Quentin Tarantino
è tra gli ospiti più attesi della 72° edizione del Festival
di Cannes e, in attesa di martedì 21 maggio, quando presenterà
C’era una volta a Hollywood, il regista ha fatto una
cosa che sempre più spesso di fa in occasione dell’arrivo e della
presentazione di film molto attesi: ha chiesto di non fare
spoiler.
Su Twitter, Tarantino
ha condiviso un breve testo in cui dice: “Amo il cinema. Amate
il cinema. Si tratta di un viaggio per scoprire una storia per la
prima volta.
Sono eccitato di essere a
Cannes per condividere C’era una volta a Hollywood con il pubblico
del festival. Il cast e la crew hanno lavorato così duramente per
creare qualcosa di originale, e io chiedo solo che tutti evitino di
rivelarne i dettagli per permettere a chi vedrà il film dopo di
godere dell’esperienza allo stesso modo.
Grazie, Quentin
Tarantino.”
Le prime immagini del
film hanno suggerito che Tarantino e la sua troupe – tra cui la
costumista Arianne Phillips
(Kingsman) e la scenografa Barbara
Ling (Ho cercato il tuo nome) – stiano
davvero cercando di ricreare il “look and feel” del 1969.
La storia si svolge a Los Angeles nel 1969, al
culmine di quella che viene chiamata “hippy” Hollywood. I due
protagonisti sono Rick Dalton (Leonardo DiCaprio), ex star di una
serie televisiva western, e lo stunt di lunga data Cliff Booth
(Brad Pitt). Entrambi stanno lottando per farcela in una Hollywood
che non riconoscono più. Ma Rick ha un vicino di casa molto
famoso…Sharon Tate.
Nel cast di C’era una volta
a… Hollywood anche Damian Lewis,
Dakota Fanning, Nicholas Hammond,Emile Hirsch, Luke Perry,
Clifton Collins Jr., Keith
Jefferson, Timothy Olyphant, Tim Roth, Kurt
Russell e Michael Madsen. Rumer
Willis, Dreama Walker, Costa Ronin, Margaret
Qualley, Madisen Beaty e Victoria
Pedretti. Infine Damon Herriman sarà
Charles Manson.
Il film sarà anche
l’ultima apparizione cinematografica di Luke
Perry, morto lo scorso 4 marzo. L’uscita nelle sale di
C’era una volta
a… Hollywood è fissata al 9
agosto 2019.
Annunciate all’Italian Pavilion,
nel corso del Festival
di Cannes, le prime novità della nona edizione di Ciné –
Giornate di Cinema, la manifestazione estiva dell’industria
cinematografica nazionale, promossa e sostenuta da
ANICA, in collaborazione con ANEC
ed ANEM, prodotta ed organizzata da Cineventi, che
avrà luogo a Riccione dal 2 al 5 Luglio.
Alla presentazione sono intervenuti
Francesco Rutelli, Presidente Anica, Luigi
Lonigro, Presidente Anica sez. distributori,
Francesca Cima, Presidente Anica sez. produttori,
Mario Lorini, Presidente Anec, Piera
Detassis, Direttore Artistico dell’Accademia del Cinema
italiano – Premi David di Donatello, Fabio
Abagnato, responsabile Emilia Romagna Film Commission,
Remigio Truocchio, general manager di Ciné, per
raccontare le prime anticipazioni e i principali appuntamenti della
prossima edizione.
A dare il via alle convention, martedì 2 Luglio, sarà
Warner Bros seguita da I Wonder
Pictures, che, in questa prima giornata, presenterà anche
la brillante commedia, successo al botteghino francese,
Chi l’ha scritto? Il mistero Henri Pick
con Fabrice Luchini e Camille Cottin. 01
Distribution aprirà con la sua convention la giornata di
mercoledì 3, seguita nella mattina dalle presentazioni di
Koch Media e Vision Distribution
e nel pomeriggio dalla convention di Medusa,
Notorious e Videa. Nella stessa giornata
01 Distribution presenterà anche l’anteprima della
commedia romantica, Non succede…ma se
succede, diretta da Jonathan Levine con
protagonisti Seth Rogen e Charlize Theron. Giovedì 4 Luglio sarà
invece il turno di The Walt Disney Company Italia,
Eagle Pictures, Adler, Universal Pictures, Lucky Red, M2
Pictures. Chiuderanno i lavori, venerdì 5 luglio,
Bim e 20th Century Fox.
Un programma che si preannuncia già molto intenso, con anche le
presentazioni delle line up di Altre Storie, Distribuzione
Indipendente eWanted e le numerose
anteprime, tra cui The
Rider, film scelto da Wanted per la
riapertura della stagione, premiato a Cannes e miglior film per la
National Society of Film Critics 2019.
Presentazioni non solo di titoli e listini, ma anche di nuove
tecnologie, come quelle che verranno proposte da
Cinemeccanica – per l’ottavo anno Technical
Partner di Ciné – sia in sala che nell’ambito del Trade
Show, l’area espositiva – già sold out – allestita al
terzo piano del Palacongressi di Riccione per oltre 450 metri
quadri, per garantire a tutto il pubblico giornate di profittevoli
incontri e relazioni commerciali. Spazio anche
all’aggiornamento professionale con il convegno,
promosso dalle associazioni di categoria a cura di Box
Office e con gli ANICALAB, appuntamenti
di confronto su temi della produzione, della distribuzione e
dell’esercizio.
Rinnovate inoltre importanti collaborazioni con storici partner
come l’Emilia-Romagna Film Commission, con cui
verrà realizzato, il 2 luglio in apertura della manifestazione, un
momento professionale, durante il quale le case di
produzione, sostenute dal fondo regionale per l’audiovisivo,
potranno presentare i propri lungometraggi tramite un teaser e
una breve presentazione. A seguire un focus sulla indagine in
corso, che vede la collaborazione di AGIS Emilia-Romagna e
Osservatorio dello Spettacolo della Regione
Emilia-Romagna, finalizzata a scoprire e valorizzare il
mondo degli esercenti, tra difficoltà e buone pratiche.
A Riccione per Ciné anche le telecamere di Sky Cinema che
seguiranno le convention e gli eventi con interviste ai
protagonisti e rubriche di approfondimento che andranno in onda in
prima serata all’interno del programma100X100Cinema dedicato al
mondo del cinema, in onda tutti i giorni alle 21.00 su Sky Cinema
Uno e Sky Cinema Due.
Non mancheranno, inoltre, una serie di eventi offerti al
pubblico riccionese, nell’ambito dei progetti di
CinéMax e CinéCamp (il programma
di eventi dedicato alla generazione under 16, realizzato in
collaborazione con il Festival di Giffoni), grazie anche
all’allestimento dell’Arena in Piazzale Ceccarini,
in collaborazione con Cineproject, che ospiterà una rassegna
cinematografica a cielo aperto e da quest’anno anche
Cine@donna, tre serata di cinema al femminile
ideate in collaborazione con Giometti Cinema.
Anche il Dipartimento Educativo di Cinecittà si
Mostra si trasferisce al Cinécamp di Riccione con due
laboratori didattici dedicati al cinema, ai suoi retroscena e a
Cinecittà. Per il gruppo 10-13 anni The make
believe: un’attività per comprendere i trucchi della
finzione cinematografica e alcuni effetti speciali. I partecipanti
potranno diventare protagonisti di inediti scenari, sperimentando
il matte painting. Mentre per i ragazzi dai 14 ai 16 anni
One Minute Shoot: un laboratorio per conoscere e
sperimentare le principali caratteristiche del linguaggio
cinematografico attraverso la storia del cinema, nel quale ideare e
realizzare brevi “video cinematografici” ispirati ai celebri film
di “un minuto Lumière” e alle fantasmagorie di Georges Méliès.
Sempre riservato ai partecipanti di CinéCamp, tutti i segreti del
doppiaggio nel laboratorio Quella voce la conosco! – come
trasformare un film dalla lingua originale all’italiano a
cura di D-Hub studios e Backlight Digital.
A Riccione per Ciné anche le dirette radiofoniche di RAI
Radio2, che in occasione della manifestazione trasferirà
in riva al mare un palinsesto di programmi: il buongiorno sarà
assicurato da Caterpillar AM, tutte le
mattine in diretta da una spiaggia di Riccione dalle 5 alle 7:30,
in conduzione Marco Ardemagni e Filippo
Solibello; collegamenti quotidiani saranno inoltre
previsti dalla terrazza del Palazzo dei Congressi dalle 12 alle
13:30 con Max Cervelli con il programma Non è un paese
per giovani. Ciné si riconferma così, alla sua nona
edizione, un evento ambizioso, professionale e in continua
crescita, punto di riferimento imprescindibile per l’industria
cinematografica.
Gli obiettivi di mercato e di sostegno del cinema sono
rafforzati e raggiunti anche grazie al contributo e sostegno delle
associazioni di categoria Anica, Anec, Anem, del
MIBAC, del Comune di Riccione,
del Palazzo dei Congressi, della Regione
Emila Romagna, di Istituto Luce
Cinecittà, del partner tecnico
Cinemeccanica, dei Main Sponsor Lino
Sonego e Marlù, dei media partner
Sky Cinema, Radio 2, Ciak, Coming Soon, Box Office, Best
Movie, Cinecittà News, Otto e Mezzo, NetAddiction, MoviePlayer,
Primissima Trade, Giornale dello Spettacolo, Appuntamento al
cinema, Prima Fila Magazine, degli sponsor tecnici
LedVision, MultiVision, Tipografia Gamberini, Giometti Cinema,
Aibes, Fomal, Fun Food, degli espositori 2019: ABA di Cassin
M.&C. s.n.c., Backlight Digital srl, Cine Project srl,
Cinearredo Italia, Cinema Next (gruppo Ymagis), Cinemeccanica spa,
Crea Informatica srl, Digima srl, Ehome Italia Service srl, Ezcaray
International, Food Products International srl, Forbo Resilienti
srl, Italian Food Quality, IFQ srl, Lino Sonego & C. srl, Macropix
srl , Mafera Digital srl, Modulsnap srl, Officine srl, OK One srl,
Eclair / Open Sky Cinema (gruppo Ymagis), Prevost srl, Telespazio
spa
Come dichiarato da Kevin Feige
durante la promozione di Ant-Man and The Wasp, il Regno
Quantico diventerà un fattore importante per il
futuro del Marvel Cinematic Universe,
e il ruolo svolto in Avengers:
Endgame con i viaggi nel tempo conferma l’incredibile
potenziale di questa dimensione alternativa.
Ma in che modo potrebbe influenzare la Fase 4? Ecco qualche
teoria:
Il Regno Quantico è davvero
disabitato?
Per quanto ne sappiamo, la versione
del Regno Quantico dei Marvel Studios sembrerebbe abitata da una
specie aliena, la stessa con cui interagivano Hank Pym e Janet Van
Dyne nella scena eliminata di Ant-Man & the
Wasp. Dunque possiamo ipotizzare che esista una vera e
propria civiltà aliena nella dimensione alternativa?
Chi ha letto i fumetti avrà
sicuramente esplorato i misteri di questa città, visivamente simile
a Chronopolis, la casa di Kang il Conquistatore
situata nel Limbo, che può consentire l’accesso a tutti i diversi
periodi della storia che il villain ha conquistato.
Secondo un’altra teoria quella vista
di sfuggita in Ant-Man 2 è la Cittadella Starlight, torre di
portali infiniti per diverse dimensioni che nei fumetti originali è
la sede del Captain Britain Corps, una specie di guardia al
Multiverso. E se è vero che i Marvel
Studios introdurranno presto nel MCU il personaggio di Capitan
Bretagna, allora il Regno Quantico potrebbe funzionare come
ponte tra i vari racconti…
Una finestra sul Multiverso
Arriviamo quindi al primo scenario
possibile per la Fase 4, già suggerito dal trailer di Spider-Man: Far
From Home: il Multiverso. E se fosse
proprio il Regno Quantico il mezzo per viaggiare attraverso questa
realtà parallela alla nostra? D’altronde in Avengers:
Endgame i Vendicatori sono riusciti a tornare indietro
nel tempo creando timeline alternative…
Ovviamente qui c’è del potenziale
per dare sia nuova vita al franchise di Ant-Man, ampliando il
discorso sulle particelle Pym e il lavoro su Hank Pym e Janet Van
Dyne, oltre che per aprire una finestra sull’utilizzo del
Multiverso e introdurre tramite quest’ultimo nuovi personaggi.
L’accesso diretto al
Multiverso
Se la teoria del punto precedente
dovesse rivelarsi fondata, allora Ant-Man and the
Wasp potrebbe aver già introdotto nel MCU due personaggi ipoteticamente
legati al Multiverso e al Regno Quantico come suo diretto
portale.
In una scena del film infatti,
Bill Foster sta tenendo una conferenza a cui
assiste anche Hank Pym, seduto in fondo alla classe, e in cui si
sta parlando dello studio sui poteri di Ghost a
cui ha lavorato per anni. “Le particelle coesistono in una
relazione di fase stabile“, spiega Foster, “Ma se il
sistema viene interrotto, quella stabilità diventa caos.
Imprevedibile, pericoloso, bello, completamente isolato, un sistema
quantistico tornerebbe a stati separati della materia, ognuno
impigliato in uno stato distinto del suo ambiente.”
In poche parole, l’oggetto in
questione si troverebbe sia dentro che fuori fase con molteplici
realtà parallele. Ecco spiegato allora il motivo dei movimenti di
Ghost, strani e spasmodici: forse stava attraversando il
Multiverso, spostandosi tra sequenze temporali alternative?
Vedremo Kang il Conquistatore?
Abbiamo già parlato dei viaggi nel
tempo, uno degli snodi cardine di Avengers: Endgame, ma cosa
succederebbe se attraverso questi salti temporali venisse
introdotto un classico villain Marvel come Kang Il
Conquistatore?
