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Mia Goth nel cast di Blade, al fianco di Mahershala Ali

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Mia Goth nel cast di Blade, al fianco di Mahershala Ali

È stato un anno intenso per Mia Goth, che dopo il successo di X – A Sexy Horror Story e la presentazione al Festival di Venezia di Pearl, è ora impegnata sul set di Maxxxine, che chiude la trilogia di Ti West. Ma intanto la sua carriera sembra affacciarsi su un palcoscenico più grande, dal momento che anche lei è entrata a far parte del Marvel Cinematic Universe, per la precisione nel cast di Blade, al fianco di Mahershala Ali, che interpreterà il protagonista.

Il film dei Marvel Studios sarà diretto da Yann Demange (Lovecraft Country, White Boy Rick) da una sceneggiatura del candidato all’Emmy Michael Starrbury, e si dice sia “più oscuro della maggior parte dei film del MCU.” Goth si unisce a un cast costellato di star che include anche Aaron Pierre e Delroy Lindo, ma i dettagli sul suo ruolo sono tenuti nascosti.

Il progetto di Blade è stato annunciato per la prima volta al Comic-Con del 2019, dove il capo dei Marvel Studio Kevin Feige ha sorpreso la Hall H annunciando che Ali avrebbe assunto il ruolo del famigerato daywalker dopo che Wesley Snipes aveva interpretato il personaggio dei fumetti Marvel in tre film tra il 1998 e il 2006.

Il nuovo Blade

Del nuovo Blade e si sa ancora molto poco se non che esplorerà la natura del personaggio, un vampiro in grado di camminare alla luce del sole che usa i suoi poteri per dare la caccia ai suoi simili malvagi. Il personaggio era già stato raccontato al cinema con i film Blade, Blade II e Blade: Trinity, dove ad interpretare il personaggio vi era l’attore Wesley Snipes. La scelta di Ali per assumere ora tale ruolo sembra aver messo d’accordo tutti, con l’attore indicato perfettamente idoneo sia a livello estetico che di carisma.

Il Bladedi Ali, come noto, ha già avuto un suo piccolo ingresso nell’MCU. Sua è infatti la voce che si può ascoltare nella scena post titoli di coda del film Eternals, quella in cui compare anche l’attore Kit Harington e la celebre Lama d’Ebano, che a sua volta sembra comparirà in Blade. Con il periodo di riprese annunciato, è solo questione di tempo prima che inizio ad arrivare ulteriori notizie sul film, sia per quanto riguarda il cast sia per quanto riguarda il look del protagonista e dell’opera in sé. Blade dovrebbe uscire in sala il 6 settembre 2024 come film finale della Fase Cinque del MCU.

Mia Goth è stata accusata di aver preso a calci un attore sul set di MaXXXine

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La star di MaXXXine Mia Goth è stata accusata di aver preso a calci in testa un attore sul set del sequel horror, secondo una nuova causa.

James Hunter ha citato in giudizio Mia Goth dopo aver dichiarato di aver subito una commozione cerebrale a causa del calcio mentre interpretava un “Parroco morto” nel terzo film della trilogia horror di Ti West con protagonista la Goth.

Mia Goth al centro di una causa

La causa accusa Mia Goth di percosse e include una richiesta di licenziamento illegittimo nei confronti di A24, Goth e West.

Nella causa Hunter sostiene che la prima notte di riprese è rimasto a terra per diverse ore coperto di sangue finto, “sopportando formiche e zanzare“.

Per la scena, Mia Goth avrebbe dovuto corrergli accanto e talvolta scavalcarlo, guardare in basso e continuare a correre. Ma durante una ripresa, Hunter ha avuto la sensazione che la Goth lo avesse quasi calpestato e ha espresso la sua preoccupazione al secondo assistente alla regia, che avrebbe poi trasmesso il messaggio alla stessa Goth.

Durante il ciak successivo, Hunter sostiene che Mia Goth lo ha deliberatamente colpito alla testa con uno stivale e ha continuato a deriderlo in bagno dopo aver girato la scena, spingendolo a fare qualcosa.

Hunter ha poi dichiarato di essersi sentito stordito mentre tornava a casa dopo le riprese e di aver dovuto accostare due volte. Il giorno dopo, secondo la causa, l’agenzia di casting lo ha informato che la produzione non lo voleva per i due giorni restanti.

MaXXXine È il capitolo finale della trilogia X, dopo X e Pearl è interpretato da Mia Goth, Elizabeth Debicki, Giancarlo Esposito, Kevin Bacon, Michelle Monaghan, Halsey e Lily Collins. Il film non ha ancora una data di uscita, ma dovrebbe arrivare nel 2024.

Mia Farrow dice addio ai set cinematografici

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Mia FarrowMia Farrow, l’attrice statunitense che per anni è stata musa di Woody Allen, ha fatto seguito alle recenti dichiarazioni di Leonardo Di Caprio, annunciando anche lei che dirà addio ai set cinematografici.

Mià e il Migù: recensione del film d’animazione

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Mià e il Migù: recensione del film d’animazione

In Mià e il Migù Pedro fa l’operaio. E’ stato costretto dalla necessità di lavorare a lasciare la sua cara figlia, Mià, da sola al villaggio. Purtroppo resta intrappolato nel crollo di un tunnel. Mià, svegliatasi di notte, sente la necessità di rivedere suo padre, e si mette in cammino da sola per raggiungere il suo posto di lavoro, oltre la pericolosa foresta. Parallelamente seguiamo le vicende di un costruttore senza scrupoli, che vuole distruggere l’ultimo angolo di paradiso terrestre incontaminato per costruire un costoso complesso alberghiero. Proprio in quel cantiere lavora il povero Pedro, e Mià, insieme al figlio del costruttore, Aldrin, riuscirà a salvare la natura, aiutata dai magici Migù. La trama del film d’animazione diretto da Jacques –Rèmy Girerd ricorda vagamente le fantastiche storie di Miyazaki, senza però averne la profondità emotiva, né la bellezza cromatica ed artistica tipica del disegno del maestro giapponese.

Mià e il Migù dopo un inizio promettente, scandito da musica e immagini di rara poesia, si rivela un affastellamento di luoghi comuni che sfociano nel finale scontato e didascalico, decisamente infantile, forse anche troppo per le nuovissime generazioni che crescono a pane e videogames. Il disegno, in alcuni momenti morbido e fiabesco, ci presenta dei personaggi stilizzati che si muovono in una natura molto più viva e dettagliato degli uomini stessi. I colori virati sul giallo e sull’ocra donano un’atmosfera orientaleggiante al racconto, seppure l’ambientazione geografica della vicenda sia decisamente di fantasia.

Tuttavia Mià e il Migù presenta almeno un paio di momenti di profonda inquietudine che contrastano con il tono buonista del film, ma che ne aumentano leggermente la complessità, a favore del risultato finale. Le immagini sono ben accompagnate da una buona partitura musicale realizzata da Serge Besset.

Mia e il leone bianco: trama, cast e la storia vera dietro al film

L’amicizia tra gli esseri umano e gli animali è stata raccontata più volte al cinema e negli ultimi anni in particolare sono arrivati sul grande schermo alcune delle coppie più imprevedibili di sempre. Da Belle & Sebastien fino a L’incredibile storia di Winter il delfino, questo genere di film suscita sempre un grande fascino negli spettatori, dimostrando che spesso questo genere di legami non hanno nulla da invidiare a quello tra due persone. Tra i più recenti esempi di questo filone vi è Mia e il leone bianco, film del 2018 diretto da Gilles de Maistre a partire da una sceneggiatura di sua moglie Pure de Maistre.

La coppia protagonista, come suggerisce il titolo, è composta da una bambina di nome Mia e da un raro esemplare di leone bianco. Tale colorazione è data da un caso di polimorfismo genetico legato ad una condizione di leucismo, il quale causa appunto un colorito pallido. Non esistono molti esemplari di leoni di questo tipo, ma la maggior parte di questi si trova in Sudafrica. Ed è lì che le riprese si sono svolte nel corso di ben tre anni, permettendo così alla troupe di seguire lo sviluppo del leone scelto per il film. Di produzione francese, il film ha richiesto un budget di circa 9 milioni per poter essere completato.

Un costo che si è rivelato però ben investito, poiché al momento della sua distribuzione Mia e il leone bianco è stato accolto con grande entusiasmo dalla critica. Al box office è invece arrivato ad un guadagno di circa 36,4 milioni di dollari, divenendo il maggior successo francese del suo anno. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori ed alla vera storia dietro il film. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il titolo nel proprio catalogo.

Mia e il leone bianco: la trama del film

Protagonista del film è Mia Owen, una bambina che vive con la famiglia in Sudafrica, dove i genitori possiedono un allevamento di leoni. Inizialmente, per gestire tale attività, il padre John era solito concludere una serie di accordi con dei cacciatori. Con il passare del tempo però ha sviluppato un amore tale per quelle creature da decidere di cessare ogni attività illegale. Mia, naturalmente, è sempre stata tenuta all’oscuro di ciò, nel tentativo di trasmetterle valori più positivi. È proprio in questo contesto che la piccola stringe amicizia con Charlie, un cucciolo di leone bianco. I due diventano da subito inseparabili, trascorrendo molto tempo insieme esplorando le terre circostanti.

Con il passare degli anni sia Mia che il leone inevitabilmente crescono, e ciò genera non poche preoccupazioni nei genitori. Pur amando quegli animali, sono consapevoli della loro pericolosità e del loro istinto da cacciatori che non può essere domato. Il padre decide pertanto di vendere l’esemplare, al fine di proteggere sua figlia. Scoperta la cosa, e in particolar modo chi dovrebbe essere l’acquirente, Mia deciderà però di opporsi con tutte le sue forze alla cosa. Preso con sé Charlie, i due fuggiranno verso una riserva naturale, al fine di trovare lì riparto. Il viaggio per arrivarvi, tuttavia, sarà tutt’altro che semplice.

Mia e il leone bianco cast

Mia e il leone bianco: la vera storia e il cast del film

Come anticipato, il film è stato scritto da Pure de Maistre, moglie del regista, la quale ha sviluppato la storia dopo aver fatto un viaggio in Sudafrica. Qui ha avuto modo di visitare alcune riserve naturali contenenti questi rari esemplari di leone bianco. Venuta a conoscenza della difficile esistenza che tali esemplari hanno, tra cacciatori ed altri problemi legati al branco, decise di scrivere una storia che sottolineasse l’importanza della loro protezione. Per poter realizzare il film, le riprese sono state supervisionate dallo zoologo Kevin Richardson, il quale nel corso di tre anni ha aiutato a costruire il rapporto tra un vero cucciolo di leone e la protagonista. Per permettere di far sviluppare tale legame, era infatti necessario che Charlie fosse un cucciolo, ancora privo dei propri istinti.

Ad interpretare la giovane protagonista, che cresce nel corso di tre anni insieme al leone bianco, vi è Daniah De Villiers. Oltre ad essere impegnata con le riprese, questa dovette trascorrere diverse ore al giorno solo per poter stabilire un rapporto di fiducia con Charlie. Attraverso varie attività i tre poterono realmente stringere amicizia. Altrettanto dovette fare l’attore Ryan MacLennan, interprete di Mick, il fratello di Mia. Ad interpretare i due genitori, invece, si ritrovano due note personalità. Il padre John ha infatti il volto di Langley Kirkwood, noto anche per i film Invictus – L’invincibile e Dredd – Il giudice dell’apocalisse. Nei panni di Alice, la madre di Mia, vi è invece l’attrice francese Mélanie Laurent, divenuta celebre per il personaggio di Shoshanna nel film Bastardi senza gloria.

Mia e il leone bianco: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire del film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Mia e il leone bianco è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes, Tim Vision e Amazon Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di lunedì 25 luglio alle ore 21:25 sul canale Rai 1.

Fonte: IMDb

Mi sono liberato di Gomorra: Matteo Garrone racconta il suo Reality

“Dopo Gomorra volevo fare un film diverso, cambiare registro e così ho provato a fare una commedia.”

Esordisce così in conferenza stampa il regista Matteo Garrone, che oggi a Roma  a presentato il suo ultimo film, Reality, in concorso al Festival di Cannes e Gran premio della Giuria, presieduta da Nanni Moretti.

