Proseguono in quel di Manchester le
riprese di Morbius, il secondo spin-off ufficiale
dell’universo
Sony dedicato ai villain di Spider-Man (il primo
era Venom, uscito nelle sale
lo scorso ottobre) che vede protagonista Jared
Leto nei panni di Michael Morbius, meglio conosciuto dai
lettori dei fumetti come “il vampiro vivente”, un brillante
scienziato affetto da leucemia a cui viene iniettato il sangue di
un pipistrello per sopravvivere.
Le immagini che trovate di seguito
sono state pubblicate da Just Jared e mostrano l’attore con la
classica divisa arancione delle prigioni americane. Non è ancora
chiaro di cosa parlerà il cinecomic, ma è possibile che il
personaggio arrivi a compiere qualche “impresa” criminale finendo
tra le sbarre.
Qui sotto invece possiamo finalmente
dare uno sguardo al personaggio di Matt
Smith, Loxias Crown, annunciato come il principale
antagonista di Morbius. Vestito con abiti civili, l’attore potrebbe
subire nel corso del film un cambio di look che probabilmente non
sarà svelato fino alla fine della produzione.
Secondo le prime teorie, questo
villain potrebbe essere una variante di un personaggio presente nei
fumetti degli X-Men e Spider-Man tramutatosi in Hunger. L’Hollywood
Reporter lo descrive come il migliore amico di Morbius, affetto
dalla stessa malattia del sangue e con uguali, se non migliori,
abilità e poteri da vampiro.
Vi ricordiamo inoltre che lo
spin-off vedrà Tyrese Gibbs (star del
franchise di Fast & Furious) nei panni di un
agente dell’FBI e Adria Arjona, vista recentemente
in Pacific Rim: Uprising e nella
serie Good Omens, che invece darà il volto a
Martine Bancroft, l’interesse amoroso del protagonista Morbius.
Con Morbius continua il piano della
Sony per espandere un universo parallelo a quello dei Marvel Studios, inaugurato quest’anno
da Venom di Ruben
Fleischer, mentre la produzione
di Morbius è iniziata da poche settimane
con la regia di Daniel Espinosa.
La sceneggiatura del film è stata
firmata da Matt Sazama e Burk Sharpless, che vantano nel proprio
curriculum titoli comePower
Rangers, Dracula
Untold, The Last Witch
Hunter– L’Ultimo Cacciatore di
Streghe e Gods of
Egypt.
Angelina
Jolie è ufficialmente entrata in trattative per
interpretare uno dei personaggi de Gli Eterni,
prossimo titolo dei Marvel Studios che porterà al cinema i fumetti
creati da Jack Kirby. La notizia è stata riportata
in esclusiva dall’Hollywood Reporter, e per l’attrice si
tratterebbe della seconda esperienza in un cinecomic dopo
Wanted del 2007 (tratto dalla graphic novel di
Mark Millar).
Il progetto, secondo gli ultimi
aggiornamenti, includerà nel MCU gli esseri superpotenti e quasi
immortali conosciuti dai lettori come
Eterni e i
mostruosi Devianti, creati da esseri
cosmici conosciuti come Celestiali. Le fonti
hanno inoltre rivelato al The Hollywood
Reporter che un aspetto della storia riguarderà la storia
d’amore tra Ikaris, un uomo alimentato dall’energia cosmica, e
Sersi, eroina che ama muoversi tra gli umani.
Vi ricordiamo che il film sarà
diretto da Chloe Zhao, l’acclamata regista
indipendente di The Rider, e che la sceneggiatura
è stata scritta da Matthew e Ryan
Firpo. Non abbiamo ulteriori dettagli, tranne che l’uscita
nelle sale dovrebbe essere stata fissata al 2020 e che il cinecomic
potrebbe vedere in azione il primo eroe apertamente gay della
storia.
Non c’è ancora una conferma
ufficiale da parte degli studios, tuttavia l’ipotesi rientra
perfettamente nella discussione posta
da Kevin Feige lo scorso dicembre
riguardante il bisogno di una rappresentazione generale della
società sullo schermo:
“Porteremo sempre più donne nei
prossimi anni e cercheremo di promuovere la diversità di genere,
sia per quanto riguarda i personaggi che per le persone che
lavorano a questi film” aveva dichiarato
Feige, “Sono convinto che se hai diverse voci, allora
otterrai storie migliori e sorprendenti.
“Sono un gruppo, e ci piaceva
l’idea di introdurre un ensemble realizzando un film collettivo fin
dall’inizio anziché introdurli singolarmente come abbiamo fatto con
i primi Avengers. Ci muoveremo nello stesso
modo dei Guardiani, non per il tono, ma in termini di introduzione
di un nuovo team di persone. Jack
Kirby ha creato questa enorme e incredibile epopea
che dura da decine di migliaia di anni, ed è anche un tempo e
un’ambientazione che non abbiamo mai affrontato finora…è proprio
questo che ci stimola“.
Nel frattempo la
Jolie tornerà protagonista in Those Who
Wish Me Dead, nuovo progetto del regista e
sceneggiatore Taylor Sheridan (Wind
River, Sicario, Soldado) tratto dal
romanzo di Michael Koryta pubblicato nel 2016, e del sequel di
Maleficent insieme a Elle Fanning.
Il film è stato diretto
da Joachim Ronning e Espen
Sandberg, i registi di Pirati dei Caraibi –
La vendetta di Salazar.
Ecco tutti i vincitori dei Premi
David di Donatello 2019, la 64° edizione del
riconoscimento, assegnati durante la prima serata di RaiUno del 27
marzo. Ha trionfato su tutti, con molti premi annunciati e qualcuno
a sorpresa (quello a Edoardo Pesce), Dogman,
di Matteo Garrone, con 9 premi, tra cui il miglior
film e la migliore regia.
Nonostante le molteplici
nomination, vanno via a mani vuote i film delle due registe donne
in gara, Euforia di Valeria
Golino e Lazzaro Felice di Alice
Rohrwacher. Conquista invece tre premi Sulla mia
Pelle, tra cui il riconoscimento ad Alessandro
Borghi come migliore protagonista e a Alessio
Cremonini, che ha vinto nella categoria miglior regista
alla opera prima, con sorpresa, perché non si trattava certo della
sua prima volta dietro alla macchina da presa (anche se il
regolamento considera opere prime solo quelle distribuite in sala.
Decisamente da rivedere).
Vincono due riconoscimenti a testa
Chiamami col tuo nome di Luca
Guadagnino e Capri-Revolution di
Mario Martone, mentre Netflix arriva a quota 4
David, con i premi al film di Cremonini e a Roma
di Alfonso Cuaron, presente alla cerimonia.
Per quanto sia una grande gioia per
i fan di Garrone, la goleada di David per Dogman ha
impedito di dare un riconoscimento più equo a tutti i film
nominati, soprattutto in riferimento a Lazzaro
Felice e Euforia, che fanno parte di quel
cinema bello e meritevole che è stato prodotto e distribuito in
Italia nell’ultimo anno.
Ecco tutti i vincitori dei Premi David di Donatello
2019
MIGLIOR
FILM
– Dogman –
prodotto da ARCHIMEDE, LE PACTE con RAI CINEMA
per la regia di Matteo GARRONE
MIGLIOR REGIA
– Dogman Matteo GARRONE
MIGLIORE REGISTA ESORDIENTE – PREMIO GIAN LUIGI
RONDI
Il premio alla Carriera è andato a
Tim Burton, mentre il nuovo riconoscimento, David
dello spettatore, al film con il maggior numero di presenze in
sala, è andato a A casa tutti
bene, di Gabriele Muccino. A
Uma Thurman, Dario Argento e
Francesca Lo Schiavo il premio David
Speciale.
Lo spettacolo, condotto con
eleganza da Carlo Conti, non ha brillato per
efficacia, soprattutto nella costruzione di alcune gag e nella
gestione impacciata degli ospiti internazionali, Uma
Thurman e Tim Burton.
Ecco le interviste dal red carpet
di Londra di Dumbo,
il nuovo live action Disney firmato da Tim Burton.
Abbiamo intervistato il regista e i protagonisti del film:
Colin Farrell, Eva Green e Danny
DeVito.
In Dumbo
il proprietario del circo Max Medici (Danny
DeVito) arruola l’ex star Holt Farrier (Colin
Farrell) e i suoi figli Milly (Nico
Parker) e Joe (Finley Hobbins) per
prendersi cura di un elefante appena nato le cui orecchie enormi lo
rendono un’attrazione, in un circo già in difficoltà. Ma quando
scoprono che Dumbo può volare, tutto il circo trae giovamento da
questo fenomeno, attirando l’imprenditore V.A. Vandevere
(Michael Keaton), che recluta lo strano pachiderma
per la sua più nuova, grandiosa avventura per l’intrattenimento,
Dreamland. Dumbo sale a nuove vette accanto a un’affascinante e
spettacolare artista aerea, Colette Marchant (Eva
Green), finché Holt scopre che sotto la sua patina lucida,
Dreamland è piena di oscuri segreti.
Nel cast umano del film
protagonisti Eva Green, Michael
Keaton, Colin
Farrell, Danny DeVito, Alan
Arkin e DeObia
Oparei. Prodotto da Justin
Springer (Tron: Legacy, Oblivion) il film è un misto di
CGI e Live Action.
Sono stati diffusi da Focus
Features i primi character poster di Downton
Abbey – il Film. Nei quattro
poster sono riconoscibili non solo Lady Mary e Lady Edith
(Michelle Dockery e Laura
Carmichael) ma anche Thomas Barrow e Andy (Robert
James-Collier e Michael Fox).
Sono confermati nel
cast Maggie Smith, Hugh Bonneville, Laura
Carmichael, Michelle Dockery e Elizabeth
McGovern, già star della serie, mentre si aggiungono alla
squadra per la trasposizione cinematografica
anche Imelda Staunton, Geraldine James, David
Haig, Tuppence Middleton, Simon Jones, Kate Phillips
e Stephen Campbell Moore.
Downton
Abbey – il Film arriverà in sala il 13 settembre
2019 nel Regno Unito e a partire dal 20 settembre 2019 in tutto il
resto del mondo. Il film è scritto da Julian
Fellow, l’ideatore dello show, e diretto
da Michael Engler, che
ha firmato la regia dell’ultima stagione della serie
stessa.
È stato diffuso il trailer
internazionale di Angry
Birds 2 – nemici amici per sempre, il sequel del film
d’animazione che per la prima volta nel 2016 è arrivato al
cinema.
I pennuti arrabbiati e gli astuti
maialini verdi arrivano nei cinema con una nuova avventura, Angry
Birds 2: Il Film. All’emergere di una nuova minaccia, che metterà
in pericolo entrambe le loro isole, Red (Jason Sudeikis), Chuck
(Josh Gad), Bomb (Danny McBride), e Grande Aquila (Peter Dinklage)
recluteranno la sorella di Chuck, Silver (Rachel Bloom) e si
uniranno alla squadra dei maialini, Leonard (Bill Hader), il suo
assistente Courtney (Awkwafina) e il tecnologico Garry (Sterling K.
Brown) per giungere a una tregua e creare un’improbabile
supersquadra per salvare le loro isole.
Capolavori straordinari che
raccontano la storia della Spagna e di un intero
continente. Ci troviamo in uno dei templi dell’arte mondiale,
un luogo di memoria e uno specchio del presente con 1700 opere
esposte e un tesoro di altre 7000 conservate. Una collezione che
racconta le vicende di re, regine, dinastie, guerre, sconfitte,
vittorie. Ma anche la storia dei sentimenti e delle emozioni degli
uomini e delle donne di ieri e di oggi, lei cui vite sono
intrecciate a quella del museo: regnanti, pittori, artisti,
architetti, collezionisti, curatori, intellettuali, visitatori.