Tra i nemici più impressionanti dei
Vendicatori, Kang può viaggiare nel futuro, dove ha creato la sua
base e da cui mira a conquistare tutto il tempo e lo spazio. E se
il Regno Quantico fosse la versione del MCU del Limbo, e la città
misteriosa intravista in Ant-Man e il Wasp corrispondesse alla sua
dimora?
Come Thanos, Kang è uno dei
personaggi più potenti in circolazione, ed è possibile che i
Marvel Studios puntino a renderlo
l’antagonista dominante della Fase 4. Staremo a vedere…
Più del sacrificio di Vedova Nera su
Vormir o del gesto definitivo di Iron Man alla fine del film, forse
l’immagine di Avengers:
Endgame che rimarrà impressa per sempre nella mente
degli spettatori è il momento in cui Captain America pronuncia a
gran voce “Vendicatori uniti” stringendo
tra le mani il Mjolnir e radunando dietro di sé tutti gli eroi del
MCU.
La scena è inserita all’interno di
un lungo terzo atto dove assistiamo all’epica battaglia contro
Thanos e il suo esercito: sopravvissuti e resuscitati, vecchie
conoscenze dell’universo condiviso e personaggi più recenti si
uniscono in una delle immagini più spettacolari e suggestive finora
offerte dai Marvel Studios, e a parlarne nel dettaglio è
stato Matt Aitken, supervisore della Weta Digital
(la società che si occupa degli effetti visivi del film), in
un’intervista con Comicbook.
Dunque com’è nato l’Avengers assemble e quali sono state le
difficoltà tecniche?
“L’inquadratura è stata
fantastica da realizzare e tutti quelli che ci hanno lavorato si
sono superati. C’erano tutti i personaggi, e i registi avevano
portato sul set tutti quegli attori in un giorno…ne avete avuto un
assaggio grazie ai video trapelati online dopo la fine dell’embargo
[…]
[…]L’unico che abbiamo
aggiunto più tardi è stato Iron Man in CGI, perché a quel punto
della battaglia si sarebbe trovato da un’altra parte, e ovviamente
avevamo altri personaggi da ricostruire in digitale come Hulk,
Groot, Miek e Iron Patriot. Gli attori però erano tutti lì quel
giorno, quindi è stata una giornata incredibile sul set.“
Qui sotto trovate un piccolo “assaggio” della scena.
Dopo gli eventi devastanti di
Avengers: Infinity War (2018),
l’universo è in rovina a causa degli sforzi del Titano Pazzo,
Thanos. Con l’aiuto degli alleati rimasti in vita dopo lo schiocco,
i Vendicatori dovranno riunirsi ancora una volta per annullare le
azioni del villain e ripristinare l’ordine nell’universo una volta
per tutte, indipendentemente dalle conseguenze che potrebbero
esserci.
Viaggi nel tempo e timeline
alternate hanno scombussolato l’ordine cronologico che avevate in
mente durante la visione di tutti i capitoli del MCU? Nessun problema,
perché quella che trovate qui sotto è la linea temporale definitiva
dell’universo cinematografico iniziato undici anni fa con
Iron Man e culminato con Avengers:
Endgame.
Basato sul personaggio dei fumetti
Marvel Comics Capitan America, è stato scritto
da Christopher Markus e Stephen McFeely e vede nel cast Chris Evans, Tommy Lee Jones,
Hugo Weaving, Hayley
Atwell, Sebastian Stan, Dominic
Cooper, Neal McDonough, Derek
Luke e Stanley Tucci. Prodotto dai
Marvel Studios e distribuito dalla Paramount
Pictures, è il quinto film del Marvel Cinematic Universe.
Ambientato prevalentemente durante
la seconda guerra mondiale, il film racconta la storia di Steve
Rogers, un magrolino ragazzo di Brooklyn che viene trasformato nel
super soldato Capitan America per aiutare i soldati in guerra.
Rogers deve affrontare lo spietato Teschio Rosso, un ufficiale di
Adolf Hitler che vuole impadronirsi del misterioso Tesseract e
usarlo come arma per annientare il mondo.
Captain Marvel
Captain
Marvel è un film del 2019 co-scritto e diretto da
Anna Boden e Ryan Fleck.
Basato sul personaggio fumettistico
della Marvel ComicsCarol Danvers, è
il ventunesimo film del Marvel Cinematic Universe, prodotto
dai Marvel Studios e distribuito da
Walt Disney Studios Motion Pictures. Il film è scritto dalla coppia
Anna Boden e Ryan Fleck insieme a Geneva
Robertson-Dworet e Jac Schaeffer. Il cast include Brie
Larson nel ruolo di protagonista, accompagnata da
Samuel L.
Jackson, Ben Mendelsohn, Djimon Hounsou, Lee Pace, Lashana Lynch,
Gemma Chan, Annette Bening, Clark Gregg e Jude Law. La storia, ambientata
nel 1995, segue Carol Danvers nel suo percorso per diventare
Capitan Marvel, dopo che la Terra è finita
al centro di un conflitto intergalattico tra due mondi alieni.
L’annuncio della presenza di Brie
Larson nel cast, che rende Captain Marvel il primo film dei Marvel Studios ad avere una
protagonista femminile, è stato dato al San Diego Comic-Con
International 2016. Boden e Fleck sono stati annunciati alla regia
del film nell’aprile 2017, e presto anche Robertson-Dworet è stata
incaricata di occuparsi della sceneggiatura, che attinge elementi
dalla saga fumettistica del 1971 della guerra Kree-Skrull.
Basato sull’omonimo personaggio dei
fumetti della Marvel Comics Iron Man, interpretato da
Robert Downey Jr. Prodotto dai Marvel Studios e distribuito dalla
Paramount Pictures, è il primo film del Marvel Cinematic Universe, della
cosiddetta “Fase Uno” e della “Saga dell’Infinito”. È stato scritto
da Mark Fergus, Hawk Ostby, Art Marcum e
Matt Holloway e interpretato, oltre che da Downey
Jr., da Terrence Howard,
Jeff Bridges, Shaun Toub e Gwyneth Paltrow. Nel film lo scienziato e
miliardario Tony Stark costruisce un’armatura tecnologicamente
avanzata e diventa il supereroe Iron Man.
Alla stesura della sceneggiatura
hanno partecipato anche i fumettisti Joe Quesada, Brian
Michael Bendis, Mark Millar, Ralph Macchio, Tom Brevoort e
Axel Alonzo.
Il film è stato un successo di
critica e di pubblico, con ottimi risultati al box-office mondiale.
Inoltre ha ricevuto due nomination agli Oscar 2009 per gli effetti
visivi e il montaggio sonoro.
Il film è ambientato sei mesi dopo
gli eventi di Iron Man e segue le vicende del miliardario Tony
Stark, che dopo aver rivelato di essere Iron Man è stato invitato
dal governo statunitense a consegnare ai militari la sua armatura;
nel frattempo lo scienziato russo Ivan Vanko sta costruendo
un’armatura simile a quella di Tony e prepara la sua vendetta nei
confronti di quest’ultimo. Una parte della trama del film è basata
su quella del fumetto Iron Man: il demone nella bottiglia.
L’incredibile Hulk
L’incredibile
Hulk (The Incredible Hulk)
è un film del 2008 diretto da Louis Leterrier.
Basato sull’omonimo personaggio dei
fumetti della Marvel Comics, è un reboot del franchise, dopo
il precedente Hulk del 2003 di Ang Lee, e secondo
film del Marvel Cinematic Universe.
Il protagonista è interpretato da
Edward
Norton, il quale contribuì anche alla stesura della
sceneggiatura insieme a Zak Penn; il supereroe è incentrato
principalmente sulla versione Ultimate dove Banner si sottopone
all’esperimento di proposito, e non viene investito dai raggi gamma
nel tentativo di salvare Rick Jones come nell’universo Marvel tradizionale. Il personaggio
mantiene comunque i tratti del “gigante buono” della versione
classica che vuole solo essere lasciato in pace dagli uomini, e non
il bestiale assassino dell’altro universo.
Nel cast figurano, nei ruoli
principali, Liv Tyler, William Hurt e
Tim Roth (che interpreta Emil Blonsky / Abominio,
storico antagonista del fumetto originale). Norton avrebbe dovuto
interpretare Bruce Banner anche in The
Avengers (2012) e in vari sequel, ma dopo alcune
trattative fu sostituito da Mark
Ruffalo.
Thor
Thor è un film del 2011 diretto da
Kenneth Branagh.
Nel film Thor, dopo aver dimostrato
la sua arroganza aprendo un nuovo conflitto con i Giganti di
Ghiaccio, viene esiliato da Odino e spedito su Midgard. Mentre
tenta di trovare un modo per tornare ad Asgard, Thor conosce Jane
Foster e la sua squadra e cerca di fermare i piani del suo malvagio
fratello Loki, impossessatosi del trono di Asgard. La scena dopo i
titoli di coda della pellicola è stata diretta da Joss
Whedon.
The Avengers
The Avengers è un film del 2012
scritto e diretto da Joss Whedon.
Già nel 2005 i Marvel Studios avevano intenzione
di produrre The Avengers, ma solo dopo il
successo di Iron Man la casa di produzione dette il via al
progetto.
Il film ha ottenuto un notevole
successo di critica e pubblico, stabilendo vari record di incassi e
venendo candidato a svariati premi cinematografici, tra cui l’Oscar
2013 per i migliori effetti speciali.
Iron Man 3
Iron Man 3 è un film del 2013 diretto
e co-scritto da Shane Black.
Nel film Tony Stark deve combattere
contro un disturbo post traumatico da stress causato dall’invasione
dei Chitauri e al tempo stesso difendersi da un nuovo nemico, il
Mandarino, che minaccia di distruggere la sua vita e gli Stati
Uniti in generale.
Nel film, Capitan America, Vedova
Nera e Falcon uniscono le forze per sventare una cospirazione ai
danni dello S.H.I.E.L.D. e affrontare il misterioso assassino noto
come il Soldato d’Inverno.
Sequel di Thor (2011), è l’ottavo
film del Marvel Cinematic Universe. La
sceneggiatura è stata scritta da Christopher Yost,
Christopher Markus e Stephen McFeely. Nel
film Thor è costretto ad allearsi con il fratello Loki per salvare
i Nove Regni dagli Elfi oscuri, guidati dal malefico Malekith, che
intende far sprofondare nelle tenebre l’intero universo.
La pellicola venne annunciata al San
Diego Comic-Con International 2014, poco prima dell’uscita del
primo film. Nel giugno 2015 venne rivelato il titolo ufficiale del
film.
Basato sul team di supereroi
Marvel Comics dei Vendicatori, è prodotto dai
Marvel Studios e distribuito dalla
Walt Disney Studios Motion Pictures. È l’undicesimo film del
Marvel Cinematic Universe ed è il
sequel di The Avengers del 2012.
Il film è stato annunciato nel
maggio 2012, subito dopo l’uscita di The
Avengers. Nell’agosto dello stesso anno
Joss Whedon, regista del primo film, ha
firmato per tornare in cabina di regia e poco dopo è stata fissata
la data di uscita.
Ant-Man
Ant-Man è un film del 2015 diretto da
Peyton Reed.
Basato sui due omonimi personaggi
dei fumetti Marvel Comics, Scott Lang e
Hank Pym, il film è prodotto dai Marvel Studios e distribuito da
Walt Disney Studios Motion Pictures, ed è la dodicesima pellicola
del Marvel Cinematic Universe nonché
l’ultimo della cosiddetta “Fase Due”. Il film è stato scritto da
Edgar Wright & Joe Cornish e Adam McKay &
Paul Rudd da una storia di Wright e Cornish ed è
interpretato da Paul Rudd, Evangeline Lilly, Corey
Stoll, Bobby Cannavale, Michael Peña, Tip “T.I.”
Harris, Wood Harris, Judy
Greer, David Dastmalchian e Michael Douglas.
Lo sviluppo del film è cominciato a
fine 2013, quando Markus e McFeely cominciarono a lavorare alla
sceneggiatura. I fratelli Russo firmarono per dirigere il film a
inizio 2014 in seguito ai responsi positivi ottenuti da
The Winter Soldier. Il titolo del film è
stato annunciato nell’ottobre 2014 insieme all’ingresso di Downey
Jr. nel cast, e nei mesi seguenti vennero annunciati gli altri
membri del cast.
Black Panther
Black
Panther è un film del 2018 diretto e co-scritto
da Ryan Coogler.
Nel corso degli anni ci furono
diversi tentativi di realizzare un film incentrato sul personaggio.
Il film venne ufficialmente annunciato nell’ottobre 2014 con
Boseman nel ruolo del protagonista. Nel 2015 si unirono al progetto
Cole e Coogler e nel maggio 2016 vennero annunciati i primi membri
del cast.
Il film ha ottenuto un notevole
successo di critica e pubblico, stabilendo vari record di incassi e
venendo candidato a svariati premi cinematografici, tra i quali
l’Oscar al miglior film, diventando il primo film di supereroi a
ricevere questa candidatura.
Basato sull’omonimo personaggio dei
fumetti Marvel Comics, il film è prodotto da Columbia
Pictures, Marvel Studios e Pascal Pictures, e
distribuito da Sony Pictures Releasing. Si tratta del secondo
reboot del franchise cinematografico di Spider-Man, e della
sedicesima pellicola del Marvel Cinematic Universe. Il film
è stato scritto da John Francis Daley & Jonathan Goldstein,
Watts & Christopher Ford e Chris McKenna & Erik
Sommers ed è interpretato da Tom Holland,
Michael Keaton,
Jon Favreau,
Zendaya,
Donald Glover, Tyne Daly,
Marisa Tomei e Robert Downey Jr. In Spider-Man: Homecoming, Peter Parker
cerca di trovare un equilibrio tra i suoi impegni scolastici e la
lotta al crimine nei panni di Spider-Man.