Mi rifaccio Vivo: recensione del film di Sergio Rubini

Mi rifaccio Vivo: recensione del film di Sergio Rubini

Chi può dire di non aver avuto un nemico nella vita? Biagio Bianchetti/Lillo Petrolo ne ha uno sin dai tempi delle elementari, Ottone Di Valerio/Neri Marcorè, pronto a oscurare sempre ogni suo pregio e sua capacità. In seguito all’ennesima sconfitta, Biagio decide di porre fine alle sue disgrazie e di togliersi la vita. Tuttavia, una volta trapassato, scopre che per una buona azione ha diritto a un bonus di una settimana da passare sulla Terra nei panni di chiunque desideri, per dimostrare di essere un uomo migliore.

A Biagio però non interessa riscattarsi, bensì vendicarsi del suo acerrimo rivale. Tornato in vita nei panni del noto manager Dennis Rufino/Emilio Solfrizzi, nel tentativo di far fallire l’azienda di Ottone, conoscerà meglio il suo nemico e capirà che non era affatto invincibile e sicuro di sé come pensava. Sergio Rubini ci propone una commedia che mira più all’esaltazione dei buoni sentimenti che alla risata, nonostante la presenza di un trio comico.

Mi rifaccio Vivo, il film

Da una parte troviamo un personaggio che nasce buono e che, sebbene incontri molte avversità e prenda la strada della vendetta, non smetterà mai di essere buono; dall’altra parte, invece, troviamo un personaggio che appare come il cattivo della storia, ma che se conosciuto meglio può essere compreso e aiutato a cambiare. A questo punto, ci chiediamo se anche la figura negativa dell’avvocato Mancuso/Gianmarco Tognazzi, ridotto a una macchietta e creato apposta per sostituire al giusto momento il falso nemico, non sia in fondo una persona buona che ne ha passate troppe.

La storia, di per sé ben costruita, intreccia coerentemente i diversi personaggi principali e i loro obiettivi all’interno della trama, ma manca di solidità nello sdoppiamento psico-fisico post-reincarnazione di Biagio, che sembra solo una scusa per aumentare le scene di Lillo con Solfrizzi. Infatti, questa svolta del racconto fornisce alcuni spunti comici, ma indebolisce la struttura dell’impianto fanstasmatico, che finora rispondeva a una certa originalità. L’aldilà che Rubini e i suoi co-sceneggiatori ci mostrano è un posto strano, simile alla realtà, soprattutto nell’aspetto burocratico, dove non ci sono angeli o demoni, ma piuttosto semplici impiegati, coordinati da un intransigente Karl Marx.

Le coppie Lillo/Solfrizzi e Solfrizzi/Marcorè producono una comicità equilibrata e spontanea, sebbene la sceneggiatura riservi del ridicolo per ciascuno dei loro ruoli.  I personaggi di Virginia/Margherita Buy e di Amanda/Valentina Cervi, rispettivamente moglie e amante di Ottone, caricano spesso in maniera negativa l’aspetto comico del film, mentre Sandra/Vanessa Incontrada, moglie di Biagio, è dei tre personaggi femminili l’unico scritto non per la risata, ma per la storia.

Mi rifaccio vivo è una commedia divertente che suggerisce una reazione pacifica e diplomatica di fronte a situazioni o persone negative, perché non tutto è come sembra. Troppo edulcorato forse come messaggio, ma si può sempre riderne sopra.

Mi presenti i tuoi?: trama, cast e sequel del film con Ben Stiller

Dopo il clamoroso successo ottenuto dal film Ti presento i miei, uscito nel 2000 e affermatosi come una delle commedie statunitensi più importanti del nuovo millennio, nel 2004 è arrivato il suo primo sequel. Si tratta di Mi presenti i tuoi?, titolo italiano di Meet the Fockers (che richiama il Meet the Parents del primo film). Nuovamente diretto da Jay Roach, questo secondo capitolo presenta ora la famiglia del protagonista maschile, dando vita ad una serie di situazioni comiche quanto mai imprevedibili e assurde. Tra stranezze e follie, non mancano però anche tanti buoni sentimenti.

Nonostante sia stato poco apprezzato dalla critica, che sottolineava la ripetitività di alcune situazioni, il film è stato un successo di pubblico ancor più grande del suo predecessore. A fronte di un budget di 80 milioni di dollari, gran parte del quale necessario a pagare i grandi attori presenti nel film, Mi presenti i tuoi? ha raggiunto la cifra globale di 522 milioni di incasso. Ciò ha portato il film non solo ad essere una delle commedie dal maggior incasso di sempre, ma anche uno dei film più redditizi del suo anno.

Inevitabile dunque che si realizzasse anche un suo sequel, per il quale però bisognò attendere diversi anni in attesa della giusta storia. Ad oggi, questo secondo capitolo della trilogia è ancora considerato uno dei più divertenti. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Di seguito sarà possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e al suo sequel. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Mi presenti i tuoi?: la trama del film

Protagonista del film è ancora una volta Greg Fotter, il quale dopo aver conosciuto i genitori della sua promessa sposa Pam, decide con lei di far incontrare i rispettivi parenti. A condurre il viaggio in camper verso Miami dalla famiglia Fotter è Jack Byrnes, il padre di Pam, burbero ex agente della CIA che non ha però mai abbandonato i mezzi del mestiere. Con lui, oltre alla figlia e a Greg, vi è anche sua moglie Dina e il nipotino neonato Little Jack. L’unico motivo per cui Jack ha accettato di incontrare i genitori di Greg, però, è il voler osservare con che tipo di personalità si ritroverebbe ad avere a che fare nel caso del matrimonio tra i rispettivi figli.

Conscio di ciò, Greg è particolarmente nervoso per come le cose potrebbero andare. Una volta arrivati a destinazione, la famiglia di Pam viene accolta dagli eccentrici Bernie e Rosalind Fotter, quest’ultima di professione terapista sessuale per coppie anziane. Le due famiglie non potrebbero essere più diverse caratterialmente. Se i Byrnes sono rigidi e pieni di regole, i Fotter al contrario sono dei veri e propri hippie, ancora fedeli ai loro ideali di libertà e amore. Non passerà molto prima che lo scontro si farà acceso, lasciando a Greg il compito di sistemare le cose nella speranza di salvare il suo rapporto con Pam.

Mi presenti i tuoi cast

Mi presenti i tuoi?: il cast del film

Ancora una volta ad interpretare Greg Fotter vi è il popolare attore comico Ben Stiller. Come per il precedente film, egli fece scrivere per il suo personaggio una comicità verbale più che fisica, con la quale si sentiva più a suo agio. Stiller ebbe poi anche l’opportunità di improvvisare diverse scene, acquisendo così totale disinvoltura con il personaggio. Nei panni della sua fidanzata Pam vi è anche in questo caso l’attrice Teri Polo, mentre Blythe Danner riprende il ruolo di Dina Byrnes. L’attore Robert De Niro interpreta invece Jack Byrnes, un ruolo comico per cui si è preparato approfonditamente ricercando nuovi dettagli per caratterizzare il personaggio. Nel film è poi presente anche Owen Wilson, nei panni di Kevin Rawley, ex fidanzato di Pam particolarmente apprezzato dai genitori di lei.

Per il ruolo di Bernie Fotter era stato inizialmente contattato l’attore Robin Williams, che preferì però lasciare il ruolo al suo amico Dustin Hoffman. Il due volte premio Oscar venne così scelto per la parte dopo un primo incontro con il regista. Durante questo, l’attore non la smise mai di parlare, speso divagando su altri argomenti. Fu proprio questa sua caratteristica a farlo risultare perfetto per ciò che Bernie doveva essere. Nei panni di sua moglie Rosalind vi è invece Barbra Streisand, la quale per stupire Hoffman decise di modellare la propria capigliatura sulla base di quella della vera moglie dell’attore. Per l’attrice fu un piacere recitare nel film senza ulteriori coinvolgimenti, come invece spesso le accade. Nel film è poi presente l’attrice Alanna Ubach nei panni di Isabel, la domestica dei Fotter.

Mi presenti i tuoi?: il sequel, il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

Come anticipato, dato il grande successo del film, venne annunciato anche un suo sequel, nonché terzo capitolo della trilogia. Avendo esaurito le presentazioni delle famiglie, per gli sceneggiatori il logico passo successivo fu il far finalmente sposare Pam e Greg e permettergli di dar vita ad una famiglia tutta loro. Nel 2010 è così uscito il terzo capitolo della trilogia, Vi presento i nostri, dove Greg e Pam sono ora alle prese con i loro due neonati gemelli. Anche in questo caso gli attori dei precedenti due film riprendono i loro rispettivi ruoli, con nuove aggiunte al cast di attori come Jessica Alba, Harvey Keitel e Laura Dern.

È possibile fruire del film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Mi presenti i tuoi? è infatti disponibile nel catalogo di Rakuten TV, Chili, Google Play e Amazon Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di giovedì 1 dicembre alle ore 21:20 sul canale Italia 1.

Fonte: IMDb

Mi fanno male i capelli: recensione del film con Alba Rohrwacher #RoFF18

Impronte nella sabbia. Alba Rohrwacher, nei panni di Monica, cerca di seguirle facendo attenzione a mettere i piedi lì dove qualcun altro già li ha messi. Non sapremo mai a chi appartengono. Può essere bello pensare che appartengano a Monica Vitti, a cui il nuovo film di Roberta TorreMi fanno male i capelli – deve il suo titolo, con la protagonista che non starebbe allora facendo altro che cercare di ripercorrere la carriera della celebre diva, tra le più amate della storia del cinema italiano e scomparsa solo di recente. Molto più probabilmente, però, quelle impronte sono della stessa protagonista, la quale si è perduta e cerca di tornare sui propri passi.

Passi che forse neanche sa appartenerle, avendo intrapreso volente o nolente un percorso non per ricordare bensì dimenticare. Perché dimenticare è importante, ci permette di fare spazio per nuove cose, come viene affermato nel film. Ma dimenticare è anche doloroso, specialmente per chi è costretto a guardare il proprio caro sapendo di non essere da questi riconosciuto. Si soffre allora da soli, ed è quanto succede in Mi fanno male i capelli, il quale pur partendo dunque come omaggio a Monica Vitti si svela piano piano essere un racconto sulla memoria, sull’identità e sulla facilità con cui queste due cose possono sgretolarsi. Purtroppo, nel proporre ciò, non tutto funziona.

La trama di Mi fanno male i capelli

Ad essere vittima di una memoria che ogni giorno le fa credere di aver perso qualcosa per strada è la già citata Monica (Alba Rohrwacher), la quale con sempre maggiore curiosità inizia a guardarsi intorno cercando di ricordarsi il nome delle cose, i viaggi compiuti, il volto e le lebbra di suo marito Edoardo (Filippo Timi). Quest’ultimo cerca in tutti i modi di trattenere l’amata moglie nel nostro mondo e di non perderla in quello dei sogni, acconsentendo dunque a fare con lei un gioco particolare, l’unico che sembra poter regalare a entrambi qualche nuovo ricordo felice: rimettere in scena i film con protagonista Monica Vitti, in cui la protagonista è convinta di rivedere sé stessa.

Mi fanno male i capelli recensione
Alba Rohrwacher in una scena di Mi fanno male i capelli

Ricordi quel gioco?

Parte dunque come omaggio all’amata attrice italiana – tra le più importanti del nostro cinema e tristemente scomparsa il 2 febbraio del 2022 – il film diretto da Roberta Torre, ma di lei non esalta solo la carriera e la personalità ma anche il suo rapporto ambivalente con la memoria, che diceva di voler perdere. Perché il cuore del film è da ritrovarsi in questo rapporto con quell’organo-forziere dentro cui si nascondono i ricordi di una vita intera e che molto spesso sceglie per noi cosa preservare e cosa no. Ecco allora che nel film la protagonista si confronta con queste dinamiche, cercando di riappropriarsi di situazioni che forse ha vissuto davvero o forse no.

Scorrono dunque sullo schermo immagini tratte da alcuni dei film più famosi della Vitti, da La notte a L’eclissi, da Il Deserto Rosso a Polvere di stelle, con la protagonista che instaura dei veri e propri dialoghi con l’attrice ed estendendo poi questo gioco anche al marito – un dolente e convincente Filippo Timi – e all’iconico Alberto Sordi. Un gioco attraverso cui la protagonista si ricerca e prova a ritrovare la propria identità che giorno dopo giorno si sbiadisce. Da qui dovrebbe emergere tutta la tenerezza di lei come anche tutta la drammaticità della malattia che la caratterizza. Ma, come accennato in apertura, tutto ciò raramente si concretizza.

