La sinossi della dodicesima
stagione di Chicago
Fire: “In seguito a un incendio/minaccia
estremista, la vita di Mouch è in bilico. La relazione di Sylvie
con Dylan si è conclusa e una nuova porta si è aperta quando Casey
le ha proposto di sposarlo, nel frattempo lei stava cercando di
adottare una bambina. Stella prende la decisione di lasciare
Chicago nella speranza di riportare indietro Kelly”.
Oltre a
Kinney, la dodicesima stagione del procedurale della NBC è
interpretata anche da David Eigenberg nel ruolo
del tenente Christopher Herrmann, Joe Minoso nel
ruolo del pompiere Joe Cruz, Miranda Rae Mayo nel
ruolo del tenente Stella Kidd, Daniel Kyri nel
ruolo di Darren Ritter, Hanako Greensmith nel
ruolo della paramedica Violet Mikami, Eamonn
Walker nel ruolo del vice capo distretto Wallace Boden e
Christian Stolte nel ruolo di Randall
McHolland.
Kara Killmer, che
nella serie interpretava la paramedica Sylvie Brett,
lascerà Chicago Fire nel
corso della 12ª stagione. D’altra parte, il Blake
Gallo di Alberto Rosende ha fatto un’ultima
apparizione durante la première della Stagione 12.
Richard Lewis, il
cabarettista che ha recitato accanto a Larry David
in Curb Your Enthusiasm, è morto martedì sera
nella sua casa di Los Angeles a causa di un infarto, come conferma
Variety. Aveva 76 anni.
Lewis ha annunciato lo scorso aprile
che gli era stato diagnosticato il morbo di Parkinson e che si
sarebbe ritirato dalla scena del cabaret. Recentemente è apparso
nella dodicesima stagione di Curb Your Enthusiasm,
attualmente in onda su HBO.
Nel 2021, Lewis ha annunciato che
non sarebbe apparso nella stagione 11 dello show per riprendersi da
tre interventi chirurgici. Ha sorpreso gli spettatori tornando sul
set per un episodio dell’undicesima stagione, dicendo a Variety
all’epoca: “Quando sono entrato e loro hanno applaudito, mi
sono sentito come se avessi vinto un milione di dollari. A Larry
non piace abbracciarsi, e mi ha abbracciato e mi ha detto quanto
fosse felice dopo aver girato la nostra scena.”
Lewis, che ha interpretato una
versione semi-romanzata di se stesso durante i 24 anni di
Curb Your Enthusiasm, era noto per il suo stile
comico nevrotico e autoironico. Dopo aver debuttato come attore
cinematografico nel film Diary of a Young Comic
del 1979, Lewis è diventato famoso negli anni ’80 e ’90 con
apparizioni in “The Tonight Show” e “Late Show With David
Letterman”.
Nel 1989, Lewis ha ottenuto un ruolo
da protagonista nella sitcom della ABC Anything but
Love, in cui recitava al fianco di Jamie Lee Curtis nei panni di colleghi di una
rivista di Chicago che si innamorano e non riescono a mantenere una
relazione strettamente professionale. La serie è durata 56 episodi
in quattro stagioni prima di terminare nel 1992.
Il pubblico italiano ricorderà
Richard Lewis principalmente per il suo ruolo
del Principe Giovanni in Robin Hood un uomo in
calzamaglia di Mel Brooks, ma al cinema lo abbiamo visto
anche in Via da Las Vegas e in Piscine – Incontri a
Beverly Hills. In Drunks – con un cast
che comprendeva Faye Dunaway, George Martin, Parker Posey, Howard
Rollins, Spalding Gray e Dianne Wiest – Lewis ha interpretato un
alcolizzato e tossicodipendente in difficoltà.
Nel corso della sua carriera, il
comico ha anche raccontato la sua battaglia contro la dipendenza da
droga e alcol, facendo riferimento al suo recupero e alle lotte con
la depressione e l’ansia. Lewis, un ex consumatore di cocaina e
metanfetamine, ha detto che la sua decisione di diventare sobrio è
stata in parte ispirata dalla morte di John Candy
nel 1994.
In una dichiarazione condivisa con
Variety da HBO, Larry David ha detto del suo
co-protagonista e amico di lunga data: “Richard e io siamo nati
a tre giorni di distanza nello stesso ospedale e per gran parte
della mia vita è stato come un fratello per me. Aveva quella rara
combinazione di essere la persona più divertente e anche la più
dolce. Ma oggi mi ha fatto singhiozzare e per questo non lo
perdonerò mai”.
Nel momento esatto in
cui, qui al New York Film Festival, è terminata la proiezione per
la stampa di All of Us Stranger
(Estranei), nuovo, avvolgente film di Andrew Haigh, il primo pensiero è
stato quello di trovare il romanzo di Taichi Yamada a cui si è
ispirato. Un pensiero spinto dal desiderio gioioso di comparare,
analizzare, capire come sia stata concepita una sceneggiatura
talmente potente e precisa nell’analizzare l’animo umano. Haigh ha
già ampiamente dimostrato di essere un cineasta capace di dedicare
la giusta attenzione alla vita interiore dei suoi personaggi, al
loro non detto o al rimosso. Nel caso di
Estranei però ci troviamo di fronte a un
enorme, potente passo avanti.
Estranei, la trama
Nel raccontare la storia
di Adam (Andrew Scott),
del suo percorso di elaborazione della perdita e dell’apertura
verso l’amore, Haigh compone un gioco di specchi di valore emotivo
sostanzioso e stratificato. E proprio nel momento in cui rischiava
di “perdere” la presa emotiva con il pubblico, ecco invece che il
suo film al contrario sale vertiginosamente di tono: il passaggio
dalla rappresentazione reale a quella mentale del protagonista si
rivela infatti il momento dolcissimo, accurato in cui questo dramma
umano di discosta dagli altri film e diventa un discorso di
intimità che diventa quasi imbarazzante da esperire. Tanto è intimo
il tocco di Haigh, precisa e silenziosa la sua penna, che ci si
sente di troppo ad assistere all’incontro tra Adam e i suoi
genitori, alle chiacchierate tranquille ma profonde che portano a
un confronto tanto negato quanto necessario. La bellezza e la bontà
della storia d’amore che Adam inizia con Harry (Paul Mescal)
diventa allora lo specchio appassionante di questa apertura alla
vita, della volontà di mettersi in gioco non tanto con se stesso,
quanto nel profondo con quella parte del proprio io tenuta nascosta
perché troppo oscura e dolorosa.
Il centro emozionale di
Estranei è senza dubbio questo rapporto
ideale che Adam ricuce con i suoi genitori, in una serie di quadri
familiari di genuina sincerità. Attraverso i dialoghi e le
situazioni maggiormente comuni regista e attori arrivano al cuore
dei personaggi, alla radice del loro rapporto e della loro umanità.
Non era affatto facile arrivarci attraverso una scelta narrativa
tanto audace, il risultato merita dunque di essere doppiamente
applaudito.
Lavorando su due ruoli
così ben delineati e profondi, era praticamente impossibile che
Andrew
Scott e Paul Mescal non
arrivassero a regalare al pubblico prove maiuscole. In particolar
modo il primo dei due dimostra una maturità artistica che gli
permette di liberarsi di qualche piccolo artificio di istrione che
in passato aveva accennato. In questo caso al contrario il suo
volto pensieroso, il suo lavorare con i tempi densi del silenzio,
sono frutto di una comprensione e di un’elaborazione del
personaggio personale e profonda. Se nell’applauso che accomuna
l’intero cast va menzionata anche Claire Foy,
dobbiamo però confessare che il nostro cuore è stato rubato e poi
spezzato dal padre Jamie Bell, figura in
chiaroscuro che ha il vantaggio di essere presentata nella scena
più evocativa del film, mentre all’attore deve essere va attribuito
il merito di risplendere di bravura nella sequenza del confronto
col suo figlio mai capito fino in fondo.
Estranei rappresenta un ammirevole esempio in cui
si può comprendere quanto la riuscita totale di un lungometraggio
parta dalla sua sceneggiatura. La scelta audace di presentare una
storia da un’angolazione diversa, rischiosa, paga un dividendo
artistico di livello innegabile. Su questo adattamento Andrew Haigh poi costruisce uno
sguardo cinematografico che fonde con dolcezza intimismo e
stilizzazione, creando un mosaico difficile da dimenticare,
impossibile da non amare.
Dopo essersi affermato
nel mondo della serialità grazie a titoli di culto quali
Sherlock in cui interpreta Moriarty e
Fleabag nei panni di “Hot Priest”, Andrew Scott ha
finalmente trovato il ruolo che potrebbe imporlo anche al cinema.
Insieme a Paul
Mescal è infatti protagonista di Estranei, il nuovo melodramma di
Andrew Haigh che sta riscuotendo enorme successo
di critica, meritatamente.
Ispirato molto liberamente dal romanzo di Taichi
Yamada, il film racconta di Adam (Scott), un uomo oppresso
dai rimpianti di un passato che proprio per questo non riesce a
vivere con pienezza la storia d’amore con Harry (Mescal). A New
York abbiamo intervistato proprio Andrew Scott,
che per questo ruolo ha ottenuto la nomination ai Golden Globe.
Come è arrivato alla
parte? Aveva già letto il romanzo da cui è stato adattato?
Non conoscevo il
libro, deve essere molto bello dal momento che ha ispirato Andrew;
ne ha adattato una sceneggiatura davvero esaustiva nella
delineazione dei personaggi e nella profondità della storia. Il mio
compito è stato semplicemente quello di dare forma alla visione del
regista, cercare di stabilire le priorità nell’assorbire le
informazioni dal testo. Per questo ho deliberatamente evitato di
leggere il libro di partenza prima di girare il film. Il romanzo è
comunque molto diverso dalla nostra sceneggiatura.
Come Andrew Scott e
Andrew Haigh hanno deciso di costruire il personaggio di
Adam?
Fin dalle prime
discussioni con Andrew abbiamo concordato che Adam era un
personaggio che non doveva essere “recitato”, sarebbe andato troppo
sopra le righe. L’approccio scelto è stato quello di comporlo
adoperando le esperienze vissute da me e da Andrew durante la
nostra gioventù, nel rapporto con i nostri genitori e con la nostra
omosessualità. Nei precedenti film che ho ammirato molto Andrew è
riuscito a far recitare i suoi attori con totale autenticità,
proprio adoperando questo metodo.
Secondo lei cosa rende
Estranei un dramma così emozionante?
Penso che il film
riesca a parlare a molte persone perché possiede il tono e la
malinconia che tutti abbiamo quando ci svegliamo da qualche sogno
che magari ci sta cullando. Estranei sposa in qualche modo
l’elemento metafisico con quello psicologico, e lo fa con una
finezza narrativa ed emotiva che ho amato. La nostra mente lavora
spesso su dei livelli che vanno oltre la logica. Qualche volta io
ad esempio mi ritrovo a immaginare conversazioni con amici o
conoscenti che non vedo da anni. Immagino accada a molte persone,
un processo che spesso ti porta dentro uno stato emotivo molto
particolare.
Come ha lavorato nel
rendere omogenea la commistione di generi che Estranei
propone?
Per me il nucleo del
film parla di un uomo che vuole amare ed essere amato. All’inizio
della storia non ci riesce perché in qualche modo il suo sviluppo
emotivo è bloccato, è stato troncato quando era ancora troppo
giovane. È arrivato ad un punto della sua vita in cui si interroga
su quale sarebbe stato il suo rapporto con i genitori, le domande
che si pone continuano in qualche modo a perseguitarlo e se
riuscisse in qualsiasi modo a ottenere delle risposte, ecco che
allora potrebbe aprirsi all’amore verso il prossimo, verso un altro
uomo. All’inizio
avevo percepito quella di Adam come una condanna piû che come un
dono, poi pian piano ho visto l’effetto che il personaggio faceva
sugli spettatori e ho capito che riescono ad immedesimarsi in lui
perché più o meno inconsciamente decide di aprirsi al suo dolore,
affrontarlo e superarlo facendo leva sulle sue capacità. Se
continui a nasconderti, ad evitare di guardare in faccia i tuoi
fantasmi, non riuscirai ad andare avanti nella vita, e questo è un
qualcosa che Adam capisce nel corso della storia. Si tratta di un
arco narrativo molto importante, complesso da sviluppare ma
assolutamente emozionante una volta che ci siamo riusciti.
Cosa vorrebbe il pubblico
facesse proprio guardando il suo film?
Viviamo in una
società in cui sei quasi costretto a darti un’etichetta che ti
contraddistingua: devi scegliere chi essere in base alla tua
sessualità, al colore della pelle, ai tuoi gusti personali ecc.
Estranei riesce a superare queste etichette e parlare a un pubblico
disparato: tutti hanno avuto dei genitori, oppure sono stati figli.
Temi come l’amore, la perdita, il lutto e il modo in cui si
manifesta, sono realmente universali.
C’è stata una sequenza
del film che l’ha impegnata più delle altre a livello fisico o
psicologico?
La scena d’addio tra
Adam e i suoi genitori è stata un vero e proprio tour de force
emotivo. Andrew ha voluto girarla di fretta, sull’onda
dell’atmosfera che si era creata sul set. Vi sono così tanti
sentimenti anche contrastanti tra loro che devono essere espressi
ma anche contenuti, lasciati sfumare. Avere due colleghi di talento
come Claire Foy e Jamie Bell con cui recitare è stato un enorme
vantaggio per me, siamo riusciti a metterci immediatamente sulla
stessa lunghezza d’onda.
Il mese più corto dell’anno si
chiude con
Dune – Parte due già disponibile da ieri al cinema. Negli
ultimifilm di Febbraio però non
c’è solo il secondo capitolo cinematografico diretto da
Denis Villeneuve, ma anche lo struggente
Estranei e il candidato Oscar La sala
professori. Non ci sono solo titoli internazionali, da oggi è
disponibile in sala l’italiano Caracas
dell’attore e regista
Marco D’Amore.
Vediamo insieme gli ultimi
film di Febbraio di questa quinta settimana del mese
Dune – Parte due
Il primo titolo di
quest’ultimi film di febbraio ovviamente è
Dune – Parte due e basato sulla seconda
parte del primo romanzo della saga scritto da Frank Herbert. La
storia riprende da dove era finito il primo Dune: Paul
Atreides,
Timothée Chalamet e sua madre Lady Jessica,
l’attrice
Rebecca Ferguson, vivono con i Fremen che
credono che il giovane sia il Messia che li salverà. Nel frattempo
nella casata degli Harkonnen, stanno cambiando le
gerarchie infatti è arrivato Feyd-Rautha,
Austin Butler, il nipote del BaroneHarkonnen, l’attore
Stellan Skarskard, che ha preso il comando delle operazioni
militari, sostituendo suo fratello Glossu Raban, e
punta all’annientamento di tutti i popoli minori per potersi
impossessare di ogni particella di spezia, la
sostanza più preziosa del pianeta. Nel cast anche
Zendaya nei panni di nuovo di Chani e le new entry
Florence Pugh e Léa
Seydoux.