In questo 2019 che ne celebra il
duecentesimo anniversario, raccontare il Prado di
Madrid dal giorno della sua “fondazione” – quel 19 novembre
1819 in cui per la prima volta si parlò di Museo Real
de Pinturas – significa percorrere non solo questi ultimi 200
anni, ma almeno sei secoli di storia, perché la vita della
collezione del Prado ha inizio con la nascita della Spagna come
nazione e con il matrimonio tra Ferdinando d’Aragona e Isabella di
Castiglia. Un’unione che sancisce l’avvio del grande impero
spagnolo. Eppure, per molto tempo nel corso dei secoli, la pittura
è stata una lingua universale, che non ha conosciuto frontiere. E
se c’è un museo dove si rende evidente che la pittura non è stata
toccata dai nazionalismi, questo è proprio il Prado, con le sue
collezioni eclettiche e sfaccettate capaci di raccontare come
l’arte non abbia passaporti limitanti, ma sia al contrario un
viatico universale in grado di comprendere e raccontare i pensieri
e i sentimenti degli esseri umani.
Per questo protagonisti de
IL MUSEO DEL PRADO. LA CORTE DELLE MERAVIGLIE sono
i suoi capolavori, i grandi maestri che li hanno realizzati, le
teste coronate che li hanno raccolti, ma anche l’ispirazione
europea e libertaria di un museo che è uno scrigno di tesori e di
storie. È questo il fil rouge che si snoda nel nuovo
docu-film scritto da Sabina Fedeli e diretto da Valeria Parisi, una
produzione 3D Produzioni e Nexo Digital in
collaborazione con il Museo del Prado, con il
sostegno di Intesa Sanpaolo e con la partecipazione di SKY
Arte. IL MUSEO DEL PRADO. LA CORTE DELLE
MERAVIGLIE, nuovo appuntamento del progetto della Grande
Arte al Cinema in arrivo nelle sale italiane solo per tre giorni,
15, 16, 17 aprile (elenco a breve su www.nexodigital.it), vede tra
l’altro una novità d’eccezione: la partecipazione
straordinaria del Premio Oscar®Jeremy Irons (ll mistero Von Bulow, Il danno,
Mission, Io ballo da sola, La casa degli spiriti, La
Corrispondenza…), che guiderà gli spettatori alla scoperta di
un patrimonio di bellezza e di arte a partire dal Salon de
Reinos, un’architettura volutamente spoglia che si anima di
vita, luci, proiezioni, riportando il visitatore al glorioso
passato della monarchia spagnola e al Siglo de Oro quando
alle pareti erano appesi molti dei capolavori oggi esposti al
Prado. Allora in questo spazio si danzava, si svolgevano feste e
spettacoli teatrali. Questo era uno dei cuori pulsanti di Madrid e
della Spagna intera, così come lo furono il Barrio de las
Letras, dove abitavano scrittori e artisti del Siglo de
Oro, e, nel Novecento, la Residencia de Estudiantes,
dove si incontravano gli intellettuali della Generazione del ‘27,
da Buñuel a Lorca sino a Dalí.
I dipinti del Prado riflettono
un’epopea unica nel suo genere, che ha dato origine ad uno dei
musei più importanti del mondo. Una raccolta “fatta più con il
cuore che con la ragione”; perché re e regine hanno scelto solo ciò
che amavano. Un inventario di gusto e di piacere che narra vicende
pubbliche, dinastie, porporati, guerre e coalizioni. E un
inventario di questioni private: un matrimonio, una tavola
imbandita, la pazzia di una regina. È un intreccio di teste
coronate, hidalgos, majas y caballeros, tutti con le loro
vite, le loro verità, i loro messaggi. È la storia di un’epoca di
grande mecenatismo, di amore dei monarchi spagnoli per i grandi
maestri, come Goya, presente al Prado con un
corpus ricchissimo di oltre novecento opere, compresi gran parte
dei disegni e delle lettere, come la corrispondenza con l’amico
d’infanzia Martin Zapater. L’arte di Goya ha influenzato molti
artisti moderni. Come nel caso di 3 maggio 1808, dipinto
che narra l’effetto della rivolta degli spagnoli contro l’esercito
francese. Un’opera che diventerà simbolo di tutte le guerre e che
ispirerà Picasso per la sua
Guernica. Come Picasso, anche Dalì e Garcia Lorca
rimasero ammaliati dal museo mentre lo scrittore e pittore Antonio
Saura, che tornava qui di continuo per calarsi nell’atmosfera di un
ambiente magico, definì il Prado “un tesoro di intensità”.
Dunque, un’arte che illumina il presente e che ci interroga:
che cosa è stato il Museo del Prado in questi duecento
anni, che cos’è oggi e che cosa continuerà a rappresentare per le
generazioni future questo museo vivo, questo museo che è
stato un faro per tutti gli spagnoli nei momenti bui della
dittatura, una patria a cui tornare per artisti e intellettuali in
esilio?
L’obiettivo delle autrici è stato
dunque quello di raccontare non solo la bellezza formale e il
fascino della collezione del Prado ma anche quanto attuali siano i
temi trattati dalle opere esposte, capaci di narrare attraverso la
storia dell’arte, anche quella della società, coi suoi ideali, i
suoi pregiudizi, i vizi, le nuove concezioni, le scoperte
scientifiche, la psicologia umana, le mode.
IL MUSEO DEL PRADO. LA CORTE
DELLE MERAVIGLIE non è solo la narrazione delle sue
straordinarie opere, che saranno il cuore del documentario, ma
anche il paesaggio delle architetture Reali che sono state teatro e
custodi della nascita e dello sviluppo delle collezioni d’arte. Un
patrimonio universale che comprende non soltanto le opere di
Vélazquez, Rubens,
Tiziano, Mantegna,
Bosch, Goya, El
Greco conservate al Prado, ma anche
l’Escorial, Pantheon dei reali, il Palazzo
Reale di Madrid, il Convento de Las Descalzas
Reales, il Salon de Reinos. Un affresco
che contrappone interni ed esterni, quadri e palazzi, pennellate e
giardini. La nascita del Museo del Prado è una storia avvincente.
Nel 1785 Carlo III di Borbone, incaricò
l’architetto di corte Juan de Villanueva di
disegnare un edificio per ospitare il Gabinete de Historia Natural.
Non lo diventerà mai. L’edificio verrà infatti trasformato nel
Museo che oggi conosciamo. Camminare in questo luogo di bellezza,
significa lasciarsi stupire, snidare pregiudizi e contraddizioni,
scoprire i miti e i simboli di un mondo meraviglioso, a volte
rivoluzionario. Significa confrontarsi con se stessi, attraverso la
storia dell’arte. Significa rimanere estasiati di fronte a
capolavori come la deposizione del fiammingo Van der Weyden,
l’Adamo ed Eva di Tiziano, le pitture nere dell’ultimo
Goya, Les Meninas di Vélasquez (“L’aria contenuta
ne Las Meninas è l’aria di migliore qualità che
esista”, sentenziò Dalì), le figure ritorte, allungate, fuori
dagli schemi di El Greco, Il giardino delle delizie di
Bosch, che risveglia nei visitatori di qualsiasi nazionalità e di
qualsiasi cultura, curiosità, aspettativa, attenzione, o l’opera
della fiamminga Clara Peters, che ha il coraggio di dipingere dei
micro-autoritratti all’interno delle sue tele e rivendicare il
ruolo femminile dell’arte o ancora la Donna barbuta di
Ribera, dove una donna con il volto coperto da una folta barba
allatta al seno il neonato che porta in braccio.
Lo sviluppo del docu-film intreccerà
quindi alla narrazione d’arte anche lo studio dell’architettura e
l’analisi di preziosi materiali d’archivio e verrà
scandita dalle testimonianze dei vari esperti del
Museo intervistati: Miguel Falomir, Direttore del Prado, e i
Conservatori Andrés Úbeda de los Cobos, Vicedirettore Conservazione
Museo del Prado; Javier Portús, Curatore Capo Pittura Spagnola fino
al 1800 Museo del Prado, Manuela Mena, Conservatore Capo
Pittura 1800 e Goya Museo del Prado; Enrique Quintana,
Coordinatore Capo Conservazione Museo del Prado; Alejandro Vergara,
Conservatore Capo Pittura Fiamminga fino al 1700 e Scuole Nord
Europa Museo del Prado; Almudena Sánchez, Restauratrice pittura
Museo del Prado; Leticia Ruiz, Capo Dipartimento Pittura Spagnola
fino al 1700 Museo del Prado; José Manuel Matilla,
Conservatore Capo Stampe e Disegni Museo del Prado; José de
la Fuente, Restauratore Tavole Pittura Lignea Museo del
Prado. Inoltre, interverranno Lord Norman Foster, architetto del
progetto del Salón de Reinos (premio Priztker), Helena Pimenta,
Direttrice della Compañía Nacional de Teatro Clásico di Madrid;
Laura Garcia Lorca, Presidente della Fondazione intitolata allo
zio, il poeta Federico Garcia Lorca; Marina Saura, attrice e figlia
del Pittore Antonio Saura; Olga Pericet, ballerina; Pilar Pequeno,
fotografa.
IL MUSEO DEL PRADO. LA CORTE
DELLE MERAVIGLIE è prodotto da 3D Produzioni e da Nexo
Digital in collaborazione con il Museo del Prado con il sostegno di
Intesa Sanpaolo e in collaborazione con SKY Arte. Sarà nelle sale
solo il 15, 16, 17 aprile. Si ringraziano per la generosa
partecipazione Patrimonio Nacional e Madrid Destino per le riprese
realizzate in Spagna. La Grande Arte al Cinema è un progetto
originale ed esclusivo di Nexo Digital. Nel 2019 la Grande Arte al
Cinema è distribuita in esclusiva per l’Italia da Nexo Digital con
i media partner Radio Capital, Sky Arte e MYmovies.it.
Torino è per il terzo anno la casa
di Cartoons on the Bay, il festival internazionale
della televisione per ragazzi e dell’animazione cross-mediale,
promosso da Rai e organizzato da Rai Com, in collaborazione con la
Film Commission Torino Piemonte, la FIP e la Regione Piemonte. Un
connubio che ha portato splendidi frutti, viste le due
fortunatissime edizioni che hanno preceduto questa numero ventitre.
Ancora sotto la Mole, dove si appoggia la donna del futuro
disegnata da Maurizio Manzieri, uno dei più importanti illustratori
di fantascienza e fantastico del panorama internazionale.
E il fantastico nell’animazione è
proprio il tema dell’anno, edizione che celebra quei mondi, futuri,
alternativi, distopici, multidimensionali, fiabeschi, che hanno
fatto sognare generazioni di lettori, giocatori, spettatori. Tutti
quanti si troveranno a Torino, ancora una volta nella cornice
davvero unica di Palazzo Carignano, Museo Nazionale del
Risorgimento Italiano, dall’11 al 13 aprile 2019, per vivere nuove
avventure in mondi fantastici e incontrare molti artisti che questi
mondi li hanno creati.
A partire da Bill Plympton,
uno dei maestri dell’animazione indipendente, che con i suoi lavori
ha influenzato almeno un paio di generazioni di giovani animatori.
Ritirerà il Pulcinella Career Award dalle mani del direttore
artistico Roberto Genovesi, che spegne quest’anno dieci candeline
alla guida di Cartoons on the Bay. Era il 2009 quando a Rapallo
dichiarò aperta la sua prima edizione. Dieci anni che hanno visto
passare, tra la Liguria, Venezia e Torino, tanti grandi nomi
dell’animazione, dei videogiochi e del crossmediale, da Don Bluth a
Sylvia Anderson, da Yoshiyuki Tomino a Carlos Saldanha, passando
per Annette Tison e Talus Taylor, Mordillo e Bruno Bozzetto.
Una tradizione che si rinnova
quest’anno, con Plympton e con Michel Ocelot, che riceverà il
Pulcinella alla Carriera, con dicitura rigorosamente italiana per
l’animatore, regista, illustratore, artista francese, che incantò
il mondo nel 1998 con il suo primo lungometraggio, Kiriku e la
strega Karaba. E da allora non ha più smesso. Ripercorreremo
durante il festival parte della sua carriera con alcuni dei suoi
lungometraggi. Più uno. Nuovissimo e bellissimo.
Tutto questo mentre come sempre le
giurie ufficiali dei concorsi di Cartoons on the Bay decreteranno i
vincitori dei Pulcinella Award 2019, scelti tra le opere
selezionate tra oltre cinquecento produzioni internazionali,
provenienti da ogni parte del mondo.