Un film che non trova la propria strada

Mi fanno male i capelli dimostra infatti sin da subito una certa difficoltà nel trovare la propria strada. Come omaggio a Monica Vitti risulta piuttosto sconclusionato, con poco da offrire se non una sequenza finale interamente composta da immagini dell’attrice che riesce sì ad emozionare, ma per merito della Vitti, che con i suoi occhi grandi e malinconici o il suo sorriso spiazzante ci ricorda di quanto sia stata preziosa per il nostro cinema, la nostra cultura, la nostra storia. Come film sulla malattia, invece, manca di quella profondità necessaria a rendere giustizia all’argomento, ponendo sì in evidenza la drammaticità di tale condizione ma senza aggiungere nulla che non sia già stato detto.

Non aiuta poi una sottotrama, a cui è legato il personaggio di Timi, che poco o nulla aggiunge al racconto di Monica e alle sue vicende, ma che anzi vi sottrae attenzioni e tempo. Si finisce così con l’imbattersi in diversi spunti interessanti (tra cui si ritrovano gli scambi – di parole o indumenti – tra Vitti e Rohrwacher resi possibili dal montaggio), ma affrontati con troppa superficialità. L’emozione dunque si smorza, il coinvolgimento dello spettatore va pian piano diminuendo e quello stesso gioco che la protagonista ci aveva invitato a fare smette di possedere il fascino che poteva avere all’inizio. Il film finisce dunque, ironia della sorte, con l’essere facilmente dimenticabile.

Mi chiamo Francesco Totti: trailer ufficiale del documentario

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Mi chiamo Francesco Totti: trailer ufficiale del documentario

Vision Distribution ha diffuso il trailer ufficiale di Mi chiamo Francesco Totti, il documentario sul capitano giallorosso diretto da Alex Infascelli.

E’ la notte che precede il suo addio al calcio e Francesco Totti ripercorre tutta la sua vita, come se la vedesse proiettata su uno schermo insieme agli spettatori. Le immagini e le emozioni scorrono tra momenti chiave della sua carriera, scene di vita personale e ricordi inediti. Un racconto intimo, in prima persona, dello sportivo e dell’uomo. Diretto da Alex Infascelli, soggetto e sceneggiatura di Alex Infascelli e Vincenzo Scuccimarra, il film è tratto dal libro Un Capitano scritto da Francesco Totti con Paolo Condò (edito da Rizzoli).

Prodotto da Lorenzo Mieli, Mario Gianani e Virginia Valsecchi, una produzione The Apartment e Wildside, entrambe del gruppo Fremantle, con Capri Entertainment, Fremantle, con Vision Distribution e Rai Cinema, in collaborazione con Sky e Amazon Prime Video. Sarà distribuito da Vision Distribution nelle sale italiane, che ne curerà anche le vendite internazionali.

Mi chiamo Francesco Totti: la recensione del documentario di Alex Infascelli #RFF15

Interrogato sull’identità dell’ottavo re di Roma, il tifoso dell’omonima squadra di calcio darà probabilmente sempre la stessa risposta: Francesco Totti. Come nota egli stesso nel corso del documentario a lui dedicato, la gente non è abituata a vederlo come un semplice uomo o calciatore, bensì come un vero e proprio monumento. Sembrerebbe dunque esserci poco da aggiungere ad una personalità tanto celebre e celebrata. Eppure, con Mi chiamo Francesco Totti si dà vita a tutt’altro che un semplice e scontato documentario celebrativo. Basato sull’autobiografia “Un capitano”, il film diretto da Alex Infascelli ripercorre sì la vita e la carriera del calciatore, ma lo fa adottando una chiave di lettura particolarmente affascinante. Ne emerge una toccante riflessione sulla popolarità, sul rispetto delle proprie radici e, soprattutto, sul tempo che passa.

Presentato alla 15ª edizione della Festa del Cinema di Roma, il film, prodotto da The Apartment e Wildside, sarà in sala come evento speciale solo dal 19 al 21 ottobre. Al suo interno si potrà ritrovare dunque un lungo e appassionante excursus sulla vita di Totti. Dai primi palleggi da bambino sino al debutto nella Roma, dallo scudetto vinto sino al mondiale del 2006. Toccando tando la carriera sportiva quanto la vita privata, il documentario giunge infine a raccontare il sofferto ritiro avvenuto nel 2018. Insieme agli spettatori, Totti ripercorre così tutta la sua vita, come se la vedesse proiettata su uno schermo. Le immagini e le emozioni scorrono dando forma ad un racconto intimo, in prima persona, dello sportivo e dell’uomo.

Mi chiamo Francesco Totti: anche se il tempo passa…

È fin troppo comune realizzare un documentario su di una specifica personalità raccogliendo interviste di persone ad essa legate. È ben più coraggioso, e originale, affidare invece l’intera narrazione al diretto interessato. In Mi chiamo Francesco Totti, infatti, l’unica voce udibile è proprio quella del calciatore. Con semplicità, umiltà e umorismo, egli conduce il pubblico nel racconto della sua vita, come fosse un lungo monologo interiore. Si parte dalla notte precedente alla sua ultima partita, per poi compiere un lungo salto all’indietro, tornando sino alle origini di Totti come bambino e calciatore. Tale riavvolgimento del nastro permette di rendere sin da subito chiaro il cuore del film: il passare del tempo.

Totti gioca con lo spettatore, commenta le immagini, le ferma, le rimanda indietro per poterle riguardare e riscoprire. In questo suo desiderio di voler fermare il tempo, non potendo credere a quanto ne sia già passato, egli diventa estremamente umano, universale. Nel corso del racconto si trova ad affermare che al momento di iniziare una partita “svestiva i panni di Francesco e indossava quelli di Totti”. Ma qui egli non si trova sul campo da gioco, e può così compiere l’azione contraria. Lascia da parte Totti per mettere in mostra Francesco, rivelandone paure e speranze. Se da una parte ciò permette di avere l’ennesima conferma della sua bontà d’animo e della sua umiltà, valori mai corrotti dal successo, dall’altra mostra di lui aspetti inediti, e particolarmente affascinanti.

Si scopre così una personalità più complessa di quello che si potrebbe immaginare, eppure allo stesso tempo in cui molti possono ritrovarsi. Infascelli evidenzia infatti come la storia di Totti sia anche quella di un’intero popolo. Costruendo una vera e propria epica intorno al calciatore, permette a chiunque di ritrovarsi dentro di lui, rendendo chiara l’importanza della sua figura. Egli è sì un monumento, ma anche un’eccezione, un unicum forse irripetibile. Il documentario è estremamente chiaro nel trasmettere ciò, con una sequenza di eventi più o meno noti ma su cui c’è ancora molto altro da poter dire. E il fatto che a dirlo sia lo stesso Totti è nettamente un valore aggiunto all’intero progetto.

Mi chiamo Francesco Totti recensione

Mi chiamo Francesco Totti: la recensione

L’intero documentario è costruito sul calciatore, si adatta alla sua personalità esaltandola. Questo è un’altra palla ai suoi piedi, con la quale dimostra la maestria di sempre. Tra il ricordo del suo mito Giannini al rapporto con i vari coach susseguitisi nel tempo, dalla relazione con Ilary Blasi fino al periodo dell’infortunio, Totti si destreggia nel racconto giungendo fino alla rete, dove fa goal nel momento in cui lo spettatore è posto davanti alle immagini del suo ritiro. È lì che tutto acquista senso, che tutto quell’aver ripercorso la sua vita e la sua carriera arriva al culmine. Con la voce narrante di Totti è possibile divertirsi, sorprendersi ed esaltarsi, e giungendo al finale si rimane sovrastati dalle emozioni, dalla commozione per quel ritiro che ora si avverte un po’ anche come proprio.

È questo un momento che ha segnato il mondo sportivo e non solo. Consapevoli della grandezza del personaggio, regista e produttori lavorano per rendere il documentario fruibile anche da chi di calcio non si è mai particolarmente interessato. La sincerità con cui il racconto orale accompagna quello delle immagini risulta infatti estremamente comprensibile a livello generale, perché Mi chiamo Francesco Totti non è un film sul calcio o su un calciatore, bensì su di un uomo. Un uomo con tutti i pregi e i difetti del caso, ma dotato di una passione non comune, a cui ha sempre dato tutto sé stesso fino alla fine.

 

Mi chiamo Francesco Totti, il poster del docufilm

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Mi chiamo Francesco Totti, il poster del docufilm

Mi chiamo Francesco Totti verrà presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma e sarà nelle sale come evento speciale il 19, 20 e 21 ottobre, distribuito da Vision Distribution.

MI CHIAMO FRANCESCO TOTTI

È la notte che precede il suo addio al calcio e Francesco Totti ripercorre tutta la sua vita, come se la vedesse proiettata su uno schermo insieme agli spettatori. Le immagini e le emozioni scorrono tra momenti chiave della sua carriera, scene di vita personale e ricordi inediti. Un racconto intimo, in prima persona, dello sportivo e dell’uomo.

Diretto da Alex Infascelli, soggetto e sceneggiatura di Alex Infascelli e Vincenzo Scuccimarra, il film è tratto dal libro Un Capitano scritto da Francesco Totti con Paolo Condò (edito da Rizzoli).

Prodotto da Lorenzo Mieli, Mario Gianani e Virginia Valsecchi, una produzione The Apartment e Wildside, entrambe del gruppo Fremantle, con Capri Entertainment, Fremantle, con Vision Distribution e Rai Cinema, in collaborazione con Sky e Amazon Prime Video. Sarà distribuito da Vision Distribution nelle sale italiane, che ne curerà anche le vendite internazionali.

Mi chiamo Francesco Totti in Home Video dal 3 dicembre

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Mi chiamo Francesco Totti in Home Video dal 3 dicembre

Dopo essere stato presentato all’ultima Festa del Cinema di Roma, Mi chiamo Francesco Totti arriva in home video in formato DVD insieme a Universal Pictures Home Entertainment Italia a partire dal prossimo 3 dicembre.

Diretto da Alex Infascelli, il documentario si pone l’obiettivo di raccontare con umiltà l’uomo dietro la leggenda e oltre “il capitano”, ripercorrendo la sua vita con le parole dello stesso protagonista. Il regista porta quindi Totti sulla stessa dimensione dello spettatore, senza però ridurre le sue gesta sportive. Per riuscire in questo, viene scelta la modalità del racconto in prima persona, coinvolgendo così totalmente Francesco, che diventa la sola voce narrante della storia. Una narrazione che è diretta rappresentazione di ciò che Totti per primo evidenzia come importante nella sua storia, la storia che lo ha portato sino a qui: una storia di calcio, certo, ma soprattutto di famiglia e senso di appartenenza.

È la notte che precede il suo addio al calcio e Francesco Totti ripercorre tutta la sua vita, come se la vedesse proiettata su uno schermo insieme agli spettatori. Le immagini e le emozioni scorrono tra momenti chiave della sua carriera, scene di vita personale e ricordi inediti. Un racconto intimo, in prima persona, dello sportivo e dell’uomo.

Mi chiamo Francesco Totti, la recensione del documentario

Arrivato al suo sesto lungometraggio, il regista Alex Infascelli ha già ottenuto due David di Donatello, un Nastro d’Argento e un Ciak d’Oro, oltre ad aver diretto più di 50 video musicali e due miniserie per Sky, per il quale ha ottenuto il premio come miglior regista italiano al Roma Fiction Fest.

Soggetto e sceneggiatura di Alex Infascelli e Vincenzo Scuccimarra, il film è tratto dal libro Un Capitano scritto da Francesco Totti con Paolo Condò (edito da Rizzoli). Prodotto da Lorenzo Mieli, Mario Gianani e Virginia Valsecchi, una produzione The Apartment e Wildside, entrambe del gruppo Fremantle, con Capri Entertainment, Fremantle, con Vision Distribution e Rai Cinema, in collaborazione con Sky e Amazon Prime Video.