Il film è stato annunciato nel
febbraio 2015, dopo che i Marvel Studios e la Sony hanno
raggiunto un accordo per realizzare un nuovo film su Spider-Man
ambientato all’interno del Marvel Cinematic Universe. Nel
giugno seguente Holland venne annunciato come interprete di Peter
Parker / Spider-Man e Watts venne scelto come regista. Il titolo
del film venne rivelato nell’aprile 2016.
Doctor Strange
Doctor Strange è un film del 2016
diretto e co-scritto da Scott Derrickson.
Basato sull’omonimo personaggio dei
fumetti Marvel Comics, il film è prodotto dai Marvel Studios e distribuito dai
Walt Disney Studios Motion Pictures, ed è la quattordicesima
pellicola del Marvel Cinematic Universe. Il film
è stato scritto da Derrickson e C. Robert Cargill ed è interpretato
da
Benedict Cumberbatch,
Chiwetel Ejiofor,
Rachel McAdams, Benedict Wong, Michael Stuhlbarg, Benjamin
Bratt, Scott Adkins,
Mads Mikkelsen e Tilda Swinton. In Doctor Strange, il neurochirurgo Stephen
Strange viene addestrato nell’uso delle arti mistiche
dall’Antico.
Vari film basati sul Dottor Strange
sono stati in lavorazione sin dalla metà degli anni ottanta, finché
nel 2005 la Paramount Pictures acquistò i diritti cinematografici
per conto dei Marvel Studios. Nel giugno 2010
Thomas Dean Donnelly e Joshua Oppenheimer vennero chiamati per scrivere la
sceneggiatura del film. Nel giugno 2014 Derrickson venne annunciato
come regista. Cumberbatch venne annunciato nel ruolo del
protagonista nel dicembre 2014, e nello stesso periodo venne
annunciato che Spaihts avrebbe riscritto la sceneggiatura,
rimaneggiata in seguito da Derrickson e Cargill.
Lo sviluppo di un terzo film su Thor
cominciò nel gennaio 2014, e nell’ottobre seguente venne confermato
il ritorno di Hemsworth e Hiddleston. Nell’ottobre 2015 Waititi
venne annunciato come regista e Ruffalo si unì al cast, riprendendo
il ruolo di Hulk dai precedenti film del MCU; il film contiene infatti
elementi tratti dal fumetto Planet Hulk. Nel maggio 2016 venne
annunciato il resto del cast.
Lo sviluppo di Infinity War iniziò
nel 2013, quando Downey Jr. firmò per riprendere il ruolo di Tony
Stark / Iron Man. Il film venne ufficialmente annunciato
nell’ottobre 2014 con il titolo Avengers: Infinity War – Part 1
insieme al sequel Avengers: Infinity War – Part 2. I fratelli
Russo, Markus e McFeely si unirono al progetto a inizio 2015. Nel
luglio 2016 i Marvel Studios annunciarono che
solo il primo film avrebbe mantenuto il sottotitolo Infinity
War.
Il film ha ottenuto un notevole
successo di critica e pubblico, stabilendo vari record di incassi e
venendo candidato a svariati premi cinematografici, tra i quali
l’Oscar ai migliori effetti speciali.
Basato sui personaggi della Marvel Comics Scott Lang / Ant-Man e Hope van
Dyne / Wasp, il film è prodotto dai Marvel Studios e distribuito dalla
Walt Disney Studios Motion Pictures, ed è il sequel di Ant-Man
(2015) e il ventesimo film del Marvel Cinematic Universe. Il film
è scritto da Chris McKenna, Erik Sommers, Andrew Barrer,
Gabriel Ferrari e Paul Rudd ed è interpretato da Rudd nel ruolo
di Lang e Evangeline Lilly nel ruolo di van Dyne. Fanno
parte del cast anche
Michael Peña, Walton Goggins, Bobby Cannavale, Judy Greer, Tip
“T.I.” Harris, David Dastmalchian, Hannah John-Kamen, Abby Ryder
Fortson, Randall Park,
Michelle Pfeiffer,
Laurence Fishburne e Michael Douglas. Il film venne annunciato
nell’ottobre 2015, in seguito al successo ottenuto dal primo film.
Nel novembre seguente Reed confermò che sarebbe tornato alla regia
del sequel.
Avengers: Endgame
Avengers: Endgame è un film del 2019
diretto da Anthony e Joe Russo.
Basato sul gruppo di supereroi dei
Vendicatori di Marvel Comics, il film è il seguito di
Avengers: Infinity War (2018) e
costituisce il ventiduesimo film del Marvel Cinematic Universe. È
prodotto dai Marvel Studios ed è distribuito da
Walt Disney Studios Motion Pictures. La sceneggiatura del film è
stata scritta da Christopher Markus e Stephen
McFeely, e la pellicola comprende un cast corale che
include molti degli attori comparsi nei precedenti film del
MCU.
Il film era stato annunciato
nell’ottobre 2014 con il titolo di Avengers: Infinity
War – Part 2. Nell’aprile 2015 è stata annunciata la
partecipazione dei fratelli Russo alla regia, mentre nel mese di
maggio è stato reso pubblico che Markus e McFeely avrebbero
lavorato alla sceneggiatura. Nel luglio 2016, la Marvel ha cancellato il titolo
precedente, riferendosi al progetto semplicemente come un «film
senza titolo sui Vendicatori». Il titolo definitivo del film,
Avengers: Endgame, è stato reso noto
il 7 dicembre 2018 con la pubblicazione del primo trailer.
Il film ha ottenuto un grande
successo di critica e pubblico, stabilendo numerosi record al
botteghino, diventando il maggior incasso nella storia del cinema,
e venendo candidato a svariati premi cinematografici, tra i quali
l’Oscar ai migliori effetti speciali.
Tra i nomi più amati e apprezzati
dal pubblico dei cinecomic Marvel, l’attore era a Roma qualche
giorno fa per partecipare ad una convention e rispondere alle
domande dei fan sul suo percorso cinematografico con la Marvel e l’evoluzione di Bucky sul
grande schermo, ma ha anche rivelato quale personaggio della
concorrenza vorrebbe interpretare.
“Vorrei provare e entrare nei
panni dell’Enigmista. È una figura interessante. Non so come
andrebbero le cose…forse sarebbe molto difficile, perché non puoi
semplicemente essere folle. Dovresti essere più dark di
così…“
Curioso come qualche mese fa anche
James McAvoy, che ha già un trascorso con i
cinefumetti e ha interpretato il Professor X nella saga degli
X-Men, abbia confessato che amerebbe vestire il costume
dell’Enigmista, noto antagonista dell’universo DC portato sullo
schermo da Batman Forever di Joel
Schumacher grazie alla performance di Jim
Carrey e di recente nella serie Gotham
interpretato da Corey Michael Smith (e interesse
sentimentale di Pinguino).
Ovviamente il “ritorno” del villain
non rientra nei programmi attuali della Warner Bros. per quanto
riguarda la nuova linea editoriale dell’universo condiviso, ma
nulla esclude che possa ripresentarsi in qualche cameo, magari
iniziando con The
Batman di Matt Reeves ora in fase di
sviluppo. In tal caso ci sarebbero già due possibili candidati…
Dopo gli eventi devastanti di
Avengers: Infinity War (2018),
l’universo è in rovina a causa degli sforzi del Titano Pazzo,
Thanos. Con l’aiuto degli alleati rimasti in vita dopo lo schiocco,
i Vendicatori dovranno riunirsi ancora una volta per annullare le
azioni del villain e ripristinare l’ordine nell’universo una volta
per tutte, indipendentemente dalle conseguenze che potrebbero
esserci.
Nick Fury, Maria Hill, gli
Avengers, zia May e Ned sono davvero gli unici a conoscere
l’identità segreta di Peter Parker? Forse un altro personaggio sa
che sotto la maschera dell’Uomo Ragno si nasconde un adolescente, e
a confermarlo arriva questa nuova clip trapelata online e tratta da
Spider-Man: Far
From Home, il sequel in uscita a luglio che chiuderà
definitivamente la Fase 3 del MCU.
Nel video scopriamo infatti che
anche MJ, interpretata da Zendaya, è al corrente
del “piccolo” segreto di Peter, come già anticipato dal secondo
trailer ufficiale diffuso qualche settimana fa.
Questo significa che la ragazza è
in pericolo? Varie foto scattate sul set ci hanno mostrato l’eroe
soccorrere il suo interesse amoroso, dunque è possibile che sia lei
la preda degli Elementali (o di
Mysterio, presunto alleato di Spidey)?
Nel film ritroveremo Peter Parker
cinque anni dopo la Decimazione e a poche settimane dalla battaglia
contro Thanos. Insieme a lui, in questa nuova avventura a spasso
per l’Europa, ci saranno anche i compagni di scuola, Nick Fury e il
suo braccio destro Maria Hill e un misterioso alleato venuto da
un’altra realtà simile alla nostra, Quentin Beck aka Mysterio.
Diretto ancora una volta da
Jon Watts,
Spider-Man: Far From Homeè
arrivato nelle nostre sale il 10 luglio. Confermati nel cast del
film il protagonista Tom
Holland nei panni di Peter Parker, Marisa
Tomeiin quelli di zia May e Zendayain
quelli di Michelle,Samuel
L. Jacksonin quelli di Nick Fury
e Cobie
Smuldersin quelli di Maria Hill.
Jake
Gyllenhaal interpreterà invece Quentin
Beck, aka Mysterio, uno degli antagonisti
più noti dei fumetti su Spidey.
Di seguito la sinossi ufficiale:
In seguito agli eventi di
Avengers: Endgame, Spider-Man deve rafforzarsi per affrontare
nuove minacce in un mondo che non è più quello di prima. ‘Il nostro
amichevole Spider-Man di quartiere’ decide di partire per una
vacanza in Europa con i suoi migliori amici Ned, MJ e con il resto
del gruppo. I propositi di Peter di non indossare i panni del
supereroe per alcune settimane vengono meno quando decide, a
malincuore, di aiutare Nick Fury a svelare il mistero degli
attacchi di creature elementali che stanno creando scompiglio in
tutto il continente.
Per quanto riguarda le novità del
sequel, la tuta di metallo di Peter dovrebbe essere una
versione rimodellata di quella di Iron
Spider. vista in Avengers: Infinity War.
Questa nuova tuta, prevede anche una nuova maschera, con degli
occhiali al posto delle orbite bianche, come da tradizione, questo
perché è ovvio che il personaggio abbia bisogno di una nuova
maschera dopo che la sua precedente è andata distrutta su Titano,
durante il confronto con Thanos e prima della sua
disintegrazione.
Diversi anni fa, quando la carriera
di Elizabeth Olsen doveva ancora decollare e la
HBO stava iniziando i lavori su quella che sarebbe diventata la
serie più importante e popolare dell’ultimo decennio, l’interprete
di Scarlet Witch nel MCU (e di innumerevoli e acclamati
film indipendenti) è stata ad un passo dall’ottenere un ruolo in
Game of
Thrones, precisamente quello di Daenerys
Targaryen, per il quale fu poi scelta Emilia
Clarke.
A rivelarlo è proprio la Olsen in
una recente intervista con Vulture, raccontando tutto il processo
di casting e qualche aneddoto riguardante quel “terribile provino”
sostenuto con i produttori dello show:
“Quando ho iniziato a lavorare,
facevo audizioni per qualsiasi cosa, perché mi piaceva, e ne ho
fatta una anche per il personaggio di Khaleesi. Quasi dimenticavo…è
stato il provino più imbarazzante della mia carriera“.
La star del Marvel Cinematic Universe ha
aggiunto che l’audizione prevedeva “un monologo tratto
dalla fine della prima stagione, dopo che Daenerys brucia insieme
alle uova di drago. Avrei dovuto recitare questo discorso davanti a
migliaia di persone sull’essere la loro regina. All’epoca nessuno
sapeva se l’ accento richiesto fosse britannico o meno, quindi
recitai in entrambi i modi. È stato terribile!“.
Come tutti la Olsen è ora una grande
fan di Game of Thrones, “e ci sto così dentro che tutto quello
a cui riesco a pensare è Kit Harington“, ha detto
nell’intervista. “Mi ha fatto il lavaggio del
cervello!“.
Dopo gli eventi devastanti di
Avengers: Infinity War (2018),
l’universo è in rovina a causa degli sforzi del Titano Pazzo,
Thanos. Con l’aiuto degli alleati rimasti in vita dopo lo schiocco,
i Vendicatori dovranno riunirsi ancora una volta per annullare le
azioni del villain e ripristinare l’ordine nell’universo una volta
per tutte, indipendentemente dalle conseguenze che potrebbero
esserci.
Strategie di marketing certosine e
un’attenzione quasi maniacale nei mesi precedenti all’uscita di
Avengers:
Endgame non hanno impedito ad alcuni membri di cast di
rivelare, inavvertitamente, qualche anticipazione sul film. Dai
continui spoiler di Mark Ruffalo, che nel 2017
riuscì a trasmettere in diretta video l’inizio di Thor: Ragnarok, a Gwyneth
Paltrow con le sue foto pubblicate online, la lista dei
“colpevoli” è davvero lunga…
La grande reunion finale
Durante una convention tenutasi ad
aprile 2018, Sebastian
Stan (aka Bucky Barnes nel MCU) aveva rivelato al pubblico di
aver girato una sequenza importante per un film sugli Avengers dove
“c’erano tutti”, tra cui Nick Fury (Samuel L.
Jackson), Hank Pym (Michael Douglas) e
Janet van Dyne (Michelle Pfeiffer).