Competizione, ma anche anteprime.
Una è proprio il nuovo film di Michel Ocelot, il bellissimo Dilili
a Parigi, in collaborazione con Movies Inspired e BIM. E ancora
dalla Francia, facciamo un salto nel futuro con A Spasso con Willy,
in collaborazione con Notorious Pictures.
Cartoons on the Bay è anche
videogiochi, e a proposito di fantasia, ce ne voleva davvero tanta
per riuscire a risolvere gli enigmi di Syberia, la trilogia
videoludica partorita dall’eclettico artista belga Benoît Sokal,
che riceverà il Pulcinella Career Award per i videogiochi.
THE KID WHO WOULD BE KING
Va invece alla Marvel Animation il premio di
studio dell’anno. La divisione televisiva della factory del
compianto Stan Lee presenterà una selezione delle sue serie animate
per il piccolo schermo, con protagonisti i supereroi che da oramai
un decennio dominano il box office cinematografico mondiale.
Appuntamento fisso quello con il
Pitch Me!, il concorso dedicato ai giovani che hanno un’idea nel
cassetto con il sogno di farla diventare realtà. Anche quest’anno
una giuria di esperti è chiamata a giudicare queste future opere
d’animazione e cross-mediali.
E come ogni anno Cartoons on the Bay
presenta un ricco programma anche per le scuole, con oltre 1300
studenti di Torino e provincia che verranno coinvolti nelle
mattinate del Cinema Ambrosio. Una tappa fissa e fondamentale nel
percorso del festival, come la collaborazione con Unicef e gli
incontri con gli artisti. Come Stefano Vietti e Luca Enoch, i
creatori di Dragonero, la serie a fumetti griffata Sergio Bonelli
Editore. Ian Aranill, il protagonista di Dragonero, compie
quest’anno dodici primavere, ed è a lui dedicata una mostra che
racconta il progetto crossmediale che lo coinvolge e che vede
collaborare Bonelli con Rai. Anche per i ragazzi sono previste
grandi anticipazioni, con le migliori serie in arrivo da Planeta
Junior, Nickelodeon e Rai Ragazzi.
Abbiamo parlato di primavere e ne
conta novanta il personaggio al centro dell’altra mostra di
quest’anno. “Omaggio a Topolino – La storia di una pop star”
sintetizza perfettamente il senso di questo storico compleanno, in
collaborazione con Walt Disney Italia.
Disney che presenterà anche tante
novità, tra cui l’attesa serie 101 Dalmatian Street, ispirata al
romanzo “I cento e uno dalmata” di Dodie Smith.
Anche quest’anno, infine, verranno
consegnati durante il festival due premi a cui Cartoons on the Bay
tiene particolarmente, Il Migrarti Cartoon Award e il premio alla
memoria di Giuseppe Laganà, arrivato quest’anno alla sua quarta
edizione.
Tutto questo e molto, molto di più,
a Cartoons on the Bay 2019.
Il concorso Pulcinella
Awards di Cartoons on the Bay 2019
Sono ben nove i titoli di Rai
Ragazzi che hanno ricevuto una nomination al Festival
Cartoons on the Bay 2019, che premia con il
Pulcinella Award le migliori serie di animazione e live-action
destinate a bambini e ragazzi.
Un record assoluto quest’anno
riguarda la cinquina della categoria live action, o fiction per
ragazzi, dove sono ben quattro i titoli Rai selezionati, tutti per
Rai Gulp: “Jams”, “Club 57”, “Find me in Paris” e “Penny on
M.A.R.S.”.
“Jams”, unico titolo già uscito su
Rai Gulp, è la prima serie per ragazzi che parla di molestie sui
minori. Una serie che coinvolge, informa, sensibilizza, con il
racconto di un gruppo di amici di prima media che scoprono che una
di loro è oggetto di molestie da parte di un vicino di casa. Dieci
episodi prodotti da Rai Ragazzi e da Stand By Me, con il supporto
di un team di specialisti.
“Club 57” è il nuovissimo titolo che
debutterà su Rai Gulp da metà aprile in prima serata e verrà poi
diffuso in tutto il mondo. Una coproduzione italo americana, tra
Nickelodeon e Rainbow, in collaborazione con Rai Ragazzi, con
riprese in Puglia e a Miami. Un viaggio anche nel tempo, ragazzi di
oggi che si trovano a vivere l’epoca dei loro nonni, tra i colori e
le musiche degli anni ’50.
M.A.R.S. (Musical Arts Reiner
School) invece, è un prestigioso liceo musicale dove sono state
ammesse la 14enne Penny e la sua amica del cuore Camilla. “Penny on
M.A.R.S.” è una serie italiana, girata in lingua inglese a Milano e
dintorni, prodotta da 3zero2 per Disney Channel e per Rai Gulp.
Dalla Pietroburgo del 1905 alla
Parigi di oggi: è “Cercami a Parigi” (“Find me in Paris”).
Protagonista una giovane ballerina russa che si ritrova catapultata
all’Opéra di Parigi, in una classe di danza, tra la vita dei
ragazzi di adesso. Una produzione Federation Entertainment per
Disney Channel, ZDF e per Rai Gulp, dove arriverà nel prossimo
autunno.
Nel campo delle serie a cartoni
animati per bambini, “44 gatti”, la serie prodotta dalla Rainbow in
collaborazione con l’Antoniano di Bologna e Rai Ragazzi, è
candidata come miglior serie tv prescolare. La serie, uno dei
grandi successi di Rai Yoyo, è distribuita in tutto il mondo.
Fra le serie prescolari, è candidata
anche “Gigantosaurus”. Sviluppata in CGI dallo studio francese
Cyber Group in collaborazione con Disney Channel e Rai Ragazzi,
vede le avventure di quattro giovani amici dinosauri che crescono
nel periodo Cretaceo fra nuovi vulcani che spuntano in
continuazione, brachiosauri e enormi triceratopi che vagano liberi,
piogge di meteoriti e un grande cattivo Gigantosauro che regna su
tutto.
Per i bambini più grandi,
“OPS-Orrendi per sempre”, la nuova serie dello Studio Campedelli
con Samka Productions, Movimenti Production e Cosmos Animation su
uno strampalato e grottesco gruppo di amici, concorrerà nella
categoria Kids. Ispirata ai libri per ragazzi “Orrendi per sempre”,
pubblicati da Giunti Editore, la serie da 52 episodi di 12 minuti è
diretta da Alessandro Belli.
Candidata fra i programmi kids anche
“Artù e i Bambini della Tavola Rotonda”, una commedia epica piena
d’azione e mistero con una banda di bambini impegnata a proteggere
la magica spada Excalibur, serie in CGI della francese Blue Spirit
Productions, prossimamente su Rai Gulp.
Infine, nella categoria piloti di
serie, “Food Wizards”, progetto della società di produzione
Zocotoco in collaborazione con la MAD di Napoli e Rai Ragazzi, ha
ottenuto la candidatura al Pulcinella Award. Una serie sulla sana
alimentazione piena di avventure fuori e dentro il corpo umano, con
i disegni del giovanissimo talento Francesco Filippini.
La
Disney ha ufficialmente “assorbito” la
21st Century Fox, e come conseguenza diretta
della fusione, avrà accesso a tutti i personaggi Marvel finora gestiti dallo studio
concorrente. Questo, per i fan, significa una cosa sola: il
“ritorno” a casa dei loro eroi che ora potranno inserirsi nel
MCU e mescolare le loro
avventure a quelle dei Vendicatori.
Ma quali sono i team che vorremmo
vedere presto nell’universo cinematografico Marvel? Ecco 7 proposte:
Fantastici 4
La prima famiglia di supereroi
Marvel è la cosa migliore che
potrebbe arrivare nel MCU, almeno in termini di trame dei
fumetti e opportunità di crossover (Secret
Invasion, Dark Reign, Secret
Wars etc) con i già presenti personaggi.
D’altronde Mr. Fantastic, La donna
invisibile, La torcia Umana e La cosa sono il cuore pulsante
dell’universo condiviso, e questo gruppo rappresenta davvero ciò
che di meglio hanno da offrire i fumetti.
Ci ricordano che possiamo essere
grandi con l’umiltà e la fiducia negli altri che il perdono è
un’arma potentissima di fronte al caos, che si può imparare
dall’amore o abbassare la guardia nei momenti più difficili.
Insomma, è giunto il momento di dare spazio ai Fantastici
4 nel MCU dopo i due film poco riusciti
di Tim Story e il disastro di Josh
Trank.
X-Men
Il franchise cinematografico sugli
X-Men è iniziato nel
2000 con il film di Bryan Singer, e si concluderà
(almeno per quanto riguarda la distribuzione e produzione Fox) con
Dark
Phoenix quest’anno. Ma dopo? Che ne sarà dei mutanti?
Sbarcheranno o no nel MCU?
Stiamo pur sempre parlando di una
componente essenziale dell’universo Marvel a fumetti, e questa fusione
potrebbe portarli finalmente a contatto con gli altri supereroi
affrontando temi complessi come l’isolamento sociale – spesso
estranei a quelli dei Marvel Studios…ma niente è deciso e la
speranza è più viva che mai.
“Potremmo iniziare i nostri
progetti già nei primi sei mesi del prossimo anno.” ha
dichiarato nei mesi scorsi Kevin Feige, “L’idea di questo
ritorno a casa dei personaggi è grandiosa, ed è bello quando
un’azienda che li ha creati può avere accesso a tutti quei
personaggi. Sarebbe insolito non farlo“.
Illuminati
Team si personaggi creati da Brian
Michael Bendis e Steve McNiven, gli Illuminati
esordiscono sui fumetti Marvel in New Avengers n.7 nel 2005
ma la loro origine viene spiegata soltanto più tardi nel numero
speciale New Avengers: Illuminati.
Questo gruppo si rivela essenziale
sia all’interno delle vicende narrate in Civil
War, sia nelle premesse dello stesso crossover,
proprio perché figure determinanti nel corso della storia Marvel (vedi gli eventi di
Planet Hulk, dove esiliano il gigante di giada
nello spazio).
Per quanto riguarda la formazione,
ne fanno parte Iron Man, Namor, Dottor
Strange, Freccia Nera, il Professor Xavier e Mister Fantastic. Un
grande ensemble perfetto per il MCU no?
A-Force
L’A-Force formata
nei fumetti da She-Hulk comprende le supereroine più forti della
Marvel, ovvero Captain
Marvel, Jessica Jones, Phoenix e Spider-Woman (tanto
per citarne alcune). E a rendere unico questo team è l’intervento
in Secret Wars, dove Dr. Doom decide di
conquistare il mondo intero creando fazioni diverse.
Sappiamo quanto il futuro del
MCU e la pianificazione dei
Marvel Studios per i prossimi anni siano
ancora variabili misteriose, e se la decisione finale spetta –
ovviamente – a produttori e creativi, qualcun’ altro del team
potrebbe avere già in mente delle idee per lo sviluppo di qualche
progetto. A partire da Tessa Thompson, interprete
di Valchiria in Thor:
Ragnarok, che come la collega Brie
Larsonsogna di recitare in un
cinecomic tutto al femminile.
Queste poi sono state le parole di
Kevin Feige sul possibile arrivo di un film sulla
A-Force nel MCU:“Più della meta dei
personaggi che troveremo nelle prossime fasi del MCU saranno donne. E di certo
sarebbe fantastico vederle riunite nello stesso film un giorno, e
non soltanto uomini come è stato per la maggior parte dei film
finora prodotti. Ci stiamo lavorando...”
New Avengers
I Nuovi
Vendicatori, gruppo di supereroi creato ancora da Brian
Michael Bendis evolvendo il precedente team di Avengers, esordisce
sui fumetti Marvel nel settembre 2005
nell’omonima serie New Avengers.
Qual è la loro
caratteristica? Riunire alcuni dei più celebri eroi della Marvel come Captain America e Iron
Man insieme a personaggi estranei alla squadra come Wolverine e
Spider-Man.
Ecco perché i New
Avengers possono inserirsi perfettamente nel MCU: molti eroi sono già
nell’universo condiviso, altri arriveranno grazie alla fusione con
la Fox, e combinati darebbero vita ad un evento epico tanto quanto
Endgame.