Caracas
A cinque anni dal suo esordio come
regista
Marco D’Amore, diventato famoso con la serie
Gomorra, torna dietro la macchina da presa per la trasposizione
cinematografica di Napoli Ferrovia di
Ermanno Rea. Il protagonista di Caracas
è Giordano Fonte, interpretato da
Toni Servillo, uno scrittore napoletano che si aggira per
Napoli, una città che non riconosce più dopo esservi tornato dopo
molti anni. Qui incontra dopo molti anni il suo vecchio amico
Caracas, lo stesso D’Amore, un ex naziskin che
militava nell’estrema destra e che ora sta per convertirsi
all’Islam, alla ricerca di una verità sull’esistenza che
non sa trovare.
Estranei
Il film
Estranei, in originale All of Us Strangers, è scritto e
diretto da
Andrew Haigh, vede per protagonisti i super richiesti
Andrew Scott e
Paul Mescal. I due attori irlandesi sono Adam e Harry, il primo
è uno sceneggiatore con il blocco dello scrittore che vive a Londra
in un condominio e il secondo è il suo vicino di casa con cui
stringerà una relazione. La pellicola è liberamente tratta dal
romanzo Strangers di Taichi Yamada, libro scritto nel
1987 e già portato sul grande schermo nel 1988 da Nobuhiko
Obayashi, con il film giapponese intitolato The
Discarnates.
Il vento soffia dove vuole
Il vento soffia dove
vuole è ambientato in un piccolo paese degli Appennini
dove il giovane protagonista Antimo, interpretato
da Jacopo
Olmo Antinori, vive una vita tranquilla tra la chiesa locale, i
casti appuntamenti con la fidanzata e la stalla dove lavora
pigramente con il padre. Un giorno incontra
Lazzaro, un uomo semplice e selvaggio che lavora
come aiutante nella vicina fattoria. Il ragazzo vede una scintilla
nello sconosciuto e si propone di convertirlo, ma la religione che
inizia a insegnargli non rispecchia però quella che ha imparato al
catechismo. Questo film del regista Marco Righi è
una di lettura personale del cristianesimo, che conduce i due su
sentieri non battuti, senza via di ritorno.
La sala professori
La sala professori racconta di Carla Nowak,
l’attrice Leonie
Benesch è una giovane e promettente insegnante
al suo primo incarico. Tutto sembra andare bene, fino a quando una
serie di piccoli furti all’interno della scuola mette in subbuglio
l’istituto. Quando i sospetti cadono su uno dei suoi studenti, la
professoressa decide d’indagare personalmente e scatenando così una
serie inarrestabile di reazioni a catena. Questo film del regista
tedesco İlker Çatak è stato premiato alla
Berlinale 2023 ed è tra i candidati come
miglior film internazionale ai prossimi Oscar
2024.
My Sweet Monster
Il lungometraggio d’animazione
My
Sweet Monster è l’ultimo titolo di quest’ultimi film di
febbraio. La protagonista è la principessa
Barbara, segretamente innamorata del principe
Edward e che non ha intenzione di rimanere intrappolata nella
gabbia dorata costruitale dal Re, nonché suo padre. Quando
quest’ultimo, sotto ricatto, è costretto a
concederla in matrimonio al subdolo e ambizioso postino
Joyce, Barbara quindi fugge nel bosco dove incontra Bogey,
tenero mostro nonché unica speranza per salvare il regno da una
terribile minaccia.
FX ha diffuso un
nuovo intenso trailer “Weeks Ahead” di Shōgun,
la nuova serie evento che ha debuttato con i primi due episodi
qualche giorno fa su Disney+.
Il nuovo contributi mostra quello che ci aspetta nel prossimo
episodio che debutterà sulla piattaforma questo martedì 5
marzo.
Shōgun
segue Yoshii Toranaga (Hiroyuki Sanada) nella sua ricerca per
diventare lo shōgun, il leader militare della nazione, affiancato
dalla sua traduttrice Lady Mariko (Anna Sawai) e dall’alleato
inglese
John Blackthorne
(Cosmo Jarvis). Poiché la serie è ambientata nel Giappone del 1600,
Rosario aveva fonti primarie limitate da studiare. Dopo aver
visitato tutti i siti web e i musei che contenevano pezzi
giapponesi di quel periodo, ha detto che ciò che lo ha aiutato di
più è stato studiare i dipinti del 1600 e chiacchierare con gli
storici.
La serie Shōgun
si avvale di un acclamato cast giapponese, senza precedenti per una
produzione americana, tra cui Tadanobu Asano nel ruolo di “Kashigi
Yabushige”, un noto traditore e stretto alleato di Toranaga; Hiroto
Kanai nei panni di “Kashigi Omi”, il giovane leader del villaggio
di pescatori dove viene trovata la nave di Blackthorne; Takehiro
Hira nel ruolo di “Ishido Kazunari”, un potente burocrate che è il
principale rivale di Toranaga; Moeka Hoshi in quello di “Usami
Fuji”, una vedova che deve trovare un nuovo scopo nel mezzo della
guerra del suo signore; Tokuma Nishioka nel ruolo di “Toda
Hiromatsu”, il generale fidato e il più caro amico di Toranaga;
Shinnosuke Abe nei panni di “Toda
Hirokatsu” (“Buntaro”), il marito geloso di Mariko; Yuki Kura in
quelli di “Yoshii Nagakado”, lo sfacciato figlio di Toranaga che ha
un forte desiderio di mettersi in gioco; Yuka Kouri nel ruolo di
“Kiku”, una cortigiana rinomata in tutto il Giappone per la sua
abilità artistica e Fumi Nikaido nel ruolo di “Ochiba no Kata”, la
venerata madre dell’erede che non si fermerà davanti a nulla pur di
porre fine a Toranaga e alla sua minaccia al potere del figlio.
Shōgun
è stata creata per la televisione da Rachel Kondo e Justin Marks,
con Marks in veste di showrunner e produttore esecutivo insieme a
Michaela Clavell, Edward L. McDonnell, Michael De Luca e Kondo. La
serie è prodotta da FX Productions.
Tratto dal romanzo Napoli
Ferrovia di Ermanno Rea, arriva nelle sale italiane dal 29
febbraio Caracas, di e con
Marco D’Amore. Dopo
Nostalgia di Mario Martone
(2022), un nuovo adattamento per il cinema dagli scritti
dell’autore partenopeo. In passato vi erano stati anche
L’ultima lezione di Fabio Rosi, dall’omonimo libro sulla
figura di Federico Caffè (2001), e La stella che non c’è
di Gianni Amelio, ispirato a La dismissione, sulle vicende
dell’Ilva di Bagnoli (2006). Marco D’Amore e
Toni Servillo tornano a lavorare fianco a fianco,
dopo il teatro e l’esordio sul grande schermo di D’Amore, che fu
proprio accanto a Servillo in Una vita
tranquilla di Claudio Cupellini.
Marco D’Amore ricopre ora la doppia veste di regista e interprete,
rinnovando un fortunato sodalizio.
La trama di Caracas
Giordano Fonte, Toni
Servillo, è un noto scrittore napoletano che manca da
molti anni dalla sua città. È in crisi e si domanda se abbia ancora
senso continuare a scrivere, quando decide di tornare a Napoli,
dove riceverà un premio. Prende alloggio in un lussuoso hotel, in
cui il direttore, Mario Pirrello, lo accoglie con
ogni riguardo. La città, che appare buia, uggiosa e sordida, in
qualche modo lo fagocita. Tra i suoi vicoli Fonte incontra Caracas,
Marco D’Amore: un uomo tormentato, dal passato
difficile, in cerca di qualcuno o qualcosa che gli indichi la
strada da percorrere. Per questo subisce il fascino di ideologie e
religioni, muovendosi tra fascismo e fede islamica e incontrando
così l’amore per Yasmina, Lina Camélia Lumbroso,
in una Napoli sofferente tra miseria, violenza e solitudine. Fonte
e Caracas si incontrano per caso. Allo scrittore Caracas ricorda
qualcosa di sé e, sebbene i due non potrebbero essere all’apparenza
più diversi, Fonte sembra voler fare da guida a Caracas,
spingendolo a seguire le proprie sensazioni ed emozioni, piuttosto
che delle ideologie contrapposte. In un flusso caotico di eventi ed
incontri tra passato e presente, Fonte ritrova l’entusiasmo per la
scrittura e per le storie della sua città, di cui si credeva ormai
incapace di raccontare.
Una Napoli differente
Il tema del ritorno a Napoli dopo
una lunga assenza è spesso presente nei romanzi di Ermanno Rea, e
poi nei film da essi tratti. Lo si era visto in Nostalgia
di Mario Martone. Napoli appare come una città amata e odiata allo
stesso tempo, che fagocita i protagonisti con la sua vitalità, coi
ricordi dell’infanzia e della giovinezza, ma anche con la violenza,
con il male, che qui sembra presentarsi sotto varie forme. I
protagonisti delle storie di Rea sanno che per salvarsi devono
allontanarsi da Napoli. Poi, però, cedono al suo richiamo, cui in
qualche modo non possono fare a meno di rispondere, e tornano.
Giordano Fonte non fa eccezione e Caracas
diventa un’occasione per raccontare una Napoli diversa sia da
quella turistica, che dallo stereotipo criminale legato alla
camorra. Una città contemporanea, popolata anche da immigrati di
prima e seconda generazione, che si confronta con problematiche
nuove di convivenza e integrazione, e piaghe sociali vecchie:
assenza delle istituzioni, marginalità, solitudine, violenza.
La sceneggiatura confusa di
Caracas
Purtroppo, molti buoni propositi del
regista si infrangono però a causa di un problema di fluidità nella
scrittura e nell’articolazione della vicenda. Napoli
Ferrovia, lo afferma lo stesso sceneggiatore Francesco
Ghiaccio, è un testo complesso e di difficile
trasposizione. Tuttavia, il soggetto e la sceneggiatura da lui
curati assieme a Marco D’Amore – i due avevano già collaborato per
L’immortale –
appaiono poco coesi. Alcune scelte sono nebulose o poco convinte,
come l’adesione di Caracas prima al fascismo, poi all’Islam.
Numerosi e confusivi i continui passaggi di tempo e di luogo, che
non aiutano la lettura della vicenda nel suo complesso. Il
protagonista stesso, ben interpretato da Toni Servillo, appare
volutamente confuso e spaesato. Caracas è
quindi un viaggio allucinato, onirico e scomposto nel mondo dei
protagonisti. Lo spettatore si interroga per cercare di decifrare
ciò che ha di fronte, non riuscendo spesso a districarsi. È un
viaggio nel sogno? Nelle memorie del passato? Nell’immaginazione di
uno scrittore? È’ l’incontro tra due individui in un certo modo
simili? Non è dato sapere, ma non si riesce neppure, da spettatori,
a lasciarsi trasportare dalla dimensione immaginifica della
vicenda, dal suo caos onirico, surreale. Si viene piuttosto
allontanati e confusi. Complici anche certi dialoghi dagli accenti
retorici, affermazioni esistenziali solo in alcuni casi
appropriate, che più spesso paiono cadere dall’alto, come fuori
contesto rispetto al momento.
Estetica e fotografia di
Caracas
La città di
Caracas è quasi sempre buia, notturna,
accesa solo di fuochi e luci gialle, e scandita dalla pioggia. Ci
si muove tra i vicoli nell’oscurità. Rare le scene diurne, come
anche gli spazi aperti, non angusti. La fotografia di Stefano
Meloni non riesce però a conquistare davvero l’occhio dello
spettatore.
Gli interpreti
Caracas ha
un cast di tutto rispetto. A partire da Toni
Servillo, che riesce a rendere il personaggio di Giordano
Fonte spaesato e malinconico. Anche Marco D’Amore
si mette alla prova e si trasforma, in accordo con il suo
personaggio dalle mille anime. Accanto a lui ci sono la bella e
talentuosa Lina Camélia Lumbroso, che interpreta
Yasmina, e il piccolo Brian Parisi, un ragazzino
che è tra gli incontri fatti da Fonte. Vi sono anche Mario
Pirrello, il direttore d’hotel, e Veronica
d’Elia – entrambi visti ne Il commissario
Ricciardi. Senza dimenticare Marco Foschi,
nel ruolo del capo fascista.
D’Amore regista
Con
Caracas si ha l’impressione che D’Amore
regista si sia lasciato prendere la mano, perdendo di vista l’unità
del lavoro. Peccato, perché mette sul piatto spunti anche
interessanti. Parla di immigrazione, ma anche di religioni e
ideologie, cercando di smascherarne la fallacia. Affronta
solitudine ed emarginazione, contrapponendovi una sua idea di
integrazione. Nella ricerca di una via originale al racconto per
immagini, il film resta però un tentativo non troppo riuscito di
coniugare un action movie notturno a un’ambizione più autoriale e
raffinata. Prodotto da Picomedia, Mad
Entertainment e Vision Distribution,
Caracas è nelle sale dal 29 febbraio.
Dopo la messa in onda degli
episodi 11 e 12 che abbiamo recensito qui, oggi vi svegliamo le
anticipazioni dei nuovi episodi di terza stagione della serie
tvDOC
– Nelle tue mani che andranno in onda questa sera
giovedì 29 Febbraio, in prima serata su Rai 1. Ecco
le anticipazioni dell’episodio settimo e ottavo, che si intitolano
rispettivamente “Lontani” e “La scossa”.
Doc – Nelle tue mani 3 EPISODIO
13, “Legàmi”
Manca sempre meno alla scadenza per
presentare la ricerca, ma Giulia sembra avere la testa da
tutt’altra parte. Anche Doc fatica a gestire i mille impegni: c’è
la riunione con i finanziatori e poi c’è Carolina, in città per
qualche giorno. Tutto rischia però di passare in secondo piano
quando viene ricoverata la sorella di Lin. Un caso che costringerà
la specializzanda a fare in conti con la sua famiglia e in
particolare con suo padre.
Doc – Nelle tue mani 3 EPISODIO 14
“Vivere”
Giulia deve prendere una decisione
sulla sua vita personale che avrà conseguenze anche sulla sua
carriera. E mentre Martina affronta l’esame più difficile della sua
vita e Damiano si prende cura con delicatezza di Elisabetta,
Riccardo si occupa di un caso che lo costringerà a fare i conti con
il fantasma di Alba. Lin e Federico, invece, si rimettono all’opera
sul database, ma rischiano così di avvicinare Doc alla verità che
Agnese gli ha tenuto nascosta.
