta ogni
quindici giorni. Carmen non ci sta: sa di aver commesso degli
errori, ma anche di essere una buona madre e non permetterà che
accada di nuovo quello che è successo a lei da bambina. Se il mondo
la vuole distruggere, lei trasformerà il mondo.
L’invenzione della neve,sarà nelle sale
italiane giovedì 14 settembre con I Wonder Pictures in
collaborazione con Unipol Biografilm Collection, dopo
l’anteprima mondiale all’interno delle Notti
Veneziane, sezione realizzata dalle Giornate degli
autori in accordo con Isola Edipo.
Uno dei titoli più visti del momento
nel catalogo diNetflix è il film Operazione
Soulcatcher, di produzione polacca. Dopo Mister Car e i templari, si
tratta del secondo lungometraggio polacco a raggiungere in poco
tempo le vette di Netflix. Il motivo è da ritrovarsi anche nel loro
riprendere generi tipicamente americani per adattarli ai canoni
delle proprie cinematografie. Operazione Soulcatcher non
fa eccezione, propondo un thriller d’azione con un protagonista
tormentato e una pericolosa arma di distruzione di massa pronta a
finire nelle mani sbagliate.
A dirigere il film vi è
Daniel Markowicz, il quale ha iniziato la propria
carriera lavorando come addetto agli effetti visivi. In seguito si
è dedicato alla produzione e solo nal 2019 ha deciso di debuttare
come regista, dirigendo Diablo. Ad oggi ha diretto ben 5
film, dimostrandosi molto prolifico. Operazione
Soulcatcher è al momento l’ultimo a cui ha lavorato e che
grazie a Netflix gli sta permettendo di ottenere una maggiore
notorietà. Il film è infatti un concentrato di azione, tensione e
sequenze dal forte impatto.
Un titolo, dunque, che gli
appassionati del genere non dovrebbero lasciarsi sfuggire, anche
solo per potersi confrontare con qualcosa di diverso dai film
statunitensi di questo genere. Prima di intraprendere una visione
del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle
principali curiosità relative ad esso. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama e al cast di
attori. Infine, si elencheranno i passaggi da compiere per
poter vedere il film all’interno del catalogo di Netflix, qualora
non si sia già iscritti alla piattaforma.
La trama di Operazione Soulcatcher
Protagonista del film è
Kiel, un soldato tormentato dalla perdita del
fratello Piotr durante un’operazione. Egli cerca
un modo per venire a patti con questo lutto, elaborandolo come
meglio possibile, ma i suoi tentativi devono essere messi in pausa
quando viene raggiunto dal governo polacco che affida a lui e alla
sua squadra di mercenari una rischiosa missione. Il gruppo deve
recuperare una potentissima arma in grado di trasformare comuni
essere umani in spietati zombie assetati di sangue. Se dovesse
finire nelle mani sbagliate, si rivelerebbe dunque estremamente
pericolosa.
Kiel e i suoi uomini partono dunque
alla ricerca dell’arma, da recuperare specificatamente intatta in
modo da poterla utilizzare per scopi positivi. Secondo un
componente dei servizi segreti, infatti, se usata in maniera
appropriata, l’arma sarebbe in grado di guarire il cancro. Kiel si
ritroverà dunque ben presto al centro di un conflitto più violento
del previsto, con l’importante compito di prendere decisioni che
possono valere il futuro dell’umanità. Mentre tenta di compiere
tutto ciò, il fantasma della perdita del fratello continuerà però a
tormentarlo per tutta l’operazione.
Il cast di Operazione Soulcatcher
Ad interpretare il protagonista,
Kiel, vi è l’attore polacco Piotr Witkowski. Egli
è noto in patria per aver recitato a film come Squadrone 303 –
La grande battaglia, Diablo,Proceder,
Mistrz e Una notte all’asilo, quest’ultimo a sua
volta presente su Netflix. Proprio grazie alla piattaforma
streaming ha potuto ora iniziare ad ottenere anche una notorietà
internazionale. Accanto a lui si ritrovano poi gli attori
Jacek Koman nel ruolo di Jan, Jacek
Poniedzialek nel ruolo di Witold Mazur e Marius
Bonaszewski in quelli del generale Yousif.