Young Avengers
Lo scorso gennaio un rumor aveva reso
noto che i Marvel Studios avrebbero iniziato a progettare
un film interamente dedicato agli Young
Avengerscon personaggi mai visti prima nel
MCU. E al contrario di quanto
si possa immaginare, non si tratta della stessa formazione che
conosciamo in versione “giovane” ma di una squadra completamente
diversa composta da giovani supereroi.
L’ultima notizia relativa ad un
possibile arrivo degli Young
Avengers risale allo scorso giugno, quando
le parole
di Kevin Feige lasciavano intendere
che un film sui giovani Vendicatori era nei progetti futuri
dell’universo condiviso: “Vedremo in che modo si evolveranno
queste idee…Stiamo preparando il terreno.”, aveva commentato
il presidente dei Marvel Studios in merito al personaggio di
Cassie Lang, apparso nel franchise
di Ant-Man e membro storico del
team.
C’è effettivamente un modo per far
entrare questi personaggi in scena, e Avengers:
Infinity War potrebbe aver già gettato le basi grazie
ad una morte importante avvenuta durante gli eventi del film:
saprete – se avete visto il cinecomic –
che Thanos ha
ucciso Loki nel prologo e che il Dio
dell’Inganno dovrebbe tornare al 99% in Avengers
4, ma come? Magari reincarnandosi nel corpo di un
ragazzo che lavora con gli Young Avengers? Infinity
War ha spianato la strada ad un nuovo Kid Loki? Uno
scenario alquanto intrigante no?
Dark Avengers
Sempre a proposito di importanti
crossover, la trama di Dark Reign potrebbe fornire
i presupposti per l’arrivo nel MCU degli Oscuri
Vendicatori, coloro che dopo gli eventi di Secret
Invasion si riuniscono nello stesso team formato da
Norman Osborn (che nel frattempo ha ottenuto
poteri speciali dal governo americano).
Si tratta principalmente di una
squadra di supercriminali, sulla falsariga di una Suicide Squad,
agli ordini di Osborn, con costumi e nome di celebri supereroi. Tra
questi ci sono Bullseye, Moonstone, Venom, Ares, Sentry, Noh-Varr e
Daken.
Un’ipotesi alquanto intrigante per
il MCU che non ha mai proposto un
cinecomic con villain assoluti protagonisti.
Arriva al cinema il 28 marzo
Bentornato Presidente, di Giancarlo
Fontana e Giuseppe G. Stasi, distribuito da Vision
Distribution in 500 copie.
Nel cast ritroviamo Claudio
Bisio insieme a Sarah Felberbaum,
Pietro Sermonti, Paolo Calabresi,
Guglielmo Poggi, Roberta Volponi, Antonio Milo, Antonio Petrocelli,
Marta Gastini, Franco Ravera, Marco Ripoldi, Iago Garcia, Maria
Chiara Giannetta, Liliana Fiorelli, Francesco Zenzola, Gigio
Morra e con Ivano Marescotti, con
Cesare Bocci e con Massimo
Popolizio.
Sono passati otto anni dalla sua
elezione al Quirinale e Peppino Garibaldi vive il suo idillio sui
monti con Janis e la piccola Guevara. Peppino non ha dubbi:
preferisce la montagna alla campagna… elettorale. Janis, invece, è
sempre più insofferente a questa vita troppo tranquilla e
soprattutto non riconosce più in lui l’uomo appassionato, di cui si
era innamorata, e che voleva cambiare l’Italia. Richiamata al
Quirinale, nel momento in cui il Paese è alle prese con la
formazione del nuovo governo e appare minacciato da oscuri
intrighi, Janis lascia Peppino e torna a Roma con Guevara.
Disperato, Peppino non ha scelta: tornare alla politica per
riconquistare la donna che ama.
Bentornato
Presidente é una coproduzione Indigo
Film e Vision Distribution. In
collaborazione con Sky Cinema ed in collaborazione
con TIMVISION.
Produzione esecutiva di HT
Film. Uscirà nelle sale italiane distribuito da
Vision Distribution.
Mentre si comincia a parlare di
quello che sarà il programma di Cannes 2019,
arrivano le prime notizie in merito alla 72° edizione del
Festival francese, dai presidenti di Giuria (Inarritu per la selezione
ufficiale e la Labaki per Un Certain
Regrad) alle certezze in merito al fatto che anche quest’anno i
film Netflix saranno lasciati fuori.
Sappiamo comunque che il festival
riuscirà a mettere insieme una selezione ufficiale di tutto
rispetto, soprattutto valutando quali sono i registi e i film che
potrebbero essere disponibili nella seconda metà di maggio, in
tempo per la kermesse.
Il 2019 è un anno ricco di proposte
e possibilità, a partire dal misterioso Ad
Astra di James Grey, che da parecchio
tempo giace in silenzio, pronto per essere presentato, e con lui
Against All Enemies, con Kristen
Stewart, attrice molto cara al Festival e al cinema
francese, nei panni di Jean Seberg.
Dopo la polemica del 2018 e gli
attriti con Venezia, Netflix rimane fuori da
Cannes 2019, e questo significa niente The
Irishman di Martin Scorsese e nemmeno
niente nuovo film di Noah Baumbach con
Adam Driver. Sembra invece plausibile che proprio
sulla croisette vedremo Midsommar, il nuovo film
di Ari Aster (Hereditary), mentre
dovremo ancora aspettare per Wendy, l’attesissimo
ritorno al cinema di Benh Zeitlin, a sei anni da
Re della Terra
Selvaggia.
Inoltre, nome a cinque stelle per il
Festival, potrebbe essere quello di Quentin
Tarantino, che potrebbe festeggiare i 25 anni della
presentazione di Pulp Fiction proprio a Cannes,
con il suo attesissimo C’era una volta
a… Hollywood.
I sogni più selvaggi degli
appassionati di cinema si concentrano però su altri titoli, a
partire da About Endlessness di Roy
Andersson. Il regista svedese non fa film dal 2014, da
quando il suo bellissimo Un piccione seduto su un ramo che riflette
sull’esistenza vinse il Leone d’Oro a Venezia, e potrebbe decidere
di portare il suo nuovo film sulla croisette. Ma anche i fratelli
Dardenne potrebbero pensarla allo stesso modo,
dando il cambio a Godard, che l’anno scorso era sempre in concorso,
e occupando il posto che sembra riservato a un grande Maestro del
cinema, in ogni selezione che si rispetti.
Un altro sogno da croisette potrebbe
essere The Dead Don’t Die di Jim
Jarmusch. Con Chloe Sevigny, Adam Driver, Tilda
Swinton e Bill Murray, il regista
potrebbe tornare a Cannes 2019, dopo esserci stato appena due anni
fa con il delicatissimo Paterson. Il film
potrebbe essere una sorta di approfondimenti di quanto già
realizzato con Solo gli amanti sopravvivono, e il film prevede la
presenza della stessa Swinton.
Ancora, un nuovo nome papabile per
Cannes 2019 sarebbe Pablo Larrain, che aveva
scelto invece Venezia 73 per Jackie. Il suo nuovo
film che parla di nuovo spagnolo, Ema, vede
protagonisti Mariana Di Girolamo, Gael García Bernal,
Paola Giannini, Santiago Cabrera. Il film potrebbe essere
plausibilmente pronto per Cannes 2019 e riunisce il regista con
Bernal, che aveva già recitato per lui in Neruda e No – I
giorni dell’Arcobaleno.
Solo solo alcuni dei nomi che
potrebbero sfilare sulla Monteé de Marches, il prossimo
maggio, ma lo sapremo a tempo debito, intorno alla metà di aprile,
quando sarà annunciato il programma della 72° edizione del
Festival di Cannes (14-25
maggio).
Potrà anche non figurare tra i
protagonisti dei nuovi poster
ufficiali del film diffusi ieri, ma Hulk
sembra essere il protagonista assoluto del merchandise di
Avengers:
Endgame, di cui abbiamo i primi dettagli grazie alla
collezione Funko trapelata online.
E a quanto pare il gigante di giada
avrà a disposizione un costume alternativo, oltre a quello bianco e
rosso chiamato “Advanced Tech” indossato da tutti i colleghi
Vendicatori nell’ultimo trailer, come potete vedere qui sotto.
Insieme a Hulk trovate Ronin, il supereroe in
cui si trasformerà Clint Barton dopo la scomparsa della sua
famiglia (questa è la teoria più gettonata). L’eroe, grande assente
di Infinity War, tornerà in azione nei panni
di un samurai spietato e verrà presumibilmente richiamato al
quartier generale dei Vendicatori da Natasha.
Qualcosa di molto simile era stato
avvistato durante le riprese sugli attori e soprattutto nel
terzo
trailer del film, legato alla caviglia di Clint
Barton nella sequenza ambientata in campagna con la sua
famiglia. E se le teorie dovessero avverarsi, potrebbe essere
grazie a questo oggetto che i Vendicatori viaggeranno nel tempo o
attraverso il Regno Quantico.
Dopo gli eventi devastanti di
Avengers: Infinity War (2018), l’universo è in rovina a causa degli
sforzi del Titano Pazzo, Thanos. Con l’aiuto degli alleati rimasti
in vita dopo lo schiocco, i Vendicatori dovranno riunirsi ancora
una volta per annullare le azioni del villain e ripristinare
l’ordine nell’universo una volta per tutte, indipendentemente dalle
conseguenze che potrebbero esserci.
Il Festival Internazionale
del DocumentarioVisioni dal Mondo, Immagini
dalla Realtà, organizzato dalla società di produzione
FRANKIESHOWBIZ, in calendario a Milano da
giovedì 12 a domenica 15 settembre, presenta
l’immagine ufficiale della quinta edizione.
Lo skyline dei grattacieli di Milano
è il protagonista del Festival 2019. Il gabbiano, che nelle
precedenti edizioni sorvolava il mondo per osservare
scrupolosamente il nostro pianeta, punta il suo sguardo sulla città
di Milano.
La nuova immagine, curata dal team
creativo interno, esprime il concept del Festival: una
vocazione internazionale, uno sguardo sulle storie contemporanee,
sulle trasformazioni e sulle evoluzioni della società moderna,
dalla città meneghina, una città cosmopolita, la città del Festival
Visioni dal Mondo, Immagini dalla Realtà.
Il Festival Internazionale del
Documentario promuove, infatti, il documentario come strumento
conoscitivo di cambiamento e innovazione, forma d’espressione per
la narrazione dell’oggi.
Scegliendo di rappresentare
l’edizione 2019 con l’immagine del gabbiano su Milano, il Festival
sottolinea il legame con la città e avvalora la sua view:
favorire la conoscenza, la cultura e la popolarità del genere
documentario che partendo da Milano, oltre a rappresentare un
modello di informazione, diviene uno sguardo sul mondo, il
cinema della
realtà.
Anche per le sedi della quinta
edizione, il Festival sceglie due luoghi simbolo della cultura del
capoluogo lombardo: il Teatro Litta, una delle più significative
opere dell’architettura lombarda, e il Museo Nazionale Scienza e
Tecnologia Leonardo da Vinci, il più importante museo della scienza
e della tecnologia in Italia e uno dei più importanti in Europa e
nel mondo, già sede di una delle sezioni della scorsa edizione del
Festival.
Il cinecomic sta definendo
un’epoca, la nostra, in cui questa tipologia di prodotto sembra
aver polarizzato l’attenzione del pubblico più di altri, e il ruolo
dei Marvel Studios e della DC Films è stato
fondamentale nel processo di cambiamento rispetto a dieci anni fa
(quando Hollywood aveva molto da offrire in termini di
blockbuster). Zack Snyder, in tal senso, è una
figura chiave, che da Watchmen a Justice
League ha dato la sua impronta personale al
genere sulla scia di cineasti come Christopher
Nolan e Tim Burton.
Eppure esiste un mondo al di là del
cinefumetto da scoprire, e l’incoraggiamento arriva direttamente da
Snyder, che durante un Q&A in occasione
dell’evento-maratona delle sue director’s cut a Pasadena ha
spiegato la sua opinione in merito (mettendo a tacere ogni presunta
“rivalità” tra DC e Marvel):
“Sapete, la cosa con i cinecomics è che…sono un fan. Vado a vederli e li
amo. Vado a vedere tutti i film degli Avengers, mi diverto, amo
quell’esperienza, ma deve esserci dell’altro. Come essere aperti ad
altre cose, oltre al divertimento“.