Mi chiamano Cipolla: la presentazione evento del documentario di FilmKultur e Soul Film

Nel centro culturale di Scena, collocato nel cuore verde di Roma e poco distante dalle acque del Tevere, si è tenuta la presentazione evento di Mi chiamano Cipolla, documentario di sessanta minuti prodotto da FilmKultur e Soul Film Production in collaborazione con l’associazione culturale Greve61, fondata nel 2013 da professionisti del cinema diplomati presso la Scuola d’Arte cinematografica Gian Maria Volonté. A dirigere il documentario, con protagonista Jasmin Ramovic, Giansalvo Pinocchio e Riccardo Baiocco (anche in veste di produttori esecutivi), il primo diplomato in Regia proprio alla Scuola Volonté, il secondo invece specializzato in critica cinematografica alla Scuola Sentieri Selvaggi. Ramovic, invece, che è fulcro e cuore della storia, è un rom nato in Bosnia, trasferitosi a Roma quando era bambino e che soffre di analfabetismo.

Il film nasce quattro anni fa proprio nella Scuola Gian Maria Volonté, per poi essere presentato nell’ambito del Torino Film Festival e proiettato anche in altre occasioni festivaliere quali il Laceno d’Oro e il Los Angeles Italia Film Festival. Inoltre, Mi chiamano Cipolla, era stato inizialmente pensato come un cortometraggio dalla durata di 34 minuti, in cui erano comprese solo le sequenze nel parcheggio della roulotte e nella casa popolare. Solo in seguito, nel 2021, dopo il COVID, le riprese sono proseguite, dando un taglio e un tono diverso a tutto il girato. E’ stata modificata la trama, alcune scene sono state tagliate e altre inserite, fino a trasformarlo nel documentario che oggi si conosce.

Poco prima della visione di Mi chiamano Cipolla, Greve 61 ha presentato il lavoro che si svolge all’interno dell’associazione e, poi, il contributo dato al documentario: “I membri dell’associazione spesso lavorano nei film e nelle attività cinematografiche, e una di queste è proprio Mi chiamano Cipolla, che la Greve61 ha sostenuto soprattutto all’inizio della lavorazione”, dicono, “lo abbiamo fatto principalmente perché era realizzato da uno dei nostri soci, ed era un lavoro interessante e soprattutto non piccolino. Per cui siamo molto felici di presentarlo.” “In questo momento stiamo rilanciando l’associazione dopo tanti anni di attività, che principalmente sono stati di promozione sul territorio di cinema, autoproduzioni, cortometraggi, facendo anche dei laboratori. Il nostro scopo è sempre stato quello di coniugare l’attività di produzione interna, anche creando rete, a quella di promozione e di attività sociale sul territorio. E poi abbiamo pensato di rilanciarci con un evento in cui potessimo conoscerci e in cui fosse presente anche un bel film (Mi chiamano Cipolla ndr).”

L’evento è dunque occasione per svolgere attività di promozione, ma si trasforma anche in un momento di aggregazione e incontro, sia con gli addetti ai lavori che con tutti coloro i quali vogliono affacciarsi a questo mondo e avere perciò un punto di contatto. Uno dei tramiti è, per l’appunto, proprio il documentario Mi chiamano Cipolla che, nella cornice di Scena, ha creato l’atmosfera giusta per spingere, chi volesse, ad addentrarsi nell’universo del cinema e dell’associazione, esprimendo le proprie idee e confrontandosi. Facendo al contempo conoscere un progetto molto toccante, nel quale vengono trattati argomenti profondi e molto attuali.

Mi chiamano Cipolla, la trama

Fiera di Roma. Jasmin Ramovic è un rom che vive in un campo fuori la Capitale insieme alla sua numerosa famiglia, con la paura costante di essere mandato via ancor prima che gli venga assegnata una casa popolare, avendo ricevuto un avviso di sfratto. Quando finalmente il Comune permette a parte del suo nucleo di trasferirsi, Jasmin, detto “Cipolla”, si trova davanti una serie di altre difficoltà, fra cui una discussione con il padre che lo caccia di casa. Mentre gira per Roma, recandosi spesso alla Comunità di Sant’Egidio, il protagonista deve fare i conti con la propria solitudine e le proprie fragilità, cercando di darsi ogni giorno la forza per andare avanti, anche quando sembra tutto andare a rotoli.

Il film

Mi chiamano Cipolla è un documentario che pone al centro della sua narrazione il protagonista, Jasmin, attorno al quale si ergono e ruotano i problemi burocratici in cui è invischiato, molti inerenti al suo inserimento nella società ma anche al suo non riuscire a comunicare a causa del suo analfabetismo, a cui si accostano conflitti familiari e tradizioni rom. La macchina da presa indugia sempre su di lui, lo segue ininterrottamente, costruendo una ricca galleria di primi piani. A queste immagini si alternano riprese fatte proprio dalla sua comunità oppure dallo stesso Jasmin, che si riprende nelle attività quotidiane per testimoniare il suo vissuto e il suo percorso, dialogando molto con i registi, i quali sono udibili in fuoricampo, fino a comparire nelle battute finali.

Mi chiamano Cipolla è un film che affronta le difficoltà degli stranieri, in particolar modo degli zingari, di coloro che faticano a trovare un posto nel mondo e spesso vengono anche dimenticati, diventando quasi dei fantasmi. Persone fragili ma che, come dimostra Jasmin, sono in grado di trovare la forza nelle piccole cose, credendo in un futuro migliore. Un racconto che pone l’accento sul nostro sistema sociale, e su quanto bisogna faticare per potersi guadagnare un misero tetto sotto cui dormire, sentendosi finalmente al sicuro e tranquilli.

Jasmin, che come dicono gli stessi registi è un tipo molto particolare e bizzarro, parla a cuore aperto, lo fa anche con il pubblico in sala quando ringrazia i suoi compagni di viaggio, e sia in quella circostanza che nel film si mostra senza filtri. A volte inciampa nelle sue stesse bugie, questo accade nel filmato, ma poi trova il modo, sempre, di rialzarsi. Mi chiamano Cipolla è un documentario in cui tutto quello che si vede è realtà, netta e chiara. Nessun fronzolo, nessun abbellimento, nessuna retorica. Solo tanta sincerità e voglia di vivere.

MGM: il celebre studio prossimo alla vendita?

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MGM: il celebre studio prossimo alla vendita?

Secondo alcune voci dell’ultima ora, la MGM, uno dei più antichi studi cinematografici in attività, starebbe valutando la possibilità di una vendita di tutte le sue risorse, inclusa la sua vasta libreria di film, che include anche il franchise di James Bond. Inaugurata nel 1924, la MGM prende il nome dai tre studi che sono stati consolidati dalla leggenda del cinema Marcus Loew: Metro Pictures, Goldwyn Pictures e Louis B. Mayer Pictures. Loew ha anche fondato la famosa catena di cinema che portava il suo nome, che è stata rilevata da AMC nel 2006, a sua volta in difficoltà finanziarie.

Lo studio è meglio conosciuto per aver prodotto i film di James Bond, insieme a EON Productions, dall’inizio del franchise. La serie è attualmente arrivata al 25esimo episodio, No Time to Die, che è stato più volte posticipato a causa del Coronavirus. La MGM ha anche prodotto una serie di altri grandi film, tra cui la serie de La Pantera Rosa, i titoli della saga di Rocky con Sylvester Stallone e persino la trilogia de Lo Hobbit. È anche responsabile di alcune serie tv di successo, da Stargate SG-1 a The Handmaid’s Tale. Nell’ultimo decennio, i film dello studio sono stati distribuiti da un certo numero di società, in seguito al suo quasi fallimento nel 2009. Nonostante sia sopravvissuta a quella crisi, sembra però che MGM non sopravviverà alla pandemia.

Il Wall Street Journal riporta, infatti, che la MGM starebbe attivamente cercando di vendere lo studio attraverso le banche di investimento Morgan Stanley e LionTree LLC. Il report sottolinea che MGM sarebbe stata valutata a 5,5 miliardi di dollari, un numero che include non solo tutti i suoi titoli attuali, ma l’intera cineteca storica. Secondo quanto riferito, la società è fiduciosa che un servizio di streaming, o un’azienda che desidera espandere la propria portata in termini di streaming, sarà disposta a pagare quella cifra apparentemente alto per i suoi contenuti.

MGM vuole vendere: quale futuro per James Bond?

Se la vendita dovesse andare a buon fine, la MGM diventerà il primo grande studio cinematografico ad essere “schiacciato” dalla pandemia. Lo studio ha dovuto fare i conti con il fatto che nessuno dei suoi film è arrivato nelle sale nel 2020. Ad un certo punto si era parlato della possibilità di vendere No Time to Die ad un grosso servizio di streaming. Tuttavia, nessuno sembrava essere disposto a pagare 600 milioni di dollari per accaparrarsi il film con Daniel Craig: inoltre, ulteriori ritardi in merito alla release sarebbero costati allo studio 1 milione di interessi al mese. All’epoca, in molti si chiedevano come sarebbe riuscita la MGM a sostenere quel tipo di debito, viste le sue precedenti difficoltà finanziarie.

La risposta, ormai chiara, è che non è possibile. Senza alcun reddito e senza un’opzione di streaming a cui rivolgersi, come Disney o Warner Bros., MGM sembra aver terminato le disponibilità e, di conseguenza, le opzioni. Se lo studio verrà venduto, sarà certamente un giorno triste nella storia del cinema, anche se non del tutto sorprendente, viste le difficoltà che l’industria ha dovuto affrontare nel corso del 2020. La vendita avrà sicuramente ripercussioni anche per No Time to Die. Se la MGM verrà presto venduta, il film di Bond potrebbe alla fine ritrovarsi davvero a essere distribuito su un servizio di streaming.

Mezzogiorno e Mezzo di Fuoco in blu-ray

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Mezzogiorno e Mezzo di Fuoco in blu-ray

Mezzogiorno e Mezzo di FuocoIn occasione del 40° anniversario del leggendario western comico Mezzogiorno e Mezzo di Fuoco Warner Bros. Entertainment Italia celebra la ricorrenza con un imperdibile edizione Blu-ray disponibile a partire dal 22 Maggio.

Mel Brooks dissacra, deride e diverte con questa pazza commedia, autentica raccolta digag, battute e giochi di parole, dove sceneggiatura, ambientazione e cast (Gene WilderMadeline Kahn e lo stesso Mel Brooks) demoliscono con cura tutti i miti e gli stereotipi del vecchio West.

Il Blu-ray del film è arricchito da imperdibili Contenuti Speciali: delle scene inedite del film, il trailer e il commento al film del regista Mel Brooks.

SINOSSI

Far West. La ferrovia deve passare per Rock Ridge, una placida, sonnolenta cittadina della campagna americana. C’è già chi si frega le mani: la terra varrà una fortuna. Ma i proprietari delle terre sono gli stessi cittadini di Rock Ridge. Come fare a cacciarli via? Un’idea potrebbe essere quella di farvi arrivare una banda di uomini dei più rozzi, violenti e testardi che esistano e nominare sceriffo qualcuno che sicuramente non durerà più di 24 ore.

CONTENUTI SPECIALI

L’ edizione Blu-rayTM di Mezzogiorno e Mezzo di Fuoco include i seguenti contenuti speciali:

  • Commento al film del regista Mel Brooks
  • Scene inedite
  • Trailer

 INFORMAZIONI SUL PRODOTTO BLU-RAYTM

TITOLO Mezzogiorno e Mezzo di Fuoco
REGISTA Mel Brooks
CAST Cleavon Little, Gene Wilder, Slim Pickens, Madeline Kahn
GENERE Commedia, Western
DURATA

92 minuti circa

FILM Video: 1080p High Definition 16×9  2.40:1

Audio: Dolby Digital: Italiano (1.0), Francese (1.0), Spagnolo (1.0), Tedesco (1.0); DTS-HD Master Audio: Inglese (5.1)

Sottotitoli: Italiano, Inglese, Tedeso Non Udenti; Francese, Spagnolo, Svedese, Norvegese, Finlandese, Danese

 

Mezzanotte nel giardino del bene e del male: tutto quello che c’è da sapere sul film

Sul finire degli anni Novanta, dopo aver diretto film come Gli spietati, Un mondo perfetto e Potere assoluto, il premio Oscar Clint Eastwood diede vita a quello che è ancora oggi uno dei suoi lavori meno citati e conosciuti. Si tratta di Mezzanotte nel giardino del bene e del male, da lui diretto nel 1997 e basato su una vicenda realmente avvenuta. Un thriller intriso di dramma che si fonda sul mistero e sull’ossessione nei confronti di fatti scabrosi. Scritto da John Lee Hancock (anche noto per aver diretto The Blind Side e The Founder) il film si basa però primariamente sul libro omonimo di John Berendt.