Ritroviamo poi nel film anche
l’attrice Aleksandra Adamska, nota in patria per
le serie Skazana, Krucjata e Langer, che recita
qui nel ruolo di Burza. Gli attori Vansh Luthra e
Sebastian Stankiewicz recitano rispettivamente nei
ruoli di Harbir e Krzysztof. Mateusz Mlodzianowski
recita nel ruolo di Byk, mentre Michalina Olzanska
è Eliza Mazur. L’attrice è però nota ai fan della serie The Witcher per aver
interpretato Marti negli episodio quinto e sesto della terza stagione. Concludono il
cast del film Mateusz Rzezniczak nei panni di
Damian, Jacek Knap in quelli dell’agente Artur e
Michael Burdan in quelli di Piotr, fratello di
Kiel.
Il trailer di Operazione
Soulcatcher e come vedere il film in streaming su Netflix
Come anticipato, è possibile fruire
di Operazione Soulcatcher unicamente
grazie alla sua presenza nel catologo di Netflix,
dove attualmente è al 2° posto della Top
10 dei film più visti sulla piattaforma in Italia. Per
vederlo, basterà dunque sottoscrivere un abbonamento generale alla
piattaforma scegliendo tra le opzioni possibili. Si avrà così modo
di accedere al catalogo e di guardare il titolo in totale comodità
e al meglio della qualità video, avendo poi anche accesso a tutti
gli altri prodotti presenti nella piattaforma.
Andrea Magnani
torna a dirigere con La lunga
corsa, scegliendo come protagonista il giovane
Adriano Tardiolo, che esordì con successo nel 2018
in
Lazzaro felice di
Alice Rohrwacher. Accanto a lui, nel ruolo di una
bislacca figura “paterna”, Giovanni Calcagno.
Così, dopo
Easy – Un viaggio facile facile, suo esordio nel
lungometraggio del 2017 con
Libero De Rienzo e Nicola
Nocella, Magnani prova a dar vita a una commedia dai toni
surreali, quasi una favola sospesa nel tempo e nello spazio.
La trama de La lunga corsa
Giacinto, Adriano
Tardiolo, è cresciuto in carcere, suo malgrado. I
genitori, infatti, sono due detenuti e fin da piccolo Giacinto
considera il mondo dietro le sbarre casa sua. Quello che per tutti
è un luogo di reclusione e privazione della libertà diventa per lui
anche il suo parco giochi e la sua finestra, seppur molto parziale,
sul mondo. In questa crescita è aiutato dal capo della polizia
penitenziaria, Jack, Giovanni Calcagno, che
nonostante il carattere schivo, lo prende a ben volere. Così fa
anche la direttrice del carcere, BarboraBobulova, con cui Giacinto scoprirà di avere più
di qualcosa in comune. Sua madre, invece, si occupa poco di lui e
con difficoltà di sé stessa. Giacinto però, non sa come affrontare
il mondo di fuori. Più diventa grande e più questa difficoltà si fa
ingombrante. Al compimento dei diciotto anni si troverà a dover
scegliere cosa fare della propria vita. Forse seguire l’esempio di
Jack, la sua figura di riferimento? O forse trovare una strada che
sia solo sua? Provare a camminare con le sue gambe, o magari a
correre?
Una commedia stralunata e
malinconica
La lunga
corsa si autodefinisce una commedia stralunata. Come
il precedente lavoro, un viaggio che partiva da un autoisolamento e
poi si apriva verso il mondo, anche qui c’è una condizione di
chiusura e poi un confronto arduo con il mondo esterno, nel quale
il protagonista fatica ad entrare e a trovare una collocazione.
L’impronta del racconto è leggera, con una nota di eccentricità e
virate verso il surreale. A tratti divertente, ma lungi dall’essere
francamente comico, il film fa sorridere, ma al tempo stesso si è
accompagnati da una sottile vena di malinconia.
Adriano Tardiolo, da Lazzaro felice
a La lunga corsa
La lunga
corsa è imperniato tutto sul suo protagonista,
Adriano Tardiolo, che sembra portare con sé il
personaggio che lo aveva lanciato con Lazzaro felice.