E se Fury era apparso nella scena
post-credits di Infinity War, la coppia formata
dagli originali Ant Man e Wasp era assente; più tardi i fan hanno
scoperto che anche la coppia era rimasta vittima dello schiocco di
Thanos, dunque le parole di Stan riecheggiarono come un vero e
proprio spoiler.
All’epoca l’attore non sapeva che la
scena della grande reunion non faceva parte di Infinity War, e
secondo quanto riportato, pensava che quella non fosse il funerale
di Tony Stark ma un matrimonio.
Il “matrimonio” di Steve
Rogers
Mark
Ruffalo, il re degli spoiler, si era già lasciato
sfuggire in un’intervista che “tutti sarebbero morti” in
Infinity War nel 2017, mentre più tardi ha svelato
casualmente un importante rivelazione sul destino di Captain
America.
È successo durante la promozione di
Endgame, in un junket con Chris
Evans e Karen Gillan, con l’attore
che aveva dichiarato: “Non ho nemmeno ricevuto una
sceneggiatura completa di questo film. Non so perché. La
sceneggiatura che mi hanno dato conteneva diverse scene
fittizie.” E indicando Evans ha aggiunto: “In una di
queste lui si sposa!“.
Effettivamente gli eventi del film e
i viaggi nel tempo hanno riportato Cap nel passato, dove si è
riunito con Peggy Carter, e sappiamo che il
matrimonio c’è stato perché Sam Wilson (Anthony Mackie) appare
sorpreso nell’apprendere che Steve si è sposato in quel
periodo.
Rescue
Anche Gwyneth
Paltrow ha rivelato involontariamente uno spoiler su
Pepper Potts e il suo ruolo in Endgame
condividendo una foto dal dietro le quinte su Instagram che la
ritraeva con un tuta da motion capture. Da qui l’idea che Pepper
avrebbe indossato un’armatura nel film al fianco degli altri
supereroi.
Questo indizio è stato confermato da
un’altra immagine scattata dalla Paltrow che mostrava infatti il
look di Rescue, vista nella battaglia finale.
Tony, Pepper e Morgan
A maggio 2018, sempre Gwyneth
Paltrow dichiarò in un’intervista dedicata ad Avengers: Infinity War che Tony e
Pepper si sarebbero sposati e avrebbero avuto un bambino nel
prossimo film.
“Pepper e Tony hanno fatto un
lungo viaggio insieme. Lei inizia come sua dedita assistente, e la
relazione si evolve, e un decennio più tardi si sposano e hanno un
figlio. Il loro rapporto si è evoluto in tutti i modi in cui si
evolvono le grandi storie d’amore“.
Di fatto dopo lo schiocco passano
cinque anni e all’inizio di Endgame ritroviamo la coppia sposata
con una figlia, Morgan (Lexi Rabe).
Il ritorno di Crossbones
Frank Grillo – che
ha interpretato Brock Rumlow in Captain America:
The Winter Soldier e Captain America:
Civil War – ha ripreso il suo ruolo in Endgame durante
la sequenza di flashback che ci riporta al 2012 durante gli eventi
di The Avengers.
Tuttavia il suo ritorno era già
stato anticipato in un podcast registrato con l’attore nell’ottobre
2018, dove Grillo confessò che il suo personaggio “sarebbe
apparso nel prossimo film degli Avengers. Posso dire quello che
voglio perché non farò mai più un altro film Marvel“
Mark
Ruffalo e Karen
Gillan hanno entrambi rivelato in anticipo che Hulk e
Nebula avrebbero condiviso le scene in Avengers:
Endgame, e che i due si sarebbero fatti “nuovi amici”
durante il corso del film.
Nell’ottobre 2017, l’attore si
lasciò scappare che Hulk avrebbe intrapreso un viaggio con Rocket
Raccoon, cosa realmente accaduta quando i due si recano a Tønsberg,
in Norvegia, sede della Nuova Asgard, per recuperare Thor.
Per quanto riguarda lo spoiler della
Gillan, anche l’attrice disse che Nebula avrebbe avuto “un
nuovo migliore amico con un sviluppo brillante, inaspettato e
semplicemente ottimo“. Aggettivi che si ricollegano facilmente
a Tony Stark, l’eroe con il quale si ritrova alla deriva nello
spazio all’inizio del film, o a War Machine, con cui viaggia su
Morag per prendere la gemma del potere.
Quello che da Naissance des
pieuvres, primo lungometraggio della regista
francese Céline
Sciamma, conduce fino a Ritratto della giovane
in fiamme (Portrait of Lady on
Fire) il suo ultimo film in concorso al Festival di Cannes 2019,
è un percorso di maturazione invidiabile. C’è una crescita
significativa nel linguaggio e nelle capacità registiche, che da un
tenero racconto di formazione adolescenziale si manifestano ora in
un elegante film in costume dove non manca la componente emotiva,
che come un fuoco si accende lentamente per poi bruciare
ardentemente.
In Ritratto della giovane
in fiamme siamo nel 1770, e protagonista del film è
Marianne (Noémie Merlant), giovane pittrice su
commissione che viene chiamata a realizzare il ritratto di
matrimonio di Héloise (Adèle Haenel).
Quest’ultima è tuttavia riluttante all’idea di farsi ritrarre,
nonché di sposarsi. Per riuscire nel proprio compito, Marianne
dovrà riuscire ad entrare nelle sue grazie, scoprendo sempre più di
lei, osservandola attentamente, per poi riportare segretamente il
tutto su tela.
È un debutto importante questo per
la Sciamma, che le permette di dimostrare le sue capacità applicate
ad una storia di ampio respiro, che richiede cura per i dettagli e
inventiva nel trasporre quanto scritto in fase di sceneggiatura. Il
pericolo di realizzare il classico film in costume è dietro
l’angolo, ma la regista sa arricchire il contesto con messaggi
attuali sul ruolo della donna, dell’artista e dell’artista donna.
Temi oggi più attuali che mai, e che non vengono qui trattati con
fare moralistico. L’elemento che probabilmente più di tutti
caratterizza il film è quello della misura. Si ritrova sobrietà sia
nel comunicare determinati argomenti, come quelli succitati, sia
nel comunicare determinate immagini.
Perché quella di Ritratto
della giovane in fiammeè
prima di tutto una storia d’amore, dove non manca il desiderio, la
morbosità, il sesso, ma il tutto è ripreso con un’eleganza
perfettamente coerente con il tono generale del film. La crescita
delle due bravissime protagoniste procede di pari passo con la
realizzazione del dipinto, che più di una volta sarà l’elemento di
base per alcune delle più belle inquadrature e composizioni del
film. Anche questo è un racconto di formazione, certo, spostato in
un contesto lontano e che riesce nonostante ciò a trasudare
contemporaneità. Le emozioni sembrano così essere forze immutabili,
che ci sono sempre state e che accomunano tanto noi quanto gli
amanti di secoli fa.
E per rendere ancor più senza tempo
la sua storia, la Sciamma attinge a piene mani dal mito di Orfeo ed
Euridice, tra i più belli e allo stesso tempo più tragici che ci
siano stati tramandati. Un mito di amore e paura, che si ripresenta
ricontestualizzato all’interno del film attraverso un crescendo
emotivo che conduce sino al silenzioso ma straziante finale. La
regista bilancia così formalismo e cuore, realizzando quello che è
certamente il suo lavoro più maturo ed emotivamente graffiante.
In relazione al box office USA,
Avengers: Endgame ha battuto ogni
record. Con un’apertura gigantesca di circa $ 350 milioni, le
aspettative per le sue prestazioni nei fine settimana seguenti
erano alte, e con il raggiungimento dei due miliardi di incasso
nelle prime due settimane è stato subito immediato, per i fan ma
anche per i Marvel Studios provare a raggiungere la vetta
del box office worldwide di tutti i tempi, ovvero
Avatar.
Le stime di Box Office Pro del
sabato mostrano che gli attuali 748 milioni di dollari
dell’epica conclusione della saga Marvel Studios supereranno i $ 760
milioni di incasso USA di Avatar, guadagnando oltre $ 12 milioni
per la giornata. Questo rende il film il secondo più alto incasso
nazionale della storia, dietro solo Star Wars: Il Risveglio della
Forza, apparentemente irraggiungibile $ 937 milioni,
ma che per quello che riguarda l’incasso in tutto il mondo è stato
abbondantemente superato.
Riuscirà il film a racimolare gli
ultimi 200 milioni di dollari, in tutto il mondo, di cui ha bisogno
per superare il film di James Cameron al box office worldwide di
tutti i tempi? Le possibilità per Marvel Studios sono buone.
Il leggendario attore francese, Alain Delon, è
il destinatario della Palma d’Oro alla carriera per Cannes
2019, il riconoscimento per una vita dedicata al cinema
assegnato a una delle più grandi icone del cinema di tutti i
tempi.
Esponente della sesta generazione
di registi cinesi, Diao
Yinan debutta per la prima volta nel concorso
ufficiale del Festival di
Cannes 2019 con il film The Wild Goose
Lake. Già vincitore nel 2014 dell’Orso d’Oro al
Festival di Berlino con Fuochi
d’artificio in pieno giorno, il regista ritrova
qui tutti i temi a lui più cari, racchiusi all’interno di un
torbido noir che svela un talento maturato, sempre più capace di
arricchire il racconto di invenzioni registiche degne di un
autore.
Il film ha inizio in una fredda
notte di pioggia. Zhou Zenong (Hu Ge) è un
gangster in fuga dopo aver ucciso un poliziotto. Sulla sua testa
grava una taglia che fa gola a molti, e che lo costringe ad una
fuga disperata. È proprio durante questa che incontra Liu Aiai
(Gwei Lun Mei), una prostituta che sbucata dal
nulla si propone di aiutarlo. A lei Zenong confida la sua storia,
ripercorrendo una scia di sangue e violenza.
Ancora un noir dunque per Diao
Yinan, ma stavolta l’ispirazione sembra provenire in buona parte
dal cinema europeo, tra Michelangelo Antonioni e Jean-Luc Godard, e
dal cinema di Wong Kar-Wai. Un noir che dunque si macchia di più
origini, che fonde al suo interno le varie nature a formare un
prodotto che garantisce intrattenimento e malinconiche riflessioni
sull’essere umano, la solitudine, la sua crisi.
Yinan ci fornisce da subito tutti
gli elementi, tra un protagonista dalla dubbia moralità ad una
femme fatale quanto mai criptica, dall’oscurità alla luce, dalla
luce che produce ombre deformate a improvvise esplosioni di
violenza. È una cura formale che si è andata raffinando con gli
anni quella del regista cinese, che sfoggia in questo caso un gusto
per la composizione dell’inquadratura da puro cinema d’autore. Lo
aiutano in questo gli sporchi e logori ambienti in cui si svolge la
narrazione, le abbaglianti luci al neon che sembrano donare ai
personaggi ogni volta nuove sfumature e nuove possibili
interpretazioni delle loro pulsioni.
Alla cura per il dettaglio si
affianca poi la consolidata abilità di Yinan di dar vita a grandi
scene d’azione, coreografate con cura e riprese dalle prospettive
meno consone. Il pericolo appare così essere sempre dietro
l’angolo, e ben presto si diviene preda dell’intricato numero di
personaggi, sempre più impenetrabili, sempre più impossibili da
conoscere e a cui sempre meno è possibile affidare la propria
fiducia.
Yinan non abbandona dunque il
genere a lui caro, attraverso il quale gli è invece possibile
ritrarre una contemporaneità sempre più cupa, individualista, dove
per sopravvivere si deve considerare chiunque un nemico. Con
The Wild Goose Lake il regista aggiunge
un nuovo affascinante capitolo al suo discorso, confezionando un
noir elegante e d’impatto, capace di intrattenere e non in una
maniera convenzionale.
A otto anni dalla Palma d’Oro a
Cannes con The Tree of
Life, Terrence Malick torna in
concorso sulla croisette con A Hidden Life. Gli
anni che separano il film con Brad
Pitt da questo nuovo progetto del regista di Austen
sono stati i peggiori della sua produzione, anche se i più fertili.
Tuttavia, di fronte a questa nuova prova, si ha la sensazione che
Malick sia tornato alle sue suggestioni originali, realizzando
un’altra delle sue opere d’arte.
La storia di A Hidden
Life è quella vera di Franz Jägerstätter, un contadino
austriaco che visse nel borgo di Sankt Radegund: fervente
cattolico, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale si rifiutò di
arruolarsi, definendosi obbiettore di coscienza.
Malick racconta il legame carnale
che l’uomo ha con la sua terra, che coltiva, smuove, cura per
provvedere alla sua famiglia; a questo legame che sembra
indissolubile fa da appendice e naturale continuazione la
forte passione che lega Franz a sua moglie, che con lui lavora la
terra e nutre la famiglia. Con una regia che coniuga la classicità
della forma cinematografica con intuizioni e invenzioni che ne
confermano il ruolo rivoluzionario, Malick realizza un ritratto
emozionante, profondo delle contraddizioni di un piccolo villaggio,
della decisione difficile ma conscia del protagonista, dell’amore
fortissimo, puro, cristallino di questa donna, ennesimo incredibile
ritratto femminile, che si dà completamente al suo uomo, mostrando
devozione e comprensione.
A Hidden Life, il film
Con A Hidden Life,
il regista torna alle sue migliori suggestioni, sia formali che
visive. Riesce a piazzare la macchina da presa in posizioni mai
tentate prima, rende canone ciò che lui stesso inventa, dà vita e
luminosità alle immagini, sfruttando la luce naturale e conferendo
ad ogni ambiente una personalità propria. A questa caratteristica
classica per il suo cinema, Malick aggiunge delle fortissime
suggestioni pittoriche, che vanno dai Mangiatori di Patate di
Van Gogh alle luci e le fiamme di De La
Tour, elementi che contribuiscono a donare al film la
bellezza formale per la quale il regista è diventato celebre.
