Dopo il successo
planetario della serie animata di Iginio Straffi,
Winx Club, Netflix ha realizzato, in collaborazione con Rainbow,
Fate: The Winx Saga, produzione statunitense
che parte proprio dalla creatura di Straffi e ne racconta di nuovo
la storia, traducendola per un pubblico leggermente più adulto e
modernizzandone tempi e situazioni.
Nascosta in un mistico
mondo parallelo, la scuola di Alfea addestra le fate nelle arti
magiche da migliaia di anni. Bloom, studentessa della scuola, è una
fata diversa dalle altre: la ragazza è infatti cresciuta nel mondo
degli esseri umani, e, nonostante abbia un animo gentile, dentro di
sé nasconde un forte potere magico in grado di distruggere entrambi
i mondi. Per gestirlo, Bloom deve controllare le proprie emozioni,
ma la cosa si potrebbe rivelare complicata dovendo anche fare i
conti con le questioni adolescenziali. Con lei ci sono la brillante
Aisha, l’estroversa Terra, Musa, una fata delle emozioni, e Stella,
vera e propria principessa delle fate e particolarmente ostile,
all’inizio, alla nuova arrivata.
Fate: The Winx Saga – fate, sì, ma nel mondo
reale
Fate: The Winx
Saga è il primo ciclo di episodi di uno show che, a
giudicare dal successo che sta avendo sulla piattaforma, sarà
rinnovato per continuare a raccontare una vicenda che riesce a
mescolare tanti linguaggi e che si è chiusa, alla fine del sesto e
ultimo episodio, con un colpo di scena che non ha proprio niente a
che vedere con le serie colorata e rassicurante per bambini, che
guardavamo sui canali Rai qualche anno fa.
La prima caratteristica
dello show che balza agli occhi, soprattutto a quelli di chi ha
visto e amato la serie animata e i successivi film, è che
l’ideatore Brian Young si è reso conto che, parlando di
adolescenti, era necessario che i protagonisti fossero
rappresentati come veri quindicenni e sedicenni, e così è stato.
Gli studenti di Alfea, fate e specialisti, hanno a che fare con
sesso, droghe, bullismo, conflitti, piccole vendette, e tutto
rappresentato a dimensione di adolescente, diretto e ingenuo,
assolutamente efficace e realistico. E non c’è compiacimento “a là
Lolita” che invece si trova in abbondante quantità nella serie
dedicata alla streghetta Sabrina. Gli adolescenti che frequentano
Alfea sono preda di se stessi, spaventati dalla trasformazione dei
loro corpi e delle loro pulsioni, ma sempre pronti ad affrontare
con coraggio e spregiudicatezza l’ignoto.
Una
storia di formazione magica… e non solo
Queste giovani fate sono
coraggiose e sconsiderate e sono tutte alla cerca di un proprio
posto, di una propria dimensione e tutte vogliono raggiungere
l’armonia con i propri poteri, che poi altro non rappresenta che un
momento fondamentale per la crescita di persone ordinarie.
Fate: The Winx Saga è quindi un efficace racconto
di formazione che accompagna le protagoniste (ma anche i giovani
protagonisti) attraverso i turbamenti, fisici e psicologici, che li
porteranno ad entrare nell’età adulta.
Lo stesso realismo viene
applicato in maniera coerente e precisa alla messa in scena:
storia, ambientazione, i poteri delle protagoniste, la
rappresentazione dei cattivi, il tono che senza paura vira su
sfumature orrorifiche e gore. Il tono della serie riesce ad essere
allegro, spensierato, come una feste tra adolescenti, ma allo
stesso tempo è anche oscuro e molto serio, quando in campo scendono
non solo forze magiche maligne, ma anche un passato oscuro, colpe e
peccati per i quali si deve scontare una pena nel presente, e
legami antichi e misteriosi.
Tra dialoghi brillanti e
momenti ottimamente scritti, Fate: The Winx Saga si presenta come
un prodotto molto più che dignitoso, soprattutto nella scansione in
episodi. Le sei puntate che compongono la prima stagione, sono dei
mini racconti, mostrano una unità narrativa che riesce in ogni
momento, anche nell’episodio finale, ad offrire un gancio per
l’episodio (o la stagione) successiva, una scena in sospeso, una
rivelazione.
Ecco le nuove Winx
Il cast è guidato da
Abigail Cowen, già vista in
Sabrina e in Stranger Things, e
che adesso, sempre su Netflix, trova il suo spazio come
protagonista, dotata di una bellezza non convenzionale di carisma,
è lei la rossa protagonista, potentissima fata del fuoco. Al suo
fianco ci sono le altre quattro Winx: Stella, interpretata da
Hannah van Der Westhuysen, fata della luce e la
principessa ereditaria di Solaria, bella e alla moda, molto snob,
ma anche molto fragile, come si scoprirà; Musa, Elisha
Applebaum, è una fata della mente, empatica ma introversa,
riesce a percepire le emozioni e gli stati d’animo degli altri e
questo la rende particolarmente schiva, perché non vuole soffrire
attraverso gli altri, ma imparerà a sfruttare il suo potere; Terra,
Eliot Salt, corpulenta e socievole, che nasconde
una grande insicurezza ma anche una profonda consapevolezza del suo
potere (è una fata della terra) che usa diventando anche letale,
riuscirà a trovare il suo spazio nel gruppo di amiche e si rivelerà
fondamentale; Aisha, Precious Mustapha, è una fata
dell’acqua, è diligente e ambiziosa, non mente mai e questo le
causerà qualche problema con le amiche, tuttavia imparerà a
scegliere con il cuore e anche lei sarà un membro fondamentale del
Winx Club.
Intorno a loro un gruppo di amici, nemici e personaggi
ambigui che danno grande dinamicità e colore alla storia, dagli
specialisti Sky e River, al personale della scuola, fino alla
infida Beatrix (Sadie Soverall), una strega
dell’aria molto giovane ma già molto potente.
Per quello che riguarda
gli effetti visivi che ovviamente hanno un ruolo importante nella
storia, data la natura magica delle abilità delle protagoniste,
sono usati con parsimonia, molto discretamente, e con un risultato
finale che rimane sempre credibile anche nei momenti di maggiore
esposizione, come nel finale a sorpresa con Bloom al centro della
scena.
Fate: The Winx
Club è inoltre una storia molto inclusiva, sia da un punto
di vista etnico e dell’orientamento sessuale, che da quello
tematico e soprattutto di genere, che abbraccia il teen drama, il
fantasy puro, ma anche l’azione e l’avventura. È un felice
miscuglio di diversi toni che si fa anche, alla fine, inno
all’amicizia, che appare come l’unico strumento che gli adolescenti
possiedono per sopravvivere alle difficoltà, che siano esse la
scuola, dei mostri terrificanti, il controllo delle proprie abilità
magiche o delle scorribande illecite che finiscono male.
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