Anche qui, infatti, torna a toccare le corde che gli sono
congeniali, interpretando un giovane ingenuo e stralunato, dal buon
cuore e dai sentimenti puri, proprio come per la pellicola di
Rohrwacher. Mentre però, il personaggio di Lazzaro era il punto
focale all’interno di una costruzione variegata e complessa, con
molteplici livelli di lettura, anche indipendentemente dal
protagonista, qui il regista e sceneggiatore Magnani lavora forse
poco sul contesto. Al mondo fuori dal carcere, ad esempio, dedica
brevi momenti e qualche ironica frecciata, mentre sarebbe valsa la
pena di approfondire di più, con la capacità che lo stesso regista
ha dimostrato di avere. L’ambientazione in un luogo unico, uno
spazio chiuso, povero di stimoli e la penuria di personaggi accanto
a Giacinto, non aiutano. Di fatto, a parte Jack – Giovanni
Calcagno è coprotagonista convincente – vi sono solo la
detenuta Rocky – nell’efficace interpretazione di Nina
Naboka – e la direttrice del carcere Barbora
Bobulova ad accompagnare il protagonista. Tardiolo dunque
ha la responsabilità di trasportare lo spettatore nella sua favola
sbilenca e non sempre vi riesce. Quella di Giacinto è un’esistenza
fatta di pochi elementi, cui si aggiunge la corsa, unico
passantempo che appare possibile. Questa sembra poter rivoluzionare
tutto, scuotere una certa fissità che caratterizza la vita del
protagonista, ma forse non viene sfruttata in tutte le sue
potenzialità, pur riuscendo a vivacizzare la seconda parte del
racconto. Il film ha momenti ricorsivi e fatica così a diventare
coinvolgente.
A La lunga corsa manca una
spinta
Il nuovo lungometraggio di
Andrea Magnani appare come una sorta di favola
moderna e leggera. Un viaggio di formazione, al quale però manca
una spinta in più per essere veramente coinvolgente e far arrivare
lo spettatore al cuore del messaggio. Resta comunque una
riflessione garbata sulla condizione della reclusione, sul concetto
di libertà, ma anche sul pregiudizio e sul carattere spesso
fuorviante dell’apparenza, veicolata da uno stile poetico e a
tratti surreale. Il regista non esita a schierarsi dalla parte
degli outsider come Giacinto, che forse troverà una sua via,
eccentrica, bislacca, ma sua. A chiusura del film, una dedica
sentita a Libero De Rienzo, anche lui un outsider
nel panorama cinematografico italiano, che avrebbe dovuto far parte
del cast, ma è prematuramente scomparso nel 2021. La
lunga corsa è una coproduzione Italia-Ucraina,
prodotto da Pilgrim Film, Bartleby
Film, Fresh Production Group, con
Rai Cinema e distribuito da Tucker
Film, sarà nelle sale italiane dal prossimo 24 agosto.
Secondo Ovidio, il poeta romano
autore delle “Metamorfosi”, Medusa era una bellissima sacerdotessa
finché la dea Atena non le trasformò i capelli in serpenti, in modo
che nessuno si avvicinasse a lei. Infatti, chiunque la guardasse in
faccia moriva sul colpo. Secondo Thomas Hardiman,
il regista dell’ultima aggiunta su Mubi,
Medusa Deluxe, è un affollatissimo nido di
serpenti che spettegolano e litigano in attesa che la polizia li
chiami, per cercare di risolvere un caso di omicidio.
Medusa Deluxe, la trama:
acconciature mortali
Questo è quanto accade nei camerini
e nei corridoi dell’edificio in cui era previsto un concorso
regionale per parrucchieri, ora rimandato perché uno dei
concorrenti è stato trovato morto e con lo scalpo tagliato, in
stile pellerossa. Il colpevole, potrebbe essere indiferentemente
una solitaria e calva guardia di sicurezza turca, una qualsiasi
delle isteriche concorrenti, un’amante colombiana, le modelle e
l’organizzatore del contest. Il mistero che circonda un omicidio
così brutale e le logiche perplessità, angosce e paure di tutti
coloro che conoscevano la vittima sono il punto di partenza di una
storia che unisce il sofisticato e il volgare, la tragedia e la
commedia, il cinema di genere con uno spirito di serie B.