Non solo, a queste caratteristiche
ben note del suo stile, il regista si rivela anche abile
costruttore di suspance, legando l’immanenza degli eventi a suoni o
personaggi particolari, simboli di una svolta narrativa attesa e
temuta. In questo film, Malick ritrova un racconto meno rarefatto,
più classico, un elemento che permette di entrare in connessione
con i protagonisti e con il loro dramma, ma evolve anche la sua
poetica sul contrasto tra natura e cultura, dove, in questo caso,
la seconda si fa spettatrice, mentre la prima è rappresentata dalla
fede, dalla scelta di rimanere coerenti con il proprio credo,
qualunque sia il costo.
A Hidden Life
propone anche un ulteriore sviluppo della figura femminile, un
percorso di umanizzazione che dall’anestetizzata Holly de
La Rabbia Giovane, procede verso l’alto fino alla
Madre/Grazia di
The Tree of Life. Con Franziska, Malick
propone una mater dolorosa (et operosa), un
ricongiungimento con la Terra, con la materia che si fa portatrice
di vita e di concretezza, anche di fronte alla decisione
ineluttabile che la storia imponeva.
Torna il voice over che
entra dentro le menti e i cuori dei personaggi, il grandangolo
a deformare i primi piani e ad avvicinarli allo spettatore, la
durata importante, fondamentale al regista per affondare il suo
stiletto appuntato nel cuore della storia. Torna anche la
dimensione della guerra, sempre la Seconda Mondiale che aveva così
magistralmente rappresentato in La Sottile Linea
Rossa. Ma a differenza del capolavoro del 1998, così come
è obbiettore il suo protagonista, anche il regista rinuncia in
questa occasione alla violenza ostentata; non sentiamo un solo
colpo di pistola, non vediamo una goccia di sangue. In compenso
l’orrore della guerra non è più quella “nel cuore della natura” di
cui parlava il Soldato Witt, ma è un’esperienza tutta umana alla
quale si può decidere, come Franz, di non partecipare, rimanendo
fedeli a se stessi.
In A Hidden Life,
Terrence Malick sembra suggerirci che il Bene, nel
mondo, cresce con i gesti privati, piccoli, nascosti, come la vita
che vorrebbero condurre i protagonisti del film, come la vita che
conduce lui stesso.
Stand By Me è uno di quei
film che ha rivoluzionato il mondo del cinema, diventando simbolo
della gioventù di allora, come per quella di adesso, e del cinema
degli anni ’80 in senso più generale.
Questo film, intitolato anche
Stand By Me – Ricordo di un’estate, è diventato un vero e
proprio cult, un punto di riferimenento per i prodotti audiovisivi
odierni. Adattamento cinematografico del racconto Il Corpo
di Stephen King, questo film rimarrà sempre
nell’immaginario collettivo.
Ecco, allora, dieci cose da
sapere su Stand By Me.
Stand By Me film
1. Per Stephen King questo
film è stato il miglior adattamento dei suoi libri. I
lavori di Stephen King sono spesso stati soggetti ad
adattamenti cinematografici e anche Stand By Me lo è in
quanto è stato tratto dal racconto Il corpo, appartenente
alla raccolta Stagioni diverse. Sembra che dopo una
proiezione privata del film, alla presenza anche del regista
Rob Reiner, King non si mise a parlare e uscì
dalla sala a fine film. Al suo ritorno, disse al regista che questo
era il miglior adattamento dei suoi racconti che avesse mai
visto.
2. Di questo film venne
cambiato il titolo. Il racconto sul quale il film di basa
è intitolato Il Corpo e, inizialmente, il film si sarebbe
dovuto chiamare così. In seguito, la Columbia Pictures decise di
ribattezzarlo Stand By Me perché pensava che Il
Corpo potesse essere un titolo fuorviante.
3. Sono stati usati dei
teleobiettivi appositi per la scena del treno. In
Stand By Me, la scena in cui Gordie e Vern stanno correndo
verso la macchina da presa con il treno alle spalle è stata
realizzata con i due attori all’estremità opposta rispetto al
treno. Infatti, la crew del film usò un teleobiettivo con delle
lenti che riuscissero comprimere l’immagine in maniera tale che il
treno sembrasse alle spalle dei ragazzi
Stand By Me frasi
4. Un film con frasi
diventate cult. Non sono molti i film che riescono a
rimanere nell’immaginario collettivo per diversi anni grazie anche
a delle frasi particolarmente incisive. Eppure, Stand By
Me è uno di questi. Ecco alcuni esempi:
Non ho mai più avuto amici come
quelli che avevo a 12 anni. Gesù, ma chi li ha? (Gordie
adulto)
Non avevo ancora 13 anni la prima
volta che vidi un essere umano morto. Fu nell’estate del 1959,
molto tempo fa. Ma solo misurando il tempo in termini di anni.
(Gordie adulto)
È come se Dio ti avesse dato
qualcosa. Tutte quelle storie che ti vengono in mente… Dio ha
detto: “questa è roba tua, cerca di non sprecarla.” Ma i ragazzini
sprecano tutto, se non c’è qualcuno che li tiene d’occhio. E se i
tuoi vecchi sono troppo incasinati per farlo, dovrei farlo io,
forse! (Chris)
Un giorno tu diventerai un grande
scrittore, Gordie. Potrai anche scrivere di noi, se sarai a corto
di idee. (Chris)
Ragazzi, vi va di vedere un
cadavere? (Vern)
Io ci scommetto che se con te mi
metto ci rimetto! (Teddy, Chris, Vern)
Stand By Me streaming
5. Il film è disponibile su
diverse piattaforme streaming. Chi volesse vedere Stan
By Me – Ricordo di un’estate per la prima volta o volesse
rivederlo, è possibile farlo grazie alla sua presenza su diverse
piattaforme in streaming digitale, come Rakuten Tv, Chili e
iTunes.
Stand By Me canzone
6. La canzone di Ben E.
King ha avuto una nuova vita. Il successo del film ha
suscitato un rinnovato interesse per la canzone Stand By
Me presente nella colonna sonora e ispirando il titolo
definitivo del film. La versione di Ben E. King fu
originariamente pubblicata nel 1961 e poi venne ri-pubblicata in
seguito all’uscita del film. Questa nuova pubblicazione fece
arrivare la canzone al numero 9 della Top Ten dell’autunno
1986.
7. Michael Jackson voleva
fare una cover di Stand By Me. Nella colonna sonora del
film, la canzone Stand By Me è forse la più famosa,
realizzata da Ben E. King. Pare che Michael
Jackson volesse realizzare una cover della canzone per il
film e che Ron Reiner, pur restando in dubbio, preferì utilizzare
la canzone della sua versione originale.
Stand By Me cast
8. Corey Feldman ha provato
tanti diversi tipi di risata. Per realizzare una risata
vera, che sembrasse somigliare a quella descritta nella storia di
King, Corey Feldman e il regista Rob Reiner si
misero a provare ben 30 tipi di risate diversi, prima di decidere
quale potesse essere quella ottimale per il personaggio di Teddy
Duchamp.
9. River Phoenix aveva
ottenuto un altro ruolo. Quando venne preso dopo il
provino per far parte del film, River Phoenix venne scelto per il ruolo di
Gordie Lachance. Fu il regista Rob Reiner ad intervenire, pensando
che sarebbe stato meglio se avesse interpretato il personaggio di
Chris Chambers.
10. Il ruolo di Gordie
Lachance era uno dei più gettonati. Sebbene il ruolo di
Gordie sia andato a Will Wheaton, erano diversi
gli attori considerati per interpretare il personaggio. Tra questi,
vi erano i famosi
Sean Astin,
Stephen Dorff e Ethan Hawke.
Il sale della terra è uno
di quei film che ha dato nuova linfa al genere documentario,
raccontando il punto di vista di uno dei fotografi più rinomati,
Sebastião Salgado.
Win Wenders, che
ha scoperto questo fotografo per caso, è rimasto immediatamente
affascinato dal suo talento, riuscendo, con questo film, a
raccontare la storia della sua vita e la comunicazione messa in
atto dal suo lavoro.
Ecco, allora, dieci cose da
sapere sul film documentario Il sale della terra.
Il sale della terra film
1. Il regista ha raccontato
il punto di vista del fotografo. Con Il sale della
terra, Wim Wenders ha voluto
raccontare come viene data vita ad una vocazione, portando alla
luce l’umanità e la curiosità del mondo in un trotto intorno al
mondo, come un dialogo riconoscente alla visione risoluta del
fotografo.
2. Il montaggio è stato
difficile. Sia Wim Wenders che Juliano
Salgado (co-regista) hanno descritto il processo di
montaggio come estremamente difficile e dispendioso in termini di
tempo. C’erano false partenze e vicoli ciechi e i due hanno
combattuto per mesi con quello che il regista tedesco chiamava
“problemi dell’ego” su quello che sarebbe stato utilizzato o meno,
prima di stabilire un metodo e di avere un risultato che li
soddisfacesse.
Il sale della terra streaming
3. Il documentario è
dispobile in streaming digitale. Chi volesse vedere o
rivedere questo
documentario di Wim Wenders, è possibile farlo grazie alla sua
presenza sulle piattaforme digitali legali come Rakuten Tv e
Chili.
Il sale della terra trailer
4. Un trailer per
emozionarsi. Se non è chiaro di cosa parli il film Il
sale della terra, è possibile visionare per prima cosa il
trailer, rendendosi conto che se già esso riesce ad emozionare, non
si può non guardare subito il documentario per intero.
Il sale della terra Salgado
5. Salgado ha spiegato la
foto del gorilla. Per quanto riguarda la fotografia che
ritrae un gorilla con si mette un dito in bocca, Sebastião
Salgado ha dichiarato nel film che l’animale riconosce la
propria immagine per la prima volta dopo aver visto il suo riflesso
nella lente. Tuttavia, diversi studi hanno smentito questo fatto,
dimostrando che i gorilla non riescono a riconoscere il proprio
riflesso.
6. Wim Wenders ha
conosciuto l’arte di Salgado per caso. Il regista tedesco,
verso la fine degli anni ’80, stava camminando lungo La Brea Avenue
a Los Angeles quando, con la coda dell’occhio scorse alcune
fotografie nella finestra di una galleria. Entrò incuriosito e
conobbe il nome dell’artista, un fotografo brasiliano, tale
Sebastião Salgado, uscendo dalla galleria, dopo qualche ora, con
delle stampe in mano.
7. Wenders ha incontrato
Salgado a Parigi, nel suo studio. Dopo molti anni dalla
scoperta, il regista tedesco ha incontrato il fotografo solo nel
2009. Dal loro incontro è nato il progetto Il sale della
terra, con Salgado che ha portato il regista a concepire e ad
imparare dagli angoli più remoti del mondo, realizzando il film con
il figlio del signor Salgado, Juliano Ribeiro.
Il sale della terra
significato
8. Il titolo del film ha un
riferimento biblico. Il sale della terra, film
del regista Wim Wenders, si riferisce ad un passaggio biblico,
specialmente a Matteo 5:13: “Sei il sale della
terra. Ma se il sale perde la sua salinità, come può essere reso di
nuovo salato? Non è più buono a nulla, tranne che ad essere buttato
fuori e calpestato”.
9. Il titolo si riferisce
ad un fotografo. Salgado è un termine portoghese
utilizzato per definire una cosa salata. Se si aggiunge il sale a
qualcosa, questo diventa salgado. Ciò può essere interpretato, in
maniera più ampia, come un contributo che il fotografo Sebastião
Salgado ha dato al pianeta Terra o, in maniera più letterale, come
il cambiamento che lui e la sua famiglia hanno apportato alla loro
terra, riportando la foresta pluviale nativa all’Istituto della
Terra (The Earth Insitute).
10. Il riferimento è alle
persone di grande valore. Al di là della connotazioni
religiose, Il sale della terra è una frase che rappresenta la
positività. Infatti, le persone che vengono così descritte sono
quello che vengono considerate di grande valore e di grande
affidabilità.
Ai tempi di Solo Dio
Perdona, Nicolas Winding Refn
aveva promesso che il suo stile e il suo linguaggio cinematografico
e narrativo sarebbero sempre più evoluti nella direzione di
un’estetica abbagliante, come appunto quella riscontrabile nel
succitato film presentato in concorso a Cannes
nel 2013. Promessa fatta, promessa mantenuta. Dopo aver turbato
ulteriormente con The Neon Demon,
Refn ha proseguito la sua ricerca spostandosi sulla serialità,
realizzando così la sua prima serie intitolata Too Old
To Die Young, di cui gli episodi 4 e 5 sono stati
presentati fuori concorso al Festival di Cannes 2019.
La serie, che sarà distribuita su Amazon Prime Video dal 14 giugno, sembra
promettere un concentrato di tutte le cifre stilistiche del regia
danese, tra avvincente intrattenimento e disincantata
contemplazione sulla società odierna.
Too Old To Die Young, la serie tv Prime Original
Protagonista assoluto è Miles
Teller, il quale interpreta un detective dalla doppia
vita: di giorno garante della legge, di notte spietato assassino.
Martin, questo il nome del protagonista, soffre di una crisi
esistenziale, la quale lo conduce sempre più all’interno di un
inferno fatto di omicidi, violenza e sangue. Questa cupa odissea lo
porterà a scontrarsi con strani e temibili personaggi.
Sono particolarmente diversi l’uno
dall’altro i due episodi presentati in anteprima. Dove uno sembra
vivere della rarefazione di Solo Dio
Perdona, l’altro sfoggia invece un dinamismo alla
Drive. Dove uno
sembra avere i toni disillusi e le atmosfere decadenti di un film
sulla crisi della società e dei suoi abitanti, l’altro è invece un
adrenalinico noir tra feroci inseguimenti e personaggi dalla
perversa natura. Difficile dunque immaginare come possa realmente
essere la serie firmata da Refn, quali delle due strade percorrerà,
e a quali conclusioni arriverà.