Pubblicato nel 1994, questo ripercorre la vicenda di un crimine avvenuto nei primi anni Ottanta, che sconvolse particolarmente l’opinione pubblica. Il tutto viene però narrato riadattando la storia affinché assumesse un taglio più romanzesco. Rimasto affascinato dal libro, Eastwood decise di curarne la regia per il cinema. Il film non venne però accolto positivamente né dalla critica né dagli spettatori, divenendo uno dei maggiori insuccessi di Eastwood. Anche per questo motivo è oggi un titolo quasi dimenticato della sua filmografia, schiacciato tra opere di valore di gran lunga maggiore.

Mezzanotte nel giardino del bene e del male è tuttavia anche per tale motivo un film di Eastwood da recuperare, che offre l’opportunità di imbattersi in un’opera del regista diversa da quella con cui si è reso celebre, con tutti i suoi pregi e difetti. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori, al libro e alla storia vera. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Mezzanotte nel giardino del bene e del male: la trama e il cast del film

Protagonista del film è il giornalista John Kelso, arrivato a Savannah per scrivere un articolo sul ricco antiquario Jim Williams. Nel corso della festa organizzata da quest’ultimo nella sua abitazione, però, si presenta anche un giovane di nome Billy, il quale, ubriaco, inizia un forte litigio con Williams che termina poi con l’omicidio proprio del giovane. L’arresto del ricco antiquario e il processo che ne segue appaiono agli occhi di Kelso come l’occasione d’oro per scrivere qualcosa di significativo. Più il caso va avanti, più emergono dettagli e verità sul rapporto tra William e Billy. Ben presto, Kelso capirà di avere a che fare con una storia molto più intricata del previsto.

Ad interpretare il giornalista John Kelso vi è l’attore John Cusack, da Eastwood scelto dopo averlo visto recitare in L’ultimo contratto. Nei panni di Billy vi è un giovane Jude Law, qui in uno dei suoi primi ruoli di rilievo, mentre Alison Eastwood, figlia di Clint, interpreta la cantante Mandy Nichols, scelta senza che il padre sapesse che i produttori l’avevano selezionata per la parte. Sono poi presenti gli attori Jack Thompson nel ruolo dell’avvocato Sonny Seiler e Irma P. Hall in quelli di Minerva. Lady Chablis, drag queen descritta nel libro di Berendt è invece stata chiamata ad interpretare Frank “Chablis” Daveau, una versione romanzata di sé stessa.

Di particolare importanza è la presenza del premio Oscar Kevin Spacey, il quale interpreta invece Jim Williams. La sua performance in questo ruolo fu però particolarmente criticata, specialmente da Berendt. Quest’ultimo si offrì infatti di aiutare l’attore fornendogli indicazioni sul modo di parlare e comportarsi. Spacey, però, avrebbe preferito fare da sé, dando vita ad una voce e un modo di parlare molto particolari, molto diversi da quelli che il vero Williams aveva e che Spacey, secondo Berendt, doveva erroneamente aver fatta suoi dopo aver ascoltato le registrazioni di Williams durante il suo quarto processo, durante il quale era però sotto effetto di valium.

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Mezzanotte nel giardino del bene e del male: la storia vera e il libro

La storia di Mezzanotte nel giardino del bene e del male, come anticipato, è quella del ricco antiquario James Arthur Williams, noto per aver contribuito alla preservazione di alcuni distretti storici di Savannah, in Georgia. Williams è però poi divenuto particolarmente celebre quando il 2 maggio del 1981 è stato arrestato con l’accusa di aver sparato e ucciso il ventunenne Danny Hansford. Quel giorno i due, i quali, come venne rivelato in seguito, avevano una relazione omosessuale, ebbero un duro scontro nella residenza di Williams. Quest’ultimo affermò di aver poi sparato al giovane per autodifesa in quanto anche Hansford era armato. In seguito all’arresto, Williams dovette affrontare ben quattro processi.

Ogni volta nuove prove o errori giudiziari portavano alla riapertura del caso e Williams passò da una sentenza di carcere a vita all’essere infine assolto, nel maggio del 1989. Per Williams, però, la libertà durò poco. Il 14 gennaio del 1990 egli collassò e morì nel suo studio, lì dove era morto anche Hansford, per via di una polmonite e di un’insufficienza cardiaca. Tale vicenda viene dunque riproposta, in chiave romanzata, nel libro di Berendt, divenuto uno dei principali best sellers del suo anno. Nell’adattamento di questo in film, però, si decise di cambiare i nomi di alcuni personaggi, riducendo inoltre il numero di processi da quattro a uno. Modifiche che ad ogni modo non nascondono la storia a cui ci si ispira.

Mezzanotte nel giardino del bene e del male: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire di Mezzanotte nel giardino del bene e del male grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes e Amazon Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di lunedì 3 aprile alle ore 21:00 sul canale Warner TV.

Fonte: IMDb

Metti la nonna in freezer: trailer del film con Fabio De Luigi e Miriam Leone

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01 Distribution ha diffuso il primo trailer di Metti la nonna in freezer, il nuovo film con Fabio De Luigi e Miriam Leone in arrivo nelle sale italiane del prossimo 15 marzo.

Diretto da Giancarlo Fontana e Giuseppe G. Stasi, il film vede nel cast anche Lucia Ocone, Marina Rocco, Eros Pagni e Barbara Bouchet.

Metti la nonna in freezer – trailer

https://www.youtube.com/watch?v=Dg2oMpxkNoU&feature=youtu.be

Ecco la trama del film:

Il più incorruttibile e maldestro dei finanzieri, Simone Recchia (Fabio De Luigi), si innamora perdutamente di Claudia (Miriam Leone), una giovane restauratrice che vive grazie alla pensione della nonna (Barbara Bouchet).

Quando la nonna improvvisamente muore, per evitare la bancarotta, Claudia, con la complicità delle sue amiche (Lucia Ocone e Marina Rocco), pianifica una truffa per continuare ad incassare la pensione…

Travestimenti, equivoci ed ingegnose bugie sono gli ingredienti per questa nuova ed irriverente commedia sulla difficoltà di sbarcare il lunario ai tempi della crisi, firmata dai giovani Giancarlo Fontana e Giuseppe G.Stasi.

Metti la nonna in freezer: la conferenza stampa con Miriam Leone e Fabio De Luigi

In occasione dell’anteprima di Metti la Nonna in Freezer, abbiamo incontrato i protagonisti e le menti che hanno reso possibile la realizzazione della pellicola.

Il film rientra nel lungimirante progetto ADOTTA UN FILM promosso da 01 Distribution e Rai Cinema (con la collaborazione dei circuiti UCI Cinemas e The Space Cinema), volto a sostenere i giovani registi italiani.

Dietro la macchina da presa di Metti la Nonna in Freezer troviamo due giovani talenti, Giancarlo Fontana e Giuseppe Stasi, qui al loro primo lungometraggio per le grandi sale. I loro inizi risalgono però al web e alla televisione, per la quale nel 2014 girarono il loro primo film Amore Oggi. “Il passaggio dal piccolo al grande schermo si è rivelato meno difficile del previsto” affermano i due registi. “Questo soprattutto grazie alla sceneggiatura perfetta, opera di Fabio Bonifacci. Abbiamo cercato di fare una black comedy. É un genere piuttosto insolito nel panorama cinematografico italiano ma invece la realtà di tutti i giorni in Italia ci offre davvero tanti spunti a riguardo.”

Il soggetto è firmato dallo sceneggiatore Fabio Bonifacci e da Nicola Giuliano, dal quale nasce l’intera idea del film: “Nicola aveva letto un articolo su una nonna del cuneese che era stata messa in freezer perché i familiari continuassero ad usufruire della sua pensione. È un genere di articoli che si trovano ciclicamente nei giornali degli ultimi dieci anni” dice Bonifacci “Inizialmente ero restio, ma con un po’ di insistenza da parte della produzione, mi ci sono messo di impegno e le idee sono venute giù a cascata. Partendo sempre dall’esilarante trovata di una nonna surgelata che però doveva andare in giro e tutti si mettono a cercarla”.

Metti la nonna in freezeril trailer

Metti la nonna in freezer“Mi sono anche reso conto” continua Bonifacci “che dal film emerge una cruda realtà: Non si può essere onesti da soli. L’onestà è una virtù sociale e la disonestà è un virus. Nel film vediamo come chi è onesto venga “contagiato” di disonestà senza poterci fare nulla”. 

L’esilarante trittico di donne protagoniste – Miriam Leone, Marina Rocco e Lucia Ocone – raccontano quanto si siano divertite anche dietro le quinte “Sin dal primo Ciak era difficile rimanere serie” afferma la Ocone “ci è venuto tutto molto naturale”.

Miriam Leone, vista prevalentemente in ruoli drammatici, sorride pensando a quanto le sia piaciuto finalmente passare al genere della commedia: “Sul set eravamo un’orchestra ben accordata. Mi serviva lasciar andare un po’ i miei ruoli “seriosi” e planare su cose più leggere, quindi sono grata al personaggio di questo film”.

Fabio de Luigi, il protagonista maschile della commedia, sottolinea quanto si sia sentito onorato di essere circondato da questo gineceo di grandi professioniste. Parlando della storia poi afferma: “Il film è un mix tra black comedy e commedia sentimentale, ma non solo, è difficile inserirlo in un contesto definito”.

Nel ruolo della nonna surgelata una Barbara Bouchet contenta, a suo dire, di poter finalmente interpretare la parte della nonna. “Da anni Volevo togliermi di dosso questa cosa del “simbolo del sesso”. Cerco da anni un ruolo da donna della mia età. Fatemi vecchia! Fatemi Brutta! Il mondo è andato avanti e io insieme al mondo” dice la Bouchet “per calarmi nel ruolo della morta, mi sono fatta ricoverare in ospedale per una settimana. Per me questa parte è un piccolo scalino, spero che alla fine qualcuno lá fuori dica “Non è più la Bouchet di una volta! Può fare anche altro!”

Metti la nonna in freezer: il nuovo film con Fabio De Luigi

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Metti la nonna in freezer: il nuovo film con Fabio De Luigi

Sono iniziate le riprese del film Metti la nonna in freezer. Il più incorruttibile e maldestro dei finanzieri (Fabio De Luigi), una giovane restauratrice (Miriam Leone) che vive grazie alla pensione della nonna e la nonna (Barbara Bouchet) che all’improvviso muore: sono gli ingredienti per una nuova commedia irriverente sulla difficoltà di sbarcare il lunario ai tempi della crisi, diretta dai giovani Giancarlo Fontana e Giuseppe G. Stasi.

Nel cast Fabio De Luigi e Miriam Leone con Lucia Ocone, Marina Rocco, Susy Laude, Francesco Di Leva, Eros Pagni, Carlo De Ruggieri, Maurizio Lombardi e con Barbara Bouchet.Metti la nonna in freezer è scritto da Fabio Bonifacci e prodotto da Indigo Film con Rai Cinema. Il film verrà girato a Roma e provincia e sarà distribuito da 01 Distribution.

La carriera di Giancarlo Fontana e Giuseppe G. Stasi inizia nel 2010, quando realizzano lo spoof trailer satirico Inception_Berlusconi, che in pochi giorni ottiene oltre 1 milione di visualizzazioni su Youtube, da allora i due registi iniziano a collaborare con La7, Rai e Sky Italia. Nel 2012 Fontana e Stasi vincono il Premio Forte dei Marmi per la Satira Politica per il Web. Nel 2014 firmano il loro primo lungometraggio, Amore Oggi, realizzato da Inception e prodotto da Sky Cinema. Trasmesso sui canali Sky e successivamente nelle sale cinematografiche.

Metti la nonna in freezer: dal cast alla storia vera, tutte le curiosità sul film

Diretta nel 2018 da Giancarlo Fontana e Giuseppe Stasi, la commedia Metti la nonna in freezer (qui la recensione) rientra nel genere della black comedy, giocando sul confine labile tra legalità e illegalità, tra precariato e sotterfugi, tra sensi di colpa e necessità di sopravvivenza. Tutti elementi che lo hanno reso questo film piacevole e divertente in grado di affascinare il pubblico con leggerezza e irriverenza, pur sollevando una serie di riflessioni sull’attuale società italiana e alcune delle sue problematiche. Anche per questo, il film ha saputo riscuotere un grande successo nelle sale.