DOC
– Nelle tue mani è una produzione Lux Vide,
società del gruppo Fremantle, in collaborazione con Rai
Fiction. Tra partenze e nuovi arrivi in DOC
– Nelle tue mani, nuove sfide attendono la squadra del
Policlinico Ambrosiano di Milano, guidata dall’amatissimo dottor
Andrea Fanti (Luca
Argentero), che torna finalmente a rivestire il ruolo di
primario mentre prova a recuperare quei ricordi che ormai tutti (o
quasi) ritenevano perduti per sempre.
DOC – Nelle tue mani, la
serie
DOC
– Nelle tue mani è la serie tv prodotta da RAI
FICTION scritta da Francesco Arlanch e Viola Rispoli. Una
produzione Lux Vide, società del gruppo Fremantle, in
collaborazione con Rai Fiction
Nel cast di DOC
– Nelle tue mani
Luca Argentero,
Matilde Gioli, Pierpaolo Spollon, Sara Lazzaro, Marco Rossetti,
Laura Cravedi, Giacomo Giorgio, Elisa Wong, Elisa Di Eusanio,
Giovanni Scifoni, Aurora Peres e Diego Ribon. La
regia è affidata a Jan Maria Michelini (ep. 1-4),
Nicola Abbatangelo (ep. 5-10) e Matteo
Oleotto (ep. 11-16).
Le riprese della serie si sono
svolte tra Roma, Milano e Formello; per la location
ospedaliera il
Policlinico Universitario Campus Bio-Medico e l’Università Campus Bio-Medico di
Roma hanno messo a disposizione spazi e tecnologie.
Chi non si ricorda di Jar
Jar Binks? Il controverso personaggio è stato introdotto
in Star Wars: Episodio I – La minaccia fantasma e quasi
subito è diventato uno dei più odiati che abbiano mai messo piede
nella galassia lontana lontana di Star Wars. Nel tempo, alcuni fan si sono ammorbiditi
nei confronti di questo innegabilmente irritante personaggio in
CGI, ma George Lucas ha chiaramente recepito le
critiche, dato che il tempo in scena del goffo Gungan è stato
drasticamente ridotto in L’attacco dei Cloni e ha avuto una sola scena in
La vendetta dei Sith.
Dopo quel film, Binks non è mai più
apparso in nessun film o show televisivo di Star
Wars, lasciando dunque il mistero riguardo la sua sorte,
tra chi dice che sia stato ucciso in seguito alla caduta della
Repubblica e chi invece che sia passato al lato oscuro della Forza.
Tuttavia, con i tanti nuovi prodotti del franchise in via di
sviluppo, potrebbe ancora esserci l’occasione per lui di tornare in
scena e raccontare cosa gli è accaduto. A sostegno di quest’ipotesi
è ora arrivato un post di Ahmed Best, l’attore che
ha interpretato Jar Jar tramite motion capture.
In questo l’attore si mostra con
indosso la tuta per la motion capture e nella descrizione riporta
la frase (tratta dal film Il padrino – Parte III):
“Proprio quando pensavo di essere fuori, mi tirano di nuovo
dentro”. Aggiungendo poi gli hashtag #StarWars e #JarJarBinks.
Tuttavia, la presenza del hashtag #Activision ha fatto supporre che
stia in realtà lavorando a qualcosa per Call of Duty, che
in passato ha introdotto skin per vari personaggi della cultura
pop. Non è dunque detto che il personaggio stia per tornare in un
film o una serie TV, ma ciò non è del tutto da escludere per il
futuro.
In un’intervista del 2017, Best ha
dichiarato quanto segue di Jar Jar Binks: “È
un’eventualità molto cupa, molto oscura per Jar Jar, in realtà mi è
piaciuta molto! È stato davvero drammatico e credo sia stata una
buona idea per tirare le somme. Mi sono sempre lamentato con George
quando ho capito che non sarebbe diventato un Sith e che si stavano
allontanando molto da me, mi sono sempre lamentato con George di
non aver avuto una buona morte! Volevo essere fatto a pezzi in
qualche modo… e George non lo faceva.
“La cosa interessante che penso
di Jar Jar è che tutti continuano a cercare una spiegazione per
lui, il che è nella natura umana, una parte importante del mio
libro parlerà di questo. Mi piacciono tutte queste teorie che
cercano di spiegare le ragioni di Jar Jar, abbiamo già parlato
della storia di Darth Jar Jar, quella che lo vede come un
personaggio tragico che si rende conto di essere stato manipolato e
perde la testa. Penso che sia bello, penso che sia
interessante“.
Una delle sequenze più angoscianti
dei prequel di Star
Wars è stata la scena di Star Wars: La vendetta dei Sith in
cui Anakin Skywalker viene incaricato di
massacrare tutti i Jedi, compresi i giovani che si sono rivolti a
lui per ottenere la salvezza mentre assistevano allo sradicamento
dei loro anziani. L’attore Hayden Christensen ha recentemente ripensato
proprio a quel momento e ha rivelatocome abbia realmente cercato di
spaventare un giovane attore, Ross Beadman, per
suscitare in lui una reazione genuina, dando vita a qulla sequenza
tragica e iconica del film.
Fortunatamente, alla fine
Christensen ha ritrovato Beadman e ha ammesso scherzosamente di
aver fatto ammenda per aver intimorito il ragazzo. Parlando con
Empire Magazine dell’intensità della sequenza, Christensen ha
infatti dichiarato: “Sembra che i ragazzi si dimentichino di
quella scena quando mi incontrano! Non c’è paura o intimidazione.
Sono solo entusiasti di incontrare Anakin. Si è parlato molto della
possibilità di fare quella scena e mi piace che George Lucas
l’abbia fatta. È stata una mossa coraggiosa. Ed è
scioccante“.
Ha poi continuato: “Mentre la
stavamo girando, avevamo difficoltà a ottenere la reazione che
volevamo dal bambino. Così gli ho gridato o ringhiato contro,
perché avevamo bisogno di un momento autentico in cui fosse
spaventato. Abbiamo ottenuto la reazione di cui avevamo bisogno e
la scena ha funzionato molto bene… L’ho rivisto anni dopo. Gli ho
detto: ‘Mi dispiace per come è andata‘”. Tutto è bene quel che
finisce bene, dunque, e i fan saranno contenti di sapere che
nessuno dei bambini coinvolti nella scena sembra essere rimasto
effettivamente traumatizzato.
Dove rivedremo Hayden Christensen nel ruolo di Anakin
Skywalker/Darth Vader?
Nella serie Ahsoka –
con protagonista Rosario Dawson nei panni del Jedi preferito
dai fan, che sta cercando di salvare la galassia dal Grande
Ammiraglio Thrawn, una nuova minaccia dopo la caduta dell’Impero
Galattico – Anakin si riunisce con la sua ex Padawan nel Mondo tra
i mondi, un modo per permettere a Hayden Christensen di apparire come ologramma
nel tempo delle Guerre dei Cloni per una sessione di addestramento.
Secondo un rumors dello scooper Daniel Richtman,
Hayden Christensen tornerà effettivamente
anche nella seconda stagione di Ahsoka, stavolta con un ruolo ben più ampio.
Al momento non sono però stati forniti ulteriori dettagli.
Continua inesorabile la continua
“discesa all’inferno” dei protagonisti degli episodi 5 e 6
di diMare
Fuori 4 che si trovano a fare i conti con un nuovo
cambio di scenario nelle loro giovani eppure già vecchie vite.
Quasi tutti ancora minorenni ma già alle prese con una vita a dir
poco complicata, questi ragazzi lottano ogni giorno, più o meno
consapevolmente, per sopravvivere a se stessi e al mondo che li
circonda. Per Rosa Ricci il problema si risolve in modo
estremamente semplice: “Questione di scelte“, come dice a
Cucciolo, suo nuovo alleato, e come recita anche il titolo
dell’episodio 5.
La scelta che ha fatto lei l’abbiamo
intuita già nel
dittico precedente: la famiglia, il clan, la piazza, Rosa si
dedica alla sua eredità di sangue, perché pensa che quella sia la
scelta giusta, per quanto difficile. Vuole portare avanti il nome
dei Ricci e allo stesso tempo lotta contro se stessa: la luce che
le ha mostrato Carmine, suo nemico naturale perché erede del clan
avversario dei Di Salvo, è un fatto nuovo, troppo brillante di
speranza in un futuro migliore per essere credibile e possibile per
lei, che invece si sente dentro solo oscurità.
Mare Fuori 4: l’avvocato D’Angelo fa la sua mossa
Ma gli amanti sfortunati dell’IPM
vengono accantonati per un po’, negli episodi 5 e 6 di di
Mare Fuori 4. Seppure protagonisti della storia
principale, in questa occasione lasciano spazio al personaggio
dell’avvocato Alfredo D’Angelo, interpretato da
Giuseppe Tantillo. Ci viene data la possibilità di guardare al
passato del giovane Alfredo, ambizioso e povero, con tanto cervello
ma poco potere, che si affilia a chi di potere (e soldi) ne ha in
abbondanza. L’uomo è ormai un personaggio chiave della storia:
custode dei soldi dei Ricci, è adesso the most wanted man
per Rosa, per Edoardo ma anche per Silvia, che crede di aver
trovato il modo per sopravvivere al suo sfuggente doppio-gioco,
sfruttandolo a suo vantaggio. Purtroppo, come sempre succede in
Mare Fuori 4, interviene l’entropia, che sembra
governare buona parte di questi giovani sull’orlo di un precipizio,
e mette il fumantino “Micciarella” sul suo cammino.
Arriva il momento di Cardiotrap
“Questione di scelte” si
conclude quindi con un colpo di scena che ci traghetta direttamente
nell’episodio 6, “Ragazzi fuori”. Un altro episodio di
“conseguenze”, in cui si accolgono le notizie, brutte e belle
(meno male che c’è la story-line di Pino/Artem
che regala un po’ di gioia a questa serie!), e i
personaggi sono costretti a fare i conti con le proprie azioni. La
puntata si sarebbe potuta chiamare anche “La contritio cordis di
Micciarella”, tuttavia questa scelta sposta il fuoco del racconto,
finalmente, su Gianni/Cardiotrap. Il personaggio, che nel corso
delle tre stagioni precedenti è cresciuto molto, torna finalmente
al centro della scena. Lo avevamo lasciato scottato dal furto
intellettuale subito dalla sveglia Crazy J che si
candida a diventare nuova Viola della serie: rotta dentro,
impenitente, incurante delle difficoltà in cui mette gli altri.
Legata a doppio filo a Cardiotrap e quindi anche a Crazy J, c’è
Alina, la muta, la pazza, il personaggio più misterioso di questa
nuova stagione, che poco a poco si sta facendo strada nel cuore
degli spettatori, quasi pronta a svelare il suo segreto.
Mare Fuori 4: un mid-season finale con il botto
La strada che ci porta a questo
mid-season finale, con un grande colpo di scena e un cliffhanger da
farci desiderare che il 14 febbraio sia oggi, è costellata di
drammi che i nostri giovani devono affrontare. L’eroe romantico,
Carmine (Massimiliano
Caiazzo), compare solo nel finale di puntata,
portatore di una luce, di una piccola speranza, e di un cuore
gonfio di emozioni contrastanti per quello che ancora prova per
Rosa, per quello che deve fare per salvarsi, per Azzurra, sua
figlia, per il futuro che vuole per lei e per quelli che,
nonostante le circostanze della detenzione, sono diventati la sua
famiglia.
In linea con quanto sviluppato fino
a questo momento, Mare Fuori 4 conferma una
perdita di freschezza e originalità direttamente proporzionale alla
crescita dei mezzi produttivi. Mentre la regia di fa più curata,
enfatica e acrobatica, la scrittura perde quella verità che
rappresentava la sua parte migliore, più autentica, all’inizio
della sua corsa. Forse è il prezzo da pagare per il successo
travolgente della serie stessa, ma i giovani talenti che
interpretano questi eroi disgraziati meriterebbero copioni
migliori.
Quello del revenge movie è
da sempre un filone di film particolarmente popolari e acclamati,
dove l’eroe intraprende una spedizione punitiva nei confronti di
quanti hanno ucciso o rapito dei suoi cari. Negli anni sono diversi
i titoli che hanno riconfermato la fortuna di questo genere, da
Vendetta finale a Io sono vendetta. Uno dei
più importanti e riconosciuti a livello internazionale è però
Io vi troverò, titolo italiano di
Taken, film scritto dal regista francese Luc
Besson e diretto da Pierre Morel. Dopo il
grandissimo successo del primo sequel, nel 2015 è arrivato anche
Taken 3 – L’ora della verità.
Se il primo capitolo vedeva il
protagonista alle prese con il rapimento della figlia mentre il
secondo capitolo con il rapimento della sua intera famiglia, questo
terzo film lo vede impegnato a dover salvare proprio sé stesso. La
realizzazione di questo nuovo sequel non era però scontata, poiché
l’attore protagonista
Liam Neeson aveva dichiarato che non sarebbe tornato
nel ruolo se non fosse stato pienamente convinto dalla storia. Così
per fortuna è stato, permettendo di rivedere l’agente Bryan Mills
impegnato in nuove vicende. Anche questo terzo capitolo non ha poi
mancato di rivelarsi un grandissimo successo al box office.
A fronte di un budget di quasi 50
milioni di dollari, Taken 3 – L’ora della verità è
arrivato ad un incasso complessivo di 326. Con questa sua degna
conclusione, la trilogia si è così potuta affermare come uno dei
titoli d’azione di maggior successo di questi ultimi anni. Prima di
intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile
approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama e al
cast di attori. Infine, si elencheranno anche le
principali piattaforme streaming contenenti il
film nel proprio catalogo.
La trama di Taken 3 – L’ora della verità
Protagonista del film è ancora una
volta Bryan Mills, il quale dopo aver salvato l’ex
moglie Lenore e la figlia Kim
inizia a riavvicinarsi sempre di più a loro. Lenore, dal canto suo,
è decisa a scaricare il nuovo compagno Stuart per
provare a ricostruire il rapporto con l’ex marito. I loro tentativi
di ricongiungersi vengono però spezzati dall’improvvisa morte di
Leonore, la quale si scopre essere stata uccisa. Il primo
sospettato di ciò è proprio Bryan, che senza avere neanche il tempo
di poter piangere l’amata di trova a dover scappare dalla polizia
che gli dà la caccia. In particolare, sulle sue tracce, si trova
l’ispettore Franck Dotzler.