Ciò che è certo, è che il regista
sembra aver dato sfogo a tutte le sue ossessioni, che all’interno
di un prodotto della durata complessiva di 13 ore potrebbero aver
trovato la giusta collocazione. Potrà certamente infastidire l’uso
che Refn fa della messa in scena, totalmente prevalente rispetto
all’elemento narrativo. Questo appare infatti un pretesto per
mettere in relazione alcune immagini chiave, e l’intrattenimento è
dato in primo luogo da una ricerca e una cura per l’aspetto visivo
che sbalordisce nuovamente. Refn è sempre più un esteta, e le sue
opere vivono di colori forti, dal giallo al verde, dal rosso al
viola. Colori che sono diretta esternalizzazione delle pulsioni dei
personaggi.
Il mondo che sembra aver costruito
stavolta ha un sapore già conosciuto, eppure difficilmente si
riesce a staccare gli occhi dallo schermo. Refn sa come ottenere
l’attenzione, come riprenderla qualora la si avesse persa. Lo
dimostra con continui cambi di tono, continue accelerazioni di
ritmo che costringono lo spettatore a vivere sulla propria pelle il
metaforico viaggio verso l’inferno che il protagonista ha
intrapreso. Miles
Teller incarna qui il nuovo volto senza
espressioni né emozioni del cinema dell’autore danese. Pur privato
di ciò, l’attore riesce comunque a calamitare su di sé
l’attenzione, imponendosi come una figura tanto attraente quanto
provocante.
Refn è dunque tornato, ed è pronto
a far discutere nuovamente, proponendo un prodotto che certamente
porrà a dura prova lo spettatore, marcando sempre di più la
divisione tra chi lo ama e chi lo odia. Con Too Old To
Die Young conferma di sapere perfettamente come
provocare e intrattenere, come sorprendere, scioccare e anche
divertire. Se la serie vivrà bilanciando al suo interno la
differente natura dei due episodi proposti, avrà certamente la
possibilità di affermarsi come un nuovo punto cruciale nella
filmografia del suo autore.
Interpretata da Miles Teller, la serie
ha per protagonista un detective dalla doppia vita: di giorno
garante della legge, di notte spietato assassino. Martin, questo il
nome del protagonista, soffre di una crisi esistenziale, la quale
lo conduce sempre più all’interno di un inferno fatto di omicidi,
violenza e sangue. Questa cupa odissea lo porterà a scontrarsi con
strani e temibili personaggi.
Arrivato in conferenza stampa,
insieme a Miles Teller, Refn viene chiamato a raccontare da dove
nasca l’idea di questa serie dal titolo così suggestivo. “Tutto
nasce in un auto, a Los Angeles. Stavo lavorando a The Neon
Demon a quel tempo. Era il periodo in cui Netflix si affermava sempre più come realtà grazie ai
suoi contenuti. Tutti intorno a me sembravano volersi spostare in
televisione. Io non la guardo molto in realtà, ma ero incuriosito
dalle possibilità del mezzo. Era come accettare ed esplorare un
modo totalmente nuovo di comunicare.”
“Contemporaneamente ho iniziato
ad avere il desiderio di lavorare su qualcosa che avesse come
tematiche la religione e la morte, – continua il regista –
e il titolo Too Old To Die Young venne
spontaneo. Chiamai Ed Brubaker, il co-creatore della serie, e gli
esposi la storia, chiarendo che desideravo sviluppare una linea
narrativa particolarmente lunga.”
“Quando inizi a lavorare ad una
storia hai un’idea, un’intenzione, ma poi qualcosa di veramente
strano accade durante il processo di scrittura. – prosegue
Refn – Quando abbiamo iniziato a scrivere la serie era il
periodo delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Io mi
sentivo come un alieno, e mi sentivo influenzato da tutto quello
che stava accadendo. Stavo sperimentando l’evoluzione di un Paese,
e tutto ciò è finito inevitabilmente all’interno della serie, che
parla a suo modo del collasso della società. E volevo indirizzarla
in particolare ai giovani, che sono il futuro. Loro qui sono visti
come una speranza, mentre gli uomini come un decadente
fallimento.
La parola passa poi a Miles
Teller, al quale viene chiesto di raccontare il rapporto
lavorativo con Refn e il lavoro svolto su di un personaggio tanto
impegnativo. “Quando fui contattato per il progetto lessi solo
la sceneggiatura del primo episodio. Ero attratto, pur non avendo
idea di come sarebbe evoluta la cosa. Ma desideravo lavorare con
Nicolas, che adoro, e lui mi ha garantito che avremmo girato le
scene in ordine cronologico. Questo mi ha portato ad affrontare la
sfida di tenere con me un personaggio per un periodo di tempo
veramente lungo, ed è stato affascinante poterne scoprire sempre
nuove sfumature e poter apprendere sempre di più sull’arte del
filmmaking da Nicolas.”
Refn torna poi a parlare sulla
natura del progetto e sul particolare stile che a partire dal film
Drive ha raffinato sempre di più.
“Questa non è una serie tv, è un film. Un film di 13 ore. E
all’interno volevo che tutto dipendesse da due elementi: l’immagine
e il silenzio. La prima è fondamentale per me, credo sia l’elemento
più comunicativo che abbiamo. Il silenzio invece è un arma usata
per rivelare, il più delle volte qualcosa di cui abbiamo paura. Il
silenzio può dar vita a situazioni poco confortevoli, e questo era
proprio ciò che desideravo esplorare.”
Nicolas Winding Refn è anche
proprietario di un proprio servizio streaming attraverso il quale
mette a disposizione degli utenti alcuni film classici o quelli che
più hanno influenzato la sua carriera. “Qualche anno fa ebbi
l’idea di creare la mia propria forma di piattaforma
streaming. – racconta Refn in proposito – Volevo dar
vita ad una fondazione che si occupasse di preservare la cultura
cinematografica, e volevo che fosse gratis. È nato come un
esperimento, ma con il tempo la cosa è cresciuta ed è veramente
interessante vedere le forme che sta assumendo.
Concludendo la
conferenza stampa, al regista viene chiesto se abbia inserito, come
suo solito, una scena cardine anche in questo nuovo progetto.
“In ogni mio film c’è una scena madre che racchiude il cuore
del prodotto. C’è anche qui, certo. È nell’episodio 9 ma non vi
dirò qual è. Dovrete scoprirlo da soli.”
In occasione della presentazione a
Cannes 2019 di Dolor y Gloria,
ecco la nostra intervista alla co-protagonista del nuovo film di
Pedro Almodovar, Penelope
Cruz.
[brid video=”414507″ player=”15690″ title=”Penelope Cruz Dolor y
Gloria Cannes 2019″]
Dolor y Gloria
racconta una serie di ricongiungimenti di Salvador Mallo, un
regista cinematografico oramai sul viale del tramonto. Alcuni sono
fisici, altri ricordati: la sua infanzia negli anni ‘60 quando
emigrò con i suoi genitori a Paterna, un comune situato nella
provincia di Valencia, in cerca di fortuna; il primo
desiderio; il suo primo amore da adulto nella Madrid degli anni
‘80; il dolore della rottura di questo amore quando era ancora vivo
e palpitante; la scrittura come unica terapia per dimenticare
l’indimenticabile; la precoce scoperta del cinema ed il senso del
vuoto, l’incommensurabile vuoto causato dall’impossibilità di
continuare a girare film. “Dolor y Gloria” parla della creazione
artistica, della difficoltà di separarla dalla propria vita e dalle
passioni che le danno significato e speranza. Nel recupero del suo
passato, Salvador sente l’urgente necessità di narrarlo, e in quel
bisogno, trova anche la sua salvezza.
Uno dei momenti più emozionanti di
Avengers: Endgame è stato quello
che ha visto protagoniste tutte le eroine schierate contro Thanos,
a proteggere Captain Marvel che custodiva il
Guanto dell’Infinito completo di Gemme. La scena ha infiammato i
cuori degli spettatori anche se non sappiamo con certezza se
rivedremo le eroine tutte insieme in un film sulla
A-Force.
Adesso, forse a irrobustire le voci
che vorrebbero che tale film fosse già in produzione, l’account ufficiale dei Marvel Studios
pubblica una foto di squadra dal backstage di
Endgame in cui compaiono tutte le eroine Marvel, eccetto, ovviamente, Vedova
Nera.
Dopo gli eventi devastanti di
Avengers: Infinity War (2018),
l’universo è in rovina a causa degli sforzi del Titano Pazzo,
Thanos. Con l’aiuto degli alleati rimasti in vita dopo lo schiocco,
i Vendicatori dovranno riunirsi ancora una volta per annullare le
azioni del villain e ripristinare l’ordine nell’universo una volta
per tutte, indipendentemente dalle conseguenze che potrebbero
esserci.
Il grande colpo di scena di
Avengers: Endgame che ha visto
Captain America impugnare il Mjolnir ha scatenato
la gioia dei fan e ha concretizzato un sospetto che avevamo avuto
già in Age of Ultron, ovvero che Steve
Rogers è degno del potere del Martello di Thor.
Di seguito potete ammirare le foto
di una statua che raffigura proprio Cap con il mano la potente arma
e il suo scudo, un oggetto dettagliato e prezioso.
Dopo gli eventi devastanti di
Avengers: Infinity War (2018),
l’universo è in rovina a causa degli sforzi del Titano Pazzo,
Thanos. Con l’aiuto degli alleati rimasti in vita dopo lo schiocco,
i Vendicatori dovranno riunirsi ancora una volta per annullare le
azioni del villain e ripristinare l’ordine nell’universo una volta
per tutte, indipendentemente dalle conseguenze che potrebbero
esserci.
All’interno del Festival di Cannes 2019,
arriva in concorso alla Quinzaine des
Réalisateurs il regista giapponese Takashi Miike con il suo
nuovo film dal titolo First Love.
All’interno di questo è possibile ritrovare tutti i principali
stilemi del regista, dalla violenza esagerata all’umorismo nero,
dall’amore alla natura ambigua dei personaggi. Con il suo nuovo
lungometraggio Miike si conferma uno dei registi più controversi e
affascinanti dell’odierno panorama cinematografico.
Ambientato nell’arco di una notte a
Tokio, il film segue la storia di Leo, un giovane boxer solitario,
e di Monica, giovane ragazza costretta a prostituirsi per debiti.
Mentre tra i due sboccia l’amore, si ritroveranno anche a doversi
difendere da pericolosi personaggi della malavita, i quali li
cercano per motivi a loro ignoti. In un tripudio si sangue,
comicità e sentimento, i due ragazzi dovranno riuscire a
sopravvivere alla notte per consolidare il loro rapporto.
Le premesse della trama non vengono
disilluse, in un film che si dimostra dinamico sin dall’inizio.
Miike ci presenta da subito, ognuno nel suo contesto i vari
personaggi. Molti di questi non si conoscono minimamente, e sembra
impensabile che possano presto o tardi ritrovarsi a combattere gli
uni contro gli altri per la vita e la morte. Se all’inizio si può
quindi rimanere frastornati dalla presenza di molteplici linee
narrative da seguire, ben presto si ci si ritroverà sempre più
catapultati nel vivo della storia.
Appare sempre più chiaro che Miike
desidera raccontare una storia che esce dai binari del realistico,
quasi una favola, chiedendo un po’ di partecipazione e fiducia allo
spettatore per condurlo all’interno di un incubo notturno dove
tutto è possibile. Incubo per i protagonisti, poiché per lo
spettatore il film è invece una gioia per gli occhi.
Particolarmente violento, ai limiti dello splatter, il regista
unisce a quest’elemento quello della comicità. Ogni scena brutale
presenta allo stesso tempo situazioni per cui è impossibile non
provare divertimento, con trovate particolarmente brillanti.
All’interno di questo delirio
visivo, non manca ciò che il titolo promette, ovvero l’amore. I due
protagonisti, moderni Romeo e Giulietta, si ritrovano coinvolti in
qualcosa di più grande di loro. La loro presenza aggiunge
sentimento a quanto avviene intorno a loro, e anche i più cattivi
infine sembrano costretti a piegarsi alla forza del loro amore.
Il solito Miike dunque, che com’è
giusto che sia non si allontana dai temi a lui cari, ma li
riformula per realizzare un film dinamico, particolarmente
coinvolgente e divertente. Sua intenzione era infatti quella di dar
maggior rilevanza all’aspetto comico, che nel film è ben dosato e
costruito. Se anche tutto sembra crescere fino all’inverosimile,
ciò non risulta un disturbo. Ormai assuefatti dalla storia si è
pronti a seguire il regista in ogni strada intrapresa, e
First Love si rivela l’ennesimo
interessante progetto di uno dei maestri della cinematografia
orientale.
In occasione della presentazione a
Cannes 2019 di Dolor y Gloria,
ecco la nostra intervista al protagonista del nuovo film di
Pedro Almodovar, Antonio
Banderas.
[brid video=”414503″ player=”15690″ title=”Antonio Banderas
Dolor y Gloria Cannes 2019″]
Dolor y Gloria
racconta una serie di ricongiungimenti di Salvador Mallo, un
regista cinematografico oramai sul viale del tramonto. Alcuni sono
fisici, altri ricordati: la sua infanzia negli anni ‘60 quando
emigrò con i suoi genitori a Paterna, un comune situato nella
provincia di Valencia, in cerca di fortuna; il primo
desiderio; il suo primo amore da adulto nella Madrid degli anni
‘80; il dolore della rottura di questo amore quando era ancora vivo
e palpitante; la scrittura come unica terapia per dimenticare
l’indimenticabile; la precoce scoperta del cinema ed il senso del
vuoto, l’incommensurabile vuoto causato dall’impossibilità di
continuare a girare film. “Dolor y Gloria” parla della creazione
artistica, della difficoltà di separarla dalla propria vita e dalle
passioni che le danno significato e speranza. Nel recupero del suo
passato, Salvador sente l’urgente necessità di narrarlo, e in quel
bisogno, trova anche la sua salvezza.
