Home Blog Pagina 647

Love Life, recensione del film di Koji Fukada

0
Love Life, recensione del film di Koji Fukada

Nonostante un titolo fuorviante, Love Life di Koji Fukada, in concorso a Venezia 79, è un racconto di dolore e di lutto, profondamente ancorato nel tessuto e nella cultura sociale giapponese, lì dove tutto, troppo spesso, deve essere detto ed espresso con uno sguardo.

Love Life, la trama

Taeko (Fumino Kimura) e Jiro (Kento Nagayama) sono sposati da circa un anno, si sono conosciuti diversi anni prima nell’ufficio di assistenza sociale dove ora lavorano entrambi. Taeko aveva già un figlio, Keita (Tetta Shimada), da un precedente matrimonio con un uomo che li aveva abbandonati quando il bimbo era molto piccolo, un immigrato coreano sordo che a mala pena riusciva a prendersi cura di sé. Dopo averlo cercato per anni, Taeko di rifà una vita con Jiro, cosa che però non fa piacere alla famiglia di lui. I genitori, in particolare, non sono contenti che il loro unico figlio abbia sposato una donna più grande, con un figlio che non ha il loro sangue. E, quando una tragedia improvvisa si abbatte sulla famiglia, questi legami affettivi verranno messo a dura prova e un intervento esterno continuerà a minare un equilibrio apparente molto più precario di quanto non sia sembrato a prima vista.

Fukada presenta queste vicende con un occhio fermo e glaciale, resta a distanza da emozioni forti e tragedie, quasi a emulare l’atteggiamento di apparente distacco con cui i protagonisti affrontano delle questioni anche molto dolorose che per una cultura occidentale sarebbero tutte esternate con reazioni animate e rumorose.

Forse il principale ostacolo che Love Life presenta per il pubblico è proprio questo gap culturale che non permette l’identificazione non tanto in ciò che accade agli sventurati protagonisti, quanto nelle maniera algida con cui tentano di gestire questi avvenimenti. 

Un melodramma normalizzato

Tutto quello che succede nella storia appartiene al genere del melodramma, tuttavia il film non diventa mai tale. La musica, la fotografia, la formula di messa in scena, tutto prova a indicare allo spettatore che non si sta guardando una storia drammatica. Fukada quindi opera una normalizzazione del melodramma, che se da una parte si presenta come un’operazione linguisticamente interessante, dall’altra fa crollare tutto l’impianto drammatico della storia, annullando il coinvolgimento dello spettatore. Ci si potrebbe sentire, alla fine, come se non fosse accaduto nulla di così doloroso come invece si verifica.

Love Life è un dramma familiare che ricorda il cinema muto, quasi, dove ogni piccolo gesto assume un significato profondo e altro, che dovrebbe essere decodificato da una sensibilità affine a quella dell’autore e che, in mancanza di un dialogo tra chi racconta e chi riceve il racconto, potrebbe risultare troppo ostico per essere apprezzato.

All the Beauty and the Bloodshed, recensione del documentario di Laura Poitras

All the Beauty and the Bloodshed, unico documentario in concorso a Venezia 79, esplora la lotta dell’artista Nan Goldin contro la famiglia Sackler, arricchitasi dalla vendita di oppiodi e che ha riciclato la propria immagine pubblica vendendosi come mecenati d’arte. Questo progetto, diretto da Laura Poitras, ha come protagonista proprio Goldin, che ha condotto una dura campagna contro la Purdue Pharma, l’azienda farmaceutica di proprietà della famiglia Sackler, produttrice dell’antidolorifico Oxycontin, responsabile della crisi di oppiodi che ha sconvolto gli Stati Uniti e ucciso almeno 500.000 persone. Nel mentre, alla “facoltosa” famiglia sono state intitolate fino a sette sale del Metropolitan Museum di New York e altre nel Museo del Louvre di Parigi.

La battaglia privata e collettiva di Nan Goldin

Considerata una delle più prestigiose fotografe contemporanee, nota per la sua fervida aderenza ad importanti cause e tematiche, tra cui sessualità e dipendenza – in particolare per la serie The Ballad of Sexual Dependency – che documenta le comunità queer della New York degli anni ’70 e ’80, in All the Beauty and the Bloodshed Goldin ripercorre le proprie vicissitudini famigliari e professionali e il tortuoso viaggio che l’ha condotta alla dipendenza da questi antidolorifici oppioidi. Nel corso di quasi due anni, Poitras ha visitato la Goldin nella sua casa di Brooklyn, per una serie di interviste audio che, insieme alle diapositive e alle fotografie della stessa Goldin, costituiscono l’ossatura del film.

Dopo essere sopravvissuta a un’overdose di fentanil quasi fatale, nel 2017 Goldin ha fondato il gruppo di difesa P.A.I.N (Prescription Addiction Intervention Now) per fare pressione su musei e altre istituzioni artistiche affinché interrompano le collaborazioni con la famiglia Sackler, che da tempo sostiene finanziariamente le arti. “Il mio più grande orgoglio è quello di aver messo in ginocchio una famiglia di miliardari in un mondo in cui i miliardari possono contare su una giustizia diversa da quella di persone come noi e la loro impunità è totale negli Stati Uniti. E, per ora, ne abbiamo abbattuto uno“, ha dichiarato Nan Goldin a Venezia.

Al centro del film ci sono le opere d’arte di GoldinLa ballata della dipendenza sessuale“, “L’altro lato“, “Sorelle e sibille” e “La memoria perduta“, tramite cui Goldin cerca di catturare tutta la bellezza e la cruda tenerezza che vuole identificarsi come l’eredità della sorella Barbara e delle amicizie più vere strette nel corso degli anni, alla base di tutto il percorso artistico di Goldin.

La bellezza e lo spargimento di sangue degli affetti personali

Anche i precedenti documentari di Poitras si concentravano sulle personali storie di individui che combattono per un senso di giustizia o responsabilità. Se è vero, dunque, che l’associazione P.A.I.N rimane il nucleo fondante di All the Beauty and the Bloodshed, questa nuova incursione nel documentario di Poitras si rivela l’occasione ideale per esplorare l’intrinseca connessione tra l’attivismo di Goldin e il suo lavoro come punto di riferimento nell’ambito della fotografia.

In All the Beauty and the Bloodshed emerge chiaramente come per Goldin sia stato essenziale toccare parallelismi economici, sociali ed istituzionali tra la crisi dell’HIV/AIDS e l’attuale crisi degli oppioidi nel Paese. Cercando di far emergere a più riprese il concetto che le crisi sociali non esistono in un unico contesto e che è necessario catturare le relazioni tra comunità per poterne sondare le profondità, il documentario di Laura Poitras riesce a coniugare ottimamente la sovversività politica del suo lavoro artistico e l’emotività – spesso anche lacerante – delle storie personali che sono state e continuano ad essere l’ispirazione primaria per i suoi lavori.

Filtrando il concetto di stigma tramite le sue più comuni derivazioni, il suicidio, la malattia mentale, il genere, Goldin ha progressivamente compreso la forte valenza politica che il suo impegno artistico stava assumendo. Intrecciando la storia della sua infanzia, delle sue profonde amicizie nelle comunità di artisti che continuano a dimostrare slancio creativo e resilienza di fronte alle indicibili perdite subite durante l’epidemia di AIDS, All the Beauty and the Bloodshed cattura la storia non solo di Nan, ma anche di Barbara Goldin: la sorella perduta, ma mai dimenticata, la cui esistenza sofferente – che diventa un ricordo quasi etereo – racchiude perfettamente la storia di un’artista che ha raccontato la sua vita anche attraverso l’impegno socio-politico.

Anna Kendrick debutta alla regia con The Dating Game

0
Anna Kendrick debutta alla regia con The Dating Game

L’attrice Anna Kendrick, celebre per film come Pitch Perfect, Tra le nuvole e Un piccolo favore, debutterà alla regia con il thriller The Dating Game, per il quale sarà anche produttrice e protagonista. Il progetto è basato sulla storia incredibilmente vera di Cheryl Bradshaw. Nel 1978, la donna è apparsa nel popolare programma televisivo The Dating Game scegliendo inizialmente di avere un’appuntamento con Rodney Alcala, salvo cambiare idea all’ultimo. L’uomo è poi stato arrestato circa un anno in quanto serial killer con diversi omicidi a carico.

Non è ancora noto in che modo il film tratterà la vicenda, se vi sarà totalmente fedele o se la Kendrick sceglierà di prendersi alcune libertà. Ad oggi l’attrice ha solo confermato che ricoprirà per la prima volta il ruolo di regista, affermando che “ho adorato questa sceneggiatura dal momento in cui l’ho letta. E mentre ero ovviamente entusiasta di interpretare il personaggio di Cheryl, mi sono sentita così connessa alla storia, al tono e ai temi intorno al genere, che quando si è presentata l’opportunità di dirigere il film, l’ho colta al volo. Il supporto che ho già ricevuto da Stuart Ford e da tutti in AGC, Vertigo e BoulderLight è stato fonte di ispirazione e incoraggiamento“.

Le riprese del film, scritto da Ian MacAllister McDonald, dovrebbero iniziare nell’ottobre di quest’anno e prossimamente potrebbero dunque essere annunciati anche nuovi nomi facenti parte del cast come anche ulteriori dettagli relativi alla trama. Per la Kendrick si tratta ovviamente di una grande opportunità, che potrebbe portarle ulteriore popolarità oltre che a farle guadagnare un posto accanto ad altre attrici come Greta Gerwig e Olivia Wilde poi passate con successo alla regia di film come Lady Bird e Don’t Worry Darling.

Fonte: Collider

Joker 2: Catherine Keener entra nel cast del film

0
Joker 2: Catherine Keener entra nel cast del film

Il cast del prossimo Joker 2, ufficialmente intitolato Joker: Folie à Deux, continua a crescere con l’aggiunta della candidata all’Oscar Catherine Keener in un ruolo ad oggi tenuto segreto. L’attrice è nota principalmente per i suoi ruoli in Essere John Malkovich e Truman Capote – A sangue freddo, mentre di recente ha recitato in Scappa – Get Out, Soldado e The Adam Project. Joaquin Phoenix, vincitore dell’Oscar come miglior attore proprio per Joker, tornerà per il sequel, riprendendo il ruolo di Arthur Fleck. Phoenix guiderà un cast che include anche la co-protagonista Zazie Beetz e il nuovo arrivato Brendan Gleeson. Anche Lady Gaga apparirà nel film, interpretando una nuova versione di Harley Quinn.

Anche se non è dunque ancora chiaro chi interpreterà la Keener, considerando che il film sembra essere ambientato per buona parte all’interno dell’Arkham Asylum, è ipotizzabile che l’attrice possa vestire i panni di un medico del posto o, altra ipotesi non da escludere, uno dei pazienti lì rinchiusi. In generale, però, si sa ancora molto poco di questo sequel, il quale stando a quanto mostrato da un primo breve teaser, includerà anche elementi musicali.

Le riprese dovrebbero incominciare a dicembre, con Todd Phillips che torna in cabina di regia, avendo anche scritto la sceneggiatura insieme a Scott Silver. Con una data di uscita attualmente fissata al 4 ottobre 2024, bisognerà attendere ancora un po’ prima di poter sperare di avere maggiori informazioni sul film. Per il precedente Joker, tuttavia, diverse immagini del film hanno iniziato a circolare con ancora le riprese in corso. È dunque possibile che già nei prossimi mesi si possa avere un assaggio in più su ciò che questo Joker: Folie à Deux ha da offrire.