Mentre fugge, Bryan deve allo stesso
tempo indagare su cosa sia realmente accaduto a Leonore. Risalendo
a dei video di sorveglianza, Mills scopre che Lenore è stata rapita
e uccisa da alcuni uomini mascherati e cerca di raggiungere Kim per
parlare dell’accaduto. Dopo aver eluso i sistemi di sicurezza di
Stuart, Mills scopre che l’uomo ha intensificato i controlli su Kim
e sospetta che potrebbe essere proprio lui il colpevole della morte
della sua ex moglie. Ciò che gli serve scoprire è perché e cosa o
chi c’è dietro a Stuart.
Taken 3 – L’ora della verità: il cast del film
Per la terza volta Liam Neeson interpreta
il personaggio di Bryan Mills, convinto a riprendere tali panni
dalla possibilità di esplorare nuovi aspetti del ruolo. Allo stesso
tempo, egli accettò di tornare a patto che in questo nuovo capitolo
nessuno venisse rapito. Per prepararsi a questo, Neeson si è
nuovamente addestrato insieme al soldato Mick Gould, ex Special
Air Service (SAS), nel combattimento corpo a corpo e
nell’uso delle armi. Egli ha inoltre praticato il Nagasu
Do. Si tratta uno stile di arte marziale ibrido che prende in
prestito mosse dal Judo, Aikido e Ju Jitsu. Tale preparazione gli
ha permesso di interpretare personalmente tutte le sequenze di
combattimento che lo vedono coinvolto.
Ad interpretare l’ex moglie di
Bryan, Lenore, vi è di nuovo l’attrice
Famke Janssen, nota per essere stata Jean Grey nella
prima trilogia di X-Men. Maggie Grace, nota per essere stata Shannon
Rutherford nella serie televisiva Lost, è invece
nuovamente la figlia Kim. Il ruolo di Stuart, interpretato nel
primo film da Xander Berkley, è invece qui
ricoperto da Dougray Scott, poiché Berkeley non
era disponibile per le riprese. Di particolare importanza è invece
l’ingresso nel cast del premio Oscar Forest Whitaker nei
panni dell’ispettore Franck Dotzler. L’attore, solito portare con
sé durante le riprese un pezzo degli scacchi, ha in questo caso
avuto un cavallo, rappresentante un cavaliere.
Taken 3 – L’ora della verità: ci sarà un sequel?
Con questo terzo capitolo si è
dunque apparentemente conclusa la trilogia e a quasi dieci anni di
distanza sembra proprio che i film siano destinati a rimanere solo
tre. Lo stesso Neeson ha infatti in più occasioni dichiarato che
non ci sarà un Taken 4 o che in ogni caso lui non è
interessato a riprendere il ruolo di Bryan Mills. Senza l’attore,
diventa allora improbabile la realizzazione di un nuovo
lungometraggio, considerando anche che la serie realizzata nel
2017, Taken, strutturata come una origin story per Mills,
è stata cancellata dopo solo una stagione per lo scarso interesse
dimostrato dai fan nei confronti di un interprete diverso da Neeson
per il ruolo. Per ora, dunque, non sembra esserci alcun tipo di
piano a riguardo.
Il trailer di Taken 3 – L’ora
della verità e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire del film grazie
alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. Taken 3 – L’ora della
verità è infatti disponibile nei cataloghi di
Rakuten TV, Google Play, Apple TV, Prime Video e Disney+. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un
dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il film è
inoltre presente nel palinsesto televisivo di mercoledì 28
febbraio alle ore 21:20 sul canale
Italia 1.
A cavallo tra gli anni Ottanta e
Novanta l’attore Richard Gere era uno dei più popolari
interpreti di Hollywood, per merito di film come Ufficiale gentiluomo e Pretty Woman. Successivamente a questi due titoli, che
lo avevano in particolare fatto diventare una star dei film
romantici, Gere prese parte al film del 1993
Sommersby, diretto dal regista Jon Amiel (autore
anche del thriller Copycat – Omicidi in serie), in cui tornò a ricoprire
un ruolo da eroe romantico anche se non privo di lati oscuri.
Sommersby è infatti un remake del film francese del 1982
Il ritorno di Martin Guerre, a sua volta ispirato ad una
reale vicenda, in cui menzogne e sentimenti la fanno da
padrone.
La volontà di realizzare questo film
trova origine nella volontà di Richard Gere e della sua compagna di
produzione Maggie Wilde di trovare progetti in cui
l’attore potesse essere coinvolto fin dall’inizio e su cui potesse
mantenere un certo controllo. Una delle sceneggiature che trovò fu
quella di Nicholas Meyer, che aveva riproposto la
vicenda francese del XVI secolo su Martin Guerre
riadattandola all’epoca della guerra civile americana. Gere scoprì
che la sceneggiatura era controllata dai coproduttori di Pretty Woman, Arnon Milchan e
Steven Reuther. Li contattò e non passò molto
tempo prima che la produzione venne avviata.
Per chi dunque è in cerca di un film
romantico ma ricco anche di elementi che, tra sospetti e accuse,
impreziosiscono il racconto di molteplici sfumature,
Sommersby è senz’altro un titolo da non lasciarsi
sfuggire. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà
certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità
relative ad esso. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti
possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama, al cast di attori, al suo
finale e anche alla storia vera a cui si
ispira. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
La trama e il cast di Sommerby
Dopo 6 anni dalla fine della guerra
civile americana, Jack Sommersby torna al paese
natale di Vine Hill, nel Tennessee, dove ritrova la moglie
Laurel e il figlioletto Robin.
Egli si mostra profondamente cambiato, non più un uomo violento
bensì gentile e affettuoso. Nonostante si dia da fare per
riprendere il proprio posto all’interno della sua famiglia e della
sua comunità, una serie di voci iniziano ad indicarlo come un
impostore che ha assunto i panni del vero Sommersby. Mentre una
serie di elementi sembreranno confermare questa teoria, l’uomo e
Laurel si troveranno a dover riflettere sul proprio rapporto e
sulle verità alla base di esso.
Ad interpretare Jack Sommersby vi è
l’attore Richard Gere, mentre sua moglie Laurel è
interpretata da Jodie Foster. Il casting di quest’ultima fece
piuttosto discutere, in quanto non era ritenuta un’attrice da film
in costume e di genere sentimentale. Foster riuscì però poi a
convincere tutti con la sua interpretazione. Proprio sul set di
questo film, l’attrice ha incontrato la sua partner di lunga data
Cydney Bernard, che lavorava come coordinatrice di
produzione, con la quale è rimasta insieme fino al 2008. Completano
il cast l’attore Bill Pullman nel ruolo di Orin
Meecham, vicino dei Sommersby e innamorato di Laurel, James
Earl Jones nel ruolo del giudice Barry Conrad Issacs e
R. Lee Ermey in quelli di Dick Mead.
La spiegazione di
Sommersby: cosa succede nella scena finale?
Nel finale del film, dopo che le
accuse nei confronti dell’uomo che si dichiara essere Jack
Sommersby sono ormai di dominio pubblico, egli viene arrestato con
l’accusa di omicidio. In tribunale, l’uomo continua però a
rifiutare la teoria di essere un impostore, proclamandosi come il
vero Sommersby. Quando il giudice gli chiede infine se voglia
essere giudicato come tale, anche se questo avrebbe significato
certamente la sua morte per impiccagione, lui rimane della sua idea
e la condanna viene confermata. Laurel, per salvarlo, tenta di
dimostrare che si tratta di un impostore, ma cede infine alla
volontà dell’uomo di andare incontro alla propria sorte.
In attesa dell’esecuzione, Laurel
gli chiede però di dire la verità sulla sua identità e lui allora
le racconta la storia di come aveva condiviso la cella con un altro
uomo, tanto che alla fine erano diventati inseparabili, data anche
la loro somiglianza. Dopo aver vissuto assieme a lui per quattro
anni, era riuscito a conoscere tutto di lui. Quando era stato
rilasciato, il vero Jack Sommersby aveva ucciso un uomo e poi era
morto per una ferita inflittagli nella lotta. Horace
Townsend, questo il nome dell’impostore, l’aveva dunque
seppellito e ne aveva assunto l’identità, sostenendo che non poteva
ammettere la verità perché Laurel e i bambini avrebbero perso
tutto.
Mentre Horace viene portato al
patibolo chiede infine a Laurel di essere tra la folla perché non
può “essere impiccato da solo“. Lui alla fine la chiama,
dicendo al boia che “non era pronto“. I due innamorati si
scambiano quindi un ultimo sguardo prima che il boia apra la
botola. Nell’ultima scena, Laurel cammina su una collina con dei
fiori. Si inginocchia poi accanto alla lapide di “John Robert
Sommersby” e depone i fiori per lui. Si scopre poi che sono in
corso i lavori per la costruzione del campanile della chiesa del
villaggio, proprio come desiderato da Jack.
Sommersby è tratto da una storia vera?
Questo film è uno dei numerosi
adattamenti fittizi di un vero e famoso caso legale di impostura
del XVI secolo in Francia. Il caso riguardava un uomo di nome
Martin Guerre che, scomparso dal suo villaggio
basco nel 1548, riapparve improvvisamente otto anni dopo.
Nonostante il suo aspetto leggermente cambiato, convinse la
famiglia, la moglie e gli abitanti del villaggio che era davvero
Martin Guerre. Lui e la moglie ebbero altri due figli e lui fece
causa a uno zio paterno per rivendicare i beni del padre. Lo zio
sospettò che questo Martin Guerre tornato fosse in realtà un
impostore di nome Arnaud du Tilh ed escogitò un
modo per farlo processare per impostura.
Il sospetto fu confermato quando il
vero Martin Guerre si presentò in tribunale durante il processo di
du Tilh. Durante la sua lunga assenza da Artigat, il vero Martin si
era trasferito in Spagna, dove servì nella milizia del cardinale e
in seguito nell’esercito di Pedro de Mendoza. Facendo parte
dell’esercito spagnolo, fu mandato nelle Fiandre e partecipò alla
Battaglia di San Quintino il 10 agosto 1557. La ragione del suo
ritorno durante il processo è sconosciuta. Alla luce di ciò, Arnaud
du Tilh confessò di aver imparato tutto della vita di Guerre da due
uomini che lo avevano scambiato per lui. Si scusò con tutti coloro
che erano stati coinvolti e venne poi impiccato nel settembre
1560.
Il trailer di Sommersby e
dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di
Sommersby grazie alla sua presenza su
alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in
rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Google
Play e Disney+. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e ad un’ottima qualità video.
Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
mercoledì 28 febbraio alle ore
21:10 sul canale Rai Movie.
Mary
Poppins, il classico film del 1964 (di cui è poi
stato realizzato il sequel
Il ritorno di Mary Poppins) interpretato da Julie Andrews, ha subito un innalzamento
dell’età consigliata da parte della censura cinematografica
britannica poiché presenta un “linguaggio
discriminatorio“. Come riportato dalla BBC, il film infatti è stato
riclassificato da U, che sta per universal, a PG, ovvero Parental
Guidance, rendendo dunque necessaria la supervisione di un adulto.
Il motivo sarebbe il duplice utilizzo del termine
“ottentotti“, originariamente usato in modo
dispregiativo dagli europei bianchi per i popoli nomadi dell’Africa
meridionale e utilizzato per riferirsi agli spazzacamini con la
faccia sporca di fuliggine.
Il BBFC (British Board of Film
Classification) ha dunque dichiarato che questo “supera le
nostre linee guida” per i film U, in quanto “Sebbene Mary
Poppins abbia un contesto storico, l’uso di un linguaggio
discriminatorio non è condannato“. Il BBFC ha poi dichiarato
di aver classificato il film nel 1964 e poi nuovamente per una
riedizione nel 2013. “Recentemente, il film ci è stato
ripresentato nel febbraio 2024 per un’altra riedizione nelle sale,
e lo abbiamo riclassificato PG per il linguaggio
discriminatorio“, ha dichiarato un portavoce.
Mary Poppins accusato di
“linguaggio discriminatorio”, cosa significa?
Il BBFC ha dichiarato che la sua
ricerca sul razzismo e la discriminazione ha mostrato che una delle
preoccupazioni principali per le persone, in particolare per i
genitori, è “la possibilità di esporre i bambini a un
linguaggio o a un comportamento discriminatorio che potrebbero
trovare angosciante o ripetere senza rendersi conto della
potenziale offesa“. L’organizzazione afferma che una
classificazione PG “non dovrebbe turbare un bambino di circa
otto anni o più” e che “i bambini non accompagnati di
qualsiasi età possono guardarlo, ma si consiglia ai genitori di
considerare se il contenuto può turbare i bambini più piccoli o più
sensibili“.
Una classificazione U significa che
un film dovrebbe essere “adatto a un pubblico di età pari o
superiore ai quattro anni“, anche se il sito web aggiunge che
“è impossibile prevedere cosa potrebbe turbare un particolare
bambino“. La notizia ha prevedibilmente suscitato grande
indignazione e riacceso gli eterni dibattiti sulla censura e sulla
necessità di contestualizzare le opere con il loro periodo storico
di produzione. Ad ora, tuttavia, Mary Poppins è dunque da
intendersi – almeno secondo queste classificazioni – non più come
un film per tutti.
Hayden Christensen, oggi beniamino dei fan di
Star Wars, è tornato a parlare del suo Anakin
Skywalker, difendendo la sua interpretazione di tale
personaggio nella trilogia prequel del franchise. Come noto, egli
ha interpretato Anakin per la prima volta in Star Wars: Episodio II – L’attacco dei cloni,
riprendendo poi il ruolo in Star Wars: Episodio III – La vendetta dei Sith. Benché
all’inizio questi due film siano stati molto criticate, sono oggi
considerati tra i migliori titoli della saga. Questa rivalutazione
ha permesso a Christensen di veder crescere la propria popolarità
presso i fan.
In un’intervista rilasciata a
Empire Magazine,
Hayden Christensen ci ha però tenuto a difendere ulteriormente
la sua interpretazione di Anakin Skywalker, spiegando che:
“Questo tipo di critica, credo, deriva da un certo fallimento
della propria sospensione dell’incredulità. L’incipit inizia con
‘Tanto tempo fa, in una galassia molto, molto lontana’, e questo
pone le basi per dire che tutto è possibile. Non è necessario che
queste persone agiscano e si comportino come ci
aspetteremmo“.