Il film, presentato in anteprima
mondiale al Festival di Locarno 2022, è strutturato come un lungo
piano sequenza che si svolge in diverse stanze e sale dell’edificio
– più alcuni esterni – mentre i partecipanti a una gara di
parrucchieri affrontano le conseguenze del crimine. In questi
camerini dove si annidano le malelingue, c’è Cleve
(Clare Perkins), una donna aggressiva e
competitiva che farebbe di tutto per far vincere la sua
acconciatura. La cinepresa si allontana pian piano da lei e passa
in rassegna altri parrucchieri come Divine (Kayla
Meikle), le modelle Kendra,
Timba e Inez (rispettivamente
bionda caucasica, di origini africane, e asiatica), l’addetto alla
sicurezza Gac (Heider Ali), il
partner latino del defunto, Angel (Luke
Pasqualino), e l’organizzatore dell’evento,
Rene (Darrell D’Silva).
Più esperimento che thriller
tradizionale
Non aspettatevi intrighi polizieschi
nella tipica tradizione inglese. Qui, l’intrigo, sta tutto nei
forsennati pettegolezzi di persone invidiose, nervose,
rappresentate da un cast singolare e variegato dal punto di vista
etnico, come lo è la Gran Bretagna di oggi. L’atmosfera è resa
ancora più inquietante dalle luci al neon dell’edificio, dai
sinuosi movimenti della macchina da presa dell’irlandese
Robbie Ryan e dalla soundtrack di
Korelessm che accompagna la presentazione di ogni
contestant. La sceneggiatura potrebbe essere definita un
poco carente, ma è sufficiente a fornire una rappresentazione
vivace di questa simil-borghesia isolana e a dare vita a una serie
di buone idee.
Sebbene abbia un punto di partenza
poliziesco, è difficile considerarlo un thriller, ma piuttosto un
misto di commedia nera e qualcosa di molto personale del regista
britannico Thomas Hardiman. La macchina da presa
fluttuante e mutevole del celebre direttore della fotografia
irlandese Robbie Ryan (collaboratore, tra gli
altri, di Yorgos Lanthimos, Andrea
Arnold e Ken Loach) scorre tra i vari
personaggi dando vita a sequenze teatrali, che vanno dalle stanze
ai corridoi, proprio come se ci stessimo muovendo tra proscenio e
camerini, dietro le quinte.
Il dark humor di Thomas
Hardiman
Per il suo uso del dark humor e il
mischiare senza soluzione di continuità cultura alta e bassa,
Medusa Deluxe rimanda parecchio alla filmografia
di un altro cineasta britannico, Peter Strickland.
Emerge una concezione dell’umorismo come una parte naturale della
vita quotidiana che alimenta anche le situazioni più estreme, come
quelle che i personaggi del film devono affrontare quando scoprono
il cadavere. Hardiman non lavora sulla base di gag
efficaci, ma lasciando che una certa oscurità legata all’assurdo
emerga in mezzo a situazioni che in superficie possono sembrare più
drammatiche. Allo stesso tempo, punta più sulla decostruzione dei
diversi elementi della sua storia che sulla classica costruzione di
suspense, tensione e intrigo. Medusa Deluxe è un
film di climi, di atmosfere, una scommessa sul lato più ludico e a
volte sperimentale del cinema che si permette di uscire dai canoni
abituali del thriller per poi avventurarsi nel musical più
delirante. Con l’irriverenza e l’audacia di un’opera prima
visivamente abbagliante e che attirerà sicuramente l’attenzione di
una buona fetta di pubblico.
Come esperimento visivo e formale,
Medusa Deluxe è a tratti affascinante e molto
singolare: un mondo di modelle e parrucchieri che si comportano
come se fossero nel backstage di una grande sfilata di moda quando
invece si tratta, come dicono più volte, di un concorso regionale
britannico. Ma questo non toglie nulla al loro glamour o alla loro
competitività: nel backstage, commettere o assistere a un crimine
sembra la cosa più chic che possa capitare.