Fonte: CBR

Venezia 79, le foto dal red carpet: Casey Affleck, Zooey Deschanel, Walton Goggins

0

Si è tenuta ieri sera la premiere del film Fuori Concorso Dreamin’ Wild diretto da Bill Pohlad che ha sfilato sul red carpet della 79esima Mostra d’Arte Internazionale Cinematografica di Venezia al fianco dei suoi protagonisti Casey Affleck, Noah Jupe, Zooey Deschanel, Jack Dylan Grazer, Walton Goggins e Beau Bridges. Di seguito tutte le foto della serata.

In merito al film Bill Pohlad ha rivelato, “La storia di Donnie Emerson intreccia amore, lealtà, seconde occasioni e la possibilità di vedere i propri sogni avverarsi. Al contempo è anche una storia di dolore, di rimpianto e delle complicazioni che i sogni possono portare con sé. Dreamin’ Wild possiede una tranquilla semplicità. Esplora la fede e la famiglia, il senso di colpa e la responsabilità. In definitiva, parla di guarigione: ed è ciò di cui oggi abbiamo più che mai bisogno nel mondo. Ecco perché sono stato attratto da questa storia. Il nucleo centrale del film è la musica: Baby girava nella mia testa mentre scrivevo, e l’anima e la passione di questa canzone permeano il film. Vi è un senso di magia che attraversa questa storia. Lo si può sentire riecheggiare in Baby. E lo percepirete in Dreamin’ Wild.”

La trama di Dream’ wild

Cosa succederebbe se un sogno d’infanzia si avverasse all’improvviso – ma trent’anni più tardi? È quanto accade al cantautore Donnie Emerson. Il sogno di avere successo si realizza improvvisamente – e inaspettatamente – quando si sta avvicinando ai cinquant’anni. E se ciò da un lato porta con sé la speranza di seconde occasioni, dall’altro lato evoca anche i fantasmi del passato frammisti a emozioni a lungo sepolte, mentre Donnie, il fratello Joe e l’intera famiglia si ritrovano a fare i conti con la fama recentemente conquistata. Dreamin’ Wild è un’incredibile storia vera di amore, speranza, famiglia, senso di colpa e responsabilità.

Black Panther: Wakanda Forever, sono in corso riprese aggiuntive per il film

0

A soli due mesi dall’uscita in sala, sarebbero attualmente in corso alcune riprese aggiuntive per il film Black Panther: Wakanda Forever, il prossimo film targato Marvel nonché sequel del pluripremiato Black Panther. Alcune fonti hanno infatti riportato la notizia che il regista Ryan Coogler sta svolgendo alcune ulteriori riprese nello Stato della Georgia. È molto raro che un film vada incontro a riprese aggiuntive così vicine alla data di uscita in sala. Proprio per questo, alcuni fan ipotizzano che il team creativo stia in realtà girando nuove scene post-credits. Non ci sono però conferme o smentite da parte dei Marvel Studios ed è dunque difficile stabilire il contenuto effettivo di queste nuove riprese.

Molti fan, ad esempio, hanno lanciato su Twitter l’hashtag #RecastTChalla, chiedendo che nel film venga inserita una variante del personaggio. Tale richiesta è però difficile che venga accontentata, in quanto i Marvel Studios hanno affermato di non aver intenzione di operare un recasting, rimanendo fedeli alla memoria di Chadwick Boseman, l’originale interprete del personaggio prematuramente scomparso nel 2020. Il film si è dunque costruito sulla difficoltà e necessità di andare avanti senza il suo protagonista effettivo. Appare dunque improbabile che lo studios abbia ora cambiato idea all’ultimo, inserendo una variante di TChalla come richiesto dai fan.

In attesa di chiarimenti ufficiali, rimane dunque ignota la natura di queste riprese aggiuntive, da svolgersi certamente in modo quantomai rapido per evitare rinvii nella data di uscita del film. Questo è infatti atteso in sala per il 9 novembre e vanta un cast composto da Letitia Wright, Lupita Nyong’o, Dominique Thorne, Danai Gurira, Angela Bassett e Tenoch Huerta nei panni del villain Namor.

Fonte: ComicBook

Venezia 79, le foto dal red carpet: Hugh Jackman, Laura Dern, Vanessa Kirby e…

0

Ieri è stata una giornata ricca di star quella di Venezia 79, sul red carpet hanno sfilato i protagonisti del film The Son, che è stato presentato in concorso. Insieme al regista Florian Zeller sul red carpet hanno sfilato i protagonisti Hugh Jackman, Laura Dern, Vanessa Kirby e Zen McGrath.

The Son segue una famiglia che lotta per tornare unita dopo essersi sfasciata. The Son è incentrato su Peter, la cui vita frenetica con il figlio appena nato e la nuova compagna Beth viene sconvolta quando l’ex moglie Kate ricompare con il figlio Nicholas, ormai adolescente. Il giovane manca da scuola da mesi ed è tormentato, distante e arrabbiato. Peter si sforza di prendersi cura di Nicholas come avrebbe voluto che suo padre si fosse preso cura di lui, mentre si destreggia tra il lavoro, il nuovo figlio avuto da Beth e l’offerta della posizione dei suoi sogni a Washington. Tuttavia, cercando di rimediare agli errori del passato, perde di vista il modo in cui tenersi stretto Nicholas nel presente.

Il commento del regista

The Son è un film sul senso di colpa, sui legami familiari e, in ultima analisi, sull’amore. Volevo realizzarlo da diversi anni. Ero così determinato a raccontare questa storia che non avrei potuto raccontarne nessun’altra, né da un diverso punto di vista. È in parte ispirato a emozioni che conosco personalmente. Volevo condividerle con il pubblico perché so che molte persone si confrontano con i disturbi mentali e che la vergogna e lo stigma associati a questi problemi possono ostacolare conversazioni necessarie e talvolta vitali.

Fantastici Quattro: Jodie Comer potrebbe interpretare Sue Storm nel film

0

Una delle questioni più accese intorno al Marvel Cinematic Universe è quella relativa al casting dell’annunciato Fantastici Quattro, il film che inaugurerà la Fase 6 nel novembre 2024. Ad oggi non vi sono ancora certezze riguardo a chi interpreterà i quattro fantastici protagonisti, tra i più celebri e amati supereroi della Marvel. Vi sono però una serie di rumor a riguardo su attori presi in considerazione per questi ruoli. Per quanto riguarda Sue Storm, alias la donna invisibile, il ruolo potrebbe andare all’attrice Jodie Comer, la quale sempre stanto alle voci di corridoio sarebbe la principale candidata alla parte.

Divenuta celebre per aver interpretato Villanelle nella serie Killing Eve, la Comer si è poi di recente fatta notare anche al cinema con i film Free Guy – Eroe per gioco e The Last Duel, recitando in entrambi in qualità di protagonista femminile. Questi titoli le sono bastati ad affermarsi come una delle attrici più promettenti di Hollywood e il ruolo di Sue Storm potrebbe per lei rappresentare la definitiva consacrazione in termini di popolarità. Le qualità sembrano dunque esserci tutte, come anche una certa somiglianza al personaggio.

Restano invece ancor più irrisolti i ruoli di Reed Richards alias Mr. Fantastic, La Cosa e la Torcia Umana, per i quali sono tuttavia trapelati alcuni possibili candidati valutati dalla Marvel. Al di là degli attori che saranno coinvolti, sappiamo che Matt Shakman, già distintosi presso i Marvel Studios per aver diretto la miniserie WandaVision, dovrebbe essere confermato come regista del progetto. Occorre ora aspettare l’imminente D23 Expo, durante il quale i Marvel Studios potrebbero annunciare novità relative ai Fantastici Quattro.

Fonte: ComicBook

The Fabelmans: il primo poster del film di Steven Spielberg

0
The Fabelmans: il primo poster del film di Steven Spielberg

Con l’imminente premiere del film semi-autobiografico The Fabelmans di Steven Spielberg al Toronto International Film Festival, è stato ora rilasciato il nuovo poster del film, che mostra anche alcune immagini tratte dalla pellicola stessa. Il poster raffigura infatti la sagoma di un personaggio che cammina lungo un vicolo accanto allo Stage 25. Lo sfondo del poster mostra invece bobine di film con immagini reali presenti nel film. La più importante di queste è al centro, con Gabriel LaBelle che interpreta Sammy Fabelman intanto ad usa una telecamera ed esplorando dunque il suo amore per il cinema.

Il poster di The Fabelmans ci mostra anche immagini che ritraggono Michelle Williams (Manchester by the Sea), che interpreta la madre di Sammy, Leah Fabelman, intenta a balla sotto alcuni riflettori. Paul Dano (The Batman), che interpreta il padre di Sammy, Burt, può invece essere visto nel poster sorridente con una scimmia sulla spalla. Infine vi è anche Seth Rogen (The Disaster Artist), che interpreta nel film un collega di Burt, anche se non è ancora noto il ruolo che il personaggio avrà effettivamente nella storia.

La vicenda di The Fabelmans, come già anticipato è una versione semi-autobiografica dell’infanzia di Spielberg. Il film è infatti incentrato su Sammy Fabelman, che sogna di diventare un regista mentre cresce nell’Arizona del secondo dopoguerra. Il film ripercorrerà la sua vita dalla sua infanzia fino alla tarda adolescenza, momento in cui scoprirà un segreto di famiglia e apprende definitivamente il potere del cinema. Oltre a dirigere il film, Spielberg è anche co-autore della sceneggiatura con Tony Kushner, che in precedenza aveva collaborato con il regista in film come West Side Story, Lincoln e Munich. Il film ha una distribuzione in sala attualmente prevista per la fine di novembre. Di seguito il poster ufficiale.

The Fablemans poster

Fonte: Collider

Babylon: le prime foto di Brad Pitt e Margot Robbie nel nuovo film di Damien Chazelle

0

Sono finalmente state rilasciate le prime immagini dedicate ai protagonisti di Babylon, il nuovo film del più giovane premio Oscar per la regia, ovvero Damien Chazelle. Tali immagini offrono uno sguardo ravvicinato al personaggio di Margot Robbie e Brad Pitt, ma anche a quello di Tobey Maguire. Il regista di La La Land e Whiplash, ha descritto questo suo nuovo progetto come un film ambientato nell’età del jazz della Hollywood degli anni ’20, quando il cinema iniziò ad allontanarsi dai film muti per passare al sonoro.

Chazelle ha sviluppato la storia per questo film in costume per più di un decennio, ma è stato solo grazie al recente successo e al suo affermarsi come uno dei registi più talentuosi di Hollywood che il film ha potuto prendere vita. Le riprese di Babylon si sono concluse circa un anno fa e ora, finalmente, il materiale promozionale del film sta incominciando ad emergere. Queste prime immagini ci mostrano dunque Pitt nei panni Jack Conrad, una superstar amante delle feste ormai alla fine della sua carriera, mentre Robbie interpreta Nellie LaRoy, una giovane attrice di talento, la cui popolarità è in continua crescita.