L’attore si riferisce alle critiche
mosse ai dialoghi di Anakin in L’attacco dei cloni e
La vendetta dei Sith, che all’epoca non furono accolti
bene, ma anche ad alcune delle azioni che il suo personaggio compie
proprio in questi film. Anakin Skywalker è d’altronde un
personaggio estremamente complicato e dovrebbe essere letto
attraverso questa lente e, come ha detto Hayden Christensen, con la consapevolezza che
Star
Wars non intende riflettere la vita reale. Altresì, si
parla di un personaggio molto giovane e impulsivo, che commette
dunque facilmente errori in quello che dice o fa.
Dove rivedremo Hayden Christensen
nel ruolo di Anakin Skywalker/Darth Vader?
Nella serie Ahsoka –
con protagonista Rosario Dawson nei panni del Jedi preferito
dai fan, che sta cercando di salvare la galassia dal Grande
Ammiraglio Thrawn, una nuova minaccia dopo la caduta dell’Impero
Galattico – Anakin si riunisce con la sua ex Padawan nel Mondo tra
i mondi, un modo per permettere a Hayden Christensen di apparire come ologramma
nel tempo delle Guerre dei Cloni per una sessione di addestramento.
Secondo un rumors dello scooper Daniel Richtman,
Hayden Christensen tornerà effettivamente
anche nella seconda stagione di Ahsoka, stavolta con un ruolo ben più ampio.
Al momento non sono però stati forniti ulteriori dettagli.
Prosegue con grande
successo di pubblico la 24esima edizione del
Sudestival, il festival della Città di Monopoli, progetto
dell’Associazione Culturale Sguardi, fondato e diretto da
Michele Suma. Il festival è espressione dell’Apulia
Cinefestival Network, afferisce all’AFIC ed è componente della Rete
dei Festival dell’Adriatico. Il Sudestival è il punto di
riferimento del cinema italiano di qualità in Puglia, grande
schermo delle opere prime del cinema italiano, della recente
produzione di DOC e di cortometraggi italiani, che si svolge nella
splendida cornice della città di Monopoli.
Sabato 2 marzo,
presso la Sala “Prospero” della Biblioteca Rendella di
Monopoli, avrà luogo l’immancabile appuntamento con i
cortometraggi. Anche quest’anno la sezione sarà concentrata tutta
in una sola notte, in una vera e propria maratona, che presenterà
al pubblico, a partire dalle 20.00, una selezione di cortometraggi
della migliore produzione italiana. Il poster è opera della
illustratrice Gaia Alba.
La vetrina di grande
qualità è espressione della Rete dei Festival Adriatici,
composta da Corto Dorico, Molise Cinema, Sulmona International
Film Festival, che insieme al Sudestival hanno scelto i
cortometraggi che concorreranno al Premio “Rete dei Festival
dell’Adriatico”, assegnato dalla Giuria Giovani del Sudestival.
La serata sarà aperta
dalla proiezione di Tutto il tempo del mondo, che riceverà
il Premio Speciale Sudestival 2024 per l’IMPEGNO SOCIALE. Il corto,
infatti, per la regia di Daniele Barbiero, fa parte della
campagna “Destinazione Posso – In viaggio con l’angioedema
ereditario” promossa da Takeda, con il patrocinio di A.A.E.E.
Associazione volontaria per l’angioedema ereditario ed altre forme
di rare di angioedema, ITACA e UNIAMO Fondazione Italiana Malattie
Rare.
Seguiranno gli otto i
cortometraggi in concorso: La nocchiera, di Martina
Briglia; Due battiti, di Marino Guarnieri;
Happy New Year, Jim di Andrea Gatopoulos;
Tu Quoque, di Luca Fattori Giombi; Un bacio di
troppo, di Vincenzo Lamagna; Beati i puri di
cuore, di Matteo Giampietruzzi; Mariposa, di
Maurizio Forcella; Stanza 5, di Rosario
Capozzolo. Verrà poi proiettata una selezione
di sette titoli fuori concorso: Ultraveloci di Davide
Morando e Paolo Bonfadini; Tilipirche di
Francesco Piras; Sciaraballa di Mino Capuano;
La Notte di Martina Generali, Simone Pratola e
Francesca Sofia Rosso; Al di là dell’ombra di
Giuseppe Gimmi; The Delay di Mattia Napoli;
Black Eyed Dog di Alessandro Cino
Zolfanelli.
Ospiti della serata
saranno Federico Pommier e Christian Ferrao per Molise Cinema,
Marco Maiorano per Sulmona International Film Festival, Luca
Caprara per Corto Dorico e i registi Marino Guarnieri, Martina
Briglia, Luca Fattori Giombi e Andrea Gatopoulos, che intervistati
dai direttori dei festival, presenteranno le loro opere.
Proseguono gli
appuntamenti della sezione lungometraggi: dopo Come pecore in
mezzo ai lupi, di Lyda Patitucci, Castelrotto, di
Giuliano Giacomelli, Doppio passo di Lorenzo
Borghini e Gli ospiti di Svevo Moltrasio è la
volta di Roma Blues di Gianluca Manzetti, venerdì 1
marzo, in anteprima, e, venerdì 8 marzo di Denti da squalo
di Davide Gentile. La sezione DOC prevede il 29 febbraio la
proiezione di Profondo Argento, di Giancarlo Rolandi e
Steve della Casa e il 7 marzo di Posso entrare? An
ode to Naples, di Trudie Styler. Grande successo tra i
giovani per le masterclass: Marco Spoletini, rinomato
regista e montatore, sarà il protagonista della masterclass
intitolata “Le strategie di montaggio in Io capitano”
che si terrà giovedì 14 marzo. Il 15 marzo sarà invece la
volta di Salvatore de Mola, con la masterclass “Le scelte di
sceneggiatura di Fango e Gloria”.
LE SEZIONI
MASTERCLASS
26 gennaio – Luca Bigazzi: “Il ruolo
strategico della luce nell’opera filmica: Amusia “
27 gennaio – Fabio Mollo: “Dalla pagina allo
schermo: la regia di Nata per te”
2 febbraio – Pippo Mezzapesa e Antonella
Gaeta: “Regia e scrittura cinematografica tra finzione e
realtà: Ti mangio il cuore”
23 febbraio – Ciro d’Emilio: “La regia tra
narrazione e visione: Un giorno all’improvviso”
14 marzo – Marco Spoletini: “Le strategie di
montaggio in Io capitano”
15 marzo – Salvatore De Mola: “Le scelte di
sceneggiatura di Fango e Gloria”
GLI IMPRESCINDIBILI_
LA RETROSPETTIVA DEDICATA A GIULIANO MONTALDO
28 gennaio – Sacco e Vanzetti (1971)
3 febbraio – Giordano Bruno (1973)
10 febbraio – L’Agnese va a morire
(1976)
17 febbraio – I demoni di San Pietroburgo
(2008)
24 febbraio – L’industriale (2011)
CONCORSO
LUNGOMETRAGGIO
2 febbraio – Come pecore in mezzo ai lupi,
di Lyda Patitucci
9 febbraio – Castelrotto, di Giuliano
Giacomelli (ANTEPRIMA)
16 febbraio – Doppio passo, di Lorenzo
Borghini
23 febbraio – Gli ospiti, di Svevo
Moltrasio
1 marzo – Roma Blues, di Gianluca
Manzetti (ANTEPRIMA)
8 marzo – Denti da squalo, di Davide
Gentile
CONCORSO DOC
1 febbraio – Adesso vinco io, di Herbert
Simone Paragnani e Paolo Geremei
8 febbraio – Roma santa e dannata, di
Daniele Ciprì
15 febbraio – Semidei, di Fabio Mollo e
Alessandra Cataleta
22 febbraio – Mimmo Lumano, di Vincenzo
Caricari (ANTEPRIMA)
29 febbraio – Profondo Argento, di
Giancarlo Rolandi e Steve della Casa
7 marzo – Posso entrare? An ode to Naples,
di Trudie Styler
CORTA È LA NOTTE –
2 MARZO
Tutto il tempo del mondo, diDaniele
Barbiero
La nocchiera, di Martina Briglia
Due battiti, di Marino Guarnieri
Happy New Year, di Andrea
Gatopoulos
Tu Quoque, di Luca Fattori
Giombi
Un bacio di troppo, di Vincenzo
Lamagna
Beati i puri di cuore, di Matteo
Giampietruzzi
Mariposa, di Maurizio Forcella
Stanza 5, di Rosario Capozzolo
Ultraveloci di Davide
Morando e Paolo Bonfadini
Tilipirche di Francesco
Piras
Sciaraballa di Mino
Capuano
La Notte di Martina
Generali, Simone Pratola e Francesca Sofia
Rosso
Al di là dell’ombra di
Giuseppe Gimmi
The Delay di Mattia
Napoli
Black Eyed Dog di
Alessandro Cino Zolfanelli
SUDESTIVAL
KIDS
9 febbraio –
Laboratorio a cura di Marino Guarnieri
16 febbraio – Mary e
lo spirito di mezzanotte, di Enzo d’Alò
1 marzo –
Manodopera, di Alain Ughetto
8 marzo – Argonuts
missione Olimpo, di David Alaux
A pochi giorni dalla diffusione
della prima sinossi ufficiale, arrivano anche le prime immagini di
The
Crow, nuovo adattamento del fumetto di James
O’Barr che vede protagonista
Bill Skarsgård nei panni di Eric
Draven. Con lui, a interpretare l’amata Shelley, FKA
Twigs.
Rupert Sanders,
regista di Biancaneve e il Cacciatore e Ghost
in the Shell, firma la regia del film che, come detto,
sarà un nuovo adattamento della graphic novel gotica e non un
remake del film del 1993 divenuto tristemente famoso per essere
stato l’ultimo di Brandon Lee, morto tragicamente proprio
durante le riprese.
Molti ritengono che quel film
diretto da Alex Proyas abbia svolto un lavoro perfetto di
adattamento della storia e, a questo proposito, il 7 maggio il film
uscirà per la prima volta in 4K Ultra HD e in
Steelbook. The
Crow sarà interpretato anche da Danny Huston,
Laura Birn, Sami Bouajila e Jordan Bolger
in ruoli non rivelati. Zach Baylin e Will Schneider hanno scritto
la sceneggiatura.
The
Crow uscirà il 7 giugno di quest’anno negli USA. La
sinossi recita: “Le anime gemelle Eric Draven (Skarsgård) e
Shelly Webster (FKA twigs) vengono brutalmente assassinate quando i
demoni del passato oscuro di lei li raggiungono. Avendo la
possibilità di salvare il suo vero amore sacrificando se stesso,
Eric parte alla ricerca di una spietata vendetta sui loro
assassini, attraversando i mondi dei vivi e dei morti per mettere a
posto le cose sbagliate“.
Con la fine di febbraio ecco tutte
i film e le serie tv in arrivo a Marzo 2024 su Prime
Video, la piattaforma streaming del colosso
Amazon.
I Film in arrivo a Marzo 2024 su
Prime Video
Ricky Stanicky
Film dal 7 marzo – Quando
tre migliori amici d’infanzia fanno uno scherzo che va storto,
inventano l’immaginario Ricky
Stanicky perché li tiri fuori dai guai. Vent’anni dopo aver
creato questo “amico”, Dean, JT e Wes (Zac Efron, Andrew
Santino e Jermaine Fowler) usano ancora l’inesistente
Ricky come comodo alibi per il loro comportamento immaturo.
Quando le loro mogli e partner si
insospettiscono e chiedono di incontrare finalmente il leggendario
Signor Stanicky, il trio, colpevole, decide di assumere l’attore
fallito e sboccato imitatore di celebrità “Rock Hard” Rod
(John Cena) per dargli vita. Ma quando Rod si
spinge troppo oltre con il ruolo attoriale che sognava da una vita,
i tre iniziano a desiderare di non aver mai inventato Ricky. Dal
regista Peter Farrelly e con altri membri del cast
tra cui William H. Macy, Lex Scott Davis e Anja
Savcic.
Road House
Film dal 21 marzo – In questa
nuova
adrenalinica versione del film cult anni ’80, un ex combattente
UFC (Jake
Gyllenhaal) accetta un lavoro come buttafuori in una
rissosa e rude roadhouse nelle Florida Keys, ma scopre presto che
non tutto è come sembra in quel paradiso tropicale.
NUOVI FILM IN
ARRIVO
Prime e seconde visioni
The Equalizer 3 | 1 marzo
Ci sei Dio? Sono io, Margaret. |2 marzo
Brian e Charles | 3 marzo
Nope | 10 marzo
Watcher | 10 marzo
Vengeance | 10 marzo
Frida: A Self Portrait | 14 marzo
Ferrari | 15 marzo
Gran Turismo | 23 marzo
Beast (2022) | 24 marzo
Santocielo | 29 marzo
Erano ragazzi in barca | 29 marzo
Altri film
Come ti ammazzo il bodyguard 2 – La moglie del sicario | 1
marzo
FILM IN SCADENZA
Marry Me – Sposami | 4 marzo
Synchronic | 12 marzo
Tutti a bordo | 20 marzo
Ambulance | 25 marzo
Vicini di casa | 31 marzo
Le serie tv in arrivo a Marzo 2024 su Prime Video
Antonia
Serie Original dal 4 marzo
Un’ironica serie dramedy con Chiara Martegiani e
Valerio Mastandrea. Una giovane donna in fuga dal
dolore e da se stessa, al suo 33esimo compleanno, scopre di avere
l’endometriosi. La malattia sarà l’occasione per conoscersi e
smettere di scappare. Ideata da Chiara Martegiani, diretta da
Chiara Malta e scritta da Elisa Casseri, Carlotta Corradi e Chiara
Martegiani con la supervisione creativa di Valerio Mastandrea. Una
produzione Fidelio e Groenlandia (una società del Gruppo Banijay)
in collaborazione con Prime Video, in collaborazione con Rai Fiction.
Nel cast anche Barbara Chichiarelli, Emanuele Linfatti, Leonardo
Lidi e Chiara Caselli.
Invincible – seconda stagione
Seconda parte della serie Invincible dal
14 marzo – la serie è basata sull’innovativo fumetto di Robert
Kirkman, Cory Walker e Ryan Ottley. La storia ruota attorno al
diciottenne Mark Grayson, un ragazzo come tanti della sua età,
tranne per il fatto che suo padre è (o era) il supereroe più
potente del pianeta. Ancora provato dal tradimento di Nolan nella
prima stagione, Mark lotta per ricostruire la sua vita mentre
affronta una serie di nuove minacce, combattendo al contempo la sua
più grande paura: quella di diventare suo padre senza nemmeno
saperlo.