Un suggerimento che il pubblico
americano sembra aver preso alla lettera: al momento, la cima del
box office è contesa tra Captain
Marvel (vicino a quota 1 miliardo di incasso
globalmente) e Us di Jordan
Peele, un horror originale che prosegue con successo gli
ottimi risultati dello scorso anno di A Quiet
Place di John Krasinski.
Di certo i numeri saranno sempre
favorevoli ai titoli targati Marvel Studios (e aspettiamo di vedere quanto
riusciranno a incassare l’imminente Avengers:
Endgame, il vero evento cinematografico della stagione
2019) e Spider-Man: Far
From Home in estate…Avranno concorrenza oppure
voleranno in solitario verso le vette del botteghino?
Vi ricordiamo che il prossimo
progetto di Snyder sarà Army Of The
Dead, produzione originale Netflix che lo vede tornare
alla regia dopo il “travagliato” e deludente Justice
League. Il film sarà uno zombie-horror-thriller
prodotto insieme alla moglie, Deborah Snyder, e alla neonata
compagnia The Stone Quarry.
Di seguito la prima sinossi:
“L’avventura è ambientata
durante un’epidemia di morti viventi a Las Vegas, quando un uomo
decide di radunare un gruppo di mercenari per compiere un ultimo
grande colpo nella zona di quarantena e mettere a segno la più
grande rapina mai tentata.“
“Non avrò le mani legate in
questo progetto“, aveva dichiarato Snyder
all’Hollywood Reporter, probabilmente strizzando l’occhio al
trattamento subito dalla Warner Bros. nell’universo DC.
“Ho pensato che questo fosse un
buon modo per ricominciare e per realizzare qualcosa di divertente,
epico, folle e gratificante […] Vorrei onorare questo genere
di cinema e questa mi sembra l’occasione perfetta per raccontare
una storia puramente gioiosa ed esprimermi attraverso un genere. E
nessuno mi ha mai lasciato completamente libero come
stavolta“.
Due mesi fa, in concomitanza con la
stagione dei premi, Rami
Malek aveva finalmente rotto il silenzio circa la
vicenda Bryan Singer (licenziato dalla regia di
Bohemian
Rhapsody prima della fine delle riprese) definendo
l’esperienza sul set “per niente piacevole” e dicendo che
“Nessuno sapeva che sarebbe successo, ma credo che doveva
succedere e così è stato”. Ora, proprio come il collega, anche
Sophie
Turner si unisce al coro degli “scontenti” parlando
del regista a Rolling Stone.
Nell’intervista la star di
Game of Thrones, che ha esordito nel franchise
degli X-Men nel 2016 con Apocalisse, fa un breve
cenno alla sua collaborazione con Singer usando lo stesso termine
di Malek, “poco piacevole“, riferendosi al tempo trascorso
insieme durante la lavorazione del cinecomic.
Vi ricordiamo che nelle scorse
settimane erano emerse nuove e pesanti accuse di molestie sessuali
rivolte a Singer, dopo che ad Ottobre scorso
il regista era stato pubblicamente denunciato dalla
rivista Esquire. Questa volta
le vittime sono quattro attori, di cui uno soltanto ha rivelato la
sua identità (Victor Valdovinos), che nel report pubblicato da
Atlantis parlava di violenze e rapporti sessuali contro la volontà
dei ragazzi.
Come saprete, non è la prima volta
che il filmaker viene accusato di un tale crimine: nel 2014, da
Michael Egan e nel 2017, da Cesar
Sanchez-Guzman, che lo accusò di averlo costretto ad avere
un rapporto sessuale nel 2003. Sanchez-Guzman, all’epoca dei fatti
un attore, aveva riportato che Singer si era offerto di aiutarlo
con la sua carriera. Il regista ha tentato di far cadere le accuse
e indicando la bancarotta di Sanchez-Guzman nel 2014 come causa
principale dell’accusa.
Rivedremo la Turner sul grande
schermo in Dark Phoenix, debutto alla regia
di Simon Kinberg e nuovo capitolo della
serie cinematografica sui Mutanti che uscirà il 6 giugno 2019. Nel
cast anche
Jennifer Lawrence, James McAvoy, Michael
Fassbender, Evan
Peters, Nicholas Hoult.
In Dark Phoenix, gli
X-Men devono fronteggiare uno dei loro peggiori nemici: uno di
loro, Jean Grey. Durante una missione di soccorso nello spazio,
Jean resta quasi uccisa quando viene investita da una oscura forza
cosmica. Una volta tornata a casa, scopre che questa forza non solo
l’ha resa infinitamente più potente, ma anche molto più instabile.
Combattendo con queste entità dentro di lei, Jean libera i suoi
poteri in modi violentissimi, che nemmeno lei riesce capire o
contenere. Con Jean completamente fuori controllo, ferendo le
persone che più ama, si inizia a sfaldare il tessuto che tiene
insieme gli stessi X-Men. Ora, con la famiglia che cade a pezzi,
devono trovare un modo per rimanere uniti, non solo per salvare
l’anima di Jean, ma per salvare il pianeta da alieni che vorrebbero
utilizzare questa forza per governare sulla galassia.
Dopo gli intensi poster dedicati a tutti i
protagonisti del MCU, i Marvel Studios hanno diffuso una
featurette di Avengers: Endgame in cui gli attori
che interpretano alcuni dei personaggi sopravvissuti commentano ciò
che ha significato Infinity War e cosa sarà per i
Vendicatori Endgame.
Ad aprire le danze è ovviamente
Robert Downey Jr., ma è a Chris
Evans che è affidato il messaggio che sembra più
importante. Captain America dice: “Ci hanno davvero fatto
abbassare la testa, non solo letteralmente ma moralmente ed
emotivamente… la cosa buona è che è sempre più facile ricostruire
le persone dopo che sono state abbattute. Questo è ciò che la
Marvel è brava a fare. È quel
briciolo di speranza che tutti cercano.”
La featurette mostra alcune scene di
Avengers: Endgame (in sala dal 24 aprile) e scene
di Avengers: Infinity War, il capitolo più cupo
del MCU, da cui gli eroi sono usciti
per la prima volta sconfitti, ma anche il più remunerativo del
franchise ($ 2.05 miliardi in tutto il mondo).
Anche Feige è presente nel video, in
cui dichiara: “La reazione dei fan alla fine di Infinity War,
quando metà dei loro personaggi preferiti si è trasformata in
polvere, è stata indicativa di quanto il mondo sia emotivamente
connesso a questi personaggi”.
In realtà, sappiamo che il film
semplicemente segue la grande tradizione dell’industria dei fumetti
americana, che ha “ucciso” ciascuno dei suoi personaggi principali
almeno una volta e, in alcuni casi sfortunati, più volte. L’idea
che Spider-Man non possa tornare dalla morte non regge troppo bene
se si considera che è già stato rilasciato un trailer per il suo
prossimo film, Spider-Man: Far From Home, e il
filmato non contiene né zombi né angeli.
Proprio tenendo a mente questo,
sappiamo che qualche eroe tornerà in Endgame, e qualche altro dirà
addio per sempre al MCU, ma è solo questione di tempo.
Come nei fumetti, la morte di un personaggio può essere solo
provvisoria e sappiamo che a tempo debito un nuovo titolare di quel
personaggio arriverà a dare vita in sala la tantissime pagine di
fumetti che ancora ci sono da raccontare. Magari avrà un volto
diverso, ma parteciperà comunque all’universo condiviso immaginario
dei fan Marvel.
Dopo gli eventi devastanti di
Avengers: Infinity War (2018), l’universo è in rovina a causa degli
sforzi del Titano Pazzo, Thanos. Con l’aiuto degli alleati rimasti
in vita dopo lo schiocco, i Vendicatori dovranno riunirsi ancora
una volta per annullare le azioni del villain e ripristinare
l’ordine nell’universo una volta per tutte, indipendentemente dalle
conseguenze che potrebbero esserci.
Ad un mese esatto dall’uscita nelle
sale i Marvel Studios hanno rilasciato tutti i
nuovi character
poster di Avengers:
Endgame, e sappiamo quanto ogni dettaglio del
marketing sia studiato per suggerire ipotesi sul film e sui
personaggi. O quasi…
Ma cosa ci dicono queste locandine? Ecco qualche teoria:
Valchiria è viva (ma sarà nel film?)
Lo sospettavamo da tempo e questo
poster sembra avercelo confermato: Valchiria è viva, e
probabilmente avrà anche un ruolo nel corso di Avengers:
Endgame.
Il personaggio interpretato da
Tessa Thompson in Thor:
Ragnarok non era presente in Avengers:
Infinity War, e dopo la distruzione della nave degli
asgardiani dove si trovata insieme a Thor e Loki on abbiamo più
avuto sue notizie.
Resta da capire in che modo verrà
utilizzata, se in una semplice scena di flashback o nella battaglia
finale contro Thanos…
Shuri non è sopravvissuta alla Decimazione
L’ultima volta che abbiamo visto
Shuri, la principessa
del Wakanda era stata portata via da Corvus Glaive mentre cercava
invano di salvare la gemma della mente togliendola da Visione,
senza però capire se fosse sopravvissuta o meno allo schiocco. Ora
il character poster sembra suggerire che è stata polverizzata come
il fratello T’Challa.
Cosa significa? M’Baku prenderà le
redini del regno, visto che entrambi gli eredi sono morti?
Pepper Potts e Happy Hogan torneranno
È evidente che il ritorno sulla
Terra di Iron Man verrà accolto dai suoi due più fidati
collaboratori, ovvero Pepper
Potts e Happy Hogan, dal momento che
i poster sembrano confermare la loro presenza e il fatto che sono
vivi e vegeti.
Non esattamente una sorpresa, perché
sappiamo che Pepper indosserà l’armatura di Rescue
(come suggerito da un’immagine trapelata
online diversi mesi fa…), mentre su Hogan abbiamo qualche
dubbio.
Wong sarà il nuovo stregone supremo?
Una delle vittime dello schiocco
alla fine di Avengers:
Infinity War è Doctor Strange, e Thanos si è
impossessato della gemma del tempo custodita dallo stregone
supremo. Tuttavia rimane ancora il Sanctum Sanctorum da proteggere,
e chi meglio di Wong può portare a termine questo compito?
Alla fine del film, Wong non viene
mostrato, così come molti altri personaggi del MCU. Non sappiamo quindi se e come
sono sopravvissuti allo schiocco, né cosa hanno fatto fino a questo
momento, ma è stato Benedict
Wong a confermare che ha lavorato come guardia
ufficiale del tempio.
Loki è definitivamente morto (?)
Che Loki
sia definitivamente morto dopo Infinity
War sembra confermarlo il suo character poster in
bianco e nero come le altre vittime (e Thanos aveva detto “niente
più resurrezioni stavolta” dopo averlo strangolato), ma niente è
mai sicuro quando si tratta del Dio dell’Inganno.
Inoltre le foto scattate sul set di
Endgame hanno mostrato dil ritorno agli eventi di
The Avengers con Loki arrestato dallo S.H.I.E.L.D., cosa che ha
fatto subito pensare alla possibilità dei viaggi nel tempo…questo
significa che rivedremo Tom
Hiddleston?
Tutti i caduti torneranno?
I Marvel Studios hanno pubblicato sedici poster
a colori e sedici in bianco e nero, e la differenza principale è
che il primo gruppo riunisce i vivi, l’altro i caduti della
Decimazione.
Certo ci sono alcune mancanze degne
di nota (come Hank Pym, Maria Hill, Hope Van Dyne etc), ma vogliamo
prendere gli esempi di Gamora o
Loki come un’indicazione sul film e sul loro
ritorno in azione.
D’altronde l’eroina e il Dio
dell’Inganno non sono morti per lo schiocco, ma uccisi da
Thanos…
Nessun segno di Thanos
Considerando che Avengers:
Infinity War si è concluso con l’immagine di Thanos che
guarda il sole sorgere su un universo “riconoscente”, ci sorprende
non vederlo tra i character poster di Avengers:
Endgame, né nei trailer.