Fontana e Stati, una coppia di giovani registi e autori diventati famosi grazie ad alcuni video virali diffusi sul web e ad una serie di cortometraggi, hanno dunque debuttato sul grande schermo della sala cinematografica con quest’opera, distintasi come tra le più apprezzate tra quelle prodotte in Italia nel suo anno. Il film, inoltre, ha il merito di aver proposto una riuscitissima coppia di protagonisti: quella formata da Fabio De Luigi e Miriam Leone.

Per gli appassionati di questo genere, si tratta dunque di un titolo da non perdere, capace di divertire e far riflettere. n questo articolo, approfondiamo dunque alcune delle principali curiosità relative a Metti la nonna in freezer. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e alla storia vera dietro al film. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il titolo nel proprio catalogo.

Metti la nonna in freezer location

La trama e il cast di Metti la nonna in freezer

Il film ha per protagonisti Simone Recchia, un finanziere impacciato ma incorruttibile, pronto a perseguire giustizia a tutti i costi, e Claudia, una giovane restauratrice che vive grazie alla pensione della nonna, mentre aspetta da tempo di essere pagata dallo Stato per il lavoro svolto. Quando l’anziana signora improvvisamente muore, Claudia deve trovare un escamotage per evitare la bancarotta e riuscire a sbarcare il lunario. Così, con la complicità delle sue amiche, pianifica una truffa che le permetta di continuare a incassare la pensione della nonna.

Ad interpretare Simone Recchia vi è Fabio de Luigi. L’attore è sempre stato la prima scelta per il ruolo, ma – al momento della proposta – era già impegnato in altri progetti. I due registi hanno dunque aspettato che fosse libero e disponibile per poterlo avere nel ruolo e realizzare il film. Ad interpretare Claudia, invece, vi è Miriam Leone. Per la sua interpretazione, è stata poi candidata ai Nastri d’Argento come Miglior attrice protagonista. Recitano poi nel film Lucia Ocone nel ruolo di Rossana, Marina Rocco in quello di Margie.

Maurizio Lombardi in quello di Rambaudo e Francesco Di Leva in quello di Gennaro. Infine, l’attrice Barbara Bouchet interpreta il ruolo della nonna di Claudia. A riguardo, l’attrice ha dichiarato che, non appena i registi le hanno proposto tale ruolo, ha accettato immediatamente. Stando a quanto da lei chiacchierato, l’attrice voleva infatti liberarsi una volta per tutte dell’etichetta di sex symbol, ottenuta con i suoi ruoli di gioventù, e calarsi invece cnel ruolo di una “vecchia” signora, dimostrando così di saper e poter fare anche altro.

Metti la nonna in freezer storia vera

Le location del film: ecco dove è stato girato

Per quanto riguarda le location dove si sono svolte le riprese, la villa dove Claudia abita con la nonna si trova in Via di Ronciglione, a Sutri, in provincia di Viterbo, dove la maggior parte delle scene sono state girate. Nel comune di Castel Sant’Elia, invece, è stata girata la scena in cui Claudia comunica qualcosa di importante alle sue colleghe restauratrici, nella Basilica di Sant’Elia. Il primo incontro tra Simone e Claudia, nel palazzo della Soprintendenza alle Belle Arti, avviene a Roma, nella Casa Madre dei Mutilati e delle Vedove di Guerra. Sempre nella capitale si ritrovano come location il Parco dei Daini e il Cimitero Flaminio.

La storia vera dietro al film

In molti, guardando il film, si sono chiesti se fosse ispirato ad una storia vera. Lo sceneggiatore del film, Fabio Bonifacci, ha rivelato che l’idea iniziale del film è effettivamente stata tratta da uno spunto realmente verificatosi, a partire dal quale Nicola Giuliano, autore del soggetto della pellicola, ha poi concepito il racconto del film e i suoi personaggi. L’uomo, infatti, molto tempo prima aveva letto un articolo su una nonna di Cuneo che era stata messa letteralmente in freezer perché i familiari potessero continuare a ricevere i soldi della sua pensione.

Il trailer di Metti la nonna in freezer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire di Metti la nonna in freezer grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Apple TV, Rai Play, Netflix e Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e ad un’ottima qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di venerdì 2 agosto alle ore 21:30 sul canale Rai 1.

Metti la Nonna in Freezer, recensione del film con Fabio De Luigi

Il 15 marzo uscirà nei cinema in Italia una commedia firmata da due giovanissimi registi, Giancarlo Fontana e Giuseppe G. StasiMetti la Nonna in Freezer. 

Il film è una black comedy che rientra nell’ambizioso progetto ADOTTA UN FILM  promosso da 01 Distribution e Rai Cinema in collaborazione con Uci Cinemas e The Space Cinema. Come è accaduto per Smetto Quando Voglio e Veloce Come il Vento, questa iniziativa cerca di promuovere le opere di giovani promesse e – come hanno dimostrato i risultati al botteghino – ha solitamente un esito molto positivo. Ci auguriamo che anche Metti La Nonna in Freezer rientri in questa felice risoluzione, perché il film  è un’ottima opera prima.

Nato da un’idea dello sceneggiatore Fabio Bonifacci (in collaborazione con Nicola Giuliano), la storia trae spunto da un fatto di cronaca realmente accaduto secondo il quale una famiglia del cuneese avrebbe continuato ad usufruire della pensione dell’anziana nonna anche dopo il di lei decesso. Quale spunto migliore di questo per un commedia dal retrogusto amarissimo, che riflette per altro sullo stato di estrema precarietà in cui versano i giovani lavoratori italiani senza stipendio fisso?

Claudia (Miriam Leone) è una restauratrice che non percepisce stipendio da diversi mesi, mantenendo sé stessa e le sue colleghe (Lucia Ocone e Marina Rocco) solo grazie alla pensione della nonna (Barbara Bouchet). Una volta morta l’anziana parente, le tre donne decidono di metterla nel congelatore per continuare a prenderne il sussidio economico. Ma un giorno si innamora di lei un integerrimo agente della Guardia di Finanza (Fabio De Luigi), che difficilmente metterà in discussione il proprio lavoro per amore.

La scelta azzardata di mettere l’ancora acerba Leone nel ruolo della protagonista femminile, è ripagata dalla buona prova attoriale di quest’ultima, aiutata soprattutto dal grandioso cast di contorno che vede il trittico De Luigi – Ocone-Rocco in posizione di attacco. I tre si rivelano essere delle scoppiettanti mine vaganti, assolutamente perfetti nei propri ruoli che alternano fasi pacate a momenti di estrema concitazione comica.

Non è facile sostenere il serrato ritmo dei tempi comici, ma la coppia Leone – De Luigi si incastra perfettamente, producendosi in dialoghi spesso ai limiti del surreale. I due registi hanno evidentemente dalla loro un’ampia conoscenza del cinema di genere, e la applicano con dovizia fin nei particolari apparentemente più insulsi (i veloci stacchi di camera o le volontarie riprese in Campo Medio che fanno intuire che anche sullo sfondo accadono cose bizzarre). Anche l’immissione dell’elemento romantico è azzeccata, in quanto trattata in modo che non oscuri mai quello che è invece l’elemento portante della trama, ovvero il grottesco.

Tra nonne surgelate che se ne vanno in giro in carrozzella, spassosi blitz delle Guardia di Finanza e giochi a bridge “col morto” (è proprio il caso di dirlo), Metti la Nonna in Freezer è una riuscita commedia dal sapore leggermente retrò.

Non solo richiama il leggendario trio statunitense Zucker-Abrahams-Zucker, che negli anni ’80-’90 ha sfornato cult comici come L’aereo più pazzo del mondo e Una pallottola Spuntata; ma – e lo diciamo con le dovute cautele – in qualche modo riesce a richiamare i lontani echi della screwball comedy anni ’30, quei duetti scoppiettanti tra Kathrine Hapburne e Cary Grant che hanno fatto la storia del cinema.

Metropolis: recensione del film di Fritz Lang

Metropolis: recensione del film di Fritz Lang

Metropolis è un film del 1927 diretto da Fritz Lang e con protagonisti Alfred Abel (Johann Fredersen), Gustav Frohlich (Freder Fredersen), Brigitte Helm (Maria) e Rudolf Klein-Rogge (Rotwang).

Metropolis filmTrama: 2026. La città di Metropolis è divisa in due: ai piani alti, negli imponenti grattacieli, vivono i ricchi ei dirigenti; in basso, negl’inferi della città industriale, intere masse di individui ridotti quasi ad automi e costretti a lavorare senza requie né speranza. Al vertice di Metropolis c’è Johann Fredersen, magnate e austero padrone della città. Suo figlio Freder vive una spensierata giovinezza tra le morbide anse di lussuosi giardini, ignaro della logica rigidamente e violentemente classista che governa la società in cui vive; una realtà che il giovane comincia a scoprire dopo l’incontro con Maria, una splendida ragazza proveniente dalle profondità operaie convinta che le condizioni delle masse sfruttate possano essere risollevate soltanto grazie all’intervento di un salvifico mediatore. Un ruolo nel quale, passando per una violenta rivolta – ad accendere la miccia, un automa identico a Maria, veicolo delle vendicative mire del suo inventore Rotwang – sarà possibile riconoscere Freder, giunto a una decisiva maturazione.

Analisi: Pellicola costosissima e tanto amata da Hitler, Metropolis ci traghetta in futuro che Lang dipinge guardando cent’anni avanti. Un 2026 per noi dietro l’angolo e nel quale sarà difficile – come e più di oggi – guardare un’opera come Metropolis senza la minaccia costante dello sbadiglio. Non ce ne vogliano Fritz e la sua signora, Thea von Harbou, le pregevoli menti che stanno dietro al film: la colpa non è loro, ma i tempi cambiano, e il mondo a portata di click non ha abbastanza pazienza per sopportare intertitoli e muto (poco cambia scegliendo una delle tante sonorizzazioni).

Metropolis – il film capolavoro di Fritz Lang

MetropolisDetto questo, Metropolis è un indiscusso gioiello espressionista e un’opera d’arte che respira a pieni polmoni aria di Novecento. Trionfo di geometrie imprendibili, creatura stillante vapori industriali, sinfonia cittadina che si concede una trama e che non smette per un attimo – come darle torto – di amare il nuovo, pericoloso e affascinante mondo della tecnica e dell’automazione.

Metropolis non è così manicheo e retorico come a volte è stato detto, e come si potrebbe pensare dalle prime battute; anzi, soprattutto per quanto concerne la rappresentazione delle masse, del “popolo”, la coppia Lang/von Harbou evita bagni di candore e, pur portando sullo schermo una situazione di sfruttamento ben riscontrabile nel mondo d’allora (magari anche nel nostro, purché ci si allontani un po’ da casa), non ci consegna una creatura costruttrice del suo bene e di quello della società, ma un soggetto tumultuoso, pigro, capace di ciechi spasmi. E, soprattutto, bisognoso di un mediatore, una figura che ne indirizzi e controlli l’azione e i sentimenti.

Memorabile e testimone dell’arte di Lang la breve sequenza dello spogliarello del robot-Maria in un bordello d’elìte; con notevole perizia tecnica, in questo frangente s’intrecciano l’ardito strip dell’automa, le sofferenze del povero Freder costretto a letto e preda di allucinazioni e gli occhi bramosi dei ricchi avventori, le cui pupille invadono e tappezzano lo schermo grazie a un certosino lavoro in stop-motion.

Metropolis: un film da vedere. Una volta, una sola, prima che sia fisiologicamente troppo tardi.

Metropolis al cinema fu proiettato per la prima volta il 10 gennaio 1927 all’Ufa-Palast am Zoo di Berlino.

Note. film muto del 1927 diretto da Fritz Lang, considerato il capolavoro del regista austriaco. È tra le opere simbolo del cinema espressionista ed è universalmente riconosciuto come modello di gran parte del cinema di fantascienza moderno, avendo ispirato pellicole quali Blade Runner e Guerre stellari.