LOL Talent Show: Chi fa ridere è
dentro
Episodio finale il 7 marzo
Comici professionisti, amatoriali e
artisti di ogni genere si esibiranno davanti a una giuria
d’eccezione per giocarsi la loro chance di entrare a far parte del
cast della quarta stagione di LOL: Chi ride è fuori. Elio, Katia
Follesa e Angelo Pintus, tra i protagonisti delle passate edizioni
di LOL, saranno i giurati di questo show, mentre Mago Forest, anche
lui veterano del comedy show, vestirà i panni di presentatore e
accompagnerà i giudici in questo tour tutto italiano che toccherà
le città di Milano e Napoli, per le audition, e Roma, per la
finalissima che eleggerà il vincitore. Ogni episodio, inoltre, avrà
una guest star che potrà cambiare le sorti di un concorrente.
The Baxters
Nuova serie dal 28 marzo. Basato
sulla serie di libri best-seller di Karen Kingsbury, The
Baxters è un affascinante dramma familiare che segue Elizabeth
e John Baxter e i loro cinque figli adulti. La prima stagione di
The Baxters è incentrata sulla figlia di Elizabeth e John, Kari,
che apprende la scioccante verità che il marito professore, Tim, ha
avuto una relazione segreta con uno dei suoi studenti
universitari.
Mentre la sua relazione viene messa
alla prova, Kari cerca conforto nella fede e nella sua famiglia per
capire se l’amore è veramente una scelta e se il suo matrimonio può
essere salvato. In questo percorso profondamente commovente basato
sulla fede, i Baxter devono riunirsi come una famiglia per lavorare
attraverso le sfide della vita.
SERIE & SHOW
Naruto: Shippuden – la quinta stagione | 1 marzo
Dragon Ball Z – la quarta stagione | 9 marzo
Fairy Tail – la nona stagione | 29 marzo
L’hype intorno al nuovo film di
Deadpool, ora ufficialmente intitolato Deadpool
& Wolverine, era già alle stelle fin
dall’annuncio di Hugh Jackman nell’amato ruolo di Wolverine.
Con l’uscita
del trailer che anticipa il ritorno di entrambi i
supereroi nel mondo del MCU,
i fan hanno iniziato a porsi delle domande. In particolare, in
questo articolo ne spieghiamo cinque tra le più influenti che
coinvolgono il mondo della Marvel nella sua totalità: tra
queste, il ruolo della TVA, gli
easter egg più importanti e il posto di questo film nella
timeline del MCU.
Cosa vuole la TVA da Wade?
In Deadpool 2, Wade Wilson ha usato il dispositivo per
viaggiare nel tempo di Cable per salvare le vite dei suoi amici e
alterare la storia. Una volta avremmo detto che questa azione
avrebbe dovuto metterlo nel radar della TVA come candidato principale per la potatura,
ma ora che c’è un Multiverso infinito in gioco, tecnicamente non ha
fatto nulla di male. Al contrario, potrebbe essere la sua
esperienze con i viaggi nel tempo e nel multiverso a renderlo la
persona giusta al momento giusto. È chiaro che è stato reclutato
per qualcosa di importante e, a conti fatti, Wade sembra accettare
il compito di salvare l’Universo Marvel.
È il Wolverine del MCU?
Hugh Jackman tornerà a vestire i panni di
Logan in Deadpool &
Wolverine, ma questo trailer tiene in gran parte nascosto
il mutante anche perché in gran parte il suo costume era
stato già spoilerato dalle foto del set. L’iconica acconciatura
di Wolverine e l’abito bianco che nel trailer gli si vede indossare
in una specie di club sembra però confermare che ci troviamo di
fronte a Patch, il soprannome che Logan ha
adottato durante il periodo trascorso a Madripoor. Questo potrebbe
essere il vero il Logan del MCU, interpretato da qualcuno che
non è Jackman. Taron Egerton? Daniel Radcliffe? Dovremo aspettare e vedere,
ma chiunque sia, sembra sarà destinato a essere il Wolverine
permanente della Terra-616, ammesso che non si riveli un bluff.
Come si collega tutto questo a
Loki?
Alla fine della seconda stagione di
Loki, il Dio dell’Inganno ha creato un nuovo
Multiverso di cui egli è ora al centro. Di conseguenza,
l’attenzione della TVA sembra essersi spostata dalla potatura delle
linee temporali erranti al mantenimento di questa e alla caccia
alle Varianti di Kang. Il problema è che durante la Saga del
Multiverso abbiamo assistito a un forte scollamento tra i progetti
del grande e del piccolo schermo. Di conseguenza, c’è il rischio
che Deadpool e Wolverine non riescano a collegarsi correttamente
con Loki, creando confusione tra i fan e privandoci della
continuità che è servita così bene alla Saga dell’Infinito.
Quello è Avengers: Age Of Ultron?
Torniamo alla TVA e sembra che
abbiano intenzione di mandare Wade sulla Terra-616. L’anteprima
mette in evidenza la memorabile inquadratura degli eroi più potenti
della Terra che entrano in azione in Avengers: Age of Ultron. Più tardi, vediamo Wade
combattere contro gli agenti della TVA in un’ambientazione innevata
che sembra estremamente simile a quella del secondo film degli
Avengers. Potrebbe essere che Deadpool abbia in qualche modo preso
parte alla battaglia con l’HYDRA? Se si aggiunge che Cassandra Nova
fa la sua apparizione in un altro punto dell’anteprima e che
Deadpool si ritrova persino seduto nel letto di Hulk in
Thor: Ragnarok, è impossibile dire dove
ci porterà questo trequel.
Quella è Lady Deadpool?
Infine, le foto del set sembrano
aver confermato che Deadpool e Wolverine si imbatteranno delle
varianti di loro stesso, ma a chi appartengono queste mani? Dando
un’occhiata più da vicino ai fumetti (e alle dimensioni delle mani
stesse e al design dei guanti), sembra possa trattarsi di
Lady Deadpool! Non ci sono conferme a riguardo né
su chi potrebbe interpreterà il personaggio, anche se si vociferano
nomi come Blake Lively (moglie di Reynolds) o Taylor Swift. Entrambe sarebbero
una scelta quantomai azzeccata e divertente.
01 Distribution ha
diffuso il trailer italiano di Civil
War, dal regista di 28 giorni dopo e SunshineAlex Garland che vede
protagonisti Kirsten Dunst, Cailee Spaeny, Wagner
Moura, Stephen McKinley Henderson e Nick
Offerman. Civil
War è un’esclusiva per l’Italia LEONE FILM GROUP in
collaborazione con RAI CINEMA dal 18 APRILE AL CINEMA.
Secondo World of Reel, Civil
War è stato descritto come “un road movie e un
film di guerra con elementi satirici” e “un gioco
sparatutto elevato“. Garland ha dichiarato al The Telegraph
che Civil
War è “ambientato in un punto indeterminato del
futuro, abbastanza avanti da permettermi di aggiungere
un’idea“
Recentemente il sito Empire Online ha
chiesto al regista perché il Texas e la California si sono uniti
contro lo stato centrale, e Garland ha detto: “La risposta è
nel film. Nei film tendo a non spiegare le cose. A volte mi sento
eccessivamente imboccato dal cinema, e quindi probabilmente
reagisco contro questa tipologia di narrazione. Questa domanda,
perché il Texas e la California, è una domanda che voglio che il
pubblico si ponga“.
In un’America sull’orlo del collasso, attraverso terre desolate
e città distrutte dall’esplosione di una guerra civile, un gruppo
di reporter intraprende un viaggio in condizioni estreme, mettendo
a rischio le proprie vite per raccontare la verità.
La
Zona di interesse è uno dei film più audaci dello
scorso anno (qui
la recensione): un esperimento radicale di prospettiva, –
ispirato ad una
storia vera e basato sull’omonimo romanzo di Martin Amis
– che limita il punto di vista del pubblico sulle atrocità
adottando quello delle persone che le perpetrano. Il regista
Jonathan Glazer stabilisce
immediatamente la sua concezione formale, spingendo tutti gli
orrori di Auschwitz appena oltre la linea
dell’inquadratura e concentrandosi invece su una famiglia nazista
beatamente imperturbabile che svolge la sua routine quotidiana
nella periferia del campo.
Poiché il regista non si discosta
mai molto da questo approccio, il suo punto di vista sulla capacità
della società di compartimentare il male – e di tenere la propria
complicità lontana dalla vista e dalla mente – arriva molto più
forte e chiaro delle urla fuori campo della colonna sonora. È un
film che continua a dire una cosa sconfortante più e più volte, e
forse è per questo che molti recensori hanno fatto riferimento alla
stessa citazione di Hannah Arendt sulla banalità del male, ispirata
dallo studio di un burocrate nazista le cui azioni mostruose si
scontravano con l’apparenza ordinaria.
Perché nel finale di La zona
d’interesse Hoss vomita?
La lettura popolare – e forse anche
voluta – del finale di La
Zona d’interesse è che Höss viene finalmente
messo di fronte all’enormità del suo ruolo di primo piano nella
Soluzione Finale di Hitler. Rantola perché l’orribile verità, nella
terribile quiete e oscurità, lo ha trovato. Anche se solo per un
momento, la sua dissociazione sociopatica ha vacillato.
Discutendo del film in una recente
intervista, l’attore Christian Friedel sembra rafforzare questa
interpretazione. “Penso che sia una lotta: il corpo contro la
sua anima“, ha detto l’attore a proposito dell’improvvisa
malattia di Höss. “Perché il corpo dice la verità, anche se
nella nostra mente possiamo tradire noi stessi. Siamo maestri
dell’autoinganno“. Friedel indica anche un’importante fonte di
ispirazione per lui e Glazer: la scena finale del documentario
The Act of Killing, in cui un criminale di guerra – il
genocida gangster indonesiano Anwar Congo – scoppia in una crisi di
vomito, come se fosse finalmente sopraffatto da ciò che ha
fatto.
Tuttavia, vale la pena ricordare che
c’è un modo alternativo di leggere la fine di questo film. Höss
potrebbe sperimentare un altro tipo di brusco risveglio ne La
Zona d’interesse: non tanto l’emergere tardivo di una
coscienza, quanto la consapevolezza di quanto sia piccolo nel
grande schema delle cose.
Non è che Glazer dipinga un chiaro
ritratto della colpevolezza morale che si afferma. Per cominciare,
il vomito avviene prima della visione, il che complica qualsiasi
senso netto di causa ed effetto psicologico. Höss sta sentendo le
onde d’urto fisiche della verità che la sua premonizione illustrerà
ulteriormente – i segni interni rivelatori che si trova dalla parte
sbagliata della storia? O ha semplicemente bevuto troppo alla
festa?
Il capovolgimento dell’ordine degli
eventi nega la semplice ottica drammatica di un criminale di guerra
impenitente che prova un sentimento di rimpianto. È da notare che
il film termina nel 1943, ben due anni prima della resa della
Germania. Il vero Höss non ebbe un momento alla Oskar
Schindler. Continuò a servire la visione di Hitler e non si
pentì fino a pochi giorni prima della sua esecuzione. Uno psicologo
americano che parlò con Höss scrisse di lui: “C’è troppa apatia
per lasciare un’idea di rimorso“.
Quindi, se non è il senso di colpa a
premere sul personaggio negli ultimi minuti, sconvolgendo il suo
stomaco e la sua mente, cosa lo fa? Forse qualcosa di più piccolo e
insignificante. La
zona d’interesse presenta Höss come un mostro
decisamente burocratico: l’assassino di massa come un verme
arrivista che vede l’Olocausto – questo male insondabile che sta
direttamente commettendo – come un mero risultato
professionale.
Ricercando per il ruolo, Friedel ha
trovato una citazione del vero comandante: “Era il mio lavoro,
e volevo essere il migliore nel mio lavoro“. Höss, in altre
parole, non si limitava a “seguire gli ordini“, la difesa
di default del nazista medio. Stava cercando di eseguirli molto
bene, per ottenere una stella d’oro.
E forse quello che vede alla fine
della sala è un futuro in cui nessuno apprezza quello che ha fatto:
non l’ingegnosità tecnologica dei suoi omicidi, né l’efficienza del
campo sotto la sua guida. Sono le sue vittime che la gente verrà ad
Auschwitz per onorare. Egli è una nota a piè di pagina nella
storia, ricordato come un mero ingranaggio della macchina della
morte, se viene ricordato. Non è un caso che l’ultimo dialogo che
il personaggio pronuncia sia un gongolamento su come intitoleranno
a lui un futuro atto di genocidio. È un uomo preoccupato
soprattutto della sua reputazione professionale. L’irrilevanza di
quest’ultima con il senno di poi storico è ciò che gli fa rivoltare
lo stomaco
In un certo senso, la breve scena a
cui Glazer salta – un quasi-documentario in miniatura di
inservienti che puliscono quello che era un campo di concentramento
e che ora è un museo – riflette il pensiero ottuso del personaggio,
anche se offre una deliberata pausa da esso. Auschwitz è ancora un
luogo di lavoro. I custodi che vediamo spolverare con calma le sue
superfici stanno facendo un lavoro, proprio come Höss. Se c’è una
qualche correlazione tra il suo mal di pancia e la visione che
segue, probabilmente risiede nella sua consapevolezza di essere lui
stesso una specie di custode.
Il finale è come una mostruosa
distorsione dell’incubo dello stacanovista. Il suo lavoro non sarà
celebrato. Il suo certificato di impiegato del mese verrà ritirato.
Alla fine, La
Zona d’interesse rimane la
storia di un genocidio come progetto Q3, una riga sul
curriculum di un middle manager. Anche quando Jonathan
Glazer taglia, mantiene questa inquietante cornice.
Detto questo, il finale si spinge
anche oltre la complicità specifica di Höss, fino alle barriere che
il mondo intero erige tra sé e l’indicibile. È più facile, come
dice lo spezzone finale, definire il male con il senno di poi,
vederlo come qualcosa che è accaduto una volta, una storia oscura
che possiamo studiare dietro un vetro, un orrore che può essere
pianto ma non più evitato. Ma il male dell’Olocausto non è un
problema strettamente legato al passato. Si ripropone in forme
sempre nuove, ignorato e tollerato mentre parliamo. I monumenti
commemorativi di domani sono le atrocità di oggi che accadono
appena al di là del muro di cinta del giardino.
Rebecca Ferguson ha rivelato di aver
affrontato un co-protagonista (il nome non è stato rivelato) e di
aver chiesto che venisse rimossi dal film dopo che l’individuo le
aveva “urlato” contro.
In un’intervista al podcast Reign
with Josh Smith, l’attrice di Dune – Parte
due ha ricordato come ha raccolto le sue forze per il
suo co-protagonista e definirlo un “idiota assoluto” e da allora
non è più stata vittima di comportamenti sessisti.
Rebecca Ferguson ha detto: “Ricordo che
c’è stato un momento in cui questo essere umano era così insicuro e
arrabbiato perché non riusciva a far uscire le scene”.