Tobey Maguire, che inizialmente sembrava dovesse interpretare il grande Charlie Chaplin, ha invece ora un personaggio chiamato James McKay, il cui ruolo nel film è però ancora sconosciuto. Con queste nuove immagini appena rilasciate, potrebbe non volerci molto per scoprire di più sul progetto. Il pubblico può infatti iniziare ad attendere con impazienza il trailer del film, che potrebbe essere rilasciato da qui a breve, considerando che Babylon ha una data di uscita in sala fissata proprio per questo Natale, il 25 dicembre 2022. Di seguito, ecco le immagini relative ai tre protagonisti rilasciate da Vanity Fair:

Fonte: VanityFair

My Policeman: trailer del film con Harry Styles

0
My Policeman: trailer del film con Harry Styles

Prime Video ha diffuso il trailer di My Policeman il film diretto da Michael Grandage e basato sul romanzo di Bethan Roberts. Protagonisti del film sono Harry Styles, Emma Corrin, Gina McKee, Linus Roache, David Dawson e Rupert Everett.  Scritto da Ron Nyswaner. Prodotto da Greg Berlanti, Sarah Schechter, Robbie Rogers, Cora Palfrey, Philip Herd. Executive Producer:  Michael Grandage, Michael Riley McGrath, Caroline Levy.

La trama del film

La bellissima storia di un amore proibito e del cambiamento delle convenzioni sociali, My Policeman segue tre ragazzi – il poliziotto Tom (Harry Styles), l’insegnante Marion (Emma Corrin) e il curatore di un museo Patrick (David Dawson) – durante un viaggio emozionante nella Gran Bretagna degli anni ’50. Negli anni ’90, Tom (Linus Roache), Marion (Gina McKee) e Patrick (Rupert Everett) sono ancora in preda al desiderio e al rimpianto, ma ora hanno un’ultima possibilità di riparare i danni del passato. Basato sul romanzo di Bethan Roberts, il regista Michael Grandage realizza un ritratto visivamente commovente di tre persone coinvolte nelle mutevoli maree della storia, della libertà e del perdono.

The Son, recensione del film con Hugh Jackman e Vanessa Kirby

The Son, recensione del film con Hugh Jackman e Vanessa Kirby

Dopo l’esordio cinematografico con The Father – Nulla è come sembra, dopo essersi guadagnato due Oscar e un César, il drammaturgo francese Florian Zeller torna alla regia. The Son è di nuovo un adattamento di una sua pièce teatrale (Il figlio) ed è un dramma familiare che ruota attorno ad un adolescente infelice. Per raccontare questa storia, Zeller si serve di un cast stellare: Hugh Jackman, Laura Dern, Vanessa Kirby, Anthony Hopkins e il giovanissimo Zen Mcgrath.

La trama di The Son

Nei migliori quartieri di New YorkPeter Hugh Jackman), un avvocato di successo, vive con la sua compagna Beth (Vanessa Kirby) e con il loro figlio appena nato Theo. In realtà, Peter ha anche un altro figlio, Nicholas (Zen Mcgrath), che abita con la madre Kate (Laura Dern). Nicholas ha diciassette anni e sta attraversando un periodo difficile. Insieme all’adolescenza, nel ragazzo emergono una serie di angosce che lo spingono ad abbandonare la scuola e a isolarsi sempre di più. Nel tentativo di aiutarlo, Peter acconsente alla richiesta di Nicholas di vivere con lui e la nuova compagna. Tuttavia, la tristezza del ragazzo sembra irreparabile.

I traumi legati al divorzio di Peter Kate impediscono a Nicholas di essere felice, ogni manifestazione d’affetto sembra non bastare. Se nessuno si salva da solo, chi può salvare un figlio, se non i suoi genitori?

I legami familiari esplorati in modo acritico

In The Son si parla soprattutto di rapporti familiari: madre e figlio neonato, madre, padre  e figlio adolescente, matrigna e figliastro. O ancora, un padre (Jackman) che è a sua volta figlio (di Anthony Hopkins). Nessuno degli individui che appare sulla scena ha senso da solo: tutte le parti sono intersecate e strettamente legate tra loro. Questo vale ancora di più per Nicholas. Il ragazzo è fragile e allo stesso tempo sogna una spensieratezza che non riesce a ottenere proprio perché porta in sé sia il ricordo del divorzio dei genitori che quello di quando ancora stavano insieme.

Nonostante il giovane accusi più volte i genitori, in realtà il regista non vuole esprimere un giudizio sulla condotta di Kate e di Peter.  Le figure genitoriali sono mostrate in modo acritico. Zeller non esclude nulla e porta sullo schermo le fragilità, le qualità positive, i vizi e le virtù, dei genitori come del figlio. Con il loro modo di comportarsi, madre e padre sono in parte carnefici di Nicholas, in parte vittime delle azioni del figlio adolescente. E, alla fine dei conti, tutti soffrono, si fanno male e si consolano a vicenda.

Parlare di depressione giovanile

The Son recensione filmZeller sceglie un punto di vista imparziale e il risultato è un film che lascia poca speranza. Il tema della depressione giovanile, ancora più ridondante tra i ragazzi dopo l’arrivo del Covid-19, è delicato e decisamente ampio. Per parlarne, il regista si serve di un interprete eccellente. Il giovane Zen Mcgrath, figura esile non troppo dissimile da Thimothée Chalamet in Beautiful Boy, ha un’intensità rara e straziante. Mcgrath è la bussola che guida gli stati d’animo di The Son e, insieme a lui, la spirale emotiva del film scende verso il basso. Come per ogni soggetto fragile, salvare Nicholas richiede uno sforzo immenso e globale. Il protagonista del lungometraggio non è però l’adolescente, ma Peter, colui che allo stesso tempo è sia padre che figlio…

Con The Son Zeller guarda a Hollywood

The Son recensione filmIl cast è l’arma più potente del film. Jackman oscilla tra tutte le possibili emozioni vissute da un padre separato alle prese con un adolescente, un neonato e un lavoro ingombrante. Laura Dern è, come sempre, una madre realistica e umana, mentre Vanessa Kirby è forse il personaggio più emblematico: il suo ruolo secondario oscilla continuamente tra le quinte e la scena, come se il personaggio che interpreta non fosse mai nel posto giusto. A questi attori incredibili, si aggiunge un cameo di Anthony Hopkins, fil rouge che collega The Son al precedente The Father

Nonostante le ottime interpretazioni, con The Son Zeller in parte si allontana dallo stile narrativo del film precedente. Il regista fa un passo verso un cinema più hollywoodiano,  sia per le ambientazioni newyorkesi, sia per la linearità della storia, ma soprattutto per i colpi di scena programmabili (esattamente come la lavatrice che è sempre in azione in casa di Peter).

Il regista di The Son

Florian Zeller è un acclamato scrittore e drammaturgo francese. Nel 2020 entra a gamba tesa nel mondo cinematografico come regista e sceneggiatore di The Father – Nulla è come sembra, lungometraggio tratto da una sua pièce teatrale. Il film, un dramma con protagonisti Anthony Hopkins e Olivia Colman, conquista pubblico e critica e si guadagna due Oscar (Miglior sceneggiatura non originale e Miglior attore protagonista a Hopkins). Quest’anno, Zeller torna a dirigere un suo testo teatrale: The Son, tratto da Il figlio (2018), ultimo capitolo di una trilogia sui rapporti familiari.

Il film è stato presentato in concorso alla 79ª Mostra internazionale di Venezia.

The Eternal Daughter, recensione del film di Joanna Hogg

The Eternal Daughter, recensione del film di Joanna Hogg

Con The Eternal Daughter, in concorso a Venezia 79, Tilda Swinton e Joanna Hogg tornano a collaborare per la terza volta, in un film che si configura come estensione massima dello stile registico di Hogg, a cui è possibile approciarsi soltanto con la consapevolezza del lavoro simbiotico che le due svolgono da tantissimi anni – fin dai tempi dell’università – e concretizzatosi con i film The Souvenir e The Souvenir 2.

Il film più d’atmosfera di Joanna Hogg

La trama di The Eternal Daughter vede un’artista (Julie) e la sua anziana madre (Rosalind) confrontarsi con segreti a lungo sepolti quando fanno ritorno nella vecchia casa di famiglia, ora diventata un hotel infestato da un misterioso passato.

The Eternal Daughter è un film di difficilissima natura. Bisogna portarsi dietro il bagaglio conoscitivo che ci offerto il rapporto tra Julie e la madre nei due Souvenir per comprendere quanto a fondo la Hogg voglia spingersi con questa analisi spettrale e struggente della figura femminile, in cui il doppio agevola la messa in scena di un rapporto generazionale e Tilda Swinton non fatica a recitare, deve semplicemente rispondere alla fatica che soggiace ai ruoli di madre e figlia.

Sempre minimale ma rigorosissimo nella messa in scena, The Eternal Daughter è il film più d’atmosfera della Hogg. Da sempre interessata al sovrannaturale, era già da prima della pandemia da Covid-19 che la regista desiderava mettere in scena una storia di fantasmi. Senza un copione preciso a guidarne la recitazione, Tilda Swinton segue il richiamo dei suoni naturali per ricostruire la cronistoria di legame indissolubile, che nasce dalla proiezione del sè nell’altro, dall’idea del rompicapo ipnotico che avvolge le cornici delle storie gotiche.

The Eternal Daughter, o meglio, The Souvenir 3

Per quanto visivamente intrigante, The Eternal Daughter si perde paradossalmente nello spazio confinato che sceglie come propria ambientazione, un albergo spettrale e dall’impatto visivo incontestabile, che riecheggia tuttavia sprazzi di quello che sarebbe potuto essere un The Souvenir 3. Nella ridondanza recitativa – conoscevamo già tanto di madre e figlia dai precedenti film – l’ultima fatica di Joanna Hogg risulta quasi inaccessibile, vittima del dilatarsi di una linea del tempo che solo regista e attrice conoscono veramente, ed è impossibile che lo spettatore riesca ad immergervisi altrettanto. The Eternal Daughter è il risultato di conversazioni durate quindici anni tra Swinton e Hogg, che si sono interrogate a lungo sul divario generazionale tra loro – figlie dalla vocazione artistica – e le loro madri, raffinatissime e altolocate, per cui una professione artistica non poteva essere assolutamente contemplata.

Non tutti hanno figli o figlie, ma tutti abbiano una madre e siamo figli. Tilda/Julie/Rosalind decide di identificarsi in entrambi i punti di vista, cercando di simpatizzare con queste proiezioni del se, non lasciarsi spaventare e dimostrare che la conversazione tra le due parti continua sempre, non deve per forza finire secondo i ritmi della natura, bensì nutrire il tempo che verrà.

Nel periodo di tempo trascorso insieme, Julie e Rosalind condividono la stessa voce e lo stesso volto. Entrambe invecchiano poco a poco, ma hanno il tempo necessario per dar voce alla paura più grande dei figli e delle madri: avere sbagliato qualcosa, non essere stato all’altezza. Un confronto continuo, terapeutico ma estremamente struggente, che fa dell’eternità la chiave per (ri)leggere la filmografia di un’artista estremamente autobiografica e che ancora non vuole finire di raccontarsi.

Bentu: recensione del film di Salvatore Mereu

Bentu: recensione del film di Salvatore Mereu

Dopo Bella mariposas Assandira, Salvatore Mereu torna a dirigere un lungometraggio che parla di Sardegna e di vita contadina. Presentato alle Giornate degli autori della 79ª Mostra internazionale di VeneziaBentu segue passo a passo la vita di Raffaele, anziano contadino che aspetta il vento (il bentu appunto) per completare la raccolta del grano.