Ci sono film che dimostrano di
meritare la partecipazione al concorso ufficiale di un festival
prestigioso come quello di Cannes. Little
Joe, di Jessica Hausner,
tuttavia non è tra quelli. Presentato al Festival di Cannes 2019,
il nuovo lungometraggio della regista austriaca rivela una storia
debole, penalizzata in particolare da scelte di regia che
disturbano anziché attrarre.
Il film ha per protagonista Alice
(Emily
Beecham), una madre single e particolarmente devota al
suo lavoro di sperimentatrice di nuove specie di piante. La sua
ultima ricerca riguarda un particolare tipo di fiore, chiamato
Little Joe, che, oltre ad attrarre per la sua bellezza, è in grado
grazie al suo profumo di rendere felice chi si trova nelle
vicinanze. Con l’avvicinarsi del lancio sul mercato di questo però,
strane cose iniziano ad accadere e Alice comincia a nutrire
sospetti su Little Joe, il quale potrebbe non essere innocuo come
sembrerebbe.
Sulla carta il film aveva il
potenziale per rivelarsi buon thriller sci-fi. La trama infatti
consente numerose strade percorribili, ma al momento della
realizzazione del film evidentemente sono state prese quelle
errate. Benché le premesse fossero interessanti, la sceneggiatura
acquista ben presto un tono di innaturalità che porta al
manifestarsi di diversi buchi di sceneggiatura e, in particolare,
la mancanza di un vero e proprio sviluppo del conflitto.
Nel momento in cui la protagonista
inizia a nutrire sospetti sulla sua creazione, nulla di veramente
significativo accade perché lo spettatore possa essere sempre più
coinvolto. I sospetti continuano, fino a concretizzarsi ma
risolvendosi in un nulla di fatto. Si aspetta così qualcosa che è
destinato a non arrivare, e il fatto che le domande poste
rimarranno senza risposta diventa chiaro ben prima del finale. Ciò
che sembra mancare più di tutto è poi la minaccia che le piante del
film portano con sé. Impariamo a conoscerle ma, benché la loro
natura appaia pericolosa, si rimane all’oscuro di quale realmente
sia il pericolo che si corre. Chi vi entra in contatto subisce
effettivamente un cambiamento, ma che non porta a sviluppi né
intelligenti né inquietanti.
La regista e sceneggiatrice sembra
più che altro interessata a generare un atmosfera di tensione che
possa supportare la storia. All’inizio il suo intento sembra
riuscire, ma nel momento in cui lo spettatore comprende che ben
poco accadrà di nuovo, la tensione viene presto a sgretolarsi
lasciando il posto ad un senso di noia e irritazione. Certamente
non aiutano i costanti movimenti di macchina, i più dei quali
risultano ingiustificati. Se l’intento era quello di generare una
tensione nello spettatore, come detto prima, questa viene ben
presto a scemare. Altro elemento particolarmente fastidioso è una
colonna sonora eccessivamente presente, particolarmente ricca di
suoni e rumori. Questa è marcatamente posta sia nei momenti
più cruciali che in quelli meno adatti, finendo per ottenere
l’effetto opposto a quello desiderato.
Non è chiaro quale fosse l’intento
della Hausner con Little Joe, ma la
sensazione generale è di un’occasione sprecata. Un’idea che poteva
racchiudere un potenziale ma che, come il fiore protagonista del
film, sembra emanare solo una pallida parte di ciò che poteva
essere.
Con la voglia di gridare contro
l’ingiustizia e a favore dei più deboli, Ken Loach
torna sulla croisette, nel concorso di Cannes
2019, con Sorry we missed you, il suo
nuovo film che racconta sempre con occhio lucido e a volte brutale
la realtà degli ultimi.
Il regista ha raccontato così il suo
film: “Quando ero giovane la vita era fatta di tappe, dopo lo
studio si cercava un lavoro, poi si metteva su famiglia. Oggi non è
più così, è subentrata l’insicurezza, i contratti sono sempre più
precari, le persone devono lottare per sopravvivere, a volte è
necessario inventarsi un lavoro che non c’è prendendo rischi.
Quello che volevo fare col mio film era mostrare come questa
situazione si rifletta sulla vita familiare”.
Per raccontare questa storia, Loach
ha unito le sue forze con lo sceneggiatore Paul
Laverty, che ha fatto ricerca sul campo: “Questa è la
storia di una famiglia. L’Inghilterra sta percorrendo lo stesso
cammino degli USA, le disuguaglianze si stanno intensificando. Per
cinquant’anni la rabbia sociale è stagnata e ora sta esplodendo
mentre la povertà aumenta e la ricchezza è concentrata nelle mani
di pochissimi”.
E poi passa a raccontare del suo
confronto con i testimoni diretti, le fonti di ispirazione per
questa dolorosa storia: “Proprio nei giorni in cui parlavo con
questo corriere stanco, con gli occhi rossi, la barba lunga, Jeff
Bezos è diventato l’uomo più ricco del mondo. Amazon si arricchisce
facendo profitto su corrieri e magazzinieri che lavorano a ritmi
disumani guadagnando poco. Secondo un rapporto di Oxfam gli otto
uomini più ricchi del mondo possiedono la stessa ricchezza del 50%
del pianeta. Le innovazioni tecnologiche vengono usate per
arricchire pochi, mentre i lavoranti non hanno possibilità di avere
un contratto né diritti sindacali. La logica conseguenza del
mercato è lavorare sempre di più e passare sempre meno tempo con la
propria famiglia”.
E in generale, sulla condizione dei
lavoratori e sulla crisi che sta attraversando il mondo, Loach
dichiara: “Credo che la crisi continuerà fino a che non faremo
cambiamenti strutturali. Le grandi aziende puntano a fornire il
miglior sevizio al minor prezzo, e lo fanno tagliando i costi. A
subirne le conseguenze sono i lavoratori, l’anello debole della
catena. Se crediamo nel libero mercato questo porta alle grandi
corporation, al lavoro precario. L’unico modo per combattere questa
situazione è rivalutare l’individuo, la gente comune” cosa che
lui puntualmente e con grande onestà fa in tutti i suoi film.
Ha conquistato il cuore della
stampa (e del pubblico, visto che è in sala in Italia dal 17
maggio) Dolor y Gloria, il nuovo film di
Pedro Almodovar che torna a lavorare con
Antonio Banderas e Penelope Cruz e realizza uno dei migliori film
della sua carriera.
Dalla trasgressione dei primi film,
fino al tono meditabondo delle pellicole della sua produzione più
recente, il regista non ha mai rinunciato a raccontare la grande
vitalità dell’essere umano, anche di quello più sofferente,
derelitto e solitario. Almodovar ha sempre riversato la sua vita
nei suoi film, tanto che è sempre molto difficile capire dove sta
il confine tra l’autobiografismo e la finzione, tra ciò che
appartiene alla sua storia personale e ciò che invece è stato
inventato per l’occasione. E man mano che passa il tempo, la sua
produzione si fa sempre più insistente riflessione sul suo passato,
sulla sua crescita, la sua infanzia e ovviamente sulle donne della
sua vita, in particolare sulla figura materna.
Dolor y Gloria, il film
Biografia, vitalità, ricordo e
dolore sono i fili che si intrecciano in Dolor y
Gloria, in cui Almodovar racconta la storia di Salvador
Mallo, un regista che, arrivato ai 60 anni, ha smesso di realizzare
film, pur continuando ad avere una fortissima pulsione verso il
racconto e una grande esigenza di scrivere. Salvador affronta una
serie di ricongiungimenti, sia fisici sia solo nel suo ricordo: la
sua infanzia negli anni ‘60 quando emigrò con i suoi genitori a
Paterna; il primo desiderio; il suo primo amore da adulto nella
Madrid degli anni ‘80; la scrittura come unica terapia per
dimenticare l’indimenticabile; la precoce scoperta del cinema ed il
senso del vuoto causato dall’impossibilità di continuare a girare
film.
Come molti altri film di Almodovar,
ma in maniera più intima e dolorosa, Dolor y
Gloria racconta della creazione artistica e della
difficoltà di separare la stessa dalla propria vita personale, ma
anzi continuando a nutrire l’una con l’altra e viceversa. Per
Salvador, la gloria è quella passata che lui però sembra non
rimpiangere affatto ma sembra soltanto ricordare con nostalgia, il
dolore invece è quello fisico e spirituale, il corpo che cede, la
mente che soccombe, le emicranie e il bisogno di buio e
silenzio.
È difficile distinguere la realtà
dalla finzione, in una storia che interseca passato e presente,
dentro e fuori, voglia di dimenticare e di ricordare, e un soffuso
costante e struggente senso di malinconia che sbatte contro i
colori vivaci della scenografia, dell’abbigliamento, della messa in
scena almodovariana che, di nuovo, non può evitare di mostrarsi
anche incredibilmente sensuale e vitale, anche di fronte alla
depressione e alla sofferenza più nera.
Sembra chiaro però che Salvador
Mallo è in qualche modo il risultato dell’unione di Almodovar
stesso e di
Antonio Banderas, che scompare completamente nel
personaggio, consegnando la sua migliore interpretazione in
carriera, per alcuni rivelandosi per altri confermandosi un
interprete intenso e delicato, che con questo ruolo è riuscito a
rimettersi completamente in gioco e a dare una nuova vita alla sua
carriera.
All’ottavo film con Pedro, Antonio
ha trovato il modo di mettere da parte la sua fisicità da latin
lover e di mettere a nudo un aspetto intimo e profondo che fino ad
ora non gli era stato possibile mostrare, complice l’età o forse le
esperienze personali (è sopravvissuto a un infarto nel 2017).
Servendosi della ritrovata musa,
Almodovar riscrive la sua storia, ripercorrendola e affidando a
Penelope Cruz, sempre a suo agio davanti alla
macchina da presa del suo amico e regista, il ruolo dell’amata
madre. Dolor y Gloria è l’accettazione dei dolori
del presente, un ritratto di uomo e di artista, in cui il cinema è
la cura e la malattia insieme, con il cuore sempre al passato senza
però soccombere alla malinconia.
In Avengers:
Endgame i viaggi nel tempo attraverso il Regno
Quantico e l’intervento dei Vendicatori in determinati momenti del
passato hanno creato inavvertitamente delle nuove timeline
alternative a quelle che conoscevamo. In questo modo Captain
America si è riunito con Peggy e Loki non è mai tornato ad Asgard
con Thor dopo la battaglia di New York del 2012.
Ma andiamo con ordine e rivediamo di seguito tutte le linee
temporali:
Quando Thanos
apprende della morte del suo sé futuro nel 2014, viaggia nel tempo
e arriva giungendo al 2023 per combattere contro i Vendicatori
sulla terra. Ciò significa che ora c’è una linea temporale in cui
il villain non collezionerà mai le gemme dell’infinito e il corso
degli eventi sarà completamente diverso da quello mostrato dal
MCU.
2012: la fuga di Loki
Uno dei più grandi cambiamenti nella
timeline originale avviene quando Loki ruba il
Tesseract e lo usa per fuggire dopo esser stato catturato alla fine
della battaglia di New York del 2012. Dunque ora esiste una linea
temporale in cui il Dio dell’Inganno non aiuterà suo fratello
durante gli eventi di Thor: The Dark World.
Ciò significa che Thor non tornerà
mai sulla Terra per combattere Ultron e Loki sarà libero di causare
ogni sorta di caos nel cosmo con il Tesseract.
Seconda Guerra Mondiale: Steve
ritorna da Peggy
Le dichiarazioni contrastanti dei
fratelli Russo e degli sceneggiatori Christopher Markus e Stephen
McFeely sulla decisione di Captain America di
tornare a Peggy Carter alla fine di Endgame
lasciano intendere che da una parte l’eroe ha vissuto la sua vita
con l’amata in una timeline alternativa, mentre dall’altra sembra
essere stato da sempre destinato a sposare Peggy e ad avere dei
figli con lei.
Qualunque sia il caso, il fatto che
Steve Rogers sia tornato indietro negli anni 40-50 significa che il
mondo ha avuto il suo Captain America dalla seconda guerra mondiale
in poi e quello stesso eroe può aver combattuto anche la guerra in
Vietnam e in Iraq.
2012: Cap scopre che Bucky è
vivo
Tornato al 2012 Steve Rogers si
confronta con il suo “gemello” e riesce a liberarsi dalla sua presa
soltanto quando gli dice che Bucky, il suo amico e
compagno d’armi, è ancora vivo.
Così facendo gli eventi di
Captain America: The Winter
Soldier probabilmente non si verificheranno mai e Sam
Wilson non diventerà Falcon. L’HYDRA potrebbe anche essere scoperta
ad un certo punto, e a seconda di come vadano le cose, c’è la serie
possibilità che Steve non riesca mai a riconciliarsi con Bucky.
2012: l’Hydra non ottiene la gemma
della mente
Se il compito di Captain
America era restituire le gemme dell’infinito alle
rispettive timeline originali, questo significa che quella della
mente è stata riportata nelle mani dell’HYDRA? E
anche se lo avesse fatto, l’organizzazione crede che Cap sia uno di
loro dopo la scena dell’ascensore di Endgame, quindi qualcosa è
sicuramente cambiato nei loro piani…
C’è tuttavia il rischio che la gemma
non venga affatto restituita all’Hydra, quindi di conseguenza gli
eventi di Avengers: Age of Ultron non
accadranno mai, compresa la trasformazione di Wanda e Pietro
Maximoff in individui superdotati.