“E credo di essere stata così
vulnerabile e a disagio da farmi urlare contro. Ma poiché questa
persona era la numero uno di un elenco di chiamate, non c’era
nessuna rete di sicurezza per me. Quindi nessuno mi guardava le
spalle. E io piangevo quando uscivo dal set“.
Rebecca Ferguson ha ricordato come questa
persona le dicesse cose come “Ti definisci un attore?” e
“È con questo che devo lavorare?“, di fronte alla troupe
del film. “Sono rimasta lì a bocca aperta“, ha
ricordato.
Rebecca Ferguson ha detto di aver deciso di
sfidare la sua co-star il giorno dopo, dicendo a quell’individuo di
“andarsene dal mio set“. Ha ricordato di aver avuto
“tanta paura” del confronto.
Ho guardato questa persona e le ho
detto: “Puoi andartene. Lavorerò per ottenere rispetto. Non
voglio vederti mai più“. E poi ricordo che i produttori si
sono avvicinati e hanno detto: ‘Non puoi fare questo al numero
uno. Dobbiamo permettere a questa persona di stare sul
set‘”.
Rebecca Ferguson ha detto di aver chiesto di
recitare senza la sua co-star. “E l’ho fatto“, ha detto.
“Ho pensato che non doveva essere così. E mi ricordo che dopo
sono andata dal regista e gli ho chiesto: “Cosa sta
succedendo?“.
Il regista mi rispose: “Hai ragione. Non mi sto occupando di
tutti gli altri. Sto cercando di rendere morbida questa persona
perché è così instabile“. E da quel momento è stato
fantastico, ma mi ci è voluto molto tempo per arrivarci“.
Potete vedere l’intervista qui sotto:
Dune – Parte
Due, la seconda parte del pluripremiato film di
Denis Villeneuve del 2021 dal classico romanzo di
Frank Herbert potrebbe segnare una delle aperture più importanti
degli ultimi post pandemia e post scioperi. Si prevede un’apertura
mondiale da 170 milioni di dollari , divisi
in 85 milioni – 90 milioni di
dollari all’estero e altri 80 milioni di
dollari nella fascia alta negli Stati Uniti e Canada. La
Warner prevede prudentemente un’apertura da 65 milioni di
dollari, ma la maggior parte delle agenzie e dei servizi
di monitoraggio prevedono quasi 80 milioni di dollari.
Ancora una volta Content is the
KING. Dune – Parte
Due, con 190 milioni di dollari, è stato finanziato in
gran parte dalla Legendary, ma la Warner Bros. ha una
partecipazione a due cifre nel film. La Warner riceverà una piccola
quota degli incassi e anche un compenso per la distribuzione. Lo
studio ha speso per il marketing globale in una campagna guidata
dal suo guru del marketing Josh Goldstine, denaro che sarà
recuperato nella cascata a valle sul piano finanziario.
Tuttavia, il dopo-risultato darà un
po’ di luce all’assediata Warner Bros Discovery, gestita da David
Zaslav, con un prezzo delle azioni di 8,60 dollari (ad oggi), che
si spera possa salire la prossima settimana. L’ultimo Q4 del
conglomerato è stato indebolito da scioperi e da un mercato
pubblicitario opaco. Tuttavia, Zaslav ha promesso che “avrà un
piano d’attacco per il 2024” che comprende “una library
creativa più robusta nei nostri studi cinematografici e
televisivi“.
Da notare che un’apertura interna
di 65-80 milioni di dollari supererebbe alla grande l’apertura
interna di 41 milioni di dollari di Dune,
del 2021, che ha visto le sue vendite di biglietti assorbite da
un’uscita in sala day-and-date sul servizio di streaming HBO Max
all’inizio di ottobre dello stesso anno. Tuttavia, Dune
fu uno dei pochi titoli day-and-date a superare i 100 milioni di
dollari al botteghino nazionale e uno dei soli due a superare i 400
milioni di dollari in tutto il mondo, insieme a Godzilla
vs. Kong della Legendary. È stato uno dei pochi
blockbuster che ha funzionato sia nelle case che nelle sale, ma ha
sicuramente lasciato molti soldi sul piatto del box office
theatrical.
Secondo quanto riportato,
Hunter Schafer, star degli Euphoria,
è stata arrestata lunedì durante una protesta a favore della
Palestina, durante la registrazione dell’apparizione di Joe
Biden al Late Night With Seth Meyers.
Secondo Vulture, Hunter
Schafer è stata una dei 33 arrestati mentre protestava per
i diritti dei palestinesi con il gruppo Jewish Voice for
Peace lunedì.
Le foto dell’evento la mostrano
mentre indossa una maglietta che chiede un cessate il fuoco
immediato e un’immagine della Reuters la vede scortata fuori dalla
30 Rock da un agente della polizia di New York con le mani legate
dietro la schiena.
L’apparizione di Biden a
Seth Meyers è stata interrotta dai manifestanti.
Ieri, alle primarie democratiche del Michigan, migliaia di persone
hanno spinto per un “voto non impegnato” per inviare un messaggio
al Presidente su Gaza, e la quota di voti non impegnati è stata del
14,2% con il 28% di votanti.
Biden è stato ospite a sorpresa di
Seth Meyers, dove ha risposto a domande che
spaziavano dalla sua età alla
cospirazione conservatrice su Taylor Swift
fino, senza sorpresa, alla guerra tra Israele e Hamas.
Hunter Schafer ha
recitato in Euphoria nel
ruolo dell’adolescente transgender Jules Vaughn. Il ruolo
le ha dato fama mondiale e ha vinto numerosi premi per la sua
interpretazione. Tra gli altri ruoli ricordiamo il prequel di
Hunger Games,
Hunger Games – La ballata dell’usignolo e il film
horror Cuckoo con Dan Stevens e Jessica
Henwick.
Arriva finalmente in sala
Estranei, il
film rivelazione dell’ultima Festa del Cinema di
Roma, diretto da Andrew Haigh. La
pellicola del regista inglese, distribuita da Searchlight
Pictures e interpretata da un ristretto cast composto da
Andrew Scott,
Paul Mescal,
Jamie Bell e Claire Foy, è
tratta dall’omonimo romanzo di Taichi Yamada –
autore giapponese recentemente scomparso.
Il film del cineasta britannico,
giunto ormai al suo quinto lungometraggio, rappresenta dunque un
interessante caso di intersezione culturale e mediale. E proprio
per questa ragione abbiamo deciso di stilare una breve lista
di differenze tra l’opera di Yamada e quella di
Haigh. Manifestazioni diverse di una stessa
esigenza: raccontare la solitudine.
Collocazione geografica
La prima grande differenza tra
Estranei, il film di Andrew
Haigh, e l’opera di Yamada a cui il
lungometraggio si ispira è di natura puramente geografica. Se
infatti l’opera letteraria dell’autore giapponese si alterna tra
Tokyo e il distretto di Asakusa, la pellicola del regista inglese
trasla il tutto nell’Inghilterra di Haigh, facendo
muovere il protagonista tra nord e sud di Londra (Croydon). Tale
“lontananza”, lungi dal risultare esclusivamente accessoria, si
riflette in una serie di dettagli narrativi, di maggiore o minore
importanza, che pur non intaccando il significato ultimo del
racconto, aiutano la sua collocazione culturale. Se infatti sia
Adam che Harada, i due protagonisti, sono sceneggiatori in crisi
che abitano in un condominio sostanzialmente disabitato, diverso è
invece il set-up dell’altra fondamentale location della storia.
La casa d’infanzia di Adam è la
tipica villetta a schiera periferica occidentale, mentre quella di
Harada è un appartamento inserito all’interno di “una casetta a due
piani”, al quale si accede tramite “una passerella esterna” che
corre lungo il primo piano, passando per l’ultima di tre porte. A
questo possiamo aggiungere le naturali differenze in termini di
regime alimentare, arredamento, momenti di condivisione familiare
(il Natale di Adam vs la partita al Gioco dei fiori di Harada) ed
etica professionale (il grande spazio dato al lavoro di scrittore
di Harada). Tutti elementi che, nella loro semplicità e
immediatezza, consentono al pubblico una più spontanea immersione
emotiva e sensoriale all’interno dei confini di due ambientazioni
agli antipodi.
Andrew Scott e Paul Mescal
Il secondo lampante punto di
“distacco” tra Estranei di Yamada
e Haigh risiede ovviamente nella composizione
della coppia protagonista del racconto. A differenza di Harada, che
poco tempo dopo il divorzio riceve la visita inaspettata di Kei –
donna decisamente più giovane di lui – Adam viene (almeno
apparentemente) strappato dalla monotonia delle sue giornate da
Harry, ragazzo sulla cui età il regista sceglie di non soffermarsi
particolarmente.
Quella che a primo impatto potrebbe
apparire come un semplice switch tra una relazione di natura
eterosessuale e una omosessuale, ha però implicazioni decisamente
più importanti. Non solo Haigh riadatta lo
scheletro narrativo di Yamada per portare avanti
un discorso cinematografico a lui caro sin dagli esordi (pensiamo
al Weekend del 2011), ma innesta, attraverso la
modifica in fase di scrittura, un ragionamento sul coming-out –
inteso, nel bene e nel male, come esperienza essenziale e fondativa
per la vita di ciascuno – che dona uno sguardo nuovo al materiale
del racconto e ne amplifica i risvolti sociali e familiari.
Adam non è solo un uomo che ha
perduto prematuramente i genitori e rimpiange un rapporto mai
sviluppatosi, ma è un ragazzo omosessuale a cui è stata portata via
la possibilità di un confronto/scontro relativo alla propria
identità. E che dunque, proprio per questa ragione, vaga disperso e
senza alcun punto di riferimento.
Rappresentazione del contatto ultra-terreno
Arriviamo così alla differenza
numero 3. Una differenza di natura rappresentativa. Parliamo cioè
di come autore e regista hanno scelto di affrontare nella storia di
Estranei il confronto tra i loro protagonisti e il
mondo “al di là”, identificato nella casa di famiglia di Harada e
Adam. Come difatti è facilmente intuibile a partire da un preciso
momento di libro e film, i due sceneggiatori si ritrovano ben
presto in contatto con una dimensione altra, abitata dai fantasmi
dei loro genitori.
Tale contatto, che Andrew
Haigh sceglie di sviluppare solo dal punto di vista
psicologico, ha all’interno dell’opera letteraria un risvolto anche
fisico: senza che Harada se ne accorga, le ripetute visite ai
genitori in quel di Asakusa provocano infatti in lui un deperimento
corporale – del quale tra l’altro l’uomo prende coscienza solo
grazie alla preoccupazione manifestata dalla vicina/amante Kei e da
un collega di lavoro; i quali lo portano, in un momento di
realizzazione anche simbolica, a guardarsi veramente allo specchio
e vedersi per ciò che realmente è diventato.
La scelta di Haigh
di non riproporre a schermo questa vera e propria trasformazione è
dettata, oltre forse che da una precisa volontà di eliminazione del
grottesco, da un’ulteriore ragione: non percependo alcun danno
apparente, Adam fatica a distaccarsi dalla possibilità di
condivisione offerta da questo insperato ri-incontro. Ed è anche
per questo che, differentemente dal libro, sono i genitori di lui a
porre fine al loro tempo insieme e a comunicargli la necessità di
“andare avanti”.
Culture agli antipodi
C’è un altro risvolto narrativo
particolarmente importante che i due autori di
Estranei hanno deciso di sviluppare in maniera
differente, ed è il momento in cui i protagonisti confessano ai
rispettivi interessi romantici le loro assidue visite ad Asakusa e
Croydon. Se infatti Adam invita Harry a visitare la sua casa
d’infanzia per ritrovarla poi chiusa e abbandonata (dal momento che
i genitori si mostrano solo al figlio), questo non avviene tra le
pagine di Yamada; all’interno delle quali Kei,
venuta a sapere del contatto ultraterreno di Harada, lo spinge a
interrompere questa frequentazione e a designarla come un qualcosa
di malvagio e di inopportuno.
Frangenti agli antipodi, ma proprio
per questo profondamente rivelatori: in Haigh il
comportamento di Harry, apparentemente scettico, ma comunque
solidale, appare verosimile – almeno in una prospettiva occidentale
– e contribuisce a creare un senso di ambiguità che si trascina per
tutto il film. Nel libro di Yamada quella che
emerge è invece una spiritualità concreta di matrice prettamente
orientale, comprensibile se calata in quello specifico contesto
culturale. Una spiritualià che, come vedremo tra poco, ha
conseguenze anche e soprattutto nel finale del racconto.
Spiritualità occidentale e orientale
Ed eccoci all’ultimo grande elemento
di distacco tra le due versioni di Estranei prese
in considerazione all’interno di questa analisi. Elemento
rappresentato dalla sequenza che precede il finale del libro, ma si
identifica come la vera e propria conclusione del film. La
realizzazione del protagonista.
Al termine dell’opera, quando sia
Adam che Harada hanno posto fine al rapporto ultra-terreno con i
propri genitori, entrambi i protagonisti devono far fronte a una
spiazzante scoperta: Harry e Kei in realtà sono fantasmi. Lo sono
stati sin dall’inizio; o meglio dal momento in cui, in occasione
della loro prima visita, sono stati momentaneamente allontanati da
Adam e Harada a notte fonda e, lasciati soli, si sono tolti la vita
per poi riapparire nelle vite dei protagonisti alla stregua dei
loro genitori.
Nell’opera di Haigh
il ritrovamento del corpo esanime di Harry è seguito da un’ultima
apparizione del ragazzo, nel segno di quell’ambiguità e di quella
solitudine mista ad amore e speranza che contamina l’intero
film. Yamada invece mette in scena un vero e
proprio confronto/scontro tra Harada e Kei, in cui quest’ultima
(spinta forse da rabbia e rimpianti) dichiara di voler trascinare
con sé il protagonista, rivelando – prima della resa finale – un
carattere maligno mai mostrato in precedenza.
Ancora una volta, come
preannunciato, emerge sul finale di Estranei una
distanza culturale tra le due opere che si palesa nella differente
concezione del mondo degli spiriti tra occidente e oriente. Da una
parte il “conforto”, dall’altra un’inquietudine che conduce a una
presa di consapevolezza. Modi diversi di percorrere strade simili e
raccontare un senso di solitudine che, al contrario, non conosce
latitudine.
Da oggi finalmente in sala, il film
Dune –
Parte due (qui
la recensione) diretto da Denis Villeneuve
riporta sul grande schermo l’avventura di Paul Atreide sul pianeta
Arrakis, dove medita vendetta contro gli assassini di suo padre e
mentre va anche incontro al proprio destino di Messia
dell’Universo. Come noto, questa seconda parte conclude la
narrazione del primo romanzo del Ciclo di Dune, scritto da Frank Herbert, ma
già da tempo Villeneuve afferma di
voler realizzare anche un Dune 3, che sarà basato
sugli eventi del secondo romanzo, Dune: Messiah. Alla luce di ciò, c’è
qualcosa in Dune – Parte
due, che anticipa questo ulteriore film?