La sinossi di Bentu

Il film è ispirato ad un raconto di Antonio Cossu. Siamo negli anni Cinquanta. Nelle  colline del Trexenta, in Sardegna, vive Raffaele (Giuseppe ”Peppeddu” Cuccu), un contadino che ha da poco colto un misero mucchio di grano. Il raccolto deve ancora essere concluso: l’arrivo del vento permetterà ai chicchi di dividersi dalla paglia e concluderà la trebbiatura. Nell’attesa del ”bentu”, Raffaele sceglie di rimanere nel suo piccolo casolare in campagna. Tuttavia, il vento non sembra voler arrivare. A tenere compagnia al contadino c’è però il piccolo Angelino (Giovanni Porcu), un ragazzino invadente e affascinato dall’attività di Raffaele. Ciò che più di tutto attrae Angelino è la cavalla di Raffaele, ma il bambino è ancora troppo leggero per poterla cavalcare…

Un film che segue i ritmi della natura

Bentu ruota attorno a tre personaggi: Raffaele, Angelino e la cavalla indomita del contadino. Questi soggetti si muovono sullo schermo in funzione dei ritmi della natura. La campagna della Sardegna, ampia e seccata dal caldo estivo, è la regina delle inquadrature di Mereu. Campi lunghi e lunghissimi esaltano l’ampiezza delle ambientazioni naturali. La pittoricità delle immagini è incantevole: i colori sono vividi come quelli usati da Van Gogh nei suoi quadri rupestri (come non citare Casa di campagna in provenzaMietitura). Esattamente come in un dipinto paesaggistico, Raffaele e Angiolino sono le sole scarne figure umane che vagano negli spazi raffigurati.

È quindi l’ambiente naturale a dominare sia a livello visivo che a livello narrativo: la giornata di Raffaele ruota attorno al campo e al vento. Infatti, il film procede seguendo cronologicamente la quotidianità dell’uomo: la raccolta del grano, i pasti semplici nel piccolo casolare, il riposo e, soprattutto, l’attesa del vento. La semplicità del racconto è in linea con la storia, una storia contadina fatta di figure scarne, case spoglie e parole dialettali (tutti i dialoghi sono in dialetto sardo).

Raffaele è l’emblema del burbero contadino

BentuRaffaele è il personaggio principale di Bentu e rappresenta lo stereotipo dell’anziano contadino: solitario, burbero, silenzioso, indaffarato. Cuccu parla solo in dialetto sardo  e sembra rifiutare il progresso con tutte le sue forze. Nell’attesa del vento, più volte viene esortato ad utilizzare la mietitrebbiatrice, ma si rifiuta di far fare alla macchina un lavoro che spetta all’uomo e alla natura. La trebbiatura, la separazione del frumento dalla paglia, è per Raffaele un rito e attendere il bentu è come una pratica religiosa.

Angelino bentu recensione film

Il protagonista è accompagnato da un personaggio antitetico: Angelino. Il bambino che si intromette in casa sua, lo stuzzica, lo provoca, è l’emblema di quel progresso e di quella modernità che il protagonista di Bentu rifiuta. Al contrario di RaffaeleAngelino è vivace, iperattivo, è incuriosito dalle novità, parla in italiano. Le due figure sono tra loro contrapposte e affini: giovane e vecchio si uniscono in un luogo eterno, la campagna, che sembra la stessa delle poesie di Pascoli – o dei film del Neorealismo – e che esalta gli ambienti bucolici e le piccole cose (le famose myricae).

In conclusione, Bentu è un film che procede a ritmo lento, richiedendo allo spettatore di avere la stessa pazienza di Raffaele. Mereu sfrutta la settima arte e, come altri prima di lui hanno fatto attraverso il cinema, la poesia e l’arte pittorica, realizza un’opera contemplativa sulla ciclicità della vita contadina, un continuo confronto tra vita, morte e rinascita.

Venezia 79, foto dal red carpet: Christoph Waltz, Willem Dafoe, Rachel Brosnahan e Walter Hill

0

Si è tenuta ieri sera la premiere di Dead for a Dollar, il nuovo film del regista Walter Hill che ha ricevuto ieri anche il Leone d’Oro alla carriere. Insieme al regista ad accompagnarlo i protagonisti del film Christoph Waltz, Willem Dafoe, Rachel Brosnahan, Warren Burke, Benjamin Bratt.

Nel film Siamo nel 1897. Dead for a Dollar segue il famoso cacciatore di taglie Max Borlund fin nelle profondità del Messico; qui si imbatte in Joe Cribbens – giocatore d’azzardo professionista e fuorilegge e suo nemico giurato – che Max aveva spedito in prigione alcuni anni prima. Borlund è in missione: deve ritrovare e portare a casa Rachel Kidd, moglie di un ricco uomo d’affari di Santa Fe, rapita e presa in ostaggio. Quando scopre che la donna è in realtà scappata da un marito violento, Max deve fare una scelta: portare a termine la missione disonesta per cui è stato ingaggiato, o farsi da parte mentre spietati fuorilegge mercenari e il rivale di lunga data si fanno sempre più vicini… Max e il suo aiutante Alonzo Poe non hanno nulla da guadagnare se resistono: nulla, a parte l’onore.

TUTTE LE FOTO DAL RED CARPET

Can Yaman: 10 cose che non sai sull’attore

Can Yaman: 10 cose che non sai sull’attore

Decidere di abbandonare una carriera sicura per seguire i propri sogni è un azzardo che alcune volte però paga. Ne sa qualcosa l’attore turco Can Yaman, una delle rivelazioni televisive degli ultimi anni.

Scopriamo insieme tutto quello che c’è a sapere su Can Yaman, a proposito della sua carriera e anche qualche curiosità.

Can Yaman serie tv

10. Nato l’8 novembre del 1989 a Instanbul, Turchia, Can ha origini miste; suo padre è un avvocato albanese-kosovaro mentre la madre è una professoressa di lettere di origini macedoni. Sin da bambino Can si dimostra uno studente molto promettente. Dopo il liceo, Yaman si iscrive a Giurisprudenza all’università Yeditepe, dove si laurea a pieni voti.

9. Subito dopo la laurea, comincia a lavorare come assistente procuratore ma la sua carriera nel mondo giuridico non dura più di sei mesi. Can capisce ben presto di aver intrapreso la strada sbagliata e si dà alla recitazione, seguendo così il suo sogno di diventare un attore di successo.

Özge Gürel and Can Yaman in Bitter Sweet
Özge Gürel e Can Yaman in Bitter Sweet – Fonte: IMDB

8. La sua carriera come attore inizia solo nel 2014 quando viene scelto per la serie tv turca dal titolo Gönül Isleri.

La serie racconta la storia di tre sorelle e il loro padre che vivono insieme a quando la madre li ha lasciati. Le ragazze vorrebbero finalmente sposarsi e andare avanti con le loro vite ma il destino si diverte a cambiare continuamente le carte in tavola.

Nella serie Gönül Isleri. Can Yaman interpreta il ruolo di Bedir, personaggio attivo per tutta la durata della prima e unica stagione, andata in onda dal 2014 al 2015.

Özge Gürel e Can Yaman in Bitter Sweet
Özge Gürel e Can Yaman in Bitter Sweet – Fonte: IMDB

leggi anche: Andrea Carpenzano: 10 cose che non sai sull’attore

7. Dopo aver interpretato un ruolo minore nella sua prima serie, nel 2015 Can Yaman viene scelto per la parte del co-protagonista nella serie turca İnadına Aşk.

In questa serie Defne (Açelya Topaloglu) e Yalin (Can Yaman) sono colleghi dello stesso studio legale, costretti a lavorare insieme pur non sopportandosi a vicenda. Dopo un primo periodo di assestamento, i due trovano il modo di collaborare e il loro rapporto cambia drasticamente, trasformandosi in qualcosa di molto più profondo.

Can Yaman in Bitter Sweet – Ingredienti d’amore

6. Il successo vero per Can arriva solo nel 2017 quando entra a far parte del cast della nuova serie tv turca Bitter Sweet – Ingredienti d’amore, come co-protagonista al fianco della bella Özge Gürel.

Necip Memili and Can Yaman in Bitter Sweet
Necip Memili and Can Yaman in Bitter Sweet – Fonte: IMDB

La giovane cuoca Nazil Pinar (Özge Gürel), per mantenersi all’università, dove frequenta corsi di lingua giapponese, è alla disperata ricerca di un lavoro. Dopo aver fatto tanti colloqui, finalmente viene assunta come cuoca personale nella casa di un ricco uomo d’affari, Ferit Aslan (Can Yaman). In casa di Ferit, Nazil conosce il piccolo Bulut (Alihan Türkdemir), suo nipote, rimasto orfano di entrambi i genitori. La ragazza instaura un bel rapporto di fiducia e genuino affetto con il ragazzo ma pian piano scopre i terribili retroscena dell’incidente che ha messo fine alla vita dei suoi genitori. Ci sono infatti loschi personaggi che trama alle spalle di Ferit e del piccolo Bulut…

Can Yaman and Alihan Türkdemir in Bitter Sweet
Can Yaman e Alihan Türkdemir in Bitter Sweet – Fonte: IMDB

La serie, andata in onda in Turchia per una sola stagione di 26 episodi nel 2017, è stata un grandissimo successo. Due anni più tardi, finalmente, la serie approda in Italia e viene trasmessa su Canale 5 in un formato differente; la versione originale degli episodi, 26 da 95-165 minuti, viene sostituiti da 80 episodi da 45 minuti circa ciascuno.

Can Yaman in DayDreamer – Le ali del sogno

5. La carriera televisiva di Can Yaman, ormai ben avviata, continua nel 2019 con una nuova serie, sempre di origine turca, dal titolo DayDreamer – Le ali del sogno.

Demet Özdemir and Can Yaman in DayDreamer
Demet Özdemir e Can Yaman in DayDreamer – Fonte: IMDB

La serie racconta la storia di Sanem Aydin (Demet Özdemir), una ragazza che sogna di fare la scrittrice e di vivere alle Galapagos ma che, per sfuggire a un matrimonio combinato, inizia a lavorare in un’azienda pubblicitaria, insieme alla sorella Leyla (Öznur Serçeler), segretaria di Emre (Birand Tunca), secondogenito del capo, Aziz (Ahmet Somers).

Mentre Emre è un uomo d’affari senza scrupoli, suo fratello maggiore Can Devit (Can Yaman) è il suo opposto; è un spirito libero e gira il mondo facendo il fotografo. Quando Aziz scopre di essere gravemente malato, richiama il figlio Can per affidargli le redini dell’azienda e l’arduo compito di scovare la talpa che vende informazioni private sulla compagnia alla sua concorrente. Essere spodestato dal fratello maggiore rende furioso Emre che farà di tutto per estromettere Can e continuare con i suoi loschi affari. Nel frattempo Sanem incontra Can e tra i due nasce un rapporto che presto diventa ben più profondo di una semplice collaborazione lavorativa…

La serie in Turchia è andata in onda per una sola stagione da 51 episodi, ognuno dei quali da 120-140 minuti. Dal 10 giugno 2020, DayDreamer è approdata anche qui in Italia, su Canale 5, ma con una differente divisione degli episodi; come per Bitter Sweet, sulla tv italiana andranno in onda 152 episodi da 40-50 minuti ciascuno.