Che la Marvel abbia deciso di mantenere i
riflettori accesi soltanto sugli eroi? Ad Empire lo sceneggiatore
McFeely aveva spiegato che se Infinity War era il racconto
degli eventi dal punto di vista di Thanos, il cambiamento più
grande di Endgame è la prospettiva concentrata sui Vendicatori e
non sul villain: “Il precedente film aveva 23 personaggi sul
poster, e questa abbondanza ha dettato un certo tipo di ritmo. Qui
ci sono solo nove eroi sul poster…forse dovremmo aspettarci un
diverso tipo di narrazione.“
Dov’è Hulk?
Abbiamo visto Hulk
in forma di action figure e sul
materiale promozionale, eppure non c’è traccia del gigante di giada
in questi nuovi poster, ma solo di Bruce Banner, la sua controparte
“umana”.
È probabile che i Marvel Studios si stiano riservando il meglio
per il film, con un effetto a sorpresa che annuncerà il ritorno di
Hulk come lo avevamo conosciuto in passato. Magari realizzando il
sogno di vedere nel MCUProfessor Hulk…
TimBurton, regista di film
come Edward mani di
forbice o Sweeney Todd, arriva
a Roma per presentare il suo nuovo film Dumbo,
versione live action di uno dei più celebri film d’animazione
Disney, con protagonisti
attori del calibro di Colin Farrell, Eva Green, Danny De Vito e Michael Keaton. Il film
sarà in sala dal 28 marzo, mentre il 27, in occasione dei premi
cinematografici David di Donatello,
il regista riceverà il premio alla carriera.
La conferenza stampa di
presentazione del film diventa ben presto l’occasione per
ripercorrere la carriera del celebre autore, trattando tutti quelli
che sono i temi chiave della sua poetica.
“Gli occhi sono fondamentali
per me.” – esordisce Burton – “Sono il primo mezzo
attraverso cui si recita. Poiché in questo film il protagonista è
un personaggio muto, abbiamo ricercato un modo puro e semplice per
permettergli di esprimere le sue emozioni, e gli occhi sono sempre
la soluzione migliore. Abbiamo lavorato molto sulla natura dei suoi
grandi occhi azzurri.”
“Dumbo è sempre stato il film
animato Disney che maggiormente mi colpisce.” – continua il
regista – “Lavorarci su mi ha permesso di rimettere mano a
tutti i temi a me più cari. Non era possibile per me fare solo un
remake, l’impegno era quello di trasformarlo per farne qualcosa di
nuovo e allo stesso tempo fedele.”
Nel film ritornano infatti tutti i
temi cari al regista, dal protagonista emarginato e diverso, al
fare proprio di quella diversità qualcosa di prezioso. A questi si
aggiunge inoltre una riflessione molto attuale sul mondo dello
spettacolo, tra artisti indipendenti e grandi produttori, e un
appello ad un circo senza animali. “Pur avendo fatto un film
sul circo, non ne sono mai stato un grande appassionato.” –
esclama Burton – “In particolare non amo i circhi che
utilizzano animali. Gli animali non dovrebbero mai fare cose
strane che vanno al di là della loro natura.”
Molto forte in Dumbo è
anche la componente umana. “Nella sceneggiatura, e nel film,
troviamo parallelismi tra personaggi umani e animali.” –
dichiara il regista – “Volevo che ci fosse un equilibrio tra le
due parti. Per tutti c’è un senso di perdita generale. Ognuno dei
protagonisti ha perso qualcosa, e questo lo definisce.”
“Per un film sulla famiglia
avevo bisogno di attori che fossero come una famiglia per me.”
– continua Burton – “Se ci pensiamo bene, il circo è come un
film: un gruppo di persone che si uniscono per cercare di
realizzare un grande spettacolo. Tornare a lavorare con Danny De
Vito, Eva Green e Michael Keaton è stata un’esperienza
bellissima.”
Nel corso degli anni il cinema di
Burton è diventato sempre più digitale, sia da un punto di vista di
supporti che di elementi scenografici. “Certo che mi manca il
modo tradizionale di fare cinema, – dichiara a riguardo il
regista – ma allo stesso tempo oggi abbiamo a disposizione
nuovi strumenti e nuove tecnologie che penso sia bellissimo poter
esplorare. Ma nonostante ciò sono e sempre sarò un amante
della natura tattile del cinema, e quella è una cosa che non verrà
mai a mancare nei miei film. In Dumbo, ad esempio, è quasi tutto
ricostruito. Penso che gli attori abbiamo bisogno di vivere
all’interno di un set reale. La CGI si limita ad alcuni green
screen o alla realizzazione del piccolo elefantino. Ma in realtà
anche lui era presente concretamente sul set. Abbiamo ricostruito
un fantoccio con cui gli attori potessero relazionarsi, e che poi è
stato animato in post-produzione.”
Per chiudere la conferenza stampa,
viene chiesto a Burton come si sente all’idea di ricevere il premio
alla carriera ai David di Donatello. “Dal momento che non
ricevo molti premi, è bello riceverne uno alla carriera. È un
riconoscimento a cui tengo particolarmente, perché avverto un
profondo debito nei confronti della cinematografia italiana. Tra i
miei maestri ci sono Fellini, Bava, Argento. È un onore ricevere
questo premio proprio qui.”
A quasi dieci anni da
Alice in Wonderland, Tim
Burton torna a collaborare con la Disney, per la quale
dirige un nuovo adattamento in live action. Il regista di
Edward Mani di Forbice si dedica stavolta alla
favola di Dumbo,
quarto classico d’animazione Disney, avvalendosi di attori quali
Danny De Vito, Michael Keaton, Eva Green e Colin Farrell. Per la realizzazione del film
Burton sposa perfettamente la natura dell’originale, riadattandone
le tematiche al proprio, celebre, stile, e realizzando così uno dei
suoi migliori film degli ultimi anni.
La storia ha inizio nel 1919,
quando Holt Farrier (Colin Farrell), ex star
del circo, ritrova la sua vita messa a soqquadro quando torna dalla
guerra, privo di un arto. Non potendo più eseguire i suoi numeri a
cavallo, il proprietario del circo, Max Medici (Danny De Vito), lo
ingaggia per prendersi cura di un elefante appena nato, le cui
orecchie giganti lo rendono oggetto di scherno di un circo in
difficoltà economiche. Tutto cambia quando i due figli di Holt,
Milly e Joe, scoprono che il piccolo elefante, chiamato Dumbo, è in
grado di volare.
Dumbo, il film
Quando Tim
Burton fu nominato regista dell’adattamento del
film Disney, si temeva che lo stile e la poetica dell’autore
sarebbero nuovamente state sacrificate in nome di un prodotto più
affine alla grande major. Ciò che avviene invece in
Dumbo è un ottimo compromesso tra il
canone Disney e quello dell’autore di film come Beetlejuice. La
mano di Burton c’è, si avverte e si vede per l’intero film,
manifestandosi poi ancor più apertamente in quelle che sono, non a
caso, le sequenze più belle del film.
Burton prende la materia del film e
ne riadatta alla sua esperienza le tematiche già di loro a lui così
confacenti. Il diverso torna ad essere protagonista di un suo film.
Quel diverso che nonostante gli scherni altrui arriverà a fare dei
propri difetti qualcosa di prezioso. Il piccolo Dumbo diventa così
l’ennesima rappresentazione che l’autore fa di sé, e all’interno
del quale infonde tutta la bontà di cui i suoi reietti sono ricchi.
A colpire sono proprio gli occhi di Dumbo, quegli occhi attraverso
cui Burton ha sempre saputo far esprimere i suoi personaggi. I
grandi occhi azzurri, così come l’intero elefantino in sé,
raggiungono un realismo nuovamente sbalorditivo, capace non solo di
comunicare ma di emozionare.
Ed è proprio sotto questo punto di
vista che Burton vince un’altra sfida. L’autore riesce a
coinvolgere ed emozionare lo spettatore, senza il bisogno per far
ciò di ricorrere a mezzi facili. La drammaticità degli eventi non
viene mai calcata, ma mostrata quel tanto che basta per generare un
emozione, e il film in sé ne regala di molteplici. Merito anche
della struggente e vivace colonna sonora realizzata da Danny Elfman, da sempre
alter ego musicale del regista, che conferma ancora una volta di
saper sempre dotare le immagini di Burton dell’accompagnamento più
adatto.
Dumbo non è, e
probabilmente non voleva essere, il ritorno del Tim
Burton di un paio di decenni fa. Ma è la prova di
un autore capace ancora, con il giusto materiale tra le mani, di
regalare grande intrattenimento e grandi emozioni. È un Burton che
cura nel dettaglio tutto ciò che c’è sul set, per restituire quella
sensazione di materialità che lo ha sempre contraddistinto. Un
Burton che, tornando a parlarci di diversità, si dimostra
particolarmente attuale, e che come sempre riesce a rendere i suoi
film delle favole in grado di raccontare molto più di quel che
sembra.
È stata diffusa una prima clip in
italiano per il nuovo horror Noi(US), scritto
e diretto da Jordan Peele, premio Oscar per la
migliore sceneggiatura di Scappa – Get Out, e con
protagonista il premio Oscar Lupita Nyong’O.
Dopo aver scosso la cultura
contemporanea definendo un nuovo standard di film horror
provocatorio e socialmente consapevole, con il suo debutto alla
regia “Scappa – Get Out”, il visionario regista premio Oscar®
Jordan Peele torna con un altro incubo originale che ha scritto,
diretto e prodotto.
Ambientato ai giorni nostri lungo
l’iconica costa della California del Nord, Noi, di Monkeypaw
Productions, ha come protagonista l’attrice premio Oscar® Lupita
Nyong’o nel ruolo di Adelaide Wilson, una donna che torna alla sua
casa d’infanzia sul mare con il marito Gabe (il Winston Duke di
Black Panther) e i due figli (Shahadi Wright Joseph e Evan Alex)
per un’idilliaca vacanza estiva.
In Noi
Tormentata da un trauma irrisolto del suo passato e sconvolta da
una serie di inquietanti coincidenze, Adelaide sente crescere e
materializzarsi la sua ossessione e capisce che qualcosa di brutto
sta per accadere alla sua famiglia.
Dopo un’intensa giornata trascorsa
in spiaggia con i loro amici, i Tyler (l’attrice vincitrice
dell’Emmy
Elisabeth Moss, Tim Heidecker, Cali Sheldon e Noelle
Sheldon), Adelaide e la sua famiglia tornano a casa. Quando cala
l’oscurità, i Wilson vedono sul vialetto di casa la sagoma di
quattro figure che si tengono per mano.
Noi traccia la contrapposizione fra un’affettuosa famiglia
americana e un terrificante e misterioso avversario: i sosia di
ciascuno di loro.
Lo sceneggiatore e regista Jordan
Peele produce il film per Monkeypaw Productions al fianco di Sean
McKittrick, Jason Blum e Ian Cooper di Monkeypaw. Noi sarà
distribuito a marzo 2019 da Universal Pictures.
Candidato all’Oscar
per il Miglior Trucco, vincitore agli EFA per i Migliori effetti
visivi, Miglior Film al Festival di Cannes,
sezione Un Certain Regard, e
in Italia Miglior Film all’ultimo Noir in Festival,
BORDER– CREATURE DI CONFINE
(guarda il trailer)
sarà in sala dal 28 marzo, distribuito
da Wanted, PFA e Valmyn.
Secondo
lungometraggio del regista svedese di origini iraniane Ali Abbasi
BORDER, è tratto
dal racconto Gräns dello
scrittore John Ajvide Lindqvist, definito lo
“Stephen King scandinavo”, già autore del fortunato best
seller horror vampiresco tradotto in 12
lingue Lasciami entrare (Marsilio).