10 Curiosità sul film Metropolis

  • La produzione impegnò la troupe per diciannove mesi: trecentodieci giorni di riprese.
  • Sessanta notti furono necessarie per produrre 600.000 metri di pellicola.
  • Erich Pommer e la casa di produzione UFA non badarono a spese per la lavorazione, assoldando 36.000 comparse.
  • La lavorazione si protrasse dal 22 maggio 1925 al 30 ottobre 1926.
  • I Numeri: Vennero girati 620.000 metri di negativo, e impiegati (secondo la pubblicità) 8 attori di primo piano, 25.000 uomini, 11.000 donne, 1.100 calvi, 750 bambini, 100 uomini di colore, 3.500 paia di scarpe speciali, 50 automobili.
  • L’investimento superò i 5 milioni di marchi tedeschi di allora.
  • Queste spese non vennero coperte dagli introiti della distribuzione, tanto che la UFA andò in bancarotta
  • Alfred Hugenberg, editore e membro del Partito Nazista, comprò la casa di produzione trasformandola in parte nella macchina propagandistica del nazismo.

Metropolis: il capolavoro avvenieristico di Fritz Lang

Metropolis: il capolavoro avvenieristico di Fritz Lang

Correva l’anno 1927 quando, all’apice dello splendore del cinema muto e della grandi avanguardie europee, il regista tedesco Fritz Lang, uno dei grandi esponenti dell’espressionismo cinematografico assieme a F.W.Murau e G.W.Pabst, finì di realizzare Metropolis, colossale ed epica epopea fantascientifica in celluloide destinata a diventare uno dei grandi film di culto della storia del cinema, capace di sorvolare il tempo e rimanere ancora oggi uno dei punti focali della settima arte.

Concepito come un grande affresco fantastico in chiave futuristica, orchestrato in tre atti proprio come un’opera lirica, il film fu il prodotto finale di un travagliatissimo parto creativo scaturito da una stretta collaborazione fra il visionario regista di origini viennesi e l’allora compagna e fidata sceneggiatrice Thea von Harbou, la quale redasse uno script di oltre quattrocento pagine accompagnato da altrettante illustrazione per un progetto che già all’epoca si presentava come una immensa sfida, sostenuta non senza dubbi ed incertezze dalla storica casa di produzione Ufa, allora invischiata in una crisi economica non indifferente. Ben prima degli universi distopici immaginati da Huxley ne Il mondo nuovo e da Orwell in 1984 nei due decenni successivi, Lang ci presenta la futuribile e ipertecnologica città di Metropolis, emblema di una società apparentemente perfetta e dominata dalla filosofia tayloristica rigidamente suddivisa in due livelli: quello superiore, in cui si trovano le caste agiate e dedite al lusso (le menti), e quello inferiore dove hanno sede i lavoratori sfruttati (le braccia) per far funzionare le voraci macchine della città.

Ed è in questo ordine sociale dominato da una (nemmeno troppo) velata visione capitalistica che Freder, figlio agiato del magnate della città Federson, viene casualmente a conoscenza della divisione di classe e della condizione dei sottoposti, grazie anche all’incontro con Maria, angelica predicatrice col compito di infondere negli abietti e nei reietti una luce di speranza. Inizierà così il lungo viaggio di Freder alla scoperta della verità, viaggio ricco di ostacoli e di insidie verso il tentativo di ribaltare lo stato delle cose. Oltre due anni di lavorazione, 25.000 comparse, 600.000 metri di pellicola per una durata iniziale complessiva che superava le tre ore, tutto questo per realizzare un film ricco di innovazioni tecniche e stilistiche, tra cui l’uso pionieristico della nuova pellicola pancromatica (che permetteva di ridurre i contrasti e di sviluppare un’immagine più morbida), effetti speciali spettacolare curati dal creativo direttore della fotografia Eugene Shufftan (tra cui retroproiezioni, stop-motion e sovraimpressioni) e un’estetica visiva e recitativa che superava, pur citandoli a gran voce, i parametri dell’espressionismo.

Si racconta che il film, di fatto già pronto per essere girato nel 1925, vide ritardare la sua lavorazione da un improvviso viaggio negli Stati Uniti organizzato da Lang stesso, il quale, assieme al suo fidato operatore Karl Freud, decise di recarsi nel nuovo continente per acquistare nientemeno che le storiche cineprese Mitchell, all’epoca considerate il top della tecnologia cinematografica. Girando per le vie di New York, Lang venne letteralmente folgorato dalla visione dello Skyline lucente nella notte, un’architettura meravigliosa e futuristica che servì di ispirazione al regista per inquadrare appieno lo stile visivo del film. Dopo ben due anni e mezzo di lavorazione e cinque milioni di marchi tedeschi, il film venne proiettato ufficialmente il 10 gennaio 1927 all’Ufa-Palast am Zoo di Berlino, già revisionato e ampiamente rimaneggiato nella durata, rivelandosi un sorprendentemente e clamoroso insuccesso di pubblico, tanto da decretare il definitivo fallimento della Ufa, con il conseguente licenziamento dello storico produttore capo Erich Pommer, e il declino del movimento espressionista. Durante gli anni ’30 il film, soprattutto per l’esplicito impianto wagneriano e i numerosi riferimenti tematici a cavallo fra capitalismo e socialismo, venne fortemente elogiato dal movimento nazista, tanto da diventare il film preferito nientemeno che di Hitler in persona, che vedeva nella tematica della lotta-incontro fra il braccio e la mente una pedina ideologica a vantaggio del proprio credo politico.

metropolisNel corso degli anni successivi, un po’ anche a causa di una non adeguata filologia critica, Metropolis venne ignorato, tanto che le numerose revisioni e rimaneggiamenti ulteriori contribuirono a ridurre ancora di più l’opera sino alla ridicola versione da 90 minuti, priva di interi blocchi narrativi, circolata a lungo fino agli anni ’50, quando la nuova generazioni di critici cinematografici europei ed americani delle Nouvelles Vagues rivalutarono pienamente la pellicola, restituendole il valore ampiamente meritato. Un primo tentativo di restauro, con l’intento di risalire quanto più possibile alla versione originale benne compiuta nel 1984 dalla Cineteca di Monaco, la quale giunse ad una versione soddisfacente di 147 minuti in bianco e nero, mentre sempre nello stesso anno venne rilasciata una versione di 87 minuti colorata con una colonna sonora rock composta da Giorgio Moroder.

Fra il 2000 e il 2001 una nuova versione di circa due ore, molto più approssimativa, venne resa disponibile direttamente per il mercato home video, fino a quando nel 2008 a Buenos Aires in Argentina, grazie al ritrovamento di un collezionista privato, venne alla luce un’ennesima versione contenete oltre il 95% del materiale mancante, creduto perduto prima della Seconda Guerra mondiale, il quale permise di creare fra il 2010 e il 2011 una nuova versione di 148 minuti curata dalla Fondazione F.W.Muranu, proiettata al 60° Fesival di Berlino.

E proprio quest’anno, ad oltre novant’anni dalla data di inizio delle riprese, Metropolis torna in vita, proiettato in oltre 70 sale italiane dal 16 marzo, restaurato grazie al contributo della Cineteca di Bologna e DeutscheKinemathek, provvisto di oltre 25 minuti inediti per un totale di 150 minuti nella versione attualmente più completa che esista, con la colonna sonora originale ricostruita Gottfried Huppertz diretta da FrankStrobel, alla guida della Rundfunk-Sinfonieorchester Berlin. In parallelo verrà rilasciata nelle librerie un impedibile cofanetto con due DVD con la versione restaurata e booklet ricco di gustosi interi speciali di approfondimento riguardo all’opera originale e alla sua genesi. Un grande ritorno per un film che ha segnato letteralmente la storia della fantascienza sul grande schermo, divenendo fonte di citazione e di ispirazione per numerosi posteri, dalle architetture barocche di Blade Runner allo storico omaggio nel videoclip Radio GaGa dei Queen. Insomma, non resta che tornare al cinema e godersi un piccolo pezzo di grande storia, rinvigorito e riportato al suo antico splendore.

Metro Goldwyn Mayer compie 90 anni: video celebrativo

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Metro-Goldwyn-Mayer-90Oggi è un giorno importante per il leggendario Studios Metro-Goldwyn-Mayer, infatti lo storico marchio di Hollywood compie la bellezza di 90 anni e lo fa celebrando l’anniversario con un vero Leone e soprattutto con la sua storia e i suoi film. Ecco un video emozionante che ripercorre la storia della Metro Goldwyn Mayer, che nonostante la crisi che l’ha colpita nell’ultimo periodo storico è ancora l’artefice dietro a successi mondiali come il franchise di Bond2001 Odissea nello spazioTom & Jerry e molti altri film leggendari. Per l’occasione era presente anche l’attore Sylvester Stallone con cui la Metro Goldwyn Mayer ha fatto l’altrettanto leggendario personaggio Rocky.

Il presidente e amministratore delegato Gary Barber ha affermato: «È un onore immenso presiedere una società con una così grande eredità. È straordinario avere la possibilità di poter riflettere sugli incredibili successi della MGM nella storia del cinema, ma anche di poter guardare avanti verso il suo luminoso e promettente futuro».

Con l’occasione lo studios annuncia una serie di restauri di pellicole come Rain ManFargoRobocop e Il Buono, il Brutto e il Cattivo che verranno restaurati e rimasterizzati in 4K per poi essere rilasciati in Blu-ray tramite Twentieth Century Fox Home Entertainment, partner di MGM.

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Metro 2033 al cinema grazie al produttore de Le cronache di Narnia

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La Metro Goldwyn Mayer ha acquisito i diritti del romanzo fantascientifico Metro 2033, opera del russo Dmitri Glukhovsky. Il testo, pubblicato online nel 2002 e uscito in

Metamorfosis: visioni fantastiche di Starevitch, Švankmajer e fratelli Quay

MetamorfosisChe ci fanno insieme Franz Kafka, James Ensor, Bruno Schulz, Alice, Sigmund Freud, una vecchia collezione d’insetti, Jacob von Gunten e una Venere anatomica di cera? Per avere una risposta a questa domanda è necessario andare a Barcellona e lasciarsi trascinare nella fascinazione di una mostra unica, dedicata a tre figure fondamentali dell’animazione stop-motion: Władysław Starewicz, Jan Švankmajer e i due fratelli Stephen e Timothy Quay. METAMORFOSIS è libertà. Libertà estrema attraverso la creazione, l’intuizione, l’immaginazione, dentro il sogno e la realtà, attraverso l’infanzia come attitudine vitale.

La mostra si divide in tre capitoli fondamentali, ognuno dedicato ai nomi sopra citati, ma uniti in una magica soluzione di continuità che rende il percorso un viaggio affascinante, ricco di sconfinamenti, lasciando intravedere strade e sentieri da percorrere, espressivamente, per chi come me è alla ricerca di stimoli per il proprio lavoro, o semplicemente immaginifici per il visitatore appassionato d’animazione e arti figurative.

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Si inizia il percorso con le creature che popolano i film del pioniere della stop-motion Władysław Starewicz, che nasce a Mosca nel 1882. Lavora nel 1910 come direttore del Museo di Storia Naturale di Kovno, in Lituania, dove avvia ufficialmente la sua carriera da regista, girando documentari per il museo. Realizza quattro filmati che riscuotono un buon successo e comincia a progettare il quinto, che dovrebbe rappresentare una battaglia tra coleotteri. Purtroppo gli insetti muoiono durante le riprese per il calore delle lampade, così Starewicz decide di utilizzare gli esemplari morti, avvicinandosi per la prima volta alla tecnica che diventerà il suo principale mezzo di espressione. Un’influenza determinante su di lui esercita anche la visione di Les animées allumettes, un film del 1908 diretto da Emile Cohl. Il risultato del suo primo sforzo come animatore è Lucanus Cervus, che purtroppo andrà perduto.

Metamorfosis 1Nel 1919, con lo scoppio della Prima guerra mondiale e la Rivoluzione d’ottobre, si trasferisce in Francia, dove ottiene la cittadinanza e cambia il suo nome in Ladislas Starevich. A Parigi crea una società nel vecchio studio di Georges Méliès ma, volendo rimanere indipendente e libero di sperimentare la sua tecnica, si sposta a Fontenay-sous-Bois dove resterà per tutta la vita, assistito prima dalla moglie e poi dalla figlia Irina. Il primo dei suoi film francesi è Frogland del 1922.