Can Yaman nuova serie e progetti futuri

https://www.instagram.com/p/CDJGXNEBD-C/?utm_source=ig_web_copy_link

4. Attualmente l’attore è impegnato su più fronti. Pare sia infatti in produzione una nuova serie dal titolo Bay Yanlış ancora inedita qui in Italia.

La serie racconta la storia di Özgür (Can Yaman), un ricco proprietario di un ristorante che pensa solo a divertirsi e non crede nell’amore. Dall’altra parte della barricata c’è invece Ezgi (Özge Gürel) che sceglie sempre l’uomo sbagliato ma che è determinata a trovare il tipo giusto da sposare. L’incontra tra Özgür e Ezgi dà vita a uno strano gioco ‘mentore-allievo’; l’uomo è intenzionato a insegnare a Ezgi tutte le tattiche giuste per conquistare gli uomini e arrivare così alla sua anima gemella.

3. Oltre a Bay Yanlış, in cantiere per Can Yaman c’è anche un nuovo film per la tv dal titolo CanyaMan:The Legend di cui attualmente non si hanno altre informazioni.

Can Yaman oggi: tante curiosità

2. Molto attivo sui social e soprattutto sul suo account Instagram, Can Yaman è tuttavia una persona molto riservata. Non si sa infatti molto della sua vita privata anche se spesso i giornali gli attribuiscono nuovi flirt. Attualmente, Can pare sia single e molto concentrato sulla sua carriera di attore.

https://www.instagram.com/p/B5SJnFUhU6z/?utm_source=ig_web_copy_link

1. Essendo molto attivo sui social e molto legato ai suoi fan, durante la quarantena pare che il bel Can si sia dedicato allo studio della lingua spagnola. Parlando già fluentemente il turco, l’italiano, il tedesco e l’inglese, con l’aggiunta dello spagnolo, l’attore può adesso interagire meglio con tutti i suoi fan, rispondendo a ogni domanda o commento in lingue diverse.

Ma durante la quarantena da Covid, Can non si è dedicato solo allo spagnolo; pare infatti che l’attore abbia preso lezioni di tango dalla madre.

Fonte: Wiki, IMDB,

Dead for a Dollar, recensione del film di Walter Hill

Dead for a Dollar, recensione del film di Walter Hill

Dead For a Dollar è il nuovo western di Walter Hill, presentato fuori concorso a Venezia 79, con Christoph Waltz, Willem Defoe, Rachel Brosnahan, Warren Burke e Benjamin Bratt protagonisti. Quando i titoli di coda appaiono sullo schermo alla fine di Dead for a Dollar, la dedica “In memoria di Budd Boetticher” campeggia in modo così evidente accanto al titolo, che potrebbe quasi fungere da sottotitolo per il film stesso. In ogni caso, questo divertente ultimo film del venerabile scrittore-produttore-regista Walter Hill è intriso di un amore elegiaco per le storyline pulite, la narrazione vivace e i dilemmi morali dei western classici, come quelli di Boetticher, tra cui L’ultimo fuorilegge (1952), Il traditore di Forte Alamo (1953) e La valle dei mohicani (1960).

Il dollaro prima di tutto

Ambientato nel 1897 il film segue il veterano cacciatore di taglie Max Borlund nelle profondità del Messico, dove incontra il giocatore d’azzardo professionista e fuorilegge Joe Cribbens, un nemico giurato che Max aveva mandato in prigione anni prima. Borlund è in missione per trovare e restituire Rachel Kidd, la moglie in ostaggio di un ricco uomo d’affari di Santa Fe. Scoprendo che la signora Kidd è in realtà fuggita da un matrimonio violento, Max si trova di fronte a una scelta: portare a termine il lavoro disonesto per cui è stato ingaggiato o restare in disparte mentre spietati mercenari fuorilegge e il suo rivale di sempre si avvicinano…

I legami nell’incarnazione del West di Hill, che ha co-sceneggiato con Matt Harris, sono prima contrattuali, poi etici. I due uomini al centro del film si trovano da una parte e dall’altra della legge: il Max Borlund di Christoph Waltz è un cacciatore di taglie, mentre il Joe Cribbens di Willem Dafoe è un fuorilegge e campione del gioco d’azzardo. Ciò che alla fine li accomuna in un rancoroso rispetto è un asse economico nella fedeltà a se stessi prima di tutto. Non si tratta di uomini nobili legati a un codice di moralità o di destino manifesto. Si tratta di lavoratori che compiono il loro dovere nei confronti dell’onnipotente dollaro, irritati innanzitutto dalle minacce di portare a termine il proprio compito.

Walter Hill rischia e affianca audacemente il racconto delle loro bussole morali alla storyline degli uomini d’affari e alle forze dell’ordine messicane, testimoni di un conflitto che si riversa oltre il confine meridionale. In termini narrativi si crea un innegabile conflitto tra il duo, stanco del mondo e la cui credibilità è data soprattutto dai due interpreti magistrali, e tutti coloro che lo circondano. La loro (in)sensibilità si scontra anche con le giovani leve che danno il via alla storia. Il ricco uomo d’affari Martin Kidd di Hamish Linklater invia il saggio ma schietto Max a recuperare sua moglie, l’indipendente Rachel Brosnahan, dalle grinfie del Buffalo Soldier Elijah Jones (Brandon Scott).

Dead for a Dollar: un B-Movie caotico

Apprezzabile è l’intento del regista Walter Hill di avvicinarsi a una sorta di idea metapoetica del western, riflettendo la nostalgia per “un certo periodo della storia americana che tutti condividiamo”, ma cercando di scongelare il genere dai dettami degli anni ’40 e ’50, lasciando che accolga rilevanza moderna e che l’intenzione cambi.

Dead for a Dollar è un progetto indipendente, che è stato girato in poche settimane; nonostante sia figlio di uno dei più grandi nomi del genere western, i limiti tecnici vanno a inficiare l’evoluzione di una storia fin troppo classica, che non trova luce nel tentativo di modernizzazione dei suoi personaggi, quanto più nella solida constazione del b-movie che intrattiene, ma regala poco.

In Dead for a Dollar, c’è tutto del genere: i toni seppia e la colorazione giallastra della fotografia, per dare l’impressione costante di una luce solare intensa che invade il sud-ovest americano e il Messico; uno sconfinato senso dello spazio e della giografia, la parola data che deve essere mantenuta, tutto in nome di quel dollaro che può riscattare le sorti di chi è caduto, e arricchire l’ego del più rinomato cacciatore di taglie.

I western si preannunciano, e questa tradizione rimane valida anche per Dead for a Dollar: con una sceneggiatura ridotta all’osso, il film si identifica come “più contemporaneo” solo per la presenza di famose star davanti alla macchina da presa. Sembra quasi che Walter Hill abbia voluto realizzare il western che conosceva in passato, rudimentale ma sicuramente di intrattenimento, che regala qualche momento interessante soprattutto grazie all’interazione di Rachel con il personaggio di Christoph Waltz. Nonostante ciò, Hill rimane un forte regista d’azione: la sequenza di venti minuti di sparatorie che chiude il film è prevedibilmente emozionante, con una manciata di colpi che evocano i giorni di gloria del regista.

Del resto, il caos visivo e narrativo mina il risultato finale di Dead for a Dollar che, tra un’inquivocabile derivatività e un comparto tecnico che commette non pochi scivoloni, si conferma come un b-movie d’intrattenimento, ma che indubbiamente non gode del fattore re-watch.

Il Signore delle Formiche: recensione del film di Gianni Amelio

0
Il Signore delle Formiche: recensione del film di Gianni Amelio

Anche Gianni Amelio, come Emanuele Crialese e Alejandro G. Inarritu nell’ambito del Concorso di Venezia 79, ricorre alla pseudo-biografia nel suo Il Signore delle Formiche, presentato in anteprima nella Selezione Ufficiale della Mostra, a contendersi il Leone d’Oro. In questo caso, l’elemento biografico è “laterale” e la figura del regista si sovrappone vagamente a quella di Elio Germano, che interpreta un giornalista che segue da vicino il processo per plagio subito dall’intellettuale Aldo Braibanti.

Il Signore delle Formiche, la trama

Alla fine degli anni Sessanta si celebrò a Roma un processo che fece scalpore. Il drammaturgo e poeta Aldo Braibanti fu condannano a nove anni di reclusione con l’accusa di plagio, cioè di aver sottomesso alla sua volontà, in senso fisico e psicologico, un suo studente e amico da poco maggiorenne. Il ragazzo, per volere della famiglia, venne rinchiuso in un ospedale psichiatrico e sottoposto a una serie di devastanti elettroshock, perché ‘guarisse’ da quell’influsso ‘diabolico’. 

Amelio prende spunto dalla storia vera per raccontare un coro a più voci, non solo la figura di Braibanti, interpretato da Luigi Lo Cascio, ma anche parenti, amici, persone che in qualche modo hanno seguito la vicenda da vicino e che ne sono rimasti toccati. 

Una storia vera

Il Signore delle Formiche racconta di queste vite travolte, di questo processo assurdo e mette in luce una storia vera che forse non è conosciuta da moltissimi. Proprio questo aspetto avrebbe potuto spingere il regista ad approfondire meglio l’aspetto del processo, sottolineando di più quanto l’accusa di plagio fosse a tutti gli effetti uno strumento che mirava a punire i “diversi”, che all’epoca non potevano essere considerati esistenti, figurarsi poi chiamarli omosessuali, senza uno strascico di giudizio e disprezzo. 

La classicità del cinema di Amelio, ma anche l’impressione che si sia fuori tempo massimo per raccontare in questo modo storie legate alla persecuzione dell’omosessualità nel nostro Paese, contribuiscono a far percepire Il Signore delle Formiche un film “vecchio”, che sembra non aver senso in questo momento storico in cui la conversazione intorno alle tematiche di genere è varia, vasta e all’ordine del giorno. Soprattutto è arrivata a livelli molto più avanzati rispetto al classicismo proposto del film.

Un racconto lontano dalla contemporaneità

Il cinema spesso si fa narratore di storie vere non troppo conosciute e sicuramente la vicenda di Braibanti merita di essere nota e raccontata, ma forse avrebbe meritato uno spirito più moderno, un occhio che fosse al passo con i tempi e che rendesse attuale il discorso intorno a un pregiudizio che nel Paese Reale esiste ancora in maniera invasiva e capillare.

Tutto ne Il Signore delle Formiche è poco ispirato, dalla messa in scena alla scrittura, fino addirittura alle interpretazioni, lo stesso Lo Cascio che è sempre brillante qui viene fagocitato dalla stanchezza con cui questa storia, potente e importante, viene lasciata andare con fare svogliato e pigro.

Red One: Kiernan Shipka nel cast del film con Dwayne Johnson e Chris Evans

0

Un nuovo nome si aggiunge al cast di Red One, il film natalizio di Prime Video, ideato dal presidente della Seven Buck Production, Hiram Garcia, che in precedenza ha descritto il progetto come “Hobbs incontra Miracolo sulla 34ª Strada“. Il progetto è stato poi comprato dal colosso dello streaming dopo una guerra di offerte descritta come altamente competitiva. Protagonisti del film saranno Dwayne Johnson e il Captain America della Marvel Chris Evans, ai quali si unisce ora l’attrice Kiernan Shipka, divenuta celebre grazie alle serie Mad Men e Le terrificanti avventure di Sabrina.