Tina (Eva
Melander), impiegata alla dogana, è nota per il suo
olfatto eccezionale. È come se riuscisse a fiutare il senso di
colpa, la paura, la vergogna. Tina si dimostra infallibile fino al
giorno in cui Vore (Eero Milonoff), un uomo
all’apparenza sospetto, le passa davanti e le sue abilità per la
prima volta sono messe alla prova. Tina sente che Vore nasconde
qualcosa che, però, non riesce a decifrare. Peggio ancora, ne è
irresistibilmente attratta e la storia d’amore con lui le
farà scoprire la sua vera identità. Con Vore, infatti, Tina
condivide una natura segreta. Tutta la sua esistenza non è stata
che una menzogna e ora dovrà scegliere se continuare a vivere una
bugia o accettare la sconvolgente verità che le ha offerto
Vore.
«Per me il film
non parla della contrapposizione “Noi / Loro” ma di una persona che
può ed è in grado di scegliere la propria identità. Voglio credere
che tutti siamo in grado di scegliere chi essere. […] Vedo gli
esseri umani come degli animali particolarmente evoluti e mi
interessano tutte quelle situazioni in cui i nostri istinti
bestiali cozzano contro la struttura della società».
Sono stati diffusi i nuovi character
poster di Avengers: Endgame, in cui possiamo
vedere non solo gli eroi destinati a Vendicare i compagni morti in
Infinity War, ma anche i caduti a seguito dello
schiocco di Thanos.
Tra i protagonisti confermati,
possiamo vedere anche Tessa Thompson/Valchiria e
Jon Favreau/Happy Hogan, abbiamo quindi la
conferma che i due personaggi sono sopravvissuti, visto che i loro
ritratti sono a colori, a differenza di quelli dedicati agli eroi
caduti, che invece sono in bianco e nero.
Ecco di seguito gli intensi
character poster di Avengers: Endgame. Scritto in
evidenza sui volti di ogni eroe, potete leggere la scritta:
Avenger the fallen, ovvero: Vendica i caduti!
Dopo gli eventi devastanti di
Avengers: Infinity War (2018), l’universo è in rovina a causa degli
sforzi del Titano Pazzo, Thanos. Con l’aiuto degli alleati rimasti
in vita dopo lo schiocco, i Vendicatori dovranno riunirsi ancora
una volta per annullare le azioni del villain e ripristinare
l’ordine nell’universo una volta per tutte, indipendentemente dalle
conseguenze che potrebbero esserci.
Da giovedì 28 marzo
sarà in sala Una giusta
causa di Mimi
Leder con Felicity
Jones e Armie Hammer. Un
tributo a una delle figure più influenti del nostro tempo, Ruth
Bader Ginsburg, seconda donna a essere nominata Giudice alla
Corte Suprema; un omaggio a tutte le donne, un invito a non farsi
sopraffare.
La candidata
all’Oscar Felicity
Jones è Ruth Bader Ginsburg,
una delle nove donne a entrare, nel 1956, al corso di Legge
dell’Università di Harvard e che, nonostante il suo talento, fu
rifiutata da tutti gli studi legali in quanto donna. Sostenuta
dall’amore del marito Martin Ginsburg (Armie
Hammer) e dall’avvocato progressista Dorothy Kenyon (il
premio Oscar Kathy
Bates), Ruth accettò un controverso caso di
discriminazione di genere. Contro il parere di tutti, vinse il
processo, determinando un epocale precedente nella storia degli
Stati Uniti sul fronte della parità dei diritti.
Diretto da Mimi
Leder, sceneggiato da Daniel Stiepleman e interpretato anche da
Justin Theroux, Jack Reynor, Cailee Spaeny, Stephen Root, Sam
Waterston, UNA GIUSTA CAUSA sarà al cinema da giovedì
28 marzo distribuito
da Videa.
Idris Elba sarà
trai protagonisti di
Fast & Furious – Hobbs & Shaw, il primo spin off del
franchise su quattro ruote, film che si preannuncia decisamente
adrenalinico. L’attore inglese di Luther sarà il
villain contro cui dovranno scontrarsi Hobbs e Shaw, appunto,
ovvero Dwayne Johnson e Jason
Statham, che uniranno le forze per far fronte comune a
questa nuova minaccia. Al loro fianco, l’affascinante
Vanessa Kirby.
Ecco l’immagine di Elba condivisa
su Twitter da Hiram Garcia, produttore del film:
A dirigere lo spin
off Fast &
Furious – Hobbs & Shawè stato
chiamato David Leitch, che gira il film
basandosi sulla sceneggiatura di Chris
Morgan. Nel cast del film ci sono Dwayne Johnson,
Jason Statham, Vanessa Kirby, Idris Elba, Eiza González e
Eddie Marsan.
In una recente
intervista, Dwayne Johnson aveva
consolidato il suo affetto per la saga, mostrandosi però piuttosto
incerto su un suo eventuale ritorno in Fast & Furious
9: “Non c’è altro franchise che mi
stia più a cuore di questo. Per l’incredibile team ci lavora, per
la Universal che è stata un ottimo partner, e per le mie
fantastiche colleghe che amo alla follia. Il discorso cambia per i
miei colleghi uomini […] Alcuni si comportano da uomini e da veri
professionisti, mentre altri no.“
Ecco il trailer italiano di
Attenti a quelle due, la nuova commedia al femminile
con Anne Hathaway e
Rebel Wilson diretta da Chris Addison
e distribuita in Italia, dal 16 maggio, da Eagle Pictures. Si tratta
del remake al femminile di Dirty Rotten Scoundrels
(la pellicola uscita nel 1988 con Steve Martin e
Michael Caine era a sua volta il rifacimento di
I due seduttori del 1964).
Una è affascinante e sofisticata,
l’altra imbranata e pasticciona. Un’abilità in comune: ingannare
gli uomini raggirandoli con una scaltrezza tutta al femminile.
L’attrice premio Oscar® Anne Hathaway e la “strabordante” Rebel
Wilson (Pitch Perfect, Le amiche della sposa, Single ma non troppo)
sono l’inedita ed esplosiva coppia di truffatrici nella commedia
più divertente dell’anno, Attenti a quelle due. Remake al femminile
di Due figli di… con Michael Caine e Steve Martin, il film è
diretto da Chris Addison, sulla sceneggiatura di Jac Schaeffer
(Captain Marvel), e sarà distribuito in
Italia dal 16 maggio da Eagle Pictures.
Ha “esordito” nell’universo
cinematografico Marvel con il volto di
Edward Norton, ma è grazie a Mark
Ruffalo che Bruce Banner, aka Hulk,
ha finalmente trovato la sua ragion d’essere nel racconto
contemporaneo del personaggio. Fragile, tormentato, ironico, questo
eroe potrebbe trovare la conclusione del suo arco narrativo in
Avengers:
Endgame o continuare il suo viaggio verso luoghi
inesplorati.
Ecco di seguito tutto quello che non
sapevate sull’Hulk interpretato da Ruffalo nel MCU:
Ruffalo vede Bruce come il perfetto opposto di Tony Stark
Per come lo vede Mark Ruffalo, Bruce
Banner è l’esatto opposto e l’alternativa a Tony
Stark dell’universo Marvel:
“Credo sia la versione di un
angelo caduto di Tony. Professore rinnegato, ribelle, arrogante,
che faceva cose che non erano proprio ortodosse. Tra di loro c’è
vera ammirazione, und dinamica interessante che spinge Stark a
godere davvero quando vede questo ragazzo trasformarsi in
Hulk.”
Thor: Ragnarok è stato importante per il suo arco
narrativo
Archiviata la parentesi di Avengers: Age of
Ultron, Hulk lascia temporaneamente i Vendicatori e
ritorna protagonista in Thor:
Ragnarok e di Bruce Banner non c’è quasi traccia.
Svolta narrativa che ha permesso all’attore di lavorare in modo
differente con il personaggio.
Per Ruffalo il film ha rappresentato
un passo importante per lo sviluppo di Hulk, perché l’ha reso
“molto più di un individuo rabbioso e macchina da guerra, e mi
ha dato l’opportunità di scavare nella sua emotività“.
Probabilmente non avrà mai il suo standalone
I diritti del personaggio sono
ancora nelle mani della Universal, cosa che rende alquanto
improbabile – al momento – la realizzazione di uno standalone su
Hulk nel MCU.
Ma sappiamo quanto i Marvel Studios siano capaci di scendere a
compromessi, come accaduto con la Sony e la condivisione
di Spider-Man, quindi la stessa situazione potrebbe verificarsi
con il gigante di giada…mai dire mai.
Ruffalo era già in lizza per L’Incredibile Hulk
Non tutti sanno che insieme a
Edward Norton, scelto per interpretare Bruce
Banner nel film del 2008, anche Mark Ruffalo era in lizza per il
ruolo, arrivato fino alla shortlist finale. Questo sostanzialmente
è il motivo per cui l’attore è stato scelto subito dopo l’addio di
Norton al franchise e in previsione di The
Avengers.
Insomma, i Marvel Studios sapevano già chi volevano per
il nuovo volto di Hulk, e sembra che non abbiano faticato per
ottenerlo.
Il design di Hulk combina il volto di Ruffalo con il fisico di
uno spogliarellista
Nell’universo cinematografico
Marvel il corpo di Hulk viene
interamente animato al computer, ma gli artisti degli effetti
visivi hanno comunque bisogno di un punto di riferimento con cui
iniziare.
La parte inferiore si basa sulla
ricostruzione del fisico di un bodybuilder e spogliarellista di
Long Island di nome Steve Romm mentre il volto è
modellato su quello di Mark Ruffalo.
Piccola curiosità: Romm era così
felice di prestare il suo corpo a Hulk che ha chiamato il suo gatto
Lou Ferrigno, una delle sue più grandi ispirazioni
e interprete di Bruce Banner nella celebre serie tv.
La voce di Hulk è un misto di Ruffalo e Lou Ferrigno
A proposito di Lou
Ferrigno, sapevate che la voce di Hulk è il risultato
della combinazione della sua voce con quella di Mark Ruffalo? Un
ottimo modo per omaggiare l’attore e culturista americano e volto
originale dell’eroe in tv.
Prima della CGI, Ferrigno interpretò
Hulk dipingendosi di verde senza effetti speciali e con i vestiti
strappati.
Infinity War ha messo in scena il conflitto tra Hulk e
Bruce
Avengers:
Infinity War ha sicuramente rappresentato un
punto di “stallo” per Bruce Banner, dal
momento che nel film l’eroe non riesce mai a trasformarsi nel
Gigante di Giada (fatta eccezione del prologo, quando affronta
Thanos). Tuttavia dietro questo passo indietro del personaggio
esistono delle ragioni dipendenti dal percorso iniziato
in Thor:
Ragnarok che – con molte probabilità – si
concluderà in Avengers:
Endgame.
A spiegarlo sono stati i registi del film Anthony e Joe
Russo:
“Diverse persone hanno
interpretato questa incapacità di Bruce come la reazione alla
paura. Si, è vero, è spaventato e traumatizzato, eppure ha
già avuto momenti simili in passato, è già stato battuto da
qualcuno e preso a pugni. Questo però è il risultato del viaggio di
Ragnarok. Bruce e Hulk sono due personaggi costantemente in
conflitto fra loro, sempre in bilico sul filo del
controllo.“
L’arco narrativo di Thor: Ragnarok si basa su Planet Hulk
Come è noto, Thor:
Ragnarok ha incluso nella sua storyline anche alcuni
eventi che ripercorrono le avventure di Hulk nella celebre serie
Planet Hulk. E in mancanza della possibilità di
realizzare un film MCU tutto sul Gigante di
Giada, lo Studio ha pensato bene di accorpare le due linee
narrative.
“C’è anche Hela e Balder e Beta
Ray Bill – ha spiegato Kevin Feige – e ci sono
tante altre cose che non abbiamo ancora inserito. Ma in termini di
personaggi che conoscevamo già, abbiamo pensato che sarebbe stato
divertente inserire un personaggio avrebbe aumentato la portata
eroica del film, un duo che era stato già apprezzato tantissimo,
Hulk e Thor. La coppia ha dimostrato grande potenziale comico,
soprattutto negli scambi da pesci fuor d’acqua tra Banner e Thor. E
così abbiamo pensato che quell’aereo, alla fine di Age Of Ultron,
sarebbe potuto andare nello spazio e così avremmo avuto la
possibilità di vedere il Pianeta dei Gladiatori.”