Qui ha inizio la sua produzione più matura e articolata, approdando al primo lungometraggio Le Roman de Renart (Una volpe a corte), realizzato tra il 1929 e il 1931. Il film viene proiettato per la prima volta a Berlino nel 1937 e in Francia esce solo nel ’41.

Starevich muore nel 1965, a metà della lavorazione di Comme chien et chat che, per rispetto verso il suo lavoro e la sua ferma volontà di non dipendere da nessuno, viene lasciato incompiuto.

cccb-metamorfosisDopo aver vagato tra animali antropomorfi e insetti che formano allegre orchestrine si approda in una vera e propria Wunderkammer, ovvero la Camera delle Meraviglie di Jan Švankmajer, ricca di animali impagliati, teschi, feticci africani, strambe sculture, opere d’arte inusuali e tutti quegli oggetti che per l’autore ceco rappresentano fonte di stupore e meraviglia e quindi d’ispirazione artistica. Appena usciti dalla wunderkammer inizia un nuovo viaggio attraverso le creazioni di Švankmajer, alcune utilizzate nei suoi numerosi film, ma altre realizzate per dare sfogo alla sua surreale visionarietà.

Švankmajer nasce a Praga nel 1934, dove tuttora vive e lavora. Studia all’Accademia di Belle Arti e inizia la sua carriera lavorando con gli spettacoli di burattini e con il Teatro Nero di Praga. Passa al mondo del cinema e della stop-motion nel 1964, quando realizza il suo primo cortometraggio The last trick. A questo fanno seguito moltissimi altri cortometraggi, ma approda al lungometraggio solo nel 1987 con Qualcosa di Alice, seguito da Lezione Faust nel 1994, I cospiratori del piacere nel 1996, Otesánek nel 2000, Lunacy nel 2005 e il recente Surviving life nel 2010. Il suo stile è inconfondibile. Il cibo, il corpo, la favola, l’alchimia, il surreale, la cultura popolare sono gli elementi centrali della sua poetica, influenzata dal movimento surrealista e da pittori come Arcimboldo. Oltre ai lungometraggi realizza un’importantissima serie di cortometraggi, muovendosi dalla claymation alla pixilation e alla stop-motion con burattini, scheletri, animali impagliati, bambole e vecchi giocattoli. Tra i suoi cortometraggi più famosi figurano Jabberwocky, La morte dello stalinismo in Boemia e Cibo.

Scrive di lui Anthony Lane sul New Yorker: “Il mondo si divide in due categorie di diversa ampiezza… quelli che non hanno mai sentito parlare di Jan Švankmajer e quelli che hanno visto i suoi lavori e sanno di essersi trovati faccia a faccia con un genio”. La nota scrittrice Angela Carter gli dedica un bellissimo racconto intitolato “Alice a Praga, ovvero il gabinetto delle meraviglie”.

Storditi ma felici si abbandona l’universo di Jan Švankmajer per inoltrarsi nel mondo oscuro e perturbante di Stephen e Timothy Quay, due gemelli identici nati nei dintorni di Philadelphia nel 1947, che considerano Švankmajer il loro maggiore punto di riferimento e che nel 1984 gli dedicano il cortometraggio The Cabinet of Jan Švankmajer – Prague’s Alchemist of film. I fratelli Quay iniziano la loro carriera come illustratori. Appassionandosi agli artisti grafici di poster teatrali e cinematografici dell’est Europa decidono di trasferirsi a Londra, per iscriversi al Royal College of Art, dove realizzano i loro primi lavori e conoscono Keith Griffith, che in seguito diviene il produttore di tutti i loro film e con il quale fondano la società di produzione Atelier Koninck. I Quay sono considerati tra i maestri incontrastati dell’animazione stop-motion e i loro film rappresentano veri e propri capolavori d’arte, slegati da qualsiasi dettame commerciale, fuori da ogni schema e autentiche espressioni di poesia visiva. I loro cortometraggi più importanti sono Nocturna Artificialia del 1979, Punch and Judy del 1980, Street of Crocodiles del 1985, The Comb del 1990, The Calligrapher del 1991. Realizzano anche film di lungometraggio come Institute Benjamenta del 1995, libera trasposizione del romanzo di Robert Walser Jacob Von Gunter che, pur contenendo sequenze animate, è girato con attori in carne e ossa ripresi come se si trattasse di burattini, con strani giochi di prospettiva, di sfocatura e di profondità di campo. Grazie all’abilità di ripresa e a una conoscenza maniacale dell’uso delle ottiche, riescono a ottenere risultati sorprendenti e inventare uno stile e soluzioni visive che vengono a lungo imitate e oggi sono entrate a far parte degli stilemi registici di molti autori contemporanei.

Numerose sono le loro collaborazioni per spot pubblicitari come animatori e registi e per spettacoli teatrali, in qualità di scenografi. Memorabile è una breve sequenza animata inserita nel film Frida di Julie Taymor, dove la protagonista ha un incubo allucinato popolato di terribili scheletri danzanti, rielaborati con il loro inconfondibile stile dalle Calaveras messicane.

Personaggi schivi e particolari, i gemelli Quay ispirano i due gemelli zoologi protagonisti di Lo zoo di Venere di Peter Greenaway, che li avrebbe voluti come attori nel film. Tra l’altro, nel film precedente dello stesso regista, The Falls, era presente una loro fotografia, intorno alla quale era stata costruita una biografia immaginaria.

Alla fine si esce e si vaga per le vie di Barcellona con la testa persa nei sogni e nelle visioni che Starevitch, Švankmajer e i fratelli Quay sono riusciti ad innescare, mentre le forme decadenti e surreali dei palazzi costruiti dai maestri del modernismo catalano divengono la giusta scenografia della continuazione del viaggio.

L’esposizione si tiene al CCCB (Centro di Cultura Contemporanea di Barcellona) e sarà aperta fino al 7 settembre del 2014.

 Stefano Bessoni

Le ricerche storiche sono di Chiara Guida e sono tratte dal libro di Stefano Bessoni “STOP-MOTION – La Fabbrica delle Meraviglie” edizioni Logos, in tutte le librerie da settembre.

 

Metallica: Through the never, nuovi trailer e poster!

Ancora novità dal Comic Con 2013. Questa volta è quella di Metallica: Through the never, film-documentario dedicato alla celebre band musicale. A margine del panel svoltosi proprio al Comic Con, ecco arrivare online un nuovo trailer e il poster esclusivo del film.

Eccoli:

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Nel film Trip, giovane assistente dei Metallica, viene mandato in missione urgente durante un concerto della band. Ma quello che sembrava una semplice incarico si trasforma in un’avventura sureale. Nel cast ci saranno anche .L’uscita americana è prevista per il 9 agosto in IMAX 3D e il 16 agosto in 3D.

Metallica 3D Through the Never: recensione del film concerto

Metallica 3D Through the Never: recensione del film concerto

Nimrod Antal dirige Metallica 3D Through the Never, questo futuristico e incredibile viaggio musicale che, avvalendosi della tecnologia 3D, ci permette di vivere una straordinaria performance dei Metallica come mai in passato.

In Metallica 3D Through the Never Trip (Dane DeHaan) è un giovane tecnico del palco che lavora nel frenetico backstage di un concerto dei Metallica. Quando crede di potersi godere finalmente l’esibizione live del gruppo, di cui è grande fan, viene incaricato di dirigersi, con un vecchio furgone, in un non precisato punto della città per recuperare un oggetto misterioso. Per il giovane Trip sarà solo l’inizio di una serie incredibile di situazioni surreali dalle quali dovrà cercare di uscire sano e salvo.

Metallica 3D Through the Never, il film

Un film nel concerto o un concerto nel film, difficile capirlo e distinguerlo, lo spettatore rimane sino all’ultimo disorientato chiedendosi se quello che sta guardando è una fiction oppure no; uno smarrimento che risulterà alla fine la vera bellezza di questo lungometraggio. La storia del giovane Trip, ragazzo che rappresenta il fan classico della più famosa band nella storia della musica trash-speedy rock, è una sequela di situazioni farsesche e al limite dell’assurdo. Il ragazzo, aggirandosi per una città deserta e abbandonata, si troverà coinvolto in un terribile incidente prima e nel mezzo di furiosi scontri tra poliziotti e manifestanti poi; trovando aiuto e protezione nel piccolo e tetro totem di pezza The little Man dovrà cercare riparo dal terribile killer a cavallo, The Death Dealer, incarnazione della violenza e dell’odio. Le vicende di Trip sono collegate alle canzoni che intanto la band esegue all’interno dell’arena gremita all’inverosimile: Creeping death, For Whom the bell tolls, One, Master of Puppets, Nothing else matter oppure Hit the lights, questi e molti altri successi della band statunitense tra le più amate al mondo.

La storia, le ambientazioni e le sfumature cupe e per certi versi oscure tra le quali il giovane protagonista si muove, riprendono i riferimenti culturali tipici della band come il caos, la violenza, l’ingiustizia e l’odio incontrollato.

Metallica 3D Through the Never, è un’esperienza resa unica e particolarissima anche e soprattutto dalla tecnologia 3D che permette allo spettatore di ritrovarsi proiettato sull’immenso palcoscenico allestito per l’occasione, incrociare gli sguardi diabolici di James Hetfield durante le sue intensissime interpretazioni oppure affiancare Kirk Hammet o Robert Trujillo mentre mandano in visibilio i fan con assoli pazzeschi. Il 3D in questo film conferisce grande efficacia espressiva, immergendoti senza soste in un’ emozionante esperienza musicale e visiva. La band si muove su un palco dalle proporzioni maestose, 61 metri per 18, proiettori LED, congegni idraulici, botole e fuochi pirotecnici incredibili, frutto di uno sforzo tecnico mai realizzato per un concerto indoor.

Metallica 3D Through the Never è qualcosa di diverso, di nuovo e di estremamente intrigante che ci permettiamo di consigliare non solo agli amanti dei Metallica, gruppo capace di vendere più di 110 milioni di album in tutto il mondo, ma a tutti, indifferentemente dalle tendenze musicali.

Metal Men: la nuova PI DC in fase di sviluppo alla Warner Bros

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Metal Men: la nuova PI DC in fase di sviluppo alla Warner Bros

Il regista Barry Sonnenfeld, che negli ultimi anni si è avvicinato a marchi famosi come Men in Black e The Addams Family, ha confermato telefonicamente a comicbookmovie che il suo progetto DC Metal Men, è tornato attivamente in sviluppo.

Sonnenfeld si è avvicinato per la prima volta al progetto nel 2012 ma da allora non si era più parlato del film. Adesso il regista, rispondendo alla domanda in merito al suo interesse per i cinecomic, ha detto: “Sai, è divertente perché sto sviluppando Metal Men con la Warner Bros. Stiamo lavorando attivamente su un trattamento. Per me, non è tanto una cosa da supereroi quanto costruire un mondo. Se guardi al lavoro che ho fatto, che si tratti di The Addams Family, Men in Black, Pushing Daisies, Schmigadoon! o A Series of Unfortunate Events, si tratta di creare un mondo. Un tipo di mondo insolito, leggermente eccentrico e diverso; questo è quello che amo fare”.

In sviluppo i Metal Men alla Warner Bros

“Non è specificamente, necessariamente un supereroe, ma anche in Metal Men, che sto sviluppando, ci sarà un tipo di mondo molto specifico – ha continuato Sonnenfeld – È un mondo reale perché mi piace sempre che le cose siano basate sulla realtà, ma con una leggera inclinazione. Tutto è iniziato con La famiglia Addams, è reale ma leggermente spinta verso il suo mondo”.

Per quelli di voi che non hanno familiarità con i Metal Men, sono stati creati da uno scienziato chiamato Dr. William Magnus. Ciascuno dei sei robot è stato creato da un singolo elemento chimico con qualità che si riflettono nelle loro personalità, abilità e nomi. Sono stati reinventati in più occasioni negli ultimi anni, quindi Sonnenfeld può trarre ispirazione dai fumetti.

La Warner Bros. ha ampliato la sua lista DC in grande stile negli ultimi anni, con un progetto per HBO Max come Batgirl con Leslie Grace. Con questo in mente, una proprietà oscura come Metal Men potrebbe facilmente trovare una casa sul servizio di streaming piuttosto che nei cinema.

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