Mentre i dettagli relativi ai personaggi dei tre attori,  insieme alla trama, sono tenuti ancora strettamente segreti, Red One è ad oggi stato presentato come una commedia d’azione che combina vacanze natalizie con avventure in giro per il mondo. Un’ulteriore descrizione anticipa il film come “un universo completamente nuovo da esplorare all’interno del genere natalizio“. Il film vedrà Johnson collaborare di nuovo con il regista del franchise di Jumanji Jake Kasdan, che ha dunque già diretto l’ex wrestler in Benvenuti nella giungla e The Next Level.

La sceneggiatura è invece firmata da Chris Morgan, che in precedenza ha lavorato con la Seven Bucks e Johnson a progetti come Fast & Furious: Hobbs and Shaw, Fast & Furious 5, Fast & Furious 6, Fast & Furious 7 e Fast & Furious 8. Le riprese del film dovrebbero iniziare quest’anno, con un’uscita nei cinema ancora non confermata ma, dato il tema natazilio, prevedibile per il Natale del 2023. Grazie a Prime Video, il film sarà poi anche trasmesso in streaming in più di 240 paesi e territori in tutto il mondo.

Fonte: Collider

Sympathy for the Devil: Nicolas Cage e Joel Kinnaman nel cast del film

0

Gli attori Nicolas Cage e Joel Kinnaman reciteranno insieme in un nuovo film intitolato Sympathy for the Devil. La pellicola vede Kinnaman nei panni di un’autista che un giorno incontra un misterioso passeggero, interpretato da Cage, ritrovandosi coinvolto in un gioco di inseguimenti ad alto rischio. Man mano che la loro corsa da brivido avanza, diventa chiaro che non tutto è come sembra”. Ulteriori dettagli della trama sono attualmente tenuti segreti, ma il film che sembra dunque coinvolgere inseguimenti da brivido tra automobili  è descritto anche come un intenso thriller psicologico.

La sceneggiatura è scritta da Luke Paradise mentre a dirigere il film vi è Yuval Adler, noto per The Operative, così come per il suo primo lungometraggio, Bethlehem, che gli è valso un premio ai Venice Days. Capstone Studios sta collaborando con la Hammerstone Studios e la Signature Films per produrre il film. Allan Ungar, uno dei produttori del film, ha rilasciato la seguente dichiarazione: “Questo film è un tour de force con due attori incredibili. In qualità di regista acclamato, Yuval ha assemblato il cast perfetto e ha apportato una visione unica e grintosa in questo racconto che catturerà sicuramente il pubblico“.

Cage e Kinnaman sono entrambi rinomati nel fornire performance memorabili in film appartenenti al genere thriller d’azione. Il primo è celebre per film come The Rock, Con Air e Face/Off – Due facce di un assassino, mentre più di recente ha recitato in thriller come Drive Angry, Mandy e Pig. Kinnaman è invece noto per film come RoboCop, The Suicide Squad e The Informer. Ancora non ci sono informazioni sulla data di distribuzione del film, che attualmente sembra essere ancora in fase di riprese a Las Vegas.

Fonte: ScreenRant

Wendell & Wild: il trailer del nuovo film in stop motion di Henry Selick

0

Netflix ha rilasciato il trailer e nuove immagini per Wendell & Wild, il nuovo film horror in animazione stop-motion del visionario regista Henry Selick, già celebre per aver diretto The Nightmare Before Christmas e Coraline. Questo suo nuovo film, inoltre, vanta anche la presenza di Jordan Peele (Get Out, Noi, Nope) come scrittore, produttore e doppiatore, cosa che rende Wendell & Wild una delle uscite cinematografiche più attese dell’anno. Il racconto è inoltre basato su un libro inedito di Selick e Clay McLeod Chapman, trasformato poi in una sceneggiatura dallo stesso Selick e Peele.

Il nuovo trailer rilasciato presenta Kat Elliot (doppiata da Lyric Ross), un’adolescente dallo stile dark che è letteralmente costretta ad affrontare i suoi demoni. Questi hanno in realtà dei nomi, ovvero Wendell (doppiato da Keegan-Michael Key) e Wild (doppiato da Jordan Peele). Il trailer non rivela però il motivo per cui Kat è stata presa di mira da queste due mostruose creature, ma sembra che il racconto ruoterà intorno ad un trauma represso e ad un’infanzia sfregiata. Tematiche dunque affini alla poetica di Selick, che già con Coraline aveva esplorato dinamiche simili attraverso una componente fantasy horror.

Allo stesso modo, questo primo trailer dimostra ancora una volta tutta la grande attenzione riposta da Selick nel rendere l’animazione in stop motion più entusiasmante che mai. Tra personaggi estremamente caratteristici, colori e ambienti espressionisti e una forte incursione nella mente della protagonista, queste prime immagini di Wendell & Wild sembrano anticipare un’opera di Selick all’ennesima potenza. Wendell & Wild sarà presentato in anteprima mondiale al 47° Toronto International Film Festival l’11 settembre. Successivamente, il film d’animazione arriverà su Netflix il 28 ottobre, giusto in tempo per Halloween. Qui di seguito è possibile vedere il trailer.

Fonte: Collider

Doctor Strange 2: Lashana Lynch non si aspettava di essere chiamata per un cameo

0

L’attrice Lashana Lynch, vists di recente anche in No Time To Die, ha raccontato di essere rimasta particolarmente sorpresa dal fatto che i Marvel Studios la volessero per un cameo nel film Doctor Strange nel Multiverso della Follia. La sorpresa deriva dal fatto che la Lynch aveva già avuto un ruolo nell’MCU, interpretando Maria Rambeau in Captain Marvel, ovvero la collega e migliore amica della protagonista. Come affermato poi nella serie WandaVision, dove compare la figlia Monica Rambeau, Maria è deceduta e ciò ha dunque posto fine alla presenza della Lynch nel Marvel Cinematic Universe.

L’esplorazione del Multiverso nel nuovo film dedicato a Doctor Strange ha però permesso il ritorno dell’attrice, se pur con un ruolo in parte differente. Chi ha visto il film saprà infatti che la Lynch ha sì ripreso i panni di Maria Rambeau, la quale però è anche la Captain Marvel di Terra-838. In una recente intervista l’attrice ha dichiarato “è stato stupefacente. Kevin Feige me l’ha detto molto tempo prima che il mondo sapesse cosa le stava succedendo, il che è stato triste perché mi è piaciuto molto Captain Marvel e lavorare con Brie e tutti. Ma che bello avere questo momento per noi, anzi, per la cultura; è stato un colpo di scena che non ci saremmo mai aspettati.”

Come noto, però, il personaggio viene brutalmente eliminato durante lo scontro con la Scarlet Witch di Elizabeth Olsen. Questo breve cameo dell’attrice potrebbe dunque essere anche l’ultima volta che la si vede in un progetto Marvel, ma considerando la natura del Multiverso non è da escludere del tutto una sua possibile ricomparsa in futuro. Attualmente Doctor Strange nel Multiverso della Follia è presente sulla piattaforma Disney+, disponibile per chi desidera vederlo o rivederlo, ritrovando sia il cameo della Lynch come anche i tanti altri presenti.

Fonte: ScreenRant

Wonder Man: la nuova serie Marvel sarà una satira di Hollywood

0
Wonder Man: la nuova serie Marvel sarà una satira di Hollywood

Negli scorsi mesi è stato annunciato un nuovo progetto seriale dei Marvel Studios, ovvero Wonder Man. Questa nuova serie, che andrà a trovare il proprio spazio sulla piattaforma Disney+, è incentrata su uno dei personaggi più antichi della Marvel, ovvero Simon Williams alias Wonder Man. Introdotto nel 1964 nei Marvel Comics, inizialmente come un cattivo, il personaggio è poi stato ripensato come un eroe negli anni ’70. Egli ha acquisito poi i suoi poteri quando il Barone Zemo lo ha trasformato in un essere di energia ionica, conferendogli forza e velocità sovrumane, invulnerabilità e manipolazione dell’energia stessa. Tolti i panni del supereroe, Williams ha invece un lavoro quotidiano come attore e stuntman.

Proprio per via di questa sua professione, alcun rumor suggeriscono di come la serie sarà ambientata ad Hollywood e darà vita ad una vera e propria satira dell’industria cinematografica statunitense. Se così fosse, sarebbe un’importante novità in casa Marvel, che andrebbe sostanzialmente a parlare, in modo più o meno velato, anche di sé stessa e del suo impatto su Hollywood. Ad oggi del progetto si sarà però molto poco, se non che Destin Daniel Cretton, già regista di Shang Chi e la Leggenda dei Dieci anelli, sarà il co-creatore e produttore esecutivo di Wonder Man, insieme allo sceneggiatore capo Andrew Guest (Brooklyn Nine-Nine).

Mentre ancora non è noto chi interpreterà il protagonista, è però stato annunciato che il premio Oscar Ben Kingsley riprenderà il ruolo di Trevor Slattery, il finto Mandarino già comparso in Iron Man 3 e, successivamente, in Shang-Chi e la leggenda dei dieci anelli. Considerando che Slattery è a sua volta un attore, l’ipotesi che la serie possa essere ambientata ad Hollywood non fa che rafforzarsi. Bisognerà però che la serie entri in fase di produzione per avere maggiori certezze. Attualmente, il progetto si trova però solamente in fase di sviluppo e le riprese non inizieranno prima del 2023.

Fonte: ComicBook

Guardiani della Galassia Vol. 3: James Gunn si è approcciato in modo diverso al film

0

Il 5 maggio 2023 uscirà al cinema il film Guardiani della Galassia Vol. 3, l’atteso nuovo capitolo dedicato ad alcuni dei più amati personaggi di tutto il Marvel Cinematic Universe. Il precedente film, il Vol. 2, risale ormai al 2017 e tante cose sono cambiate da quel momento. Per i guardiani del film, questo nuovo film sarà anche l’ultimo dedicato a loro e li racconterà mentre riprendolo le loro avventure dopo gli eventi di Avengers: Endgame, dirigendosi verso nuovi orizzonti narrativi. Proprio considerando l’importanza di questo nuovo film, il regista James Gunn ha recentemente spiegato di come il suo stile di regia sia cambiato per l’occasione.

Rispondendo a un fan su Twitter, che chiedeva quanto debba essere rigida o collaborativa una produzione per la riuscita di un film, Gunn ha infatti notato come il suo approccio all’imminente sequel di Guardiani della Galassia sia stato molto meno rigido di quanto non fosse nel film originale. “Film diversi richiedono atmosfere diverse“, ha twittato. “Personalmente sono più sciolto di prima. Cambio spesso le cose sul set, il che era eretico per me nel periodo di Guardians of the Galaxy Vol. 1“. Gunn ha poi aggiunto che un regista che è spontaneo sul set va bene, a patto che sia ancora preparato per le riprese e non dia per scontato il tempo e il talento del cast e della troupe.

Dal nuovo Guardiani della Galassia Vol. 3 sembra dunque ci si possa aspettare qualcosa di fedele ai precedenti due film ma allo stesso di completamente nuovo, che stando al regista ha permesso di arricchire il tutto. Come noto, il cast di questo nuovo capitolo si compone di Chris Pratt, Zoe Saldana, Dave Bautista, Vin Diesel, Karen Gillan, Bradley Cooper, Pom Klementieff. New entry è invece l’attore Will Poulter, che assumerà i panni del potente Adam Warlock.