“Questo film successivo
esplorerà il mitico viaggio di Paul Atreides mentre si unisce a
Chani e ai Fremen mentre è su un sentiero di guerra di vendetta
contro i cospiratori che hanno distrutto la sua famiglia“, si
legge nella sinossi ufficiale. “Di fronte alla scelta tra
l’amore della sua vita e il destino dell’universo conosciuto, tenta
di prevenire un futuro terribile che solo lui può
prevedere.”
Dune – Parte
due è diretto da Villeneuve da una sceneggiatura
che ha scritto insieme a Jon Spaihts. Il film è basato
sull’innovativo romanzo di fantascienza Dune del 1965 di Frank
Herbert. Dune –
Parte due uscirà nei cinema il 28 Febbraio
2024! Il secondo capitolo continuerà la storia di Dune,
che, nonostante la sua controversa uscita, è stato un solido
successo al botteghino nel 2021, incassando oltre 402 milioni di
dollari su un budget di produzione stimato di 165 milioni di
dollari. Tuttavia, WB ha sicuramente maggiori speranze per il
sequel, che potrà trarre vantaggio da un’uscita globale su larga
scala in formati standard e premium, incluso IMAX.
Dune – Parte due ha
una scena post-credits o una end-credits?
La risposta è molto sempplice: no,
non ci sono scene mid-credits o end-credits in Dune – Parte
due. Le scene post-credits sono diventate generalmente una
norma per i blockbuster a grande budget. Il merito va soprattutto
al MCU, perché chi entra in un film
evento si aspetta di vedere un’altra scena dopo i titoli di coda
che anticipa qualcosa sul futuro dei personaggi appena visti. Allo
stesso modo i fan di Dune si sono
chiesti se ci sia qualcosa del genere anche in Dune – Parte
due, ma la recente anteprima mondiale ha confermato che
non c’è nessuna scena dopo i titoli di coda che ci accompagni verso
il terzo film.
Inoltre, il regista Denis Villeneuve
ha precedentemente dichiarato di non amare le scene post-credits
nei suoi film. In un’intervista rilasciata a NME nel 2021, ha
dichiarato: “Non mi piacciono le scene post-credits. C’è
un’emozione finale molto specifica che stavo cercando con
l’inquadratura finale di Dune e non voglio rovinarla. Quindi no,
non uso scene post-credits. Non l’ho mai fatto e non lo farò
mai“. Alla luce di ciò, è comunque consigliabile rimanere fino
alla fine dei titoli di coda, non solo per onorare quanti hanno
lavorato al film ma anche per godere fino in fondo delle note della
colonna sonora composta da Hanz Zimmer.
La data di inizio delle riprese del
nuovo Jurassic
World 4, previsto in sala per il prossimo
anno, è stata rivelata. Dopo il successo dei tre precedenti film di
Jurassic World, il mese scorso è come noto stato
annunciato che un altro sequel è in fase di sviluppo, con lo
sceneggiatore di Jurassic ParkDavid Koepp pronto a
scrivere la sceneggiatura. Si dice però che il film sarà un reboot
del franchise e che non sia previsto il ritorno di alcun membro del
cast precedentemente legato ad esso. Tornando alla data di inizio
riprese, ProductionList.com riporta che queste
sono fissate per il 31 luglio 2024. Questa
rivelazione segue la recente conferma che il regista di The Creator e
Rogue One: A Star Wars Story, Gareth
Edwards,
sarà alla guida del film.
Cosa sappiamo di Jurassic World 4?
Sebbene non siano ancora state
rivelate informazioni ufficiali sulla trama del nuovo Jurassic
World 4, la scrittura della sceneggiatura da parte di
Koepp suggerisce che Jurassic
World 4 potrebbe tornare alle origini del franchise.
Koepp non solo ha scritto l’acclamato originale del 1993 di
Steven Spielberg, ma anche il suo sequel del
1997, Il mondo perduto: Jurassic Park. Non essendo previsto
il ritorno di membri del cast storico come Sam Neill, Laura Dern e Jeff Goldblum, né di nuovi membri del cast di
Jurassic World come Chris Pratt e Bryce Dallas Howard, il prossimo sequel
potrebbe aprire la strada a una nuova era per il franchise.
Anche l’assunzione di Edwards
fornisce qualche indicazione su ciò che potrebbe accadere in
futuro. Edwards, che ha diretto anche Godzilla del 2014, ha anni di esperienza come
artista VFX e questo è certamente uno dei motivi principali per cui
tutti i suoi film presentano immagini CGI mozzafiato. The
Creator, ad esempio, presenta un lavoro VFX straordinario
ed è stato realizzato con un budget inferiore alla metà di quello
di un tipico film del MCU, il che suggerisce che Jurassic
World 4potrebbe avere una delle
migliori CGI del franchise di sempre.
Le informazioni sulla trama possono
essere scarse, ma il finale di Jurassic World: Il Dominio potrebbe in un certo senso
aver preparato gli eventi del prossimo sequel. Il film si conclude
con gli esseri umani e i dinosauri che vivono fianco a fianco, e il
prossimo film potrebbe riprendere proprio da qui, solo con nuovi
personaggi. Con l’avvicinarsi della data di inizio delle riprese, è
comunque probabile che nei prossimi mesi vengano rivelate ulteriori
informazioni sulla trama di Jurassic World, ma anche sugli
attori principali che comporranno il cast.
Recentemente l’amministratore
delegato della Warner Bros. Discover, David
Zaslav, ha annunciato che i co-presidenti dei DC
Studios,
James Gunn e Peter Safran, presto faranno alcuni importanti
annunci sul DCU nel
prossimo futuro. I fan del franchise hanno dunque subito puntato
gli occhi sul San Diego Comic-Con, evento durante il quale le major
sono solite effettuare importanti comunicazioni riguardo i loro
progetti. C’è anche chi, su Threads, ha esplicitamente posto la
domanda a Gunn, ovvero se c’è dunque da aspettarsi che i prossimi
annunci DC vengano fatti in quell’occasione o se avverranno tramite
una livestream.
La risposta di Gunn, secca come
sempre, non si è fatta attendere. “Queste sono le nostre uniche
due scelte?” ha replicato il regista, lasciando intendere che
gli annunci potrebbero avvenire con mezzi diversi da un panel nella
Hall H del San Diego Comic-Con o da un video sui social media.
Zaslav ha in ogni caso rivelato che quanto annunciato nel video di
rivelazione del gennaio 2023 era apparentemente “meno della
metà” di tutti i progetti che lo studio sta pianificando e si
è detto soddisfatto di quanto visto finora su Superman:
Legacy. Non resta dunque che attendere per scoprire dove e
quando questi ulteriori annunci verranno effettuati.
James Gunn dirige Superman:
Legacy
Superman:
Legacy, scritto e diretto da James Gunn, non
sarà un’altra storia sulle origini, ma il Clark Kent che
incontriamo per la prima volta qui sarà un “giovane reporter” a
Metropolis. Si prevede che abbia già incontrato Lois Lane e,
potenzialmente, i suoi compagni eroi (Gunn ha detto che
esistono già in questo mondo e che l’Uomo di domani non è il primo
metaumano del DCU).
Il film è stato anche descritto come
una “storia
delle origini sul posto di lavoro“, suggerendo che una
buona parte del film si concentrerà sull’identità civile di
Superman, Clark Kent, che è un giornalista del Daily Planet.
Secondo quanto riferito, Gunn ha consegnato la prima bozza della
sua sceneggiatura prima dello sciopero degli sceneggiatori, ma ciò
non significa che la produzione non subirà alcun impatto in
futuro.
“Superman: Legacy è il vero
fondamento della nostra visione creativa per l’Universo
DC. Non solo Superman è una parte iconica della tradizione DC,
ma è anche uno dei personaggi preferiti dai lettori di fumetti,
dagli spettatori dei film precedenti e dai fan di tutto il
mondo”, ha detto Gunn durante l’annuncio della lista DCU. “Non vedo
l’ora di presentare la nostra versione di Superman, che il pubblico
potrà seguire e conoscere attraverso film, film d’animazione e
giochi”. Superman:
Legacy uscirà nelle sale l’11 luglio 2025.
L’imminente remake Road
House, con protagonista Jake
Gyllenhaalarriverà sulla piattaforma Prime Video dal 21 marzo, ma ad anticipare questo
suo arrivo c’è una forte polemica suscitata proprio dal suo
regista, Doug Liman. Questi ha sostiene di aver
sviluppato il progetto per un’uscita nelle sale ma che gli Amazon
Studios hanno poi cambiato i piani rendendoRoad
House un film da distribuire solo per lo streaming.
Successivamente a queste accuse, Gyllenhaal ha respinto le
affermazioni di Liman, offrendo la sua versione della dinamica.
“Adoro la tenacia di Doug, e
penso che stia difendendo i registi, i film al cinema e le uscite
in sala. Ma, voglio dire, Amazon è sempre stata chiara sul fatto
che si trattava di streaming“, ha confermato Gyllenhaal a
Gamesradar. “Voglio solo che
il maggior numero di persone lo veda. E penso che stiamo vivendo in
un mondo che sta cambiando nel modo in cui vediamo e guardiamo i
film e nel modo in cui vengono realizzati. Quello che mi è chiaro,
e che ho amato molto, è stato il profondo amore di [Liman] per
questo film, e il suo orgoglio per quanto ci tiene, per quanto
ritiene che sia bello e per quanto la gente dovrebbe
vederlo“.
E ha continuato: “Mi è capitato
anche di guardare un film al computer, o in luoghi diversi, e di
commuovermi profondamente. Se il compito di una storia è quello di
commuovere le persone, io mi sono commosso in entrambe le forme.
Sono un profondo amante del cinema e dell’uscita in sala, ma
abbraccio anche il mondo dello streaming“. Il film era stato
originariamente sviluppato dalla MGM, ma quando Amazon ha acquisito
lo studio, il destino del film si è complicato. Liman ha anche
condiviso una lettera aperta sulla sua esperienza, affermando che
non sarà presente alla prima del film al South by Southwest Film
Festival il mese prossimo.
All’inizio di questo mese, tuttavia,
un rapporto di Variety ha affermato che durante il processo di
sviluppo, a Liman era stata offerta l’opportunità di avere un
budget più ridotto e ottenere un’uscita nelle sale o di ottenere un
budget maggiore per mandare il film direttamente in streaming. Sono
dunque molte le versioni della vicenda e non è del tutto chiaro
quale di queste offra la verità riguardo alle responsabilità sulla
distribuzione del film. In ogni caso, sarà ora possibile vedere
Road
House esclusivamente su Prime Video.
Tutto quello che c’è da sapere su Road House
Il film ha come protagonista
Jake Gyllenhaal nei panni di Elwood Dalton, un
ex lottatore UFC che lotta per sbarcare il lunario. Dopo che la
proprietaria di un Roadhouse delle Florida Keys lo trova a dormire
nella sua auto, Elwood diventa il buttafuori del locale e si
ritrova coinvolto in una guerra tra fuorilegge e motociclisti (tra
cui l’attuale artista di arti marziali miste, diventato attore per
la prima volta, Conor McGregor) e un costruttore
deciso a costruire un sontuoso resort per “ricchi stronzi”
al posto di quel locale.
La star di Shrinking,Jessica Williams, che l’estate scorsa ha
confermato che si sarebbe unita al cast, interpreta la proprietaria
del Roadhouse. Completano il cast di Road
House gli attori Billy Magnussen
(No
Time To Die), Daniela Melchior (The
Suicide Squad), Gbemisola Ikumelo (A
League of Their Own), Lukas Gage
(The White Lotus), Hannah Love
Lanier (A Black Lady Sketch Show), Travis
Van Winkle (You), B. K. Cannon
(Why Women Kill), Arturo Castro
(Broad City), Dominique Columbus (Ray
Donovan), Beau Knapp (Seven Seconds)
e Bob Menery.
Doug Liman
(Edge
of Tomorrow) dirige Road House
da una sceneggiatura scritta da Anthony Bagarozzi
e Charles Mondry. Dopo aver prodotto il film
originale del 1989, Joel Silver torna a produrre
per la sua società Silver Pictures insieme a JJ
Hook, Alison Winter e Aaron
Auch, che fungono da produttori esecutivi. “Sono
entusiasta di dare un tocco personale all’eredità dell’amato ‘Road
House‘”, ha condiviso Liman in un comunicato. “E non vedo
l’ora di mostrare al pubblico quello che io e Jake faremo con
questo ruolo iconico“
The
Marvels (qui
la recensione) potrebbe non aver avuto un grande impatto al
botteghino, ma ha ricevuto recensioni per lo più positive e ha
trovato molti nuovi fan da quando è arrivato su Disney+. Ora la stessa Brie Larson ha condiviso su Instagram una
nuova serie di foto del dietro le quinte, una delle quali rivela
un’altra sequenza/elemento che è stata tagliata dal film. Come si
può vedere nel post qui riportato, la Ms. Marvel di Iman Vellani avrebbe dovuto avere un casco
abbinato al suo nuovo costume. Si suppone che questo permetta a
Kamala Khan di viaggiare nello spazio.
Nel finale, come saprà chi ha visto
il film, Ms. Marvel rimane a bordo della nave di
Dar-Benn mentre Capitan Marvel e Photon viaggiano
all’esterno, con quest’ultima che alla fine resta intrappolata in
una realtà diversa. Se avesse avuto il casco, avrebbe forse potuto
essere presente sul posto per impedire che ciò avvenisse. Non è
noto però se tale elemento sia stato rimosso per praticità o per
evitare di dover spiegare come mai Ms. Marvel non si sia precipata a
salvare la situazione.
The
Marvels, il sequel con protagonista il premio
Oscar Brie
Larson, è sceneggiato da Megan
McDonnell, sceneggiatrice dell’acclamata serie
WandaVision.
Sfortunatamente, Anna
Boden e Ryan Fleck, registi del
primo film, non sono tornati dietro la macchina da presa: il
sequel, infatti, è diretto da Nia DaCosta, regista
di Candyman.
Nel cast ci sono anche Iman Vellani(Ms.
Marvel) e Teyonah
Parris (Monica Rambeau, già apparsa
in WandaVision). L’attrice Zawe
Ashton, invece, interpreta il villain principale. Il film
è uscito in sala dall’ 8novembre
2023 ed è su Disney+ dal 7
febbraio.