L’autoironia di Bruce ha una ragione specifica
Mark Ruffalo interpreta Bruce Banner
con grande autoironia, e non si tratta di una coincidenza, ma della
naturale progressione del personaggio da dove l’aveva lasciato
Edward Norton alla fine de L’incredibile
Hulk.
“Stiamo solo riprendendo la
strada conclusa da Ed. Adesso c’è un vecchio Banner, in fuga da
lungo tempo, ed è arrivato al punto in cui è stanco di correre, e
ha un certo senso dell’umorismo nei confronti di se stesso che lo
aiuta ad affrontare il mostro dentro di lui“.
Joss Whedon ha scritto le battute di Hulk durante le riprese di
Age of Ultron
Mark Ruffalo ha dovuto aspettare più
dei suoi colleghi la sceneggiatura con le sue battute di Avengers: Age of
Ultron, e la colpa è da addossare nientemeno che a
Joss Whedon. A quanto pare infatti il regista ha
scritto le sue scene durante la lavorazione del film.
Whedon ha poi spiegato che “Ciò
che rende Hulk così difficile da portare sulla pagina è il fatto
che finga di essere una specie di lupo mannaro quando è un
supereroe. Quindi, la domanda è: come progredisce? Come possiamo
apportare cambiamenti a ciò che fa Hulk?“
Dopo aver emozionato i cuori dei
partecipanti all’ultimo Festival di Cannes con il
suo Cafarnao, candidato
all’Oscar e al Golden Globe, che ha vinto il Premio della giuria a
Cannes 2018, la regista libanese Nadine Labaki
subentrerà all’attore Benicio Del Toro come
presidente di Giuria di Un Certain Regard per la
72esima edizione del Festival.
I tre lungometraggi di
Nadine Labaki l’hanno consegnata alla fama
internazionale, dalla cerimonia del tappeto rosso del Festival di
Cannes alla cerimonia degli Oscar pochi mesi fa. La carriera di
regista, attrice e sceneggiatrice è stata lanciata per la prima
volta sulla Croisette, ed è qui che sono stati presentati tutti i
suoi film.
“Ricordo quando andavo a Cannes
come studente di cinema, ero così eccitata di partecipare al
festival più prestigioso del mondo – ha affermato –
Allora, mi sembrava così fuori dalla mia portata: mi ricordo che mi
alzavo presto, la mattina, e le code infinite per ottenere un
biglietto, sembra ieri, ma quindici anni fa ho riempito il Modulo
di registrazione per la cinéfondation del Festival, con il mio
cuore pieno di speranza e la mia mano tremante. Oggi sono il
presidente della giuria di Un Certain Regard, che dimostra che a
volte la vita può essere persino migliore dei tuoi sogni. Non vedo
l’ora di discutere, di essere scossa, di trovare ispirazione nel
lavoro di altri artisti”.
Dopo essersi diplomata in studi
audiovisivi presso l’Università di Beirut, ha diretto pubblicità e
video musicali, anche premiati. Nel 2004, ha ottenuto un
Festival de Cannes Cinéfondation Residency per
scrivere e sviluppare Caramel, il suo primo
lungometraggio, girato due anni dopo e presentato alla Quinzaine
des Réalisateurs del 2007. Questa gioiosa, ribelle ode al
cameratismo femminile è stata distribuita in tutto il mondo e
divenne l’esportazione cinematografica libanese di maggior successo
di tutti i tempi. Nadine Labaki ha continuato a
esplorare la condizione femminile e le tensioni religiose in
Where Do We Go Now ?, una favola universale e
audace sulla tolleranza, presentata per la prima volta a Un Certain
Regard nel 2011.
Nel 2018, Nadine
Labaki è stata selezionata per la competizione con il suo
potente Cafarnao, un commovente manifesto
sull’infanzia danneggiata, i rifugiati e le ferite in una società
che gira le spalle all’umanità, che ha catturato la Croisette,
vincendo il Premio della giuria, quell’anno presieduta da
Cate Blanchett, e ha tenuto un discorso
indimenticabile accompagnato dal giovane attore e rifugiato siriano
Zain Al Rafeea. Nominato per il Golden Globe e
l’Oscar come miglior film straniero, Cafarnao ha
fatto della sua regista libanese la prima donna del mondo di lingua
araba ad essere nominata in questa categoria.
Le proiezioni Un Certain Regard
prenderanno il via il 15 maggio con un’introduzione della giuria in
serata, un giorno dopo l’apertura della 72esima edizione del
Festival de Cannes, martedì 14 maggio. I vincitori di Un Certain
Regard saranno annunciati venerdì 24 maggio.
Uno degli ultimi cameo ufficiali
di Stan
Lee figura in Spider-Man: Un Nuovo Universo, inserito
proprio durante le battute iniziali del film quando Miles Morales
si reca in un negozio per acquistare la maschera di Spider-Man da
indossare al funerale di Peter Parker. È lì che incontra il celebre
fumettista Marvel, scomparso di recente, nelle
vesti del proprietario dello shop, che rassicura il ragazzo
dicendogli “Alla fine si adatta sempre”.
Ma come rivelato da uno dei
registi, Rodney Rothman, su Twitter, la battuta da
far pronunciare a The Man è stata scelta fra varie alternative,
tutte con il loro peso emotivo e un profondo significato nascosto
tra le pieghe che i veri fan avrebbero potuto cogliere senza
problemi.
Ecco allora le altre frasi doppiate da Stan Lee che non sono
state incluse nel film:
“Non riesco a crederci. Non pensavo che Spider-Man potesse
morire“
“Perché questa roba riesca a vendere, non lo saprò
mai“
“Ho sempre pensato che avrebbe vissuto oltre me
stesso“
La prima, quasi profetica, potrebbe
essere interpretata come un pensiero che ogni appassionato di
fumetti avrà avuto riguardo la morte di Lee; la seconda parla
indubbiamente del successo tra fumetti e pubblico che perdura nel
tempo anche grazie a lui; infine la terza, la più commovente, ci
riporta alla mente l’idea che Spider-Man è davvero sopravvissuto a
Stan Lee e che la sua eredità non morirà mai.
Other lines we recorded with Stan Lee: 1) I
can't believe it. I didn’t think Spider-Man could die. 2) Why this
stuff sells, I’ll never know. 3) Always thought he'd outlive me.
But he loved the line we used
#VuduViewingParty@VuduFans
Vi ricordiamo che in Spider-Man: Un
Nuovo Universo è presente un ulteriore cameo, come confermato
dall’animatore Nick Kondo, visibile solamente mandando al
rallentatore una scena in particolare (quella della corsa del treno
con Miles in volo).
Sul cameo della maschera, i
produttori avevano spiegato che “Il calore di quel momento è
impagabile e vedendo la reazione del pubblico sempre entusiasta ci
ha confermato che era la scelta giusta. C’è ancora la gioia di
vedere Stan sullo schermo, anche se ci manca tantissimo, e le
persone sono con noi. Perché vogliono rivedere ancora un vecchio
amico“.
Spider-Man: Un Nuovo
Universo racconta le vicende del teenager Miles
Morales e delle infinite possibilità dello Ragno-Verso, dove più di
una persona può indossare la maschera. Una visione fresca di un
nuovo Universo Spider-Man con uno stile visivo innovativo e unico
nel suo genere.
Il film è diretto da Bob
Persichetti, Peter Ramsey, Rodney Rothman, con Shameik Moore e Jake
Johnson. Uscita al cinema il 25 dicembre 2018. Durata 117 minuti.
Distribuito da Warner Bros. Italia.
Il cast di doppiatori americano
comprendere gli attori Shameik Moore, Jake Johnson,
Mahershala Ali, Brian Tyree Henry, Lily Tomlin, Liev Schreiber,
Luna Lauren Velez, Zoë Kravitz, Nicolas Cage.
Michael B. Jordan
ha firmato per interpretare un uomo senza età in
Methuselah, un nuovo film in produzione della
Warner Bros. Jordan è uscito da un anno
impegnativo in cui ha recitato in grandi successi commerciali come
Creed
II e Black Panther, film
vincitore di tre premi Oscar, e nel film della HBO Tv,
Fahrenheit 451.
Methuselah è in
sviluppo presso la WB da anni e all’inizio aveva come protagonista
Tom Cruise, mentre nel 2016 è stato assunto Joachim
Rønning (Pirati dei Caraibi: Dead Men Tell No
Tales) per la regia, da una sceneggiatura di Zach
Dean (Deadfall). Tuttavia, Rønning si è
allontanato dal progetto qualche tempo dopo e si è dedicato alla
regia del film Disney Maleficent:
Mistress of Evil. Anche Cruise ha abbandonato il film
a un certo punto, creando così uno spazio per un attore di serie A,
il posto perfetto per Jordan.
Deadline riporta
che Jordan ha ora firmato per partecipare e produrre
Methuselah per la WB. Il film di Methuselah
prende il nome dalla figura biblica, che si dice abbia vissuto fino
all’età di 969. Secondo Deadline, la sceneggiatura del film ruota
attorno a un uomo che è già vivo da oltre 400 anni, ma non mostra
segni dell’età. Non sembra nemmeno un semplice racconto biblico,
poiché lo studio paragona questa mitologia alla serie di
Highlander.
Jordan ha generalmente fatto buone
scelte ogni volta che ha lavorato con uno studio importante (con
l’ovvia eccezione dei Fantastici Quattro del
2015), per cui, il suo coinvolgimento nel progetto potrebbe
rappresentare un’attestazione di merito a un film che sulla carta
potrebbe invece avere più di un aspetto rischioso.
Si torna a parlare di Bohemian
Rhapsody, dopo la contraddittoria stagione
dei premi e le dichiarazioni di Brian
May circa il presunto boicottaggio della stampa, e stavolta in
merito ad un’analisi riportata dalla CNN che ha rilevato
l’esclusione di due minuti di scene dal film da parte della censura
cinese. Il footage in questione riguarderebbe momenti legati alla
sessualità di Freddie Mercury, tra cui i baci con
un altro uomo e il taglio della parola “gay”.
Questa politica che definire
medioevale è alquanto approssimativo viene adottata dal governo del
paese dal 2016, da quando è stata legalmente vietata la
rappresentazione di “comportamenti sessuali anormali” (comprese le
relazioni gay e lesbiche) in televisione e spettacoli online. Come
diretta conseguenza, diversi membri della comunità LGBT cinese
hanno definito l’uscita di Bohemian
Rhapsody nelle sale una “vittoria” per la loro
comunità, considerando il cospicuo numero di titoli occidentali che
ogni anno raggiunge i cinema locali.
“Se tutti si accontentano di
questo tipo di ‘vittoria’, allora il mondo intero si sottometterà
sempre all’autorità, gli artisti non saranno rispettati e non ci
sarà protezione per gli interessi del pubblico”, ha detto Fan
Popo, documentarista e attivista.
Queste, nel dettaglio, le scene tagliate dal montaggio finale di
Bohemian Rhapsody:
Un primo piano del bacino di Mercury ripreso in tv
Il bacio tra Mercury e Paul Prenter, il suo manager
Il confronto tra Freddie e Maria sulla sua sessualità
Il dialogo tra Mercury e il suo futuro partner Jim
Tutta la sequenza del video di “I want to break free”
Bohemian Rhapsody – in sala dal 29
novembre – ha incassato in Italia ad oggi oltre 25 milioni di Euro,
divenendo un successo globale, con un box office internazionale di
oltre 750 milioni di dollari.
Per quanto riguarda il futuro del
film, nelle scorse settimane è tornato a parlarne lo
stesso May, membro originale
dei Queen e produttore della pellicola,
aprendo le porte ad un possibile seguito:
“Credo che il film finisca con
un climax naturale, ed era qualcosa che avevano deciso fin
dall’inizio nella sceneggiatura. Tutti pensavamo che fosse quello
l’apice, il concerto del Live Aid, e non la morte di Freddie come
molti avrebbero voluto, lasciando che il resto raccontasse la vita
della band senza di lui. Beh, non è così. Il film è dedicato a
Freddie, e ricordare il Live Aid era il modo giusto per lasciarlo
andare. Ma chissà, potrebbe esserci un seguito…“.