Fonte: CBR

Venezia 79, foto dal red carpet: Penelope Cruz, Tilda Swinton, Julianne Moore e…

0

Ecco tutti i protagonisti della sesta giornata di Festival, alla 79esima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia protagonisti sul red Penelope Cruz, Tilda Swinton, Julianne Moore. Di seguito tutte le foto: 

Tilda Swinton ha presentato in concorso The Eternal Daughter. Tornate nell’antica dimora di famiglia, trasformata in un hotel ma carica di un misterioso passato, un’artista e la madre anziana affrontano segreti rimasti a lungo sepolti.

Il commento della regista di The Eternal Daughter

Alla fine ho scoperto che il mio personale senso di colpa, naturalmente legato a quello di mia madre, mi impediva di creare una storia simile. Quando però, due anni fa, ho deciso di ambientarla in un hotel inquietante e misterioso, qualcosa è cambiato: ho capito che i fantasmi possono intrecciarsi alle nostre emozioni più profonde e intime.

Unbreakable – Il predestinato: trama, cast e sequel del film

Unbreakable – Il predestinato: trama, cast e sequel del film

I film dedicati ai supereroi sono oggi quantomai dominanti nel cinema mondiale. Attraverso di loro si animano racconti capaci non solo di infondere tanta meraviglia, ma anche di raccontare attraverso potenti metafore il mondo contemporaneo. Quello del cinecomic è dunque ormai un genere esplorato da più punti di vista, definitosi in una serie di caratteristiche ricorrenti. Queste vanno dalla formazione del supereroe al suo addestramento nell’uso dei superpoteri, dallo scontro con la nemesi alla comprensione del proprio ruolo nella società. Il film del 2000 Unbreakable – Il predestinato (qui la recensione), è invece un brillante esempio di come poter decostruire tale struttura di racconto.

Reduce dal successo di Il sesto senso, il regista M. Night Shyamalan decide infatti di dar vita ad un film incentrato sulla figura del supereore. Inizialmente, Unbreakable avrebbe dovuto rientrare nella classica costruzione del viaggio dell’eroe, ma poiché il regista trovò molto più interessante il racconto della formazione del protagonista, decise di concentrarsi esclusivamente su questo. Il film si svela dunque come una lunga origin story, priva di elementi come lo scontro con il villain di turno. Tutta la vicenda diventa così una densa riflessione sul ruolo del supereroe, sulla sua nuova situazione e sull’acquisizione di consapevolezza riguardo i propri poteri.

Un’opera dunque insolita, oggi inserita all’interno di un racconto più ampio che nel corso degli anni si è arricchito di due sequel. Al momento della sua uscita, Unbreakable non mancò di affermarsi come un titolo molto apprezzato, venendo anche indicato come uno dei migliori film a tema supereroe di sempre. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e ai suoi sequel. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Unbreakable – Il predestinato: la trama del film

Protagonista del film è David Dunn, una guardia di sicurezza che vive una normalissima esistenza, diviso tra il lavoro e la famiglia, composta dalla moglie Audrey e dal figlio Joseph. Tutto quello che credeva di sapere di sé cambia però per sempre il giorno in cui il treno su cui si trova deraglia brutalmente. L’evento causa la morte di tutti i passeggeri, mentre David ne esce totalmente incolume e senza neanche un graffio. La notizia si diffonde rapidamente e David si ritrova ad essere a suo modo una celebrità. In particolare, a mettersi in contatto con lui è Elijah Price, proprietario di una galleria d’arte.

Quando lo incontra, il misterioso uomo rivela a David di essere estremamente fragile, affetto dalla nascita da una osteogenesi imperfetta che rende le sue ossa simili al vetro. Elijah introduce così David alla teoria sui supereroi, la cui esistenza sembra essere tutt’altro che un mito. Motivato dall’uomo, David inizia così a testare la propria resistenza, scoprendosi dotato di una forza sovrumana che lo rende invincibile. Allo stesso tempo, egli scopre che entrando in contatto con altre persone può vedere i loro eventuali atti criminali. Decide a questo punto di usare i suoi poteri per fare del bene, senza sapere però quanto forte possa essere anche il male.

Unbreakable - Il predestinato cast

Unbreakable – Il predestinato: il cast del film

Nel dar vita al film, Shyamalan aveva in mente solo un attore possibile per il ruolo di David Dunn, ovvero Bruce Willis. I due, che avevano già lavorato insieme per Il sesto senso, diedero così vita ad una nuova collaborazione. Per il ruolo, Willis ha sfoggiato per la prima volta una rasatura completa, con cui è stato poi conosciuto da quel momento fino ad oggi. Allo stesso modo, egli si è sottoposto ad un rigido allenamento fisico, volto ad implementare la sua muscolatura. Ciò gli ha permesso di poter interpretare molte delle scene più complesse che si ritrovano nel film. Nel ruolo di sua moglie Audrey si ritrova l’attrice Robin Wright, mentre Spencer Treat Clark è il loro figlio Joseph.

Ad interpretare Elijah Price vi è invece Samuel L. Jackson, anch’egli unico attore considerato per il ruolo dal regista. L’attore ha poi partecipato in modo attivo alla costruzione estetica del personaggio, a cui nel corso del film viene anche associato il colore viola. Questa scelta fu particolarmente gradita da Jackson, il cui colore preferito è proprio il viola. L’attrice Charlayne Woodard è invece presente nel ruolo della madre di Elijah, pur essendo l’interprete più giovane di alcuni anni rispetto a Jackson. Sono poi presenti nel film anche Michael Kelly nel ruolo del dottor Dubin e Eamonn Walker in quelli del dottor Mathison. Il regista Shyamalan compare invece con un cameo nei panni di uno spacciatore allo stadio.

Unbreakable – Il predestinato: i sequel, il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

A distanza di circa quindici anni da Unbreakable, Shyamalan ha realizzato il film Split, thriller basato sulle molteplici personalità di Billy Milligan. Mentre lavorava al progetto, il regista ha deciso di farlo diventare un sequel del film del 2000, dando così vita ad un universo narrativo unico. I due film, con personaggi e vicende apparentemente scollegate, hanno poi trovato un loro intreccio con il terzo capitolo della trilogia. Intitolato Glass e uscito al cinema nel 2019, questo ha visto la partecipazione di Willis e McAvoy nei rispettivi ruoli, come anche il ritorno di Samuel L. Jackson nei panni di Elijah Price, ovvero Mr. Glass.

È possibile vedere o rivedere il film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Unbreakable – Il predestinato è infatti disponibile nel catalogo di Chili, Apple iTunes e Disney+. Per vederlo, in base alla piattaforma scelta, basterà iscriversi o noleggiare il singolo film. Si avrà così modo di poter fruire di questo per una comoda visione casalinga. È bene notare che in caso di solo noleggio, il titolo sarà a disposizione per un determinato limite temporale, entro cui bisognerà effettuare la visione. Il film sarà inoltre trasmesso in televisione il giorno martedì 6 settembre alle ore 21:20 sul canale Rai 4.

Fonte: IMDb

Kill Bill – Vol. 2: trama, cast e curiosità sul film con Uma Thurman

Impostosi come uno dei registi più innovativi e importanti degli ultimi 30 anni, Quentin Tarantino vanta nella propria filmografia grandi opere come Pulp Fiction, Bastardi senza gloria e C’era una volta a… Hollywood. Tra i suoi film più amati vi è però Kill Bill – Vol 2, seconda parte del dittico incentrato sulla disperata ricerca di vendetta della sposa Beatrix Kiddo. Vera e propria summa della poetica di Tarantino, il regista ha fatto confluire in questo tutto il suo amore per il cinema e la cultura popolare. Tra violenza, citazionismo e sequenze ormai entrate nell’immaginario collettivo, prende così forma uno dei film ancora oggi più iconici di Tarantino.

La genesi di questo, come noto, risale al set di Pulp Fiction, dove il regista iniziò a concepire la storia insieme all’attrice Uma Thurman. A quasi dieci anni da quel momento, Kill Bill ha infine preso vita. Nonostante siano stati realizzati come un’unica pellicola, il volume 1 e il volume 2 hanno degli elementi caratterizzanti. Infatti, se il primo volume è più orientale, dedicato ai film di kung-fu e allo Yakuza film, il volume 2 appare invece proteso verso l’occidente ed ispirato ai suoi miti, con le atmosfere da spaghetti-western, con riferimenti a film di Sergio Leone e la presenza di almeno sei tracce della colonna sonora eseguite da Ennio Morricone.

Affermatosi da subito come un grandissimo successo, con un incasso mondiale di 152 milioni di dollari, Kill Bill – Vol. 2 ha così contribuito ulteriormente a consolidare la fama di Tarantino, rendendolo uno dei grandi autori della sua generazione. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori ed alla sua colonna sonora. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Kill Bill – Vol. 2: la trama del film

Protagonista del film è Beatrix Kiddo, anche nota come La Sposa, letale assassina membro del gruppo Deadly Viper Assassination Squad, capitanata dallo spietato Bill. Stanca di quella vita priva di certezze e punti fissi, Beatrix decide di staccarsi da tutta quella violenza nel momento in cui scopre di essere incinta. Fugge così in Texas, sotto falsa identità, innamorandosi di un giovane e organizzando con lui delle nozze sbrigative. Durante le prove di queste, però, si presenta a sorpresa in chiesa il suo vecchio capo Bill. Ben presto, quel luogo sacro si trasforma in un vero e proprio teatro di morte, da cui nessuno sembra poter uscire vivo. Creduta morta, Beatrix si risveglierà però dopo quattro anni di coma.

Comprende dunque cosa è successo, cosa le è stato fatto e cosa le è stato tolto per sempre. Senza pensarci decide dunque di organizzare una vendetta letale contro i suoi ex colleghi di lavoro, ricercandoli uno ad uno per ucciderli tutti. Dopo aver eliminato l’assassina O-Ren Ishii, la stessa sorte toccherà a Budd e Elle Driver, la più spietata degli assassini della Deadly Viper Assassination Squad. L’ultimo sulla sua lista è Bill, colpevole di aver organizzato quel tradimento. Prima di poter arrivare a lui, però, Beatrix dovrà fare i conti anche con il proprio passato e con ciò che l’ha legata all’uomo che sta andando ad uccidere. Soltanto chiudendo tutti i conti con la propria vita passata potrà iniziarne una nuova in pace.

Kill Bill - Vol. 2 cast

Kill Bill – Vol. 2: il cast del film

Il ruolo della protagonista, Beatrix Kiddo, è sempre stato unicamente pensato per l’attrice Uma Thurman, dato che il personaggio è stato sviluppato insieme a lei. Per poter assumere il ruolo, la Thurman si è poi sottoposta a diversi allenamenti, tanto per il combattimento corpo a corpo quanto nell’utilizzo della spada. Michael Madsen, attore ricorrente nel cinema di Tarantino, interpreta Budd, altro assassino ora attivo come semplice buttafuori. Daryl Hannah è invece Elle Driver, la più cattiva degli assassini di Bill. L’attore Michael Parks compare invece nei panni di Esteban Vihaio, un pappone e padrino di Bill. Samuel L. Jackson, attore feticcio di Tarantino, è presente con un cameo nei panni del suonatore di organo in chiesa.