2014: i Guardiani della Galassia
non diventano una squadra
Con Star-Lord
sconfitto su Morag e Nebula e Gamora direte verso il “presente” lo
scenario presentato da Endgame preannuncia che i Guardiani della Galassia
non si formeranno mai. Rocket e Groot continuerebbero sulle loro
strade, Peter Quill sarebbe molto probabilmente tornato dai
Ravagers e Ronan sarebbe stato libero di distruggere Xandar senza
opposizioni, uccidendo milioni di persone.
1970: Hank Pym perde le particelle
Pym
Durante il viaggio nel 1970, Tony
Stark e Steve Rogers sottraggono le particelle Pym alle quali stava
lavorando Hank Pym, dunque nella timeline
alternativa lo scienziato avrà in qualche modo reagito al furto e
si sarà chiesto come rimediare.
Forse questa è la causa che lo
porterà a collaborare con Howard Stark, oppure che gli impedirà di
diventare il primo Ant-Man della storia.
2014: Captain America incontra
Teschio Rosso
Chi ha visto Avengers:
Endgame saprà che Steve Rogers, una volta archiviata
la battaglia contro Thanos e dopo aver celebrato la morte di Tony
Stark insieme ai colleghi Vendicatori, decide di viaggiare ancora
una volta nel Regno Quantico per restituire tutte le gemme
dell’infinito alla rispettiva timeline in cui erano custodite. In
una di queste realtà passate incontra Peggy, l’amore della sua
vita, e si concede quel famoso ballo promesso in Captain
America: Il Primo Vendicatore. Ma cosa è accaduto negli
altri salti temporali? Chi ha incontrato?
A quanto pare, come confermato da
Anthony e Joe Russo in un’intervista, Cap è
tornato su Vormir per riportare la gemma dell’anima al suo
protettore originario, Teschio Rosso,
confrontandosi dunque con il suo primo vero antagonista del
MCU.
2012: l’Antico conosce tutti gli
scenari futuri
Quando Bruce Banner spiega
all’Antico che Doctor Strange ha ceduto la gemma del
tempo a Thanos, lo stregone appare sinceramente scioccato, anche se
sembra comprendere le sue azioni…o forse no?
il personaggio cede a sua volta la
gemma a Hulk, e la sensazione è che abbia già esplorato tutti gli
scenari possibili, al contrario di ciò che afferma. Difficile dire
quali potrebbero essere le conseguenze…
2013: Asgard senza protezione
Mentre Captain America restituisce
il Mjolnir ad Asgard durante l’ultimo viaggio nel
tempo, c’è ancora una linea temporale in cui il Dio del Tuono non
ha il suo martello per respingere l’attacco di Malekith. In tal
senso Thor potrebbe aver incontrato il suo creatore insieme a sua
madre, o qualcosa che ha aperto la porta all’Elfo Oscuro che è
stato in grado di liberare il potere dell’Etere.
Il successo al botteghino di
Pokémon Detective Pikachu (nonostante la
concorrenza di Avengers: Endgame) ha spinto la
Legendary Pictures ad affrettare i lavori sul sequel, già
confermato lo scorso gennaio, e sull’espansione dell’universo
cinematografico con vari spin-off. Nel frattempo Comicbookmovie
riporta che il secondo capitolo delle avventure di Pikachu sarà il
primo progetto ufficiale a cui ne seguiranno altri probabilmente
dedicati ai personaggi del marchio.
Vi ricordiamo che Detective Pikachu
ha messo a segno numeri incredibili nel weekend di apertura, pari a
54 milioni di dollari solo negli Stati Uniti e a 175 milioni in
tutto il mondo. La prima avventura Pokémon in live-action vede
Ryan Reynolds doppiare il protagonista Pikachu, il
volto iconico del fenomeno globale e uno dei brand di
intrattenimento multigenerazionale più popolari al mondo ed il
franchise multimediale di maggior successo di tutti i tempi.
La storia inizia quando
il geniale detective privato Harry Goodman scompare
misteriosamente, costringendo il figlio di 21 anni Tim a scoprire
cosa sia successo. Ad aiutarlo nelle indagini l’ex compagno Pokémon
di Harry, il Detective Pikachu: un adorabile, esilarante e
saggio super-investigatore che sorprende tutti, persino se stesso.
Avendo scoperto che i due sono equipaggiati per comunicare tra loro
in modo singolare, dato che Tim è l’unico essere umano in grado di
parlare con Pikachu, uniscono le loro forze in un’avventura
elettrizzante per svelare l’intricato mistero. Si trovano così ad
inseguire gli indizi lungo le strade illuminate al neon di Ryme
City, una moderna e disordinata metropoli dove umani e Pokémon
vivono fianco a fianco in un iperrealistico mondo live-action. Qui
incontreranno una serie di Pokémon, scoprendo una trama
sconvolgente che potrebbe distruggere la loro coesistenza pacifica
con gli umani e minacciare l’universo stesso dei Pokémon.
Fanno parte del cast di
Pokémon Detective Pikachu anche Justice Smith
(“Jurassic World: il regno distrutto”) nel ruolo di Tim; Kathryn
Newton (“Lady Bird,” “Big Little Lies – piccole grandi bugie” in
TV) nei panni di Lucy, una giovane reporter alle prese con la
sua prima storia importante; al fianco di Suki Waterhouse
(“Insurgent”), Omar Chaparro (“Overboard”), Chris Geere (“Modern
Family” in TV) e Rita Ora, con il candidato all’Oscar Ken Watanabe
(“Godzilla”, “L’ultimo Samurai”) e Bill Nighy (“Harry
Potter e i Doni della Morte Parte 1”).
A poche settimane dall’inizio delle
riprese di Vedova
Nera, i Marvel Studios non hanno ancora reso noti i
dettagli sulla trama del film, né sull’ambientazione di questo
capitolo solista dedicato alle avventure di Natasha Romanoff. Le
ipotesi che possa trattarsi di un prequel sono state confermate da
Avengers:
Endgame, dove abbiamo visto l’eroina morire prima
dell’atto finale, ma secondo quanto riportato da un rumor il film
potrebbe svolgersi dopo gli eventi di Captain America:
Civil War, e non alla fine degli anni Novanta come
teorizzato negli ultimi mesi.
L’indiscrezione è stata diffusa
durante la convention italiana a cui ha partecipato SebastianStan nei giorni scorsi, tuttavia finché non
arriverà la conferma da parte dei Marvel Studios non può
esserci l’ufficialità.
Di certo questo scenario inatteso
apre un ventaglio di possibilità per la scoperta di quanto accaduto
in seguito agli accordi di Sokovia. Sappiamo che Scott Lang e Clint
Barton hanno patteggiato per gli arresti domiciliari, e che Steve
Rogers, Sam Wilson e Natasha hanno continuato a combattere il
crimine nel mondo sotto copertura; eppure ci sarebbero innumerevoli
trame da esplorare in merito ai Secret Avengers
che il pubblico non ha visto finora nel MCU e che si adatterebbero bene al
tipo di film che Vedova Nera può e deve essere.
Deadline ha confermato che
O-T Fagbenle (Luke Bankole nella pluripremiata
serie The Handmaid’s Tale) è entrato
nel cast del film e interpreterà il principale antagonista.
Le riprese inizieranno a Giugno in
Inghilterra con la regia di Cate Shortland, con la
sceneggiatura riscritta nei mesi scorsi da Ned
Benson (The Disappearance of Eleanor Rigby).
Insieme alla Johansson ci saranno anche David
Harbour, Florence Pugh, e Rachel
Weisz, ma i loro ruoli non sono stati ancora rivelati.
Al momento non ci sono ulteriori
aggiornamenti sul film, né sui personaggi o le direzioni della
trama. Lo studio è invece determinato a mantenere la massima
segretezza intorno al progetto che, come saprete, rivedrà la
Johansson nei panni della spia sovietica Natasha Romanoff
presumibilmente prima degli eventi che l’hanno portata a diventare
un membro del team dei Vendicatori.
Quasi tre ore di montaggio non sono
bastate a inserire nella versione finale tutte le scene girate dai
fratelli Russo per Avengers:
Endgame. A quanto pare i registi si sono visti
costretti a sacrificare del materiale che speriamo di ritrovare
almeno nell’edizione homevideo del film.
Ma quali sono le sequenze tagliate? Scopriamole insieme qui
sotto:
Gli sceneggiatori di Endgame hanno
rivelato che originariamente Bruce Banner si sarebbe trasformato in
Smart Hulk durante la battaglia finale di
Avengers: Infinity War nel
Wakanda, soluzione poi posticipata per capire come avrebbero potuto
introdurre questa nuova versione del personaggio nel sequel.
Una delle possibilità era mostrarlo
nel suo laboratorio, dove Bruce avrebbe studiato una formula per
combinare la sua intelligenza e la forza senza che le due parti
entrassero in conflitto come nel passato. La scena è stata tagliata
e sostituita da quella della tavola calda dove Hulk incontra Steve,
Natasha e Scott.
Il sacrificio di Occhio di Falco
La scena ambientata su Vormir è una
delle più controverse di Avengers: Endgame, ed è stato proprio
McFeely a spiegare che in una bozza iniziale Occhio di
Falco si sarebbe sacrificato al posto di Vedova
Nera saltando giù dal dirupo.
“Jen Underdahl, una delle nostre
responsabili degli effetti speciali, ci disse di non portare Clint
via dalla vita di Natasha, e trovammo la cosa davvero commovente a
tal punto da farci cambiare idea.”
Hank Pym e Janet Van Dyne si uniscono alla battaglia
Sempre secondo gli sceneggiatori,
l’idea di avere Hank Pym e Janet Van
Dyne nella battaglia finale di Endgame era stata presa in
considerazione ma il dovere di conciliare sullo schermo così tanti
personaggi ha spinto la produzione a procedere in un altro modo,
lasciandoli al margine della storia. Peccato, perché sarebbe stato
fantastico rivedere gli originali Ant-Man and The Wasp in
azione.
Tony incontra Morgan adolescente
Nella chiacchierata con MTV News i
registi hanno svelato il motivo dell’assenza di Katherine
Langford nel film, dopo che la star della serie 13
Reasons Why era stata confermata ufficialmente nel cast lo
scorso ottobre e il cui ruolo non era mai stato specificato.
“Avevamo questa idea che vedeva
Tony entrare in una sorta di universo metafisico, lo stesso in cui
si è trovato Thanos dopo aver schioccato le dita in Infinity War.
Lì ci sarebbe stato l’incontro con la versione futura di sua figlia
[…] Presto ci siamo resi conto che mancava quel
legame emotivo con Morgan adulta, e la scena non funzionava né
risuonava a livello di emozione, ed è per questa ragione che
abbiamo deciso di eliminarla e di allontanarci da
quell’idea“.
Nell’intervista viene inoltre
spiegato che la versione del film con la sequenza che vedeva
protagonista la Langford era stata mostrato al pubblico durante i
test-screening, tuttavia la mancanza di reazioni positive e la
confusione generale hanno spinto i Marvel Studios a procedere in
un’altra direzione.
Iron Man vs Heimdall
Endgame ha rivisitato varie fasi del
passato del Marvel Cinematic Universe, eppure
una sequenza tagliata dal film sarebbe stata sicuramente
entusiasmante, forse più delle altre. Inizialmente la sceneggiatura
prevedeva il viaggio di Iron Man e
Thor ad Asgard nel 2013 per recuperare sia la
gemma del potere che quella dello spazio, e durante
quell’avventura, Tony avrebbe indossato una tuta invisibile per
scontarsi con Heimdall.
Thor, nel frattempo, avrebbe
trascorso più tempo con Jane Foster, ma niente di
tutto questo ha superato le prime fasi di produzione…
Il nuovo lavoro di Vedova Vera
In una recente intervista
Anthony e Joe Russo hanno svelato l’originale
destino di Vedova Nera e l’epilogo alternativo considerato insieme
agli sceneggiatori. A quanto pare l’eroina sarebbe stata
risparmiata dagli eventi di Endgame e avrebbe speso il suo tempo
dirigendo un’attività molto particolare:
“Abbiamo discusso a lungo di una
cosa che pensavamo fosse davvero profonda, ma anche quasi troppo
grande che ci avrebbe fatto litigare…L’idea era di questo mondo
post schiocco dove tantissimi bambini restavano senza genitori, e
ad un certo punto dello sviluppo della storia di Endgame pensavamo
che Vedova Nera avrebbe potuto dirigere un’organizzazione a
Washington D.C. per gli orfani. Cinque anni dopo sarebbe stata lei
la responsabile“.
Le parole dei Russo ci riportano
subito ad Avengers: Age of Ultron,
dove abbiamo scoperto che Natasha non poteva avere i suoi figli
perché durante il suo addestramento in Russia era stata
sterilizzata come parte della sua “iniziazione”. Evidentemente
essere alla guida di un istituto per bambini avrebbe in qualche
modo colmato quel vuoto e consegnato al personaggio un finale
altrettanto degno di quello mostrato nella versione definitiva del
film.
Lo strano addio fra Thor e Valchiria
Alla fine di Avengers:
Endgame, Thor lascia la nuova Asgard
nelle mani di Valchiria e si imbarca con i
Guardiani della Galassia verso le
prossime avventure. Originariamente però il loro addio sarebbe
stato diverso da quello visto al cinema: secondo Anthony Russo,
Thor si sarebbe approcciato alla guerriera come per darle un bacio
dopo la pacca sulla spalla di lei.
“Che cosa stai facendo?“,
diceva Valchiria, e Thor “Oh, pensavo che quel gesto…“, e
lei “È una pacca sulla spalla di addio“.
La scena è stata effettivamente
girata, quindi ci sono buone probabilità che venga inserita negli
extra della versione homevideo.