Ad interpretare lo spietato Bill vi è David Carradine. Tale personaggio era stato offerto anche agli attori Jack Nicholson, Kurt Russell e Mickey Rourke, i quali l’avevano però rifiutato. Prima di Carradine, però, ad interpretare Bill era stato chiamato l’attore Warren Beatty. Dopo un periodo di contrattazione, anche questi rifiutò, permettendo a Tarantino di avere la libertà di offrire il ruolo a Carradine, avendo scritto il personaggio proprio pensando a questi. L’attore e artista marziale hongkonghese Gordon Liu è infine presente nei panni del leggendario maestro Pai Mei. Inizialmente, Tarantino voleva doppiare il personaggio, ma decise di abbandonare l’idea e permettere all’attore di recitare con la propria voce.

Kill Bill – Vol. 2: la colonna sonora, il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

Anche Kill Bill, come ogni film di Tarantino, si avvale di una colonna sonora assai ricercata, piena anch’essa, come il film, di citazioni e riferimenti. Molti delle canzoni presenti sono infatti tratte da altri film, dando vita a legami che arricchiscono questo volume 2 di ulteriori significati. In generale, ogni brano sembra essere la perfetta descrizione di quanto avviene in scena o nell’interiorità dei personaggi. Tra i brani più noti tra quelli presenti se annoverano diversi del maestro Morricone, il più dei quali appartenenti ai film western più celebri da lui musicati, come Il buono, il brutto, il cattivo e Per un pugno di dollari. Si annoverano poi anche Goodnight Moon di Shivaree, A Satisfied Mind di Johnny Cash e I giorni dell’ira di Riz Ortolani.

Per vedere il film e ascoltare la sua colonna sonora, è possibile fruire del titolo grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Kill Bill – Vol 2 è infatti disponibile nei cataloghi di Chili Cinema, Google Play e Now. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di martedì 6 settembre alle ore 21:00 sul canale 20 Mediaset.

Fonte: IMDb

Argentina 1985, recensione del film con Ricardo Darín

0
Argentina 1985, recensione del film con Ricardo Darín

Diretto da Santiago Mitre e interpretato dal divo argentino Ricardo Darín, Argentina 1985 è un viaggio emozionante e divertentissimo in un periodo doloroso ma di grande riscatto nella storia del Paese dell’America del Sud. Il film è stato presentato nella sezione in Concorso della selezione ufficiale della 79° Mostra Internazionale di Venezia.

La storia di Argentina 1985

Il film è ispirato alla vera storia dei procuratori Julio Strassera e Luis Moreno Ocampo, che nel 1985 vennero incaricati di indagare e perseguire i responsabili della fase più sanguinosa della dittatura militare argentina. Senza lasciarsi intimidire dall’ancora notevole influenza che l’esercito aveva sulla loro fragile, nuova democrazia, Strassera e Moreno Ocampo formarono un giovane team legale di improbabili eroi per ingaggiare la loro battaglia di Davide contro Golia. Costantemente minacciati, insieme alle loro famiglie, lottarono contro il tempo per dare giustizia alle vittime della giunta militare.

L’ironia è la chiave del racconto

Santiago Mitre e Mariano Llinás firmano un copione brillante, che stempera tutti gli aspetti più spaventosi e minacciosi della storia vera legati a Strassera e alla sua squadra, pur restituendo una grande dignità ai testimoni e a coloro che hanno affrontato lo stress di testimoniare davanti agli imputati le terribili esperienze vissute nel periodo della dittatura. Il film che ne viene fuori è proprio così, commovente e brillante, in alcuni passaggi esilarante, una caccia alla giustizia in nome di una democrazia appena conquistata che ha fatto di Strassera e della sua squadra un gruppo di eroici combattenti sotto l’egida della fiducia nella legge.

Mitre si mette completamente al servizio della storia, dando costante ritmo alla narrazione della vicenda con grande spirito. Ricardo Darín è poi un mattatore di grande classe, il suo Julio Strassera è infaticabile, ligio, onesto e retto, ma è anche spiritoso, ironico, divertente, infaticabile e sempre pronto a mettersi in gioco, anche di fronte alle minacce rivolte alla sua famiglia, che nel film ha un ruolo di primo piano e che è interpretata da attori magnifici.

Una pagina di storia fondamentale per l’Argentina

L’ironia è per Mitre l’arma con cui rielaborare una pagina fondamentale nella storia del suo Paese: all’epoca dei fatti, Mitre era ancora un bambino ma senza dubbio il guardare a quel processo, a quello che ha significato, alle forze in gioco in quel momento attraverso una lente di parziale leggerezza gli ha permesso di raggiungere anche la giusta distanza emotiva, per regalare al pubblico un film avvincente ed emozionante, che arriverà su Amazon Prime Video.

Innocence: recensione del documentario di Guy Davidi

Innocence: recensione del documentario di Guy Davidi

Ci sono voluti più di 10 anni e il sostegno di una produzione danese per realizzare un film come Innocence. Guy Davidi, regista e sceneggiatore israeliano, ha messo in piedi un documentario critico e toccante. Innocence affronta un tema di punta per i giovani d’Israele: il servizio militare obbligatorio.

Presentato alla 79ª Mostra internazionale di Venezia nella sezione OrizzontiInnocence è prodotto da Danish Documentary Production, Medalia Productions, Making Movies  e Real Lava Sagafilms.

Di cosa parla Innocence

Innocence è un collage di testimonianze che parla di forze armate mettendo in primo piano i due suoi maggiori nemici: innocenzasensibilità. In Israele, fin da  bambini i cittadini imparano le gesta e l’importanza dell’esercito. Attraverso un’opera di storytelling che inizia all’asilo, gli israeliani vengono incoraggiati a prestare servizio militare. Così, non appena compiono 18 anni sono obbligati a unirsi all’esercito: i ragazzi per 36 mesi, le ragazze per 24.

Il regista del film Guy Davidi sceglie quindi di creare una narrazione opposta: invece di cantare le gesta dei soldati, racconta di coloro che, costretti al servizio militare, hanno perso la vita: c’è chi è rimasto ucciso e chi ha scelto il suicidio. Unendo video amatoriali, interviste ai parenti delle vittime, lettere d’addio, disegni e riprese sul campo, Innocence mostra la perdita d’innocenza a cui sono costretti i ragazzi d’Israele.

Dall’olocausto alla militarizzazione

InnocenceFino a che punto la narrazione dell’olocausto è storia e quando diventa invece uno strumento politico? Questa è la tagliente domanda che Davidi vuole porre al pubblico, in primo luogo ai suoi concittadini. Oggi l’Israele è abilissimo nella narrazione dell’utilità e dell’eroicità del proprio esercito. Facendo leva sui soprusi subiti dagli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale, il governo sembra giustificare la necessità di avere delle forze armate potenti e pronte a difendere i cittadini.

Mostrare la realtà in modo critico

L’autore smonta completamente la legittimazione della violenza messa in piedi dal governo israeliano. Per riuscire nella sua operazione, il regista non fa altro che servirsi della realtà: prende i video amatoriali realizzati tra le mura domestiche, riprende i bambini che giocano vicino al confine militare, si reca nelle scuole dove le maestre spiegano ai bambini e ai ragazzi le gesta dell’esercito. Da tutto questo materiale vero, calato negli eventi e nella quotidianità, scaturisce in maniera naturale il documentario. Non serve aggiungere altro, la realtà si commenta da sola.

Il punto di vista dei deboli: i bambini

innocence guy davidiL’operazione del regista gira tutta attorno all’arte del raccontare: mostra il lato oscuro della politica di militarizzazione adottata dal suo Paese. In particolare, pone luce sulle storie non raccontare e sulle personalità non adatte alle armi. In una parola, i deboli. La debolezza però non viene condannata e neppure compatita. Davidi vuole far prendere coscienza dell’esistenza di essa, cosa che non avviene di frequente in Israele.

Chi sono, per eccellenza, i deboli, le creature da proteggere? I bambini. È l’autore stesso ad esprimere il suo interesse per i più piccoli. ”Non c’è niente che mi tocchi di più della sensibilità di un bambino quando scopre il mondo, e non c’è niente che mi ferisca di più che vederla annientata. Israele non è un luogo in cui si valorizza l’innocenza.”

Un percorso a tappe

Per arrivare al cuore dello spettatore, Davidi inizia il suo documentario mostrando i disegni dei bambini, opere per eccellenza sincere e innocenti, che però raffigurano i soldati. Da qui, step dopo step, segue la crescita di un cittadino: la fine delle scuole, l’inizio dell’addestramento, il giuramento, tutti i passaggi che, a poco a poco, tolgono innocenza ai giovani israeliani.

Ti mangio il cuore, recensione del film di Pippo Mezzapesa

0
Ti mangio il cuore, recensione del film di Pippo Mezzapesa

Dopo l’introspettivo ed enigmatico Il bene mio, Pippo Mezzapesa scende sulla Terra, anzi agli inferi, tra i clan della mafia foggiana, raccontando con Ti mangio il cuore, la storia della prima pentita di questo misterioso e terribile (e ancora sconosciuto) spaccato di malavita del Sud Italia.

Ti mangio il cuore, la trama

Puglia. Arso dal sole e dall’odio, il promontorio del Gargano è conteso da criminali che sembrano venire da un tempo remoto governato dalla legge del più forte. Una terra arcaica da Far West, in cui il sangue si lava col sangue. A riaccendere un’antica faida tra due famiglie rivali è un amore proibito: quello tra Andrea, riluttante erede dei Malatesta, e Marilena, bellissima moglie del boss dei Camporeale. Una passione fatale che riporta i clan in guerra. Ma Marilena, esiliata dai Camporeale e prigioniera dei Malatesta, contesa e oltraggiata, si opporrà con forza di madre a un destino già scritto.

Sanguigno, verace, contrastato come la sua fotografia, Ti mangio il cuore vuole essere una tragedia greca in salsa mafiosa che ripropone degli schemi già visti e raccontati abbondantemente da cinema e televisione. E se da una parte la storia è universale e gli interpreti sono intriganti, la confezione finale si perde in formalismi poco ispirati.

ti mangio il cuore amantiL’esordio al cinema di Elodie

Si parla già tanto dell’esordio al cinema di Elodie, che interpreta la femme fatale Marilena e si intuisce presto che non è solo perché la cantante fa notizia come personaggio pubblico. La giovane si scopre dotata di un bel talento istintivo e naturale per il grande schermo, complici forse quei suoi lineamenti così intensi e quegli occhi grandi e affamati di storie. La sua Marilena è irresistibile, sia nella prima parte della storia, quando è l’altezzosa e fiera moglie del boss, sia nella seconda parte, quando è l’amante gravida di un principe mafioso in crisi esistenziale.

Accanto a lei c’è Francesco Patanè che avevamo ammirato ne Il Cattivo Poeta. Qui il giovane interprete genovese si cimenta non solo con un dialetto che non è suo, ma con un personaggio che affronta una vera e propria discesa nell’Ade, a toccare le corde più oscure della sua anima. Intorno a loro un cast di enorme talento (tra gli interpreti ci sono Lidia Vitale, Francesco Di Leva, Michele Placido e Tommaso Ragno) che impreziosisce una storia di grande ambizione ma di tiepida esecuzione.

Ti mangio il cuore si ammanta di grande passionalità e ferocia, vorrebbe essere un affresco crudo e spietato di una realtà ancora nascosta, ma non esprime con i fatti questa intenzione esplicata nel titolo e in definitiva la sua ambizione tragica non trova riscontro nell’esito.

Pubblicità
Pubblicità
Pubblicità